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La scelta imperfetta Caratteristiche e limiti della decisione umana A cura di Gabriella Pravettoni e Gianluca Vago Presentazione del Professor Sebastiano Bagnara Ordinario di Psicologia Cognitiva Politecnico di Milano McGraw-Hill Milano . New York. Chicago . San Francisco . Lisbon . London . Madrid'Mexico City . Montreal . New Delhi. San Juan. Seoul . Singapore. Sydney. Toronto

Modularità del mentale e processi decisionali

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La scelta imperfettaCaratteristiche e limitidella decisione umana

A cura di

Gabriella Pravettoni e

Gianluca Vago

Presentazione del Professor

Sebastiano BagnaraOrdinario di Psicologia Cognitiva

Politecnico di Milano

McGraw-Hill

Milano . New York. Chicago . San Francisco . Lisbon . London . Madrid'Mexico City. Montreal . New Delhi. San Juan. Seoul . Singapore. Sydney. Toronto

CAPITOLO 3

ile/emotivo?). con la fMRI si è rilevato che, nel caso derle offerte udair,si attivano aree cerebrali legate sia alle emozioni (Ar, Anterior Insula) siaalla cogtnzione (DLPFC, DorsoLateral PreFrontal cortqc). eueste duearee sarebbero implicate rispettivamente nell'obiettivo emotivo di resiste-re alle offerte unfair e nell'obiettivo cognitivo di accumulare soldi (accet-tare l'offerta anche unfair), con un'attivazione più elevata nell,Al quan-do si decide di rifiutare offerte unfair. Tali offerte inducono nel soggettoricevente un vero e proprio conflitto ffa aspetti cognitivi (accettare) edemotivi (rifiutare): l'attivazione dell'Al sarebbe più forte nel caso di offer-t9 unfair provenienti da un partner rispetto alle offerte unfair provenien-ti da un computer, il che pare suggerire che I'attivazion" ceràbrare nonsarebbe funzione solo dell'entità della cifra offerta ma anche del conte-sto, owero il percepire di ricevere un'offerta unfair da un altro essereumano, che quindi intenzionalmente ci sta trattando in modo sleale.

A mo' di conclusione...

Per concludere questo capitolo sui possibili punti di contatro tra ToM eNeuroeconomia nei processi di decision-making, ci piace citare un brevedialogo tratto dal film Matrix Reloaded.

"Nio: La scelta... Il problema è la scelta (...)Architetto: come tu hai ben riassunto, il problema è la scelta. Ma noi sappia-mo gia quello che farai, non è vero? Già. inravedo la reazione a catena: pre-cursori chimici che segualano I'insorgenza di un'emozione, disegnata apposita-mente per soffocare logica e ragione, un'emozione che già ti acceca, e ti nascon-de la semplice e ovvia verità."

certo, siamo lontani dalla fantascienza dr Matrix - il mondo delle mac-chine creato da una sorta di dio-informatico, l'Architetto - epptlre ciò chele tecniche di fMRI possono offrire circa la comprensione diquanto acca-de nel cervello dell'uomo impegnato in processi mentali fondamentali perun efflcace adattamento - quali la presa di decisioni e ra capacità di mén-tahzzazione - è un viaggio affascinante, che ci permette di comprenderesempre più approfonditamente la complessità dei legami tra aziòni-com-portamenti-pensieri-emozioni, così come si sono evoluti nella nostra spe-cie sino a portarci a essere quelli che oggi siamo.

4.

Modularità del mentalee processi decisionali

Antonella Cortadini, Giuseppe Lo Dico

Introduzione

r,* ipotesi del marcatore somatico riveste un ruolo di primo piano nel_l'ambito degli studi sperimentali *i pro..r.i decisionali. Esia affermache la capacità di sceria. defle persone'Jinflo"rruta darle emozioni, defi_nite come modificazioni deilo'stato di ìquilibri, dJ;"C"ià*r" ullu

IJipotesi der marcatore somatico è connessa a uno dei temi più dibat_tuti nella fi"losofia della mente contemporun ea: la modurarita iet rnenta-/e' scopo di questo capitolo e a"o.-tiri* la discussione odiema suilamodrlarità_e indagare in che misura f inteqpretazione privilegiata di taleMl,incida sr[a prausibilità de['ipoìerì "ir"u

il ruoro del marcatoresomatico nella dinamica della decisione.

