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πόλεις / urbes città antiche del meridione 26

Sculture da Locri Romana - Il 'togato di Petrara', piccola statua di Serapide in trono e altro

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πόλεις / urbescittà antiche del meridione

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NOTA ALLA SECONDA EDIZIONE

La prima edizione del volume ‘Sculture da Locri Romana’ è stata promossa nel 2011 dal Rotary Club di Locri, come cadeau a tiratura limitata in occasione delle celebrazioni per i 50 anni dalla fondazione.

L’interesse dell’opera, che raccoglie per la prima volta in un catalogo tutte le sculture conosciute di età romana provenienti da Locri e dal suo territorio, alcune finora mai presentate al pubblico, ha spinto l’editore Franco Pancallo a promuovere questa seconda edizione, che ha consentito un certo numero di precisazioni, aggiunte e talora correzioni (anche delle illustrazioni), inserite dagli stessi studiosi che licen-ziarono la prima edizione. Resta immutata la struttura del volume.

Un vivo ringraziamento va alla dott.ssa Simonetta Bonomi, Soprintendente per i Beni Archeologici della Calabria, e alla dott.ssa Rossella Agostino, Direttore del Museo Nazionale di Locri Epizefiri, per aver concesso ed agevolato in ogni modo lo studio e la pubblicazione dei materiali posti sotto la loro tutela, nonché a tutto il personale dei Musei di Reggio Calabria e di Locri.

Particolare gratitudine va alla famiglia Scaglione di Locri, alla sig. Natalina Belluzzi e al sig. Dante Totino di Gioiosa Jonica, all’avv. Francesco Mario Macrì di Marina di Gioiosa Jonica, al dott. Carlo Marconi di Roma e all’avv. Domenico Romeo di Siderno.

Come già detto, questo volume non avrebbe potuto essere senza il generoso sostegno del Rotary Club di Locri, che oltre ad aver promosso l’opera ha contribuito alla campagna fotografica delle sculture in essa raccolte.

Avvertenze:Delle sculture in catalogo viene data una scheda sintetica in cui sono indicati il materiale

impiegato, le dimensioni espresse in cm, la datazione, il luogo di provenienza, il luogo di conservazione con numero d’inventario e la bibliografia di riferimento, se il pezzo è edito; quindi un testo di descrizione e commento dell’opera, con riferimento alle fotografie. Nella descrizione delle figure con destra e sinistra si intendono quelle della figura stessa; se non riferite a parti di figure si intendono quelle dell’osservatore.

SCULTURE da

LOCRI ROMANAa cura di

Eleonora Grillo

TestiMassimo CardosaEleonora Grillo

Marilisa Morrone NaymoClaudio Sabbione

con un saggio“L’eredità di Locri nel Medioevo. La Cattedrale di Gerace” di Attilio M. Spanò

FotografieAntonio Sollazzo: figg. 4-10, 12-15, 17-42, 45, 49-51, 53-77, 86-91

Archivio fotografico della Soprintendenza per i Beni Archeologici della Calabria:figg. 1-3,11, 16, 48, 52, 79, 112

© Copyright per le immagini: Soprintendenza per i Beni Archeologici della CalabriaVincenzo Cataldo: figg. 98-105

Margherita Milanesio Macrì: figg. 43-44, 47Marilisa Morrone Naymo: figg. 92-97, 107-112

Vincenzo Naymo: figg. 83-85, 1090Attilio M. Spanò: figg. 113-129

Immagine di copertina: Antonio SollazzoImmagine sul retro: Archivio fotografico della Soprintendenza per i Beni Archeologici della Calabria

Proprietà letteraria riservata

©by Franco Pancallo Editore - Locri- ItalyVia Mercurio, 1 / Corso V. Emanuele, 71Tel. - Fax 0964.29168e-mail: [email protected]: www.francopancalloeditore.it

Stampato in proprio

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Sommario

Presentazione G. Monteleone pag. 7Introduzione P. Sansalone » 9Premessa R. Agostino » 11

TesTimonianze di eTà romana nella locride C. Sabbione » 15

sculTure dall’area urbana di locri • Il ‘togato di Petrara’ E. Grillo » 29• Frammento di base di statua di personaggio togato E. Grillo » 39• Frammento di testa femminile E. Grillo » 41• Piccolo busto femminile acefalo E. Grillo » 43• Frammento di piccola statua (mano) E. Grillo » 43

rinvenimenTi anTiquari• Torso maschile del tipo ‘Hermes Richelieu’ C. Sabbione » 47• Torso maschile con corazza di tipo ellenistico C. Sabbione » 54• Testa ritratto dell’imperatore Claudio C. Sabbione » 62• Figura femminile stante acefala, del tipo dell’ ‘Orante’ M. Cardosa » 68• Sarcofago strigilato di Caius Octavianus Crescens C. Sabbione » 70• Testa maschile con berretto frigio M. Cardosa » 72• Piccola statua di Serapide in trono E. Grillo » 73• Parte inferiore di statua femminile panneggiata E. Grillo » 76• Figura maschile stante (Dioniso?) M. Cardosa » 77• Peploforos (Demetra?) del tipo ‘Cariatide dell’Eretteo’ M. Cardosa » 79• Cippo iscritto dei Locresi M. Morrone Naymo » 80

sculTure dal TerriTorio di locri• Figura femminile (Kore?) del tipo

‘Abbondanza Grimani’ da Marina di Gioiosa Jonica M. Cardosa » 85• Ara circolare frammentaria M. Morrone Naymo » 87• Frammento di sarcofago da Gioiosa Jonica M. Morrone Naymo » 88• Sarcofago con scene pastorali e ritratto

clipeato da Ardore C. Sabbione » 91

marmi romani nel TerriTorio di locri, dopo locri M. Morrone Naymo » 95

l’erediTà di locri nel medioevo. la caTTedrale di Gerace Attilio Spanò » 105

Bibliografia » 119Tavole » 127

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Il ‘Togato di Petrara’

Premessa

Una delle testimonianze più notevoli della scultura romana a Locri e in Calabria è senza dubbio il ‘togato di Petrara’, la statua-ritratto di un eminente personaggio del municipium lo-crese tanto importante da essere celebrato con una scultura di carattere onorario che ripro-ducesse e immortalasse i tratti del suo volto (Figg. 4 – 19).

Quella di Petrara è la prima statua di per-sonaggio con toga finora rinvenuta a Locri e vanta anche un altro primato: è la prima scultu-ra locrese di grandi dimensioni messa in luce in uno scavo regolare - e non giunta a noi da rin-venimenti antiquari - dopo il gruppo dei Dio-scuri del tempio ionico di contrada Marasà1, scoperti da P. Orsi nel 1889.

La statua del ‘togato di Petrara’ è stata portata alla luce nel Luglio del 20032 durante gli scavi nella omonima contrada al centro di Locri antica, una zona mai esplorata in prece-denza ma nota per gli affioramenti di strutture murarie di età imperiale romana, già inserite nel rilievo dell’area urbana di Locri che, alla fine dell’800, P. Orsi commissionò ai topografi dell’Istituto Geografico Militare di Firenze3.

Lo scavo (Fig. 2) ha interessato una su-perficie di circa m 50 x 25 di estensione, in-tensamente occupata da edifici di età imperiale romana, disposti ai lati di una strada che at-

1. Datati alla seconda metà del V secolo a.C., vedi da ultimo Costabile 1995, con bibliografia. 2. lattanzi 2004, pp. 1014-1015; Grillo 2010, pp. 70-71. 3. Per la pianta topografica di Locri vedi sabbione 2005a, p. 203; Idem 2010, pp. 307 e 323, con le indicazioni dello stesso Orsi a p. 320.

traversa l’area da monte a mare, mantenendo l’orientamento dell’impianto urbanistico greco.

Sul lato Nord di questa strada sono state messe in luce strutture relative ad un edificio sorto intorno al II secolo d.C., più volte mo-dificato ed infine trasformato in un impianto termale, connesso ad una grande cisterna per l’acqua, dotato di ambienti riscaldati e di due vasche per i bagni caldi, risalenti al III-IV se-colo d.C. Sul lato Sud della strada sono stati esplorati parzialmente alcuni ambienti relativi ad una domus.

La statua di togato si trovava all’interno di un edificio situato un poco più a monte di que-ste strutture, costituito da una grande sala ret-tangolare (m 10 x 10), con abside rivolta verso Nord (diametro abside di m 3,40). L’edificio, di cui è stato messo in luce l’intero perimetro, è stato indagato soltanto per una parte esigua, una fascia di m 6,50 x 3,50, corrispondente al punto in cui è stata rinvenuta la statua del toga-to e alle sue immediate vicinanze.

I muri, in opera laterizia, conservati per pochi filari di elevato, rivelano più fasi costrut-tive a partire dalla prima età imperiale, con successive modifiche, non meglio precisabili cronologicamente. Nessun elemento datante, infatti, è stato recuperato negli strati asportati, ad eccezione di due sepolture in parti di anfore di età tardoantica (V-VI secolo d.C.) messe in luce in corrispondenza dell’abside, appoggiate sopra i livelli di crollo delle strutture, a testi-monianza della lunga vita dell’edificio, eviden-temente utilizzato in epoca tarda con funzioni differenti da quelle originarie.

