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Biagio Salvemini e Maria Antonietta Visceglia MARSIGLIA E IL MEZZOGIORNO D'ITALIA (1710-1846) FLUSSI COMMERCIALI E COMPLEMENTARIETA’ ECONOMICHE in “Mélanges de l’Ecole Française de Rome – Italie et Méditerranée”, 1991, n. 1, pp. 103-163 PRIMA PARTE 1 - PREMESSA I paradigmi storiografici centrati sulla individuazione delle grandi partizioni spaziali prodotte dalle vicende della civiltà occidentale e sullo studio dei nessi fra ciascuna di esse - dalle analisi che si rifanno alle tematiche classiche dell'imperialismo, a quelle terzomondiste condotte in termini di sottosviluppo/dipendenza, fino ai lavori di Wallerstein - hanno segnato in questo dopoguerra varie stagioni storiografiche, attirando consensi vasti ma anche diffidenze tenaci. In particolare in questi ultimi anni, in un ambito problematico in cui stentano a formarsi solide ortodossie interpretative, vanno facendosi largo vivaci tendenze «revisionistiche», orientate ad una valutazione ottimistica del ruolo dei flussi commerciali a lunga distanza sulle crescita complessiva anche dei partners deboli. Ma in generale, più che al fiorire dei revisionismi, il mutare del clima storiografico sembra accompagnarsi all’affievolirsi dell’interesse per tematiche di questo tipo. Continua ad agire la vecchia e risorgente obiezione della marginalità quantitativa e strutturale, soprattutto nelle società preindustriali, del momento della circolazione rispetto a quello della produzione; in alcuni casi, d'altronde, si teorizza in forma più o meno esplicita l’irrilevanza di queste questioni sulla base di una riproposizione di concezioni neoclassiche del funzionamento dei circuiti economici: di una sorta di neutralità dello spazio che tende a negare i pericoli della mancata analisi 1

Marsiglia e il Mezzogiorno d'Italia (1710-1846). Flussi commerciali e complementarietà economiche. Parte prima

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Biagio Salvemini e Maria Antonietta Visceglia

MARSIGLIA E IL MEZZOGIORNO D'ITALIA (1710-1846)

FLUSSI COMMERCIALI E COMPLEMENTARIETA’ ECONOMICHE

in “Mélanges de l’Ecole Française de Rome – Italie et Méditerranée”, 1991,n. 1, pp. 103-163

PRIMA PARTE

1 - PREMESSA

I paradigmi storiografici centrati sulla individuazionedelle grandi partizioni spaziali prodotte dalle vicende dellaciviltà occidentale e sullo studio dei nessi fra ciascuna diesse - dalle analisi che si rifanno alle tematiche classichedell'imperialismo, a quelle terzomondiste condotte in terminidi sottosviluppo/dipendenza, fino ai lavori di Wallerstein -hanno segnato in questo dopoguerra varie stagionistoriografiche, attirando consensi vasti ma anche diffidenzetenaci. In particolare in questi ultimi anni, in un ambitoproblematico in cui stentano a formarsi solide ortodossieinterpretative, vanno facendosi largo vivaci tendenze«revisionistiche», orientate ad una valutazione ottimisticadel ruolo dei flussi commerciali a lunga distanza sullecrescita complessiva anche dei partners deboli.

Ma in generale, più che al fiorire dei revisionismi, ilmutare del clima storiografico sembra accompagnarsiall’affievolirsi dell’interesse per tematiche di questo tipo.Continua ad agire la vecchia e risorgente obiezione dellamarginalità quantitativa e strutturale, soprattutto nellesocietà preindustriali, del momento della circolazionerispetto a quello della produzione; in alcuni casi,d'altronde, si teorizza in forma più o meno esplicital’irrilevanza di queste questioni sulla base di unariproposizione di concezioni neoclassiche del funzionamentodei circuiti economici: di una sorta di neutralità dellospazio che tende a negare i pericoli della mancata analisi

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dei contesti di corto o lungo raggio e contribuisce alegittimare la progressiva riduzione del campo d'indagine1.

Naturalmente gli autori di questo lavoro non possono chesottolineare con forza la rilevanza del loro oggetto distudio. È loro convinzione che poggiare la tesi dellamarginalità del mercato internazionale nelle societàpreindustriali su valutazioni quantitative aggregate rischiadi essere fuorviante, dal momento che il suo impatto è avolte straordinariamente diversificato in aree subregionalianche contigue, e la sua incidenza è spesso determinante sufette piccole ma strategicamente decisive del redditocomplessivo: essa si propaggina così a ritroso dalle costealle aree interne, induce elementi di squilibrio edequilibrio fin nella microazienda contadina, decide spessodella tenuta di compagini sociali e apparati istituzionali edelle vicende dei gruppi di potere. Intorno a questi nodiprende forma uno spazio che, anche in un'Europa d’età modernaancora in larghissima parte rurale, si presenta tutt’altroche neutro: i settori produttivi non sono fra loroequivalenti in termini di potenzialità di sviluppo;informazioni, competenze e tecniche non possono essereconsiderate fluidamente trasferibili; i vantaggi comparati diun'area rispetto alle altre sono intrisi anche di rapporti diforza che delimitano più o meno drasticamente il campo dellescelte possibili e delle «strategie» perseguibili daindividui e gruppi; i gradi di libertà nella determinazionedei propri percorsi evolutivi e le opportunità che lecompagini sociali si danno vanno spesso associate alrestringimento speculare che esse riescono ad indurre nelleopportunità di altre compagini. La vastissima produzione didocumentazione e di storia anche politica e militare chetutto questo provoca lungo i secoli non è attribuibile allefallacie mercantilistiche ed alla insufficiente percezionedei propri stessi interessi che affliggerebbe tanti pro-tagonisti di quelle vicende.

D'altro canto ci pare evidente che l'impasse in cuiquesto tipo di studi si trova è determinato anche dallaschematicità delle proposte interpretative con cui si èspesso lavorato: la ricerca insistita di giganteschi dualismi

1 Cfr., per tutti, G. FEDERICO, Commercio estero e «periferie». Il caso dei paesimediterranei, in Meridiana, n. 4, settembre 1988, p. 163-96, ricco diindicazioni e bibliografia.

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e nessi di subordinazione rigidi è risultata spessofacilmente falsificabile nel riscontro con una realtà fattadi connessioni economico-politiche straordinariamentecomplesse, di spazi scomposti e molteplici. Né la questione èquella di contrapporre le esigenze di concretezza dellastoria alle tendenze modellistiche degli scienziati socialiche si sono misurati con questi problemi; il punto è che quisi sommano e si alimentano vicendevolmente insufficienzeteoriche ed inadeguatezze conoscitive colmabili soloriavviando su questi temi su un piede diverso il lavoro diriflessione e di scavo.

La ricerca di lunga lena di cui si presentano qui alcunirisultati parziali e provvisori ha carattere in larga parteempirico e quantitativo, ambisce solo ad offrire materialiordinati alla riflessione storiografica, ma non può eluderequalcuno dei nodi interpretativi centrali in questo ambito.Essa riguarda i nessi di integrazione economica, nella tardaetà moderna e nella fase della prima rivoluzione industriale,fra uno dei «centri» europei, la Francia, ed una classicaarea «arretrata», il Mezzogiorno d’Italia: tema non nuovonella storiografia italiana, il cui referente più lontano puòessere indicato nel ripensamento del concetto chabodiano distoria d'Europa e nello slittamento delle tematicherisorgimentiste verso un piano di ricerca centratosull'interazione fra politiche nazionali e sistemistrutturali. Da Romano a Aymard, Lepre, Sirugo, questequestioni sono state spesso riproposte con forza senza peròriuscire a stimolare studi di grande impegno paragonabili aquelli antichi e recenti sull'Italia medioevale mercantile.Hanno giocato in tutto questo, naturalmente, le questionigenerali su accennate, ma probabilmente anche difficoltà didocumentazione che lo stato degli archivi meridionali sembrarendere insormontabîli per chi ha bisogno, come in questocaso, di fonti omogenee di lungo periodo e capaci, al tempostesso, di prestarsi ad un'analisi differenziata di spazi esettori. Per quel che riguarda più specificamente il nostroargomento, la documentazione di parte francese si presentaben più ampia e compatta, ma sulla base di essa, dopo glistudi pionieristici di Ruggero Romano, ben poco è statoprodotto: la Histoire du commerce de Marseille, patrocinata dallaChambre de Commerce della stessa città si è arrestata neglianni Cinquanta proprio al volume precedente quello da

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dedicare alle «tre penisole mediterranee», e la thèse diCarrière non prende in considerazione l’Italia perché noncompresa nelle « grandes directions » mercantili su cui egliconcentra l’analisi. Quanto all’Ottocento, le vicende delcommercio franco-meridionale prima dell’unità italiana sonoavvolte nello stesso silenzio che riguarda il commerciointernazionale francese nel suo complesso.

La scelta che abbiamo fatto è stata quella di ripartiredalla documentazione francese, annotando gli elementiqualitativi e quantitativi rinvenibili negli studi e tuttigli altri che ci è stato possibile raccogliere di prima mano,attorno alle serie omogenee ricavate dalla schedatura delleDéclarations de Santé fatte dai capitani di ciascuna nave giuntanel porto di Marsiglia2, nel quale si raccoglieva la quasitotalità dei traffici fra il Mezzogiorno d'Italia da un lato,e la Francia ed altre aree a questa collegate dalle vie del«transito» dall’altro3. Si tratta di una fonte straordinaria,le cui caratteristiche e limiti non è qui il caso di discuteredato che essa è stata oggetto di attenta riflessione da partedi Charles Carrière. Basterà qui sottolineare che le Déclarationsconsentono di studiare solo gli arrivi a Marsiglia, e non anchele partenze, che non offrono valori e che - lo vedremopartitamente più avanti - i dati da esse ricavabili in termini2 I registri della Santé sono in Archives départementales des Bouches-du-Rhô-ne, 200 E I.33 Nel 1792 il tonnellaggio delle 198 navi partite da porti meridionali edapprodate a Marsiglia (t. 27.293) rappresenta 1’86,6% di quello delle navipartite dal Mezzogiorno e giunte in tutti i porti francesi. Nel 1840 le navigiunte dal Mezzogiorno a Marsiglia diventano 378 per un tonnellaggio di65.270, corrispondente al 93,4% del tonnellaggio delle navi giunte inFrancia dal Mezzogiorno. Per quest’ultimo anno abbiamo anche le cifreriguardanti la navigazione dalla Francia al Mezzogiorno, per la quale ilruolo di Marsiglia appare analogo (il 92,1% del tonnellaggio globale). Intermini di valore, invece, sommando i dati degli anni 1832 e 1839, sembre-rebbe esserci una differenza sostanziale fra il ruolo pressoché esclusivo diMarsiglia nel commercio di importazione in Francia dal Mezzogiorno (il 96,8%del valore globale), e quello meno rilevante ricoperto dallo stesso portonel commercio di esportazione (64,1% del valore globale). (Dati elaboratisulla base di J. JULLIANY, Essai sur le commerce de Marseille, II, Marsiglia 1842,p. 129, 143-5, 161). Da notare che i funzionari marsigliesi non consideranoil traffico dal Mezzogiorno come « cabotage » e non registrano nessunaimbarcazione partita da porti meridionali per ragioni di commercio nei 17registri di «cabotage » o «petit cabotage » (1785-1828) pure depositatinelle Archives départementales des Bouches-du-Rhône, 200 E 1 b. Diconseguenza la rilevazione condotta sui registri principali va considerataesaustiva, con la solo eccezione delle imbarcazioni da pesca.

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di quantità diventano meno significativi man mano che cresce ilvalore unitario della merce trasportata. Ciononostante ci èsembrato possibile - - vedrà il lettore con quantaappropriatezza - usarla non solo per costruire un indicedell'andamento della navigazione nel tempo. Si è tentato inprimo luogo, incrociando le curve ricavate dalla Santémarsigliese con i dati - come si sa assai discutibili4 -prodotti dagli organismi statali francesi, di abbozzareun'immagine di lungo periodo, certo assai approssimativa eprovvisoria, dei flussi mercantili diretti dal Mezzogiornod'Italia verso la Francia (paragrafo 2). Il fuoco della ricercaè comunque sulle dinamiche settoriali e regionali dei flussimercantili (par. 3 e 4), per il cui studio anche i datiufficiali si prestano ad una utilizzazione meno avventurosa,dal momento che si chiede loro di esprimere non mutamenti in

4 Sui limiti e le caratteristiche dei dati ufficiali francesi settecenteschirimandiamo alle osservazioni, da noi tenute ben presenti, di P. MASSON,Histoire du commerce français dans le Levant au XVIIIe siècle, Parigi, 1896, p. 408-9; G.RAMBERT, Histoire du commerce de Marseille, IV, De 1660 à 1789, Parigi, 1954, p. 256-63; R. ROMANO, Commerce et prix du blé à Marseille au XVIIIe siècle, Parigi, 1956, p. 13-23; ID., Documenti e prime considerazioni sulla «Balance du Commerce» della Francia dal 1716al 1780, in Studi in onore di Armando Sapori, Milano, 1957, p. 1267-1300; R. PARIS,Histoire du commerce de Marseille, V, De 1660 à 1789. Le Levant, Parigi, 1957, p. 365 e499-503; C. CARRIERE, Négociants marseillais au XVIIIe siècle, I, Marsiglia, 1973, inpart. p. 45, 48-51, 63, 72-3. Scarsa attenzione è stata invece rivolta allestatistiche ufficiali a stampa tardo settecentesche ed ottocentesche, cosìcome, ingenerale, al commercio francese nel XIX secolo, sul quale si attendeun importante studio, da tempo annunciato di J. C. Toutain. Per questosaggio abbiamo sistematicamente utilizzatoa) i dati ricapitolativi inviati al Controllore generale delle finanze dallaDirection des Fermes di Marsiglia in vista della compilazione della Balancedu Commerce del Regno, in Archives de la Chambre de Commerce de Marseille(d'ora in poi ACCM), série I, 23-24 e 30-31, a partire dal 1758, quando lecifre relative ai regni di Napoli e Sicilia vengono scorporate da quelleattribuite all'« Italia », fino al 1780: una fase in cui questi dati sipresentano più plausibili di quelli relativi ai decenni precedenti;b) i Tableaux a stampa delle importazioni ed esportazioni francesi in ArchivesNationales, Paris (d'ora in avanti AN), F 12, 251, per gli anni 1787-89 e1818-20; c) i volumi annuali di Tableaux del commercio estero francese a partire daquello relativo al 1825 pubblicato l'anno seguente sulla base dei nuovivalori medi attribuiti alle singole merci dall'inchiesta ordinata dal rel’l1 gennaio 1826, e modificati solo nel 1847. Indicazioni sui modi diutilizzazione di questi dati sono sparse nel testo; per una trattazionesistematica sulle fonti disponibili e su quelle utilizzate si rimanda al piùampio lavoro in preparazione.

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valori e quantità assoluti, ma mutamenti nella composizioneinterna degli aggregati. La parte conclusiva dello scrittoraccoglie alcune rapide annotazioni sulle politiche economiche.Su tutte queste questioni, così come su altre che qui si èvolutamente tralasciato - quelle relative al personale ed allepratiche mercantili in primo luogo - tornerà uno studio piùampio e sistematico al quale si sta lavorando.

I limiti cronologici adottati sono in buona parte inerentialle caratteristiche della fonte principale. Il terminus a quocoincide con l'inizio della registrazione delle dichiarazionidi Santé, il 1710. Il punto d'arrivo avrebbe dovuto esserel'inizio dei servizi di linea tramite navi a vapore (anniTrenta dell'Ottocento), che rompe decisamente l'omogeneità neltempo della fonte modificando il rapporto fra arrivi e numerodi navi impegnate, la distribuzione geografica delle partenze,la leggibilità delle merci imbarcate, registrate sui vaporiprevalentemente come «colli» non meglio specificati, più ingenerale il funzionamento dei meccanismi e delle tecniche delloscambio marittimo; non abbiamo però voluto rinunciare asegnalare il significato di queste modificazioni spingendociper alcuni anni oltre la soglia di questa «rivoluzione deitrasporti». Ci pare, d'altro canto, che questa periodizzazionesia difendibile anche su di un piano generale nonostante noncoincida con cesure istituzionali, in primo luogo con levicende dell'autonomia statuale del Mezzogiorno d'Italia:guardando cioè ai modi in cui passaggi di fase decisivi dellastoria mercantile europea abbiano un riscontro nella fonte didomanda rivolta al Mezzogiorno da noi studiata, Marsiglia. Nonpossiamo che rimandare a Carrière per il carattere di svoltache riveste, anche per Marsiglia, il passaggio fra Seicento eSettecento. Al capo opposto del nostro arco cronologico,negli anni Quaranta dell'Ottocento, il sovrapporsi evicendevole alimentarsi di eventi di grande momento - dallaliberalizzazione delle politiche doganali al balzo in avantidella produzione mondiale di oro alla applicazione di nuovetecniche dei trasporti - costituisce l'ambiente in cui siapre a Marsiglia una fase di transizione difficile mafeconda. Fra la crisi del 1847-52 e gli anni Settanta ilmutamento si fa travolgente lungo due direttrici, che sialimentano vicendevolmente. Da un lato giganteschi lavoripubblici - dal canale della Durance per la fornitura di acquaalla città alla ferrovia per Avignone, alle nuove

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infrastrutture portuali - liberano l'economia di Marsigliadalle costrizioni di un ambiente « infelice »; dall'altro ladinamica e la qualità di questa economia si trasformano inprofondità: la città si inserisce in maniera finalmenteorganica nel suo entroterra, l'industria urbana tradizionale,l'armamento e le forme del negozio vengono profondamenterinnovate, la tradizionale finanza rudimentale a carattereindividuale cede il passo agli istituti moderni, il tonodella vita economica perde il suo carattere locale e si apreal capitale parigino; ed i négociants settecenteschi vannospecializzandosi, si adeguano a queste novità ed in parte aloro volta le promuovono.5

In sostanza, se fino agli anni Quaranta, nonostante glielementi di novità e le trasformazioni generali indotte dalla«rivoluzione commerciale», il ruolo di Marsiglia nelMediterraneo resta compatibile con quello settecentesco, apartire da quella fase le cose non sembrano più le stesse.Per continuare a seguirle occorrerebbe un altro apparatodocumentario e curiosità diverse da quelle che hanno mossoquesto lavoro.

