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viella Critica del testo XVII / 3, 2014 Contaminazione/Contaminazioni a cura di Maria Luisa Meneghetti e Stefano Resconi

Sulla contaminazione in ambito trobadorico: fenomenologia e implicazioni testuali

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Critica del testoXVII / 3, 2014

Contaminazione/Contaminazioni

a cura di

Maria Luisa Meneghetti e Stefano Resconi

Critica del testo, XVII / 3, 2014

Stefano Resconi

Sulla contaminazione in ambito trobadorico: fenomenologia e implicazioni testuali*

Il contributo analizza le forme con le quali la contaminazione si manifesta con maggiore frequenza nella tradizione manoscritta trobadorica, offrendone un’ampia casistica che viene studiata nei suoi significati culturali e nei suoi riflessi operativi sulla prassi ecdotica.

La presenza di contaminazione spesso endemica costituisce uno dei tratti caratteristici della trasmissione manoscritta trobadorica: basti ricordare che a monte dei due principali nuclei che la costituiscono – quello linguadociano e quello veneto – si individuano rispettivamente un ambiente-collettore di varianti e un’editio variorum.1 Numerose sono le ragioni di una così fitta rete di contatti orizzontali. Innanzitut-to, a differenza di quanto avviene per le altre tradizioni liriche roman-ze medievali, particolarmente significativa è la distanza cronologica che separa le origini e poi l’epoca “aurea” della produzione trobado-rica dall’allestimento dei canzonieri che conserviamo: questo lasso di tempo ha permesso la costituzione e la diffusione di una cospicuo nu-mero di materiali manoscritti più o meno organizzati – ben esemplifi-

* Questo contributo si inserisce nell’ambito delle attività di ricerca del proget-to F.I.R.B. 2010 Tradizione Lirica Romanza delle Origini (TraLiRO).

1. Cfr. D’A. S. Avalle, I manoscritti della letteratura in lingua d’oc (1961), nuova ed. a c. di L. Leonardi, Torino, Einaudi, 1993, pp. 75-98, ove vengono sistema-tizzati i dati raccolti dallo studioso in Peire Vidal, Poesie, ed. critica e commento a c. di D’A. S. Avalle, Milano-Napoli, Ricciardi, 1960. Per quanto riguarda la tradizione veneta, cfr. anche D’A. S. Avalle, Una editio variorum delle canzoni di Peire Vidal (1957), in Id., La doppia verità. Fenomenologia ecdotica e lingua letteraria del Me-dioevo romanzo, Tavarnuzze-Impruneta, Edizioni del Galluzzo, 2002, pp. 15-34.

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cati dalla congerie di fonti confluite proprio nel collettore y e nell’edi-tio variorum ε –, che, venendosi a trovare depositati nei medesimi ambienti, avranno di certo incentivato il lavoro contaminatorio dei copisti.2 Naturalmente, questa considerevole diffusione manoscritta è conseguenza del grande successo che la lirica trobadorica incontrò presso il pubblico medievale; un successo dovuto anche all’alto pre-stigio attribuito a una tradizione poi divenuta autorevole modello for-male e ideologico. Non stupirà dunque riconoscere nelle operazioni di mescidazione degli antigrafi condotte dai trascrittori di componimen-ti provenzali l’oscillazione tra un atteggiamento di estremo rispetto nei confronti dei dati testuali attingibili, e un interventismo in gran parte spiegabile con le cure proto-filologiche di copisti-lettori attenti e talvolta addirittura appassionati.3 Le peculiari forme assunte dalla contaminazione in ambito trobadorico risultano così essere non solo una sfida per i moderni editori di questi testi, ma anche un’importante chiave di lettura delle ragioni operative e culturali che hanno informa-to il lavoro dei copisti implicati nella loro trasmissione.

Potrà essere innanzitutto utile tracciare una casistica delle forme più spesso assunte dalla contaminazione nel contesto di nostro inte-resse, tentando una sistematizzazione fondata sugli effetti che – in maniera più o meno evidente – il contatto orizzontale determina sul dettato testuale. Il seguente prospetto si concentra sulla descrizione e l’esemplificazione di episodi contaminativi che veicolano elementi di natura semantica, lasciando alle prossime pagine la discussione di alcune loro implicazioni, nonché di fenonomenologie di altro tipo. A seconda che sia possibile riconoscere o meno la volontà del co-pista di sostituire o integrare la lezione presente nel suo antigrafo principale (“lezione primaria”) con quella alternativa del suo codice

2. Ciò perché «le contaminazioni si infittiscono con la diffusione di un’opera» (C. Segre, Appunti sul problema delle contaminazioni nei testi in prosa [1961], in Id., Ecdotica e comparatistica romanze, a c. di A. Conte, Milano-Napoli, Ricciardi, 1998, pp. 71-74, il punto 5 a p. 72).

3. Non sarà un caso che per illustrare la fortunata distinzione da lui proposta tra tradizioni “attive” e “quiescenti” Alberto Vàrvaro descriva proprio l’atteggia-mento ambivalente dei copisti di testi lirici provenzali: cfr. A. Vàrvaro, Critica dei testi classica e romanza (1970), in Id., Identità linguistiche e letterarie nell’Europa Romanza, Roma, Salerno Editrice, 2004, pp. 567-612, alle pp. 580-581.

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di raffronto (“lezione secondaria”), le diverse tipologie sono riunite nelle due categorie fondamentali “non sostitutive” e “sostitutivo-integrative”.4

Tipologie non sostitutive

1) Presenza di lezioni alternative nei margini e/o nell’interlinea. È questo il caso di contaminazione più evidente e facilmente razio-nalizzabile, perché nella maggior parte dei casi – ma non sempre, come si vedrà in seguito – è possibile distinguere con chiarezza quali varianti siano state tratte dall’antigrafo principale e quali dall’esem-plare di collazione: le prime figurano infatti di norma a testo, mentre le seconde sono quelle riportate in posizione subalterna.

2) Doppia lezione. Si tratta della compresenza a testo di due le-zioni perfettamente alternative l’una all’altra;5 per quanto non sempre il senso possa risultarne danneggiato – poiché ad esempio l’accostamento di due lezioni adiafore potrà creare una dittologia sinonimica –, viene però nella maggior parte dei casi ingenerata ipermetria evidente: es. 1) PVid, Baro, Jezu qu’en crotz fo mes (BdT 364,8), v. 30:6

1. A B C Dc E I K L O T c: son amic per si enriqir [8]2. M R: son seinhor per si enrequir [8]3. D: son seignor amic per sei inrichir [10] (+2)

3) Doppia lezione negativa. Il copista, che si trova nella condizione di poter scegliere tra due o più varianti alternative, non opta per nessuna, lasciando uno spazio bianco (nel caso anche contando di tornarvi successivamente) o continuando a trascrivere il testo senza

4. Opto per queste due categorie di massima, perché, come si vedrà a breve, la fenomenologia contaminativa trobadorica non si lascia sempre inquadrare age-volmente in classificazioni quali ad esempio quella proposta da Elio Montanari, focalizzata sulle modalità di accoglimento delle lezioni secondarie (cfr. E. Monta-nari, La critica del testo secondo Paul Maas. Testo e commento, Firenze, SISMEL - Edizioni del Galluzzo, 2003, p. 47).

5. Per una casistica del fenomeno in ambito latino cfr. J. Gijsel, Le problème de la contamination, in «Novum Testamentum», 18 (1976), pp. 133-157, a p. 155.

6. Traggo l’esempio dal regesto di doppie lezioni di D allestito da L. Barbieri, Doppie lezioni e arcaismi linguistici pre-vulgata: la stratigrafia delle fonti nel canzo-niere provenzale estense (D), in «Cultura Neolatina», 55 (1995), pp. 7-39, a p. 11.

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soluzione di continuità.7 Il fenomeno si riconosce dunque per la pre-senza di una lacuna (con conseguente ipometria) in corrispondenza di un luogo in cui la tradizione presenta due o più lezioni concorren-ti. Si consideri il comportamento del canzoniere R in questo esem-pio segnalato da Paolo Squillacioti:8

es. 2) FqMars, Tan mou de cortesa razo (BdT 155,23), v. 19:1. A B C Dc Fa G I K M N O P S T W b c: me relinquis [4]2. D V: me deslenclis (delenclis V) [4]3. E: me des relenquis [sostituzione imperfetta: cfr. infra] [5] (+1)4. R: me [1] (-3)

Tipologie sostitutivo-integrative4) Sostituzione perfetta. Si tratta della tipologia contaminativa più comune e nel contempo tra le maggiormente dannose ai fini della ricostruzione dei rapporti genealogici tra le testimonianze mano-scritte: il copista, che è nella condizione di poter scegliere tra due o più varianti concorrenti, opta per quella che gli pare maggiormente affidabile e trascrive solo quella a testo.

