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Testo, immagine, luogo
LIBR
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Editoria, circolazione e impiego di fonti e m
odelli a stampa per il progetto tra X
V e X
IX secolo Edizioni Caracol
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e, luogo
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Il volume, attraverso un inedito viaggio nei libri d’architettura a Brescia, esplora alcuni dei moltepliciaspetti che, dal XV al XIX secolo, informano il rapporto tra fonti e modelli a stampa e progetto.La ricerca da cui è scaturito questo libro è stata orientata in più direzioni e, entro un ampio arcocronologico che va dagli esordi della stampa a tutto l’Ottocento, ha considerato la produzione edi-toriale e la circolazione a Brescia di volumi d’architettura e soggetti affini, circoscrivendo l’attenzionead opere che, in modi e misure diversi, ebbero più diretti e tangibili nessi con gli aspetti formativi,progettuali, professionali, speculativi dell’architettura. In tale quadro, dal vaglio di filoni editoriali, raccolte librarie, singoli esemplari sono emersi episodidi particolare interesse che hanno poi costituito i casi di studio esplorati nei saggi qui raccolti, ac-compagnati e completati da preziosi apparati contenuti in un CD allegato. Casi di studio che, purese differenti e distanti nel tempo, sono uniti da un tratto comune: sono opere specifiche o insiemidi opere a stampa che, per la rilevanza dei contenuti e delle circostanze in cui furono editi o in cuicircolarono, spiccano come eccellenze a livello locale e, nel contempo, travalicano i confini dell’am-bito bresciano collegandosi a temi e problemi della cultura architettonica italiana e internazionaleloro coeva. Ne esce così un libro assai denso e articolato che contribuisce a restituire la complessità del rapportotra fonti a stampa e progetto fornendo, nella specificità del caso bresciano, un primo approdo e in-sieme un punto di partenza per ulteriori, futuri approfondimenti.
Euro 24,00 Isbn 978-88-98546-11-4
L I B R I D ’ A R C H I T E T T U R A A B R E S C I A
Editoria, c ircolazione e impiego di fonti
e model l i a stampa per i l progetto tra XV e XIX secolo
a cura di Irene Giustina
TESTO, IMMAGINE, LUOGO
Libri d’architettura a BresciaEditoria, circolazione e impiego di fonti
e modelli a stampa per il progetto tra XV e XIX secolo
a cura di Irene Giustina
Edizioni Caracol
TESTO, IMMAGINE, LUOGO - 4
Comitato scientifico della collana:
Aloisio Antinori, Università degli Studi del Molise
Irene Giustina, Università degli Studi di Brescia
Carlo Mambriani, Università degli Studi di Parma
Marco Rosario Nobile, Università degli Studi di Palermo
Aurora Scotti Tosini, Politecnico di Milano
Questo volume è stato realizzato con i fondi del Progetto di Ricerca di Rilevante Interesse
Nazionale (PRIN 2008), coordinatore nazionale prof. Marco Rosario Nobile, sul tema Libri,
incisioni e immagini di architettura come fonti per il progetto in Italia (XV-XX secolo) e raccoglie
i risultati della ricerca condotta dall’Unità locale del Dipartimento di Ingegneria Civile, Ar-
chitettura, Territorio, Ambiente e Matematica – DICATAM dell’Università degli Studi di Brescia
coordinata da Irene Giustina. Parte di tali risultati è stata presentata in anteprima nell’ambito
del convegno internazionale tenutosi a conclusione del Progetto PRIN 2008 e come questo
intitolato (Parma, Biblioteca Palatina, 17-18 settembre 2012).
Isbn: 978-88-98546-11-4
© 2015 Caracol, Palermo.
Vietata la riproduzione o duplicazione con qualsiasi mezzo.
Edizioni Caracol
sede legale: via Valerio Villareale 35, 90141 Palermo
tel.: 091.340011
email: [email protected]
www.edizionicaracol.it
INDICE
5 Irene Giustina - Prefazione
7 Cristiano Guarneri - Editoria e cultura militare a Brescia in epocamoderna: un primo censimento delle edizioni (1473-1797)
31 Cristiano Guarneri - Trattati e trattatisti di architettura militare a Brescianel Cinquecento
41 Irene Giustina - «L’edizione è magnifica, in bel carattere incisa». Unesemplare festival book a stampa del tardo Cinquecento per l’ingressotrionfale del vescovo Morosini a Brescia
105 Stefano Margutti - L’insegnamento dell’architettura a Brescia alla metàdel XVIII secolo: Federico Sanvitali e il suo trattato Elementi di architetturacivile
155 Elisa Sala - Rodolfo Vantini e l’insegnamento dell’ornato a Brescia nel XIXsecolo: repertori e modelli per la Scuola degli scalpellini a Rezzato
173 Elisa Sala - Prime riflessioni sui libri d’architettura e d’arte di RodolfoVantini. Formazione, consistenza e schedatura del «Legato Vantini» dellaBiblioteca Queriniana di Brescia
187 Elisa Sala - La formazione di un architetto neoclassico a Brescia nellaprima metà del secolo XIX. Rodolfo Vantini e lo studio critico del Vitruvio diBerardo Galiani (1758)
215 Gian Paolo Treccani - Dell’Italiana Architettura di Giulio Cordero di SanQuintino e la cultura del restauro
253 Irene Giustina, Stefano Lusardi - La biblioteca professionale di Antonioe Giovanni Tagliaferri. Inventario complessivo e primi percorsi di studio
261 Irene Giustina - Fonti a stampa per l’eclettismo a Brescia tra secondoOttocento e primo Novecento: libri e repertori nell’architettura di AntonioTagliaferri
305 Indice dei nomi - a cura di Elisa Sala
313 Abstract
Indice del CD allegato al volume:
Cristiano Guarneri, Catalogo delle edizioni bresciane di arte militare (1473-1797): schede
analitiche
Elisa Sala, I libri d’architettura e arti affini di Rodolfo Vantini e Camillo Brozzoni conservati
nella biblioteca Queriniana di Brescia. Una prima schedatura
Stefano Lusardi, Roberta Valbusa e a cura di I. Giustina, La biblioteca professionale di Antonio
e Giovanni Tagliaferri conservata nella Fondazione Ugo Da Como di Lonato del Garda. In-
ventario complessivo
Il sontuoso apparato fatto dalla magnifica città di Brescia nel felice ritorno dell'Illustre et Re-
verendissimo Vescovo suo il Cardinale Morosini, Brescia, Vincenzo Sabbio, [1591]. Scansione
dell’esemplare conservato nella FUDCL
F. Sanvitali, Elementi di architettura civile, Brescia, Rizzardi, 1765. Scansione dell’esemplare
conservato nella FUDCL
G. Tagliaferri, Rubrica - Catalogo dei libri a 31 ottobre 1930. Inventario manoscritto della bi-
blioteca della famiglia Tagliaferri, Brescia. Scansione del documento, conservato nella FUDCL
Abbreviazioni:
BQ = Biblioteca Queriniana, Brescia
FUDCL = Fondazione Ugo Da Como, Lonato del Garda
BUA = Biblioteca Universitaria Alessandrina, Roma
BNB = Biblioteca Nazionale Braidense, Milano
ASBs = Archivio di Stato, Brescia
BNM = Biblioteca Nazionale Marciana, Venezia
ASCBT = Archivio Storico Civico Biblioteca Trivulziana, Milano
Si ringraziano tutti coloro che hanno gentilmente e a vario titolo collaborato alla realizzazione
di questo volume e in particolare:
Giulio Avon; Michele Buffoli; Luigi Buffoli; Davide Dotti; Francesco Lechi; Enrica Lozzi; Carlo
Minelli; Elisabetta Mosconi Sandrini; Andrea Nicolini; Roberto Ranzi; Filippo Tagliaferri; Ma-
rina Tagliaferri; Lara Vianelli.
Si ringraziano inoltre i seguenti istituti:
Archivio di Stato di Brescia;
Biblioteca Queriniana, Brescia;
Fondazione Ugo Da Como, Lonato del Garda (Brescia);
Scuola delle arti e della formazione professionale Rodolfo Vantini, Rezzato (Brescia);
Archivio Storico Civico e Biblioteca Trivulziana, Milano;
Biblioteca storica dell’Accademia di Brera, Milano;
Civica Raccolta delle Stampe “Achille Bertarelli”, Milano;
Biblioteca Universitaria Alessandrina, Roma;
Biblioteca Marciana, Venezia.
Un ringraziamento speciale alla Fondazione Ugo Da Como di Lonato del Garda (Brescia)
per la generosità con cui ha reso disponibile anche la digitalizzazione completa di documenti
e libri contenuti nel CD-ROM allegato al presente volume.
* Nel CD-ROM in allegato al volume è ripro-dotta integralmente una copia del trattato editonel 1765 a Brescia, dall’esemplare conservatopresso la biblioteca della Fondazione Ugo DaComo di Lonato del Garda (BS) che si ringraziaper la gentile concessione.
1 Nel 1757 il governo veneziano istituì un regi-stro ufficiale dei «Pubblici Periti Agrimensori» euna prova d’esame per regolare il rilascio dellapatente professionale; alcuna normativa fu pre-vista invece circa la fase di preparazione al-l’esame. G. TOGNAZZI, La professionedell’Ingegnere-architetto dalla metà del Sette-cento alla dominazione austriaca, in «Civiltàbresciana», a. X, 2, 2001, pp. 3-23.
2 G. CAPPELLETTO, L’architettura dei secoli XVII eXVIII, in Storia di Brescia, vol. III, Brescia 1964,pp. 341-397; R. BOSCHI, Le alternative del Ba-rocco, in Le alternative del Barocco. Architetturae condizione urbana a Brescia nella prima metàdel Settecento, Brescia 1981, pp. 7-150, allepp. 20-21; M. BONETTI, Brescia e Bergamo, inStoria dell’architettura nel Veneto: il Settecento,a cura di E. Kieven, S. Pasquali, Venezia 2012,pp. 278-297.
3 Cfr. profilo biografico in A. FAPPANI, Enciclope-dia bresciana, vol. I, Brescia 1974, p. 167, advocem; si veda anche C. BOSELLI, Progetti e di-scussioni per la fabbrica del duomo di Brescianel XVIII secolo, in «Commentari dell’Ateneo diBrescia», 1951, pp. 29-82.
L’INSEGNAMENTO DELL’ARCHITETTURA A BRESCIA ALLA METÀ DEL
XVIII SECOLO: FEDERICO SANVITALI E IL SUO TRATTATO ELEMENTI
DI ARCHITETTURA CIVILE*
Stefano Margutti
Le scuole e i luoghi di cultura a Brescia nel Settecento
Uno dei principali interrogativi che solleva lo studio del contesto architetto-
nico bresciano della prima metà del XVIII secolo pertiene la focalizzazione
dei luoghi e dei percorsi di formazione professionale a disposizione degli
aspiranti architetti locali.
La criticità della questione dipende innanzitutto dal fatto che Brescia, e in ge-
nerale tutto il territorio della Repubblica di Venezia, non contemplò mai, fino
all’occupazione napoleonica, l’istituzione di luoghi educativi preposti specifi-
camente a tale scopo, come invece avvenne a Milano con il Collegio degli
Ingegneri, Architetti e Agrimensori e a Roma con l’Accademia di San Luca1.
Osservando il cursus honorum degli architetti attivi nella prima metà del Set-
tecento, da Bernardo Fedrighini, a Giovan Antonio Biasio, da Antonio Cor-
bellini, a Giovan Battista Marchetti, fino a Marc’Antonio Turbino, si evince
un percorso formativo comune di natura preminentemente artigianale, svolto
in bottega e strutturato come progressiva assimilazione di conoscenze e com-
petenze sempre più articolate, maturate attraverso l’esercizio pratico2.
È questo un carattere ineludibile e distintivo dell’ambito bresciano dove la
qualifica di architetto non consisteva tanto in un titolo professionale ufficiale
conseguito al termine di un percorso di studio legalmente attestato, quanto
in un riconoscimento de facto delle competenze acquisite – spesso suggellato
dall’assunzione d’incarichi di prestigio – accessibile attraverso una pluralità
di esperienze artistiche, da quella di maestro da muro, a quella di lapicida
fino anche a quella di scultore; esemplare è il caso del Biasio, nominato So-
prastante della Fabbrica del Duomo Nuovo di Brescia dopo aver iniziato la
gavetta come tagliapietre nelle cave di Rezzato3.
Ciò ha portato la critica a considerare le maestranze locali come capimastri
altamente specializzati, piuttosto che veri e propri architetti. Se da un lato
tale giudizio corrisponde con la realtà dei fatti documentata dallo stato del-
l’arte, d’altro canto vi è il rischio di precludere il riconoscimento ai profes-
sionisti di architettura bresciani di una salda e adeguata preparazione teorica
e in ultima istanza di intenderli alla stregua di semplici esecutori materiali,
del tutto isolati e passivi rispetto al fervente dibattito architettonico nazionale
ed europeo che contraddistingue il pieno Settecento.
Sorge quindi la domanda se, in assenza d’istituzioni finalizzate all’insegna-
mento delle discipline architettoniche, Brescia nel XVIII secolo non offrisse
dei contesti educativi alternativi o complementari e integrabili alle botte-
ghe, dove gli aspiranti architetti potessero acquisire un bagaglio di cono-
105
4 T. PERTUSATI, Dell’istruzione in Brescia nell’anno1878, Brescia 1879, pp. 12-15; M. AGOSTI, Latradizione pedagogica fino al Settecento, in Sto-ria di Brescia, vol. III, cit., pp. 285-338, alle pp.319-326.
5 A. BENEDETTI, F. BRAMBILLA, I collegi gesuitici diBrescia, in L’architettura del collegio tra XVI eXVIII secolo in area lombarda, a cura di G. Col-muto Zanella, Milano 1996, pp. 159-169.
6 M. AGOSTI, La tradizione pedagogica…, cit.,p. 322. Tra gli allievi del Collegio dei Nobili diBrescia si ricordano il padre Francesco LanaTerzi, il futuro cardinale Angelo Maria Querini,il matematico trevigiano Jacopo Riccati e gli ar-chitetti e ingegneri Francesco Maria Preti ePaolo Antonio Cristiani.
7 M. MAYLENDER, Storia delle Accademie d’Italia,5 voll., Bologna 1926-1930, I, pp. 533-537,IV, pp. 23-24; U. VAGLIA, Le accademie fondatein Brescia dal vescovo Barbarigo nel secoloXVIII: Collegio episcopale – Colonia Ceno-mana, Brescia 1968; Un erudito bresciano delSettecento: Giammaria Mazzuchelli, atti delconvegno (Brescia, 22 maggio 2009), a curadi F. Danelon, Travagliato 2011.
8 G. CAPPELLETTO, Antonio Marchetti architetto delSettecento bresciano, in «Arte Lombarda», 3,1958, p. 55; R. BOSCHI, Le alternative del Ba-rocco, cit. pp. 27, 30, 116, 118; L. GIORDANO,L’architettura, in Settecento lombardo, catalogodella mostra (Milano, 1 febbraio-28 aprile1991), a cura di R. Bossaglia, V. Terraroli, Mi-lano 1991, pp. 415-416; L. APOLLI, “Un palagiomagnifico alle muse bresciane eretto”: storiaprogettuale e costruttiva della Biblioteca Queri-niana (1743-1863), Roccafranca 2009, p. 42;M. BONETTI, Brescia e Bergamo, cit., pp. 278.
9 F. SANVITALI, Elementi di architettura civile delpadre Federico Sanvitali della Compagnia diGesù. Opera postuma, Brescia 1765.
10 L’unico studio incentrato su Sanvitali, che ri-compone un catalogo ragionato delle sueopere è I. AFFÒ, A. PEZZANA, Memorie degli scrit-tori e letterati parmigiani raccolte dal padre Ire-neo Affò e continuate da Angelo Pezzana, 7voll., Parma 1833, VII, pp. 189-192. Si vedaanche A. FERRETTI TORRICELLI, Scienziati bresciani,in Storia di Brescia, vol. III, cit., p. 1006; L. RE-GUITTI, M. RECCHI, Le alternative dell’architettura.Ingegneri, gesuiti e nobili dilettanti nella Bresciadel XVIII secolo, tesi di laurea, Politecnico di Mi-lano, a.a. 1993-94, relatore prof. A. Grimoldi.Limitatamente al trattato si segnala A. COMOLLI,Bibliografia storico-critica dell’architettura civileed arti subalterne, 4 voll., [Roma 1792] Milano1964, IV, pp. 24-29.
scenze innanzitutto teoriche e fosse stimolata una riflessione intellettuale
sui temi più attuali.
Un aiuto in tal senso viene dagli studi condotti sul contesto storico, pedago-
gico e letterario bresciano: essi evidenziano l’esistenza di un ricco, diversifi-
cato e vivace complesso di luoghi di cultura, più di quanto non suggeriscano
le fonti limitate all’ambito architettonico. Nel Settecento Brescia contava la
presenza di diverse istituzioni religiose, in primis i padri gesuiti e i somaschi,
cui l’amministrazione civica aveva demandato pressoché in toto la gestione
dell’istruzione scolastica pubblica4. Il ruolo dei Gesuiti, nella fattispecie, era
preminente in quanto essi gestivano le scuole pubbliche, il collegio per gli
studi ecclesiastici – entrambi insediati nel corso del Settecento nei locali del
convento di Santa Maria delle Grazie – e vantavano inoltre il primo e per
diverso tempo unico collegio dei Nobili della Compagnia nel territorio della
Serenissima, strutturato nella sede storica dell’Ordine presso il convento di
Sant’Antonio5. Questo rendeva Brescia un importante punto di riferimento
culturale per il Nord Italia e non solo, dal momento che qui giungevano per
compiere i loro studi numerosi giovani rampolli «della primaria nobiltà d’Ita-
lia, non solo, ma perfino della Grecia, dell’Illiria, della Germania, della lon-
tana Spagna»6, attratti dalla presenza di prestigiosi docenti.
Molteplici erano poi i circoli privati sorti negli ambienti ecclesiastici e aristo-
cratici, tra cui spiccano l’accademia arcadica, fondata nel 1716 dal cardi-
nale Barbarigo e ribattezzata Colonia Cenomana, e l’Adunanza Mazzuchelli,
cenacolo di eruditi costituitosi attorno alla carismatica figura del conte Gian
Maria cui presero parte le personalità di spicco del panorama socio-politico
e culturale bresciano, capace di aprirsi a un fitto e fecondo dialogo con in-
tellettuali dei principali centri italiani e d’oltralpe su temi letterari, filosofici,
teologici e scientifici7.
La pertinenza di tali realtà culturali “alternative” con il tema dei luoghi di
formazione nella disciplina architettonica è giustificata dal fatto che nel loro
insieme esse costituiscono il principale campo d’azione di Federico Sanvitali
(1704-1761), padre gesuita di origine parmense, attivo per lungo tempo a
Brescia come docente di matematica presso il collegio di Santa Maria delle
Grazie, il quale, stando alle fonti attualmente note, risulterebbe la principale,
se non l’unica figura impegnata con sistematicità nella prima metà del se-
colo nell’insegnamento dell’architettura e in una personale riflessione teo-
rico-critica su di essa.
All’interno dei contributi incentrati sulla realtà architettonica bresciana del
pieno Settecento si trovano infatti di consueto riferimenti a lezioni di architet-
tura tenute dal padre Sanvitali presso il detto collegio gesuita8 e alla paternità
di un trattato intitolato Elementi di architettura civile, pubblicato postumo a
Brescia nel 1765 per mano dello stampatore Gian Maria Rizzardi9.
La storiografia non ha mai rivolto, però, particolare attenzione alla figura di
Sanvitali e al suo contributo alla cultura architettonica bresciana10: l’edizione
del trattato, di per sé nota e diffusamente segnalata nelle ricognizioni critiche
106
L’insegnamento dell’architettura a Brescia alla metà del XVIII secolo...
11 Riferimenti al trattato si trovano in B. ZEVI, Ar-chitettura in nuce, Venezia 1960, p. 219; R. BO-SCHI, Le alternative del Barocco..., cit., pp. 27,32; ID., Le descrizioni della città e la manuali-stica architettonica, in Brescia nel Settecento,Brescia 1985, pp. 19-39; G. CURCIO, La pro-fessione dell’architetto, in Storia dell’architetturaitaliana. Il Settecento, a cura di G. Curcio, E.Kieven, 2 voll., Milano 2000, I, p. 65; H.W.KRUFT, Storia delle teorie architettoniche da Vi-truvio al Settecento, [Roma 1988] 2009, p.257.
12 Su Marchetti e Turbini si vedano le schedebiografiche in R. BOSCHI, Le alternative del Ba-rocco…, cit., pp. 116-118; L. GIORDANO, L’ar-chitettura..., cit., pp. 415-416.
13 A. BROGNOLI, Elogi di Bresciani per dottrinaeccellenti del secolo XVIII, Brescia 1785, pp.152-157.
14 Luigi III Sanvitali nel 1718 fu eletto dal ducadi Parma Francesco Maria Farnese Gran Cone-stabile dell’Ordine Costantiniano di San Gior-gio. Cfr. P. LITTA, Famiglie celebri italiane, Milano1819, fasc. II, tav. III.
15 Archivio di Stato di Parma (ASP), Fondo San-vitale, b. 872.
16 I. AFFÒ, A. PEZZANA, Memorie degli scrittori...,cit., IV, pp. XXIX-XXX.
17 Luigi Sanvitali era stretto amico del padre ge-suita Cesare Calini, professore nei collegi diParma e Bologna. Per un contrasto sorto tra Ca-lini e Biacca, Sanvitali allontanò l’istitutore dallapropria casa. In seguito alla morte della moglie,nel 1729 Luigi prese i voti e, come il figlio, entrònella Compagnia di Gesù.
sulla trattatistica architettonica del Settecento italiano, non è mai stata og-
getto di un’indagine mirata a esplorarne le finalità, i contenuti e la qualità
della riflessione proposta dall’autore11. Quanto al suo impegno didattico, il
riferimento si esaurisce in una mera citazione di carattere aneddotico della
frequentazione dei suoi corsi da parte di Antonio Marchetti e Gaspare Turbini,
usata per indicare l’eccezionale occasione di formazione culturale e di ag-
giornamento sul dibattito architettonico avuta dai due architetti all’interno di
un ambito che si configurava, come si è visto, almeno fino alla metà del XVIII
secolo, ancora vincolato al tradizionale cursus formativo svolto in bottega12.
Ciò è dovuto a differenti fattori, in primo luogo le gravi lacune documentarie
sulle sue vicende biografiche, che consentono al momento di ricomporne
solo disorganici frammenti alquanto labili per quel che concerne l’inqua-
dramento del suo interesse e impegno nella disciplina architettonica; secon-
dariamente, la mancanza d’informazioni concrete sull’organizzazione interna
dei collegi di Sant’Antonio e delle Grazie, che costituisce un forte ostacolo
alla comprensione dell’attività didattica svolta da Sanvitali e del computo
effettivo dei corsi da lui tenuti che, stando alle fonti, vertevano oltre che su
Matematica e Architettura, pure su Teologia, Idrostatica e Fisica13.
Parimenti influente è il fatto della pubblicazione postuma del trattato, che
solleva dubbi sulla totale corrispondenza del testo editato con la versione
originale, dal momento che, come si vedrà, l’opera è stata oggetto di alcune
revisioni per conto di terzi.
Il riesame sistematico delle fonti e l’analisi del trattato, con il sostegno d’ine-
dite acquisizioni documentarie, consentono di articolare una prima rifles-
sione critica sulla figura di Sanvitali, tesa a fare chiarezza sulle sue
competenze in materia d’architettura e sulla natura e finalità del trattato,
nonché a delineare il quadro dei contenuti affrontati nel corso e a valutare
infine la concreta influenza che il gesuita ha esercitato nella formazione cul-
turale e pratica delle generazioni di architetti, ingegneri e di semplici dilettanti
dell’arte bresciani attivi nella seconda metà del Settecento.
Formazione e cultura di Federico Sanvitali
Originario di Parma e appartenente a una delle principali famiglie nobili del
luogo che vantava i titoli di marchesi di Belforte e conti di Fontanellato e
Noceto, Federico era il secondogenito di Luigi III Sanvitali e di Corona Avo-
gadro14 [fig. 1]. Nato il 19 maggio 1704 a Fontanellato nel castello di fa-
miglia15, fin da piccolo fu avviato insieme al fratello maggiore Jacopo
Antonio agli studi eruditi, stimolato dal padre, uomo di cultura protagonista
dei principali ambienti intellettuali emiliani, e dall’istitutore privato Francesco
Maria Biacca, sacerdote con una spiccata inclinazione per gli studi letterari
e biblici16. Nel 1727 venne mandato a studiare nel collegio gesuita dei No-
bili di Bologna, scelta su cui incise senz’altro il profondo legame del padre
con il mondo della Compagnia di Gesù17. Degli anni passati nel convitto
del capoluogo emiliano al momento non si ha alcun riscontro documentario,
Stefano Margutti
107
Fig. 1. Busto del padre gesuita Federico Sanvitali
(collezione privata, fotografia di I. Giustina).
18 S. MAZZETTI, Repertorio di tutti i professori an-tichi e moderni della famosa Università e del ce-lebre Istituto delle Scienze di Bologna, Bologna1847, p. 270. Egli fu autore di numerosi testididattici di matematica e astronomia: G. RON-DELLI, Universale trigonometria lineare e logarit-mica, Bologna 1705; ID., Sex priora Euclidiselementa, quibus accesserunt undecimum etduodecimum a G. R. exposita, Bologna 1719.
19 F. GALLI BIBIENA, L’architettura civile preparatasulla geometria e ridotta alle prospettive, Parma1711; ID., Direzioni ai giovani studenti nel Di-segno, dell’Architettura Civile e della prospettivateorica, Bologna 1732-33.
