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MARIA NOUSSIA La Nekyia di Platone e di Cratete Tebano* Introduzione Sia il primo verso e la struttura sintattica iniziale di SH 347 del poeta-filo- sofo cinico Cratete di Tebe sia l'inizio di SH 349 alludono in modo evidente a un verso dell'ultima sezione della Nekyia odissiaca (11,582). La Nekyia del- l'undicesimo dell'Odissea rientra nella tipologia di racconto epico che com- porta la discesa nell'Oltretomba, o quanto meno un viaggio tra i defuntil. Nel- la fattispecie lo scopo della Nekyia di Odisseo è una nekyomanteia: l'eroe de- ve infatti ottenere alcune informazioni su di sé e sul suo viaggio di ritorno dal- l'indovino Tiresia, che appunto è mort02• In più Odisseo incontra nella nekyia un numero talmente cospicuo di persone da coprire quasi tutto l'arco del mon- do eroico coevo e una scelta delle generazioni precedenti3. Nei frammenti in nostro possesso (SH 347 e 348) Cratete risulta invece passare in rassegna solo alcuni dei più famosi esponenti di una singola scuola filosofica a lui contem- poranea, quella dei Megarici4 (anche se sarebbe immetodico, vista tale esi- guità di versi, inferire che Cratete si sia effettivamente concentrato solo sui ri- vali Megarici)5. Per quanto concerne SH 349, che parla di un peraltro ignoto * Vorrei ringraziare Andrea Capra, Marco Fantuzzi, Richard Hunter ed Alex Sens per l'incorag- giamento e i suggerimenti su versioni precedenti di questo testo. 1 Sul problema se la Nekyia omerica sia realmente una katabasis, cfr. Tsagarakis 2000, p. 12 s.; pp. 41-43; Sourvinou-Inwood 1995, p. 85 s.; Clark 1979, pp. 76-77 (gli ultimi due lavori so- prattutto su Od. Il, 568-600). 2 Sulla saggezza dei morti, vd. Ogden 2001, pp. 231-250. 3 Cfr. Reinhardt 1948, pp. 52-162 = 1960, pp. 47-124. Per l'organizzazione della presentazione dei vari personnagi nella Nekyia vd. Most 1992, pp. 1014-1021. 4 In effetti SH 347 e 348 sono stati accostati abitualmente dagli editori proprio perché Asclepia- de e Menedemo furono, storicamente, entrambi seguaci del filosofo megarese Stilpone. Sulla scuola megarica in generale vd. Suda s.v. Mqapicrat' 'tà MqapÉcoç oo1;acral. L'tiÀncov yàp ò qnÀ6cro<j>oç MqapE'Ùç ~v, 'tiìç 'Enaooç' oç 'tocro'Ùwv EUPEO'lÀoyiq:Kaì crO<j>lcr'tEiq: npoiìYE 'to'Ùç &no'Uç ooç~lKpO'ÙoEiìcrat nacrav 't!Ìv 'Enaoa à<j>opwcravEiç a'ÌJ'tòv ~qapicrat; D6ring 1972; Muller 1985 e 1988. 5 Vd. SH 350 = 3a Diels: il passo da Marco Antonino 6, 13,4, p. 48 Dalfen OE1VÒç yàp ò 't'Ù<j>oç napaÀoYlcr'ti]ç' Kaì D'tE oOKElç ~aÀlcr'ta nEpì 'tà crno'Uoala Ka'tayi vEcreat, 'tD'tE ~aÀlcr'ta Ka-

La Nekyia di Platone e di Cratete Tebano

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MARIA NOUSSIA

La Nekyia di Platone e di Cratete Tebano*

Introduzione

Sia il primo verso e la struttura sintattica iniziale di SH 347 del poeta-filo­sofo cinico Cratete di Tebe sia l'inizio di SH 349 alludono in modo evidente a

un verso dell'ultima sezione della Nekyia odissiaca (11,582). La Nekyia del­l'undicesimo dell'Odissea rientra nella tipologia di racconto epico che com­porta la discesa nell'Oltretomba, o quanto meno un viaggio tra i defuntil. Nel­la fattispecie lo scopo della Nekyia di Odisseo è una nekyomanteia: l'eroe de­ve infatti ottenere alcune informazioni su di sé e sul suo viaggio di ritorno dal­l'indovino Tiresia, che appunto è mort02• In più Odisseo incontra nella nekyiaun numero talmente cospicuo di persone da coprire quasi tutto l'arco del mon­do eroico coevo e una scelta delle generazioni precedenti3. Nei frammenti innostro possesso (SH 347 e 348) Cratete risulta invece passare in rassegna soloalcuni dei più famosi esponenti di una singola scuola filosofica a lui contem­poranea, quella dei Megarici4 (anche se sarebbe immetodico, vista tale esi­guità di versi, inferire che Cratete si sia effettivamente concentrato solo sui ri­vali Megarici)5. Per quanto concerne SH 349, che parla di un peraltro ignoto

* Vorrei ringraziare Andrea Capra, Marco Fantuzzi, Richard Hunter ed Alex Sens per l'incorag­giamento e i suggerimenti su versioni precedenti di questo testo.1 Sul problema se la Nekyia omerica sia realmente una katabasis, cfr. Tsagarakis 2000, p. 12 s.;pp. 41-43; Sourvinou-Inwood 1995, p. 85 s.; Clark 1979, pp. 76-77 (gli ultimi due lavori so­prattutto su Od. Il, 568-600).2 Sulla saggezza dei morti, vd. Ogden 2001, pp. 231-250.3 Cfr. Reinhardt 1948, pp. 52-162 = 1960, pp. 47-124. Per l'organizzazione della presentazionedei vari personnagi nella Nekyia vd. Most 1992, pp. 1014-1021.4 In effetti SH 347 e 348 sono stati accostati abitualmente dagli editori proprio perché Asclepia­de e Menedemo furono, storicamente, entrambi seguaci del filosofo megarese Stilpone. Sullascuola megarica in generale vd. Suda s.v. Mqapicrat' 'tà MqapÉcoç oo1;acral. L'tiÀncov yàp òqnÀ6cro<j>oçMqapE'Ùç ~v, 'tiìç 'Enaooç' oç 'tocro'Ùwv EUPEO'lÀoyiq:Kaì crO<j>lcr'tEiq:npoiìYE'to'Ùç &no'Uç ooç~lKpO'ÙoEiìcrat nacrav 't!Ìv 'Enaoa à<j>opwcravEiç a'ÌJ'tòv ~qapicrat; D6ring1972; Muller 1985 e 1988.5 Vd. SH 350 = 3a Diels: il passo da Marco Antonino 6, 13,4, p. 48 Dalfen OE1VÒçyàp ò 't'Ù<j>oçnapaÀoYlcr'ti]ç' Kaì D'tE oOKElç ~aÀlcr'ta nEpì 'tà crno'Uoala Ka'tayi vEcreat, 'tD'tE ~aÀlcr'ta Ka-

Maria Noussia

Micilo, almeno a prima vista questo frammento è invece rapportabile a SH

347 solo sul piano formale; credo però di poter mostrare che anche la presen­tazione di questo Micilo rientra nella polemica di Cratete contro la scuola me­garese.

