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INSTRVMENTA INSCRIPTA V Signacula ex aere. Aspetti epigrafici, archeologici, giuridici, prosopografici, collezionistici ATTI DEL CONVEGNO INTERNAZIONALE (Verona, 20-21 settembre 2012) a cura di Alfredo Buonopane e Silvia Braito con la collaborazione di Cristina Girardi Scienze e Lettere Roma 2014

S. ANTOLINI - S.M. MARENGO, I signacula ex aere della regio VI adriatica, in Instrumenta inscripta V. Signacula ex aere. Aspetti epigrafici, archeologici, giuridici, prosopografici,

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INSTRVMENTA INSCRIPTA V

Signacula ex aere.Aspetti epigrafici, archeologici, giuridici,

prosopografici, collezionistici

ATTI DEL CONVEGNO INTERNAZIONALE

(Verona, 20-21 settembre 2012)

a cura di Alfredo Buonopane e Silvia Braito

con la collaborazione di Cristina Girardi

Scienze e LettereRoma 2014

Volume stampato con il contributo di: Dipartimento Tempo Spazio Immagine Società (TeSIS) dell’Università degli Studi di Verona

Rotary Club Como Baradello

Con il patrocinio di: Università degli Studi di Verona, Dipartimento TeSIS Association Internationale d’Épigraphie Grecque et Latine (A.I.E.G.L.) Terra Italia Onlus

&RPLWDWR�VFLHQWL¿FR� Giulia Baratta, Alfredo Buonopane, Ivan Di Stefano Manzella,

Sergio Lazzarini, Marc Mayer i Olivé, Giovanni Mennella

Redazione: Alfredo Buonopane, Silvia Braito, Cristina Girardi

(GLWLQJ�H�OD\RXW�JUD¿FR��Cristina Girardi

Coordinamento peer review: Alfredo Buonopane

I contributi raccolti in questo volume sono stati sottoposti alla peer review secondo la procedura del “doppio cieco”

© 2014 Scienze e Lettere dal 1919 S.r.l.già Bardi EditoreVia Piave, 7 – 00187 RomaTel. 0039/06/4817656 – Fax 0039/06/48912574e-mail: [email protected] 978-88-6687-072-2

In copertina: il signaculum di Asturius (CIL XV, 8094) in J. Muselli, Antiquitatis reliquiae, Verona 1756, tab. XXXXVIII, 2 (incisione di Dionisio Valesi e Domenico Cunego).

IX

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Alfredo BuonopanePremessa

Marc Mayer i Olivé Signata nomina; sobre el concepto y valor del término signaculum con algunas consideraciones sobre el uso de los instrumentos que designa

Ivan Di Stefano ManzellaSignacula ex aere e mercatura: indizi e ambiguità testuali

Manfred HainzmannSignacula und Synonyme

Simona MarchesiniSignacula: analisi linguistica

Sergio LazzariniI signacula: tra certezza dei “diritti soggettivi” e tutela GHOO¶DI¿GDPHQWR

Margherita Bolla&HQQL�VXOOH�IDOVL¿FD]LRQL�QHOOD�EURQ]LVWLFD

Giulia BarattaIl signaculum al di là del testo: la tipologia delle lamine

Francesca CeneriniNec desunt mulieres: signacula al femminile

Alfredo BuonopaneSchiavi e liberti imperiali nei signacula ex aere

Indice

Silvia Braito1HOO¶RI¿FLQD�GHO�CIL. I signacula nei lavori preparatori del Corpus inscriptionum Latinarum

Cristina GirardiLe societates nel mondo romano: attestazioni dai signacula ex aere

Norbert FrankenDie lateinischen Bronzestempel der Berliner Antikensammlung aus sammlungsgeschichtlicher Sicht

Daniela Rigato I signacula ex aere del Museo Nazionale di Ravenna: un quadro introduttivo

Antonio SartoriNon Dianam magis montibus quam Minervam inerrare

Giovanna CicalaSignacula pompeiani: appunti di una ricerca in corso

Raimondo ZuccaSignacula ex aere provinciae Sardiniae

Silvia EvangelistiSignacula da Aeclanum in CIL (IX e X). Alcune note

Claudia GattaSignacula ex aere e collezionismo. Carlo Morbio e le sue raccolte

Stefano MagnaniSignacula ex aere dal territorio di Aquileia

Filippo BoscoloSignacula conservati nel Museo Archeologico di Padova

Giovanni MennellaSignacula aenea e bollatura di laterizi: a proposito di un timbro inedito nel Museo di Antichità di Torino

Marina VavassoriSignacula a Bergamo e dintorni: curiosità e quesiti

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Elena CimarostiTre signacula da raccolte museali nell’Italia nord-occidentale

Valeria ValcheraSignacula ex aere del Museo Civico Archeologico di Bologna: notabilia�WHFQLFL��SURVRSRJUD¿FL�H�FROOH]LRQLVWLFL

Simona Antolini, Silvia Maria MarengoI signacula ex aere della regio VI adriatica

Silvia BraitoSignacula “in rete”: fra documentazione, aste online e collezionismo

Heikki SolinEpiclinus: una nota onomastica

Marco FirmatiSigilli di mercatores per doli dal porto di Pisa

Luigi Vecchio Un signaculum in bronzo con iscrizione greca da Velia

Paola Pacchiarotti, Giada Fatucci, Laura Ebanista, Sarah Gozzini, Federica LamonacaI signacula del Museo Nazionale Romano: un’esperienza didattica tra studio e EDR

0DXUL]LR�%XRUD��(UJ�Q�/DÀÕTre signacula dall’Asia Minore

Christophe Schmidt HeidenreichSignacula ex aere dans les deux Germanies et les trois Gaules : observations sur une documentation récalcitrante

Gaetano ArenaVasetti iscritti e produzione di medicamenta a Priene ellenistico-romana

Margherita Cassia“Marchi di fabbrica” a Creta e tituli picti di Ercolano: considerazioni socio-economiche

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Reinhold WedenigBleiplomben mit Stempel- und Ritzinschriften aus Iuvavum (Noricum)

Zsolt VisyInstrumenta Inscripta Aenea aus Ungarn

Angela Donati(�SHU�¿QLUH

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Lista autori

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Riassunto: Sono raccolti e studiati i signacula bronzei della regio VI Italiae provenienti dalle città antiche di Attidium/7X¿FXP, Tifernum Mataurense, Pitinum Pisaurense, Forum Sempronii, Suasa, Ostra, Aesis, Sassina.

Abstract: Collection and critical review of the bronze signacula found in the ancient ci-ties of the regio VI Italiae: Attidium/7X¿FXP, Tifernum Mataurense, Pitinum Pisaurense, Forum Sempronii, Suasa, Ostra, Aesis, Sassina.

Parole chiave: signacula, bronzo, regio VI, UmbriaKeywords: signacula, bronze, regio VI, Umbria

Il gruppo più consistente dei signacula bronzei schedati da Eugen Bormann nel versante adriatico della regio VI augustea si conserva nel Museo Oliveriano di Pesaro, ma essendo già oggetto di studio e di prossima pubblicazione1, in questa sede ci limi-tiamo a segnalarli e a inquadrarli molto brevemente2.

Secondo le indicazioni dell’anonimo redattore del volume VIII delle Memorie di Pesaro, codice manoscritto conservato con la signatura 385 nella Biblioteca Oliveria-na e preceduto da un breve indice di mano di Annibale degli Abbati Olivieri Giordani3, la maggior parte degli esemplari (dieci) apparteneva alla collezione dei nobili Ardizi,

1. L’informazione si deve al Direttore della Biblioteca Oliveriana, cui avevamo rivolto la richiesta di studio della collezione. 2. Le autrici ringraziano Ivan Di Stefano che ha messo a disposizione lavori ancora in stampa, Daniela Rigato per le foto dei signacula CIL XI, 6712, 186b e 330, Valeria Valchera per la foto di CIL XI, 6712, 170h, Maria Grazia Alberini (Biblioteca Oliveriana) per le foto del ms. citato a nota 3, Cristina Giovagnetti e Orietta Piolanti (Museo Archeologico di Rimini), Giancarlo Gori (Museo Archeologico di Fossombrone), Luciano De Sanctis, Teresa Giove (Medagliere del Museo Archeologico Nazionale GL� 1DSROL��� 5RPLQD� 4XDUFKLRQL� H� 3DWUL]LD� %DVVL� �0XVHR� &LYLFR�$UFKHRORJLFR� GL� -HVL�� SHU� OD� FRUWHVH�collaborazione, la Direzione del Museo di Rimini per le foto dei timbri nn. 1 e 3. 3. Codex Oliverianus 385, ff. 64, 64’, 65. Datato genericamente ai secoli XVII-XVIII da sorBelli 1927, p. 213, alla luce delle considerazioni seguenti può essere collocato nel XVIII secolo.

