151
Il Comune di Muros ha avviato nel febbraio 2006 un pro- getto pilota di censimento, valorizzazione e promozione dei beni culturali e ambientali compresi nel suo territorio. Le attività di carattere multidisciplinare condotte in quindici mesi di lavoro hanno riguardato: il censimento dei beni ambientali, archeologici e archi- tettonici, nonché dei beni materiali e immateriali con par- ticolare riguardo alla produzione enogastronomica e alle tradizioni popolari; la rilevazione del patrimonio e la creazione di un cata- logo informatizzato secondo gli standard ICCD, imple- mentati da sezioni di monitoraggio della vulnerabilità del bene (Carta Rischio) e integrati da schede sperimentali ela- borate nell’ambito della ricerca universitaria; la georeferenziazione dei beni e l’elaborazione di carte tematiche in ambiente GIS per la creazione di itinerari di trekking archeologico e ambientale mediante tecnologie di navigazione satellitare GPS; la realizzazione di pannelli didattici per la valorizzazione dei siti con l’originale sistema del “libro percorso”; un corso di formazione di 300 ore destinato a quindici giovani di provenienza locale e finalizzato all’avviamento di progetti imprenditoriali di conservazione, gestione e pro- mozione del patrimonio studiato; la redazione di una guida e di una mostra itinerante per la promozione del patrimonio anche al di fuori del territo- rio comunale. Il progetto, realizzato da GGallery editrice, è stato portato avanti con la consulenza e la supervisione dell’Università di Cagliari, della Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici e delle Soprintendenze di Sassari e Nuoro. I risultati del lavoro sono stati raccolti in un volume che ri- porta anche esperienze significative maturate al di fuori del territorio in esame, ma esemplari e di buon auspicio per la valorizzazione del patrimonio materiale e immateriale del Comune di Muros. Territorio e Patrimonio Conoscere per valorizzare CONVEGNO 4 giugno 2007 Centro Culturale “Renato Loria“ ore 9.30 Muros Il progetto Con il patrocinio di Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici della Sardegna Soprintendenza per i Beni Archeologici per le Province di Sassari e Nuoro Soprintendenza Beni Architettonici, Paesaggio e Patrimonio Storico e Demoetnoantropologico per le Province di Sassari e Nuoro Comune di Muros Assessorato Pubblica Istruzione, Beni Culturali, Informazione, Spettacolo e Sport Provincia di Sassari Università degli Studi di Cagliari Facoltà di Architettura COORDINAMENTO: D.R. FIORINO / REALIZZAZIONE: GGallery srl - www.ggallery.it ggallery editrice SEGRETERIA ORGANIZZATIVA Federico Tolu - c/o Comune di Muros Via Brigata Sassari 66 - 07030 Muros (SS) Cell. 328/6443231 - Uff. 079/344.00.44 - Fax. 079/344.00.39 mail: [email protected] Programma:Layout 1 16-05-2007 12:07 Pagina 1

Territorio e Patrimonio_Conoscere per Valorizzare

  • Upload
    unica

  • View
    2

  • Download
    0

Embed Size (px)

Citation preview

Il Comune di Muros ha avviato nel febbraio 2006 un pro-getto pilota di censimento, valorizzazione e promozione deibeni culturali e ambientali compresi nel suo territorio. Leattività di carattere multidisciplinare condotte in quindicimesi di lavoro hanno riguardato:

il censimento dei beni ambientali, archeologici e archi-tettonici, nonché dei beni materiali e immateriali con par-ticolare riguardo alla produzione enogastronomica e alletradizioni popolari;

la rilevazione del patrimonio e la creazione di un cata-logo informatizzato secondo gli standard ICCD, imple-mentati da sezioni di monitoraggio della vulnerabilità delbene (Carta Rischio) e integrati da schede sperimentali ela-borate nell’ambito della ricerca universitaria;

la georeferenziazione dei beni e l’elaborazione di cartetematiche in ambiente GIS per la creazione di itinerari ditrekking archeologico e ambientale mediante tecnologie dinavigazione satellitare GPS;