5) Sostituzione imperfetta. Il copista ha inteso sostituire una lezione del suo modello con una alternativa, ma nello svolgere tale opera-zione non ha però rimpiazzato del tutto la porzione testuale rispetto alla quale quest’ultima risulta concorrente; così facendo, egli lascia traccia di parte della lezione primaria, rendendo il testo ipermetro e spesso privo di senso:

7. Si tratta in sostanza del concetto di “doppia redazione negativa” approntato da Maurizio Perugi nella sua edizione critica delle poesie di Arnaut Daniel: Le can-zoni di Arnaut Daniel, ed. critica a c. di M. Perugi, 2 voll., Milano-Napoli, Ricciar-di, 1978, II, a p. 27; cfr. anche Barbieri, Doppie lezioni cit., a p. 13 e P. Squillacioti, Sulla contaminazione nella tradizione manoscritta trobadorica: varianti alternati-ve, doppie lezioni ed effetti sulla pratica editoriale, in La tradizione della lirica nel Medioevo romanzo. Problemi di filologia formale, Atti del Convegno Internaziona-le (Firenze-Siena, 12-14 novembre 2009), a c. di L. Leonardi, Firenze, Edizioni del Galluzzo per la Fondazione Ezio Franceschini, 2011, pp. 23-41, a p. 32.

8. Cfr. Le poesie di Folchetto di Marsiglia, ed. critica a c. di P. Squillacio-ti, Ospedaletto, Pacini, 1999; ora consultabile in forma riveduta e aggiornata nel sito Internet del Corpus des Troubadours [http://trobadors.iec.cat/autors_obres_d.asp?autor=Folquet%20de%20Marselha].

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es. 3) FqMars, Si tot me sui a tart aperceubutz (BdT 155,21), v. 40:9

1. A B I K N Q R V c α: que dis c’aurs fos tot cant el tocaria [10’]2. D G M O(1) O(2) P S Ve.Ag a10 f: que dis c’aurs fos tot so que tocaria [10’]3. U: que dis c’aurs fos tot ço cant el tocaria [11’] (+1)

Il canzoniere U, che doveva leggere originariamente ço que, rece-pisce tramite contatto orizzontale la lezione cant el, sostituendola però solo a que e non all’intero segmento testuale interessato dalla varianza: in questo modo, la sopravvivenza della particella ço in U serba traccia della sua lezione originaria e crea ipermetria.

6) Lezione mista: il copista mescida due lezioni concorrenti senza danneggiare il computo sillabico, o perché per errore innesta solo parte di una variante alternativa senza eliminare per intero la lezione primaria,11 oppure perché reputa sia questo il modo più opportuno di inserire la variante secondaria senza intaccare la regolarità metrica, oppure ancora perché ritiene così facendo di migliorare il testo. Si consideri ad esempio la lezione dei canzonieri P S U c in questo verso vidaliano:es. 4) PVid, Quant hom onratz torna en gran paubreira (BdT 364,40), v. 11:12

1. A B C D E G J L R T: e fai pechat, quar aissi∙m dezenansa2. I K M Q e f: et an gran tort, quar aissi∙m dezenansa3. P S U c: et an peccat, quar aissi∙m dezenansa

7) Sostituzione erronea: il copista sostituisce una lezione alternativa non alla sua concorrente, ma a una porzione di testo attigua non soggetta a varianza; ne deriva una nuova formulazione del detta-to, non necessariamente foriera di disordine metrico. Si consideri il comportamento di E J in questo luogo folchettiano:13

9. Cito da ibid.10. Si tratta in realtà di una lezione del canzoniere di Bernart Amoros apposta

da Piero del Nero a ca, descriptus di c.11. Questa fenomenologia è dunque simile a quella della sostituzione im-

perfetta, con la differenza però che la lezione secondaria è importata solo par-zialmente e non nella sua interezza. Nel caso la lezione secondaria costituisca l’accoglimento di una variante marginale, una situazione di questo tipo si può spiegare anche con l’apposizione in margine o nell’interlinea di una sola parte della lezione alternativa.

12. Peire Vidal, Poesie cit., II, p. 391.13. Cito da Le poesie di Folchetto cit.

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es. 5) FqMars, Per Deu, Amors, be sabetz veramen (BdT 155,16), v. 20: 1. A B Kp L M N O P S R U V Ve.Ag. c: e doncs, Amors, per que∙l fatz tan soven2. D Fa G I K f: e vos, Amors, per que∙l fatz tan soven3. E J: donc vos, Amors, per que∙l fatz tan soven

8) Dispersione delle varianti: si tratta della traccia più caratteristica dell’esistenza di modelli dotati di varianti marginali e/o interlineari a monte di canzonieri conservati: i copisti di questi ultimi (o di loro antigrafi) trascelgono di volta in volta varianti diverse, portando alla proliferazione di assetti testuali affini in assenza di cause diffrattive:es. 6) FqMars, Tan mou de corteza razo (BdT 155,23), parte iniziale del v. 22:14

1. A B C G N O a15: ben muor doncs 2. S c: ben mo don 3. I K: doncs ben muer 4. P: muer ben doncs5. V: donc si muer6. M: e muer donc7. T: e morai8. D E R: doncs morai

La casistica appena presentata non intende certo essere esau-stiva, ma credo possa risultare utile nel rappresentare le modalità più comuni con le quali si manifesta la complessa fenomenologia contaminatoria dei testi trobadorici.

La distinzione tra tipologie non sostitutive e sostitutivo-integra-tive identifica grosso modo anche una coppia di polarità che definisce l’asse lungo il quale si colloca l’atteggiamento con il quale il copista si relaziona al testo che trascrive: le forme contaminatorie non sostituti-ve si realizzano infatti quando il lavoro del trascrittore è informato dal criterio di quella che potremmo chiamare “conservazione documenta-ria”, per cui, in maniera di volta in volta diversa, il suo obiettivo pare essere quello di preservare tutte le diverse opzioni testuali attingibili nella tradizione, arrivando talvolta al punto di venire sopraffatto dal-la varia lectio come accade nel caso della doppia lezione negativa. Prevale dunque la reverenza nei confronti di testi ai quali si riconosce un alto prestigio letterario. Non si deve comunque pensare che que-sto tipo di approccio si risolva in operazioni puramente acritiche: se

14. Cito da ibid.15. Si tratta anche in questo caso di una lezione del canzoniere di Bernart

Amoros apposta da Piero del Nero a ca, descriptus di c.

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infatti anche la sola collocazione delle varianti a testo o nei margini/interlinea identifica inevitabilmente una loro gerarchizzazione impli-cita, non sempre questa è determinata per banale inerzia dal fatto che le lezioni a testo discendano dall’antigrafo principale (e/o ritenuto maggiormente affidabile) e quelle alternative da codici di collazione. Lo studio del singolo canzoniere permette infatti talora di riconoscere operazioni complesse, per cui ad esempio il copista può di volta in volta scegliere di collocare a testo la lezione che gli pare più convin-cente tra quella del suo modello e quella del manoscritto di confronto, operando così una scelta di valore senza venire nel contempo meno al proposito di tipo documentario: si pensi al caso del canzoniere c, che colloca nei margini lezioni che parrebbero derivare dal suo modello principale.16 A patto dunque di conoscere il comportamente del singo-lo trascrittore, le tipologie contaminatorie non sostitutive, nel rendere palesi i luoghi interessati dal contatto orizzontale e nella maggior par-te dei casi anche i rapporti reciproci tra i segmenti testuali implicati (in termini di conservazione/innovazione), sono quelle che risultano maggiormente razionalizzabili per l’editore critico.

Il più folto gruppo delle tipologie sostitutivo-integrative iden-tifica invece il polo dell’“innovazione migliorativa”, cioè della ten-denza del copista a utilizzare le diverse opzioni testuali concorrenti a sua disposizione per identificare (o costruire) la lettura che gli pare maggiormente convincente. In questi casi l’atto critico è dunque evi-dente, e la stessa frammentazione della tradizione invita talvolta il trascrittore a cimentarsi in operazioni di tipo propriamente restau-rativo: alcuni episodi di sostituzione erronea possono ad esempio essere in realtà la conseguenza del tentativo di migliorare il testo messo in opera da un copista in grado di attingere a due varianti alternative, mentre le lezioni miste identificano talora vere e proprie operazioni di combinatio:17

16. Cfr. Squillacioti, Sulla contaminazione cit., pp. 28-29 n. 22, ove si riman-da anche alla bibliografia pregressa. Ho formulato qualche breve osservazione in proposito in S. Resconi, Il canzoniere trobadorico U. Fonti, canone, stratigrafia linguistica, Firenze, Edizioni del Galluzzo per la Fondazione Ezio Franceschini, 2014, pp. 174-176. Sulle modalità di lavoro dei copisti in presenza di più esemplari si veda il commento di Montanari al primo presupposto del § 6 del Maas (Monta-nari, La critica del testo cit., p. 45).

