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Editore XII CONVEGNO NAZIONALE INTERDISCIPLINARE UNICITA', UNIFORMITA' E UNIVERSALITA' NELLA IDENTIFICAZIONE DEL MOSAICO PAESISTICO - CULTURALE Aquileia 18 - 19 settembre 2008 Sala Romana Piazza Capitolo L’Ontologia come linguaggio comune per la rappresentazione del paesaggio culturale allegato al n° 18 di Editore www.paysage.it

L’Ontologia come linguaggio comune per la rappresentazione del paesaggio culturale

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XII CONVEGNO NAZIONALE INTERDISCIPLINARE

UNICITA', UNIFORMITA' E UNIVERSALITA' NELLA

IDENTIFICAZIONE DEL MOSAICO PAESISTICO - CULTURALE

Aquileia 18 - 19 settembre 2008 Sala Romana

Piazza Capitolo

L’Ontologia come linguaggio comune per la

rappresentazione del paesaggio culturale

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Antonia Cataldo1, Antonio M. Rinaldi2, 1

1DiPiST - Università degli Studi di Napoli Federico II - Piazzale Tecchio, 80 – Napoli 2 DIS - Università degli Studi di Napoli Federico II- Via Claudio, 21 – Napoli

[email protected] ; [email protected]

Relazione 1. Introduzione Molteplici sono i contributi del mondo scientifico e di quello professionale, a livello nazionale e internazionale, che propongono e mettono a disposizione della ricerca scientifica una vasta gamma di metodologie per la lettura del paesaggio e differenti procedure di valutazione delle componenti individuate. Ogni volta il paesaggio è visto come palcoscenico di molteplici attori dove differenti e a volte contrapposte forze (uomo, natura, energia,…) si avvicendano e, ogni volta, si guarda al paesaggio da angolature differenti. Il bagaglio di informazioni e di esperienze sul campo, di cui oggi disponiamo, mette in evidenza la notevole elaborazione metodologica e la sperimentazione maturata in questi ultimi anni, ma anche l’urgenza della messa a punto di un lessico comune (così come è avvenuto per la definizione del termine paesaggio) e di criteri per lo scambio di informazioni, il confronto delle diverse esperienze e l’arricchimento reciproco, indispensabile per una crescita sia culturale che operativa in materia. È indispensabile insomma una pianificazione formalizzata della conoscenza attraverso metodologie di analisi e di lettura il più possibile integrate e condivise. Pianificare la conoscenza è, d’altra parte, uno dei temi al centro dell’attuale dibattito scientifico, se non altro perché richiama concetti cardine quali l’integrazione, l’intersettorialità, l’interoperabilità, il flusso di informazioni, l’universalità, il globale.Inquadrandosi in queste tematiche, il lavoro presentato propone un modello per la rappresentazione della conoscenza basato sul concetto di ontologia che utilizza linguaggi specifici. La scelta di utilizzare un approccio ontologico appare naturale in questo contesto, infatti già da una prima definizione di ontologia (specifica formale ed esplicita di una concettualizzazione condivisa, Gruber, 1998) emergono caratteristiche utili per analizzare e risolvere le problematiche legate all’identificazione del mosaico paesistico-culturale. L'articolo è organizzato come segue: nel paragrafo 2 sono riportate le nostre considerazioni sul concetto di paesaggio e nel paragrafo 3 è descritto un approccio per la lettura e l’ interpretazione del paesaggio culturale; nel paragrafo 4 viene definito e descritto il modello proposto per la rappresentazione della conoscenza e nel paragrafo 5 è presentata l'architettura del sistema e l'algoritmo implementato per estrarre informazioni da una base di conoscenza generica e organizzare la nostra ontologia; un caso studio dell’approccio proposto è descritto nel paragrafo 6 mentre le conclusioni sono nel paragrafo 7.

1 Attribuzioni: Antonia Cataldo: par. 2, 3; Antonio Maria Rinaldi: par. 4, 5. Entrambi gli Autori hanno curato il paragrafo 1, 6 e le Conclusioni.

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2. Segni e significati del paesaggio: cosa leggere e come interpretare Secondo la Convenzione Europea, la pianificazione del paesaggio non sostituisce, ma integra, altre forme di pianificazione territoriale: dall’urbanistica alla questione ambientale, dallo sviluppo economico e sociale agli aspetti inerenti la sfera culturale; ovvero, va inserita in tutte quelle politiche che possono avere un’incidenza diretta o indiretta sul paesaggio (Art. 5, Convenzione Europea del Paesaggio, 2000). Ragionando in questi termini, resta aperta la questione su come un progetto territoriale debba rapportarsi ad un paesaggio storicamente determinato. Cosa conservare? cosa modificare? cosa sostituire? cosa abbandonare all’azione del tempo? Poiché ogni pianificatore si trova a dover rispondere a domande di questo tipo e poiché ad ogni risposta corrisponde una trasformazione del territorio, quindi della sua forma, ovvero del paesaggio, è opportuno definire dei criteri e delle metodologie per leggere, interpretare e valutare le tracce e i segni caratteristici del paesaggio che appartengono al passato. Storicamente, i vari modi di lettura del paesaggio sono stati subordinati alle esigenze di piano ed hanno dato, di volta in volta, maggiore enfasi ad un aspetto del paesaggio rispetto ad un altro. Nei diversi Paesi europei la formalizzazione e la specificazione delle componenti paesaggistiche hanno dunque radici e caratteri diversificati2. Si spazia dalla morfologia naturale, al significato che l’uomo ha attribuito nel tempo a questa realtà fisica; dalle attività e interventi attuati ad opera dell’uomo, al riconoscimento di possesso antropico dei luoghi, all’individuazione delle strutture complessive prodotte dalle collettività nei diversi momenti del processo produttivo e costruttivo del territorio (Calcagno Maniglio, 2003). Ogni modalità di lettura è frutto delle esperienze e delle specifiche tendenze culturali e, naturalmente, è subordinata alla specificità delle diverse realtà territoriali. Oggi, pur utilizzandosi a volte metodi già codificati per studiare e descrivere i paesaggi, si sta sempre più formando la consapevolezza che bisogna giungere ad una nuova metodologia di lettura che tenga conto dell’evoluzione del concetto stesso di paesaggio e che sia il più possibile interdisciplinare, integrata e soprattutto condivisa. L’integrazione, l’intersettorialità, l’interoperabilità garantiscono quel flusso di informazioni che è la condizione sine qua non per definire le regole universali che devono sottendere alla individuazione e interpretazione dei paesaggi. Resta aperta la questione sul Come pianificare la conoscenza? Come procedere?. È opportuno, allora, incentrare l’attenzione su cosa leggere e come interpretare. In primo luogo, va sottolineato che la lettura e l’interpretazione del paesaggio veicolano il discorso su tre questioni fondamentali. La prima fa diretto riferimento alla realtà territoriale: la discussione sul paesaggio ha una natura ontologica e fa riferimento ad una serie di significanti. La seconda questione, invece, è di natura semiotica: il discorso sul paesaggio si incentra questa volta sulla rappresentazione della realtà territoriale che è costituita da segni. L’ultima questione, decisamente più teorica, appartiene al contesto epistemologico e quindi si riferisce ai significati.