la realizzazione di pannelli didattici per la valorizzazionedei siti con l’originale sistema del “libro percorso”;

un corso di formazione di 300 ore destinato a quindicigiovani di provenienza locale e finalizzato all’avviamentodi progetti imprenditoriali di conservazione, gestione e pro-mozione del patrimonio studiato;

la redazione di una guida e di una mostra itinerante perla promozione del patrimonio anche al di fuori del territo-rio comunale.Il progetto, realizzato da GGallery editrice, è stato portatoavanti con la consulenza e la supervisione dell’Universitàdi Cagliari, della Direzione Regionale per i Beni Culturalie Paesaggistici e delle Soprintendenze di Sassari e Nuoro.I risultati del lavoro sono stati raccolti in un volume che ri-porta anche esperienze significative maturate al di fuori delterritorio in esame, ma esemplari e di buon auspicio per lavalorizzazione del patrimonio materiale e immateriale delComune di Muros.

Territorio e Patrimonio

Conoscere per valorizzare

CONVEGNO

4 giugno 2007

Centro Culturale “Renato Loria“ore 9.30

Muros

Il progetto

Con il patrocinio di

Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici della Sardegna

Soprintendenza per i Beni Archeologici per le Province di Sassari e Nuoro

Soprintendenza Beni Architettonici, Paesaggio e Patrimonio Storico e Demoetnoantropologico

per le Province di Sassari e Nuoro

Comune di Muros

Assessorato Pubblica Istruzione, Beni Culturali, Informazione, Spettacolo e Sport

Provincia di Sassari

Università degli Studi di Cagliari Facoltà di Architettura

COORDINAMENTO: D.R. FIORINO / REALIZZAZIONE: GGallery srl - www.ggallery.it ggalleryeditrice

SEGRETERIA ORGANIZZATIVAFederico Tolu - c/o Comune di Muros

Via Brigata Sassari 66 - 07030 Muros (SS)Cell. 328/6443231 - Uff. 079/344.00.44 - Fax. 079/344.00.39

mail: [email protected]

Programma:Layout 1 16-05-2007 12:07 Pagina 1

9.30 Registrazione dei partecipanti

10.00 Saluto delle autorità

Rita DesoleSindaco del Comune di Muros Carlo MannoniAssessore Regionale Pubblica Istruzione, Beni Culturali, Informazione, Spettacolo e SportAlessandra GiudiciPresidente della Provincia di SassariGiovanni Azzena Soprintendente per i Beni Archeologici CA OR e SS NUErcole ContuUniversità di Sassari Antonio Calzone Presidente Comunità Montana Alto Tammaro

Introduzione alle sessioni di lavoro Il progetto Muros: finalità, risultati, prospettiveDonatella Rita Fiorino - Curatrice progetto Muros

10.45 Sezione: il paesaggio e la storia Coordina: Paolo Scarpellini Direttore Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici della Sardegna

L’ambiente naturale e il paesaggioBruno Paliaga - AMP Sinis-Mal di Ventre

Il patrimonio archeologico di Muros: prospettive e problematiche Nadia Canu - Università di Sassari

Il miliario di Scala di Giocca: alcune riflessioni sulla politica di Nerone in Sardegna Antonio Ibba - Università di Sassari

Il culto di Cerere a Sa Turricula Giampiero Pianu - Università di Sassari

Le monete di Sa Turricula Francesco Guido - Soprintendenza per i Beni Archeologici SS NU

La riscoperta dei materiali dal santuario di Sa TurriculaNadia Canu - Università di Sassari

Brevi cenni sul villaggio medioevale di IrbosaAlessandro Soddu - Università di Sassari

12.00 La conoscenza e la documentazione del territorioCoordina: Antonello Sanna Direttore Dipartimento di Architettura Università di Cagliari

Il sistema informativo per la catalogazione e il monitoraggio del patrimonioDonatella Rita Fiorino - Università di Cagliari

Geomatica per il rilievo e la rappresentazione del patrimonio culturaleGiuseppina Vacca - Università di Cagliari

