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L'Epinomide e la Stoa

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ELENCHOS

Collana di testi e studi sul pensiero antico

fondata da

GABRIELE GIANNANTONI

LX-1

ELENCHOS

Collana di testi e studi sul pensiero antico

Direttore:ENRICO BERTI

Comitato scientifico:FRANCESCA ALESSE, ENRICO BERTI, ALDO BRANCACCI,

GIUSEPPE CAMBIANO, ANNA MARIA IOPPOLO,CLAUDIO MORESCHINI, RICCARDO POZZO, MARIO VEGETTI

Cura redazionale:MARIA CRISTINA DALFINO

ISTITUTO PER IL LESSICO INTELLETTUALE EUROPEO E STORIA DELLE IDEE

EPINOMIDE

STUDI SULL’OPERA E LA SUA RICEZIONE

a cura diFRANCESCA ALESSE E FRANCO FERRARI

con la collaborazione di

MARIA CRISTINA DALFINO

BIBLIOPOLIS

ISBN 978-88-7088-619-1

Copyright © 2012 byC.N.R., Istituto per il Lessico Intellettuale Europeo e Storia delle Idee

Volume pubblicato con il contributo del Ministero dell’Università e della Ricerca Scientifica – Prin 2009

e dell’Istituto Italiano di Studi Filosofici

Il volume è stato sottopostoall’approvazione di

Giuseppe Cambiano e Jan Opsomer

Proprietà letteraria riservata

INDICE

Premessa p. 9

FRANCO FERRARI: L’Epinomide, il Timeo e la “sag-gezza del mondo”. Osservazioni introduttive » 19

LUC BRISSON: Le programme d’études des mem -bres du Collège de veille dans l’Épinomis » 35

FERRUCCIO FRANCO REPELLINI: La “vera” astro-nomia e la sapienza » 59

SILVIA M. CHIODI: L’Epinomide e l’Oriente » 93

ELISABETTA CATTANEI: Arithmos nell’Epinomide » 125

LUCA SIMEONI: L’Epinomide, vangelo della reli-gione astrale » 179

FRANCESCA ALESSE: L’Epinomide e la Stoa » 201

FRANCESCA CALABI: Filone di Alessandria e l’Epi-nomide » 235

ADRIANO GIOÈ: Richiami e citazioni dell’Epino-mide nella letteratura medioplatonica (e oltre) » 263

VINCENT HUNINK: The Epinomis and Apuleius ofMadauros » 283

FEDERICO M. PETRUCCI: La tradizione indirettadell’ultima pagina dell’Epinomide (991d5-992b1):Nicomaco, Teone, Giamblico, Elia, Davide,pseudo-Elia » 295

GIOVANNA R. GIARDINA: L’Epinomide negli scrit-ti matematici neopitagorici e neoplatonici p. 341

ALESSANDRO LINGUITI: L’Epinomide in autorineoplatonici » 379

CLAUDIA MAGGI: Il Demiurgo e l’Anima demiur-gica. Platone, gli Gnostici e Plotino » 395

ELENA GRITTI: La ricezione dell’Epinomide inProclo » 425

MICHAEL J.B. ALLEN, Ratio omnium divinissima:Plato’s Epinomis, Prophecy, and Marsilio Ficino » 469

INDICI

Indice dei passi dell’Epinomide » 493

Indice dei luoghi » 501

Indice dei nomi antichi e medievali » 525

Indice dei nomi moderni » 531

8 INDICE

FRANCESCA ALESSE

L’EPINOMIDE E LA STOA

Nella storia degli studi relativi alla fortuna del corpus plato-nico, è stata attribuita una enorme importanza all’impatto deidialoghi sulla filosofia ellenistica. Ciò vale prima di tutto per lastoria dell’Accademia la quale, dopo aver sviluppato una note-vole serie di teorie in ambito logico-categoriale, metafisico edetico proprio a partire dall’esegesi dei dialoghi di Platone, eser-citando una notevole influenza sulla riflessione posteriore1, co-nobbe una fase di adesione alla scepsi in reazione alla crescente

1 Tra gli studi recenti, sono fondamentali, H.-J. KRÄMER, Platonismusund hellenistische Philosophie, De Gruyter, Berlin-New York 1971; ID.,Die Ältere Akademie, in F. UEBERWEG-H. FLASHAR (Hrsgg.), Grundrissder Geschichte der Philosophie. Die Philosophie der Antike, Band 3: ÄltereAkademie. Aristoteles-Peripatos, Schwabe, Basel-Stuttgart 1983 (20042),partic. sull’Epinomide pp. 106-14; M. ISNARDI PARENTE, Note di aggior-namento a E. ZELLER-R. MONDOLFO, La filosofia dei greci nel suo svilup-po storico, La Nuova Italia, Firenze 1974, III, 1-2, partic. sull’Epinomide,pp. 1033-43; EAD., Studi sull’Accademia antica, Olschki, Firenze 1979;EAD., L’eredità di Platone nell’Accademia antica, Guerini, Milano 1989; L.TARÁN, Academica: Plato, Philip of Opus and the pseudo-Platonic Epino-mis, American Philosophical Society, Philadelphia 1975; E. BERTI, Aristo-tele: dalla dialettica alla filosofia prima, Cedam, Padova 1977, partic. pp.96-172, sull’ambiente accademico; M. BALTES, Die Weltentstehung desplatonischen Timaios nach dem antiken Interpreten, I, Brill, Leiden 1976;H. DÖRRIE-M. BALTES, Der Platonismus in der Antike. Grundlagen-Sys-tem-Entwicklung, Frommann-Holzboog, Stuttgart-Bad Cannstatt, I,1987, II, 1990; si veda anche F. LASSERRE (éd.), De Léodamas de Thasos àPhilippe d’Oponte. Témoignages et fragments. Edition, traduction et com-mentaires, Bibliopolis, Napoli 1987.

importanza della Stoa. Ma il corpus platonico è stato determi-nante per le due maggiori scuole nate in epoca ellenistica, l’epi-curea e la stoica2, nonostante queste abbiano manifestato un at-teggiamento polemico verso Platone e i capisaldi del suo pen-siero.

La Stoa costruisce alcune dottrine fondamentali proprio inriferimento ai contenuti del corpus dei dialoghi: malgrado le dif-ferenze radicali tra l’ontologia platonica e quella stoica3, mol ti

202 FRANCESCA ALESSE

2 Sull’epicureismo, cfr. H.-J. KRÄMER, Platonismus und hellenistischePhilosophie, cit., pp. 131-87, 218, 231-56; D. FURLEY, Cosmology, in K.ALGRA-J. BARNES-J. MANSFELD-M. SCHOFIELD (eds.), The CambridgeHistory of Hellenistic Philosophy, Cambridge University Press, Cam-bridge 1999, p. 430 sgg.; J. MANSFELD, Theology, ivi, p. 461 sgg., partic.p. 463 n. 58, in cui Mansfeld richiama la concezione introdotta da Filode-mo, del tutto innovativa nell’epicureismo, delle “stelle-dèi” o dèi astrali,in PHerc. 152/157, coll. 8-20 e sul quale si veda anche P.G. WOODWARD,Star Gods in Philodemus, «Cronache Ercolanesi», XIX (1989) pp. 29-47;cfr. inoltre M. ISNARDI PARENTE, L’atomismo di Epicuro tra Democrito eSenocrate, «Syculorum Gymnasium», XXXIII (1980) pp. 367-91; EAD.,Pre-ellenismo in Senocrate, «Elenchos», II (1981) pp. 5-44; per lo stoici-smo, ancora H.-J. KRÄMER, Platonismus und hellenistische Philosophie,cit., pp. 108-30, 220-30; e gli studi di M. ISNARDI PARENTE, Pre-ellenismo,cit.; Gli Stoici. Opere e testimonianze, Utet, Torino 1989, Rizzoli, Milano19942, p. 50 sgg.; Simplicio, gli Stoici e le categorie, «Rivista di Storia dellaFilosofia», XLI (1986) pp. 3-18; Zenone di Cizio e le idee come non-ente,«Annali della Facoltà di Lettere e Filosofia di Cagliari», IX (1988) pp. 53-61; F.H. SANDBACH, The Stoics, Chatto & Windus, London 1975, p. 74sgg. e soprattutto Aristotle and the Stoics, Cambridge Philological Society,Cambridge 1985, p. 31 sgg.; D. SEDLEY, Stoic Physics and Metaphysics, inThe Cambridge History of Hellenistic Philosophy, cit., p. 385 e The Ori-gins of Stoic God, in D. FREDE-A. LAKS (eds.), Traditions of Theology.Studies in Hellenistic Theology, its Background and Aftermath, Brill, Lei-den-Boston-Köln 2002, pp. 41-83. Di fondamentale importanza è anche,pur bilanciando l’effetto del platonismo con l’influenza esercitata dall’ari-stotelismo già a partire da Antioco d’Ascalona, P.-L. DONINI, Le scuole,l’anima, l’impero: la filosofia antica da Antioco a Plotino, Paravia, Torino1982, rist. 1993.

3 Gli Stoici antichi respingono la sostanzialità delle idee che reputa-no ejnnohvmata, SVF I 65 e 494 (in quest’ultimo testo, proveniente da Si-riano, si precisa che Crisippo e Archedemo considerarono gli ei[dh l’esitodella convenzione linguistica e non delle reali essenze, e Cleante definì le

aspetti della dottrina categoriale della Stoa sono riconducibili ariflessioni svoltesi in ambito accademico sulla dottrina delleidee4; elementi caratteristici dell’etica stoica, quali la definizionedella virtù come scienza e la teoria dell’unità della virtù, deriva-no dalla lettura di alcuni dialoghi platonici, in primis il Protago-ra, il Lachete, il Menone, l’Eutidemo, quantunque letti come te-stimonianze del magistero socratico; altrettanto si può dire perl’altra teoria centrale dell’etica stoica, quella della classificazio-ne delle realtà in beni, mali e indifferenti, le cui origini possonorisalire ad un’esegesi del Gorgia e della nozione in esso conte-nuta di metaxuv5. Infine, la cosmogonia e la teologia stoiche, aparte la teoria della ciclicità delle distruzioni e delle rinascitedel cosmo che trae ispirazione da teorie presocratiche ma forseanche dal mito di Crono del Politico, derivano dalla riflessionesul Timeo e si delineano come sviluppi dei motivi del demiurgoe dell’anima del mondo6.

L’EPINOMIDE E LA STOA 203

ijdevai come puri contenuti mentali); si vedano anche SVF II 360-365; essiinoltre non ammettono una realtà incorporea, pur accogliendo forme diessere incorporeo e consideravano corporei l’anima, l’intelligenza, la stes-sa divinità, cfr. SVF II 357-363.

4 Ciò è stato ben argomentato da H.-J. KRÄMER, Platonismus und hel-lenistische Philosophie, cit., pp. 80-107, e soprattutto da M. ISNARDI PA-RENTE, Pre-ellenismo, cit., pp. 11 e 17, Simplicio, cit., passim, e Gli Stoici,cit., pp. 50-4.

5 Sulla definizione stoica di ogni singola virtù come una scienza, cfr.SVF III 262-269; sulle strette relazioni tra queste formule e alcuni dialoghifondamentali come il Protagora, il Lachete, l’Eutidemo, cfr. lo studio semi-nale di A.A. LONG, Socrates in Hellenistic Philosophy, «Classical Quar-terly», XXXVIII (1988) pp. 150-71; F. ALESSE, La Stoa e la tradizione socra-tica, Bibliopolis, Napoli 2000, p. 299 sgg.; EAD., Alcuni esempi della rela-zione tra l’etica stoica e Platone, in M. BONAZZI-CH. HELMIG (eds.), Pla-tonic Stoicism-Stoic Platonism. The Dialogue between Platonism and Stoi -cism in Antiquity, Leuven University Press, Leuven 2007, pp. 23-39.