Il piano pavimentale messo in luce è co-stituito da un battuto di malta con grani di cocciopesto, forse la preparazione per un pavi-mento in materiale pregiato, perduto. Le poche tessere di mosaico di colore bianco, recuperate negli strati di terreno soprastante, potrebbero

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essere un indizio in tal senso. La grande sala comunicava con l’esterno

mediante un’ampia porta sul lato occidentale, originariamente larga m 2,90 poi tamponata e ridotta ad un’ampiezza di m 1,70, con soglia in calcare, affacciata su una delle grandi strade pa-rallele alla costa dell’impianto urbanistico della città di Locri antica (infra, Fig. 2, D), in questo punto pavimentata con lastre quadrangolari in laterizio.

La statua, rotta in tre parti, era addossa-ta alla parete occidentale della grande sala, in prossimità dell’angolo Nord-Ovest, a poca di-stanza dalla porta di ingresso (Fig. 3). Il corpo, fratturato all’altezza delle caviglie e privo della testa, della quale restava soltanto l’estremità del perno di innesto, inserito nel foro di alloggia-mento tra le spalle, era disteso sulla parte an-teriore, mentre un poco più distante si trovava la base con i piedi; la testa-ritratto, spezzata dal corpo all’altezza del collo, era deposta accanto ad esso in corrispondenza delle caviglie, ap-poggiata sulla guancia destra, vicino al muro.

La statua era distesa sopra un sottile strato di terreno (circa 20 cm) misto a malta e intona-co sbriciolato. Il corpo e la testa erano ricoperti da soli 30 cm di terreno misto a calce disciolta; frammenti di intonaco anche di grandi dimen-sioni erano crollati sulla scultura dalla parete alla quale era stata accostata.

La statua quindi, abbattuta, fu collocata in questa posizione quando l’edificio già comin-ciava ad andare in rovina, cioè intorno al V-VI secolo d.C., rimanendo sepolta dal progressivo disfacimento delle strutture. Conferma di ciò è data dall’assenza dei frammenti distaccati: infatti solo poche schegge di marmo del pan-neggio sono state trovate vicino alla scultura, mentre le braccia non erano in situ.

Nella stessa grande sala, a circa 3 m in di-rezione Sud dal ‘togato di Petrara’ si è rinvenu-

ta parte di un’altra base in marmo con piede di togato (infra, p. 39), pertinente ad una statua dello stesso tipo, non ritrovata.

L’edificio in cui sono state scoperte le sculture sorge in un settore centrale e nevral-gico della città di Locri romana, all’incrocio di due importanti assi viari (Fig. 2): la grande strada (plateia) Est-Ovest, che fin dall’età greca arcaica attraversa da monte verso mare l’area urbana e sulla quale si affacciano anche le ter-me del Casino Macrì, e la plateia Nord-Sud, una delle grandi arterie parallele alla costa4. Come già accennato, l’ingresso dell’edificio si apriva proprio su questa strada, di fronte ad una del-le emergenze archeologiche più interessanti di Locri romana, il grande complesso pubblico per attività commerciali5. Indagato solo par-zialmente e in anni recenti dalla Soprinten-denza, esso era già stato individuato da P. Orsi nelle sue prime esplorazioni locresi ed indicato nella planimetria della città sopra citata.

Questo grande spazio aperto, sopraeleva-to rispetto alla campagna circostante, destinato ad attività commerciali e di scambio, o a più ar-ticolate attività sociali e di rappresentanza, po-trebbe essere collegato con la piazza del foro, il cuore della vita pubblica della città romana.

È dunque probabile che l’edificio absida-to in cui si sono portate alla luce la statua di togato e la base con il piede, data la sua collo-cazione, avesse una destinazione pubblica con funzioni celebrative, ipotesi rafforzata proprio dalla presenza all’interno della grande sala delle due sculture.

Infatti, se non è possibile affermare con certezza, sulla base dei dati di scavo finora rac-colti, che la statua di togato e il frammento di

4. Per la topografia di Locri romana: sabbione 2010, p. 316 ss.,con bibliografia precedente. 5. Ibidem.

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base fossero già in origine nell’edificio, pare improbabile che siano stati trasportati lì tutti e due da un altro luogo, anche non distante. Quasi certamente si trovavano all’interno del-la grande sala, dove rimasero fino al momento dell’abbandono dell’area quando, ormai privi del loro valore celebrativo, abbattuti, vennero accantonati forse per essere portati altrove, come accaduto ad altre sculture locresi, quali i torsi acefali del tipo detto ‘Hermes Richelieu’ o il torso loricato (infra, pp. 47 e 54).

Come già detto, il ‘togato di Petrara’ è il primo esempio di una statua di questo tipo finora rinvenuta a Locri e la testa si pone fra le testimonianze più rilevanti della ritrattistica romana in Calabria.

Le dimensioni della figura, più grande del vero, evidenziano l’imponenza dell’immagine e l’autorevolezza del personaggio, evidentemen-te una personalità illustre del municipium locre-se, degna di essere celebrata con una statua di carattere onorario.

La statua togata è una tipologia caratteri-stica perché ritrae la persona come cives roma-nus, essendo la toga l’abito che i cittadini ro-mani indossavano in tempo di pace, il cui uso Augusto rese obbligatorio in occasione delle festività e nei luoghi pubblici.

La toga6 era un telo di stoffa di forma quadrangolare, con un lembo arrotondato, di lana o di lino. Indossata sopra alla tunica, ve-niva drappeggiata in modo tale che un lembo poggiasse sulla spalla sinistra e ricadesse con un’estremità sul davanti della figura e l’altro, attraversata la schiena e passato sul davanti al di sotto del braccio destro, risalisse di traverso sul torace fino a raggiungere di nuovo la spalla

6. Paoli 1986, pp. 90-100; brizzolara 1992, pp. 165-175.

sinistra, coprendo il braccio.In epoca repubblicana la toga aveva

un’ampiezza ridotta e la forma di una semicir-conferenza (toga exigua); il braccio destro po-teva essere quasi completamente coperto. In epoca imperiale la toga era ampia e il braccio destro rimaneva scoperto.

In questo schema generale la composizio-ne del panneggio variava in relazione all’am-piezza della toga e della disposizione di alcuni elementi: l’umbo, cioè il fascio di pieghe rac-colto sul petto; il balteus, l’orlo del lembo che risaliva sul davanti dalla spalla o dalla ascella destra, raccolto in una piega o un gruppo di pieghe; il sinus, l’orlo che ricadeva con disegno curvilineo all’altezza del ginocchio e la lacinia, l’estremità della toga.

Con la toga si indossavano i calcei, scarpe in pelle simili ad uno stivaletto, formati da cin-que strisce di cuoio (corrigiae) intrecciate e an-nodate tra loro.

La statua di personaggio togato costitui-sce uno dei ‘supporti’ più comuni per il ritratto, una delle espressioni artistiche che più caratte-rizza l’arte romana.

Originato dal ritratto fisiognomico greco-ellenistico7, realizzato spesso da artisti di edu-cazione greca al servizio delle classi dominanti di Roma, il ritratto realistico romano si svilup-pa negli ultimi decenni della repubblica, per proseguire in epoca imperiale.

La riproduzione della fisionomia del per-sonaggio rappresentato sembra connettersi ad una specifica coscienza di sé e ad una precisa volontà di rendersi riconoscibili, spesso det-tata da intenti propagandistici o celebrativi. Il ritratto, però, non è esclusiva pertinenza delle classi dominanti, bensì una forma di autorap-

7. bianChi bandinelli 1969, p. 71 ss.; zanker 2008, p. 62 ss.

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presentazione diffusa anche tra i cittadini delle classi più abbienti, a prescindere dal loro ruolo sociale o politico.

Realizzato soprattutto in marmo - ma ne esistono anche in altri materiali - il ritratto po-teva avere dimensioni diverse e raffigurare sin-goli personaggi oppure gruppi8. Assai comu-ne è quello a grandezza naturale o leggermente superiore al vero, utilizzato soprattutto per i ritratti onorari. Per le immagini dell’imperatore spesso le dimensioni erano il doppio del vero.

Il ritratto era spesso inserito su statue re-alizzate in serie, con corpi ‘standard’ sui quali venivano innestate teste che riproducevano le reali fattezze della persona per cui la scultura era stata creata. I corpi erano predisposti con un incavo tra le spalle per alloggiare la testa, che all’estremità inferiore del collo era sagomata con una sorta di tenone che consentiva il fissaggio.

I corpi erano quindi intercambiabili e spesso di marmi differenti rispetto alle teste.

Vari sono i tipi di statue utilizzate come ‘supporto’ per le teste-ritratto: personaggi to-gati, come quella di Petrara; in nudità eroica, come nel tipo del cosiddetto ‘Hermes Riche-lieu’ (infra, p. 47); in abito militare, come il torso con corazza (infra, p. 54) oppure statue equestri9.

I ritratti femminili venivano innestati per lo più su statue panneggiate o ispirate ai tipi delle divinità greche e romane.