Il compito del gioco d, azzardo dell,IowaI pazienti con resioni ara corteccia prefrontare ventro-mediana (pvM)presentano un ouadrlltil_l fncolq:, ry ootuti a ,auriàiàenirir, .intellettive nelra norma,_lanno gr*di difficorta a prendere deiisioni nsituazioni di vita reale. Risulta,.il;*É, che uno di roro trasco*evaflll"^ t:T^p: a comparare le valutazioni-isregnat. ad arcuni ristoranti danuste gasrronomiche, senza riuscire però a d-ecidere d;;;;d*; a man_giare' Aitri, invece, assumevano una condotta irtesponsabile nefl,ambitodelle interazioni sociari, norr.ius""ndo u ÀL,"n"r" stabili né il lavoro néle rclazionT personati (Thagard, Lgg6: ;.'lit).

CAPTTOLO 4

Per valutare questo deficit, circa dieci anni fa Antonio Damasio e ilsuo gruppo di ricerca proposero l'Iowa Gambling Task (IGT) @echaraet al., L994). In tale compito i soggetti vengono posti di fronte a 4 mazndi carte (A, B, C, D) uguali per forma e aspetto e viene loro fornito unprestito di $ 2000 (fasulli). Prima di iniziare vengono comunicate leseguenti consegne e informazioni sul compito (Bechara et al., L997, p.1293):

. scopo dei gioco è perdere meno denaro possibile dal budget iniziale eguadagnarne dell' alffo extra;

. si può scegliere e girare solamente una carta alla volta;

. si può passare, in qualsiasi momento si desideri, da un mazzo a unaltro;

. dopo ogni selezione si riceve sempre una ricompensa il cui importovaria a seconda del mazzo. Talvolta, però, può venire chiesto anche dipagare una penale avente anch'essa un importo variabile;

. dopo ogni selezione si comunica al giocatore a quanto ammontano laricompensa, I'eventuale punizione e la somma totaie di denaro ancoraa sua disposizione;

. il gioco si blocca automaticamente dopo un certo numero di selezio-

a

a

ni;tra questi 4 mazzi ce ne sono alcuni "peggiori" di altri;una volta che il gioco è iniziato, l'ordine delle carte non cambia più;Ia distribuzione delle penali non è casuale né dipende da quanto il gio-catore ha vinto o perso nell'ultima estrazione.

Ai soggetti non viene detto che:

si devono selezionare in tutto 100 carte per tenninare il compito;il compito è stflrtturato in modo che i mazzi A e B contengano soprat-tutto carte con vincite e penali elevate e i mazzi C e D carte con vin-cite e penali modeste. Per esempio, dopo avere scelto 10 carte datmazzo A (o B), i soggetti hanno guadagnato $ 1000 ma hanno dovu-to anche pagare 5 penali che sono costate in tutto $ 1250. Invece, dopoavere girato 10 carte dal mazzo C (o D), i soggetti hanno ottenuto $500 e hanno dowto pagarc solo $ 250 di penali. La preferenza per imazzi A e B si rivelerà dunque sul lungo termine perdente, mentrequella per i mazn C e D vincente.

uoowanrrÀ DEL MENIALE E pRocESSI DECISToNALI

Sono tre gli aspetti che vengono valutati:

1. la performance comportamentale, owero il numero di carte seleziona_te du mazzi "vincenti', e da quelli ,.perdenti,,;

2. la misura del tasso di variaziine detta conduttanza elettrica della pelte(SCR, Skin Conductance Response);

3. il resoconto verbale dei soggetti sulle strategie con cui hanno affron-tato il compito. A questo scopo viene chiestJloro come stanno andan-do al gioco e quali sensazioni provano mentre giocano. Le domandevengono ripetute a intervalli di L0 carte estratte.

I risultati di Damasio e coflaboratori mettono in ruce come i soggettiPYM assumano un comportamento rischioso, ostinandosi a scegliere unalto numero di carte du-mazzi A e B. I soggetti del gruppà di controilotendono invece a fare più serezioni dai maià c e D iiriJr. prime fasidel gioco.

Tale dato sembra correlato con le differenze nei tassi di variazione dellaconduttanza eletffica della pelle (scR) tra pvM e soggetti ,o.**. qu"-sti ultimi, dopo avere fattg

-gna certa esperienza a"f É6"o, pr"r"nt*o u"

incremento significativo dele scR prima della selelior.'d"tt" .*t. ouimazzr svantaggiosi (A e B) (Becharà er al., 2000, p.299).I soggetti nonsi rendono conto dell'aumento della conduttanza cuianea poichéiali varia_zioni di magnirudine non sono. tanto ampie da poter

"*"i" p"r."pite con-sapevolmente. Tuttavia, la variazione dell,attività elettrica iembra fare sìche i soggetti tendano a evitare i,,mazzi rischiosi', A e B.

