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LA Estratto da SCULTURA LIGNEA PER UNA STORIA DEI SISTEMI COSTRUTTIVI E DECORATIVI DAL MEDIOEVO AL XIX SECOLO Volume Speciale (2011 - Serie VII) GIOVAN BATTISTA FIDANZA SISTEMI DI ASSEMBLAGGIO E RISULTATI FORMALI: ALCUNI CASI SEICENTESCHI MINISTERO PER I BENI E LE ATTIVITÀ CULTURALI © BOLLETTINO D’ARTE DE LUCA EDITORI D’ARTE S. R. L .

Sistemi di assemblaggio e risultati formali: alcuni casi seicenteschi

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LA

Estratto da

SCULTURA LIGNEA

PER UNA STORIA DEI SISTEMI COSTRUTTIVIE DECORATIVI DAL MEDIOEVO AL XIX SECOLO

Volume Speciale (2011 - Serie VII)

GIOVAN BATTISTA FIDANZA

SISTEMI DI ASSEMBLAGGIO E RISULTATIFORMALI: ALCUNI CASI SEICENTESCHI

MINISTERO PER I BENI E LE ATTIVITÀ CULTURALI ©

BOLLETTINO D’ARTE

DE LUCA EDITORI D’ARTE S.R.L.

l’esame formale di una statua lignea dovrebbe esse-re accompagnato da tre considerazioni sui seguentiaspetti: la vocazione formale della specie legnosa uti-lizzata (legata in primis alla dimensione cellulare); imateriali plastici tra superficie legnosa e pigmenti,quando questi contribuiscano in qualunque modo allaresa dei volumi; gli elementi assemblati che concorro-no alla costruzione della figura e le relative modalità diassemblaggio. In recenti iniziative chi scrive ha cercato— insieme al tecnologo del legno del cNr Nicolamacchioni — di risolvere il rapporto tra specie legnosautilizzata, quantità di materiali plastici superficiali erisultati formali. Grazie all’attività diagnostica (in ordi-ne alla determinazione microscopica della specielegnosa) è possibile ricostruire il percorso produttivodello scultore che subordina alla scelta della specie —e conseguentemente ai suoi livelli di finitura — l’azio-ne della sgorbia, la qualificazione della superficie, lospessore della preparazione e la sua modellazione.1)

Per quanto riguarda gli assemblaggi, invece, il piùdelle volte ci si è limitati a registrare gli elementiassemblati (quando è stato fatto), senza però cercare dicapire la sequenza dei procedimenti (assemblaggio eintaglio) e la relazione tra le finalità formali, la dispo-nibilità di materiale e le operazioni di assemblaggio.Tra i precedenti più interessanti di approfondimentisu questi aspetti c’è il fondamentale saggio di Peter Sti-berc (1989, ripubblicato in italiano nel 2005) e il cata-logo della celebre mostra di lucca (1995), nel qualeclara Baracchini si dimostrò sensibile a questo argo-mento, affiancando alle singole schede tecniche lerestituzioni grafiche delle statue in cui erano isolati isingoli elementi, contestualizzando in tal modo lemodalità costruttive agli esiti stilistici.2)

Nella genesi di una statua lignea l’assemblaggio èuna componente fondamentale, in taluni casi persinopiù dell’asportazione di materia da materia; insiemealla preparazione è l’elemento che la distingue dallealtre forme di figurazione tridimensionale in materia-li duri o semi–duri lavorati direttamente. Già claraBaracchini notava come in alcuni crocifissi trecente-schi toscani, il massiccio ricorso all’assemblaggio dipezzi da parte dell’artefice «sembra per certi versicontraddire il concetto stesso di scultura. la figuranon viene infatti ricavata per intaglio quanto perassemblaggio».3) A parte casi isolati di statue a gran-dezza naturale ottenute, per la quasi totalità, da ununico blocco, tra i più celebri la ‘maddalena’ di Dona-tello, la scultura lignea è di norma il frutto dell’unionedi più elementi e risponde, quindi, solo in parte alprincipio vasariano della scultura, secondo cui «la

scultura è un’arte che, levando il superfluo dalla mate-ria soggetta, la riduce a quella forma di corpo chenella idea dello artefice è disegnata».4) Questo nonavviene di norma per la statuaria in legno (almenoper le opere a grandezza naturale), in quanto la natu-ra del materiale condiziona, talvolta fortemente, lescelte stilistiche dell’artista, spesso subordinate a quel-le tecniche e materiali anche in corso d’opera.