Il GIS per la promozione e fruizione dei Beni Culturali e ambientaliPier Marcello Torchia - Geo’s Team Oristano

Prospettive per un sistema catalografico unicodella SardegnaAnna Maria Musu - Servizio Beni Culturali Regione Autonoma Sardegna

13.00 Le fonti e il patrimonio immaterialeCoordina: Francesco Guido Direttore Archeologo Coordinatore Soprintendenza per i Beni Archeologici SS NU

Le fonti documentarie relative a Muros nell’Archivio di Stato di SassariAlessandro Soddu - Università di Sassari

La presenza nobiliare attraverso l’evoluzione degli stemmi di Casa MartinezFederico Tolu - Comune di Muros

Memorie di Casa Martinez Franco Martinez di Montemuros - Discendente Casa Martinez

13.30 Inaugurazione Mostra Itinerante

BuffetSarà proposta una selezione di prodotti tipici del territorio scelta daAntonella Usai (Direttore Museo del Vino Enoteca Regionale dellaSardegna - Berchidda)

15.30 Il costruito storicoCoordina: Stefano Gizzi Soprintendente per i Beni Architettonici CA OR e SS NU

Tipologie tradizionali dell’ambiente urbanoMichele Pintus - Università di Cagliari

Il centro storico: analisi edilizia e proposte di interventoCaterina Giannattasio - Università di Cagliari

Il costruito monumentaleDonatella Rita Fiorino - Università di Cagliari

Indagini archeologiche nella chiesa parrocchiale di San GavinoDaniela Rovina - Soprintendenza per i Beni Archeologici SS NU

San Basilio (CA): un progetto di “riconoscimento”Maria Antonietta Mongiu

16.30 Opportunità e “buone pratiche” per la gestione del progetto culturaleCoordina: Tatiana K. Kirova Professore Ordinario di Restauro - Politecnico di Torino

La Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggisticidella Lombardia e i progetti per la valorizzazione del patrimonioCarla Di Francesco - Direttore Regionale per i Beni Culturali Lombardia

Il progetto “Conoscenza tutela e valorizzazione di aree e parchi archeologici in Lombardia”Marco Minoja - Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggisticidella LombardiaMonica Abbiati - Regione LombardiaRaffaella Poggiani Keller - Soprintendenza per i Beni Archeologici dellaLombardia

Il territorio di Muros e l’Alto Tammaro: due modi di valorizzazione ambientale a confronto Anna Maria Zeoli - Comunità Montana Alto Tammaro

Il Museo di Archeologia Ligure di Genova: esperienze di ricerca scientifica fra collezioni e territorio Guido Rossi - Museo di Archeologia Ligure Genova

18.00 Tavola rotonda e chiusura dei lavori

Stesura del documento di sintesi a cura dei relatori

Al termine dei lavori saranno consegnati gli attestati di partecipazioneal corso di orientamento/formazione tenutosi nell’ambito del progetto

Visita del percorso urbanoSeguirà spettacolo folcloristico di balli e canti tradizionali religiosi e popolari

Programma

PROGETTO REALIZZATO CON IL FINANZIAMENTO DELLA REGIONE AUTONOMA SARDEGNA, ASSESSORATO EE.LL. FINANZE E URBANISTICA, L.R. 37/98

Programma:Layout 1 16-05-2007 12:07 Pagina 2

Wffi

rlS 1g\sK#'Muros

Centro Culturale"Renato Lorid'

4 gtugno 2007

K V,&9"ffiKlLKK,&KX1L.i}ruffi'%ff1*1

Territori o ePotri monio

ffi $fffi

ATTI DEL CONVEGNOo curo di Donotello Rito Figrino

lllallervlw editrice"

Territorio e PatrimonioCONOSCERE PER VALORIZZARE

ATTI DEL CONVEGNOa cura di Donatella rirta Fiorina

MurosCentro Culturale “Renato Loria” 4 giugno 2007

ATTI DEL CONVEGNO (a cura di Donatella Rita Fiorino)

TERRITORIO E PATRIMONIO - CONOSCERE PER VALORIZZARE4 giugno 2007 - Muros (SS) - Centro Culturale “Renato Loria”