P*qY", i soggetti di controlo sono capaci di decidere correttamenteprima di conoscere come funziona il gioòo. Infatti, la loro accuratezzanella presa di decisione non corrisponde a un alreitanto adeg,ato reso-conto verbale delle strategie ut;rrizzate. Anche dopo 100 selezioni, infat-ti, non tutti i. soggetti di ionkollo riescono u spirgarc coÀe r.nzioni ilcompito (Bechara et al,, 1997, p. L293).

A causa della lesione, i pvM non riescono a produne scR di inten-sità abbastanza elevata da "marcare" A e B coÀe mazzi svaniaggiosi:questo deficit neurologico inficia ra loro capacita dt apprend.e* aogtTrro-ri passati e influisce sul loro _comportamènb ner giàco @echara et aI.,2000,.p.

1.9^l).Per quesro motivo, isoggetti con lesioni arla pvM si tro-vano in difficoltà nelle situazioni di dJcisione.

. Per l'importanza che attribuisce a1l'influenza dei ,,segnali interni soma-tico-viscerali" nel processo decisionale, la proposta di Damasio è cono-

,ll

CAPITOLO 4

sciuta con il nome di ipotesi del marcatore somatico (somatic MarkerHypothesis) (Piattelli Palmarini, 2005, p. 63). La esamineremo nel para-

grafo successivo.

L'iootesi del marcatore somatico e iI ruolodelle èmozioni nei processi di presa di decisione

L'IGT è un compito di neuropsicologia clinica e sperimeniale' Tre sono

i principali presupposti teorici dell'approccio neuropsicologico: la modu-

làrità, La correlqzione ffa strutture funzionali e strutture anatomiche cere'

brali e l'irwarianza qualitativa deila struttura funzionale a fronte di pos-

sibili danni subiti dalla struttura anatomica (Balconi, 2004, p. 10). Lamodularità si basa sulf idea che ogni operazione cognitiva possa essele

scomposta in sottoprocessi specializzati e indipendenti chiamati moduli(Marr, 1982, p. 325).Dal punto di vista neuopsicologico, un modulo pre-

senta le seguenti caratteristiche (Coltheart, L999, p' 116):

è una sottocomponente funzionale elementare e isolabile di un sistema

cognitivo più ampio;è innato;è indipendente da altre sottocomponentt (autonomia computazionale);

ha accesso solamente a una porzione limitata delf informazione inentrata (incap sulamento info rmazionale);è veloce e il suo funzionamento è obbligatorio, nel senso che una voltaattivato non può essere fermato;è neuralmente specifico, cioè Localizzato in aree precise del cervello.

A partire dalf idea di modulo, è semplice comprendere il presuppo-

sto delia correlazione tra strutture funzionali e sffutture cerebrali. Si

presuppone cioè i'esistenza di una corrispondenza tra un dato moduloè una data struttura neurale (Làdavas e Berti, 2002, p.23). L'obiettivodella neuropsicologia è dunque f individuazione di tali corrispondenze.A tal fine, è necessario anche il presupposto dell'invarianTa qualitati-ta, cioè l'assunzione che, negli adulti, i processi mentali non vanno

incontro a una riorganizzazrone a seguito di lesioni cerebrali. Ciò signi-fica che gli effetti dei danni cerebrali sul sistema cognitivo portano a

modificazioni locali dello stesso, lasciando integre le altre parti (Bal-

coni, 2004, p. l2).

uo»ut-annÀ, DEL MENTALE E pRocESsI DECISIoNALI

In base a questi presupposti, possiamo ora approfondire I'ipotesi SMH.TaIe ipotesi afferma che la causa delle difficoltà inconfrate dai pvM nelprocesso di presa di decisione sia la lesione alla corteccia prefrontale ven-tro-mediana (Piattelli Palmarini, 2005, p. 63). Viene cioè ipotizzato cheesista un modulo predisposto per il processo decisionale, localizzato inquella specifica porzione della corteccia cerebrale, separato e isolabiledagli altri sottosistemi cognitivi. un danno a tale struttffia comporta disfun-zioni non alle funzioni cognitive di ordine superiore ma alle emozioni.Queste ultime non sono delle "intruse nelle mura della ragione" ma unaparte indispensabile della razionalità e della cognizione (Damasio, 1994.Trad. ital.: 1995, pp. 18-19). Nel corso detl'IGT, i soggetti di controlloimparano che i mazzi A e B sono svantaggiosi non grazie alle loro abi-lità matematiche o mnestiche,l che permetterebbero un'analisi costi./bene-fi.ci, ma Etazie a \tL apprendimento guidato dalle emozioni. Di fronte aimazzi così "marcati", un sistema neryoso integro si attiva automaticamenteproducendo una serie di risposte biochimiche. Queste ultime provocano unmomentaneo cambiamento dello stato di omeostasi in cui si trovavano ilcorpo e le strutture cerebrali che lo rappresentavano fino al momento diincontrare gli stimoli negativi. Tale "temporanea rottura dell'equilibrio" èla base fisica dell'emozione (Damasio, 2003. Trad. ital.: 20A3, p.7l).