2 - CARATTERI E VICENDE DELLA NAVIGAZIONE

Pur senza aver la pretesa di rifiutarsi a quella «résignation à une relativité»6 inevitabile in questo campo,occorre usare molte cautele a voler poggiare valutazioniintorno ai flussi commerciali sulle curve della fig. 1, chepresentano la distribuzione annuale dei ??? arrivi a Marsi-glia di imbarcazioni provenienti da porti del Mezzogiorno

5 Cfr. per tutti questi fenomeni, in particolare, Les Bouches-du-Rhône. Encyclo-pédie départementale, vol. 8, Le mouvement économique : l'industrie, e vol. 9, Lemouvement économique : le commerce, Marsiglia, 1926. Per quel che riguarda lastoriografia recente cfr., fra gli altri, R. CATY e E. RICHARD, Armateursmarseillais au XIXe siècle, Marsiglia, 1986. Per una rapida sintesi cfr. ilcapitolo affidato a P. Guiral (Marseille de 1814 à 1870) in É. BARATIER (sous ladirection de), Histoire de Marseille, Tolosa, 1973. Sulle trasformazionidell’identità urbana e delle funzioni economiche di Marsiglianell'Ottocento cfr. ora M. RONCAYOLO, L'imaginaire de Marseille. Port, Ville, Pôle,Marsiglia, 1990.6 PARIS, op. cit., p. 499.

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d'Italia riportati nei registri della Santé fra il 1710 ed il1846.

1710 20 30 40 50 60 70 80 90 1800 10 20 30 40 46

Fig. 1 - Arrivi globali a Marsiglia di navi partite da porti meridionali. Dati grezzi e medie mobili su 11 anni. (Fonte: Santé).

C'è comunque un elemento preliminare, che consentequanto meno di porsi un problema di questa natura: il fattocioè che lungo l'intero arco di tempo considerato pochissimesono le navi provenienti dal Mezzogiorno giunte a Marsigliavuote i con carichi assai lontani dalla capacitàdell'imbarcazione. D'altro canto assai limitata è la funzionedel grande porto francese di scalo tecnico lungo itinerariche fanno capo a Barcellona o ad altri porti mediterranei oatlantici. Più complessa è la questione relativa al ruolo dientrepôt di Marsiglia da un lato, e di qualche portomeridionale come Messina dall'altro, che immettono neitraffici tirrenici merci di origine non meridionale7 o nondestinate in ultima istanza alla stessa Marsiglia ed al suo

7 Un caso particolare a questo riguardo è la tendenza a far passare perolio di provenienza meridionale l'olio levantino, allo scopo di evitare ilpagamento della tariffa doganale del 20% imposta su quest’ultimo quandotrasportato su navi non francesi: cfr. P. BOULANGER, De la tromperie sur lamarchandise au XVIIIe siècle ou le commerce interlope des huiles du Levant à Marseille de 1784 à1790, in Provence historique, ottobre-dicembre 1982, p. 409-30.

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entroterra; ed inoltre Livorno, Genova e Nizza intermediano aloro volta merci meridionali che giungono in Franciaregistrate su navi di altra provenienza. Ma, come vedremo,solo Nizza a partire dalla seconda metà degli anni Ventidell'Ottocento ha un ruolo tale da mettere in discussione inmaniera sostanziale la significatività degli arrivi registratia Marsiglia; per l'intera fase precedente, invece, tuttequeste complicazioni non sembrano sconvolgere il dato di fondoche qui interessa sottolineare: che cioè ogni arrivo da portimeridionali può considerarsi con larga approssimazione unaimmissione di merci prodotte nel Mezzogiorno e destinate ad uncircuito più o meno largo facente capo a Marsiglia, e chel'insieme di queste immissioni è largamente rappresentativodel flusso complessivo di merci fra il Mezzogiorno e la Fran-cia.

Tutto questo, naturalmente, è ben lungi dal risolvere ilproblema, dal momento che un «arrivo» può riguardareun’imbarcazione di qualche tonnellata di stazza o unbastimento di diverse centinaia di tonnellate; di conseguenzaper tradurre con una qualche approssimazione la nostra curvain termini di quantità di merci sbarcate a Marsiglia dalMezzogiorno d’Italia è indispensabile cercare di ponderare gliarrivi indagando sul materiale nautico arrivato: un punto sulquale la Santé può aiutarci poco, dato che essa registra iltonnellaggio di ciascuna nave solo a partire dall’Ottocentoinoltrato. A qualche risultato non controvertibile si puòcomunque giungere confrontando i dati della Santé con gli altridisponibili.

Appare in primo luogo indubbio che il tonnellaggio mediodelle navi giunte dal Mezzogiorno, a partire da quandodiventano disponibili i dati in proposito, è alto non solo inrelazione al totale delle navi entrate nei porti francesi, nelquale sono comprese le piccole imbarcazioni addette alcabotaggio, ma anche a quelle giunte dall'estero. Nella tab. 1il tonnellaggio medio delle navi entrate nei porti francesidal Regno delle Due Sicilie nei primi due trienni presi inconsiderazione è nettamente più alto di quello delle navigiunte dall'estero a Marsiglia, il quale è a sua volta piùalto di quello calcolato su tutte le navi giunte dall'esteronei porti francesi. D'altro canto poco credibile risulta labrusca caduta registrata dalla tabella fra il 1835/7 ed il

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1845/7, che porta la media meridionale al di sotto, sia pur dipoco, di quella

Tab. 1 - Tonnellaggio medio delle navi giunte cariche.

dall'estero

in tutti

dall'estero a

dalle DueSicilie in tutti i porti1825/7 97 101 155

1835/7 112 134 1991945/7 125 169 162

Fonte : elaborazioni dai Tableaux

di Marsiglia, dal momento che tutti gli altri dati disponibiliraccontano una storia diversa: ad esempio il tonnellaggiomedio di tutte le navi di provenienza meridionale registratedalla Santé per il periodo 1840/6 è di ben 206 ton., nettamentepiù alto di quello attribuito a Marsiglia dai pubblicisticontemporanei8. In realtà si tratta di un elemento strutturaledel commercio di esportazione dal Mezzogiorno riscontrabileanche in altri porti di sbocco9 e connesso allo scarso valoreunitario rispetto al peso di una parte delle merci imbarcatenei porti meridionali assai consistente e crescente in8 Secondo S. BERTEAUT, Marseille et les intérêts nationaux qui se rattachent à son port, I,Marsiglia, 1845, p. 107, nel 1844 la stazza media delle navi entrate eduscite da Marsiglia è di 103 tonn., 139 per la «grande navigation » e 67per il « cabotage ». Elaborando le cifre fornite da Julliany (op. cit., II, p.129 e 143-4), il tonnellaggio medio delle navi provenienti dal Mezzogiornoè il seguente :

in tutti i porti di Francia a Marsiglia

1792 137 145

1833 181

1840 173

1841 157 187

9 Nel quadriennio 1827/30 il tonnellaggio medio delle navi napoletane entrate nel porto di Genova è di 128,8, quello dell'insieme delle navi estere 70,3: elaborazione sulla tab. XIII di L. BULFERETTI e C. COSTANTINI,Industria e commercio in Liguria nell'età del Risorgimento (1700-1861), Milano, 1966.

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proporzione al totale man mano che i traffici siintensificano. È un problema sul quale dovremo tornare. Ciòche preme in questa sede sottolineare è che un «arrivo» mediodal Mezzogiorno comporta, nell'Ottocento, lo sbarco di unaquantità di merce più alta rispetto alla media, che nonnecessariamente si traduce in termini di valore più elevato.

Un secondo elemento indispensabile alla lettura dellafig. 1 è l'andamento del tonnellaggio medio nel tempo, sulquale, in assenza di dati seriali di lungo periodo, occorrecercare indizi attraverso un’analisi del variare dei tipi diimbarcazione registrati dalla Santé.

La tab. 2 segue l'evoluzione della composizione delmateriale nautico utilizzato sulla rotta in questione secondouna periodizzazione che troverà una giustificazione più avantiin questo scritto; la tab. 3 indica il tonnellaggio medioregistrato negli anni 1840-46 di quelle, fra le dieci naviconsiderate, riscontrabili nel periodo. Nella lettura diquesti dati si tenga ben presente che queste medie, e le altrericavabili da fonti diverse per le fasi precedenti, nascondonoregolarità modali scarse, si costruiscono su dimensioni moltodistanti fra loro di navi denominate allo stesso modo10

.

Purtuttavia è possibile individuare alcune direzionisignificative del mutamento di lungo periodo, che possonosuggerire un'evoluzione in termini di quantità.

Tab. 2 - Percentuali di tipi di navi per periodi sul totale degli arrivia Marsiglia dai porti meridionali.

NAVI 1710/50 1751/64 1765/92 1793/1815 1816/29 1830/46

10 Ad esempio, fra le imbarcazioni entrate nel porto di Napoli nel 1816, le17 feluche stazzano in media tonn. 34,1, ma variano da un minimo di 16 edun massimo di 47 tonn.; i 39 brigantini stazzano mediamente 142,3 tonn.,variando dalle 56 alle 300 tonn. ; i 15 pinchi (media 63,4) variano da 32a 94 tonn. ; le 21 polacche (media 180,6) da 20 a 380; le 12 bombarde(media 54,5) da 10 a 78; i 5 sciabecchi (media 60) da 40 a 125; le 3barche (media 11) da 9 a 14 (elaborazioni su un registro in AN, AE, BIII,402). Ed una situazione non dissimile si riscontra nello stesso porto diNapoli nel 1760 (cfr. L. DE ROSA, Navi, merci, nazionalità, itinerari in un porto dell'etàpreindustriale. Il porto di Napoli nel 1760, in AA.VV., Saggi e ricerche sul Settecento, Napoli,1968, in part. tab. III) o in quello di Marsiglia nel 1819-20 (cfr. iregistri in AN, F12, 1802).

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Feluca 3,3 11,6 3,8 10,8 1,5 0,2

Bateau 0,5 1 1,5 7,7 3,5 1,5Tartana 34,9 27,8 32 4,4 2 1,3Pinco 34 38,6 36,3 18,6 4 0,3Sciabecco 0,7 0,3 0,7 10,5 5,7 0,3Polacca 2,1 1,4 5,7 9,4 2,1 0,1Bombarda - - 0,7 4 17,4 3,7Vascello 6,7 3,5 1,6 3,1 - -Brigantino 0,3 1,5 8,2 21,7 53,3 60,6Vapore - - - - 0,2 25,1% prime duenavi sul totale

68,9 66,4 68,3 40,3 70,7 85,7

Fonte: Santé.

Nel Settecento, sulla rotta fra il Sud d'Italia e Marsigliail grande vascello che domina le rotte oceaniche11 non haspazio. Protagonisti dei traffici sono, ai due lati dellascala delle dimensioni, tartane e pinchi ai livelli superiori,feluche e bateaux a quelli inferiori; e la preponderanzaschiacciante dei primi nella nostra fonte è probabilmentedovuta ad una consistente sottoregistrazione delle seconde. «Finché filuche vi saranno » - scrive Ferdinando Galiani nel1763 - «vi sarà contrabbando e nel Regno, e negli statialtrui, perché il contrabbando è consustanziale alla filuca.La filuca rade la terra, sbarca da per tutto, scende la gentesenza sospetto sempre a terra, finge a sua volta sempre timoridi Turchi, e di tempeste. Non così la tartana, la quale cercasempre l'alto mare e il vento, non approda se non in rade, oin porti, luoghi frequentati e custoditi dalle guardie: nondorme la gente a terra, e se butta la lancia per mandar interra tutto il mondo lo vede»12. Ci pare comunque significativala crescita, nel corso del secolo, del ruolo di imbarcazionirelativamente grandi come il brigantino e la polacca; e delresto netto è l'incremento del carico medio per nave di quellemerci che dovremo guardare più da vicino (cfr. tab. 4).

Tab. 3 - Tonnellaggio medio delle imbarcazioni giunte aMarsiglia dai porti meridionali.11 Su queste questioni cfr., fra l’altro, le p. 594-605 di CARRIERE, op. cit., t. II.12 Cit. in P. MACRY, Mercato e società nel Regno di Napoli. Commercio del grano e politicaannonaria del Settecento, Napoli, 1974, p. 373, nota.

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NAVI 1840-1846Feluca

-Bateau Tartana Pinco

Sciabecco Polacca Bombarda 102Vascello Brigantino 211Vapore 242

Fonte: Santé.Tab. 4 - Tonnellate metriche medie di carico delle merci imbarcate su navi

giunte a Marsiglia dai porti meridionali.

1710/50

1751/64 1765/92 1793/1815 1816/29

1830/46Grano 104,3 131,1 140,9 180,6 143,

6237,3

Zolfo - - 114,1 - 181, 193,1Soda 57,9 - - - -Olio 46,7 66,4 85 37,9 47,9 59,2Cotone - - 3,5 4,3 9,8Lana - - 7,5 4,3 4,1Seta 1,1 0,4 0,7 1,6 1,5

Fonte: Santé, tranne olio e soda per il periodo 1765/92, le cui medie sonotratte dai dati grezzi relativi ai soli anni 1784-88 in ACCM, série I, 33.Le medie per cotone, lana e seta, ricavate convertendo le balle in peso,sono solo indicative.

Superata la fase tormentata a cavallo fra i due secoli,che segna il trionfo delle imbarcazioni minori, le più adattea sfuggire alla sorveglianza delle navi ostili, la situazionenell'Ottocento appare radicalmente mutata e, in una qualchemaniera semplificata. Il ruolo delle piccole imbarcazionisembra ora ridursi nettamente, nel mentre ai livellisuperiori crollano tartane e pinchi sostituiti dall'ascesaprepotente del più grande brigantino, e nella fase finale,del vapore. Ed ancora una volta l'andamento del carico medioper nave conferma queste linee di tendenza.

Insomma, se non è possibile tradurre la vicenda dei tipidi navi arrivate a Marsiglia in movimenti congiunturali deltonnellaggio, non sembra dubbio un sostanziale aumento deltonnellaggio medio per arrivo sul lungo periodo e la suariduzione nel periodo rivoluzionario e napoleonico. La fig.1, dunque, sottovaluta l'incremento secolare delle quantità

13

di merci sbarcate a Marsiglia dal Mezzogiorno in una misura 13

non quantificabile, ma senz’altro significativa inparticolare per la fase finale del periodo qui considerato,e, al tempo stesso, attenua la drammaticità di ascese ecadute delle quantità commercializzate.

Operazione ancora più rischiosa sarebbe quella diestrarre dalle nostre curve suggerimenti sull’andamento deivalori complessivi, data l’assenza di uno studio organico suiprezzi delle singole merci sul lungo periodo che consenta ditener conto anche del mutare del paniere delle esportazionimeridionali. Non c’è dubbio, comunque, che la haussesettecentesca dei prezzi, particolarmente accentuata perderrate meridionali fondamentali come olio e grano, in unafase - lo vedremo - in cui non si verificano mutamentisignificativi nella composizione delle esportazioni dalMezzogiorno in Francia, imprimerebbe alla curva dei valoriuna pendenza assai più accentuata di quella già notevoledegli arrivi. Confusa si presenta invece, anche sotto questoprofilo, la fase a cavallo fra i due secoli, quando lacomposizione merceologica viene sconvolta ed al cadererovinoso dei prezzi di derrate come l'olio, private dallevicende belliche di sbocchi tradizionali, si contrapponel'impennarsi dei prezzi di derrate come il cotone determinatodall'interruzione dei traffici verso i vecchi mercati diapprovvigionamento. L'Ottocento segna la fine delle grandifasi di ascesa dei prezzi che accompagnavano, a causa dellalimitata elasticità dell'offerta, i periodi di crescita delladomanda in antico regime; il trend delle derrate meridionali sifa debole, incerto, in qualche caso divergente fra merce emerce. Nel 1847, quando i servizi statistici francesisostituiscono ai prezzi fissati nel 1826 per le singolemerci, adottati fino all'anno precedente per la conversionedelle quantità in valori, quelli determinati annualmente, ilvalore globale delle importazioni in Francia dal Regno delleDue Sicilie viene rivalutato dell'11,7%; ma questo noncorrisponde ad un incremento reale dei prezzi delle mercimeridionali nel periodo, dato che i prezzi del ‘26 sonorilevati nei luoghi di produzione, quelli del ‘47 nei porti

13 Cfr. comunque, oltre alle indicazioni di PARIS, op. cit., p. 581 s.,ROMANO, Commerce et prix du blé cit.; M. LÉVY-LEBOYER, L'héritage de Simiand : prix,profits et termes des échanges au XIXe , siècle, in « Revue historique », 143, 1970, p.77-120.

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di arrivo. D’altro canto, nella fase ottocentesca da noistudiata, non ci sono sconvolgimenti nella composizionemerceologica delle esportazioni meridionali. Il problemareale che si pone a chi voglia trarre qualche indicazioneapprossimativa in termini di valori dalla parte finale dellanostra curva di arrivi, così come a chi voglia utilizzare lestatistiche ufficiali, è l'assenza dalle nostre contabilità,a partire dal ‘24-‘25, di non poche decine di navi olearieche sbarcano il loro carico diretto a Marsiglia nei porti diNizza e Genova per ragioni tariffarie, e che sottraggono aivalori reali complessivi delle esportazioni meridionali inFrancia un 50-60% negli anni Trenta, un 30-40% negli anniQuaranta14.

Guardiamo i nostri dati tenendo in mente tutto questo.Lette nel loro assieme, le curve assumono anche qui l'aspettofamiliare della gran parte dei macroindicatori economico-sociali di questo periodo: le grandi fasi di ascesasettecentesca ed ottocentesca appaiono interrotte dal crollodegli anni della rivoluzione e dell'impero napoleonico, iquali, nonostante qualche impennata improvvisa nella curvadei dati grezzi, fanno cadere le medie mobili degli arrivi allivello di 60-70 anni prima, ed il tonnellaggio, con ogniprobabilità, ancora più in basso.

A ritagliare il Settecento sulla cronologia di Carrière(1710-1792), il ritmo di crescita degli arrivi dalMezzogiorno si presenta sostenuto sia in comparazione con iritmi di incremento dei flussi commerciali mondiali, sia inrapporto all’espandersi dei traffici globali del porto diMarsiglia gli arrivi meridionali, che rappresentano nelSettecento così delimitato una quota del 6,4% di quellicomplessivamente registrati, aumentano più cheproporzionalmente agli arrivi globali, passando dal 3% circadella prima metà del secolo, al 6-7% degli anni Cinquanta,all'8-9% degli anni Sessanta-Ottanta. Il tasso annuo dicrescita, calcolato sulle medie quinquennali degli anniestremi (1,7%), è superiore a quello calcolato da Carrièresulle sole rotte lunghe ed escludendo il grano (1,6%),inferiore all'incremento dei traffici oceanici (2,2%) ma14 Abbiamo tenuto presenti, per giungere a proporre questi ordini digrandezza, anche le indicazioni in G. BURSOTTI (a cura di), Biblioteca dicommercio, vol. II, Napoli, 1842, p. 87 s., e JULLIANY, op. cit., II, p. 122-3.