I signacula ex aeredella regio VI adriatica

Simona AntoliniSilvia Maria Marengo

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ONEFRVWLWXLWD�GD�-HURQLPR�QHO�FRUVR�GHOOD�VHFRQGD�PHWj�GHO�;9,�VHFROR4, e a questo nucleo nel Settecento vennero ad aggiungersi tre pezzi che Giovan Battista Passeri ricevette da Giannandrea Giovannelli, abate di Ripabianca (presso Todi) con cui aveva stretto DPLFL]LD�¿Q�GDO�����5. Il fatto che il Giovannelli raccolse nel territorio di Todi diversi materiali archeologici che consegnò al Passeri, unitamente alla precisazione, per due signacula conservati nel Museo Oliveriano6, del loro rinvenimento nel territorio di Tuder e alla trattazione di altri in carte manoscritte dello stesso Passeri sulle Antichi-tà tudertine7, porterebbe ad escludere questo gruppo dalla presente rassegna e a far calare l’ombra del sospetto anche su un altro signaculum, che nel manoscritto sopra ricordato sulle Memorie di Pesaro viene dato come appartenente alla collezione Pas-seri8. Sei signacula della collezione Ardizi furono acquisiti dal Museo di Verona, dove si conservano tuttora9.

Secondo le stesse Memorie di Pesaro due soli signacula appartenevano alla colle-]LRQH�GHOO¶2OLYLHUL��PD�HVVL�QRQ�¿JXUDQR�QHOOD�GLVVHUWD]LRQH�GHOOR�VWHVVR�VXOO¶instru-mentum domesticum dal titolo 'HOOH�¿JOLQH�SHVDUHVL�H�GL�XQ�ODUDULR�SXHULOH�WURYDWR�in Pesaro (1780)10: se la raccolta di oggetti antichi dell’Olivieri era formata essen-zialmente da materiale di scavo, soprattutto pesarese11�� YL�¿JXUDYDQR�DQFKH� UHSHUWL�acquistati a Roma durante il suo soggiorno negli anni 1727-173012, cui si aggiunsero, soprattutto a partire dal 1756, pezzi pervenuti da altre città delle Marche, dall’Umbria, da Verona e da Roma13, per cui prudentemente si sospende il giudizio sulla loro perti-nenza al territorio oggetto della presente indagine.

Chiudono la rassegna nove esemplari osservati dal Bormann presso il Museo, ma SULYL�GL�LQGLFD]LRQL�VX�SURYHQLHQ]D�H�DOWUD�ELEOLRJUD¿D14.

Nel territorio non ci sono altre collezioni importanti, ma il resto dei signacula rin-

4. CIL XI, 6712, 47, 77, 302, 307, 381a, 454, 499f; CIL XI, 6713, 14, 47a, 47b. Sulla collezione Ardizi cfr. Brancati 1984, p. 321 nota 6. 5. CIL XI, 6712, 181, 474; 6713, 28. Su Giannandrea Giovannelli si rimanda a Nuovo dizionario 1796, p. 253 s.v., mentre sulle opere manoscritte sulle antichità di Todi del Giovannelli e del Passeri, conservate nella Biblioteca Oliveriana di Pesaro, si veda CIL XI, pp. 676-677. 6. CIL XI, 6712, 57, 366. 7. CIL XI, 6712, 159, 181, 474; 6713, 28. Si tratta del ms. 241 (Passeri op. tom. XIV Antiquitatum Tudertium), conservato nella Biblioteca Oliveriana. 8. CIL XI, 6712, 182. Si ricorda che prima del suo arrivo a Pesaro il Passeri aveva alle spalle “un’infanzia di vagabondaggi archeologici nelle campagne etrusche di Orvieto, Todi, Perugia” (cfr. loMBardi 1989, p. 279). 9. Si tratta di CIL XI, 6712, 302, 307, 381a, 454; 6713, 14, pubblicati da BuonoPane 2012, pp. 375-382, nn. 6, 8, 9, 11, 12. 10. CIL XI, 6712, 61, 134. Per le ricerche dell’Olivieri sull’instrumentum si veda Marengo 1997-1998, pp. 284-299. 11. Brancati 1985, p. 339. 12. Alcuni furono inviati al Passeri, altri (principalmente iscrizioni) furono invece trattenuti per sé per ornare la sua casa a Pesaro: loMBardi 1989, pp. 281-283; luni 1997-1998, pp. 51-52. 13. Cfr. luni 1997-1998, p. 54. 14. CIL XI, 6712, 36, 85, 170h (schede Rocchi), 184, 222, 252, 358, 384.

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ONEYHQXWL�LQ�TXHVWD�DUHD�JHRJUD¿FD�VL�WURYD�VSDUVR�LQ�GLYHUVH�UDFFROWH�PXVHDOL��6HJXH�LO�catalogo, redatto sulla base della località di rinvenimento, città per città.

(S.A.)

7X¿FXP���$WWLGLXP�(?) (S.M.M.)1. Timbro di bronzo con manubrio ad anello, quest’ultimo attualmente perduto¸

ODPLQD�UHWWDQJRODUH������[�����[�����FP���VSHFFKLR�HSLJUD¿FR�GH¿QLWR�GD�FRUQLFH��¿J��1). Lettere a rilievo (0,7 cm), direzione della scrittura retrograda, testo disposto su due linee, interpunzioni assenti. A linea 1, E per F, A senza traversa; a linea 2, nesso tra H ed E, R ridotta al solo occhiello e alla coda, senza asta portante, M con angolo centrale ULVDOHQWH��7�D�IRUPD�GL�ī�

Mancano notizie sulla provenienza; appartenne alla collezione di Marzo Capizuc-FKL� ©TXL� KDEXLW� D� )DEULDQRª� H� IX� GRQDWR� DO� 3DȠOXFFL�� FRQVHUYDWR� D�5LPLQL��0XVHR�Gambalunga.

CIL XI, 6712, 186a; giovagnetti, Piolanti 1981, p. 31 n. 10 (O. Piolanti).

4�)/$9,�,�ƨ(50(7,64�XLQWL��)ODYL�L�ƨHUPHWLV�

La provenienza «a Fabriano» fa ritenere, se questa è anche l’origine del manufatto, che l’oggetto sia da riferire ad Attidium o a 7X¿FXP.

Si conosce un esemplare con la stessa iscrizione a Ravenna (CIL XI, 6712, 186b), ma non gemello per le misure diverse (alt. totale 2,1; lamina 5,2 x 2,8 x 4) e per alcune SDUWLFRODULWj�JUD¿FKH��OD�PDQFDQ]D�GHO�QHVVR�WUD�+�HG�(���OD�1�DO�SRVWR�GHOOD�0�D�OLQHD����

Un altro esemplare, irreperibile già per il Mommsen, fu trovato nel 1748 a Cupra Montana (CIL IX, 6083, 59). Lo descrive M. Sarti, De antiqua Picentum civitate Cupra Montana, Pisauri 1748, p. 47: «his ipsis diebus quibus haec scribimus vetus sigillum in ruderibus Cuprae Montanae repertum perlatum est ad nos cui id est in-scriptum: Q. FLAVI / HERMETIS». L’ipotesi riportata nel Corpus che il timbro di Cupra Montana e quello conservato a Ravenna siano in realtà lo stesso esemplare è FRQWUDGGHWWD�GHOOH�YDULDQWL�JUD¿FKH�VRSUD�QRWDWH��SHUDOWUR��VL�SXz�HVFOXGHUH�FKH�LO�WLP-bro di Cupra Montana sia quello della collezione Capizucchi per l’assenza del nesso HE nella descrizione del Sarti. Avremo quindi più esemplari con ripetizione di una medesima formula onomastica, ma con realizzazioni distinte, legittime o fraudolente che siano tali repliche.

Di contro alla moltitudine dei Titi Flavii Hermetes che hanno lasciato il loro nome QHOOH�IRQWL�HSLJUD¿FKH��LO�QRVWUR�4XLQWR�)ODYLR�+HUPHV�QRQ�WURYD�RPRQLPL��OD�UDULWj�

¿J�����Signaculum�µGD�)DEULDQR¶�Q�����(Foto Museo Archeologico, Rimini).