8. È il caso dei gruppi dinastici, che raffigurano i membri della famiglia imperiale, oppure dei gruppi di privati, che rappresenta-no i componenti delle famiglie più ricche e socialmente rilevanti. 9. Per la Calabria Romana si ricorda la statua bronzea in fram-menti al Museo provinciale di Catanzaro, proveniente da Petelia, riferita a Traiano o a Manio Megonio: luPPino 1982, pp. 661-666; Faedo 1994, p. 637. Oltre che sulle statue esistono ritratti su rilievi funerari o onorari e su busti, oppure su supporti circo-lari che imitano la forma di uno scudo (imagines clipeatae).

Il maggior centro di produzione e diffu-sione di ritratti è Roma, ma non è esclusa la presenza di officine in altri centri d’Italia. Cen-tri artistici si trovavano anche in Asia Minore e in Grecia, dove esisteva una lunga tradizione di cave di marmo e di officine per la sua lavo-razione.

Statua ritratto di personaggio togato (‘togato di Petrara’)

Testa-ritratto: marmo bianco, compatto a grana fine; statua: marmo bianco con venatura grigia (lu-nense?)Alt. cm 230; largh. cm 80; profondità cm 25-30; al-tezza della testa con il collo cm 37Ultimi decenni del I secolo a.C. – primi decenni del I secolo d.C. Locri, c.da Petrara, edificio H, scavo 2003Museo Nazionale di Locri Epizefiri, sezione del Ca-sino Macrì, inv. n. 137695Bibliografia: lattanzi 2003, p. 1015, tav. LXXXII, 2; Grillo 2010, pp. 70-71

La statua di togato (Figg. 3 – 19), come già detto, al momento del rinvenimento era spezzata in tre parti, ma la scultura doveva es-sere già deteriorata nel momento dell’abban-dono. Sono da riferirsi a danneggiamenti an-tichi l’assenza del braccio destro, da metà del bicipite in poi, e del braccio sinistro, a partire dalla metà dell’avambraccio. Queste parti, per-dute, erano state lavorate separatamente ed in-nestate al corpo mediante perni di ferro ancora visibili: uno, a sezione quadrangolare (cm 1,5 x 1,5) nel braccio destro, e l’altro a sezione circo-lare (diam. cm 1,5) nel braccio sinistro.

Anche la testa-ritratto aveva subito dan-neggiamenti: mancano la punta del naso e par-te del padiglione delle orecchie.

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Altri danni sono da imputarsi a cause posteriori alla giacitura nel terreno: le super-fici del volto e del collo, ben lisciate e levigate in antico, presentano tracce d’incrostazioni e ossidazioni; numerose sono le scheggiature, le abrasioni e i graffi nel panneggio e sul retro.

La statua è rifinita su tutti i lati; il discreto stato di conservazione fa supporre che essa si trovasse in un luogo riparato, probabilmente l’interno dell’edificio in cui è stata ritrovata, ac-costata ad una parete.

La statua raffigura un personaggio stante sulla gamba destra portante, con la sinistra sca-rica flessa e scartata di lato.

I piedi poggiano su una base quadrangola-re (lungh. cm 67; largh. cm 35 cm; spess. cm 7), con gli spigoli arrotondati. Sulla parte superio-re, fra i piedi, a circa 5 cm dal bordo della base sono conservati due piccoli fori circolari con tracce di ossidazione (diam. cm 1, profondi cm 0,5), distanti tra loro cm 17. Incerta è la loro funzione, forse tracce di un elemento applicato in metallo10, perduto, oppure indicazioni per lo scultore.

La base mostra i segni della lavorazione del blocco di marmo da cui è ricavata. Le facce verticali laterali e quella posteriore sono appe-na sbozzate, con evidenti tracce del punteruolo utilizzato per sgrossare la materia prima, men-tre la faccia verticale anteriore è maggiormente rifinita, anche se non perfettamente levigata. La parte superiore, sulla quale poggiano i piedi è trattata con la gradina, uno scalpello con ta-

10. Poco convincente sembra l’ipotesi di alloggiamenti per meni-skoi, asticciole sporgenti in ferro che impedivano l’appoggio dei volatili sulle statue, dal momento che la scultura di Petrara, per le sue caratteristiche generali, sembra essere stata collocata in uno spazio chiuso. Fori identici, all’incirca nella stessa posizione, si trovano anche nel frammento di base di personaggio togato: infra, p. 39.

glio dentellato, di cui restano segni più o meno profondi nella parte anteriore, quella visibile, mentre nello spazio tra i piedi, dietro il lembo della lacinia, si scorgono brevi e fitte incisioni lasciate dal punteruolo.

A fianco del piede destro, lembi di intona-co di colore rosso (cm 1 x 1; cm 4 x 3), i resti della rifinitura del plinto11.

La statua è sostenuta da un piccolo tronco d’albero di forma cilindrica (alt. cm 32) posto a fianco della gamba sinistra, piuttosto schemati-co nella sua realizzazione, caratterizzato da tre bugne allineate sullo stesso asse lungo il lato esterno, emergenti da un’incisione a forma di goccia con bordi rilevati.

Il personaggio rappresentato indossa una tunica, di cui si leggono la stoffa sul petto e la manica destra. La veste ha un’ampia scollatura tonda, mossa da una serie di pieghe conver-genti verso il centro, distanziate tra loro, piut-tosto plastiche quelle sul petto, progressiva-mente meno rilevate e solo accennate verso la vita. Sulla spalla destra e in corrispondenza del braccio la stoffa della tunica è resa da solcature verticali. Un lembo del panneggio ricade con un piccolo ma pesante remboursé sul fascio di pieghe del balteus, all’altezza dell’anca destra.

Sulla tunica veste una toga dal ricco pan-neggio, appena rialzata dietro il collo e sulla spalla destra, che avvolge quasi tutto il corpo, formando un ampio sinus sul ginocchio de-stro. Un umbo piuttosto consistente, dall’orlo profondo, fuoriesce dal balteus. Fra le gambe, descritta da tre pieghe verticali plastiche, scen-de la lunga lacinia che ricade appoggiandosi al

11. L’intervento di restauro della statua, effettuato nel 2008, ha permesso di osservare la presenza di due strati successivi di colore rosso, a suggerire un intervento di manutenzione della basetta.

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basamento, fra i piedi, dove è conclusa con una punta di forma triangolare desinente in una sorta di ‘nappina’, la stilizzazione del piombino che nella realtà garantiva la caduta della stoffa.

Il restauro della scultura ha permesso di osservare sulla superficie del panneggio, a luce radente, sottili graffi forse realizzati per rende-re con efficacia la trama del tessuto12.

La posizione delle braccia e quindi il gesto compiuto dal personaggio rappresentato può solo ipotizzarsi: forse il braccio destro era di-steso lungo il fianco, oppure appena proteso; il braccio sinistro doveva essere leggermente abbassato e disteso a reggere un oggetto, forse un rotolo.

Il personaggio togato porta alti calza-ri (calcei patricii) accuratamente rappresentati, con lievi increspature sulla punta ad accennare alle dita chiuse dentro la morbida pelle delle scarpe. I due lacci sul collo del piede sono resi con precisione come bende piuttosto larghe e piatte, poco rilevate, che si assottigliano in corrispondenza delle caviglie, intrecciandosi con le due bende che risalgono dal tallone. I lacci sono chiusi in un nodo alla caviglia, ben evidente su quella destra, e le loro estremità ri-cadono ai lati del piede.

Il retro della statua è rifinito con una certa cura, benché il panneggio sia reso in modo de-scrittivo, con le pieghe della toga raffigurate in maniera corretta ma scolastica. Queste, a parti-re dalla stretta fascia del balteus, che dalla spalla sinistra ricade sulla schiena con tre ampie e pe-

12. Questi segni potrebbero essere stati lasciati da un intervento di pulitura realizzato in antico, cioè prima che le incrostazioni li ricoprissero. L’assenza tuttavia di questi segni sulle zone dove non è raffigurato il panneggio (base, piedi e testa) porta ad esclu-dere l’ipotesi di un restauro, facendo immaginare invece la loro esecuzione al momento della realizzazione dell’opera.

santi pieghe verticali, si dispongono con ampi solchi curvi in direzione del braccio destro, dove s’interrompono in corrispondenza del corposo viluppo del sinus. Appena accennata l’anatomia sottostante, con un lieve rigonfia-mento all’altezza del gluteo destro. L’insieme è piuttosto piatto, forse perché la statua era de-stinata ad essere accostata ad un muro.

La parte posteriore delle gambe, dalla ca-viglia al piede, è rifinita sommariamente con piccoli colpi di scalpello.

La statua conserva sul retro, in corrispon-denza delle gambe, un tassello di marmo di for-ma trapezoidale a cinque lati irregolari (circa cm 36 x 25, spess. cm 5), spezzato in due parti ora ricomposte ma privo dell’angolo inferiore de-stro. Questa lacuna consente di osservare la su-perficie a cui questo tassello, applicato alla statua già in antico, era stato fatto aderire, che mostra i solchi brevi e distanziati della sbozzatura otte-nuta con lo scalpello. Inoltre, il blocco di mar-mo da cui è ricavato il corpo del togato è stato lavorato in modo da ottenere all’altezza delle ca-viglie una risega dello spessore del tassello (circa cm 5), consentendo di alloggiare correttamente quest’ultimo, poi fissato alla statua mediante un perno in metallo alloggiato in un foro di 3 cm di diametro e profondo 4 cm, visibile in corrispon-denza della frattura del tassello.