ricostruire l’assemblaggio degli elementi è a mioavviso molto importante, non solo per finalità conser-vative o per indagini preliminari al restauro, maanche per ripercorrere il piano esecutivo dell’arteficee, soprattutto in aree periferiche e più economica-mente depresse, per valutare la disponibilità e la qua-lità del materiale. È evidente, infatti, che più si assem-bla e più materiale si risparmia. Per due motivi: se neasporta — e quindi se ne spreca — di meno e si puòutilizzare anche legno “vecchio”, cioè proveniente daaltri manufatti, di scarto o avanzi generici di bottega.A questo proposito va ricordato che non è infrequentetrovare in alcuni contratti sei–settecenteschi per statuee arredi, la richiesta da parte della committenza all’e-secutore di utilizzare, per l’appunto, legno “nuovo”.l’assemblaggio non è sempre funzionale alla figura-zione, spesso infatti risulta subordinato alla velocizza-zione del lavoro e al risparmio di materiale.

le proposte che presento sono evidentemente ipote-si, alla luce di una mancanza — pressoché assoluta — ditrattatistica in quest’ambito, fatta esclusione per Vasari,il cui unico riferimento in tal senso indica un assemblag-gio a tavole commesse. Per quanto riguarda il rinasci-mento si deve a Peter Stiberc l’unica vera ricostruzionedi un diffuso sistema di assemblaggio: di «due o tre stra-ti di tavole a formare un blocco che può contenere ilvolume della scultura».5) ed è stato proprio Stiberc adinterpretare il celebre passo vasariano (tratto dall’Intro-duzione alle Vite) come la descrizione del blocco ligneoformato da tavole commesse pronto per essere scolpito:

«ma perché l’artefice, essendo grande la figura che e’vuole, non può fare tutto d’un pezzo solo; bisogna che eglilo commetta di pezzi, e l’alzi e ingrossi secondo la forma chee’ lo vuol fare».6)

Questo sistema, se dava ottimi risultati di tipo con-servativo (per il frazionamento e la conseguente ridu-zione delle variazioni dimensionali del legno), nonconsentiva però aggetti particolarmente pronunciati.Assimilava tuttavia la pratica scultorea a quella dellapietra, ovvero la partenza dal blocco, senza tuttavia lapossibilità di raggiungere gli stessi esiti formali. un

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GIOVAN BATTISTA FIDANZA

SISTemI DI ASSemBlAGGIO e rISulTATI FOrmAlI: AlcuNI cASI SeIceNTeSchI

assemblaggio preventivo del genere, rendeva il legnoanalogo alla pietra, non solo in ordine alla lavorazio-ne successiva, incentrata per lo più sull’asportazionedi materiale, ma anche relativamente al problema del-l’anisotropia del legno, evidentemente suddivisa inpiù punti e resa meno pericolosa per la conservazionedel manufatto e dei suoi strati preparatori superficialie meno problematica in ordine alla lavorazione trami-te la sgorbia. Pur non raggiungendo i livelli di isotro-pia della pietra, questa modalità permetteva tuttaviaall’artefice di avvicinarvisi. un caso rinascimentale inproposito, di grande interesse, ricostruito graficamen-te dallo stesso Stiberc, è costituito dal ‘San Sebastia-no’ della bottega dei Del Tasso della chiesa fiorentinadi Santa maria maddalena de’ Pazzi (figg. 1 e 2). Que-sto sistema di assemblaggio si propone, in questasede, di denominarlo “a tavole commesse” o a “bloc-chi commessi”.

la mia breve indagine ha riguardato una piccolaserie di sculture seicentesche dell’Italia centrale, perle quali ho cercato di ricostruire i sistemi di assem-blaggio e la tempistica degli stessi.7) la scelta delperiodo (il Barocco) è dipesa principalmente percapire la pratica degli assemblaggi in funzione deirisultati formali caratterizzati dal dinamismo, dallagestualità e dagli aggetti pronunciati della sculturabarocca.8) risultati del genere erano ottenuti con lapietra, quando possibile, attraverso una straordinariadisponibilità di materiale rappresentata da blocchi

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1 – FIreNZe, chIeSA DI SANTA mArIA mADDAleNA De’ PAZZIBOTTeGA DeI Del TASSO: SAN SeBASTIANO

2 – rIcOSTruZIONe GrAFIcA Dell’ASSemBlAGGIO Del SAN SeBA-STIANO DellA chIeSA DI SANTA mArIA mADDAleNA De’PAZZI, reAlIZZATA DA PeTer STIBerc

