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199 Archeologia Medievale XXXV, 2008, pp. 199-239 L’area cimiteriale e il casale in località S. Giovanni Piscopìo, Cutro�ano (Lecce) a cura di Brunella Bruno con testi di Paul Arthur*, Brunella Bruno*, Valeria Camilleri*, Florin Curta**, Marco Leo Imperiale*, Salvatore Matteo***, Luciano Piepoli*, Marisa Tinelli* 1. INTRODUZIONE San Giovanni di Piscopìo è ubicato a meno di 2 km, a sud-est del paese di Cutro�ano a sud di Lecce, situato in posizione quasi centrale tra la sponda adriatica e quella ionica del Salento (�g. 1). L’intervento archeologico realizzato in loc. San Gio- vanni di Piscopìo nel 2006 è stato condotto in condizioni di emergenza dopo che l’area era stata interessata da un’intensa attività di mezzi meccanici per la messa a col- tura di alberi di ulivo che avevano intaccato le evidenze archeologiche 1 . L’area indagata copre una super�cie di circa 14.000 m², in gran parte caratterizzata dal banco di roccia af�orante, circondata da uliveti 2 . Questa ha resti- tuito testimonianze relative ad un cimitero di età romana imperiale ed altomedievale, descritte di seguito. A pochi metri di distanza doveva sorgere il casale di Piscopìo (Casale Episcopii) in età basso medievale, le cui evidenze saranno presentate alla �ne di questo contributo. Il sito si colloca all’interno del vasto territorio comu- nale di Cutro�ano ricco di testimonianze archeologiche, alcune delle quali attestano una lunga fase di frequenta- zione, dall’età romana �no a giungere ai villaggi di età medievale 3 (�g. 2). In contrada Badia, a nord-ovest del centro abitato, le indagini di super�cie condotte negli ultimi anni hanno contribuito ad una maggiore visibilità delle evidenze archeologiche dell’area, soprattutto in relazione ad un complesso di notevoli dimensioni arti- colato in più edi�ci di età imperiale, forse riferibile ad un vicus. Allo stesso sito sono da ricondurre i numerosi frammenti di ceramici datati tra IV e VI secolo 4 . Da un contesto cimiteriale provengono, verosimilmente, le due �bbie in lega di rame di età altomedievale rinvenute nell’area, ma senza una localizzazione precisa 5 . Ad età basso medievale si riconducono i frammenti di ceramica rinvenuti nella stessa località, con una cesura spaziale rispetto all’insediamento tardoantico. Il toponomino Badia riferisce ad un’abbazia medievale menzionata nelle fonti documentarie del Cinquecento come Abbadia del Calaure o Caloere 6 . La vicenda insediativa di contrada Badia continua �no alle soglie dell’età moderna con la costruzione della masseria che prende il nome dalla località. Il materiale ceramico raccolto in contrada Castelli, a sud-est di Cutro�ano, attesta l’esistenza di un insedia- mento già in età romana (mansio o villa?), con una lunga frequentazione dalla media età imperiale �no al V secolo, per diventare nel corso del medioevo il luogo del casale di Petrore 7 . Da contrada Castelli proviene un sarcofago in pietra calcarea, oltre ad una lastra tombale con acroteri. L’uso funerario dell’area continua nell’altomedioevo con il rinvenimento di una �bbia in lega di rame datata al VI secolo circa, forse da associare ad alcune sepolture, sconvolte dai recenti lavori agricoli. Il rinvenimento di frammenti di intonaco dipinto di età medievale rimanda alla presenza di una chiesa, forse la chiesa del casale attestato nel corso del XIII secolo e verosimilmente abbandonato già nel corso del XV secolo 8 . B.B. * Dipartimento di Beni Culturali, Università del Salento. ** University of Florida. *** Museo della Ceramica di Cutro�ano. 1 Si ringrazia il dott. Gian Paolo Ciongoli, Centro Operativo per l’Archeologia del Salento, per aver sollecitato l’intervento del prof. Paul Arthur (Insegnamento di Archeologia Medievale, Dipartimento di Beni Culturali, Università del Salento). Lo scavo è stato eseguito sotto la direzione scienti�ca del dott. G.P. Ciongoli e del prof. P. Arthur, e coordinato sul campo da chi scrive. La dott.ssa M. Tinelli, in qualità di responsabile della documentazione gra�ca, ha coordinato il rilievo topogra�co dell’area con la stazione totale ed i rilievi delle evidenze, mentre il dott. M. Rizzo, la dott.ssa C. Portulano e la sig.na I. Cito hanno composto l’equipe di scavo. L’intervento, realizzato nel maggio del 2006, non sarebbe stato possibile senza il contributo �nanziario del Comune di Cutro�ano ed il costante appoggio dell’arch. Gianluigi Russo, responsabile del Settore Tecnico del Comune. Salvatore Matteo, direttore del Museo della Ceramica, ha quotidianamente condiviso con noi l’evolversi dello scavo. Siamo grati al prof. Benegiamo, nella cui proprietà ricade parte del cimitero di età altomedievale, per averci concesso di documentare le sepolture ormai violate. Un ringrazia- mento, in�ne, ai ragazzi della locale sezione di Legambiente che per primi hanno segnalato l’attività delle ruspe nell’area di San Giovanni. Le illustrazioni a corredo del presente contributo sono a cura di B. Bruno, P. Caprino, M. Tinelli e M. Rizzo. Si ringrazia Luigi Cesari di Cutro�ano, per aver gentilmente concesso alcune foto scattate a San Giovanni alcuni anni fa. 2 Una preliminare presentazione dei risultati è in Bruno, Tinelli 2008. 3 Per una prima e signi�cativa lettura delle evidenze archeologiche nel territorio di Cutro�ano si veda Melissano 1990. 4 Greco, Lapadula 2004, pp. 18-20. 5 Arthur 1996, pp. 433-435. 6 Il primo studio del materiale ceramico di età medievale da contrada Badia è in Blattmann D’Amelj 1996. 7 Per la fase di età romana si veda Melissano 1990, pp. 275- 279. 8 Arthur 1996, pp. 435-436.

L'area cimiteriale e il casale in località S. Giovanni Piscopìo, Cutrofiano (Lecce)

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Archeologia MedievaleXXXV, 2008, pp. 199-239

L’area cimiteriale e il casale in località S. Giovanni Piscopìo, Cutro�ano (Lecce)

a cura di Brunella Brunocon testi di Paul Arthur*, Brunella Bruno*, Valeria Camilleri*, Florin Curta**, Marco Leo Imperiale*, Salvatore Matteo***, Luciano Piepoli*, Marisa Tinelli*

1. INTRODUZIONE

San Giovanni di Piscopìo è ubicato a meno di 2 km, a sud-est del paese di Cutro�ano a sud di Lecce, situato in posizione quasi centrale tra la sponda adriatica e quella ionica del Salento (�g. 1).

L’intervento archeologico realizzato in loc. San Gio-vanni di Piscopìo nel 2006 è stato condotto in condizioni di emergenza dopo che l’area era stata interessata da un’intensa attività di mezzi meccanici per la messa a col-tura di alberi di ulivo che avevano intaccato le evidenze archeologiche1. L’area indagata copre una super�cie di circa 14.000 m², in gran parte caratterizzata dal banco di roccia af�orante, circondata da uliveti2. Questa ha resti-tuito testimonianze relative ad un cimitero di età romana imperiale ed altomedievale, descritte di seguito. A pochi metri di distanza doveva sorgere il casale di Piscopìo (Casale Episcopii) in età basso medievale, le cui evidenze saranno presentate alla �ne di questo contributo.

Il sito si colloca all’interno del vasto territorio comu-nale di Cutro�ano ricco di testimonianze archeologiche, alcune delle quali attestano una lunga fase di frequenta-

zione, dall’età romana �no a giungere ai villaggi di età medievale3 (�g. 2). In contrada Badia, a nord-ovest del centro abitato, le indagini di super�cie condotte negli ultimi anni hanno contribuito ad una maggiore visibilità delle evidenze archeologiche dell’area, soprattutto in relazione ad un complesso di notevoli dimensioni arti-colato in più edi�ci di età imperiale, forse riferibile ad un vicus. Allo stesso sito sono da ricondurre i numerosi frammenti di ceramici datati tra IV e VI secolo4. Da un contesto cimiteriale provengono, verosimilmente, le due �bbie in lega di rame di età altomedievale rinvenute nell’area, ma senza una localizzazione precisa5. Ad età basso medievale si riconducono i frammenti di ceramica rinvenuti nella stessa località, con una cesura spaziale rispetto all’insediamento tardoantico. Il toponomino Badia riferisce ad un’abbazia medievale menzionata nelle fonti documentarie del Cinquecento come Abbadia del Calaure o Caloere6. La vicenda insediativa di contrada Badia continua �no alle soglie dell’età moderna con la costruzione della masseria che prende il nome dalla località.

Il materiale ceramico raccolto in contrada Castelli, a sud-est di Cutro�ano, attesta l’esistenza di un insedia-mento già in età romana (mansio o villa?), con una lunga frequentazione dalla media età imperiale �no al V secolo, per diventare nel corso del medioevo il luogo del casale di Petrore7. Da contrada Castelli proviene un sarcofago in pietra calcarea, oltre ad una lastra tombale con acroteri. L’uso funerario dell’area continua nell’altomedioevo con il rinvenimento di una �bbia in lega di rame datata al VI secolo circa, forse da associare ad alcune sepolture, sconvolte dai recenti lavori agricoli. Il rinvenimento di frammenti di intonaco dipinto di età medievale rimanda alla presenza di una chiesa, forse la chiesa del casale attestato nel corso del XIII secolo e verosimilmente abbandonato già nel corso del XV secolo8.

B.B.

* Dipartimento di Beni Culturali, Università del Salento.** University of Florida.*** Museo della Ceramica di Cutro�ano. 1 Si ringrazia il dott. Gian Paolo Ciongoli, Centro Operativo per

l’Archeologia del Salento, per aver sollecitato l’intervento del prof. Paul Arthur (Insegnamento di Archeologia Medievale, Dipartimento di Beni Culturali, Università del Salento). Lo scavo è stato eseguito sotto la direzione scienti�ca del dott. G.P. Ciongoli e del prof. P. Arthur, e coordinato sul campo da chi scrive. La dott.ssa M. Tinelli, in qualità di responsabile della documentazione gra�ca, ha coordinato il rilievo topogra�co dell’area con la stazione totale ed i rilievi delle evidenze, mentre il dott. M. Rizzo, la dott.ssa C. Portulano e la sig.na I. Cito hanno composto l’equipe di scavo. L’intervento, realizzato nel maggio del 2006, non sarebbe stato possibile senza il contributo �nanziario del Comune di Cutro�ano ed il costante appoggio dell’arch. Gianluigi Russo, responsabile del Settore Tecnico del Comune. Salvatore Matteo, direttore del Museo della Ceramica, ha quotidianamente condiviso con noi l’evolversi dello scavo. Siamo grati al prof. Benegiamo, nella cui proprietà ricade parte del cimitero di età altomedievale, per averci concesso di documentare le sepolture ormai violate. Un ringrazia-mento, in�ne, ai ragazzi della locale sezione di Legambiente che per primi hanno segnalato l’attività delle ruspe nell’area di San Giovanni. Le illustrazioni a corredo del presente contributo sono a cura di B. Bruno, P. Caprino, M. Tinelli e M. Rizzo. Si ringrazia Luigi Cesari di Cutro�ano, per aver gentilmente concesso alcune foto scattate a San Giovanni alcuni anni fa.

2 Una preliminare presentazione dei risultati è in Bruno, Tinelli 2008.

3 Per una prima e signi�cativa lettura delle evidenze archeologiche nel territorio di Cutro�ano si veda Melissano 1990.

4 Greco, Lapadula 2004, pp. 18-20.5 Arthur 1996, pp. 433-435.6 Il primo studio del materiale ceramico di età medievale da

contrada Badia è in Blattmann D’Amelj 1996.7 Per la fase di età romana si veda Melissano 1990, pp. 275-

279.8 Arthur 1996, pp. 435-436.

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NOTIZIE SCAVI E LAVORI SUL CAMPO

�g. 1 – Carta del Salento con i principali luoghi citati nel testo. �g. 2 – Carta del territorio di Cutro�ano con alcuni dei siti di interesse storico-archeologico.

2. L’INDAGINE ARCHEOLOGICA

Il sito archeologico di San Giovanni era già noto per le tombe scavate nel banco di roccia af�orante e depredate negli ultimi decenni9 (�g. 3). La realizzazione di una �tta maglia di buche, ben 355, per la messa a col-tura di alberi di ulivo con l’utilizzo di mezzi meccanici, non solo ha danneggiato le evidenze già note ed a vista nel banco di roccia, ma anche i depositi ancora sepolti. L’intervento archeologico ha previsto la documentazione di ogni buca corredata dalle indicazioni riguardanti i materiali rinvenuti all’interno di ogni singolo taglio. In alcuni casi si è proceduto allo scavo dell’area intorno alle buche per documentare integralmente le strutture intaccate. La veri�ca e relativa documentazione delle fosse ha messo in luce almeno tre periodi ben distinti di utilizzo dell’area.

2.1 Periodo I: età pre-protostorica

Il Periodo I è attestato da abbondante ceramica ad impasto rinvenuta sia in super�cie sia nella pulizia dei tagli delle buche. Questa ceramica è presente su tutta l’area con alcune concentrazioni da localizzare, in particolare, nella parte settentrionale e meridionale del pianoro centrale di roccia naturale. In questo settore sono state messe in luce alcune fosse che al momento non sembrano riconducibili ad una struttura ben precisa, contenenti frammenti di ceramica associati, in alcuni

9 Più di una segnalazione sulla presenza di sepolture alto medievali nell’area è in Ligori 1993, p. 18, �gg. 7-10, con immagini dell’area e di alcune sepolture a corredo del testo.

casi, a frammenti di ossa. La pulizia di una delle buche, ha messo in luce un silo di forma circolare (US 149), ben costruito e scavato nel banco di roccia, mancante dell’imboccatura, tranciata di netto per quasi 30 cm dalla realizzazione della buca. Il terreno di riempimento (US 150) non ha restituito materiale diagnostico, lasciando incerta la sua datazione (�g. 4). Una prima ipotesi po-trebbe essere quella di assegnare il silo all’Età del Bronzo, anche in relazione al cospicuo spargimento di ceramica ad impasto rinvenuta intorno

Alla stessa fase cronologica possono essere ricondu-cibili i tagli nel banco di roccia naturale situati quasi centralmente all’area indagata. A differenza di altri tagli, ancora conservati anche nelle immediate vicinanze, questi sembrano essere di natura antropica, caratterizzati da una modalità costruttiva abbastanza regolare. Si tratta di due tagli di forma semicircolare (US 321 e US 322), dal diametro di 20 cm ca. e profondi �no a 20 cm. I due fori sono poi collegati da una canaletta (US 415) lunga 70 cm, e profonda 11 cm, anch’essa realizzata nel banco di roccia af�orante. Potrebbero essere interpretati come parte di una struttura più articolata ma, al momento, restano delle evidenze isolate.

La ceramica rinvenuta copre un arco cronologico riferibile all’Età del Bronzo, anche se non mancano attestazioni più antiche. Al Neolitico, infatti, rimandano alcuni frammenti tra cui un’ansa a rocchetto e pochi frammenti con decorazione ad impressione (�g. 5)10.

10 Si ringrazia il prof. Girolamo Fiorentino, Insegnamento di Ar-cheobotanica, Dipartimento di Beni Culturali, Università del Salento, per aver visionato il materiale.

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NOTIZIE PRELIMINARI DALL’ITALIA

�g. 3 – Località San Giovanni di Piscopìo. 1. Stralcio del Foglio catastale con indicazione dell’area indagata. 2. L’area negli anni

Ottanta (foto L. Cesari).

�g. 4 – Periodo I. Il silo US 149.

�g. 5 – Periodo I. Ceramica con decorazione ad impressione.

Questi dati si vanno ad aggiungere al ritrovamento in anni passati di una ciotola in ceramica ed un’ascetta litica, entrambi rinvenuti durante la pulizia della chiesa rupestre di S. Giovanni (cfr. infra), e forse provenienti dal-la stessa area interessata dall’indagine archeologica11.

11 Ligori 1993, �gg. 11-12.

2.2 Periodo II: L’età romana imperiale

Il Periodo II si identi�ca con un primo utilizzo funera-rio dell’area12 (�g. 6). Questo è attestato, essenzialmente, nel settore meridionale, dove il banco di roccia scompare sotto uno strato di terreno che diviene più spesso lungo il limite meridionale dell’area indagata. Già in super�cie era evidente uno spargimento di frammenti di ceramica, in particolare Terra Sigillata Chiara. Ma la maggior parte della ceramica è stata recuperata durante la pulizia delle buche recenti, la cui realizzazione ha fortemente com-promesso alcune tombe. Durante la realizzazione di una buca (US 289) è stata intercettata una sepoltura (t. V), che ha restituito una scodella frammentaria in TSC C datata al III-IV secolo (cfr. infra). A sud della tomba V è stato rinvenuto un taglio di forma quadrata (US 342), compromesso anch’esso dalla costruzione della stessa buca. A pochi metri ad est del taglio US 342, sono situate due sepolture (tt. XII, XIII) scavate nel banco di roccia, divise da un setto di roccia ed allineate tra loro. Le due tombe hanno subito un destino differente: la tomba XII è stata solo intaccata, mentre la successiva (t. XIII), è stata tranciata di netto nell’angolo sud-ovest. Dalla tomba XIII proviene una lucerna �ttile della seconda

12 Per la descrizione dettagliata delle tombe e relative modalità di seppellimento si rimanda al paragrafo speci�co sul cimitero.

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NOTIZIE SCAVI E LAVORI SUL CAMPO

�g. 6 – L’area cimiteriale.

metà del III-IV secolo d.C., oltre ad oggetti di ornamento personale (cfr. infra).

Una quarta sepoltura è stata individuata attraverso la presenza di molte ossa umane frammentarie e pochi frammenti di ceramica rinvenuti sull’accumulo di terra lasciato dalla ruspa, in prossimità di una buca realizzata lungo il limite meridionale dell’area. La pulizia della buca e relativo ampliamento dell’area, ha messo in luce quello che restava del riempimento (US 425) di una tomba (t. XIV) di cui purtroppo non è stato possibile de�nire il taglio, distrutto dall’azione del mezzo meccanico. Tra i frammenti di ceramica lasciati dopo il passaggio del mez-zo meccanico è stato recuperato un fondo di brocca di III-IV secolo d.C. che, al pari di un frammento di lastra di copertura, sembra riconducibile alla stessa sepoltura.

L’ampliamento della stessa buca ha permesso di in-dividuare una seconda tomba (t. XXV), situata accanto alla precedente e meglio preservata.

Le poche sepolture �nora individuate datano, sulla base dello studio dei materiali rinvenuti, all’età romano-imperiale, ma è pur vero che la distribuzione di ceramica in super�cie dello stesso periodo in questo settore è alta, il che potrebbe essere indice non solo della presenza di altre sepolture, ma anche di altre strutture. Una spia di questo è l’individuazione di una tomba (t. VII), quasi completamente distrutta dall’azione della ruspa, ubicata tra il primo gruppo (tt. XII, XIII) ed il secondo più a sud (tt. XIV, XXV). Anche della tomba VII, chiaramente infantile sia per le ridotte dimensioni della parte ancora conservata, sia per la presenza di ossa riconducibili ad un individuo infantile, non è stato possibile de�nire il tipo. Sempre nelle vicinanze è stata messa in luce, durante la pulizia di una buca, un taglio (US 407) perpendicolare

ad essa e rivestito lungo le pareti da uno spesso strato di malta bianca, mentre il piano è ricoperto da uno strato di cocciopesto (US 408). Dal terreno accumulatosi nel taglio (US 409) proviene solo ceramica di età post-medievale e moderna, ma è pur vero che la zona è stata già oggetto di interventi pesanti �no ad anni recenti, quando è stato costruito un pozzo artesiano.

2.3 Periodo III: età tardo antica ed alto medievale

Il cimitero altomedievale, con le oltre 20 sepolture �nora accertate rappresenta la terza e più consistente fase di utilizzo dell’area (�g. 6). Le sepolture occupano, in gran parte, il settore centrale del pianoro, con un solo piccolo gruppo situato a ridosso del limite nord-ovest dell’area interessata dall’intervento archeologico, ma non si può escludere che uno scavo estensivo dell’intera area non metta in luce altre tombe.

Un piccolo gruppo di tre sepolture è situato a nord-ovest dell’area (tt. I, II e III). Le tombe I e II sono allineate tra di loro, divise da un setto di roccia largo 50 cm ca. e solo la tomba II è stata tagliata da una buca. La tomba III, situata a poca distanza dalle precedenti, è stata appena s�orata da un’ennesima buca. Durante la costruzione della tomba, è stata intercettata una fossa dal taglio grossomodo circolare (US 473), riempito da terra rossa o bolo (US 474) che non ha restituito materiali, il che lascia ipotizzare che il taglio possa essere di origine naturale forse una vora. Di natura antropica è certamente il foro di forma circolare (US 399) conservato a sud-ovest della struttura tombale.

Nel pianoro centrale sono concentrate gran parte delle altre sepolture. Un primo nucleo è situato lungo il limite meridionale del pianoro, mentre il secondo, il più consi-

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NOTIZIE PRELIMINARI DALL’ITALIA

stente numericamente, lungo il limite settentrionale. Le tombe del primo gruppo erano, come tutte le altre, prive delle lastre di copertura, e riempite da terreni eterogenei di formazione recente, segno che le sepolture erano già state ampiamente svuotate. La presenza di licheni lungo la super�cie della roccia sta, chiaramente, ad indicare che sono rimaste a vista per lungo tempo. Lungo il limite meridionale del pianoro sono raggruppate almeno sei sepolture, in gran parte intercettate durante la realizza-zione delle buche. La tt. VI e VIII, sfuggite alla distruzio-ne, sono simili alle sepolture precedenti, mentre ad una tipologia differente appartengono le altre sepolture dello stesso raggruppamento. La caratteristica predominante di queste ultime è data dalla sezione trapezoidale, mentre la pianta segue un andamento sub-rettangolare (tt. IX, X). Entrambe le tombe sono state tagliate dalle buche recenti, e nel caso della t. IX questa è stata tranciata per metà raggiungendo il fondo. Dal terreno di riempimento della t. IX (US 355) proviene, a differenza di quanto attestato per le altre sepolture, una gran quantità di ossa umane disarticolate e rimescolate, oltre a frammenti di ceramica eterogenea. Probabilmente si tratta del terreno di riempi-mento originario rimescolato e ributtato dentro dopo la violazione della sepoltura in tempi recenti. L’area, infatti, è stata, secondo quanto raccontato dai locali, oggetto delle attenzioni di scavatori clandestini per lungo tempo.

L’ultima tomba (t. IV) di questo gruppo, se si esclude le sepolture (tt. XXVI, XXVII) inglobate nella struttura quadrangolare e la tomba XI completamente sepolta sotto grossi massi di roccia frutto dell’attività di sbancamento, è riconducibile nella tipologia alle sepolture del secondo gruppo, scavate lungo il limite settentrionale del piccolo pianoro. Si tratta di sepolture a pianta trapezoidale, con i lati diritti che si rastremano ad est scavate, al pari delle altre, nel banco di roccia af�orante. Queste sepolture (tt. XIX, XX, XXI, XXII, XXIV) costituiscono un gruppo omogeneo per modalità costruttive dotate sempre di un rozzo cuscino risparmiato ad ovest sul fondo del contenitore. Prive della lastra di copertura, anche queste sono state oggetto delle attenzioni di scavatori clandestini. In anni non lontani, nelle immediate vicinanze di questo raggruppamento sono stati raccolti, tra il terreno lasciato dai clandestini, i pochi oggetti in metallo datati al VII-VIII secolo d.C. presentati in questo contributo (cfr. infra). Solo una tomba (t. XX) conservava traccia del riempimento originario (US 447) con parte dello scheletro di un individuo adulto non in connessione anatomica, accantonato ad est.

Almeno una tomba (t. XXIII) conserva all’esterno un foro per l’inserimento di un segnacolo funerario. Si tratta di un grosso foro circolare (US 464) situato a 21 cm ca. dal limite meridionale della fossa tombale. Il foro (diametro 50 cm ca. e profondo 35 cm ca.) conserva pareti diritte e fondo piatto, e il terreno di riempimento (US 465) ha restituito materiale mescolato tra cui pochi frammenti di ceramica acroma.

Durante l’intervento archeologico sono state indivi-duate almeno altre quattro tombe (tt. XXVIII, XXIX, XXX e XXXI), anch’esse tagliate nel banco di roccia af�orate. Queste, già manomesse negli ultimi anni, sono state posizionate, ma non indagate integralmente per dif�coltà oggettive.

L’ultimo gruppo di sepolture è situato ad est del raggruppamento precedente, dove il banco di roccia

tende a degradare. Le quattro tombe (tt. XV, XVI, XVII, XVIII), sono allineate tra loro lungo l’asse nord-sud. Le tt. XV e XVI sono divise da un setto di roccia (larghezza massima è di 90 cm ca.) e tagliate ad est da un fronte di cava (US 445), forse già in antico. Le tt. XVII e XVIII, pur mantenendo lo stesso allineamento, sono realizzate in maniera indipendente l’una dall’altra. Tutte e quattro le sepolture sono realizzate con l’orientamento canonico est-ovest, ma con differenti modalità costruttive.

B.B.

2.4 Il fonte battesimale

Quasi al centro del pianoro e circondato da un gruppo di tombe, è ubicata una struttura completamente scavata nel banco di roccia e mutilata dell’angolo sud-orientale dal-la costruzione di una buca per ulivi (�g. 7). La costruzione, di forma pressoché quadrata (170×160 cm ca.), si articola all’interno con un gradino (US 351; largo 40 cm ca.; h: 40 cm ca.) che corre lungo i lati nord ed est, mentre lungo i restanti lati il taglio (US 349) scende �no al fondo. Il taglio (US 349) era riempito da uno spesso strato di terreno (US 350) che ha restituito solo materiale moderno. Lo strato riempiva il taglio �no al piano della struttura (US 485) di fattura regolare. Nel piano si apre, solo a ridosso dei lati nord ed est, un taglio di forma grossomodo regolare (US 365) largo 62×70 cm ca. e profondo 30 cm ca. dalle pareti che scendono a forma di cono rovesciato e tagliato. Lungo le pareti sono ben visibili i segni lasciati da uno strumento dalla punta �ne utilizzato per la realizzazione di questo, mentre lungo la parete sud si legge un piccolo solco che scende �no al fondo piatto. Dal terreno di riempimento della fossetta (US 364) proviene materiale eterogeneo.