2 In molti Paesi l’attenzione è posta sulle problematiche ambientali ed ecologiche (Landscape ecology); in altri assumono significato gli aspetti formali e architettonici dello spazio; altrove, quelli economici, produttivi e ricreativi hanno la meglio; altri Paesi, ancora, danno rilievo alla descrizione dei luoghi a carattere simbolico (anche se privi di specifici manufatti), ovvero ai cosiddetti luoghi della memoria, pieni di significato per le collettività.

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Sul piano più strettamente operativo queste tre questioni riflettono altrettante pratiche processuali: in genere, tutte le scienze del territorio, dalla geografia all’urbanistica, partono dalla costruzione di un modello della realtà, ovvero dal modo in cui si rappresenta la realtà, per spingersi al significato attribuito alle cose (oggetti della realtà) e concludere con le modalità di intervento sulla realtà stessa (assetti futuri della realtà). Segno, significato e significante sono la triade su cui si incentrano le scienze della rappresentazione e sono strettamente connessi uno con l’altro: il segno è funzionale a produrre modelli di intervento; obiettivi e valori perseguiti dal pianificatore influenzano e danno impulso alla costruzione dei significati; i significati, a loro volta, incoraggiano i criteri e le modalità di intervento, i quali avranno incidenza sulla realtà e quindi la modificheranno; mutando la realtà, cambieranno i significanti; differenti significanti implicano differenti segni, generando in tal modo nuove rappresentazioni della realtà. La triade di elementi genera un processo ciclico che accompagna la trasformazione del paesaggio. Interpretare il paesaggio significa, allora, tradurre e semplificare la complessità dello spazio in segni, significanti e significati decodificati. Attribuire un significato ad un oggetto (significante) non è, tuttavia, un’impresa facile. I significati comprendono, infatti, i due concetti proposti da Eco: quello denotativo e quello connotativo. I significati hanno funzione denotativa, in quanto esprimono la funzione dell’oggetto. In questo contesto la funzione è da assumersi come significato e l’oggetto come significante. «L’oggetto d’uso è, sotto specie comunicativa, il significante di quel significato esattamente e convenzionalmente denotato che è la sua funzione» (Eco, 1968). Il significato denotativo è specifico e conduce dunque ad una comunicazione immediata (universale per definizione), in quanto non induce a ideologie, meta-narrazioni o meta-discorsi. Denotare un oggetto vuol dire dedurre la funzione cui è destinato l’oggetto. Al contrario, il significato possiede una funzione connotativa quando esprime, magari in forma implicita o addirittura nascosta, un’ideologia. La connotazione di un manufatto architettonico, ad esempio, è secondo Eco (1968) «l’ideologia globale che ha presieduto all’operazione dell’architetto». È il significato implicito cui conduce il segno. È un significato che fa riferimento a simboli e valori, ovvero a prodotti culturali, o che perlomeno appartengono alla cultura intangibile. È il significato unico e uniforme alla cultura che lo ha generato, ma che deriva comunque dalle regole universali dell’interpretazione. In definitiva, si può affermare che attraverso le forme è possibile riconoscere la storia degli oggetti, quanto resta delle società del passato. L’analisi dei segni è il presupposto al desiderio di non perdere le tracce e le testimonianze di un paesaggio sopravvissuto. È un tipo di analisi propedeutica ad ogni politica di salvaguardia o di pianificazione-gestione, in quanto un paesaggio non si trasforma mai nella sua totalità, ma attraverso la modifica dei suoi elementi (Sereno, 1981). Ogni oggetto del paesaggio, una volta riconosciuto, assume il valore di segno. Il segno non va solo riconosciuto in quanto tale, ma va interpretato. «Il segno sta per qualcosa che è il suo oggetto» (Eco, 1974): un campo rappresenta attraverso la forma e il colore la sua funzione di campo; ma alla funzione va aggiunto il metodo di coltivazione, l’aratura ed ogni aspetto conoscitivo utile, nonché il modo in cui si relaziona e inserisce nel contesto (Turri, 1994).