particolarmente grandi per consentire ampi aggetti,come ben spiegato dallo studio di Peter rockwell suimarmi di Bernini della Galleria Borghese. un casosignificativo in tal senso è il ‘ratto di Proserpina’, nelquale «il braccio destro di Proserpina, per portaresolo un esempio, rompe una lunga e consolidata tra-dizione nella scultura del marmo, che voleva che ilprogetto della statua sfruttasse al massimo il materia-le del blocco. Il braccio che si protende nello spaziocomporta un notevole speco di marmo, forse fino al10 per cento del blocco originario».9) Questo aspettoè particolarmente indicativo della differenza sostan-ziale tra scultura in legno e in pietra, risultando evi-dentemente opposto il principio fondante delle duefigurazioni tridimensionali. l’aggiunta plurima dielementi implica infatti scelte antitetiche rispetto allasola asportazione di materia, a ulteriore confermache scultura in legno e scultura in pietra sono duecategorie ben distinte tra loro; questo vale anche pergli assemblaggi a tavole commesse (o a blocchi com-messi), poiché l’unione preventiva di più elementilignei per arrivare al blocco da scolpire segue pursempre l’andamento della figurazione (come si èpotuto verificare nella ‘Pietà’ di San marcello alcorso), anche se in modo minore rispetto all’assem-blaggio delle parti sbozzate e poi messe in opera (siveda dopo in proposito il caso della ‘madonna colBambino’ di Perugia). Dare vita ad un gruppo sculto-reo come il ‘ratto di Proserpina’ di Bernini (fig. 3)con il legno e con risultati analoghi sarebbe statoimpensabile, sia per le dimensioni (256 cm) che perla complessa struttura dell’opera. Il legno avrebbecondizionato troppo — in senso limitante — il rap-porto tra ideazione ed esecuzione, mentre il marmo(soprattutto disponibile in un blocco così grande,caso abbastanza infrequente) per Bernini è stato unvalore aggiunto alla sua idea.

Nei casi di assemblaggio diverso da quello a tavolecommesse è possibile pensare alla messa in opera dielementi sbozzati preliminarmente, piuttosto che diblocchi squadrati e poi sbozzati e intagliati una voltamessi in opera. Questa pratica consentiva all’arteficeuna maggior precisione nei punti di giunzione, unminor speco di materiale (anche per la possibilità diutilizzo di legno di recupero) e di velocizzare notevol-mente l’esecuzione, grazie ad una verosimile produ-zione seriale dell’elemento sbozzato e poi intagliato edefinito una volta messo in opera.

Da questa breve sequenza di casi illustrati di seguitoè possibile individuare alcuni percorsi d’assemblaggio:quando lo stesso corrisponde all’andamento formale ofigurativo della statua (‘madonna’ di Perugia); quandoprescinde dall’andamento formale o figurativo dellastatua (‘madonna’ di cantiano); casi di assemblaggi“simmetrici” in senso longitudinale, che hanno datovita a produzioni seriali da parte di un artefice assaiprolifico, come ad esempio il francese cristoforo For-nier; assemblaggi, diciamo così, “scomposti”, ovveroche non seguono una logica seriale, bensì occasionale(il ‘San Paterniano’ di Scheggia).

chArleS D’Amuelle, ‘mADONNA cOl BAmBINO’, PeruGIA,chIeSA DI SANTA crOce DeI FAleGNAmI (AlTeZZA cm 166)

l’opera è stata di recente ricondotta, su base docu-mentaria, all’intagliatore francese charles D’Amuelle edatata all’ultimo decennio del Seicento, periodo nelquale lo stesso operava a Perugia in grandi cicli deco-rativi, come la volta intagliata dell’oratorio di Sant’A-gostino.10) Fa pendant (ai lati della mensa dell’altaredella piccola chiesa) con la corrispondente statua raffi-gurante san Giuseppe, a cui era intitolata la confrater-nita proprietaria dell’oratorio nel quale erano prece-dentemente collocate (la confraternita perugina di SanGiuseppe). la statua non presenta svuotamenti di nes-

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3 – rOmA, GAllerIA BOrGheSe – GIAN lOreNZO BerNINI:rATTO DI PrOSerPINA

sun tipo al suo interno, diversamente dal San Giusep-pe, che era oggetto di trasporti processionali, segnoche l’intagliatore concepiva la rimozione interna dimateriale unicamente in ordine al peso del manufattoe non per ridurne le variazioni dimensionali, che infat-ti devono essere state notevoli, viste le ripetute fenditu-re presenti sulla superficie. la scultura (fig. 4) è costi-tuita da un grande blocco centrale al quale ne sonostati aggiunti altri due di minori dimensioni, utili perovviare in tal modo agli aggetti del gomito sinistro e diuna parte del Bambino e del panneggio della veste.l’assemblaggio dell’elemento per il gomito ha per-messo all’artefice un grande risparmio di materiale,ancor più del grande elemento servito per il panneg-gio e parte del Bambino, sicuramente dovuto alla man-canza di un tronco di così elevate dimensioni.

In questo caso si deve pensare ad un assemblaggiopreventivo di elementi già sbozzati, che ha consentitoin tal modo di controllare e, diciamo così, assorbire ipunti di giunzione. Gli elementi assemblati sono tutta-via pochi rispetto alla media di statue a grandezza natu-

rale, segno della disponibilità di legno “nuovo” daparte dell’intagliatore ed anche della possibilità di unaenergica azione di asportazione di materiale sul bloccosbozzato frutto di assemblaggio, trattandosi di pochipezzi che permettevano una buona stabilità dell’interastruttura, garantita inoltre dal basso grado di durezzadel pioppo, specie legnosa di cui è costituita. la statuapresenta infatti una resa piuttosto unitaria rispetto adaltre immagini lignee, soprattutto barocche, caratteriz-zate da aggetti dovuti ai panneggi o alla gestualità pro-nunciata, come si può invece rilevare nel caso seguente.