Llinduzione di un'emozione da parte di uno stimolo può essere fruttonon solo di un apprendimento simile a quello che ha luogo neIl'IGT, maanche di altri modi di imparare, maggiormente dipendenti dalla cultura,dalle esperienze e dai significati attribuiti dalla persona (Damasio, 1999.Trad. ital.: 2000, p, 70). Esistono anche dei pattem di atrivazione dell'e-mozione che non sono stati appresi ma che sono innati, owero ereditatinel corso dell'evoluzione (LeDoux,2002. Trad. ital.: 2002, pp. 9-10).

Inoltre, l'emozione si innesca non solo in seguito all'esposizione diret-ta a uno stimolo elicitante ma anche al solo ricordo di questo (Becharae Damasio, 2005, p. 340).

Un aspetto importante di tale "meccanismo emotivo di segnalazione,'è che funziona inconsapeyolmente. Quando eseguono I'IGT, i soggettinormali sembrano preferire i "mazzi buoni" prima di conoscere come èstrutturato il compito, in quanto non riescono a rispondere, se non dopo

t Poiché lo svolgimento del compito comporta una lunga serie di guadagni e perdite,non è possibile per i soggetti né fare un calcolo esatto né ricordarsi del totali dellevincite e delle perdite prodotte da ciascun mazzo mentre giocano (Bechara et aL., 1994,p. 13).

CAPMOLO 4

molte selezioni, alle domande poste dagii sperimentatori (Bechara et a1.,

L997, p. 1293). Prima di riuscirci, il loro comportamento nella presa didecisione risulta vantaggioso perché guidato dalle emozioni (Dunn et a1.,

2006, pp, 245-8),1a cui attività è rilevabile solamente attraverso la regi-strazione delle SCR.

Riprendiamo I'esempio del PVM che non riusciva a decidere doveandare a mangiare. Egli non era in grado di produrre delle SCR abba-

stanza forti da attribuire una valenza emotiva differente ai ristoranti che

stava visionando. La scarsità di queste risposte non gli permetteva cioèdt discriminare adeguatamente entro un certo nurnera di altemative(Damasio, 1994. Trad. ital.: 1995, p. zafi. Senza tale discriminazione,questo paziente era incapace di gestire le informazioni a disposizione e

quindi non riusciva a prendere una decisione. Si ritiene perciò che, insituazioni di incertezza, le emozioni riducano 1o spazio del problemamarcando alcune opzioni di risposta con un segnale sornatico (Dunn et

a1., 2006, p.241). Solamente queste opzioni saranno impiegate succes-

sivamente per un'analisi costi/benefici (Damasio,1994. Trad. ital.: 1995,

p.245), che necessita f intervento di altre capacità cognitive.La conclusione è che, senza il supporto delf influenza inconsapevole

delle emozioni, l'analisi costi/benefici potrebbe risultare insufficiente aifini di una scelta (Dunn et al., 2006, p.2a$. Le emozioni sembrano dun-qtJe necessd.rie nel processo di presa di decisione ia quanto fornisconorisposte veloci e accurate in anticipo rispetto ad altre funzioni cognitive(Bechara e Damasio, 2005, p. 368).

La nozione di modulo in fiIosofia della mentee in neuropsicologia cognitiva

La neuropsicologia cognitiva riprende la nozione di modularira del men-tale da un saggio del 1983 del filosofo americano Jerry Fodor. Lidea dipoter suddividere la cognizione in componenti isolate nasce dunque inun'area di ricerca diversa rispetto a quella sin qui considerata. Ora, lanozione di modularità nella sua accezione originaria è compatibile con leassunzioni di fondo e la metodologia della neuropsicologia cognitiva?

Nella sua opera del 1983, Fodor prende in considerazione la psicologiadelle facoltà proposta circa due secoli fa dall'anatomista tedesco Franz

Josef Gall. Secondo tale teoria, i meccanismi cerebrali che stanno alla base

IT,TOOUIA,NTTA. DEL MEMALE E PROCESSI DECISIONALI

di una capacità mentale sono differenti rispetto a quelli sottostanti alle altre(Fodor, 1983. Trad. ital.: 1983, p. 41). Fodor propone una riletfura di que-

sta idea atffaverso la metafora computazionale, secondo cui il funziona-mento deila mente è indagabile mediante la nozione dt algoritrno, owerodi una procedura matematica che determina in un numero finito di passi

effettivi w output a partire da un dato input (Crane,2A03, pp. 233-234).