È probabile che la statua avesse subito in questo punto un danno, cui si pose rimedio con l’aggiunta di un pezzo lavorato separatamente. Il tassello venne scolpito in maniera tale da ri-produrre sia tecnicamente sia stilisticamente il panneggio della toga. Lo stesso grado di sboz-zatura a piccoli e leggeri tocchi di scalpello che si nota nel retro delle gambe si osserva anche a lato del tassello, nella parte a vista.

Sul corpo, inserita in un alloggiamento in corrispondenza della scollatura della tunica, è collocata la testa-ritratto, lavorata a parte ri-

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spetto al corpo, in un blocco di marmo di tipo diverso per colore e struttura granulare.

La testa è ben rifinita anche sul lato poste-riore, leggermente appiattita al sommo del capo.

Il ritratto rappresenta un personaggio maschile dall’espressione austera, rivolto ver-so sinistra, di tre quarti, con lo sguardo diritto davanti a sé.

I corti capelli aderenti alla testa, che si irra-diano sulla calotta cranica da un punto al centro della zona occipitale destra, sono resi con brevi e sottili ciocche mosse, portate in avanti.

Sulla nuca si dispongono con brevi ciuffi appuntiti all’estremità, divergenti da un punto centrale.

Sulla fronte stempiata i capelli sono com-patti, sistemati in una corta frangia appena ri-gonfia, con le punte rivolte verso destra; corte basette davanti alle orecchie, che sono piutto-sto grandi e accuratamente disegnate nei parti-colari, con il padiglione poco sporgente.

Sulla parte posteriore del collo, immedia-tamente sotto la linea dei capelli, e al centro della zona occipitale, sono visibili due picco-li fori allineati in senso verticale con tracce di ossidazione (diam. cm 0,5), reciprocamente distanti circa 7 cm. Incerta è la loro funzione, forse l’indizio della presenza di un elemento decorativo applicato, perduto, oppure punti di riferimento per lo scultore13.

Una piccola e poco profonda cavità fra i capelli, sulla sommità del capo a sinistra, sem-bra essere piuttosto un difetto nella grana del marmo che un alloggiamento intenzionale.

13. È interessante notare come la distanza reciproca tra i fori corrisponda a quella delle singole parti del volto del ‘togato’, equivalente all’incirca ad un quarto di piede romano, cioè un pal-mo (per i rapporti dimensionali riscontrati nella statua da Petrara infra, nota n. 17).

Il viso è ovale e asciutto, con gli zigomi pronunciati e le guance appena scavate.

La fronte spaziosa è solcata da quattro profonde rughe orizzontali, rese mediante leg-gere incisioni diversamente modulate.

Le sopracciglia sono arcuate, poco rilevate ma dal disegno netto; quella destra è un poco più sollevata della sinistra. Una leggera depres-sione alla loro attaccatura modula la superfi-cie in maniera tale da conferire al personaggio un’espressione pensosa.

Gli occhi, scolpiti in profonde orbite, sono grandi e intensi, segnati da spesse palpe-bre tra le quali si trova il bulbo liscio, ribassato; è indicata anche la sacca lacrimale.

Pesanti occhiaie separano la zona ocula-re da quella del naso, aquilino e con la parte centrale leggermente deviata verso sinistra; è spezzato in punta, conservando tuttavia l’indi-cazione delle narici.

Rughe profonde scendono ai lati del naso fino al labbro superiore. Sulla guancia sini-stra, sotto lo zigomo, due solchi brevi e poco marcati contribuiscono a rendere evidente la morbidezza delle carni, inicando un partico-lare fisiognomico14 che rivela la precisione del ritratto e l’abilità dello scultore che lo ha re-alizzato, che si preoccupa di rendere fin nei minimi dettagli il volto del committente.

La bocca leggermente aperta ha labbra sottili ma pronunciate, soprattutto quello infe-riore. Ai lati, due rughe oblique, brevi ma dal marcato valore plastico.

Il mento, abraso e scheggiato, è legger-mente appuntito.

Al centro del collo sono accennati i fa-sci dei tendini nella tensione della posa; non è indicato il pomo di Adamo. Nella visio-ne laterale sono ben evidenti due lievi solchi

14. Questo particolare infatti è assente sulla guancia destra.

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che dall’orecchio sinistro si dispongono sotto il mento, verso il collo, ad indicare le pieghe della pelle e della muscolatura provocate dalla moderata torsione del capo.

La testa rivela una struttura robusta, soste-nuta da punti di forza identificabili nella fron-te, nelle arcate orbitali e nel mento. Su questa struttura si dispongono le masse muscolari e carnose, descritte con abilità, corrispondenti all’andamento della linea delle rughe.

C’è nel ritratto di questo personaggio una grande attenzione nella definizione dei parti-colari. Nessuna parte del volto è generica o impersonale: i caratteri fisiognomici sono pre-cisi, anche nell’evidente asimmetria di alcune delle sue parti.

Il viso asciutto, liscio e senza barba è quel-lo di un uomo maturo, descritto con accurati passaggi di piano che creano effetti chiaroscu-rali in grado di rendere l’appesantimento delle carni attorno ai solchi delle rughe. Le guance sono scavate, ma il lieve rigonfiamento dei tes-suti nella zona tra l’orecchio e la mandibola e l’accenno di doppio mento rendono con effica-cia l’indefinitezza dell’ovale di un viso non più giovane. Tutto è pervaso da una forte tensione muscolare accentuata dal modellato vibrante delle guance contrapposto alla rigida geometria del cranio sotto la massa compatta delle chio-me, chiuse in una linea di contorno ben definita e tuttavia mosse da ciocche guizzanti. La bocca dischiusa e gli occhi profondi conferiscono una singolare forza espressiva al volto di un uomo dall’atteggiamento severo e autorevole.

Nel ‘togato di Petrara’ si osserva una lie-ve sproporzione tra il corpo e la testa che, in una visione frontale della statua e ad una certa distanza da essa, appare leggermente sottodi-

mensionata15. In realtà la verifica delle dimensioni delle

varie parti del corpo e della testa ha permesso di stabilire che entrambe sono state realizzate partendo da una misura-base corrispondente ad un piede romano (circa 30 cm)16, sul quale si sono impostati tutti i rapporti dimensionali17.

Si ricorda che, al momento del rinveni-mento, il perno di innesto della testa nel corpo era ancora saldamente inserito nell’apposito alloggiamento tra le spalle della statua, adat-tandosi perfettamente alla cavità, alla quale era ‘incollato’ mediante un impasto gessoso. L’estrazione di questo tenone, avvenuta in fase di restauro, ha permesso di constatare come le due parti - perno di innesto e alloggiamen-to - fossero coerenti per forma e dimensioni, confermandone la reciproca pertinenza al mo-mento della realizzazione della scultura.

È pertanto possibile supporre che la dif-ferenza riscontrata nella visione complessi-va del ‘togato di Petrara’ sia da imputare alle diverse mani che hanno scolpito la testa e il corpo.

La testa-ritratto del ‘togato di Petrara’ è una realizzazione di alto livello qualitativo,

15. Si ricorda che una leggera differenza di proporzioni è stata segnalata tra la testa e il corpo della celebre statua di Augusto velato capite da Via Labicana (Giornetti 1979, p. 274 ss.). Questadiscordanza ha contribuito all’ampio dibattito sulla sua crono-logia ma viene per lo più imputata alle diverse mani che realiz-zarono le varie parti della scultura (zanker 2008, p. 70, fig. 41).16. Un pes corrisponde a 29,65 cm; un quarto di piede (palmus) corrisponde a 7,41 cm.17. La statua intera è 230 cm (= 7,6 piedi romani); il corpo è alto 185 cm (= 6 piedi romani); i piedi misurano 30 cm (= ad 1 piede romano); la testa con il collo 37 cm (= 1 piedi romano + 1 palmo); la testa dal mento alla sommità del capo 30 cm (= 1 piede romano); il diametro della testa è 75 cm (= 2,5 piedi roma-ni). Le parti che compongono il volto (occhi, bocca, orecchie, naso) sono calcolate sulla misura di circa 7 cm, corrispondente a un palmo romano.

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particolarmente curata anche nei particolari. In essa sembra di potersi scorgere quasi un’as-similazione di due tendenze stilistiche ampia-mente note alla critica archeologica18: l’una derivata dalla tradizione del ritratto veristico, leggibile nella solida struttura della testa, nel realismo del volto e nello stile asciutto che ri-conduce ai ritratti tardo-repubblicani, l’altra ispirata alla ricerca coloristica e al rendimento sfumato, tendente ad una progressiva idea-lizzazione del personaggio, già presente nella prima e media età augustea19, che nella testa da Locri si osserva nel chiaroscuro delle guance, nella resa della zona degli occhi, che conferi-scono allo sguardo una pensosa e distaccata intensità, e nella lieve torsione del capo.