Che la Nekyia omerica fosse stato il modello di cui Cratete fa una 1tapcpòianei carmi da cui vengono i frammenti in questione era stato suggerito già daWachsmuth nel 18856• La tesi di Wachsmuth è stata talora contestata7 sulla

base del fatto che la scena del primo dei tre frammenti (SH 347) è localizzataa Megara e non nell'Ade; in questo senso l'allusione di Cratete ai passi dellaNekyia consistente di iuncturae che associano un accusativo indicante personaa specifici verbi di 'vedere' sarebbe di carattere solo e soltanto formale, occa­sionalmente adattato da Cratete a contesti diversi da quelli omerici e senzanessuna intenzione di presupporre questi ultimi. Questa prospettiva limitativaa me sembra trascuri il dato di fatto che Cratete si riferisce a Megara come se­de delle pene di Stilpone- Tantalo e anche come sede del mostruoso Ty­phoeus/Typhaon. Da ciò segue che Megara è almeno metaforicamente davve­ro designata a figurare come una località metaforicamente 'da oltretomba',ossia come il luogo che alla pari dell'oltretomba accoglie i grandi peccatori,uomini o mostri, sia del mito sia della realtà contemporanea.

Prima di Cratete, del resto, già Socrate8 aveva utilizzato reminiscenze allu­sive all'undicesimo dell' Odissea9 per presentare i sofisti suoi contemporaneiIppia e Prodico nella casa di Callia (Platone, Prato 315c-d). Anche la parodiasocratica andrà vista di necessità come qualcosa di più complesso che un for­male modulo di presentazione di questi personaggi (anch'essa consiste, comein Cratete, per lo più di iuncturae che associano un accusativo indicante per­sona a verbi di 'vedere'); come vedremo più avanti, il luogo dove Socrate in­contra i sofisti, la casa di Callia, diventa nel Protagara una sorta di oltretom­ba, e Socrate è una sorta di Odisseo che entra nell'oltretomba. Vista la fortissi-

'tayoTI1:E1J1,l.opa youv ò Kpa'tT]ç 'ti 1tEpi amou 'tOU:=:Evo1Cpa'to'UçÀÉYElsembra concernere lacritica di Cratete a Senocrate di CaIcedone, discepolo di Platone e capo dell'Accademia dopoSpeusippo (339-314 a.c.). Prima di Cratete, secondo Diogene Laerzio (6.24), il cinico DiogeneTI,V~Èv EÙ1CÀEtOO'UcrxoÀ~v eÀEYEXOÀ~v,'t~v OÈru(i'twvoç OW'tplP~V 1Ca'ta'tplp~V. Varrebbeforse anche la pena di ricordare che sia Antistene sia Diogene avrebbero accusato Platone di va­nità, o di mania di superiorità ('tu~oç), e Platone avrebbe mosso simili accuse a Diogene: vd.Diog.Laert. 6,7 e 6, 26. Su w~oç nei Cinici vd. DecIeva Caizzi 1980.6 Wachsmuth 1885, p. 72 s.7 E.g. Helm 1906, p. 20 n. 3. Gli editori più recenti, LIoyd-Jones e Parsons, stampano il titolo'Nekyia'? per il fr. 347 di Cratete.8 Già messo in evidenza da Long 1978, p. 88 n. 71 e p. 89 n. 74; Di Marco 1989, p. 23. DopoCratete Timone di FIiunte si fornirà del modello della Nekyia: sull'influenza dell'esempio diCratete su Timone cfr. Long 1978, p. 75; Pratesi 1985, p. 45; Di Marco 1989, p. 21.9 Per la conoscenza platonica della Nekyia anche nella Repubblica, vd. KIiir 1969, p. 258.

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ma dipendenza della lingua (nonché del pensiero) di Cratete dal Socrate diPlatone e di SenofontelO è inevitabile, credo, pensare che Cratete tenesse pre­sente l'esperienza platonica dei collegamenti parodici tra la scena del Prota­gora e la Nekyia omerica e ripercorresse la strada già aperta da essi, e perciòseducente supporre da parte sua un impegno, rispetto al modello omerico,tutt'altro che formale e non significativo, ma decisamente complesso e pre­gnantell .

*****

Dall'evidente allusione alla Nekyia omerica in SH 347,1

Kaì ll1Ìv L'tlA1tCOV'EÌ0I:,loov xaÀÉn' aAYE' Exov'ta

Èv Mqapou;, 081 <j>acrìTu<j>cOCoçEllllEVal E'l)Vaç.

Ev8' o y' ÈPlçE<JKEV, noUoì o' àll<j>'a1J'tòv É'Calpo1,

't1Ìv o' àpE'C1Ìv napà ypalllla OlO)KOV'CEçKa'CÉ'Cp1~OV.(test.: Diog. Laert. 2, 118)

e SH 349, l

Kaì ll1Ìv M1KUAOVElcrEloov < >'CéòvÈplcov salvov'Ca yuvalKa 'CEcruysalvoucrav,

'tòv A1llÒV<j>Euyovtaç Èv aivìJ tlIl10'tTJ't1.(test.: Plut. Mor. 830c = de vitando aere alieno 7)

si può ricavare con qualche certezza che Cratete presenterebbe se stesso comeun nuovo Odisseo. L'attenzione di questo nuovo Odisseo - oltre che o inveceche (impossibile stabilirlo, dato lo stato frammentario dei pochi testi pervenu­tici) concentrarsi su alcune figure più o meno positive di filosofi che farebbe­ro da pendant ai tanti incontri con eroi simpatetici nella Nekyia odissiaca12 ­

viene attratta da alcune figure di straordinari 'peccatori' del genere di Tantaloe Sisifo, che avrebbero espiato le loro colpe13 con pene esemplari dopo lamorte (Od. 11,582-600):