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ONEdel prenome Quinto tra i Flavii di questa zona dell’Italia adriatica15 e l’area abbastan-za circoscritta dei rinvenimenti potrebbe suggerire che si tratti di un medesimo indivi-duo che agì di persona e a mezzo di delegati per un’attività che si svolgeva in ambito centroitalico, ma è solamente una ipotesi non sostenuta da prove. 1HO�QRVWUR�HVHPSODUH��OH�SDUWLFRODULWj�JUD¿FKH�VRSUD�VHJQDODWH�H�WUD�TXHVWH�VRSUDW-

tutto la forma della R, della T e dalla M con l’angolo interno risalente fanno pensare DG�XQD�ULSURGX]LRQH�PROWR�LPSHUIHWWD��UHDOL]]DWD�FRQ�HYLGHQWH�LPSHUL]LD�RI¿FLQDOH�H�fraintendimenti delle lettere (un falso?). La I in apertura della linea 2 può appartenere alla desinenza (cfr. Statii qui n. 12) o essere un segno aggiunto per errore.

Tifernum Mataurense (S.M.M.)2. Timbro di bronzo con manubrio ad anello e castone secondario ellittico, lamina

UHWWDQJRODUH��VHQ]D�FRUQLFH��¿J������$OW��LQ�SRVL]LRQH�GL�WLPEUDWXUD���FP��ODPLQD�����[�4,5 x 0,5 cm; diametro orizzontale dell’anello 1,3 cm; diametro verticale 1 cm. Lettere a rilievo (1,2), direzione della scrittura retrograda, testo disposto su una linea, inter-punzioni a forma di foglie lanceolate.

Rinvenuto a Sant’Angelo in Vado (Pesaro - Urbino), loc. Ca’ Martino dal Sig. Gianluigi Venturi; conservato a Sant’Angelo in Vado (Pesaro - Urbino), Museo Civi-co Archeologico.Monacchi�������¿J������Monacchi 2010, S�������QRWD�����H�¿J������

Sulla lamina: L S ML. S(- - -) M(- - -).Sul castone: planta pedis16.Lo stesso acronimo del titulus maior ricorre in CIL X, 8059, 349.

Pitinum Pisaurense (S.M.M.)3. Timbro di bronzo con manubrio ad anello pentagonale, lamina a forma di cre-

VFHQWH��VSHFFKLR�HSLJUD¿FR�GH¿QLWR�GD�FRUQLFH��¿J������$OW��LQ�SRVL]LRQH�GL�WLPEUDWXUD�2,1 cm; lamina 3 x 3,7 x 0,3 cm; diametro orizzontale dell’anello 1,4 cm; diametro verticale 1,2 cm. Lettere a rilievo (1,3 cm), direzione della scrittura retrograda, testo disposto su una linea, interpunzione a triangolo prima della T in alto, a punto dopo la T in basso, a triangolo allungato dopo la V in alto.

Proveniente dalla Pieve di San Cassiano (Macerata Feltria) dove fu rinvenuto nel

� ���� �7UD�L�SL��SURVVLPL�JHRJUD¿FDPHQWH�YG��CIL IX, 5925 da Ancona e XI, 4747 dal Vicus Martius Tudertium. Non dimostrabile un qualche rapporto con Q. Flavius Balbus (PIR2 F 227) e Q. Flavius Tertullus (PIR2 F 376) consoli rispettivamente in età severiana e nel 133 d.C. 16. Monacchi pensa invece alla lettera D.

¿J�� ��� Signaculum da Tifernum Ma-taurense �Q������)RWR�:��0RQDFFKL��

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ONE1817; conservato a Rimini, Museo Gambalunga.

CIL XI, 6712, 87; giovagnetti, Piolanti 1981, p. 29

n. 6 (O. Piolanti).

T C V

T. C(- - -) V(- - -). oppure

T. Cu(- - -).La seconda ipotesi è suggerita dalla mancanza di in-

terpunzioni tra C e V.

Forum Sempronii (S.M.M.) 17

4. “Suggello di bronzo”, lamina rettangolare. Direzione della scrittura retrograda,

testo disposto su due linee, interpunzioni non segnalate.

Mancano notizie sulla provenienza; irreperibile.

NSA 1899, p. 260 (E. Brizio): «il suggello di bronzo del quale debbo un calco alla

gentilezza del prof. Vernarecci disgraziatamente è rotto in un lato; ma è tuttavia assai

pregevole perché appartiene alla serie piuttosto rara di quelli che contengono nomi di

donna»; CIL XI, 6712, 27, 1.

AEMILA[- - -] / [- - -]NORATAE

Aemil<i>a[e / Ho]noratae.

A con traversa discendente nell’apografo del Brizio. Se, come documentato, «il

timbro era rotto da un lato» con perdita delle prime due lettere del cognome, anche

prima di Aemilia dobbiamo o immaginare qualcosa di perduto (elemento decorativo?

lettere? indicazione di status?) o pensare ad una impaginazione rientrante.

L’onomastica della donna richiama quella del senatore L. Aemilius Honoratus (PIR�

A 350): questa annotazione del Groag è stata ripresa da M.Th. Raepsaet-Charlier18 che

censisce la nostra tra le signore dell’ordine senatorio intorno all’inizio del II secolo

d.C. (?). L. Aemilius Honoratus, originario di Nemausus, fece una rapida carriera,

propiziata dai favori di un optimus princeps, tra Roma, la provincia del Ponto e Bitinia

e la provincia di Creta e Cirene. Aemilia Honorata��¿JOLD�R�VRUHOOD��SXz�DYHU�DYXWR�proprietà in Italia centrale. Se così è, il timbro si aggiunge ai numerosi signacula�µDO�femminile’ raccolti in CIL XI19, ma anche a quelli, più rari, che menzionano personag-

17. Nel museo di Fossombrone si conserva anche un timbro non alfabetico, di bronzo, con manubrio

ad anello incompleto; la lamina è a forma di planta pedis��GH¿QLWD�GD�FRUQLFH��/¶LPPDJLQH�ULSURGXFH�XQ�serpente rivolto a destra, a rilievo. Provenienza ignota; conservato a Fossombrone, Museo Vernarecci, inv.

1161. luni, gori 2001, p. 213, n. 298 (G. Gori).

18. raePsaet-charlier 1987, p. 47, n. 27.

19. Vd. in CIL XI, 6712 gli esemplari n. 29, 48, 53, 70, 103, 108,189, 234, 235, 250(?), 270, 288, 325,

¿J�� ��� Signaculum da Pitinum Pisaurense� �Q�� ���(Foto Museo Archeologico, Rimini).

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ONEgi dell’ordo senatorius20.Va considerato tuttavia che molti sono gli Aemilii Honorati noti21 e che omonime

della nostra si conoscono in Narbonese e in varie città dell’Africa settentrionale22, VHEEHQH�QRQ�VLDQR�HPHUVL�LQGL]L�SHU�VWDELOLUH�GHL�OHJDPL�VLJQL¿FDWLYL�

In regione la gens è attestata precocemente a Aesis (AE 1997, 499), in età imperiale a Sentinum (CIL XI, 5768) e a Pitinum Mergens (AE 1999, 613), nel Picenum a Tolen-tinum (AE 1993, 600) e a Interamnia Praetuttiorum (CIL IX, 5160).

5. Timbro di bronzo con manubrio ad anello, lamina rettangolare a forma di T, VSHFFKLR�HSLJUD¿FR�GH¿QLWR�GD�FRUQLFH� �¿J������$OW�� LQ�SRVL]LRQH�GL� WLPEUDWXUD������lamina 2,4 x 3,5; diametro orizzontale dell’anello 1,6; diametro verticale 1,8. Lettere a rilievo (0,8), direzione della scrittura retrograda, testo disposto su una linea, inter-punzione a punto posta alla base della terza lettera.

Mancano notizie sulla provenienza, appartiene alla raccolta Vernarecci; conservato a Fossombrone, Museo Vernarecci, inv. 1193.

luni, gori 2001, pp. 212-213, n. 297 (G. Gori).

