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L'infrastruttura invisibile: la rete degli aeroporti e del trasporto aereo
Sebastiano Bagnara*. Simone Pozzi**
*Dipartimento Architettura, Design e Urbanistica, Università di Sassari-Alghero
( e-mail: [email protected])
**Dipartimento Architettura, Design e Urbanistica, Università di Sassari-Alghero
&
Deep Blue Consulting and Research, Roma
( e-mail: [email protected])
Introduzione
L’infrastruttura del trasporto aereo è perlopiù invisibile anche per chi la usufruisce: gran parte degli
elementi che permettono all’infrastruttura di erogare i propri servizi non sono percepiti, vuoi per la
complessità tecnica dell’infrastruttura, vuoi per la sua natura distribuita su larghe aree geografiche. Ma
il motivo principale di questa invisibilità è che tali infrastrutture sono costruite per essere
“trasparenti”, perlomeno nel momento dell’utilizzo: il viaggiatore non si deve preoccupare
dell’infrastruttura, ma servirsi di essa per raggiungere i suoi scopi (ad esempio spostarsi). E l’utente è
portato a darla, infatti, “per scontata”.
Tra le infrastrutture di supporto al trasporto aereo, vengono immediatamente ricordati gli aeroporti,
sicuramente visibili, nelle loro interfacce con l’utente e nel loro hardware, ma altrettanto sicuramente
sono invisibili nel loro funzionamento. Ma il trasporto aereo non avviene solo con gli aeroporti e gli
aerei, ma si avvale, e sono indispensabili, anche di reti di sistemi di navigazione, quali i satelliti o i
radiofari. Come l’infrastruttura principale, anche la gran parte di queste infrastrutture “di servizio” è
poco visibile, vuoi perché di natura “immateriale” (onde radio), oppure perché sono a loro volta
distribuite nello spazio, come ad esempio il caso delle reti di telecomunicazioni per il trasferimento di
dati tra i vari centri di controllo.
L’invisibilità del trasporto aereo è particolarmente paradossale se confrontata con l’impatto sociale ed
economico che essa ha. Una rotta aerea realizza e dà corpo alle relazioni sociali ed economiche tra
città, regioni e stati diversi, anzi funziona da catalizzatore, mette in comunicazione spazi altrimenti
non connessi, come dimostrano anche gli studi sulla propagazione delle epidemie (Pastor-Satorras &
Vespignani, 2001). Si tratta d’altra parte di una infrastruttura particolarmente complessa, perché
coordina un insieme di altre infrastrutture, sistemi, macchine, organizzazioni e attori. A titolo di
esempio, si veda l’immagine di Fig. 1, che mostra la complessità dell’infrastruttura di gestione delle
merci all’interno dell’aeroporto JFK di New York: una città (i terminal merci) all’interno di una città
(l’aeroporto), la cui estensione è paragonabile a quella di Manhattan, su poco meno di 5000 ettari e più
di 45 chilometri di strade.
Figura 1. Gli edifici dedicati al trasporto merci nell’aeroporto JFK di New York e la sua estensione spaziale
rispetto a Manhattan. Illustrazioni tratte da (Ascher, 2005).
Nel caso dell’infrastruttura per il trasporto aereo, la creazione del consenso gioca un ruolo non solo
nella costruzione di componenti dell’infrastruttura, ad esempio, sono ben noti i confitti sociali che
spesso insorgono per la costruzione di un nuovo aeroporto o di una nuova pista. Il motivo principale è
che le infrastrutture del trasporto aereo richiedono enormi investimenti e scelte strategiche all’inizio
della loro vita, ma il loro impatto si accresce sempre più una volta messe in opera. Infatti, una volta
realizzate possiedono una loro inerzia, dettata dallo stratificarsi dei vari sistemi ad esse necessari.
Inoltre, tendono ad agire da catalizzatrici degli aspetti sociali ad esse connessi, innanzitutto
cristallizzando e rendendo pressoché definitive le scelte politico-sociali, l’idea che la società ha di se
stessa, per poi rinforzare o creare nuovi usi e consuetudini sociali (Dourish & Bell, 2007; Ortoleva,
2002). Il consenso da parte del pubblico e dei viaggiatori rispetto a queste scelte strategiche è cruciale
anche lungo tutto il ciclo di vita del sistema, dall’entrata in funzione alla sua dismissione.