lO Come ho già mostrato in Noussia 2004 e 2006 in corso di stampa,11 Sulla complessa pregnanza che Cratete sa attribuire all'allusione, vd, anche Sens 2005 in cor­so di stampa,12 Od. 11, 566-568: à)oÌ,a JlOl118EÀ.E8UJlòç È-vì.crTIj8EcrQ'l<jJiÀ.01Q'l/ 'twv aÀ.À.ffiv\jf'UXàçiMElVKa'ta'tE8VllciJ'tffiv;Il,630-631: Kai vv K' E'tl1tpO'tÈ.po'Uç'U30vàvÈ.paç, ouç E8EÀ.6v1tEp' /0llcréanElpi806v 'tE, 8EWVÈ-p1K'U8È.a'tÈ.Kva,I3 Soltanto il crimine di Tizio è menzionato nell'Odissea. Su Tantalo vd, Willink 1983, pp, 29­33; su Tizio, Tantalo, Sisifo e altri grandi peccatori del mito, vd, la bibliografia citata da Sourvi­nou-Inwood 1986, p, 37 n,l, p. 40 n, 17, p. 47 n,52.

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Maria Noussia

Kal ~1Ìv TavwÀ-ov EÌcrEtÙOV xaÀÉn' aÀ-YE' Exov'ta,

Écr'taM Év À-1.~V1J'1Ì ùÈ npocrÉnÀ-açE YEvdcp.

cr'tE1ho ÙÈ ùt\jfaOJv, ntÉEtV Ù' O'ÙK dXEV ÉÀÉcr8at,

òcrcraKt yàp KD\jfEt' ò yÉpOJv mÉEtV ~EVEa1.vOJv,

'tocrcrax' UùOJP c:moÀÉcrKE't' àva~poXÉv, a~cj>l ùÈ nocrcrl

yata ~ÉÀ-atva cj>aVE<JKE,Ka'taçijvacrKE ùÈ ùa1.~OJv.

ÙÉvùpea Ù' 'Ù\jftnÉ'tllÀ-a Ka'tà Kp~8EV XÉE Kapnov,

onvat Kal POtal Kal ~llÀÉat àyÀ-aoKapnOt

cr'UKÉat 'tE yÀ-'UKEpal Kal ÈÀ-atat 't1lÀ-E80OJcrat·

'trov òno't' l8Dcrn' ò yÉpOJv Énl XEpcrl ~acracr8at,

'tàç ù' aVE~oç P1.n'tacrKE nO'tl vÉcj>Ea crKtOEv'ta.

Kal ~1Ìv L1.crUcj>OVEÌcrEtOOv Kpa'tÉp' aÀ-YE' ExoV'ta,

À-a.av ~acr'taçov'ta nEÀ-roptOv à~cj>o'tÉp1Jcrtv.

~ 'tOt ò ~Èv crKllPt1t'tO~EVOç XEPcr1.v 'tE nocr1.v 'tE

À-àav avOJ c08EcrKE nO'tl Mcj>ov' àU' O'tE ~ÉUOt

aKpov 'ÙnEp~aÀÉEtV, 't0't' ànocr'tpÉ\jfa<JKE Kpa'taitç'

a{mç EnEt 'ta nÉùovùE KUÀ-1.VOE'tO À-a.aç àvatùijç.

a'Ù'tàp O y' à\jf cOcracrKE 'tt 'tat VO~EVOç, Ka'tà Ù' lÙPCÒç

EPPEEV ÉK ~EÀÉOJV, KOV1.l1Ù' ÉK Kpa'tòç ÒpropEt.

Si noti in particolare come Omero avesse usato il verbo EÌcretoov appuntoper due dei tre grandi 'peccatori' (Tantalo e Sisifo) e in altro contesto una solaaltra volta, sempre in seno alla Nekyia, in 11,305 s. ('t1Ìvoè Ilèt' 'Ilj>tlléoewv

, AÀ.cof]oç1tapaKOl'tlV, / dcrtoov lì o1Ì lj>acrKeI10crttoaCOVlIltyf]vm), per unaeroina minore, Ifimedeia, che era la madre di due altri grandi 'peccatori'14, igiganti Oto ed Efialte, raggiunti dalla punizione divina a opera di Apollo. Intutti gli altri casi in cui vengono introdotti gli incontri di Odisseo con eroi dicui egli resta passivo spettatore, senza parlare con loro, il verbo usato è 'toov.Solo per le ultime quattro figure incontrate da Odisseo (Orione prima di Tan­talo ed Eracle dopo Sisifo), come ho già detto, si usano verba videndi compo­sti con EÌcr-, e solo per Tantalo e Sisifo si usa EÌcretoov; per Orione ed Eracle(che tra l'altro non sono 'peccatori' come Tantalo e Sisifo) Omero usa inveceEtcrEVOllcra.Ecco perché Kat ll1ÌvXY EÌcrEtOOVsarà stato saldamente connes­so, nella memoria di ogni ascoltatore di Cratete che tenesse bene a memoriaOmero, proprio e solo con le famigerate figure di grandi 'peccatori', e in par­ticolare di Tantalo e Sisifol5. È ovvio che la pena di Tantalo e Sisifo era parti­colarmente straordinaria: il loro castigo era sia irrevocabilmente eterno sia

14 Per la storia di questi fratelli a parte la Nekyia vd. Omero, Il. 5, 385-391; Pindaro, Pyth. 4, 88s., Apollodoro, Bibl. 1,7,4, Igino, Fab, 28.15 Sulla notorietà di queste figure di trasgressori, vd. Tsagarakis 2000, p. 111 n. 468 (Tizio e Si­sifo).

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La Nekyia di Platone e di Cratete Tebano

esemplarmente inusuale per la collocazione. I due espiavano infatti la lorocolpa nell'inameno Ade (e non in altri luoghi remoti o sul margine tra mondodei vivi e aldilà, dove si immaginava avvenire l'espiazione per altricolpevoli) 16 .

In SH 347, l Cratete riprende da Omero 1'emistichio che aveva descritto ilsupplizio [XaÀÉ1t' aAye(a)] di Tantalo, e così facendo presenta anche Stilpone,leader della scuola Megarese, come uno dei grandi 'peccatori' omerici. Difronte alla coerenza della strategia allusiva adottata in SH 347 è metodico sup­porre che anche in SH 349 Cratete riusi 1'emistichio omerico che aveva intro­

dotto l'incontro di Odisseo con Tantalo e Sisifo con precisa intenzionalità, perdirci che anche Micilo era assimilabile ai grandi 'peccatori', e meritava il de­stino che il frammento superstite inizia appena a lumeggiare.