Il gradino situato a nord conserva lungo i bordi est ed ovest un andamento trapezoidale, il che sembra ri-mandare alla presenza di una tomba (t. XXVI) tagliata nel momento in cui è stata scavata la struttura. Tra gli interstizi naturali del piano del gradino è stata rinvenuta una moneta del tutto abrasa in bronzo datata alla secon-da metà IV-V secolo d.C. (cfr. infra).

Allineata a questa è una seconda tomba (t. XXVII), divisa dalla precedente da un setto di roccia largo 40c cm ca., di cui si conserva solo il tratto est mentre il re-sto è stato sfondato per la costruzione della struttura. Lungo il lato nord a 40 cm ca. dal bordo è situato un piccolo foro di forma circolare (US 500) largo 10 cm ca. e profondo 9 cm ca.

Quali erano la funzione e la datazione di questa struttu-ra? Per quello che riguarda il primo quesito, la forma qua-drangolare e l’articolazione interna con un gradino oltre alla piccola vasca realizzata sul fondo sembrano convergere per una sua identi�cazione come fonte battesimale.

Vasche battesimali di questo tipo in ambito rurale sembrano essere poco comuni nella penisola italiana. Su un totale di 43 fonti battesimali censiti recentemente in ambito rurale tra IV e VII secolo, solo sette presentano una forma quadrata e sono distribuiti attraverso il ter-ritorio nazionale13. Nel territorio pugliese, l’unico fonte censito è localizzato a Belmonte, Altamura (BA), dove la vasca, scavata nel banco di roccia, ha una pianta quadrata con una scaletta a gradini su ognuno dei tre bracci ed il

13 Fiocchi Nicolai, Gelichi 2001, p. 373.

204

NOTIZIE SCAVI E LAVORI SUL CAMPO

�g. 7 – L’ipotetico fonte battesimale.

�g. 8 – Isola di Capri, chiesa di San Costanzo. Vasca battesimale (da Arthur 1992).

quarto occupato da un’absidiola14. Maggiori somiglianze, per quel che riguarda la pianta e le dimensioni, ci sono con la vasca rinvenuta nella chiesa di Santo Stefano di Lenta, nel territorio di Vercelli. Questa conserva, nella prima fase non anteriore ai primi anni del VI secolo, una forma quadrata dotata di gradini interni ed il fondo ribassato di oltre 70 cm ca. rispetto al pavimento, cui era associato, probabilmente, un sistema di adduzione delle acque15. Ancora più stringente è il confronto con il fonte battesimale rinvenuto durante gli scavi nella chiesa di San Costanzo sull’isola di Capri, identi�cata in un primo momento come vasca di decantazione (�g. 8). Il fonte, una semplice vasca di forma quadrata (80×80 cm ca.; prof. conservata 70 cm ca.) parzialmente conservata in alzato, era costruita con blocchi informi di calcare mescolati a malta, rivestita internamente da opus signinum, mentre sul fondo era predisposta una fossetta circolare. La vasca era ubicata all’esterno del muro perimetrale meridionale della chiesa a pianta basilicale costruita intorno alla metà del V secolo, su cui, nel corso del X-XI secolo, verrà realiz-zato l’edi�cio attuale dalla pianta a croce greca ben noto agli studiosi di architettura di età bizantina16.

Nella vasca in loc. San Giovanni, malgrado la distru-zione dell’angolo sud-ovest della struttura non consenta di essere certi sulla presenza di un sistema per l’adduzione ed il de�usso dell’acqua, sembra comunque di poter escluderne la presenza. Sia all’interno sia all’esterno della struttura, infatti, non si leggono tracce di un qualsiasi tipo di cana-lizzazione, come non vi è nelle vicinanze alcuna sorgente

14 Ciminale, Favia, Giuliani 1994, p. 340. Per la distribuzione dei battisteri tra tardoantico ed alto medioevo in ambito rurale cfr. Fiocchi Nicolai, Gelichi 2001, p. 312, �g. 1. Va, comunque, evidenziata la mancanza di attestazioni archeologiche di battisteri nella Puglia me-ridionale, anche in ambito urbano. La stessa città di Otranto, a pochi chilometri dal piccolo centro di Cutro�ano, che dalle fonti documenta-rie risulta essere sede vescovile alla �ne del VI secolo, non ha restituito, al momento traccia di alcuna struttura funzionale allo svolgimento del sacramento battesimale (Bertelli 1999, pp. 229-230).

15 Pejrani Baricco 2001, pp. 575-582.16 Arthur 1992. Sulla vasca, in particolare, si vedano pp. 31-35,

tav. 5 e �g. 9.

o bacino per il rifornimento dell’acqua. Sebbene sistemi di questo tipo siano presenti in gran parte delle vasche battesimali, sono noti esempi che non conservano traccia di una conduttura per l’acqua non solo in Oriente, dove le attestazioni sono numerose17, ma anche nella penisola ita-liana. La vasca rinvenuta nella chiesa di San Costanzo, ad esempio, pur in presenza di una rasatura dei muri, sembra essere priva di un sistema di canalizzazione. Lo stesso dicasi per alcune vasche a pianta circolare o ottagonale rinvenute

17 Marina Falla Castelfranchi ricorda come, ad esempio, nella Transcausia occidentale «tutti i battisteri rinvenuti sono privi di un sistema di adduzione e de�usso delle acque» (Falla Castelfranchi 2001, pp. 290-291).

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NOTIZIE PRELIMINARI DALL’ITALIA

nel territorio piemontese18. In queste vasche, probabilmen-te, il sacramento battesimale veniva somministrato non per immersione ma per infusione, con l’acqua conservata in brocche19. A questo va aggiunto che le dimensioni in-terne dell’ipotetico fonte di San Giovanni, sembrano più adatte per l’immersione totale dei bambini, piuttosto che degli adulti cui era forse riservato il rito per infusione20. Riguardo a questa ipotesi, la struttura conserva quasi al centro del piano un taglio (US 365) profondo 30 cm ca. e dal fondo piatto21. La sua funzione non è chiara, ma si può ipotizzare, alla luce dell’identi�cazione della struttura come ipotetico fonte battesimale, che fosse il punto dove si collocava il catecumeno per il rito battesimale.

Sull’inquadramento cronologico della struttura, la mancanza di materiale datante dai terreni di riempimento non consente di avanzare una datazione certa. L’unico dato certo è il rapporto stratigra�co di posteriorità della struttura rispetto alle due tombe (tt. XXVI, XXVII), oltre che dalla presenza della moneta di IV-V secolo che comunque, per il contesto di rinvenimento, può essere associata sia alla tom-ba sia alla struttura. Sulla cronologia di almeno una delle sepolture (t. XXVI), i confronti nel territorio rimandano ad un arco cronologico ampio che va dall’età tardoantica �no all’alto medioevo. Ancora più incerta sembra essere la cronologia della vasca sulla base del confronto con altre strutture simili. I pochi esempi noti in Italia, su cui peraltro a volte gravano non pochi dubbi sulla cronologia, sono datati tra V e VII secolo22. Stando, comunque, alle evidenze presenti nell’area di San Giovanni, la struttura è inserita al centro di una piccola area cimiteriale composta in gran parte da sepolture, simili nella tipologia alla t. XXVI, che trovano confronti già in età tardoantica. La struttura, quindi, potrebbe essere stata costruita su un’area cimiteriale preesistente ormai entrata in disuso, in toto o solo in parte, dal momento che due tombe vengono distrutte durante la sua realizzazione. Una tomba, tra quelle rinvenute nelle immediate vicinanze della struttura, rimanda per le carat-teristiche tipologiche all’altomedioevo, priva comunque del riempimento originario. Alla stessa epoca è datata la piccola area cimiteriale costituita da almeno dieci tombe scavata poco distante dall’ipotetico fonte battesimale, lungo il li-mite settentrionale del pianoro. Il cimitero, che come detto, potrebbe essere più ampio dal momento che lo spazio che intercorre tra la struttura e questo raggruppamento non è stato indagato integralmente. Pur con le dovute cautele è proprio in quest’epoca che si può ipotizzare la realizzazione

della struttura per assicurare e somministrare il sacramento ad una popolazione rurale, che pur abitando lontano dai centri cittadini, era bisognosa degli uf�ci religiosi23. Pro-babilmente, semplici fonti battesimali, privi di qualsiasi elemento di monumentalità, dovevano essere presenti nel territorio salentino durante l’altomedioevo proprio ad uso della popolazione rurale. Strutture queste che potevano assi-curare il sacramento del battesimo ad una popolazione che contestualmente aveva nel menhir il punto di riferimento religioso per le celebrazioni religiose e non ultimo per farsi seppellire24. La non chiara e soprattutto immediata lettura di queste strutture spiega forse la mancanza di evidenza archeologica, pur molte volte sottolineata, di poli religiosi per la cura animarum nelle campagne salentine25.

Del tutto assente è, al momento, il rapporto tra la strut-tura quadrata ed un eventuale ambiente dove era inserita e, forse, l’edi�cio sacro cui verosimilmente era connessa. Nell’area immediatamente intorno alla struttura, infatti, non sono state trovate tracce di strutture perimetrali in muratura, né elementi (buchi da palo?) riconducibili ad una struttura realizzata in materiale deperibile26. Questo non implica necessariamente una mancanza di evidenza, quanto potrebbe essere imputata alle dif�coltà incontrate nell’allargare l’indagine archeologica in questo settore27.

Un ultimo dato, alquanto suggestivo, riguarda il toponimo della località, San Giovanni Piscopìo. La dedica a San Giovanni Battista, infatti, è certamente la dedica più comune per un battistero28. Inoltre, il termine Piscopìo, attestato come Episcopio nel 1522, rimanda al termine latino episcopus, vescovo, colui che deteneva le prerogative riguardo al rito battesimale29.

B.B.

18 Pejrani Baricco 2001, p. 587, �g. 28.19 Orlandos 1957, p. 208. Sull’utilizzo di brocche durante il rito

battesimale, cfr. Peduto 1984, pp. 59-61.20 A questo proposito J.-Ch. Picard sottolinea come le dimensioni

sempre più ridotte delle vasche conservate nella Gallia meridionale e nell’Italia settentrionale non indicano necessariamente il graduale ab-bandono del rito battesimale per immersione, ma le mutate esigenze di una società ormai cristianizzata dove il rito del battesimo per gli adulti assume sempre più aspetti di marginalità, rispetto a quello destinato ai bambini. A partire dalla �ne del VI secolo, gran parte dei battesimi riguardano gli infanti che possono essere immersi totalmente in vasche più piccole (Picard 1989, p. 1464).

21 Una fossa simile, ma dalla forma più regolare, è stata rinvenuta nella vasca battesimale di prima fase rinvenuta nella chiesa di Santo Stefano di Lenta (VC), anch’essa costruita a ridosso del bordo setten-trionale (Pejrani Baricco 2001, p. 578, �g. 22).

22 Fiocchi Nicolai, Gelichi 2001, p. 373.

23 Sulle vicende insediative di età medievale nel basso Salento si veda da ultimo Arthur 2006a.

24 Sull’identi�cazione di gran parte dei menhir come polo religioso nel-le campagne salentine durante l’altomedioevo, si veda Arthur 2004b.

25 Del tutto incerta è l’identi�cazione di edi�ci battesimali nel Salento. A questo riguardo si veda l’edi�cio noto come il tempietto di San Miserino, San Donaci a Oria (BR), identi�cato in un primo momento come edi�cio battesimale e recentemente come ambiente termale o ninfeo di una villa rustica imperiale (cfr. da ultimo Lepore 2004). Ancora più dubbia resta la lettura come ambiente destinato alla celebrazione del rito battesimale del vano circolare situato all’esterno della chiesa di Santa Maria di Gallana, situata nelle immediate vicinanze dello stesso centro di Oria (Bertelli 1999, p. 232).

26 La materia prima, il legno, era facilmente reperibile nelle immedia-te vicinanze. Ancora nella metà del Settecento la Foresta di Cutro�ano, doveva essere di dimensioni rilevati e comprendere anche loc. Picopìo. «E più la foresta di Cutro�ano di tomola mille tutta macchiosa e palu-dosa, con�na da ponente col feudo di Calopasso … tutti li canali che stanno in molte parti dispersi così nel feudo di Cutro�ano, e Piscopio …E più una possessione olivata di tomola sessantasei in contrada no-minata Piscopio, osia, Palombaro con piccolo boschetto in mezzo, sita in feudo di Piscopio, con�na da tramontana e borea con la via piccola» (ASL, Catasto Onciario di Cutro�ano, s.d., cc. 522v e 523r).

27 L’area intorno alla struttura è in parte occupata dalle tombe, in parte ricoperta dalla vegetazione che può aver compromesso la leggibi-lità del banco di roccia. Durante l’intervento archeologico si è cercato di allargare l’area di indagine, ma per problemi burocratici non si è potuto procedere. Si spera in un prossimo intervento archeologico per indagare la parte restante dell’area intorno alla struttura, anche questa, purtroppo, devastata dalla realizzazione delle buche moderne.

28 Fiocchi Nicolai, Gelichi 2001, p. 373. Scorrendo la tabella sui battisteri rurali censiti è evidente come l’intitolazione a San Giovanni sia quella che ricorra maggiormente.

29 Sul ruolo dei vescovi tra tardoantico ed alto medioevo sia in ambito urbano che rurale, si veda da ultimo Volpe 2007.

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NOTIZIE SCAVI E LAVORI SUL CAMPO

3. IL CIMITERO

Gran parte delle tombe individuate ricadono nella parte centrale del pianoro di roccia e sono, di conse-guenza, interamente scavate nel banco di roccia naturale. Solo alcune, concentrate nel settore sud-ovest dell’area indagata dove il banco di roccia è degradante, sono parzialmente scavate nella roccia.

Sulla base dei materiali rinvenuti, soprattutto cera-mici, la fase più antica di utilizzo funerario dell’area è riconducibile all’età romana imperiale e comprende le sepolture situate nel settore sud-ovest dell’area. Alla fase altomedievale sono, invece, riconducibili la maggior parte delle tombe ubicate sul pianoro centrale e nel settore nord dell’area, distinte, come visto, in piccoli nuclei.

Nessuna delle sepolture è stata rinvenuta con la copertura ancora in posto; gran parte delle sepolture situate sul pianoro erano state già individuate e svuotate negli anni passati da scavatori clandestini, mentre altre, in particolare quelle più antiche e non conosciute, sono state seriamente compromesse dalla realizzazione delle buche per piantare gli ulivi.

Tutte le tombe individuate sono state indagate siste-maticamente ad eccezione delle tt. XXVIII, XXIX, XXX e XXXI posizionate nella pianta generale.

3.1 Descrizione delle sepolture

Nella descrizione delle sepolture è stato seguito un ordine cronologico, partendo dalle sepolture che, in base ai materiali recuperati sia nei terreni di riempimento originario che nell’area circostante, sono da considerarsi le più antiche (Periodo II). A queste seguono le tombe relative al Periodo III, descritte mantenendo la distinzione tra i vari raggruppamenti.

Tomba V La sepoltura è situata nel settore sud-ovest dell’area indaga-

ta. È stata tagliata dalla buca V06 (US 289) che ne ha asportato gran parte dell’angolo sud-ovest.

La tomba, orientata nord-est/sud-ovest, conserva una pianta e sezione rettangolare con fondo piatto. La sepoltura conteneva un primo terreno di riempimento (US 291) con ossa umane disarticolate mescolate a rari frammenti di intonaco dipinto e di ceramica. Il terreno, di composizione sciolta, era chiaramente da associare allo sconvolgimento della sepoltura. Un frammento squadrato in pietra calcarea e riferibile molto probabilmente alla copertura della sepoltura (SF 9), è stato rinvenuto nel terreno sottostante (US 414). Anche questo strato ha restituito ceramica in grandi frammenti, appartenenti allo stesso contenitore, proba-bilmente rotto durante la violazione della sepoltura (cfr. infra).

Al di sotto di questi due strati si conservava il riempimento originario della sepoltura (US 426) che copriva lo scheletro arti-colato di un individuo maschio adulto (SK 1) deposto in posizione supina30. Le braccia, di cui restano solo i resti dell’avambraccio sinistro, potevano essere incrociate sul bacino. Sconvolto nella parte superiore già prima della realizzazione della buca recente, lo scheletro era ben conservato solo nella zona del bacino e dell’arto inferiore destro. La buca ha, infatti, tagliato l’arto sinistro dello scheletro lasciando in posto solo una porzione di femore (�g. 9). In associazione con l’individuo sepolto è stato rinvenuto un

30 Le analisi antropologiche sono state eseguite dalla sig.na Debo-rah Prenner per una tesi di laurea in Antropologia Fisica (prof. Pier Francesco Fabbri) del Dipartimento di Beni Culturali, Università del Salento. Si ringrazia la sig.na Prenner per le utili informazioni.

�g. 9 – Periodo II. Pianta della tomba V con lo scheletro par-zialmente conservato (SK 1).

grosso chiodo in ferro (SF 17), oltre a ben 11 chiodini in ferro, quest’ultimi situati in corrispondenza del piede destro. Il rinve-nimento di un elemento di corredo in lega di rame con tracce di smalto (SF 11) e di due semplici anelli di sospensione (SF 2 e 10), sempre in lega di rame, indica che l’individuo era stato sepolto in maniera abbigliata (cfr. infra). Dallo stesso contesto proviene anche un frammento di vetro, probabilmente da una bottiglia. Questa è stata realizzata in vetro trasparente di colore verde chiaro arricchita da una decorazione ad anello cavo ricavata mediante pinzatura31. Le analisi antropologiche hanno, inoltre, evidenziato la presenza di altri due individui adulti femmine e due bambini, i cui resti non erano in connessione anatomica.

A meno di un metro dalla sepoltura, lo scavo ha messo in luce un taglio (US 342) di forma rettangolare anch’esso intac-cato dalla realizzazione della buca moderna e riempito con un terreno di accumulo moderno (US 343). Lungh.: 1,90 m; h.: 0,64 m; largh.: 0,52 m

Tomba XII Situata nello stesso settore della tomba precedente a quasi

2 m a sud-ovest di questa. La tomba è stata leggermente intaccata, lungo il bordo

superiore, dalla realizzazione di una buca (US 320).

31 Si ringrazia la dott.ssa C. Portulano per l’identi�cazione.

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NOTIZIE PRELIMINARI DALL’ITALIA

�g. 10 – Periodo II. Tomba XIII. Pianta e sezioni.

La struttura segue un orientamento est-ovest. Priva della lastra di copertura già al momento del rinvenimento, conserva pianta e sezione rettangolare. Le pareti della sepoltura sono interessate da ampie fratture dovute, in gran parte, al banco di roccia naturale molto friabile in cui è stata costruita. Lungo il lato breve a est, il fondo si innalza leggermente per creare un semplice cuscino per l’alloggiamento del cranio del defunto. Lungo il lato breve a ovest, invece, si apre una profonda rien-tranza nella roccia che non sembra essere in relazione con la co-struzione originaria della struttura, ma dovuta presumibilmente al crollo del banco di roccia durante la sua violazione. La tomba non conteneva inumazioni ma solo un terreno di riempimento (US 412) dalla composizione abbastanza eterogenea tra cui alcuni frammenti di ceramica bizantina (cfr. infra). Lungh.: 1,92 m; h.: 0,50 m; largh. massima: 0,40 m

Tomba XIII La tomba è perfettamente allineata con la precedente (t. XII)

da cui la divide un setto di roccia largo 60 cm ca. (�g. 10). Parte della costruzione nell’angolo sud-ovest è stata asportata dalla benna della ruspa per la realizzazione della buca moderna (US 320).

La sepoltura è orientata est-ovest. Presenta una pianta rettangolare con sezione rettangolare. Lungo il lato breve a est è stato ricavato il cuscino dalla super�cie piatta con un avvallamento centrale dalla forma rozzamente trapezoidale, per l’alloggiamento del cranio del defunto.

L’angolo sud-ovest è stato tagliato dalla realizzazione della buca moderna e con esso anche i terreni di riempimento. La tomba era stata già in parte violata in passato, anche perché non è stata rinvenuta una lastra di copertura. All’interno della sepoltura un primo strato di terreno (US 410), abbastanza pulito e di un colore rossiccio, copriva un taglio di forma grossomodo circolare (US 442) situato a ridosso del lato breve a est, che tagliava tutti i riempimenti della sepoltura �no a raggiungere il fondo. Il taglio conteneva numerosi blocchi in pietra calcarea, tra cui uno squadrato, presumibilmente da identi�care come parte della copertura tombale. Nella parte restante della sepoltura

�g. 11 – Periodo II. Pianta della tomba XIII con l’ultimo deposto (SK 2) e le ossa disarticolate di un individuo adulto (SK 3); in

evidenza gli oggetti rinvenuti all’interno della tomba.

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NOTIZIE SCAVI E LAVORI SUL CAMPO

sono stati identi�cati due terreni di riempimento; il primo (US 444) conteneva numerose ossa umane disarticolate, frammenti di ceramica ed un bracciale integro in bronzo, terminante alle estremità con due teste di serpente (SF 18). A questo doveva essere abbinato un anello (SF 5), sempre in bronzo rinvenuto nella ‘sezione’ creata dalla benna della ruspa (cfr. infra).

Sul fondo della sepoltura erano ancora conservati gli scheletri di almeno due individui adulti. Il primo (SK 2) di età compresa tra i 45 ed i 50 anni con evidenti tracce di artrosi ossea, era in posizione supina, sepolto con gli avambracci incrociati sull’ad-dome ed i piedi in parte distrutti dal taglio della buca moderna. Al di sotto dell’avambraccio sinistro si conservava una lucerna integra (cfr. infra). Lo scheletro era privo del cranio, rimosso durante la realizzazione della buca US 442. Del secondo sche-letro (SK 3) di un individuo maschio adulto, si conservavano alcune ossa lunghe (entrambi i femori, parte della tibia sinistra e delle �bula destra) poste a ridosso dei bordi della sepoltura (�g. 11). Il terreno in cui erano conservati gli scheletri (US 460) ha restituito, inoltre, varie ossa umane disarticolate relative ad altri due individui adulti, un maschio ed una femmina, ed un bambino di età compresa tra i 2 ed i 4 anni. Lungh.: 2 m; h.: 0,60 m; largh.: 0,55 m

Tomba VIILa tomba è ubicata a 50 cm ca. a sud-ovest dalla t. XIII ed

è stata ampiamente danneggiata durante la realizzazione di una buca moderna.

La sepoltura, almeno nella parte conservata, sembra essere realizzata in parte nel banco di roccia naturale (parete nord-ovest e sud-ovest) ed in parte con una lastra di fattura molto rozza posta di coltello (lato sud-est). Lungh. conservata: 0,40 m; h. conservata: 0,25 m; largh.: 0,45 m

Tomba XIV La sepoltura, come la successiva (t. XXV), è situata lungo

il limite sud-ovest del pianoro, dove il banco di roccia scende, mentre lo strato di terreno agricolo aumenta di spessore. Le sepolture si collocano ai bordi di una depressione in cui non sono state rinvenute tracce archeologiche.

La sepoltura è stata completamente distrutta da una buca moderna. A testimonianza della sua esistenza restavano solo alcuni frammenti di ossa umane, di ceramica (cfr. infra) oltre a frammenti di pietra calcarea ben squadrati rinvenuti sull’accu-mulo di terra lasciato dalla ruspa ai margini della buca.

Tomba XXVLa sepoltura è situata a circa 1 m a nord dalla tomba XIV.Anche la tomba XXV è stata tagliata dalla realizzazione di

una buca moderna. Rispetto alla vicina tomba XIV, è sfuggita alla distruzione totale solo perché in posizione più arretrata verso est rispetto alla buca che, comunque, ha tranciato di netto tutta la parte ad ovest.

La sepoltura, orientata nord-est/sud-ovest, conserva la pianta e sezione di forma rettangolare. Una nicchia è ricavata lungo il lato breve a nord-est, realizzata per l’alloggiamento del cranio del defunto. In parte già violata, la sepoltura conservava ancora in situ una delle lastre di copertura in pietra calcarea (60×30 cm), coperta da uno strato di terreno con blocchi informi in pietra calcarea mescolati a ceramica post-medievale (US 458).

Il terreno posto sotto la lastra di copertura (US 499) copriva un solo individuo maschio adulto (SK 6), il cui scheletro era disturbato da una grossa radice. La buca (US 424) ha tranciato di netto il riempimento della sepoltura, e lo scheletro si con-servava �no a metà dei femori.Lungh.: 1,90? m; h.: 0,65 m; largh.: 0,50 m

Tomba I La sepoltura integra è situata lungo il limite nord-ovest

dell’area indagata con il banco di roccia in gran parte af�orante

(�g. 12). Orientata nord/est-sud/ovest, la fossa tombale (US 25) è costruita con cura a pianta sub-rettangolare e relativa sezione rettangolare. Il fondo è leggermente concavo con un semplice cuscino ricavato lungo il lato a sud/ovest per l’alloggiamento del cranio del defunto. La sepoltura era priva di copertura e riempita con un terreno di consistenza dalla composizione eterogenea (US 23). Lungh.: 1,70 m; h.: 0,45 m; largh.: 0,62 m

Tomba IILa sepoltura è allineata alla precedente (t. I) da cui è separata

da un setto di roccia largo 50 cm ca. A differenza della prece-dente questa è stata intaccata dal taglio di una buca moderna (US 24) lungo il lato meridionale.

La sepoltura è orientata come la precedente (t. I) nord/est-sud/ovest e presenta la stessa pianta sub-rettangolare e sezione anch’essa rettangolare. Il fondo è leggermente concavo con un semplice cuscino, di fattura più rozza rispetto alla tomba I, ri-sparmiato nella roccia ad sud-ovest. Anche questa tomba è stata rinvenuta priva della copertura e in gran parte colma di terreno sciolto (US 21). Solo sul fondo della sepoltura, a contatto con il cuscino, è stato rinvenuto un terreno di consistenza più com-patta (US 20) il cui scavo ha restituito alcuni denti umani molto abrasi e pochi frammenti di un contenitore in ceramica.Lungh.: 1,70 m; h.: 0,40 m; largh.: 0,60 m

Tomba IIILa sepoltura è parte dello stesso gruppo delle tombe I e

II da cui dista solo pochi centimetri. Ad ovest della struttura è stata realizzata una buca per un albero di ulivo che l’ha appena s�orata.