20 G.B. SPINELLI, Economia delle Fabbriche e Re-gole di tutti li materiali per costruire ogni fabricaurbana, e rurale, opera non meno virtuosa cheutile, [Bologna 1698] 1708.
21 P. CESCHI LAVAGETTO, C. MAMBRIANI, A, TALI-GNANI, Palazzo Sanvitale a Parma. Storia, Archi-tettura, Arte, Torino 2006, pp. 112-113.Ringrazio il professor Carlo Mambriani per lagentile segnalazione e il proficuo scambio di ri-flessioni.
22 Sanvitali appare nella corrispondenza privatadel marchese relativa alla campagna architet-tonica del suo palazzo e si è ipotizzato un suoapporto decisivo nella segnalazione di Torreg-giani al marchese. Ibidem; S. MEDDE, AlfonsoTorreggiani e la ristrutturazione del palazzo Ca-vriani di Mantova, in «Arte Lombarda», 151,2007, p. 83.
23 I. AFFÒ, A. PEZZANA, Memorie degli scrittori...,cit., pp. XXXIV-XXXV.
24 Lettera datata 10 dicembre 1761. BibliotecaCivica di Rovereto (BCR), Archivio Storico, ms.8.6, cc. 149r-v. Pubblicata in L. DE VENUTO, Di-scorrere per lettera…: carteggio Giuseppe Va-leriano Vannetti – Giambattista Chiaramonti(1755-1764), in «Civis», supplemento 22-23,2007, pp. 468-469.
25 Realisticamente il soggiorno andrebbe con-testualizzato negli anni degli studi collegiali.Presso l’Archivum Romanum Societatis Jesu(ARSI) sono conservati esemplari dei testi di San-vitali ma manca una documentazione pertinenteal suo soggiorno romano.
così che si può solamente dedurre che egli frequentò i corsi previsti dalla
Ratio Studiorum gesuita, indirizzandosi con ogni probabilità verso gli studi
letterari e matematici e intraprendendo poi il percorso sacerdotale. Il collegio
dei Nobili segnò senza dubbio l’ambito privilegiato dove Federico poté ac-
quisire una cultura vasta e poliedrica, aperta alle molteplici branche del sa-
pere, dalle lettere, alla matematica, alla fisica, fino all’architettura. Tuttavia
le lacune sul suo periodo formativo non danno modo di risalire agli studi
concreti e alle frequentazioni di maestri decisive in tal senso: l’interesse per
le matematiche e le scienze poté maturare a contatto con l’Istituto delle
Scienze di Bologna e con il matematico modenese Geminiano Rondelli, che
ne fu il primo bibliotecario, nel 1711, e dal 1720 anche professore di archi-
tettura militare18. Ancora più problematico è il suo avvicinamento all’archi-
tettura anche se la diffusione nella prima metà del Settecento a Bologna di
manuali come L’architettura civile preparata sulla geometria e le Direzioni ai
giovani studenti di Galli Bibiena19, la Economia delle Fabbriche e Regole di
tutti li materiali per costruire ogni fabrica urbana, e rurale di Giovanni Battista
Spinelli20, potrebbe aver influito nella predisposizione del giovane gesuita
per lo studio dell’architettura intesa come scienza delle costruzioni. Un primo
contatto diretto con la materia poté essere favorito dallo stesso ambito fami-
liare, in quanto il padre prima e il fratello poi, a cavallo tra terzo e quarto
decennio del Settecento, si resero protagonisti di ambiziose campagne di
ampliamento e riqualificazione della dimora di Parma, per le quali non è da
escludere una determinante partecipazione dello stesso Federico nella pro-
grammazione e nell’indirizzamento delle scelte architettoniche21. Che il ge-
suita si intendesse di architettura e che prestasse attenzione alle iniziative
architettoniche della famiglia è confermato dall'indicazione della consulenza
prestata alla sorella Lucrezia, moglie del marchese Antonio Cavriani, per i
lavori di ammodernamento del loro palazzo di Mantova affidati ad Alfonso
Torreggiani dal 173322. Complessivamente i rapporti costruiti tra Parma e
Bologna testimoniano un coinvolgimento nei circoli culturali più vivaci del-
l’area emiliana d’impronta per lo più letteraria: nel 1739 egli compare con
il nome di Arcesila Eacideo tra i primi aderenti alla colonia arcadica par-
mense fondata da Carlo Innocenzo Frugoni, che aveva sede presso la casa
del conte Jacopo Antonio Sanvitali, fratello maggiore di Federico23.
L’intellettuale bresciano Giambattista Chiaramonti, in una missiva a Giu-
seppe Valeriano Vannetti, informa che Sanvitali «in sua gioventù era stato in
Prelatura in Roma»24, termine che dovrebbe indicare un incarico ecclesia-
stico stabile; la notizia va presa per valida considerando l’affidabilità della
fonte, in stretti contatti con il gesuita, ma ad oggi non sono emersi ulteriori
elementi probanti né sui tempi in cui il giovane s’insediò nell’Urbe25, né sui
luoghi e le personalità con cui ebbe rapporti.
Le fonti sono concordi nel dire che terminati gli studi e ordinato sacerdote,
fu inviato dai superiori alla Casa dell’Ordine di Brescia dove assunse l’in-
carico d’insegnante di Matematica presso il collegio delle Grazie, di Teologia
108
L’insegnamento dell’architettura a Brescia alla metà del XVIII secolo...
26 I. AFFÒ, A. PEZZANA, Memorie degli scrittori...,cit., p. 189.
27 Con essa il rettore comunicò il decesso delSanvitali ai confratelli. Biblioteca Queriniana(BQ), ms. F.VI.7 m8, cc. 5-6.
28 «Seguitò nello studio dell’Algebra colla dire-zione del Padre Federigo Sanvitali Gesuita chegli dettò eziandio il Calcolo Differenziale e In-tegrale». G.M. MAZZUCHELLI, Scrittori d’Italia,cioè Notizie storiche, e critiche intorno alle vite,e agli scritti dei letterati italiani, 2 voll., Brescia1753-1763, II, parte IV, p. 2133; si veda ancheG.B. CORNIANI, Elogio di Antonio Brognoli bre-sciano, Brescia 1807, p. 12.
29 A. BROGNOLI, Elogi di Bresciani…, cit., pp.152-157. Brognoli inserisce il ricordo di Sanvi-tali all’interno dell’elogio del conte Giambatti-sta Suardi, matematico e suo allievo.
30 Ivi, p. 155.
31 Ivi, p. 154.
32 Per un quadro complessivo si veda A. FERRETTI
TORRICELLI, Scienziati Bresciani, cit., pp. 991-1022.
in quello di Sant’Antonio, e forse anche quello di segretario della biblioteca
della Casa26 – compiti che svolse ininterrottamente senza mai spostarsi da
Brescia quasi fino alla sua morte, avvenuta l’8 dicembre 1761 dopo una
penosa malattia, testimoniata da una commossa lettera del rettore del col-
legio delle Grazie27.
Il carisma educativo e lo stimolo agli studi delle lettere, delle scienze e della
matematica sono gli aspetti sottolineati reiteratamente dalle fonti come ca-
ratteri peculiari del personaggio: Antonio Brognoli, avviato allo studio del-
l’algebra dal Sanvitali28, gli dedica un encomio nei suoi Elogi di Bresciani,
facendo uno strappo alla regola, «non essendo egli nato bresciano […] ma
il di lui fervido zelo, in promuovere fra noi ogni sorta di letteratura, e il co-
pioso frutto, che in queste contrade egli raccolse, […] esige dai cuori Bre-
sciani un qualche segno di grata riconoscenza»29. Con ridondanza retorica,
il matematico delinea un profilo critico del personaggio in cui insiste sulla
«avida sua brama di diffondere, e spargere i suoi lumi […] al vantaggio degli
studiosi giovani» e rimarca la sua «capacità loro adattarsi, e […] dalle più
sublimi meditazioni discendere ad instruir con pazienza […] ad entrare nello
spinoso calle (la matematica), che solea render meno difficile, e disastroso».
In merito agli studi matematici offre preziose informazioni dichiarando che
«nella scienza dei due calcoli Differenziali, ed Integrale pochi in Italia ebbe
a lui simili, e superiore nessuno. Anzi egli in questo genere può […] stare
degnamente a fianco ai più rinomati Algebristi d’ogni nazione, il di cui
astruso, e quasi profetico linguaggio, essendo egli avvezzo ad insegnare,
sapea rendere intellegibile»30; un giudizio che oltre a ribadirne la vocazione
pedagogica, sottolinea la caratura scientifica di Sanvitali in una disciplina,
l’algebra, che tra il XVII ed il XVIII secolo fu campo d’azione di figure del ca-
libro di Newton, Leibniz, Bernoulli e Lagrange.
Brognoli non accenna in alcun modo all’insegnamento dell’architettura,
forse inclusa implicitamente tra le scienze matematiche, ma dà notizia di un
impegno pratico di Sanvitali nel campo dell’ingegneria idraulica con riferi-
mento a «utili suoi progetti intorno alla direzione delle acque, e del difficil
governo dei fiumi che per lo più soglion deludere nei loro alvei, e nelle loro
piene i meglio concertati calcoli nella mente dei Matematici, e le leggi dai
Filosofi sulla carta prescritte»31, riconoscendogli peraltro un’elevata perizia
tecnica. Il dato, mai considerato finora, è attendibile oltre che per la garanzia
della fonte, per ulteriori indizi recuperati all’interno di opere di personalità
entrate in contatto con il gesuita che verranno illustrati in seguito.
La predisposizione per la matematica fu probabilmente un elemento decisivo
nella scelta del suo trasferimento a Brescia, città che dai tempi di Tartaglia
vantava una ricca e solida tradizione in tal senso, rafforzata da Francesco
Lana Terzi e quindi proprio da Sanvitali e dal coetaneo Fortunato da Brescia,
al secolo Girolamo Ferrari32. Ma il suo legame con Brescia ha origine in-
nanzitutto nell’ambito familiare, dato che sua madre apparteneva a una
delle principali famiglie aristocratiche bresciane, gli Avogadro, consolidato
Stefano Margutti
109
33 P. LITTA, Famiglie celebri…, cit., tav. III. Rima-sta vedova, Margherita Sanvitali nel 1740 presei voti e si ritirò nel convento delle CarmelitaneScalze di Bologna, evento celebrato con un li-bello di poesie tra cui un sonetto di Federico:I.C. FRUGONI, Rime per la signora contessa Mar-gherita Sanvitali: vedova Fenaroli, mentre pro-fessa la regola di Santa Teresa nell’insignemonistero delle rr. mm. Carmelitane scalze inBologna, col nome di suor Luigia Teresa dellasacra famiglia, Parma 1740. Sul mecenatismoartistico della famiglia Fenaroli G. LECHI, A.CONCONI FEDRIGOLLI, P. LECHI, La grande colle-zione. Le gallerie Avogadro, Fenaroli-Avogadro,Maffei-Erizzo: storia e catalogo, Brescia 2010.
34 F.A. ZACCARIA, Storia Letteraria d’Italia, 14voll., I, Venezia 1750, p. 119. Riferito da I.AFFÒ, A. PEZZANA, Memorie degli scrittori…, cit.,p. 193.
35 A. FAPPANI, Enciclopedia bresciana, cit., vol.V, Brescia 1982, p. 228.
36 I testi recitati furono poi pubblicati da GianMaria Rizzardi nel libello La morte del Barbettacelebre ludimagistro Bresciano del secolo passatocompianta in Brescia in una privata letteraria adu-nanza l’anno 1739, Brescia 1740, c. 111 e sgg.
37 V. LANCETTI, Pseudonimia: ovvero Tavole alfa-betiche de’ nomi finti o supposti degli scrittori,con la contrapposizione dei veri, ad uso dei bi-bliofili, degli amatori della storia letteraria e de’libraj, Milano 1846, pp. 24, 45, 428.
38 BQ, ms. F.VI.7 m8, c. 6v.
39 Egli riferisce che Sanvitali «aveva compito glianni 57 di età, di religione 34 e dalla solenneprofessione dei quattro voti 24». L’età di reli-gione corrisponde al momento del suo ingressonel collegio di Bologna, nel 1727.
40 In questo modo la professione dei quattrovoti, databile al 1737, sarebbe avvenuta a Bre-scia e non a Bologna.
41 F.A. ZACCARIA, Annali letterari d’Italia, 3 voll.,Modena 1762, I, p. 108.
42 F. SANVITALI, Arithmeticae elementa adolescen-tium matheseos studium ingredientium com-modo explicata et demonstrata auctore FridericoSanvitali Societatis Jesu presbitero, Brescia1750; ID., Compendiaria arithmeticae et geo-metriae elementa Brixianae juventutis mathe-seos studium aggredientis commodo collecta aFriderico Sanvitali Societatis Jesu Presbytero,Brescia 1756. Affò e Pezzana riferiscono anchedi una Introductionis universam ad usum scho-larum accomodatae Pars prima complectens:Isaaci Newtoni Arithmeticam et Algebram: Fride-rici Sanvitali e Soc. Jesu Geometriam, et Trigo-nometriam planam: Io. Keill ... TrigonometriamSphaericam, Brescia 1765. Si ritiene fosse unariedizione dei Compendiaria arithmeticae.
43 Lettera di Federigo Sanvitali della Compagniadi Gesù a S. E. il Signor Marco Cornaro, in F. A.ZACCARIA, Storia Letteraria d’Italia, cit., VI, Mo-dena 1754, pp. 761-771; Lettera di FederigoSanvitali della Compagnia di Gesù allo StoricoLetterario d’Italia sopra la censura d’un passo
nel 1718 dal matrimonio tra la sorella Margherita Sanvitali e il conte Gio-
vanni Antonio Fenaroli, mecenate e fautore del primo nucleo della celebre
raccolta d’arte della famiglia33. È incerto il momento esatto in cui il gesuita
giunse nella città lombarda; finora era stato indicato il 1749 sulla base di
una nota della Storia Letteraria d’Italia dello Zaccaria dove si legge che in
quell’anno «il P. Federigo Sanvitale Gesuita lettor di Matematica in Brescia
ha messe fuori alcune dotte conclusioni» sulla pirotecnia34. Il brano a ben
vedere attesta una presenza già consolidata piuttosto che il momento esatto
in cui egli prese l’incarico. In proposito è utile la nota di Fappani il quale
rammenta che la cattedra di Matematica al collegio delle Grazie fu istituita
nel 1743 su iniziativa del padre Negroboni; egli la affidò subitamente a San-
vitali che ne fu titolare fino al 175935, quando i problemi di salute divennero
tali da impedirgli di proseguire l’attività didattica.
È possibile però anticipare l’arrivo a Brescia addirittura a prima del 1739:
a questa data risale infatti il primo contributo letterario noto del gesuita,
un sonetto recitato in un’adunanza privata bresciana, verosimilmente in
casa Mazzucchelli, per ricordare la figura di Barbetta «celebre ludimagistro
bresciano» del Seicento36. In tale occasione il Sanvitali si cela dietro lo
pseudonimo di Agius Biosimus, nome evidentemente prescelto per l’Adu-
nanza Mazzuchelliana37. Inoltre nella lettera informativa del decesso, il
rettore del collegio delle Grazie afferma che «questa casa (il collegio bre-
sciano) avrà sempre in memoria di benedizione un soggetto come il P. San-
vitali, che per ogni maniera, anche temporalmente, l’ha beneficiata, e che
ha goduto per anni venticinque la buona sorte di averlo tra’ suoi»38. L’au-
tore della lettera riporta con precisione altri riferimenti cronologici relativi
alla vita del Sanvitali39, per cui pare ragionevole prendere per valido il
calcolo di anni espresso circa la permanenza del parmigiano nel collegio
bresciano, il che porterebbe a individuare nel 1736 l’anno del trasferi-
mento da Bologna o da Roma40.
Si può quindi quantificare in un quarto di secolo la presenza di Sanvitali a
Brescia, un tempo significativo che attesta il ruolo determinante svolto nella
formazione di più generazioni di giovani convittori e nella vita culturale lo-
cale, avvalorato dalla vasta e differenziata produzione di testi partoriti con-
testualmente ai corsi scolastici e alle attività dei circoli intellettuali.
Nel catalogo delle sue opere – da cui si escludono al momento gli Elementi
di architettura civile – si contano infatti due manuali di aritmetica e geometria
editi tra il 1750 e il 1756 «di un grande uso e di molta utilità a’ princi-
pianti»41, che ebbero grande diffusione tanto da essere adottati anche in
scuole di altre città42 [figg. 2-3], e una cospicua corrispondenza epistolare
con matematici e intellettuali italiani e stranieri intrattenuta pubblicamente
sulle pagine delle principali riviste erudite dell’epoca, spesso caratterizzata
da dibattiti polemici43. A queste si aggiungono diverse dissertazioni recitate
nelle adunanze Mazzuchelliane – di cui fu uno dei più assidui frequentatori
– che danno conto dell’universalità dei suoi interessi, dalla pirotecnica, alle
110
L’insegnamento dell’architettura a Brescia alla metà del XVIII secolo...
de suoi Elementi d’Aritmetica, in F.A. ZACCARIA,Annali Letterarj…, cit., I, pp. 90-95; Lettera diFederico Sanvitali della Compagnia di Gesù aS. E. il Sig. N.N.N.V. intorno ad una falsa datad’una edizione dell’Opera di Monsù Henrion in-titolata: Usage du Compas de Proportion, e l’in-venzione dello stesso compasso, in Biblioteca divaria letteratura straniera antica e moderna,compilata dagli autori degli Annali Letterarjd’Italia, Modena 1761, pp. 242-257.
44 Dissertazione sopra il passaggio degli uccellidel Padre Federico Sanvitali della C. di G. detta il24 gennajo 1754, in Dissertazioni istoriche, scien-tifiche, erudite recitate da diversi autori in Brescianell’Adunanza letteraria del Signor Conte Giam-maria Mazzuchelli, 2 voll., Brescia 1765, I, pp.323-341; Dissertazione sopra la maniera d’inse-gnar a parlare a coloro che, essendo nati sordi,sono ancor muti, detta dal Padre Federigo Sanvitalili 5 maggio 1757, in ivi, II, pp. 245-270.
45 Sue opere si trovano all’interno delle Rimeper la monacazione di Margherita Sanvitale, ve-dova Fenaruoli, Parma 1740; Rime nelle felicis-sime nozze di sua eccellenza la signora contessaD. Costanza Terzi di Sissa con sua eccellenza ilsignor conte Antonio Marazzani visconte pubbli-cate da Comante Eginetico, s.l. 1745; Rime perle nozze del conte Fenaroli con la contessaPaola Avogadro, Brescia 1748, cc. 94 e sgg;Poesie per la nobile signora Rosa Valotti la qualveste il religioso abito nel monastero della Visi-tazione di Salò, Brescia 1760.
46 C.I. FRUGONI, Opere poetiche del SignorAbate Carlo Innocenzo Frugoni fra gli ArcadiComante Eginetico, 9 voll., Parma 1779, VII,pp. 37-42.
47 A.M. QUERINI, Epistolae tres ad nobilem virumAndream Quirinum senatorem Venetum ex Ita-lico idiomate in Latinum conversae, Brescia1753; Epistolarum Reginaldi Poli S. R. E. Cardi-nalis et aliorum ad ipsum Collectio, pars V, quaescriptas complectitur ab exitu anni 1554 usquead finem anni 1558, Brescia 1757; Commen-tarii de rebus pertinentibus ad Ang. Mar. S. R. E.Cardinalem Quirinum continuatio ab anno1741 usque ad ejus obitu. Nobilissimo ac Prae-stantissimo Viro Andreae Quirino Veneto Sena-tori Amplissimo, Fredericus Sanvitali S.J. S. P. D.,Brescia 1761.
48 Orazione Funebre per la morte di Sua Emi-nenza il Signor Cardinale Angelo Maria QueriniArcivescovo, Vescovo di Brescia, della Santa Ro-mana Chiesa Bibliotecario, etc. Nelle solenniesequie celebrate in S. Faustino Maggiore reci-tata da Federigo Sanvitali sacerdote della Com-pagnia di Gesù, Brescia 1755. L’orazione fustampata su insistente richiesta dell’editore Pa-sini che sconfisse la riluttanza di Sanvitali a di-vulgarne il testo.
49 Sanvitali fu garante dell’autenticità di una let-tera del cardinale presso un notaio, e semprelui segnalò a Querini lo Zaccaria per l’incaricodi prefetto della sua biblioteca. Documentoconservato in BQ, ms. B. XIV.18.
50 F. SANVITALI, Instituzione dell’Accademia di Fi-sica Sperimentale e Storia Naturale in Brescia
tecniche per far parlare i sordo-muti, all’analisi delle migrazioni degli uc-
celli44. Molteplici furono anche i contributi letterari e poetici realizzati per
occasioni mondane ed eventi pubblici e privati45, in cui Sanvitali dà sfoggio
di una notevole abilità retorica, impregnata del ridondante gusto arcadico,
particolarmente celebrata dai suoi contemporanei, come documentano di-
versi elogi a lui dedicati, tra cui spicca quello dell’abate Frugoni46. Fu inoltre
protagonista di alcune iniziative editoriali in seno alla biblioteca Queriniana
al fianco del cardinale Querini47, per il quale compose poi l’orazione fune-
bre in occasione delle sue esequie celebrate in San Faustino Maggiore nel
175548. Molteplici sono gli indizi che portano a riconoscere un rapporto
solido tra queste due personalità che deve aver avuto significativi riflessi sul
futuro prestigio della raccolta libraria, finora mai preso in considerazione49.
Da ultimo va ricordata l’iniziativa che costituisce il coronamento della sua
fervida tensione scientifica ed educativa, ovvero la costituzione nel 1760
dell’Accademia di Fisica Sperimentale e Storia Naturale50, con cui egli diede
una precisa impronta scientifica all’ambiente culturale bresciano, esperienza
protrattasi fino al nono decennio del Settecento e confluita poi nel 1768
nella Accademia di Agricoltura di Brescia, fondata a sua volta dal conte
Luigi Chizzola già nel 176451. Pensata dal Sanvitali come luogo di studio e
di ricerca che fosse «qualche cosa di più di semplici e nude letture» circo-
scritte a un ambito privato, l’Accademia doveva strutturarsi in un vero e pro-
prio centro di studio e di ricerca, insediato presso i locali della biblioteca
Queriniana, dotato di un laboratorio dove poter «eseguire tutte le espe-
rienze, che accompagnassero un corso regolare di Fisica» munito di ade-
guate strumentazioni e di una collezione propria di oggetti e materiali, nella
Stefano Margutti
111
Fig. 3. F. Sanvitali, Compendiaria arithmeti-cae et geometriae elementa..., cit., frontespizio(BQ).
Fig. 2. F. Sanvitali, Arithmeticae elementaadolescentium matheseos..., cit., frontespizio(BQ).
l’anno 1760, in C. PILATI, Saggio di storia natu-rale bresciana, Brescia 1769, pp. 88-104.
51 M. MAYLENDER, Storia delle Accademie…, cit.,II, pp. 415-421.
52 Manifesto primo d’invito ad associarsi e nomide’ Signori Associati per ordine di Alfabeto, inC. PILATI, Saggio di storia…, cit., p. 92.
53 «L’idea di questa Accademia è stata svegliatada un’altra non dissimile, fondata già quasi unsecolo fa al tempo del famoso P. Francesco TerziLana Bresciano, la quale si chiamò AcademiaPhilo-exoticorum Naturae et Artis». F. SANVITALI,Instituzione dell’Accademia…, cit., p. 212.
54 G.A. SALADIN, M. PANCINO, Il «Teatro» di filo-sofia sperimentale di Giovanni Poleni, Padova1987.
55 BQ, ms. F.VI.4 m7, fasc. 4, cc. 55-64. I.AFFÒ, A. PEZZANA, Memorie degli scrittori…, cit.,p. 196.
56 Cfr. R. BOSCHI, Le alternative del Barocco...,cit., p. 22.
57 Novelle letterarie pubblicate in Firenze, Fi-renze 1740-1768, tomo XVIII, 1757, c. 142.
prospettiva di «andarne formando un Museo Bresciano»52. Un’istituzione
che nelle intenzioni e nei metodi riprendeva consapevolmente l’eredità della
breve avventura secentesca dell’Accademia dei Filesotici fondata a Brescia
dal padre Francesco Lana Terzi53, ed evidenziava fortissime analogie anche
con l’esperienza d’avanguardia promossa un ventennio prima a Padova da
Giovanni Poleni nel suo Teatro di Filosofia Sperimentale54, mostrandosi pie-
namente partecipe degli orientamenti scientifici europei del primo Settecento.
I dati raccolti restituiscono così il profilo di un intellettuale, scienziato e let-
terato di primissimo piano nel panorama culturale locale e italiano, espres-
sione eccellente dell’universo gesuita totalmente immerso nello spirito
scientifico ed erudito del Settecento – accostabile a figure del calibro di Bo-
scovich, Poleni, De Regi e Frisi – la cui scarsa visibilità e fortuna critica vanno
forse imputate in maniera predominante al carattere schivo e all’essersi sta-
bilito in un contesto, quello bresciano del XVIII secolo, percepito come so-
stanzialmente provinciale, nonostante molteplici indizi documentino un
eccezionale e per molti aspetti ancora ignoto dialogo con i principali centri
nazionali e anche internazionali.
Allo stesso tempo le indicazioni utili a inquadrare la misura concreta del
rapporto tra Sanvitali e l’architettura sono esigue e sfuggenti, circoscritte
alle informazioni generiche sull’insegnamento nel collegio delle Grazie e
al trattato che, edito post mortem, rischia di apparire un documento iso-
lato, difficilmente contestualizzabile nel profilo culturale e nell’attività del
padre gesuita.