Anche il secondo verso di SH 347 è una struttura di immagini allusive lecui implicazioni sono tutte puntualmente funzionali alle intenzioni parodichedi Cratete. Pure in questo caso Cratete riprende integralmente un verso omeri­co, dove una singola parola viene sostituita. È ovvio che questa parola innova­ta, Méyapa, acquisti perciò un'importanza speciale, e che su di essa il lettoresi concentri in particolare. Il verso omerico ripreso da Cratete non concerne laNekyia, questa volta, ma viene dalla descrizione di un altro 'peccatore', questavolta un mostro. Si tratta del Typhoeus/Typhaon di Il. 2, 781-785:

yaìa o' 1J1teO"'tevaXtse AlÌ cbç 'tep1tu::epauvqJ

XmoflÉvqJ, O'tE 't' àflCPì TucpmÉt yaìav lflaO"O"1J

dv 'AplflOtç, 08t cpaO"ìTucpmÉoç EflflEVal Eùvaç.

c'òçapa 'twv Ù1tÒ 1toO"O"ìflÉya 0"'tEvaX1se'to yaìa

ÉpxoflÉvmv' flaÀ-a o' roKa OtÉ1tPT\O"O"ov1tE010lO.

Qui, in seno a una similitudine, Omero aveva descritto la fine1? della mo­struosa creatura, ricordando come Zeus si fosse liberato di lui 18. La storia della

vittoria di Zeus sul mostro è descritta con più dettagli da Esiodo19 (Theog. 820­880): Zeus lancia su di lui il suo fulmine e Typhoeus/Typhaon piomba così aterra come un gran masso; poi Zeus lo spinge sotto la superficie della terra den-

16 E.g. Niobe (trasformata in pietra sulla montagna di Sipilo); Prometeo in Es. Theog. 521-525.Cfr. Heubeck 1989, ad Od. Il,576-581 per questa idea dell' Ade come luogo delle pene eterneche sembra spezzare l'omogeneità delle idee epiche dell'oltretomba.17 Cfr. anche la descrizione di Es. Theog. 304, Pind. fr. 93.18 Non sappiamo con certezza in quale località tra le montagne note come 'tà "AptlW o presso latribù degli Arimoi, oppure in un luogo noto come Eivàptl.ta o Inarime. Cfr. West 1966, adTheog.304.

19 Anche Pindaro nella Pyth. 110 pone nel Tartaro, ma nello stesso tempo schiacciato su un duroletto di terra sotto l'Etna e Cuma. Per Eschilo, Prom. 354 ss. Typhoeus è imprigionato sottol'Etna: vd. Gantz 1993, pp. 48-51.

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Maria Noussia

tro il Tartaro (v. 868: pl\jfE8É jltV 8u/-LcpàKaxcòv Èç 'tapmpov EUpUV),e nulla dilui resta tranne i venti minori e i figli procreati dalla sua compagna Echidna.

Ora, alcuni dei luoghi comuni su Megara in sé e per sé possono aver aiuta­to Cratete a suggerire un qualche collegamento tra questa città, sede dellascuola filosofica rivale, e l'oltretomba. Sia l'Iliade sia l' Odissea fanno dell' al­dilà un luogo collocato sottoterra20, caratterizzato da una oscurità nebbiosa21 ealmeno in Esiodo, fr. 204,48 M.-W. Megara viene chiamata crKtOEtç'ombro­sa,22. Inoltre i suoi abitanti erano spesso additati come delle nullità nella riccadossografia negativa che i Greci alimentarono attorno agli abitanti di questa oquella città: 'téòvMqapÉcov ouòEÌç À6"(oç,diceva il responso dell' oracolo diDelfi ai cittadini di Megara circa il loro valore tra gli altri Greci23 e DiogeneLaerzio 6, 57 riporta il detto /-LllÒÉ1W'tE/-LllòEÌç"(ÉVOt'toMqapÉcov crO<jJCÒ'tE­poç, dove la doppia negazione indica chiaramente il senso ironico dell'affer­mazione. La città di Megara e quelle nullità dei suoi abitanti erano perciò can­didati plausibili a un implicito paragone tra l'Ade e l'inerte inconsistenza chetradizionalmente i Greci attribuivano alle anime che lo popolano. In questomodo Cratete crea una doppia coppia di personaggi e scenari. Da una partestanno figure e luoghi del mondo reale e storico di Cratete, che in sé e per sénulla avrebbero a che fare con i testi cui Cratete allude: Stilpone e Megara.Dall'altra sta un mondo virtuale evocato dall'allusione, dominato da due figu­re di grandi peccatori dannati a eterna espiazione nell'Ade e dalla figura di unmostro anche lui peccatore punito, Typhoeus, condannato a giacere sottoterrao nel Tartaro. Dal parallelismo delle due coppie è naturale che i lettori fosseroportati a fare un'ulteriore associazione tra Megara e l'aldilà: Megara come lacittà dei morti.

In questo procedimento di identificazioni allusive tra figure contempora­nee e luoghi reali/figure mitiche e mondo virtuale evocato attraverso l'allusio­ne Cratete potrebbe aver trovato già un sicuro modello in quanto Socrate fanel Protagora di Platone (314c-316a?4: nell'episodio dell'incontro tra Socra-

20 E.g. Ade sotterraneo: Od. 11,57 = 155, 164,475, Od. 23,252; espressioni metaforiche permorire: Il. 6, 19; 284; 411; 7, 131 = 3, 322; 7, 330; 11,263; 14,457; 20, 294; 22,425; 23, 51;Od. 11,65 = 10,560; lO, 174; 20, 81; 24, 106. Cfr. anche Gantz 1993, p. 123. Sulla geografiadell'oltretomba, vd. anche: e.g. Euripide, Aie. 252ss., Aristof. Ran. 186; 194; Plat. Resp. 614b8­621d2;Phd.111c5-113c9.