Le facolta mentali proposte da Gall sono perciò considerabili come sisfe-

mi di input o moduli, cioè sffutture contenenti una serie dt operazioni for'mali e sintattiche che processano l'informazione in enffata per fornire poiuna risposta in uscita (Fodor, 2000. Trad. ital.: 2001, pp. 17-18).

Parte dell'architettura cognitiva è dunque composta da moduli defini-ti funzionalmente, owero nei termini delle operazioni astratte che sono

in grado di compiere (Crane, 2003, p. 151). Di conseguenza, per studia-re scientificamente la cognizione, sarà necessario individuare gh' ffittiche un modulo può produrre rispetto a quelli producibi[ dagli altri, non-ché definire le computazioni che è deputato a svolgere. Per esempio, lafacoltà visiva si distingue da quella uditiva per gli effetti che produce e

per le diverse computazioni sottostanti.Affrnché i moduli possano essere individuati come Ie cause di deter'

minati effetti è necessario che siano incapsulati informazionalmente. Qrc-sta fondamentale caratteristica indica che il loro processamento non ha

accesso a fatti che appartengoro ad altre parti della cognizione (Fodor,

1983. Trad. ital.: 1983, p. 117). In altri termini, ogni sistema di input èisolato dagli altri e dalle altre funzioni. Qualora ci fossero, al di fuori diesso, delle informazioni utili al suo funzionamento, il modulolon le con-sidererebbe (McClamrock, 2003, p. 67).

Un'altra pecutarità dei moduli èla specificità di dominio, cioè il pos-

sesso di un dominio unico e idiosincratico. Un esempio di questa carat-

teristica è ii sistema di analisi fonologica, che possiede processi deputa-

ti a trattare il linguaggio parlato differenti da quelli coinvolti nell'elabo-ruzione del linguaggio scritto (Garfield, L994, p.442). Sebbene sia una

nozione semplice da intuire, della speciflcità di dominio non è stata anco-

ra data una definiziono soddisfacente. Il problema sembra risiedere nelfatto che non si riesce a comprendere se essa sia prerogativa del conte-nuto dell'informazione da processare o piuttosto deL processamento stes'so delf informazione (McClaruock, 2003, p. 68).

Per quanto riguarda le alfre peculiarità di un modulo accennate nelparagrafo precedente (Ia velocità, I'essere obbligatorio e 1'autonomia com-putazionale), esse vanno considerate come corollari della specificità di

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r1

CAPITOLO 4

dominio e dell'incapsulamento informazionale (Ellis e young, 1996, p.15). Per quanto conceme f innatismo, infi.ne, il tema è oggetto di un diba-rtito-di tale antpiezza da renderne impossibile la discussiòne in questa sede.

ci soffermiamo invece sulla caratteristica delra specificità neurologi-ca, owero sul fatto che i sistemi di input devono essere associati a un,ar-chitettura neurale fissa (Fodor, 1983. Trad. ital.: 19g3, p. 152). Se sicombina tale assunto con quelli di specificità di dominio e di incapsu-lamento informazionale, ne risulta che i moduri sono distinguibili nonsolo dal punto di vista funzionale ma anche nel cervelo (Ellii e young,1996, p. 14). Su questa combinazione si fonda il metodo principe defaneuropsicologia cognitiva, l'osservazione della presenza dr dissociazionitra funzioni,In base a questo metodo, se si considera la cognizione comemulticomponenziale, il modo migliore per svelarne le componenti è tro-vare pazienti che, in seguito a una lesione, presentino il danneggiamen-to di uno specifico sottosistema funzionale e non di attri (Làdavaiì Berti,2002, p, 24). E ravvisabile :una dissociazione q,nndo un paziente, sot-toposto ai test A e B, con cui si esaminano rispettivamenie le funzioniFl e F2, ha una prestazione scadente in A e buona in B. Ciò può indi-care che l'area cerebrale lesa sia iL corcelato neurale della funzione F1che risulta, dunque, danneggiata (Mondini et al., 2003, p. 4). Ttrttavia,tale conciusione è poco affidabile. Le performance ottenute dal pazien-te o dal gruppo di pazienti poffebbero essere dovute non afle differenzetra i sottosistemi funzionali ma al grado di difficoltà dei test (shallice,1988. Trad. ital.: 1990, p. 56). Per ovviare a tali inconvenienti, è prefe-ribile osservare una dissociazione doppia. Essa si verifica quandò duepazientr, sottoposti ai test A e B, che misurano rispettivamente le fun-zioni F1 e F2, ottengono iI primo una prestazione scadente in A e buonain B e il secondo, all'opposto, una prestazione buona in A e scadente inB (Mondini et ai., 2003, p. 4).