La sepoltura è simile nella struttura alle precedenti (tt. I, II), ma con l’orientamento perfettamente est-ovest. Anche questa sepoltura era priva di lastra di copertura e riempita da un terreno di consistenza sciolta dalla composizione eterogenea (US 397). Lungo il lato meridionale, la sepoltura ha una ‘doppia’ parete, di cui quella più interna è rimasta incompiuta. La presenza di una buca (US 473) riempita da terreno di colore rossiccio privo di materiale (US 474) intercettata durante lo scavo della parete meridionale, sembra aver comportato l’arretramento di questa per intercettare nuovamente il banco di roccia e ‘chiudere’ la struttura. Sul fondo della sepoltura è stato rinvenuto un sottile strato di terreno (US 472), intenzionalmente posto come piano per la deposizione del defunto che in questo modo non sarebbe stato a diretto contatto con la buca. A pochi centimetri dalla parete meridionale della sepoltura è situato un foro di forma circolare (US 399) dal diametro di 9 cm e profondo 18 cm ca. Le pareti ben lisciate e soprattutto la posizione, ad ovest, lasciano ipotizzare che possa trattarsi di un foro per un segnacolo, forse in legno. Lungh.: 1,64 m; h.: 0,40 m circa; largh.: 0,50 m

Tomba IVLa sepoltura appartiene al gruppo situato nella parte cen-

trale del pianoro disposto intorno ad una struttura di forma quadrangolare. La tomba, orientata est-ovest, è stata tranciata di netto nella parte occidentale da una buca moderna (US 207). L’andamento della parte conservata sembra indicare che si tratta di una sepoltura a pianta trapezoidale, con i lati diritti che si rastremano ad est (verso i piedi). La sezione è trapezoidale con fondo piatto. I terreni di riempimento individuati all’interno della sepoltura (US 345, 400, 401, 402 e 403) hanno restituito solo inclusi calcarei e qualche frammento di ceramica non databile. Come terreno originario della sepoltura è, presumibilmente, da identi�care il sottile strato (US 404) rinvenuto a contatto con il fondo. Dallo strato provengono pochi frammenti di ceramica non databile, oltre a parte di un braccio ancora articolato. Dal-l’US 207 provengono, invece, frammenti di ceramica bizantina tra cui un frammento di pentola (cfr. infra).Lungh. conservata: 1,70? m; h.: 0,45 m; largh. massima con-servata: 0,40 m

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NOTIZIE PRELIMINARI DALL’ITALIA

�g. 12 – Periodo III. Tomba I. Pianta e sezioni.

Tomba VILa tomba è situata a sud/ovest della struttura di forma

quadrangolare. La tomba è stata risparmiata dalla realizza-zione delle buche moderne, ma al pari delle altre era stata già violata in passato.

La tomba, orientata nord-est/sud-ovest, appartiene alla stessa tipologia delle sepolture individuate lungo il limite nord-ovest del pianoro (tt. I, II e III) con pianta sub-rettangolare. Conserva un fondo leggermente concavo con al centro un foro (US 416) di forma rozzamente circolare. La consistenza molto friabile del banco di roccia non consente di essere certi sulla natura antropica del foro. La tomba, priva di copertura, era riempita da materiale eterogeneo anche di matrice moderna (US 347). Lungh.: 1,90 m; h.: 0,50 m; largh.: 0,60 m

Tomba VIIILa tomba è situata a sud-est della struttura di forma qua-

drangolare. La fossa tombale (US 352), non è stata intercettata da alcuna buca moderna, ma è interessata da vistosi distacchi di roccia lungo il bordo superiore. La sepoltura è orientata nord/est-sud/est ed è stata realizzata nel banco di roccia friabile che associato all’attività di violazione, ha fortemente compro-messo la struttura. La pianta segue un andamento sub-rettan-golare, mentre le pareti scendono diritte. Il fondo è leggermente concavo di fattura irregolare con leggeri avvallamenti di origine naturale. Lungo il lato breve a sud-ovest è ricavato un semplice cuscino per l’alloggiamento del cranio del defunto.Lungh.: 1,84 m; h.: 0,50 m; largh.: 0,50? m

Tomba IX La tomba è situata a sud-est della struttura di forma qua-

drangolare e a pochi centimetri dalla precedente. La fossa tombale (US 354) ed il terreno di riempimento sono stati tagliati da una buca moderna (US 253).

La sepoltura è orientata nord/est-sud/ovest con una pianta sub-rettangolare e sezione trapezoidale, mentre il fondo è piat-to. Priva della copertura, il terreno di riempimento (US 355) ha restituito un gran numero di ossa umane rimescolate oltre a frammenti di ceramica eterogenea. Lungo entrambi i limiti superiori della fossa tombale (US 354), si aprono due tagli regolari scavati nel banco di roccia (US 420 lungo il lato nord e US 421 lungo il lato sud), che sembrano essere anteriori alla costruzione della struttura. Lungh.: 1,70? m; h.: 0,50 m; largh.: 0,40 m

Tomba XLa tomba è situata a sud-est della struttura di forma qua-

drangolare. La sepoltura, orientata nord/est-sud/ovest, è stata tagliata lungo il lato meridionale dalla costruzione di una buca recente. Si tratta della fossa tombale (US 356) peggio conservata in tutta l’area. Ampie lacune di roccia si aprono lungo le pareti ma soprattutto nel fondo, tanto da non riuscire a de�nire l’andamento.

Le pessime condizioni della struttura non consentono una lettura certa della tipologia. Lungo il lato settentrionale nel tratto in cui la parete è regolare, questa segue un pro�lo trapezoidale, mentre la pianta dovrebbe essere assimilabile ad una forma sub-rettangolare. Ad un primo terreno di riempi-mento di consistenza molto sciolta e con materiale moderno (US 357), segue un secondo terreno più compatto (US 379), anch’esso di formazione recente. Lungh.: 1,60? m; h.: 0,65? m; largh.: 0,40 m

Tomba XILa tomba è situata a sud-est della struttura di forma

quadrangolare costruita tra la tomba VI e la tomba IX. La sepoltura era nascosta da blocchi di calcare, lasciati sul posto dopo lo sbancamento della roccia, ed è stata solo parzialmente messa in luce.

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NOTIZIE SCAVI E LAVORI SUL CAMPO

La porzione del taglio della fossa tombale (US 366) messa in luce, presenta una pianta sub-rettangolare ed anche le pareti scendono diritte. La sepoltura è orientata sud/ovest-nord/est. Il terreno di riempimento conteneva, al pari della sepoltura precedente, materiale di accumulo moderno (US 367).Lungh.: non calcolabile; h.: non calcolabile; largh.: 0,50? m

Tomba XXVILa tomba al pari della seguente (t. XXVII) è parte integrante

della struttura quadrangolare scavata nel pianoro centrale (cfr. supra). Entrambe le sepolture, infatti, sono state parzial-mente distrutte per la costruzione della struttura a gradini e di queste restano solo poche tracce. La sepoltura XXVII, scavata nel banco di roccia, è orientata est-ovest e di questa ancora si conserva la parete settentrionale, i lati brevi ad est ed ovest dall’andamento trapezoidale. Il piano della tomba, da identi�care con il piano del gradino della struttura, è piatto e tra le pieghe della roccia è stata rinvenuta una moneta di età romana imperiale (SF 23) (cfr. infra). A soli pochi cm a nord della sepoltura è ubicato un foro di forma circolare (US 500) scavato nella roccia, di cui non è certa la sua identi�cazione come foro per l’alloggiamento di un segnacolo.

Tomba XXVII La sepoltura è allineata alla precedente (t. XXVI) da cui è

divisa da un setto di roccia largo 40 cm circa. Questa è meno leggibile della precedente dal momento che il piano è stato sfondato per la costruzione della struttura quadrangolare. Della sepoltura si conserva solo la parte orientale, inglobata nel gradino della struttura.

Tomba XIX La sepoltura appartiene al gruppo situato lungo il limite

nord-ovest del pianoro. La fossa tombale (US 451) è interessata da ampi distacchi di roccia che hanno interessato sia il perimetro che le pareti. La sepoltura, orientata nord/est-sud/ovest, appar-tiene alla stessa tipologia della tomba precedente (t. IV), pianta trapezoidale dagli angoli arrotondati e fortemente rastremata ad est (verso i piedi). La sezione è anch’essa trapezoidale. Il fondo segue un andamento concavo, più profondo nella parte centrale, mentre lungo il lato breve a sud/ovest è stato risparmiato un rozzo cuscino per l’alloggiamento del cranio del defunto. La sepoltura conteneva un primo terreno di consistenza sciolta e chiaramente di matrice moderna (US 452), seguito da uno strato di consistenza più compatta, caratterizzato dalla presenza di numerose ossa umane disarticolate e rimescolate (US 459).Lungh.: 2,10 m; h.: 0,63 m; largh. massima calcolabile: 0,57 m

Tomba XXLa tomba XX è situata a sud della sepoltura precedente (t.

XIX) e quasi allineata ad essa (�g. 13). Anche nel caso di que-sta sepoltura ci sono da segnalare profondi distacchi di roccia che hanno interessato principalmente il bordo superiore della struttura. La fossa tombale (US 434) segue un orientamento nord/est-sud/ovest e conserva, al pari della precedente (t. XIX), pianta e sezione trapezoidale. Il fondo, anche in questo esem-plare segue un andamento concavo ed è interessato, a sud-ovest, da un maggiore innalzamento del banco di roccia forse un espediente per mantenere in verticale il cranio del defunto.

Al di sotto di due terreni di riempimento di formazione moderna (US 432 e 433), è stato rinvenuto un terzo strato di terreno più compatto dei precedenti (US 447) in cui è stato rinvenuto, a ridosso del lato breve a nord/est, parte di uno scheletro di un individuo adulto, ormai disarticolato. Dallo stesso terreno proviene un vago in pasta vitrea di colore azzurro (SF 21). Il frammento di un secondo vago o pendente in pasta vitrea con un’anima in bronzo (SF 19) è stato rinvenuto nello strato superiore (US 433), danneggiato forse proprio durante le fasi di violazione della sepoltura (cfr. infra).Lungh.: 1,85 m; h.: 0,55 m; largh. massima: 0,60 m

Tomba XXIII La tomba XXIII è situata a ovest delle precedenti (tt. XIX

e XX). La fossa tombale (US 455) è ben conservata. Orientata come le precedenti nord/est-sud/ovest, è collocabile tipologica-mente nel gruppo delle sepolture con pianta sub-rettangolare e sezione trapezoidale. Anche in questa sepoltura il piano tombale conserva a sud/ovest un leggero innalzamento del piano di roc-cia a mò di cuscino. A soli 30 cm ca. dal lato meridionale della sepoltura è stato scavato un foro di forma circolare (US 464). Il foro (diametro 37 cm ca. e profondo 35 cm ca.) conserva pareti diritte e fondo piatto (�g. 14). Il terreno di riempimento (US 465) ha restituito materiale mescolato tra cui frammenti di ceramica acroma. La posizione del foro, quasi in linea con il lato est, oltre alla fattura regolare, lascia ipotizzare che sia stato utilizzato per alloggiare un segnacolo funerario.Lungh.: 1,88 m; h.: 0,30 m; largh.: 0,38 m

Tomba XXIVLa tomba XXIV è situata a sud della XXIII. La fossa tom-

bale (US 463) è caratterizzata da fratture della roccia lungo le pareti. La tomba è orientata nord/est-sud/ovest e, come le precedenti, conserva la pianta e sezione di forma trapezoidale. Il fondo è leggermente concavo con il cuscino per l’alloggiamento del cranio del defunto ricavato lungo il lato breve sud/ovest. Lungh.: 1,80 m; h.: 0,45 m; largh.: 0,50 m

Tomba XXI La tomba XXI insieme alla seguente (t. XXII) è situata a

sud delle precedenti da cui dista meno di 1 cm ca. La struttura denota una livello di conservazione più elevato rispetto alle precedenti da addebitare, forse, ad una maggiore compattezza del banco di roccia naturale.

La fossa tombale (US 437), orientata nord/est-sud/ovest, conserva una pianta e sezione trapezoidale. Il fondo tombale è leggermente concavo con un marcato rialzo (cuscino) lungo il lato ovest, per sorreggere il cranio del defunto. Sul fondo ed in posizione centrale si conserva un taglio dalla forma grossolanamente circolare (US 453) e profondo 8 cm al cui interno è stato rinvenuto un terreno di colore marrone (US 454) mescolato a frammenti di ossa umane.Lungh.: 1,80 m; h.: 0,55 m; largh.: 0,40 m

Tomba XXII La tomba presenta vistosi distacchi della roccia a nord-est.

La struttura segue lo stesso orientamento (nord/est-sud/ovest) di gran parte delle sepolture individuate nel settore centrale del pianoro. La fossa tombale (US 439) segue una pianta trapezoidale e sezione anch’essa trapezoidale. Il piano tombale è concavo. All’interno è stato rinvenuto solo terreno sciolto mescolato a radici e materiali moderni (US 442). Lungh.: 1,70 m; h.: 0,55 m; largh.: 0,43 m

Tomba XVLa tomba XV, come le successive (tt. XVI, XVII e XVIII),

costituiscono un piccolo gruppo di sepolture situato ai margini nord-est dell’area scavata (�g. 15). La fossa tombale (US 427) è stata tagliata da un fronte di cava che ha cancellato gran parte della struttura.

La tomba è a pianta e sezione rettangolare con orientamento nord/ovest-sud/est. Gran parte del lato settentrionale è stato tagliato per la realizzazione di una cava (US 445) da cui, forse, provengono alcuni dei conci utilizzati per la costruzione della vicina cappelletta votiva intitolata a S. Giovanni. Lungh.: 1,80 m; h.: 0,37 m; largh.: 0,50 m

Tomba XVILa tomba è allineata alla tomba XV da cui è divisa da un setto

di roccia largo circa 90 cm. Metà della fossa tombale (US 429) è andata distrutta dalla realizzazione della cava (US 445).

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NOTIZIE PRELIMINARI DALL’ITALIA

�g. 13 – Periodo III. Tomba XX. Pianta e sezioni.

�g. 14 – Periodo III. Tomba XXIII e US 464. Pianta e sezioni.

Per il tratto ancora conservato, la struttura conserva una pian-ta trapezoidale dagli angoli arrotondati. La sezione è anch’essa trapezoidale, mentre il fondo è leggermente concavo (�g. 15).Lungh.: 2,20? m; h.: 0,47 m; largh.: 0,62 m

Tomba XVIILa tomba è leggermente spostata a ovest rispetto alle pre-

cedenti. Il perimetro superiore della fossa tombale (US 431) è in gran parte eroso, resta solo una traccia sul piano tombale. L’erosione dei limiti della fossa non consente una lettura certa della tipologia della sepoltura. Dalle tracce lasciate nel piano di roccia si ricostruisce la pianta, di forma sub-rettangolare,

mentre della sezione si può solo ipotizzare che seguisse un pro�lo trapezoidale. Lungh.: 1,80 m; h.: 0,35 m; largh.: 0,70 m

Tomba XVIIILa tomba è allineata alla precedente (t. XVII). La sepoltura

è meglio conservata rispetto alla precedente, anche se lungo il bordo superiore si leggono distacchi della roccia. Orientata come la precedente nord/est-sud/ovest, la tomba conserva una pianta sub-rettangolare con sezione trapezoidale e fondo piatto con un leggero rialzo a nord-ovest.Lungh.: 1,80 m; h.: 0,50 m; largh.: 0,40 m

212

NOTIZIE SCAVI E LAVORI SUL CAMPO

3.2 Tipologia delle sepolture

Nella vasta area cimiteriale di S. Giovanni, le sepolture sono quasi tutte scavate nel banco di roccia naturale secondo modalità costruttive differenti. Sono state indi-viduate quattro varianti nella costruzione della struttura tombale, dove il banco di roccia naturale de�nisce già di per sé il principale carattere di distinzione32. Per alcu-ne sepolture, fortemente manomesse nella struttura, si può solo ipotizzare l’appartenenza ad uno dei seguenti raggruppamenti33. 1. Fossa di forma rettangolare con fondo piatto (t. V).1a. Fossa di forma rettangolare e fondo piatto munita di un cuscino o qualche elemento per sorreggere la testa (tt. XII, XIII, XXV).

Le sepolture rupestri dalla forma rettangolare con fondo piatto con o senza cuscino per il capo del defunto occupano, generalmente, un arco cronologico molto ampio. Sulla base dei materiali rinvenuti nelle tombe V e XIII, le uniche due sepolture che hanno restituito materiale datante, possono essere collocate tra III-IV secolo d.C.

Nel territorio salentino sono documentate per l’alto medioevo, ma è nel basso medioevo che il tipo trova maggiori attestazioni, forse in relazione al maggior numero di scavi editi. In genere nelle stesse aree cimite-riali coesistono sia le sepolture semplici che quelle con ‘sistemazioni’ interne realizzate per sorreggere il cranio dell’inumato34. 2. Fossa di forma sub-rettangolare con sezione rettango-lare, fondo leggermente concavo (tt. III, VI, XV?). 2a. Fossa di forma sub-rettangolare con sezione rettan-golare, fondo leggermente concavo, munita di un cuscino per la testa (tt. I, II, VIII).3. Fossa di forma sub-rettangolare con sezione trapezoidale, fondo piatto (tt. IX, X?, XVII?, XXVI?)3a. Fossa di forma sub-rettangolare con sezione trapezoidale, fondo piatto e cuscino (tt. XVIII, XXIII).

Sepolture dalla stessa tipologia sono presenti nell’am-pia area cimiteriale di Fondo Giuliano alla periferia di Vaste (Poggiardo, LE). I materiali rinvenuti all’interno delle sepolture, contenitori in ceramica oltre ad oggetti di ornamento realizzati anche in metallo prezioso, riman-dano ad un arco cronologico circoscritto essenzialmente tra IV e V secolo35. Il tipo continua ad essere attestato in età altomedievale come indicano le sepolture rinvenute nel cimitero di Gennarano (LE)36, a Vanze (Vernole, LE), da cui provengono oggetti di abbigliamento, soprat-tutto �bbie, databili tra VII-VIII secolo37. Da una delle sepolture rinvenuta in località Rosemarine, alla periferia dell’attuale cittadina di Maglie (LE)38, proviene un’olletta monoansata che copre un arco cronologico dal VI �no al VII secolo39. Le tombe rinvenute presso il monastero dei Ss. Cosma e Damiano, meglio noto come Le Centoporte (Giurdignano, LE), hanno restituito �bbie in bronzo del tipo Corinto oltre ad una �bbia ‘ad insetto’, che orienta la datazione delle sepolture superstiti al VII-VIII secolo40. 4. Fossa a pianta e sezione trapezoidale con fondo leg-germente concavo (tt. IV?, XVI).4a. Fossa a pianta e sezione trapezoidale con fondo concavo e leggero rialzo per sorreggere la testa (tt. XIX, XX, XXI, XXII, XXIV). La distinzione tra questi due gruppi non è netta, in alcune sepolture il piano è eroso tanto da non essere certi sulla presenza o meno di un cuscino per la testa del defunto.

La fossa tombale si caratterizza per essere più larga ad ovest (alla testa) e rastremata ad est (ai piedi). Sepolture simili sono attestate nel cimitero di Gennarano (LE) e nei piccoli nuclei situati nel territorio di Maglie (LE)41, ma non è nota la presenza o meno di un cuscino per la testa dell’inumato. Nel cimitero di S. Lucia alle Malve (MT), datato all’VIII secolo circa, le sepolture sono prive del cu-scino e si caratterizzano per essere sepolture singole42.

Le coperture delle sepolture non sono note, ma proba-bilmente doveva trattarsi almeno nelle sepolture relative all’altomedioevo, di semplici lastre di pietra calcarea. Nel cimitero materano di S. Lucia alle Malve le coperture sono date da più lastre rozzamente squadrate ed inserite nella risega della fossa tombale43.

La maggior parte delle sepolture conservavano ele-menti il cui scopo era quello di mantenere il cranio del defunto in posizione ferma44. Nei cimiteri cristiani la presenza di strutture per reggere il cranio nelle tombe rupestri non ha alcuna implicazione sociale, ma presu-mibilmente questi accorgimenti servivano per tenere gli occhi del defunto rivolti ad est, verso il sorgere di Cristo nel Giorno del Giudizio Universale45. A volte si tratta di

�g. 15 – Periodo III. Tomba XV e tomba XVI tagliate dal fronte di cava (US 445).

35 D’Andria, Mastronuzzi, Melissano 2006, pp. 254-264.36 Patitucci Uggeri 1974, pp. 18-29.37 D’Angela 2000, p. 149.38 Donadeo, Pacella 1978, pp. 7-22.39 D’Andria 1977, p. 82, tav. II, 15.40 Degasperi c.s.41 Donadeo, Pacella 1978.42 Bruno 2005. 43 Bruno 2001, p. 144.44 Gli accorgimenti utilizzati per reggere il cranio del defunto sono

molteplici e sono attestati, nei cimiteri francesi, già a partire dalla metà del IV secolo (Troncin 1987, pp. 174-178).

45 Meier, Graham-Campbell 2007, p. 439.

32 Colardelle et al. 1996, p. 291.33 Per alcune sepolture (tt. VII, XI, XIV) la quasi totale distruzione

della struttura in tempi recenti, non consente una classi�cazione tipolo-gica. Ipotetiche sono anche le caratteristiche tipologiche della t. XXVII, distrutta in antico per la realizzazione della struttura quadrangolare.

34 Bruno 2005.

213

NOTIZIE PRELIMINARI DALL’ITALIA

veri e propri cuscini ricavati sul fondo della fossa tombale di fattura estremamente semplice o rozza, poco de�niti e dalla super�cie piatta46. Solo l’esempio conservato nella tomba XIII era più articolato. Sulla super�cie è ricavata, infatti, una nicchia di forma trapezoidale per mantenere il cranio fermo. Lo stesso tipo di cuscino è di attestato nel sarcofago rinvenuto nella chiesa di S. Giovanni Evangelista a San Cesario di Lecce e su cui ancora ci si interroga se si tratti di una produzione medievale o di un riutilizzo in un contesto medievale di un sarcofago di età classica per seppellire un personaggio di spicco, quel Nicola di Sternatia committente dell’edi�cio agli inizi del XIV secolo47. Un altro confronto è localizzato proprio nelle vicinanze di San Giovanni, nel sarcofago rinvenuto in Fondo Petrore in contrada Li Castelli, dove il cuscino è realizzato nello stesso modo.

3.3 Orientamento e posizione del corpo

Gli scheletri ancora in connessione anatomica rinvenu-ti durante le fasi di scavo sono in numero davvero esiguo, solo quattro, a fronte di un numero elevato di sepolture attestate nell’area. Le tombe, infatti, erano tutte prive della copertura e quasi tutte erano state già violate.

Sull’orientamento del corpo oltre agli inumati rinve-nuti, anch’essi parzialmente conservati e sempre privi del cranio ancora in posto, ulteriori informazioni si possono trarre per alcune sepolture dalla presenza del cuscino o altri espedienti strutturali, la cui �nalità era quella di tenere fermo il cranio del defunto. Delle sepolture assegnate al Periodo II (tt. V, XIII, XXV, XII) solo le prime tre conser-vano, anche se con un grado di conservazione differente, lo scheletro del defunto, con il cranio a nord/est nelle tt. V e XXV, perfettamente ad est nella t. XIII. Nella quarta tomba assegnabile a questo periodo (t. XII), il cuscino è ricavato lungo il lato ad est della fossa tombale. I defunti erano così sepolti con il cranio ad est ed i piedi ad ovest.

Nelle restanti sepolture, inquadrabili nel Periodo III, e tutte prive di inumazioni articolate, il cuscino, le leg-gere rientranze nel banco di roccia o la stessa struttura tombale, indicano che il defunto era sepolto con il cranio ad ovest ed i piedi ad est.

La consuetudine di seppellire il defunto con il cranio ad ovest diviene una pratica comune nei cimiteri cristiani, anche se la codi�cazione nei testi scritti appare solo nel corso dell’XI secolo48; per i secoli precedenti il dibattito sull’allineamento delle sepolture è ancora aperto. L’evi-denza archeologica sembra indicare che nel II-III secolo l’allineamento delle sepolture era variegato, in�uenzato più dalla disposizione del cimitero che da pratiche ideo-logiche. Nel IV-V secolo l’allineamento predominante è est-ovest, ma questo non implica necessariamente che si tratti di sepolture cristiane49.

Riguardo alla posizione del corpo, sono in numero davvero esiguo le sepolture che hanno restituito schele-tri interi o parziali da cui trarre dati sulla posizione del corpo. I corpi sono deposti in posizione supina con gli arti inferiori in posizione distesa ed allargata. Gli arti superiori, nei soli due esempi in cui sono parzialmente conservati, sono con gli avambracci incrociati sul bacino (t. V; �g. 9), mentre nel secondo (t. XIII; �g. 11) la postura delle braccia segue, secondo la de�nizione di Michel Co-lardelle, una ‘posizione mista’, cioè un braccio allungato ed uno ripiegato, a carattere involontario50. Un elemento che accomuna gli scheletri rinvenuti è che nessuno di loro conservava il cranio in posto, probabilmente andato distrutto durante la violazione delle sepolture.

3.4 Modalità di seppellimento Le sepolture che hanno restituito inumazioni ancora

articolate appartengono, come visto, all’età romana imperiale (Periodo II) e contengono uno (t. XXV) o più individui (tt. V, XIII). Nel caso della sepoltura multipla solo l’ultimo deposto è articolato ed in posizione supina, mentre gli scheletri degli altri individui sono sparsi nella tomba. L’unica sepoltura assegnabile al Periodo III che abbia restituito parti di inumazioni è classi�cabile come tomba multipla. Infatti, nella tomba XX dalla tipologia trapezoidale, ossa lunghe ed un cranio ormai disarticolati sono stati rinvenuti accantonati a sud/est. Le ossa, unica testimonianza del riempimento originario della sepoltura sfuggita ai clandestini, potrebbero appartenere ad un solo individuo il cui scheletro è stato ‘accantonato’ per far posto ad una seconda deposizione. La pratica di accantonare ai piedi dell’ultima deposizione i resti delle deposizioni precedenti è una delle modalità di seppellimento mag-giormente attestata nei cimiteri medievali e non solo del basso Salento. Le due grosse aree cimiteriali indagate negli ultimi anni presso i villaggi medievali di Quattro Macine (Giuggianello, LE) e Apigliano (Martano, LE)51, hanno restituito quasi esclusivamente sepolture multiple con l’ul-timo defunto posto in posizione supina ed ai suoi piedi gli scheletri disarticolati dei suoi antenati52. Sepolture multiple sono attestate anche per l’alto medioevo ma, almeno nel territorio in esame, i confronti sono pochi soprattutto in relazione al basso numero di cimiteri altomedievali inda-gati stratigra�camente. Tombe con più inumazioni sono attestate a Merine (Lizzanello, LE)53, a Vanze (Vernole, LE)54, e nei piccoli nuclei cimiteriali situati nel territorio di Maglie55, ma quasi sempre prive di informazioni esaustive sulla posizione degli inumati. La pratica funeraria che concerne la riutilizzazione delle sepolture e la riduzione dei

46 A volte possono essere identi�cati come dei pseudo-coussinet, secondo la de�nizione data da Ph. Kerourio per semplici rialzi del fondo attestati nelle tombe rupestri della Provenza (Troncin 1987, p. 172, �g. 19, p. 174).