210m. Il. 15, 191: 'A'tÒT\<; ò' EÀaXEç6<jJov1ÌEp6EV1:a;23,51; Es. Theog. 729-731, Hymn. Hom.Dem. 80 etc., e la 'sede' (80110ç) di Ade è 'putrescente' (E1Jpci:JElç),Om. Od. 10,512-513; 23,322; Es. Op. 153: pììcrav Èç E1Jpci:JEV1:a80110VKpUEpO~Aiòao. Una spiegazione per questa pre­sentazione fornisce Sourvinou-Inwood 1981, p. 21.22Anche in un passo di Teognide che parla di Sisifo (vv. 702-712), non si manca di sottolinearel'oscurità dell'ombra che si incontra quando si varca la porta 'scura' dell' Ade (vv. 706-709).23 Cfr. Parke-Wormell1956, II, p. 1 s.24Molti sono i punti in cui Cratete si impegna nel riusare il modello di Socrate, come credo di

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La Nekyia di Platone e di Cratete Tebano

te e il suo compagno Ippocrate da una parte e dall'altra il portinaio di Callia,Socrate viene presentato con tenue allusività come un Odisse025 che nono­stante l'opposizione sgarbata del portinaio-Caronte/Cerbero26 sta entrandonell'oltretomba, vale a dire la casa di Callia:

Credo che il portinaio (ò 8upwp6ç) ... forse per il gran numero di Sofistiche c'era in casa, era irritato con tutti quelli che giungevano. Infatti, quandobussammo alla porta ed egli aprì e ci vide, disse: "Oh! Ancora Sofisti! Non hatempo!". E con ambedue le mani, con tutta la forza che aveva ci sbatté la portain faccia. Allora bussammo un' altra volta, e quello, tenendo la porta chiusa, cirispose: "Ma non avete capito? Non ha tempo!". "Buon uomo" dissi io "nonveniamo da Callia e non siamo Sofisti. Rassicurati! Siamo venuti perché ab­biamo bisogno di vedere Protagora. Annunciaci, dunque!". Allora, a stento,l'uomo ci aprì la porta.

Protagora viene descritto con ironia come intento a sedurre i suoi allievicon una voce del tipo di quella di Orfeo (il paragone ha in sé e per sé risonan­ze da Oltretomba27), e questi allievi lo seguono come se fossero stregati da unincantesimo (KllÀcDV't'D <pcov1ìCÙcmEP'Op<pE1Jç,Ol oÈ Ka'rà 1:1Ìv<pcov1ÌvE7WV1:atKEKllÀllI.lÉVOt),mentre l'insieme di questi sofisti viene descritto come una so­cietà di ombre28 (315a-b) in contrapposizione29 con l'essere vero di Socrate-

poter mostrare nel mio imminente commento a Cratete. Cf. per ora Noussia 2004 e 2006 (incorso di stampa).

25 Il tratto particolare di Odisseo che questo Socrate conserva è quello di "mettere alla prova"(1tElpàa8at) gli interlocutori (Om. Od. 24, 216; 238; 240; Plat. Prot. 311b; 341d): vd. Capra2000, p. 31. Per altri tratti che accomunano i due in Platone, vd. Capra 2001, p. 68 n. 36, p. 132e p. 138. Simile è anche la catabasi di Socrate nella Repubblica: vd. Capra 2001, p. 133 ss.26 Vd. già KHir 1969, p. 256; WiIIink 1983, p. 29. Del Como (1985, p. 182) paragona Plat. Prot.

314cd e Aristof. Ran. 464 s. e Pax 180 ss., per il comportamento sgarbato del portinaio; si po­trebbe aggiungere Ran. 190s., 197-202,269. In Antifane, fr. 86 K.-A., Caronte trascina per unagamba coloro che restano attaccati alla vita e li tira dentro alla sua barca con la forza. In Archia,AP 7, 68, viene descritto come il traghettatore delle anime dei morti che si compiace delle lacri­me di tutti. Per i portoni dell' Ade come simbolo della radicale separatezza tra mondo dei vivi eoltretomba: Om. Il. 5, 646; 8, 367; 13,415; 23,71; Od. 14, 156; Es. Theog. 773.

27 La discesa di Orfeo nell'Ade era la parte più famosa della sua storia; le sue parole e la suamusica avevano un potere tale che Admeto nell'Alcesti di Euripide si vanta che se avesse avutola lingua e la musica di Orfeo avrebbe potuto discendere nell' Ade dopo aver ammaliato (v. 359KT\Ài]aaVta) la figlia di Demetra e suo marito e si sarebbe così preso indietro sua moglie (vv.357-362). Orfeo faceva anche parte della Nekyia, pittura celebre di Polignoto a Delfi descrittada Pausania 10,30,6: egli vi siedeva tenendo in mano la sua arpa, simile a una delle altre ani­me piuttosto che a un visitatore dall'esterno. La catabasi di Orfeo è ricordata da Platone anche

nel Simposio 179b-d: vd. Capra 2000, p. 32.28 Cfr. KIiir 1969, p. 256 e Schofield 1992, p. 123.

29 Per le differenze tra il discorso di Socrate e il mondo dell'eristica, cfr. Schofield 1992, p. 127s.

285

Maria Noussia

Odisseo (wlJ'tov -ròvxopòv !.HJÀt<naerrore ìòcòv llcr81lv,315b; cf. anche 315enEpt ÒÈ rov ÒtEÀÉYOV10ODKÈÒ1JVallllVerrore lla8EtV eçro8ev). La ricerca dirispecchiamenti analogici viene del resto esplicitata30 subito dopo con chia­rezza: nel caso di Ippia (315b) Socrate cita espressamente la fonte Omero(8<P1l"OllllPOç;)e il verso della Nekyia con cui era stato descritto l'incontro traOdisseo ed Erac1e subito dopo Sisifo (cfr. Od. 11,601):

Tòv oÈ !lE't' dO"EvOTJO"a, 8<1>TJ"O!lllPOç, 'I1t1tlav 'tÒV 'HÀttov, Ka8ft!lEVOV Èv

'te!> Ka't' àV'ttKp'Ù 1tpO(ncoCP Èv 8povcp' ... È<I>aivov'to ÙÈ 1tEpì <l>UO"Eroç'tE Kaì'tWV !lE'tEropWV àcnpOVO!llKà èi't'ta OlEpW'tiiv 'tÒV 'I1t1tiav, 6 o' Èv 8povcp Ka8ft­!lEVOç ÉKac)"'tolç a{nwv OlÉKpl VEV Kaì OlEçDEl 'teXÈpw'tro!lEva.