‘mADONNA cOl BAmBINO’ (mADONNA Del rOSArIO),cANTIANO (PeSArO e urBINO), chIeSA DI SAN NIcOlò(AlTeZZA cm 173)

È collocata in una nicchia sopraelevata a sinistradell’altare maggiore, in corrispondenza di un’altrastatua lignea raffigurante sant’Antonio di Padova.Nell’unico riferimento storiografico esistente su que-

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4 – PeruGIA, chIeSA DI SANTA crOce DeI FAleGNAmI – chArleS D’Amuelle: mADONNA cOl BAmBINO, cON eSPlOSI e GrAFIcI

st’opera è datata dagli autori al 1620 (anche se sem-brerebbe più tarda) e considerata come «il prodotto diintagliatori del legno di provenienza meridionale,abruzzesi o napoletani».11)

Pur non trattandosi di un pezzo di qualità elevata(fig. 5), è tuttavia interessante per spiegare il rapportotra esigenze stilistiche barocche e possibilità “costrutti-ve” del manufatto, ovvero per capire quanto la sceltadel materiale e le implicazioni tecniche possano condi-zionare il risultato formale, cioè molto. Per dare vita adaggetti e panneggi pronunciati lo scultore ricorre aduna serie di assemblaggi plurimi (anche di elementimolto piccoli) che gli consentono un grande risparmiodi materiale ma al tempo stesso evidenziano la disorga-nicità del prodotto finale. Questo è evidente anche neirapporti proporzionali, non sempre felici, come adesempio il volto della Vergine, evidente frutto di un’ag-giunta ulteriore (ma comunque contestuale alla produ-zione della statua) rispetto al blocco principale. Pan-neggi e gestualità, sia della madonna che del Bambino,sono frutto di assemblaggi anche di più elementi peruna sola parte anatomica: i due elementi del bracciosinistro della Vergine o la calotta cranica del Bambino(figg. 6 e 7). l’esatta individuazione degli elementiassemblati ci consente di ripercorrere il sistema costrut-tivo della statua. Di poco più alta della precedente, maformata da 12 pezzi invece di tre, differisce dalla‘madonna’ perugina nelle modalità esecutive. In questocaso, infatti, si deve pensare, almeno per le parti piùaggettanti, ad una messa in opera di elementi già inta-

gliati, o quanto meno ad un grado di finitura quasicompleto, aggiunti al nucleo centrale formato, nellaparte più interna, da due grandi blocchi non svuotati.

È questo un caso emblematico dell’utilizzo di legno“vecchio”, ovvero avanzi di bottega il cui impiego hapermesso un grande risparmio di materiale, oltre chedi tempo di lavorazione. Siamo infatti in presenza diuna committenza povera, oltre che periferica, e di unintagliatore di livello medio–basso, che tuttavia nonrinuncia a conformarsi allo stile corrente, anche secon incertezze esecutive direttamente collegabili aicondizionamenti materiali ai quali non ha saputo farfronte, come ad esempio la sproporzione del collo(delicato punto di giunzione della testa) e la conse-guente innaturale sistemazione del volto, dovuti pro-prio ad una messa in opera differita di quest’ultimoelemento.

crISTOFOrO FOrNIer, ‘SAN TOmmASO DA VIllANOVA’,PeruGIA, chIeSA DI SANT’AGOSTINO, SAGreSTIA (AlTeZ-ZA cm 172)

la statua, in pessimo stato di conservazione (fig. 8),non era citata in alcuna fonte a stampa fino a quandochi scrive ne ha trovato menzione in una cronaca delconvento degli Agostiniani perugini del 1710:

«la statua di San Tomaso da Villa Nova scolpita da monsùcristofano Fornieri Francese a spese del convento quando

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5–7 – eSPlOSO, GrAFIcO e FOTO DellA mADONNA cOl BAmBINODAllA chIeSA DI SAN NIcOlò A cANTIANO (PeSArO e urBINO)

fu celebrata la solennità per la di lui canonizzazione nell’an-no 1659».12)

cristoforo Fornieri fu un intagliatore francese attivis-simo in umbria nella seconda metà del Seicento. lavo-ra per molti ordini religiosi (Agostiniani, Oratorianiecc.) e per il capitolo della cattedrale di Perugia, dandovita ad un tipico esempio di intensa produzione seriale(sia per statue di santi che per crocifissi), di cui l’operaqui esaminata è un caso emblematico. Siamo infatti difronte ad una sorta di assemblaggio “meccanico” chedenuncia una fattura dell’équipe più che del singolo arte-fice. la frequenza delle commissioni indusse ilcapo–bottega a rendere simmetrica la giunzione deglielementi, dello svuotamento tergale e della relativa pan-nellatura. A proposito dello svuotamento, non sembradovuto né ad una necessità di alleggerire il manufattoné tantomeno di limitare le variazioni dimensionale

della massa legnosa e le conseguenti fessurazioni. Trat-tandosi di uno svuotamento minimo, è quindi da consi-derarsi solo come contenitore (reliquie, ex voto o simili).la compattezza della struttura fa sì che si possa pensaread una messa in opera degli elementi preventivamentesbozzati e poi ulteriormente intagliati per la definizionedelle forme (fig. 9). la testa, per essere praticamente inasse col blocco centrale, non è assemblata, in tal modolo spreco di materiale per ottenerla è stato minimo.