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L’interpretazione dei segni del paesaggio non va limitata quindi al solo riconoscimento dei singoli elementi (attraverso una prassi di scomposizione), ma relazionata al contesto cui appartengono i segni stessi (rapporto col tutto), ovvero ai modi cui assumono funzionalità e significato. La lettura dei segni del paesaggio non deve avere lo scopo di una ri-costruzione (ripristino) di un dato paesaggio, ma di comprendere il significato dei segni stessi, in modo da inserirli negli interventi di pianificazione come oggetti vivi, adattati al contesto e alle necessità attuali. In tal modo è possibile coniugare le due esigenze fondamentali per l’organizzazione del territorio: la necessità di ri-assetto e la conservazione di determinati paesaggi. Il significato denotativo e connotativo di un oggetto sono alla base dell’interpretazione del concetto di paesaggio espressa nella Convenzione Europea. L’assunto che il paesaggio è una determinata parte di territorio dove operano l’uomo e la natura, fa sì che gli oggetti (elementi del paesaggio) possano essere considerati nella loro materialità, un insieme di segni (fisici, ecologici, economici, sociali) da interpretare. L’immagine del paesaggio è l’inizio di un percorso conoscitivo che mira a spiegare la funzione degli oggetti presenti in un luogo. Ma la Convenzione sottolinea altresì che quella porzione di territorio deve essere presa in considerazione nei termini in cui è percepita dalle popolazioni. Questo implica un’interpretazione degli oggetti che va aldilà della loro funzione e dalla loro caratterizzazione materica, ma che contempli invece l’analisi simbolica e dei valori attribuiti ai luoghi. È possibile allora affermare che anche l’interpretazione del paesaggio è soggetta a quella dualità esistente tra il locale e il globale. Se da una parte, perseguendo l’obiettivo di valorizzare le identità locali, è necessario far riferimento a contesti specifici (unicità) e pertanto coinvolgere le collettività nel processo di riconoscimento (anche simbolico) del paesaggio, dall’altra, è ormai espresso chiaramente (nella stessa CEP) il desiderio di trovare un linguaggio comune che porti al riconoscimento del paesaggio, alla sua interpretazione rispetto alla quale individuare criteri generali (universalità) e modalità di intervento. L’attuale dibattito in tema, in Europa, evidenzia questa duplice esigenza e soprattutto sottolinea l’espressa volontà di uscire da forme di valutazione affette da soggettività. La Carta di Cracovia (2000), uno dei documenti che hanno segnato l’evoluzione del concetto di paesaggio, sostiene ad esempio che non esistono chiavi di lettura codificate che permettono di definire (caratterizzare) un paesaggio in modo assoluto ed univoco, perché in esso confluiscono molteplici fattori connessi alle specifiche realtà geografiche e mutevoli nel tempo. È possibile tuttavia definire il modo in cui il paesaggio può essere individuato: la regola universale. 3. Un’ipotesi per la lettura e l’interpretazione del paesaggio culturale Nelle recenti politiche dell’Unione Europea largo spazio è dato al paesaggio culturale, ovvero alla sua tutela e valorizzazione. Invero, nei documenti europei, non esiste una definizione precisa di paesaggio culturale, anche se la si può desumere facilmente dalla lettura dei documenti stessi. Nella maggior parte dei casi, il paesaggio culturale è contrapposto a quello naturale e, pertanto, si può desumere che rappresenti il paesaggio formato dai segni espressi dall’uomo: è espressione materiale della cultura di una collettività che lo abita e lo ha abitato.

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È un concetto riconducibile a quello antropologico di «cultura materiale di una civiltà» (Cantoni 1963) o a quello storico di «documento – monumento» (Le Goff 1978) o, ancora, a quello di «memoria artificiale» (Leroi- Gourhan 1964, 65). È anche vero, però, che oggi la differenziazione natura–cultura non è praticabile, se non altro perché l’intervento umano è rintracciabile ovunque. In quest’ottica, anche gli elementi naturali entrano a far parte delle sfera culturale e il paesaggio riveste un ruolo culturale non tanto per i segni che l’uomo ha lasciato su di esso, ma per il significato che ad esso viene dato. Quando, come in questi ultimi tempi, la natura è così carica di significato e di valore, diviene a tutti gli effetti un fenomeno culturale. Naturalmente, il termine culturale non è inteso come cultura materiale (testimonianza antropica), ma come cultura in senso semiotico, secondo cui «tutto il paesaggio, indipendentemente dal fatto che sia stato o che sia abitato è segno, è fenomeno di significazione e dunque cultura» (Socco, 1998). In questo senso, qualunque paesaggio antropo-geografico ha un significato culturale, in quanto rappresenta l’eredità di situazioni, di funzioni e di fenomeni che si sono verificati e succeduti nel tempo, testimonianze che possono essere interpretate come espressione della cultura che le ha generate. Il paesaggio, come afferma Salzano (1999), può essere inteso come «il prodotto storico della cultura e del lavoro dell’uomo sulla natura. Nel paesaggio, natura e storia si integrano variamente nelle varie parti del pianeta. Esse formano tipi diversi di paesaggio (naturale, agrario, urbano), ciascuno dei quali è caratterizzato da genesi, caratteri, significati, utilità, problemi diversi. È proprio la loro genesi, caratterizzata dalla sintesi tra evento e sito, che definisce quindi l’identità dei luoghi». È ragionando in questi termini che il paesaggio (o i paesaggi) può essere ritenuto paesaggio culturale in senso lato. D’altro canto, gli stessi documenti internazionali che mirano a proteggere e salvaguardare il patrimonio culturale, oltre ad evidenziare il nuovo significato dato a quest’ultimo e la natura attiva della tutela dei beni, incoraggiano la simbiosi tra paesaggio e patrimonio culturale. Tant’è che in alcuni documenti internazionali i due termini si confondono e si utilizzano quasi come sinonimi3. Le diverse metodologie di lettura devono aiutare nell’interpretazione culturale del patrimonio di uno specifico contesto. Considerando il paesaggio culturale in questa accezione, lo studio e l’interpretazione del paesaggio divengono più estensivi, più ricchi di significati, in quanto non andiamo a considerare come significanti solo quei segni lasciati dall’uomo sul territorio.

3 La Carta di Cracovia, ad esempio, all’art. 9 recita: «il paesaggio inteso come patrimonio culturale risulta dalla prolungata interazione nelle diverse società tra l’uomo, la natura e l’ambiente fisico. Esso testimonia del rapporto evolutivo della società e degli individui con il loro ambiente, (…) fa riferimento alle caratteristiche umane e naturali, integrando valori mentali ed intangibili». Nella stessa direzione si muove la recente Carta di Ename per l’interpretazione del patrimonio culturale (ICOMOS, 2007). Questa recita tra i suoi principi fondamentali che «l’interpretazione del patrimonio culturale deve far riferimento al contesto sociale, culturale, storico e naturale» pertanto «il paesaggio, l’ambiente naturale e la collocazione geografica sono tutte le parti integranti del significato storico e culturale di un sito e, come tali, devono essere prese in considerazione nella sua interpretazione» al pari «gli elementi intangibili di un sito (…) devono essere segnalati e inclusi nella sua interpretazione». Nella Carta l’interpretazione è intesa come spiegazione (o discussione pubblica pianificata) di un sito culturale, comprendente tutti i suoi possibili significati e i suoi valori. Lo scopo principale dell’interpretazione è quello di comunicare i valori e la diversità di significati dei siti culturali.