Ma vi è un secondo motivo per cui il consenso gioca un ruolo primario aldilà della fase iniziale di
costruzione. Durante il ciclo di vita dell’infrastruttura, vi sono momenti in cui essa diventa
all’improvviso visibile, molto visibile. Sono i cosiddetti breakdown, i momenti di crisi in cui
l’infrastruttura non riesce più ad erogare il servizio come suo solito. Questi momenti sono cruciali per
la costruzione e il mantenimento del consenso, perché è nei momenti di visibilità che i passeggeri si
concentrano sull’infrastruttura, che danno invece per scontata e ignorandola quando funziona
correttamente. L’in-visibilità si rivela perciò come un aspetto estremamente critico nei momenti di
malfunzionamento di una infrastruttura, quando essa diventa improvvisamente percepibile non solo il
malfunzionamento, ma si svela anche in parte il sistema, l’infrastruttura.
Ed è su questo secondo aspetto della “in-visibilità” dell’infrastruttura del trasporto aereo che
insisteremo in questo contributo, analizzando due casi di “visibilità” improvvisa: il ritardo di un volo,
eventi piuttosto frequente ma solitamente di lieve entità e di non pesante impatto, e la crisi generata
dalla nube vulcanica nel 2010, evento più raro, ma più esteso e severo per la gravità delle sue
conseguenze.
Per analizzare queste particolari situazioni, utilizziamo la nozione, e i metodi di analisi connessi, di
breakdown, sviluppata da Winograd e Flores (1986) nell’ambito degli studi sull’interazione tra uomo e
computer, per analizzare casi analoghi, in cui l’infrastruttura, un sistema informatico nello specifico,
diviene all’improvviso percepibile. Occorre subito, però, osservare che vi è un differenza qualitativa
fra le due tipologie di breakdown: mentre i breakdown nell’interazione uomo-computer sono spesso
occasioni per comprendere come funziona un sistema, di riflessione, di soluzione di problemi e di
conseguente ristrutturazione della relazione uomo-computer, il breakdown dell’infrastruttura del
trasporto aereo spesso non porta alla comprensione di come realmente funzioni il sistema, ma
all’opposto rinforza alcune ipersemplificazioni dei viaggiatori. Esistono studi che hanno studiato i
breakdown nell’aviazione civile, ma la prospettiva è sempre stata quella degli operatori, ovvero dei
controllori di volo (Isaac, Shorrock, & Kirwan, 2002; Kirwan, 2001; Metzger & Parasuraman, 2005) o
dei piloti (Bearman, Paletz, Orasanu, & Thomas, 2010; Salas, Cooke, & Gorman, 2010; Shappell et
al., 2007).
Questa differenza appare particolarmente evidente quando si analizza la comunicazione verso i
passeggeri per mostrare come essa sia in gran parte tesa a mascherare a nascondere il
(mal)funzionamento dell’infrastruttura, mentre emergono alcuni aspetti peculiari, spesso poco utili alla
comprensione della natura del problema che ha causato la improvvisa “visibilità”. Per entrambi i casi,
quindi, prenderemo in considerazione il tipo di messaggio comunicato, il contenuto del messaggio e il
destinatario di tale messaggio. Come emittente considereremo gli attori che erogano il servizio, ovvero
le compagnie aeree o le organizzazioni europee, nel nostro caso, preposte alla gestione del traffico
aereo.
L’idea è di identificare quale sia la prospettiva, il punto di vista, utilizzato dagli operatori di queste
infrastrutture nella creazione (o nella involontaria distruzione ) del consenso durante i breakdown. Le
infrastrutture hanno un loro punto di vista, spesso implicito (Star, 1999), e i momenti di breakdown
possono aiutarci ad analizzarlo.
I momenti di visibilità dell’infrastruttura
Per l’infrastruttura del trasporto aereo, l’invisibilità e la complessità sono i problemi chiave nella
creazione del consenso. Da un lato, i passeggeri ritengono di facile soluzione problemi che invece
richiedono un coordinamento complesso (ad esempio, la sostituzione di un aeromobile a causa di una
rottura meccanica), dall’altro, non percepiscono i molteplici attori che si stanno coordinando per
erogare un servizio, limitandosi invece solo alla loro prospettiva. Ad esempio, i passeggeri di un volo
già in ritardo si lamentano perché il pilota non affretta il decollo, senza comprendere che proprio il
ritardo iniziale non dia alcuna priorità rispetto agli altri voli, ma anzi abbia portato l’aereo in coda agli
altri aerei puntuali.