Sanvitali e l’architettura
Le ricerche hanno messo in luce dati inediti che aggiungono importanti tas-
selli per colmare tale lacuna. Presso la Biblioteca Queriniana è stato rinve-
nuto il testo di una relazione recitata dal Sanvitali il 23 gennaio 1756 a casa
Mazzuchelli dal titolo Dissertazione sopra l’origine, ed il progresso della civile
Architettura, menzionata a suo tempo da Pezzana ma dallo stesso data per
dispersa55. Il documento era in realtà già noto alla critica, ma finora iden-
tificato come opera di Gaspare Turbini, sulla base della sua collocazione
all’interno di una miscellanea di testi dell’architetto bresciano e di un’evi-
dente corrispondenza calligrafica che un confronto puntuale conferma es-
sere la mano di Turbini56.
Se il manoscritto è autografo dell’architetto, la paternità della lezione invece
è certamente di Sanvitali, sulla base del rimando di Pezzana a una nota in-
tercettata nel giornale fiorentino Novelle letterarie del 1757, dove si men-
ziona una dissertazione dal titolo «Dell’origine dell’Architettura civile, recitata
dal P. Federigo Sanvitali, parmigiano della Compagnia di Gesù, professore
di matematica in Brescia» in data 23 gennaio 1756 alla presenza straordi-
naria del neoeletto vescovo di Brescia Giovanni Molino57. Il titolo è elo-
quente e la data è la stessa riportata sul margine destro superiore del primo
foglio del manoscritto. Ma i fattori discriminanti che fugano ogni dubbio in
112
L’insegnamento dell’architettura a Brescia alla metà del XVIII secolo...
Stefano Margutti
113
merito sono rispettivamente la presenza nel secondo foglio di una postilla
che recita «Della f.m. il P.F.S» – dove l’acronimo sta evidentemente per Padre
Federico Sanvitali – e il riferimento esplicito che l’autore fa alla presenza tra
gli uditori di una «riguardevole, e venerabile persona d’ogni più colta eru-
dizione fornita, che per sua degnazione onora oggi di sua presenza questo
consesso»58, in cui è logico riconoscere il neoeletto vescovo Molino citato
dalle Novelle Letterarie. L’autografia turbiniana non costituisce una contrad-
dizione: l’architetto fu infatti il principale discepolo e collaboratore di San-
vitali presso il collegio delle Grazie e poi nell’Accademia di Fisica
Sperimentale, ed è plausibile che dopo la sua morte sia entrato in possesso
dei documenti del maestro, occupandosi di una loro riorganizzazione e pro-
babilmente, laddove necessario, anche della trascrizione degli stessi. Non
va esclusa l’ipotesi di una redazione sotto dettato dello stesso Sanvitali, giu-
stificata dalle precarie condizioni di salute, già documentate a quella data
nel riferimento alla «fastidiosa malattia»59.
Sanvitali confida che «à ragionare, stà sera, sopra l’origine, e progressi, ed
altri accidenti della civile architettura hanmi determinato […] la materia che
nel corrente anno scolastico vado a miei discepoli spiegando»; una scelta
di comodo dettata da «una fastidiosa malattia, la quale mi ha tolto il tempo,
e la voglia d’appigliarmi ad altro argomento, cui avrei avuto animo di trat-
tare, ed era il terribile Tremuoto in gran parte di Mondo per cui Lisbona più
quasi non è, restringendomi però più particolarmente a quelli effetti, che per
un certo consentimento provati ne hanno alcune terre del Bresciano Territo-
rio, ed in special maniera le aque del lago d’Iseo»60.
Lasciando in secondo piano il riferimento allo studio del grande terremoto
del 1755, che attesta una volta di più la poliedrica curiosità scientifica di
Sanvitali, preme rilevare la notizia fornita in prima persona sul ruolo di do-
cente per il corso di Architettura, del quale finora si avevano solamente no-
tizie indirette. Inoltre il documento restituisce un resoconto puntuale, seppur
sintetico e adattato all’occasione dell’adunanza, del programma di studio
affrontato dal gesuita nel 1756, consentendo di conoscere più nel dettaglio
i temi delle sue lezioni.
La relazione consiste in un percorso storico-critico sull’architettura dalle ori-
gini fino al Settecento, che Sanvitali imposta come riflessione sull’evoluzione
delle conoscenze e delle attitudini dell’uomo sull’arte di fabbricare le case,
partendo dal presupposto forse ripreso da Blondel che «la necessità metta
per così dire in moto l’umano ingegno»61, a sostegno del quale racconta
l’episodio del naufragio di Pietro Serrano nelle Americhe, ripreso da un
brano dell’Hydrographie del padre gesuita George Fournier62. Ripercorre
quindi le diverse epoche storiche descrivendo le tecniche costruttive distintive
di ogni popolo, dai primitivi, ai Greci, fino ai Romani, presso i quali l’archi-
tettura «salì al suo maggior grado di perfezione», dando conto di una pun-
tuale ripresa delle nozioni vitruviane, integrate con riferimenti desunti da
passi biblici. Il richiamo a Vitruvio non è esente da prese di posizione critiche
58 BQ, ms. F.VI.4 m7, fasc. 4, c. 56.
59 Forse negli ultimi anni la malattia incise sul-l’uso degli arti. Due lettere autografe del 1756documentano un ductus tremolante difficilmentericonducibile a un’approssimazione calligraficadell’autore, che anzi manifesta in alcuni dettagliuna certa eleganza. BQ, Fondo Autografi, c.958.
60 BQ, ms. F.VI.4 m7, fasc. 4, c. 56.
61 «C’est la necessitè qui la premiere a einsei-gné l’Architecture aux hommes, que l’usage etla recherche de la commoditè ont ensuite aug-mentée peu à peu». F. BLONDEL, Cours d’archi-tecture enseigné dans l’Academie Royaled’Architecture, Paris 1675, p. 2.
62 G. FOURNIER, Hydrographie contenant lathéorie et la pratique de toutes les partie de lanavigation, [Paris 1643] 1667, pp. 661-662.
114
L’insegnamento dell’architettura a Brescia alla metà del XVIII secolo...
63 BQ, ms. F.VI.4 m7, fasc. 4, c. 61.
64 BQ, ms. F.VI.4 m7, fasc. 4, c. 62. Il riferi-mento è a G. POLENI, Exercitationes vitruvianaeprimae, hoc est: Commentarius Criticus de M.Vitruvii Pollionis architecti X., librorum editioni-bus, necnon de eorundem editoribus, atquealiis, qui Vitruvium explicarunt, aut illustrarunt,Padova 1739.
65 C. PERRAULT, Les dix livres d’architecture de Vi-truve, corrigez et traduits nouvellement en fran-çois, avec des notes et des figures, Paris 1673.
66 BQ, ms. F.VI.4 m7, fasc. 4, c. 62.
67 BQ, ms. F.VI.4 m7, fasc. 4, c. 59.
68 BQ, ms. F.VI.4 m7, fasc. 4, c. 64.
69 BQ, ms. F.VI.4 m7, fasc. 4, c. 60.
70 BQ, ms. F.VI.4 m7, fasc. 4, c. 64.
71 A.C. D’AVILER, Cours d’architecture qui com-prend les ordres del Vignole avec des commen-taires, Paris 1691.
72 BQ, ms. F.VI.4 m7, fasc. 4, c. 64.
nei suoi confronti, in particolare sull’incomprensibilità del suo trattato, per
cui, pur riconoscendone il merito di aver codificato «un intiero sistema d’ar-
chitettura, negar però non si può ch’ei non sia difettoso molto nel metodo,
e nella dicitura oscuro per modo, che a Leon Battista Alberti parve di poterlo
tacciare d’aver egli in latino scritto per i Greci, ed in greco per i Latini»63.
Apre così una parentesi sui numerosi commentari del De architectura, espri-
mendo confidenzialmente la sua stima per le «vitruviane esercitazioni del
Sig. Marchese Poleni, celebratissimo professore di Matematica in Padova»64,
giudicate quale strumento migliore per «chi volesse adunque su questo punto
informarsi appieno» ed elogiando sommamente Les dix livres d’architecture
de Vitruve di Claude Perrault65, il compendio «più utile e profitevole a leg-
gersi per l’intelligenza del medesimo autore […] dove le cose disordinata-
mente qua e là sparse in Vitruvio à suoi capi ha ridotte, ed ha per tal modo
appagato il desiderio che già aveva Filiberto Delorme, che qualcheduno
una volta raccogliesse e riunisse le parti dell’opera di Vitruvio con una ma-
nifesta perturbazione disunite e confuse»66. Le fonti citate attestano una cul-
tura aggiornata sui principali protagonisti del dibattito sulle teorie
architettoniche tra Sei e Settecento italiani e internazionali, fondata su una
conoscenza diretta dei testi e forse anche sul dialogo personale con alcune
personalità di spicco a lui coeve e vicine, come Poleni.
Spicca il giudizio espresso sull’architettura gotica, cui riconosce un «non so
ché di bello, e di grandioso», salvo poi fare un passo indietro puntualizzando
che «tanti però sono gli altri difetti, che i vizj sopravanzano la virtù»: la ca-
renza di luce delle «Fabbriche gotiche […] ordinariamente assai oscure per-
ché ricevono il lume per aperture anguste e non proporzionate à vasi degli
edifici», la mancanza di proporzione dei sostegni «che mal si confanno alle
vaste, e pesanti arcate che da esse sostengonsi», l’inadeguatezza degli archi
«per lo più di terzo, e quarto acuto» troppo deboli, e infine la ridondanza
ornamentale «ma di ornamenti minuti, e che hanno del puerile»67. La lezione
si focalizza poi sui «principali ristoratori della buona ed antica architettura»68
del XV secolo, con un occhio di riguardo a Bramante, celebrato come colui
che per primo «la richiamò a nuova vita» tanto da meritare il «titolo di quasi
nuovo inventore dell’architettura»69 – giudizio su cui pesa la convinzione
che egli fosse l’ideatore del Palazzo della Loggia di Brescia. Seguono poi
elogi ad Alberti, Palladio, Serlio, Scamozzi e Vignola, il quale «lode merita
in particolar maniera per una certa sua facilità, e perspicuità d’esprimersi,
per cui più di tutti è in voga appresso di coloro, che alla pratica atten-
dono»70, e infine a d’Aviler, per l’integrazione al lavoro di Vignola realizzata
nel suo Cours d’architecture71.
Sanvitali conclude la dissertazione pronunciando un giudizio molto severo
sulla situazione coeva, dove «l’inimicizia mi sembra essersi accesa a nostri
giorni tra gli Architetti, e la linea retta, la parzialità ch’essi mostrano negli
ornati per certe bizzarre curve, mi fa temere di qualche nuova rivoluzione»72.
È forte l'avversione alla licenziosità inventiva di matrice rococò che attraversa
Stefano Margutti
115
73 Cfr. V. FRANCES, Joseph Smith and the Cult ofPalladianism, in «The Burlington Magazine»,105, 1963, pp. 157-162; ID., Joseph Smith,Antonio Visentini e il movimento neoclassico, in«Bollettino del Centro Internazionale di Studi diArchitettura Andrea Palladio», 5, 1963, pp.340-358.
74 L’autore dichiara: «chi in Roma rimira il Pa-lazzo Quirinale, edifizio fatti a norma del buongusto; ed il palazzo della Consulta recente-mente nella Piazza dello stesso Quirinale innal-zato vede subito tra l’uno, e l’altro una grandediversità, la quale può giustificare il mio ti-more». BQ, ms. F.VI.4 m7, fasc. 4, c. 64.
75 A.M. MATTEUCCI, L’architettura del Settecento,Torino 1988, p. 27.
76 F. SANVITALI, Instituzione dell’Accademia…,cit., pp. 88-104. Si veda anche M. MAYLENDER,Storia delle Accademie…, cit., II, pp. 415-421.Gli statuti redatti da Sanvitali si sarebbero dovutipubblicare ma «per eccesso di modestia, l’au-tore s’oppose alla stampa».
77 La prima classe contemplava la meccanica,l’idrostatica, l’aerometria e l’idraulica, mentrela seconda radunava gli studi sulle «esperienzeelettriche […] della calamita ed altri corpi ma-gnetici, […] della luce e de’ colori ed altre allaMeteorologia appartenenti». F. SANVITALI, Institu-zione dell’Accademia…, cit., p. 96.
la metà del XVIII secolo e di contro s’intuisce un’adesione convinta alle po-
sizioni classiciste di area francese, particolarmente quella di d’Aviler, radicate
nella tradizione del Cinquecento piuttosto che proiettate verso le teorie neo-
classiche; si conserva salda la convinzione della predominanza dell’archi-
tettura romana su quella greca, il che suggerisce una distanza dalle nuove
inclinazioni fiorite anche in ambienti prossimi a Brescia come il circolo intel-
lettuale creatosi a Venezia attorno al console inglese Joseph Smith, frequen-
tato tra gli altri da Poleni e Lodoli73. Lascia in qualche modo interdetti la
condanna del palazzo della Consulta di Roma come esempio di architettura
nemica delle linee rette, in contrapposizione al prospiciente palazzo cinque-
centesco del Quirinale, inteso come modello virtuoso74. A fronte di una po-
sizione ideologica che sposa una linea già ampiamente diffusa nel contesto
culturale italiano e internazionale, Sanvitali critica una fabbrica che, in
quanto a logica distributiva degli ambienti, all’impaginazione del prospetto
e al registro ornamentale, costituisce a dire il vero uno degli episodi chiave
della stagione architettonica classicista del Settecento romano firmato da
Fuga, con un netto rifiuto dei ritmi sinuosi e delle licenze ornamentali, in fa-
vore di una «elegante rigidezza»75 che attinge i suoi canoni direttamente dal
Cinquecento fiorentino e romano.
Il fatto acquista particolare interesse se si considera che quasi certamente
Sanvitali si trovava a Roma proprio negli anni in cui il cantiere era nel vivo
della fase esecutiva, perciò il giudizio del gesuita potrebbe poggiarsi su una
valutazione diretta dell’opera e del dibattito progettuale, piuttosto che su
una conoscenza mediata dalla circolazione di approssimative illustrazioni.
Ciò apre spunti di riflessione sulla ricezione presso contesti periferici delle
novità ideologiche e formali dell’architettura romana, ma solleva anche al-
cuni interrogativi sui parametri di giudizio assunti da Sanvitali nella valuta-
zione dell’estetica architettonica.
La digressione sui contenuti esposti nella dissertazione mazzuchelliana del
1756 rappresenta uno strumento di confronto prezioso per contestualizzare
gli Elementi di architettura civile poiché sviluppa gli stessi temi affrontati nel
proemio del trattato.
Prima di procedere con l’analisi del trattato, che richiede un discorso a parte,
vi è un secondo elemento su cui è opportuno riflettere e che documenta la
considerazione riconosciuta da Sanvitali all’architettura. Si tratta delle indi-
cazioni contenute negli atti costitutivi dell’Accademia di Fisica Sperimentale
e Storia Naturale redatti di proprio pugno, noti grazie alla pubblicazione in-
tegrale curata nel 1769 da Cristoforo Pilati, primo segretario dell’istitu-
zione76. In essi è illustrato il Piano d’esperienze e di altre materie da trattarsi
nelle Adunanze Accademiche, e regole per le medesime, dove sono esposti
i criteri di selezione e di classificazione delle discipline, distribuite in tre classi
di studio: nella terza categoria, dedicata alle branche della «Istoria Natu-
rale», al fianco dell’agricoltura, geografia, nautica e astronomia si legge
l’«Architettura civile e militare»77. L’inclusione tra le scienze naturali è indi-
116
L’insegnamento dell’architettura a Brescia alla metà del XVIII secolo...
78 C. WOLFF, Elementa matheseos universae, [2voll. Halle 1713-1715] 5 voll. Gèneve 1732-1741, tomo IV, Elementa architecturae civilis,Gèneve 1738.
79 Francesco Caggiada è uno dei pochi bre-sciani registrati nell’albo dei «Pubblici Periti Agri-mensori» di Venezia. Archivio di Stato di Venezia(ASVe), Provveditori Sopra i Beni Comunali, b.78. Cfr. G. TOGNAZZI, La professione dell’Inge-gnere-architetto…, cit., p. 3, note 6, 7.
cativa della considerazione dell’architettura quale scienza esatta e come tale
contraddistinta da leggi proprie che richiedono un approccio scientifico ed
empirico per conoscerne i principi sostanziali e per procedere poi a una cor-
retta messa in pratica.
L’interesse di Sanvitali per la materia va contestualizzato chiaramente in seno
al deciso progresso degli studi matematici e fisici applicati alla scienza edi-
ficatoria, maturato tra XVII e XVIII secolo sulla scia dell’eredità galileiana.
Non è casuale la forte analogia con la ripartizione dei diversi rami delle
scienze codificata in ambito nord europeo, come si ritrova ad esempio negli
Elementa matheseos universae del tedesco Christian Wolff, imponente opera
che affronta in trattati sistematici il sapere universale, in cui l’architettura ci-
vile e militare viene accostata alla «Geographiam cum Hidrographia» e ad
altre discipline come la «Chronologiam, Gnomonicam, Pirotechniam» che
Sanvitali annovera nella seconda classe78.
Finora l’attenzione posta sull’esperienza dell’Accademia è stata marginale,
e non è stato dato il dovuto risalto al reale significato e valore che ebbe per
lo sviluppo della cultura e della scienza nel contesto bresciano; nella fatti-
specie non si è mai evidenziata la sua pertinenza con gli studi dell’architet-
tura, complice la denominazione interamente orientata verso temi afferenti
le scienze esatte. Lo stesso ruolo di Sanvitali, principale artefice e fautore di
tale iniziativa, che segna un deciso scarto qualitativo nell’approccio scienti-
fico allo studio e all’insegnamento delle diverse branche del sapere, non è
ancora stato adeguatamente compreso, anche perché il suo apporto reale
si fermò in sostanza alla definizione della struttura organizzativa e degli obiet-
tivi. La morte sopraggiunta nel dicembre 1761, a meno di un anno dalla
nomina ufficiale a direttore dell’accademia, sancita il 22 gennaio, gli impedì
di fatto di attuare iniziative concrete, tenuto conto che il primo anno di vita
dell’istituzione, fondata il 3 marzo 1760, fu interamente dedicato alla defi-
nizione delle cariche, all’apparecchiamento del luogo e delle strumentazioni
nei locali della Biblioteca Queriniana.
Inoltre, il verbale dell’assemblea del 22 gennaio 1761 informa che per il
primo anno era stata «scelta per materia de’ Trattenimenti» la Meccanica,
ovvero la prima classe di studi, il che esclude di conseguenza iniziative per-
tinenti l’architettura nel periodo in cui Sanvitali era ancora vivo.
L’impressione di una marginalità se non addirittura estraneità dell’archi-
tettura nel computo degli interessi e attività dell’Accademia è però defini-
tivamente smentita dalle indicazioni contenute negli statuti della “creatura”
di Sanvitali, in particolare nell’elenco dei soci fondatori dove è significativo
riscontrare un numero non trascurabile di figure attivamente impegnate in
diversa misura negli studi oltreché nella professione architettonica e inge-
gneristica nel secondo Settecento, come Gaspare Turbini, nominato «mac-
chinista e esperimentatore» dell’Accademia, Domenico Corbellini,
Francesco Caggiada79, Girolamo Francesco Cristiani e i conti Giambat-
tista Suardi e Vincenzo Gaifami, rispetto ai quali sarà opportuno verificare
80 F. SANVITALI, Elementi di Architettura…, cit., p.IV.
e quantificare la misura dei rapporti intessuti con il padre gesuita e l’inci-
denza del suo pensiero e dei suoi insegnamenti.
Gli “Elementi” di Sanvitali: trattato d’architettura o manuale scolastico?
Il terzo e ultimo elemento determinante per chiarire il ruolo giocato da San-
vitali nell’insegnamento dell’architettura ai giovani bresciani è la problema-
tica edizione postuma degli Elementi di architettura civile [fig. 4].
Strumento provvidenziale per una corretta interpretazione del testo e del suo
significato è la dettagliata prefazione curata da Rizzardi; in essa l’editore ri-
percorre le dinamiche che l’hanno spinto a pubblicare il testo offrendo in-
direttamente molteplici spunti di riflessione sull’articolazione didattica del
corso di architettura tenuto da Sanvitali e sull’effettiva relazione tra l’originale
proposito perseguito dal gesuita nello scrivere un testo sul tema dell’archi-
tettura civile e l’iniziativa editoriale attuata quattro anni dopo la sua morte.
Rizzardi rivendica a sé la decisione di farsi carico dell’edizione del trattato,
per «dare quel segno della mia divozione alla […] memoria» del Sanvitali
e per celebrarne il ruolo predominante svolto nella promozione delle
scienze e «nella istituzione della Gioventù»80 bresciana, ribadendone il ca-
risma pedagogico.
Riferisce quindi di essersi adoperato per «rinvenire alcuno degli aurei suoi
Stefano Margutti
117
Fig. 4. F. Sanvitali, Elementi di architettura civile, cit., frontespizio con ritratto dell’autore inciso da Domenico Cagnoni (FUDCL).
81 Ibidem.
82 Ibidem. Francesco Basiletti è il padre del pit-tore e architetto Luigi Basiletti; non si hanno ul-teriori notizie circa la sua vita e la suaprofessione.
83 Ivi, p. VII. Già Sanvitali aveva dedicato almedesimo nipote gli Arithmeticae elementa del1750.
84 «Ne fanno fede pienissima i molteplici suoitrattati, ch’egli nelle pubbliche sue lezioni det-tava sopra l’Aritmetica, la Statica, e l’Idrostatica,e varj altri argomenti misti di Fisica e di Geo-metria, ove spicca la chiarezza colla più pro-fonda dottrina». A. BROGNOLI, Elogi diBresciani…, cit., p. 154.
85 Già Kruft classifica l’opera di Sanvitali comemanuale scolastico ma lo intende costruito informa dialogica, alla stregua dei Dialogi sull’ar-chitettura di Ermenegildo Pini, come insieme didomande a cui fanno seguito risposte «eviden-temente da imparare a memoria». H.W. KRUFT,Storia delle teorie…, cit., p. 257. Come si vedràl’impianto del testo segue un criterio diverso epiù articolato di quello mnemonico ipotizzatoda Kruft.
scritti, di quelli particolarmente, che egli dettati aveva a fine di perfezionare
nei giovani quelle arti, le quali hanno il fondamento loro in alcune parti delle
matematiche»81 e rendere così pubblico qualche suo testo rimasto inedito.
Contestualmente a questa faticosa fase di ricognizione trovò l’«unico esem-
plare corretto, accresciuto e compito per mano dello stesso padre» degli Ele-
menti di architettura civile, presso Francesco Basiletti, anch’egli allievo di
Sanvitali82, ottenendo da lui il consenso a rendere «di pubblica utilità» il testo.
Le parole di Rizzardi fugano ogni dubbio sulla divergenza di obiettivi tra l’ini-
ziativa editoriale e le intenzioni dell’autore: il proposito di Rizzardi è la com-
memorazione dell’intellettuale parmense, a riconoscimento dell’ascendente
esercitato sul contesto socio-culturale bresciano. Né è prova il fatto che il
suo interesse non era rivolto specificamente al testo di architettura ma a
qualsiasi contributo scritto dal gesuita che potesse testimoniarne le virtù. In
quest’ottica acquista un preciso significato celebrativo la dedicazione del-
l’opera all’illustre conte Bartolomeo Fenaroli, nipote di Sanvitali e suo allievo
presso il collegio, nonché esponente di spicco dell’Accademia di Fisica Spe-
rimentale, nominato presidente all’atto della fondazione e impegnato in
prima persona nelle «amene e dilettevoli lettere, e […] in quelle utili scienze
[…] nelle quali lo studio della natura, gli sperimenti, e le Matematiche ser-
vono di guida sicura, e di prudente Maestro»83.
L’editore offre poi un indizio significativo sulla natura originale dell’opera:
egli afferma di aver concentrato le sue attenzioni sui testi dettati dal gesuita
«a fine di perfezionare nei giovani quelle arti», ovvero a quegli scritti concepiti
come strumento di studio per i suoi allievi. L’allusione alla prassi didattica
gesuita, ovvero l’insegnamento mediante dettatura degli argomenti agli stu-
denti, che richiedeva la compilazione manu propria da parte dei docenti di
testi propedeutici ai corsi, assieme alla notizia del ritrovamento del testo ori-
ginale, manoscritto e autografo, presso un suo allievo, inducono a classifi-
care gli Elementi di architettura civile come manuale scolastico scritto di
proprio pugno dal padre gesuita per il corso di architettura tenuto nel col-
legio delle Grazie, al pari quindi dei manuali di geometria e aritmetica citati
in precedenza. Ne offre una conferma la profonda analogia nella formula-
zione dei temi, che rivelano un approccio didattico alla materia, con i singoli
argomenti esposti sotto forma di «problemi» e sviluppati come «risoluzioni»,
nonché le parole di Brognoli che documentano la prassi della dettatura
usata da Sanvitali a lezione84.
Ciò comporta il leggere sotto una nuova luce il testo, non come opera trat-
tatistica consapevolmente compiuta con la pretesa e l’aspirazione di pren-
dere parte attiva al dibattito teorico sui fondamenti dell’architettura civile,
peraltro molto vivace nella seconda metà del XVIII secolo in Italia e in Eu-
ropa, bensì come strumento innanzitutto scolastico85.
Tale prospettiva potrebbe indurre a ridimensionare il valore e l’ambizione
culturale del testo, destinato nelle intenzioni a un uso limitato al collegio,
ma di certo individua finalmente un nesso logico tra l’opera e il quadro bio-
118
L’insegnamento dell’architettura a Brescia alla metà del XVIII secolo...