con assemblaggi del genere al personaggio nonsono consentiti movimenti o gestualità pronunciate,infatti qui notiamo un gesto benedicente contenuto eduna staticità del santo, rilevabile nel panneggio “bloc-cato”e in una generale fissità del soggetto. Da notareil sistema costruttivo del braccio destro (figg. 10 e 11),che consta nell’innesto di un unico elemento (costi-tuente la parte terminale della manica destra) diretta-mente nel punto di giunzione dell’assemblaggio sim-metrico laterale (parte alta del braccio e porzione dipanneggio). Questo sistema consentiva di dissimulare

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8 – PeruGIA, chIeSA DI SANT’AGOSTINO, SAGreSTIAcrISTOFOrO FOrNIer: SAN TOmmASO DA VIllANOVA

PeruGIA, chIeSA DI SANT’AGOSTINO, SAGreSTIAcrISTOFOrO FOrNIer: SAN TOmmASO DA VIllANOVA:

10 – PArTIcOlAre

11 – eSPlOSO Del BrAccIO SINISTrO

l’unione dei pezzi e al tempo stesso di garantirnemaggiore stabilità. È questa una sorta di “firma tecni-ca” dell’intagliatore francese, che ripete in più diun’occasione. ed è interessante considerarla anche undato critico, utile, così come il resto del sistema d’as-semblaggio stesso, per confermare un’attribuzione aFornier di un’opera del tutto simile, sia nello stile chenella tecnica costruttiva. Si tratta di un ‘Sant’Antonioabate’ conservato nella chiesa di Sant’egidio di colpa-lombo, presso Gubbio, da poco opportunamente rife-rito a Fornier da G.F. Delogu (fig. 12).13)

‘SAN PATerNIANO’, ScheGGIA (PeruGIA), chIeSA DI SANPATerNIANO, SOFFITTA (AlTeZZA cm 194)

l’opera, fino ad ora inedita, versa in un pessimostato di conservazione. raffigura san Paterniano,vescovo e patrono di Fano ed anche patrono di Scheg-gia (piccolo centro dell’umbria settentrionale al confi-

ne con le marche) ed era di certo oggetto di trasportiprocessionali, essendo, all’interno, completamentevuota.

Il complesso sistema di assemblaggio risulta deltutto maggioritario rispetto all’azione d’intaglio. Sitratta infatti dell’unione di tredici elementi, di certopreventivamente intagliati e poi aggiunti al nucleocentrale ottenuto da un unico tronco ampiamentesvuotato al suo interno (figg. 13–15).

la messa in opera degli elementi deve essere avve-nuta ad un livello di definizione piuttosto avanzato,vista l’instabilità dell’intera struttura, per lo più for-mata da materiale di spessore ridotto.

È questo un tipo di assemblaggio che esula da logi-che di serialità. la disorganicità dell’insieme è testi-moniata soprattutto dal sistema di costruzione (e difissaggio) della testa e della mitria, frutto della giun-zione di due parti innestate su un cilindro, il tuttocoperto anteriormente dalla barba e nel lato posterio-re da una semicalotta. l’asportazione di materia da

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9 – PeruGIA, chIeSA DI SANT’AGOSTINO, SAGreSTIAcrISTOFOrO FOrNIer: SAN TOmmASO DA VIllANOVA, eSPlOSI e GrAFIcI

materia è fortemente limitata anche attraverso l’as-semblaggio di parti accessorie come, ad esempio, leinfule e la parte inferiore della stola. Questi aspettiportano a ritenere questa statua ottenuta per lo piùcon scarti di bottega riutilizzati per l’occasione. Sitratta di una tipica opera di devozione popolare deltardo Seicento, commissionata da una bassa commit-tenza ad un intagliatore che ha cercato, si direbbesoprattutto, di limitare l’impiego di legno e il tempodi esecuzione, cercando di ridurre al minimo lo spre-co di materiale. Il concorso di più parti unite a for-mare la figura è stato dissimulato dall’artefice con unpesante strato di preparazione (il cui spessore è daintendersi come quello originale), servita, oltre cheper l’adesione dei pigmenti, per la rimodellazione dimolti particolari, come ad esempio la barba o lacorda usata a mo’ di cintura. Pur nelle condizioniprecarie in cui si trova, l’opera non evidenzia tuttavialacune di preparazione e o di policromia dovute allevariazioni dimensionali della massa legnosa sotto-stante, bensì ad altri motivi, quali sollecitazioni mec-caniche o abrasioni: questo è dovuto al pesante svuo-tamento del tronco del nucleo centrale della figura,che ha evidentemente preservato i materiali plasticisoprastanti.