P I F. D / O

La forma del timbro è poco frequente23; al contra-rio, testi del medesimo tipo sono stati segnalati in gran numero24. Almeno dodici sono i marchi che presentano una uguale o simile successione di lettere, tutti raccolti in CIL XI, 6712, 17025, ai quali si aggiunge CIL V, 8116, 40 riletto da Buonopane26. Sarebbe auspicabile una re-visione di tutti gli esemplari conservati per stabilire l’esatta forma del timbro e l’esatta

326, 337(?), 356, 396, 432, 440, 444, 447, 476, 478. Si veda inoltre il contributo di Francesca Cenerini in questi Atti. 20. di stefano Manzella 2011, p. 354. 21. Ad esempio in Narbonese (AE 1948, 465 e 1982, 684), in Numidia (CIL VIII, 3368 = 18186; AE 1902, 11; ILAlg 1, 2142; 2, 2, 4758), in Mauretania Caesariensis (CIL VIII, 8847), in Italia (CIL XIV, 263), a Roma (CIL VI, 2472a), in Africa Proconsularis (CIL VIII, 14706 = 25746; 26694 = ILTun 1452; Benzina Ben aBdallah 1991, p. 265), in Sardinia (ILSard 1, 225). 22. A Lugdunum (CIL XIII, 1829), in Africa Proconsularis (AE 1995, 1751), in Numidia (CIL VIII, 3368 = 18186; ILAlg 2, 2, 6883 e 2, 3, 8383), in Mauretania Caesariensis (CIL VIII, 20717), in Mauretania Tingitana (IAM 2, 2, 458). 23. Cfr. ad esempio CIL XV, 8448, CIL IX, 6083, 175 (cfr. XI, 6712, 169), CIL XI, 6712, 170a, i. 24. di stefano Manzella 2011, p. 349. 25. Tra i timbri raccolti in CIL XI, 6712, l’esemplare 170 e («vel i aut k?») si trova al Museo di Antichità di Torino ed è stato pubblicato da Mennella�������S��������Q�����FRQ�¿J���������ODPLQD�UHWWDQJRODUH���l’esemplare 170g è studiato da Simona Antolini (qui al n. 13; lamina rettangolare); l’esemplare 170h del Museo Oliveriano di Pesaro presenta il testo su un’unica linea (lamina rettangolare) e si legge D PIF.D. 26. BuonoPane 2012, pp. 376-377 che corregge la lettura P ED del Corpus.

¿J�����Signaculum da Forum Sempronii �Q������)RWR�6�0��Marengo).

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ONElezione di ciascuno27: infatti il secondo segno è stato interpretato ora come lettera (una I) ora come segno di interpunzione (una freccia o una foglia lanceolata rivolta verso il basso) e anche per il primo (P, D, C ?) e l’ultimo (D, O ?) si possono sospettare dei fraintendimenti. Va anche considerato che queste differenze possono essere il risultato di ripetute duplicazioni che hanno alterato la forma originaria del testo.

Nel nostro esemplare si conferma la lettura di G. Gori: la prima lettera si riconosce come una P, per l’occhiello aperto, nonostante la forte somiglianza con la forma della D, la seconda lettera è una I, la terza una F con un punto alla base; segue una lettera FKH�SRWUHEEH�HVVHUH�'�SHU�LO�SUR¿OR�UHWWLOLQHR�GHOOD�SDUWH�VLQLVWUD��PD�DQFKH�XQD�2��LQ�basso una O.

Il confronto più vicino per forma e sequenza di lettere è offerto dal timbro CIL XIII, 10022, 141a di identica forma, conservato al museo di Rouen, dove tuttavia la terza lettera è senza dubbio una E28.

6. Timbro di bronzo con manubrio ad anello, lamina rettangolare, specchio epigra-¿FR�GH¿QLWR�GD�FRUQLFH��¿J������

Alt. in posizione di timbratura 2,7 cm; lamina 1,3 x 4 cm; diametro orizzontale dell’anello 1,9 cm; diametro verticale 1,7 cm.

Lettere a rilievo (0, 8 cm), direzione della scrittura retrograda, testo disposto su una linea, interpunzioni assenti.

Mancano notizie sulla provenienza; conservato a Fossombrone, Museo Vernarecci, inv. 206

luni, gori 2001, pp. 211-212, n. 296 (G. Gori).

R FELIX R(- - -) Felix.

La lettera che precede FELIX, di dimensioni leggermente più piccole delle restanti lettere, desta qualche perplessità: forse un prenome in una formula onomastica ano-mala29 oppure un simbolo beneaugurante in associazione con l’aggettivo felix30. In

27. Indagine iniziata, ma non ancora conclusa per la dispersione o irreperibilità dei materiali e le GLI¿FROWj�GHL�ULVFRQWUL��6L�DJJLXQJRQR��LQROWUH��GD�YHUL¿FDUH��CIL�;,�������������ȁ���&,)�'���2�ODPLQD�D�forma di croce), CIL IX, 6083, 175 (M / CIF.D lamina a forma di T come il nostro), CIL XII, 5690, 64 (S? / LIF. D).� ���� �6FKHGD��PD�FRQ�WUDVFUL]LRQH�HUUDWD��H�IRWRJUD¿D�QHO�VLWR�FROOHFWLRQV�PXVHHV�KDXWH�QRUPDQGLH�IU�collections/artitem/7330005182. 29. A(ulus) Felix�� OD� OHWWXUD� SURSRVWD� GD� *�� *RUL�� UHVWD� GLI¿FLOH� SHUFKp� OD�$� DYUHEEH� XQD� IRUPD�inconsueta. 30. Forse una corona vittata come in CIL XI, 6712, 420 (cfr. dollfus 1967, p. 129) ma la lunghezza delle teniae risulta poco convincente. Per l’uso aggettivale di felix vd. i timbri con acclamazione VTERE FELIX (ad es. CIL IX, 6083, 189-191; X, 3059, 505; XI, 6712, 499-500; XV, 8576 e qui n. 18) o FELIX VIVAS (CIL XV, 8213). Cfr. di stefano Manzella 2011, p. 358.

¿J����� Signaculum da Forum Sempronii��Q������)RWR�6�0��Marengo).

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ONEalternativa a queste soluzioni possibili, la forma arrotondata dell’occhiello suggerisce che possa trattarsi di una R e invita a tentare la lettura r(ecensuit) Felix o r(ecognovit)Felix. Il signaculum�VDUHEEH�VWDWR�LPSLHJDWR�SHU�FHUWL¿FDUH�R�YDOLGDUH�XQ�FRQWUROOR�LQ�un ambiente produttivo o amministrativo31.

7. “Sigillum”, lamina rettangolare, interpunzioni dopo le lettere C e T.Irreperibile.l. alBerti, Descrittione di tutta Italia, Bononiae 1550, f. 258’ «mi mostrò etiandio

GHWWR�*HURQLPR�%ROGULQR�OD�IRUPD�H�OD�¿JXUD�GH¶�O�6LJHOOR�GL�*DLR�7LWR�6HPSURQLR��nel quale in amendue i lati erano scolpite queste lettere C.T.S»; CIL XI, 6712, 428 («sigillum Fori Sempronii a. 1530 ab Hyeronimo Boldrinio monstratum»).

C T SC. T(- - -) S(- - -).

La scritta è indicata come presente «in amendue i lati» (ab utraque parte, CIL): «forse è da intendere che abbiamo il titulus maior identico alla adnotatio fabrilis WUDFFLDWD�SUR�PHPRULD�VXOOD�FHUD�LQ�RI¿FLQD�TXDQGR�OH�WUH�OHWWHUH�GHO�titulus maior non erano state modellate»32.

Il medesimo acronimo si legge sine punctis (CIL) in un timbro conservato nel ȂXVHR�GL�1DSROL��guarini 1834a, p. 71, n. 6; CIL X, 8059, 395).

Suasa (S.A.)A Luigi Grazzi si deve la notizia dell’esistenza di cinque timbri in bronzo nella

collezione Monti, inaccessibile e probabilmente dispersa, e di un sigillo in bronzo a doppia testa di cigno nella collezione De Sanctis, in cui si deve riconoscere piuttosto un’applique33. Dal municipio di Suasa proviene anche un piccolo signaculum con manubrio ad anello conservato presso l’Antiquarium di San Lorenzo in Campo (inv. ��������FKH�YLHQH�HVFOXVR�GDO�SUHVHQWH�FDWDORJR�SHUFKp�YL�VL�WURYD�LPSUHVVD�XQD�UDI¿-gurazione, non ben leggibile, e non un’iscrizione34: d’altro canto le ridotte dimensioni e la decorazione cava, atta a produrre un’impronta prominente, potrebbero anche far ipotizzare che si tratti di un anulus signatorius35.