47 Cassiano 1981, p. 56, p. 60, �g. 123.48 Nella Collectaire-rituel di La Grasse dell’XI secolo si legge infatti

che il defunto deve avere «pedes ad orientem, caput ad occidentem» (Treffort 1996, p. 76, n. 32).

49 Si ringrazia Richard Reece per gli utili suggerimenti sull’orien-tamento delle sepolture in età romana.

50 Colardelle 1983, p. 40.51 La bibliogra�a sui villaggi medievali di Quattro Macine ed Api-

gliano, oggetto di numerose ricerche nel corso degli anni, è ormai ampia. Si veda da ultimo Arthur 2006a con bibliogra�a precedente.

52 Una delle sepolture rinvenute a Quattro Macine (t. XXIV) è stata oggetto di un recente progetto, realizzato in collaborazione con il CEDAD (Centro di Datazione e Diagnostica, Dipartimento di Ingegneria dell’Innovazione, Università del Salento), per stabilire la sequenza cronologica di utilizzo della sepoltura tramite la datazione al radiocarbonio dei resti dei cinque individui rinvenuti (Arthur et al. 2007).

53 D’Angela 1982.54 D’Angela 2000.55 Donadeo, Pacella 1978.

214

NOTIZIE SCAVI E LAVORI SUL CAMPO

corpi, pur documentata in età tardoantica, si sviluppa nel corso dell’alto medioevo per divenire un costume comune nel basso medioevo quando la sepoltura si caratterizza sempre più come tomba di famiglia56.

Alla pratica di identi�care e localizzare le singole sepolture attraverso l’uso di segnacoli sembra di poter ricondurre i fori circolari rinvenuti a ridosso di almeno tre sepolture assegnabili all’alto medioevo. Nella tomba III il foro è situato a pochi centimetri dalla parete meridionale, in linea con il lato breve ad ovest, dove è ancora leggibile un leggero rialzo per sorreggere il cranio del defunto. An-che nel caso della tomba XXIII il foro è situato a ridosso della parete meridionale, ma in posizione quasi centrale (�g. 14). Qualche dubbio sull’interpretazione riguarda il foro, fortemente eroso, conservato a ridosso della pare-te meridionale della tomba XXIV. Situato in posizione centrale rispetto alla fossa tombale, questo conserva una forma grossomodo circolare ma poco profondo. Bisogna, comunque considerare che in questo settore del cimitero il banco di roccia è di consistenza friabile e i continui passaggi dei mezzi meccanici negli ultimi anni hanno fortemente compromesso anche le stesse sepolture. Un ultimo foro (US 500) di piccole dimensioni (Ø: 10 cm; h.: 9 cm circa) è stato individuato a ridosso della parete settentrionale della struttura quadrangolare scavata nel settore centrale del pianoro, ma non è certa la sua iden-ti�cazione come foro per un segnacolo (�g. 7).

Le dimensioni dei fori sembrano indicare l’utilizzo di elementi di piccolo taglio, forse pali in legno, ad eccezione della tomba XXIII dove le dimensioni maggiori sia nel diametro che nella profondità della struttura rimandano all’inserimento di un elemento di dimensioni maggiori, forse un segnacolo in pietra. L’uso di segnalare le sepolture doveva essere, anche nel territorio salentino, una pratica non isolata nei cimiteri, ma purtroppo restano solo poche attestazioni e al momento riguardano essenzialmente i cimiteri basso medievali57. Per l’alto medioevo è il terri-torio materano che ha restituito al momento, insieme a quello calabrese, maggiore evidenza per l’uso di localizzare le singole sepolture. Nel cimitero di S. Lucia alle Malve (MT), datato intorno all’VIII secolo, quasi ogni sepoltura è accompagnata da un foro circolare posizionato, gran parte delle volte, in corrispondenza della testa dell’inumato. Pratica che si riscontra anche nelle altre aree cimiteriali situate sempre nei Sassi di Matera, dove la presenza di segnacoli sembra essere un elemento costante di ‘corre-do’ alle sepolture58. Una valenza di tipo etnico sembrano ricoprire alcuni fori circolari scavati nel banco di roccia rinvenuti nel cimitero in località Celimarro (Castrovillari, CS). I fori sarebbero, infatti, da interpretare come alloggia-menti per pali lignei sormontati da colombe, le pertiche,

in uso nei cimiteri longobardi per ricordare chi era morto lontano e non sepolto tra la sua gente59.

Riguardo alla presenza di oggetti all’interno delle sepolture, solo le tombe V e XIII relative al Periodo II ed ancora parzialmente intatte, almeno per quanto riguarda la presenza di inumati, hanno restituito alcuni oggetti. Nella tomba V è stata rinvenuta una serie di oggetti che chiaramente rimanda ad una sepoltura abbigliata. I chiodini in ferro rinvenuti intorno al piede destro, l’unico sfuggito alla distruzione moderna, sono da ricondurre alla presenza di calzature. Oggetti legati al vestiario del defunto sembrano essere i semplici anelli di sospensione in bronzo rinvenuti, in gran parte, all’altezza del bacino dell’individuo sepolto. Il rinvenimento, all’interno della stessa sepoltura, di un chiodo in ferro non è probante della presenza di una bara lignea, ma potrebbe avere, piuttosto, una valenza simbolica (cfr. infra).

Parte del corredo personale dell’inumato sono da consi-derare il bracciale e l’anello in bronzo (cfr. infra), rinvenuti nella tomba XIII, secondo l’ormai classica distinzione tra gli oggetti appartenuti al defunto in vita e quelli connessi ai riti della sepoltura60. A questa seconda classe di mate-riali, gli oggetti di corredo rituale, è da riferire la lucerna rinvenuta al di sotto dell’avambraccio sinistro dell’ultimo inumato nella stessa sepoltura (cfr. infra) (�g. 11). La pre-senza di lucerne all’interno di sepolture è abbastanza usua-le in età romana, intrise di un potere simbolico connesso alla luce ideale di vita e guida per il defunto nel regno dei morti. Le lucerne, sia in argilla che vitree, continueranno a ricoprire anche nella prima età cristiana un forte potere rituale quando la luce ideale sarà sostituita da quella di Cristo che rischiara le tenebre della morte61.

L’uso di deporre all’interno delle sepolture contenitori sia in ceramica che in vetro, è ben noto nella letteratura archeologica. Nel cimitero di San Giovanni è documen-tato nelle sepolture relative al Periodo II, anche perché sono quelle meglio conservate, e comprende contenitori in ceramica e in vetro di uso comune nel corso del III-IV secolo (cfr. infra). Il deporre vasellame sia in ceramica che vitreo di uso quotidiano all’interno delle sepolture rispon-de a signi�cati rituali, ma al tempo stesso esprime, come ipotizza A.M. Giuntella, “il bisogno di attribuire al defunto delle necessità materiali, anche dopo la morte”62. L’uso di deporre vasellame nelle sepolture continua nel corso dell’alto medioevo. A San Giovanni solo una tomba (t. II) ha restituito pochi frammenti di un vaso situati sul fondo della sepoltura, ma non è certo che questi siano riferibili alla deposizione originaria. La pratica è attestata anche in altri siti (Fondo Corrisce a Vanze63, nei piccoli nuclei rinvenuti nel territorio di Maglie64) con attestazioni che si collocano prevalentemente entro il VII secolo circa per continuare, anche se con minore frequenza, �no al Mille65.

56 Raynaud 1987, p. 79. 57 Dal cimitero del villaggio di Quattro Macine provengono al-

cuni cippi in pietra calcarea con semplici croci incise o decorati da articolati motivi �oreali resi più evidenti da tracce di pittura rossa (Bruno 2005).

58 Le dimensioni differenti sia nel diametro che nella profondità dei fori, lasciano intendere che i segnacoli, anche all’interno della stesso cimitero, potevano essere di materiali differenti. Il rinvenimento nel cimitero di S. Lucia di un cippo in pietra calcarea con una rozza croce incisa non esclude anche l’uso di semplici croci in legno alloggiati in fori dalle dimensioni più ridotte (Bruno 2001, pp. 144-148, �g. 7).

59 Roma 2001, pp. 48-49. La presenza di questo rito è stata avanzata anche per alcune sepolture di VII secolo recentemente rinvenute nel sito di Collegno, Torino (Pejrani Baricco 2004, p. 36).

60 Giuntella 1998, p. 65.61 Giuntella 1998, p. 71.62 Giuntella 1998, p. 67.63 D’Angela 2000, pp. 147-148, tav. LXXIV, 1.64 Donadeo, Pacella 1978, pp. 28-31, foto 6 e foto 9.65 Bruno 2005.

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NOTIZIE PRELIMINARI DALL’ITALIA

Il rinvenimento di oggetti di abbigliamento, essenzial-mente �bbie, oltre ad oggetti di ornamento personale come gli anelli, recuperati dopo lo scavo clandestino di alcune sepolture, lasciano chiaramente intendere che al-meno in alcune sepolture altomedievali di San Giovanni, il defunto era deposto abbigliato. Le �bbie, in particolare, rimandano al VII secolo (cfr. infra).

3.5 Strutture del cimitero Il cimitero di San Giovanni conserva, oltre ad elementi

chiaramente associati al corredo, sia personale che ritua-le, una struttura di forma regolare (1,30×1,60 m ca.; h. 0,13 m ca.) che, forse, potrebbe rimandare alla complessa ritualità funeraria di età romana. Quasi parallelo alla parete meridionale della tomba V da cui dista soli 80 cm circa, è ricavato nel banco di roccia, un taglio di forma rettangolare e poco profondo riempito da un terreno di colore rossiccio (US 343) che purtroppo non ha restituito materiali che possano chiarire la sua funzione originaria (�g. 16). Le dimensioni del taglio portano ad escludere che possa trattarsi di una sepoltura non ultimata. Certo che la regolarità della forma, come anche la vicinanza con la sepoltura, la cui datazione si colloca sulla base dei materiali rinvenuti all’età romana imperiale, potrebbero forse essere spia della presenza di un piano orizzontale interpretabile come una mensa connessa alla preparazione ed al consumo dei cibi presso la tomba dei defunti. Nel sito di Cornus, in Sardegna, nell’area cimiteriale in uso tra il III/primi anni del IV secolo ed il VII secolo, le mensae per la preparazione dei cibi sono date da semplici piani d’uso di forma rettangolare e quadrata66. Di fattura semplice è anche il piano orizzontale interpretato come probabile mensa rinvenuto nel cimitero cresciuto intorno alla chiesa di prima fase (�ne IV-inizi V secolo) di Fondo Giuliano a Vaste (Poggiardo, LE) in associazione a chiazze di bruciato contenenti frammenti di ceramica ed ossa animali67.

B.B.

66 Giuntella, Borghetti, Stiaffini 1985, pp. 17-27.67 D’Andria, Mastronuzzi, Melissano 2006, pp. 238-248, p.

262.

68 Hayes 1972, p. 71 e �g. 1: forma Hayes 50 n. 55. Un esemplare ancora più simile al nostro proviene dagli scavi di Conimbriga: Del-gado 1975, n. 23, p. 259 e Pl. LXV.

69 Bost et al. 1992, p. 181 e �g. 46,7.70 Greco, Lapadula 2004, p. 20. La forma è attestata anche in

altri siti con frequentazione tardoromana nel territorio di Cutro�ano: cfr. Melissano 1990.

71 Herdonia: Rizzitelli 2000, tav. I,9 e p. 280; Annese 2000, p. 291; Giancola: Cocchiaro et al. 2005, p. 415 e tav. 12.4.

�g. 16 – Periodo II. Tomba V e probabile mensa.

4. I MATERIALI DI ETÀ ROMANA IMPERIALE

4.1 La ceramica

La ceramica romana di età tardo imperiale proviene in buona parte dai contesti di super�cie e, in quantità minore, da alcuni contesti chiusi relativi principalmente a sepolture. Nel primo caso, come è ovvio, la ridotta af�dabilità stratigra�ca si ri�ette su assemblaggi ceramici piuttosto eterogenei dal punto di vista cronologico, no-nostante le maggiori concentrazioni di ceramica romano-imperiale sembrino rappresentare perfettamente quelle aree della necropoli interessate da sepolture dello stesso periodo, ed in particolare la porzione sud-occidentale del cimitero. Almeno nel caso di due sepolture, il materiale ceramico è pertinente al corredo funebre. Si tratta della tomba V, ampiamente rimaneggiata dai lavori agricoli, e della tomba XIII, nella quale, tra gli oggetti di corredo, è stata rinvenuta una lucerna con warzen decor ed alcuni frammenti relativi ad una brocca.

Dalla tomba V proviene una scodella frammentaria di Terra Sigillata Chiara (�g. 17, n. 6). Parte del manu-fatto è stato rinvenuto all’interno della sepoltura, altri frammenti pertinenti allo stesso esemplare nel terreno smosso attorno ad essa. Si tratta di una variante tarda della forma Hayes 50A, realizzata in fabbrica C2.. Il rive-stimento, molto sottile e in parte evanito, copre l’intera super�cie del vaso sia all’interno che all’esterno. Dal punto di vista morfologico l’esemplare si inserisce in quelle forme che Hayes considera di transizione verso le Hayes 50B, ovvero le forme Hayes 50 A/B (Hayes 50, n. 55)68. La cronologia proposta per questi manufatti, dal diametro piuttosto ampio, indica la prima metà del IV secolo, nonostante le varianti della forma Hayes 50A/B rinvenute nel carico del relitto Cabrera III, datato da un tesoretto alla �ne degli anni cinquanta del III secolo, sug-gerirebbero di retrodatare la comparsa di questi prodotti sui mercati69. L’esemplare di Cutro�ano si distingue dagli esempi succitati per l’estrema riduzione del piede, quasi un semplice gradino come nelle evoluzioni più tarde della forma, in associazione, però, con il rivestimento steso su tutto il manufatto. Per quanto riguarda la diffusione in Apulia et Calabria, si può solo registrare la presenza co-stante di scodelle Hayes 50 A e B nei contesti di seconda metà III e IV secolo, in accordo con quanto avviene in altre aree del Mediterraneo occidentale. Proprio ai limiti del centro urbano di Cutro�ano, in località Badia, tra le evidenze relative ad una villa di età imperiale, le Hayes 50 si attestano su indici percentuali maggiori rispetto alle altre forme in ceramica �ne da mensa70. Meno rap-presentato è il tipo Hayes 50, n. 55, forse a causa delle dif�coltà di individuazione del tipo se non se ne conserva buona parte del pro�lo. Esso è stato riconosciuto ad Her-donia e nella villa di località Giancola, vicino Brindisi71.

216

NOTIZIE SCAVI E LAVORI SUL CAMPO

72 Per la diffusione nel Salento: Semeraro 1992, p. 66; da ultimo si veda De Mitri 2008, p. 97. Butrinto: Reynolds 2004, p. 227, �g. 13.74. La produzione è certamente illirica. Una fornace che produceva simili contenitori è stata rinvenuta a Diaporit, in Albania.

73 Impasto e forma simile a Semeraro 1992, n. 337. 74 Fabbricotti 1974; si veda anche Malerba 1987.75 Si vedano, ad esempio, le lucerne dello scavo di una villa ad

Avicenna: Masiello 1988a, in particolare nn. 29 e 31 p. 115 e tavv. XXXI-XXXII. Per una recente distribuzione del tipo: Small et al. 2007, pp. 215-218.

76 In diversi studi si pone l’accento sui problemi di datazione. Cfr. D’Alascio 2002, pp. 40-41 e pp. 46-47, nota 139.

alla stessa maniera77. D’altronde, in area pugliese e lu-cana, lucerne “a perline” datate ad età tardo imperiale, con un impianto formale diverso dalle Dressel 30, sono estremamente comuni, ed in particolare nella Puglia centro-settentrionale, dove si presume che debbano es-sere localizzati uno o più centri di produzione78. A titolo esempli�cativo ricordiamo alcuni manufatti rinvenuti ad Herdonia e nella vicina fattoria tardoantica di Posta Crusta, il numero di esemplari rilevante ad Egnazia e Canosa79. Alcune lucerne rispondenti genericamente al tipo Fabbricotti IIA, forse succedanee tarde imitanti le Firmalampen, sono state rinvenute a Valesio e Taranto, mentre sono ben attestate anche le lucerne di tipo ‘tri-politano’, in Puglia spesso imitazioni dei prototipi di produzione africana, con l’ansa appuntita e una decora-zione che interpone “grappoli” di globetti ad una linea ondulata; questi ultimi sono, ad esempio, attestati a Ta-ranto, Sibari ed Egnazia80. Un manufatto sovradipinto in

77 La bibliogra�a sulle Dressel 30 è piuttosto vasta. Per una selezione orientativa cfr. Paleani 1993, pp. 86-87; D’Alascio 2002, pp. 46-47. Lucerne ritenute simili alla forma Atlante XV che avrebbero bisogno di uno studio approfondito in Masiello 1988b, n. 10.1an, p. 101 e tav. XV.

78 È interessante l’intuizione secondo la quale le lucerne tardo antiche con warzen decor di area pugliese abbiano la stessa area di diffusione della ceramica comune dipinta, ovvero che vi possa essere un legame tra le due produzioni: cfr. Annese 2000, p. 337 e Leone 2000, p. 427. Si ricorderà che proprio a Cutro�ano, in località Badia e in località Castelli, sono stati rinvenuti gruppi consistenti di ceramiche dipinte morfologicamente af�ni alle produzioni lucane e della Puglia settentrionale, per le quali, però, non si può escludere che fossero prodotte localmente: cfr. Greco, Lapadula 2004, pp. 25-34.

79 Herdonia: Delplace 1974, in particolare n. 863, p. 76 e tav. XVIII; Annese 2000, Tipo 6, p. 338. Posta Crusta: Leone 2000, pp. 427-429. Egnazia: Fioriello 2003, pp. 63-76. Canosa: ex. inf. Anita Rocco.

80 Valesio: Yntema 1995, n. 57, p. 291 e �g. 164; Taranto: Ma-siello 1988b, n. 10.1an, p. 101 e tav. XV oppure D’Angela 1971, n. 38 p. 166, �g. 12 e, per l’esemplare con linea ondulata ibidem, n. 26 p. 160 �g. 9; Sibari: D’Andria 1969, nn. 11 e 12, p. 102 e �g. 99; Egnazia: Fioriello 2003, pp. 77-88.

Oltre alla scodella in questione, lo scavo ha restituito un numero estremamente limitato di ceramiche importate. In particolare, si registra un frammento di una africana da cucina “a patina cenerognola” e un frammento di anfora scanalata e ingobbiata sulla super�cie del vaso, forse afferente ad una delle produzioni siro-palestinesi (Carthage Late Roman Amphora 5/6).

Dalla tomba V proviene, inoltre, l’orlo di una pen-tola (�g. 17, n. 4) molto simile nel pro�lo ad un tipo di contenitore da fuoco di produzione illirica, diffuso nelle regioni dell’Adriatico meridionale, e del Salento in particolare (le cosiddette pentole “tipo S. Foca” o “Butrint cooking ware”)72. Tuttavia, esso è fabbricato in un impasto differente che potrebbe essere di produzione locale o regionale73. In questa fabbrica di colore rosso, con abbondanti inclusi di quarzo e microscopici inclusi neri (ossidi di ferro?) sono realizzati anche alcuni altri frammenti di contenitori d’uso domestico, tra i quali segnaliamo un orlo di brocca proveniente dalla tomba XIII (�g. 17, n. 5) e quattordici frammenti appartenenti ad un unico contenitore chiuso, rinvenuti nei pressi della tomba II.

Nella tomba XIII è stata rinvenuta una lucerna con decorazione “a perline” (�g. 17, n. 2), associata ad un bracciale in bronzo desinente in due teste di serpente molto stilizzate, quest’ultimo databile genericamente ad età tardoantica (cfr. infra).

Il manufatto si inserisce nelle varianti succedanee le warzenlampen (Fabbricotti tipo I e II), lucerne molto comuni, specialmente in Italia meridionale, a partire dal I �no al III secolo d.C.74. Dal punto di vista formale, l’esem-plare ricorda il tipo Fabbricotti IA ed alcuni manufatti rinvenuti in area pugliese e datati a partire dal II secolo75. Nonostante ciò, la lucerna di Cutro�ano se ne discosta per la sostanziale assenza del motivo a semivolute e, in genere, per i caratteri poco de�niti nella forma del disco e del becco, nonché per l’assoluta mancanza del rivestimento, probabilmente perché completamente evanito. I confronti più prossimi e considerazioni sul contesto di rinvenimento sembrano confermare una datazione più bassa rispetto alle suddette lucerne, nonostante solo negli ultimi lavori editi si stiano fornendo cronologie di manufatti simili basate su contesti stratigra�ci attendibili76.

Per la lucerna della t. XIII propendiamo per una datazione alla seconda metà del III-IV secolo d.C., in concomitanza di altre produzioni italiche decorate “a perline” o “a globetti”, quali le forme assimilabili alle Kugelformigelampen/Dressel 30, la cui produzione è attestata anche in Italia meridionale, e ad altri prodotti ritenuti “imitazione” della forma Atlante XV, decorate

�g. 17 – Età romana imperiale. Ceramiche e lucerna.

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217

NOTIZIE PRELIMINARI DALL’ITALIA

3 (�g. 17, n. 3)Tomba XXI, US 454. Frammento di orlo di pentola.Orlo estro�esso di una pentola globulare, presenta due linee incise sulla faccia superiore. L’ansa si imposta subito sotto l’orlo. Impasto di colore rosso (Munsell 2.5 YR 6/6 light red), ricco di inclusi submillimetrici di ossidi di ferro, quarzo, inclusi calcarei e sporadici granuli di bauxite. Vacuoli isorientati sia allungati che tondeggianti.Produzione: provenienza locale o regionale.Datazione: III-IV secolo.

4 (�g. 17, n. 4)Tomba V, US 414. Orlo di pentola Orlo estro�esso appiattito sul bordo superiore, leggermente pendente con labbro bi�do. L’impasto è di colore rosso (Mun-sell 2.5 YR 5/8 red), ruvido al tatto, frattura frastagliata, ricco di inclusi submillimetrici di quarzo, calcare ed inclusi ferrosi ben assortiti nell’impasto. Sporadici vacuoli tondeggianti e metasedimenti di colore scuro. Produzione: provenienza locale o regionale.Datazione: III-prima metà IV secolo.

5 (�g. 17, n. 5)US 444. Orlo di brocca frammentario.Altezza: 5,4 cm.Orlo triangolare a fascia con labbro appuntito e collo solcato da leggere scanalature. L’ansa si imposta proprio sotto l’orlo. L’impasto è di colore rosso chiaro (Munsell 2.5 YR 6/6 light red), ruvido al tatto, frattura frastagliata. È ricco di minuti inclusi di quarzo, sporadici metasedimenti rossi e neri, inclusi angolari di colore grigio e granuli di calcare anche di 1 mm di diametro. Vacuoli tondeggianti molto frequenti.Datazione: III-prima metà IV secolo.

6 (�g. 17, n. 6)Tomba V, UUSS 291 e 414. Scodella Hayes 50, n. 55 in ARS C2.

Altezza: 6,5 cm; diametro: 34,5 cm.Orlo indistinto dal labbro arrotondato, il pro�lo del vaso è svasato, fondo piano dotato di un piccolo gradino. Il rivesti-mento è steso su tutta la super�cie del vaso.

M.L.I.

4.2 I metalli

I reperti in metallo rinvenuti nel corso dello scavo pro-vengono tutti da due sepolture relative alla fase romana imperiale del cimitero (Periodo II; tombe V e XIII). Si tratta in prevalenza di oggetti in lega di rame e in ferro pertinenti all’abbigliamento e all’ornamento personale. Il rinvenimento di tali manufatti non consente di fornire precise indicazioni sulla cronologia delle tombe85 dato che, sulla base di confronti con materiali analoghi editi, risultano per lo più ascrivibili ad un ampio arco crono-logico compreso tra il III ed il VI-VII secolo. Un dato di un certo interesse è il rinvenimento di un’armilla del tipo “a testa di serpente”, che costituisce l’unico esemplare �nora segnalato da una necropoli pugliese.

Tomba V1. Chiodini per calzature

Gli strati di riempimento US 414 e US 42686 hanno restituito undici chiodini in ferro e testa circolare con-vessa, di cui uno solo intero, sicuramente interpretabili,

rosso è stato rinvenuto dall’area del foro a Grumentum, mentre alcuni esemplari di provenienza (e produzione?) venosina presentano il tipico warzen decor associato ad una forma a canale allungato; succedanee delle lucerne a semivolute con questa decorazione ci sono, ancora, ad Aeclanum, in Irpinia81.

Riassumendo, è piuttosto evidente che questo tipo di decorazione sia stato utilizzato in un arco crono-logico piuttosto ampio su lucerne di foggia differente, spesso produzioni a diffusione regionale o subregionale rispondenti ad impianti morfologici noti, quando non si tratti di vere e proprie imitazioni82. Anche a questo proposito esse si pongono con continuità sulla scia delle warzenlampen più antiche, per le quali Carlo Pavolini, già alcuni anni or sono, aveva sottolineato che non fossero espressione di un gruppo morfologicamente omogeneo ma che la decorazione fosse applicata a tipi isolati o riallaciantisi ad altre forme83. Per quanto riguarda l’esemplare rinvenuto a Cutro�ano, esso deve essere considerato come un dato ulteriore rispetto al-l’ipotesi di un continuum produttivo di lucerne decorate “a perline” in ambito pugliese almeno �no al IV secolo. D’altronde la pertinenza della decorazione ad alcune aree dell’Italia sud-orientale, oltre che al Nord Africa, è fortemente indiziata dal rinvenimento di una matrice di una lucerna a semivolute con decorazione a perline a Taranto e ritenuta di età tardoantica84.