86 F. SANVITALI, Elementi di Architettura…, cit.,pp. IV-V.
87 Lettera ad un amico intorno agli Elementi diarchitettura civile del P. Federico Sanvitali tradottiin italiano dall’Abate Gasparo Antonio Turbini,in «La Minerva: o sia nuovo giornale de’ letteratid’Italia», XXXVII, 1765. Girolamo FrancescoCristiani conferma il dato descrivendo gli Ele-menti «opera postuma […] dal latino nell’ita-liano idioma traslatata da un dotto architettodella mia patria, e mio stretto amico, il Sig.Abate D. Gasparo Turbini». G.F. CRISTIANI, Dellamedia armonica proporzionale da applicarsinell’architettura civile, Brescia 1767. Si vedaanche A. COMOLLI, Bibliografia storico-critica...,cit., IV, p. 25, nota b.
88 F. SANVITALI, Elementi di Architettura…, cit., p.V.
89 A. COMOLLI, Bibliografia storico-critica…, cit.,IV, pp. 25-27, nota c.
90 Il manoscritto, in ottimo stato di conserva-zione, è rilegato all’interno dello stesso fasci-colo miscellaneo che contiene la dissertazionedi Sanvitali del 1756. BQ, ms. F.VI.4 m7, fasc.3, cc. 23-51.
grafico e professionale del gesuita, contestualizzandola all’interno della sua
attività peculiare, cioè l’insegnamento.
In questo senso occorre cambiare l’approccio ai contenuti affrontati nel-
l’opera, nei quali ancor più che nella dissertazione mazzuchelliana, si può
riconoscere il riscontro puntuale dell’articolato programma svolto dal do-
cente nel suo corso di architettura. Bisogna però sciogliere prima di tutto
alcune riserve sull’effettiva corrispondenza della struttura e dell’enuncia-
zione dei contenuti tra l’opera pubblicata e il manoscritto originale, che
nascono da segnalazioni di interventi di revisione fatti in occasione del-
l’edizione postuma.
L’editore informa infatti che il manoscritto rinvenuto era stato redatto dall’«ot-
timo Padre nel Latino linguaggio» ma per agevolarne la divulgazione, così
«che fosse per riuscire maggiore l’utilità», decise di farlo «trasportare nel-
l’Italiana favella» affidando l’incarico a una «dotta persona, e nello studio
dell’architettura, e delle matematiche molto versata, la quale è stata inoltre
uno de’ più cari discepoli in queste facoltà del nostro Autore»86. Nonostante
l’anonimato, è certo si tratti di Gaspare Turbini, grazie a un commento ano-
nimo al trattato pubblicato sulle pagine de La Minerva, dove si legge che il
Sanvitali «scrisse egli elegantemente questi Elementi nell’idioma latino, ma
il Signor Abate Gasparo Antonio Turbini […] l’ha tradotta in volgare con al-
cune annotazioni»87.
L’architetto non si limitò a tradurre il testo ma ne curò l’apparato critico, in-
serendo «alcune note, e spezialmente nella terza Parte, in cui si ragiona degli
Ordini di Architettura, dove agli esempi, che il valoroso Scrittore tolti aveva
da Vitruvio, presso che da nessuno usati, ne ha aggiunti degli altri tratti da
Jacopo Barozzi da Vignola, presentemente da tutti gli Architetti seguitati»88.
Il corredo di note consiste per lo più in chiose biografiche sugli autori citati
e parafrasi dei termini tecnici – non esenti da sommarie imprecisioni seve-
ramente rilevate da Comolli89 – concentrate per lo più nel proemio, dove
viene presentata una breve digressione sull’evoluzione dell’architettura nelle
diverse epoche, e nella parte relativa agli ordini architettonici, ma senza un
raffronto con l’esemplare originale in lingua latina è impossibile quantificare
con precisione gli interventi operati da Turbini.
Le indagini d’archivio condotte in occasione del presente studio hanno prov-
videnzialmente portato al ritrovamento di un inedito manoscritto in lingua
latina dal titolo Architecturae civilis elementa che, dopo un’attenta analisi
del testo e un raffronto con l’edizione del 1765, si è accertato corrispondere
all’opera di Sanvitali90 [fig. 5]. Il riscontro è totale sia per i contenuti sia per
l’ordine e la struttura del testo, che ripresenta puntualmente l’impostazione
degli argomenti sotto forma di problemi. Il manoscritto è stilato fronte-retro
in colonne che occupano metà foglio ed è anch’esso corredato al suo in-
terno di riferimenti numerati a illustrazioni, di cui però non vi è traccia, ca-
ratteristiche queste che nel loro insieme fanno pensare a una bozza
pressoché definitiva di un’opera destinata a essere presentata a un editore.
Stefano Margutti
119
91 È stato eseguito un raffronto calligrafico conle due lettere private di accertata autografia giàricordate in nota 57.
92 La prima mano s’interrompe sul verso del fo-glio 37 a metà di una frase; la seconda manoinizia sul recto del foglio seguente ripetendol’ultima parola della pagina precedente. L’unicadissonanza significativa si ha nell’impagina-zione: entrambi i redattori scrivono su metà fo-glio, ma il primo scrive rispettivamente a sinistrasul recto e a destra sul verso; viceversa il se-condo scrive sempre sulla metà di destra.
93 In entrambi i testi è ripetuta due volte la «pre-posizione settima» della prima parte del trattato;nel manoscritto l’errore risulta emendato, incifre arabe, ma con ogni probabilità si tratta diuna correzione postuma. Si vedano le pagine35 e 38 dell’edizione a stampa e le cc. 30v-31rdel manoscritto.
94 L’inversione comporta anche una correzionenell’incipit del paragrafo successivo che intro-duce Vincenzo Scamozzi: nel manoscritto silegge «Serius excepit Vincetij Scamozzi», mentrenell’edizione risulta: «a Palladio succedette Vin-cenzo Scamozzi».
95 Il manoscritto contempla trentaquattro illu-strazioni, l’edizione a stampa trentotto.
Tuttavia diversi fattori suscitano riserve sull’identificazione del manoscritto
rinvenuto con la versione originale e autografa del trattato: Rizzardi è irre-
prensibile nel garantire l’autografia sanvitaliana del testo procurato da Ba-
siletti, «unico esemplare corretto, accresciuto e compito» per mano
dell’autore, dove tra le righe si può forse cogliere quasi una descrizione fo-
tografica dello stato “vissuto” del documento, colmo di correzioni, imple-
mentazioni e revisioni eseguite in diversi momenti. Il manoscritto della
Queriniana è redatto invece da due mani differenti, nessuna delle quali mo-
stra affinità con la calligrafia di Sanvitali91, e si presenta pulito, senza alcuna
traccia di revisioni, salvo i segni di discontinuità tra le diverse grafie; questi
però non procurano cesure nell’esposizione dei contenuti, che prosegue li-
neare, e scandiscono solo un passaggio di consegne nella scrittura logica-
mente riconducibile a un’operazione di trascrizione a più mani di un testo
che parrebbe già predisposto92.
Va altrettanto esclusa l’ipotesi che si tratti di una minuta compiuta da Turbini
preliminarmente alla traduzione, in quanto la sua calligrafia non corrisponde
a nessuna di quelle presenti nel manoscritto. Senza entrare nel merito di un
puntiglioso resoconto di tutte le affinità e discordanze tra manoscritto e testo
a stampa, che esula dagli obiettivi dello studio, si evidenziano alcuni dati fun-
zionali a sciogliere per quanto possibile i nodi sulla natura della versione del
trattato reperita. Nel testo latino convivono elementi che da un lato attestano
una relazione con la versione stampata tale da credere si tratti dell’ultima
bozza – eloquente è il refuso nella numerazione e titolazione di alcuni para-
grafi ravvisabile in entrambi i testi93. Viceversa altri dettagli documentano an-
cora significative, seppur piccole, discordanze che implicano una fase
successiva di ulteriori modifiche attuate da Turbini e indirettamente implicano
un’aderenza all’archetipo di Sanvitali. Il riferimento va all’inversione di due
frasi del proemio operata da Turbini che anticipa il riferimento al Serlio ri-
spetto a Palladio94, al computo complessivo delle illustrazioni previste, minori
nel testo editato, e alla progressione numerica dei riferimenti ad esse95. Que-
st’ultimo aspetto, unito al fatto che il manoscritto pur contemplando illustra-
zioni ne è totalmente privo, apre interrogativi anche sulla paternità delle
quattro tavole presenti nell’edizione del 1765: realizzate evidentemente da
Gaspare Turbini, resta il dubbio se siano di sua invenzione o se egli abbia
prestato fede a una traccia già definita dal suo maestro.
L’insieme dei dati raccolti porta quindi a vedere nell’esemplare della Queri-
niana una redazione intermedia tra il testo originale redatto da Sanvitali e
la curatela di Turbini, verosimilmente una trascrizione in bella copia dell’au-
tografo di Sanvitali, la cui fisionomia originale, per quel che riguarda l’ordine
e il metodo espositivo dei contenuti, coinciderebbe in tutto e per tutto con
quella riscontrabile nelle due versioni ora note. Tuttavia le complesse criticità
evidenziate non consentono di esaurire l’argomento, e richiedono ulteriori
verifiche e riflessioni.
L’interrogativo più delicato e discriminante per una corretta valutazione del-
120
L’insegnamento dell’architettura a Brescia alla metà del XVIII secolo...
Fig. 5. Prima pagina del manoscritto in lingualatina degli Elementi di architettura civile di
F. Sanvitali (BQ).
96 Eloquente è il raffronto tra le affermazionisull’architettura gotica e tra i percorsi storico-critici sull’architettura del XV e XVI secolo e sullatradizione di studi vitruviani.
97 In questo modo si verrebbe a definire la se-guente sequenza cronologica degli scritti diSanvitale sull’architettura: 1. I testi disorganiciapprontati per le lezioni. 2. L’intervento all’adu-nanza mazzuchelliana Sopra l’origine e pro-gresso della civile architettura. 3. Redazionedegli Architecturae civilis elementa.
l’opera di Sanvitali – partendo dal presupposto che il manoscritto ritrovato
non costituisca la versione originale – è se l’autore avesse impostato lui
stesso lo scritto in una forma già funzionale alla pubblicazione. I dubbi sono
legati alla paternità di dettagli, come i rimandi numerati nel testo a illustra-
zioni e l’impaginazione su colonne funzionale a lasciare spazio per corre-
zioni, postille e quant’altro, tutti sintomatici, come già detto, di una fase di
redazione preparatoria alla pubblicazione a stampa.
I precedenti degli Arithmeticae elementa adolescentium matheseos e dei
Compendiaria arithmeticae et geometriae elementa, curati in prima persona
da Sanvitali tra il 1750 ed il 1756 invitano comunque a tenere come ipotesi
più valida quella di un’iniziativa editoriale analoga per gli Architectura civilis
elementa, quindi concepita come tale già dal docente, ma rimasta allo stato
di progetto fino all’interessamento di Rizzardi.
È plausibile che le cause possano essere ricollegate alla prematura morte
di Sanvitali, anche se né il testo a stampa né il manoscritto offrono riferimenti
sulla cronologia dell’opera. Un indizio può forse derivare dalla Dissertazione
recitata nel 1756 che affronta alcune tematiche proposte all’interno del
proemio del trattato. La costruzione logica complessiva così come la formu-
lazione dei singoli argomenti, documentano una stringente affinità anche se
le considerazioni formulate in seno alla relazione accademica risultano più
spontanee, ampie e ricche di dettagli e di riferimenti a fonti rispetto alla ver-
sione contratta e schematica del trattato96. Le differenze sono ampiamente
giustificate dalla diversa finalità dei testi, ma sufficienti per rilevare uno scarto
temporale tra le due stesure. Se si considera come ipotesi più ragionevole
che Sanvitali tenesse ancor prima del 1756 il corso di architettura, è plau-
sibile che egli avesse definito preliminarmente dei testi guida per le sue le-
zioni; inoltre ipotizzando una diversificazione degli argomenti affrontati negli
anni – come sembra di dedurre dalle parole usate dal gesuita che per il
1756 riferisce di un corso incentrato «sopra l’origine, e progressi, ed altri
accidenti della civile architettura» – è verosimile che il manoscritto «corretto,
accresciuto e compito» da Sanvitali, corrispondente alla versione poi data
alle stampe, in cui l’excursus storico costituisce un aspetto marginale, fosse
il risultato di un riassetto organico dei testi compilati in momenti diversi. Di
conseguenza l’interpretazione più attendibile è che l’intervento all’Adunanza
Mazzuchelliana costituisca una formulazione preliminare a quella apparec-
chiata per il trattato, che andrebbe così collocato in una forbice temporale
che va dal 1756 al 1759, coincidente per l’appunto con il periodo in cui la
malattia di Sanvitali sembra aggravarsi, fino a precludergli la possibilità di
proseguire nell’insegnamento97.
Struttura, contenuti e taglio critico dell’opera
Appurata la finalità didattica degli Elementa architecturae civilis, uno sguardo
diretto all’opera offre la possibilità di cogliere a pieno i presupposti culturali,
nonché gli interessi prioritari e gli obiettivi alla base delle scelte operate da
Stefano Margutti
121
98 Per agevolare la comprensione della tratta-zione, si è scelto di trascrivere i passi dell’operanella versione in italiano curata da Turbini, salvoeccezioni in cui si reputi maggiormente funzio-nale l’uso della versione originale. In nota sonosegnalati i riferimenti alle pagine dell’edizionea stampa e del manoscritto.
99 F. SANVITALI, Elementi di Architettura…, cit., p.1. BQ, ms. F.VI.4 m7, fasc. 3, c. 23r.
100 A.M. SAVERIEN, Dictionnaire universel de ma-thematique et de physique où l’on traite de l’ori-gine, du progres de ceux Sciences et des Artsqui en dependent, 2 voll., Paris 1752, pp. 44-45, tav. XLVIII. I punti di contatto con la lettera-tura francese si rafforzano nella ripartizionedella storia dell’architettura in quattro epochedistinte «antichissima, antica, gotica, e mo-derna» – dove per gotica si intende anche l’ar-chitettura «moresca» spagnola.
101 F. SANVITALI, Elementi di Architettura…, cit.,p. 6. BQ, ms. F.VI.4 m7, fasc. 3, c. 24r.
Sanvitali nella pianificazione dell’impianto del manuale e nella selezione e
svolgimento degli argomenti, che di riflesso documentano unitamente il pen-
siero ideologico, il bagaglio di saperi e di competenze teoriche e tecniche
trasmessi agli allievi del suo corso di architettura98.
L’impostazione dell’opera manifesta una consapevole intenzione dell’au-
tore di misurarsi con la tradizione trattatistica del passato: egli sceglie la
forma convenzionale del trattato suddiviso in libri, qui più opportunamente
nominate «parti», per la brevità complessiva dell’opera che supera appena
le cento pagine, anticipate da un proemio in cui focalizza l’oggetto della
trattazione ed illustra le linee programmatiche attraverso cui intende svi-
lupparlo.
L’esordio del proemio è il sunto del giudizio di Sanvitali sull’architettura,
che definisce «arte di ben fabbricare […] di ben concepire nell’animo la
forma dell’edificio, che esattamente corrisponda ai fini del fondatore, e di
presiedere all’opera, perché sia diligentemente eseguita. Quindi dovendosi
costruire un edificio di gran mole, acciocché le spese non si gettino in-
darno, fa duopo, avanti di metter mano all’opra, prepararli un picciol mo-
dello […] imperocché sé nell’idea nell’animo concepita sia corso errore
più facilmente si scopra, ed all’occhio si rappresenti per emendarlo, il che
cominciata già l’opera, ed innalzata o non si potrà fare, o vi si richiederà
assai maggior spesa»99. Il tema è inquadrato in termini puramente prag-
matici, senza preamboli retorici né teorici, individuando come aspetti fon-
damentali per una buona esecuzione di un edificio l’adesione dell’idea
progettuale dell’architetto alle richieste ed esigenze funzionali del commit-
tente, l’attenzione a risolvere le problematiche preliminarmente alla co-
struzione attraverso puntuali modelli, il controllo diretto del cantiere e
l’oculata gestione dei costi.
Procede poi a distinguere e definire le molteplici branche dell’architettura:
civile, quella che considera «gli edificj destinati per abitare, o per altri usi ci-
vili», militare, che «s’impiega in costruire fortificazioni per difenderli da’ ne-
mici», nautica, predisposta a «preparar naviglj» e infine idraulica, che
«considera le opere, e gli edificj costrutti nell’acque, o posti in moto col be-
neficio dell’acque». L’enunciazione schematica della natura dell’architettura
e delle sue differenti applicazioni sembra ispirarsi agli studi trattatistici ed en-
ciclopedici coevi di ambito francese, da Blondel, a Perrault, a d’Aviler e in
particolare a Saverien e al suo Dictionnaire de mathematique et phisique del
1753, fonte ben nota al gesuita, citata a proposito dell’interpretazione alter-
nativa a Vitruvio che dà sulla tecnica costruttiva delle abitazioni dei Colchi100.
Segue il percorso storico sull’origine ed evoluzione dell’architettura – che
osserva meticolosamente il filo logico della lezione del 1756 risolvendo in
forma più stringata gli enunciati – in cui punta a evidenziare i principali «Ar-
chitetti, Italiani massimamente» che dal XV secolo «richiamarono le buone
regole, e proporzioni dell’Architettura», da Bramante, per il quale ribadisce
il concetto «che quasi nuovo inventore dell’Architettura chiamar si può»101,
122
L’insegnamento dell’architettura a Brescia alla metà del XVIII secolo...
102 Ivi, p. 8. BQ, ms. F.VI.4 m7, fasc. 3, c. 24v.
103 Ivi, p. 9. BQ, ms. F.VI.4 m7, fasc. 3, c. 24v.
fino a Vignola e d’Aviler, aprendo poi una parentesi sui commentari a Vitru-
vio, assai ridotta rispetto alla versione del 1756, dov’è ribadita la stima per
Perrault mentre è rimosso il riferimento a Poleni.
L’autore termina il proemio con una riflessione sugli attributi basilari dell’ar-
chitettura, che «in qualsivoglia edificio particolarmente [...] si devono pro-
curare», individuati nelle categorie classiche della firmitas, utilitas e venustas.
La triade vitruviana viene eletta come traccia per lo svolgimento della trat-
tazione: Sanvitali stabilisce di suddividere «in tre Parti cotesto Trattato», cia-
scuna delle quali incentrata su uno dei tre principi, «nella prima delle quali,
che tratterà della fermezza, si parlerà non solo del modo, con cui la materia
donde si compongono gli edificj debbasi connettere, e disporre; ma si
(con)verserà anche intorno alla scielta dell’istessa materia; nella seconda
della comoda distribuzione delle parti dell’edificio, e de’ suoi aspetti; nella
terza si parlerà degli Ordini che formano l’ornato»102.
L’articolazione degli argomenti all’interno delle tre sezioni principali è al-
quanto composita, a dispetto delle dimensioni modeste dell’opera, ma allo
stesso tempo osserva una logica salda che agevola una comprensione or-
ganica dei singoli e particolareggiati temi. Ogni «parte» si compone di più
«capi» in cui Sanvitali espone i diversi argomenti che ineriscono i macro-
temi individuati nel proemio; essi sono enunciati come «definizioni», ripartiti
in più paragrafi, o «proposizioni», articolati a loro volta in forma di «pro-
blemi» o «teoremi», che vengono poi sviluppati come «risoluzioni», spesso
corredate da uno o più «scoli» e «corollari», finalizzati a chiarire gli aspetti
più ostici o ad aprire parentesi su tematiche rimaste in sospeso nei punti pre-
cedenti. Per l’enunciazione dei contenuti, il gesuita si avvale del metodo di-
mostrativo-deduttivo di matrice galileiana proprio degli studi matematici e
scientifici, dove è di norma mettere a tema un problema generale e dedurne
la soluzione universale seguendo un procedimento analitico basato sull’in-
dagine empirica dei singoli dati e dei fenomeni, al fine di conoscere e veri-
ficarne tutte le possibili variabili e criticità.
La prima parte relativa a «Della solidità, o fermezza degli edifici» si compone
di sei capitoli che trattano rispettivamente «della materia, e della scelta di
questa», «dei fondamenti, e dello sustruzioni», «dei muri e dei loro diversi
generi», «delle aperture dei muri, dei pavimenti e dei soffitti», «dei tetti, e dei
fastigi, e d’altre cose ad essi appartenenti», e da ultimo «dei diversi generi
di fulchri, o sostegni». In essa Sanvitali raduna organicamente tutti i temi re-
lativi a considerazioni di natura fisica, meccanica e statica: nell’esordio egli
enuncia la prospettiva critica attraverso cui attuare l’indagine particolareg-
giata sui materiali: «la principal cosa [...] si è, che sempre si prepari neces-
sariamente tutta la quantità di materia, e di danaro avanti di accingersi a
qualche struttura; imperciocché se or l’una, or l’altro manchi, anche o l’una,
o l’altra parte della fabbrica istessa necessario in diversi tempi si compia;
dal che ne nasce che l’una parte più presto dell’altra si secchi, ed indi ine-
gualmente si rassodi, e perciò le pareti si fendano, e s’increspino»103. La
Stefano Margutti
123
104 Ivi, p. 20. BQ, ms. F.VI.4 m7, fasc. 3, c.27v.
105 Ivi, pp. 26-27. BQ, ms. F.VI.4 m7, fasc. 3,c. 29r.
106 Ivi, pp. 34-35. BQ, ms. F.VI.4 m7, fasc. 3,c. 30v.
107 Ivi, pp. 39-40. BQ, ms. F.VI.4 m7, fasc. 3,c. 31v.
chiave interpretativa è del tutto coerente allo spirito pragmatico già pronun-
ciato nel proemio, ovvero l’intenzione di riflettere sugli aspetti logistici e pra-
tici che un buon costruttore deve tenere a mente prima di impegnarsi in un
cantiere.
Nel primo capitolo Sanvitali discorre quindi sistematicamente sui materiali,
nell’ordine legno, pietra, mattoni e malta, e approfondisce per ciascuno di
essi le differenti tipologie e qualità, le proprietà fisiche, i tempi e i modi di
lavorazione e le peculiari applicazioni in campo architettonico. In merito alla
malta, ad esempio, definita «mischianza d’arena, e di calcina bagnata con
acqua, insieme impastate, colla quale nelle fabbriche tenacemente si con-
giungono le pietre, o i mattoni»104, si sofferma a lungo nella descrizione
dell’intero procedimento di lavorazione, partendo da come «preparar la cal-
cina», passando poi a valutarne la qualità, il modo di conservarla nel tempo
e a «esaminare l’arena, e scieglierla», fino a «formare la malta» unendo i
due composti «in certa ragione, che è varia secondo la quantità diversa della
calce, e dell’arena».
Nei successivi capitoli l’autore illustra le tecniche costruttive delle diverse
componenti di un edificio, secondo un ordine conforme alla logica esecu-
tiva che prende avvio dalle fondamenta «l’infima parte dell’edificio […] il
quale regger dee tutto l’edifizio costruir si debba sodissimo, e proporzionato
a sostenerne il peso». In proposito esprime una severa critica di metodo
verso quegli architetti «che determinano la grossezza del fondamento dalla
grossezza solamente del muro che sopra vi si voglia edificare, né danno
considerazione al peso di tutto l’edificio»105. Alle fondazioni riserva un ca-
pitolo molto particolareggiato in cui istruisce gli allievi sulla preparazione
del suolo in base alle sue diverse condizioni, secco, smosso o paludoso, o
quando «s’incontrino sorgenti d’acqua», entrando poi nel merito degli ac-
corgimenti ingegneristici per la costruzione dei fondamenti «sopra il fondo
della fossa, o solido per natura, o consolidato coll’arte» attraverso la co-
struzione di una «graticola per maggior sicurezza del fondamento […]
quando sia necessario consolidar il suolo con pali conficcati», e illustrando
la «figura, e misura del fondamento (che) dal fondo al livello della terra
dove cominciano i muri dell’edificio, va sensibilmente diminuendosi se-
condo la larghezza, cosicché prende la figura d’un trapezio solido»106, con
i dettagli delle proporzioni tra la base e l’altezza, a seconda del terreno e
della tipologia di edificio da erigersi.
Procede poi a riflettere sui muri di sostegno, sulle diverse tecniche esecutive
e sulla necessità «che si alzino a piombo, secondo, che la loro grossezza
venga diminuita nelle contignazioni superiori» di modo che «col proprio peso
più fermamente stanno sul fondamento, sì perché […] le contignazioni su-
periori sostengono minor peso delle inferiori, è ragionevole, che i loro muri
siano più sottili, oltre di ciò nasce anche questo di comodo, che i muri su-
periori più sottili meno aggravano gli inferiorij e si diminuiscono le spese»107.
Contestualmente ai muri ragiona sulle aperture ricavate al loro interno, in-
124
L’insegnamento dell’architettura a Brescia alla metà del XVIII secolo...
108 Ivi, p. 48. BQ, ms. F.VI.4 m7, fasc. 3, c. 33r.
109 Ivi, p. 57. BQ, ms. F.VI.4 m7, fasc. 3, c. 36r.
110 B.F. DE BELIDOR, La science des ingénieursdans la conduite des travaux de fortification etd’architecture civile, La Haye 1729.