6 Cfr. soprattutto H.J. KRÄMER, Platonismus und hellenistische Philo-sophie, cit., pp. 120-6; G. REYDAMS-SCHILS, Demiurge and Providence.Stoic and Platonist Readings of Plato’s Timaeus, Brepols, Turnhout 1999,partic. pp. 41-116; D. SEDLEY, The Origins of the Stoic God, cit.; ID., Mat-ter in Hellenistic Philosophy, in D. GIOVANNOZZI-M. VENEZIANI (a curadi), Materia, Atti del XIII Colloquio Internazionale, Olschki, Firenze2011, pp. 53-66.

7 Cfr. soprattutto J. PÉPIN, Idées grecques sur l’homme et Dieu, LesBelles Lettres, Paris 1971, p. 92 sgg., e Héraclès et son reflet dans le Néo-platonisme, in P.M. SCHUHL-P. HADOT (éds.), Le Néoplatonisme, Vrin,Paris 1971, p. 167 sgg. (per l’impatto in età tardo-ellenistica dell’Alcibia-de I); e soprattutto C.W. MÜLLER, Die Kurzdialoge der Appendix Plato-nica. Philologische Beiträge zur nachplatonischen Sokratik, Fink, Mün-chen 1975, pp. 244 sgg., 301 sgg.; si veda anche Speusippo. Frammenti,Edizione, traduzione e commento, a cura di M. ISNARDI PARENTE, Bi-bliopolis, Napoli 1980, p. 365 sgg. per quanto attiene al Minosse. Tra lepubblicazioni più recenti ne vanno ricordate almeno due. La prima è lacollectanea di K. DÖRING-M. ERLER-S. SCHORN (Hrsgg.), Pseudoplatoni-ca. Akten des Kongressen zu den Pseudoplatonica (vom 6.-9. Juli 2003 inBamberg), Steiner, Stuttgart 2005, di cui vari contributi affrontano laquestione del rapporto tra alcuni apocrifi del corpus composti in età rela-tivamente tarda e le filosofie ellenistiche (in particolare: L. BRISSON, Epi-nomis: Authenticity and Authorship, pp. 9-24, che conferma la diffusionedello scritto in età ellenistica; M. ERLER, ‘Argumente, die die Seele errei-chen’: der Axiochos und ein antiker Streit über den Zweck philosophi-scher Argumente, pp. 81-95; M.A. JOYAL, Socrates as sofo;~ ajnhvr in theAxiochus, pp. 97-117; M. TULLI, Der Axiochos und die Tradition derconsolatio in der Akademie, pp. 255-71, incentrati sul ruolo dell’Assioconella diffusione ellenistica del genere consolatorio; agli spuria compostiin età ellenistica con intenti polemici sono dedicati gli studi di I. MÄNN-LEIN-ROBERT, Zur literarischen Inszenierung eines Philosophiekonzeptesin den pseudoplatonischen Anterastai, pp. 119-33, e C.W. MÜLLER, Ap-pendix Platonica und Neue Akademie. Die pseudoplatonischen DialogeÜber die Tugend und Alkyon, pp. 155-74). La seconda opera è il volumeDialoghi spuri di Platone, a cura di F. ARONADIO, Utet, Torino 2008, pp.1-102, con ampia e precisa rassegna su problematiche di autenticità,epoca di composizione, trasmissione e fortuna degli apocrifi, nonché ap-profondita discussione della letteratura secondaria. Aronadio sottolinea

204 FRANCESCA ALESSE

L’influenza esercitata dalla letteratura platonica sull’elleni-smo in generale e sulla Stoa in particolare non si limita ai dialo-ghi di paternità certa, come è stato più volte mostrato: l’Epino-mide, l’Alcibiade I, nonché scritti sospettati talora di essere sta-ti composti in un’epoca che va dalla generazione di Crantore ePolemone allo scolarcato di Arcesilao, come l’Assioco, gliAmanti, il Minosse, sono documenti che segnano una significa-tiva continuità di problematiche tra il platonismo, l’Accademiapost-platonica e le scuole ellenistiche7. L’Epinomide appartienead una produzione filosofica nata nel clima della riflessione sti-

il radicamento della maggior parte degli apocrifi nell’alveo del genuinoplatonismo.

8 Cfr. J. DILLON, The Middle Platonists. A Study of Platonism 80 B.C.to A.D. 220, Duckworth, London 1977, 19962, p. 5 sgg. e The Heirs of Pla-to. A Study of the Old Academy (347-274 BC), Clarendon Press, Oxford2003, p. 17 sgg.: all’attrazione esercitata su Platone dal pitagorismo va at-tribuita anche l’introduzione della teoria dei principi e quella della “te-tractide” in ambito cosmologico, quest’ultima di grande influenza sull’Ac-cademia post-platonica (cfr. p. 21).

9 Cfr. specialmente L. TARÁN, Academica, cit., p. 140 sgg. sui rap-porti tra l’Epinomide, il Protrettico e il De philosophia, e p. 154 sgg. sul-la possibile influenza dell’Epinomide nel costituirsi di alcuni temi dellatradizione platonica; G.R. BOYS-STONES, Post-Hellenistic Pilosophy. AStudy of its Development from the Stoics to Origen, Oxford UniversityPress, Oxford 2001, pp. 26-7 per un esplicito riferimento all’Epino-mide, e pp. 99-124.

10 Cfr. H. THESLEFF, An Introduction to the Pythagorean Writings ofthe Hellenistic Period, Åbo Akademi, Åbo 1961; J. MANSFELD, The Pseu-do Hippocratic Tract PERI ‘EBDOMADWN, ch. 1-11 and Greek Philoso-phy, Vangorcum, Assen 1971, partic. pp. 156-61, 191 sgg. Su apparentiaffinità in ambito astronomico tra l’Epinomide e Filolao si veda C.A.HUFFMAN, Philolaus of Croton: Pythagorean and Presocratic. A Commen-tary on the Fragments and Testimonia with Interpretative Essays, Cam-bridge University Press, Cambridge 1993, p. 399.

11 LUCR. De rer. nat. V 924 sgg.

L’EPINOMIDE E LA STOA 205

molata dall’opera più matura o tarda di Platone e che vede lacombinazione di cosmologia, teologia e demonologia con teo-rie metafisiche matematizzate, grazie al rifiorire di un filone pi-tagorico proprio all’interno dell’Accademia di questo periodo8.Essa rivela altresì interessi che potremmo definire di caratterestorico e antropologico, relativi cioè alla ricostruzione di unastoria dell’umanità, delle fasi della civiltà e della cultura tecni-ca, ovvero della sophia9. Si tratta, com’è noto, di elementi cheeserciteranno una grandissima influenza su linee anche moltodiverse della filosofia ellenistica, come mostrano, da un lato, iresti di una letteratura di imitazione pitagorica del tardo elleni-smo e della prima età imperiale10, ricca di temi cosmologici earitmologici, e, dall’altro lato, l’attenzione dedicata da Lucrezioal tema dell’origine della civiltà dell’uomo e della sapienza11, e

12 SENEC. Epist. 90, 5-32 = fr. 284 Edelstein-Kidd = 448 Theiler=A321 Vimercati.

13 Mi riferisco al paper dal titolo The World Soul Takes Command:The Doctrine of the World Soul in the Epinomis of Philip of Opus and inthe Academy of Polemon, presentato alla “World Soul Conference” orga-nizzata da Christoph Helmig e svoltasi a Berlino nei giorni 17-19 settem-bre 2010. In questo intervento l’A. prende la mosse da sue precedentiricerche (The Heirs of Plato, cit., pp. 179-97; Philip of Opus and the The-ology of Plato’s Laws, in S. SCOLNICOV-L. BRISSON (eds.), Plato’s Laws.From Theory to Practice. Proceedings of the VI Symposium Platonicum,Academia Verlag, Sankt Augustin 2003, pp. 304-11) e ne sviluppa le con-seguenze per quel che attiene alla possibile trasformazione della nozionedi anima del mondo attestata nell’Epinomide – e con la quale si giunge adun’unificazione del primo principio dalle differenti suggestioni che ven-gono dai dialoghi platonici – nella nozione stoica del dio-anima cosmica.Colgo quest’occasione per ringraziare sentitamente il prof. John Dillon

206 FRANCESCA ALESSE

che diviene un tema caratteristico anche del tardo stoicismorappresentato da Posidonio12.

L’Epinomide presenta molti dei caratteri propri della rifles-sione in atto nell’Accademia alla metà del IV secolo: l’indaginesulla sapienza e sulle fasi evolutive della sapienza e della civiltàdell’uomo (974d-976c; e ancora 987d-988c); la centralità dellamatematica e della scienza del numero (976c-978b e ancora988e-990b, 990b-991b); la teologia astrale e la fisica degli ele-menti volta in demonologia (984d-986a); una concezione dianima del mondo come principio ad un tempo demiurgico, ar-tefice, razionalizzatore e dinamico (982a-984d). Anche l’evi-dente relazione tra questo dialogo e il Timeo – che peraltro aiu-ta a capire la fortuna dell’Epinomide nella letteratura tardo-an-tica, proprio in quanto legata alla tradizione esegetica di que-st’opera fondamentale – è un tratto caratteristico della produ-zione dell’Accademia post-platonica e di quel contesto nelquale si verrà a trovare Zenone di Cizio, dopo il suo apprendi-stato cinico e prima di fondare la Stoa.

Non è quindi inverosimile che soprattutto la teologia astra-le, la demonologia e l’intervento di un’anima del mondo suglielementi, secondo la felice ipotesi avanzata recentemente daJohn Dillon13, abbiano esercitato una significativa influenza

per aver reso disponibile a me e ad altri autori di questo volume il suo pa-per prima della pubblicazione.

14 W. JAEGER, Aristoteles. Grundlegung einer Geschichte seiner Ent-wicklung, Weidmann, Berlin 1923, ed. it. Aristotele. Prime linee di una sto-ria della sua evoluzione spirituale, Sansoni, Firenze 1935, 19684, p. 160 sgg.

L’EPINOMIDE E LA STOA 207

sulla cosmogonia della Stoa antica. Nella storia degli studi ilpossibile impatto dell’Epinomide sulla filosofia stoica è emersoda diverse ricerche svolte nella prima metà del ’900 e volte o averificare le trasformazioni del platonismo fino alla tarda anti-chità sotto il profilo della trasmissione delle idee e dei testi; op-pure a ricostruire il retroterra accademico di quelle dottrinearistoteliche che ebbero maggiore diffusione nel tardo elleni-smo. Poiché tuttavia l’Epinomide non è stata mai l’oggettoesclusivo di tali indagini e dato che i risultati che la riguardanosono stati ottenuti a margine di altre ricerche, è opportuno unostatus quaestionis che riassuma i risultati più significativi e so-prattutto ripercorra le linee metodiche che hanno permesso divedere in questo testo una possibile fonte d’ispirazione delpensiero stoico.