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Partendo da questi presupposti, la costruzione di un glossario di termini può essere inteso come un primo passo verso l’interpretazione del paesaggio, ovvero un primo tentativo di formalizzazione di una conoscenza condivisa. Uno studio formale sui significanti e sui significati inerenti il paesaggio culturale non può prescindere dall’analisi dei documenti e degli strumenti giuridici internazionali che hanno una certa incidenza sul paesaggio stesso, sia direttamente che indirettamente. Se è vero infatti che la Convenzione Europea del Paesaggio esprime la volontà di restringere la tematica sul paesaggio all’interno di un unico documento e vuole «stabilire legami formali tra i meccanismi della convenzione stessa e tutti gli altri strumenti o iniziative» (CEP, Relazione esplicativa, art. 33), è anche vero che la trattazione del paesaggio, o meglio delle diverse tipologie di paesaggio, hanno riferimenti puntuali in diversi documenti internazionali4. Va sottolineato che la quasi totalità delle Carte e Convenzioni sul tema inseriscono uno spazio destinato alle definizioni. Nella maggior parte dei casi i significati asseriti sono di tipo connotativo, in quanto espressione di ideologie e tematiche inerenti perlopiù pratiche di buon governo. Pianificazione del paesaggio, politiche e misure culturali, conservazione e protezione, restauro, salvaguardia sono tra i concetti espressi in questi documenti e i loro significati sono indirizzati al perseguimento di obiettivi di qualità paesistica. Ancora, vengono definiti e precisati i significati di concetti che possono essere considerati come capisaldi del percorso culturale seguito, nel corso del tempo, dalla teoria della pianificazione del territorio, dell’ambiente e del paesaggio. Si illustrano e specificano il significato di espressione culturale, diversità culturale, interculturalità, autenticità, identità, come pure quelli più strettamente connessi alla sfera naturale, quali la diversità biologica, ecosistema e habitat. Oltre al contributo epistemologico, ovvero all’esplicitazione dei significati connessi alla sfera teorica della pianificazione paesistica, i documenti internazionali offrono un quadro ontologico (basato sulla definizione dei significanti) abbastanza soddisfacente. Per formalizzare gli elementi del paesaggio culturale, metodologicamente si è proceduto attraverso una sistematizzazione di tipo gerarchico. Dalla lettura dei documenti è emerso una prima individuazione di significanti adattabile ad ogni contesto culturale. Sono stati quindi formalizzati i significati relativi ad oggetti quali: monumento culturale; sito culturale; industria culturale; attività, beni e servizi culturali; e così via. Successivamente, il paesaggio culturale è stato esaminato nelle sue tipologie fondamentali: il patrimonio culturale antropico, il paesaggio naturale ed infine quello rurale. L’idea forza è che le forme del paesaggio culturale derivano sicuramente dalla struttura fisica del territorio, ma anche

4 Tra i tanti, hanno un ruolo decivo: La Convenzione dell’Unesco sulla tutela del patrimonio mondiale, culturale e naturale (Parigi, 1972), la Conservazione del Consiglio d’Europa per la salvaguardia del patrimonio architettonico d’Europa (Granada, 1985), la Carta internazionale per la salvaguardia delle città storiche (Washington, 1987), la Convenzione del Consiglio d’Europa per la tutela del patrimonio archeologico (rivista) (La Valletta, 1992), la Carta di Cracovia (2000) sui Principi per la conservazione ed il restauro del patrimonio costruito, la Convenzione per la salvaguardia del patrimonio culturale immateriale (Parigi, 2003), la Convenzione sulla protezione e la promozione della diversità delle espressioni culturali (Parigi 20 ottobre 2005), Carta ICOMOS per l’interpretazione del patrimonio culturale (Ename, 2007). E, ancora, per quel che concerne il patrimonio naturale: la Convenzione sulla diversità biologica (Rio de Janeiro, 1992) e la Strategia paneuropea della diversità biologica e paesaggistica (Sofia, 1995).

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da una serie di regole che hanno visto l’impiego dell’energia sociale per trasformare le strutture territoriali susseguitesi nel tempo. Vanno considerate, pertanto, anche le attività legate al settore produttivo, nonché quegli elementi ascrivibili al territorio antropizzato (nuclei storici, modelli architettonici, manufatti edilizi, …). Tuttavia, il patrimonio costruito storico deve essere esaminato partendo dalla sua identificazione a scala territoriale, poiché è inscindibile dal sistema paesistico di contesto. È impensabile studiare gli insediamenti o i manufatti come sistemi chiusi da conservare e/o tutelare escludendo la realtà dell’ambito: aspetti geo-morfologici, dinamiche sociali, situazioni economiche e politiche, criticità e vulnerabilità sono parte di un’unica analisi. Fattori fisici e antropici concorrono tutti nella definizione del paesaggio culturale, ovvero nella percezione che si ha di esso. In definitiva, la lettura del paesaggio culturale fa riferimento a tre aspetti strettamente connessi: - il punto di vista storico e lo sviluppo del paesaggio nel tempo; - l’aspetto legato alla forma del paesaggio; - l’aspetto funzionale ed antropico (uso del suolo, insediamenti, infrastrutture, …). Nello specifico, per quel che concerne il patrimonio culturale antropico sono stati considerati gli elementi che fanno riferimento al patrimonio architettonico ed edilizio e a quello immateriale, nonché ai centri storici che, in un certo senso, li include entrambi. I significati attribuiti agli oggetti sono, questa volta, di tipo denotativo, ovvero mirano ad esplicitare la funzione dell’oggetto stesso. Per quanto riguarda il paesaggio naturale, oltre agli aspetti geo-morfologici, sono state esplicitate le risorse biologiche, ovvero i monumenti, le aree e i siti naturali. Infine, i paesaggi culturali di tipo rurale, possono essere considerati come espressione della connessione tra attività umane e ambiente, dove la capacità e la perizia dell’uomo si esplica in una continua ricerca di equilibrio. Essi esprimono l’evoluzione funzionale, verificatasi nel corso del tempo, legata alla tecnica del lavoro, al modo di abitare, alle dinamiche naturali e alle condizioni sociali. Sono paesaggi frutto di un lungo lavoro di aggiustamenti, fino al raggiungimento dell’essenzialità e della stabilità ecologica data dal compromesso uomo-natura. In quanto tali, i paesaggi culturali di tipo rurale richiamano l’analisi degli elementi ascrivibili sia ai paesaggi culturali di tipo naturale che al patrimonio antropico. Per tali motivi, per formalizzare i significanti del paesaggio rurale, si è fatto riferimento a fattori di tipo ecologico (boschi, idrografia, aree seminaturali, …), quindi riconducibili alla forma, e ad aspetti più strettamente funzionali ed antropici (uso del suolo, superfici coltivate, insediamenti, infrastrutture, …). 4. Un modello per la formalizzazione della conoscenza Nelle precedenti sezioni è stata messa in evidenza la necessità di avere un’adeguata formalizzazione della conoscenza per rappresentare in maniera uniforme e condivisa (quindi universale) i concetti legati al paesaggio culturale. Allo scopo, è stato adottato un approccio basato su ontologie. Una volta definito il modello logico per rappresentare la conoscenza è stato implementato in un sistema per gestire le ontologie.