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nettamente migliore di quello del levante Mediterraneo (0,8%)ed uguale a quello della «Barbarie». Nel Mediterraneocentrale sembra così disegnarsi uno spazio mercantile facentecapo a Marsiglia, con una dinamica intermedia fra il passoaffaticato delle Scale levantine e quello impetuoso delle «Iles à sucre » oceaniche.

Si tratta comunque di dati di incerta significatività,non solo per gli innumerevoli giochi che è possibile farespostando anche di poco i punti iniziali e finali a cuiriferire il calcolo, ma anche perché la cronologia assunta daCarrière non appare del tutto pregnante con l'andamento deitraffici settecenteschi meridionali. Letti assieme, datigrezzi e medie mobili individuano fasi di diversa ampiezza,difficilmente collocabili nella casistica consolidata deicicli e dotate di una relativa autonomia rispetto a quelledei traffici marsigliesi in generale.

Il commercio meridionale con la Francia vive fino allafine degli anni Venti in un clima di precarietà e stanchezza,determinato dalla difficile congiuntura di Marsiglia - inparticolare dall'ultima fase della guerra di successionespagnola e dalla peste del 1720 - e dalle conseguenze sulpiano mercantile dei difficili rapporti politici fra laFrancia e gli Asburgo d’Austria, che occupano il Mezzogiornocontinentale fra il 1707 ed il 1734, e la Sicilia dal 1720allo stesso 173415. Quei dati esprimono però una questione difondo. Le complementarietà mediterranee su cui la Marsigliamercantile si era fino allora organizzata erano assaiconcentrate geograficamente e settorialmente. « La France » -afferma nei primi anni Quaranta il console francese a Venezia- « n'a pas besoin absolument des produits d'en départ duLevant et ne veut en recevoir ce qui lui convient qu'endroiture ».16 Ma sono proprio quelli gli anni di un passaggiodi fase importante, che allarga le presenze del grande portoe pone su un piede diverso anche i rapporti commerciali frala Francia ed il Mezzogiorno d'Italia.

Se le curve della fig. 1 non mostrano in alcun modo,fino ai primi anni Trenta, la vigorosa capacità di rispostaai colpi della congiuntura notata da Carrière in riferimento

15 Cfr. A. DI VITTORIO, Gli Austriaci e il Regno di Napoli 1707-1734. Ideologia e politica di sviluppo, Napoli, 1973, p. 311-20.16 AN, AE, B I, 1175.

16

al commercio marsigliese a lunga distanza, a partire daallora comincia faticosamente a disegnarsi una faseascendente che assume man mano vigore e che dura fino allaguerra di indipendenza americana, realizzando un incrementoannuo superiore al 3%. È la fase in cui la Francia scoprel'olio ed il grano e riscopre la seta meridionali 17,cominciando a competere vigorosamente con l'Inghilterra comeacquirente di derrate tipiche del Mezzogiorno a lungo cercatequasi esclusivamente nelle lontane «scale» del Mediterraneoorientale. I dati disponibili in termini di valore sonopuramente indicativi, ma confermano la direzione delmutamento indicata dalla Santé. Nei primi anni Quaranta,secondo un Mémoire contemporaneo18, il valore annuo delleesportazioni in Francia dal Mezzogiorno esclusa la Sicilia èdi circa 3.600.000 livres, assai lontano da quello dellemerci dirette in Inghilterra (5.327.500 livres). Qualchedecennio dopo le cose sono già assai diverse: le cifredestinate alla redazione della Balance du commerce danno, per ilperiodo 1758-80 una media annua del valore delle mercidell'intero Mezzogiorno entrate nella «Direction de Marseille» di 9.436.573 livres, equivalenti all’11,9% del valoretotale delle merci entrate nella stessa «Direction »; equelle dei primi Tableaux ufficiali a stampa, relativi altriennio 1787-9 danno una media annua delle esportazioni delMezzogiorno alla Francia di 18.817.000 livres.

Sugli aspetti congiunturali di questa ascesa la Santésembra assai più idonea a fornire indicazioni che non cifredi questa natura. A guardare alle nostre curve la crescitadei traffici è interrotta negli anni Quaranta dalla crisidell'intero commercio di Marsiglia provocata dalla guerra disuccessione austriaca, ma la ripresa è vigorosa ed immediata;molto meno incisiva risulta la ben più grave crisi diMarsiglia determinata dalla guerra dei sette anni (1756-63),dal momento che, come vedremo, la messa fuori gioco delle navifrancesi sulla rotta tirrenica trova compensonell'utilizzazione di navi di altra bandiera. In questaoccasione, così come nel successivo scontro fra Francia edInghilterra nel corso della guerra d'indipendenza americana,

17 Cfr. naturalmente, per tutti questi problemi, R. ROMANO, Le commerce duRoyaume de Naples avec la France et les pays de l’Adriatique au XVIIIe siècle, Parigi, 1951.18 AN, AE, BIII, 407, anno l743.

17

il commercio col Mezzogiorno non assume a Marsiglia quellafunzione di compensazione nei confronti del grande commercioin crisi tipica del cabotaggio (quest’ultimo vi si impennaquando il primo crolla)19, ma riesce a resistere allacongiuntura sfavorevole molto meglio dei flussi a lunga elunghissima distanza: una collocazione intermedia fra grandi epiccoli traffici in una qualche misura emblematica.

Gli anni della guerra d'indipendenza americana nonsegnano solo un attenuarsi della pendenza del trend, bensì unsuo appiattimento che preannuncia una inversione visibilequalche lustro prima del crollo generale del 1793. IlSettecento, visto da questo lato così come da quello dellaFrancia mercantile in generale, finisce dunque ben in anticiporispetto a quello marsigliese, sostenuto dai trafficicoloniali fin sotto la crisi rivoluzionaria.

Dopo la fase di crisi a cavallo fra i due secoli, lecurve tornano a puntare verso l'alto, ma la ripresa è assaifaticosa. La Restaurazione comincia a riannodare i filispezzati senza riuscire ad imprimere vigore ad un trend frenatodell'andamento violentemente sussultorio degli arrivi dalMezzogiorno, che inchioda le medie annue ad un livellonettamente inferiore a quello del Settecento maturo, nelmentre ben al di sopra delle medie settecentesche si collocanogià gli arrivi globali a Marsiglia. La quota delle naviarrivate dai porti del Sud d'Italia scende così al 5-6%, etende a scivolare ulteriormente anche quando, a partire dal1830, la crescita riprende vigore, dal momento checontemporaneamente l'intero movimento portuale di Marsiglia sivivacizza. Ma la Marsiglia ottocentesca, che compensalargamente la riduzione drastica dei traffici oceanici riatti-vando le vecchie rotte del Levante, sottraendo spazi ai grandiporti concorrenti di Genova e Trieste20 ed allargando19 Cfr. CARRIERE, op. cit., p. 53-4. 20 Il movimento del porto di Genova nella prima metà dell'Ottocento oscillaattorno ad un trend sostanzialmente piatto: cfr. U. MARCHESE (a cura di), Ilporto di Genova dal 1815 al 1891, (Archivio economico dell'Unificazione italiana, serie I, vol.IX, fasc. 2), Roma, 1959, in part. p. 41 e tab. V a pag. 75, nonchéBULFERETTI e COSTANTINI, op. cit., p. 414-5, che riportano i dati comparati delmovimento portuale in tonnellaggio di Marsiglia e Genova fra il 1838 ed il1842 forniti dal console francese a Genova, secondo i quali il portofrancese avrebbe raggiunto un movimento equivalente ormai a 2,6 voltequello della vecchia rivale. L'altro grande porto del Mediterraneo centro-settentrionale, Trieste, per il quale F. BABUDIERI (I porti di Trieste e della regionegiulia dal 1815 al 1918 (Archivio economico dell'Unificazione , serie 1, vol. XIV, fasc. 2),Roma, 1965, p. 107-8) offre dati in una qualche paragonabili a quelli diMarsiglia, ha un andamento più dinamico di Genova, ma assai lontano daquello del porto francese :

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prepotentemente a spese degli altri porti francesi la sua quotadel commercio nazionale marittimo, di confronto improprio pergiudicare dell'andamento delle meridionali in Francia; e d'altrocanto il tasso annuo di crescita degli arrivi meridionali calcolatosul periodo 1816-1846 (2,6%) è di tutto rispetto, superiore aquello del Settecento lungo, ed inferiore del «bel Settecento»compreso fra il ‘30 ed il ‘76 (3,1%) solo per la scomparsadell'olio che passa per Nizza a partire dal 1825.

Cerchiamo di allargare il quadro comparativoindispensabile ad un giudizio complessivo utilizzando - semprein termini di distribuzione degli aggregati - le statisticheufficiali. Le tabb. 5 e 6 da un lato, 7 che per ora leggiamosolo dalla parte delle esportazioni meridionali in Francia,danno risultati apparentemente contraddittori. Per quel cheriguarda la navigazione non sembra dubbio un deterioramentorelativo della posizione meridionale a partire dal 1825/7(quando il détournement delle navi olearie a Nizza era già inatto e quindi le cifre sono confrontabili a quelle dei dueperiodi successivi) non solo rispetto all’ascesa irresistibiledi Marsiglia, ma anche al complesso dei traffici in entrata21.In termini di valori e su un periodo più lungo, invece, leesportazioni meridionali sembrano tenere assai meglio, anche anon prendere in conto le cifre ipotetiche ottenute aggiungendo

Navi giunte cariche dall'estero Navi giunte cariche a Marsiglia a

Trieste (tonnellaggio, numeri indice) (tonnellaggio,

numeri indice)

1825/27 100 100 1835/37 172 1371845/47 439 175

Appare del resto evidente, del resto evidente che, se lo svilupposettecentesco di Trieste è certo superiore a quello di Marsiglia (cfr. lecifre relative agli anni 1757-9 in Archivio di Stato di Venezia, V Savi allaMercanzia serie 1, b. 762, con quelle degli anni 1776-8 in Hokfammer Archiv,Wien, Kommerz, Litorale, n. 582), la ripresa di Marsiglia dopo la crisi acavallo dei due secoli è più vivace ed anticipata.21 Si tenga presente che il recupero meridionale fra il 1825/7 ed il 1835/7è reso significativo dal livello basso del punto di partenza dell'indice edal fatto che sulla media del 1835/7 pesano le conseguenze del colera sulmovimento del porto di Marsiglia.

19

il valore approssimato dell'olio passato per Nizza. Ciò checomunque emerge e va sottolineato è che i traffici meridionalinon perdono vistosamente rispetto alle importazioni globalifrancesi, le quali sono in questa fase in vigorosa espansionein termini assoluti, e, soprattutto, vanno allargando la loroquota nel contesto della «rivoluzione commerciale» europea22.Il che è tanto più significativo se visto sullo sfondo dellarapida caduta del peso delle importazioni dall'insieme degliStati italiani sulle importazioni globali francesi23:l'Ottocento meridionale sembra insomma andare controcorrenterispetto a quello settentrionale sul piano dei traffici con laFrancia.

Tab. 5 – Numeri-indice del tonnellaggio globale delle navicariche da e per l'estero

nei porti francesi.ARRIVATE

In tutti i portifrancesi dall'estero

A Marsigliadall'estero

In tutti i portifrancesi dal Mezz.

1825/7 100 100 1001835/7 169 172 205

22 La tab. 18, p. 77 in BAIROCH, op. cit., riguarda le esportazioni; mal'andamento delle importazioni globali non sembra allontanarsisostanzialmente dalle prime.23 In termini percentuali rispetto al commercio estero globale francese,l'interscambio della Francia con l'Italia evolve in questa maniera (cfr. latab. 15, p. 345 di A. BRODER, Le commerce extérieur : 1'échec de la conquête d'uneposition internationale, in F. BRAUDEL et E. LABROUSSE (dirigée par), Histoireéconomique et sociale de la France, III/1: L'avènement de 1'ère industrielle (1789-années 1880),Parigi, 1976):

ImportazioniEsportazioni in Francia dall’Italiain Italia dalla Francia

1821 20,09%11,72%1827/36 12,466,001837/46 10,046,041847/56 8,675,531857/66 6,556,29

20

1845/7 316 439 276

PARTITE

Da tutti i portifrancesi per

Da Marsiglia perl’estero

Da tutti i portifrancesi per il

1825/7 100 100 1001835/7 130 136 1211845/7 168 253 164

Fonte: Tableaux.

Tab. 6 - Percentuali sul tonnellaggio globale delle navicariche da e per l'estero nei porti francesi, delle navi.

ARRIVATE PARTITE

A Marsigliadall'estero

In tuttii porti francesidal Mezzogiorno

DaMarsiglia

per

Da tuttii portifrancesi

1825/7 26,5 4,8 27,6 4,11835/7 26,9 6,1 29,1 3,91945/7 36,8 4,4 41,9 4,1

Fonte: Tableaux.

Tab. 7 - Percentuali in valore delle importazioni edesportazioni da e per il Mezzogiorno sulle importazioni ed

esportazioni globali francesi.

Importazionidal Mezzogiorno

Esportazioniper il Mezzogiorno

1787/9 3,05% (3,05) 1,34%1816/8 2,70% (2,70) 0,90%1835/7 2,10% (3,20) 1,50%1845/7 2,53% (3,30) 1,70%1847* 2,59% 1,59%

Fonte: Tableaux. * Valori calcolati secondo il nuovo metodo, che tiene conto dei prezzi ai porti di arrivo delle singole merci nell'anno in corso.

Così, sullo scorcio del periodo qui considerato, sembraconcludersi con successo una lunga fase in cui la Francia,nella prima metà del Settecento di gran lunga superata dallalontana Inghilterra in quanto acquirente di merci meridionali,va allargando il suo ruolo fino a collocarsi saldamente al

21

primo posto fra i paesi destinatari delle esportazioni delMezzogiorno. La tab. 8, elaborata su dati ufficiali meridionali,riguarda solo la parte continentale del Regno, conl'esclusione della Sicilia, che rappresenta fra il 1838 ed il'47 oltre il 35% delle esportazioni dal Mezzogiorno e cheinvia il 34,4% in valore delle sue merci destinate all'esteroalla Gran Bretagna24; se si considera però che una parte assaiconsistente della quota degli Stati Sardi andrebbe assegnataalla Francia, il primato di quest’ultima appare assai netto.

Tab. 8 - Distribuzione per paesi del commercio estero del Regno di Napoli (valori) 1838-1847.

Esportazionidal Regno

Importazioninel Regno

Importazioni+ esportazioni

Francia 27,8% 32,1% 30,2%

Gran Bretagna 15 % 36,6% 27,2%Austria 20,6% 8,5% 13,8%Stati Sardi 17 % 6,1% 10,9%altri 19,6% 16,7% 17,9%

Fonte: A. GRAZIANI, Il commercio estero del Regno delle Due Sicilie dal 1838 al 1858, in Atti dell'AccademiaPontaniana 1956-7, tab. 1, p. 202, e ID., Le relazioni commerciali fra il Regno delle Due Sicilie e gli altri paesieuropei ed extraeuropei, ivi, tab. 6, p. 291.

Tutto questo ci porta al problema decisivodell'andamento delle esportazioni globali dal Mezzogiorno,all'interno del quale hanno luogo questi mutamenti nelladirezione dei flussi. Su di esso richiama fra l'altrol'attenzione una relazione consolare francese da Napoli del183425 assai ampia e dettagliata, irta di cifre scarsamenteattendibili, ma che, stando agli indizi disponibili, coglieil senso complessivo delle cose. Se la ripresa settecentescadelle esportazioni meridionali in Francia sembra aver luogoin un contesto di crescita complessiva del commerciomeridionale non distante dal passo del mercatointernazionale, nell'Ottocento la quota francese aumenta inlarga parte attraverso l'allargamento del controllo da parte

24 Elaborazione su R. BATTAGLIA, Sicilia e Gran Bretagna. Le relazioni commerciali dallaRestaurazione all'Unità, Milano, 1983, tab. alle p. 238-40.25 In AN, AE, BIII, 408.

22

di Marsiglia, a danno dei porti concorrenti, di un entroterraassai vasto e debordante dai confini della Francia, in unquadro che vede indebolirsi la capacità di penetrazionerelativa delle merci meridionali sui mercati centro e nord-europei. La profondità temporale della tab. 9 non èsufficiente a dimostrare la verità dell'assunto degliosservatori contemporanei, ma l'indicazione che ne derivasembra netta: sullo scorcio del nostro periodo va adincanalarsi per Marsiglia una quota crescente di prodottimeridionali il cui mercato si allarga ad un passo ormai assaiminore di quello travolgente del mercato mondiale nell'etàdella «rivoluzione commerciale». Non è del resto un caso che,dopo un secolo e mezzo di crescita delle esportazioni direttein Francia, il commercio estero pro capite nel Mezzogiornoalla vigilia dell'unità rimanga ancorato ad un livellocomparativamente bassissimo26

.

Tab. 9 - Numeri-indice dell'andamento del commercio estero del Regno di Napoli in valore, per paesi di destinazione e provenienza.

ESPORTAZIONI

Paesi destinatari 1838/40 1845/7 1851/3 1856/8Gran Bretagna 100

157195 213

Austria 100 120 136Stati Sardi 100 65 49

Francia 100 167 177Esportaz. globali dal

R. di Napoli 100

114

121

130Esportaz. globali in 100 143 264

IMPORTAZIONI

Paesi di provenienza 1838/40 1845/7 1851/3 1856/8Gran Bretagna 100 130 138 146

Austria 100 122 116 140Stati Sardi 100 97 115 132

Francia 100 132 123 165Importaz. globali

Importaz. globali nel R.di Napoli

100 125 129 146Esportaz. globali

Esportaz. globali dalla 100 119 195 278

26 Cfr R. ROMEO, Il Risorgimento in Sicilia, Bari, 1950, p. 200; GRAZIANI, Il com-mercio estero cit., tab. 2 e 3, p. 208-9.