‘PIeTà’, rOmA, chIeSA DI SAN mArcellO Al cOrSO(GrANDeZZA NATurAle)

Il gruppo, che faceva parte di una macchina proces-sionale, fu eseguito nel 1700 ed è collocato «nell’ambi-to dei continuatori del Bernini al quale viene tradizio-nalmente ascritta».14) Dalla devozione popolare èinfatti indicata come la ‘Pietà del Bernini’, anche seevidentemente non si tratta di un’opera del grandescultore (fig. 16).

In questa sede viene esaminata l’area della parteinferiore relativa al cristo, la parte alta della Vergine(all’incirca dalla vita) con i relativi aggetti, infatti, sem-bra essere stata eseguita con una modalità costruttivadifferente, analoga a quella della ‘madonna’ peruginadi Santa croce dei Falegnami. la figura del cristo èuno straordinario esempio della costituzione, da partedell’artefice, di un «blocco che può contenere il volu-me della scultura»,15) secondo la ricostruzione degliassemblaggi in uso a Firenze tra quattro e cinquecen-to proposta da Stiberc, segno che si è trattato di unatipologia di assemblaggio seguita anche nei secoli suc-cessivi. Anche se in questo caso è stato possibile rico-

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12 – GuBBIO (PeruGIA), chIeSA DI SANT’eGIDIO IN cOlPAlOmBOcrISTOFOrO FOrNIer: SANT’ANTONIO ABATe

e relATIVA rADIOGrAFIA

(radiografia eseguita da Ottavio Ciappi, Opificio delle Pietre Dure eLaboratori di restauro, Firenze)

13 – ScheGGIA (PeruGIA), chIeSA DI SAN PATerNIANOSAN PATerNIANO, FrONTe e reTrO

struire la commettitura non tanto di tavole, quanto diblocchi di varie dimensioni (figg. 17 e 18), fino a for-marne uno più grande in grado di contenere al suointerno la forma pensata dallo scultore (fig. 19). Iblocchi, ancor più delle tavole, hanno consentito unasoluzione ancora migliore ai problemi dell’anisotro-pia, preservando di fatto la superficie legnosa da fes-surazioni. Questo è dipeso anche dal fatto che le ele-vate dimensioni del blocco ottenuto dall’unione dialtri di dimensioni medie, piccole o piccolissime,hanno consentito un parziale svuotamento interno,dovuto in primis dalle documentate finalità processio-nali del manufatto.

Quest’opera, assai più articolata rispetto a quelleottenute — con un processo analogo — attraverso lacommettitura di tavole, assimila ancor più il lavorodell’intagliatore a quello dello scultore in pietra, conla sola differenza del grado di durezza del materiale.

rINGrAZIAmeNTI

Ringrazio Andrea Cardinali di MG Solution (Frascati),per la professionalità dimostrata nella realizzazione dei gra-fici, Celeste Cardinali, per il prezioso e costante aiuto, e Gio-

vanni Franco Delogu, per avermi segnalato le statue diCantiano e di Scheggia. Il mio grazie va anche ai Servi diMaria di Roma, per avermi concesso continui e lunghisopralluoghi nella chiesa di San Marcello al Corso.

Referenze fotografiche: figg. 1 e 2: Opificio delle Pietre Dure eLaboratori di restauro, Firenze; fig. 3: foto Alinari; figg. 4, 6, 7, 9,11, 14, 15, 17–19: foto MG Solution, Frascati; figg. 5 e 12: fotoDiocesi di Gubbio; figg. 8 e 10: foto Sandro Bellu, Perugia; figg.13 e 16: foto dell’Autore.

1) cfr. Statue di legno. Caratteristiche tecnologiche e for-mali delle specie legnose, Atti del seminario (Perugia, 1–2aprile 2005), a cura di G.B. FIDANZA, N. mAcchIONI, passim.Il volume ospita, oltre a quelli dei due curatori, interventidi storici dell’arte e restauratori dell’Istituto Superiore perla conservazione e il restauro e dell’Opificio delle PietreDure che confermano la stretta relazione tra specie legnosae risultato formale nella statuaria, ulteriormente validatadall’attività di catalogo di una diocesi italiana (Gubbio),coordinata da Giovanni Franco Delogu, autore del relativosaggio.