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Metodologicamente, come base informativa, è stato utilizzato WordNet (Miller, 1995), un dizionario elettronico nel quale tutte le informazioni sono organizzate usando proprietà linguistiche. WordNet è un database lessicale basato sulle teorie psicolinguistiche della memoria lessicale umana. Realizzato manualmente da una équipe di psicologi e linguisti guidata dal prof. George A. Miller presso il laboratorio di Scienze Cognitive all’Università di Princeton, WordNet è disponibile gratuitamente al sito della stessa università, inoltre la licenza d’ uso ne permette l’utilizzo gratuito anche a fini commerciali ed al di fuori della ricerca, purché siano citati gli autori ed il sito ufficiale del progetto. Poiché numerosi esperimenti svolti in psicolinguistica hanno dimostrato che molte proprietà del lessico mentale possono essere sfruttate nell’ambito della lessicografia, il gruppo di Princeton ha deciso di combinare le due discipline per costruire un lessico che fosse anche un modello della memoria umana. I dizionari tradizionali sono organizzati mediante un ordinamento alfabetico per rendere più semplice e rapida l’individuazione da parte del lettore del termine cercato. Mediante questo approccio però, vengono accostati termini che rappresentano concetti totalmente diversi, inoltre per ognuno di essi vengono raccolti tutti i significati insieme, sebbene non abbiano niente in comune. Infine un dizionario tradizionale è ridondante per quanto riguarda i sinonimi, poiché lo stesso concetto viene ripetuto più volte. WordNet non è organizzato alfabeticamente ma su base concettuale: in esso nomi, verbi, aggettivi ed avverbi sono organizzati in quattro categorie sintattiche, ognuna delle quali è suddivisa in insiemi di sinonimi (synset), che a loro volta rappresentano un concetto lessicale condiviso da tutti i termini ad esso associati. Un termine ovviamente può possedere più di un significato ed essere quindi presente in molti di questi insiemi ed anche in più di una categoria sintattica. Altro importante fattore che contraddistingue WordNet da un semplice dizionario di vocaboli è che questi insiemi di sinonimi sono collegati tra loro e strutturati in una rete tramite una serie di relazioni che riflettono i principi in base a cui tali concetti sono organizzati nella mente, e che permettono di creare all’interno della categoria sintattica gerarchie di significato. Dal punto di vista della ricerca psicolessicologica, WordNet rappresenta un unicum in quanto ha esteso all’intero lessico i risultati di ricerche che solitamente sono svolte su un numero ristretto di parole. È interessante osservare che WordNet si basa su un insieme ristretto di semplici ipotesi psicolinguistiche, tuttavia il fatto che tali ipotesi siano state testate sull’intero lessico della lingua inglese le rende più robuste e plausibili. Il fatto che in WordNet un concetto sia rappresentato da synset rende necessario mantenere separati nomi, verbi, aggettivi a avverbi in quanto parole di categorie sintattiche diverse non possono essere sinonimi. Ciò è coerente con le prove psicolinguistiche che dimostrano che ci sono differenze fondamentali nell'organizzazione semantica di queste categorie. Nomi, verbi, aggettivi e avverbi devono dunque essere trattati separatamente in quanto esprimono concetti diversi, sono organizzati indipendentemente e strutturati in modo diverso nella memoria lessicale: i nomi sono organizzati come gerarchie ad ereditarietà, gli aggettivi sono organizzati in base all'opposizione semantica e i verbi sono organizzati da una varietà di

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relazioni di implicazione. Queste strutture diverse riflettono modi diversi di categorizzare l'esperienza e il tentativo di imporre un singolo principio organizzativo su tutte le categorie significherebbe rappresentare erroneamente la complessità psicologica della conoscenza lessicale. Inoltre in WordNet sono tenuti distinti due tipi di relazioni: semantiche e lessicali, che si differenziano a seconda del tipo di operatore cui sono applicate. Quindi, le relazioni semantiche valgono tra i concetti ed hanno perciò come operandi i synset, mentre le relazioni lessicali valgono tra le parole contenute nei synset stessi, ossia hanno come operandi i lemmi. Il modello proposto è composto da una tripla <S, P, C> dove:

- S è un insieme di oggetti; - P è un insieme di proprietà usate per legare tra loro gli oggetti in S; - C è un insieme di vincoli su P.