17. Le canzoni di Arnaut cit., II, p. 402.

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es. 7) ArnDan, Dous, brais e critz, | lais e chantars e voutas (BEdT 29,8), v. 12:1. A D H I K L N2 R V a: lai on estai midonz don ai gran fam2. U c lai on midon stai don ai gran fam3. C Sg: vezer la bella de cui ai gran fam4. M: vezer midons de cui ai tal fam

Pur nel contesto di due formulazioni alternative, il copista di M (o di un suo antigrafo) ha individuato la corrispondenza paradigma-tica tra la bella e midonz, decidendo così di sostituire quest’ultima lezione a quella del suo modello.

Se le tipologie contaminative non sostitutive rappresentano dun-que il versante quiescente della tradizione trobadorica, quelle sosti-tutivo-integrative identificano invece quello maggiormente attivo, contribuendo alla proliferazione della varia lectio, e, più in genera-le, recependo l’implicito invito all’interventismo che una tradizione così frammentata doveva suggerire a molti trascrittori: come nota Cesare Segre, infatti, «la contaminazione fitta o multipla suggerisce un senso di relatività, invita a raggiungere, con mezzi autonomi, una almeno speciosa scorrevolezza: il copista si fa, di cercatore, creatore di varianti».18 Una contaminazione endemica, dunque, che può esse-re essa stessa annoverata tra le cause psicologiche dell’alto tasso di opposizioni in adiaforia che caratterizza la tradizione trobadorica.

Finora ho considerato queste tipologie contaminative solo in re-lazione alle varianti microtestuali; esse possono però risultare funzio-nali anche per descrivere forme del contatto orizzontale riguardanti segmenti macro o addirittura paratestuali. La copresenza di versi o coblas alternativi altro non è in fondo se non una declinazione del modello teorico della doppia lezione operato su scala più vasta, così come anche la doppie o triple paternità indicate per un medesimo componimento nella tavola antica di C; non mancano al contrario casi in cui l’assenza di rubrica attributiva in una tradizione così at-tenta all’autorialità come quella trobadorica sia spiegabile in termini di doppia lezione negativa dovuta alla presenza di opzioni ascrittive contrastanti nei modelli ai quali il copista poteva attingere.19

18. Segre, Appunti cit., p. 72.19. Per quest’ordine di problemi cfr. anche C. Pulsoni, Repertorio delle attri-

buzioni discordanti nella lirica trobadorica, Modena, Mucchi, 2001, pp. 14-16.

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Come già ricordato, inoltre, la casistica appena presentata è pu-ramente teorica, e prescinde ad esempio da una serie di dati fattuali rilevabili in singoli episodi specifici che, pur nel contesto delle singole fenomenologie che abbiamo descritto, possono individuare sottocate-gorie differenziate dal punto di vista della percezione del valore attri-buito dal copista alle singole lezioni, nonché delle modalità pratiche con le quali si è verificato il contatto contaminativo. Si consideri il seguente esempio che traggo dalla disamina delle contaminazioni pre-senti nella tradizione dei testi danielini esperita da Maurizio Perugi:20

es. 8) ArnDan, Anc eu no l’aic, mais ela m’a (BEdT 29,2, vv. 52-53):1. A D E L N c: si fatz soven, | temen2. I: si fatz soven, | mentem3. K: si fatz soven | <te>men ten

K si discosta dalla lezione che condivideva originariamente con il suo gemello I per adottare quella propria del resto della tradizione veneta intervenendo direttamente con una correzione sulla lettura originaria. Dal punto di vista teorico, questo episodio risulta per-fettamente inquadrabile nella tipologia contaminativa doppia lezio-ne: in K troviamo infatti la copresenza di due varianti, delle quali una è stata inserita a testo tramite contatto orizzontale. Si potrebbe però definire ancora meglio questo fenomeno come “doppia lezione correttoria”, dal momento che l’inserzione della variante seconda-ria avviene attraverso un’operazione di revisione: ciò, se da un lato suggerisce che tale intervento non sia contestuale alla prima trascri-zione del testo, ma piuttosto frutto di un controllo con codice di col-lazione avvenuto in un momento successivo, dall’altro lascia anche intendere che il copista (o il revisore) abbia ritenuto maggiormente fededegna la lezione secondaria.

Come avremo modo di ribadire anche nelle prossime pagine, considerazioni di questi tipo – pur decisamente rilevanti ai fini dello studio ecdotico dei singoli testi – risultano irrinunciabili nell’ambito della cosiddetta “filologia dei canzonieri”: la possibilità di sistema-tizzare le fenomenologie contaminatorie interne alla singola raccolta in relazione alla loro provenienza stemmatica contribuisce infatti in maniera chiaramente decisiva a illustrare le modalità e le finalità

20. Le canzoni di Arnaut cit., II, p. 773.

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pratiche che hanno informato il lavoro degli allestitori sui modelli che avevano a loro disposizione.

Finora abbiamo trattato della contaminazione come se la sua presenza e le sue implicazioni testuali risultassero sempre immedia-tamente individuabili da parte dell’editore critico; in realtà, esiste sempre il rischio di interpretare come conseguenza di contatti oriz-zontali alcune coincidenze fortuite dovute all’attività di una tradi-zione che si compiace della variazione formale – una variazione gio-cata però in molti casi sulla ricorrenza di un numero relativamente ridotto di opzioni stilematiche alternative –, oppure alla presenza as-solutamente verosimile di “varianti di memoria”.21 Ragionando sulle tipologie contaminative descritte nelle pagine precedenti è possibile individuare quattro contingenze fondamentali che possono permet-tere all’editore di invocare con buoni margini di certezza la presenza effettiva di contaminazione:

1. Classificatio problematica. Si tratta naturalmente della con-seguenza principale della sostituzione perfetta: può portare a tre condizioni diverse a seconda delle tipologie di lezioni che vengono veicolate, nonché della precocità o seriorità con la quale avviene il contatto contaminativo nella storia della tradizione:a) Non è possibile rappresentare proficuamente i rapporti tra i testi-

moni in forma stemmatica: ciò avviene abitualmente quando la contaminazione si realizza in maniera endemica già ai piani più alti della trasmissione o è addirittura pretradizionale.22 Qualora invece contatti orizzontali interessino solo alcuni degli snodi più antichi dell’arbre réel si avrà, come noto, una riduzione dei rami dello stemma e dunque, di norma, una bifidità apparente.23

21. Cfr. G. Contini, La critica testuale come studio di strutture (1971), in Breviario di ecdotica, Torino, Einaudi, 1992, pp. 135-148, alle pp. 146-147; Id., Filologia (1977), a c. di L. Leonardi, Bologna, il Mulino, 2014, alle pp. 37-38; C. Segre, Dalla memoria al codice (1993), in Id., Ecdotica e comparatistica cit., pp. 3-9, alle pp. 6-7; M. L. Meneghetti, Il pubblico dei trovatori. La ricezione della poesia cortese fino al XIV secolo, Torino, Einaudi, 1992, a p. 30.

22. Sulla contaminazione pretradizionale cfr. in particolare G. Pasquali, Storia della tradizione e critica del testo (1952), Firenze, Le Lettere, 1988, p. 146 ss.

23. Su questo punto, cfr. in particolare S. Timpanaro, La genesi del metodo del Lachmann, Torino, UTET, 2003, pp. 149-151.

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b) I dati stemmatici contraddittori non permettono di disporre alcuni testimoni nella tradizione, oppure non ne consentono la collocazio-ne a meno di postulare il contatto orizzontale; in questo caso la con-taminazione è localizzata e riguarda i piani medio-bassi.

c) Le lezioni adiafore si dispongono nello stemma in maniera irra-zionale, per cui, ad esempio, un ramo si accorda ripetutamente24 in lezione equipollente con un subarchetipo che si colloca ai piani bassi di un ramo collaterale.

I casi a) e b) si verificano quando il contatto orizzontale veicola anche errori25 – che dunque fanno sì che l’editore individui espres-sioni stemmatiche indicative di parentele incompatibili con quanto emerge dall’analisi di altri luoghi del componimento – e/o, al con-trario, il testo originale – che corregge così errori propri di un testi-mone o di un comparto della tradizione, camuffando i dati utili alla sua collocazione nello stemma –.26 Il caso c) avviene invece quando la contaminazione veicola varianti adiafore.

2. Si rilevano dispersioni di varianti. In casi di questo tipo risul-ta infatti più economico pensare alla presenza di un collettore, piut-tosto che a un’iper-attività poligenetica nello stesso luogo testuale – che, come già ricordato, non dev’essere diffrattivo –. Un ragio-

24. La ripetitività dell’accordo permette di ridurre le possibilità che si tratti di coincidenze casuali dovute a poligenesi.