Il problema cruciale da affrontare è che l’infrastruttura diventa visibile solo quando si interrompe (per
un qualunque motivo) il normale funzionamento della stessa. Purtroppo durante questi casi non
emerge l’intera complessità dell’infrastruttura, anzi la gran parte del funzionamento dell’infrastruttura
resta nascosta. Divengono visibili solo alcuni aspetti particolari, spesso poco utili alla comprensione
della natura del problema stesso.
Il breakdown dell’infrastruttura del trasporto aereo spesso rinforza alcune sovra-semplificazioni dei
viaggiatori, focalizzando la percezione del pubblico (o dei viaggiatori) solo sugli elementi più visibili.
Si tratta di un fenomeno ben compreso nella progettazione dei servizi, dove il servizio viene progettato
tenendo in considerazione anche la prospettiva parziale che spesso ne hanno gli utenti. Questo avviene
analizzando i momenti di contatto tra il servizio e l’utente (vedi Fig. 2, per un esempio), per capire
quale prospettiva ha in mente l’utente in quel momento e come progettare il punto di contatto
(touchpoint) corrispondente (Saffer, 2007) ad un possibile breakdown. Secondo Winograd e Flores
(Winograd & Flores, 1986) un breakdown è un’interruzione nel flusso dell’azione di un utente,
nell’agire abituale, un momento in cui l’utente incontra un ostacolo e deve interrompere la sua attività
per superarlo. Tipicamente tali ostacoli riguardano le funzionalità dello strumento, obbligando così
l’utente a spostare la sua attenzione dall’obiettivo che sta perseguendo agli strumenti in uso.
Figura 2. La traiettoria da porta a porta di un viaggio in aereo, con evidenziati i touchpoint del servizio.
Tuttavia, secondo Winograd e Flores, i breakdown non vanno considerati solo come momenti negativi
da evitare, ma come occasioni che possono svolgere anche una funzione positiva. In un breakdown,
l’utente è infatti costretto ad analizzare lo strumento in uso, passando da una modalità guidata
dall’azione (dove gli strumenti sono trasparenti) ad una più riflessiva, dove gli strumenti diventano
“presenti” e oggetto di analisi. I breakdown possono quindi essere momenti di conoscenza e
riflessione, perché permettono ad uno strumento, ad un sistema nel nostro caso di emergere, di
mostrare il suo modo di funzionare, le sue diverse caratteristiche e componenti. Durante i breakdown,
lo strumento diventa inutilizzabile, e l’attenzione dell’utente deve essere rivolta alla comprensione del
modo di funzionare dello strumento, e non tanto all’utilizzo dello stesso per il raggiungimento di un
obiettivo. In questo “cambio di passo”, nascono spazi per una migliore comprensione dello strumento,
per un passaggio ad un livello più alto nella comprensione dello stesso.
Insomma, il breakdown è una formidabile occasione di miglioramento, di upgrading delle conoscenze
dell’utente, nel nostro caso del viaggiatore, il momento aureo di una comunicazione non persuasiva,
ma conoscitiva.
La nube vulcanica
Il 14 Aprile del 2010 una nube di cenere vulcanica si diffuse progressivamente su gran parte
dell’Europa a causa dell’eruzione del vulcano Eyjafjallajökull in Islanda. Il fenomeno causò nei giorni
successivi la chiusura progressiva di gran parte dello spazio aereo Europeo e il conseguente
annullamento di un altissimo numero di voli.
Figura 3. Numero di voli in Europa prima, durante e dopo la crisi della nube vulcanica.
La situazione rimase critica fino al 23 Aprile, giorno in cui il numero di voli ritornò ai livelli previsti.
Una stima del numero di voli cancellati si aggira intorno ai 100.000, corrispondenti a circa 10 milioni
di passeggeri, per non menzionare i problemi legati alla logistica e al trasporto merci.