L'accostamento di Ippia con Erac1e è appropriato perché, come ben notaCapra3!, il "sofista si presentava come un invincibile atleta della parola, fre­quentatore dei giochi olimpici, forse anche perché originario di Elide (Hipp.min. 363c ss.)". In verità, a parte Ippia-Erac1e, Protagora-Orfeo/Sisifo e Prodi­co-Tantalo (vd. infra), anche gli allievi dei sofisti in casa di Callia costituisco­no un gruppo di traditori, falliti, disertori, depravati e sacrileghi e sarebbero ri­sultati non solo incapaci di evitare la rovina di Atene, ma anzi corresponsabilidella medesima. La casa di Callia è dunque come l'Ade; e se Ippia è comeErac1e, Protagora si rispecchia allora in qualche modo in Sisifo32, dato che lafrase 1ÒVÒÈ IlE1'che introduceva Erac1e nella Nekyia si riferiva appunto a Si­sifo. Il supplizio di Sisifo implicava, tra l'altro, una meccanica ripetitività e laperformance di una azione destinata a protrarsi all'infinito33 (spingere su uncolle una pietra che rotolava al piano e Sisifo doveva spingere di nuovo, vd.Od. Il, 595-599 sopra) che trovano forse un analogon nel costante e ossessi­vo passeggio di Protagora (ad, 315b7), come nota Capra34. Inoltre visto cheSisifo è un personaggio noto per la scaltrezza ed empietà (Ferecide FGrH 3F119; Xen. Hell. 3, 1,8; Aristoph. Ach. 391)35, portavoce di uno dei più arditiattacchi alla religione che l'antichità abbia tramandato (vd. TrGF 43F19) eProtagora assunse una posizione agnostica intorno all'esistenza della divinità

30 Secondo Adam 1893 ad loc. bisogna evitare di pensare che il riferimento a Omero sia più cheformale e vada oltre le singole parole implicate, perché non ci sarebbe nessuno speciale colle­gamento tra l'Erac1e di Omero e l'Ippia di Platone, il cui ruolo è qui semmai quello del Minos­se di Omero (vv. 568-571). Vedi anche Willink 1983, p. 29 "sarebbe naturalmente sbagliato in­ferire specifiche identificazioni di Protagora e Ippia con altre persone della Nekyia".31 Cfr. Capra 2001, p. 67 n. 35 e p. 134 s. sulla famigerata casa dello stesso Callia.32 Già KHir 1969, p. 256; Courtney 1987, p. 409.33 Anche in Gorgia 525e Platone presenta i tre peccatori nell'Ade 'tòv àEì Xp6vov 'tt!lCOPOWÉ­

vouç.34 Cfr. Capra 2000, p. 32.35 Capra 2000, p. 67 n. 35.

286

La Nekyia di Platone e di Cratete Tebano

(DK 80Al; A12; B4?6, si può pensare che anche questo ulteriore nesso si in­staurasse tra le due figure.

Socrate afferma poi di aver visto anche 'Tantalo' (3l5c-3l6a), usando unafrase che riprende in forma appena modificata Od. 11,582 (Kaì j.lÈ:v&1ÌKaiinvece di Kaì j.lT]Ve l'aggiunta di rE), e specificando poi che questo 'Tantalo'è Prodic037. Forse per analogia alla sua controparte omerica, (Tantalo non sipuò spostare da dove è: vd. supra Od. 11, 583 s.) Pro dico giace steso in unsoffice letto. Prodico era amante dei piaceri (Philostr. Vit. Soph. 12 = DK84Ala) e nel paragonarlo a Tantalo Platone potrebbe evocare anche la celebrea~po<:>0vlldel titan038. Di più Prodico diede un'interpretazione razionalisticadella religione e non casualmente fu poi accusato di ateism039. La tracotanzahybristica di Tantalo (Eur. Or. 8_10)40 e l'ingannatore sofistico Sisifo cheesprimeva insolente ateismo (vd. supra) può assimilarsi bene alle vicende bio­grafiche dei sofisti Protagora e Prodico. Questi passi del Protagora ci presen­tano dunque "una delle maniere in cui Platone presenta con disprezzo i sofistie le loro occupazioni nella casa di Callia al momento dell' arrivo diSocrate/Odisseo"41. In più c'è un contrasto implicito fra la discussione sullavirtù e la vita ben poco virtuosa condotta dai protagonisti di quella discussio­ne, e l'allusione omerica è uno dei segnali di tale discrepanza.

In Cratete, SH 347, l'allusione alla Nekyia odissiaca nel primo verso, af­fiancata e rinforzata nel secondo da un richiamo a un altro passo iliadico chesi riferisce alla pena subita da un grande 'peccatore' nell'oltretomba (il ri-usodi Omero è quasi letterale, e solo i nomi cambiano, ovviamente, in entrambi icasi) permette in pratica di attribuire a Stilpone e ai suoi seguaci una sorta diruolo di 'trasgressori' e di collocazione virtuale nell'aldilà42. Presentando sestesso come Odisseo, Cratete riesce inoltre a instaurare per via allusiva un'al­tra prospettiva. Anche se Stilpone era in realtà suo contemporane043, Cratete­Odisseo si mette in una posizione da cui può far immaginare che Stilpone fos-

36 Cfr. Capra 2000, p. 33.37 Circa il confronto con Tantalo Willink 1983, p. 30 fornisce una rassegna di tutte le interpreta­zioni precedenti e ne offre di nuove.38 Cfr. Willink 1983, p. 30.39 Capra 2000, p. 33.40 Cfr. Sourvinou-Inwood 1986, p. 45; Willink 1983, p. 31 s.41 Cfr. Courtney 1987, p. 409. Altri usi simili di paragoni mitologici poco lusinghieri per i Sofi­sti si trovano nell' Eutidemo e nel Simposio di Platone: vd. Capra 2001, p. 31.42 Per la collocazione dei filosofi nell'Ade si trovano esempi già nella commedia: cfr. Aristo­fonte fr. 12 K.-A.

43 A parte Sofilo (IV sec. a.C.) dove è citato Stilpone (fr. 3 K.-A.: LTIÀ.7tCOVOçf:crn ~vcrJlae' 6Xapivo1J Myoç), allusioni ai contemporanei si trovano anche e.g. nella commedia nuova: è ilcaso del Babilonese, commedia di Filemone (IV-III a.C.), nella quale è preso di mira Arpalo (fr.15 K.-A.), tesoriere di Alessandro Magno (lo stesso che figura come bersaglio nel dramma sati-