La coesistenza “di esperienze forma-li ancora attive negli ultimi decenni della re-pubblica e di stilemi aggiornati a più recenti sperimentazioni”20 induce a proporre una data del ritratto da Petrara intorno all’ultimo ven-tennio del I secolo a.C., pur con tutti i limiti e le incertezze di una datazione determinata da criteri puramente stilistici21.

18. Per citarne solo alcuni tra i tanti si vedano gli studi sul ritrat-to romano di r. bianChi bandinelli, B. sChweitzer, P. zanker e G. bosChunG. 19. Vrdi l’Augusto dei Musei Capitolini in zanker 1973, p. 15 ss, n. 3, tav. 6 b 8; bosChunG 1993, p. 118, n. 23 tav. 14, 28,1; FittsChen-zanker 1985, tavv. 1-3. 20. CoraGGio 2009 (p. 70, n. 44, tav. XLIII, 1-4), a proposito della testa maschile collezione Farnese a Napoli che nella conce-zione complessiva ricorda il ritratto da Petrara. 21. I confronti più convincenti per proporre una datazione del ritratto da Petrara si hanno con opere in cui coesistono queste due tendenze e per le quali la datazione oscilla tra i primissimi anni dell’impero e l’età claudia: si veda ritratto maschile al Mu-seo Archeologico di Venezia (traversari 1968, n. 25); il ritratto maschile con chioma rilavorata, al Museo di Catania (bonaCasa 1964, n. 55) o ancora il ritratto maschile ‘claudio’ del Museo Co-munale di Castello Ursino a Catania (bonaCasa Carra 1977, pp. 8-13), con i confronti.

Un punto fermo nella cronologia delle statue togate è stabilito, in genere, dalla foggia della toga che, nella statua locrese, riproduce una tipologia già presente in età augustea22 e che trova piena diffusione durante tutta l’età giulio-claudia23.

Il panneggio del marmo da Petrara è trat-tato in maniera naturalistica e accurata, con una certa variazione nella disposizione e nella forma delle pieghe, non semplicemente ripe-tute in maniera meccanica. La stoffa tesa sulla gamba sinistra, sotto la quale si intuisce la mu-scolatura, indica la volontà di far emergere le forme corporee sotto il tessuto. Il volume del-la toga è ricco, ma non ancora completamente dominato da quella esuberanza che diventerà consueta nei secoli successivi.

I confronti sono numerosi, trattandosi di un tipo di toga piuttosto comune, e si colloca-no per lo più entro la prima metà del I secolo d.C.24

Sembrerebbe dunque esistere un’incon-gruenza cronologica tra la testa-ritratto e la statua da Petrara, spiegabile forse ricordando che la scultura venne realizzata acquistando un corpo prodotto in serie e quindi conforme alla ‘moda’ del momento, sul quale andò ad inserirsi il ritratto, scolpito a parte, forse nella stessa Locri, da un artista ancora legato a con-venzioni e modi della tradizione tardo-repub-

22. L’illustre ascendente di tutte queste toghe può ravvisarsi in quella della statua di Augusto di Via Labicana (Germini 1998, pp. 61-62). Di questa scultura, generalmente collocata in età tardo-augustea, è stata proposta anche una datazione all’ultimo decennio del I secolo a.C. (hoFter 1985, pp. 223-224, n. 18) 23. Per la tipologia delle toghe si veda Goethert 1939, p. 186 ss. 24. Questo tipo di toghe non sembrano potersi spingere oltre la fine del I secolo d.C. Si vedano nista 1981b, III.32 (prima metà del I secolo d.C.); de laChenal 1986 n. VII.18 (I secolo d.C.); belli Pasqua 2005, n. 13, (prima metà del I secolo d.C.); valeri 2008, pp. 282-283, (primi decenni del I secolo d.C.).

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blicana pur filtrati, come già detto, attraverso esperienze formali di prima età imperiale, evidentemente in accordo con i gusti dell’il-lustre committente locrese25. La perfetta già ricordata corrispondenza dell’alloggiamento del tenone all’estremità del collo con l’incasso tra le spalle (supra, p. 36) conferma, dal punto di vista tecnico, la pertinenza del ritratto alla statua fin dal momento della sua realizzazione.

Per tutte queste ragioni sembra possibile collocare la statua del ‘togato di Petrara’ in un periodo compreso tra gli ultimi decenni del I secolo a.C. e i primi del I secolo d.C. (20 a.C. – 20 d.C.).

La testa-ritratto da Petrara fu senza dub-bio scolpita da un artista particolarmente col-to, in grado di realizzare un prodotto originale di alto livello qualitativo che “non si inserisce quanto a produzione artistica in un ambien-te ‘periferico’ ma appare culturalmente legato all’ambito della città di Roma”26, come già os-servato per altri marmi ‘calabresi’.

Il ritratto da Petrara aggiunge dunque un ulteriore elemento alla discussione sull’esi-stenza o meno nel Bruzio romano di botteghe di scultori in grado di competere con quelle dell’Urbe.

Senza dubbio il committente della statua da Petrara fu un personaggio di particolare rilievo nel municipium locrese, che aveva ac-quisito particolari benemerenze nei confronti della città, forse per episodi di mecenatismo, come la costruzione o il restauro di strutture di pubblica utilità. L’assenza della capsa, il con-

25. Non è tuttavia possibile escludere, benché risulti meno con-vincente, l’ipotesi che, a causa di un evento accidentale o inten-zionale, si fosse reso necessaria una sostituzione del corpo della statua, abbigliato con una toga di foggia più moderna rispetto al ritratto. 26. Chiarlo 1982, pp. 615-618, tavv. 175-176.

tenitore dei rotoli di pergamena solitamente accostato alle statue di chi ricopriva incarichi pubblici, nella scultura da Petrara sostituito da un tronco d’albero, potrebbe indicare che il personaggio rappresentato non rivestiva cari-che politiche.

Purtroppo, per il momento, il nome di questo locrese illustre ci è sconosciuto.

È tuttavia suggestivo immaginare che il ‘togato di Petrara’ possa raffigurare un espo-nente di una delle poche grandi famiglie della Locri Romana note da attestazioni epigrafiche del municipium, quella dei Claudii o Clodii Pul-chrii, il cui nome compare nelle due varianti su alcuni bolli laterizi ritrovati da P. Orsi nello scavo del tempio di Casa Marafioti27.

Eleonora Grillo

27. I Claudii Pulchrii sono una famiglia dell’alta aristocrazia di Roma, dalle origini gloriose che risalivano agli albori della re-pubblica. Il suo esponente più famoso fu Publio Claudio (Clo-dio) Pulcro, spregiudicato personaggio vissuto tra il 93-92 e il 52 a.C., protagonista di molti episodi controversi della politica di quegli anni, amico-nemico di Cicerone: Fezzi 2008, con ampiabibliografia. La gens Claudia, che aveva possedimenti e clientele in Italia Meri-dionale e in Sicilia, evidentemente rivestiva un ruolo importante anche nella Locri romana. Le tegole con bollo ritrovate nell’area del tempio potrebbero indicare in un esponente della famiglia dei Clodii Pulcrii il promotore di un restauro del sacro edificio, un gesto di munificenza adatto ad un esponente di una famiglia illustre della Locri del tempo. Per i bolli: Costabile 1976, p. 109,ridiscussi in sabbione 2005b, p. 483.

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Il restauro del ‘togato di Petrara’

La statua del togato di Petrara, come già detto, al momento del rinve-nimento era spezzata in tre parti (testa, corpo e gambe, piedi con la base) con la superficie fortemente corrosa e coperta da incrostazioni molto coese e tenaci, dovute in parte all’esposizione antica agli agenti atmosferici e in parte alla lunga giacitura nel terreno.

Nel 2008 è stata effettuata, da parte di A. Danesi e S. Gambardella della ditta DART di Roma, la ricomposizione della statua con imperniatura e collocazione in posizione verticale. Questo intervento è stato preceduto dall’analisi e dalla tomo-grafia per l’individuazione e la valutazio-ne delle crepe e delle lesioni del marmo, eseguite dal prof. L. P. Cosentino della Facoltà di Scienze della Terra dell’Uni-versità di Palermo.

Nel 2009 è stata avviata la pulitura delle superfici, ad opera del Laboratorio di Conservazione e Restauro del Museo Nazionale di Locri Epizefiri.

Il lavoro, condotto sul corpo pan-neggiato e sulla testa, ha portato l’opera ad una buona condizione di leggibilità generale che ne consente l’esposizione nella sezione romana del Museo Nazio-nale di Locri, al Casino Macrì, pur rima-nendo ancora parti da sottoporre ad ulte-riori fasi di pulitura e restauro.

Frammento di base di statua di personaggio togato

Marmo bianco, a grana fineLargh. cm 36; alt. cm 8-9; profondità cm 37 I secolo d.C. Locri, c.da Petrara, edificio H, scavo 2003 Museo Nazionale di Locri Epizefiri, sezione del Ca-sino Macrì, inv. n. 141166

Il frammento di base di statua di perso-naggio con toga qui presentato (Figg. 20 – 21) è stata portata alla luce nel 20031 nello stesso edificio pubblico in cui è stata recuperata la statua-ritratto del ‘togato di Petrara’ (supra, p. 29).