Catalogo 1 (�g. 17, n. 1)US 425. Fondo di una brocca.Altezza: 5,6 cm.Fondo ad anello probabilmente afferente ad una brocchetta. Colore beige/crema (Munsell 10 YR 7/6 yellow), polveroso al tatto, molto compatto e ben depurato. Minuti inclusi di quarzo, calcare e sporadici inclusi rossi (ossidi di ferro?).Produzione: provenienza locale o regionaleDatazione: III-prima metà IV secolo.

2 (�g. 17, n. 2)Tomba XIII, US 460, SF 20. Lucerna con decorazione “a perline”.Lunghezza: 10,15 cm; larghezza 6,23 cm; altezza della vasca 2,95 cm; altezza sull’ansa 4,4 cm.Forma ovoidale con serbatoio a parete troncoconica su stretta base piatta. L’ansa è ad anello forato, la spalla piuttosto larga e inclinata all’esterno, è decorata da tre �le di perline a rilievo, in parte poco visibili a causa delle condizioni di conservazione della lucerna, ma che sembrano prolungarsi �no al becco. Una nervatura lievemente in rilievo delimita il disco, terminante in un canale parzialmente strozzato in prossimità del becco arrotondato, forse per un ritocco operato dall’artigiano ma-nualmente. L’impasto è di colore beige-crema (Munsell 10 YR 8/6 yellow), simile al precedente.Produzione: L’impasto suggerisce una provenienza salentina o, comunque, basso adriatica.Datazione: �ne III-IV secolo.

81 Grumentum: Bottini 1997, n. 64 p. 248. Venosa: Salvatore 1991, p. 277, in particolare l’esemplare in �g. 4 potrebbe derivare da tipi africani; Aeclanum: Grella 1984, n. 20.

82 A questo proposito è interessante il quadro offerto dalle produ-zioni nell’area partenopea in età tardo antica: Garcea 1999; inoltre cfr. Gualandi Genito 1986, p. 378.

83 Pavolini 1977, p. 36. 84 D’Angela 1979, p. 97 e tav. I,1-3.

85 Per la cronologia di queste sepolture si rimanda ai contributi sulla stratigra�a dello scavo (cfr. supra Bruno) e sui rinvenimenti ceramici di età romana imperiale (cfr. supra Leo Imperiale).

86 3 chiodini provengono dall’US 414, i restanti dall’US 426.

218

NOTIZIE SCAVI E LAVORI SUL CAMPO

sulla base delle caratteristiche morfologiche e del loro rinvenimento in prossimità dei piedi dell’inumato (SK 1), come elementi per la chiodatura della suola delle scarpe del defunto.

Questi reperti, in alcuni casi frammentari e ossidati87, presentano un gambo appuntito a sezione quadrangolare (0,2 cm) e una lunghezza massima di 1,7 cm, mentre il diametro della testa varia da 0,9 a 1,5 cm. Le differenti dimensioni che caratterizzano questi chiodini non sem-brano tuttavia rimandare ad una funzione diversa come è dimostrato dal caso di un paio di scarpe rinvenute in una tomba di II-III secolo della necropoli di Saint-Barbe presso Marsiglia88, conservatesi parzialmente89, in cui si può notare la compresenza di chiodini di varie dimen-sioni impiegati in modo eterogeneo su tutta la super�cie della suola.

La presenza di calzature all’interno di sepolture, interpretata anche come un segno di distinzione sociale soprattutto in contesti funerari caratterizzati da una bassa percentuale di sepolture con elementi di corredo personale90, è ampiamente attestata nella penisola italia-na, sia nel centro-sud che nella zona alpina, in tombe di età romana imperiale e altomedievale91.

Gran parte dei chiodini individuati in questi siti è stata rinvenuta in corrispondenza dei piedi del defunto, tuttavia in alcune tombe le calzature sembrano assumere la funzione di elemento del corredo in associazione con gli altri oggetti, come nel caso di una sepoltura di età romana di Angera (VA) dove i chiodini sono stati indi-viduati a metà del lato lungo della struttura funeraria92,

o di due tombe della necropoli gallo-romana di Tornai, in Belgio, dove questi erano concentrati all’altezza del cranio93.

Il numero di reperti relativi a calzature recuperati nella tomba V appare limitato se confrontato con altri contesti funerari nell’ambito dei quali essi sono stati rinvenuti in numero considerevolmente maggiore all’interno di cia-scuna tomba94. Questo dato potrebbe da un lato essere riconducibile alle violazioni subite dalla tomba già in antico e all’asportazione recente di una porzione della tomba nell’ambito della realizzazione di una delle buche per l’impianto del nuovo uliveto (cfr. supra), dall’altro non è da escludere che essi appartenessero ad un tipo di calzatura più leggero composto da fasce di cuoio �ssate alla suola dai chiodini95.2. Anelli di sospensione

Le indagini hanno portato alla luce negli strati di riempimento US 291 e US 426 due anelli in lega di rame a sezione circolare, aventi lo stesso diametro esterno (2,8 cm). Si tratta di oggetti sussidiari dell’abbigliamento, interpretati come ciondoli pendenti dalla cintura o come elementi di sospensione per borse96.

Anelli simili dal punto di vista morfologico e funzio-nale sono documentati in Puglia in contesti funerari di VI-VII secolo quali Avicenna (FG)97 e San Giusto (FG)98 e in generale nei corredi femminili di area longobarda, come è testimoniato dagli esemplari rinvenuti a Veroli ((FR)99 e Cividale (UD)100, datati tutti tra la �ne del VI e gli inizi del VII secolo.3. Oggetto decorativo

L’US 426 ha restituito un manufatto in lega di rame costituito da due elementi circolari di diverso diametro, congiunti da un rivetto cilindrico, il maggiore dei quali presenta tracce di decorazione in smalti di colore bianco, rosso e nero. Circa la sua funzione si può ipotizzare che si tratti di un elemento decorativo relativo ad un oggetto di corredo quali una cintura o una borsa, la cui presenza è peraltro suggerita anche dal rinvenimento degli anelli di sospensione101.

Oggetti di simile fattura sono poco noti per l’età romana ed altomedievale. 4. Chiodo

Sempre dallo strato di riempimento US 426, proviene un chiodo in ferro lungo 9 cm con testa a super�cie piana

87 Il gambo si conserva solo in 7 chiodini; per gli altri, è stato pos-sibile accertarne le caratteristiche tramite il confronto con esemplari editi e l’osservazione delle tracce presenti sulla super�cie inferiore della testa.

88 Naggiar et al. 2003, p. 302, �g. 185, pl. 28. 89 Altri esempi di calzature rinvenute in buono stato di con-

servazione e di calchi di suole chiodate su laterizi sono indicati in Uglietti 1985, p. 570, nota 53 e in De Santis, Giuliani 1998, p. 229, nota 42.

90 Questa ipotesi è stata formulata da A.M. Giuntella riguardo il caso di due sepolture maschili indagate nella catacomba di Castelvec-chio Subequo (AQ), in cui numerosi chiodini per calzature sono stati rinvenuti in associazione con elementi di corredo pregiati (Giuntella 1998, p. 67).

91 I principali rinvenimenti di chiodini per calzature all’interno di sepolture sono attestati per quanto riguarda l’età romana a Otranto (Becker et al. 1992, p. 93, �g. 4.12, 16:8), in località Masseria Caione presso Laterza (TA) (D’Andria 1979, p. 226, tav. 126,13), in una tomba della necropoli di Luzzi in località S. Vito (CS) (Guzzo 1974, p. 463, t. 10) e ad Angera prevalentemente in strutture funerarie di età claudio-neroniana e �avia (Uglietti 1985, pp. 570-571). Resti di calzature sono documentati in 14 tombe della necropoli tardoantica individuata nel cortile dell’Università Cattolica a Milano, datate in maggior parte tra III e IV secolo (Palumbo 2001, pp. 130-131). Ai primi secoli dell’alto medioevo, con una datazione massima al VII secolo, sono pertinenti le tombe con chiodini da scarpa dei siti di Castelvecchio Subequo (Saladino 1991, pp. 283-284, �g. 25), Belmonte-Altamura (Ciminale, Favia, Giuliani 1994, p. 397, tavv. CLXVIII, CLXXI, 2), San Salvatore-Metaponto (D’Andria 1978, p. 160, tav. LXIII, 4) e San Giusto (De Santis, Giuliani 1998, p. 229, �g. 295). Un caso a parte è costituito dai 194 chiodini rinvenuti nel Piano di Carpino sul Gargano, per i quali non è possibile stabilire se provengano dalle tombe di età imperiale delle contrade Piano e Bagno, oppure dalla necropoli altomedievale di Avicenna (D’Angela 1988, p. 174, tav. LXXXVIII, 198).

92 Uglietti 1985, pp. 570-571.

93 Brulet, Coulon 1977, pp. 60, 66, tt. 6, 17.94 Questo dato si riscontra ad esempio a San Giusto (Lucera, FG)

dove ciascuna delle 8 tombe caratterizzate dalla presenza di calza-ture al loro interno ha restituito più di cento chiodini (De Santis, Giuliani 1998, p. 229). Un numero rilevante di chiodini è stato rinvenuto anche all’interno di una sepoltura della catacomba di Ca-stelvecchio Subequo (Saladino 1991, pp. 283-284) e di una tomba della necropoli romana di Luzzi presso Cosenza (Guzzo 1974, p. 463), rispettivamente 70 e 98.

95 Uglietti 1985, p. 570.96 Tagliaferri 1990, pp. 396-398.97 D’Angela 1988, tav. LXXXVI, 180. 98 De Santis, Giuliani 1998, p. 230, �g. 294, 5-7.99 Luttazzi 1992, pp. 775-776, �g. 5, 7-9 con ulteriore biblio-

gra�a.100 Tagliaferri 1990, pp. 391-392, X.49l e pp. 396, 398, X.52e. 101 Cfr. supra 2.

219

NOTIZIE PRELIMINARI DALL’ITALIA

102 Secondo la classi�cazione tipologico-funzionale dei chiodi di Sette�nestre, a tutt’oggi l’unico lavoro sistematico effettuato in Italia su questa categoria di reperti, i chiodi lunghi tra gli 8 e i 10 cm rin-venuti in strati di crollo erano probabilmente utilizzati per �ssare tra loro le orditure secondarie dei tetti (Famà, Walker 1985, pp. 39-58, in particolare p. 43).

103 Sulla funzione rituale dei chiodi nelle tombe in età romana: Ceci 2001, pp. 90-91.

104 È il caso ad esempio di alcune sepolture delle necropoli di Cornus (Giuntella 1999, p. 82) e di Collegno (Pejrani Baricco 2004, p. 41). Per quanto riguarda l’area longobarda, si ritiene che i chiodi rinvenuti nelle tombe femminili all’interno di una borsa avessero valenza di amuleto (Rupp 1996, p. 123).

�g. 18 – Età romana imperiale. I metalli.

105 Tale ipotesi è stata formulata a proposito di alcuni esemplari in argento aventi le stesse caratteristiche rinvenuti nel Piano di Carpino (D’Angela 1988, p. 157).

106 De Santis, Giuliani 1998, pp. 222-223, �g. 291, n. 10. 107 Le armille a testa di serpente presentano un’ampia gamma di

varianti determinata dal diverso grado di stilizzazione della testa e dalla decorazione della verga. Per una tipologia completa di tali manufatti cfr. Lanyi 1972, p. 164, Abb. 58.

108 Palumbo 2001, p. 132.109 De Vingo, Fossati 2001, p. 506.110 Cavallari 2005, p. 134. Sul valore simbolico del serpente dal-

l’età classica all’era cristiana cfr. Palumbo 2001, p. 132, nota 94.111 Nobile 1992, pp. 23-25 e Palumbo 2001, p. 132, nota 93.112 Per quanto riguarda il sud Italia si segnala un bracciale in

bronzo rinvenuto in una sepoltura femminile databile tra VI e VII secolo della necropoli calabrese di Torre Broccolo (Roma 2001, pp. 168-170, tav. LII, 4), mentre i numerosi esemplari recuperati nell’Italia settentrionale, provengono principalmente da necropoli lombarde (Facchini 1990, pp. 356-357, in particolare la carta di distribuzione a p. 357, IV secolo; De Marchi 1999, p. 316, tav. CXXXI, 10, V-VI secolo; Palumbo 2001, p. 132, IV secolo), friulane (Brozzi 1989, p. 40, tav. 15,2; Tagliaferri 1990, p. 447, tav. X.123, VI-VII secolo) ed emiliane (Cavallari 2005, pp. 134-137, nn. 1-5, 7-8, 11-12, IV-VI secolo). La produzione di questo tipo di monile è documentata anche a Roma per gran parte del VII secolo (Ricci, Lucerini 2001, p. 364).

di forma originariamente circolare e gambo a sezione quadrata. Si tratta di un tipo di chiodo, ampiamente attestato in numerosi siti italiani ed europei dall’età ro-mana �no al basso medioevo e anche oltre, comunemente utilizzato per lavori di carpenteria102.

Il rinvenimento di chiodi di queste dimensioni al-l’interno di sepolture, soprattutto se recuperati in un buon numero, è generalmente relazionabile a strutture in legno per la deposizione del corpo del defunto quali casse o tavolati.

Tuttavia, non sono rari i casi, soprattutto in età roma-na103 e durante l’alto medioevo104, di tombe che hanno

restituito un solo chiodo, ubicato spesso in prossimità del petto del defunto, e pertanto non riconducibile ad un uso pratico, ma piuttosto ad una funzione rituale ed apotropaica.

Nel caso del chiodo rinvenuto nella tomba V, la pre-senza di una leggera curvatura nella parte superiore del gambo fa ipotizzare un utilizzo pratico del manufatto, il che non esclude che questo, dopo l’uso, sia stato de-positato nella tomba.

Tomba XIII5. Anello digitale

Dal primo strato di riempimento della tomba (US 410) proviene un anello in lega di rame a verga liscia priva di decorazione, caratterizzato da terminazioni aperte e appiattite. Tali caratteristiche sembrano rimandare alla presenza, in origine, di un castone o di un’applicazione, successivamente asportato con un taglio netto, praticato probabilmente al momento della deposizione105.

Questo anello, verosimilmente associato all’armil-la rinvenuta nella stessa tomba, è simile a esemplari rinvenuti a San Giusto in sepolture databili al VI-VII secolo106. 6. Armilla a testa di serpente

L’US 444 ha restituito un’armilla in lega di rame a verga aperta priva di decorazione con le estremità de-sinenti in due teste di serpente estremamente stilizzate, i cui unici particolari anatomici rappresentati sono gli occhi107. Questo tipo di monile, appartenente alla più ampia categoria dei bracciali “a teste di animali con-trapposte”108, riprende modelli del periodo ellenistico109 successivamente riproposti in età romana classica, nei quali però la resa dei particolari anatomici dei serpenti era naturalistica110. Si tratta di un oggetto di ornamento femminile, solitamente in lega di rame111, diffuso in con-testi funerari dall’età tardo antica a quella longobarda in tutta la penisola italiana112, in particolare nella zona

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NOTIZIE SCAVI E LAVORI SUL CAMPO

alpina dove è stata ipotizzata l’esistenza di uno o più centri di produzione di tali manufatti113, nelle regioni danubiane114 e nell’Europa settentrionale115.

Catalogo1 (�g. 18, n. 1)Tomba V, US 426. SF 26.Chiodino a testa circolare convessa. Gambo a sezione qua-drangolare.Misure: diam. testa: 1,5 cm; lung.: 1,7 cm; sez.: 0,2 cm. Ma-teriale: ferro.2 (�g. 18, n. 2)Tomba V, US 291. SF 2. Anello di sospensione a sezione circolare.Misure: diam. interno: 1,8 cm; diam. esterno: 2,8 cm. Materiale: lega di rame. 3 (�g. 18, n. 3)Tomba V, US 426. SF 11.Oggetto di corredo di a forma circolare. Composto da un disco a super�cie piana con tracce di smalto nero, decorato al centro con un cerchio leggermente rilevato con tracce di smalto rosso e bianco. Il disco è unito da un rivetto a sezione circolare ad un altro elemento circolare di diametro inferiore. Misure: diam. disco maggiore: 1,6 cm; diam. elemento circolare: 0,4 cm. Materiale: lega di rame.4 (�g. 18, n. 4)Tomba V, US 426. SF 17.Chiodo a testa circolare a super�cie piana. Gambo a sezione quadrata.Misure: lung.: 9 cm; sez.: 0,5 cm. Materiale: ferro.5 (�g. 18, n. 5)Tomba XIII, US 410. SF 5.Anello a verga liscia con sezione semicircolare, con terminazioni aperte e appiattite che lasciano pensare, in origine, alla presenza di un castone o di un’applicazione. Misure: diam.: 1,7 cm; sez.: 0,2 cm. Materiale: lega di rame.6 (�g. 18, n. 6)Tomba XIII, US 444. SF 18.Armilla a verga aperta a sezione ovale desinente in due teste di serpente estremamente stilizzate, sulle quali sono rappresentati gli occhi. Verga priva di decorazione. Misure: diam.: 6,3 cm; sez. verga: 0,2 cm. Materiale: lega di rame.

L.P.

4.3 La moneta

US 350, SF 23.AE 4, g. 1,70, mm. 12,5, c.c.Autorità incertaD/ [---]. Busto diademato dell’imperatore a d., con paluda-mentum.R/ Illeggibile.Cronologia: seconda metà IV-V sec. d.C.Nota: la moneta si presenta fortemente usurata su entrambe le facce e ne risulta del tutto compromessa la leggibilità del R/. Le caratteristiche tecniche consentono, tuttavia, di inserirla nell’ambito della produzione monetale romana di età tardo imperiale.

V.C.

5. I MATERIALI DI ETÀ ALTO MEDIEVALE

Di seguito vengono presentati i reperti relativi all’età altomedievale che provengono dai contesti di super�cie e in minima parte dalle sepolture. Gli oggetti in metallo, riconducibili all’abbigliamento e alla sfera dell’ornamen-to personale, sono frutto di un recupero effettuato negli anni Ottanta dopo la manomissione di alcune tombe da parte di scavatori clandestini.

5.1 La ceramica

La scarsa, ma costante, presenza di ceramica bizantina attraverso l’area di indagine potrebb’essere legata al rito funerario e alla sepoltura, ma non è in quantità tale per affermare una presenza insediativa nelle immediate vicinanze. Questo dato sembra, d’altronde, ripetere il pattern desunto dai rinvenimenti di età medio imperiale e tardo antica.

Non sono stati rinvenuti vasi nelle sepolture indagate, se non occasionali frammenti, mai combacianti. Perciò, non è possibile affermare che la ceramica facesse parte di corredi funerari, anche se i pezzi rinvenuti possono rappresentare oggetti di corredo, frammentati e rideposi-tati nel tempo in seguito alle violazioni che hanno subito le sepolture di età bizantina. Data la scarsa conoscenza di sepolture di questo periodo in Terra d’Otranto, non è neanche possibile affermare se fosse usuale o meno depositare vasi come corredo funerario. Certo, una sepoltura databile intorno all’VIII secolo rinvenuta a Calimera conteneva un’anfora intera di uso domestico, mentre presso Le Centoporte (Giurdignano, LE) è stata rinvenuta un’altra sepoltura, databile intorno all’XI secolo, contenente una brocca.

I frammenti di ceramica provenienti da loc. San Gio-vanni sembrano appartenere sostanzialmente a forme chiuse in ceramica grezza, di solito nota come ceramica da cucina. Sono piuttosto assenti frammenti di vasi in impasti ossidati riconoscibili come di età bizantina. È anche assente la ceramica dipinta, come le cosiddette ceramiche a bande larghe. È innegabile, comunque, una discreta presenza di ceramica bizantina grezza o da cuci-na, calcolabile in un numero minimo di 45 frammenti.

Frammenti di ceramica bizantina sono identi�cabili dalle tt. III, IV, VIII, XII, XIII, XIV, XV, XVIII, XIX, XX, XXI e XXIII, ma spesso in contesti disturbati o recenti.

Fra le varie forme rappresentate si possono segnalare due fondi di pentole da cucina a ‘fondo ombelicato’, una dalla US 412 (t. XII) e l’altra dalla US 432 (t. XX), dif�cilmente collocabile con maggior precisione tra VII e XI secolo nel territorio salentino. Dalle US 2 ed US 412 (t. XII), provengono orli di pentole che trovano confronti per la forma con esemplari rinvenuti ad Api-gliano, forse databili tra VIII e X secolo. In�ne, dalla US 207, proviene un altro orlo di pentola, con l’ansa che si innesta direttamente sull’orlo. Anche se non è una regola, l’innesto della parte superiore dell’ansa sull’orlo sembra, prevalentemente, una caratteristica più antica rispetto alle pentole con anse attaccate sotto l’orlo o sulla spalla. Alcune pentole con questo primo modo nel posizionare le anse sono attestate a Supersano (loc. Scorpo) in contesti del VII secolo ca.

Mentre, a livello formale, la ceramica bizantina rin-venuta presso il cimitero è perfettamente paragonabile

113 Facchini 1990, p. 356. 114 Keller 1971, pp. 101, 108.115 Si vedano le carte di distribuzione in Swift 2000, �gg. 215-

227.

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NOTIZIE PRELIMINARI DALL’ITALIA

�g. 19 – Età altomedievale. Ceramica bizantina.

con le forme ormai note da Otranto, da Quattro Macine (Giuggianello), da Apigliano (Martano) e da località Scorpo (Supersano), non è facile accostarle per quanto riguarda le argille, data la sostanziale omogeneità della geologia della penisola salentina116. Penso, comunque, che i frammenti dallo scavo di Cutro�ano non proven-gano dalle fornaci di Otranto, e che sono, in linea di massima, diversi dagli impasti solitamente riscontrati a Quattro Macine ed Apigliano. Qualche rassomiglianza potrebbero avere con le ceramiche rinvenute a Supersano, ed è da chiedersi se, vista la tradizione potoria di Cutro-�ano stesso, non siano, perlopiù, di produzione locale.

A volte, le super�ci esterne evidenziano dei craqu-leures o molte piccole lesioni super�ciali, dovute al restringimento dell’argilla di super�cie in seguito ad una cottura disomogenea. Non appaiono presenti frammenti di pareti con costolature, che sembrano diventare sempre più frequenti dall’VIII secolo in poi. Anche i pochi orli rinvenuti sono di tipo semplice, meno articolati della maggior parte di orli presenti in contesti databili dall’VIII secolo inoltrato.

In base alle evidenze a disposizione, mi sembra ragio-nevole ipotizzare che il cimitero sia rimasto in uso �no ad, almeno il VII, se non l’VIII secolo d.C. Anche se mi sembra meno probabile, ma non è, comunque, del tutto da escludere una continuità d’uso �no al IX-X secolo, data la dif�coltà di precisione nella datazione di alcune forme ceramiche.

Catalogo 1 (�g. 19, n. 1) US 412, t. XII. Orlo di pentola da cucina in argilla tenera color rosso-giallo (Munsell 5YR 6/8), con sparsi noduli scuri (>2 mm), abbondanti minuscoli inclusi calcarei ed occasionali vacuoli. Trova confronti per la forma con esemplari rinvenuti ad Apigliano, databili tra VIII e X secolo.2 (�g. 19, n. 2) US 2. Orlo di pentola da cucina in argilla molto dura e ben cotta con frattura mediamente ruvida. È di colore rosso-mar-rone (Munsell 5YR 5/3.5), leggermente più chiaro e rossiccio all’interno. Presenta frequenti minuscoli inclusi calcarei ed occasionali noduli scuri (>1 mm).

3 (�g. 19, n. 3) US 207. Orlo di pentola da cucina in argilla molto dura e ben cotta con frattura ruvida. Presenta un colore grigio scuro (Munsell 5YR 4/1.5), abbondanti minuscoli inclusi calcarei ed occasionali noduli scuri (>1 mm). La super�cie esterna è leggermente lucida. È presente parte dell’ansa, leggermente schiacciata, che si innesta direttamente sull’orlo.4 (�g. 19, n. 4)US 412, t. XII. Frammento di ‘fondo ombelicato’ di una pentola da cucina in argilla relativamente tenera, colore rossa (Mun-sell 2.5YR 4/8), con frattura granulosa. Presenta abbondanti minuscoli inclusi calcarei.

P.A.

5.2 Early medieval small finds

The �ve metal items, three buckles and two rings, were recovered by Salvatore Matteo in the 1980’s. Presumably they represent items from the burials, discarded or missed by looters in the area of the cemetery (cf. supra).

In their general appearance, the �ve artifacts seemed “to be medieval in date”. I had the opportunity to exami-ne in July 2006 two buckles (�g. 20, nn. 4, 5) in the La-boratory for Medieval Archaeology (Salento University). For the other artifacts, I had to rely on the information provided by photographs and drawings. Judging from the photographs, the bronze �nger-ring seems to be a specimen with bezel raised on a rectangular platform emerging from the loop. The bezel was �lled with glass paste, now almost completely degraded (�g. 20, n. 1). I do not know of any early medieval analogies for this �nger-ring and Ellen Riemer’s detailed monograph of �fth- to eighth-century assemblages in Italy contains no references to this type of �nger-ring117. The type is also unknown to the otherwise very rich repertoire of �nger-rings from Avar-age assemblages in Hungary and the surrounding regions118. To be sure, �nger-rings with glass paste bezels are known from seventh- and early-eighth century assemblages in Istria119, Albania120, Greece121, and Crimea122. But none of them has a bezel raised on a platform emerging from the loop. In the absence of any relevant analogies, the dating of the bronze �nger-ring to the medieval period must remain tentative.

Equally dif�cult to date is the bronze belt buckle with no plate (�g. 20, n. 3). The only analogy known to me from early medieval Italy is a specimen from a robbed burial in the cemetery excavated in Merine (Lecce)123. Unlike the Cutro�ano specimen, the Merine buckle is however made of iron, not bronze.

116 Per la ceramica bizantina salentina, cfr. Arthur 2004a, e Leo Imperiale 2004.

117 Riemer 2000, pp. 95-102.118 Stadler 2005. 119 Sovinjsko brdo, grave 11: Marušic 1966, 290 pl. I/5. 120 Koman, stray �nd: Traeger 1900, p. 48 �g. 8a.121 Ioannina: Vokotopoulos 1967, no. 2, pl. 248.122 Skalistoe, burial chambers 203, 222, 241, 258, 269, 279, etc.:

Veimarn, Aibabin 1993, 22 �g. 19/7; 38 �g. 22/10, 13-15; 42 �g. 24/20; 47 �g. 12/14; 48 �g. 29/23, etc. Suuk Su, grave 91: Repnikov 1906, p. 72 �g. 57. Eski Kermen, burial chamber 257: Aibabin 1982, p. 186.