23

Fonte: A. GRAZIANI, Le relazioni commerciali cit., tab. 6, p. 291-2. Per i dati sulla Francia(commercio «speciale») cfr. B. R. MITCHELL, European Historical Statistics 1750-1970, Londra 1975, p.487 e 490.

Si tratta, lo sottolineamo ancora una volta, di una letturapuramente indiziaria di dati di significatività discutibile, inassenza di riscontri sistematici in termini di quantità e valori.L'abbiamo comunque presentata perché questo andamento di lungoperiodo dei traffici diretti dal Mezzogiorno verso la Francia, chela Santé permette per la prima volta di suggerire, pone alcuniproblemi da tenere ben presenti sul piano di analisi privilegiatonella nostra linea di ricerca, quello della qualità di questi nessimercantili e delle forme di complementarietà economica fra le duearee.

A queste questioni saranno specificamente dedicati i restantiparagrafi di questo scritto. Prima di lasciare il piano dei datiaggregati, è però indispensabile riutilizzarli per periodizzare i136 anni studiati in maniera utile rispetto agli obbiettivi. Nellaproposta presentata nella fig. 2, le scansioni vengono costruiteintrecciando i ritmi di mutamento ai livelli conseguiti daitraffici, i quali ultimi pongono il problema di una diversa qualitàdei nessi mercantili quando la loro intensità muta. Nell'interoperiodo si individuano così due grandi fasi, quella settecentesca equella ottocentesca, in ciascuna delle quali si ascende dasituazioni di disordine e casualità dei nessi mercantili, tenuti invita da una manciata di piccole imbarcazioni (1710/50,1793/1815), a situazioni intermedie (1751/64, 1816/29) chepreparano condizioni di più alta complementarietà (1765/92,1830/46).

24

1710/50 1751/64 1765/92 1793/1815 1815/29 1830/46

Fig. 2 – Arrivi globali a Marsiglia di navi partite da porti meridionali. Medie annue per periodi (Fonte: Santé)

Come ci si potrebbe aspettare, i periodi di scarsi esaltuari nessi mercantili presentano altissimi indici divariabilità (cfr. tab. 4), i quali crollano nei periodiintermedi ma rimangono sostenuti in quelli in cui si realizza1'aggancio fra le due economie, alludendo a caratteri diqueste forme complementarietà sui quali dovremo soffermarcinel paragrafo seguente.

Un altro elemento di fondo delle fasi dicomplementarietà, già sottolineato con forza dagliosservatori contemporanei27 e suggerito dalle stesse nostretabelle, va tenuto presente nel prosieguo dell'analisi: ilfatto che l’ascesa verso una più stretta complementarietàcomporti un rovesciamento dello squilibrio della bilanciacommerciale a favore del partner più debole.

Non sembra esserci dubbio che nel primo Settecentonell'interscambio fra la Francia ed il Mezzogiorno siverificava un avanzo consistente a favore della Francia. Nelsecondo Settecento le cose cambiano radicalmente. Si guardiai dati in termini di valore delle fig. 3 e 4, i quali, comemeglio vedremo più avanti, appaiono pienamente congruirispetto a quelli dalla Santé fino al 1773, quando cominciano a

27 Cfr. ancora ROMANO, Le commerce du royaume de Naples cit.

25

puntare decisamente verso il basso e si divaricano daisecondi, perdendo ogni affidabiliquestione su cui ci premeinsistere è comunque per ora un'altra: il fatto cioè chel'aggancio si realizza in parte larghissima dal lato dellemerci che dal Mezzogiorno entrano a Marsiglia e nonviceversa. E, ancora una volta, no si tratta solo delriverberarsi sui traffici meridionali di un elemento generaledel commercio marsigliese, cioè la prevalenza delleimportazioni sulle esportazioni globali28. Il valore delleesportazioni di Marsiglia verso il Mezzogiorno non solorimane ben lontano da quello delle importazioni, marappresenta una quota di gran lunga minore delle esportazionitotali marsigliesi rispetto alla quota delle importazioni delMezzogiorno sulle importazioni globali. Quando il commerciotira, il Sud d'Italia diventa un mercato diapprovvigionamento, non uno sbocco per la Francia. «Se noiabbiamo un commercio passivo con l’Inghilterra, con l’Olandae colla Germania - afferma Galanti - abbiamo poi un commercioattivissimo colla Francia », cosicché « il nostro dareall'Inghilterra e all'Olanda si soddisfa ordinariamente connostre cambiali sopra Lione e Marsiglia»29.

Fig. 3 – Andamento delle importazioni a Marsiglia dalMezzogiorno e delle esportazioni da Marsiglia nelMezzogiorno (milioni di livres). 28 PARIS, op. cit., p. 567.29 G.M. GALANTI, Della descrizione geografica e politica delle Sicilie, a cura di F.Assante e D. Demarco, vol. I, Napoli, 1969, p. 548.

26

Fonte: ACCM, série I, 30 e 31.

Fig. 4 - Andamento della quota percentuale delle importazionia Marsiglia dal Mezzogiorno sulle importazioni globali aMarsiglia e delle esportazioni da Marsiglia nel Mezzogiornosulle esportazioni totali da Marsiglia (valori). Fonte: ACCM,série I, 30 e 31.

Nell'Ottocento il modificarsi del rapporto fra Marsigliaed il suo entroterra tende a rompere il primato quantitativoe funzionale delle importazioni nel meccanismo generale deitraffici del grande porto, ma, per qual che riguarda itraffici col Mezzogiorno, le cose da questo punto di vistanon mutano. La Francia, scrive nel 1834 il console francese aNapoli, « paye seule le solde, en faveur du Royaume deNaples, de la balance générale du commerce de ce pays,balance constamment défavorable avec 1'Angleterre etgénéralement à peu-près égale avec 1'ensemble des autresnations»30; ed una decina d'anni dopo un osservatore assaiattento come Julliany individua qui un lato opaco nell'ascesatrionfale del commercio marsigliese: «Nos exportations pourles Deux Siciles sont susceptibles d'un immense

30 AN, AE, BIII, 408.

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accroissement. Le royaume est le seul avec lequel nosrelations n'aient fait aucun progrès depuis le dernier siècle»31. 1 dati ufficiali non sembrano dare del tutto ragione aquesti pessimismi, dal momento che segnalano una crescitaanche delle esportazioni francesi nel Mezzogiorno, maconfermano quanto meno 1'incolmabilità della distanza fraimportazioni ed esportazioni: se nel Mémoire del 1743 il rap-porto fra esportazioni ed importazioni colla sola partecontinentale del Mezzogiorno è di 1,37, fra il 1758 ed il 1780le esportazioni della «Direction » di Marsiglia verso i regnidi Napoli e Sicilia sono inferiori ad un terzo delleimportazioni; e le cifre dei Tableaux danno 0,32 per il 1787-9,0,33 per il 1816-8, 0,74 per il 1835-7, 0,65 per il 1845-7 e0,50 per il 1847, anno quest'ultimo in cui si tiene conto delpeggioramento delle ragioni di scambio per i prodottimanifatturati nel frattempo intervenuto.

Naturalmente - lo abbiamo sentito già affermare piùvolte dai contemporanei - chi colma questo sbilancio,intrecciando col Mezzogiorno rapporti commerciali concaratteristiche speculari rispetto alla Francia, è la GranBretagna, 1e cui esportazioni nel Regno di Napoli stanno alleimportazioni, secondo il più volte citato Mémoire del 1743, nelrapporto di 2,3 ad 1, ed esattamente nello stesso rapporto lericollocano, a distanza di un secolo, i dati ufficialinapoletani relativi agli anni 1838-47. A parte le questioni diattendibilità, c'è ovviamente da tener conto che includendonel calcolo la Sicilia, che esporta direttamente inInghilterra in proporzione ben più del continente e riceveinvece una quota consistente di quanto importa tramiteNapoli, questo squilibrio si riduce notevolmente, e sembracollocarsi nell'Ottocento su un trend discendente32. Restacomunque, quale elemento di straordinaria rilevanza sul lungoperiodo, la mancata definizione di uno spazio autonomo per itraffici fra Mezzogiorno e la Francia, nel quadro più

31 op. cit., II, p. 149.32 Elaborando i dati forniti da BATTAGLIA (op. cit., p. 238 e 24) e GRAZIANI(Le relazioni commerciali cit., p. 291-2), il rapporto fra i valori delleesportazioni della Gran Bretagna nel Regno delle Due Sicilie e quellodelle importazioni nella Gran Bretagna dalle Due Sicilie varia in questomodo:

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generale della mancata autonomizzazione dei rapporti fral'Italia nel suo complesso e l'Europa continentale dopo ladiscesa degli inglesi nel Mediterraneo : i rapporti fra ledue aree rimangono prigionieri di un gioco triangolare in cui- semplificando in maniera grossolana - le derratemeridionali si scambiano direttamente solo in parte conmanufatti e coloniali francesi, e per il resto con mezzi dipagamento che servono ad acquistare manufatti e colonialiinglesi. Al fondo di tutto questo c'è senza dubbio il marginedi competitività che i prodotti inglesi hanno nei confrontidi quelli francesi e di ogni altra area europea in generale;ma, dato che non sembra che le bilance commerciali complessi-ve degli Stati continentali esportatori di manufattirimangano a lungo disastrosamente squilibrate a causa dellapresenza inglese, e, nel nostro caso, dal momento che laFrancia compensa il disavanzo col Mezzogiorno con avanzirealizzati in altre direzioni vendendo tessuti, occorretenere le spiegazioni in termini di vantaggi comparati dentroun quadro più vasto quello, per così dire, delle forme diinsediamento che le singole potenze europee realizzano nellearee non incluse negli imperi coloniali, e che comprendonoanche la costruzione in quelle aree di tradizioni mercantili,di linguaggi e tecniche dello scambio, di reti di relazionianche personali, di influenze diplomatiche più o menosostenute dal ricorso alla forza che finiscono per pesare inmaniera determinante sulla direzione e qualità dei traffici.

Torneremo per cenni su questi temi nelle pagine finalidi questo scritto. Qui interessa invece segnalare, a chiusuradi queste note sui trends, alcuni aspetti assai vistosi deimeccanismi dello scambio sulla nostra rotta, determinatidalle forme e dai limiti della complementarietà fra le duearee in questione.

Nel commercio per mare fra partners che scambianoprodotti manufatturati contro derrate e materie prime, comesi sa, il diverso valore unitario delle merci determina unlivello assai diverso di carico delle navi a seconda delladirezione che percorrono: esse tendono ad essere piene quandotrasportano derrate, semivuote sulla rotta opposta. La Santé,lo abbiamo già accennato, segnala pochissime navi giunte dalMezzogiorno vuote, ed in generale i carichi sembrano vicinial limite della capacità dell'imbarcazione. Al ritorno versoi porti meridionali, agli effetti generali sulla navigazione

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caratteristici dello scambio fra manufatti e derrate sisovrappone nel nostro caso lo squilibrio in termini divalore: non solo le merci imbarcate a Marsiglia per ilMezzogiorno pesano unitariamente di meno di quelle sbarcate,ma valgono complessivamente anche assai di meno. Come si vededalla tab. 11, le navi giunte vuote dal Mezzogiorno sonopercentualmente ancora meno numerose di quelle che giungonoin Francia ed a Marsiglia in particolare, e quelle che vi sidirigono vuote sono ancora più numerose di quelle che di lìpartono verso le altre destinazioni.

Né è detto che quelle che non partono vuote abbiano uncarico che riempia la nave. Il carico tipico delle navidirette verso il Mezzogiorno si compone di una miriade dioggetti, colli, pacchi, che non sembrano dato che servono adacquistare manufatti e coloniali inglesi. Al fondo di tuttoquesto c'è senza dubbio il margine di competitività che iprodotti inglesi hanno nei confronti di quelli francesi e diogni altra area europea in generale; ma, dato che non sembrache le bilance commerciali complessive degli Staticontinentali esportatori di manufatti rimangano a lungodisastrosamente squilibrate a causa della presenza inglese,e, nel nostro caso, dal momento che la Francia compensa ildisavanzo col Mezzogiorno con avanzi realizzati in altredirezioni vendendo tessuti, occorre tenere le spiegazioni intermini di vantaggi comparati dentro un quadro più vastoquello, per così dire, delle forme di insediamento che lesingole potenze europee realizzano nelle aree non inclusenegli imperi coloniali, e che comprendono anche lacostruzione in quelle aree di tradizioni mercantili, dilinguaggi e tecniche dello scambio, di reti di relazionianche personali, di influenze diplomatiche più o menosostenute dal ricorso alla forza che finiscono per pesare inmaniera determinante sulla direzione e qualità dei traffici.

Torneremo per cenni su questi temi nelle pagine finalidi questo scritto. Qui interessa invece segnalare, a chiusuradi queste note sui trends alcuni aspetti assai vistosi deimeccanismi dello scambio sulla nostra rotta, determinatidalle forme e dai limiti della complementarietà fra le duearee in questione.

Nel commercio per mare fra partners che scambianoprodotti manufatturati contro derrate e materie prime, come

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si sa, il diverso valore unitario delle merci determina unlivello assai diverso di carico delle navi a seconda delladirezione che percorrono: esse tendono ad essere piene quandotrasportano derrate, semivuote sulla rotta opposta. La Santé,lo abbiamo già accennato, segnala pochissime navi giunte dalMezzogiorno vuote, ed in generale i carichi sembrano vicinial limite della capacità dell'imbarcazione. Al ritorno verso iporti meridionali, agli effetti generali sulla navigazionecaratteristici dello scambio fra manufatti e derrate sisovrappone nel nostro caso lo squilibrio in termini divalore: non solo le merci imbarcate a Marsiglia per ilMezzogiorno pesarlo unitariamente di meno di quelle sbarcate,ma valgono complessivamente anche assai di meno. Come si vededalla tab. 11, le navi giunte vuote dal Mezzogiorno sonopercentualmente ancora meno numerose di quelle che giungonoin Francia ed a Marsiglia in particolare, e quelle che vi sidirigono vuote sono ancora più numerose di quelle che di lìpartono verso le altre destinazioni.

Tab. 11 - Percentuale del tonnellaggio delle navi senzacarico sul tonnellaggio globale nella navigazione francesecon l'estero. Medie dei due trienni 1835/7 e 1845/7.

Navi giunte in tutti i porti francesi dall’estero 5,4%Navi partite da tutti i porti francesi per 46,0%

Navi giunte a Marsiglia dall'estero 3,9%Navi partite da Marsiglia per l'estero 38,1%

Navi giunte in tutti i porti 1,2%Navi partite da tutti i porti francesi per il

Mezzogiorno51,3%

Fonte: Tableaux.

Né è detto che quelle che non partono vuote abbiano un carico che riempia la nave. Il carico tipico delle navi dirette verso il Mezzogiorno si compone di una miriade di oggetti, colli, pacchi, che non sembrano da questo punto di vista efficaci: a leggere i registri portuali33 ricorrono monotonamente articoli come pelli lavorate, chincaglieria, mercerie, orologi a pendolo, cristalleria, porcellane, fiori artificiali, libri, mescolatialla rinfusa alle merci fondamentali delle esportazioni

33 Cfr. quelli in AN, F12, 1802.

31

francesi in tutto il periodo qui esaminato, i coloniali, le seterie ed i drappi di lana. Le imbarcazioni che riescono ad ottenere questi noli sono costrette ad un détournement rimetto, a quelle partite vuote: devono far sosta per scaricare queste merci nei grandi centri di consumo e di organizzazione della rete di distribuzione dei prodotti di qualità del Mezzogiorno - Napoli in primo luogo, e poi, a distanza notevole, Messina e Palermo -, i quali, date le -difficoltà dei trasporti interni, fungono da centri di raccolta dei prodotti dell'entroterra solo per le merci meridionali di alto valore unitario come la seta, che imbarcano sulle navi giunte dall'estero insieme a qualche prodotto dell'artigianato tipico urbano. Di lì, vuote o semivuote, le navi raggiungono quelle arrivate direttamente da Marsiglia senza carico nei porti provinciali dove si concentrano le grandi derrate e materie prime meridionali, sempre avide di spazi e di capacità di carico dato il loro alto ~ ingombro e peso relativo. Così le une e le altre risalgono il Tirreno ai limii delle capacità ma con valori relativamente scarsi.

3 - DOMANDA FRANCESE E OFFERTA MERIDIONALE

In cerca di un criterio per orientare l'analisi nellacongerie delle merci scambiate fra il Mezzogiorno d'Italia eMarsiglia, abbiamo preferito adottare, piuttosto che unordine di importanza fondato sui caratteri di lungo periododella produzione primaria meridionale, l'altro determinatodal tipo e dall'intensità della domanda che si incanalaattraverso il grande porto francese: in una vicenda segnatada un così evidente squilibrio di potere politico edeconomico, ci è sembrato decisivo vedere se e come lacompagine economica meridionale risponda agli stimoli di unmercato che essa è in grado di influenzare solo in minimaparte.

Cerchiamo di disegnare, in maniera vigorosamentesemplificata e funzionale allo sviluppo del nostroragionamento, qualche tratto della nostra fonte di domanda.Marsiglia è parte integrante del sistema portuale delMediterraneo centro-settentrionale, che fa per secoli dacerniera fra due aree potenzialmente complementari, l'Europa

32

centrale, da un lato, i paesi del Mediterraneo centrale edorientale dall'altro. Nel periodo qui considerato emergononettamente, fra la moltitudine dei porti minori, ad occidentedella penisola italiana, la stessa Marsiglia, Genova e, perfasi, Nizza; ad oriente dell'Italia Trieste, Venezia e, nelsecondo Settecento, Ancona. In ciascuno di questi porti sisommano, in un mix diverso e diversamente dotato dipotenzialità espansive, funzioni varie: principalmente quelledi entrepôt, luogo di immagazzinamento e snodo nella circo-lazione delle merci nell'ambito del sistema portuale; dicentro di armamento, produttore di servizi di trasporto edintermediazione finanziaria; di centro di trasformazionemanifatturiera delle derrate e materie prime immesse via maree redistribuite in parte via mare; infine quello decisivo dalnostro punto di vista, di centro di gravitazione edirradiazione mercantile di un entroterra regionale, nazionalee, in qualche misura, internazionale, che in parte sisovrappone e che va continuamente difeso e riconquistatocontro i porti concorrenti. Accanto a questi porti, ma in unacollocazione assai particolare e defilata, si collocanoLivorno, entrepôt tendenzialmente puro a cui fanno caposoprattutto i traffici nordici, sede di un commerciovivacissimo ma in larghissima parte, per usare una categoriasettecentesca, « passivo »34, e, per certi versi, porti extra-mediterranei come Amsterdam, da cui si irradiano versol'Europa centrale quella parte dei prodotti mediterranei chei carrettieri del mare olandesi non sono riusciti aredistribuire lucrosamente nell'ambito del sistema portualedi quel mare.