Uno dei contributi più significativi per scorgere il possibileimpatto del nostro testo sullo stoicismo è quello fornito dall’A-ristoteles di Werner Jaeger14. Nel secondo capitolo, dedicato alPeri; filosofiva~, è condotta un’analisi su alcune fonti tardo-ellenistiche e imperiali che attesterebbero la dottrina aristoteli-ca delle diverse classi di esseri viventi che si generano e vivononegli elementi. Questa teoria è attribuita ad Aristotele da Cice-rone, De natura deorum II 42-44 (fr. 21 Ross del Peri; filoso-fiva~), e pare confermata, seppure con formulazioni diverse, daApuleio di Madaura e Filone di Alessandria. La diversità tra itestimoni indusse Jaeger ad avanzare una duplice ipotesi, checonsisteva nel supporre un’intromissione stoica nelle fonti delDe natura deorum, nonché la combinazione, da parte di questafonte stoica poi imitata da autori medioplatonici, della teoriaaristotelica degli esseri viventi negli elementi con la teoria, ana-loga ma non identica, contenuta nell’Epinomide. La ricostru-zione di Jaeger si può schematizzare nel seguente modo:

15 Sulla demonologia nell’opera e nel pensiero di Apuleio e più in ge-nerale nella cultura retorica e filosofica dei primi due secoli dell’età impe-riale, cfr. C. MORESCHINI, Apuleio e il platonismo, Olschki, Firenze 1978,pp. 19 sgg. e 70 sgg.; ID., Cultura filosofica e Seconda Sofistica, in ANRW,36, 7 (1994) p. 5112; P.L. DONINI, Nozioni di daimon e di intermediarionella filosofia tra il I e il II secolo d.C., in E. CORSINI-E. COSTA (a cura di),L’autunno del diavolo. Diabolos, dialogos, daimon. Atti del Convegno diTorino (17-21 ottobre 1988), Bompiani, Milano 1990, I, pp. 37-50; P. SI-NISCALCO, Dai mediatori al mediatore: la demonologia di Apuleio e la criti-ca di Agostino, ivi, pp. 279-94. Si veda inoltre il contributo di A. Gioè inquesto volume.

208 FRANCESCA ALESSE

a) Da De nat. deor. II 42 = fr. 21 Ross, sappiamo che Aristo-tele avrebbe sostenuto che siccome esistono esseri viventi nellaterra, nell’acqua, nell’aria, per analogia debbono esistere esseriviventi anche nell’etere. La conclusione cui mira l’argomentoaristotelico è che i corpi celesti, la cui esistenza è oggetto dellanostra percezione, sono esseri viventi dotati di un’anima. Jae-ger richiamava l’attenzione sul fatto che per Aristotele oggettoda dimostrare non è l’esistenza di esseri eterei ma la loro natu-ra di esseri viventi.

b) In Filone (De gig. 7-8, De plant. 3 e 12; De somn. I 22 e135) e in Apuleio (De deo Socr. 8, 137), l’argomento procede inmodo diverso: siccome esistono esseri viventi terrestri, acquati-ci, e ignei, per analogia, devono esistere esseri viventi e intelli-genti che vivono nell’aria di cui non si ha percezione. Ora, è dadimostrare l’esistenza di esseri che non percepiamo (demoni,angeli)15.

Da questa analisi Jaeger ricavò quattro conclusioni:1) Il metodo dimostrativo per analogia è desunto dal Peri;

filosofiva~ ed è quindi aristotelico.2) Da Aristotele ad Apuleio e Filone varia l’oggetto della

dimostrazione che non è più il carattere animato degli esserieterei (ovvero dei corpi celesti o astri) ma l’esistenza degli esse-ri aerei, con i quali però, presso i Medioplatonici, si intendeuna cosa diversa da quella a cui pensava Aristotele.

3) Se il metodo per analogia è ricalcato sul Peri; filosofiva~di Aristotele, l’argomento e, soprattutto, l’intento dimostrativo

16 Si vedano infatti le obiezioni sollevate da L. TARÁN, Academica, cit.,p. 31 sg.; diversamente J. MOREAU, L’âme du monde de Platon aux Stoï-ciens, Les Belles Lettres, Paris 1939, rist. Olms, Hildesheim 1965, p. 104.

17 Cfr. L. TARÁN, Academica, cit., pp. 145-6, il quale osserva che seb-bene sia plausibile che i passi di interesse del De natura deorum, derivinodal De philosophia aristotelico, non possiamo dare per scontato che Ari-stotele ammettesse cinque classi di esseri viventi, perché non sappiamo seAristotele ammettesse l’esistenza di esseri viventi nel fuoco, come vuoleJaeger (op. cit., p. 190 n. 3) appellandosi a Hist. anim. 552b10 sgg. Alcuniinterpreti paiono andare oltre, sostenendo che la testimonianza ciceronia-na piuttosto avvalori l’ipotesi che Aristotele non abbia sempre sostenutol’esistenza del pevmpton swma e che almeno nel De philosophia e nel perio-

L’EPINOMIDE E LA STOA 209

sono ispirati a Epinom. 984d sgg. «…dove l’esistenza degli spi-riti astrali è parimenti presupposta, mentre quella degli esseriaerei è dimostrata. In Aristotele, invece, gli esseri aerei devonoessere zw`/a conosciuti empiricamente, perché altrimenti la suadeduzione per analogia resta senza fondamento» (p. 192 n. 2).In effetti dobbiamo dire che non è evidente nell’Epinomideuna deduzione in cui gli esseri astrali siano presupposti mentrequelli aerei siano dedotti per analogia16. È però probabile cheJaeger abbia interpretato in questa chiave il rilievo dell’autoredell’Epinomide secondo cui gli esseri astrali sono “dèi visibili”e quindi percepiti, mentre gli esseri eterei e quelli aerei sonodel tutto diafani, privi di luce e di riflessi: cfr. 984e-985a: «que-ste due specie di esseri viventi, etere e aria, sono da passare daparte a parte con lo sguardo, diorwvmenon»; la loro esistenzadeve essere pertanto dedotta per analogia.

4) Infine, dato che Aristotele e l’autore dell’Epinomide so-stengono l’esistenza di cinque elementi, mentre Filone e Apu-leio ne sostengono solo quattro, e dato che De nat. deor. II 42 at-tribuisce ad Aristotele una teoria degli elementi in cui ne sonomenzionati esplicitamente quattro, Jaeger conclude che la dot-trina, sia nella versione aristotelica riportata da Cicerone, che inquella dell’Epinomide, più facilmente riconoscibile nei Medio-platonici, è passata attraverso una rielaborazione stoica che hariportato gli elementi da 5 a 4 e che, secondo Jaeger, si deve aPosidonio17. Questa trasformazione dell’argomento aristotelico,

do della sua composizione (comprendente forse anche il De caelo), possaaver sostenuto una più tradizionale teoria dei quattro elementi, sulla basedella polarità pesante/leggero cfr. J. LONGRIGG, Elementary Physics in theLyceum and Stoa, «Isis», LXVI (1975) pp. 211-29, partic. 225-6. Si veda sututto ciò E. BERTI, La filosofia del “primo” Aristotele, Vita e Pensiero, Mi-lano 19972, pp. 296-300, secondo il quale il ragionamento aristotelico ri-cavato dal Peri; filosofiva~ non era probabilmente una vera analogia etanto meno se ne deve ricavare presuntivamente che Aristotele ammettes-se l’esistenza di cinque specie, di una delle quali si sarebbe persa tracciain Cicerone per via della mediazione stoica: « … più che una rigorosaanalogia fra tutti gli elementi, la dimostrazione aristotelica sembra infattibasata sull’idoneità della generazione, maggiore nell’etere che negli altrielementi, nei quali pure esistono esseri viventi. È d’altra parte testimonia-to da varie parti che Aristotele, allo stesso modo di Platone, ammettevaquattro, e non cinque, specie di viventi: i terrestri, gli acquatici, gli aerei ei celesti, i quali appunto erano gli astri».

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dunque, si dovrebbe ad una “rilettura” stoica di Aristotele,combinato o contaminato con l’Epinomide, un testo che peral-tro, secondo Jaeger, trae ispirazione dal Peri; filosofiva~.

Quale che sia il valore di questa ricostruzione, essa ha il me-rito di aver aperto una prospettiva storiografica di grande inte-resse, quella dell’impiego dell’Epinomide in età ellenistica, so-prattutto in ambito stoico. Quel che soprattutto emerge dall’in-dagine condotta da Werner Jaeger in relazione al nostro proble-ma è la grande importanza del II libro del De natura deorum: so-no infatti fondamentali la questione della sua composizione edelle fonti stoiche da cui deriva gran parte degli argomenti sul-l’esistenza degli dèi e sulla provvidenza, nonché la possibilità dicontaminazione delle fonti stoiche con tradizioni differenti (inparticolare, con il De philosophia e forse anche il Protrepticus diAristotele, il Timeo e, appunto, l’Epinomide). Il II libro del Denatura deorum, dunque, è un documento fondamentale per lacomprensione non solo del fenomeno di diffusione della teolo-gia e della teodicea stoiche, ma anche, al contempo, del feno-meno di ricezione da parte dello stoicismo di componenti delplatonismo e della speculazione accademica. Considerato que-sto stato di cose, assumono grande rilievo le ricerche condotteda Karl Reinhardt e Willy Theiler su Posidonio, sulla sua pre-

18 Cfr. soprattutto K. REINHARDT, Poseidonios, Beck, München 1921,pp. 215-40; Kosmos und Sympathie. Neue Untersuchungen über Poseido-nios, Beck, München 1926, pp. 68-111; s.v. Poseidonios von Apamea, inRE XXII 1 (1954) coll. 700-18.

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senza nelle opere di Cicerone, pur a lato di altre fonti stoiche eaccademiche, e sul ruolo da lui svolto nella trasmissione della fi-losofia stoica e platonica al tardo ellenismo e alla prima età im-periale. Karl Reinhardt18, in primo luogo, ha fornito un’analisisistematica della struttura del II libro del De natura deorum, incui si distinguono le sezioni riferibili a fonti stoiche, costituite inparte da opere di Posidonio e in parte da compendi di scuola,dalle sezioni di provenienza “eclettica”, cioè dall’accademicoAntioco d’Ascalona; in secondo luogo, lo studioso tedesco haofferto un quadro dello sviluppo della fisica e della cosmologiadall’Accademia post-platonica al tardo ellenismo da cui emergeuna continuità tematica, soprattutto per quel che riguarda lateoria degli elementi, ma anche una sostanziale differenza tra letradizioni accademica e stoica: secondo Reinhardt, che pole-mizza implicitamente con Jaeger, la letteratura platonica tardiva(ovvero i testi di Apuleio e Filone indicati da Jaeger) illustrauna teoria delle regioni del cosmo e delle classi di esseri viventi,ma mai una “zoogonia celeste”, una dottrina, cioè, della genera-zione dei corpi astrali, quale si può incontrare invece nell’ambi-to della cosmologia stoica. Oltre a questo Reinhardt sviluppòun’osservazione di grande impatto, secondo la quale ai parr. 81-84 sarebbe presente un ordine di idee basato sull’azione de-miurgica, creativa, di un dio artefice, che resta separato dallesue creature; un’idea fondamentalmente estranea alla concezio-ne della simpatia universale – che presuppone piuttosto un’ideaimmanentistica della divinità – e alla quale dunque si contrap-pone (Sympathie oder Vernunftschöpfung).