Dall'esposizione di taie metodologia, risulta evidente come Ia Localiz-zazione delle aree cerebrali deputate a una specifica funzione sia decisi-va per la nozione di modularità dal punto di vista neuropsicologico. Lostesso si può dire anche per la posizione di Fodor? No, Aèausa del carat-tere asfratto delle computaziori, 1o studio degli stati mentali può pre-scindere da quello dei meccanismi cerebrali che ne forniscono la basefisica di implementazione (Fodot, L994, p. 297).

ciò che dTfferenzia, dunque, la posizione dei neuropsicologi da quelladi Fodor è iI fatto che la specificità neurale è, per i primi, una condizio-ne necessaria dell'idea di modularità, mentre per il secondo non lo è.

MoDULARITÀ DEL MENTALE E PRoCESSI DECISIoNALI

Altre differenze sostanziali tra le due concezioni sembrano emergere apatire da una domanda apparentemente semplice: quanti sono i moduli?

DaI punto di vista di Fodor, ia risposta è chiara: ve ne sono pochi esono deputati alla percezione e al linguaggio (Fodor, 19g3. Tiad. ital.:1983, p. 78). LAutore propone una concezione hipartita della cognizione

"hs distingue ta trasduttori (meccanismi che hanno la funzione di con-

vertire gli stimoii sensoriali in segnali che saranno poi usati nel corso delprocessamento), sistemi di input o moduli.e sistemi centrali (processori dicarattere olistico responsabili per Ie inferenze abduttive e la fisiazione dellecredenze) (Mcclamrock, 2003, pp. 67-68). per capire come si applica que-sta concezione, prendiamo l'esempio della visione. Tale processo iniziacon l'attivazione dei ftasduttori retinici. In base a determiuate leggi sulladisposizione distale degti oggeui, essi trasformano la distribuzione di luceriflessa sulla retina in segnali elaborabili dai moduli o sistemi di input.Essi computano e fanno inferenze su come è strutturata la scena visiva percrearne una mppre§entazione astratta (crane, 2003, p. 14g). Questa ulti-ma viene offerta ai sistemi centrali che la urilizzerarmo per fissure cr"-denze, pianificare sfrategie di pensiero e di azione, attribuire significatiecc. Poiché qualsiasi infonnazione presente nel sistema cognitivo poffeb-be essere utile per il loro funzionamento, è necessario che tali sisiemi ruon

11mo incapsulati informazionalmente Godor, 1983. Trad. ita1.: 19g3, p.r72). A parere di Fodor, non è stata ancora data una spiegazione esausù-va del funzionamento dei sistemi centrali. si sa, comungle, che essi sonocompletamente differenti dai moduli e per questo non stuìiabili come tali(Fodor,2000. Trad. ital.: 2001, p. 69).

Al contrario di Fodor, la maggior parte dei neuropsicologi sembra con-cordare sul fatto che almeno alcune componenti più "centrali', della cognl-zione vadano considerate modulari (Làdavas e Berti, 2002, p. 2D. Ési-sterebbero, cioè, molti più moduli di quelli deputati alle funiioni ,,loca-

li" quali la percezione sensoriale e iI tinguaggio. se cosr non fosse, ilmetodo delle dissociazioni sarebbe applicabile solo a una parte molto cir-coscritta del sistema cognitivo.

sullo sfondo di questa posizione condivisa vi sono però concezioni dimodularità che variano da Autore ad Autore. per semplicità, le possiamoraggruppare in due categorie: modularità serya incapsulamenti e modu.larità massiva.

I sostenitori della prima posizione affermano che I'incapsulamentoinformazionare non è condizione necessaria per definire come modulouna data funzione. Le uniche caratteristiche fondamentali, tra quelle pro-

CAPITOLO 4

poste da Fodor, sono la specificità di dominio e L'esistenza di aree delcervello deputate alle funTioni cognitive (Coltheart, 1999, p. 119).

I-:aspetto problematico di questa concezione consiste nel fatto che,negando l'incapsulamento informazionale, non riesce a rendere conto del-I'autonomia funzionale dei moduli. La localizzabilità cerebrale di unadata funzione non sembra sia in grado di dare sufficienti garanzie ariguardo. È plausibile che Ia medesima area del cervellà possa imple-mentare differenti capacità cognitive, modulari o no. Per esempio, moltineuroscienziati sostengono che I'amigdala, data la sua posizione centra-le nel cervello, sia una strutfura che è coinvolta in molte funzioni, qualiI'attenzione, la percezione e la memoria delle situazioni di pericolo(LeDoux, 1996. Trad. ital.: 2003, p. 295). Lo stesso porrebbe dirsi dialtre aree. Per questo motivo, a meno di non voler ridurre iI funziona-mento mentale a quello cerebrale, è difficile pensare che i limiti cogni-tivi di una capacità astratta possano essere stabiliti dal suo supporto fisi-co di implementazione.