25. A maggior ragione in una tradizione manoscritta “proto-filologica” come quella trobadorica, non è infatti escludibile che anche alcuni veri e propri errori siano stati veicolati tramite contaminazione: come ricorda Giorgio Pasquali, «va-rianti buone o cattive, anche errori che a noi parrebbero evidenti, penetrano spesso nei manoscritti per collazione. Solo le lacune sono, almeno di regola, trasmesse direttamente» (Pasquali, Storia della tradizione cit., p. xVii; cfr. poi le pp. 140-141). Cfr. inoltre Timpanaro, La genesi cit., p. 151 n. 44, e Segre, Appunti cit., p. 71: «le contaminazioni tali da apportare a un testo base soltanto lezioni corrette o ritenute tali sono rarissime nel medioevo».

26. Se una contaminazione di questo tipo è condotta con oculatezza risulta molto pericolosa, perché, ove non vi siano per l’editore motivi di sospetto, può portare a una sopravvalutazione della testimonianza: nell’ambito della tradizione lirica romanza medievale mi pare che l’esempio più significativo di questa situazio-ne possa essere quello del canzoniere francese O, riguardo al quale cfr. L. Barbieri, Contaminazioni, stratificazioni e ricerca dell’originale nella tradizione manoscrit-ta dei trovieri, in La tradizione della lirica cit., pp. 179-240, alle pp. 209-218 e Le liriche di Hugues de Berzé, ed. critica a c. di L. Barbieri, con una premessa di A. Menichetti, Milano, CUSL, 2001, pp. 37-39.

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namento affine fondato sul principio di economicità può permettere all’editore di invocare ragionevolmente un’eziologia contaminativa anche per i casi di lezione mista e sostituzione erronea.

3. La contaminazione – pur veicolando magari una lezione in sé non erronea – è essa stessa la causa di un errore o di una lettura senza dubbio deteriore. È questo il caso delle tipologie contaminative che comportano alterazione del computo metrico (doppia lezione, sosti-tuzione imperfetta; con maggiore prudenza anche la doppia lezione negativa), ma pure di varianti recuperate tramite contatto orizzontale che risultino incongrue nel nuovo contesto semantico, grammaticale o sintattico in cui vengono inserite (cfr. infra l’es. 10).

4. Il contatto contaminatorio risulta palese per circostanze di tipo materiale: è ad esempio il caso delle lezioni alternative riportate a margine o in interlinea (ove naturalmente queste non rappresentino congetture di copista).

Dunque, come qualsiasi altra contingenza nel metodo lach-manniano, anche l’esistenza della contaminazione necessita di una dimostrazione.27 Questo punto è fondamentale, perché ipotizzare l’esistenza di un contatto orizzontale in realtà inesistente può na-turalmente comportare l’erronea valutazione del peso da attribuire ad accordi in adiaforia tra i testimoni.28 Complementarmente, come avremo modo di constatare anche nelle prossime pagine, il ricono-scimento di contatti contaminativi può mettere in guardia l’editore

27. «Tutto, dunque, anche in questo campo va dimostrato, e possibilmente spie-gato, con una recensio rigorosa, fermo restando, appunto, che – per qualsiasi opera – la storia della tradizione costituisce sempre un settore primario e determinante nella storia culturale e che, qualunque ne sia l’esito, solo una simile esplorazione darà i fondamenti indispensabili alle scelte operative dell’editore. Se non altro, insomma, conoscere le vie e i luoghi le ragioni, i modi e i tempi della contaminazione significa mettersi nelle migliori condizioni possibili per il vaglio critico del testo tràdito» (A. Balduino, Manuale di Filologia italiana [1979], Milano, Sansoni, 1999, p. 331).

28. Da questo punto di vista, mi pare metodologicamente esemplare lo studio che Riccardo Viel ha recentemente dedicato alla presenza di tracce della tradizione veneta nella sezione bornelliana del canzoniere C, recepite attraverso collazione: l’esistenza del contatto contaminativo, prima di venire utilizzata per giustificare l’accordo di C con gli esponenti della fonte avalliana β in adiaforia, è infatti qui sempre dimostrata attraverso il previo riconoscimento di lezioni erronee (cfr. R. Viel, Convergenze di tradizioni: per un’analisi della fonte orientale nel canzoniere C, in «Carte Romanze», 2 [2014], pp. 259-289 e 405-419).

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Sulla contaminazione in ambito trobadorico 213

rispetto ad alcune distorsioni della tradizione che potrebbero altri-menti portarlo ad istituire rapporti in realtà inesistenti tra i latori.

È opinione largamente condivisa che buona parte delle patolo-gie di natura contaminativa che caratterizzano i testi trobadorici sia dovuta alla presenza di manoscritti provvisti di varianti marginali anche ai piani medio-bassi della tradizione. Ciò è indubbiamente vero per la dispersione di varianti e per le doppie lezioni: la feno-menologia del primo caso è infatti giustificabile solo postulando l’esistenza di antigrafi provvisti di lezioni alternative, così come quella del secondo, che si spiega con un errore del copista che «prende per inserzione o integrazione un elemento che dovrebbe essere sostitutivo o alternativo»29 già contemplato nel suo modello. La presenza di varianti marginali mi sembra inoltre presumibile anche per buona parte delle altre tipologie contaminative che ab-biamo visto, e soprattutto per quelle che alterano il computo metri-co: mentre la possibilità di confrontare direttamente due testimoni permette infatti al copista di individuare con precisione i termini dell’alternatività tra le lezioni concorrenti, qualora egli si trovi in-vece di fronte a una semplice variante marginale o interlineare – priva dunque del suo contesto – può non poterne percepire con chiarezza il rapporto con il testo-base, integrandola così in maniera incongrua nella sua trascrizione.30

Una volta dimostrata la presenza di contaminazione, per l’edito-re risulta fortemente auspicabile riuscire a individuarne il verso: ciò permette infatti di neutralizzarne almeno in parte gli effetti dal punto di vista della classificatio codicum, e in alcuni casi può suggerire di considerare con prudenza il valore di alcune espressioni stemmati-che almeno all’apparenza solide. È di norma possibile riconoscere il verso del contatto orizzontale in questi casi:

29. F. Brambilla Ageno, L’edizione critica dei testi volgari, Padova, Antenore, 19842, pp. 173-174.

30. Nota inoltre Squillacioti, Sulla contaminazione cit., p. 30, che abitualmen-te «le varianti alternative e le doppie lezioni sono accompagnate da altre varianti alternative e altre doppie lezioni in altri punti del testo e/o in altri manoscritti. La circostanza a mio avviso riduce la possibilità che si tratti di incroci casuali». Cfr. inoltre Barbieri, Doppie lezioni cit., p. 24: «La presenza di varianti interlineari nei codici doveva essere ben più diffusa di quanto possa apparire ora dall’esiguo mate-riale sopravvissuto all’usura del tempo».

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1. La contaminazione, avvenuta tramite sostituzione perfetta, veicola lezioni erronee, deteriori o perlomeno caratteristiche delle quali sia possibile individuare il punto di origine. Il riconoscimento del luogo di irradiazione della variante non è naturalmente opera-zione semplice, e si realizza di norma quando il contatto orizzontale perturba espressioni stemmatiche di comprovata solidità nella recen-sio in esame,31 oppure si colloca ai piani bassi della trasmissione.

2. Il verso del contatto orizzontale è individuabile con buoni margini di sicurezza nel caso delle tipologie contaminative che por-tano alla formazione di una lezione composita: sostituzione imper-fetta, lezione mista e sostituzione erronea. Applicando a questo tipo di situazioni il secondo dei tre “rimedi” avalliani contro la contami-nazione, è infatti presumibile che, delle due componenti compresen-ti nella lezione composita, quella veicolata tramite contatto orizzon-tale sia quella semanticamente e/o metricamente preponderante.32 Consideriamo il seguente esempio:33 es. 9) AimPeg, Ses mon apleg no vauc ni ses ma lima (BEdT 10,47), v. 24:1. A C D I K N Q R: car de l’ardor que m’art ella non crema [4+6’]2. P: qar la dolor qe m’ard ella non crema [4+6’]3. U c: qar de la dolor qi mord ella non trema [5+6’] (+1)

In U c rileviamo una sostituzione imperfetta che ha creato una lezione composita de la dolor nella quale la porzione testuale pre-valente è quella attestata in P (la dolor): il verso della contamina-zione muoverà dunque presumibilmente da un antigrafo di questo canzoniere. L’ipotesi risulta qui rafforzata dal fatto che la lezione di P, facendo venir meno il gioco etimologico ardor-ard garantito dalla riproposizione parallelistica di questa medesima figura retori-

31. Da questo punto di vista, risulta di nuovo metodologicamente esemplare lo studio di Viel, Convergenze di tradizioni cit.: nei casi qui presi in esame il verso β → C del contatto orizzontale (e non la pur plausibile ipotesi opposta) è infatti comprovato dal distacco di quest’ultimo manoscritto dal suo affine R nei luoghi soggetti a contaminazione che veicola lezioni erronee.