A Marsiglia le diverse funzioni surriferite sono invecetutte vivacemente presenti e si combinano in forme complesseed in parte contraddittorie, rispecchiando la rete di vincolinaturali economici e politici che avviluppa la città e la34 Per Livorno nel nostro periodo, oltre ai numerosi scritti sparsi in riviste e miscellanee di J.-P. FILIPPINI, cfr. D. G. LO ROMER, Merchants and Reform in Livorno 1814-1868, Berkeley-Los Angeles-Londra, 1987, in part. p. 19-61, che, in polemica con Mori, sostiene che anche nell'Ottocento il porto toscano conserva le sue tradizionali caratteristiche di entrepôt. Per Genovacfr. l’op. cit. di Bulferetti e Costantini; per Ancona cfr. A. CARACCIOLO, Le port franc d’Ancone. Croissance et impasse d'un milieu marchand au XVIIIe siècle, Parigi, 1965; perVenezia cfr., per tutti, J. GEORGELIN, Venise au siècle des lumières, Parigi-L’Aia, 1978, p. 57-144; per Trieste, oltre all’op. cit. di BABUDIERI, cfr. per il Settecento W. KALTENSTADLER, Der österreichische Seehandel über Triest im 18. Jahrhundert, in Vierteljahrschrift füer Sozial und Wirtschaftsgeschichte, 1968, p. 482-500, 1969, p. 1-104.

33

copresenza al suo interno di gruppi d'interesse e di centridi potere non sempre armonicamente componibili. Un entroterraimmediato economicamente mediocre, irto di difficoltànaturali e superato da mediocri vie di comunicazione,l'intrico di pedaggi e dogane che finisce per esaltare ilruolo di intermediazione di Lione ostacolano il formarsi sulterritorio di linee di forza percorse da traffici facenticapo al grande porto, e le franchigie della stessa Marsigliarendono più conveniente riesportare piuttosto che diffondereall'interno le merci importate e quelle trasformate,proiettandola sul mare come entrepôt; d'altro canto lepolitiche mercantiliste hanno fra l'altro consegnato allaMarsiglia settecentesca i privilegi della navigazione delLevante sui quali si costruisce l'interscambio intensissimocon i manifattori di drappi «londrins» della vicinaLinguadoca, ed i «transiti» verso un entroterra dilatato, lelinee di penetrazione fiscalmente privilegiate verso laFiandra e, per Strasburgo ed il grande crocevia di Ginevra,verso La Svizzera e la Germania. Intorno a tutto questo siorganizzano interessi, competenze, consuetudini che, man manoche il Settecento si svolge, spingono la società e leistituzioni cittadine verso la conquista dei difficili spazidell'entroterra e preparano il clamoroso successoottocentesco di Marsiglia nei confronti dei porticoncorrenti35.

Tutto questo influenza le caratteristiche e l'evoluzionedi lungo perioda e dell'offerta che vi si organizzano, e chesolo in parte quelle degli altri porti del sistema. Cerchiamodi individuarle in estrema sintesi. Una parte assai rilevantedella domanda incanalata e trasmessa all'esterno da Marsiglia- si guardi la tab. 12, che include solo fra le piùimportanti fra le materie prime interessate e presentavariazioni nel tempo su cui torneremo più avanti - è prodottadirettamente da tre grandi comparti: a) la manifatturatessile in cotone, seta e lana; b) il saponificio; c)l'industria di molitura e panificazione. La prima è collocatadentro o nei dintorni immediati della città solo in piccolaparte (1'industria dei bonnets di lana alla tunisina e quelladella prima lavorazione della lana grezza), ed è diffusa perla parte di gran lunga più cospicua in un entroterra non

35 Cfr. su questi problemi, per tutti, G. RAMBERT, Histoire du commerce de Marseille de 1660 à 1789. L'Europe moins les trois péninsules méditerranéennes, Parigi, 166.

34

immediato, dalla Linguadoca all'Alsazia, al grande centro diLione, fino alla Normandia, alla Svizzera ed alla Germaniameridionale, cosicché sulle vie che si irradiano daMarsiglia ritroviamo una parte cospicua delle materie primerilevanti sbarcate36; al contrario il saponificio, collocatodentro le mura cittadine, ingoia gran parte dell'olio, soda e zolforichiamati nel porto e provoca flussi importanti verso l'internoquasi esclusivamente di prodotto finito. Infine molini e panificinutrono produttori ed addetti alla circolazione ed ai serviziutilizzando grano provenzale di alta qualità scambiato con quello «di mare» di qualità inferiore, destinato alla tavola dei contadini,e determina così flussi incrociati, a volte ingigantiti dallafunzione di entrepôt granario assunto in certe fasi dalla città. Inparziale contropartita, Marsiglia offre tessuti di ogni fibra delsuo entroterra vicino e lontano, e generi coloniali che si procurasulle rotte oceaniche e che in parte a mala pena toccano i suoi moliin attesa di essere reimbarcati, in parte vengono trasformati primadella riesportazione; il principale prodotto manifatturato dellacittà, il sapone, può invece difficilmente trovare sbocchi pressoacquirenti mediterranei, capaci di produrne a buon mercato dalproprio olio.

Tab. 12 - Percentuali sul valore delle importazioni globali a Marsiglia dei valori delle importazioni a Marsiglia di singole merci per periodi.

1764/6

1778/80 1826/30

1839lana 9

,3 5,8

1,7

3,1cotone 9 5,1seta 11, Tot. 30,

6 30,3

16,3

17,2olio 10,7soda e -zolfo 0,6

36 Sulla base dei dati forniti da Rambert nel cit. tomo VII della Histoire ducommerce de Marseille (p. 76-8), nel 1789 entrano in Francia da Marsiglia,registrate ai bureaux di Arles e Septèmes, merci per un valore di31.938.941 livres distribuite in percentuale come segue: lana 6,14%; cotone12,84%; seta 14,11%; olio 0,76%; cenere di soda 0,21%; sapone 11,29%; grano10,54%; zucchero 5,44%; caffè 0,49%; indaco 1,02%; altre 37,16%. Nellostesso anno le 952.825 livres di merci inviate da Marsiglia verso laSvizzera, l'Alsazia, la Germania e la Polonia si ripartiscono in questamaniera (cfr. ivi, p. 523) : lana 2,57%; cotone 46,70%; seta -; olio -;cenere di soda 0,18%; sapone 37,16%; grano -; zucchero -; caffè -; indaco7,50%; altre 5,89%.

35

tot. 6,9

15,3

17

11,3grano

4,6 9,1

4

16,4doghe ecerchi

0,2

0,2

0,9

0,5zucchero 6

caffè indaco Tot.

15 11

* calcolato solo su 1779 e 1780.Fonte: per gli anni 1764-66 e 1778-80 ACCM, série 1, 30 e 31; per gli anni 1826-30 e 1839, JULLIANY, op. cit., I, p.159.

Tab. 13 - Percentuali del valore delle importazioni a Marsiglia sul valore delle importazioni in Francia di singole merci.

1826/30 1839Lana 20,3 18,3Cotone 25,3

Seta 10,3 Olio 73,5

79Zolfo 73,4 76,4Grano 26,3 70,8Doghe e cerchi 31,9 27,8Zucchero 20,6 33,5Caffè 34,1 31,7Indaco 4,5 1,5

Fonte : JULLIANY, op. cit., I, p. 159.

Tab. 14 - Percentuali sugli arrivi globali a Marsiglia dal Mezzogiorno delle navi trasportanti.

GRANO OLIO SODA ECENERE ZOLFO LANA COTONE SETA DOGHE E

CERCHI1710-50 22% 29% 4,9% 1,2% 0,3% 1,7% 10% 26%1751-64 19 28 4,7 2,3 0,1 0,1 0,6 141765-92 17 27 16,7 5,7 0,4 0,3 0,6 91793-1815 3 58 13,9 4,5 23 13 4 71816-29 10 30 2,6 24,2 9 6 18 161830-46 14 15 0,4 24,2 3 0,2 3 111710-1846 15% 27% 8,2% 12,2% 3% 2% 5

%12%

Fonte: Santé.

36

Il Mezzogiorno d'Italia gioca le proprie carte all'internodi questa struttura dello scambio possente ed apparentementerigida, e che per di più sembra irrigidirsi man mano che, nelcorso del Settecento e poi nell'Ottocento, le vocazionimanifatturiere e le trasformazioni della prima rivoluzioneindustriale sì vanno diffondendo nell'Europa centrale; ed èsolo su questo terreno che elementi di complementarietà fra ledue economie possono realizzarsi. Se nelle fasi in cui itraffici fra Mezzogiorno e Marsiglia sono sporadici èpossibile trovare manufatti o materie prime che si incrocianonei due sensi, quando i nessi si intensificano torna aregnare, così come nella parabola settecentesca dei rapportifra Marsiglia ed il Levante disegnata da Paris, l'ordine diuna divisione internazionale del lavoro chiaramente leggibilein tutti i dati a nostra disposizione.

Sondaggi in molte direzioni da noi fatti sul commercio dimanufatti meridionali, i cui esiti non è qui il caso diriportare analiticamente, raccontano ripetitivamente la stessastoria. Fra i dati concernenti questi settori, abbiamo sceltodi sottoporre ad elaborazione sistematica per confrontarli coii dati delle merci maggiori, quelli relativi al tradizionaleprodotto artigianale meridionale che dà origine ai flussimercantili più rilevanti: si tratta della tradizionale bottedi Napoli legata alla presenza del castagno sull'Appennino,diffusa in tutto il bacino occidentale del Mediterraneo comerecipiente per il trasporto di vino ed olio, ed esportata aMarsiglia in forma di doghe e cerchi per ridurre l'ingombro equindi il peso unitario del nolo. Il lettore ha già trovatonelle tabb. 12 e 13, e troverà in tutte le tabelle e figureriassuntive delle pagine seguenti, risultati numericieloquenti di questa elaborazione. Non ci sembra tuttaviainutile dedicare qui qualche cenno specifico all'argomento,del quale tener conto per meglio valutare la portata diquelle cifre.La fig. 5 individua, nelle vicende dell'importazione aMarsiglia di doghe e cerchi meridionali, due fasi distinte:quella settecentesca, caratterizzata da una crescita precocee da un andamento stanco proprio in coincidenza del «belSettecento» dei traffici complessivi; quella ottocentesca,

37

segnata da arrivi più numerosi ma meno specializzati (cfr.tab. 15), e quindi non necessariamente indicativi diimportazioni più importanti di questa merce, e comunqueancora una volta declinanti proprio in coincidenza degli anniin cui maggiore si presenta la complementarietà fraMezzogiorno e Francia. A limitare le possibilità espansive diquesti flussi concorrono del resto ragioni specifiche. A metàSettecento il Mezzogiorno soddisfaceva una porzioneimportante del fabbisogno di botti di Marsiglia (il 43% circadelle importazioni nel 1764/6)37, ma, come ricorda il consolefrancese a Napoli nel 183438, la distruzione dei boschimeridionali non poteva non frenare la crescita del settore espingere la Francia ottocentesca a guardare sempre più adaree dotate di ben altre riserve boschive come l'Europacentrale e gli Stati Uniti: così, se nel 1818/20 l'importazio-ne di «bois merrain» dalle Due Sicilie copre 1'11,5% delleimportazioni francesi di questa merce, la quota meridionalescende al 10% nel 1835/7 ed al 5% circa nel 1845/739. Ecomunque si tratta sempre di dinamiche interne a valori assaibassi: nel Settecento come nell'Ottocento l'importazione inFrancia di doghe e cerchi meridionali non supera l'1% circadelle esportazioni complessive dal Mezzogiorno. I giochi sidecidono evidentemente altrove, nei flussi di derrate ematerie prime richieste da Marsiglia.

a

37 Elaborazioni da ACCM, série 1, 30. 38 AN, AE, B 111, 408.39 Elaborazioni dai Tableaux.

38

1710 20 30 40 50 60 70 80 90 1800 10 20 30 40 46

Fig. 5 - Arrivi doghe e cerchi a Marsiglia dai porti meridionali:dati grezzi e medie mobili su 11 anni.

Fra queste ultime l'intensità della domanda del grandeporto francese seleziona quelle su cui conviene puntarel'attenzione, indipendentemente dalla capacità delMezzogiorno di soddisfarla: seta cotone e lana per ilcomparto tessile; olio soda e zolfo per il saponificio;grano. Partiamo dalla tab. 14, costruita sulle registrazionidella Santé entro le scansioni definite nel paragrafoprecedente. La sua leggibilità non è immediata e lasignificatività dei dati in essa contenuti è profondamentedifferenziata. Abbiamo già visto nel paragrafo precedentecome, anche in un'analisi globale e di lungo periodo, ilconcetto di «arrivo» debba essere usato con attenzione.Maggiori sono i problemi in una analisi settoriale, che poneimmediatamente la questione dei carichi multipli: gli arrivipossono servire come proxy di flussi mercantili solo perquelle merci trasportate da navi specializzate. Come la tab.15 fa vedere, questo accade solo per le merci di valoreunitario relativamente basso, e con modificazioni nel tempospesso significative; al contrario, le merci di alto valoreunitario rispetto al peso ed all'ingombro, in particolare lefibre tessili (e si torni a guardare la tab. 4), completanoil carico, e sono spesso «dimenticate» nelle dichiarazioni

39

dei capitani alle autorità sanitarie. Diventa dunque indi-spensabile cercare un riscontro a questi dati in quelliufficiali in termini di valori, organizzati nella tab. 16secondo scansioni temporali che abbiamo voluto mantenere«neutre».

Tab. 15 - Percentuali di arrivi a Marsiglia di naviprovenienti da porti meridionali con una sola merce.

GRANO OLIO ZOLFO E SODA DOGHE E CERCHI1714 77 87 - -1719 - 80 - 831725 100 90 - -1731 61 50 - 671735 50 82 - 111740 90 79 - 451744 - 73 - 711750 64 72 37 521755 - 72 - 911760 - 81 64 -1765 72 82 73 611770 72 86 58 711775 33 81 67 561780 80 77 68 -1785 100 58 59 541791 75 91 87 601797 78 42 42 541805 - 54 32 311810 - 40 - 01815 - 75 13 121820 55 42 52 121825 67 18 40 171830 86 25 63 111835 72 31 33 221840 92 70 56 391845 87 66 76 28

Fonte: Santé.

Si tratta di dati che si prestano a letture in unaqualche misura contraddittorie a seconda che ci si collochiin una prospettiva lunga o più a ridosso della congiuntura; eciascuno di questi punti di vista coglie aspetti importantima non esaustivi della nostra realtà. Guardiamo in primo luo-go agli elementi disponibili sul lungo periodo, confrontandola composizione merceologica delle importazioni meridionaliin Francia nelle due fasi di più piena complementarietà, siain termini di valori (fig. 6) che in termini di arrivi (fig.7). Tenendo conto della diversa natura di questi dati, ed in

40

particolare della incapacità organica della Santé di esprimerel'importanza di una merce di altissimo valore unitario comela seta, entrambe le figure sembrano raccontare una vicendaanaloga: nel quadro di una espansione

Tab. 16 - Percentuali sul valore delle importazioni globaliin Francia dal Mezzogiorno dei valori delle importazioni inFrancia dal Mezzogiorno di singole merci per periodi.

1758/60 1768/70 1778/80 1787/9 1818/20 1835/7 1845/7Olio 31,7 24,8 10,8 38,4 41,4 23,2(4

7)14,7(32

)Grano 14,4 5,9 2,2 19,1 12,7 12,7 18,7(15Soda 1,3 10,9 3 6,6 0,03 - -Zolfo 0,4 3 3,2 1,6 11 13,8 8,1 Cotone 0,06 0,2 0,3 1 2,3 - -Lana 0,9 5 4,7 5,2 4,8 0,2 2,2 (2)Seta 40 35,2 54,7 17,1 7,7 17,3(1 29,2(23Doghee 0,4 1 0,3 - 0,5 2,9 1,6 (1)Altro 11,4 24,5 20,6 10,8 19,6 29,8(2

0)25,5(20

)N.B. I dati tra parentesi per i due ultimi decenni tendono ad inglobarel'olio che passa per Nizza e sono approssimati.Fonti: Per il periodo 1758-80 (dati relativi alle importazioni nella «Direction de Marseille ») ACCM, série I, 30 e 31; per tutti gli altri iTableaux.

41

1758/80

LANA3% GRANO

9%

OLIO21%

ZOLFO e SODA6%

DOGHE1%ALTRO

17%

SETA43%

1835/37 e 1845/47

OLIO38%

ZOLFO e SODA8%

DOGHE1%

ALTRO21%

SETA19%

LANA1%

GRANO 12%

42

Fig. 6 - Composizione merceologica percentuale in valoredelle importazioni dal Mezzogiorno in Francia.

N. B. I dati relativi al 1758/80 riguardano la sola « Direction deMarseille ». Quelli ottocenteschi tengono conto anche dell'olio chepassa per Nizza e sono approssimati.Fonti: per il periodo 1758/80 ACCM, série I, 30 e 31; per i periodi1835/37 e 1845/47 i Tableaux.

43

1830/46

OLIO33%

ZOLFO e SODA19%

DOGHE8%

ALTRO29%

GRANO 11%

1765/92

OLIO27%

ZOLFO e SODA22%

DOGHE9%

ALTRO25%

GRANO 17%

44

Fig. 7 - Composizione merceologica dei carichi giunti aMarsiglia dal Mezzogiorno.