In questo contesto, consideriamo le parole come oggetti, le proprietà sono le relazioni linguistiche e i vincoli rappresentano regole di validità applicate alle proprietà linguistiche in funzione delle categorie dei termini a cui possono essere riferite. Nel nostro approccio l’ontologia è implementata usando una rete semantica, ovvero attraverso un grafo dove i nodi rappresentano i concetti e gli archi sono relazioni tra gli oggetti. Un concetto è un insieme di parole che rappresentano un’astrazione. Negli ultimi anni, molti linguaggi sono stati proposti per rappresentare le ontologie ed uno dei più usati è senza dubbio OWL. Vista la potenza espressiva di questo linguaggio, lo abbiamo utilizzato per implementare il nostro modello e descrivere le ontologie derivate: pertanto, sia lo schema dell’ontologia che la corrispondente rete semantica sono descritti in OWL. Ogni nodo (concetti o parole) è stato definito come individual. Gli archi di connessione della rete semantica sono rappresentati come ObjectProperties. Queste proprietà hanno vincoli che dipendono dalla natura stessa della proprietà (semantica o lessicale) o dalla categoria sintattica a cui appartengono i termini5. Gli attributi dei concetti e delle parole sono stati definiti come DatatypeProperties, che relazionano gli individuals ad un tipo pre-definito. Ogni parola è legata al concetto rappresentato tramite l’ObjectProperty: hasConcept; mentre un concetto è legato ad una parola usando l’ObjectProperty: hasWord. Queste sono le uniche proprietà capaci di legare parole con concetti e viceversa; tutte le altre possono legare infatti solo parole/concetti a parole/concetti. Concetti, parole e proprietà sono organizzate secondo classi gerarchiche.

5 Ad esempio la proprietà di iponimia può relazionare solo nomi con nomi o verbi con verbi, invece una proprietà semantica collega concetti a concetti e una sintattica relaziona parole a parole.

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Figura 1. Classi gerarchiche di concetti, parole e proprietà

Concetti e Parole La classe Word rappresenta il modello logico dei significanti usati per rappresentare un concetto. La classe Concept rappresenta, invece, il significato legato al significante. Sono stati individuati anche alcuni attributi. In particolare: Concept ha Name che rappresenta il nome del concetto; Description che da una breve descrizione del concetto; X,Y,Z che sono coordinate in uno spazio 3D. Word ha come attributi Name che contiene il nome della parola. Per tutti gli elementi, abbiamo definito un ID per identificare univocamente gli oggetti: è il numero di offset usato da WordNet o un numero definito dall’utente. Proprietà Le proprietà semantiche e lessicali, organizzate gerarchicamente, fanno riferimento a rispettivi domini e campi di definizione.

Tabella 1. Le proprietà semantiche e lessicali

Proprietà Dominio Range hasWord Concept Word hasConcept Word Concept hypernym NounsAndVerbsConcept NounsAndVerbsConcept hyponym NounsAndVerbsConcept NounsAndVerbsConcept holonym NounConcept NounConcept meronym NounConcept NounConcept entailment VerbWord VerbWord cause VerbWord VerbWord attribute NounsAndAdjectivesConcept NounsAndAdjectivesConcept

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verb_group VerbWord VerbWord similar AdjectiveConcept AdjectiveConcept entailed_by VerbWord VerbWord category_domain Concept Concept region_domain Concept Concept usage_domain Concept Concept member_of_category_domain Concept Concept member_of_region_domain Concept Concept member_of_usage_domain Concept Concept antonym Word Word synonym Word Word pertainym AdjectiveWord NounsAndAdjectivesWord also_see VerbsAndAdjectivesWord VerbsAndAdjectivesWord participle_of_verb AdjectiveWord VerbWord derived_from_adjective AdverbWord AdjectiveWord nominalization NounsAndVerbsWord NounsAndVerbsWord

Restrizioni L’uso di domini e codomini riduce il campo di applicazione delle proprietà e quindi il modello definito può assumere, in alcuni casi, un comportamento non perfetto. Per esempio, se la proprietà di iponimia è definita su un insieme di nomi e verbi, non è possibile sapere che la sua applicazione all’insieme dei nomi ha come range l’insieme dei nomi e se applicata all’insieme dei verbi, ha come range l’insieme dei verbi. In Tabella 2 sono riportate le restrizioni e sono specificate le classi a cui sono state applicate in funzione delle proprietà considerate. Queste caratteristiche sono state rappresentate in OWL, tramite le PropertyFeatures. La Tabella 3 mostra alcune di queste proprietà e le loro caratteristiche.

Tabella 2. Restrizioni

Restrizione Classe di Applicazione Proprietà Range di restrizione AllValuesFrom NounConcept hyponym NounConcept AllValuesFrom VerbConcept hyponym VerbConcept AllValuesFrom NounConcept hypernym NounConcept AllValuesFrom VerbConcept hypernym VerbConcept AllValuesFrom NounConcept attribute AdjectiveConcept AllValuesFrom AdjectiveConcept attribute NounConcept AllValuesFrom NounWord nominalization VerbWord AllValuesFrom VerbWord nominalization NounWord AllValuesFrom NounWord synonym NounWord AllValuesFrom VerbWord synonym VerbWord AllValuesFrom AdjectiveWord synonym AdjectiveWord AllValuesFrom AdverbWord synonym AdverbWord AllValuesFrom NounWord antonym NounWord AllValuesFrom VerbWord antonym VerbWord AllValuesFrom AdjectiveWord antonym AdjectiveWord AllValuesFrom AdverbWord antonym AdverbWord AllValuesFrom VerbWord also_see VerbWord AllValuesFrom AdjectiveWord also_see AdjectiveWord AllValuesFrom NounWord

(NounConcept) hasConcept (hasWord)

NounConcept (NounWord)

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AllValuesFrom VerbWord (VerbConcept)

hasConcept (hasWord)

VerbConcept (VerbWord)

AllValuesFrom AdjectiveWord (AdjectiveConcept)

hasConcept (hasWord)

AdjectiveConcept (AdjectiveWord)

AllValuesFrom AdverbWord (AdverbConcept)

hasConcept (hasWord)

AdverbConcept (AdverbWord)

Tabella 3. Caratteristiche delle proprietà

Proprietà Caratteristiche hasWord Inversa di hasConcept hasConcept Inversa di hasWord hyponym Inversa di hypernym; transitivitàhypernym Inversa di hyponym; transitività cause transitività verbGroup Simmetrica e transitiva

5. Il sistema per la gestione delle ontologie Una volta definito il modello, è stato implementato in un sistema software capace di creare, gestire e manipolare ontologie. Questo software è collegato a WordNet che, usando il modello presentato, è completamente rappresentabile in OWL. Il sistema è formato da vari moduli che ne implementano le funzionalità.