32. Cfr. D’A. S. Avalle, Di alcuni rimedi contro la “contaminazione”. Saggio di applicazione alla tradizione manoscritta di Rigaut de Berbezilh (1961), in Id., La doppia verità cit., pp. 35-51, a p. 46, e poi Id., Principi di critica testuale, Padova, Antenore, 1972, a p. 81.

33. Cito da The Poems of Aimeric de Peguilhan, ed. and trans. with intr. and commentary by W. P. Shepard and F. M. Chambers, Evanston, Northwestern Uni-versity Press, 1950, pp. 222-223.

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ca anche nei versi immediatamente precedenti, risulta chiaramente deteriore rispetto alla concorrente tràdita dai testimoni elencati al punto 1: ci si aspetta dunque che sia essa a fungere da elemento in-novativo. Questo episodio è piuttosto fortunato, dal momento che, veicolando una lezione deteriore che ha un’origine fortemente loca-lizzata, permette di individuare chiaramente il luogo di irradiazione del contatto orizzontale. Per quanto riguarda l’es. 4, invece, risulta certamente più probabile che P S U c abbiano sostituito il bisillabi-co peccat a un originario gran tort, piuttosto che un monosillabico an a fai; riconosciuto dunque che il contatto veicola verso P S U c una variante attestata da I K M Q e f, non è però stavolta possibile essere più precisi riguardo all’esatto snodo di irradiazione (salvo naturalmente che il testo non presenti ulteriori luoghi utili in questo senso). Il ragionamento sull’innovatività risulta dirimente nei casi di sostituzione erronea: nell’es. 5 risulta plausibile che l’elemento importato da E J sia donc, dal momento che si tratta della particella che introduce innovazione eliminando la congiunzione e garantita dal resto della tradizione; anche qui valgano però gli stessi dubbi relativi all’esatto luogo di irraggiamento del contatto appena for-mulati per l’es. 4.

3. La contaminazione veicola lezioni adiafore che nel nuo-vo contesto assumono tratti di deteriorità. Si consideri il seguente esempio che traggo dall’analisi che Fabio Zinelli ha riservato a una poesia di Uc de Saint Circ:34

es. 10) UcSt-Circ, Anc mais non vi temps di sazo (BEdT 457,4, vv. 7-8):1. A I K N2: e sui tornatz lai on devia, | on trob franquesa et honor2. D: e sui torna sai on devria, | on trop franquesa et honor3. Prazo: et soi tornat sa ou deuria | hom trobar franquesa et honor

Come nota acutamente lo studioso, la contaminazione muove certamente verso D da un antigrafo del testo lirico in parte trascrit-to nella razo di P, dal momento che il condizionale deuria, assolu-tamente pertinente nella costruzione sintattica di P, risulta invece incongruo nella struttura che il canzoniere estense condivide con il resto della tradizione veneta. Questo dato, significativo a livello

34. Cfr. F. Zinelli, Le canzoni di Uc de Saint-Circ. Saggio di edizione critica, Tesi di Dottorato discussa nell’anno accademico 1996-1997 presso l’Università de-gli Studi di Perugia (Direttore della Tesi: Maurizio Perugi), p. 340.

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ecdotico, mi pare non indifferente anche dal punto di vista più gene-ricamente storico-culturale: siamo infatti di fronte a una prova og-gettiva del fatto che il materiale lirico riportato all’interno di questa razo facente parte del peculiare corpus di testi biografici trascritti in P circolava in Veneto già prima dell’allestimento di D – o del suo modello –, e dunque certamente avanti la metà del XIII secolo.35 È dunque questo uno di quei casi in cui lo studio della tradizione del testo offre indicazioni utili anche alla storia della cultura.

4. In presenza di doppie lezioni o varianti marginali/interlineari il verso dei contatti contaminativi è di norma riconoscibile studian-do in maniera integrata la disposizione delle varianti nella pagina, le modalità con le quali l’allestitore ha lavorato sui materiali a sua disposizione, la natura delle lezioni implicate in relazione a quelle rappresentate nel resto della tradizione manoscritta e alla fonte prin-cipale dalla quale il copista dimostra di attingere.

È chiaro che, una volta riconosciuto il verso della contamina-zione, sarà poi possibile spiegare con il medesimo contatto anche le altre eventuali espressioni stemmatiche affini riscontrabili nel com-ponimento, talvolta portando alla riconsiderazione della fisionomia di alcuni settori della tradizione. Torniamo a considerare l’es. 9: da un punto di vista probabilistico, è davvero difficile pensare che i co-pisti di U e c abbiano, indipendentemente l’uno dall’altro, non solo contaminato in questo medesimo punto, ma anche compiuto la stessa svista nel sostituire una lezione all’altra. È verosimile insomma che l’eziologia di questo errore sia monogenetica, arrivando all’apparen-te paradosso per cui un fenomeno deleterio per la prassi editoriale come la contaminazione può produrre errori utili alla classificazio-

35. Il dato pare fare sistema con quanto ipotizzato a proposito del corpus biografico di P da M. L. Meneghetti, Uc e gli altri. Sulla paternità delle biografie trobadoriche, in Il racconto nel Medioevo romanzo, Atti del Convegno (Bologna, 23-24 ottobre 2000) (= «Quaderni di Filologia Romanza», 15 [2001]), pp. 147-162 ed Ead., Lancelot, Guenièvre e Rigaut de Berbezilh (per la fonte della razo di PC 421,2), in Convergences médiévales. Épopée, lyrique, roman. Mélanges offerts à Madeleine Tyssens, éd. par N. Henrard, P. Moreno et M. Thiry-Stassin, Bruxelles, De Boeck, 2001, pp. 339-347, alle pp. 346-347. Sul valore da attribuire alla data 1254 indicata nella tavola di D cfr. in ultimo F. Zinelli, Il canzoniere estense e la tradizione veneta della poesia trobadorica: prospettive vecchie e nuove, in «Medio-evo Romanzo», 34 (2005), 1, pp. 82-130, alle pp. 83-86, ove sono richiamate anche le diverse posizioni assunte dagli studiosi in merito.

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ne dei codici. Inoltre, Shepard e Chambers, editori critici di questo componimento, ritengono i tre canzonieri P U c imparentati:36 l’aver verificato però in maniera tangibile la presenza di un contatto oriz-zontale tra P e l’antigrafo di U c nel luogo che abbiamo visto può insinuare nell’editore il sospetto che anche gli altri luoghi del testo in cui U c si accordano con P possano essere frutto del medesimo contatto contaminativo, così che l’esistenza di un antigrafo comune a questi tre manoscritti potrebbe rivelarsi un effetto ottico indotto da una tradizione perturbata.37

Un’altra evenienza alla quale potrà essere opportuno dedicare qualche riflessione è quella della contaminazione extra-stemmati-ca.38 È chiaro che, a maggior ragione nell’ambito della tradizione di cui ci stiamo occupando, la sua eventuale presenza ai piani più alti della trasmissione risulterebbe sostanzialmente irriconoscibile agli occhi dell’editore, che non potrà fare altro se non subirne inconsa-pevomente gli effetti perturbativi.39

Presentano invece maggiori implicazioni operative quei casi in cui si rilevano in manoscritti o subarchetipi collocati ai piani bassi dello stemma lezioni superiori rispetto a quelle tràdite dagli altri testi-moni nel medesimo locus: grava così sull’editore la responsabilità di scegliere se interpretare queste occorrenze alla stregua di innovazioni introdotte da copisti particolarmente capaci, oppure quali lezioni ori-ginali veicolate da collazione con una fonte extra-stemmatica.

In termini generali, la possibilità che varianti di questo tipo sia-no frutto di collazione con una fonte extra-stemmatica piuttosto che

36. Cfr. The Poems of Aimeric cit., p. 225.37. Discuto in maniera più ampia questo episodio in Resconi, Il canzoniere

cit., pp. 86-87.38. Cfr. in partic. Timpanaro, La genesi cit., pp. 152-158.39. Qualora consenta a un iparchetipo di sanare gli errori d’archetipo essa

rientra infatti tra le possibili cause del bifidismo prevalente (e in questo caso, dun-que, apparente) delle tradizioni manoscritte: cfr. S. Timpanaro, Ancora su stemmi bipartiti e contaminazione, in «Maia», 17 (1965), pp. 392-399, e poi Id., La genesi cit., pp. 153-154. Di parere opposto è M. D. Reeve, Stemmatic Method: «qualco-sa non funziona»? (1986), in Id., Manuscripts and Methods. Essays on Editing and Transmission, Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 2011, pp. 27-44, alle pp. 39-42; intervento sul quale cfr. W. Lapini, Contaminazione e codices descripti, in «Giornale Italiano di Filologia», 46 (1994), pp. 103-132.