111 F. SANVITALI, Elementi di Architettura…, cit.,pp. 61-64. BQ, ms. F.VI.4 m7, fasc. 3, cc. 36v-37r.
tese come problema esclusivamente strutturale, prendendo atto che «levando
a quelli (i muri) la continuazione li rendono più deboli, e perciò esigono,
che si ponga rimedio a tale inconveniente […] i muri in quella parte dove si
apriranno porte, e finestre, sopra le istesse si devono assicurare»108. Trala-
scia in questo frangente il tema delle «misure delle porte, e delle finestre,
cioè dell’altezza, e larghezza; imperciocché queste s’aspettano all’ornato
delle medesime», a conferma della metodicità seguita nello svolgimento
della trattazione. Sviluppa quindi le riflessioni sulle tecniche esecutive dei
pavimenti, a seconda che si fondino sul terreno o su piani rialzati, e procede
a valutare le tipologie di soffitto, a travi lignee o a volta.
Segue poi il paragrafo relativo ai tetti, «la parte superiore dell’edificio, colla
quale si copre tutta la Fabbrica» rispetto cui Sanvitali considera «tanto la parte
esteriore, che realmente copre l’edificio, quanto l’interiore, che serve a so-
stenere l’esteriore»; ne illustra quindi le «particolari regole per la costruzione
dei tetti»109, dal peso all’altezza fino alla distribuzione omogenea del carico
imposto ai muri sottostanti, da cui emerge sempre più forte una sensibilità
ingegneristica dell’autore, meticolosa nell’illustrare i procedimenti pratici con
cui realizzare i sistemi strutturali dell’edificio, sostenuta dal riferimento costante
alla letteratura internazionale più aggiornata in merito, in particolare Belidor,
la principale fonte bibliografica cui attinge dopo Vitruvio110.
Il capitolo si conclude con un catalogo delle diverse tipologie di sostegni
per ciascuno dei quali Sanvitali specifica la funzione e la destinazione più
congeniale all’interno di un edificio: i contrafforti «sostegni destinati per i
muri molto grossi acciocché non si fendano, o non si gonfino», le colonne
e i pilastri letti nell’accezione vitruviana che ne riconduce l’origine «ai tron-
chi degli alberi, o spogliati solamente della corteccia, o in forma di prismi
quadrangolari ridotti, coi quali i tetti degli antichi tugurj venivano soste-
nuti.[…] a somiglianza pure degli arborei tronchi le colonne dall’imo al
sommo dolcemente scemano, e si assottigliano». Seguono poi le cariatidi
e le paraste definite anche «pilastro parietino». Tra i sostegni sono annove-
rati nel dettaglio tutti gli elementi minori come le basi, i piedistalli, «le erte
delle porte, e finestre, che sostengono i sopraliminari, e timpani, o fronti-
spizj, o frontoni delle aperture. […] I mutuli, e falsi mutuli, modiglioni, e
finti modiglioni, ed altre cose simili sottoposte […]. Il Cuneo, Chiave, o Ser-
raglia, chiude la sommità degli archi, e sostiene particolarmente il peso del
sovrapposto muro»111.
Nella seconda parte, dedicata al problema «della comodità degli edifici»,
distribuisce in tre capitoli le riflessioni pertinenti al posizionamento, alla va-
lutazione delle forme adeguate per le diverse tipologie edilizie e alla distri-
buzione razionale degli spazi internamente alle fabbriche – estendendo il
discorso anche al tema delle città – vagliate secondo i criteri della confor-
mazione del territorio, della «salubrità dell’aria» e della ricezione della luce.
L’identificazione della comodità e della funzionalità quali parametri fonda-
mentali di una buona e corretta architettura esplicita il debito di Sanvitali
Stefano Margutti
125
112 F. BLONDEL, Cours d’architecture..., cit., p. 1;P. LE MUET, Manière de bien bastir pour toutessortes de personnes, Paris 1623.
113 F. SANVITALI, Elementi di Architettura…, cit.,p. 68. BQ, ms. F.VI.4 m7, fasc. 3, c. 38r.
114 Ivi, cit., p. 72. BQ, ms. F.VI.4 m7, fasc. 3,c. 39v.
115 Ivi, cit., p. 73. BQ, ms. F.VI.4 m7, fasc. 3,c. 40r.
116 Ivi, p. 79. BQ, ms. F.VI.4 m7, fasc. 3, c.42v.
117 Ibidem.
verso le posizioni di matrice razionalista della trattatistica francese, fondata
sul pensiero di Le Muet e Blondel per il quale «on appelle un bon batiment,
celuy qui est solide, commode, sain et agreable»112.
Sanvitali si prodiga nel dare istruzioni sui diversi problemi, da «in qual luogo
fondar si debbano le Città, e Castelli», a «qual posizione si debba assegnare
agli edificj, e particolarmente a certe sue principali parti», seguendo però
un registro che poco si presta a una declinazione pratica e che rimane so-
speso a norme teoriche. Lo stesso autore appare consapevole della generi-
cità e relatività delle indicazioni e ne dà prova in più occasioni al termine
dei paragrafi, dove aggiunge postille che invitano il lettore a non fermarsi a
una mera applicazione scolastica ma a vagliare con il buon senso caso per
caso la loro adeguatezza o meno, dal momento che «quelle cose per verità
intender si devono per quanto comporti l’occasione, e disposizione del
luogo, e almeno si dispongano cosi le parti dell’edificio, surriferite. Se poi
queste non possono avere la situazione, e positura, che abbiamo descritta,
si procuri almeno, che dal prescritto, quanto sia possibile, non molto si al-
lontanino»113. Fatte le opportune avvertenze, Sanvitali affronta nel dettaglio
gli aspetti connessi alla comodità degli edifici, dalla «maniera si debba rice-
vere il lume nelle case» – che determina la disposizione delle cantine, dei
granai, delle librerie, delle «sale d’inverno per mangiare», delle «stalle de’
buoi nei rusticali edificj» e delle scuderie – alle scelte delle soluzioni plani-
metriche e distributive per gli impianti architettonici. Sanvitali rifiuta l’uso
della figura circolare negli edifici privati per motivazioni anche in questo
caso strettamente funzionali, dal momento che «benché la figura circolare
sia la più capace di tutte, fortissima a resistere, e gratissima alla vista […]
però è molto dispendiosa, e inoltre poco accomodata alla distribuzione del
lume, e delle stanze»114. Suggerisce perciò «la figura quadrangola, e spe-
cialmente la quadrata» argomentando che «tra le figure quadrangole la qua-
drata è migliore delle altre, e perché ammette comodissimo ripartimento, e
perché sotto egual giro di lati maggior spazio comprende»115. Viceversa
raccomanda impianti circolari per le fabbriche di destinazione pubblica
«dove non si ricercano divisioni di stanze, come ne’ Tempj, nelle gran Torri,
negli Anfiteatri ec. […] e per essere tal figura massimamente capace di mol-
titudine di persone». L’ultimo capitolo tratta delle «leggi, che appartengono
alla comoda distribuzione delle case», ovvero le norme per la disposizione
degli ambienti all’interno dell’edificio e la suddivisione dei piani: nuova-
mente Sanvitali avvisa che «la distribuzione delle stanze, o disposizione si
apprende piuttosto dall’uso, ed esperienza, che dalle regole»116. Egli ap-
profondisce l’annotazione dando consigli pratici al lettore sui passi da fare
nella valutazione delle singole problematiche: «Primieramente si dee aver ri-
guardo al fine, e condizione del fondatore; indi alla ragione del luogo dove
si fabbrica, ed al sito delle case; finalmente al numero, grandezza, ed unione
delle stanze; ma di quelle cose tutte non si possono dare sicure leggi»117.
In mancanza di un repertorio esaustivo di norme assolute Sanvitali indica
126
L’insegnamento dell’architettura a Brescia alla metà del XVIII secolo...
118 A. DESGODETS, Les édifices antiques deRome, Paris 1682.
119 G.B. FALDA, Palazzi di Roma de’ più celebriarchitetti, 2 voll., Roma 1676.
120 J.J. VON SANDRART, Insignium Romae templo-rum prospectus exteriores et inferiores, Norim-berga 1690.
121 Il riferimento è all’architetto Antoine Le Pau-tre, autore di diverse pubblicazioni sui palazzifrancesi. A. LE PAUTRE, Recueil de dessins de plu-sieurs palais, Paris 1653.
122 Va forse riconosciuto nel pittore e incisoreJean Morin (1605 ca.-1650).
123 Il riferimento è all’incisore Gabriel Perelle eai figli Nicolas e Adam, autori di numerose rac-colte di vedute di architetture francesi nel XVIIsecolo.
124 Trattasi della famiglia di incisori francesiThomassin attivi tra XVI e XVIII secolo, che an-novera Philippe (1562-1622), Simon (1638-1722) e Henry Simon (1687-1741).
125 Fa riferimento a uno dei membri della fa-miglia di incisori Danckert, attiva ad Amsterdama partire dal XVI secolo. Cfr. G. GORI GANDEL-LINI, L. DE ANGELIS, Notizie degli intagliatori conosservazioni critiche raccolte da vari scrittori, 15voll., Siena 1808-1816, IX, pp. 93-97.
126 F. SANVITALI, Elementi di Architettura…, cit.,pp. 80-81. BQ, ms. F.VI.4 m7, fasc. 3, c. 43r.
come strumento fondamentale per un architetto il procurare «presso di sé, e
diligentemente considerare varie idee d’insigni edificj qua, e là pubblicate,
a norma delle quali si possa diriggere»; segnala in merito alcune edizioni di
repertori iconografici utili, che danno conto di un aggiornamento capillare
del padre gesuita sulle iniziative editoriali d’architettura italiane e del nord
Europa, distinguendo le opere inerenti le «Romane antiche fabbriche» – per
le quali indica il lavoro di Antoine Desgodetz118 – da quelle moderne, ri-
spetto cui opera un’ulteriore ripartizione tra gli illustratori di architetture ita-
liane, «Giovan Battista Falda119, e Giovanni Sandrat120, le Francesi
Poutre121, Morin122, Perelle123, Tomasin124; le Ollandesi Danchert125, e
Sehene».
Il capitolo prosegue completando le istruzioni sulla «maniera si debbano
acconciamente ordinare le finestre» e le porte, lasciate in sospeso nel
primo libro per quel che concerne le ampiezze, le proporzioni e le forme.
Raccomanda che «la figura delle finestre sia quadrangolare rettangola»,
concedendo l’uso della soluzione ad arco solamente «nei sagri Tempj» e
lo stesso fa per le porte, con l’eccezione delle «porte principali […] per le
quali si da l’ingresso a tutto l’edificio, si facciano arcuate, il che conferisce
alla fermezza»126.
Anteposto all’ultimo paragrafo, relativo alle norme per la costruzione e col-
locazione delle scale, Sanvitali apre un interessante approfondimento sulle
«leggi per le stufe, camini e fumari», il più ampio dell’intera sezione, che tra-
Stefano Margutti
127
Fig. 6. N. Gauger, La mécanique du feu..., cit., tav. 8, illustrazioni dei meccanismi di circola-zione del fumo nei camini e nelle canne fumarie (BNB).
127 N. GAUGER, La mécanique du feu, ou l’artd’en augmenter les effets, et d’en diminuer ladépense: contenant le traité de nouvelles che-minées, Paris 1713.
128 F. SANVITALI, Elementi di Architettura…, cit.,p. 82. BQ, ms. F.VI.4 m7, fasc. 3, c. 43v.
129 Ivi, cit., p. 94. BQ, ms. F.VI.4 m7, fasc. 3,c. 46v.
130 Ivi, cit., p. 104. BQ, ms. F.VI.4 m7, fasc. 3,c. 51r.
disce una competenza specifica del gesuita nel settore derivata da uno studio
profondo della Mécanique du feu di Nicolas Gauger127 [fig. 6]: oltre a for-
nire i criteri per la collocazione degli impianti di riscaldamento all’interno
delle case, procede a un esame analitico del meccanismo di funzionamento,
dei singoli componenti, delle «misure dell’apertura, i lati, la schiena, la
cappa, la canna, e l’ornamento»128, con le opportune distinzioni tra le di-
verse tipologie, annoverando anche modelli dei paesi nord europei, così da
comporre, pur in forma sintetica, una trattazione organica e completa sul
tema delle stufe e dei camini.
La terza parte del trattato, relativa al tema «della venustà dell’Edificio», è pa-
lesemente sacrificata rispetto alle precedenti «poiché per brevità non m’è le-
cito tutte quelle cose che appartengono a questa parte di trattato
dovutamente seguire»; Sanvitali la articola in due soli capi, «delle regole
della venustà e dei Cinque Ordini» e «della delineazione dell’edificio da co-
struirsi», in cui offre sintetiche considerazioni sui fattori che determinano la
bellezza di un edificio, individuati nei principi di simmetria ed euritmia, che
consentono «l’unione di tutte le parti dell’edificio secondo le belle propor-
zioni». Si coglie in questo frangente una sostanziale adesione alle teorie di
ascendenza vitruviana maturate dalla trattatistica europea del XVIII secolo
secondo cui il bello è la logica conseguenza di una composizione architet-
tonica basata sulla corrispondenza armonica e proporzionata delle singole
parti dell’organismo al tutto, secondo saldi rapporti modulari desunti da pre-
cise norme matematiche e geometriche; l’accezione razionalistica non sem-
bra procedere però verso l’intransigente interpretazione lodoliana,
riconoscendo uno specifico valore alla componente ornamentale.
L’autore dà quindi istruzioni sul calcolo dei moduli e passa poi in rassegna
i cinque ordini architettonici illustrandone le rispettive peculiarità e l’uso cor-
retto di ciascuno all’interno di un edificio, confessando che «il riferire le mi-
sure di tutti farebbe troppo impegno; perciò esporrò le ragioni dei membri
particolari nelle proposizioni che seguono cavate dal Comento dell’Archi-
tettura di Vitruvio, secondo l’opinione di Perault, e dalle proporzioni del Ba-
rozzio da Vignola»129.
L’ultimo succinto capitolo è dedicato ai principi guida per la rappresenta-
zione grafica di un edificio civile, funzionale alla determinazione di un’idea
progettuale, per la quale contempla una «delineazione [...] triplice: Icnogra-
fia, o pianta, che pone sotto gli occhj i vestigj di tutte le contignazioni; l’Or-
tografia, o profilo, che dimostra la faccia tanto interna, quanto esterna
dell’edificio; e finalmente la Scenografia, che secondo le leggi della Pro-
spettiva fa vedere anche i lati dell’edificio»130. Ai fini della trattazione l’autore
tralascia la rappresentazione prospettica «poiché dall’Icnografia, ed Orto-
grafia abbastanza chiaramente s’intende il sito, la grandezza, e forma delle
parti d’una fabbrica».
La struttura del trattato documenta nel suo insieme una considerevole varietà
di tematiche affrontate che attestano la completezza del percorso didattico
128
L’insegnamento dell’architettura a Brescia alla metà del XVIII secolo...
131 B.F. DE BELIDOR, La science des ingénieurs...,cit.
132 G.A. BÖCKLER, Architectura civilis nova et an-tiqua, Frankfurt 1663.
133 E. CHAMBERS, Cyclopaedia or an universaldictionary of arts and sciences, London 1728.
134 C.F.M. DECHALES, Cursus seu Mundus ma-thematicus, 4 voll., Lyon 1690.
135 P. DELORME, Le premier tome de l’architec-ture, Paris 1568.
136 C.P. DIEUSSART, Theatrum architecturae civilis,Bamberg 1697
137 F. DERAND, L’architecture des voutes, ou l’artdes traits, et coupe des voutes, Paris 1643.
138 N. GAUGER, La mécanique du feu…, cit.
139 H. GAUTIER, Traitè des ponts, ou il est parléde ceux des Romains et de ceux des modernes,Parigi 1716.
140 N. GOLDMANN, M. Vitruvii Pollionis De archi-tectura libri decem, Amsterdam 1649.
141 J.C. STURM, Mathesis juvenilis, Nürnberg1699.
142 C. WOLFF, Elementa matheseos…, cit.
sull’architettura civile proposto da Sanvitali nel suo corso presso il Collegio
delle Grazie. Vi è nondimeno un’eccessiva disomogeneità nella ripartizione
dello spazio dedicato alle diverse sezioni: quasi i due terzi del trattato sono
riservati allo studio dei materiali e delle tecniche costruttive, lasciando solo
trentasei pagine per le restanti due sezioni, ripartite rispettivamente in ventitré
per la parte sulla comodità e distribuzione degli edifici, e appena sedici per
l’ultima, relativa alle componenti formali ed estetiche.
Tale situazione è sintomatica di una disparità nel grado d’approfondimento e
nella cura riservati dall’autore ai contenuti, che rispecchia a ben vedere le
reali competenze, gli interessi preminenti e in sostanza l’approccio critico di
Sanvitali verso l’architettura, e ne mette a nudo i punti deboli e le lacune.
Il nucleo più convincente e valido del trattato è senz’ombra di dubbio la prima
sezione, dedicata ai materiali e alle tecniche costruttive. L’autore appare to-
talmente a suo agio nel ragionare sui singoli argomenti, riuscendo a declinare
costantemente gli assunti teorici entro considerazioni condotte su un livello
prevalentemente pratico, funzionali a dimostrarne la reale applicabilità. Il dato
non è casuale in quanto si tratta del nucleo tematico che presenta maggiori
relazioni con il campo di ricerca privilegiato da Sanvitali e meglio si presta al
metodo matematico-dimostrativo fondato sullo studio analitico ed empirico
dei fenomeni. Egli affronta i temi secondo un metodo scientifico moderno,
volto a indagare le proprietà fisiche dei materiali e a verificarne i comporta-
menti statici, le capacità di resistenza alle sollecitazioni atmosferiche e mec-
caniche, per stabilire il corretto e opportuno utilizzo di ciascuno in ambito
architettonico. In questo dimostra un’apprezzabile competenza teorica e al
contempo pratica, supportata da un vasto e solido bagaglio di fonti biblio-
grafiche costantemente citate con cognizione di causa all’interno del testo che,
come già rilevato per il proemio, denotano un forte debito verso la cultura
transalpina del XVII e XVIII secolo. Accanto a Vitruvio, Alberti, Vignola, Palladio
e Scamozzi, riferimenti culturali basilari e universali per qualsiasi professionista
e dilettante di architettura, e ai già citati d’Aviler, Perrault e Saverien, si contano
reiterati rimandi alle opere di Belidor131, Böckler132, Ephraim Chambers133,
Dechales134, Delorme135, Dieussart136, Derand137, Gauger138, Gautier139,
Goldmann140, Sturm141 e Wolff142 che compongono nel loro insieme una
porzione consistente della produzione trattatistica ed enciclopedica interna-
zionale più significativa sugli studi ingegneristici e scientifici.
Diverso è il discorso per le altre sezioni del trattato – paradossalmente quelle
che entrano in maniera più diretta nel merito della materia architettonica –
dove l’irreprensibile organizzazione logica del trattato riesce solo in parte a
dissimulare le lacune nell’approfondimento pratico dei contenuti. Nella se-
conda parte le indicazioni sui criteri di scelta dei siti per l’edificazione, di di-
stribuzione e orientamento delle fabbriche e degli ambienti interni, hanno il
difetto di restare sospese al livello di principi teorici e generici, così che ven-
gono a mancare istruzioni propedeutiche a una concreta riflessione proget-
tuale su un edificio; né tantomeno emerge un giudizio saldo e distintivo di
Stefano Margutti
129
143 F. SANVITALI, Elementi di Architettura…, cit.,pp. 92-93. BQ, ms. F.VI.4 m7, fasc. 3, c. 46r.
Sanvitali sugli indirizzi tematici e compositivi privilegiati e caratterizzanti la
sua peculiare interpretazione dei differenti tipi architettonici. I suoi interessi
sono costantemente rivolti a quegli aspetti in cui siano contemplate proble-
matiche di carattere fisico e meccanico. È eloquente in tal senso la consta-
tazione che il vertice di questa sezione, per qualità e grado di
approfondimento, coincida con il paragrafo sulle stufe e i camini, cioè
l’unico argomento che esula da considerazioni prettamente architettoniche
e rientra piuttosto nel novero degli studi fisici e ingegneristici raccolti nella
prima sezione.
La terza e ultima parte del trattato esplicita ancor più tali problemi: è la sezione
meno efficace, impersonale, e non a caso più breve – al di là della giustifica-
zione con la mancanza di tempo e spazio per ulteriori ragionamenti. Sanvitali
enuncia solo per sommi capi e in forma succinta i temi dell’estetica architet-
tonica e della grammatica degli ordini, e in proposito elude qualsiasi riflessione
personale limitandosi a riportare schematicamente le istruzioni ricavate da Vi-
gnola e da Perrault, sull’ortodossia degli ordini, sui rapporti modulari di cia-
scuno e sulla terminologia tecnica delle diverse componenti. Non mancano i
riferimenti ad altre fonti bibliografiche, ma si tratta più che altro di citazioni
nozionistiche in cui viene a mancare il vaglio critico dell’autore; fanno ecce-
zione pochissimi episodi, tra i quali l’unico realmente significativo è quello re-
lativo alle norme per stabilire la misura del modulo di una colonna: «Il Paladio,
ed il Serlio settatori di Vitruvio prendono per modulo l’inferior diametro della
colonna rotonda. Lo Scamozzi, il Vignola, ed altri moderni prendono il semi-
diametro; ma questi pure non convengono nel numero delle parti, nelle quali
si dee dividere. Vignola divide il semidiametro in dodici parti per l’ordine To-
scano, e Dorico; in diciotto parti poi per gli altri ordini; più comunemente però
si divide in parti trenta, che si chiamano minuti. Goldmanno per schivare le
frazioni desidererebbe che si dividesse il modulo in 360 parti; ma i numeri
troppo piccioli sono d’impedimento ai meccanici operai nell’esecuzione. Fa
mestieri adunque che si ritenga la divisione in 30. parti, e diviso il semidiame-
tro in 30. parti eguali come scala si definisca l’altezza delle altre parti»143.
L’impaccio evidenziato da Sanvitali nel sostenere la trattazione sui temi più
legati al campo dell’architettura, costituisce un paradosso solo apparente;
al contrario è ampiamente giustificabile alla luce del profilo intellettuale e
professionale del gesuita che non fu né un teorico, né un professionista del-
l’architettura, bensì un matematico e un uomo di scienza e, come tale, lon-
tano da un approccio di tipo progettuale al tema architettonico e alle relative
implicazioni ideologiche e pratiche rispetto ai temi spaziali, compositivi, les-
sicali e ornamentali. Nonostante traspaia una precisa inclinazione culturale
di stampo classicista, emersa dichiaratamente nelle conclusioni della disser-
tazione del 1756, Sanvitali nel trattato non entra mai nel merito di specifiche
scelte d’indirizzi tematici ed espressivi, poiché il suo obiettivo non è articolare
una propria dottrina architettonica; non vi è alcuna pretesa di intervenire in
un dibattito critico sui principi teorici, o su problemi aperti come l’ortodossia
130
L’insegnamento dell’architettura a Brescia alla metà del XVIII secolo...
144 A. COMOLLI, Bibliografia storico-critica…,cit., IV, p. 28.
degli ordini e l’accezione dell’ornamento, né tantomeno di fornire repertori
formali agli architetti bresciani. Le tavole del trattato infatti, nella versione
definitiva attuata da Turbini, e a rigor di logica già nell’impostazione origi-
nale di Sanvitali, sono concepite come essenziale supporto didascalico alla
trattazione – con limitate illustrazioni schematiche, stilizzate e concentrate in
poche tavole per inquadrare nei loro aspetti sostanziali i diversi argomenti
affrontati – piuttosto che come modelli funzionali per esercitazioni grafiche
degli studenti.
Ciò innanzitutto perché l’approccio di Sanvitali è fondamentalmente quello
di un erudito, la cui perizia si fonda per lo più su un bagaglio intellettuale
costruito sullo studio dei testi – ad eccezione di quei campi vincolati alla
sfera delle scienze meccaniche e dei materiali, rispetto ai quali manifesta
una competenza empirica. Qui si individua quindi il difetto sostanziale del
manuale, che incespica in riflessioni astratte o tralascia alcune tematiche
fondamentali laddove Sanvitali dimostra di non avere un’adeguata prepa-
razione culturale e pratica affidandosi esclusivamente a dottrine desunte da
altre fonti.