123 Riemer 2000, p. 423 and pl. 86/7. The small cemetery was di-scovered during a trial excavation by C. D’Angela. Only seven graves have so far been published, two of which (nos. 3 and 6) produced fragments of buckles of the Corinth class dated to the seventh century (D’Angela 1982).

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NOTIZIE SCAVI E LAVORI SUL CAMPO

By contrast, despite the relatively bad state of preser-vation, the iron �nger-ring (�g. 20, n. 2) seems to be a specimen of Ellen Riemer’s type b4 (“bandförmige Fin-gerringe mit quadratischer Schmuckplatte”)124. In Italy, similar �nger-rings are known from grave 3 in S. Cristina di Lozio (Brescia) and from Onore (Bergamo). However, both specimens are made of bronze, not iron. A third specimen from grave 243 in Comacchio (Ferrara) is made of silver125. Similar �nger-rings of iron are only known from assemblages outside Italy, namely from Istria126 and Albania127. According to Ellen Riemer, the archaeo-logical context of the Italian �nger-rings suggests a date within the �fth century, but in Lezhë, an iron �nger-ring with square ornamental plate was found together with a buckle of the Boly-Želovce class, dated to the seventh century128. On the basis of this assemblage and the ana-logy found therein, a seventh-century date may also be advanced for the iron �nger-ring from Cutro�ano.

The most interesting artifacts are the two bronze buckles which I have examined directly in the Laboratory for Medieval Archaeology in Lecce. The fragmentary loop with tongue (�g. 20, n. 4) appears to be from a hinged buckle. The tongue basis decorated with an in-cised cross pattern is a feature typical for specimens of several classes of early medieval buckles. Almost identical tongues appear on buckles with cross- and U-shaped plates from Sicily129. Tongue bases with cross ornaments are also found on buckles of the Corinth class130. Seve-ral such buckles are known from Greece131, Albania132, and Istria133. Irrespective of the speci�c class to which the fragment from Cutro�ano may belong, its date falls within the seventh century because all three classes (with cross-shaped plate, with U-shaped plate, and Corinth) were in fashion simultaneously during the 600s.134. Of all

�g. 20 – Early medieval clothes accessories and jewellery.

124 Riemer 2000, pp. 96-97.125 Riemer 2000, pp. 330 and pl. 40/12; 328 and pl. 39/8-9; 360

and pl. 51/6.126 Mejica, stray �nd: Torcellan 1986, pl. 8/14.127 Lezhë, grave 7: Prendi 1979-1980, p. 149 pl. III.128 For the Boly-Želovce class of belt buckles, see Ibler 1992, p.

138. An early seventh-century date for at least some of the Boly-Želovce buckles may be advanced on the basis of the association in the Mitilene hoard of one such buckle with solidi struck for Emperor Heraclius. See Baldini Lippolis 1999, pp. 37 and 229; Prokopiou 1997, p. 339.

129 Chiaramonte Gul� (Ragusa): Riemer 2000, p. 448 and pl. 101/6. Centuripe (Enna): Riemer 2000, p. 450 and pl. 116/2.

130 For the Corinth class, see Riemer 2000, pp. 153-157 (with a distribution map at p. 154 �g. 17) and pp. 269-272; Nallbani 2005, pp. 655-672 (with a distribution map at p. 660 �g. 3). The distribution maps offered by the two authors are not identical. For example, Riemer knows of a lot more specimens in Sardinia and Salento (�nds from Gennarano, Merine and Otranto), which are apparently unknown to Nallbani. Conversely, Nallbani lists two specimens from Crypta Balbi in Rome, which have otherwise escaped to Riemer’s attention. The �rst to call attention upon the signi�cance of the Sardinian specimens von Hessen 1974, p. 549.

131 Corinth: Davidson 1937, p. 235 �g. 5; Davidson 1952, pl. 114/2193. Another specimen is known from grave 2 in Aphiona (Ke-rkyra): Bulle 1934, p. 222 �g. 26/24.

132 Kruje, grave 28: Anamali 1993, p. 445 �g. 4/2.133 Novigrad: Marušic 1962, pp. 165-166 and pl. V/2.134 An argument already formulated in Werner 1955, 36-48. For

the dating to the seventh century of the belt buckles with cross-and U-shaped plates found in Italy, see Riemer 2000, pp. 212 and 215.

three, only the Corinth class may be dated with some degree of con�dence on the basis of specimens from Crimea (Skalistoe, burial chamber 772) and Hungary (grave 355 in Pókaszepetk and grave 167 in Cikó), which were found together with typically Early Avar artifacts, such as earrings with pyramid-shaped pendant, dated to the early seventh century135.

The other bronze buckle is an almost completely pre-served specimen of a rather rare variant of the Bologna class. Unlike “classical” buckles of that class found in the Mediterranean area, which have plates with heart-like open-work decoration and no terminal knob, the mova-ble plate of the Cutro�ano buckle displays a prominent knob and a cross-like open-work ornament inside a heart-shaped frame in relief136. The signi�cance of this particular ornament is reinforced by a small cross incised in the middle of the cross-like ornament. I do not know of any Italian analogies for this buckle, but a very similar one has long been published by Zdenko Vinski as having been accidentally found in Polace, on the island of Mljet, off the Adriatic coast near Dubrovnik (�g. 21, n. 4)137.

135 Veimarn, Aibabin 1993, p. 163, �g. 122/1; Garam 2001, p. 99. There is absolutely no support in the existing evidence for the idea that the belt buckles of the Corinth class appeared no earlier than the reign of Constans II and continued to remain in fashion after AD 700. See Sanders 1995, p. 456.

136 For a complete list of belt buckles of the Bologna class, see Rie-mer 2000, pp. 274-275. Some of these buckles have a thin bar in the middle of the heart-shaped open-work ornament, but none presents the cross-like decoration of the Cutro�ano buckle. With just two exceptions (Imola-Villa Clelia and Ravenna), all buckles of the Bologna class found in Italy have no terminal knobs (Riemer 2000, p. 160). Seventh-century buckles with terminal knobs served as source of inspiration for the Late Avar metalwork. See Kiss 1999-2000, pp. 411-418.

137 Vinski 1967, p. 67 with n. 279; 29 �g. a.

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NOTIZIE PRELIMINARI DALL’ITALIA

the three-phase chronology established for the cemetery by Michela Torcellan remains unclear142. However, the bracelet with which the buckle was associated has a good analogy in grave 24 in Kruje (Albania), where it was associated with a lock ring with corkscrew-shaped end, which cannot be dated earlier than the late seventh century143. A somewhat earlier date is suggested by the assemblage in grave 7 of the Mijele cemetery excavated in coastal Montenegro, where a bracelet similar to that from Mejica was found together with a pennanular broo-ch dated to the �rst two thirds of the seventh century144. The Mejica burial assemblage could therefore be dated to the seventh century as well. Both the Mejica and the Durrës contexts strongly suggest a date within the se-venth century for the Cutro�ano buckle with cross-like open-work ornament.

F.C.

5.3 I vaghi

Da una delle tombe (t. XX) situata nel raggruppamen-to ubicato a nord del pianoro di roccia, provengono due vaghi in vetro riconducibili all’età altomedievale. Uno dei vaghi (n. 1) è stato rinvenuto tra le ossa disarticolate di un individuo, forse una giovane donna o un adolescente, accantonate ad est della tomba.

1. Tomba XX, US 447. SF 21. VetroIl vago è stato rinvenuto tra l ossa addossate lungo il lato

est della sepoltura. L’oggetto è di forma tubolare realizzato con l’avvolgimento a spirale di una banda continua di vetro (lunghezza 2 cm, Ø 0,5 cm ca.).

Il tipo di vago, quasi certamente da identi�care come ele-mento di collana, è ben attestato in contesti tombali altome-dievali associato, molto spesso ad elementi di forma sferica. I numerosi confronti per i vaghi tubolari provenienti da contesti dell’Italia settentrionale e d’Oltralpe stanno ad indicare un perdurare del tipo dalla seconda metà del VI secolo a tutto il VII secolo145.

2. Tomba XX, US 433. SF 19. Frammentario. Bronzo e vetro

L’oggetto proviene da un terreno di accumulo moderno e probabilmente è stato rotto durante le fasi di violazione della sepoltura.

Il vago è costituito da un tubicino cilindrico in lamina bron-zea su cui è applicata la pasta vitrea di colore azzurro chiaro. La frammentarietà del pezzo non consente di indicare se sia di forma sferica o allungata, come dubbi permangono sulla sua identi�cazione come vago di collana. Potrebbe anche trattarsi di un pendente di un semplice orecchino ad anello semplice, secon-do un uso attestato in alcuni cimiteri bizantini altomedievali. In Calabria, ad esempio, semplici orecchini in bronzo decorati da un solo vago sferico in pasta vitrea, sono stati rinvenuti in alcune aree cimiteriali del versante ionico146.

B.B.

�g. 21 – Examples of hinged belt buckles with open-work plate and cross ornament: 1. Durrës, burial chamber 29; 2. Durrës, bu-rial chamber 28; 3. Mejica, grave 77; 4. Polace. Different scales

(after Tartari 1984, Torcellan 1986, and Vinski 1967).

Two other almost identical buckles come from burial chambers excavated in downtown Durrës (Albania) (�g. 21, nn. 1, 2). Both chambers contained multiple skeletons and the speci�c circumstances in which the buckles were found remain unclear. Besides a buckle almost identical to that from Cutro�ano (including a little cross incised in the middle of the cross-like open-work ornament of the plate), burial chamber 28 also produced buckles of the Corinth and Boly-Želovce classes, both dated to the seventh century138. The same is true for burial chamber 29, with no less than thirty skeletons, which also produ-ced a coin struck for Emperor Constans II in 654/5139. This does not contradict what is otherwise known about the Bologna class in general, specimens of which were found in Samos in association with coins struck for em-perors Heraclius (610-641) and Constans II (641-668)140. Finally, a somewhat simpli�ed version of a buckle with cross-like open-work ornament was found in grave 77 of the cemetery excavated in the late 1800s in Mejica (Istria) (�g. 21, n. 3)141. The position of that grave within

138 Tartari 1984, no. 1, 230 and 235; pl. II/4. Burial chamber 28 had ten skeletons. It is not at all clear with which one of them was associated the buckle with cross-like open-work ornament. The burial chamber also produced a belt buckle of the III A Beroe class, which is of a somewhat earlier date. In Crimea, such buckles were found together with coins struck for Emperor Justinian (527-565). See Kropotkin 1958, pp. 210 and 215 �g. 5a. This is further con�rmed by �nds from the large cemetery excavated in Piatra Frecat,ei (Romania), which were associated with so-called “Martynovka mounts” with open-work de-coration dated to the second half of the sixth and to the early seventh century. See Petre 1987, p. 71 and pl. 130 �g. 207.

139 Tartari 1984, pp. 230-231 and 235; pl. III/4. In addition, burial chamber 29 produced a buckle of the Trebizond class, also dated to the seventh century. Much like with burial chamber 28, however, the collection of artifacts recuperated from burial chamber 29 also inclu-des earlier artifacts, such as a strap end with open work decoration, analogies for which were found in typically sixth-century assemblages in Hungary and Crimea. See Csallány 1961, pp. 140-141 and pl. CCLVIII/3; Repnikov 1907, p. 120 and pl. XV/14-16.

140 Steckner 1993, pp. 120-121 and 124-125. See also Steckner 1998, pp. 173-188. For a mid-seventh-century date, see also Varsik 1992, no. 1, 84.

141 Torcellan 1986, p. 69 and pl. 21/1.

142 Torcellan 1986, p. 38 �g. 12. For further details regarding the chronology of the cemetery, see Marušic 1979-1981, p. 180.

143 Anamali, Spahiu 1963, no 1.2, 50 �g. 15. 144 Velimirovic-Žigic 1971, p. 152. The Mijele brooch belongs

to Riemer’s variant a, with good analogies in Vicenne (Campobasso). For the chronology of this type of pennanular brooches, see Riemer 2000, p. 122.

145 Giostra 2004, p. 87.146 Corrado 2001, pp. 33-34.

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NOTIZIE SCAVI E LAVORI SUL CAMPO

6. IL CASALE DI PISCOPÌO

Il sito, dal signi�cativo toponimo di Piscopìo sorge in un’area che oggi, come nel passato, è a forte vocazione agricola147. Ma è stata proprio la necessità di estendere le colture che, nel corso degli ultimi anni, ha portato alla distruzione di gran parte delle testimonianze archeolo-giche ancora parzialmente leggibili in un’area compresa tra il canale Piscopìo, e le due masserie che dall’antico casale hanno tratto il nome148.

6.1 Note storiche

Le sepolture di età altomedievale ancora oggi visibili sono ubicate a sud-ovest della cappella dedicata a San Giovanni149, edi�cata all’incrocio tra due strade che diramandosi conducono verso Santa Maria di Leuca (Finibus Terrae) e verso Maglie-Scorrano-S. Cesarea ricalcando antichi tracciati viari. Nonostante la presenza da sempre evidente di testimonianze archeologiche e il rinvenimento di reperti che testimoniavano una frequen-tazione dell’area �n dalla preistoria, le moderne tecniche di sfruttamento agricolo del suolo hanno comportato l’appianamento del banco roccioso, che in questa parte del territorio è spesso af�orante.

L’area aveva assunto nel passato una certa importanza data la sua posizione topogra�ca, infatti, sia Cutro�ano che i limitro� casali di Piscopìo, Francavilla, Petrore e Badìa, trovandosi esattamente al centro della penisola salentina, soprattutto rispetto alle due città portuali di Gallipoli sullo Ionio e Otranto sull’Adriatico, fungevano da colle-gamento tra i percorsi che provenivano da est e da ovest, e da cerniera tra il nord della penisola salentina e l’estrema punta, cioè il Finibus Terrae150. I casali menzionati, infatti, sorgevano su antichi tracciati viari che collegavano altri casali o Terre di notevole importanza come Galatina, sede dell’Ospedale di Santa Caterina151, Collepasso, Scorrano, Maglie, Supersano e Ruffano; era quindi la strada percorsa dai quei pellegrini e viaggiatori che si recavano verso il Capo di Leuca, e che durante tale percorso visitavano altri luoghi di culto importanti come la cripta della Coelimanna, la chiesa di Santa Maria di Sombrino, la chiesa di Santa Maria della Serra tutte in territorio di Supersano152 e la cappella di Sant’Elia tra Supersano e Ruffano153.

Alcuni di questi percorsi attraversavano proprio il casale di Piscopìo, �ancheggiando la cappella di San

147 De Giorgi 1897, p. 287; la località sorge lungo la strada che nel passato conduceva a Supersano ed è attualmente de�nita dai con�ni naturali costituiti dal canale Piscopìo e dalle due masserie Piscopìo Grande e Piscopìo Piccola.

148 Costantini 1989, p. 17; Licinio 1981, p. 246.149 La cappella è da sempre conosciuta dagli abitanti della vicina

Cutro�ano come la cappella dedicata a San Giovanni grazie alla pre-senza di un affresco che riproduce l’immagine del Battista, ancora oggi ben visibile. Nel 1940 una serie di lavori di ristrutturazione da parte di Oronzo Benegiamo, proprietario del terreno in cui ricade la cappella, ha evitato il completo disfacimento della struttura e nella stessa occasione la realizzazione dell’affresco da parte di Michele D’Acquarica, pittore locale che ha ridipinto l’immagine di Giovanni Battista. Benegiamo, Benegiamo 1993, p. 211.

150 ASL, Libro Rosso di Lecce, pp. 49-78, pp. 199-210; Pastore 1979, pp. 75-76; Massaro 1993.

151 Massaro 2000, pp. 93-126; Panarelli 2006.152 Zacchino 1989, p. 157.153 De Bernard, Cazzato 1994.

�g. 22 – La chiesa rupestre di San Giovanni di Piscopìo.

Giovanni accanto alla quale si trova un ambiente ipogeo ovvero una cripta (�g. 22). All’ambiente si accede oggi da un’apertura posta sul lato ovest e attraverso una breve scalinata si giunge in un piccolo vano di forma grossomodo circolare (diametro medio di 5 m ca.), con un’altezza dal pavimento di circa 1,80 m e colonna cen-trale che sorregge la volta154.

L’ambiente, probabilmente un luogo di culto, era affre-scato e ancora oggi sono visibili le tracce della originaria decorazione ai lati dell’ingresso. Fra i materiali provenienti dall’interno, recuperati durante la pulizia, vi erano, infatti, numerosi frammenti di intonaco dipinto, caduti probabil-mente dalle pareti e dal sof�tto, oltre ad un grosso fram-mento di base di colonna, presumibilmente relativo ad un edi�cio preesistente, la parte superiore di un sarcofago155, proveniente dalla vicina area cimiteriale, ed alcuni fram-menti di ceramica di età post-medievale156 (cfr. infra).

La visita pastorale dell’arcivescovo Fabrizio De Capua (1514-1526) tenuta nel 1522157, riporta tra i luoghi visitati, Petrora, Episcopio e Cutro�ano, mentre nel manoscritto sul-la Nota dei luochi della diocesi di Otranto per l’obbedienza, redatto nel 1555, Cutro�ano risulta tra i luoghi abitati, al contrario Petrora e Piscopìo tra i luochi disabitati158.

154 Ligori 1993, p. 18.155 Bruno, Tinelli 2008, pp. 39-40.156 Il materiale recuperato in quella occasione è stato accuratamente

raccolto e depositato presso il Museo della Ceramica di Cutro�ano (Bruno, Tinelli 2008, p. 12).

157 Boccadamo 1990, p. 21. La visita del 1522 fu in realtà effettuata da Giorgio Rosa, vescovo di Castro e vicario generale dell’archidiocesi di Otranto.

158 Boccadamo 1990, p. 21, n. 12.

225

NOTIZIE PRELIMINARI DALL’ITALIA

Il periodo di governo dei d’Enghien-Orsini fu con-trassegnato dalla grave crisi economica e demogra�ca generale sia in Europa che nel Mezzogiorno, che favorì una forte contrazione degli insediamenti per tutto il Trecento e in maniera meno marcata agli inizi del Quattrocento166. Già a partire dall’ultimo trentennio del XIV secolo, Piscopìo non compare più come casale, bensì come feudo disabitato167. L’abbandono dei casali Piscopìo e Petrore tra XIV e XV secolo fu probabilmente dovuto a molteplici fattori che si combinarono tra Tre e Quattrocento168.

Piscopìo ormai feudo disabitato nel XV secolo fu pos-seduto dalla famiglia De’ Monti, feudataria di Corigliano d’Otranto169, e nella prima metà del XVII secolo fu ven-duto alla famiglia Trane che a sua volta lo vendette, nel 1650, ad Antonio Del Duce, signore di Cutro�ano170.

In età moderna Piscopìo entrò a far parte dei pos-sedimenti della famiglia Filomarini e il suo territorio sottoposto ad un intensivo sfruttamento agricolo con l’impianto di “oliveti, boschetto, arbusti, case, masserie, trappeto e palombaro”; inoltre nell’area esistevano due chiese rurali una dedicata a San Nicolò, non più esistente, e l’altra a San Giovanni che ancora oggi è visitata dagli abitanti della vicina Cutro�ano171.

S.M., M.T.

6.2 La ceramica medievale e post-medievale

Dell’esistenza di un casale o abitato rurale nell’area intorno la cappella dedicata a San Giovanni abbiamo ad oggi poche ma essenziali testimonianze che ci permetto-no, per grandi linee, di ricostruire le vicende insediative del sito172.

Il materiale ceramico medievale e rinascimentale rin-venuto in super�cie, appare inquadrabile entro un arco cronologico abbastanza circoscritto, che va dalla metà del XIII al XVI secolo, infatti la cronologia dei materiali lascia ipotizzare che lo sviluppo dell’area intorno la cappella di San Giovanni sia avvenuto non prima della tarda età angioina, mentre mancano del tutto elementi che spostino la datazione del sito ai secoli precedenti.

Successivamente, durante la visita del 1607-1608 effettuata da Lucio Morra, arcivescovo di Otranto, si fa riferimento all’esistenza di una chiesa diruta extra moenia detta di San Giovanni dello Scafurdo nei pressi di un antro sotterraneo all’interno del quale c’era una colonna di pietra: «Ecclesia Sancti Iohannis dello Scafurdo (o scafurti): Eccle-sia ipsa est solo adequata et sunt in ea multae lapides et ba-ses columnarum lapidearum. Ex austro antea adest antrum subtus terram fundatum, super una columna lapidea. Habet obbligationem celebrandi semel in hebdomada» 159.

Dalla lettura delle visite pastorali e dei sinodi del XVII secolo, si intuisce, dunque, che la chiesa di San Giovanni è da identi�carsi con quella del casale di Piscopìo che a quella data risultava disabitato, insieme ai vicini casali di Petrore e Francavilla160. È possibile che i tre casali abbiano subito la stessa sorte di abbandono e trasfor-mazione in feudo, con successive vendite e passaggi di proprietà, come ad esempio il feudo disabitato di Petrore che Giovanni Antonio del Balzo vendette all’Ospedale di Galatina assieme al casale di Bagnolo (LE)161.

Secondo le testimonianze documentarie, un casale in località Piscopìo è attestato già nel XIII secolo; infatti la prima menzione risale al 1276 secondo quanto riportato nella cedola per l’imposta ordinata da Carlo I d’Angiò, per la circolazione di una nuova moneta coniata a Brin-disi: tra i luoghi citati viene chiaramente menzionato Casale Episcopii, tassato per tarì 2 e grane 13162.

Ugo di Brienne, nel 1291, provvide a stilare un elenco dei casali e dei possedimenti che formavano la contea. In seguito ad una lunga controversia, che vide alcuni feudatari restii alla subordinazione al conte di Lecce, il casale Piscopìo viene indicato come «novo Casale Piscopij» infeudato da Ugo di Brienne a Guglielmo delle Bilance: «Dominus Gulielmus de Bilancij R. miles qui tenet et possidet de pheudo novo Casale Piscopij sub servicio seu adoha unciarum trium» 163.

Un’ulteriore menzione è quella del 1353, quando Piscopìo compare tra i casali sottoposti a Gualtieri VI di Brienne164, e di lì a poco, nel 1369, infeudato a Niccolò de Quintavalle165.

159 Benegiamo, Benegiamo 1993, p. 213. La storiogra�a locale ha associato la «Ecclesia Sancti Iohannis dello Scafurdo» all’attuale cappella di San Giovanni di Piscopìo sulla base dell’appellativo “Scafur-do”, termine dialettale derivato da cafurchiu, cafuerchiu, cafurchia che sta ad indicare una tana, un nascondiglio, o un bugigattolo (Rholfs 1976, I, p. 91; Colì 1985, p. 29).

160 Zacchino 1989, pp. 156-157.161 Perrone 1978, pp. 173-174; Raeli 1981, pp. 24-25.162 Barone 1926, p. 138.163 ASL, Libro Rosso di Lecce, pp. 49-78, 172; Massaro 1993,

pp. 349-353. In realtà si tratta di un Transunto rogato a Lecce il 20 settembre, indiz. XII, del 1493 o 1494 dell’elenco del 1291 contenente le concessioni ai domini da parte di Carlo II d’Angiò. I casali posseduti dal Brienne nel territorio tra Galatina e Cutro�ano erano Pisanello, Noha, Corigliano e Padulano.

164 I casali sono riportati in un quinterno, includente l’elenco dei feudi sottoposti a Gualtieri VI di Brienne (ASL, Libro Rosso di Lecce, pp. 69-78). L’elenco riporta i casali di Francavilla, Piscopìo e Soleto (Massaro 1993, pp. 349-353).

165 Foscarini 1927, pp. 54, 116, 129; Zacchino 1989, pp. 131-259; ASL, Libro Rosso di Lecce, dal censimento del 1354: «Dominus Gulielmus de Bilancij R. miles qui tenet et possidet de pheudo novo Casale piscopij», mentre dal censimento del 1354 risulta che Casale piscopij è tassato per 3 once.

166 Massaro 1993, p. 353; Raeli 1981, pp. 24-25.167 ASL, Libro Rosso di Lecce, pp. 199-210; Pastore 1979, pp.

75-76.168 ASL, Libro Rosso di Lecce, pp. 199-210; Pastore 1979, pp.

75-76; Costantini 1989, p. 65. In generale sul fenomeno dell’abban-dono dei casali nel Medioevo e sulle dinamiche insediative della Terra d’Otranto tra Medioevo ed Età Moderna cfr. Visceglia 1988, pp. 33-92; Arthur 2006a.

169 Foscarini 1927, pp. 123-124; Zacchino 1989.170 Foscarini 1927, p. 118; Zacchino 1989.171 Zacchino 1989, pp. 156-157. Verso la metà del ’700 i feudatari

di Cutro�ano bene�ciavano dell’af�tto di alcuni immobili presenti nel feudo di Piscopìo. Nel Catasto Onciario di Cutro�ano, purtroppo senza data ma presumibilmente redatto intorno agli anni 1750-52, si legge di un trappeto vicino la cappella di San Giovanni, e di due masserie, una denominata Taverna e l’altra denominata Palombaro. In particolare, il toponimo della prima masseria Taverna richiama l’importanza del posto come luogo di riposo per i viandanti che percorrevano la strada che portava al Capo di Leuca. Nel Catasto Onciario di Cutro�ano sono registrate 37 masserie e 3 trappeti (frantoi oleari) del feudatario di cui uno localizzato proprio a Piscopìo.

172 Un primo preliminare contributo sulle ceramiche del sito è in Bruno, Tinelli 2008, pp. 9-20.

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NOTIZIE SCAVI E LAVORI SUL CAMPO

Il piccolo gruppo di materiale ceramico rinvenuto consiste di ceramica d’uso comune sia acroma che con de-corazione dipinta, ma soprattutto di ceramica invetriata policroma del tipo RMR ed alcuni frammenti di ceramica ingobbiata ed invetriata di età post-medievale.

Il campione ceramico è relativamente piccolo ma rappresentativo delle classi ceramiche frequentemente rinvenute in contesti di scavo di abitati rurali o villaggi medievali nel Salento173.