Con il patrocinio di

REGIONE AUTONOMA DELLA SARDEGNAAssessorato Pubblica Istruzione, Beni Culturali, Informazione, Spettacolo e Sport

PROVINCIA DI SASSARI

MINISTERO PER I BENI E E LE ATTIVITÀ CULTURALIDirezione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici della Sardegna

Soprintendenza per i Beni Archeologici per le Province di Sassari e Nuoro

Soprintendenza Beni Architettonici, Paesaggio e Patrimonio Storicoe Demoetnoantropologico per le Province di Sassari e Nuoro

Università degli Studi di Cagliari - Facoltà di Architettura

@ 2007 GGallery srlPiazza Manin 2 b rosso - 16122 GenovaTel. 010.888871 - Fax 010.8598499www.ggallery.it - e-mail: [email protected]

Il volume è stato realizzato nell’ambito del progetto di Censimento, Valorizzazione e Promozione dei Beni Culturali e Ambientali del Territorio Comunale di Muros (Ss)

A MUROSDonatella Rita Fiorino

I DATI DEL PROGETTO

IL PAESAGGIO TAGLIATOPaolo Scarpellini

IL PAESAGGIO DI MUROS

Bruno Paliaga 13

LA PORTA D’ACCESSO AL GOLFO DELL’ASINARA: IL TERRITORIO DI MUROS TRA ARCHEOLOGIA DEL PAESAGGIO E PIANIFICAZIONE INTEGRATA