Quanto a Willy Theiler, sono assai noti i suoi contributi al-la comprensione del ruolo svolto dalla produzione scientificadell’Accademia antica, di cui l’Epinomide rappresentò unesempio tutt’altro che trascurabile, sulla costituzione della teo-

19 Cfr. W. THEILER, Die Vorbereitung des Neuplatonismus, Weid-mann, Berlin 1930, pp. 16 sgg., 41 sgg., 61; rec. a F. Müller, StilistischeUntersuchung der Epinomis des Philippos von Opus (Berlin 1927) e adA.E. Taylor, Plato and the Authorship of the Epinomis (London 1929), in«Gnomon», VII (1931) pp. 337-55; Gott und Seele im kaiserzeitlichenDenken, in ID., Forschungen zum Neuplatonismus, De Gruyter, Berlin1966, partic. pp. 104-9, e Plotin zwischen Plato und Stoa, ivi, pp. 124-39;si veda anche il commento a De nat. deor. II 30b-32a, 39b-44, 81-88, ri-spett. F357, 358, 361 in Poseidonios. Die Fragmente, II: Erläuterungen, DeGruyter, Berlin-New York 1982, pp. 258-60 e 268-70.

20 Rec. in «Gnomon», cit., p. 362: « … das erste uns erhaltene helle-nistische Werk …», e p. 349: «Sie ist mit ihrem Blick auf die Kosmopolis,mit dem Preis der theoretisch-religiösen Haltung, mit dem Zerbrechender Alleinmachtstellung der ajrethv, der sich als einem Totalen auch dieTheorie unterordnet, das Dokument dafür, daß die attische Zeit der Phi-losophie aufgehört hat und die hellenistische begonenn». È evidente l’in-fluenza esercitata da queste considerazioni su alcuni fondamentali studisuccessivi, come J. MOREAU, L’âme du monde, cit., pp. 94 e 100, e A.-J.FESTUGIÈRE, La Révélation d’Hermès Trismégiste, II: Le Dieu cosmique,Les Belles Lettres, Paris 1949, su cui v. infra.

21 Theiler propone confronti tra Epinom. 974b e pp. 61-4 Rose, perquanto attiene al Protrettico aristotelico, 992b e frr. 58-61 Rose e il fr. 47dell’Eudemo. Per il tema della sofiva è proposto un confronto tra 973a5 e

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logia stoica in generale e posidoniana in particolare; così comesulla parte avuta da Posidonio stesso nel fenomeno di compe-netrazione di platonismo e stoicismo e sulla nascita del neopla-tonismo19. Già in un significativo scritto del 1931, Theiler for-niva molte interessanti osservazioni sull’inquadramento cultu-rale dell’Epinomide, in particolare sull’epoca e sull’ambientedella sua composizione, nonché sui suoi caratteri innovativi ri-spetto alla letteratura filosofica del IV secolo. L’Epinomide èinfatti considerata da questo studioso il testo di transizionedalla metafisica e dalla scienza di età classica alla sensibilità re-ligiosa ellenistica; essa è il «primo testo di filosofia ellenisti-ca»20, pur avendo tutti i caratteri della letteratura accademicapost-platonica, molti dei quali condivisi con la produzionegiovanile aristotelica e con quel che resta delle opere di Speu-sippo e Senocrate: l’essere un protrettico, cioè un trattato diavvio all’educazione filosofica individuale21; la riflessione sul

974b5 con il fr. 6 Heinze (= 259 Isnardi) di Senocrate; e per la demonolo-gia, sicuramente desunta da Senocrate, un paragone tra Epinom. 985a e ilfr. 24 Heinze (= 226 Isnardi).

22 Cfr. W. THEILER, ivi, pp. 104-5 e nn.: rimanda a Leg. 966d e 967d,PS.-PLAT. Axioch. 370b-c, sul tema della prossimità dell’uomo alla divi-nità, Epinom. 984c, ma anche a CIC. De nat. deor. II 95 come presunto te-stimone del Peri; filosofiva~ aristotelico, pure mediato da Posidonio ealla vicinanza di CIC. Tusc. disp. I 68 sgg. e a Peri; kovsmou 399b12 sg.

23 W. THEILER, Gott und Seele, cit., p. 353 sg., richiama CIC. Tusc. di-sp. I 44-46, come sviluppo del tema della kalh; ejlpiv~ di Epinom. 973c; leparole di SENEC. Epist. 102, 28: tunc in tenebris vixisse te dices cum totamlucem et totus aspexeris, quam nunc per angustissimas oculorum vias obscu-re intueris, sono messe a confronto con il tema della morte = liberazione einiziazione alla verità di Epinom. 986d2 e 992b4; vale la pena ricordarequi le parole di Seneca immediatamente precedenti a quelle citate daTheiler: aliquando naturae tibi arcana retegentur, discutietur ista caligo etlux undique clara percutiet, che ancor meglio richiamano forse l’immaginedella morte come iniziazione ai misteri della natura di Epinom. 986d2: to;

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senso di sapienza filosofica e del suo rapporto con la felicitàdell’uomo; la complessa demonologia che si intreccia alla fisi-ca degli elementi; il primato conferito alle scienze del numeroe in particolare all’astronomia che diviene, in quest’opera, unsapere anche religioso e una qeosevbeia. Certamente questi ca-ratteri sono uno sviluppo naturale dell’ambiente in cui l’Epi-nomide è scritta, ma rappresentano anche le premesse da cuiscaturisce la teologia e il provvidenzialismo stoici. Dal tardoPlatone delle Leggi, dall’Epinomide, dall’Assioco, dalle opereaccademiche di Aristotele, si afferma, per Theiler, e si trasmet-te all’età successiva, l’idea che le opere di un dio invisibile so-no perfettamente visibili attraverso lo spettacolo della natura esoprattutto dei moti celesti. Da qui, dunque, il valore sacro,religioso, dell’astronomia22. La suggestione esercitata dall’Epi-nomide sull’ellenismo, d’altronde, sarebbe sufficientementeprovata dai passi di Cicerone, Seneca, Filone, nei quali si ri-chiamano i temi della morte corporea come felice realizzazio-ne della kalh; ejlpiv~ (973c), della conoscenza delle verità intel-ligibili come “iniziazione” e della rarità degli uomini a cui è ri-servato il felice destino della comprensione delle cose divine23.

bivon telethvsa […] memnhmevno~ ajlhqw~ te kai; o[ntw~ e di cui mi pare es-serci traccia anche in Plutarco (cfr. De facie, 943b e fr. 178 Sandbach). Al-tro confronto interessante è quello tra il tema del plh;n ojlivgwn di Epinom.992c5 sg. e CIC. De div. I 111: rarum est quoddam genus eorum qui se acorpore avocent et ad divinarum rerum cognitionem.

24 Macrobio, a differenza di Cicerone, allude infatti alla teoria del ca-lore universale accostando i nomi di Cleante e Posidonio, cfr. Saturn. I 23,2 = SVF I 501: ideo enim, sicut et Posidonius et Cleanthes affirmant, solismeatus a plaga, quae usta dicitur, non recedit, quia sub ipsa currit Oceanus,qui terram ambit et dividit; cfr. anche AËT. II 23, 5, posto da Arnim comeluogo parallelo. Secondo Theiler, Cleante non avrebbe espresso un giudi-zio così elogiativo per Aristotele, quale compare in Cicerone, il qualedunque, attinge a Posidonio senza nominarlo.

25 Cfr. 981b-c e 984b-c; cfr. Enneadi di Plotino, a cura di M. CASA-GLIA-C. GUIDELLI-A. LINGUITI-F. MORIANI, Utet, Torino 1997, II, pp.1038-9 e nn.

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Anche Theiler attribuisce un ruolo decisivo a Posidonio: la se-zione di De nat. deor. II 29-44 deriva interamente, a suo avviso,da un trattato teologico di Posidonio, il quale è il testimone di-retto sia della teoria cleantea del calore universale, che delledue dossografie platonica (par. 32) e aristotelica (parr. 40-44),come si ricaverebbe da Macrobio24. Lo stretto legame tra Posi-donio e l’Epinomide, nonché il ruolo svolto dallo Stoico nel-l’appropriazione del testo accademico sono infine confermatidalla digressione (De nat. deor. II 81-88) sulla nozione stoica dinatura, la cui eco si legge in Plotino, Enn. VI 1, 22: qui si chia-risce l’idea che non il bw`lo~ (= la glaeba di De nat. deor. II 82)mostri la vera natura ma piuttosto il devndro~. Theiler fa op-portunamente notare che subito dopo aver esposto questoconcetto di natura di intonazione stoica – unitamente all’ideanon stoica che la natura sia la riproduzione di un mondo pura-mente intelligibile –, Plotino ricorda la teoria “platonica” se-condo cui c’è un’anima in ciascuno degli elementi, quasi a vo-ler mostrare che il carattere organico della natura, anche delcorpo più piccolo, deriva dalla presenza di un’anima che vivi-fica i corpi primari; in tal modo, la nozione stoica di natura silega a quella platonica. È evidente che Plotino attribuisce a“Platone” un contenuto dell’Epinomide25, probabilmente per

26 Cfr. a questo proposito le interessanti osservazioni in Gott und See-le, cit., p. 106 e nn., secondo cui la prospettiva di Filone Alessandrino,quale è attestata in Leg. all. III 97 sgg., De praem. et poen. 41, De plant. 2 ealtrove, rivela una unkosmische Denkweise, proprio in quanto marcata-mente creazionista: cfr. anche p. 108: «Philos akosmische Auffassung vonseiner Väterreligion bestimmt, konnte doch auch Formulierungen desZeitgenössischen Platonismus übernehmen» (seguono rimandi alla scuo-la di Gaio, al Didaskalikos, a Massimo di Tiro, ecc.…). Dunque in Filoneapparentemente manca uno dei due elementi che caratterizzano il reso-conto del De natura deorum e che si combinano e compenetrano nellostoicismo: manca cioè il tema dell’ordine interno alla natura, a fronte del-la trascendenza del dio-demiurgo, e che derivava dal carattere di coesten-sione alla natura proprio dell’anima del mondo del Timeo. Si veda anchela considerazione a p. 104 n. 1, secondo cui «der Demiurg des Timaeus istmytische Personifikation der Weltseele, des Weltgeistes». Questa identi-ficazione di demiurgo e anima cosmica nel Timeo, che troviamo anche inMoreau e Festugière, non è a mio avviso corretta.

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il tramite di Posidonio. Theiler conferma così, procedendo peraltra via, l’ipotesi di Jaeger secondo cui Posidonio è il princi-pale canale di trasmissione al tardo ellenismo e alla prima etàimperiale della zoogonia cosmica e della demonologia dell’E-pinomide.

Infine, il confronto tra De nat. deor. II 81-88 e Tusc. disp. I62-63 (la cui fonte, anche in virtù di analogie con l’Epistola 90di Seneca, sarebbe da ravvisare in Posidonio) permette a Thei-ler di cogliere l’importanza della similitudine tra arte tecnica edemiurgia naturale, già messa in luce da Reinhardt, senza peròcondividere la conclusione avanzata da quest’ultimo: e cioè chepresupponendo una concezione quasi creazionistica inconcilia-bile con la dottrina della simpatia universale e con la teologiaimmanentistica stoica, la similitudine tra arte e demiurgia sa-rebbe estranea a Posidonio. Al contrario, secondo Theiler, en-trambi i contesti mostrano che tanto la demiurgia naturale,quanto quella artificiale (esemplificata dal planetario di Archi-mede evocato in Tusc. disp. I 63 e De nat. deor. II 88) presup-pongono una intelligenza creativa e direttiva26; lungi dall’essereuna composizione di fonti e ispirazioni distanti, il confronto tratecnica e natura è caratteristico della riflessione di Posidonio.