2) le prime indagini di Peter Stiberc sulle modalitàesecutive della scultura fiorentina del rinascimento sono

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14 e 15 – eSPlOSO Del SAN PATerNIANO, FrONTe e reTrO

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16 – rOmA, chIeSA DI SAN mArcellO Al cOrSO – PIeTà

presenti nella sua tesi di diploma all’Opificio delle PietreDure (1986), poi sviluppate in P. STIBerc, PolychromeHolzskulpturen der Florentiner Renaissance. Beobach-tungen zur bildhauerischen Technik, in Mitteilungen desKunsthistorischen Institutes in Florenz, 33, 1989, pp.205–228; per la traduzione in italiano cfr. ID., La scultu-ra lignea policroma del Rinascimento fiorentino. Osser-vazioni sulla tecnica scultorea, in OPD Restauro, 17,2005, pp. 304–316. la mostra di lucca (1995) segnò unosnodo fondamentale per un approccio che contemplassein modo cogente anche gli aspetti tecnici delle sculturelignee. I grafici delle statue sono nelle schede tecnichedel secondo volume: Scultura lignea. Lucca 1200–1425,catalogo della mostra (lucca, 16 dicembre 1995 – 30giugno 1996), a cura di c. BArAcchINI, II, Firenze 1995,passim. ulteriori ricostruzioni grafiche, ancora piùapprofondite di quelle del catalogo perché riferite ad unaricostruzioni delle fasi esecutive a partire dal tronco,furono proposte in una piccola ma preziosa pubblicazio-ne sempre legata alla mostra, cfr. Scultura lignea dipin-ta. I materiali e le tecniche, a cura di c. BArAcchINI, G.PArmINI, Firenze 1996.

3) c. BArAcchINI, Crocifissi dolorosi: un caso italiano, inScultura e arredo in legno fra Marche e Umbria, Atti delconvegno (Pergola, 24–25 ottobre 1997), a cura di G.B.FIDANZA, Perugia 1999, p. 221.

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17 – eSPlOSO DellA PIeTà DI SAN mArcellO Al cOrSO18 – eSPlOSO cON lA rIcOSTruZIONe GrAFIcA DeI BlOcchI

19 – PIeTà DI SAN mArcellO Al cOrSO, FIGurA Del crISTO:rIcOSTruZIONe GrAFIcA DeI BlOcchI ASSemBlATI

Per lA cOSTITuZIONe Del BlOccO uNIcO DA cuI PArTIrePer l’ASPOrTAZIONe DI mATerIAle

4) r. PANIchI, La tecnica dell’arte negli scritti di GiorgioVasari, Firenze 1991, p. 59.

5) STIBerc, art. cit., 2005, p. 308.

6) PANIchI, op. cit., p. 81.

7) la selezione delle opere è avvenuta anche in base alladisponibilità da parte dei proprietari di farmi eseguire unapprofondito esame, visivo e tattile, sulle stesse. Anche illivello di degrado, spesso avanzato, ha consentito di indivi-duare con più facilità gli elementi assemblati, per la presen-za di accentuate depressioni nel punti di giunzione o per illoro distacco a volte molto pronunciato.

8) Già Giuseppina Perusini ricordava come, rispetto aquelle medievali, «le statue del XVII e XVIII secolo, percontro, sono costituite dall’assemblaggio di numerosissimipezzi»: G. PeruSINI, Il restauro dei dipinti e delle sculturelignee. Storia, teorie e tecniche, udine 1989, p. 227.

9) cfr. il commento di Peter rockwell al capitolo sul‘ratto di Poserpina’: Bernini scultore. La tecnica esecutiva,a cura di A. cOlIVA, roma 2002, p. 161. Nella sezione dedi-cata al restauro, maria Grazia chilosi ricorda che «il grupposcultoreo ha aggetti tali da far pensare ad un elevato sprecodel materiale marmoreo iniziale: il braccio alzato di Proser-pina e lo svolazzo del manto alle sue spalle sporgono infattimolto rispetto alla massa delle figure. Il blocco inizialedoveva avere in origine un’ampiezza di poco superiore aquella della base del gruppo, dal cui ingombro le figuresporgono di pochi centimetri. Il blocco scolpito è monoliticocon due sole aggiunte: una sicuramente originale costituisceparte della testa di Proserpina; l’altra, dubbia, integra, condue frammenti regolari, il dito anulare destro della figura».Ibidem, p. 153.

10) cfr. G.B. FIDANZA, Intagliatori francesi nello Statodella Chiesa: arte e tecnica nelle opere di Fornier e D’Amuel-le, in Confronto, 2, 2003, pp. 102–103. Sugli intagli dellavolta dell’oratorio di Sant’Agostino, con approfondimentisulla divisione delle competenze tra falegname e intagliato-re, cfr. ID., Lavoro di quadro e lavoro d’intaglio. Perugia nelSeicento, roma 2006, pp. 64–68.

11) F. PANFIlI, m. TANFullI, Cantiano tra fede e storia.Chiese e cappelle nel territorio di Cantiano dalle origini ainostri giorni, urbania 2000, p. 76.