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se appunto morto e sepolto, e altrettanto i suoi É'!alpot che egli nomina attor­no a lui. Ora i lettori non avranno potuto non congetturare che allora di conse­guenza l'attività filosofica che Stilpone- Tantalo esercitava nella sua virtualeambientazione nell'oltretomba assieme ai suoi É'!alpOt (vv. 3 e 4) sarà statapriva di qualsiasi senso del reale, o di qualsiasi efficacia e sostanza. Tutte que­ste implicazioni, derivanti dal luogo che attraverso le allusioni omeriche Cra­tete evoca come il luogo in cui ha incontrato Stilpone-Tantalo, avranno dun­que automaticamente introdotto e preparato la critica che si può immaginareCratete muovesse al filosofo megarico. Inoltre le discussioni di Stilpone nonsolo sono potenzialmente connotate dal luogo dell'incontro come i cicalecciscomposti dei morti nell' Ade, ma altrettanto in negativo avranno dato l'ideadi sinistra confusione e oscurità che si accompagnava alla rumorosità scompo­sta del mostro Typhoeus. Stando a Esiodo, la cui descrizione di Typhoeus è lapiù dettagliata che conosciamo dall'epoca arcaica e classica, sulla sua schienail mostro avrebbe avuto cento teste di serpenti che vomitavano fiamme e che(questo soprattutto ci importa) emettevano suoni terribili di ogni tipo (Theog.823-835). È naturale immaginare che Cratete abbia voluto confrontare il fra­gore scomposto delle voci dei serpenti sul dorso di Typhoeus con quella diStilpone e delle sue discussioni con i suoi seguaci (v. 3). Come nota West1966, in margine a Theog. 306, l'origine del nome e le sue diverse varianti(Tu<jJacov,TU<jJCOEUç,Tu<jJcòv,Tu<jJcòç)restano senza spiegazione adeguata intermini di linguistica moderna. Comunque i Greci erano portati ad associare ilnome con il verbo '!u<jJco('mandare fumo, fumare', 'affumicare'), e con il so­stantivo '!'u<jJoç('illusione', 'vanità, boria')44.

Ancora, il testo omerico di Il. 2, 783 riportato sopra parla solo del 'giaci­glio di Typhoeus' e l'espressione in sé e per sé potrebbe anche solo materializ­zare il fatto che il mostro 'giace' in cattività sepolto sotto terra45. Opportuna­mente però West 196646crede che la frase designi anche il luogo in cui il mo­stro tiene la sua sposa, vale a dire Echidna, che, almeno stando alla versionedocumentata da Esiodo, sarebbe vissuta in una grotta sotterranea nella terradegli Arimoi e lì continuerebbe ad accoppiarsi con Typhoeus (Theog. 304-

resco Agen di Pitone, TrGF 91) e dei Filosofi, dove il poeta si fa beffe del rigoroso regime ali­mentare dello stoico Zenone (fr. 88 K.-A.).44 Per un'ulteriore spiegazione dell'allusione a Typhoeus vd. Lloyd-Jones e Parsons che citanoNeumann-Partsch 1885, p. 310.45 Così Kirk ad Il. 2,783; per EVV~come 'letto finale, tomba' cfr. Esch. Ch. 318; Sof. Et. 436;SGO 20/30/05.3 Merkelbach-Stauber (Antiochia).46 Su Theog. 304. West 1966 dà l'esempio di Q. S. 8,97 s.: ilapoavov ... '{va 'Anicrao nÉÀ.ov­'Wl/ Evvai, ono'\J K'\J6ÉpEtav ... oa/lacrcrEv. Per il senso 'letto nuziale' della parola cfr. Il. 3,445; 9,133; 18,433; 24,130; Od. 10,297; Pind. Pyth. 2, 27; Sof. Traeh. 109; Eur. Med. 1027;Ate. 886 etc.

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t

l./.

La Nekyia di Platone e di Cratete Tebano

306: 1ì o' epm' EÌv 'Ap1IlOt<HVunò x86va ÀuYP1Ì"EXtova, / a8ava'roç VUIlCPTlKat ayi]paoç 1lllan nav'La. / TD oÈ Tucpaova cpam Iltyfìval Èv CPtÀ6'LTlU)47.L'immagine di Echidna, chiamata in causa dalla fonte di Cratete (Il. 2, 783)non prende corpo nel v. 3 di Cratete, ma la sua memoria potrebbe venire sfrut­tata molto pertinentemente al v. 4, dove il calembour su apE'Li]diventa alta­mente pregnante, appena ci si ricorda che la compagna di Stilpone era unaprostituta, l'etera NtK-apÉ'LTl48.

Anche altre più minute riprese epiche possono aver portato con sé allusioniai loro contesti originari49. In particolare, la formula nOÀÀoto' allCP'au'Lòv É­'LatpOt ricorre in Omero sempre in questa medesima sede metrica (cfr. Il. 2,417; 8,537; 19,5; Od. 11,520). In questi luoghi omerici (a parte Il. 2,417 e8, 537) i compagni si trovano (spesso loro stessi morti) attorno ad un eroemorto nella battaglia. L'aura del contesto omerico, che l'allusione alla fraseomerica portava inevitabilmente con sé, contribuisce perciò a farci intendereche Stilpone era come un morto; l'espressione avrà anche senz'altro evocatolo scenario della guerra degli eroi di Omero, che però Cratete trasferisce nel­l'ultimo verso al contesto di una sterile contesa filosofica sulla virtù (apE'Li])­una virtù che è tutt'uno con la prostituta compagna di Stilpone, l'É'LalPTlNt­KapÉ'LTl!D'altronde, così come Tantalo nell'Ade cercava di afferrare il cibo ele bevande, ma esse gli sfuggivano, allo stesso modo Stilpone e i suoi amici siestenuano in discussioni e argomentazioni eristiche senza risultati. Anche nel­la Nekyia omerica lo spettro di Achille si immagina circondato da una schieradi compagni - fatto che Odisseo erroneamente intende come un segno dellaposizione di prestigio che l'eroe continuerebbe ad avere anche presso i morti(Od. 11,483-487) (erroneamente, perchè nell'oltretomba non ci sono llaKa­pEç che spicchino sugli altri, come Achille poi spiegherà). Cratete potrebbeaver giocato su questo precedente, quando rappresentò Stilpone circondatodai suoi compagni - compagni che ad esempio potevano essere Asc1epiade diFliunte e Menedemo del frammento SH 348

47 La sintassi di Theog. 300 non è chiara, e i versi successivi possono essere spuri. Esiodo po­trebbe avere immaginato che questa fosse piuttosto l'abitazione di Keto.48 Per Nicarete cfr. Diog. Laert. 2, 114 e Ateneo 13, 596e; per il gioco di parole in questo verso,cfr. Lloyd-Jones e Parsons ad loe.49 Prospetto solo qui in nota che la correlativa di 661 v. 3, Ev6' ò y' del v. 4 (sempre che accettia­mo con Lloyd-Jones e Parsons, la correzione di Wilamowitz, e non Ev6' E't' di Diels), si trovanella stessa sede metrica in cui questa correlativa + articolo pronominale erano occorsi in unverso esiodeo, caratterizzato da precisa affinità sia dal punto di vista concettuale che da quellolessicale: Theog. 621 Ev6' 01.y' a).YE' EXOV'tEç;Ù1tÒX60vì vatE'ta.OV'tEç;.Il passo di Esiodo veni­va dalla Titanomaehia (la battaglia tra gli dèi e i Titani che immediatamente precede lo scontrodi Zeus con il mostro Typhoeus, ultimo trasgressore della legge instaurata dallo stesso Zeus);soggetto erano in Esiodo Briareo, Cotto e Gige che Zeus, geloso del loro vigore, relegò sotto­terra, come farà dopo con Tifeo nominato da Cratete.