Il riferimento costante alla letteratura trattatistica e scientifica rappresenta un
fattore fondamentale degli Elementi di architettura civile tanto da sollevare
interrogativi sull’originalità del lavoro di Sanvitali, il cui contributo davvero
personale allo sviluppo delle conoscenze teoriche e tecniche nelle discipline
affrontate pare assai difficile da quantificare. Il problema è stato evidenziato
a suo tempo da Comolli, il quale ritenne che «il Sanvitali in questo suo breve
discorso abbia richiamato ciò, che di una tal materia hanno scritto gli altri
autori d’architettura» fino a dichiarare che «Egli non fu ambizioso della gloria
di riformatore: sulle tracce di coloro, che lo avevano preceduto senza novità,
e senza fasto ha scritto questo suo breve ragguaglio storico architettonico,
riportandosi alle opinioni appunto di quelli, che ivi nomina vantaggiosa-
mente»144. Lo studioso giudica in termini fortemente negativi la decisione
di Sanvitali di attingere sistematicamente alla letteratura precedente e coeva
e la legge come segnale di mediocrità critica. In realtà quello che Comolli
classifica come difetto rappresenta uno dei principali pregi dell’opera, se
letto nella prospettiva dell’approccio intellettuale dell’autore e della finalità
didattica. La ripresa di concetti e brani da autori più accreditati non è una
soluzione di ripiego da parte dell’autore Sanvitali per sottrarsi a una rifles-
sione personale; egli se ne avvale sistematicamente come strumento critico
con cui articolare le risposte ai problemi esposti. L’autore tende infatti a ri-
portare più fonti in rapporto dialettico tra loro così che, enunciata prelimi-
narmente la proposizione o il problema, procede a svolgere la soluzione
combinando alle istruzioni personali le osservazioni estrapolate dai testi an-
tichi e coevi. Tale sistema è impiegato nella doppia prospettiva di comporre
per associazione un giudizio organico e coerente, o viceversa di presentare
valutazioni contraddittorie tra loro, così da dare conto delle diverse inter-
pretazioni note circa un dato problema, attraverso una selezione degli autori
Stefano Margutti
131
145 F. SANVITALI, Elementi di Architettura…, cit.,p. 21. BQ, ms. F.VI.4 m7, fasc. 3, c. 27v.
146 Ivi, p. 85. BQ, ms. F.VI.4 m7, fasc. 3, c. 43r.
147 Ivi, pp. 56-57. BQ, ms. F.VI.4 m7, fasc. 3,cc. 34v-35r.
148 Una chiara attestazione della fitta rete dicontatti e della sua attività di reperimento e con-sultazione di testi italiani e stranieri si ha nellacritica a l’Usage du compas de proportion diHerion pubblicata sulle pagine della Bibliotecadi varia letteratura straniera…, cit., pp. 242-257. I molteplici riferimenti a volumi consultatiaprono interrogativi sulla consistenza delle bi-blioteche dei collegi gesuiti di Brescia, tema sucui mancano ad oggi studi.
e delle opere che si sono espressi con più autorevolezza e incidenza in ma-
teria. La prima opzione è quella privilegiata e se ne ha un chiaro esempio
nel paragrafo relativo alla qualità della calce: «L’Alberti dice, esser ottima
calce quella, che formata sia di sassi, la cui gravità per rapporto alla gravità
della calcina sia come tre a due; se sia bianca, leggiera, sonora; se spenta,
o sia bagnata si attacchi alle sponde del colatojo. […] Il Boechlero dice, se,
mentre si estingue, tramandi un copioso fumo. […] Il Dieusard aggiunge,
se vi sia bisogno di gran quantità d’acqua per estinguerla»145. I tre autori
menzionati danno opinioni diverse, le quali però combinate organicamente,
delineano un quadro più completo per il lettore, funzionale a una compren-
sione teorica e al contempo pratica del processo di lavorazione della calce.
Numerosi sono anche i semplici rimandi bibliografici offerti agli studenti
come spunto per eventuali approfondimenti personali su specifici argomenti
solamente accennati da Sanvitali per mancanza di tempo e spazio, o perché
ritenuti chiarificatori delle problematiche enunciate nel trattato: è il caso
del capitolo sui camini e sulle stufe dove suggerisce: «chi può, legga la lo-
data opera di Gauger, La mechanique du feu, nella quale troverà molte
cose, che ingrandiscono il loro uso, e comodità, e che in questo luogo le
angustie del tempo non mi permettono proseguire»146. Lo stesso avviene
per le riflessioni sul calcolo dello spessore dei sostegni «da proporzionarsi
all’impulso degli archi», per cui dice: «Vedasi intorno a questo argomento
[...] Belidor nella sua Opera Science des ingenieurs»; o ancora nella pro-
posizione successiva, relativa alle tecniche costruttive delle «volte, o piuttosto
gli archi delle volte di pietre, o mattoni di particolar figura a guisa di conj
troncati, tagliati, o rappresentati. Di quella materia parla Dechales nel suo
Trattato Del tagliar le pietre, e il P. Francesco Derande nella sua Architecture
des voutes»147. Spesso queste indicazioni si trovano all’interno degli «scolii»,
dove Sanvitali racchiude le considerazioni più spontanee e personali. I ri-
ferimenti in molti casi sono curati fino a citare gli estremi dei capitoli e pure
le pagine dei passaggi considerati, segno di una conoscenza diretta delle
fonti. In tal senso l’incarico più che probabile di bibliotecario svolto presso
il collegio delle Grazie gli offrì il privilegio di accedere costantemente ai
volumi ivi conservati, di avviare una rete di contatti con altre biblioteche
per usufruire di prestiti temporanei, nonché di gestire e indirizzare le acqui-
sizioni di nuovi testi148.
Il richiamo costante alle fonti denota a ben vedere, al contrario di quanto
affermato da Comolli, una maturità critica di Sanvitali e consente di chiarire
maggiormente la natura della proposta didattica articolata dal gesuita nel
suo corso e di conseguenza gli insegnamenti consegnati alle generazioni di
architetti, ingegneri e intellettuali dilettanti d’architettura che l’hanno fre-
quentato. A ragione Comolli sottolinea la mancata ambizione di Sanvitali
«della gloria di riformatore»: il suo contributo si configura come percorso di
revisione critica delle conoscenze maturate fino ad allora sulle diverse bran-
che dell’arte edificatoria, piuttosto che intervento innovativo nell’acquisizione
132
L’insegnamento dell’architettura a Brescia alla metà del XVIII secolo...
149 C.F.M. DECHALES, Cursus seu Mundus…, cit.
150 J.C. STURM, Mathesis juvenilis, cit.
151 C. WOLFF, Elementa matheseos…, cit.
di nuove conoscenze o nell’approfondimento di nuovi indirizzi teorici, ma
ciò non va letto necessariamente in chiave negativa. Sanvitali realizza uno
strumento di studio in cui fornisce agli allievi le istruzioni sulle norme teori-
che e pratiche dell’architettura, i rudimenti basilari sulle complesse compe-
tenze necessarie alla programmazione e alla gestione di un cantiere,
ricomponendo a tutti gli effetti una storia ragionata delle teorie e delle tec-
niche costruttive.
L’insegnamento di Sanvitali si contraddistingue fondamentalmente per la
qualità e vastità del bagaglio intellettuale messo a disposizione dei suoi al-
lievi sulle dottrine architettoniche, sugli studi dei comportamenti fisici e mec-
canici dei materiali, delle modalità esecutive, proiettato verso un dialogo
maturo e aggiornato con il contesto nazionale e soprattutto internazionale.
Viceversa non è altrettanto funzionale come strumento di studio e di eserci-
tazione pratica sui canoni proporzionali ed estetici della grammatica archi-
tettonica e sulle regole di rappresentazione grafica degli edifici.
Esso rappresenta un’occasione di apertura culturale del contesto architettonico
bresciano – da intendersi nell’ambivalente accezione di ampliamento del pa-
trimonio intellettuale e della capacità critica dei futuri architetti e ingegneri che
frequentarono il suo corso, e di incentivazione a un’apertura mentale e a un
rapporto diretto con i dibattiti europei – per certi versi finora ignota, che co-
stituisce un punto di partenza fondamentale da cui procedere a una compren-
sione dello spessore culturale dei protagonisti della scena architettonica
bresciana del secondo Settecento che hanno frequentato Sanvitali.
Modelli e contestualizzazione storico-critica del trattato
La critica di Comolli dà lo spunto per affrontare un aspetto finora del tutto
inesplorato degli Elementi di architettura civile, vale a dire la verifica dei pre-
supposti culturali e di eventuali modelli di riferimento che hanno influito nelle
scelte di Sanvitali sui contenuti e sul taglio critico del suo testo.
È lo stesso Sanvitali a dare gli indizi per risalire ai suoi principali punti di ri-
ferimento attraverso il vasto repertorio di fonti bibliografiche citate: oltre ai
tradizionali trattati di architettura spicca un numero significativo di opere
francesi e tedesche relative a studi sulle scienze matematiche, fisiche e co-
struttive che con l’opera del gesuita condividono l’approccio pragmatico
alla materia come scienza pratica del costruire, nonché lo svolgimento della
trattazione attraverso il criterio dimostrativo-deduttivo.
Tra queste spiccano il Cursus seu Mundus mathematicus del matematico gesuita
francese Claude François Milliet Dechales149, il Mathesis juvenilis di Johann
Cristoph Sturm150 e gli Elementa matheseos universae di Christian Wolff151,
che rappresentano tre episodi fondamentali nell’ambito degli studi europei a
cavallo tra Sei e Settecento per l’impulso dato verso un’applicazione del metodo
galileiano nella trattazione organica della disciplina architettonica.
Dechales è il primo in ordine cronologico a farne un uso sistematico nella
sua opera che raccoglie in forma organica trattati sulle discipline afferenti al
Stefano Margutti
133
152 C.F.M. DECHALES, Cursus seu Mundus…, cit.,II, trattati XIII e XIV, pp. 585-618, 619-692.
153 J.C. STURM, Mathesis juvenilis, cit., I, pp.579-782.
154 Ivi, p. 594.
mondo delle scienze, tra cui anche l’architettura civile e militare, adottando
però una struttura più semplice e dialettica di quella di Sanvitali. L’opera è
citata solo in due occasioni con riferimenti specifici ai trattati sull’Ars tignaria
e sul De lapidum sectione152; ma un fattore apparentemente marginale invita
a non trascurare un’influenza decisiva del matematico francese sulle scelte
di Sanvitali, ovvero la comune appartenenza alla Compagnia di Gesù: ciò
sottintende una profonda affinità culturale che va oltre la condivisione del
campo di studi e riguarda nello specifico la concezione organica e sistematica
del sapere universale e al contempo l’approccio contraddistinto da una pre-
occupazione didattica, che trovano entrambi origine nelle regole della Ratio
Studiorum gesuita. Il testo di Dechales può avere rappresentato, all’interno
della ricca produzione scientifica e scolastica della tradizione gesuita, uno
spunto cui Sanvitali si è ispirato per perfezionare in primo luogo il metodo
d’insegnamento adottato nei corsi tenuti presso il collegio di Brescia e appli-
cato non solo per l’architettura.
Le indicazioni più interessanti provengono senza dubbio dai trattati sull’ar-
chitettura civile di Wolff e di Sturm, che evidenziano punti di contatto talmente
radicali da dovervi riconoscere lo scheletro portante sia concettuale, sia me-
todologico su cui Sanvitali ha costruito i suoi Elementa architecturae civilis.
Questi ricalcano infatti quasi per intero l’assetto dell’opera di Sturm, aperta
da un proemio composto di tre capi, di cui l’ultimo titolato «de origine et pro-
gressu architecturae civilis», e sviluppata in quattro sezioni relative a «de ro-
bore et firmitate structurarum obtinenda», «de regulis commoditatem
aedificiorum spectantibus», «de regulis aedificiorum ornatum et pulchretudi-
nem convenientibus», e «de ideis et designationis ichnographicis et orthogra-
phicis»153. È da qui che Sanvitali prende lo spunto per costruire la riflessione
sull’architettura civile attraverso i principi vitruviani della firmitas, commoditas
e venustas: Sturm riserva le ultime righe del proemio per anticipare l’artico-
lazione delle sezioni del trattato, senza però arrivare a pronunciare un’espli-
cita intenzione programmatica come fatto dal gesuita italiano. Ancora lo
Sturm imposta il discorso sull’estetica architettonica individuando come ca-
noni fondamentali la simmetria, l’eurythmia, e l’acribia, parimenti ripresi da
Sanvitali ad eccezione dell’ultimo assioma che il gesuita omette probabil-
mente perché pertinente al tema della «exacta membrorum elaboratione» al-
quanto sacrificato nella sua opera.
Le tangenze si rafforzano nella distribuzione delle tematiche all’interno delle
singole sezioni dove si ripresenta la medesima successione adottata da San-
vitali, salvo che per la terza sezione ben più composita e dettagliata e per al-
cune inversioni o assemblaggi di paragrafi.
Oltre alla fedeltà nell’impostazione generale colpisce la straordinaria ade-
renza di diversi enunciati, apprezzabile nella versione originale in latino del
testo bresciano, che sfiora in alcuni passi la trascrizione letterale. È il caso
del giudizio su Bramante esaltato dal matematico tedesco come «novi quasi
architecturae novae inventoris»154 e dell’elogio della villa Caprarola di Vi-
134
L’insegnamento dell’architettura a Brescia alla metà del XVIII secolo...
155 Ivi, pp. 664-665. Sanvitali scrive: «Capra-rola, at pentagoni figura donatu, tamquam ar-chitectonicae artis miraculum celebrant, idemarchitectus se luctatum fuisse non parci at lu-mina idonea collocaret at inutiles vacuitatem vi-taret». BQ, ms. F.VI.4 m7, fasc. 3, c. 37v.
156 J.C. STURM, Mathesis juvenilis, cit., I, p. 647.
157 BQ, ms. F.VI.4 m7, fasc. 3, c. 35r.
158 J.C. STURM, Mathesis juvenilis, cit., I, pp.674-675.
159 BQ, ms. F.VI.4 m7, fasc. 3, cc. 39v-40r.
gnola, eletta a esempio virtuoso di «aedificium pentagonum» capace di ot-
tenere una «idonea collocatione luminum et vacuitatibus vitandis» nonostante
la difficoltà della figura planimetrica155; ancora affini sono le definizioni
delle tipologie di sostegni, specialmente sui contrafforti: Sturm li stabilisce
al primo posto della scala e li definisce «Anterides, sive Erismata, italia Con-
treforti dicta, muris onustioris firmandis eorumque fissuras et protumescen-
tiam, aut has insecuritis ruinis, quantum fieri potest, praecavendis»156.
Sanvitali rispetta il primato nella successione dei tipi e li qualifica anch’egli
come «Anterides sive Erismata, Italia contreforti, vel speroni fulchra sunt muris
onustioribus firmandis ne ruinas agant, aut ne protumescant»157.
Lo stesso discorso, amplificato, vale per il quinto capitolo della seconda se-
zione, titolato «de commoditate dispositionibus sive compartitionibus» in cui
Sturm istruisce sui criteri distributivi degli edifici all’interno di una città:
«et urbis quidem integrae commoda dispositio sequentia requirit: 1) Ut tem-
plum primarium in ejus medio, elevatiore loco, aut certe tali collocetur, ubi a
pluribus conspectum, pietatis ac religionis admonere contuentes frequentr va-
leat. 2) Forum principale pariter circa urbis centrum positum sit, ut et curia si-
miliaque aedificia, unde necessaria vel ad victum, vel ad animae curam, vel
ad jurium opumque conservationem adminicula civibus petenda versiunt. 3)
In marittimis tamen locis portui vicinum sit potius ad importanda facilius ex ex-
portanda, quae navigia vel oneranda recipiant, vel ex onerata suppeditant. 4)
Forum pecorarium, ligniarium et similia, quae plaustrorum equentia inquinatur,
portis viciniora sint, vel etiam extra istas […] 5) Platea inter aedificia utrinque
posita, quantum fieri potest, rectissime excurrant»158.
Sanvitali usa la stessa locuzione per il titolo e ripartisce ugualmente in cinque
punti le osservazioni:
«1. Templum primarium in medio urbis loco elevatiori aut salteri tali collocetur,
unde facile in conspectum veniat, ad frequenti prospecta […]. 2. Forum pri-
marium pariter circa urbis medium positum sit, ut et curia, er reliqua edificia,
unde necessaria ad victum […]. 3. In urbis maritimis, forum primarium sit po-
tium portui vicinum, ut illum facilius e navigis vel inde ad navigia exportant et
important que vel navigia exonerata suppeditamt vel oneranda recipiunt. 4.
Forum pecoriarium lignarius, aliquid genus alia, que plaustrorum […]..portis
viciniora sint vel etiam extra porta constituant. 5. Platea inter edificio sita,
quanto fieri potest rectissime excurrant»159.
Tale esempio costituisce uno dei casi più eclatanti di adesione al testo di
Sturm ed è significativo che coincida con una parte della trattazione di San-
vitali che maggiormente scade in riflessioni acritiche basate su concetti ideali
ancora vincolati alle teorie quattro-cinquecentesche sull’ordine urbano, che
appaiono desuete rispetto agli assunti teorici e ai temi oggetto di dibattito
Stefano Margutti
135
160 C. WOLFF, Elementa matheseos…, cit., I,pp. 1-13.
nel corso del Settecento sulla dimensione urbana dell’architettura. La critica
investe necessariamente Sturm oltre che Sanvitali, che si dimostra nuova-
mente in difficoltà nell’enunciare le tematiche che pertengono in misura pre-
dominante al campo d’indagine di un architetto di professione.
Il Mathesis juvenilis di Sturm pur inserito nel solco della moderna filosofia
delle scienze non è strutturato nella forma ortodossa del metodo galileiano,
ma conserva una modalità discorsiva, scandita da sezioni e capitoli titolati,
suddivisi poi in paragrafi numerati.
L’articolata impostazione messa a punto da Sanvitali deriva piuttosto dagli
Elementa matheseos universae di Wolff, il quale oltre a farne un uso siste-
matico inserisce all’inizio del primo tomo della sua opera il de methodo ma-
thematica brevis commentatio, che costituisce il più completo ed esaustivo
vademecum per la comprensione e la corretta applicazione del procedi-
mento di cui illustra in forma istruttiva i principi e le regole, contraddistinti
dal rigore logico «in tradendis dogmatis […] a definitionibus; inde ad Axio-
mata, oc Postulata, in Mathesi mixta ad experientias seu Observationes, pro-
grediuntur; his tandem Theoremata et Problemata superstruunt: ubique vero
Corollaria et Scholia […] annectunt»160.
È questo il debito più immediato che Sanvitali tradisce verso gli Elementa
136
L’insegnamento dell’architettura a Brescia alla metà del XVIII secolo...
Fig. 8. F. Sanvitali, Elementi..., cit., pagina esemplificativa della strut-tura del testo secondo il metodo matematico-dimostrativo (FUDCL).
Fig. 7. C. Wolff, Elementa matheseos..., cit., IV, p. 449, struttura espo-sitiva del testo secondo il metodo matematico-dimostrativo (BNB).
161 Lo stesso Sanvitali pone come preamboloai suoi Compendiaria arithmeticae et geome-triae elementa del 1756 un capitolo titolato Demethodo mathematica prolegomena, pensatoalla stregua del matematico tedesco, per illu-strare i criteri della ratio del metodo matema-tico. F. SANVITALI, Compendiaria arithmeticae etgeometriae…, cit., pp. 9-16.
162 C. WOLFF, Elementa matheseos…, cit., IV,p. 289.
163 BQ, ms. F.VI.4 m7, fasc. 3, c. 23r.
architecturae civilis di Wolff – che si sviluppano in una vivace successione
numerata di brevi e schematiche definizioni, assiomi, teoremi, problemi, co-
rollari e scolii – seppur non l’unico e nemmeno il più rilevante [figg. 7-8]161.
Il fulcro decisivo dell’insegnamento di Wolff recepito dal gesuita si trova nel-
l’incipit dei suoi Elementa architecturae civilis, in cui il matematico tedesco
espone la propria accezione dell’architettura quale:
«scientia bene aedificandi, ideam aedificii animo concipiendi et iuxta eam
ipsum exstruendi, ita ut scopo Fundatoris ex affe satisfiat. Architecti adeo est,
dato scopo Fundatoris dataque Area, in qua aedificium excitari debet, invenire
formam ejus, Archetypum animo conceptum delineare, vel etiam formam per-
ficere, ut Fundatoris aliorumque peritorum judicio submitti possit, ac tandem
imperare Opificibus atque Fabris, quomodo aedificium ideae animo conceptae
simile sic exstruendum»162.
L’attenzione indirizzata immediatamente alle valutazioni pragmatiche della
professione dell’architetto collima fortemente con l’esordio del proemio di
Sanvitali che sembra addirittura spingersi oltre nel sottolineare le competenze
ingegneristiche richieste a un architetto pratico:
«ars bene aedificandi, sive est ars animo concipiendi aedificij forma apte re-
spondente finibus fundatoris, et praesidendi operis, ut illa studiose exequantur.
Hinc ea excitandum est aedificum magne molis, ne sumptus frustra fiant prae-
stat ut antiqua manus operi admoveat, e ligno, vel papiro crassiori totius ae-
dificij [parvus] modulus paret; hoc enim pacto, si quid in idea animo concepta
peccatum sit facilius detegit, atque in oculos incurrit, adeoque emendari potest
quod opere iam coepto, et surgente vel fieri non posset, vel nonnis cum maioris
sumptus iactura»163.
Nel complesso Wolff prosegue sulla scia dell’impostazione teorica e analitica
dello Sturm: il trattato è diviso in due sole sezioni, la prima rivolta a «de re-
gulis generalibus» dell’architettura civile in cui tratta in tre capitoli distinti i
«fundamentis seu principiis architetturae civilis», la «materia», ovvero i ma-
teriali e i «variis fulcrorum generibus et quinque ordinibus»; la seconda, più
composita, affronta «de regulis specialibus architecturae civilis» e annovera
capitoli dedicati a «de fundamentis aedificiorum», «de muris eorumque tec-
torio», «de januis atque fenestris», «de conclavibus aedificiorum, horumque
figura et situ», fino alla «ichnographia et orthographia aedium». Anch’egli
individua nei principi vitruviani di firmitas, commoditas, venustas, cui ag-
giunge symmetria ed eurythmia, i requisiti teorici fondamentali dell’architet-
tura, ma procede a una maggiore scomposizione delle problematiche
all’interno dei macro-temi attraverso problemi e teoremi esposti sintetica-
mente e secondo una successione logica che denota un approccio fonda-
mentalmente ingegneristico ai contenuti. Sanvitali coglie pienamente tale
Stefano Margutti
137
164 C. WOLFF, Elementa matheseos…, cit., IV,p. 342.
165 BQ, ms. F.VI.4 m7, fasc. 3, c. 29r.
166 C. WOLFF, Elementa matheseos…, cit., IV,pp. 364-369.
167 J.C. STURM, Mathesis juvenilis, cit., p. 667;tav. III, fig. XXIII.
168 F. SANVITALI, Elementi di architettura…, cit.,tav. II, fig. 18. Anche nel manoscritto l’illustra-zione di riferimento è segnata come figura 18.BQ, ms. F.VI.4 m7, fasc. 3, c. 38v.
169 J.C. STURM, Mathesis juvenilis, cit., p. 666,tav. III, fig. XXI. Sanvitali descrive la rispettivapianta come «Christianorum templi optime qua-drant figura rectangula decussata in modumcrucis», F. SANVITALI, Elementi di architettura…,cit., tav. II, fig. XVI. BQ, ms. F.VI.4 m7, fasc. 3,c. 38v.
prerogativa di Wolff e la fa propria: la scaletta dei temi e delle molteplici
proposizioni subordinate del trattato bresciano si rifà ampiamente al suo
modello, soprattutto nella prima sezione relativa ai materiali e alle tecniche
costruttive delle parti di un edificio, dove è forte l’analogia nel grado di ap-
profondimento dei contenuti, rivelando al pari di quanto emerso con Sturm,
significative corrispondenze testuali nell’elocuzione dei titoli come anche
negli enunciati più compositi. È il caso della definizione delle fondamenta
di un edificio: per Wolff «Fundamentum est infima pars aedificii, cui omnis
reliqua moles superftruitur. Vitruvius tamen inter Fundamentum et Substruc-
tionem distinguit. Nimirum fundamentum ipsi est fossa, in qua struitur: sub-
structio ipsa structura, quae sit in ista fossa»164. Sanvitali dichiara a sua volta
che «Fundamentum est ima edificii pars intra terram plerumque sepultum,
idemque signifiat substructio, quamvis Vitruvius fundamentum o substructione
distinguere videat a priori nomine intelligere locum ipsum, sive foveam, in
quo ima aedificii pars struiti posteriori vero structura ipsam quem in fovea
sit»165. Ancor più della definizione stessa è indicativa la conformità dell’ap-
punto critico sull’interpretazione vitruviana dei due termini tecnici.
Trova riscontro in Wolff anche la scelta particolare di Sanvitali di affrontare
il tema delle stufe e dei camini all’interno della riflessione sulle componenti
fondamentali di un edificio: il capitolo VI della seconda parte del trattato
tratta infatti «de fornacibus, caminis et focis»166, posto tra lo studio sui «pa-
vimentis, laquearibus et fornicibus» e sulle «scaliis et tectis», esattamente
come avviene nel testo bresciano. In tal caso il riscontro non cancella il giu-
dizio di una specifica competenza di Sanvitali in tema di stufe, avallato dalla
ricchezza d’informazioni aggiuntive sul funzionamento meccanico e sulle di-
verse tipologie fondate sulla conoscenza della mécanique du feu di Gauger,
cui Wolff non fa mai riferimento.
Vi è un ultimo elemento a favore del doppio debito di Sanvitali verso Sturm
e Wolff che è opportuno sottolineare perché offre una fondamentale e ine-
dita traccia con cui chiarire il problema della paternità dell’apparato icono-
grafico presente nell’edizione del trattato.
Sturm correda la sua Architectura civilis di tavole illustrative che nel com-
plesso seguono la medesima logica didascalica e schematica della versione
curata da Turbini, anche se più sommarie nella resa grafica. Nella tavola
III, in cui l’autore tedesco rappresenta diverse tipologie compositive degli
edifici, si vede una proposta per una fabbrica ecclesiastica longitudinale «bi-
quadrata semicirculis lateralibus binis, et uno chorum praecingente»167 [fig.
9], che coincide appieno con la soluzione «biquadrata semicirculis laterali-
bus interrupta semicirculo ad caput clausa quadrare potest templi» rappre-
sentata nella tavola II dell’opera bresciana168 [fig. 10]. La particolarità
dell’impianto planimetrico è tale da riconoscere una ripresa diretta della fi-
gura pubblicata da Sturm. Più generiche, ma altrettanto interessanti, sono
le affinità con altre illustrazioni, dalla pianta ««rectangula decussata Chri-
stianorum praesertim templis valde accomoda»169 agli schemi sulle diverse
138
L’insegnamento dell’architettura a Brescia alla metà del XVIII secolo...
Stefano Margutti
139
Fig. 10. F. Sanvitali, Elementi..., cit., tav. II, regola geometricaper il calcolo dello spessore dei sostegni di sistemi voltati (fig. 12)e le tipologie planimetriche per edifici ecclesiastici mutuate daSturm (figg. 16, 18) (FUDCL).