31. Cfr. di stefano Manzella 2012a. 32. di stefano Manzella 2011, p. 350. 33. Sui primi, per i quali non si ha alcun riscontro nel CIL, cfr. giorgi 1981, p. 185 n. 150; per l’ultimo giorgi� ������ S�� ���� Q�� ����� ¿J�� ��� Q�� ����'HYR� DO� SURSULHWDULR� GHOOD� FROOH]LRQH��/XFLDQR�'H�Sanctis, l’informazione che l’oggetto, anepigrafe, non è un signaculum. 34. Alt. in posizione di timbratura 2,5 cm; lamina 1,3 x 1,8 x 0,4-0,3 cm; diametro esterno anello: orizzontale 2,2 cm; verticale 2 cm; diametro interno anello: orizzontale 1,3 cm; verticale 1,1 cm. 35. Sulla differenza fra i due manufatti si veda di stefano Manzella 2011, pp. 356-357.

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ONEOstra (S.A.)

8�� 7LPEUR� GL� EURQ]R� �¿J�� ��� FRQ�PDQXEULR� DG� DQHOOR� H� ODPLQD� UHWWDQJRODUH� FRQ�VSHFFKLR�HSLJUD¿FR����[�����FP��GHOLPLWDWR�GD�XQ�OLVWHOOR����������FP���WUDFFH�GL�RVVL-dazione e incrostazioni. Alt. in posizione di timbratura: 2,69 cm; lamina: 2,21 x 5,62

x 0,53-0,47 cm; manubrio: 2 x 2,69 cm; diametro interno orizzontale anello: 1,73 cm;

diametro interno verticale anello: 1,75; peso: 53 g. Lettere prominenti e retrograde,

VFKLDFFLDWH� VXOOD� VXSHU¿FLH� GDOO¶XVR� SUHVVRULR�� DOWH� ����� FP� �LQWHUOLQHD� ���� FP��� GL�buona fattura e ben impaginate, con marcate apicature alle estremità. Segni divisori

di vario tipo: il primo, dopo la M della prima linea, a virgola o fogliolina in posizione

centrata; nella seconda linea uno prima della A, circolare in alto, uno dopo la P, a for-

ma di hedera, sulla linea di scrittura.

Rinvenuto ad Ostra Vetere, nell’area in cui sorgeva la città romana di Ostra (loc. Le

Muracce)36, fu acquistato dai Borgia e per un certo periodo conservato nell’omonima

collezione di Velletri; attualmente si trova nel Medagliere del Museo Nazionale di

Napoli (inv. 4799).

CIL XI, 6712, 118 = CIL X, 8059, 107.

M CLAV / AGRIP

M. Clau(di-) / Agrip(- - -).

Il signaculum menziona un appartenente alla gens Claudia con un cognomen

abbreviato che potrebbe rimandare tanto ad Agrippa tanto ai composti Agrippinus,

Agrippianus37. Sebbene il gentilizio imperiale abbia un’ampia diffusione, unito al

prenome Marcus non trova attestazioni nel territorio. Non si esclude inoltre, anche

se l’abbreviazione non è usuale, che la M sottindenda il gentilizio Marcius piuttosto

che il praenomen Marcus e che il timbro vada riferito a Marcius Claudius Agrippa,

governatore consolare dalla Pannonia Inferiore negli anni 217-218 d.C.38, o a un suo

liberto di nome Agrippinus o Agrippianus; a liberti di Marcio Claudio Agrippa po-

trebbe rimandare anche il signaculum con Marc(iorum?) Cl(audiorum) Dionysiorum

della collezione Ravenstein39.

9. Timbro di bronzo rinvenuto nella stessa area archeologica “Le Muracce”, come l’e-

semplare precedente, e perduto già ai tempi della redazione del CIL; tuttora irreperibile.

36. colucci 1789, p. 58 ne indica il ritrovamento nel “sito dove esisteva l’antica città”, i ruderi della

quale erano visibili in contrada Montenovo, “detta appunto le muracce” (p. 39).

37. Cfr. solin, saloMies 1994, p. 290. Per la loro diffusione si veda kaJanto 1965, p. 175.

38. Sulla sua carriera cfr. PIR� C 775; PIR� M 224; Piso 1982, p. 381.

39. Conservato al Musée du Cinquantenaire de Bruxelles, è edito da dollfus 1967, p. 149 n. 12.

¿J����� Signaculum da Ostra (n. 8) (Foto S. Antolini).

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ONECIL XI, 6712, 291.

NAVONAE / BONONAENavonae / Bononae.

Dopo la B Giuseppe Colucci, che non vide i due signacula ostrensi ma dipendeva nella lettura da Pietro Paolo Brunacci, segnava un punto di interpunzione40, ma dal momento che dallo stesso viene indicato un punto anche dopo la C del signaculum precedente, in realtà non rilevabile all’esame autoptico, è lecito sospettare che an-che in questo caso non vi fosse alcun segno di interpunzione e che il termine sia un cognomen femminile41. E’ verosimile infatti che nel documento fosse indicata o una formula onomastica femminile, costituita da gentilizio e cognome, oppure, nel caso di contesto servile, di due elementi onomastici indicanti il primo la schiava e il secondo la padrona, o i cognomina di due donne distinte42, ma la singolarità dei due termini lascia ipotizzare che ci troviamo di fronte ad una lettura erronea che soltanto l’even-tuale ritrovamento del pezzo e il riscontro autoptico potranno correggere in maniera risolutiva.

Per il momento, sulla base delle lettere individuate dal Colucci e dei nomi noti43, si propone con la massima cautela la restituzione Navoniae Bononiae, ipotizzando che le I siano sfuggite alla lettura perché legate in nesso con le N precedenti: in tal caso la titolare del signaculum sarebbe una donna della gens Navonia, che però è unicamente (e dubitativamente) attestata a Tarvisium, con un cognome altrettanto raro desunto dal nome della città omonima44.

Aesis (S.A.) 10��7LPEUR�GL�EURQ]R��¿J�����FRQ�PDQXEULR�GL�IRUPD�SUHVVRFKp�FLOLQGULFD�FRQ�FD-

stone secondario rettangolare (3,55 x 2 x 0,6 cm) recante un caduceus alato incavato (alto 3,06 cm) e lamina semicircolare; tracce di incrostazioni nei solchi delle lettere. Alt. in posizione di timbratura: 9,5 cm; lamina: diam. 9,3-9,5 cm; spessore 0,64 cm; manubrio: alt. 8,86; diam. 1,8; peso: 282 g. Lettere cave con direzione retrograda di buona esecuzione (alt. 1,31-1,46 cm), con solco a sezione triangolare, fra le quali si segnalano il nesso singolare PHIL e la I montante (1,7 cm); interpunzione di forma circolare regolarmente impiegata.

40. colucci 1789, p. 58. Il manoscritto del Brunacci (1630-1704), dal titolo Historia d’Ostra e Monte Novo, si conserva nella Biblioteca Comunale di Ostra Vetere. 41. Così Eugen Bormann, in CIL XI, Indices, pp. 1443 e 1463. 42. In tal caso il signaculum andrebbe ad arricchire la casistica dei titolari della timbratura di di stefano Manzella 2011, pp. 353-354. 43. Si veda, rispettivamente, solin, saloMies 1994, pp. 125 e 303. 44. Per il gentilizio cfr. CIL V, 2130 (M. Navonius N[- - -]), ripreso da F. Boscolo, in Boscolo, luciani 2009, pp. 180-181 n. 12, con diversa proposta di lettura (Avonius), recepita in AE 2009, 373; per il cognomen, attestato soltanto in un’epigrafe cristiana da Aquileia (CIL V, 8575), cfr. kaJanto 1965, p. 198.

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ONERinvenuto in località Montegranale, nell’ambito di un insediamento rustico con LPSLDQWR�SURGXWWLYR��VL�FRQVHUYD�QHO�0XVHR�&LYLFR�$UFKHRORJLFR�GL�-HVL��LQY��Q�������scheda RA 11/00019569).

landolfi 2006, p. 430; Branchesi 2009, pp. ��������Q�����¿J����

Sulla lamina: L GALERI Pࡂ ƨÌ/$5*L(uci) Galeri Pը ƩvODUJ�\UL�.

Sul castone: caduceus alato.