Nadia Canu 17

IL MILIARIO DI NERONE A SCALA DI GIOCCA

Antonio Ibba 23

IL CULTO DI CERERE A SA TURRICULA

Giampiero Pianu 27

LE MONETE DI SA TURRICULA

Francesco Guido 29

CENNI SU ALCUNI MATERIALI VOTIVI PUNICI E ROMANI DA SA TURRICULA

Nadia Canu 33

TIPOLOGIE TRADIZIONALI DELL’AMBIENTE URBANO

Michele Pintus 35

IL CENTRO STORICO: ANALISI EDILIZIA E PROPOSTE D’INTERVENTO

Caterina Giannattasio 43

IL COSTRUITO MONUMENTALE

Donatella Rita Fiorino 53

SEPOLTURE DI EPOCA BASSO MEDIEVALE PRESSO LA CHIESA DEI SANTI PROTO, GAVINO E GIANUARIO

Daniela Rovina 63

LE FONTI E IL PATRIMONIO IMMATERIALE

Francesco Guido 67

BREVI CENNI SUL VILLAGGIO MEDIEVALE DI IRBOSA (MUROS-SS)Alessandro Soddu 69

INDICE

LA PRESENZA NOBILIARE A MUROS ATTRAVERSO L’EVOLUZIONE DEGLI STEMMI DI CASA MARTINEZ

Federico Tolu 71

ASPETTI DI CULTURA E TRADIZIONI LOCALI A MUROS

Teresa Delrio 75

DALLA CATALOGAZIONE AL SISTEMA INFORMATIVO PER LA TUTELA E IL MONITORAGGIO

DEL PATRIMONIO CULTURALE DELLA SARDEGNA: UN PROGETTO PILOTA

Donatella Rita Fiorino 81

STANDARD CATALOGRAFICI E GESTIONE DEL DATO

Alessandro Pani 89

IL RILEVAMENTO E LA RESTITUZIONE DEI BENI ARCHITETTONICI

Annetta Cabras 91

IL RILEVAMENTO E LA RESTITUZIONE DEI BENI ARCHEOLOGICI

Carla Giuffrida Trampetta 93

LA GEOMATICA PER IL RILIEVO E LA RAPPRESENTAZIONE DEL PATRIMONIO CULTURALE

Giuseppina Vacca 95

CENSIMENTO, VALORIZZAZIONE E PROMOZIONE DEI BENI CULTURALI E AMBIENTALI

Pier Marcello Torchia 103

LE PROSPETTIVE DI TUTELA E VALORIZZAZIONE DEI CENTRI MINORI

ALLA LUCE DELLE NUOVE DIRETTIVE REGIONALI

Marina Vincis 107

ATTIVITÀ DI ANIMAZIONE E FORMAZIONE

PER LO SVILUPPO DI IPOTESI DI VALORIZZAZIONE DEL TERRITORIO

Bruno Paliaga 113

ASPETTI DI FATTIBILITÀ DEI PROGETTI DI SVILUPPO IMPRENDITORIALE: DAL PROGETTO DI VALORIZZAZIONE ALLO START-UP AZIENDALE

Emanuela Fiorino 117

ARCHEOLOGIA PER IL TERRITORIO: IL PROGETTO

“CONOSCENZA, TUTELA E VALORIZZAZIONE DI AREE E PARCHI ARCHEOLOGICI IN LOMBARDIA” Monica Abbiati Marco Minoja Raffaella Poggiani Keller 123

IL MUSEO DI ARCHEOLOGIA LIGURE DI GENOVA:ESPERIENZE DI RICERCA SCIENTIFICA FRA COLLEZIONI E TERRITORIO

Guido Rossi 131

“IL TERRITORIO DI MUROS E L’ALTO TAMMARO: DUE MODI DI VALORIZZAZIONE AMBIENTALE A CONFRONTO”Angela Maria Zeoli 141

5

Cosa c’è “A Muros”? È l’interrogativo che ci si èposti all’inizio di questo progetto di cono-scenza delle risorse ambientali e culturali delterritorio di Muros, finalizzato alla loro valoriz-zazione, ovvero alla divulgazione di una ric-chezza che non appartiene solo alla comunitàlocale, ma che deve essere fruita da quanti,turisti distratti o studiosi appassionati, decidanodi passare qualche ora in questo territorio.Ed è così che, guidati dalla curiosità che hacontraddistinto i viaggiatori del passato, macon le tecnologie e le metodologie scientificheche caratterizzano il nostro tempo, ci si è messial lavoro per esplorare il territorio, coglierne lesingolarità, riconoscerne le costanti regionali,vivere la comunità e le sue tradizioni e, nellostesso tempo, condividerne i problemi e le dif-ficoltà, le cui motivazioni trovano le loro radicinella storia.Il villaggio di Muros risale all’epoca deiGiudicati e le sue vicende seguono le granditappe della storia della Sardegna e delle suedominazioni. Gli aragonesi, signori nel corsodel XIV secolo, lasciano il passo, a partire dallametà del Seicento, ai marchesi Martinez diMontemuros, cui è legata la crescita urbanistica

del piccolo centro e delle sue costruzionimonumentali, in particolare la chiesa parroc-chiale dei Santi Gavino, Proto e Gianuario. L’abitato, sorto in posizione geografica strate-gica sulla gola naturale scavata dal rio Mascari,domina il suo territorio, che si estende oltre lacesura della S.S. 131, fin dove lo sguardo èchiuso dalle vette del monte Tudurighe e dalleaspre pendici di Scala di Giocca. La vera ric-chezza del territorio è proprio il suo ambientenaturale, caratterizzato da terreni fertili, abbon-danza d’acqua, varietà di vegetazione e molte-plicità di specie animali; tutto ciò ha favorito lostanziamento umano fin dall’età remota delneolitico antico, medio e recente.Il paesaggio, mosso e mutevole, offre la possi-bilità di interessanti passeggiate nelle campa-gne, dove natura incontaminata e ambienteantropizzato si incontrano in un inscindibileconnubio culturale. Si tratta di percorsi tra pae-saggio e archeologia; la storia di questo angolodi Sardegna emerge dalla domus de janas diRocca Ruja, dalle tombe di giganti di monteSimeone, dai nuraghe di Sa Turricula e SantuGiorzi, dagli ipogei di Badde Ivos, dalle anti-che strade romane di Santu Lionardu e Coa de