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di innovazione propria di singoli manoscritti o subarchetipi risulta maggiormente plausibile in questi tre casi, che dispongo in ordine decrescente di probabilità:

1) La contaminazione, che veicola dunque una lezione non atte-stata nel resto del corpus testimoniale, risulta palese (ad esempio per-ché si tratta di varianti alternative presenti nei margini o nell’interlineo, oppure di quelle tipologie che creano dissesto testuale evidente: doppia lezione, sostituzione imperfetta, ecc.); tale principio vale naturalmente a prescindere dalla qualità della variante.40 Da questo punto di vista, possono risultare esemplificative quelle doppie lezioni di D che, non derivando dalle due altre fonti usufruite dal copista (l’avalliano ε e un affine di Q), paiono risalire a fasi della trasmissione antecedenti alla formazione dell’editio variorum veneta che solo eccezionalmente la-sciano traccia anche in B oltre che nel canzoniere estense.41

2) La lezione implicata sana in maniera convincente un errore d’archetipo. Si consideri questo esempio:42

es. 11) PVid, Bon’aventura don Dieus al Pizas (BdT 364,14), v. 21:1. A B C D I K N Q c: lo regisme de Palerm’e de Frisa43

2. R: lo regisme de Palerm’e de Riza

R, che in questo luogo si separa significativamente dal suo affine C, è qui l’unico testimone a riportare la lezione in grado di correg-gere la concorrente Frisa, che si configura come una riproposizione del rimante già esposto al v. 13, introdotta a livello dell’archetipo da un copista che non doveva conoscere l’evento storico al quale fa riferimento l’autore: Avalle postula giustamente che il canzoniere

40. Naturalmente, non è a priori escludibile che un copista annoti nel margine o nell’interlinea una sua congettura o innovazione; è lecito però, se non escludere, almeno ridimensionare di molto la plausibilità di questa ipotesi qualora alle lec-tiones singulares alternative si affianchino più spesso in altri luoghi dei margini o dell’interlineo lezioni attestate nel resto della tradizione, spie dunque di un’organi-ca operazione di collazione.

41. Sulle quali cfr. Barbieri, Doppie lezioni cit., pp. 19-24, G. Lachin, Introdu-zione. Il primo canzoniere, in I trovatori nel Veneto e a Venezia, Atti del Convegno Internazionale (Venezia, 28-31 ottobre 2004), a c. di G. Lachin, pres. di F. Zambon, Roma-Padova, Antenore, 2008, pp. xiii-cV, e Zinelli, Il canzoniere estense cit., alle pp. 106-108 e 115 ss.

42. Peire Vidal, Poesie cit., II, p. 173.43. Cfr. il v. 13: «per qu’ieu no vuelh esser senher de Friza».

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d’Urfé abbia mutuato la lezione dalla sua fonte secondaria ω, della quale – per questo componimento – non ci restano testimonianze organiche, ma solo lezioni accolte per tramite contaminativo in R.44

3) La lezione implicata è certamente difficilior, e dunque in grado di spiegare le concorrenti in termini di banalizzazione o di diffrazione.45

La presenza di contaminazione extra-stemmatica risulta invece solo ipotizzabile quando non siano coinvolte lezioni necessariamente originali, ma bensì varianti adiafore o addirittura deteriori rispetto alle concorrenti: il caso tipico è quello di testimoni particolarmente ricchi di lectiones singulares. In situazioni di questo tipo non ci sono moti-vi dirimenti per attribuire la contingenza alla contaminazione extra-stemmatica piuttosto che a una più incisiva attività della tradizione; salvo però che lo studio del singolo testimone non suggerisca altro. È ad esempio più probabile che una significativa presenza di lectiones singulares sia dovuta ad apporti contaminativi extra-stemmatici qua-lora tenda a concentrarsi in settori localizzati di un singolo canzoniere, a maggior ragione se tale fenomenologia si accompagna ad episodi inquadrabili nella casistica appena presentata.

Operazione ancora più complessa è quella di riconoscere il gene-rico ambito di provenienza delle lezioni che si ritengono veicolate da contaminazione extra-stemmatica rispetto alla tradizione conservata: mentre si può essere certi che lezioni che sanano errori d’archetipo de-rivino necessariamente da una tradizione esterna o più antica rispetto a quella nota in forma diretta, lezioni difficiliores nelle quali è presu-mibile riconoscere l’originale potrebbero invece derivare anche da un ramo maggiormente conservativo del quale non serbiamo più testimo-ni completi, ma comunque discendente dal medesimo archetipo.

Nell’ambito della tradizione manoscritta trobadorica questa serie di problematiche mi sembra ben descritta dalle caratteristiche assunte dall’azione della fonte avalliana ω sui canzonieri C R: quando essa è utilizzata come apporto di collazione se ne intravede infatti l’estra-neità rispetto all’archetipo nella capacità di sanare errori propri del

44. Cfr. Peire Vidal, Poesie cit., II, p. 167.45. Cfr. ad esempio l’ipotesi di Zinelli, Le canzoni di Uc cit., p. 185 ss., rela-

tiva ad alcune lezioni proprie di P U a nell’ambito di BEdT 457,40, UcSt-Circ, Tres enemics e dos mals seignors ai.

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restante corpus testimoniale, alla quale si accompagna però l’irradia-zione contestuale di lectiones singulares di qualità ineguale.46

Le fenomenologie contaminative rendono inoltre ulteriormente difficile per il filologo riconoscere la presenza di eventuali tracce di redazioni d’autore plurime nella tradizione manoscritta. È ben noto il principio continiano secondo il quale «quando la recensione del-la tradizione manoscritta mette in luce solo opposizioni di varianti adiafore, sono da riconoscere più redazioni (di autore o no), che de-vono formare oggetto di altrettante edizioni».47 Pur senza poter di-scutere qui dell’applicabilità di questa istanza di metodo in rapporto alle peculiarità della tradizione e dei testi trobadorici,48 non è certo inverosimile che alcune delle fitte opposizioni in equipollenza che contraddistinguono un buon numero di componimenti lirici proven-zali possano talvolta serbare traccia di redazioni omoautoriali pluri-me, anche a prescindere dalla presenza o meno di errori. Ipotizziamo il caso di una poesia che sia stata modificata dall’autore in vista della sua rappresentazione in un contesto differente da quello primitivo. Se immaginiamo che da ciascuno dei due ambiti performativi si sia sviluppato un ramo della tradizione, e che in entrambi i casi sia stato introdotto un errore in fasi precoci della trasmissione, risulta chia-ro che, agli occhi dell’editore moderno, la presenza di due versioni d’autore (a maggior ragione se non eccessivamente dissimili l’una

46. Sulla fonte ω cfr. in particolare l’Introduzione di D’Arco Silvio Avalle alla sua edizione di Peire Vidal (cit.), in particolare alle pp. lxV-lxViii; nella medesima edizione si considerino poi le discussioni testuali relative a BdT 364,14 (Bon’aven-tura don Deus als Pizans), 364,18 (Drogoman seigner, s’agues bon destrier), 364,29 (Mout m’es bon e bel) e 364,30 (Neus ni gels ni ploja ni faing). Cfr. inoltre Avalle, I manoscritti cit., a p. 90 (oltre alla posizione di ω nella rappresentazione grafica del canone trobadorico, a p. 102), e, per un’approfondita disamina delle mo-dalità di utilizzo di questa fonte da parte di C nella sua sezione dedicata a PAlv, G. Barachini, La tradizione di Peire d’Alvernhe e altri appunti, in «Carte Romanze», 2 (2014), 1, pp. 291-323 e 405-419, in part. alle pp. 303-308.

47. Contini, Filologia cit., a p. 12. 48. L’edizione critica di testi trobadorici che ha massimamente riflettuto su

questa istanza di metodo (e sui suoi riflessi operativi) è con tutta probabilità quella, già citata, delle poesie di Folchetto di Marsiglia curata da P. Squillacioti; cfr. poi a tal proposito F. Zinelli, À propos d’une édition récente de Folquet de Marseille: réflexions sur l’art d’éditer les troubadours, in «Romania», 121 (2003), pp. 501-526, in part. p. 516 ss.