Nel caso della nube vulcanica, gli attori emittenti la comunicazione furono principalmente due. Da un
lato le compagnie aeree, impegnate a comunicare ai propri passeggeri la non disponibilità
dell’infrastruttura. Dall’altro, le agenzie europee per la gestione del traffico aereo, quali, in primis,
Eurocontrol ed EASA (l’Agenzia Europea per la Sicurezza nell’Aviazione). Ai fini del presente
discorso, la comunicazione di Eurocontrol si rivela essere quella maggiormente interessante, visto il
suo ruolo di coordinamento delle informazioni, di gestione degli altri attori e dei processi di decisione.
Le compagnie aeree si trovarono principalmente a prendere atto di tali decisioni, limitando quindi la
comunicazione alla gestione dei passeggeri sui voli cancellati, mentre l’EASA non ebbe un ruolo di
gestione attivo, coerentemente con la natura delle sue responsabilità, di natura regolamentare e
normativa.
Per quanto riguarda i contenuti della comunicazione, i temi trattati sono stati principalmente due:
aggiornamento costante sulla situazione, e affermazione della efficacia e sicurezza nella gestione. Il
primo tema si riflette sia nei contenuti che nella tempistica. Il contenuto principale riguarda, infatti, la
progressiva chiusura dello spazio aereo, mentre la cadenza temporale è quotidiana, il 14 e il 15 Aprile,
per arrivare a due comunicati stampa quotidiani, il 16 Aprile, e infine ad annunciare previsioni
rilasciate ogni 6 ore il 19 Aprile: “Eurocontrol fornirà i dati e le previsioni agli Stati ogni 6 ore” (dal
comunicato stampa del 19 Aprile 2010). Nuove mappe geografiche e foto satellitari sono state spesso
utilizzate a complemento della comunicazione.
Nel caso del secondo tema, Eurocontrol ha invece mirato a comunicare il messaggio di come
l’infrastruttura e gli attori ad essa connessi fossero adeguatamente preparati. Da un lato si rimarcava
che “teleconferenze sono state svolte a più riprese durante la giornata”, che le diverse opzioni sul
tavolo sono verificate con tutti gli attori coinvolti, che le procedure adottate sono quelle previste
dall’Organizzazione Internazionale per l’Aviazione Civile (ICAO) e che la situazione coincide con
uno scenario di crisi simulato nel 2008 come esercitazione all’interno dell’Agenzia: “Questa eruzione
ha seguito lo scenario che avevamo usato in un esercitazione del Febbraio 2008 quasi alla perfezione,
quindi la nostra impressione è stata come di aver già vissuto il tutto”.
Il 19 Aprile, a fronte di montanti critiche, che riguardavano l’eccessiva prudenza (critiche provenienti
soprattutto dalle compagnie aeree), Eurocontrol modifica l’approccio tenuto sino ad allora. Nel
comunicato stampa di quel giorno, la spiegazione della adozione di nuovi principi, meno restrittivi, è
accompagnata da affermazioni riguardanti l’efficacia dell’approccio iniziale dal punto di vista della
sicurezza: “sebbene la reazione iniziale fosse prudente e abbia ridotto il rischio al minimo assoluto, è
ora il momento di passare ad un approccio armonizzato a livello Europeo”. L’approccio armonizzato
corrisponde ad una valutazione del rischio meno conservativa, che permette alle compagnie aree di
volare in zone prima considerate non utilizzabili (sebbene la presenza di cenere vulcanica fosse
minima). I singoli stati potevano, infatti, decidere quali porzioni dello spazio aeree chiudere a partire
dalle informazioni ricevute ogni 6 ore.
Il tipo di comunicazione non di discosta mai da un discorso estremamente tecnico, con l’uso di
acronimi e terminologia di settore. Lo stesso stile viene utilizzato nel comunicare il diverso approccio
adottato a partire dal 19 Aprile, la cui sostanza viene spiegata molto brevemente, lasciando invece
spazio alla descrizione del processo di decisione da parte delle compagnie aeree e degli elementi in
esso utilizzati: “le compagnie aeree verranno supportate nel prendere la decisione [se volare o meno]
da un insieme condiviso di dati, dalle raccomandazione della comunità scientifica (meteo, diffusione
della cenere, etc.), dalla valutazione del rischio svolta attraverso test supervisionati dalle autorità
competenti”. Il messaggio di fondo è “la decisione è basata su dati fattuali”, lo stile è tecnico e ed
esclude chi non condivide uno specifico dominio di conoscenza.