Il pezzo si trovava a circa 3 m in di-rezione Sud rispetto alla statua-ritratto, in corrispondenza dello stipite meridionale della porta che metteva in comunicazione l’ampia sala con la grande strada Est-Ovest dell’impianto urbanistico della città roma-na (supra, p. 30). Come la statua, il frammen-to era coperto dallo strato di disfacimento delle strutture circostanti e poggiava sullo strato di terreno misto ad intonaco sbricio-lato che nascondeva i resti di pavimenta-zione in malta con cocciopesto.

Il frammento conserva parte della metà sinistra del basamento, privo dell’an-golo. Ciò che resta della scultura presenta caratteristiche simili, anche nelle dimensio-ni, a quelle del ‘togato di Petrara’.

Restano il piede sinistro fino alla cavi-glia, con il malleolo ben evidenziato e un alto calzare (calceus patricius) accuratamente rappresentato, con le larghe fasce dei lacci che si intrecciano sul collo del piede e i due

1. lattanzi 2004, pp. 1014-1015; Grillo 2010, pp. 70-71.

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lembi più sottili che ricadono ai lati della caviglia, dove sono legati con un nodo. La superficie del piede presenta abrasioni e scheggiature che hanno in parte cancellato la leggera increspatura in corrispondenza delle dita, ben visibili invece nei piedi della statua completa (supra, p. 33).

Sulla faccia superiore del basamento, a sinistra del piede, rimane l’estremità della lacinia della toga, conclusa da una punta di forma triangolare chiusa da un piombino (supra, p. 34).

Evidenti sono i segni della lavorazione del blocco di marmo da cui è stata ricavata la base: la faccia verticale anteriore è ben lisciata per una sottile fascia di circa 1 cm (anathyrosis) presso il bordo; al di sotto, si vedono i piccoli punti lasciati dalla gradina dentata utilizzata per la prima rifinitura.

La faccia superiore del basamento, dove poggia il piede, è trattata con la gra-dina dentata sul davanti, mentre la parte posteriore è appena sgrossata con il pun-teruolo.

A circa 5 cm dal bordo anteriore della base resta un piccolo foro a sezione circo-lare (diam. cm 0,5) con tracce di ossidazio-ne. Allineato con questo, a 14 cm di distan-za e a circa 6 cm dal bordo, vicino al piede, si trova un foro analogo2. Incerta è la loro funzione, forse resti dell’applicazione di un elemento metallico, perduto, oppure indi-cazioni per lo scultore.

Nel frammento di base qui presentato sono evidenti le somiglianze tecniche e sti-listiche con la statua del ‘togato di Petrara’, il che non stupisce trattandosi di corpi pro-dotti in serie nei quali era la testa-ritratto,

2. Gli stessi fori, praticati all’incirca nella medesima posizione, si osservano sul basamento della statua completa (supra, p. 33).

scolpita separatamente, a caratterizzare la scultura, riproducendo fedelmente i tratti somatici della persona a cui la statua veniva dedicata (supra, p. 31).

Esisteva dunque un’altra scultura di personaggio togato, non ancora ritrovata, forse originariamente collocata nello stesso edificio3 del ‘togato di Petrara’ e lì abban-donata nel momento in cui l’antica Locri aveva ormai perso la sua importanza e an-dava progressivamente spopolandosi.

Eleonora Grillo

3. Per le ipotesi sulla funzione di questo edificio cfr. supra, p. 30.

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Frammento di testa femminile

Marmo bianco lucido, compatto, a cristalli medio-grandi Alt. cm 25; largh. cm 17; profondità cm 13,5 I secolo d.C.Area dell’edificio termale romano del Casino MacrìMuseo Nazionale di Locri Epizefiri, sezione del Ca-sino Macrì, inv. n. 142797

Il frammento di testa femminile in marmo qui presentato (Figg. 22 – 26) è stato recupera-to in maniera fortuita nell’area immediatamen-te adiacente all’edificio termale romano del Casino Macrì, cui non può ritenersi pertinente poiché, come già detto (supra, p. 20) la grande costruzione non fu mai completata.

Le tracce di malta concrezionata sulla su-perficie, evidenti al momento del rinvenimen-to, fanno supporre un suo reimpiego in età moderna come materiale da costruzione.

La testa, di dimensioni minori del vero, è spaccata a metà nel senso della larghezza cosic-ché, nella visione frontale, nulla resta dei trat-ti del volto se non un brevissimo tratto della parte destra del mento che tuttavia, data la sua posizione, permette di affermare che la testa era rivolta verso destra.

La parte posteriore è piatta, appena sboz-zata con evidenti solchi del punteruolo lungo una fascia che dal sommo del capo attraversa la nuca e scende fino al collo. La parte superio-re del capo sembra non rifinita, ma il pessimo stato di conservazione del pezzo complica la comprensione del trattamento delle superfici in questo punto.

Soltanto nella visione laterale è possibile leggere quanto rimane della scultura.

Sul lato destro restano parte della guan-cia e del mento, separati dal collo mediante un

solco appena accennato. In questa posizione è evidente il taglio obliquo della parte inferiore del collo, che fa supporre che la testa fosse pie-gata in avanti.

Le chiome, trattenute da una benda rile-vata con il profilo arrotondato (largh. cm 2), dovevano essere bipartite sulla fronte, dispo-nendosi in ciocche corpose leggermente ondu-late verso la tempia; sono sollevate sull’orec-chio e scendono dietro di esso in sottili ciocche tremule, lungo il collo, verso la nuca, dove si interrompono. Non è chiaro, dato il pessimo stato di conservazione del pezzo, il trattamen-to delle chiome sul capo, al di sopra della ben-da, dove si leggono lievi e brevi solchi paralleli verticali.

L’orecchio, conservato unicamente sul lato destro, è disegnato con cura. Sul lobo un piccolo foro consentiva, probabilmente, l’ap-plicazione di un orecchino in metallo, perduto.

Sul lato sinistro della testa restano parte della benda e la ciocca dietro l’orecchio.

La testa conserva tre fori passanti per l’in-serimento di perni metallici: uno è alla base del collo (diam. cm 2,5; lungh. cm 4,5) e serviva a fissare la testa ad un supporto. Gli altri due fori sono allineati al centro di una fascia non rifinita sul retro della testa: il primo, all’altezza della zona occipitale (diam. cm 2,5; lungh. cm 4,5, leggermente inclinato verso il basso); il se-condo, sulla sommità del capo (diam. cm 2,5; lungh. cm 5,5).

Sulla funzione di questi fori è possibile soltanto avanzare delle ipotesi.

Forse, in corrispondenza della fascia non rifinita, trovava posto un elemento aggiunto, trattenuto da perni metallici inseriti nei fori tuttora conservati. Potrebbe trattarsi di un co-pricapo (velo? elmo?) appoggiato alla nuca e al sommo della testa in maniera tale da lasciare scoperti i lati del volto, come dimostra la cura

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con cui sono rappresentate le orecchie, a cui do-veva essere applicato un orecchino, e i capelli.

Un’altra ipotesi potrebbe essere quella di ritenere la testa locrese parte di un altorilievo. In questo caso i perni servivano a trattenere la scultura aggettante. Per gli stessi motivi, inclu-so il taglio obliquo della parte inferiore del col-lo, la testa potrebbe appartenere ad un clipeo marmoreo, il supporto di forma circolare ad imitazione dello scudo (clipeus), decorato con immagini emergenti dal fondo.

Non è possibile tuttavia escludere che i fori avessero differenti funzioni a seconda della loro posizione: quello sul lato posterio-re, ad esempio, poteva servire ad assicurare la tenuta della statua cui la testa era applicata ad una struttura; quello superiore a sostenere un elemento decorativo.

Suggestivo, dato il tipo di acconciatu-ra che rimanda alle rappresentazioni ideali di personaggi - divinità o fanciulle - derivate da modelli greco-ellenistici, immaginare che la te-sta femminile qui presentata avesse funzione di ‘cariatide’1. I fori potrebbero servire a soste-nere un tassello marmoreo di completamento sul quale poggiava la mensola che reggeva il capitello.

La buona qualità del marmo e la cura formale che si intravede pur nello stato fram-mentario della scultura lasciano immaginare un’opera di alto livello qualitativo, la cui da-tazione tuttavia può soltanto essere generica-mente ricondotta al I secolo d.C.

Eleonora Grillo

1. Queste sculture che traevano ispirazione dalle Cariatidi dell’Eretteo sull’Acropoli di Atene, venivano utilizzate, età el-lenistica e romana sia sui rilievi, votivi e funerari, sia per statue a tutto tondo, soprattutto per rappresentare Demetra (cfr. infraPeploforos (Demetra?) tipo ‘Cariatide dell’Eretteo’), talvolta prive della funzione statica propria dei loro modelli greci e ridotte a puro ornamento.