L’analisi delle ceramiche recuperate rivela un bacino di provenienza locale, in particolare dalle botteghe della vicina Cutro�ano, località che le fonti cinquecentesche annoverano tra le maggiori produttrici di ceramica174. Dell’esistenza, infatti, di un artigianato �gulo, presente sia nel centro del paese che nelle località limitrofe, ad esempio Badìa, Petrore e Castelli, si è ormai certi dal rinvenimento di scarti provenienti da fornaci attive dal basso medioevo �no ai nostri giorni.

Le ceramiche ad impasto �ne sono riconducibili a pochi frammenti pertinenti manufatti utilizzati in cucina per la preparazione a crudo degli alimenti, o per la loro conservazione, come alcuni frammenti di parete relativi a contenitori chiusi destinati alla conservazione di sostanze liquide e forme aperte quali bacini e ciotole di piccole dimensioni (�g. 24, n. 1)175.

Ciotole e bacini decorati internamente non sono rari nel Salento, infatti, questi sono attestati in numerosi siti localizzati soprattutto a sud di Lecce: Galatone (Masse-ria Doganieri), Tricase (Palazzo Gallone), Muro Leccese (Palazzo del Principe e Borgo Terra), Quattro Macine (Giuggianello), Otranto (Cantiere 1), oltre a Lecce, tra i materiali del Castello Carlo V176.

Generalmente però si tratta di contenitori più grandi con orli a tesa breve e diritta, pareti troncoconiche e fondi piatti dallo spessore omogeneo. A volte tali contenitori sono pluriansati come nel caso dei manufatti rinvenuti a Galatone, presso Masseria Doganieri, o tra i reperti del castello di Lecce, tra i quali spicca un catino dipinto in nero, di ragguardevoli dimensioni con sei anse decorate ad occhielli177. Forme piccole come quelle rinvenute pres-so la cappella di San Giovanni risultano, al momento, caratteristiche di una produzione limitata al territorio

�g. 23 – Tazza invetriata policroma da Cutro�ano.

173 Di recente Arthur 2006a; Arthur 2006b. 174 Pansini, Rossi 1988, pp. 337-341; Vacca 1954, pp. 87-94.

Ancora oggi Cutro�ano è un piccolo centro in cui l’industria della ceramica è �orente, e soprattutto è uno dei pochi centri in cui tale attività si svolge ancora come nel passato. Nel centro del paese, infatti, esiste ancora la bottega della famiglia Colì, in cui i tipici prodotti locali vengono realizzati al tornio e dipinti a mano.

175 Patitucci Uggeri 1977, pp. 52-95, 122-123, 138-140, 161-162; Patterson, Whitehouse 1992, pp. 104-124; Tinelli 2006; Tinelli 2008, pp. 86-89.

176 I materiali di Galatone, Tricase, Quattro Macine e del Palazzo del Principe di Muro Leccese, sono al momento inediti e conservati presso il Laboratorio di Archeologia Medievale, Dipartimento di Beni Culturali (Università del Salento), mentre le ceramiche di Borgo Terra (Muro Leccese), sono conservate presso i depositi del Museo di Borgo Terra. Per la visione di questi ultimi ringrazio la dott.ssa Bru-nella Bruno. Patterson, Whitehouse 1992, pp. 110-114, �g. 6:13, nn. 535-539. Al di fuori dell’estrema penisola salentina si ricordano i materiali di Mesagne, Brindisi e Latiano, Patitucci Uggeri 1977, pp. 52-96, 185-219.

177 Per le ceramiche dipinte dal castello di Lecce cfr. Arthur et al. 2003, pp. 39-40, da ultimo Tinelli 2008, pp. 86-89, �g. 4, n. 7.

di Cutro�ano e, molto probabilmente, destinate ad un consumo locale178.

Appare signi�cativo un piccolo gruppo di frammenti di ceramica invetriata policroma, costituito da cinque fondi di ciotole caratterizzati da decoro in bruno, verde e rosso su sottile ingobbio biancastro, e rivestimento vetroso, ed un piccolo frammento probabilmente relativo ad una tazza o genericamente ad una forma chiusa (�g. 24, nn. 2-7). Sebbene il campione sia esiguo, offre una chiara testimo-nianza dell’ambito cronologico in cui si sviluppò il casale medievale di Piscopìo-San Giovanni, in pieno accordo con le fonti documentarie che lo indicano già esistente nella seconda metà del XIII secolo (cfr. supra).

I frammenti recuperati sono prevalentemente perti-nenti a fondi di ciotole con piede ad anello riconducibile a due diverse tipologie, probabilmente da mettere in relazione con un distinto sviluppo della vasca e dell’orlo. Il primo tipo è caratterizzato da piede sottile e svilup-pato, con pareti spesse e svasate (�g. 24, nn. 2, 3, 6), mentre il secondo presenta piede leggermente ispessito ma ridotto in altezza, cavetto ribassato e poco spesso (�g. 24, n. 7).

Dato il confronto con i reperti di contrada Badìa e gli altri scarti di lavorazione provenienti dal centro di Cutro�ano, nonché la somiglianza macroscopica delle argille, è ammissibile ipotizzare una produzione locale per tali manufatti, anche se rimane tuttora incerta l’at-tribuzione ad una speci�ca bottega179.

178 Dal centro di Cutro�ano e da località Badìa provengono altri due esemplari di piccoli contenitori dipinti nel cavetto e attualmente conservati presso il Museo della Ceramica. In seguito al rinvenimento di alcuni scarti di ceramica in località Badìa, nell’immediata periferia di Cutro�ano, è stato effettuato negli anni Novanta un progetto di indagine di super�cie che ha permesso il recupero di ingente materiale ceramico databile dall’età romana alla �ne del medioevo (direzione scienti�ca del prof. Paul Arthur, Insegnamento di Topogra�a Me-dievale). Un primo studio dei materiali di età medievale, ha rivelato l’esistenza di una o più botteghe ceramiche attive tra il XII e il XIV secolo dedite alla realizzazione di vasellame comune e invetriato. Per i contesti pre-medievali cfr. Melissano 1990; per un’analisi dei materiali di età tardo antica cfr. Greco, Lapadula 2004; per la ceramica di età medievale cfr. Blattmann D’Amelj 1996.

179 Lo studio relativo alle produzioni di Cutro�ano (Badìa, Petrore e Castelli), è condotto da parte della scrivente nell’ambito di un più ampio progetto di studio e analisi dei diversi centri produttori di ce-ramica attivi nel basso medioevo in Terra d’Otranto.

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NOTIZIE PRELIMINARI DALL’ITALIA

�g. 24 – Ceramica medievale e post-medievale dall’area del casale.

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NOTIZIE SCAVI E LAVORI SUL CAMPO

Il repertorio decorativo appare diversi�cato per tutti e cinque i frammenti, ma l’attribuzione alla produzione Badìa è immediata e priva di dubbi, in particolare per la decorazione di tipo geometrico (�g. 24, n. 2), che sembra essere caratteristica dei manufatti di questo centro produttivo. Sebbene lo stato di conservazione del reperto risulti precario si distingue nettamente lo schema compositivo tracciato attraverso una serie di linee di colore bruno che intersecandosi danno origine a campi quadrangolari entro cui trovano spazio le campiture a griglia di colore verde e rosso; nella parte centrale del cavetto una griglia quadrangolare campita in bruno scuro costituisce il punto centrale della decorazione (�g. 24, n. 2)180.

Ancora attribuibile alla produzione Badìa, è il piccolo frammento di piede ad anello pertinente una ciotola dal corpo emisferico con la decorazione posta al centro della vasca che riproduce due foglie unite nel cavetto, di cui sono visibili solo i due estremi delineati in bruno e campiti in verde (�g. 24, n. 3).

Entrambi i tipi decorativi (�g. 24, nn. 2, 3) si diffondo-no nel Salento tra XIII e XIV secolo, in particolare nella parte meridionale della penisola secondo una direttrice preferenziale di distribuzione che va da nord-ovest verso sud-est passando per Martano, Galatina e Galatone, e verso sud �no a Supersano, Matino, Parabita e Casarano, mentre nell’estrema punta della penisola sembrano essere maggiormente attestati i manufatti prodotti ad Ugento e quelli prodotti in un’area da localizzarsi tra Tricase e Lucugnano181.

Il frammento di fondo n. 6 è pertinente una ciotola con accenno delle pareti svasate e decorazione nel tondello che riproduce un motivo decorativo noto e diffuso nel Salento a partire dalla �ne del XIV secolo e soprattutto durante il secolo successivo. La decorazione, sebbene conservata solo parzialmente, è un chiaro riferimento al motivo a foglia centrale prodotta dai vasai leccesi nel XV secolo, e diffusa oltre che nel Salento ed in Sicilia, anche lungo la opposta sponda dell’Adriatico, in Grecia ed Albania182.

Oltre al frammento da Piscopìo-San Giovanni, esem-plari simili al decoro “tipo Lecce”, provengono sia dal centro di Cutro�ano (via Capo), sia da contrada Badìa;

sebbene il motivo appaia il medesimo, le argille suggeri-scono, invece, un diverso bacino di approvvigionamento, più vicino agli impasti ed agli scarti di Cutro�ano che a quelli del capoluogo salentino. Sebbene, sia ancora pre-coce poter parlare di una produzione anche a Cutro�ano, o in un’area limitrofa, di ciotole con motivo a foglia centrale simile alla produzione leccese, sorprende che i reperti rinvenuti in contrada Badìa e nella stessa Cutro-�ano, siano tutti privi di vetrina, assimilabili a scarti di prima cottura e con i dettagli morfologici del piede che li accomunano ai prodotti di Cutro�ano183.

Di più certa attribuzione alla produzione di Badìa è il piccolo frammento di fondo (�g. 24, n. 7), in cui la decorazione è costituita da una sottile linea di colore bruno convergente verso il centro del cavetto, intervallata da una serie di trattini trasversali e af�ancata da una traccia di colore rosso. La decorazione rimanda al tipo decorativo riconosciuto in uno scarto di seconda cottura rinvenuto in contrada Badia nella variante decorativa semplicemente in bruno184.

Il gruppo delle ceramiche invetriate policrome si chiude con il piccolo frammento di orlo relativo ad una tazza dipinta in rosso e bruno (�g. 24, n. 4); anche per questo frammento il rimando alla produzione locale è stringente185. Molto probabilmente si tratta di una tazza dalla tipica forma biconica e biansata (�g. 23) conosciuta in esemplari quasi del tutto integri da Cutro�ano (Badìa), Lecce (Castello Carlo V), Otranto (Cantiere 1), Apigliano (Martano, LE), e Porto Cesareo (LE), prodotta a partire dal XIV secolo e, attraverso alcune varianti, �no alla �ne del Medioevo, quando la decorazione sul corpo è totalmente assente186.

La ceramica invetriata policroma recuperata presso il sito di Piscopìo-San Giovanni appare dunque inquadra-bile cronologicamente tra la metà del XIII e il XIV secolo, mentre solo un piccolo frammento di invetriata double dipped ware, spinge la datazione del sito �no alla �ne del XV secolo (�g. 24, n. 5)187. Per questo tipo di ceramica ne-gli ultimi anni è stata accertata l’esistenza di una pluralità di centri produttori dislocati tra Puglia e Basilicata, ed in particolare per il Salento è stata individuata una bottega a Lecce attiva alla �ne del Quattrocento188. Il frammen-to di bacino double dipped ware recuperato in località San Giovanni non permette una valutazione tipologica mancandone gli elementi essenziali, ma l’esame macro-scopico delle argille permette, con buona probabilità, di escluderne la provenienza dal capoluogo salentino.

L’abbandono del casale non comportò un allontana-mento improvviso della popolazione, ma una diversa

180 Blattmann D’Amelj 1996, tav. 13; un esemplare proviene da Sogliano Cavour, piccolo centro a pochi chilometri da Cutro�ano, e un altro è stato rinvenuto all’interno del vano “Ipogeo” del castello di Lecce.

181 Per una prima analisi della distribuzione della ceramica invetriata policroma nel Salento si veda Tagliente 2000. Ad oggi lo studio dei centri produttori di ceramica invetriata basso medievale nella Puglia meridionale si avvale di numerosi dati che emergono soprattutto da scavi sistematici e indagini di super�cie condotte sotto la direzione scienti�ca del Prof. Paul Arthur (Insegnamento di Archeologia Me-dievale, Dipartimento di Beni Culturali, Università del Salento). Lo studio delle varie produzioni individuate oltre ad analizzare i caratteri speci�ci di ogni centro, mira alla esatta identi�cazione del loro bacino di distribuzione. Lo studio si avvale di dati provenienti dalle moderne province di Lecce, Brindisi e Taranto. Grazie alla possibilità di avvalersi di una tale mole di dati si è oggi in grado di affermare l’esistenza di almeno altri tre centri produttori attivi nel basso Salento tra XIII e XV secolo, che si vanno ad aggiungere alle ormai note produzioni di Cutro�ano, Ugento e Lecce.

182 Tagliente 2002; per i rinvenimenti in Albania si veda Buerger 1974; Buerger 1978; per la Grecia, Gregory 1993.

183 I reperti cui si fa menzione sono inediti e conservati presso il Museo della Ceramica di Cutro�ano. Ringrazio Salvatore Matteo per avermeli fatti visionare.

184 Blattmann D’Amelj 1996, �g. 11, a.185 Blattmann D’Amelj 1996, tav. 15 b, c.186 Per Badìa, Blattmann D’Amelj 1996, pp. 20-21, �g. 13, a-c,

tav. 15a-c; per l’esemplare leccese si veda Tinelli 2008, p. 92, �g. 7, n. 3; per Otranto Patterson, Whitehouse 1992, p. 151, n. 650; i reperti di Apigliano e Porto Cesareo sono al momento inediti.

187 In generale sulla ceramica double dipped ware si vedano i contributi di Gelichi 1992; Buerger 1974; Castronovi, Tagliente 1998; Tagliente 2001.

188 Tagliente 2001; Tagliente 2002.

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NOTIZIE PRELIMINARI DALL’ITALIA

frequentazione dell’area testimoniata da alcuni fram-menti di ceramica databili alla metà/�ne del XVI secolo (cfr. supra).

Quali�cante del rapporto che gli abitanti ebbero sempre con il loro territorio fu la costruzione delle due masserie, Masseria Piscopìo Grande e Masseria Piscopìo Piccola, dotate di frantoi oleari, aie ed altri impianti produttivi, a breve distanza dal casale di Piscopìo-San Giovanni e la costruzione (o ricostruzione) sul crocevia, della cappella intitolata al santo (cfr. supra)189.

Anche in questo caso il rinvenimento è sporadico ed il piccolo nucleo è composto prevalentemente da manufatti ingobbiati e invetriati arricchiti da decorazione sempli-cemente verde o policroma (in genere rosso-arancio e verde) che trova stringenti paralleli sia con rinvenimenti nella stessa Cutro�ano, sia con i contesti ben strati�cati di Muro Leccese (Casa Fiorentino, Palazzo del Principe e Borgo Terra), Lecce (Castello Carlo V) e Tricase (Palazzo Gallone)190.

Solo un piccolo frammento di parete pertinente una brocca o un’anforetta con decorazione rossa e priva di invetriatura rimanda ai manufatti destinati alla dispensa per la conservazione delle derrate (�g. 24, n. 8). Il fram-mento ricorda i manufatti con decorazione dipinta ben conosciuti nel Salento e diffusi dalla Puglia alla Basilicata e Calabria191.

Le ceramiche da mensa con rivestimento vetroso su base di ingobbio sono presenti nel sito di Piscopìo-San Giovanni attraverso tre esemplari di ciotole o bacini. Tali manufatti, destinati probabilmente al consumo a tavola delle pietanze, hanno impasto abbastanza depurato e duro povero di inclusi. Le forme aperte presentano piede a disco basso e a sezione triangolare, ben tornito e con buone ri�niture, cavetto ampio e pareti perfettamente emisferiche con vasca capiente (�g. 24, n. 10); l’orlo è del tipo semplice superiormente arrotondato e rigon�o, con carena accentuata a spigolo (�g. 24, n. 9).

Il rivestimento è costituito da ingobbio bianco, spes-so, simile allo smalto, e per questo molto spesso tali contenitori vengono scambiati per prodotti smaltati. Il rivestimento vetroso leggermente giallognolo, uniforme e brillante, ricopre solo l’interno della vasca e parzial-mente sotto l’orlo �no alla carena oltre la quale si notano sgocciolature. Sotto vetrina si distingue la decorazione di colore verde evanescente costituita da una linea a tremolo posta sotto l’orlo, o serie di tratti trasversali disposti a raggiera nel cavetto. Alla stessa tipologia ma con decoro policromo rimanda un frammento di fondo con evanescenti tracce di colore verde e rosso-marrone (�g. 24, n. 11).

Per questo tipo di manufatti, per i quali si può par-lare con certezza di una produzione locale, i paralleli stringenti sono con i materiali di Muro Leccese, Lecce (Castello Carlo V), Tricase, e Otranto192.

Catalogon. 1 (�g. 24, n. 1)Ciotola dipintaØ orlo 14 cm; Ø fondo 9 cmCiotola ricomposta da 9 frammenti con orlo del tipo a tesa rialzata ed estro�essa, pareti leggermente rigon�e e fondo piatto. La lavorazione del manufatto appare sommaria, infatti, il bordo della tesa non appare del tutto regolare, come anche il fondo su cui si notano le tracce di lavorazione e sbavature di argilla cruda.Decorazione dipinta in rosso con motivo centrale nel cavetto a stella o asterisco avvolto in una banda; sulla tesa decorazione accessoria a tratti trasversali desinenti verso il fondo.Impasto chiaro (Munsell 10YR 7/4 very pale brown), duro, con inclusi calcarei di piccole dimensioni, vacuoli piccoli e arrotondati, mica brillante in super�cie. Datazione: comunemente la decorazione sulle tese dei bacini e delle ciotole con sovradipintura inizia già nel XIII secolo come confermano i rinvenimenti dai casali di Quattro Macine ed Apigliano, e la stessa Otranto. Nel caso speci�co però la dimensione ridotta del manufatto non trova paralleli in siti strati�cati lasciandone quindi incerta la datazione. Si tratta probabilmente di un manufatto di produzione locale.n. 2 (�g. 24, n. 2) Fondo di ciotola o bacinoØ 8 cm Fondo di ciotola con piede ad anello, cavetto sottile, pareti emisferiche. Internamente è visibile un sottile strato di ingob-bio di colore chiaro, mentre esternamente le pareti risultano prive di rivestimento. Il frammento è completamente deve-tri�cato.Decorazione di tipo geometrico caratterizzata da campi qua-drangolari delineati in bruno e decorati alternativamente in rosso e verde attraverso un motivo a griglia; nel cavetto, piccolo quadrato dipinto con motivo a griglia in bruno.Impasto di colore arancio chiaro (Munsell 5YR 6/6 reddish yellow), duro, a frattura frastagliata con vacui arrotondati, rarissimi inclusi calcarei mal assortiti, poco frequenti inclusi minuti di colore rosso. Datazione: XIII-XIV secc.n. 3 (�g. 24, n. 3) Fondo di ciotola Ø 7 cmFondo di ciotola con piede ad anello sottile, cavetto all’esterno leggermente convesso, pareti svasate ed emisferiche. Impasto arancio (Munsell 7.5 YR 6/6 reddish yellow), duro,

189 Per i materiali provenienti dal frantoio oleario di Piscopìo si veda Matteo 1998.

190 Gli scavi condotti nel Palazzo del Principe e Casa Fiorentini di Muro Leccese (LE), hanno restituito ingente materiale ceramico di età tardo medievale e post-medievale costituendo un buon campione di riferimento per identi�care la fase di transizione dal tardo medioevo all’età rinascimentale, Arthur, Bruno 2007. Nuovi dati stanno emer-gendo anche dal Borgo di Muro Leccese grazie al progetto “Archeologia Urbana a Borgo Terra”, dell’Università del Salento, sotto la direzione scienti�ca del Prof. Paul Arthur e il coordinamento delle attività da parte della dott.ssa Brunella Bruno (cfr. Bruno 2007). Al castello Carlo V di Lecce, interessato �n dal 1999 da restauri strutturali, vari interventi di scavo hanno portato alla luce numerose testimonianze relative la fase angioina del castello e i suoi successivi sviluppi �no al XVI secolo quando il castello venne ingrandito per volere di Carlo V (Arthur et al. 2003). I materiali ceramici rinvenuti sono oggetto di studio da parte della scrivente e rappresentano un’importante acquisizione di nuovi dati sia per le fasi medievali del castello che per quelle rinascimentali. Per una breve rassegna dei materiali si veda da ultimo Tinelli 2008.

191 Gli studi sulla ceramica dipinta post-medievale sono ancora oggi legati alla classi�cazione fatta negli anni ’70 da Stella Patitucci Uggeri che de�nì tale classe “dipinta a uccelli” sulla base dei rinvenimenti fatti in provincia di Brindisi dove ipotizzava un luogo di produzione per questo tipo di manufatti. L’accresciuto numero di rinvenimenti e la variegata gamma decorativa spinge verso una ride�nizione formale della classe che tenga conto delle speci�cità delle singole produzioni. In generale, sulla classe si veda Patitucci Uggeri 1977, pp. 122-124, 138-141, 161-162, 186-219; Patterson, Whitehouse 1992, pp. 110-114; Ciminale 2000; Tinelli 2006; Tinelli 2008, pp. 99-100. 192 Ciminale 2000, pp. 96-97.

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a frattura netta con inclusi calcarei di piccole dimensioni e rarissimi inclusi rossi. Presenta schiarimento della super�cie esterna.Il frammento risulta completamente devetri�cato, ma ben con-servato l’ingobbio di colore bianco latte, sottile ma coprente. Decorazione in bruno e rosso poco visibile per cui non chiara-mente identi�cabile il tipo decorativo di appartenenza.Datazione: XIII-XIV secc.n. 4 (�g. 24, n. 4) Orlo di tazzaØ non ricostruibileOrlo di tazza o salsiera con labbro del tipo semplice ed appun-tito, parete estro�essa verso il corpo probabilmente del tipo biconico. Impasto semi-duro di colore molto chiaro (Munsell 10YR 7/4 very pale brown), con piccoli vacui, depurato. De-corazione in bruno e rosso, con fascia rossa sul labbro e deco-razione con linee ondulate e diritte di colore bruno. Ingobbio chiaro presente solo all’esterno, mentre l’invetriatura riveste anche l’interno. Essa risulta sottile e brillante.Datazione: XIV sec.n. 5 (�g. 24, n. 5)Parete di ciotoladouble dipped ware Frammento di parete di ciotola con ingobbio e rivestimento vetroso ottenuto attraverso due diversi tipi di vetrina pigmen-tata, una di colore verde chiaro l’altra di colore giallo-miele chiaro.Impasto chiaro (Munsell 2.5 YR 7/2 light gray), duro a frattura netta, depurato rari vacuoli.Datazione: tardo XV sec.n. 6 (�g. 24, n. 6) Fondo di ciotola Ø 7,15 cmFondo di ciotola con piede ad anello, leggermente sviluppato e con bottone centrale esterno in corrispondenza del punto me-diano del cavetto. Evidenti i segni di lavorazione al tornio.Decorazione poco leggibile solo in verde e bruno. Fascia di colore verde e linee di colore bruno. Probabilmente la decora-zione è del tipo a foglie contrapposte.Ingobbio chiaro �nissimo, vetrina del tutto assente; impasto semi-duro di colore molto chiaro (Munsell 10YR 7/4 very pale brown), con piccoli vacui, a frattura irregolare con rari, ma grossi inclusi bianchi, probabilmente calcarei.Datazione. XIII-XIV secc.n. 7 (�g. 24, n. 7) Fondo di ciotolaØ 5 cmPiccolo fondo di ciotola o più probabilmente salsiera, con piede ad anello non molto sviluppato e cavetto con bottone centrale esterno. Lo spessore delle pareti e del cavetto risultano uniformi.Impasto di colore chiaro (Munsell 10YR 8/4 yellow), duro e polveroso al tatto, abbastanza depurato e privo di inclusi calcarei. Decorazione in bruno e rosso direttamente sul corpo ceramico privo di ingobbio. Il motivo decorativo non appare leggibile interamente; il rivestimento vetroso si è conservato su tutto il frammento ma risulta sottile ed opaco.Datazione: XIV sec.n. 8 (�g. 24, n. 8)Spalla di brocca/anforettaFrammento di spalla pertinente una brocca o anforetta di piccole dimensioni, con pareti dallo spessore omogeneo. Im-pasto duro a frattura netta e regolare di colore rosa-arancio (Munsell 7.5 YR 6/6 reddish yellow), con inclusi calcarei macroscopici.Decorazione dipinta in rosso riproducente un motivo a cate-

nella sottolineato da due pennellate larghe di colore rosso che, verso sinistra, si fondono �no a diventare un’unica fascia.Datazione: �ne XV-XVI secc.n. 9 (�g. 24, n. 9)Orlo di ciotola/bacinoØ 22 cmOrlo di ciotola o bacino, del tipo semplice con labbro superior-mente arrotondato ed esternamente liscio, un leggero rigon�a-mento anticipa la presenza della carena che risulta accentuata e spigolosa; l’andamento della parete sotto la carena porta ad ipotizzare la presenza di una vasca troncoconica.Il rivestimento si presenta all’interno costituito da ingobbio bianco spesso, vetrina leggermente giallognola, spessa, lucen-te e brillante con evidenti cavillature; all’esterno la vetrina e l’ingobbio si arrestano poco sotto la carena.La decorazione si limita ad una linea a tremolo di colore verde disposta sotto l’orlo.Impasto chiaro (Munsell 7.5 YR 6/4 light brown), duro, abba-stanza depurato con rarissimi inclusi calcarei e rari vacui.Datazione: seconda metà XVI secolo.n. 10 (�g. 24, n. 10)Fondo di bacinoØ 9,88 cmFondo di bacino con basso piede a disco e pareti emisferiche di spessore omogeneo (0,64 cm).Il corpo all’esterno si presenta nudo, mentre all’interno è rivestito con un ingobbio spesso di colore bianco al di sotto della vetrina leggermente pigmentata di giallo chiaro, spessa e brillante stesa in modo omogeneo sulla super�cie. Al di sotto della vetrina, al centro del cavetto, si trova decorazione a tratti trasversali di colore verde chiaro diluito.Impasto di colore chiaro (Munsell 7.5YR 6/4 light brown), duro, a frattura frastagliata, con rari ma grossi inclusi calcarei visibili anche in super�cie.Datazione: XVI secolo.n. 11 (�g. 24, n. 11)Fondo di bacino Ø 9,21 cmFondo di bacino con piede a disco e pareti troncoconiche e spesse.Decorazione policroma in rosso-marrone e verde su ingobbio di colore bianco, spesso ed uniforme steso all’interno della vasca, al di sotto di vetrina leggermente pigmentata in giallo-verde, con numerose cavillature. Impasto di colore rosa intenso (Munsell 2.5YR 6/4 light reddish brown), duro, a frattura irregolare, con inclusi rossi, bianchi probabilmente calcarei, vacui di forma allungata. Gli inclusi calcarei sono visibili anche in super�cie. Datazione: XVI secolo

M.T.