Questa strategia comunicativa appare naturale se consideriamo chi sia il destinatario implicito della
comunicazione. Si tratta, infatti, delle altre organizzazione europee, dei governi e delle agenzie
nazionali, ed infine delle compagnie aeree. In nessuna nota ufficiale i passeggeri vengono citati, se non
in quei casi in cui si ribadisce che “i passeggeri che necessitano informazioni devono contattare la loro
compagnia aerea o l’aeroporto”. Da qui, l’utilizzo di una terminologia adatta per esperti del peculiare
dominio dominio di conoscenza, con termini e concetti per specialisti.
Nemmeno la comunicazione delle compagnie aeree segue regole diverse, anche se questa si avvale dei
mass media (ovvero canali di comunicazione più orientate al pubblico) più per esercitare pressioni per
la riapertura dello spazio aereo, che per fornire informazioni ai passeggeri. Anche in questo caso, il
destinatario sono principalmente le agenzie europee o quelle nazionali, senza alcun riferimento diretto
rivolto ai passeggeri. Si veda ad esempio il comunicato stampa di Alitalia del 10 Maggio: “[al fine di]
valutare il reale impatto sulla sicurezza dei voli sulla base di rilievi empirici e non solo sulla base di
modelli matematici. Si ha infatti l’impressione che i nuovi modelli matematici adottati a seguito della
prima ondata di emissioni del 15-21 aprile, non siano ancora sufficientemente adeguati per tali
valutazioni e inducano a decisioni di restrizione degli spazi aerei non sempre giustificate”. Il
comunicato Alitalia menziona un modello matematico, senza minimamente citare un altro aspetto
molto importante e molto complesso, come la natura probabilistica del rischio, dei modelli di
valutazione dello stesso, e i processi di accettazione del rischio. Ad ogni modo, la discussione sottesa è
specialistica, tra addetti ai lavori, vertendo sul modello matematico e sulla determinazione del rischio
accettabile.
Riassumendo in estrema sintesi, il contenuto del messaggio riguarda l’analisi della situazione e
talvolta la previsione, il destinatario è rappresentato dalle altre organizzazioni europee o nazionali, con
un tipo di messaggio tecnico e di alto livello. La nube vulcanica si ripresentò a intermittenza anche tra
il 4 e il 17 Maggio, portando alla cancellazione di circa 7.000 voli. E l’utente cosa ha imparato? E
soprattutto che cosa ne pensa e sa della infrastruttura che lo ha trattato come oggetto passivo, di
seconda mano della comunicazione?
Il caso dei ritardi
Un tipico breakdown del trasporto aereo, meno drammatico della crisi della nube vulcanica ma di gran lunga più
frequente, è rappresentato dai ritardi. Le statistiche più recenti relative ai ritardi vedono tra il 35% e il 50% dei
voli in ritardo, con un ritardo medio intorno ai 15 minuti, per un totale di un 15-25% di aerei con più di 15 minuti
di ritardo (vedi Fig. 4 e 5).
Figura 4. Percentuale di voli in ritardi per partenze e per arrivi.
Figura 5. Percentuale di voli con più di 15 minuti di ritardo per partenze e per arrivi.
In questo caso il rapporto con il passeggero è regolamentato, sia dal punto di vista di eventuali
compensazioni economiche, sia per quanto riguarda la comunicazione dei motivi del ritardo. Dal
primo punto di vista fa fede la carta EU dei diritti del passeggero che copre i casi di imbarco negato,
ritardo, o cancellazione del volo. Ad esempio nel caso di “Ritardo prolungato del volo”, il passeggero
ha diritto ad assistenza sotto forma di: pasti e bevande in relazione alla durata dell’attesa; adeguata
sistemazione in albergo, nel caso in cui siano necessari uno o più pernottamenti; trasferimento
dall’aeroporto al luogo di sistemazione e viceversa; due chiamate telefoniche o messaggi via telex, fax
o e-mail. Il diritto all’assistenza viene riconosciuto in base alla tratta (intracomunitaria o
internazionale) e alla distanza percorsa (ENAC, 2009).