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Soffermarsi sul problema sollevato da Reinhardt nell’anali-si di De nat. deor. II 81-88 è importante per lo sviluppo che lapresente indagine assumerà nella seconda parte: pur non coin-volgendo espressamente l’Epinomide, la questione della com-patibilità delle due prospettive, quella poietico-demiurgica equella immanentistica, appartiene alla complessa riflessionesulla relazione da stabilire tra due motivi che nel Timeo sonotenuti separati, il demiurgo stesso e l’anima del mondo. È rico-noscibile in misura crescente, negli ultimi anni, l’importanza divarie sezioni del Timeo nel formarsi della cosmologia, della co-smogonia e della teologia stoiche. È mio parere che questo ver-sante della filosofia stoica si inserisca nel solco segnato dallapiù antica esegesi accademica del Timeo e che il percorso checonduce dalla lettura del testo platonico alla concezione stoicadel dio presente nella natura includa anche la visione cosmo-gonica dell’Epinomide. Pertanto, è ancora utile proseguire larassegna dei più significativi contributi critici sull’Epinomide eil suo impatto sulla riflessione ellenistica.

Più complessa appare la posizione di André-Jean Festu-gière sia in merito all’influenza esercitata dall’Epinomide sullafilosofia della natura e sulla teologia dell’ellenismo, sia perquel che attiene all’interpretazione delle varie componenticoncettuali del II libro del De natura deorum. Nella sua operafondamentale, La révélation d’Hermès Trismégiste, Festugièrepresenta l’Epinomide in tutta la sua portata innovativa e leggenella teologia astrale contenuta in quest’opera un vero «van-gelo di una nuova religione». L’Epinomide prescrive al sapien-te di lasciare gli dèi tradizionali all’opera del legislatore perdedicarsi alla contemplazione e allo studio dei “nuovi” e “au-tentici dèi”, gli astri, la cui comprensione implica il posses-so delle scienze del numero. Questa profonda compenetrazio-ne tra il primato della matematica e lo spirito religioso fa del-l’Epinomide una tappa fondamentale nel percorso che partedalla riflessione accademica sul vero significato di sofiva efrovnhsi~ e approda, attraverso la teologia e la cosmogoniastoiche, alla cultura filosofico-religiosa della prima età impe-

27 A.-J. FESTUGIÈRE, La révélation d’Hermès Trismégiste, II, cit., pp.200-4, 207-9.

28 Ivi, pp. 213-7.29 Ivi, p. 217 e nn. 1 e 2: sull’idea del desmov~ nella cosmologia elleni-

stica e stoica in particolare, aveva già richiamato l’attenzione W. THEILER,rec. in «Gnomon», cit., partic. pp. 352-4, da cui Festugière accoglie ilconfronto tra CIC. De nat. deor. II 19, sulla forza coesiva esercitata dall’a-nima cosmica e divina della natura, e Epinom. 986c4 (kovsmon […] o}e[taxen). Riguardo alla dottrina stoica della simpatia universale, che po-trebbe considerarsi uno sviluppo della nozione platonico-accademica didesmov~/suvndesmo~, Festugière rimanda a ALEX. APHR. De fat. 22 = SVFII 272-273. Su questa nozione, centrale nell’Epinomide, si veda E. DÖNT,Platons Spätphilosophie und die Akademie. Untersuchungen zu den plato-nischen Briefen, zu Platons “Ungeschrieben Lehre” und zur Epinomis desPhilipp von Opus, Bo�hlau, Wien 1967, pp. 56-7.

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riale27. E malgrado che Festugière si soffermi soprattutto suilegami tra l’Epinomide e il corpus Hermeticum28, pure offremolte suggestive osservazioni sia sull’importante motivo, cen-trale nella teologia cleantea, della nascita della notio dei susci-tata appunto dalla contemplazione dei moti celesti, sia sul te-ma del desmov~ (oppure suvndesmo~, come si legge in Epinom.984c2), il vincolo universale che, come già in Platone, uniscele parti del cosmo. L’idea di desmov~/suvndesmov~ presentatanell’Epinomide, con la sua valenza più marcatamente fisica ri-spetto ai luoghi platonici, è centrale in almeno due aspettidella filosofia stoica, spiega Festugière: da una parte, per quelche attiene all’unità fisica del cosmo e alla sua coesione; dal-l’altra, per quel che riguarda la dottrina del fato e quindi dellasimpatia universale29.

Altrettanto notevoli sono le osservazioni che Festugière,sulla scorta di Reinhardt, svolge sul duplice motivo dell’animadel mondo e del demiurgo. Già Platone, nelle Leggi, avrebbeunificato questi due aspetti della struttura del cosmo ed echi diquesta unificazione si avvertono in De nat. deor. II 81-88; con-vivono nella dottrina stoica, dunque, una prospettiva teologicavitalista e immanentista, espressa dalla teoria della simpatiauniversale, e una prospettiva demiurgica nella quale l’artefice

30 Ivi, p. 402 sgg., partic. pp. 416-7. Le considerazioni svolte da Fe-stugière non mi paiono persuasive se riferite al Timeo, in cui demiurgo eanima del mondo rimangono principi distinti e dove il demiurgo è la me-tafora del mondo delle idee (cfr. F. FERRARI, Causa paradigmatica e causaefficiente: il ruolo delle idee nel Timeo, in C. NATALI-S. MASO (a cura di),Plato Physicus, Hakkert, Amsterdam 2003, pp. 83-96, partic. 86-9; ID.,Questioni eidetiche, «Elenchos», XXIX (2003) pp. 102-3) piuttosto chedella yuch; tou kovsmou che è essa stessa introdotta come un demiouvrghma.Ma che nello stoicismo si assista ad uno sforzo di combinazione è certa-mente giusto. Tra tutti gli esempi che Cicerone adduce – in Tusc. disp. I87-88 – per dimostrare che la natura segue un piano, alla pari di un arte-fice o un architetto, l’esempio della rotta della nave è quello più significa-tivo per identificare il punto di contatto e di contaminazione tra cosmolo-gia platonica e teologia stoica. Infatti, a differenza dell’opera d’arte o diun congegno, che sono separati dai loro artefici e possono sopravvivergli,perché sono opere compiute; a differenza della tattica cioè dell’arte di di-sporre le flotte e gli eserciti e che necessita invece della presenza di un ge-nerale, ma in posizione separata che gli consenta la visione d’insieme del-le navi e dei soldati; l’esempio del comandante che fa seguire un rottaprecedentemente stabilita alla nave è quello che più si adatta all’unione ocompenetrazione tra principio guida e materia guidata; degli esempi, è ilpiù “immanentista”. D’altra parte, esso è anche una metafora “platoniz-zante” perché ricorda il mito dei cicli cosmici del Politico dove il dio-reg-gitore – che alterna momenti di reggenza a fasi in cui la reggenza delmondo è sospesa – è paragonato ad un nocchiero che a un dato momentolasci il timone. È significativo che questa similitudine sia adottata da Pla-tone in uno dei contesti che probabilmente esercita la maggiore sugge-stione per la teoria stoica dei cicli cosmici.

31 Cfr. Les trois “protreptiques” de Platon: Euthydème, Phédon, Épi-nomis, Vrin, Paris 1973, pp. 104 sgg. e p. 150, e Sur le De natura deorumII de Cicéron, «Revue des Sciences Philosophiques et Théologiques»,LXIII (1979) pp. 593-600.

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pare rimanere separato, almeno concettualmente, rispetto aiprodotti della sua demiurgia. Secondo Festugière i due temisono indubbiamente diversi, ma nel caso della loro compresen-za nel resoconto stoico di Balbo non è necessario pensare, conReinhardt, ad una combinazione di fonti eterogenee; si trattapiuttosto dell’esito di un processo di assimilazione cui dà iniziolo stesso Platone e che trova maturazione in Posidonio30. Fe-stugière tuttavia non conserva sempre il medesimo punto di vi-sta e in scritti successivi31 egli ridimensiona molto l’importanza

32 Les preuves stoïciennes de l’existence des dieux d’après Cicéron (Denatura deorum, livre II), «Hermes», XC (1962) pp. 45-71, partic. 67-70.

33 Cfr. principalmente: La tradition indirecte de l’Épinomis, in Mélan-ges offerts à A.-M. Desrousseaux, Hachette, Paris 1937, pp. 349-55, in cuicompare la prima rassegna dei più importanti testimoni dell’Epinomide,da CIC. De orat. III 21, fino a Olimpiodoro e Davide, con l’indicazionedelle varianti al testo più significative; Les Lois de Platon et la PréparationEvangélique d’Eusèbe de Césarée, in Raccolta di scritti in onore di G. Vi-telli, «Aegyptus», XXXII (1952), vol. II, pp. 223-31, dove sono riportate levarianti fornite dai manoscritti principali della Praeparatio; Le Platon deThéodoret. Les citations des Lois et de l’Épinomis, «Revue des ÉtudesGrecques», XLVIII (1955) pp. 171-84; La tradition patristique de Platon(spécialement d’après les citations des Lois et de l’Epinomis dans la Prépa-ration Évangélique d’Eusèbe de Césarée), «Revue des Études Grecques»,LXXX (1967) pp. 385-94, rist. in E. DES PLACES, Études platoniciennes,Brill, Leiden 1981, pp. 250-8.

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dell’Epinomide come testo di transizione dall’età classica all’el-lenismo, sottolineando, anzi, la grande differenza che separa ilmodo di intendere la teologia astrale nell’Epinomide, da inten-dersi come un culto ancora perfettamente integrato nella polisclassica, dalla prospettiva utopistica della Repubblica di Zeno-ne di Cizio e dalla religiosità universalistica dell’Inno a Zeus diCleante. Anche l’analisi di De nat. deor. II 81-88 sarà oggetto diripensamento a seguito dei rilievi sollevati da Pierre Boyancé32.

A lato delle ricerche più propriamente storiografiche, vasicuramente ricordata una linea d’indagine relativa alla tra-smissione testuale, promossa dagli studi di Édouard Des Pla-ces e che, pur sotto un prospettiva diversa, è di rilievo per laquestione dell’impatto dell’Epinomide sulla letteratura filosofi-ca ellenistica33. Des Places, che iniziò ad interessarsi alla tra-smissione del testo dell’Epinomide allo scopo di allestire un’e-dizione critica delle Leggi, richiamò l’attenzione sulla letteratu-ra patristica, in particolare sulla Praeparatio evangelica di Euse-bio di Cesarea che rivela la conoscenza di testimoni molto anti-chi e buoni. Le indagini dello studioso hanno condotto non so-lo al recupero di un’importante tradizione indiretta ma anchead una migliore conoscenza della diffusione del corpus platoni-co nella prima età imperiale: secondo Des Places, infatti, la re-

censione completa delle citazioni platoniche nella letteraturaapologetica e patristica permetterebbe di ricostruire il “fondocomune” cui attingono i Padri della Chiesa per le loro apologiedel cristianesimo e che riposerebbe essenzialmente su un flori-legio allestito da un autore cristiano in epoca relativamente an-tica. Si tratterebbe di qualcosa, secondo Des Places, di cui si ècercato invano l’esistenza per le scuole pagane34. Quest’ultimaconsiderazione è discutibile se si pensa alla scoperta, da partedella storiografia filosofica tedesca della seconda metà dell’800,della categoria di “dossografia”, basata sull’ipotesi di HermannDiels dell’esistenza di un antico repertorio di placita o vetustaplacita, fonte primaria delle informazioni di filosofia della na-tura del primo ellenismo e componente principale dei Placitaattribuiti al compilatore Aezio, posto a cavallo tra I secolo a.C.e I d.C.35. È da supporre piuttosto che, se il repertorio di cita-

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34 Ivi, p. 386 = rist. p. 250: «Les citations proprement dites – non lesallusions ou imitations – aident à fixer le texte de Platon […] De plus, àcondition d’être recensées dans leur totalité, elles permettent de reconsti-tuer le fonds commun où puisent les Pères pour leurs apologies du chris-tianisme et qui […] repose sur un florilège peut-être établi de bonne heu-re par un chrétien. La reconstitution de ce florilège, tentée en vain jus-qu’ici pour les écoles païennes, apporterait bien des informations … ».