Il personaggio menzionato potrebbe appartene-re a un ramo della gens senatoria di origine arimi-QHQVH��QRWD�D�SDUWLUH�GDOOD�¿QH�GHO�,,�VHFROR�D�&��H�proprietaria di una villa nell’agro riminese alme-no dal 78 a.C. secondo la testimonianza pliniana (PLIN. Nat. 10, 50), che annovera ben due espo-nenti impegnati nella produzione laterizia, come testimoniano i marchi su laterizi di Eros servo di un Galerius e di C(aius) Gale(rius) Ampl(iatus)45, e che nel territorio della regio VI adriatica è attestata nella vicina Fa-num Fortunae46. Il praenomen diverso da quello prevalentemente in uso fra gli espo-nenti di questo ramo della gens potrebbe spiegarsi con una datazione relativamente alta, mentre il cognome di origine greca lascerebbe presumere che il proprietario del signaculum fosse di estrazione libertina47 e che fosse verosimilmente impegnato in qualche manifattura nell’ambito di una proprietà fondiaria dei Galerii in questo ter-ritorio.

Se il luogo di ritrovamento, in cui sono stati individuati resti di impianti di cot-tura, rende attraente un collegamento fra il signaculum e la bollatura di laterizi da costruzione, l’assenza di un riscontro del testo con i marchi noti impone la massima prudenza, potendo trattarsi anche di un uso in un contesto privato oppure, restando nell’ambito di un’attività produttiva ed economica, della marcatura di oggetti o pro-dotti deperibili (ad esempio alimentari) realizzati nel fundus: in ogni caso la presenza di lettere cave esclude il suo impiego con atramentum.

Sulla base di caratteristiche esterne, quali la tipologia semicircolare del bollo, il

45. Si tratta, rispettivamente, di CIL XI, 6709, 16 e 6689, 113 (con ipotesi di scioglimento proposta dal Bormann non accolta da righini, Biordi, Pelliccioni golinelli 1993, p. 69). Sulla gens, nell’ambito della quale sono attestati i praenomina Publius, Manius e soprattutto Gaius, si rimanda a donati 1982, p. 305, con raccolta delle attestazioni ad Ariminum. 46. CIL XI, 8094 (C. Galerius Epaphroditus). 47. Sul cognomen, diffuso quasi esclusivamente fra la seconda metà del I secolo a.C. e tutto il I d.C., si rimanda a solin 1982, pp. 755-757 e 1369 e a solin 1996, pp. 420-421.

¿J�����Signaculum da Aesis��Q������(Foto S. Antolini).

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ONEcaduceus�VXO�FDVWRQH�H�OD�SDOHRJUD¿D��HG�LQWHUQH��FRPH�OD�GLIIXVLRQH�GHOOD�gens e del cognome dell’individuo menzionato, Fabiola Branchesi propone una datazione alla metà del I secolo d.C. circa.

11. Timbro di bronzo con lamina a forma di pesce.5LQYHQXWR�QHO������ LQ� ORFDOLWj�6DQW¶$SROOLQDUH�GL� -HVL�� GRYH�YLHQH� VHJQDODWR�XQ�

consistente addensamento di frammenti di ceramica e laterizi che potrebbero indivi-duare un insediamento rustico48, si conservava presso l’ispettore Alessandro Chiap-petti, ma era già irreperibile al Mommsen.

CIL IX, 6390, 2; Branchesi 2009, p. 168 nota 35. T / PETRON/I IVSTIT(iti) / Petron/i Iusti.

8Q�HVHPSODUH�DQDORJR��FRQ�ODPLQD�D�IRUPD�GL�GHO¿QR��DSSDUWLHQH�DOOD�FROOH]LRQH�Froehner e si conserva nel Cabinet des Médailles di Parigi: acquistato a Roma nel febbraio del 1885, non se ne conosce la provenienza49, ma le caratteristiche formali dei due pezzi (in particolare la forma della lamina e l’impaginazione del testo) e le date del ritrovamento e dell’acquisizione di entrambi spingono a formulare l’ipotesi che possa trattarsi dello stesso signaculum piuttosto che di un multiplo.

Un caso di quasi omonimia è costituito da L. Petronius Iustus su tre timbri multipli conservati a Madrid e a Ravenna, tutti di provenienza ignota50, mentre con [-] Petro-nius T. f. Clu. Iustus di un’iscrizione di Sestinum51 o con suo padre si potrebbe tentare XQ¶LGHQWL¿FD]LRQH�GHO� WLWRODUH�GHO� WLPEUR� LQ�HVDPH��VH�QRQ�VL� WUDWWD�DQFKH� LQ�TXHVWR�FDVR�GL�VHPSOLFH�RPRQLPLD�EHQ�JLXVWL¿FDWD�GDOOD�IUHTXHQ]D�GHO�FRJQRPH52.

Altri T(iti) Petronii nella regio VI sono attestati a Pisaurum, dove la gens, che nel III secolo risulta imparentata con gli $X¿GLL�di origine pesarese e di rango senatorio53, è una delle più riccamente documentate e dove in particolare sono noti tre liberti di un T. Petronius54, e ad Ameria, in cui nella seconda metà del II secolo d.C. esercitò

48. Cfr. Mercando, Brecciaroli taBorelli, Paci 1981, p. 333 n. 204. 49. Cfr. dollfus�������S������Q������¿J����Q���� 50. Si tratta di HEp 9, 643 (L. PETRO/NI IVSTI) e di CIL II, 6259, 16, ripreso in HEp 9, 705 (L. PETRO/NI XVSTI), rispettivamente nel Museo Cerralbo e nel Museo Arqueólogico Nacional, e di CIL XI, 6712, 330 (L. PETRO/NI. IVSTI), nel Museo Classense. 51. CIL XI, 6022, databile fra la metà del I e il II secolo d.C. (cfr. F. Branchesi, in EDR 110925). 52. Sul cognomen, comune fra la nobiltà senatoria e raro in ambito servile, cfr. kaJanto 1965, pp. 133 e 252. 53. Cfr. gaggiotti, sensi 1982, pp. 273-274: Petronius Victorinus c.i.�� DWWHVWDWR� LQVLHPH� DO� ¿JOLR�3HWURQLXV�$X¿GLXV�9LFWRULQXV�,XQ�LRU� in una riunione del collegium fabrum del 256 d.C. (CIL XI, 6335), era nipote del console del 200 C. $X¿GLXV�9LFWRULQXV. 54. CIL XI, 6396 ([T. Petr]onius T. l. De[- - -], [T. Petr]onius T. l. Prim[us?] e [T. Petr]onius T. l. Hilarus). Altri esponenti della gens con prenome diverso in CIL XI, 6312 (P[et]ronius Sa[lv]ius secondo la lettura di cresci Marrone, Mennella 1984, pp. 171-173 n. 23), 6321 (M. Petronius Rufus), 6347 ([-

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ONEle magistrature cittadine T. Petronius T. f. T. n. Clu. Proculus55; nel territorio, inoltre, il gentilizio è attestato, oltre che nella stessa Aesis56, a Urvinum Mataurense57, a Sen-tinum58, a Sassina59, a Tifernum Tiberinum60 e nella vicina Umbertide61. Si ricordano inoltre una tegula da Fanum Fortunae con L. Petr(onius) Ant(- - -)62 e le due tegole GHOO¶RI¿FLQD�Epidiana, di produzione nord-adriatica, con la menzione del centurione C. Petronius Aper, rinvenute a Pisaurum e a Fanum Fortunae63.

12��7LPEUR�GL�EURQ]R� �¿J�����FRQ�PDQXEULR�DG�DQHOOR�H� ODPLQD� UHWWDQJRODUH�FRQ�VSHFFKLR�HSLJUD¿FR����[������FP��GHOLPLWDWR�GD�XQ�OLVWHOOR�������FP���LQ�RWWLPR�VWDWR�di conservazione. Alt. in posizione di timbratura: 2,6 cm. Lamina: 2,3 x 4,6 x 0,5 cm. Manubrio: 2 x 3,08 cm. Diametro interno orizzontale anello: 1,77 cm. Diametro inter-no verticale anello: 1,55. Peso: 53 g. Lettere prominenti e retrograde, appianate sulla VXSHU¿FLH�SHU�O¶XVR�SUHVVRULR��DOWH�FP��������O�����H������O������FRQ�LQWHUOLQHD�GL�����FP��di buona fattura e ben impaginate, con la A priva di occhiello interno. Segni divisori di vario tipo: il primo, dopo la L della prima linea, di forma circolare e posto in alto; DOO¶LQL]LR�H�DOOD�¿QH�GHOOD�VHFRQGD�OLQHD�GXH�hederae in posizione centrale.