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Piccolo busto femminile acefalo

Marmo con venature rosate, a cristalli grandiAlt. cm 9; largh. cm 6; profondità cm 5I-II secolo d.C.Locri, edificio termale del Casino MacrìMuseo Nazionale di Locri Epizefiri, sezione del Ca-sino Macrì, inv. n. 119461

Il piccolo busto acefalo in marmo rosato (Figg. 27 – 28) è fratturato all’attacco del collo, di cui resta un brevissimo tratto.

Il retro e i lati sono sommariamente ri-finiti. La superficie scolpita è danneggiata da scheggiature e abrasioni.

Il busto è tagliato all’altezza del décolleté, ornato da un tralcio vegetale costituito da un sottile filo rilevato con tre rosette a quattro pe-tali con bottone centrale e foglie di cuoriformi, ben leggibile soltanto quella sulla destra.

Ai lati del collo si osservano due protube-ranze strette ed allungate, fratturate all’estremi-tà, forse da connettersi con il tralcio fiorito che orna il busto.

Non è possibile riconoscere quale fosse il personaggio raffigurato sul piccolo busto, probabilmente una figura femminile, cui ben si adatta il tralcio di fiori (Cerere? Venere?).

Forse il busto era il simulacro di un culto di carattere privato, come sembrano suggerire le piccole dimensioni della scultura.

In mancanza di altri dati1 la cronologia di questo marmo si pone, genericamente, nei pri-mi secoli dell’età romana imperiale.

Eleonora Grillo

1. Il piccolo busto è stato ritrovato in un saggio all’esterno dell’edificio termale di II secolo d.C., in uno strato con materiali eterogenei di difficile inquadramento cronologico.

Frammento di piccola statua (mano)

Marmo bianco, a cristalli grandiLungh. cm 6; largh. cm 4,2; spess. cm 2,4Età romana imperialeLocri, edificio termale del Casino MacrìMuseo Nazionale di Locri Epizefiri, sezione del Ca-sino Macrì, inv. n. 119460

La piccola mano (Fig. 29), spaccata all’al-tezza del polso, è quanto resta di una statua in marmo di modeste dimensioni.

Le dita sono accostate, il pollice aderente all’indice, e terminano in corrispondenza della seconda falange; sono leggermente ripiegate verso il basso, forse perché la mano era appog-giata ad un sostegno (bracciolo? ginocchio?), come sembra confermare la sommaria rifini-tura del palmo.

La resa della piccola mano è piuttosto ac-curata, lasciando intuire una buona qualità del-la scultura cui apparteneva, di cui ovviamente non è possibile dire nulla.

Anche la datazione2 non può che essere in-dicata, genericamente, in età romana imperiale.

Eleonora Grillo

2. La piccola mano è stata recuperata in uno strato con mate-riali di scarico e pertanto non è meglio precisabile la sua cronolo-gia nemmeno in relazione al contesto di rinvenimento.

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6.

Piccola statua di Serapide in trono

Marmo bianco a grana fineAlt. cm 33; largh. cm 15; profondità max cm 9,5; min. cm 7,5 II secolo d.C.Locri, rinvenimento antiquario dall’area urbana del-la città anticaGià nel Museo Civico di Reggio Calabria, ora al Museo Nazionale di Locri Epizefiri, inv. n. C 361Bibliografia: Costabile 1976, p. 108; Faedo 1994, p. 627, fig. 29

La statuetta locrese (Figg. 63 – 66) rap-presenta Serapide seduto su un trono privo di spalliera. I piedi, di cui sono indicate le dita, sono posati su un poggiapiedi quadrangolare con quattro brevi gambe. Queste sono rica-vate mediante incassi quadrati e semicircolari praticati nella faccia anteriore del poggiapiedi, sagomata con una parte centrale concava tra due aggetti laterali.

Serapide ha il volto incorniciato da lunghi e folti capelli che scendono ai lati del viso fin sulle spalle, divisi in due e rialzati sulla fronte, e da una folta barba bipartita al centro. Le chio-me e la barba sono descritte a ciocche grandi e pesanti, poco caratterizzate nei dettagli, ma delle quali si percepisce bene il volume.

Sul capo reca un modio, simbolo di fertili-tà agreste, cilindrico e privo di decorazioni, ad eccezione di una stretta fascia presso l’estremi-tà superiore, indicata da una sottile incisione.

I tratti del volto, pur nelle dimensioni non grandi della statuetta, sono resi in maniera ef-ficace, seppur semplice. La fronte è solcata da una profonda ruga orizzontale. Gli occhi, di cui sono disegnate l’iride e la pupilla, sono inseriti in profonde arcate orbitali, sotto sopracciglia pesanti e aggrottate: il sinistro è ben delineato; del destro, meno definito, si legge la palpebra superiore. Il naso grosso è spezzato in punta. La bocca carnosa, con le labbra dischiuse, è in-

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corniciata da baffi arcuati che si collegano alla barba.

Il dio indossa una tunica sommariamente descritta con leggere incisioni della superficie. Soltanto alla piega della scollatura è data consi-stenza plastica, limitandosi a solchi schematici e ripetitivi per indicare l’incresparsi della stoffa sul torace e sulla manica destra, che copre il braccio fino al gomito.

Sulla spalla sinistra poggia un mantello, indicato con un corto e pesante lembo dalle pieghe circolari, che scende ad avvolgere le gambe, dove si dispone in un viluppo piutto-sto consistente sul grembo. Il panneggio del mantello è rappresentato da poche e semplici increspature appena rilevate ma che rendono percepibile la consistenza lanosa del tessuto. Evidente il rilievo dell’orlo.

Non è conservato il braccio sinistro, con la mano che regge lo scettro, forse realizzato a parte e attaccato alla spalla1. Il braccio destro è disteso in avanti e il palmo aperto della mano, dalle grosse dita tozze, regge una patera om-belicata.

La mano destra poggia sulla testa centrale di un cane a tre teste, comunemente identifi-cato con Cerbero2, sorretta da un tassello qua-drangolare. Il cane infernale tricipite, rappre-sentato in maniera sommaria e grossolana sul fianco destro della statuetta, ha due sole teste scolpite. La terza forse era dipinta sulla parte di marmo appena sbozzata che congiunge la bestia alla gamba sinistra del dio3. La testa sul davanti della statuetta ha il muso prominente,

1. Secondo quanto ipotizzato in Costabile 1976, p. 108.2. Secondo alcuni studiosi, l’animale che accompagna Serapide, pur assomigliando al cane a tre teste posto a guardia degli Inferi, sarebbe in realtà il simbolo di Aion, dio del tempo con testa di cane, lupo e leone, ad indicare un’altra prerogativa di Serapide, quella di signore del tempo e dell’eternità: leClant 1997, p. 26.3. Costabile 1976, p. 108.

privo di notazioni; quella laterale si imposta in maniera incongrua a metà circa del collo della bestia, in modo da non rimanere nascosta al di sotto dell’altra nella visione frontale.

La scultura in antico era rifinita con il colo-re, di cui restano soltanto abbondanti tracce sul modio, tra le pieghe del mantello, sul trono e in prossimità del poggiapiedi. Resti di colore nero sono visibili sulla barba.

La statuetta è ricavata in un unico blocco con il plinto quadrangolare su cui poggia tutta la rappresentazione. Il plinto è sbozzato somma-riamente, forse perché destinato ad essere inse-rito in un supporto oppure ad essere completato con lo stucco. Il retro è rifinito ma senza parti-colari notazioni probabilmente perché la piccola statua, sistemata in un’edicola o accostata ad una parete, era visibile di fronte o di scorcio4.

Il dio è rappresentato secondo l’icono-grafia tradizionale, ispirata alla sua prima rap-presentazione, la statua colossale attribuita a Bryaxis realizzata, intorno al 330-320 a.C., per il tempio dedicato a Serapide fatto erigere, se-condo la tradizione, da Tolomeo I ad Alessan-dria d’Egitto5.

La scultura alessandrina è il modello ispi-ratore di numerose statue di età romana, tra le quali si ricorda l’esemplare da Pozzuoli al Mu-seo Nazionale di Napoli6.

Come già osservato dai primi editori7, la statuetta locrese è complessivamente un’opera di modesta qualità in cui del modello alessan-drino resta soltanto una lontana suggestione: il trono è privo della monumentale spalliera; la

4. Ibidem. 5. ClerC-leClant 1994, pp. 666-692, con bibliografia.6. Ivi, p. 669, n. 107. Costabile 1976, p. 108; Faedo 1994, p. 627.

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posizione delle gambe e della testa è rigida. Il dio è raffigurato in una statica frontalità. Il ge-sto della mano destra e l’attributo della patera non sono più quelli abituali del modello ispi-ratore.

L’insieme è disorganico, con un corpo sommariamente trattato e chiare sproporzioni tra le sue varie parti, evidenti soprattutto nella rappresentazione del braccio destro, massiccio e tozzo, del tutto incongruo con il resto della scultura.

Tuttavia, contrariamente a quanto finora sostenuto, si osserva una certa cura nella realiz-zazione della testa dove sembrano concentrarsi tutte le capacità e l’interesse dello scultore che produsse quest’opera. La resa del modellato è piuttosto semplice, probabilmente condiziona-ta anche dalle ridotte dimensioni della scultura, eppure con pochi espedienti – la ruga oriz-zontale sulla fronte e quella al centro tra le so-pracciglia, che danno movimento alle superfici del volto; la massa delle chiome e della barba, di cui è ben rappresentata la corposità e che crea un efficace effetto di chiaroscuro al viso – si rende con efficacia la severa e autorevoleespressione della divinità.