6.3 L’intonaco dipinto

I frammenti di intonaco sono stati recuperati durante i lavori di pulizia della grotticella intitolata a San Giovanni cui si accede tramite una scalinata situata a pochi metri dalla cappella votiva, dalla stessa intitolazione193.

I frammenti, di varie dimensioni, ammontano a circa un centinaio di pezzi e presentano in gran la super�cie abrasa con evidenti cadute di colore. Qui di seguito si presentano i pezzi che conservano la decorazione ico-nogra�ca ancora in parte leggibile, e che al contempo possano fornire informazioni sul supporto murario.

193 La pulizia della grotta dall’accumulo di macerie e ri�uti è stata effettuata nel lontano 1988 dal gruppo Amici del Museo della Cera-mica di Cutro�ano.

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NOTIZIE PRELIMINARI DALL’ITALIA

fase sulla faccia liscia è stato inciso il gioco del tris, per essere nuovamente riutilizzato con la stesura dell’intonaco dipinto. La fattura del pezzo come anche il tipo di pietra è molto simile alla lastra, anch’essa frammentaria, rinvenuta nella stessa grot-ticella e riutilizzata come base di altare nella cappella votiva. Potrebbe trattarsi della stessa lastra tombale rotta in almeno tre pezzi riutilizzati in maniera differente.n. 2. Frammento di intonaco dipinto (19×9 cm; spessore mas-simo 0,3 cm). Super�cie corrosa. La decorazione iconogra�a è data da una fascia di colore rosso cupo spessa 0,50 cm cui segue un pannello di colore nero con evidenti cadute di colore. Più interessante appare la lettura della tecnica del supporto murario su cui era steso l’intonaco. Doveva trattarsi di una muratura molto eterogenea realizzata con frammenti di laterizi (curvi) anche di medie dimensioni come il pezzo qui descritto, mescolati a piccole pietre ed abbondante malta biancastra.n. 3. Frammento di intonaco dipinto (16×13 cm; spessore massimo 0,4 cm). Anche in questo frammento lo strato di intonaco dipinto è stato steso su un sottile strato di preparazione utilizzato per lisciare la muratura; questa, infatti, è realizzata con frammenti di late-rizi (curvi) mescolati a piccole pietre ed abbondante malta. La decorazione iconogra�ca è data un motivo a reticolo delimitato da fasce di colore nero e campito con colore rosso. n. 4 (�g. 26). Frammento di intonaco dipinto (11×9 cm; spes-sore 1,5 cm). Tessitura muraria analoga alla precedente. Motivo iconogra�co ben leggibile, si tratta di un viso umano di cui si legge la parte inferiore del naso e la bocca. Il naso è stato realizzato con una sottile linea di colore nero su un fondo giallo-rosato, per rendere l’idea dell’incarnato. Linee di colore nero de�niscono la bocca chiusa e quasi imbronciata, mentre al di sotto due linee di colore giallastro a semicerchio de�niscono il mento. In alcune zone la decorazione è ricoperta da una velatura bianca che non sembra essere un ‘deposito’ di origine naturale, ma una scialbatura. n. 5. Frammento di intonaco dipinto (10×8 cm; spessore mas-simo 0,5 cm). La decorazione iconogra�ca in parte abrasa, consiste in un occhio di una �gura umana de�nito da una linea di colore bianco sovradipinta dall’andamento curvo nella parte inferiore e da una linea di colore nero nella parte superiore. L’intonaco, il cui spessore è a differenza degli altri frammenti più regolare, conserva anche in questo esempio traccia della muratura su cui era steso. Si tratta di un supporto di consistenza dura composta da terra mescolata a grossolani inclusi di malta biancastra e piccole pietre. n. 6. Frammento di intonaco dipinto (11×8,5 cm). La decorazione è data da una fascia di colore giallo ocra seguita da una di colore scuro. Lo strato di preparazione è ridotto ad una lente e la pellicola pittorica sembra essere stata direttamen-te applicata sul supporto che in questo frammento è dato da uno spesso strato di malta biancastra molto compatta. n. 7. Frammento di intonaco dipinto (7×5 cm; spessore 0,5 cm). La decorazione è data da una fascia centrale di colore bianco e rosa tra due bande di colore rosso. Il supporto, come nel frammento precedente, è costituito da malta biancastra molto compatta.n. 8. Frammento di intonaco dipinto (8,5×6 cm). La super�cie pittorica è in gran parte compromessa sia per la caduta di colore, che per la presenza di uno strato biancastro che la ricopre. Di contro ben leggibile è il supporto; questo a forma di triangolo è dato da malta biancastra molto compatta. La forma indica chiaramente che fungeva da riempimento tra due elementi (pietre?).

�g. 25 – Lastra tombale con intonaco dipinto.

�g. 26 – Frammento di intonaco dipinto con �gura umana.

n. 1 (�g. 25). Frammento, in pietra calcarea, �nito lungo due lati (31×31 cm; spessore massimo 13 cm). Una super�cie conserva un acroterio angolare parzialmente rasato, mentre sull’altra è stato steso l’affresco. Al di sotto dello strato di affresco, si leggono delle incisioni regolari che de�niscono gli angoli di almeno due quadrati inseriti l’uno nell’altro (dimensioni massime 21×13 cm), peculiari del gioco del tris o �letto. L’intonaco dipinto (misura 24×21 cm ca., spes-sore massimo di 0,5 cm) conserva una decorazione non iden-ti�cabile. Due fasce di colore bianco racchiudono uno spesso pannello di colore nero. Piccole macchie di colore rosso ancora si conservano a ridosso di una delle fasce bianche. L’intonaco è stato realizzato con una tecnica molto semplice che consiste in un sottile strato di preparazione su cui è stato applicato di-rettamente il pigmento. Il frammento in pietra calcarea, parte di una lastra tombale con acroteri angolari, sembra essere stato oggetto di almeno due fasi di riutilizzo. Durante la prima

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NOTIZIE SCAVI E LAVORI SUL CAMPO

6.4 I frammenti architettonici

n. 9. Frammento. Dal terreno di super�cie. Pietra calcarea (15,5×6 cm; profondità 12 cm).Il frammento presenta tre listelli paralleli ed orizzontali su cui si impostano tre scanalature verticali. n. 10 (�g. 27). Base di colonna. Pietra calcarea (Ø 43 cm; h. 45 cm). La base consiste di un alto dado forse squadrato seguito da un toro circolare.n. 11. Frammento di base di colonna. Pietra calcarea (25×14 cm; h. 8 cm). Il frammento segue un andamento curvilineo con un toro circola-re. Il frammento, malgrado non sia possibile essere certi, sembra parte della stessa base di colonna descritta precedentemente. n. 12 (�g. 28). Blocco in pietra calcarea. Il blocco (misura lungh. 87×40 cm largh.; spessore circa 17 cm) è stato utilizzato per al-meno due decenni come base d’altare nella cappella votiva di S. Giovanni194. Di fattura rozza, conserva lungo una super�cie due acroteri angolari in gran parte abrasi ma ancora ben leggibili. Il blocco è verosimilmente da identi�care come la metà di una lastra di copertura tombale. Lo spessore (20 cm) della lastra lungo la sezione centrale sembra indicare che si tratti di parte di una copertura a doppio spiovente. Non sembra ipotizzabile che il blocco provenga da molto lontano dal momento che, nelle immediate vicinanze lo scavo ha messo in luce parte di una necropoli di età romana imperiale.

DiscussioneLo stato di frammentarietà dell’intonaco dipinto non

consente di de�nire lo schema decorativo. L’unico fram-mento (n. 4) che ancora conserva una decorazione ‘�nita’ rimanda ad una �gura umana. Probabilmente allo stesso soggetto, ma non alla stessa �gura, potrebbe rimandare il frammento seguente (n. 5), di cui, comunque, non si può essere certi anche in relazione allo stato di conservazione della pellicola pittorica, in gran parte corrosa. Per i restan-ti frammenti con una decorazione pittorica costituita da almeno due fasce di colori differenti, l’identi�cazione dello schema decorativo di appartenenza è alquanto generico. Potrebbe trattarsi di frammenti di vesti come anche parte dello sfondo su cui si stagliavano le �gure.

Se permangono dubbi sulla de�nizione del programma iconogra�co, maggiori informazioni si possono trarre dall’analisi dei supporti murari ancora conservati sul retro dei frammenti. Alcuni esemplari conservano tracce di muratura dalla composizione estremamente eterogenea (frammenti di laterizi, piccole pietre affogate in una malta molto compatta). In altri pezzi, di contro, si conserva trac-cia della roccia calcarea su cui è stato steso l’intonaco.

I frammenti, come detto, sono stati recuperati durante le fasi di pulizia della chiesa di San Giovanni. La grotticel-la è interamente scavata nel banco di roccia e vi si accede attraverso cinque gradini molto erosi ricavati nel banco di roccia che immettono in un piccolo ambiente a pianta circolare con un pilastro centrale di fattura molto rozza. Lungo le pareti corre un gradino-sedile, mentre ad est è ricavata una nicchia ad arcosolio (abside?)195. Malgrado

�g. 27 – Base di colonna.

�g. 28 – Frammento di lastra tombale con acroteri.

194 Per sottrarlo alla continua spoliazione cui è soggetto il sito, il blocco è stato recentemente recuperato ed è ora conservato nel Museo della Ceramica di Cutro�ano.

195 Ligori 1993, �gg. 16-18. Nel Catasto Onciario di Cutro�ano, redatto presumibilmente tra il 1750 ed il 1752, è menzionato, tra i beni feudali di Cutro�ano e Piscopio, «… un’altro trappeto sito in feudo di Piscopio vicino alla Cappella del Bene�cio di S. Giovanni» (ASL, Catasto

il completo abbandono in cui versa la grotticcella, pezzi di conci moderni sono stati infatti posti sulla sommità del pilastro per reggere la volta dell’ambiente, oltre ad ampi squarci che si aprono sempre nel sof�tto, si possono leggere ancora labili tracce di affresco conservate lungo le pareti ed alla base del pilastro196. Alcuni dei pezzi recuperati durante le fasi di pulizia degli anni Ottanta sembrano essere chiaramente relativi ai crolli delle pareti di roccia che hanno interessato la chiesa nel corso del tempo, non ultimo il tentativo di distruzione effettuato in anni recenti. Anche i pezzi che conservano tracce di un supporto murario costruito, sono conseguenza di crolli ma in questo caso dei tompagni della roccia di base. La roccia calcarea in cui la grotticcella è stata realizzata è di consistenza molto friabile il che non esclude che durante le fasi di vita dell’edi�cio di culto, le lacune aperte nella roccia siano state tamponate con l’inserimento di mate-riale eterogeneo su cui stendere l’intonaco dipinto.

Riguardo alla datazione dell’intonaco dipinto, i pezzi conservati non forniscono dei chiari elementi datanti, come

Onciario di Cutro�ano, s.d., c. 522r). La notizia presumibilmente riferisce alla cappella ancora esistente, dal momento che nelle immediate vicinanze della cappella non vi sono trappeti. Probabilmente il redattore del Catasto si riferiva alla chiesa rupestre, ormai in un tale stato di abbandono da aver fatto supporre che potesse trattarsi di un frantoio ipogeo. Non sembra, infatti, che la chiesa sia stata mai utilizzata come frantoio, situazione forse non così inusuale come i dati attuali sembrano indicare. Accanto alla chiesa di Santa Maria dei Pannetti o Pannelli ad Acquatica del Capo, all’estrema punta del Salento, l’ambiente scavato nella roccia a pochi metri dalla chiesa in alzato, era una chiesa bizantina trasformata in un momento successivo in trappeto (Sigliuzzo 1957, p. 88).

196 La rottura del pilastro è probabilmente da imputare ad un tentativo di distruzione, fortunatamente andato a vuoto grazie all’in-teressamento degli Amici del Museo della Ceramica di Cutro�ano.

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povera di dati sulla cronologia è la chiesa stessa. Questa è menzionata nella visita pastorale che l’Arcivescovo di Otranto compie agli inizi del Seicento («antrum suptus terram fundatum super una columna lapidea»)197, mentre la chiesa costruita in alzato ed intitolata a San Giovanni detta dello Scafurdo e ricadente nello stesso feudo di Piscopio, agli inizi del Seicento, era già crollata («solo adaequata»)198. Il sito dove sorgeva la chiesa intitolata a S. Giovanni dello Scafurdo non è stato individuato, ma probabilmente dove-va essere non molto distante dalla chiesa rupestre. Il rinve-nimento nella grotta del frammento di coperchio tombale con acroteri e soprattutto il riuso del frammento di lastrone tombale con intonaco dipinto sopra (n. 1) sono elementi che sembrano rimandare ad un passaggio del ‘testimone’ liturgico tra la chiesa in alzato e la piccola chiesa scavata nel banco di roccia. Però si potrebbe anche ipotizzare che la chiesetta fosse già esistente e che con il crollo della chiesa detta dello Scafurdo, la grotticella sia diventata l’unico polo religioso dell’area e che sia stata soggetta ad una serie di interventi riutilizzando il materiale in parte raccolto nella zona ed in parte proveniente dall’edi�cio già crollato agli inizi del Seicento. Sul frammento di lastra tombale con acroteri l’intonaco dipinto, infatti, copre delle incisioni che chiaramente sono riconducibili al gioco del tris o �letto, che sembra abbia avuto una grande diffusione in Europa in età medievale199. In alcuni siti salentini, in particolare, il gioco è associato a strutture tombali. Nel villaggio me-dievale abbandonato di Apigliano (Martano, LE) ne sono stati rinvenuti molti esempi tracciati sulle lastre tombali sia dell’interno che all’esterno dell’edi�cio di culto200. Nella chiesa di San Giovanni Evangelista a San Cesario di Lecce un tris, è inciso al di sotto dell’orlo di uno dei due sarcofagi rinvenuti nell’edi�cio201. Nel sito di San Giovanni a Piscopìo, la presenza del gioco sul frammento di lastra tombale potrebbe, forse, essere indice di un suo riutilizzo come lastra di copertura di una sepoltura considerando,

inoltre, che l’acroterio sembra essere stato levigato per ridurre la sporgenza.

Dallo stesso edi�cio di culto sembrano provenire sia la base di colonna (n. 10) che il lastrone con acroteri (n. 12), anch’essi rinvenuti durante la pulizia della chiesa rupestre202. Un’ipotesi è che, al pari del frammento precedente (n. 1), anche questa lastra possa essere stata utilizzata in età medievale come lastra di copertura di una tomba. Anche in questo pezzo, infatti, gli acroteri sono stati smussati riducendo le sporgenze.

Il tipo di copertura tombale a doppio spiovente con acroteri angolari sembra essere diffuso nel bacino del Me-diterraneo. In Puglia gli esemplari noti non sono in gran numero e si collocano in un arco cronologico generico, tra III e V secolo203. Nel basso Salento il tipo è attestato con un numero cospicuo di esemplari nella necropoli di Vaste (Poggiardo, LE). Qui sono stati rinvenuti ben 17 esemplari all’interno del vasto cimitero che si articola intorno alla chiesa di prima fase, costruita alla �ne del IV-inizi V secolo, ed identi�cata come martyrium. Si tratta di sepolture che, alla luce dei corredi deposti con gli inumati, contenevano personaggi di un rango sociale elevato204.

Lastre tombali con acroteri angolari sono state rin-venute durante lo scavo della necropoli individuata a Torre Chianca (Porto Cesareo, LE) nella metà degli anni Ottanta205. In località Li Castelli, pochi chilometri a SE dello stesso centro di Cutro�ano, pochi anni fa è stato rinvenuto un frammento di lastra tombale con acroteri riutilizzato nel muro a secco che delimita l’area206. Non lontano dal luogo dove era posto il frammento di coper-chio, si conserva un sarcofago monolitico con un cuscino ricavato sul fondo ed un rozzo foro centrale per il de�usso dei liquami prodotti dalla decomposizione dei corpi (�g. 29). Il sito di loc. Li Castelli era già stato oggetto, in anni passati, di un’indagine di ricognizione che aveva portato all’individuazione di una gran quantità di ceramica data-bile tra la seconda metà del II secolo e V secolo da mettere in relazione con la presenza di una villa rustica207. In anni recenti è stato ripreso il survey dell’area che ha portato all’individuazione di ceramica dipinta a bande tipo Calle prodotta tra la �ne del IV ed il V secolo208.

Sull’esistenza di almeno un edi�cio di culto in età me-dievale intitolato a San Giovanni dello Scafurdo nell’area, forse la chiesa di un villaggio medievale, non sembrano esserci dubbi. Agli inizi del Seicento, della chiesa, benché rasa al suolo, erano ancora visibili basi di colonne, una delle quali è quasi certamente da identi�care con quella rinvenuta nella chiesa rupestre (n. 10)209. Ma oltre a que-sto edi�cio nell’area dell’insediamento medievale poteva esserci un secondo edi�cio di culto da identi�care con la

�g. 29 – Località Li Castelli, Fondo Petrore. Sarcofago in pietra calcarea e lastra tombale con acroteri.

197 Nel verbale della visita, la grotticella non viene menzionata come chiesa ma con un generico antrum, il che potrebbe indicare che non si celebravano funzioni liturgiche.

198 Benegiamo, Benegiamo 1993, p. 213.199 Vroom 1999.200 Gravili 1999.201 Cassiano 1981, p. 56, p. 60 �g. 123.

202 La base di colonna è ora conservata nei locali dell’ex Museo Civico di Cutro�ano.

203 Per un quadro delle attestazioni nella Puglia centro-settentrionale si veda Campese Simone 2003.

204 D’Andria, Mastronuzzi, Melissano 2006, pp. 254-264, �g. 18.

205 Pasanisi 1997, p. 115.206 Il pezzo è stato recentemente trafugato. 207 Melissano 1990, pp. 275-279. 208 Greco, Lapadula 2004, p. 30.209 Nella visita pastorale del 1607 si legge, infatti, che benché la

chiesa sia ormai crollata restano sul posto «multae lapides et bases columnarum lapidearum» (Benegiamo, Benegiamo 1993, p. 213).

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NOTIZIE SCAVI E LAVORI SUL CAMPO

piccola chiesa rupestre ancora conservata. La presenza di due edi�ci di culto nello stesso villaggio è un dato comune a molti altri villaggi medievali e non solo salentini. Non solo le fonti documentarie ma soprattutto l’archeologia hanno evidenziato la presenza in uno stesso villaggio di almeno due edi�ci di culto. Nel villaggio medievale abbandonato di Quattro Macine (Giuggianello, LE) gli scavi hanno messo in luce due chiese; la prima a navata unica dalle pareti com-pletamente ricoperte da affreschi realizzata in età bizantina, cui si associa, dall’età normanna, un edi�cio di dimensioni maggiori a due navate terminante con due absidi210. Nel villaggio medievale di Apigliano (Martano, LE) le chiese menzionate agli inizi del Seicento erano ben quattro, di cui due, San Nicola e San Giorgio in uso durante la fase medievale. Di queste gli scavi, ancora in corso, ne hanno riportato alla luce solo una costruita alla �ne del XIII-inizi XIV secolo, con un alzato costruito con mattoni crudi su cui era stato steso l’affresco. A testimonianza dell’esistenza di una seconda chiesa restano, al momento, frammenti di iscrizioni in greco, un cippo funerario, forse una sepoltura posta dinanzi alla facciata, anteriori alla costruzione della chiesa con annesso cimitero nel XIII secolo211.

Un dato che sembra attraversare il sito di San Giovanni Piscopìo è la presenza di frammenti architettonici ricondu-cibili ad una fase anteriore a quella medievale212. La base di colonna (n. 10), ancora in gran parte integra, al pari del frammento seguente (n. 11), forse parte della stessa base, sono presumibilmente da mettere in relazione con la chiesa del villaggio medievale, ma anche questi come le lastre con acroteri potrebbero essere di riutilizzo. D’altra parte nelle immediate vicinanze vi erano, presumibilmente, edi�ci di età romana da utilizzare come cava per la realizzazione delle strutture del villaggio medievale. Inoltre, se la base di colonna per le dimensioni ben si coniuga con i resti rac-colti nelle vicinanze, si pensi ad esempio ad un coperchio tombale rinvenuto nel Fondo Petrore in Loc. Li Castelli213, mal si coniuga con un edi�cio che pur se polo religioso del villaggio medievale, non doveva avere una volumetria tanto imponente da necessitare della costruzione di una colonna di tali dimensioni. Il riutilizzo di parti di edi�ci anteriori non è assolutamente inusuale nelle chiese medievali. Per rimanere all’interno dei villaggi scavati sistematicamente negli ultimi anni, a Quattro Macine, nella chiesa costruita in età normanna, una delle colonne che dividono le due navate è certamente di spoglio, forse riutilizzata da un edi�cio di età romana presente nelle vicinanze.

A questo va aggiunto il frammento decorato da listelli e scanalature (n. 9), l’unico pezzo che è stato rinvenu-to, anche se in super�cie, nell’area di scavo. Di fattura regolare, il pezzo è stato rinvenuto nelle immediate vicinanze della tomba V. Il tipo di decorazione, molto semplice, sembra rimandare ad una costruzione di età romana, ma può essere parte di una struttura funeraria realizzata nell’area, ma è ugualmente possibile che sia stato importato da una località vicina.

B.B.

7. CONCLUSIONI

L’invito della Soprintendenza per i Beni Archeologici della Puglia ad esaminare lo sbancamento effettuato in loc. Piscopìo a Cutro�ano è stato quanto mai opportu-no nel quadro delle ricerche entro cui il Laboratorio di Archeologia Medievale dell’Università del Salento sta lavorando in questi anni. Il sito era già conosciuto a livello archeologico principalmente per il rinvenimento di alcune sepolture databili all’alto medioevo, e noto a li-vello storico-documentario per la presenza di un casale di età basso medievale. Nella nostra indagine sullo sviluppo del territorio salentino attraverso i secoli del medioevo, uno dei problemi irrisolti riguarda proprio la relazione tra sepolture ed insediamenti di età alto medievale214. Mentre, da molto tempo, sono conosciuti sepolture e cimiteri medievali databili prima dell’avvento dei Nor-manni nella seconda metà dell’XI secolo, solo negli ultimi anni è stata riconosciuta una serie di insediamenti rurali databili allo stesso periodo. Tre di questi ultimi sono stati oggetto di scavi sistematici: loc. Scorpo (Supersano), Apigliano (Martano) e Quattro Macine (Giuggianello)215. Nessuno dei tre ha restituito sepolture o cimiteri di età alto medievale, mentre gli ultimi due, che sono rimasti in vita sino al XV secolo, hanno, invece, restituito cimiteri databili almeno dal ’200 o ’300, �n quasi alla �ne del me-dioevo. Le evidenze a disposizione, perciò, dimostrano, almeno per il momento, una stretta relazione topogra�ca tra luogo di insediamento e luogo di sepoltura per l’età basso medievale. Infatti, sembra possibile affermare che i defunti fossero tumulati all’interno del villaggio. Per contra, l’evidenza disponibile per l’alto medioevo, non dimostra una simile interdipendenza topogra�ca. In nes-sun caso nel Salento è ancora documentato un rapporto stretto tra cimitero ed insediamento, tanto da far pensare che le due categorie furono tenute ben distinte. Le ra-gioni per questo fenomeno possono essere varie. Prima di tutto, la nostra conoscenza degli insediamenti di età alto medievale è ancora assai insuf�ciente, a causa di un limitato interesse dimostrato sinora dagli archeologi per questo periodo storico, nonché una certa invisibilità dei resti pertinenti a tali insediamenti, costruiti perlopiù in materiali deperibili. Ma è, inoltre, possibile, che furono motivi legati ai condizionamenti sociali e alle forme insediative ad aver condotto ad una netta distinzione topogra�ca tra cimitero ed insediamento. Prima di tut-to possiamo ricordare che in età classica l’usanza, più volte formalizzata, era quella di seppellire i defunti in luoghi speci�camente appartati al di fuori del pomerio insediativo, nelle necropoleis appunto. L’apparizione della chiesa, sia �sica, sia ideologica, ha lentamente portato a cambiamenti nell’atteggiamento verso il defunto. Nonostante ciò, la pratica della sepoltura è continuata per molto tempo ad essere appartata in aree distinte all’insediamento, intorno a chiese speci�camente funerarie. Nelle campagne salentine, la chiesa, apparen-temente martiriale, dei SS. Stefani a Vaste, è diventata un importante polo di attrazione per la sepoltura della 210 Per una lettura complessiva del villaggio di Quattro Macine si

veda Arthur et al. 1996. 211 Bruno 2005.212 Nel territorio di Cutro�ano sono stati individuati ben nove siti

riferibili, sulla base del materiale ceramico rinvenuto in super�cie, ad epoca romana (Melissano 1990, p. 260).

213 Il coperchio è ora conservato nel Museo della Ceramica.

214 Su questa problematica in ambito nord-europeo si veda Za-dora-Rio 2003.

215 Si veda da ultimo Arthur 2006a.

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NOTIZIE PRELIMINARI DALL’ITALIA

popolazione circostante216. Non sembra esistere un in-sediamento esteso di una certa rilevanza nei pressi della chiesa, il che lascia supporre che la congregazione fosse essenzialmente composta di una popolazione sparsa in varie fattorie o insediamenti minori, come lasciano in-tendere i risultati delle ricognizioni sistematiche condotte nel territorio circostante217. Possiamo ipotizzare che il cimitero indagato in località Piscopìo fosse anche, sin dal tardo impero, e per una parte dell’alto medioevo, il polo d’attrazione funerario per una popolazione sparsa che coltivava i terreni limitro�.

Dato il numero relativamente esiguo di sepolture esa-minate e datate, non possiamo dire esattamente quando fu abbandonato il cimitero in esame che, comunque, allo stato delle nostre conoscenze, non sembra superare l’an-no Mille, e non sembra avere avuto particolari rapporti con il piccolo casale di Piscopìo, attestato a pochi metri di distanza, dal 1276 in poi.

P.A.

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216 D’Andria, Mastronuzzi, Melissano 2006.217 Belotti 1997.

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