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Sulla contaminazione in ambito trobadorico 221

dall’altra) non risulterà in nulla distinguibile da un banale caso di tradizione bifida in dipendenza da originale unico:

In ambito trobadorico, dunque, potrebbe a rigore darsi l’esisten-za di redazioni omoautoriali plurime in presenza di errori propri a ciascuno dei settori della tradizione che le trasmettono.49

Per la natura stessa dei testi lirici nella maggior parte dei casi in cui un autore sia tornato su un suo componimento lo avrà vero-similmente fatto operando delle sostituzioni puntuali su materiale lessematico (e dunque contribuendo alla proliferazione dell’adiafo-ria piuttosto che ingenerando modifiche strutturali macroscopiche). La presenza particolarmente massiccia di lezioni equipollenti nella trasmissione di un singolo componimento potrebbe dunque effetti-vamente spiegarsi anche con possibili varianti d’autore; vista però l’attività caratteristica di queste tradizioni manoscritte risulta co-munque sempre rischioso fondare un’ipotesi così onerosa su criteri di tipo statistico.

In questa complessa situazione vi sono comunque alcuni indizi in grado di sostanziare ulteriormente l’ipotesi dell’esistenza di più fasi redazionali d’autore. Qualora la disposizione delle adiafore e le dinamiche di presenza/assenza di tali indicatori nella trasmissio-ne siano sovrapponibili alle famiglie individuate dagli errori, risulta

49. Ma su questo punto cfr. G. Orlandi, Pluralità di redazioni e testo critico (1994), in Id., Scritti di Filologia Mediolatina raccolti da P. Chiesa, A. M. Fagnoni, R. E. Guglielmetti e G. P. Maggioni, Firenze, SISMEL - Edizioni del Galluzzo, 2008, pp. 27-61, alle pp. 30-31.

Stefano Resconi222

perlomeno plausibile che anche le lezioni equipollenti che di volta in volta accompagnano le singole redazioni siano anch’esse state con-cepite dall’autore nei diversi contesti compositivi:50 1) Presenza di più tornadas – cioè dell’elemento attestante l’occasionalità del mo-mento performativo – tràdite ciascuna da famiglie diverse.51 2) Nei latori si rilevano opzioni differenti – comunque organiche e non ba-nalizzanti – relative a elementi strutturali del testo, come lo schema metrico-rimico e il sistema dei rimanti.52 3) Si registra la presenza in testimoni diversi di porzioni testuali chiaramente concorrenti: il caso più tipico è quello delle coblas alternative.53 4) I latori presenta-no vistose discrepanze nella lezione di segmenti testuali estesi.54

In tutti questi casi starà comunque all’editore l’onere di dimo-strare la plausibile autorialità di interventi che non devono essere con-fondibili con quelli spesso messi in opera dai copisti – di norma però non in maniera organica in tutto il testo – per rendere quanto più pos-sibile conforme a uno “standard” il componimento che trascrivono: tendenza a riportare il testo all’isometria, a semplificare lo schema delle rime, a eliminare i versi brevi, e così via. Allo stesso modo, si

50. Ho scritto «perlomeno plausibile» perché non si può naturalmente mai escludere del tutto l’ipotesi che tali lezioni equipollenti possano essere state intro-dotte – almeno in parte – dagli iparchetipi dai quali traggono origine le famiglie latrici delle diverse redazioni d’autore.

51. Anche in questo caso – come sempre in ambito neo-lachmanniano – il principio non può comunque essere applicato in maniera meccanica, e l’ipotesi deve essere supportata dalla valutazione puntuale del testo: è istruttivo a tal pro-posito confrontare gli opposti pareri di Avalle, I manoscritti cit., pp. 45-46 e L. Lazzerini, Un caso esemplare: Marcabru, IV, Al prim comens de l’ivernaill, in «Medioevo Romanzo», 17 (1992), pp. 7-42 a proposito della possibile esistenza di una doppia redazione omoautoriale di BdT 293,4.

52. Si consideri ad esempio il caso di BdT 392,2 (RbVaq, Ara∙m requier sa co-stum’e son us) studiato da F. Saviotti, Nella tradizione di Raimbaut de Vaqueiras: un caso di varianti d’autore? in La lirica romanza del Medioevo. Storia, tradizioni, inter-pretazioni, a c. di F. Brugnolo e F. Gambino, Padova, Unipress, 2009, I, pp. 217-239.

53. La presenza di due coblas alternative nella tradizione di BdT 29,8 (ArnDan, Dous, brais e critz) viene ad esempio inserita in una complessa stratificazione di reda-zioni omo ed eteroautoriali da M. Perugi, Variantes de tradition et variantes d’auteur dans la chanson XII (BdT 29,8) d’Arnaut Daniel, in La poésie de langue d’oc des troubadours à Mistral, Actes du colloque (17-19 décembre 1998), textes présentés et éd. par S. Thiolier-Méjean (= «La France latine», 129 [1999], pp. 115-150).

54. Cfr. Meneghetti, Il pubblico cit., p. 33.

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Sulla contaminazione in ambito trobadorico 223

attribuiranno naturalmente a rifacitori varianti testuali di ampio re-spiro (interi giri di versi o coblas) che presentino tratti banalizzanti o propriamente deteriori (ad esempio mot tornat). È infine naturalmente sconsigliabile ipotizzare l’esistenza di varianti d’autore in presenza di errore d’archetipo,55 anche se non è a rigore escludibile che esse possano essere state almeno in parte incorporate da un copista tramite contaminazione extra-stemmatica o mnemonica.

La contaminazione contribuisce a rendere ancora più comples-so il tentativo di individuare il profilo esatto delle singole redazioni autoriali, sia perché frammischia le lezioni adiafore rendendo spesso impossibile riconoscerne il luogo di irradiazione, sia perché veicola gli elementi indiziali che, in quanto macroscopici, tendono ad attira-re l’attenzione di chi collaziona: i diversi testimoni accumulano così le tornadas (oppure le omettono se non riescono più a comprenderne i riferimenti extra-testuali), mescidano rimanti appartenenti a reda-zioni differenti, e così via.

Finora mi sono concentrato su fenomeni contaminativi che veico-lano principalmente varianti provviste di valore semantico: il contatto orizzontale può invece interessare anche elementi di natura esclusi-vamente grafico-fonetica, realizzandosi in quella che Paolo Squilla-cioti ha recentemente definito «doppia lezione grafica».56 Lo studioso esemplifica questa tipologia contaminatoria con il seguente caso:es. 12) FqMars, Tan mou de corteza razo (BdT 155,23), v. 14:1. A B C E G M R T: azir2. I K P S V c: adir3. D: adzir

Il canzoniere estense avrebbe dunque assommato nella forma adzir i due allomorfi che trovava nei modelli a sua disposizione. Mi pare che a questo procedimento di tipo accumulativo si possa-

55. Cfr. di nuovo Contini, Filologia cit., pp. 12-13. Pur se spiegabili con con-testi compositivi ben diversi dal nostro, non mancano ad es. in ambito mediolatino casi di varianti d’autore in presenza di archetipo: cfr. Orlandi, Pluralità di redazioni cit., p. 32 ss. (e, in ambito trobadorico, si consideri l’ipotesi relativa alla tradizione del vers del gatto rosso di Guglielmo IX formulata da A. D’Agostino, Farai un vèrs pòs mi sonelh. Materiali per un’edizione plurima, in «La Parola del Testo», 11 [2005], pp. 29-78, a p. 51).

56. Squillacioti, Sulla contaminazione cit., p. 35.

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no affiancare anche alcuni tentativi di sintesi grafico-fonetica, che esemplificherei con la grafia mista çh che in vari canzonieri proven-zali compilati in Italia settentrionale – o provvisti di antigrafi setten-trionali – tenta di mediare tra la grafia tipicamente occitana ch per l’affricata palatale e la ç utilizzata dai copisti altoitaliani per notare il suo adattamento al corrispettivo dentale.57 Analizzando i casi in cui questo digramma compare nel canzoniere U, ho verificato che nei luoghi in cui se ne registra la presenza il resto della tradizione conservata non evidenzia l’opposizione tra le due soluzioni ch e ç:58 questo episodio mi pare dunque significativo nel suggerire che, per quanto le doppie lezioni grafiche possano in vari casi operare effetti-vamente una mediazione tra esiti grafico-fonetici alternativi presenti nei modelli, in altri possano invece essere piuttosto frutto del com-promesso tra l’immagine dell’antigrafo e la competenza linguistico-scrittologica del copista.