N.B. i dati ottocenteschi tengono conto approssimati.Fonte: Santé.

dei valori globali che permette una variazione di rango senzaimplicare necessariamente un ripiegamento delle curve dellemerci che vedono diminuire il loro ruolo, l'olio sostituiscela seta nella posizione di testa, lo zolfo compensa largamentela scomparsa della soda, il grano rimane sostanzialmentefermo, cotone, lana e legno lavorato non riescono ariscattarsi dalla loro collocazione marginale. L'impressioneglobale resta comunque quella di una sostanziale continuità esolidità dell'impianto dei rapporti mercantili fra le duearee. L'insieme delle merci considerate, che nella quasitotalità incorporano un valore aggiunto assai scarso, rap-presentano in entrambi i periodi la gran parte delleesportazioni meridionali in Francia; in entrambi i casil'esposizione mercantile del Regno appare accentuata (due solemerci rappresentano all'incirca il 60% delle esportazioni), macerto inferiore a quella di altri stati italiani venditoriquasi esclusivamente di seta40; lo spostamento dellacomposizione di questi traffici rispetto a quella delcommercio estero globale dei due stati sembra limitata: dallato del Mezzogiorno, il ruolo della seta nelle esportazioniverso la Francia è più ampio che nelle esportazionicomplessive; dal lato di Marsiglia, se si esclude il casoassai particolare dei coloniali, l'elemento caratterizzantedelle importazioni dal Mezzogiorno rispetto alle importazioniglobali è l'ipertrofia dell'olio e la quasi totale assenza

40 Cfr., ad esempio, la tab. 7, p. 21; di I. A. GLAZIER (a cura di), Ilcommercio estero del Regno Lombardo-veneto dal 1815 al 1865 (Archivio economico dell'Unifi -cazione italiana, serie I, vol. XV, fascicolo unico), Roma, 1966.

45

del cotone. Anche guardando ai traffici da Marsiglia alRegno, una volta che ci si fa largo nell'insieme variopintodi oggetti che occupano le stive e li si organizza in grandicategorie, emergono regolarità e permanenze. Nel secondoSettecento lo zucchero ed il caffé rappresentavano il 40%all'incirca delle importazioni nel Mezzogiorno da Marsiglia,i tessuti di ogni fibra il 26%; nella fase dicomplementarietà ottocentesca il ruolo dei due gruppi dimerci tende ad invertirsi, e comunque essi continuano adominare gli sbarchi nei porti meridionali dalle navi partitedai porti francesi.

Dunque una tranquilla occupazione di nicchie di mercato,che si realizza ogni qual volta le circostanze politichelasciano agire indisturbato il peso dei vantaggi comparati?

Già una lettura più ravvicinata delle tabb. 14 e 16 mettein evidenza mutamenti assai accentuati sul medio-breveperiodo nel paniere delle merci che risalgono il Tirreno, edinducono a guardare con più attenzione a quelle «variationsextraordinaires» notate dai contemporanei nelle importazioniin Francia dal Mezzogiorno41. Collocandosi a ridossodell'unità di tempo più adeguata a traffici fondati in largaparte su derrate con ciclo di produzione annuale, emergonoulteriori elementi che costringono a complicare il quadro.Lasciando per ora da parte il mutare della variabilità neltempo delle singole merci visibile nelle tabb. 17 e 18, sinoti come, sia in termini di valore, sia in termini diquantità o di navi arrivate, le merci di punta, quelle cherealizzano l'«aggancio » fra le due economie, sono poiquelle che presentano coefficienti di variabilità annuaparticolarmente elevati, causati da mutamenti repentini dallato della domanda come da quello dell'offerta nonattribuibili solo - secondo la linea dei riformatorisettecenteschi e dei liberisti ottocenteschi - agli effettiperversi del vincolismo statale di antico regime e di quellonuovo dell'età della Restaurazione.

È, come si sa, caratteristica del mondo mediterraneo lacontinua variazione di direzione ed intensità dei flussi diderrate interni ad esso, che redistribuiscono risorsecompensando deficit e sovrabbondanze determinate, nei paesiche vi si affacciano, dagli accidenti della meteorologia edal capriccio delle annate. Un sovrappiù, composto di merci 41 JULLIANY, op. cit., p. 136.

46

Tab. 17 - Coefficienti di variabilità per merci caricate eperiodi degli arrivi a Marsiglia di navi provenienti dalMezzogiorno (Numeri puri).

ANNI OLIO GRANO SODA ZOLFO DOGHE ARRIVI arriv quant arri quantit arrivi arrivi arrivi a

1710/50 79,15

61,48*

140 116,17**

101,31 78,441751/64 37,1

034,21

89,67

93,86 96,14 33,68 16,521765/92 45,4 49,4 120, 125,2 42,55 53,34 29,37

1793/18 101, 107,3 219, 270,8 141,53 140,23 112,24 1816/29 66,6 105,5 154, 152,0 27,77 61,40 1830/46 71,1 93,8 109, 109,2 45,35 33,24

* Calcolato sul periodo 1726/50. ** Calcolato sul periodo 1725/50.Fonte: Santé.

Tab. 18 - Coefficienti di variabilità dei valori delle mercientrate nella « Direction de Marseille » dal Mezzogiorno(numeri puri). 1758/80.Olio 70,36Grano 149,42Soda 94,7Zolfo 92,6Cotone 74,1Lana 66,7Seta 43,3Doghe 67,9

1Esportazioni 36

Fonte: ACCM, série I, 30 e 31.

anno per anno di provenienze diverse, è reso comunque quasisempre disponibile per essere trasferito ai consumatoridell'Europa centro-settentrionale; ma a concorrervi, per unpaese come il Mezzogiorno d'Italia, non basta avere derratein quantità superiori al proprio fabbisogno. Come afferma ilpresidente della Regia Camera della Sommaria in uno scrittodatabile fra gli anni Venti e gli anni Trenta delSettecento42, « il Regno fa parte di quelle nazioni che hannoprodotti che si trovano anche altrove»; né, d'altro canto, èin grado di sostenerli per via politica, mancando ad esso «ilcredito, le forze marittime, i bastimenti, i porti». A42 Cit. in M.A. VISCEGLIA, Sistema feudale e mercato internazionale : la periferizzazione del paese, in Prospettive Settanta, 1985, n. 1-2, p. 84-5.

47

colmare questi vuoti di autonomia statuale, come vedremo, igruppi dominanti meridionali non avrebbero lesinato sforzinon del tutto vani, ma comunque impari rispettoall'obbiettivo di ritagliare per le proprie merci spazi dimercato relativamente protetti dai concorrenti. L'economiamercantilizzata meridionale vive nel quadro di unMediterraneo affollato di concorrenti dotati dalla natura edalla storia di opportunità produttive simili nel settoreprimario, quello più interessato dalla domanda dei «centri»,i quali creano e ricreano margini reciproci di competitivitàutilizzando il differenziale fra i costi di trasportodeterminato dalle costrizioni geografiche o quelle pratichemercantilistiche consentite dai rapporti di forza fra lepotenze, e comunque rimangono generalmente incapaci, per ungroviglio di. condizioni storiche su cui non è il caso disoffermarsi qui, di rispondere alle sfide del mercato intermini di riduzione dei costi e di efficienza produttiva.

Marsiglia diffonde la sua presenza in ogni angolo diquesto mondo, a partire da quel Mediterraneo provenzale incui la geografia la colloca, piccolissimo rispetto alle sueambizioni mercantili ma pur sempre influente sul livello e laqualità della domanda da indirizzare lontano; e di lì cercadi incanalare verso il suo porto la parte più grandepossibile di questo sovrappiù composito, in un giococomplicato che ha bisogno di robuste strutture diintermediazione e forme particolari di imprenditorialità, eche prevede come elemento decisivo la necessità e lapossibilità di sostituire sul breve periodo, a seconda delladisponibilità e convenienza delle merci, pezzi importanti deimercati di approvvigionamento, non esclusi, naturalmente,quelli meridionali.

Il sovrapporsi ai capricci dei raccolti di questicaratteri del mondo mercantile mediterraneo spinge versol'alto gli indici di variabilità annuali delle grandi derratemeridionali, e fa sì che, sul medio periodo, le posizioniconquistate dal Regno non appaiano mai sicure e, viceversa,le opportunità di rispondere alla domanda marsigliese anchein settori in cui si è del tutto assenti rimangano sempreaperte. Ad uno sguardo più ravvicinato, l'immobilismo dellavicenda mercantile meridionale sul lungo periodo emerge comela risultante stratificata e complessa di rigidità edelasticità; le permanenze si sostengono non solo sui vincoli

48

istituzionali ed economici che ingessano la società,innumerevoli volte sottolineati da riformatori contemporanei,meridionalisti e storici, ma anche su una straordinariamobilità delle quantità commercializzate e, in una certamisura; anche di quelle prodotte, su una capacitàsorprendente di adeguare il paniere dei beni offerti alleopportunità del mercato: che è poi condizione indispensabileper poterlo praticare con qualche successo. Per mettere con ipiedi per terra questi discorsi occorrerà ora tentareun'analisi differenziata per tempi e settori, utilizzando laSanté, quando possibile, anche per i dati riguardanti lequantità trasportate, che pure presentano margini diaffidabilità limitati, e sostituendola con i dati ufficialiquando, come nel caso delle fibre tessili, essa appareinservibile.

4 - LE FIBRE TESSILI

Nel triennio 1764-66, all'uscita dalla fase di crisi edifficoltà della guerra dei sette anni, lana cotone e seta,grezze o soggette ad una prima la razione, rappresentano leposte più importanti del commercio di importazione diMarsiglia - costituiscono insieme circa un terzo del valorecomplessivo delle importazioni - ed i valori di ciascuna diesse sono vicini loro (cfr. tab. 12). Molto diversa è invecela geografia delle provenienze (cfr. tab. 19). Se per ilcotone il predominio del Levante è assoluto, per la lana ilLevante stesso lascia qualche spazio al Mediterraneo centoccidentale. Le gerarchie si rovesciano nel caso della seta,che vedi Mezzogiorno precedere nettamente il Levante al primoposto.

Si tratta, comunque, di un momento particolare di questavicenda. Attorno agli anni Sessanta del Settecento le curvesecolari dei valori di immissioni complessive a Marsiglia dilana, cotone e seta si incroci per poi divergereimmediatamente, dato che ciascuna di esse segue trend bendistinto. Di gran lunga il più dinamico è quello del cotone :nel 1688 ne erano state importate 760 tonnellate metriche, nel1750 2339, 1764 3099, all'incirca il doppio una ventina d'annidopo43, con uno spostamento progressivo dal filato al grezzo43 Cfr. JULLIANY, op. cit., III, p. 232-4.

49

determinato anche per via legislativa, ma rispondente aprocessi più generali di spossessamento a favore dei «centri»della produzione di valore aggiunto nelle «periferie». Sullealtre due merci abbiamo solo indizi, che suggeriscono un trendpiatto o addirittura discendente per la seta, e per la lanaun trend intermedio fra quello della seta e quello del cotone.

Il divergere di questi andamenti non sembra attribuibilesolo alla dinamica diversa, a seconda delle merci, delladomanda manifatturiera dell'entroterra diretto e di quelloservito da Marsiglia nella sua funzione di entrepôt, ma anchealla capacità e possibilità della stessa

Tab. 19 - Provenienze di lana, cotone e seta sbarcate aMarsiglia. Percentuali sui valori.

LANA1764/6 1778/80

Napoli e Sicilia 4,6 7Resto d’Italia 5,1 13,8 14Spagna 13,7 9,7 Levante e 76,6 68,6 63,Altri 0,1 0,1 3Russia - - 10,8

COTONE1764/6 1778/8

01833* 1840*

Napoli e Sicilia 0,2 0,2 0,04 -Resto d'Italia 0,9 11,6 0,8 0,7Levante e 98,2 85,1 57 33USA - - 36,5 62,8Resto delle 0,5 2,4 2,1 0,7Altri 0,1 0,7 3,5 2,8

SETA1764/6 1775 1778/

801839/48*

Napoli e Sicilia 55,9 47,3 45,628,9

Resto d'Italia e Svizzera

6,7 23,5 36,8Spagna 10 0,5 0,2 6,1Levante 27,5 22,4 17,4 65Altri - 6,2 -

* Percentuali sulle quantità.Fonti: Per i periodi 1764-66 e 1778-80 ACCM, série I, 30 e 31; per laseta (1775) MORINEAU, op. cit., p. 385, nota; per la lana 1839-41 JULLIANY,op. cit., III, p. 253-54; per il cotone 1833 e 1840 JULLIANY, op. cit.; III,p. 238; per la seta 1839-48 AN, F 12, 2520.

50

Marsiglia di reggere, in ciascuno di questi settori, laconcorrenza di altri porti e linee di traffico in un mondoche si affolla di potenziali nuovi fornitori. Per quantoriguarda la lana, i massicci ingressi dalla Spagna via terradocumentati da Rambert e ben visibili nella tab. 20, e lacrisi delle manifatture di Linguadoca non sembrano mettere indiscussione il ruolo di assoluta preminenza di Marsiglianelle importazioni complessive in Francia di questa merce:negli ultimi anni dell'antico regime andrà ad essa attribuitoun 60% circa della lana entrata nello Stato. Il cotone, chepure presenta la dinamica ascendente più accentuata, vede unoscivolamento più consistente del ruolo nazionale di Marsigliaa causa dell'ingresso prepotente delle Americhe nel mercato,che favorisce dagli anni Sessanta i porti atlantici.Marsiglia risponde alla sfida incrementandosignificativamente gli arrivi di cotone levantino ecatturando una parte del cotone americano, cosicché laperdita ineluttabile del suo monopolio sulle importazionifrancesi viene contenuta: nei tardi anni Ottanta passerà daessa un 40% circa del cotone entrato in Francia. Drasticaappare invece la caduta relativa del ruolo di Marsiglia comeporto sericolo. Se ancora a metà Settecento, delle due solevie consentite per l'ingresso della seta in Francia, Marsigliaper mare e Pont-de-Beauvoisin per terra, la prima sembra pre-valere in maniera ancora più accentuata che a fine Seicento44,nel corso della seconda metà del secolo la crescita impetuosain quantità e qualità del prodotto dell'Italia settentrionale,stimolata anche da fattori di localizzazione naturali ed«artificiali» - la collocazione del grande centro diproduzione e smistamento di Lione a ridosso delle Alpi ed iprivilegi che imponevano di sdoganarvi anche le sete giunte aMarsiglia - favorisce ineluttabilmente la via di terra.

Tab. 20 - Percentuali per paesi di provenienza dei valoridelle importazioni globali in Francia di lana, cotone e setaper periodi.44 Per i dati di fine Seicento cfr. RAMBERT, Histoire du commerce de Marseille, t. VII cit., p. 70, nota; per quelli di metà Settecento M. AYMARD, Commerce et production de la soie sicilienne aux XVIe-XVIIe siècle, in MEFR, 77, 1965, p. 610, nonché M. MORINEAU, Il commercio settecentesco tra Francia e Italia (un omaggio a Richard Gascon), in Rivista storica italiana, a. XCV, fs. II, 1983, p. 383-4.

51

LANADa 1787/9 1818/ 1835/7 1845/7Napoli e Sicilia 5,7% 2,4% 0,08% 1,3%Resto d'Italia 1,9 1,4 - -Spagna 24,8 45,3 32,8 16,4Olanda e Belgio 5,7 11,6 20 20,4Area tedesca 12,6 10,8 15.7 20,1Inghilterra 1,2 0,2 9,6 13,1Levante e « 46 23,2 11,2 10,8% lana sulle imp. tot.

2,8 6,3% 4,3% 4,4%

COTONEDa 1787/9 1818/

201835/7 1845/7

Napoli e Sicilia 0,5% 0,5% - -Levante e 32,7 6,9 9,9 4,2USA - 45,7 82,5 92,6Resto delle 63,9 28,4 2,8 -Altri 2,9 18,5 4,8 3,2% cotone sulle imp.tot.

6,1 14,2% 11,5% 10,2%SETA

Da 1787/9 1818/20

1835/7 1845/7Napoli e Sicilia 12,8% 5,4% 3,7% 7,9%Piemonte e Genova 69,1 43 35,5 47Resto d'Italia 1,3 28,9 33,9 -Svizzera 2,7 10,3 10,5 15,5Levante e « 8,4 4 8,1 14Altri 5,7 8,4 8,3 15,6% seta sulle imp. 4,1% 4,5% 9,8% 9,4%

Fonte: Tableaux.

In questo quadro va riconsiderata la composizione delcommercio di esportazione meridionale a Marsiglia e le suedinamiche suggerite dalle tabb. 21, 22 e 23, che, ciascuna diincerta significatività, disegnano insieme un'immagine nettase vista nelle sue grandi linee, delle vicende delle merci quistudiate. La lana, a differenza del cotone, rispondeall'incremento della domanda trasmesso dal grande portofrancese in maniera significativa, e probabilmente allarga nelcorso del secondo Settecento la fetta meridionale in una tortain via di espansione, ma non riesce ad imporsi come fattoretrainante dei traffici del Regno, forse anche per ledifficoltà causate alla produzione dalla progressiva invasionedel grano sui terreni pascolatori. Grandissima continua adessere invece l'importanza della seta nell'economia e negliequilibri sociali del Mezzogiorno, nonostante la secolaredecadenza che aveva attaccato non solo le attività ditrasformazione, ma anche la produzione del grezzo. I pochi e

52

sparsi dati disponibili suggeriscono una qualche inversione ditendenza delle curve della produzione ed esportazione globalinel Settecento, ma i decenni prerivoluzionari sembrano vedereun ripiegarsi di esse verso i livelli dell'inizio del secolo45.

Tab. 21 - Lana importata dal Mezzogiorno in Francia.

Quantità(libbre di

Valori(livres e poi

1758 92.475 64.6401759 17.000 6.8001760 120.561 109.3811761 157.880 175.2221762 148.450 147.7951763 49.537 53.2901764 215.158 226.3541765 300.655 330.7211766 451.178 496.2951767 687.362 756.0981768 759.296 834.2091769 399.040 438.0441770 273.600 300.9601771 262.350 288.5851772 278.342 305.0161773 268.800 240.6801774 568.358 608.3861775 203.301 121.7801776 974.721 487.3601777 483.571 385.1781778 463.264 231.6321779 372.947 314.4601780 300.900 295.56017811782 1.413.601 4.131.7231783178417857861787 504.976 1.258,4911788 533.2001789 1.156.000X 514.047XI 442.752XII 552.440XIII 963.0211807 30.5231808 99.2651809 62.10045 Cfr., per il Continente, la serie pubblicata in G. GALASSO, Economia esocietà nella Calabria del Cinquecento, Milano, 1975, p. 364, nota, nonché le cifrefornite da DI VITTORIO, Gli Austriaci e il Regno di Napoli cit., p. 273 e 276, e P.CHORLEY, Oil Silk and Enlightenment. Economic Problems in XVIIIth Century Naples, Napoli,1965, p. 249. La Sicilia sembra esportare globalmente quantità non dissimilida quelle del continente: cfr. i dati forniti da O. CANCILA, Commercio estero,in Storia della Sicilia, vol. VIII, Napoli, 1978, p. 148 e 157-8.