Figura 2. L’architettura del sistema proposto

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La system interface mostra all’utente il catalogo delle ontologie immagazzinato nell’Ontology Repository (ad es. un database relazionale) e le cerca tramite un apposito modulo software chiamato OntoSearcher. Quest’ultimo, per soddisfare gli interessi di un utente, effettua una ricerca sintattica tra le ontologie oppure permette una navigazione in una struttura organizzata a directory e indicizzata per argomenti. Quando Ontosearcher trova un’ontologia adeguata, il modulo OntoViewer costruisce un grafo (una rete semantica) che rappresenta l’ontologia individuata. Se nell’Ontology Repository non esiste un’ontologia utile all’utente, il sistema può estrarne dinamicamente una da WordNet con il modulo OntoExtractor. La rete viene costruita partendo da una parola di dominio che rappresenta il contesto di interesse per l’utente. Poiché ogni parola può avere differenti significati (proprietà di polisemia), l’utente può scegliere il giusto senso tramite l’interfaccia dell’applicazione sviluppata. Successivamente vengono estratti tutti i synset di WordNet partendo dalla parola di dominio e utilizzando solo la proprietà di iponimia. In questo modo, viene costruita una gerarchia che si ferma all’ultimo livello di iponimia di WordNet. Dopo questo passo, la gerarchia viene estesa considerando tutte le proprietà linguistiche associate ai singoli synset appartenenti alla gerarchia. Basandoci su queste relazioni otteniamo una rete semantica altamente connessa. E’ logico pensare che, anche se una base di conoscenza è vasta e dettagliata, non sarà mai possibile avere un elevato dettaglio di specializzazione per ogni dominio di conoscenza. Il nostro frame work cerca di dare una soluzione a questo problema: l’utente può interagire con il nostro sistema per creare una prima ontologia, estenderla o crearne una completamente nuova. Queste funzionalità sono messe a disposizione dal modulo OntoEditor che permette all’utente di modificare graficamente la struttura dell’ontologia. 6. Il caso studio Il modello definito ed il sistema per la gestione delle ontologie sviluppato, sono stati applicati al contesto del paesaggio culturale. In particolare, durante la fase di costruzione pre-consensuale dell’ontologia è stato strutturato un glossario di termini utilizzando fonti ben conosciute in letteratura e sulla scorta dei presupposti scientifici e culturali delineati precedentemente. A partire dal glossario definito, è stata creata ex novo un’ontologia specifica nel dominio del paesaggio culturale. La Figura 3 mostra una parte del grafo concettuale composto. Gli elementi caratterizzanti sono stati individuate applicando un processo di aggregazione/disgregazione delle varie componenti del paesaggio culturale prendendo in considerazione fattori naturali, costruttivi e percettivi.

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Successivamente un’ontologia di dominio legata al paesaggio è stata estratta da WordNet seguendo i passi descritti alla fine della sessione precedente partendo dalla keyword region6 (sense3).

Figura 3. Una parte del grafo concettuale dell’ontologia sul paesaggio culturale

A questa è stata legata la definizione di paesaggio7 data dalla Convenzione Europea. In definitiva, il synset region è stato usato come ponte per la fusione delle due ontologie. A questo punto, attraverso il nostro tool, è stato possibile espandere l’ontologia, inserendo ulteriori informazioni sul paesaggio culturale.

6 A large indefinite location on the surface of the Earth (WordNet) 7 An area, as perceived by people, whose character is the result of the action and interaction of natural and/or human factors (European landscape Convention, 2000)

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Figura 4. L’interfaccia del tool e l’esempio del paesaggio rurale

Successivamente, utilizzando la nostra applicazione, il grafo dell’ontologia è stato esportato in OWL.

Figura 5. Un esempio della rappresentazione in OWL dell’ontologia sul paesaggio

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7. Conclusioni e lavori futuri In questo articolo abbiamo proposto un modello semplice e generale prendendo in considerazione un approccio linguistico. D’altra parte l’uso di modelli per la rappresentazione della conoscenza ha rappresentato un punto di partenza necessario per la formalizzazione delle informazioni legate al campo della pianificazione territoriale. Da un punto di vista generale è stato messo in evidenza un processo evolutivo della conoscenza durante il tempo che implica un continuo aggiornamento. Abbiamo notato questo problema in WordNet; infatti in questa base di conoscenza il concetto di paesaggio è legato solo alla dimensione visuale. Inoltre in tutti gli ambiti della conoscenza l’innovazione guidata dalla ricerca porta alla definizione di nuovi concetti. Ad esempio il concetto di paesaggio rurale non esiste in WordNet: questa mancanza impone un processo di espansione ontologica. Attualmente stiamo implementando ulteriori specializzazioni della nostra ontologia prendendo in considerazione gli aspetti percettivi delle comunità locali. Inoltre stiamo pensando alla definizione di algoritmi per integrazione automatica di ontologie e alla realizzazione di un sistema distribuito per la condivisione della conoscenza basato sul modello proposto.

Bibliografia

Calcagno Maniglio A., Metodologia per la redazione di un atlante dei paesaggi italiani, In Per un atlante dei paesaggi italiani, Alinea Editrice, Firenze, 2003 Cantoni R., Il pensiero dei primitivi, Il Saggiatore, Milano, 1963 Cataldo A., Rinaldi A. M., Using an Ontology-based Model for Knowledge Representation in Rural Landscape, 2nd International Workshop on Ontologies for urban development: conceptual models for practitioners, Turin, Italy, 2007 Cataldo A., La valorizzazione del paesaggio rurale tradizionale: elementi per la valutazione. In Atti di: International Conference CITTAM (Centro Interdipartimentale di Ricerca per lo sviluppo delle Tecniche Tradizionali dell’Area Mediterranea) 2007 “Costruire in “pietra” fra innovazione e tradizione”, Arte Tipografica Editrice, Napoli, 2007 Dean M., Schreiber G., OWL Web Ontology Language Reference. Technical Report http://www.w3.org/TR/2004/REC-owl-ref-20040210/, W3C (2004), 2004 Eco U., La struttura assente. La ricerca semiotica e il metodo strumentale, Bompiani, Milano, 1968 Eco U., Segno, Isedi, Milano, 1974 EU, European Landscape Convention, Firenze, Italy, 2000 Ghersi A. (a cura di), Politiche europee per il paesaggio: proposte operative, Gangemi Ed., Roma, 2007 Gruber, T.R., A translation approach to portable ontology specifications. Knowl. Acquis. 5(2), 1993 Le Goff J., Documento/Monumento, in Enciclopedia, vol.5, Einuadi, Torino, 1978 Leroi-Gourhan, Le geste et la parole, 2 voll., Michel, Paris, 1964-65 Miller G. A., Wordnet: a lexical database for english, Commun. ACM 38 (11) (1995) 39–41, 1995 Salzano E., Il paesaggio è il prodotto storico della cultura e del lavoro dell’uomo sulla natura, Gazzetta Ambiente, Venezia, http://eddyburg.it , 1999