Fig. 9. J.C. Sturm, Mathesis juvenilis, cit., p. 666,tavola con soluzioni planimetriche per edifici civilied ecclesiastici (BQ).
Fig. 11. J.C. Sturm, Mathesis juvenilis, cit., p. 618,tavola illustrativa delle tecniche costruttive murarie
(BQ).
Fig. 12. F. Sanvitali, Elementi..., cit., tav. I, illustrazioni delletecniche costruttive murarie e del sistema di fondamenta a paliz-
zate per terreni aquitrinosi (fig. 1) (FUDCL).
170 L’opera fu pubblicata anche a Verona nel1746. Tuttavia tale versione ha un’impagina-zione differente dalle edizioni precedenti, con leillustrazioni inserite nel testo, il che fa credereche Sanvitali abbia guardato una delle edizioniprecedenti, Ginevra (1730), o Hall (1738). A.COMOLLI, Bibliografia storico-critica…, cit., III,pp. 32-36.
171 C. WOLFF, Elementa matheseos…, cit., IV,tav. XII, figg. 19, 26; F. DERAND, L’architecturedes voutes…, cit., tav. I.
172 C. WOLFF, Elementa matheseos…, cit., IV,tavv. I, XV, XVI; F. SANVITALI, Elementi di architet-tura..., cit., tavv. III, IV.
tecniche esecutive dei muri [figg. 11-12]. Lo stesso vale per gli spunti che
derivano dall’apparato illustrativo degli Elementa architecturae civilis di
Wolff170, che si presenta più curato evitando l’assembramento di troppe fi-
gure all’interno delle tavole. È ravvisabile una sostanziale affinità nell’illu-
strazione schematica del rinforzo reticolato delle fondamenta e nel
procedimento di calcolo dello spessore dei pilastri in relazione alle volte so-
prastanti, anche se è acclarato che per quest’ultimo aspetto Sanvitali si rifà
all’Architecture des voutes di Derand171 [figg. 13-14]. Di analogo interesse
è il raffronto tra le tavole dedicate ai dettagli degli ordini architettonici [figg.
15-16] e alla rappresentazione icnografica e ortografica di un edificio civile
dove, tenendo conto dei diversi connotati estetici e delle soluzioni particolari,
si percepisce una comune adesione ai criteri di nitidezza e semplicità delle
forme e a una logica distributiva degli spazi interni all’insegna della riparti-
zione simmetrica172 [fig. 17-18].
Gli indizi non risolvono definitivamente la questione, poiché i riscontri inte-
ressano un campione ristretto delle figure, ma sono sufficienti ad avvalorare
l’ipotesi che Sanvitali abbia realizzato in prima persona le tavole del trattato,
attingendo certamente nel caso della pianta «biquadrata» dal repertorio ico-
nografico dell’opera di Sturm, e più in generale ispirandosi a soluzioni os-
140
L’insegnamento dell’architettura a Brescia alla metà del XVIII secolo...
Fig. 14. F. Derand, L’architecture des voutes, ou l’art des traits..., cit.,tav. I, schemi illustrativi sulle regole geometriche per il calcolo dello spessoredei sostegni e degli archi in muratura (BNB).
Fig. 13. C. Wolff, Elementa matheseos..., cit., IV, tav. XII, illustrazionidelle tecniche costruttive per le fondamenta a palizzate (fig.19) e per i tetti(fig. 32), sistema di calcolo dello spessore dei piedritti reggenti strutture
voltate (fig. 26) (BNB)
173 Cfr. C. PEROGALLI, M.G. SANDRI, Ville delleprovince di Bergamo e Brescia, Milano 1969,pp. 112-125; D. ANDREIS, Domenico Corbellinie Gaspare Turbini: due architetti per Campionedel Garda, s.l. 2008.
174 F. LECHI, Le dimore bresciane in cinque secolidi storia, 8 voll., Brescia 1977, VII, pp. 323-334.
servate nei testi presi a riferimento per lo studio dell’architettura civile. Di
conseguenza le illustrazioni curate da Turbini che si vedono in calce alla ver-
sione edita del trattato, non sarebbero il frutto di una sua elaborazione ori-
ginale, quanto riproduzioni fedeli delle bozze lasciate dal maestro. La mano
dell’architetto si coglie senza dubbio nella cura grafica delle tavole – solo
quattro e dense di immagini ma ben impaginate; un suo intervento più de-
ciso può essere ipotizzato per la definizione del rilievo planimetrico e in al-
zato dell’edificio inserito nell’ultima tavola. L’impianto è redatto con perizia
e nella sua regolarità mostra coerenza strutturale e funzionale a tal punto
da sembrare un progetto concreto per un palazzo in cui è lecito ravvisare
nella simmetria distributiva dei locali e nella soluzione del prospetto aperto
da un atrio colonnato stilemi per tradizione riferiti al modus operandi di An-
tonio e di Gaspare Turbini, da villa Lechi a Montirone a villa Fenaroli a Se-
niga173 [fig. 19], ma estensibili al più ampio contesto bresciano, che vede
coinvolti con pari incidenza i Marchetti. Non ci si può esimere dal registrare
affinità nella soluzione del prospetto principale con la villa Fenaroli-Avoga-
dro di Rezzato174, edificio realizzato proprio dai Marchetti nel corso del XVIII
secolo, che forse ha subito significative modifiche in epoche successive; il
richiamo al momento si ferma a una semplice suggestione, viste le difficoltà
Stefano Margutti
141
Fig. 16. C. Wolff, Elementa matheseos..., cit., IV, tav. I, regole geometriche
per il disegno delle modanature (BNB).Fig. 15. F. Sanvitali, Elementi..., cit., tav. III, tavola comparativa degli
ordini architettonici secondo le norme di Vitruvio e Vignola con le regolegeometriche per il disegno delle modanature (FUDCL).
142
L’insegnamento dell’architettura a Brescia alla metà del XVIII secolo...
nel comprendere l’effettivo stato della fabbrica a metà Settecento, ma se
confermato, alla luce della dedicazione dell’edizione del trattato al conte
Bartolomeo Fenaroli, potrebbe acquistare un preciso significato celebrativo
del nobile parente di Sanvitali [fig. 20].
Indubbiamente la comprensione di un debito così significativo da parte di
Sanvitali verso le opere di Sturm e di Wolff impone un notevole ridimensio-
namento dell’originalità del percorso sull’architettura civile approntato nella
sua opera, anche se sarebbe improprio leggere il testo del gesuita come
frutto di un semplice e impersonale pastiche dei due testi, alla stregua di
quanto lasciato intendere da Comolli: il raffronto conferma per intero l’au-
tenticità della costruzione del trattato attraverso l’integrazione critica di fonti
anche più aggiornate che costituisce il tratto distintivo dell’opera. Non va
poi trascurato il fatto che la versione in lingua latina evidenzia una costru-
zione sintattica degli enunciati mai del tutto identica a quella dei modelli,
Fig. 17. C. Wolff, Elementa matheseos..., cit., IV, tav.XV, rilievo planimetrico di un edificio civile (BNB).
Fig. 18. G. Turbini (?), studio in pianta e alzato per un edificio civile, in F. Sanvitali, Elementi...,cit., tav. IV (FUDCL).
salvo che per alcuni titoli, segno di una rielaborazione personale dell’autore,
sufficiente per escludere l’ipotesi di una mera trascrizione.
Nell’ottica di una valutazione dell’apporto personale al dibattito europeo al-
lora in corso sugli orientamenti culturali e sugli indirizzi tematici dell’architet-
tura, è chiaro che il giudizio che ne emerge è severo e porta a collocare il
testo di Sanvitali, come fatto finora dalla critica, in posizione marginale nel
vasto e vivace filone delle «trattazioni incentrate sullo specifico della profes-
sione dell’architetto con lo scopo di fornire tutti gli strumenti indispensabili per
il progetto e la direzione del cantiere»175, impegnate nel Settecento in una
profonda riflessione sul profilo ideale dell’architetto professionista, orientata
ad affermare l’imprescindibile necessità di un perfezionamento delle compe-
tenze tecniche e pratiche fondato sullo studio delle scienze matematiche, mec-
caniche e naturali. Su questa lettura incide necessariamente la constatazione
che si tratta di un manuale scolastico destinato a un uso circoscritto alle scuole
gesuitiche bresciane e, come rilevato dall’analisi dei contenuti, che Sanvitali
appare del tutto disinteressato a intervenire attivamente nel dibattito teorico
Stefano Margutti
143
Fig. 19. Seniga. Villa Fenaroli, rilievo planimetrico del piano terra (rielaborazione grafica acura di A. Bosio e C. Ioannes).
Fig. 20. Rezzato. Villa Fenaroli-Avogadro, prospetto principale.
175 G. CURCIO, La professione dell’architetto...,cit., p. 63.
176 A. MEMMO, Elementi di architettura lodo-liana, ossia l’arte di fabbricare con soliditàscientifica e con eleganza non capricciosa,Roma 1786, p. 11.
177 Ibidem. Lo stesso Comolli riprende Memmoriconoscendo che «l’opera del Sanvitali è unadelle poche, in cui la materia architettonica ètrattata con metodo matematico». A. COMOLLI,Bibliografia storico-critica…, cit., IV, p. 28.
178 N. CARLETTI, Istituzioni di architettura civile,2 voll., Napoli 1772.
179 G. FONDA, Elementi di architettura civile emilitare ad uso del collegio Nazareno, 2 voll.,Roma 1764, I.
180 Fonda ebbe la docenza di matematica e ar-chitettura presso il collegio Calasanziano diRoma. Cfr. C. VILÀ PALÀ, L.M. BANDRÉS REY, Dic-cionario enciclopedico escolapio, 2 voll., Sala-manca 1983, II, pp. 233-234.
europeo sugli orientamenti culturali e gli indirizzi tematici dell’architettura.
Il trattato di Sanvitali acquista però maggiore rilievo alla luce del significato
culturale che la scelta di attingere a piene mani i contenuti e la metodologia
d’indagine dalle opere dei due matematici tedeschi assume all’interno del
panorama italiano; egli infatti si rifà alla letteratura internazionale più auto-
revole e aggiornata in materia di applicazione del metodo matematico allo
studio dell’architettura, come riconoscerà ancora diversi anni dopo Andrea
Memmo nei suoi Elementi di architettura lodoliana: il discepolo di Lodoli in-
dividua nei trattati di Sturm e Wolff i capisaldi dell’approccio scientifico e
razionale alla disciplina e dichiara debitori tutti coloro che «passando di
chiara in chiara idea deduciamo sempre nelle nostre soluzioni verità incon-
cusse» hanno «ammirato il metodo scientifico col quale insegnarono l’ar-
chitettura Gio Cristoforo Sturmio nella matematica giovanile, Gio Wolfio nel
suo corso matematico»176. Ciò è indicativo, oltre che del forte radicamento
di Sanvitali nella cultura delle scienze, della ponderata e convinta adesione
alle sollecitazioni culturali e soprattutto metodologiche provenienti dall’area
transalpina più che dal contesto nazionale.
In tale prospettiva il testo d’architettura di Sanvitali rappresenta un episodio
incisivo all’interno della cultura architettonica italiana di metà Settecento: i
suoi Elementi di architettura civile risultano infatti il primo trattato d’architet-
tura italiano realizzato attraverso l’applicazione rigorosa del metodo mate-
matico. È ancora Memmo a dare uno spunto per tale riflessione in nota al
passo sopra citato, fornendo un resoconto dei trattatisti italiani che ne hanno
fatto uso: ricorda che «Dopo il Wolsio altri l’osservarono, ma più espressa-
mente di ogni altro Nicolò Carletti nelle sue Instituzioni d’Architettura […].
Il padre Federico Sanvitali gesuita pure nei suoi Elementi di Architettura Ci-
vile, stampati in Brescia nel 1765, adopera pienamente il metodo matema-
tico, e presso a poco anche il padre Girolamo Fonda […] nei suoi Elementi
d’Architettura Civile e Militare […] una delle migliori opere di simil genere,
almeno fra quelle che sono uscite negli ultimi tempi, se non adopera un tal
metodo, deduce almeno cosa da cosa, e tiene un bellissimo ordine»177. Le
Istruzioni di Carletti pubblicate a Napoli sono senz’altro l’opera più inecce-
pibile nella riproposizione del metodo codificato da Wolff ma sono datate
1772178; il testo di Fonda, dato alle stampe nel 1764, anticipa sì di un anno
la pubblicazione del testo bresciano ma nei fatti è successivo alla redazione
originale di Sanvitali di almeno quattro anni.
Stimolano alcune riflessioni la figura di Girolamo Fonda e i suoi Elementi
d’architettura civile e militare179, in quanto evidenziano punti di contatto af-
fatto marginali con il profilo intellettuale di Sanvitali e con il suo trattato. En-
trambi infatti condividono l’appartenenza a ordini ecclesiastici – i padri
Scolopi nel caso di Fonda – che hanno nello studio e nell’insegnamento ai
giovani due delle priorità vocazionali, e l’inclinazione predominante verso
la matematica, insegnata nei rispettivi collegi180. Parimenti l’attenzione verso
l’architettura si sviluppa in seno all’approfondimento degli studi scientifici e
144
L’insegnamento dell’architettura a Brescia alla metà del XVIII secolo...
181 Biblioteca Moderna, ovvero estratti di librinuovi e memorie storico-letterarie, 5 voll., Ve-nezia 1765, III, pp. 129-130; Biographie uni-verselle ou dictionnaire historique, 6 voll., Parigi1834, V, p. 2728; L.G. MICHAUD, Biographieuniverselle ancienne et moderne ou Histoire, parordre alphabétique, de la vie publique et privéede tous les hommes qui se sont fait remarquerpar leurs écrits, leurs actions, leurs talents, leursvertus ou leurs crimes, Paris 1811-1862, vol.XL, p. 380; F.X. DE FELLER, M.C. WEISS, Biogra-phie universelle ou dictionnaire historique deshommes qui se sont fait un nom par leur génie,leurs talents, leurs vertus, leurs erreurs, leurscrimes, 8 voll., Paris 1847-1850, VIII, pp. 447;Nouvelle Encyclopédie theologique, Parigi1851, XIII, pp. 988-989; A. DE BACKER, Biblio-thèque des écrivains de la Compagnie de Jésus,7 voll., Liége 1853-1861, VI, pp. 597-598.
182 Ne dà notizia Comolli che prende visioneproprio della copia in possesso dell’architetto.A. COMOLLI, Bibliografia storico-critica, cit., III,p. 25; Manuale d’architettura di GiovanniBranca corretto e accresciuto da Leonardo de’Vegni, Roma 1772.
183 N. OSSANA CAVADINI, Simone Cantoni archi-tetto, Milano 2003, p. 28. Probabilmente iltesto fu recuperato personalmente da Cantoniin uno dei suoi soggiorni parmensi avvenuti trail 1765 e il 1768 nell’ambito dei contatti intes-suti con l’Accademia di Parma.
184 L’opera compare nel Catalogo della libreriadel fu Cavaliere Giuseppe Bossi, Milano 1817,e corrisponde alla copia acquisita dal conteLeopoldo Cicognara, ora custodita nella Biblio-teca Apostolica Vaticana, Fondo Cicognara.
si concretizza nell’attività didattica nelle scuole; le affinità si fanno ancora
più stringenti nelle dinamiche dell’iniziativa editoriale del trattato: anche le
Istruzioni di Fonda si configurano come strumento scolastico scritto per «pro-
curare alla nobile gioventù studiosa un comodo di studiare l’architettura [...]
con facili precetti» – e a tal scopo redatto in lingua italiana. Inoltre la sezione
relativa all’architettura civile presenta una scaletta degli argomenti che segue
interamente l’ordine definito da Sanvitali sugli esempi di Sturm e Wolff: sud-
divisa in tre sezioni, ripartite in base ai principi di solidità, comodità, e de-
coro, si articola poi all’interno di ciascuna in capitoli incentrati su singoli
argomenti. Le prime due parti sono radicalmente analoghe nella scelta dei
temi e nell’approccio critico all’esemplare bresciano, con marginali modifi-
che nell’ordine espositivo dei tipi di materiali. Le differenze aumentano invece
nell’ultima sezione, dove Fonda si dimostra più architetto del collega par-
migiano nell’approfondire le nozioni sul corretto impiego degli ordini, sulle
proporzioni delle componenti architettoniche e nel fornire strumenti funzio-
nali all’applicazione pratica delle istruzioni.
Ciò che incuriosisce è la profonda analogia che si riscontra nell’operazione
di scelta, integrazione e rielaborazione degli spunti desunti da Sturm e Wolff
all’interno dei rispettivi trattati: nessuno dei due modelli è articolato in tre
parti, e a fronte del debito maggiore verso Sturm nell’ordine espositivo, col-
pisce la scelta comune di inserire nella medesima posizione il capitolo sui
camini e le stufe, ripreso invece da Wolf.
Se è imprudente ipotizzare una dipendenza diretta del trattato di Fonda dal
testo di Sanvitali, né tantomeno dall’opera di Carletti che segue anche un
indice decisamente diverso, è altresì opportuno riconoscere tra di essi l’ap-
partenenza a una radice culturale comune contraddistinta da un privilegiato
dialogo con il contesto franco-tedesco, di cui non si hanno al momento te-
stimonianze così eloquenti oltre ai tre episodi qui considerati, e che si può
forse ricondurre preminentemente alla condivisa dedizione agli studi mate-
matici e fisici.
La pubblicazione dell’opera di Sanvitali ha di fatto registrato una fortuna
considerevole in relazione agli obiettivi dell’iniziativa. Limitata a una sola
edizione, di cui non è nota l’esatta tiratura, oltre che da Memmo e Comolli,
risulta menzionata reiteratamente all’interno delle numerose pubblicazioni
enciclopediche sugli uomini illustri tra XVIII e XIX secolo, italiane e fran-
cesi181. La distribuzione interessò prevalentemente il territorio veneto-emi-
liano, come confermato dalla conservazione della maggior parte dei
ventidue esemplari finora rintracciati all’interno di biblioteche universitarie e
istituti di ricerca della zona; ci sono comunque tracce che attestano una dif-
fusione dell’opera in un’area geografica e culturale più ampia: un esemplare
del trattato era in possesso dell’architetto fiorentino Leonardo de Vegni, cu-
ratore dell’edizione aggiornata del manuale d’architettura del Branca182.
Altre due copie sono state individuate rispettivamente nella biblioteca di Si-
mone Cantoni183 e in quella personale di Giuseppe Bossi184. Ad eccezione
Stefano Margutti
145
185 Indicativo di ciò può essere il fatto che Giu-seppe Bossi non destinò la sua copia alla bi-blioteca dell’Accademia di Brera, né provvide afornirne un altro esemplare, riservandola allasua libreria privata.
186 A. FAPPANI, Enciclopedia bresciana, cit., vol.V, Brescia 1982, p. 23.
di de Vegni, non si hanno riscontri significativi di copie in possesso di archi-
tetti ed eruditi coetanei o della generazione successiva, il che non aiuta ad
avere un quadro della tipologia di pubblico presso cui l’opera destò parti-
colare attenzione. Accanto a una diffusione nella seconda metà del Sette-
cento riconducibile all’adozione come manuale scolastico nelle scuole, la
circolazione dell’opera ha seguito una logica di carattere fondamentalmente
erudito e collezionistico, che ha contribuito ulteriormente a una sua emar-
ginazione dalla letteratura architettonica185.
L’influenza di Sanvitali sulla cultura architettonica bresciana del secondo
Settecento
L’insegnamento pluriennale nelle scuole pubbliche e la realizzazione di un
manuale scolastico d’architettura sono fattori di per sé sufficienti per rico-
noscere a Sanvitali una responsabilità fondamentale nella maturazione della
cultura architettonica bresciana, intesa soprattutto nel senso di un’eredità
lasciata alle generazioni successive. La notizia della frequentazione del corso
da parte di Gaspare Turbini e Antonio Marchetti è una discriminante fonda-
mentale, trattandosi dei protagonisti assoluti della scena locale del secondo
Settecento, senza sottovalutare l’incentivo dato con la creazione dell’Acca-
demia di Fisica Sperimentale, che si è appurato contemplasse tra le materie
proposte l’architettura civile e militare e vedesse coinvolti sicuramente lo
stesso Gaspare Turbini, Domenico Corbellini e il nobile Vincenzo Gaifami,
dilettante di architettura186.
A fronte di un così vasto e diversificato impegno in tale ambito, quale è
emerso dall’analisi del trattato, risulta tuttavia problematico individuare e
quantificare le tracce di una sua influenza sullo sviluppo dell’architettura lo-
cale nei termini di un orientamento verso particolari indirizzi tematici e re-
pertori formali per quegli architetti entrati in stretto contatto con Sanvitali.
La provenienza del gesuita dall’ambito di studi matematici e scientifici e la
totale estraneità alla professione dell’architettura gli hanno impedito di in-
cidere con originalità nel complesso d’insegnamenti rivolti a stimolare ed
educare l’abilità progettuale, la gestione di un cantiere e l’uso della gram-
matica architettonica.
Per fare chiarezza circa l’ascendente esercitato da Sanvitali sull’architettura
bresciana occorre innanzitutto contestualizzare il significato del suo corso di
architettura all’interno del sistema dei luoghi e percorsi di formazione archi-
tettonica strutturati a Brescia nel Settecento. Esso ha rappresentato senza
dubbio un nuovo punto di riferimento educativo per il panorama locale, ma
non ha determinato la nascita di una scuola di architettura; le lezioni si svol-
gevano nell’ambito delle scuole pubbliche, concepite come appendice del
corso di matematica, quindi non erano indirizzate esclusivamente ad ap-
prendisti architetti ma a un target di allievi più esteso ed eterogeneo, orien-
tato verso interessi differenti. Nemmeno la formula degli studi articolata
nell’Accademia di Fisica Sperimentale ha significato l’inizio di un luogo
146
L’insegnamento dell’architettura a Brescia alla metà del XVIII secolo...
187 G. CAPPELLETTO, Antonio Marchetti archi-tetto…, cit., pp. 51-63.
188 ID., L’architettura dei secoli…, cit., pp. 368-374; R. BOSCHI, Le alternative del Barocco…,cit., p. 119.
d’istruzione specializzato per l’architettura, poiché gli obiettivi promossi dal-
l’istituzione puntavano a promuovere una costante interazione tra le diverse
discipline, stimolando l’acquisizione di un sapere universale.
Di conseguenza le iniziative di Sanvitali non hanno scardinato né soppiantato
in alcun modo il sistema precostituito fondato ancora sulla frequentazione
delle botteghe; esse si sono piuttosto affiancate e integrate in concerto ad
esso. Ciò è chiaro se si guarda all’esperienza dei tre architetti più rappre-
sentativi annoverati tra gli allievi del gesuita: è emblematico constatare che
per tutti il percorso di avvicinamento alla professione architettonica e di ac-
quisizione del bagaglio di competenze teoriche e tecniche ha ricalcato in
sostanza ancora quello delle generazioni precedenti, basato sulla trasmis-
sione familiare e sull’esperienza pratica maturata in bottega e in cantiere.
Gaspare Turbini lavorò a stretto contatto con il padre Marc’Antonio nelle
molteplici commissioni di residenze private assimilandone gli insegnamenti
a tal punto che risulta arduo distinguere nei cantieri il contributo del singolo;
Antonio Marchetti allo stesso modo coadiuvò costantemente il padre Giovan
Battista nei suoi incarichi fino a prenderne il posto quando questi, anziano,
divenne cieco.
La successione ereditaria dei lavori era una dinamica ordinaria come con-
ferma il caso eclatante dell’incarico di soprastante del duomo Nuovo di Bre-
scia, passato direttamente proprio da Giovan Battista Marchetti al figlio
Antonio nel 1758187. Ancor più radicale è il caso di Carlo Corbellini, espo-
nente di una storica famiglia di scalpellini, capimastri e stuccatori attiva tra
Brescia e Bergamo188.
Il corso di Sanvitali fu per tutti un’esperienza formativa maturata in età ado-
lescenziale e sviluppata in parallelo alla frequentazione dei cantieri dei ge-
nitori, e ha rappresentato quindi uno strumento di supporto complementare,
piuttosto che alternativo all’iter artigianale. L’insegnamento del gesuita s’im-
pose dunque come opportunità di aggiornamento culturale e di perfeziona-
mento di quelle competenze tecnico-scientifiche sui comportamenti fisici e
meccanici dei materiali e delle costruzioni divenute nel Settecento preroga-
tive indispensabili della moderna figura professionale dell’ingegnere o ar-
chitetto pratico. L’approccio pragmatico e ingegneristico adottato da
Sanvitali nel trattare l’architettura civile doveva rispondere in maniera ade-
guata alla predisposizione delle maestranze locali ad affrontare il problema
architettonico in termini preminentemente pratici, ma i suoi insegnamenti
hanno costituito per lo più premesse conoscitive, di cui non vi è un riscontro
immediato all’interno delle fabbriche.
Il reale apporto di Sanvitali al contesto architettonico bresciano va quindi
considerato e misurato principalmente nei termini di una inedita sollecitazione
culturale a intraprendere indirizzi di ricerca teorici, scientifici e ingegneristici
al centro del dibattito culturale europeo e in ultima istanza di una nobilita-
zione intellettuale del profilo professionale degli architetti e degli ingegneri
bresciani, a fronte di un mancato riconoscimento ufficiale della qualifica.
Stefano Margutti
147
189 G.F. CRISTIANI, Vita di Paolo Antonio Cristiani,illustre cittadino bresciano, Verona 1802; U.BALDINI, P. A. Cristiani, in Dizionario Biograficodegli italiani, vol. XXXI, Roma 1985, pp. 23-25,ad vocem.