Più interessanti dal nostro punto di vista sono le cause dichiarate di ritardo, perché vanno ad impattare
sulla percezione che il viaggiatore ha del sistema durante un breakdown. Le cause possibili di ritardo
sono categorizzate dalla IATA in poco meno di 100 categorie (EUROCONTROL, 2007), a loro volte
raggruppate (Tab. 1) in 6 macro-categorie a seconda che esse ricadano nella diretta influenza (i) della
compagnia aerea, (ii) dell’aeroporto, (iii) del sistema di controllo di traffico aereo, oppure siano
dovute a (iv) ragioni di security, oppure all’impatto di (v) condizioni meteo avverse. Esiste infine la
categoria “varie” e i ritardi così detti “reactionary”, ovvero quelli dovuti ai ritardi di voli precedenti
(vedi tabella qui sotto, dove le “descrizioni” sintetizzano le varie cause di ritardo). Le figure 6 e 7
riportano le percentuali tra queste categorie per i voli EU (anno 2007) e per gli USA (dal 2003 al
2010).
Tabella 1. La categorizzazione IATA delle cause di ritardo.
Causa Descrizione
Compagnia aerea Passeggeri e bagagli
Cargo e posta
Gestione dell’aereo e della rampa
Strumentazione dell’aereo e tecnica
Danno all’aereo o guasto dei computer
Operazioni di volo e equipaggio
Altre
Aeroporto Restrizioni di flusso dovute a restrizioni nell’aeroporto di
destinazione
Immigrazione, dogana, ragioni sanitarie
Strutture dell’aeroporto
Restrizioni nell’aeroporto di destinazione
Restrizioni di flusso dovute a restrizioni nell’aeroporto di
partenza
Controllo del traffico aereo Restrizioni dovute alla domanda/capacità dei settori en-route
Restrizioni dovute allo staff/strumentazione dei settori en-route
Varie Varie
Security Security obbligatoria
Condizioni meteo Meteo, altro dalle restrizioni di flusso
Restrizioni di flusso dovute al meteo a destinazione
Reactionary Ritardato arrivo dell’aereo o dell’equipaggio da voli precedenti
Figura 6. Le principali cause di ritardo per voli EU nel 2007.
Figura 7. Le principali cause di ritardo per voli USA dal 2003 al 2010.
Questa lista è interessante perché mostra in modo quantitativo come la complessità del sistema di
trasporti sia radicalmente semplificata quando si tratta di comunicare con il viaggiatore. Infatti, delle
quasi 100 categorie iniziali, solo pochissime vengono effettivamente comunicate al viaggiatore,
limitandosi spesso al livello macro di categorizzazione. Anche in questo caso, come nel caso della
nube vulcanica, la comunicazione tra operatori dell’infrastruttura e passeggero rifugge il messaggio
complicato, per semplificare all’estremo la natura del breakdown. Il destinatario è effettivamente il
passeggero, ma ci si limita a comunicare lo stato del sistema, del singolo volo, senza alcun livello di
dettaglio aggiuntivo. La comunicazione è nuovamente tecnica, visto che di solito fa riferimento a
etichette specialistiche del settore, dietro alle quali si nascondono processi e fenomeni piuttosto
variegati. Si noti come in tema di informazione, la Carta dei Diritti citi solo il diritto all’informazione
“in merito alle forme di tutela previste dalla normativa comunitaria” (ENAC, 2009) e non
l’informazione sulle cause e sulla natura del disservizio.
In questo caso è molto interessante soffermarsi anche sui dati aggregati (presentati nelle figure 6 e 7),
per trovare evidenza di come la comunicazione dei ritardi sia concepita essenzialmente come una
materia tecnica, riservata gli addetti ai lavori.