35 Una rinnovata indagine sul patrimonio dossografico ellenistico etardo-antico così come sui presupposti metodici del lavoro di Diels si de-ve, com’è ormai molto noto, a J. MANSFELD (principalmente: Doxographyand Dialectic: the Sitz im Leben of the Placita, in ANRW, II 36, 4, (1990)pp. 29-47; Heresiography in Context: Hippolytus’ Elenchos as a Source forGreek Philosophy, Brill, Leiden-NewYork-Köln 1992; Physikai doxai andProblemata physica from Aristotle to Aëtius (and Beyond), in W.W. FOR-TENBAUGH-D. GUTAS (eds.), Theophrastus: His Psychological, Doxographi-cal and Scientific Writings, Transaction Publishers, New Brunswick-Lon-don 1992, pp. 63-111), e D. RUNIA (principalmente: Additional Fragmentsof Arius Didymus on Physics, in K. ALGRA-P.W. VAN DER HORST-D.T. RU-NIA (eds.), Polyhistor. Studies in the History and Historiography of AncientPhilosophy presented to Jaap Mansfeld, Brill, Leiden 1996, pp. 363-81;What is Doxography?, in P.J. VAN DER EIJK (ed.), Ancient Histories of Med-icine. Essays in Medical Doxography and Historiography in Classical Antiq-uity, Brill, Leiden-Boston 1999, pp. 33-55; Philo and Hellenistic Doxogra-phy, in F. ALESSE (ed.), Philo of Alexandria and Post-Aristotelian Philoso-

phy, Brill, Leiden-Boston 2008, pp. 13-54, partic. 14-21). I risultati com-plessivi delle ricerche di questi studiosi sono da vedere in J. MANSFELD-D.RUNIA, Aëtiana. The Method and Intellectual Context of a Doxography, I:The Sources, Brill, Leiden 1997; II: The Compendium, Brill, Leiden-Boston2009. Si veda anche, come inquadramento generale, J. MEJER, Überliefe-rung der Philosophie im Altertum. Eine Einführung, Reitzel, Copenhagen2000, e i contributi in A. BRANCACCI (ed.), Philosophy and Doxography inthe Imperial Age, Olschki, Firenze 2005. Per una messa a fuoco della no-zione di dossografia nel De natura deorum, cfr. C. AUVRAY-ASSAYS, Lesconstructions doxographiques du De natura deorum et la réflexion cicéro-nienne sur la physique, in C. LÉVY (éd.), Le concept de nature à Rome. Laphysique. Actes du séminaire de philosophie romaine de l’Université deParis XII-Val de Marne (1992-1993), Presses de l’E� cole normale supe�rieu-re, Paris 1996, pp. 67-83 (che però si concentra sul I libro).

L’EPINOMIDE E LA STOA 221

zioni platoniche di cui parla Des Places è esistito, esso abbiaavuto come suo modello o antecedente un analogo repertoriodossografico, o meglio, antologico, composto in età ellenistica,il quale conservava citazioni o parafrasi anche dell’Epinomide.Questo spiegherebbe i numerosi richiami all’Epinomide in let-teratura medio e neoplatonica non cristiana e di contenutoscientifico, matematico, metafisico; tali richiami, mescolandosispesso a teorie desunte da altri dialoghi platonici o talora a tra-dizioni scolastiche ellenistiche, potrebbero derivare non diret-tamente dall’Epinomide ma da un’opera compilatoria in cui siesponevano delle ricostruzioni già in buona misura contamina-te della filosofia platonica. Un esempio di questo fenomeno el-lenistico o tardo-ellenistico di contaminazione che coinvolgel’Epinomide, è rappresentato dall’epitome dello pseudo-Plu-tarco, su cui tornerò più avanti, ma è anche plausibile per luo-ghi di Filone di Alessandria, Alcinoo, Proclo.

Molte sono le teorie e le concezioni contenute nell’Epino-mide e di cui può scorgersi la presenza nella filosofia della na-tura e nella teologia stoiche. Tra queste, le più significative so-no le seguenti: la teoria della nascita della nozione del divino apartire dallo spettacolo dei moti celesti; l’impiego del terminekovsmo~ per indicare il cielo; la divinizzazione degli astri o teo-

logia astrale; la demonologia, diretta conseguenza, per l’autoredell’Epinomide, della teoria dei cinque elementi e delle particorrispondenti del cosmo; il tema dell’anima del mondo comeprincipio demiurgico. La teoria secondo cui la rappresentazio-ne della divinità sorge dalla contemplazione del cielo pare par-ticolarmente legata al nome di Cleante36, anche se essa può es-sere reputata una dottrina della scuola37; così come a Cleantepare legato lo sviluppo di una teologia astrale di cui non si han-no ancora chiare tracce nel predecessore Zenone38. Gli dèi so-no comunque, per gli Stoici, aijqevria zw/a39 e gli astri stessi so-no detti divinità ajei; qevonte~, oggetto della contemplazioneumana40. È cosa nota, tuttavia, che per la Stoa l’aijqhvr non è unelemento distinto dai quattro corpi naturali di parte della tra-dizione accademica e di Aristotele, ma piuttosto la parte più“raffinata” del fuoco, corrispondente all’ultima fase di rarefa-zione della materia cosmica41.

Malgrado le enormi differenze tra la cosmologia dell’Epi-nomide e, in generale, dell’antica Accademia, e la cosmologiastoica – la prima delle quali consiste nella continuità, postulatadagli Stoici, tra il mondo sub-lunare e quello celeste, motivoper cui gli dèi-astri non sono immuni dal processo di confla-grazione – pure esistono testi che documentano una possibilecombinazione di idee o quantomeno una contaminazione lin-guistica. Tra i vari significati di kovsmo~, e a lato di quello secon-

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36 Cfr. CIC. De nat. deor. II 12 e III 16 = SVF I 528.37 Cfr. AËT. I 6 = SVF II 1009.38 Su questo aspetto della cosmologia cleantea, cfr. M. ISNARDI PA-

RENTE, Il fuoco conico di Cleante e i Pitagorici, in Sapienza antica. Studi in onore di Domenico Pesce, Angeli, Milano 1985, pp. 120-9 e Gli Stoici,cit., pp. 29-31, sulla base di SVF II 682, e CLEM. AL. Strom. V 8, 48 = SVFI 502.

39 SEXT. EMP. M IX 86 = SVF II 1014.40 AËT. I 6 = SVF II 1009, cit.41 Cfr., ad esempio, PLUTARCH. De Stoic. rep. 41, 1053a; DIOG.

LAERT. VII 137 = rispett. SVF II 579 e 580; per Posidonio, cfr. F 24 e 127Edelstein-Kidd.

do cui kovsmo~ è suvsthma della sfera terrestre e di quella celeste,gli Stoici accolgono quelli di “dio”, “demiurgo” e “cielo”, cioèsfera dei pianeti e delle stelle fisse, costituita di etere e che simuove di moto circolare42. Le origini di questa accezione di kov-smo~ possono essere in certa misura rintracciate nel Timeo (cioènel kovsmo~ ajlhqinov~ di Tim. 40a6); tuttavia, malgrado DiogeneLaerzio43 riferisca esplicitamente questo uso di kovsmo~ alla più antica tradizione pitagorica, mentre Achille Tazio e Proclopretendono di desumerlo direttamente da Platone44, in effettiesso è attestato, come fanno notare Ma ns feld e Whittaker45, inEpinom. 987b6-7.

Significativo è anche il linguaggio impiegato nella testimo-nianza di Stobeo (SVF II 527 cit.), proprio in riferimento alsenso di kovsmo~ come cielo e sede degli astri: tov de (scil. legov-menon) periferovmenon aujtw/ ejgkuklivw~ aijqevra ei\nai, ejn w|/ ta;a[stra kaqivdrutai, tav te ajplanh kai; ta; planwvmena, qeia th;nfuvsin o[nta kai; e[myuca …; il passo ricorda il testo di Tim.38c7, che però solo fugacemente attribuisce l’atto dell’insedia-mento degli astri al demiurgo, rimandando ad un esame futurol’indagine sulle sfere di Marte, Giove e Saturno46; ma soprat-tutto Epinom. 984a5-7: ouj ga;r mhvpote fanh`/ kallivw kai; koi-novtera xumpavntwn ajnqrwvpwn ajgavlmata, oujd∆ ejn diafevrousintovpoi~ iJdrumevna, kaqariovthti kai; semnovthti … Che gli astriappaiano insediati e come “incastonati” nella volta celeste, se -

L’EPINOMIDE E LA STOA 223

42 Cfr. DIOG. LAERT. VII 137 = SVF II 526 e soprattutto STOB. Ecl. I p.184, 8 sgg. Wachsmuth = SVF II 527.

43 VIII 48.44 ACH. TAT. Isag. in Arat. p. 36 Maass 5-6; PROCL. In Tim. III p. 118

Diehl, commento a Tim. 40a6.45 J. MANSFELD, The Pseudo-Hippocratic PERI ‘EBDOMADWN, cit.,

p. 42 n. 26; Alcinoos. Enseignement des doctrines de Platon, Introduction,texte établi et commenté par J. WHITTAKER, Les Belles Lettres, Paris1990, p. 33 n. 280.

46 Su questo passo, e sul senso di iJdruvw, cfr. Platone. Timeo, Trad. ecomm. a cura di F. FRONTEROTTA, Rizzoli, Milano 2003, ad loc. p. 216,nn. 130 e 131.

condo la descrizione “troppo materialistica” che ne avrebberofatto gli Stoici, è oggetto di critica da parte di Plutarco, in Dedefectu oraculorum, 29, 426b:

… e invero, non bisogna […] sorvegliarli [scil. gli astri] inchio-dandoli alla materia o meglio, serrandoveli, come costoro che fan-no delle divinità condizioni dell’atmosfera o proprietà combinatedell’acqua e del fuoco e le fanno rinascere e di nuovo perire in-sieme al mondo; così non le credono cittadini liberi, come noc-chieri o piloti ma, al modo delle statue (w{sper ajgavlmata) cheaderiscono fissate alla base, così le concepiscono costrette nelprincipio corporeo e come inchiodatevi, partecipi di esso fino alladistruzione … 47.

L’uso di a[galma in riferimento agli astri non è casuale néepisodico, perché pare scaturito dal passo di Epinom. 984a5-7e torna in Filone di Alessandria e altra letteratura mediopla-tonica48. Il termine inoltre compare in un argomento stoico ad-dotto a sostegno dell’esistenza di una divinità intelligente eartefice della natura e che appartiene senz’altro all’ordine delleidee già ravvisato in De natura deorum II e soprattutto in Tuscu-lanae I49.

Che la cosmologia stoica abbia recepito elementi di platoni -smo e in particolare dall’Epinomide, lo può confermare la dos-

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47 Plutarco. L’eclissi degli oracoli, Trad. di A. RESCIGNO, D’Auria, Na-poli 1995.