Inoltre, un altro problema dell'assunto dt Lacalizzabilità cerebraleriguarda i metodi di indagine atthzzatt in neuropsicologia. Essi si basa-no sulla ricerca dr correlazioni neurologiche, owero di corrispondenzetra stati mentali e configurazioni neurali. In termini statistici, una colre-lazione non stabilisce una relazione di tipo causale tra due (o più) varia-bili, ma mette in luce solamente il fatto che al variare dell'una è proba-bile che awenga una variazione anche dell'aitra (Piccolo, L998, p. L97).Dunque, non è per ora dimostrato un rapporto di causa-effetto tra la varia-bile fisica/cerebrale e quella funzionale/mentale.

Nemmeno la specificità di dominio sernbra in grado di rendere contodella modularità di un sistema. Come abbiamo accennato in precedenza,tale nozione manca di una precisa deflnizione. Per i neuropsicologi, ingenerale, essa indica I'appartenenza a lullLa determinata classe di stimoli(Coltheart, 1999, p. 118). Ma questa potrebbe essere una caratteristicavalida anche per sistemi non modulari, come la memoria o l'attenzione(Fodor, 2000. Trad. ital.: 2001, p. 75, nota 6): infatti, la creazione di cate-gorie pa.re basarsi sui criteri di somiglianza, diversità e analogia, prero-gative dei sistemi centrali (Fodor, 1983. Trad. ital.: 1983, p. 166; Casti-glioni e Corradini, 2003, p. 45),

SoIo f incapsulamento informazionale, dunque, sembra permettere didistinguere le strutture modulari dal resto della cognizione (Fodor, 2000.Trad. ital.: 2001, p. 73). Tale caratteristica garantisce al modulo la suaindipendenza funzionale: le operazioni che svolgerà saranno esclusiva-

MODT]LARTTA DEL MENTALE E PROCESSI DECISIONALI

mente interne a esso e non saranno influenzate da altre conoscenze pre-senti nel complesso del sistema cognitivo (Paternoster, 2002, p. 155).Senza incapsulamento, un minimo cambiamento in una qualsiasi partedel sistema avrebbe delle conseguenze su tutto il resto (Ellis e Young,1996, p. 11). Inuna situazione del genere, sarebbe molto difficile stabi-lire quali effetti ha prodotto un modulo e distinguerli da quelli causatida altri sistemi.

La modularità senza incapsulamento porta a ipotrzzarc che i modufisiano molto più numerosi di quelli proposti da Fodor. Ma ciò non signi-fi.ca necessariamente cbe l'intero sistema cognitivo debba essere consi-derato modulare.

È evidente, tuttavia, come iI forte accento sulla caratteristica dr speci-ficità di dorninio abbia creato una certa confusione. Dato che, in linea diprincipio, potrebbero esserci meccanismi modulari predisposti per qua-lunque classe di stimoli, si è ipotizzata l'esistenza di moduli per qualun-que tipo di compito o funzione (Paternoster, 2A02, p. L59).

Ciò ha portato alcuni ricercatori ad abbracciare l'idea della modularitàmassiva, secondo cui la totalità o la maggior parte della cognizione ècomposta da moduli (Fodor, 2000. Trad. ital.: 2001, p. 69). Se tale ipo-tesi fosse vera, dovremmo seriamente prendere in considerazione I'esi-stenza di moduli specializzati nei compiti più disparati, quali il ricono-scimento degli uccelli o l'abilità in cucina (Crane, 2003, p. 153).

Per questa ragione, un'architettura cognitiva totalmente o prevalente-mente modulare sembra implausibile.

Un modulo per Ia presa di decisione?