Tutte le pubblicazioni relative ai ritardi non prendono in considerazione il punto di vista del
passeggero, ma solamente quello del sistema, dell’infrastruttura stessa (EUROCONTROL, 2007,
2008; FAA/EUROCONTROL, 2009). Potremmo dire che non esistono metriche passenger-centred,
ovvero una prospettiva sui breakdown dal punto di vista del viaggiatore. Prendiamo un caso molto
semplice e piuttosto comune, ovvero quello di un passeggero in transito da un aeroporto verso la sua
destinazione finale. Un lieve ritardo del volo in arrivo può significare per il passeggero un ritardo ben
maggiore, in quanto potrebbe portarlo a perdere la coincidenza. Questo tipo di ritardo cumulato non
appare nelle statistiche aggregate (forse non sarebbe neppure calcolabile per motivi di privacy), dove
invece troviamo analisi sui singoli voli come entità singole e indipendenti, statistiche volte a misurare
la prestazione dell’infrastruttura in quanto tale. A riprova di questo orientamento possiamo citare un
estratto da un articolo di analisi delle prestazioni del sistema di trasporto aereo: “Non tutto il ritardo
deve essere visto come negativo. Un certo livello di ritardo è necessario e talvolta persino desiderabile
se un sistema deve funzionare in maniera efficiente senza sotto utilizzare le risorse a disposizione (ad
esempio la capacità di un aeroporto)” (Gulding et al., 2009). Il punto di vista è di sistema; il ritardo è
una misura della sua prestazione complessiva, mentre i ritardi dei passeggeri possono essere stimati
solo come diretta conseguenza delle prestazioni del sistema, senza essere esplicitamente considerati.
Dal punto di vista del consenso, questo tipo di comunicazione si traduce spesso in una percezione
cognitivamente ed anche emotivamente iper-semplificata da parte dei passeggeri, con un conseguente
calo di comprensione e della frustrazione e delle esplosioni di ira, altro che il consenso consapevole
nei momenti di breakdown. I passeggeri reagiscono quindi molto negativamente anche a piccoli
ritardi, senza riuscire ad apprezzare la complessità dell’infrastruttura che eroga il servizio. E’ un tipo
di comunicazione che rinforza la percezione e le aspettative dei passeggeri, spesso più vicine ad una
situazione ideale e irrealistica, per cui il proprio aereo è l’unico presente nel sistema e non è soggetto
ad alcun vincolo connesso con presenza di altri voli, con l’utilizzo di un’infrastruttura comune, dal
coordinamento di molteplici attori per l’erogazione del servizio stesso.
Insomma, sparisce l’infrastruttura, anche quelle, poche o tante volte, in cui si palesa. Occasioni perse
per educare l’utente, e per l’apprendimento organizzativo ed il miglioramento delle organizzazioni.
Discussione
Nel caso della nube vulcanica, emerge il servizio clienti delle compagnie aeree, unico punto citato
nelle comunicazioni ufficiali, utile per rimborsare i biglietti o per dare informazioni rispetto ai voli
confermati e cancellati. Accanto ad esso abbiamo però altre infrastrutture di trasporto, che vengono
improvvisamente messe in azione, ad esempio per rimpatriare quei passeggeri bloccati lontano dalla
loro residenza. Non viene messo in evidenza il modello di impatto della nube vulcanica sulla sicurezza
del trasporto aereo, e neppure il modello di analisi del rischio ad esso connesso. Si tratta invece
dell’aspetto su cui l’infrastruttura lavora maggiormente durante e dopo la crisi, che viene
ripetutamente messo in discussione, fino a portare ad una sua radicale revisione. Sino a quei giorni,
non era mai emersa la necessità di porre in questione la validità del modello di rischio, principalmente
per l’esiguità del fenomeno vulcanico in Europa. Il modello era quindi basato su di una effettiva
carenza di dati empirici, con un principio di precauzione estrema a partire da alcuni famosi casi
incidentali. Tuttavia, questo elemento compare solo superficialmente nella comunicazione durante la
crisi, per prendere invece maggiore spazio nella analisi dedicate agli addetti ai lavori.
Per quanto riguarda i ritardi, le parti dell’infrastruttura che emergono sono il volo singolo, ma privo di
alcuna relazione con il resto dell’infrastruttura, e il servizio clienti in aeroporto con le sue spiegazioni
estremamente sintetiche e semplificate. Non emerge invece nulla sul reale funzionamento del sistema
e sul sistema di cause e concause che possono aver generato il ritardo. Anche lo stato complessivo del
sistema, quali ad esempio gli altri voli, può essere inferito solo dai ritardi visualizzati sui tabelloni
arrivi e partenze, senza avere però alcuna informazione aggiuntiva (nemmeno di alto livello come
avviene invece nel caso del proprio volo).