48 Cfr. ad esempio, PHIL. De somn. II 223 e De spec. leg. I 23; si vedaanche PLUTARCH. De tranq. an. 477c: «Il cosmo è il tempio più santo epiù degno di Dio: in esso l’uomo è introdotto fin dalla nascita come spet-tatore non già di opere create dalla sua mano e immobili (ajgalmavtwnqeathv~), bensì, come dice Platone, delle immagini sensibili delle essenzeintelligibili». Di particolare interesse è l’impiego del verbo ajgalmatofo-rein da parte di Filone in De opif. 18, 69, 72 e 137, su cui richiamò l’at-tenzione P. BOYANCÉ, Études Philoniennes, «Revue des Études Grec-ques», LXXVI (1963) pp. 64-110, e su cui cfr. P. GRAFFIGNA, Un hapax diFilone d’Alessandria: ajgalmatoforein, «Maia», XLIII (1991) pp. 143-8. Siveda su tutto ciò il contributo di Francesca Calabi in questo volume.

49 SEXT. EMP. M IX 98 = SVF II 1015.

sografia dello pseudo-Plutarco50. La e[nnoia qeou si ricava dal-la bellezza dei fenomeni della natura (ajpo; tou` kavllou~ tw`nejmfainomevnwn) perché lo spettacolo di tale bellezza induce lamente a supporre l’esistenza di una “certa arte creativa”: oujde;nga;r tw`n kalw`n eijkh` kai; wJ~ e[tuce givnetai, ajlla; metav tino~tevcnh~ dhmiourgouvsh~. E analogamente a quanto leggiamo inCicerone e in Sesto Empirico, il carattere artistico del mondo,la perfetta organizzazione delle sue parti, presuppongonoun’intelligenza che presiede alla natura, secondo quanto soste-nuto dallo stesso Platone (dia; touto ga;r kata; to;n Plavtwna ejnth`/ kefalh`/ to; iJerwvtaton sunevsthke nou`~). Un elemento diplatonismo è certamente contenuto, inoltre, nell’idea che lanozione di dio scaturisca soprattutto dalla contemplazione de-gli astri, i quali danno luogo ad una megavlh sumfwniva e all’av-vicendamento della notte con il giorno, dell’estate con l’inver-no, ecc…: motivi per i quali si può richiamare, oltre Tim. 47a,anche Epinom. 978c6-979b9 (avvicendamento del giorno edella notte e delle stagioni51) e, forse, 982e, dove è più precisa-mente evocata la “danza degli astri”.

Un’eco evidente dell’Epinomide leggiamo nel passo dellopseudo-Plutarco52 su cui ha richiamato l’attenzione Tarán53,

L’EPINOMIDE E LA STOA 225

50 PS.-PLUTARCH. = AËT. I 6 = DG pp. 292-7.51 Ibid. = DG p. 295, r. 20 sgg.52 PS. PLUTARCH. = AËT. II 7, 4 = DG p. 336: Plavtwn pu`r prw`ton,

ei\t∆ aijqevra, meq j o}n ajevra, ejf∆ w|/ u{dwr, teleutaivan de; ghn: ejnivote de; to;naijqevra tw/ puri; sunavptei.

53 Academica, cit., p. 158 e n. 676: «It is the last part of the statementthat suggests a stoic source, since it was the Stoics who conflated fire andaether». Si vedano ora J. MANSFELD-D.T. RUNIA, Aëtiana, II, cit., PartTwo, p. 401: nella doxa platonica troviamo «a more conventional render-ing of the dominant cosmological model, with five elements (or regions)[…] Fire is placed before ether, prefiguring the contrast with Aristotle.The additional comment [credo che gli studiosi si riferiscano alla fraseche inizia con ejnivote …] is made in order to reduce the five elementsback to four, as in the previous chapter [il riferimento è a AËT. Plac. II 6, 4,che è una doxa sui quattro elementi, non cita aijqhvr ed è molto aderenteal Timeo.] […] The question of whether Plato espoused a four- or five-el-

nel quale si attribuisce a Platone la teoria dei cinque corpi ele-mentari, secondo una consuetudine dell’Accademia conferma-ta dalla Vita di Platone di Senocrate54; ma mentre Senocrateavrebbe prestato a Platone la sequenza che lui stesso e Aristo-tele adottarono (ponendo l’etere al primo posto), lo pseudo-Plutarco documenta per Platone la medesima sequenza dell’E-pinomide (con il fuoco al primo posto). Ma lo pseudo-Plutarcotestimonia anche il tentativo di conciliare la teoria dei cinquecorpi elementari nell’ordine in cui essi vengono presentati nel-l’Epinomide, con la teoria dei quattro corpi descritta nel Ti-meo: la soluzione del dossografo consiste nel sostenere che Pla-tone «talora mette insieme il fuoco e l’etere». Nei dialoghi pla-tonici non sembrano esserci casi di identificazione di aijqhvr epur55. La soluzione invece è coerente con l’idea stoica che deiquattro elementi di cui si compone il mondo, il fuoco possadirsi anche aijqhvr almeno nel suo massimo grado di rarefazio-ne56. La suvnayi~ di fuoco ed etere, basata sulla loro quasiequivalenza, è certamente una soluzione per conciliare l’appa-rente differenza negli scritti platonici (tra i quali si annovera

226 FRANCESCA ALESSE

ement universe was one of the very few issues in dispute in Platonist cos-mology». Credo che il contrasto tra Plac. I 6, 4 e II 7, 4 possa spiegarsi an-che con il fatto che l’Epinomide fosse attribuita a Platone anche dal dos-sografo e che pertanto si imponesse l’esigenza di ridurre a coerenza leteorie del Timeo e dell’Epinomide. Se, come credo, l’Epinomide è sottesaa Plac. II 7, 4, allora si comprende anche l’ordine degli elementi fuoco-etere, che la doxa aristotelica immediatamente successiva inverte.

54 Cfr. SIMPL. In Arist. Phys. p. 1165, 33 sgg. Diels e In Arist. De cael.p. 12, 22 sgg. = frr. 264 e 265 Isnardi; si veda il commento in Senocrate-Ermodoro. Frammenti, Edizione, traduzione e commento, a cura di M.ISNARDI PARENTE, Bibliopolis, Napoli 1982, pp. 433-5.

55 In Phaed. 111b l’etere è piuttosto una componente leggera più del-l’aria ma contigua a quest’ultima e non intercambiabile con il fuoco, esat-tamente come in Tim. 58d. La menzione dell’etere in Phaed. 109c è un ri-chiamo a teorie diffuse; così anche in Crat. 408d e 411b, dove aijqhvr è di-stinto anche da ajhvr.

56 Cfr. CIC. De nat. deor. II 63 = SVF II 1067; AR. DID. fr. 36 Diels =SVF II 596; DIO CHRYS. Or. XL 37 = SVF II 601; DIOG. LAERT. VII 137 =SVF II 580.

l’Epinomide); una soluzione forse di scuola stoica o che risentedel lessico stoico, come suggerisce il fatto che la fonte stoica diCicerone pare aver adottato un’alternanza di ardor e aether, co-me termini equivalenti, nel passaggio dalla dossografia platoni-ca di De nat. deor. II 32 a quella cleantea di II 39.

Strutturalmente legata alla dottrina dei cinque elementi edelle cinque regioni cosmiche, la demonologia dell’Epinomide, alpari della cosmologia, è da un lato l’espressione della riflessioneaccademica della seconda metà del IV secolo e dall’altro un ter-reno preparatorio alla demonologia stoica. I demoni rappresen-tano la vitalità degli elementi e sono pertanto la prova dell’atti-vità demiurgica dell’anima cosmica; la loro natura di intermedia-ri svolge un ruolo cosmologico essenziale, quello di salvaguarda-re la coesione fisica del mondo, rappresentata dalla nozione disuvndesmo~. Essi, infatti, non solo mediano tra uomini e dèi, se-condo la religiosità tradizionale, ma rendono, per così dire, pro-porzionali le due zone estreme del cosmo che altrimenti rimar-rebbero sostanzialmente separate. In tal modo, i demoni garanti-scono la contiguità delle diverse regioni del cosmo, dato che cia-scuna classe di esseri viventi contiene qualcosa degli elementiche non costituiscono la sua essenza specifica57. Questa idea dicondivisione di tutte le nature elementari tra le varie specie di es-seri viventi è già una significativa apertura all’idea stoica dellasimpatia universale, pur rimanendo ancora molto lontana dallanozione di continuità materiale che la simpatia presuppone.

Tra le caratteristiche attribuite ai demoni nell’Epinomide,alcune anticipano le proprietà dei demoni stoici58: la Stoa infat-ti si allinea alla tradizione di pensiero che annovera, stando aPlutarco59, il pitagorismo, Platone e Senocrate, e secondo la

L’EPINOMIDE E LA STOA 227

57 Cfr. Epinom. 984b-986a.58 Sui caratteri generali della demonologia stoica si veda K.A. ALGRA,

Stoics on Souls and Demons. Reconstructing Stoic Demonology, in D. FREDE-B. REIS, Body and Soul in Ancient Philosophy, De Gruyter, Berlin-NewYork 2009, pp. 359-87, partic. p. 375 per un rapido cenno all’Epinomide.

59 Cfr. De Is. et Osir. 25, 360d-e = SVF II 1103. Su Senocrate si vedaanche PLUTARCH. De def. 12, 416c = fr. 222 Isnardi, dal quale sappiamo

non solo che Senocrate ammetteva come l’Epinomide e come gli Stoici,che i demoni sono suscettibili di passioni ma anche che egli poneva co-me causa di questa suscettibilità il tipo e la natura del triangolo che è l’u-nità geometrica ultima costitutiva del corpo elementare di cui i demoni,come ogni altro essere vivente, sono costituiti, cfr. anche PROCL. In Plat.Remp. II p. 48, 4 sg. = fr. 223 Isnardi. Ciò mostra in primo luogo che Se-nocrate reputava la sua demonologia un naturale sviluppo dell’insegna-mento cosmogonico del Timeo e della sua base matematica; in secondoluogo, che questa cosmogonia “matematica” del Timeo, offrendo le pre-messe per l’introduzione del quinto elemento (grazie all’aggiunta del do-decaedro come quinto poliedro regolare), fornisce anche la giustificazio-ne all’idea della condivisione degli elementi da parte di tutte le classi de-gli esseri viventi.

60 Cfr. Epinom. 985b sgg., e DIOG. LAERT. VII 151 = SVF II 1102.

228 FRANCESCA ALESSE

quale l’elemento divino presente nel daivmwn non è puro, macontaminato dalle sensazioni del corpo; perciò il demone è su-scettibile alle sensazioni di piacere e dolore, un’idea condivisadall’autore dell’Epinomide (985a5). Altro elemento caratteristi-co di questa tradizione demonologica è che i demoni si pren-dono cura delle vicende umane o, quanto meno, amano e odia-no gli uomini in base alla loro virtù60.

Ma quel che deve essere reputato l’elemento di maggiorimpatto sulla cosmologia e più precisamente sulla cosmogoniae sulla teologia stoiche, è la concezione che l’autore dell’Epino-mide adduce a sostegno della natura intelligente dei corpi cele-sti e della regolarità del loro moto: l’esistenza di un’anima co-smica che non solo, come già in Platone e nella prima letteratu-ra accademica, sovrintende ai moti delle sfere cosmiche e cheproduce da sé il proprio movimento, ma plasma gli esseri chedimorano nelle diverse regioni del cosmo, traendo la materiadella sua produzione demiurgica dai corpi elementari, ai qualiattinge in diverse proporzioni per realizzare il suvndesmo~ ovincolo coesivo del cosmo.