La SMH afferma che la presa di decisi/one è un processo determinato da"marcatori somatici" che emergono dai processi di bioregolazione cor-porea (Bechara, 2004, p. 33). Poiché tale attività è coordinata a livellocerebrale dalla corteccia prefrontale venffo-mediana, si ipotrzza che undanno a questa struttura sia lz causa delle difficoltà dei PVM (PiattelliPahnarini, 2005, p. 63). Si potrebbe affermare che il meccanismo indivi-duato da Damasio e dal suo gruppo di ricerca sia dr tipo modulare.Infat-tt, è specifi.co per un dominio, è localizzato in una delimitata area delcervello ed è cognitiyamente impenetrabile (cioè incapsulato informazio-nalmente). Ricordiamo che questa ultima caratteristica è cruciale perquanto riguarda f indipendenza funzionale di un modulo e la possibilità

-l

CAPITOLO 4

di individuarlo all'interno del sistema cognitivo. Per Damasio, l'eviden-

za empilica a favole dell'incapsulamento informazionale viene fornita non

solo dalle scadenti performance dei PVM nel corso dell'IGT ma anche

dal comportamento dei soggetti di controllo. Come abbiamo visto nel

secondo paragrafo, questi ultimi preferiscono i mazn "buoni" rispetto a

quelli "cattivi" già nelle prtme fasi del compito, prima cioè di appren-

drr" ,o*e esso sia strutturato (Bechara et al., 1997, p. 1293)' Ciò indi-ca che, nella presa di decisione, si attiva un modulo che provoca dei

segnali di marcatura somatica che guidano la scelta prima che interven-

gano aitre abilità cognitive.Ttrttavia, un recente articolo (Maia e McClelland,2004, p. 16075) ha

messo in dubbio le prove empiriche fornite da Damasio a favore del-

l,impenetrabilità cognitiva. Maia e McClelland, sottoponendo all'IGTsolamente soggetti sani, hanno mostrato che, già neile prtme battute del

gioco, essi paiono possedere una buona cono§cenza di come è struttura-

to it compitò. Sin dalf inizio essi utilizzano funzioni cognitive quali il cal-

colo o il ragionamento analogico per dirigere la loro condotta. Ciò con-

trasta con i risultati dei ricercatori de[l'Iowa che, al conffario, evidenzia-

no come anche neile fasi più ayarrzate del gioco non tutti i soggetti del

gruppo di controllo raggiungano la piena comprensione dei funzionamento

dell'IGT (Bechara et al., L997, p. 1294).

Tali dati suggeriscono che il processo di presa di decisione potrebbe

dipendere dalI'attivazione di una taie varietà di funzioni cognitive da ren-

dere dfficile appurarc quali siano quelle dawero determinanti. Non si

nega che i marcatori somatici pos§ano influire in qualche modo sulle scel-

te; tuttavia, senza I'impenetrabilità cognitiva, è difficilmente appurabile

in che misura siano causalmente efficaci.Se le critiche alla SMH di Maia e McClelland si rivelasseto corrette,

ci ffoveremmo di fronte a una forma dt modularità senza incapsulame4-

ro. In questo caso, la tesi di Damasio secondo cui ie emozioni sarebbe-

ro il principale fattore coinvolto nelf interazione tra condizioni ambienfp-

li e piocesii decisionali (Bechara e Damasio, 2005, p. 368) apparirebbe'

quantomeno discutibile.

Quando a decidere è il gruppoTeorie e modelli di presa di decisione

Silvia Gilardi, Chiara GuglieLnetti

Premessa

Immaginate di trovarvi nella condizione di dover prendere una decisione

di una certa rilevanza.Immaginate inoltre che vi sia data la possibilita di scegliere se arriva-

re a una decisione da soli o dopo averne discusso insieme ad altre per-

sone, giungendo pertanto a una decisione collettiva e consensuale.

Quale di queste due opzioni scegliereste?

Molti, rifacendosi al vecchio adagio "due teste sono meglio di una",sceglierebbero di decidere in gruppo così da poter contare su una plu-ralità di idee, opinioni e informazioni: in questo modo, ritengono diarrivare a una decisione più accurata, coretta o "saggia" perché epu-

rata da preferenze, pregiudizi e distorsioni cognitive ed emotive del sin-

golo membro del gruppo. Altri, tuttavia, preferireb§ero prendere la de-

cisione da soli: essi credono che Ie decisioni coilettive non siano affat-to il risultato di procepsi puramente razionali e obiettivi, ma, al con-

trario, che i gruppi siaho condizionati da un maggior numero di feno-meni distorsivi, messi in atto proprio perché le persone interagiscono

in un contesto sociale governato da complesse dinamiche strutturali e

relazionali."Entrambe le.,concezioni circa i vantaggi e gli svantaggi della presa di

decisione in gruppo si ritrovano riportate sul piano della realta sociale.

Da un lato, come ha affennato Tajfel (1981), esiste una sorta di "pre-giudizio epistemologico" nei confronti dei gruppi secondo cui I'uomo,inserito in un gruppo, grande o piccolo, perderebbe Ia propria capacità diconoscere il mondo in modo razionale e agirebbe soltanto spinto da pul-

sioni irrazionali, se non da istanze inconsce.

5.