12) FIDANZA, art. cit., 2003, p. 100.

13) Oltre al ‘Sant’Antonio abate’, Delogu ha individuato,nell’area della diocesi di Gubbio, altre statue attribuibili aFornier, che presentano i tratti indubitabili, sia stilistici chetecnici, dell’intagliatore francese attivo in umbria a partiredalla metà del Seicento, così da far pensare ad un’attivitàdella sua bottega anche nel territorio eugubino, elementoche avvalorerebbe ancora di più le caratteristiche di serialitàdella sua produzione scultorea. cfr. G.F. DelOGu, Le specielegnose individuate nella statuaria lignea: casi ed esempinell’attività di inventariazione dei beni culturali della Dioce-si di Gubbio, in Statue di legno ..., cit., 2005, pp. 118 e 119.

14) l. GIGlI, San Marcello al Corso, roma 1996, p. 71.l’opera, accuratamente studiata da laura Gigli, ancheriguardo ad alcuni interventi di restauro tardo–ottocente-schi, è stata di recente ricordata in uno studio su Nicola Sal-zillo, venendo definita «ignota»: I. DI lIDDO, La circolazionedella scultura lignea barocca nel Mediterraneo. Napoli, laPuglia e la Spagna. Una indagine comparata sul ruolodelle botteghe: Nicola Salzillo, roma 2008, p. 210.

15) STIBerc, art. cit., 2005, p. 308.

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SOMMARIO

Introduzione di GIOvAn BAttIStA FIdAnzA, LAuRA SpeRAnzA, MARISOL vALenzueLA 1

ALeSSAndRO tOMeI, Materia e colore nella scultura lignea medievale 3

GAetAnO CuRzI, Le Madonne della Maiella: struttura e culto 15

eLISABettA SOnnInO, Il restauro di alcune sculture lignee policrome centro meridionali. 27Note sulle decorazioni a foglia di stagno e riflessioni sulle procedure dell’intervento

SILvA CuzzOLIn, Tecniche esecutive dei supporti di quattro sculture lignee marchigiane 39realizzate tra il XIV e il XVII secolo

peteR StIBeRC, Ricerca anatomica e innovazioni nelle tecniche costruttive della scultura lignea 49fiorentina del Quattrocento

teReSA peRuSInI, Costruzione dei supporti nelle sculture lignee friulane dei secoli XV e XVI: 63esemplari nord e subalpini a confronto

vALeRIA e. GenOveSe, «Gangherato in modo che si snodava per tutte le bande». Note tecniche 87sulla manipolazione cultuale di due sculture inedite d’ambiente senese della prima metà del secolo XVI

CRIStInA GALASSI, La tecnica delle sculture polimateriche della bottega di Nero Alberti da Sansepolcro: 95indagini diagnostiche e analisi delle fonti

AntOnIO CuCCIA, Francesco Trina: la singolare esperienza di uno scultore veneziano del legno in Sicilia 115

MARIA IdA CAtALAnO, Per l’Arte delli mastri d’ascia della città di Napoli: Nunzio Ferraro 133e Giovan Battista Vigliante tra fine Cinquecento ed inizio Seicento

AnGeLA CeRASuOLO, estofado e policromie: osservazioni sulla tecnica attraverso la testimonianza 147di Francisco Pacheco

pIeRLuIGI LeOne de CAStRIS, Verità istorica, realismo, fasto, decoro, nobiltà ed emulazione del metallo prezioso. 161Fortuna e caratteri di statue e busti-reliquario a Napoli e nelle province tra fine Cinquecento e inizio Seicento

GIAnCARLO FAtIGAtI, Documenti e indagini scientifiche a confronto: la produzione dei busti reliquario 171a Napoli all’inizio del XVII secolo

FRAnCeSCO FedeRICO MAnCInI, Nella bottega di «Mastro Lionardo scultore franzese» 183

GIOvAn BAttIStA FIdAnzA, Sistemi di assemblaggio e risultati formali: alcuni casi seicenteschi 199

MARIA dOnAtA MAzzOnI, Considerazioni di tecnica costruttiva e decorativa di alcune sculture lignee 211napoletane tra Sei e Settecento. La tecnica degli occhi di vetro

MARISOL vALenzueLA, Il complesso presepiale settecentesco di Imperia e una scultura tardo quattrocentesca 221di ambito napoletano

dORA CAtALAnO, Virtuosismi ed invenzioni nella tecnica di uno scultore del Settecento: il caso Paolo Di Zinno 231

GIuSeppInA peRuSInI, La scultura lignea dell’Ottocento nel Friuli–Venezia–Giulia: storia e tecniche 239

ALFRedO BeLLAndI, I “materiali” in viaggio: osservazioni sulle modalità di trasporto di alcune sculture 255fiorentine in legno del Rinascimento

nICOLA MACChIOnI, Tecnologia del legno e sistemi costruttivi e di lavorazione nella statuaria 261

Abstracts 267