In nessuno dei due casi, né in quello più frequente dei ritardi e neppure nella crisi della nube
vulcanica, la comunicazione cerca di utilizzare il breakdown per aumentare la comprensione del
sistema da parte dei passeggeri: un’occasione mancata, proprio perché è nei momenti di breakdown
che l’utente è motivato a comprendere il reale funzionamento del sistema, mettendo in atto un
processo di riflessione a partire da elementi sino ad allora invisibili. Paradossalmente è solo quando
l’infrastruttura non è disponibile che aumenta la disposizione e la motivazione del viaggiatore ad
approfondire, a guardare dentro l’infrastruttura per capire come funziona realmente, e a mettere in
discussione alcuni modelli mentali spesso troppo semplificati.
Affinché questo avvenga sarebbe sufficiente utilizzare la comunicazione durante i breakdown non solo
per dare messaggi tecnici o di stato, ma anche per mettere in luce elementi fondamentali del sistema
che altrimenti restano nascosti, per illuminarne selettivamente alcuni aspetti. Si tratta di un
cambiamento radicale della funzione della comunicazione, perché porterebbe gli attori del trasporto
aereo a predisporre materiali di approfondimento prima di un breakdown, per poi metterli a
disposizione dei passeggeri quando avvengono.
Il cambiamento necessario è ancora più radicale perché richiede di assumere una prospettiva diversa:
la prospettiva dell’utente, del passeggero. E’ necessario abbandonare la prospettiva della
comunicazione tra organizzazioni responsabili della infrastruttura e di quelle responsabili dei servizi
che vanno erogati dentro quella infrastruttura come abbiamo visto nei due casi qui esaminati.
L’infrastruttura dovrebbe riuscire a guardarsi e comunicare dal punto di vista dell’utente, in questi casi
del passeggero.
Conclusioni
Il breakdown nell’interazione uomo-computer spesso consente all’utente di risolvere il problema che
ha creato lo stesso breakdown, stimolando la riflessione e la migliore comprensione del sistema.
Probabilmente, nel caso della infrastruttura per il trasporto aereo la situazione non è del tutto analoga:
dove molti dei fattori che causano i breakdown sono al di là della comprensione e del viaggiatore.
Sono però un’occasione per una comunicazione conoscitiva e formativa che consentirebbe all’utente,
di fronte all’apparire improvviso della infrastruttura di solito invisibile come ostacolo ai propri scopi,
di sviluppare un atteggiamento cognitivo ed emotivo più realistico e consapevole.
Ad esempio, potrebbe cominciare a costruire una migliore comprensione della infrastruttura, ma anche
del sistema globale a cui essa appartiene, in modo da permettere al viaggiatore (in questo caso) di
muoversi in modo multi-modale seguendo proprio le modalità di sviluppo dell’infrastruttura che la
stessa Unione Europea si prefigge di incentivare quale obiettivo strategico, come ad esempio è
riportato nei documenti del Comitato di Consiglio per la Ricerca Aeronautica in Europa (The Advisory
Council for Aeronautics Research in Europe – ACARE) (ACARE, 2010, 2011).
All’utente finale poco importa che il ritardo sia dovuto al controllo del traffico aereo, oppure alle
condizioni meteo, o ancora a motivi di security. Importerebbe invece poter valutare eventuali
alternative di viaggio, magari con mezzi diversi rispetto al trasporto aereo. Per fare questo è
sicuramente necessario disporre di informazioni di sistema, di previsioni a riguardo dei vari aspetti
dell’infrastruttura, in modo da poter mettere in opera quel processo di attivo problem solving tipico dei
breakdown, valutando e percorrendo strade alternative.
Lo sviluppo di modalità di trasporto multi-modale o inter-modale sembra quindi richiedere ancora di
più una progettazione consapevole delle strategie piuttosto che delle azioni di risposta a momenti di
breakdown. In fondo, è quanto è accaduto nel caso della nube vulcanica, dove migliaia di passeggeri
hanno messo in pratica individualmente questa strategia, cercando tutti i mezzi alternativi all’aereo,
quali treni, macchine, o bus a lunga percorrenza.
Ma questo non pianificato evento, questa grande esperienza collettiva non trovano traccia nella
comunicazione del sistema del trasporto aereo, che invece si è percepito come in concorrenza con gli
altri mezzi, che viene visto, progettato e comunicato come un sistema isolato. Ed in più, invisibile.
Bibliografia
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