53

18103 0 4 . 4 0 0

1 8 1 1 3 0 2 . 6 0 0

1 8 1 2 2 6 3 . 0 0 0

1 8 1 3

1 0 6 . 5 0 0

1 8 1 4 1 . 9 0 0

1 8 1 5 1 1 . 6 0 0

1 8 1 6 2 1 7 . 2 0 0

1 8 1 7 2 5 8 . 2 0 0

1 8 1 8 1 . 6 6 1 . 0 0 0

1 8 1 9 7 5 . 0 0 0

1 8 2 0 2 1 5 . 0 0 0

1 8 2 1

1 8 2 2

1 8 2 3

1 8 2 4

1 8 2 5

1 8 2 6

1 8 2 7

1 8 2 8

1 8 2 9

1 8 3 0

1 8 3 1

1 8 3 2 1 2 . 0 1 8

1 8 3 3 1 3 0 . 3 8 5

1 8 3 4

1 8 3 5

1 8 3 6 7 , 1 3 4

1 8 3 7 2 1 . 5 5 6

1 8 3 8

1 8 3 9 5 8 3 . 9 3 8

1 8 4 0 2 4 4 . 5 6 3

1 8 4 1 8 8 5 . 2 2 6

1 8 4 2

1 8 4 3

1 8 4 4

1 8 4 5 1 . 2 0 0 . 6 9 4 1 . 5 2 5 . 3 5 4

1 8 4 6 4 1 7 . 5 8 6 4 4 5 . 4 1 3

1 8 4 7 - -

F o n t i : q u a n t i t à e v a l o r i p e r g l i a n n i 1 7 5 8 - 8 0 d a A C C M , s é r i e I , 3 0 e 3 1

( t u t t i d a t i r e l a t i v i a l l a s o l a « D i r e c t i o n d e M a r s e i l l e ) ; q u a n t i t à 1 7 8 2 e

1 7 8 7 e v a l o r i d a l l ' a n n o I X a l 1 8 1 5 i n R O M A N O , Le commerce cit., p. 27;

valori 1832-3 e 1839-40 in JULLIANY, op. cit., II, p. 145, valore 1841 ivi,III, p. 254; valori 1787-9, 1816-20, 1835-7 e 1845-7, e quantità 1845-7dai Tableaux.

Tab. 22 - Cotone importato dal Mezzogiorno in Francia.

Quantità(libbre di

Valori(livres e poi

1758 3.316 3.6471759 4.500 4.9501760 3.772 4.1491761 29.636 32.5991762 1.800 1.9801763 1.000 1.100

54

17641 0 . 3 7 6 1 1 . 4 1 3

1 7 6 5 1 3 . 3 6 8 1 4 . 7 0 4

1 7 6 6 1 5 . 8 0 0 1 7 . 3 8 0

1 7 6 7 2 9 . 3 8 0 3 1 . 4 7 6

1 7 6 8 2 9 . 3 0 0 3 2 . 2 3 0

1 7 6 9 4 . 5 0 4 4 . 8 9 4

1 7 7 0 2 8 . 8 5 0 3 1 . 7 3 5

1 7 7 1 1 6 . 4 2 0 1 7 . 9 7 6

1 7 7 2 3 8 . 4 1 5 4 2 . 2 5 6

1 7 7 3 1 3 . 8 2 7 1 5 . 2 0 9

1 7 7 4 9 . 2 4 2 1 0 . 1 6 6

1 7 7 5 6 . 9 0 0 7 . 5 9 0

1 7 7 6 1 3 . 0 4 8 1 4 . 3 5 2

1 7 7 7 1 4 . 8 3 4 1 6 . 3 1 7

1 7 7 8 8 . 0 8 6 8 . 8 9 4

1 7 7 9 1 6 . 5 2 7 3 3 . 0 5 4

1 7 8 0 4 . 6 7 5 8 . 2 5 0

1 7 8 1

1 7 8 2

1 7 8 3

1 7 8 4

1 7 8 5

1 7 8 6

1 7 8 7 2 4 3 . 9 0 0

1 7 8 8 1 8 6 . 0 0 0

1 7 8 9 1 6 2 . 0 0 0

I X 3 . 0 0 0

X 2 3 9 . 3 6 4

X I 1 9 . 1 2 7

X I I -

X I I I 6 1 4 . 7 9 0

1 8 0 7 1 3 . 2 5 6

1 8 0 8 7 . 4 0 0

1 8 0 9 1 7 . 5 0 0

1 8 1 0 7 7 5 . 1 0 0

1 8 1 1 2 . 2 4 1 . 1 0 0

1 8 1 2

2 . 4 8 6 . 2 0 0

1 8 1 3 2 . 7 8 2 . 0 0 0

1 8 1 4 8 1 8 . 9 0 0

1 8 1 5 2 2 4 . 8 0 0

1 8 1 6 1 5 9 . 3 0 0

1 8 1 7 1 3 . 0 0 0

1 8 1 8 4 7 . 4 0 0

1 8 1 9 8 7 . 3 0 0

1 8 2 0 8 0 5 . 2 0 0

Fonti: per gli anni 1758-80 da ACCM, série I, 30 e 31 (tutti dati relativialla sola “Direction de Marseille”); per gli anni IX-1815 ROMANO, Lecommerce cit., p. 27; per gli anni 1787-9 JULLIANY, op. cit., II, p. 129; per glianni 1816-21 Tableaux. La voce non è rinvenibile nei Tableaux degli anni 1835-47.

La quota della seta meridionale sulle importazioniglobali di seta a Marsiglia sembra allargarsi a spese

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dell'altro tradizionale grande fornitore, il Levante, ma inquesto caso si tratta di un sorpasso in discesa, dato che latorta si va rimpicciolendo e la modificazione delleproporzioni interne non riesce a sottrarre le curve ad unandamento pigro. La stessa quota della seta sulleesportazioni globali meridionali a Marsiglia, certoimponente, purtuttavia resta lontana dalla quota della setapiemontese o lombarda sulle esportazioni globali di questearee, e si presenta in via di riduzione. Insomma ledimensioni complessive dei traffici tirrenici sembrano, nellafase settecentesca di complementarietà fra il Mezzogiorno ela Francia, limitate, da un lato, dalla apparenteineluttabilità della posizione marginale dei settori in cuila domanda marsigliese ha un andamento vivace, quelli dellalana e soprattutto del cotone, a causa della scarsacompetitività in prezzo e qualità e della rigidità dellaproduzione del Mezzogiorno, e dall'altro, dalla scarsacapacità espansiva della domanda incanalata tramite Marsigliadella voce di gran lunga più importante delle esportazionimeridionali, la seta. Certo anche per quel che riguarda laseta, la questione centrale sta nelle strozzature produttivesottolineate dai riformatori settecenteschi e dagli storici,dal momento che, a differenza di quella marsigliese, ladomanda globale è in vigorosa espansione; il punto è, però,che il mantenimento in questo settore degli antichi primatimeridionali presupponeva un tasso di innovazione tecnica esociale e di mobilitazione delle risorse ancora superiore aquello straordinario in atto in vaste aree dell'Italia delNord, dal momento che, ceteris paribus, avrebbero agito a favoredi queste ultime fattori di localizzazione di peso nonsecondario: un'ipotesi del tutto irrealistica.

Dunque una situazione bloccata? Lo smentisce l'andamentoopposto delle curve nel periodo rivoluzionario e napoleonico,con la caduta della lana e della seta e l'inarcarsiviolentissimo di quella del cotone, che, dai livelli infimisettecenteschi, giunge a superare la seta e diventa peralcuni anni la voce più importante dell'esportazionemeridionale in Francia.

Tab. 23 - Seta importata dal Mezzogiorno in Francia.

56

Quantità(libbre di

Valori(livres e poi

1758 136.986 1.643.8321759 213.049 2.556.5881760 352.587 4.231.0441761 450.503 5.406.0361762 413.429 4.960.1481763 525.060 6.300.7201764 347.325 4.167.9001765 586.061 7.022.3321766 421.393 5.056.7161767 478.161 5.737.9321768 494.044 5.928.5281769 205.437 2.465.2441770 222.322 2.667.8641771 170.100 2.041.2001772 242.614 2.911.3681773 625.118 7.501.4161774 148.642 1.783.7041775 235.954 2.831.4481776 355.015 4.260.1801777 323.460 3.881.5201778 466.207 5.594.4841779 167.425 2.009.7001780 108.537 2.086.74017811782 105.995 1.589.925178317841785178617871788 979.9001789 4.276.000IX 92.000X 808.500XI 165.872XII 63.676XIII 71.4721807 41.7701808 188.8301809 400.7001810 145.280 447.3001811 548.6001812 2.101.5001813 1.382.7001814 249.3001815 364.4001816 378.4001817 2.151.5001818 1.869.2001819 823.4001820 423.700182118221823182418251826182718281829

57

18301 8 3 1

1 8 3 2 2 2 6 . 1 6 0

1 8 3 3 3 0 1 . 4 6 1

1 8 3 4

1 8 3 5 1 3 8 . 3 1 0

1 8 3 6 2 3 2 . 6 0 8

1 8 3 7 2 0 7 . 0 5 2

1 8 3 8

1 8 3 9 3 2 2 . 0 2 1

1 8 4 0 3 5 0 . 2 9 1 5 . 3 5 0 . 7 5 0

1 8 4 1

1 8 4 2

1 8 4 3

1 8 4 4

1 8 4 5 3 7 6 . 1 3 2 6 . 9 2 6 . 7 2 5

1 8 4 6 4 4 0 . 8 3 7 1 0 . 9 4 7 . 7 7 0

1 8 4 7 3 7 1 . 5 2 9 8 . 0 8 2 . 7 7 5

Fonti: per gli anni 1758-80 ACCM, série 1, 30 e 31 (tutti dati relativialla sola « Direction de Marseille»); per il 1782 e per gli anni IX-1815ROMANO, Le commerce cit., p. 26; per il dato del 1810, che riguarda lasola parte continentale del Mezzogiorno, cfr. il « Mémoire sur les soiesqui produit le Royaume de Naples», datato 30 marzo 1811, in AN, AE, BIII, 408; per gli anni 1832-3 e 1839-40 JULLIANY, op. cit., II, p. 125; pergli anni 1816-20, 1835-7 e 1845-7 i Tableaux.

Di fronte alle difficoltà di approvvigionamento che lemanifatture di tessuti di cotone francesi incontrano nelperiodo delle guerre rivoluzionar napoleoniche presso i lorotradizionali fornitori, le logiche dell'espansionesettecentesca sono travolte, le nuove gerarchie fondate sulcommercio oceanico vengono sconvolte, cosicché Marsiglia puòtornare a tratti ad una posizione di assoluta preminenzanazionale nell'importazione cotone46, e comunque i percorsi ele rotte brevi fanno premio su quelle lunghe. La domanda sirivolge spasmodica in direzioni del tutto nuove intrecciandolo stimolo di prezzi relativi assai favorevoli aprovvedimenti amministrativi: soprattutto nell'ultima etànapoleonica sforzi inauditi vengono messi in atto perespanderne la coltivazione in Francia ed in Italia, conrisultati spesso incisivi. In particolare nel Mezzogiornocontinentale, colpito drammaticamente dalla crisi di sbocchi

46 Nel triennio 1787/9 il cotone importato in Francia proveniva per il 64%dalle Americhe ed il 33% dal Levante (cfr. tab. 20); nel 1792 sulle 9630tonnellate cotone complessivamente importate, il 21,8% viene dalle Americheed il 77,5% Levante (cfr. JULLIANY, op. cit., III, p. 237, nota), cosicchéandrà attribuita a Marsiglia una quota superiore all'80%.

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di settori decisivi come la seta e l'olio, la produzione dicotone si espande tumultuosamente, il cotone s'insinualargamente sotto gli ulivi soprattutto nei terreniacquitrinosi della costa pugliese meridionale ed inCampania47, ed è immediatamente avviato all'esportazione, nelmentre viene travolta la fragile organizzazione artigianaletessile locale48.

È un fuoco di paglia. La Restaurazione sorprendeMarsiglia in una fase di rivolgimenti profondi, nella qualeil cotone di alta qualità americano da un lato, e quello dibassa qualità e bassissimo prezzo del Bengala dall'altroschiacciano il cotone levantino. La crisi improvvisa deitraffici cotonieri mediterranei apre così qualche spazio allaingigantita produzione meridionale, che continua a navigareverso la Francia ancora per qualche anno, ma l'introduzionein Egitto del cotone americano a partire 1822 ricostruisce levecchie rotte e cancella immediatamente il cotone del Regno.Trieste costituisce una minaccia sempre incombente, comedimostra la crisi del 1828-949, ma non insuperabile sel'entroterra di Marsiglia viene protetto con misure doganaliadeguate: anche grazie a queste ultime le importazioniglobali di cotone a Marsiglia possono tornare al livellodegli anni finali dell'antico regime e superarlo. Comunque lacrescita è meno vivace di quella settecentesca ed assaimodesta rispetto a quella della Francia intera: la mediaannua del quinquennio 1826-30 è di 7525 tonnellate, nel 1831-35di 7847 tonnellate, nel 1836-41 di 9366 tonnellate50, con unospostamento progressivo delle provenienze dal Levante agliStati Uniti, la cui prepotente espansione produttiva chefinisce per imporsi anche a Marsiglia non può non favorire iporti atlantici. Fra il 1833 ed il 1840 il cotone provenientedagli USA sul totale del cotone arrivato a Marsiglia sale dal36% al 63%, quello levantino scende dal 57% al 33% (tab. 19) ;ma nel frattempo il dominio americano nelle importazionicotoniere della Francia intera è diventato pressoché assoluto(tab. 20), e se il cotone sbarcato a Marsiglia è circa una47 Cfr. i Mémoires sul cotone, la seta, la lana, il grano e l'olio del Regnodi Napoli, datati tutti 30 marzo 1811, in AN, BIII, 408.48 Cfr., M. A. VISCEGLIA, Lavoro a domicilio e manifattura nel XVIII e XIX secolo:produzione, lavorazione e distribuzione del cotone in Terra d'Otranto, in AAVV., Studi sullasocietà meridionale, Napoli, 1978, p. 233-71, e la bibliografia ivi citata.49 Cfr. JULLIANY, op. cit., III, p. 240-1.50 Cfr. i dati annuali in ivi p. 237.

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volta e mezza in termini di quantità rispetto a quello degliultimi anni dell'antico regime, il dato nazionale risultamoltiplicato per 6-7 volte: la quota del grande portomediterraneo sulle importazioni cotoniere francesi precipitaal 16% circa rilevabile fra il 1826 ed il 184151, ed il cotonestesso finisce per contare nel 1839 non più che il 5% sulvalore delle importazioni globali della stessa Marsiglia(tab. 12). Gli spazi per il cotone meridionale sembrano cosìchiudersi definitivamente nel mercato internazionale, mentrele fabbriche protette che vanno sorgendo nel Regno 52 riesconoa compensare solo in piccola parte il vuoto di domandadeterminatosi; ma l'elasticità delle funzioni di produzionein questo settore permane altissima ed il bloccodell'esportazione di cotone americano causato dalla guerracivile darà vita, negli anni Sessanta, ad un nuovo clamorosoepisodio di espansione della produzione e dell'esportazione,effimero quanto quello del decennio francese.

Saldamente fondate su antiche e radicate tradizioniproduttive, le esportazioni di lana dal Mezzogiorno aMarsiglia hanno un andamento meno sussultorio, ma anche inquesto settore il quadro generale in cui si muovono itraffici è quello di un ridimensionamento della capacitàespansiva della domanda incanalata da Marsiglia. La finedelle guerre napoleoniche sembra ridare fiato a quello cheera stato un settore portante del commercio marsigliese, mala tariffa istituita nel 1822, nei fatti fortementediscriminatoria per le lane di basso pregio, cioè per quelleprevalentemente rinvenibili nel Mediterraneo53 colpisceduramente commercio e manifatture laniere del grande porto estimola risposte protezionistiche nei confronti dei pannifrancesi che, se non riescono ad avviare processi diindustrializzazione nei paesi fornitori di materia prima,riducono comunque il livello di complementarietà fra leeconomie. L'espansione ottocentesca delle manifatture ditessuti di lana in Francia deve così trovare centri diapprovvigionamento alternativi e l'asse delle importazioni51 Ibidem. I dati in termini di quantità riportati da Julliany dannorisultati diversi da quelli in termini di valore organizzati nella tab.13; le tendenze appaiono comunque inequivocabili.52 Sulle quali cfr., da ultimo, S. DE MAJO, L'industria protetta. Lanifici e cotonificinella Campania nell'Ottocento, Napoli, 1989.53 Cfr. JULLIANY, op. cit., III, p. 249-52.

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tende a spostarsi verso l'Europa continentale (tab. 20). Allacrescita nazionale di questi traffici fra gli anni Venti egli anni Quaranta Marsiglia riesce comunque, nella suacollocazione ridimensionata, a partecipare – fatta uguale a100 la media in valore delle importazioni del quinquennio1826-30, la media del quinquennio seguente diventa 244 equella del sessennio 1836-41 29554 - ma le quantità sbarcatenon riescono a tornare al livelli degli anniprerivoluzionari. La geografia dei suoi traffici rimaneconfinata dentro il Mediterraneo, anche se essa si presentapiù variegata di quella settecentesca: il Levante, nelSettecento predominante, cede posizioni all'Africamediterranea centro-occidentale ed all'Italia, cosicché anchela produzione meridionale, scarsamente dinamica per laconcorrenza dei cereali, può trovare un qualche spazio erisollevarsi dai livelli infimi degli anni Venti. Quellaattribuita al Mezzogiorno è una proporzione piccola deitraffici lanieri di un porto che conta ormai per meno del 20%nelle importazioni globali francesi di questa merce, e delresto, in proporzione al valore globale delle esportazionimeridionali in Francia, la lana rimane inchiodata ai pochipunti percentuali del secondo Settecento: non è certo qui unnesso decisivo del sistema di complementarietà ottocentescofra Francia e Mezzogiorno d'Italia.

Grande resta invece l'importanza della seta, i cuitraffici tirrenici nell'Ottocento meritano di essere guardatipiù da vicino. Certo non c’è una inversione di tendenzasensibile nella vicenda di decadenza secolare del ruolo delMezzogiorno nel settore. Alla seta continuano ad essereconsegnati gli equilibri produttivi e sociali di una parteimportante della collina e della montagna meridionale, chetrovano in essa il cash crop indispensabile ad impedire ildisfacimento di forme di produzione i n parteautoconsumatrici, e l'elasticità e diffusività dellaproduzione contadina puntellano segmenti potenzialmenteinstabili della società meridionale; tutto questo non riesceperò a convertirsi in punto di forza all'interno di unastrategia espansiva ed innovativa elaborata da ceti urbani: iparadigmi della protoindustria non riescono a trovareriferimenti convincenti alla realtà del Mezzogiorno d'Italia.54 Elaborazioni sui dati annuali ivi, p. 253.