La resa del modellato, l’assenza dell’uso del trapano per la sua realizzazione e i con-fronti iconografici suggeriscono per la piccola scultura locrese una datazione alla metà del II secolo d.C.8

Serapide è una divinità che ha origine dall’unione tra l’egizio Osiride-Apis, da cui de-riva il nome (Osiride-Apis = Οσιραπις, Se-rapis), con il greco Zeus-Hades, onorata prin-cipalmente ad Alessandria d’Egitto. Le origini del culto sono incerte e affidate alle notizie

8. ClerC-leClant 1994, pp. 666-692.

favolose e contraddittorie riferite dalle fonti antiche9, tutte concordi però nel ritenerlo una creazione politico-religiosa dei primi Tolomei, sovrani d’Egitto nel IV secolo a.C.

Serapide è una divinità multiforme che unisce in sé le caratteristiche infere di Osiride-Apis e Hades-Plutone, quelle solari di Helios, quelle orfiche di Dioniso, che promettevano vita oltre la morte, quelle mediche di Asclepio.

La sua iconografia deriva da quella greca di Hades, di cui riprende l’espressione severa, la capigliatura e la folta barba, l’abbigliamento con chitone e mantello.

Proprio per la complessità delle sue pre-rogative e per la sua ambiguità, che ne fanno il protettore del mondo infero ma anche della fecondità, Serapide si adattava perfettamente alle mutate esigenze prima del pantheon elleni-stico e poi di quello romano, conseguenti alle conquiste e all’assimilazione di popoli diversi, con diverse credenze religiose.

Il culto di Serapide ebbe grande fortuna e diffusione in tutto l’oriente greco ma anche ad Atene e in tutta l’Italia Meridionale, dove si affermò a partire dalla fine del III secolo a.C. e per tutta l’età imperiale.

La statuetta qui presentata documenta l’esistenza, anche nella città di Locri romana, del culto di Serapide, sebbene resti tuttora in-certo se esso sia stato qui introdotto già in età ellenistica oppure soltanto dopo l’istituzione del municipium, nell’89 a.C10.

Per le sue piccole dimensioni e per la modestia della sua qualità, la statuetta locrese è stata ritenuta da F. Costabile11 un simulacro,

9. Ivi, p. 669.10. Ricordiamo che nel Bruzio, oltre a Locri, il culto di Serapide è attestato solo a Reggio, in un titolo epigrafico databile in età imperiale, in cui è associato ad Iside: Costabile 1976, p. 37.11. Ivi, p. 36, tit. 23.

76

oggetto di culto privato, forse da mettere in relazione con una epigrafe funeraria da Locri che ricorda un collegium funeraticium12 dedicato a Serapide.

Eleonora Grillo

12. I collegia funeraticia erano istituzioni che, in cambio di una quota ‘associativa’ provvedevano a garantire una decorosa sepol-tura ai propri iscritti. L’epigrafe locrese ricorda questo collegium associato ad uno dedicato a Giunone.

Parte inferiore di statua femminile panneggiata

Marmo bianco, compatto, a grana fineAlt. max cm 50; min. cm 40; largh. cm 50; profon-dità max cm 36; min. cm 26Locri, rinvenimento antiquario dall’area della città anticaMuseo Nazionale di Locri Epizefiri, senza n. di in-ventario

Il frammento di statua femminile panneg-giata qui presentato (Figg. 67 – 68) è uno dei reperti recuperati nell’Ottocento dall’area ur-bana dell’antica Locri di cui non è più possibile risalire al preciso luogo di rinvenimento.

La statua, di cui resta soltanto la parte centrale delle gambe, rappresentava una figu-ra femminile leggermente più grande del vero, stante sulla gamba sinistra portante, con la destra scarica appena flessa e scartata di lato, avvolta in un panneggio descritto con poche pieghe verticali, ampie e piuttosto rigide al cen-tro e in corrispondenza della gamba sinistra. Su questo fianco la stoffa è indicata da pieghe curvilinee.

Sulla gamba destra, invece, il tessuto è teso in corrispondenza della curva del ginoc-chio ed è appena mosso da ampie pieghe oriz-zontali, che proseguono sul fianco della statua in direzioni diverse.

Il taglio del blocco sul retro, che risulta leggermente inclinato, restringendosi da destra verso sinistra, sembra indicare che la statua fosse disposta di tre quarti.

Il retro è sommariamente rifinito, con evidenti segni di sbozzatura a scalpello più o meno profondi.

La rappresentazione di figure femminili avvolte in ampi panneggi è assai comune in

77

epoca romana. Questo tipo di statue erano utilizzate sia per rappresentare divinità sia per ‘sostenere’ teste-ritratto di donne appartenen-ti alla famiglia imperiale o a illustri famiglie di privati cittadini, degne di essere celebrate nella loro città.

Quanto resta della scultura locrese non permette di avanzare alcuna ipotesi sul perso-naggio raffigurato e anche la sua datazione può essere solo indicata in età romana imperiale.

Eleonora Grillo

1.

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Tavole

Fig. 1 - La Locride in età romana

Fig. 1

Fig. 2 - pianta di Locri greca e romana. A. Terme romane al Casino MacrìB. Complesso per attività commerciali in contrada PetraraC. Teatro greco-romanoD. Edificio termale, domus e sala del ‘togato’ in contrada Petrara

1. Necropoli romana di Marasà Sud 2. Necropoli romana in contrada Russo3. Necropoli romana in contrada Quote4. C.da Saletta, luogo di riuso del sarcofago di C. Octa-vianus Crescens

Fig. 3 - Locri (RC), il ‘togato di Petrara’ al momento del rinve-nimento

Fig. 2

Fig. 3

Fig. 4 - Locri (RC), il ‘togato di Petrara’

Fig. 4

Fig. 5 - Locri (RC), il ‘togato di Petrara’

Fig. 5

Fig. 6 - Locri (RC), il ‘togato di Petrara’

Fig. 6

Fig. 7 - Locri (RC), il ‘togato di Petrara’

Fig. 8 - Locri (RC), il ‘togato di Petrara’

Fig. 7

Fig. 8

Fig. 9 - Locri (RC), il ‘togato di Petrara’

Fig. 10 - Locri (RC), il ‘togato di Petrara’

Fig. 11 - Locri (RC), il ‘togato di Petrara’

Fig. 9

Fig. 11

Fig. 10

Fig. 12 - Locri (RC), il ‘togato di Petrara’

Fig. 13 - Locri (RC), il ‘togato di Petrara’

Fig. 12

Fig. 13

Fig. 14 - Locri (RC), il ‘togato di Petrara’: particolare del panneg-gio della toga con sinus e umbo

Fig. 15 - Locri (RC), il ‘togato di Petrara’: particolare del pan-neggio della toga

Fig. 14

Fig. 15

Fig. 16 - Locri (RC), il ‘togato di Petrara’: particolare della base con i piedi e la lacinia

Fig. 17 - Locri (RC), il ‘togato di Petrara’: particolare del lato sinistro della statua

Fig. 18 - Locri (RC), il ‘togato di Petrara’: particolare del lato destro della statua

Fig. 19 - Locri (RC), il ‘togato di Petrara’: tassello di restauro antico sul retro della statua

Fig. 16

Fig. 18

Fig. 17

Fig. 19

Fig. 20 - Locri (RC), frammento di base di statua di personaggio togato

Fig. 21 - Locri (RC), frammento di base di statua di personaggio togato

Fig. 20

Fig. 21

Fig. 22 - Locri (RC), frammento di testa femminile: veduta frontale

Fig. 23 - Locri (RC), frammento di testa femminile: profilo destro

Fig. 24 - Locri (RC), frammento di testa femminile: profilo sinistro

Fig. 22

Fig. 24

Fig. 23

Fig. 25 - Locri (RC), frammento di testa femminile: profilo de-stro con taglio inclinato della base del collo

Fig. 26 - Locri (RC), frammento di testa femminile: parte poste-riore con uno dei fori di fissaggio

Fig. 25

Fig. 26

Fig. 27 - Locri (RC), piccolo busto femminile acefalo: veduta frontale

Fig. 28 - Locri (RC), piccolo busto femminile acefalo: veduta del lato destro e della parte posteriore

Fig. 29 - Locri (RC), frammento di piccola statua (mano)

Fig. 27

Fig. 28

Fig. 29

Fig. 63 - Locri (RC), piccola statua di Serapide in trono

Fig. 63

Fig. 64 - Locri (RC), piccola statua di Serapide in trono

Fig. 65 - Locri (RC), piccola statua di Serapide in trono: veduta laterale destra

Fig. 66 - Locri (RC), piccola statua di Serapide in trono: veduta laterale sinistra

Fig. 65 Fig. 66

Fig. 64

Fig. 67 - Locri (RC), parte inferiore di statua di figura femminile

Fig. 68 - Locri (RC), parte inferiore di statua di figura femminile: veduta laterale destra

Fig. 67

Fig. 68