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Scazzosi L., Reading the Landscape, Gangemi, Roma, 2002 Socco C., La polisemia del paesaggio, Seminario internazionale Il senso del paesaggio, Torino, 1998 Turri E., La lettura del paesaggio, in Zerbi M.C. Il paesaggio tra ricerca e progetto, Ghiappichelli, Torino, 1994

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XII CONVEGNO NAZIONALE INTERDISCIPLINARE

UNICITA', UNIFORMITA' E UNIVERSALITA' NELLA

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Antonia Cataldo

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Profilo Professionale

Antonia Cataldo è architetto, Dottore di Ricerca in “Ingegneria delle Reti Civili e dei Sistemi Territoriali” presso l’Università degli Studi di Napoli Federico II ed ha conseguito il titolo di Master Universitario di II livello in “Nuovi Strumenti di Governo e Gestione del Territorio” presso l’Università degli Studi della Basilicata. Dal 2001 svolge la sua attività di ricerca presso il DiPiST (Dipartimento di Pianificazione e Scienza del Territorio) dell’Università degli Studi di Napoli Federico II ponendo particolare attenzione allo studio dei fenomeni di trasformazione territoriale e all’analisi di strumenti e procedure per governarli. Dal 2005 è cultore della Materia in Pianificazione Territoriale ed è stata Docente a contratto per i corsi di “Elementi di Pianificazione Territoriale” e “Strumenti di Governo del Territorio”, presso la Facoltà di Ingegneria dell’Università degli Studi di Napoli Federico II. Tra il 2006 e il 2007 è stata titolare di una Borsa di Ricerca presso il Centro Regionale di Competenza “Trasporti” (TEST) nell’ambito del Progetto “Esperti di tecnologie e management dell’innovazione nei settori caratterizzanti il Centro Regionale di Competenza Trasporti”, occupandosi in particolar modo di “Tecniche di monitoraggio dei sistemi trasporto/territorio. Gestione Banche dati e GIS”. E’ stata consulente della Regione Campania su attività connesse all’intervento “Estensione dei servizi informativi integrati per la gestione del territorio”; docente per la formazione degli operatori SITA (Sistema Informativo Tutela Ambiente) per il Comando Generale dei Carabinieri. Dal 2003 ad oggi è Relatrice in alcune conferenze su tematiche inerenti la pianificazione territoriale e Autrice di più di 20 pubblicazioni nazionali e internazionali. Ha fatto parte di vari progetti di ricerca nazionali ed internazionali come programmi PRIN (annualità 2002 e 2006) finanziati dal MIUR e il progetto COST21 - TOWNTOLOGY finanziato nell’ambito del VI programma quadro della Comunità Europea. La sua ricerca in tema di paesaggio risale al 2002 e prosegue tutt’oggi, incentrandosi, in particolare, su tecniche, modelli e metodi utili all’individuazione, caratterizzazione e valutazione delle diverse forme di paesaggio, al fine di tutelarne, valorizzarne e promuoverne la qualità.

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Antonio M. Rinaldi

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Profilo Professionale

Antonio M. Rinaldi ha conseguito la laurea in Ingegneria Informatica presso l’Università di Napoli Federico II con una tesi sull’utilizzo di tecnologie e metodi innovativi per il monitoraggio dell’inquinamento elettromagnetico in aree altamente antropizzate mediante sistemi GIS. E’ Dottore di Ricerca in Ingegneria Informatica ed Automatica, titolo conseguito nella stessa Università con una tesi sull’utilizzo di ontologie per l’analisi documentale sul Web prestando attività di ricerca presso il Dipartimento di Ingegneria Informatica e Sistemistica su tematiche riguardanti la rappresentazione della conoscenza, metriche di similitudine semantica, information retrieval e GIS. Nel corso degli anni ha prestato attività didattica in corsi universitari di Informatica, Basi di Dati e Sistemi Informativi; è cultore della materia di Sistemi Informativi presso la facoltà di Ingegneria dell’Università di Napoli Federico II. Ha fatto parte di vari progetti di ricerca nazionali ed internazionali come il progetto FIRB WEB MINDS finanziato dal Ministero dell’Università e della Ricerca Scientifica e tecnologica e il progetto COST21 - TOWNTOLOGY finanziato nell’ambito del VI programma quadro della Comunità Europea. E’ membro di comitati di redazione, programma e revisione di conferenze e riviste internazionali. Ha inoltre organizzato e svolto attività di docenza e tutoraggio per master legati ai Sistemi Informativi Territoriali, è stato vincitore di una borsa di studio per sistemi GIS del Centro di Competenza regionale AMRA, ha svolto docenze in progetti di formazione finanziati dalla Regione Campania su tematiche legate all’ICT. E’ autore di articoli pubblicati su conferenze, riviste e libri nazionali ed internazionali. Le sue attività di ricerca lo hanno portato a collaborare in rilevanti progetti di consulenza svolti per la Pubblica Amministrazione: è stato membro della commissione Nazionale AIA/IPPC del Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, ha collaborato al progetto Pr5SIT “Estensione dei servizi informativi integrati per la gestione del territorio” della Regione Campania sulla fornitura del DB Topografico Regionale e del GeoPortale Regionale, ha partecipato a progetti di monitoraggio ambientale sull’inquinamento elettromagnetico per l’ARPA Campania, è stato coordinatore didattico per le attività di formazione del SITA – Sistema Informativo Tutela Ambiente per il Comando Generale dei Carabinieri.