Tenuto conto di ciò, è chiaro che questa tipologia contaminativa è conseguenza di un’attenzione al dettaglio grafico-fonetico che, an-cor più che con le più volte richiamate ragioni di tipo documentario, acquisisce un senso soprattutto se pensata in relazione al grande suc-cesso della poesia trobadorica presso un pubblico alloglotto come quello italiano.59 Non sarà forse un caso che le doppie lezioni grafi-che si concentrino in canzonieri compilati nella Penisola, dunque in un contesto nel quale la non perfetta padronanza del codice lingui-stico avrà portato alcuni copisti a mediare anche sul fronte grafico-fonetico tra la conservazione pedissequa dell’antigrafo e l’attrazione per esiti reperibili in modelli alternativi, oppure propri di una scripta a loro nota. Detto ciò, è chiaro che l’individuazione all’interno di un medesimo canzoniere di usi grafici circoscritti o di improvvise va-riazioni nelle modalità di notazione del nome dell’autore in rubrica

57. Su queste grafie cfr. in particolare Zinelli, Il canzoniere estense cit., p. 90; I. Zamuner, Spigolature linguistiche dal canzoniere provenzale L (BAV, Vat. Lat. 3206), in «Studi Mediolatini e Volgari», 51 (2005), pp. 167-211, a p. 189.

58. Cfr. Resconi, Il canzoniere cit., pp. 210 e 258-259. 59. Si pensi ad esempio all’attenzione per il dettaglio grafico-fonetico che

emerge a più riprese nell’interessantissima operazione protofilologica che carat-terizza la sezione di Arnaut Daniel nel canzoniere H: cfr. M. Careri, Il canzoniere provenzale H (Vat. Lat. 3207). Struttura, contenuto e fonti, Modena, Mucchi, 1990, alle pp. 135-158.

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può suggerire la presenza di apporti di fonti localizzate, e dunque di contatti contaminativi avvenuti al livello più ampio dell’organismo-canzoniere.

A metà strada tra la doppia lezione grafica e le tipologie conta-minative che ho descritto nelle prime pagine di questo contributo si collocano gli episodi di “calco” analizzati da Maurizio Perugi:60 in questi casi la lezione del codice di collazione agisce a livello pura-mente lessematico su una struttura morfologica primaria (o vicever-sa). Le due lezioni vengono così a coesistere senza che sia neces-sario mettere in atto operazioni di sostituzione o giustapposizione. Tra gli esempi individuati dallo studioso nella tradizione di Arnaut Daniel il seguente risulta particolarmente esplicativo: es. 13) ArnDan, Lo ferm voler qu’el cor m’intra (BEdT 29,14), v. 28:1. G M Q S U V c: non cre2. H Sg a: cuiatz3. E: credatz

Nella neoformazione di E convergono così le due lezioni che si oppongono nel resto dei testimoni; si noterà che ci troviamo nuo-vamente di fronte a un caso in cui il contatto contaminativo è esso stesso causa di proliferazione delle adiafore.

In queste pagine ho dunque tentato di rappresentare in maniera necessariamente sommaria le forme più comuni con le quali la con-taminazione tende a manifestarsi in ambito trobadorico: ne emerge il profilo di un fenomeno che, nell’attestare in maniera inequivocabile il successo e il prestigio di cui godette questo genere letterario nel Me-dioevo, per la sua pervasività dovrebbe rendere la tradizione di questi testi irrazionalizzabile con gli strumenti del cosiddetto lachmannismo classico.61 Non stupirà allora che, nel contesto della ridefinizione del

60. Le canzoni di Arnaut cit., II, p. 772.61. Nella tradizione manoscritta trobadorica si noterà inoltre la mancanza di

vere e proprie aree laterali, così che il metodo geografico di Pasquali non risulta proficuamente applicabile (cfr. Pasquali, Storia della tradizione cit., p. 160). Le lezioni veicolate per contaminazione si inseriscono poi perfettamente nel quadro della normale attività di una tradizione fortemente formalizzata, così che non si può di norma riconoscerne l’alveo di provenienza sulla base dell’appartenenza a un sistema stilistico diverso da quello degli autori (per quest’ordine di problemi cfr. in particolare C. Segre, Critica testuale, teoria degli insiemi e diasistema, in

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metodo avvenuta negli scorsi decenni – per cui si parla oggi più pro-priamente di neo- o addirittura trans-lachmannismo62 –, alcuni dei con-tributi metodologici più significativi provenienti dal settore segli studi trobadorici riguardino proprio le modalità di neutralizzazione della contaminazione: i rimedi di Avalle,63 la teoria dialefica di Perugi,64 la valutazione delle lezioni adiafore alla quale ha fatto ricorso Paolo Squillacioti nella sua edizione delle poesie di Folchetto di Marsiglia.65

Commentando la più lapidaria – e famosa – sentenza maasiana, «Gegen die Kontamination ist (noch) kein Kraut gewachsen», Mon-tanari osserva che

per quanto riguarda il rimedio fondamentale, ed anzi l’unico possibile, si tratta – in piena coerenza con i principi generali maasiani – di riuscire a determinare i rapporti genetici di dipendenza non ostante la contaminazione, ovvero da un lato isolando, e quindi escludendo, le situazioni astrattamente probatorie che sicura-mente o potenzialmente siano frutto di contaminazione, dall’altro individuando le situazioni probatorie che conservino la loro validità in quanto non possono essere condizionate dalla contaminazione. (…) L’aspetto positivo, ovvero l’individua-zione delle situazioni che non possono procedere da contaminazione, dovrà poi spesso essere condotto rinunciando all’astratto rigore cui altrove Maas ci ha abi-tuati, ovvero accettando argomentazioni caratterizzate da un più o meno massic-cio ricorso alla verisimiglianza (per altro esplicitamente invocata dall’autore).66

Per ciò che riguarda il primo punto, abbiamo visto che talvol-ta può essere la contaminazione stessa a fornire informazioni sul-la natura di alcuni settori della trasmissione: una volta individuate

Semiotica filologica. Testo e modelli culturali, Torino, Einaudi, 1979, pp. 53-70, ad es. alle pp. 59 e 68).

62. Cfr. G. Chiarini, Prospettive translachmanniane dell’ecdotica, in AA. VV., Ecdotica e testi ispanici, Atti del Convegno Nazionale della Associazione Ispanisti Italiani (Verona, 18-19-20 giugno 1981), Verona, Fiorini, 1982, pp. 45-64.

63. Avalle, Di alcuni rimedi cit.64. Le canzoni di Arnaut cit., I.65. Ed. cit. Di valutazione statistica delle varianti adiafore parla in fondo già

Segre, Appunti cit., p. 73; cfr. anche E. Menestò, La recensio, in La critica del testo mediolatino, Atti del Convegno (Firenze 6-8 dicembre 1990), a c. di C. Leonardi, Spoleto, CISAM, 1994, pp. 61-77, alle pp. 72-74; A. Vàrvaro, Considerazioni sulla contaminazione, sulle varianti adiafore e sullo stemma codicum, in Storia della lingua italiana e filologia, Atti del VII Convegno ASLI Associazione per la Storia della Lingua Italiana (Pisa-Firenze, 18-20 dicembre 2008), a c. di C. Ciociola, Fi-renze, Cesati, 2010, pp. 191-196, alle pp. 193-194.

66. Montanari, La critica del testo cit., pp. 451-452.

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circostanze dovute a contatto orizzontale, nel corso dell’examinatio potrà dunque essere importante tentare una loro contestualizzazione e, se possibile, anche storicizzazione. Per quanto riguarda invece il secondo punto, mi pare che nel caso specifico dell’edizione dei testi trobadorici gli effetti negativi di una contaminazione così massiccia possano almeno in parte essere ridimensionati da un’analisi “siste-mica” della tradizione, che sia cioè in grado di individuare i rapporti genealogici tra i testimoni valutando in maniera ponderata il diverso peso ecdotico di tutti i dati desumibili dalla varia lectio. Se infatti sono solo i Leitfehler a individuare in maniera certa le parentele tra i manoscritti, nello studio di testi normalmente poveri di errori come quelli lirici provenzali la fisionomia di alcuni settori della tradizione potrà essere meglio definita da alcuni elementi che – individualmen-te non significativi – assumono però valore almeno sul piano della “verisimiglianza” qualora si rivelino tra di loro coerenti:67 analisi statistica delle adiafore, ordine di trascrizione delle coblas e dei componimenti all’interno delle sezioni d’autore, condivisione di at-tribuzioni divergenti, valutazione della fenomenologia ecdotica in rapporto alla natura dei singoli latori.68

67. Infatti, «poiché (…) la trasmissione verticale è un fatto costante, le per-turbazioni invece sono fenomeni frequentissimi (…), ma pur sempre saltuarie e accidentali, ciascuna singola coincidenza in innovazione (anche in innovazione non significativa) ha più probabilità di derivare da un modello comune perduto, che di esser dovuta a contaminazione o a poligenesi o a conseguenza dell’attività corret-trice di un copista» (Timpanaro, La genesi cit., p. 155).

68. Ho trattato più approfonditamente di questi aspetti nel mio contributo La canzone di Jordan Bonel S’ira d’amor tenges amic iauzen (BdT 273,1) e alcuni problemi nell’edizione critica dei testi trobadorici, in «Perspectives Médiévales», 34 (2012) [http://peme.revues.org/1434], al quale mi permetto di rinviare.