L’idea di un’anima in cui confluiscono tanto la necessità,intesa come uniformità e ineluttabilità delle leggi matematicheche regolano la natura, quanto la capacità di deliberare il me-glio, è già introdotta in Epinom. 982a8-c1:

61 La traduzione di questo testo e di quello successivo è di F. Aronadio.62 Sulla relazione tra demiurgo e anima del cosmo e sull’impatto eser-

citato da tale relazione sull’Accademia e sulla Stoa, cfr. soprattutto D.

L’EPINOMIDE E LA STOA 229

… ciò che si muove disordinatamente […] bisogna ritenere sia pri-vo di senno, mentre ciò che si muove ordinatamente e che segue unproprio cammino in cielo bisogna che sia considerato una grandeprova del suo essere intelligente […] la necessità di un’anima chepossiede la ragione sarà di molto la più grande di tutte le necessità,perché impone la sua legge comandando e non essendo comandata:quando l’anima delibera il meglio secondo la migliore ragione (o{tan[…] bouleuvshtai noun), ne risulta l’inalterabile …61.

Questa concezione di anima cosmica egemonica che delibe-ra, esprime cioè un atto volontario, ma le cui deliberazioni si im-pongono con ajnavgkh, si arricchisce della nozione di attività de-miurgica, poietica, in Epinom. 984b5-c7, al momento di spiegarel’origine delle tre classi intermedie di esseri viventi:

Poniamo allora l’etere dopo il fuoco, e assumiamo che da quellol’anima plasma esseri viventi che, come accade per gli altri generi,hanno come predominante il carattere di tale natura corporea, ein misura minore quelli derivanti dagli altri generi di corpo in fun-zione di un legame fra di essi. Dopo l’etere, l’anima plasma dall’a-ria un altro genere di esseri viventi, e un terzo dall’acqua. Forgiatetutte queste realtà, l’anima, utilizzando tutti i generi di corpo se-condo i rispettivi caratteri […] riempì […] l’intero cielo di esseriviventi.

L’anima cosmica di cui parla l’autore dell’Epinomide pre-senta senza dubbio i caratteri dell’anima cosmica di cui parlaPlatone nel Timeo e nelle Leggi, pertanto è principio motore eordinatore; ma rivelando anche i tratti di un essere dotato divolontà e intento a costruire un mondo di esseri viventi, acqui-sisce le prerogative che nel Timeo sono assegnate al demiurgo.Come si è accennato all’inizio, la critica più recente ha ricono-sciuto sempre più il debito della fisica stoica verso il Timeo, leLeggi e la riflessione dell’Accademia antica62; tuttavia, per

SEDLEY, The Origins of Stoic God, cit., pp. 39-64. Sulle analogie tra ilprovvidenzialismo stoico e il X libro delle Leggi, cfr. D. FREDE, Theodicyand Providential Care in Stoicism, in D. FREDE-A. LAKS, Traditions of The-ology, cit., pp. 85-117. Su alcune convergenze tra il Timeo e la teologiastoica per quel che attiene a temi morali, cfr. G. BETEGH, CosmologicalEthics in the Timaeus and Early Stoicism, «Oxford Studies in AncientPhilosophy», XXIV (2003) pp. 273-302, e A.A. LONG, Cosmic Craftsman-ship in Plato and Stoicism, in R.D. MOHR-B.M. SATTLER (eds.), One Book.The Whole Universe. Plato’s Timaeus Today, Parmenides Publishing, LasVegas-Zürich-Athens 2010, pp. 37-54.

63 Cfr. supra, n. 13.64 Cfr. DIOG. LAERT. VII 139 e SEXT. EMP. M IX 11 = SVF II 300 e 301;

DIOG. LAERT. VII 137 = SVF II 526; DIOG. LAERT. VII 134 = SVF I 85 e493; ORIG. De princ. II 78 = SVF II 304; DIOG. LAERT. VII 147 = SVF II

1021; HIPPOL. Philos. 21, 1 = DG p. 571 = SVF I 153; AR. DID. apud EUS.Praep. Ev. XV 15 = SVF II 528.

65 Cfr. ALEX. APHR. De mixt. p. 224 Bruns = SVF II 310; TERT. Ad.nat. II 4 = SVF I 155; THEMIST. De an. II p. 64 = SVF I 158; CIC. De nat.deor. I 36 e EPIPH. Adv. haeres. III 36 = DG p. 592 = SVF I 161.

66 Cfr. ALEX. APHR. De fat. 31 = SVF II 928; SENEC. De benef. IV 9 =SVF II 1024; AËT. I 7 = DG p. 302 = SVF II 532; CIC. De nat. deor. II 58 =SVF II 172.

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quanto ho potuto constatare, non è stata analizzata in dettagliola possibilità di un richiamo stoico a queste pagine dell’Epino-mide per quel che attiene alle nozioni di dio-demiurgo e animacosmica, anche se John Dillon ha recentemente segnalato l’im-portanza dell’Epinomide63. Come è ben noto, il dio stoico è de-scritto nei termini di un principio attivo, artefice, demiurgo eprovvidente64; esso è però anche un principio pervasivo65, im-manente alla natura che ha creato; è anima del cosmo e, oltreche provnoia, è anche eiJmarmevnh66, perché il piano divino siimpone sulle vicende cosmiche. Da questa descrizione emergecon chiarezza che la cosmologia e soprattutto la teologia stoicahanno unito i tratti di un dio-demiurgo con i caratteri dell’ani-ma cosmica. Questa confluenza è peculiarmente stoica e se èvero che essa è lo sviluppo di premesse poste dalla riflessioneplatonica e accademica, non è nel Platone del Timeo e delleLeggi, né in quel che possediamo della restante letteratura ac-cademica, che troviamo tali premesse, ma nell’Epinomide. Nel

67 Su questo tema capitale, sulla natura di “sostanza composta” del-l’anima del mondo e sul ruolo di “mediazione”, tanto a livello ontologicoche epistemologico dell’Identico e del Diverso, si vedrà l’opera fonda-mentale di L. BRISSON, Le Même et l’Autre dans la structure ontologiquedu Timée de Platon. Un commentaire systématique du Timée de Platon,Klincksieck, Paris 1974 (Academia Verlag, Sankt Augustin 19942), partic.pp. 270-352.

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Timeo, infatti, l’anima del mondo è essa stessa un dhmiouvrgh-ma, un’entità divina ma non semplice, né primaria (essa è infat-ti composta dalle essenze di divisibile, indivisibile, identico, di-verso)67; in Leg. 891b-898d sono avanzati con chiarezza sia ilnesso tra anima e movimento, che dell’anima è spontaneamen-te generato, sia, soprattutto, il principio che solo l’anima gene-ra il primo movimento. Questo duplice aspetto è presentatocome una correzione radicale delle antiche filosofie naturalisti-che che commettevano l’errore, dice Platone, di spiegare la di-namica della natura spiegando l’interazione dei quattro ele-menti e introducendo soltanto in un secondo mo men to unprincipio psichico, quando invece è l’anima ad essere anteriorea tutti i corpi (compresi quindi i corpi elementari). È sancitodunque il principio che all’origine della serie dei fenomeni na-turali ci sia un’anima, ma questa non è descritta come un’ani-ma plavttousa, plasmatrice e demiurgica, né la sua azione mipare posta direttamente in rapporto con le trasformazioni deiquattro elementi naturali. Nella letteratura accademica, inclusal’Epinomide, si assiste ad una preferenza per il principio dell’a-nima cosmica rispetto a quello del dio-demiurgo, probabil-mente per via del fatto che quest’ultimo, se inteso alla lettera,avrebbe minato l’esistenza ab aeterno del cosmo introducendol’ipotesi di una cosmogenesi nel tempo, dettata da un atto vo-lontario. Anche l’autore dell’Epinomide con ogni probabilitàcondivide queste preoccupazioni di alcuni Accademici ma sisforza di recuperare il tema demiurgico all’interno dell’ideadell’anima cosmica, che diviene così, essa stessa, un vero de-miurgo che plasma gli esseri viventi e «delibera secondo il me-glio». Pur non potendo escludere che vi siano state esegesi

68 Cfr. DIOG. LAERT. VII 134, 135-136; PLUTARCH. De Stoic. rep. 41,1053a.

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analoghe, dobbiamo dire che l’Epinomide è il migliore testimo-ne del processo di trasformazione della cosmogonia del Timeonella cosmogonia stoica.

A conforto del fatto che l’Epinomide si pone come unatappa fondamentale di questo percorso, e come indizio dell’in-fluenza dei suoi contenuti sul pensiero stoico, si può richiama-re il nesso, stabilito in Epinom. 984b6-c4, tra l’attività di questayuchv plasmatrice e demiurgica e gli elementi naturali, che nonha evidenti riscontri in altra letteratura accademica e ne ha in-vece in quella stoica: gli Stoici descrivono il duplice ciclo di co-stituzione-distruzione del mondo come un passaggio operatodal dio stesso attraverso i quattro elementi, i quali sono ogget-to di trasformazione grazie ai processi di rarefazione e conden-sazione68. È vero che l’Epinomide e le dossografie stoiche nondicono la stessa cosa, in quanto la prima vuole spiegare comesorgono gli esseri intermedi, demonici, e non la nascita del co-smo, che è invece l’argomento delle dossografie stoiche. Tutta-via, mi pare che il rapporto tra un’anima-dio che plavttei il co-smo in relazione ai quattro elementi non compaia altrove.Questo nesso d’altronde non nasce casualmente ed è ricondu-cibile ad un motivo di riflessione interno all’Accademia: comeabbiamo visto, lo stesso Platone nelle Leggi condannava gli an-tichi filosofi naturalisti per aver posto la dinamica dei quattroelementi prima della comparsa dell’anima. Sia l’Epinomide chei testi stoici fanno il contrario.

Infine, la linea di pensiero che è possibile tracciare dall’E-pinomide alla cosmogonia e alla teologia della Stoa, consente diriprendere la questione storiografica su cui ci si è soffermatinella prima parte di questa indagine e che è sollevata dalla let-tura del De natura deorum: la questione della concomitanza,nelle fonti stoiche utilizzate da Cicerone, del principio genui-namente stoico della simpatia universale, strettamente legatoad una visione immanentistica della divinità, e del principio di-

69 Cfr. SEXT. EMP. M IX 26 e 75-77.

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vino demiurgico ed egemonico, distinto dalla natura creata.Questo intreccio è stato visto da taluni come un accostamentoforzato di elementi estranei, da altri come la sintesi dei duemotivi già implicita nell’originaria riflessione platonica. Credoche si debba propendere per la sintesi, la quale, però, in primoluogo, è un contributo originale dello stoicismo, in nessun mo-do presente già nei testi platonici; in secondo luogo, è resa pos-sibile dall’Epinomide (e da testi simili nell’ipotesi che ne sianoesistiti altri dello stesso tenore e di cui non si hanno notizie).Una prova anche più esplicita che questa combinazione è pro-priamente stoica si potrà ricavare dalle dossografie stoiche diSesto Empirico69 le quali, condividendo molti elementi con iresoconti di Tusculanae I e De natura deorum II e dello pseudo-Plutarco sopra considerati, presentano un esempio della sintesidi immanentismo e teologia demiurgica.