190 A. BROGNOLI, Elogi di Bresciani…, cit., p.420.
191 Ivi, pp. 147-169.
192 G. SUARDI, Nuovi istromenti per la descri-zione di diverse curve antiche e moderne e dimolte altre, che servir possono alla speculazionede’ geometri, ed all’uso de’ pratici..., Brescia1752.
193 Ivi, pp. 160-190. A. D’AMICO FINARDI, Lamacchina drom-hydro-metra del Suardi e il Mar-chese Poleni, in Sisfa – Atti del XXX congressonazionale (Urbino, 30 giugno – 3 luglio 2010),a cura di R. Mantovani, Urbino 2012, pp. 367-374.
194 G. SUARDI, Nuovi istromenti…, cit., p. 177-179.
195 G. NOVA, Stampatori, librai ed editori a Bre-scia nel Settecento, Brescia 2011, p. 140; F.LECHI, Le dimore bresciane in cinque secoli distoria, 8 voll., Brescia 1973-1983, VI, Il Sette-cento e il primo Ottocento nella città, 1977, pp.24-39; C. PEROGALLI, M.G. SANDRI, Ville delleprovince di Bergamo..., cit., pp. 52-67. P.A. OR-LANDI, Abecedario pittorico dei professori più il-lustri in pittura, scultura, e architettura, Firenze1788, p. 1376.
Tale incidenza ebbe le sue prime ripercussioni sui coetanei del padre gesuita
prima ancora che sugli allievi del collegio delle Grazie; è emblematico il
rapporto che lega Sanvitali a Paolo Antonio Cristiani (1697-1779), mate-
matico, geometra e ingegnere idraulico bresciano189. Docente di francese
presso il collegio Gesuita di Sant’Antonio e membro dell’Accademia Maz-
zuchelliana, quindi pienamente inserito negli ambienti culturali frequentati
dal Sanvitali, egli «si distinse nell’Idrostatica scienza», scrivendo diverse
opere in merito tra cui una «dissertazione latina sopra la velocità dell’acque,
che cadono da qualche altezza se sia da paragonarsi a quella de’ corpi
solidi». L’opera è menzionata da Brognoli, il quale aggiunge che essa «fu
dall’Autore dedicata al celebre Matematico Padre Federico Sanvitali, da cui
venne ben accetta, e in gran parte approvata»190, un dato che, combinato
alla notizia, sempre riportata da Brognoli, secondo cui il gesuita studiò il
moto delle acque applicandosi anche in interventi pratici, avvalora l’idea
di una competenza specifica da parte sua e di un’autorità riconosciutagli
tale da influenzare, indirizzare e correggere gli studi promossi da figure di
spicco del settore.
A riprova della stretta interazione promossa da Sanvitali tra il campo delle
scienze matematiche e dell’architettura pratica vi è l’interessante caso del
conte Giambattista Suardi (1711-1767), di poco più giovane del gesuita e
da lui indirizzato con decisione allo studio della geometria, poi approfondito
a contatto con Poleni a Padova191. Di Suardi sono noti i Nuovi istromenti per
la descrizione di diverse curve antiche e moderne e di molte altre192, dove in
parallelo agli studi speculativi di geometria procede anche a una loro appli-
cazione pratica nel campo dell’ingegneria presentando i progetti «di due
nuove macchine per la nautica ed una per la meccanica», rispettivamente
una «Macchina Drom-hydro-metra applicata a misurare il viaggio di un ba-
stimento» e una «barca che va da se contro la corrente di un fiume»193 [fig.
21]. Il fondamentale debito nei confronti degli studi d’ingegneria nautica di
Sanvitali è attestato, oltre che dall’uso puntuale del metodo matematico, dalla
trascrizione di una dimostrazione sul calcolo della velocità dei corpi nelle
acque correnti inclinate fatta dal gesuita probabilmente nell’ambito degli
esperimenti organizzati in forma privata prima della fondazione dell’Accade-
mia194. Il brano – forse coincidente con la dissertazione accademica men-
zionata da Brognoli – costituisce l’unico prezioso riscontro documentario che
dimostra l’impegno del gesuita in tale ambito e dischiude uno scenario an-
cora più complesso e affascinante sulla poliedrica cultura del personaggio.
L’ascendente di Sanvitali sul conte Suardi non si limitò allo sconfinamento
degli interessi dall’ambito della geometria a quello dell’ingegneria nautica
ma procedette anche nel campo dell’architettura civile, se si presta fede al-
l’ipotesi di una sua collaborazione attiva al fianco di Antonio Turbino, nella
progettazione e costruzione di due palazzi di proprietà della propria famiglia,
il palazzo Soardi, ora Bruni-Conter, a Brescia e la villa Suardi al Labirinto,
ora Merli in località Fornaci195.
148
L’insegnamento dell’architettura a Brescia alla metà del XVIII secolo...
196 U. BALDINI, G.F. Cristiani, in Dizionario Bio-grafico…, cit., pp. 17-21, ad vocem.
197 G.F. CRISTIANI, Delle misure d’ogni genereantiche, e moderne con note letterarie, e fisico-matematiche, a giovamento di qualunque archi-tetto, Brescia 1760; ID., Della mediaarmonica…, cit.
198 F. RICCATI, Lettere del conte Francesco Riccatitrivigiano intorno a varie nuove teoriche, e me-todi pratici per l’architettura civile, e special-mente intorno alle altezze interne de’ vasi, e allamedia proporzionale armonica, da cui dipen-dono, Treviso per Giulio Trento, 1763. ID., Dis-sertazione intorno l’architettura civile, in cui sidimostrano, e si stabiliscono tutte le possibilisimmetrie, e scompartimenti in una figura rettan-gola ad una sola Nave, s.l., s.d. Si veda R. BO-SCHI, Le alternative del Barocco..., cit., pp.33-35.
Passando alle generazioni successive, la lezione di Sanvitali dovette essere
decisiva anche per Girolamo Francesco Cristiani (1731-1811), figlio di
Paolo Antonio, avviato come il padre alla professione d’agrimensore e in-
gegnere idraulico196; egli non frequentò le scuole gesuitiche ma fu tra i soci
dell’Accademia di Fisica Sperimentale e accanto alla fortunata carriera pra-
tica – nel 1760 fu nominato Capitano Ingegnere della Repubblica di Venezia
– si prodigò in una fervida produzione di testi incentrati sugli studi d’inge-
gneria idraulica, il più delle volte riferiti agli interventi pratici realizzati sulle
acque dell’Oglio e del Brenta, dove si evince una solida esperienza nel-
l’idrodinamica, maturata a contatto con il padre, ma con ogni probabilità
non immune da influenze del Sanvitali. Cristiani approfondì anche studi sulla
matematica applicata all’architettura civile: nel 1760 pubblicò a Brescia
Delle misure d’ogni genere antiche, e moderne con note letterarie, e fisico-
matematiche, a giovamento di qualunque architetto, e nel 1767 vide la luce
il Della media armonica proporzionale da applicarsi nell’architettura civile197
[fig. 22]. Entrambi i lavori trasudano una cultura solida e aggiornata sugli
studi dei rapporti armonici condotti da Francesco Riccati e aperta ben oltre
i confini provinciali di Brescia e della Lombardia veneta198; vi è anche un
concreto debito verso gli Elementi di Sanvitali a proposito delle dottrine sulle
proporzioni convenienti per gli edifici civili, laddove l’autore asserisce che
«è un teorema nell’Architettura, che gli Edifizj Civili di figura quadrata annosi
a preferire a tutti gli altri, atteso il comodo ripartimento che ammettono, ed
Stefano Margutti
149
Fig. 21. G. Suardi, Barca che va da se contro la corrente di un fiume(da Nuovi istromenti..., cit., tav. XXVII, BQ).
Fig. 22. G.F. Cristiani, Della media armonica proporzionale..., cit.,frontespizio (BQ).
199 G.F. CRISTIANI, Della media armonica…, cit.,p. 17.
200 Orlandi riferisce che «finché visse il P. San-vitali, fu questi tenuto da lui per suo direttorespirituale». P. A. ORLANDI, Abecedario pittorico...,cit., p. 1376.
201 Cfr. G. CURCIO, La professione dell’archi-tetto…, cit., p. 54.
202 G.A. TURBINI, Dissertazione sopra l’uso deicamini, e sulle cagioni principali del fumo: dettanel recinto della pubblica Libreria Quiriniana inuna pubblica adunanza dell’Accademia di Fisicasperimentale il dì 9 Maggio 1765 dall’abateGasparo Antonio Turbini architetto Bresciano,Brescia 1765.
il maggior spazio, che sotto egual giro di latj eglino comprendono»199. In
nota a tale riflessione Cristiani cita come fonte gli «Elementi di architettura
civile del P. Federico Sanvitali opera postuma». Il concetto riproposto da Cri-
stiani non fa certamente riferimento al nucleo più originale e rilevante delle
lezioni di Sanvitali ma indica l’autorità acquisita dal manuale scolastico, as-
sunto a fondamentale strumento di studio in area bresciana.
Tra i numerosi allievi, quello che più di tutti manifesta una profonda dipen-
denza dal maestro è senza dubbio Gaspare Turbini: le tracce documentarie
raccolte sono sufficienti per attestare un rapporto culturale e collaborativo
privilegiato con Sanvitali, instaurato dapprima nell’ambito del collegio e ma-
turato poi nell’esperienza dell’Accademia di Fisica Sperimentale, dove l’ar-
chitetto fu coinvolto come responsabile del laboratorio e dei macchinari
necessari agli esperimenti. I testi di Sanvitali autografi o trascritti rinvenuti
tra le carte dell’architetto avallano l’ipotesi che egli sia stato per anni assi-
stente del maestro e che alla sua morte sia entrato in possesso dei suoi ela-
borati. Proprio l’eccezionale confidenza lavorativa e umana intrattenuta da
Turbini con il gesuita200 fu poi il motivo principale per cui Rizzardi si rivolse
a lui per la traduzione e la curatela critica del trattato.
Il legame con Sanvitali risulta ancor più radicale e significativo alla luce del
percorso professionale intrapreso da Turbini che rivela come egli sia stato
l’unico allievo avviato alla pratica architettonica capace di recepire in tutta
la sua portata l’incentivo a intendere la dignità intellettuale della figura del-
l’architetto, emancipata rispetto al semplice capomastro, integrando alla se-
colare esperienza pratica in campo costruttivo un bagaglio culturale fondato
sulla conoscenza critica della storia e delle teorie architettoniche e sull’ag-
giornamento costante sulle leggi della meccanica201. Segno tangibile di ciò
è la scelta dell’architetto di latinizzare il proprio cognome da Turbino a Tur-
bini, dove si coglie l’intenzione di nobilitare il proprio profilo culturale e pro-
fessionale rispetto a quello del padre.
Accanto a una fervida operosità progettuale, particolarmente fortunata nel
campo dell’edilizia civile anche se ancora da conoscere pienamente, dov’è
evidente l’impronta paterna, egli condusse una altrettanto intensa attività di
studio teorico e di ricerca sperimentale su svariati temi afferenti al campo
architettonico-ingegneristico che si concretizzò in una produzione trattatistica
sviluppata nel solco degli insegnamenti di Sanvitali e maturata in seno alle
iniziative dell’Accademia di Fisica Sperimentale e dal 1768 dell’Accademia
di Agricoltura.
Nel 1765, l’anno dell’edizione dell’opera di Sanvitali, recitò presso l’Acca-
demia di Fisica Sperimentale una Dissertazione sopra l’uso dei camini, e
sulle cagioni principali del fumo202, subito pubblicata con grande successo,
in cui è impossibile non riconoscere un’influenza delle lezioni sulle «leggi
per le stuffe, cammini, e fumarj» contemplate da Sanvitali nel suo corso sul-
l’architettura civile [fig. 23]. Lo studio della meccanica delle stufe appassionò
fortemente Turbini, il quale scrisse diverse trattazioni composite e organiche
150
L’insegnamento dell’architettura a Brescia alla metà del XVIII secolo...
203 Tra le carte del Turbini esiste una Disserta-zione sopra i camini degli antichi e la bozza ma-noscritta per un Trattato dei camini. BQ, ms.F.VI.Im7, fasc. a, b.
204 L’invenzione fu resa nota sulle pagine delNuovo giornale d’Italia spettante alla scienzanaturale e principalmente all’agricoltura, allearti ed al commercio, tomo III, n. 4, del 26 lu-glio 1765.
205 Il materiale è custodito in BQ, ms. F.VI.I.m5, 7-10. Ben noto alla letteratura, finora l’at-tenzione sul fondo Turbini non è però mai an-data oltre ad una presa d’atto e a riflessionigeneriche sul coinvolgimento dell’architetto alfermento culturale-scientifico bresciano del se-condo Settecento.
206 G.A. TURBINI, La nuova scoperta del globoaereostatico di Montgolfier. Lettera del sig.abate d. Gasparo Turbini architetto Brescianocon due tavole, che dimostrano la maniera didirigere il globo per linea orizzontale, Brescia1784; ID., La costruzione e l’uso dei globi aero-statici: lettera seconda del signor abate d. Ga-sparo Turbini architetto bresciano, Brescia1784; P.A. ANDREANI, L’aerostato Montgolfier inFrancia ed Andreani in Italia, ossia Rapportodella macchina ed esperienze dei signori Mon-tgolfier in Versailles fatto dall’Accademia delleScienze da suoi Commisarj e del sig. don PaoloAndreani in Moncucco secondo la maggiore sin-cerità e possibile disinteressamento, Milano1784.
207 La lettera è conservata in BQ, ms. F.VI.I.m10; fa parte di una più ampia corrispondenzaintrattenuta tra De Lalande e Turbini parzial-mente documentata in R. BOSCHI, L’architetturaa Brescia alla metà del Settecento nelle testimo-nianze dei contemporanei. I resoconti dei viag-
sul tema, mai pubblicate ma pervenute nelle versioni manoscritte, dove ri-
percorre la storia dei sistemi di riscaldamento dall’antichità ai suoi tempi e
procede a un dettagliato resoconto delle tecnologie più evolute, riccamente
corredato di illustrazioni che tengono conto degli studi di Gauger203 [fig.
24]. Ciò ebbe anche un risvolto pratico nell’invenzione da parte di Turbini
di un prototipo di «stufa per riseccare i grani», resa nota sulle pagine di una
rivista nazionale204. Tra i documenti manoscritti di Turbini si trovano inoltre
studi condotti sulla «Custodia dell’armento vaccino e metodo di coagulare
il latte secondo l’uso bresciano», sulla filatura delle sete, sulla «Storia dei
teatri antichi e sulla costruzione de’ moderni», la maggior parte dei quali
con ogni probabilità costituisce l’esito delle ricerche avviate in seno alle ac-
cademie di Fisica e Agraria, che testimoniano la multidisciplinarietà degli
interessi205.
Come Sanvitali, anche Turbini sembra inserirsi con decisione in un circuito
di rapporti con contesti culturali nazionali e internazionali che al momento
risulta difficile da ricomporre e comprendere in tutta la vastità e significato:
oltre agli studi sui camini che guardano con decisione alla letteratura nor-
deuropea vanno segnalati due testi sulla costruzione di palloni aerostatici e
sugli esperimenti di volo pubblicati appena un anno dopo l’impresa dei fra-
telli Montgolfier in Francia e in contemporanea con l’iniziativa del milanese
Paolo Andreani206. Una lettera inedita del conte Luigi Chizzola destinata
all’architetto informa che nel 1766 il nobile era impegnato nell’allacciare
contatti con Jérôme De Lalande e con l’Académie de Science di Parigi per
conto di Turbini allo scopo di «farlo ascrivere a qualche academia […] ancor
a quella dell’Architettura»207. L’attività diplomatica del conte Chizzola presso
Stefano Margutti
151
Fig. 23. G. Turbini, Dissertazione sopra l’uso dei camini..., cit., frontespizio, incisioni di Do-menico Cagnoni (BQ).
Fig. 24. G. Turbini, schizzo preliminare di unatavola per un inedito Trattato sui Camini, studiodel camino di Gauger (BQ).
giatori francesi, in Cultura, religione e politicanell’età di Angelo Maria Querini, atti del con-vegno (Venezia-Brescia, 2-5 dicembre 1980), acura di G. Benzoni, M. Pegrari, Brescia 1982,pp. 309-326.
208 De Lalande cita Turbini tra i personaggi dispicco del contesto bresciano e accenna a un’il-lustrazione del palazzo della Loggia promessa-gli dall’architetto. J.J. DELALANDE, Voyage d’unFrançois en Italie, fait dans les années 1765 et1766, 8 voll., Paris 1769, pp. 408, 417, 489.
209 Per la nomina all’Accademia Clementina siveda S. QUESTIOLI, Atti dell’Accademia Clemen-tina 1710-1764. Verbali Consiliari, 2 voll., Bo-logna 2005, I, p. 295, doc. 320. I diplomiufficiali sono custoditi nel fascicolo BQ F.VI.Im8, fasc. b, c, d., già visionati da P.A. ORLANDI,Abecedario pittorico…, cit., p. 1379.
210 C. RIEGER, Universae architecturae civilis ele-menta, Vienna 1756. Il manoscritto di Turbini sitrova in BQ, ms. F.VI.I.m10, fasc. a.
211 Entrambi i testi autografi sono custoditi inBQ, ms. F.VI.I m10, fasc. a.
212 P.A. ORLANDI, Abecedario pittorico…, cit., p.1378.
le accademie parigine non ebbe probabilmente gli esiti sperati, ma la missiva
permette di ricondurre a questo frangente la redazione dello studio sulla la-
vorazione del latte vaccino, richiesto espressamente da De Lalande per ac-
crescere le notizie sulla cultura e i costumi bresciani nel suo Voyage d’un
Francois in Italie208.
La grande aspirazione di Turbini a ottenere un riconoscimento ufficiale del
suo status professionale di architetto ebbe esito positivo nei confini italiani,
con l’iscrizione all’Accademia Clementina di Bologna nel 1762 e la nomina
dieci anni più tardi a membro dell’Accademia Reale di Belle Arti di
Parma209.
Desta interesse il progetto rimasto incompiuto per un’edizione in italiano del
trattato Universae architecturae civilis elementa di Christian Rieger, di cui si
conserva la bozza manoscritta210. Edita a Vienna nel 1756 in lingua latina,
l’opera di Rieger rientra nel novero dei manuali pratici d’architettura orientati
a istruire sulle competenze tecnico-scientifiche e segue una logica in parte
affine agli Elementi di architettura civile di Sanvitali redatti quasi in conco-
mitanza. Non sono noti i motivi né l’esatto momento in cui Turbini s’impegnò
in tale impresa, ma la notizia di un’iniziativa editoriale che avrebbe divulgato
a Brescia il testo dell’autore viennese, verosimilmente non molto tempo dopo
la pubblicazione dell’opera del Sanvitali, sembra delineare un momento di
riflessione e dialogo particolarmente vivace nel contesto locale sulle prero-
gative qualificanti la moderna figura dell’architetto pratico e accademico,
in cui Turbini assume un ruolo di primo piano.
Se Sanvitali va inteso come l’iniziatore del fermento culturale sorto a Brescia
a metà Settecento, Turbini ne è il fautore e l’interprete principale per quel
che concerne l’ambito degli studi architettonici. Non è un dato trascurabile
che egli si faccia carico della traduzione e della revisione critica dei testi di
Sanvitali e di Rieger, e a ciò si aggiungono ulteriori significative tracce finora
trascurate di testi autografi completi o parziali redatti in forma trattatistica
che documentano un’incessante riflessione sugli ideali teorici e sul valore
dell’architetto, incentrata sullo studio dei grandi trattatisti del passato: tra le
sue carte spiccano un fascicolo titolato Delli cinque ordini in generale e del-
l’origine della fabbrica, e soprattutto il Dell’Architettura [fig. 25], interpretato
nei pochi contributi critici che ne hanno documentato l’esistenza come trat-
tato originale di Turbini ma che a un’osservazione più attenta si comprende
essere un commentario sintetico ma alquanto fedele dell’Idea dell’architet-
tura universale di Scamozzi211. L’impaginazione del manoscritto, scritto in
colonne su metà foglio, fa pensare che l’architetto avesse progettato un’edi-
zione critica del trattato scamozziano, forse funzionale alla sua attività d’in-
segnamento dell’architettura svolta in forma privata e presso il collegio dei
padri Somaschi, stando a quanto riferisce Orlandi212, ma il testo presenta
criticità che richiedono indagini specifiche per le quali si rimanda in altra
sede. È oltremodo significativa la scelta di Turbini di confrontarsi con l’opera
di Scamozzi, che affronta il discorso sull’architettura evidenziando in specifici
152
L’insegnamento dell’architettura a Brescia alla metà del XVIII secolo...
Fig. 25. G. Turbini, bozza manoscritta del trat-tato inedito Dell’architettura (BQ).
213 In proposito: P. PANZA, Gaspare Antonio Tur-bini restauratore, in «Arte Lombarda», 92/93,1990, pp. 122-129; G. MERLO, Il palazzo dellaLoggia di Brescia nei disegni di Luigi Vanvitelli edi Antonio Marchetti, in «Arte Lombarda», 121,1997, pp. 91-101.
214 S. QUESTIOLI, Atti dell’Accademia…, cit.,docc. 313, 320, pp. 291, 295.
capitoli la complessità delle competenze teoriche e pratiche necessarie per
un architetto e puntando l’attenzione sulla dimensione intellettuale e sulla
nobiltà della sua professione – al contempo speculativa e pratica – ovvero
quella dote a cui Turbini sembra voler aspirare con insistenza e verso la
quale è stato fortemente indirizzato dall’insegnamento e dalla frequentazione
di Federico Sanvitali.
Nei suoi testi Turbini non adotta mai il metodo dimostrativo matematico
tanto caro al suo maestro, privilegiando la canonica forma discorsiva, il
che non costituisce tanto una distanza critica nei suoi confronti, ma eviden-
zia molto bene il differente punto di vista assunto dal Turbini, che è in primo
luogo un architetto, formatosi in cantiere, e come tale si pone di fronte al
tema architettonico, con un approccio diverso da quello di un matematico.
Il vasto corpus documentario relativo a Turbini attesta un legame radicale
con Sanvitali e al contempo testimonia un’autonomia intellettuale che lo
porta a fare un percorso personale e originale nel campo degli studi archi-
tettonici e scientifici che va ancora indagato e compreso in tutta la sua com-
plessità; ciò può offrire nuove e promettenti prospettive di ricerca sulla
personalità di una figura rimasta finora in secondo piano rispetto ad Antonio
Marchetti, ma che si è resa protagonista di alcuni dei dibattiti più vivaci del
contesto bresciano del secondo Settecento, in particolare quello relativo alla
ricostruzione della copertura del palazzo della Loggia, circostanza nella
quale fu il principale antagonista di Vanvitelli213.
Ben diverso è il discorso circa il rapporto tra Sanvitali e gli altri due architetti
di rilievo annoverati tra i suoi allievi, ovvero Domenico Corbellini e Antonio
Marchetti. Paradossalmente i problemi maggiori riguardano Marchetti, tra-
dizionalmente ritenuto dalla critica come il principale architetto bresciano
del Settecento – certamente quello che ha avuto un maggiore riconosci-
mento pubblico – per il quale non vi è alcun elemento concreto oltre alla
nota della frequentazione del corso in collegio. Il suo nome non figura tra i
frequentatori dell’Accademia di Fisica Sperimentale né all’interno delle ac-
cademie d’architettura italiane e internazionali e non vi è alcun indizio di
suoi interventi scritti o verbali nei dibattiti intellettuali locali su temi tecnici e
architettonici. Corbellini se non altro, oltre a essere socio fondatore dell’isti-
tuzione promossa da Sanvitali compare come «chiarissimo architetto in Bre-
scia» tra gli accademici d’onore dell’Accademia Clementina di Bologna
nominati nel 1762, il che suggerisce al pari di Turbini l’ambizione soddisfatta
di avere un titolo di prestigio a garanzia del suo profilo professionale, ma le
informazioni si fermano qui214.
Entrambi sembrano in ultima analisi ancora vincolati a una dimensione fon-
damentalmente pragmatica e artigianale della professione architettonica,
ma su tale giudizio grava in modo determinante lo stato dell’arte che non
ha ancora portato a una piena comprensione del loro profilo professionale
e culturale.
È prematuro delineare un quadro composito sulla propagazione e fortuna
Stefano Margutti
153
dell’insegnamento di Sanvitali nel campo architettonico e ingegneristico, per
la difficoltà a distinguere tale specifico ambito all’interno della vasta gamma
di discipline affrontate dal gesuita, che dialogano e s’intrecciano costante-
mente tra loro, fino a risultare un nucleo unitario e inscindibile. Inoltre la
mancanza di una solida base storiografica riguardo non solo il gesuita ma
l’insieme dei protagonisti del contesto architettonico, culturale e scientifico
bresciano del secondo Settecento, e l’impossibilità di avere un riscontro di
tutti gli allievi del collegio gesuita di Santa Maria delle Grazie, rendono dif-
ficile ricomporre la fitta trama di rapporti professionali e culturali, e ricon-
durre univocamente alla figura di Sanvitali la responsabilità di precisi
orientamenti ideologici da loro intrapresi.
Al momento si ravvisano per lo più tracce disorganiche che consentono di
imbastire una prima parziale seppur già significativa valutazione che, alla
luce dei notevoli e molteplici spunti emersi, esige quanto prima la necessità
di intraprendere indagini sistematiche sui protagonisti e sui luoghi formativi
e culturali locali che hanno contraddistinto la stagione del maturo Settecento,
in primo luogo le strutture scolastiche dei Gesuiti e dei padri Somaschi, ri-
conosciute come fari educativi e centri di dialogo, di promozione e di circo-
lazione d’idee nel territorio, tuttavia non ancora adeguatamente indagate.
154
L’insegnamento dell’architettura a Brescia alla metà del XVIII secolo...