Di provenienza ignota, apparteneva alla collezione Colocci e si conserva nel Mu-VHR�&LYLFR�$UFKHRORJLFR�GL�-HVL��VHQ]D�LQY���

Branchesi�������SS����������Q�����¿J����

L STATII / LINIL. Statii / Lini.

Il timbro conserva la menzione di un appar-tenente alla gens Statia, diffusa nel territorio del versante adriatico dell’Umbria a Tifernum Mataurense64 e a Sentinum65, in particolare ad

Pet]ronius Ti. f. Ti. n.), 6373 (L. Petronius Aptus), 6410 (L. Petronius Severus), 6422 (Petronius Helius e Petroniu[s - - -] secondo la lettura di cresci Marrone, Mennella 1984, pp. 370-371 n. 141), 6433 ([- P]etronius F[- - -] e [- P]etronius [- - -]), 6434 (L. Petronius Alexander), 6435 (Petronius Antigenes), 6436 (Petronius Eros e Petronia Faustina), 6437 (Petronius Eutyches), 6438 (Petronia [- - -]), 6439 (Petron[ia] Chresime), 6445 (Petronia L. f. Galla). 55. CIL XI, 4395, con datazione di asdruBali Pentiti 2000, pp. 230-231 ad n. 56. CIL XI, 6204 (Petronius Aerocianus). 57. CIL XI, 6055 e 6055a (L. Petronius L. f. Pup. Sabinus). 58. CIL XI, 5750, 21 (Petronius Felix). 59. CIL XI, 6579 (P. Petronius Proculus). 60. CIL XI, 5941 (P. Petronius C. f. Clu. Proculus, probabilmente legato da parentela con il T. Petronius T. f. T. n. Clu. Proculus di Ameria sopra menzionato). 61. CIL XI, 5927 (Q. Petronius Birroni[us]). 62. CIL XI, 6689, 184. 63. CIL XI, 6680, 1 a-b. 64. CIL XI, 5993 (T. Statius T. f. e T. Statius T. f. Clu. Severus��SDGUH�H�¿JOLR�� 65. CIL XI, 5737 e 5748 (Statius Velox), 5750 (Statius Faustus).

¿J�����Signaculum da Aesis��Q�������)RWR�S. Antolini).

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ONEUrvinum Mataurense in associazione al prenome Lucius66, con un cognome di origine greca diffuso nel I secolo d.C.67.

Sulla base della tipologia del supporto e dell’onomastica trinominale la Branchesi propone una datazione ai primi due secoli dell’èra volgare, che può essere ulterior-mente limitata al I secolo d.C. per l’impiego del cognome Linus.

Sassina (S.A.)13��7LPEUR��¿J�����FRQ�PDQXEULR�DG�DQHOOR�H�ODPLQD�UHWWDQJRODUH��FRQ�FDPSR�HSL-

JUD¿FR�GHOLPLWDWR�GD�XQ�OLVWHOOR��/DPLQD��FD������[�����FP��/HWWHUH�UHWURJUDGH�LQ�ULOLHYR�(ca. 0,8-0,9 cm); la prima interpunzione è a forma di hedera o anforetta, la seconda è quadrata e posta sulla linea di scrittura.

Ignote le circostanze e il luogo del ritrovamento; donato dal Glanderini, arciprete di San Damiano, al cugino Filippo Antonini, è attualmente irreperibile.

CIL XI, 6712, 170g, add. p. 1417; ravara MonteBelli�������S������Q�����¿J����

P F DP. F(- - -) D(- - -).

Si conoscono numerosi altri esemplari dello stesso timbro, con alcune varianti più R�PHQR�VLJQL¿FDWLYH��FKH�SRWUHEEHUR�HVVHUH�GRYXWH�WDQWR�DOOR�VWDWR�GL�FRQVHUYD]LRQH�del pezzo a causa dell’usura dovuta all’impiego pressorio, tanto ad un difetto di mo-dellazione/fusione o di un deterioramento della forma stessa, nel caso in cui si tratti di una matrice unica68. Non si esclude invece che siano falsi multipli, e che pertanto come tali vadano riferiti a personaggi distinti, gli esemplari che hanno forma di T o di croce, nei quali al testo orizzontale, in cui si rileva la medesima variante della P/C e l’oscillazione (o fraintendimento?) della prima interpunzione con un’asta verticale (I), si uniscono una o due altre lettere al di sopra e/o al di sotto del secondo carattere (F)69.

66. Si chiamava Lucius il padre di Q. Statius Verus, della tribù Stellatina, magistrato municipale (CIL XI, 6067). 67. Su Linus cfr. solin 1982, p. 499 e solin 1996, p. 338. 68. Per le varianti nei signacula multipli si veda di stefano Manzella et alii 2012, p. 38. Oltre a quelli raccolti in CIL XI, 6712, 170 (in alcuni dei quali il primo segno di interpunzione viene frainteso con una I e la seconda lettera con una E), si ricordano, entrambi con la variante C al posto della P e con il fraintendimento del primo interpunto, CIL IX, 6083, 175, appartenente alla collezione dei De Minicis e FRQÀXLWR�D�)LUHQ]H��Poggi 1876, p. 63 n. 165, tab. 9 n. 140), e CIL XII, 5690, 63, nel Museo di Tolosa. Per GH¿QLUH�L�UDSSRUWL�IUD�L����HVHPSODUL�GHO�WLSR�VL�UHQGH�QHFHVVDULD��FRPH�DXVSLFDWR�GD�di stefano Manzella 2011, p. 349, una loro ricognizione e, ove possibile, il controllo autoptico. 69. Si tratta di CIL XI, 6712, 169, conservato a Perugia (con A e O su testo C.F.D.), di CIL XIII, 10022, 141 (due a croce, con S sdraiata e D; uno a T, con O), per uno dei quali (a) vd. Marengo, supra, nota 28, di CIL XII, 5690, 64, nel Museo di Tolosa (a croce con S sdraiata e ornamentum non precisato) e dell’esemplare di Fossombrone presentato da S.M. Marengo (n. 5). Ad essi deve aggiungersi anche il timbro schedato in CIL XI, 6712, 170a, la cui lamina ha forma di una T (cfr. giovagnetti, Piolanti 1981,

¿J�����Signaculum da Sassina��Q������(da ravara MonTebeLLi 2008��S�������

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I signacula ex aere della regio VI adriatica

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ONE,Q�SDUWLFRODUH�QHO�FDVR�LQ�HVDPH�GDOO¶LPSURQWD�WUDVPHVVD�GDOO¶$QWRQLQL��¿J�����VL�possono apprezzare un primo segno di interpunzione a forma di piccola hedera o anforetta, in posizione centrata, ed un secondo interpunto quadrato sulla linea della scrittura: questi particolari e la forma delle lettere trovano un puntuale riscontro negli esemplari del Museo Archeologico al Teatro Romano di Verona e della collezione di Amilcare Ancona presso il Museo di Antichità di Torino70, e lasciano ipotizzare che ci troviamo di fronte a «multipli ex forma, cioè fabbricati per fusione “a cera persa”» VHFRQGR�OD�FODVVL¿FD]LRQH�GL�,YDQ�'L�6WHIDQR�0DQ]HOOD71.

14. Timbro con manubrio ad anello e lamina di forma circolare, probabilmente corniciata. Lettere retrograde in rilievo, l’ultima delle quali (E) secondo l’edizione del Bormann di dimensioni ridotte72; interpunzione dopo la prima e la quinta lettera, di forma forse puntiforme.

Rivenuto nel territorio di Sarsina nel XVIII secolo, è attualmente irreperibile.CIL XI, 6712, 337; ravara MonteBelli 2008, p. 356 n. 5.

C PLAVT SEVERINAEC. Plaut(i) Severinae.