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Si tratta, purtuttavia, di vicende ricche di chiaroscuri edassai indicative dell'incrocio di congiunture e tendenze dilungo periodo che determinano la collocazione dell'area quistudiata nel mercato mondiale55.

Possono darci un'idea, sia pure assai approssimativa, delpunto in cui è giunto nell'Ottocento il ridimensionamentosecolare dell'importanza del Mezzogiorno nella sericolturamondiale i dati quantitativi raccolti dal governo francese inun'indagine sul settore56. La produzione mondiale di setagrezza o sottoposta ad una prima lavorazione ammonterebbe, al1833, a 8.320.00 kg, pari a 21.362.400 libbre marsigliesi,attribuibili per una metà circa all'Italia. Piùanaliticamente, la distribuzione fra stati ed aree che questidati permettono di calcolare è la seguente:

Italia 49,7%Spagna 13,8%Francia 11,7%Bengala 8,4%Persia 6,6%Cina 3,5%Asia Minore 3,1%Grecia e Turchia 3,1%

.

Non ci sono forniti, per il 1833, dati più analitici checi permettano di distribuire fra gli Stati regionali i4.138.000 kg (= 10.634.660 libbre di Marsiglia) attribuitiall'Italia; la cosa è però possibile per il 1824, anno in cuila produzione complessiva italiana sarebbe leggermentesuperiore a quella registrata un decennio dopo, ossia 4.202.000kg (= 10.799.140 libbre marsigliesi). Al 1824, dunque, la

55 Sulle vicende produttive della seta meridionale nell'Ottocento cfr. P.BEVILACOUA, Uomini, terre, economie, in Storia d’Italia. Le Regioni dell'Unità ad oggi. LaCalabria, a cura di P. Bevilacqua e A. Placanica, Torino, 1985, passim, C.CAPALBO, Mercato esterno e tradizione di mestiere. La produzione della seta a Cosenza tra Sette eOttocento, in Meridiana, n. 3, maggio 1988, p. 73-95; S. LAUDANI, «Li posti dellimangani». Note sulla seta siciliana tra Sette e Ottocento, in Meridiana, n. 6, maggio 1989,p. 109-143. Per un quadro d'assieme della produzione e trasformazione dellaseta nell'Italia centro-settentrionale all'inizio dell'Ottocento cfr. G.BIAGIOLI, «Soie et soiries» nell'Impero napoleonico, in Quaderni storici, n.s. 73, aprile1990, p. 55-91.56 In AN, F 12, 2520.

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produzione serica dell'area italiana si presenterebbe cosìsuddivisa:

Lombardia e Tirolo 54,5%Piemonte 22,0%Due Sicilie 9,3%Stato Pontificio 7,5%Parma Modena Lucca 4,3%Toscana 2,3%.

Il dato attribuito al Mezzogiorno a questa data - 392.000kg, pari a 1.007.440 libbre di Marsiglia - è un punto bassoanche nella storia recente del settore: in un Mémoire sullaseta del marzo 181157 la produzione media del solo Mezzogiornocontinentale veniva fissata attorno 870.000 libbre marsigliesi,e negli anni Sessanta del Settecento livelli di esportazionedal Mezzogiorno verso la sola Francia vicini o superiori almezzo milione di libbre (cfr. tab. 23) suggeriscono livelli diproduzione ben più elevati di quelli dell'inchiestaottocentesca. Ma negli anni Venti sembra già in corsoun'inversione di tendenza. Secondo un altro Mémoire, quello delconsole francese a Napoli del 1834, a partire dagli ultimidell'occupazione francese la coltivazione del gelso e laproduzione di seta si erano raddoppiate58, ed ancora fra il 1836ed il 1844 una vigorosa spinta espansiva sembra presente inuna delle province decisive del settore, quella di Reggio59. InCalabria, potrà affermare L. Grimaldi subito dopo ilcompimento dell'Unità d'Italia, «può dirsi per regola, chetanti siano i sericoltori, quanti sono i contadini»60.

Allo stato delle ricerche non è possibile sapere qualesia la consistenza di questo recupero. Qualche elemento in piùabbiamo sul piano che qui interessa, quello dei flussi delcommercio estero. I dati sulle esportazioni globalidisponibili appaiono contraddittori. Per quanto riguarda laparte continentale, non sembra dubbio che nell'Ottocentovengano nettamente superati i livelli critici settecenteschi -

57 AN, AE, B 111, 408.58 Ivi.59 Cfr. R. Battaglia, Filande calabresi e capitali messinesi a metà Ottocento, in Messina e laCalabria dal Basso medioevo all'età contemporanea. Atti del I Colloquio calabro-siculo,Reggio Calabria-Messina, 21-13 novembre 1986, Messina, p. 501.60Cit. in G. CINGARI, Storia della Calabria dall'unità ad oggi, Bari, 1982, p. 8.

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quelle 250.000 libbre all'incirca di seta inviata all'esteroin media annua nel periodo austriaco e poi nel decennio 1780-8961 - e che ci si avvicini o forse si superino i livelli delSettecento migliore: la media annua della seta uscita perl'estero dal porto di Napoli nel quinquennio 1828-32, stando aidati del citato Mémoire del 1834 del console francese aNapoli62, è di 353.279 libbre; quella del decennio 1838-47,elaborata sui dati ufficiali presentati da Graziani63, di474.788. Una storia diversa suggeriscono i dati sulla Sicilia,che, dopo aver recuperato nel secondo Settecento livelli diesportazioni paragonabili a quelli del secondo Cinquecento edinizio Seicento - 395.000 libbre di media annua fra il 1773 edil 1783, secondo Saverio Scrofani64 - crolla nell'Ottocento65. Iproblemi di attendibilità delle fonti sono, in questo caso piùche altrove, assai acuti e d'altronde su questi dati possonoinfluire mutamenti di ruolo e capacità di attrazione neiconfronti della seta calabrese dei porti di Napoli e Messina66.Netta rimane tuttavia l'impressione generale di una espansionefrenata o addirittura assente.

La dinamica più positiva delle esportazioni dalMezzogiorno continentale e dalla Sicilia verso la Francia nonsmentisce questo quadro grigio dell'andamento delleesportazioni complessive di seta, dato il probabilespostamento a favore della Francia stessa della geografiadegli sbocchi. Spingono in questa direzione due ordini diquestioni. In primo luogo, l'intreccio, particolarmentestretto a Lione, fra il rapido sviluppo della manifattura deitessuti di seta e la confermata importanza della commercializ-61 Per i dati settecenteschi cfr. i riferimenti della nota 43. La libbra,come sempre in questo scritto, è quella di Marsiglia di gr. 388,5,leggermente più pesante di quella napoletana di 320 gr.62 Occorre tener conto che il porto di Napoli monopolizzava pressochéinteramente le esportazioni di seta del Regno continentale.63 A. GRAZIANI, Il commercio estero del Regno delle Due Sicilie nella sua composizionemerceologica, in Atti dell'Accademia Pontaniana, n.s., vol. VI, a.a. 1956-7, tab. 8p. 271.64 Cit. in CANCILA, op. cit., p. 158.65 Secondo i dati riportati da R. BATTAGLIA (Sicilia e Gran Bretagna cit., p.114), la media delle esportazioni di seta dalla Sicilia nel periodo 1834-9sarebbe di sole 70.000 libbre marsigliesi. Il dato del 1850 sarebbe invecedi ben 464.000 libbre66 R. ROMEO, (op. cit., p. 195 e 197) registra negli anni Trenta dell'Ottocentoforti immissioni di seta grezza o soggetta a prima lavorazione incabotaggio nei porti siciliani, ma più forti esportazioni verso ilnapoletano.

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zazione della seta greggia e semilavorata importata «intransito», fanno sì che in Francia «la soierie occupait enquelque sorte la place que les cotonnades tenaient dans lecommerce anglais»67. Così, nonostante la notevole espansionedella coltivazione del gelso e della produzione di setagreggia e semilavorata nelle campagne francesi primo-ottocentesche - fatta uguale a 100 la produzione media annuadel periodo 1810-15, l'indice diventa 97 negli anni 1816-20,156 fra il 1821 ed il 1825, 169 fra il 1826 ed il 1830, 197 frail 1831 ed il 1835, e raddoppia ulteriormente nei secondi anniQuaranta68 - fortissima rimane la crescita delle importazioninel settore, la cui importanza relativa in termini di valoresul complesso delle importazioni francesi negli anni finalidel nostro arco temporale risulta più che raddoppiatarispetto al Settecento prerivoluzionario (cfr. tab. 20). Insecondo luogo la fame insaziabile di prodotto da trasformaree commerciare di Lione, che l'Italia settentrionale riesce asoddisfare solo in parte, finisce per proiettarla nuovamentenel Mediterraneo69 e rilancia il ruolo della via di mare e diMarsiglia: qui il peso in valore della seta sul valore totaledelle importazioni, ridottosi nei secondi anni Venti a menodella metà rispetto a quello del secondo Settecento, torna adavvicinarsi ai livelli prerivoluzionari negli ultimi anniTrenta (tab. 12), e nello stesso torno di tempo lapercentuale della seta grezza e semilavorata giuntadall'estero a Marsiglia sul totale delle importazioni dellastessa merce nella Francia intera passa dal 10 al 26% (tab.13).

In questo contesto va letta la ripresa delleesportazioni di seta meridionale in Francia dopo la crisidegli anni a cavallo fra i due secoli: dalle 80.000 libbreannue della media relativa agli anni 1816-20, alle 131.420 delsolo porto di Napoli fra il 1828 ed il 1832, alle 263.810 del1832-3, alle 192.657 del 1835-7, alle 336.156 del 1839-40,alle 402.574 del triennio 18457 (cfr. tab. 23). L'incrementodelle quantità inviate in Francia è certo indubitabile, ma ilsuo significato è ridimensionato dal fatto che - lo abbiamoaccennato - esso è in parte prodotto dal modificarsi della

67 P. CAYEZ, Métiers jacquard et hauts fourneaux. Aux origines de l'industrie lyonnaise, Lione,1978, p. 146.68 Cfr. i dati riportati nella citata inchiesta in AN, F 12, 2520.69 CAYEZ, op. cit., p. 172.

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distribuzione delle destinazioni a favore della Francia edalla sua incapacità di riportare le cifre al livello deglianni Sessanta del Settecento. E, soprattutto, la crescitadelle sete meridionali giunte a Marsiglia rimane assai piùmodesta di quella del grande concorrente mediterraneo delRegno, il Levante70. È in realtà quest'ultimo il protagonistadel rilancio del Mediterraneo come fornitore della fabbrica edell'entrepôt lionese, tanto da giungere a contare, neldecennio 1839-48, per il 65% del peso delle sete grezze osemilavorate che soddisfano la rinvigorita domanda incanalatada Marsiglia (tab. 19). Il sorpasso in discesa settecentesco daparte del Mezzogiorno nei confronti delle sete levantine ècosì ampiamente riscattato.

Occorre comunque evitare di balzare, da questeconsiderazioni quantitative assai parziali, a conclusionigeneralizzanti. A rendere ricco di chiaroscuri il quadro diquesto settore dell'economia meridionale in particolareconcorrono, fra gli altri, due elementi. In primo luogo nonsembra da revocare in dubbio il fatto che l'incremento menoche proporzionale dei flussi del commercio estero rispetto aquello della gelsicoltura meridionale, che gli elementi suesposti suggeriscono, vada attribuito, come nell'opinionediffusa degli osservatori, alla crescita relativa dellautilizzazione nelle fabbriche protette napoletane, spessodirette da tecnici francesi, della seta grezza e semilavorataprodotta nel Regno, nelle fonti tradizionalmente assegnataper metà al «consumo» nell'ambito dello Stato, per metàall'esportazione. Non è certo questa la sede perconsiderazioni generalissime sul significato di questeiniziative, sulle cui interconnessioni con l'economiameridionale sono ancora insufficienti le conoscenze di base;saremmo comunque cauti nei confronti di atteggiamentistoriografici di sommaria liquidazione del loro significatonel gioco dei rapporti fra «centri» e «periferie».

70 Le importazioni medie annue della sola Turchia a Marsiglia evolvono inquesta maniera : 1826-30 libbre 291.2321831-35 273.8091836-41 676.9381845-47 980.404I dati annui relativi al periodo 1826-41 sono in JULLIANY, Op. cit., II, p.290; quelli degli anni 1845-47 sono tratti dai Tableaux.

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Il secondo elemento degno di considerazione, su cui èpossibile fornire qualche informazione indiziaria, è quellorelativo alla qualità e quantità del valore aggiuntocontenuto nella seta esportata. In questo camponell'Ottocento le cose sembrano mutate rispetto allasituazione delle fasi alte del secolo precedente. Si prenda aconfronto la distribuzione delle provenienze della setagiunta a Marsiglia nel triennio 1764-6. La prima colonnadella tab. 19 rimane pressoché immutata se, utilizzando idati della stessa fonte, si ricalcolano le percentuali intermini di quantità invece che di valori; al contrariol'ultima colonna, che presenta la distribuzione dellequantità nel decennio 1839-48, sarebbe non poco diversa sepotesse essere riscritta in termini di valori: in quelperiodo il Levante esporta esclusivamente seta grezza, mentrela seta italiana, e non più solo quella settentrionale, è divaria qualità e sottoposta a vari livelli di trasformazione.In particolare, stando alle cifre fornite dai Tableaux, il tipopiù costoso di seta non tessuta importata in Francia neglianni Trenta e Quaranta dell'Ottocento, quella « teinte àcoudre », è in larga parte di provenienza meridionale.

Una qualche possibilità di misurare l'importanzarelativa del fenomeno ce la offre quel « Tableau comparatifdes exportations de soie opérée par le port de Naples du lerJanv. 1828 au 31 Xre 1832» annesso al già citato Mémoire del1834 del console francese a Napoli, dal quale si deduce che,sulle 353.279 libbre marsigliesi di seta uscita annualmentedal porto di Napoli per l'estero, la seta grezza conta solopoco più della metà in peso, e quindi assai meno in valore, eche viceversa quella più costosa rappresenta un terzo delpeso complessivo. Assai interessante è anche notare chequesti valori medi sommano distribuzioni diversissime dellequalità a seconda delle destinazioni. Si guardi ai datiorganizzati nella tab. 24 :

Tab. 24 - Seta imbarcata nel porto di Napoli perl'estero. 1828-32.

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Non abbiamo elementi sufficienti per azzardareaffermazioni al riguardo, anche perché il ruolo di rilievo dientrepôt come Genova e Livorno e l'importanza dei «transiti»impedisce di avere un quadro chiaro delle destinazionifinali; sembra comunque suggestiva l'ipotesi di un diversolivello di permeabilità a seconda delle destinazioni,determinato dalle economie e dalle politiche economiche ad untempo, ai valori aggiunti messi sul mercato internazionale dauna realtà marginale nel gioco europeo come quellameridionale.

È invece possibile muoversi su un terreno meno ipoteticosull'andamento nel tempo di questa permeabilità per quel cheriguarda la seta meridionale destinata alla Francia. Siguardi la tab. 25.

Ciò che è possibile chiedere a dati di questa natura èevidentemente nulla più che tendenze di fondo; ma su questopiano le cose sembrano chiare. La crisi quantitativa delleesportazioni di seta meridionale in Francia si eraintrecciata ad una complicazione delle qualità del prodottoesportato, in una qualche misura ad una manomissione dellespinte di lungo periodo alla divisione dei ruoli fra le duearee. Il rilancio dei traffici implica un rilancio dellecomplementarietà nell'unica direzione possibile dati irapporti di forza e la presenza sul mercato di produttoriprimari come i piemontesi ed i lombardi. Se le sete di qualitàmigliore non scompaiono, ed anche per questo il Mezzogiornorimane diverso dal Levante, il lato in cui la crescita trovaqualche spazio è quello della seta grezza. Ma qui, a limitare

Destinazioni

% sul pesoglobale

% della seta grezza sul peso della setaper ogni destinazione

Gran Bretagna

21,9 97,6Francia 37,2 59,4Genova e 29,2 34,3Roma e 7,6 8,4Altre 4,1 53,4

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le prospettive di espansione, c'è la concorrenza dei produt-tori senza ambizioni di inseguire le economie forti nellavendita di valore aggiunto del Mediterraneo orientale, aiquali ben preso si aggiungeranno quelli dell'orienteasiatico71. La crescita delle esportazioni in Francia si bloccagià nel decennio successivo a quello estremo del nostro arcocronologico72, né trova compensazione nel rafforzamento e nelladiffusione sul territorio delle iniziative tessili campane.

Tab. 25 - Seta esportata dal Mezzogiorno in Francia. Percentuali perqualità sul peso complessivo per periodi.

1828/32 1832/33 1835/37 1839/40 1845écrue 59,4 68,4 60,3 71,2 82moulinée 4,4 21,5 13,9 11,6 10,4à coudre 36,2 10,1 25,8 17,2 7,7

Fonti: per la prima colonna cfr. il cit. « Tableau comparatif desexportations de soie operée par le port de Naples »; per la seconda e laquarta cfr. JULLIANY, op. cit., II, p. 145; la terza e la quinta sonoelaborate sui dati dei Tableaux.

La feconda ambiguità della produzione primaria sericadestinata al mercato internazionale, capace di costituire, come infasce larghe dell'Italia settentrionale un seminario diimprenditorialità destinata a riversarsi fuori del settore e adagire ben al di là del chiudersi della sua fase aurea73, non riescead incidere nella società meridionale.

71 Cfr. ora, su queste questioni, C. ZANIER, La sericoltura dell'Europa mediterraneadalla supremazia mondiale al tracollo: un capitolo della competizione economica tra Asiaorientale ed Europa, in Quaderni storici, n.s., n. 73, aprile 1990, p. 7-53.72 La media annua delle esportazioni di seta dal Mezzogiorno continentale è di 399.554 libbre marsigliesi (Cfr. GRAZIANI, Il commercio estero del Regno delle.Due Sicilie nella sua composizione merceologica cit., tab. 8, p. 271).73 Cfr., da ultimo e per tutti, L. CAFAGNA, Dualismo e sviluppo nella storia d'Italia,Venezia, 1989, in particolare l'Introduzione.

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