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Maria Noussia

<PÀHlcrtov 't' 'AcrKÀll1ttaOllv Kaì 'taùpov 'EpE'tpf]

(test.: Diog. Laert. 2, 126)

evocando un ruolo di privilegio che poi l'atmosfera da oltretomba richiamataper via allusiva avrebbe rivelato improbabile.

La situazione cambia in SH 349, ma a mio parere potrebbe restare lo stessoil tono generale del frammento, e si potrebbe trovare un altro filosofo megare­se non altrimenti noto, Micilo, messo alla berlina. La particella /-L1Ìvin unionea Kat è solo progressiva, nel senso che aggiunge un nuovo elemento e sottoli­nea una nuova scena50, ma potrebbe significare benissimo la continuità a li­vello di soggetto; inoltre il parallelismo di SH 349, l a 347, 1, del tutto analo­go a quello di Od. 11,582 elI, 593, lascia pensare che Cratete immagini diincontrare Micilo in un passo non lontano da quello dove aveva descritto l'in­contro con Stilpone e soci, così come Odisseo aveva incontrato Tantalo e Si­sifo in immediata successione. Dopo il gran peccatore Sti1pone - colpevole diaver rafforzato la scuola megarese? - Cratete passa a un altro tipo di figuranegativamente esemplare. Anche di Micilo e sua moglie si descrive un'esi­stenza non paradisiaca; lui carda la lana e sua moglie carda con lui per sfuggi­re alla fame.

Come Tantalo passa la sua vita nell'oltretomba a morire di fame e setementre cerca di raggiungere il cibo che si allontana da lui ogni volta che luicerca di raggiungerlo, altrettanto Micilo e sua moglie spendono il loro misera­bile tempo a cercare di non morire di fame. D'altronde potrebbe rimandare aMegara l'attività cui essi risultano dediti. I Megaresi erano infatti famosi perun tipo di lana grezza ed economica51 con cui producevano tuniche in grandiquantità per l'esportazione soprattutto sul mercato di Atene (cf. Aristoph. Ach.519: MeyapÉcov 'Là XAavicrna)52 - tuniche particolarmente economiche,chiamate Èçco/-Li8eç;o XAavicrKta che erano spesso abiti degli schiavi (cf. Ari­stoph. V. 44; Pax 1002) e perciò forse anche dei filosofi cinici. Questa attivitàdella lavorazione della lana pare fosse l'attività principale per la massa deiMegaresi (cf. Xen. Mem. 2, 7, 6: MeyapÉcov 8' OLnAElmOl ànò Èçco/-Ll80nOl­iaç; 8la'tpÉ<jJoV'Lm).

Megara, il posto i cui abitanti/filosofi o disputano per nulla senza capire diconfondere virtù e prostitute oppure fanno la fame, sarebbe in sé e per sé, de­notativamente, in un certo senso l'anti-ideale53 della KaAf]e niElpa Pera de­scritta da Cratete nel SH 35154, il posto ideale in cui il cinico poeta sognava di

50 Cfr. Denniston 19542, p. 351 s.51 Sull'industria tessile megarese, cfr. Legon 1981, pp. 86-89.52 Il filosofo cinico, racconta Diogene Laerzio, osservò che era meglio nascere un capro di Me­gara, piuttosto che un ragazzo di Megara, una volta che vide una pecora megarese con un abiti-

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•••

La Nekyia di Platone e di Cratete Tebano

poter vivere, un posto dove né la guerra né la fame né la lussuria sessuale ave­vano ragion d'essere55• Omero e il precedente socratico nel Protagora di Pla­tone aiutano Cratete ad attuare un doppio procedimento parodico, così da pre­sentare Stilpone come un anti-eroe e da far diventare Megara connotativamen­te non solo un anti-ideale cinico, ma anche la negazione della stessa realtà delmondo dei viventi, la metafora di un oscuro oltretomba senza gioia e con tan­to rumore insensato, popolato dalle figure dei grandi peccatori responsabili diaver fatto proliferare la filosofia "megarese". L'allusione alla Nekyia non hadunque nulla di casuale e diventa lo strumento che segnala la discrepanza frala discussione sulla virtù e la vita ben poco costruttiva condotta dai protagoni­sti della discussione. Comunque, diversamente da quello che fa Platone nelProtagora, Cratete si premura di 'rincarare' l'atmosfera da Nekyia innescatadalle allusioni all'undicesimo dell'Odissea con l'ulteriore immagine del mo­struoso Typhoeus/Typhaon, che viene dall' Iliade, così che la sua presentazio­ne negativa di Stilpone e dei suoi seguaci megaresi non potrebbe risultare piùpungente. In ogni caso, ripercorrendo la strada della parodia socratica dei So­fisti nel Protagora Cratete potrebbe qui realizzare attraverso il ri-uso di questaparodia una sorta di metafora della centrale rilevanza che ha più in generale ilpensiero socratico nel pensiero di Cratete (e dei Cinici).

Università di Chieti

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54 ITi]pTj nç 1tOÀ.tçÈcr'tì /lÉcrcp Èvì Otv01tt 'tu<j>cp/ lcaÀ.!Ì Kaì 1tiEtpa, 1tEpippu'toç, o1>8èv exoucra!

dç ~v oihE nç dcr1tw àv!Ìp /lCOpÒç 1tapàm'toçj Oi11:E À.ixvoç 1tOpvTjç È1tayaUo/lEvOç

1tuyijcrt v· / àÀ.À.à eU/lOv Kaì crKop8a <j>ÉpEtKaì cruKa Kaì ap'touç.l È1; wv 01> 1toÀ.E/loum 1tpÒç

àÀ.À.i]À.ouç1tEpì 'tou'tcov,/ 01>X o1tÀ.a KÉK'tTjv'tat 1tEpì KÉp/la'toç, 01>1tEpì 801;Tjç.55 Per un'analisi della città ideale dei cinici rimando a Noussia 2004.

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