La lettura Severina è problematica e sospetta, come rilevato dallo stesso Bormann negli Indices del CIL73. Non convincono le ipotesi avanzate da Gaetano Marini e ri-ferite dal Bormann, che il signaculum menzioni una Caia Plautia Severina, dal mo-mento che si dovrebbe ammettere una formula onomastica femminile provvista di prenome, né un C. Plautius Severinae (libertus), perché il liberto, che userebbe il FRJQRPH�GHOOD�SDWURQD�SHU�LGHQWL¿FDUOD�QHOOD�SURSULD�IRUPXOD�FOLHQWHODUH��VL�WURYHUHEEH�lui stesso privo di cognome in un’epoca in cui il terzo elemento onomastico era già stato introdotto74. Se in assenza di un riscontro autoptico è doveroso sospendere il giu-dizio sul testo, che potrebbe anche essere frutto di una lettura erronea75, non si può non prendere in considerazione l’ipotesi che il signaculum menzioni in genitivo Severina,

p. 42 n. 35). 70. Si tratta, rispettivamente, di CIL V, 8116, 40, ripreso da BuonoPane 2012, pp. 376-377 n. 7, e di CIL XI, 6712, e vel i aut k, ripreso da Mennella�������S�������Q������¿J���� 71. di stefano Manzella et alii 2012, p. 38. 72. Dal momento che Bormann dipende da Giuseppe Fantini, l’unico ad aver visto il pezzo che tuttavia non riporta questo particolare, ci si chiede da dove Bormann stesso derivi l’informazione (che avesse a disposizione un’impronta successivamente perduta?). 73. CIL XI, Indices, p. 1446. 74. È tuttavia doveroso ricordare che se in età sillana si collocano gli ultimi esempi di liberti sprovvisti di cognomen���DOFXQL�FDVL�HFFH]LRQDOL�VL�UHJLVWUDQR�DQFRUD�DOOD�¿QH�GHOO¶HWj�UHSXEEOLFDQD�H�QHOOD�SULPD�HWj�imperiale (cfr. Panciera 1977, pp. 192-198). 75. Puramente a titolo di ipotesi si potrebbe pensare che Severinae sia una lettura errata per Severi o Severin(i), eventualmente seguiti da due lettere (V.C.?) o da un elemento decorativo frainteso, o per Severiani (sulla diffusione dei tre cognomi si veda kaJanto 1965, pp. 256-257).

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Simona Antolini, Silvia Maria Marengo

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ONEserva o liberta di un C. Plautius, con una formula onomastica atipica nell’ordine degli elementi che però trova alcuni confronti in ambito provinciale76.

C. Plautii non sono noti nel territorio, ma la gens è attestata nella vicina Ariminum77. Originario di Auximum, nella contermine regio V, è il senatore di età triumvirale C. Plautius Rufus, cui potrebbe essere ricondotta la titolare del signaculum in esame78.

15��7LPEUR��¿J������FRQ�PDQXEULR�DG�DQHOOR�H�ODPLQD�D�IRUPD�GL�6�VGUDLDWD��ULTXD-drata da un listello. Lamina: ca. 1,8 x 3,2 cm. Lettere retrograde in rilievo (ca. 0,6 cm); interpunzioni triangolari, anche prima della prima lettera.

Appartenente alla collezione del canonico Cesare Donati, che nel XVII secolo lo donò a Filippo Antonini, è attualmente disperso.

CIL XI, 6712, 386; ravara MonteBelli �����S������Q�����¿J����

C S VC. S(- - -) V(- - -).

Il signaculum conserva le iniziali di una formula onomastica trinominale, riferita al WLWRODUH�GHOO¶RJJHWWR��6L�VHJQDOD�FKH�QHOO¶HSLJUD¿D�VDUVLQDWH�VL�FRQRVFRQR�XQ�Sabinius Victorinus, zio di un C. Sabinius Valerianus, e un C. Sabinius Ursus79, ma una possibi-OH�LGHQWL¿FD]LRQH�QRQ�KD�XQ�IRQGDPHQWR�VROLGR�H�UHVWD�XQD�PHUD�SURSRVWD�HUPHQHXWLFD�

16��7LPEUR��¿J������GL�EURQ]R�FRQ�PDQXEULR�DG�DQHOOR�H�ODPLQD�UHWWDQJRODUH��FRQ�VSHFFKLR�HSLJUD¿FR�GHOLPLWDWR�GD�XQ�OLVWHOOR��/DPLQD��FD������[���FP��/HWWHUH�UHWUR-grade in rilievo (ca. 0,5-0,6 cm); interpunzione circolare in alto dopo la prima lettera.

Rinvenuto negli anni 1457-1477 a Sarsina in circostanze sconosciute, nel XVII se-colo apparteneva alla collezione del canonico Cesare Donati. Attualmente irreperibile.

CIL XI, 6712, 419; ravara MonteBelli ������S������Q�����¿J����

L STATORI / SILVANIL. Statori / Silvani.

76. Precisamente in Baetica (CIL II, 2093), in Dalmatia (CIL III, 3141) e nella Narbonensis (CIL XIII, 4068). A riguardo si vedano anche oxè 1904, pp. 135-140 e chantraine�������S�����SURSHQVL�D�¿VVDUH�l’uso a partire dall’età tiberiana e a limitarlo ai liberti. 77. CIL XI, 361 (Q. Plautius Iustus e Q. Plautius Verecundus); 6687, 6 (tegula della ¿JOLQD�6RORQDV menzionante un L. Plautius). 78. Cfr. CIL IX, 5834, mentre suo padre sembrerebbe l’omonimo menzionato in CIL IX, 6384: sui personaggi cfr. gasPerini, Paci 1982, p. 237, con aggiornamento in antolini, Marengo 2014. 79. I primi due sono noti da CIL XI, 6575, il terzo da CIL XI, 6577. Il Sabinius Victorinus noto da CIL�;,�������q�LGHQWL¿FDWR�FRQ�LO�SULPR�GD�%RUPDQQ��ULWHQXWR�XQ�DOWUR�GD�calBi 1985, p. 170 nn. 167-168.

¿J������Signaculum da Sassina��Q������(da ravara MonTebeLLi 2008��S�������

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I signacula ex aere della regio VI adriatica

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ONEIl personaggio ricordato apparteneva alla gens Statoria, verosimilmente originaria di Mediolanum e rappresentata nella stessa Sarsina da una donna di nome Cypare80, e recava un cognome latino diffuso prevalentemente fra gli ingenui81. Lucii Statorii sono attestati nell’ambito del versante adriatico della regio VI a Fanum Fortunae82 e nella limitrofa regio VIII a Bononia83 e a Parma84.

17. Timbro bronzeo con manubrio ad anello e lamina rettangolare, probabilmente corniciata. Lettere retrograde in rilievo; interpunzione dopo la prima e la terza lettera.

Rinvenuto nell’agro sarsinate nel XVIII secolo, è oggi irreperibile.CIL XI, 6712, 467; ravara MonteBelli 2008, pp. 355-356 n. 4.

L VE SL. Ve(- - -) S(- - -).

Secondo la Ravara Montebelli la S, più che essere l’abbreviazione di un cognome, rimanderebbe al sostantivo s(ervi): pur non trovando riscontri nell’onomastica sassi-nate, si preferisce seguire l’ipotesi del Bormann e ritenere il titulus l’abbreviazione di una formula onomastica trinominale, dal momento che nell’ipotesi della Ravara Montebelli mancherebbe il nome personale dello schiavo.

18. Timbro bronzeo con manubrio ad anello. Rinvenuto a Sarsina in località e circostanze ignote, è attualmente irreperibile.CIL XI, 6712, 500; ravara MonteBelli 2008, p. 348.

V FXU(tere) f(eli)x.

Il timbro reca un’espressione augurale rivolta presumibilmente ai destinatari degli oggetti su cui essa veniva impressa85. La formula beneaugurante, variamente abbre-viata, si trova molto frequentemente nei signacula, negli anuli signatorii e nelle gem-me86.

80. CIL XI, 6497. Sull’origine della gens, cui apparteneva Statoria Marcella (PIR2 S 893; raePsaet-charlier 1987, p. 582), moglie del console del 107 C. Minicius Fundanus, cfr. alföldy 1982, p. 354. 81. Cfr. kaJanto 1965, p. 216. 82. CIL XI, 6237 (L. Statorius (mulieris) l(ibertus) Auctus). 83. CIL XI, 6831 (L. Statorius Bathillus e L. Statorius Trophimus). 84. CIL XI, 1104 (Statoria Corintis). 85. Per i signacula con tali espressioni cfr. di stefano Manzella, isola 2004, p. 265; di stefano Manzella 2011, p. 358, che non esclude un loro impiego nella signatura di prodotti alimentari nell’ambito di banchetti pubblici o privati. 86. Con questo tipo di abbreviazioni, fra le gemme si pensi ad esempio al diaspro verde con dextrarum iunctio CIL XI, 6716, 117 (lettere retrograde).