Redulas. Le ripide pareti calcaree regalano,invece, emozionanti percorsi di trekking perchi desidera cimentarsi in impegnativi sentierimontani o esplorare gli anfratti rocciosi e leprofonde gole geologiche della Grotta dell’in-ferno.Ma l’anello di congiunzione tra l’ambiente el’uomo è, come spesso accade, l’acqua.Numerose sono le sorgenti disseminate sul ter-ritorio e, anche all’interno del paese, talelegame è fortemente segnato dalla presenzadella fontana monumentale, realizzata nellaseconda metà dell’Ottocento per l’approvvigio-namento idrico della popolazione. Lo stessoacquedotto è caratterizzato da una attenzioneformale, seppur sobria, che si manifesta nellacura degli elementi di dettaglio e delle decora-zioni; la stessa cura che si riscontra anche neigraziosi palazzetti liberty, che fanno da cortinaalle strette vie dell’abitato, alternandosi all’ar-chitettura tradizionale, legata al saper fare con-tadino e alle esigenze dell’agricoltura.L’acqua ha segnato anche le sorti dello svi-luppo industriale del paese e della sua impo-nente cementeria, che aveva alimentato le spe-ranze di un lavoro sicuro e scongiurato il peri-

A MUROS

Donatella Rita Fiorino

6

Territorio e Patrimonio - Conoscere per valorizzare

colo dell’emigrazione. Oggi le tre ciminiere,che appartengono oramai all’archeologia indu-striale, svettano incombenti nello stretto colle-gamento verso Sassari. La discontinua disponi-bilità d’acqua, legata ai capricci di un climatroppo variabile per garantire la costanza dellaportata dei torrenti, ha però decretato la finedella produzione industriale, ridando speranzaalla conservazione del paesaggio già profonda-mente inciso dalle grandi cave. Attualmente la produzione industriale è legatapiuttosto alla lavorazione del legno e alla pro-duzione dei formaggi.L’industria non ha però intaccato il saper fareartigianale, che a Muros ha conservato le suetradizioni: infatti, in occasione delle principalifeste religiose e popolari è possibile assaggiarei dolci e il pane, confezionati secondo le anti-che ricette tramandate di madre in figlia;alcune associazioni culturali si occupano diconservare inalterati i riti e le usanze cheaccompagnano la devozione per i Santi patronidei fedeli muresi e delle comunità limitrofe;l’antico costume tradizionale viene ancoraindossato durante le celebrazioni, rallegrate dacanti e balli folcloristici del valido coro e delballetto murese.Fede, preghiera e un po’ di magia affiorano daitradizionali riti per la cura dei mali e per l’ab-bondanza dei raccolti.

Di fronte ad un territorio così ricco di valori,ambientali, archeologici, architettonici, cultu-rali, sconosciuti spesso alla stessa comunitàlocale, specie alle giovani generazioni, è nata

l’esigenza di definire un progetto diCensimento, valorizzazione e promozione deibeni culturali e ambientali del territorio comu-nale di Muros. Si tratta, certamente, di un pro-gramma ambizioso e multidisciplinare, natodalla lungimiranza dell’AmministrazioneComunale, la quale nel 2005, ha destinato atale iniziativa i fondi regionali provenienti dallaL.R. 37/98, annualità 2002.Il lavoro è partito dal “progetto di conoscenza”,ovvero dalla fase di ricognizione sul campo delterritorio, della sua storia e delle sue risorse, alfine di individuare l’entità e le categorie deibeni da censire. Il primo problema era infattiquello di fissare gli obiettivi del censimento e,di conseguenza, di stabilire modelli di rileva-mento adeguati agli obiettivi prefissati. In dettaglio, lo studio ha interessato i principalimacroambiti disciplinari caratterizzanti il terri-torio antropizzato, ovvero: ambiente e paesag-gio, con specifico riferimento ai siti naturali-stici; archeologia e archeologia industriale;architettura ed edilizia tradizionale; beni mate-riali storico-artistici e demoetnoantropologici,con specifico riferimento all’artigianato artisticoe alle tradizioni alimentari; patrimonio immate-riale. Ciascun ambito è stato sviluppato da unconsulente scientifico che, dopo la ricogni-zione sull’entità del patrimonio, ha procedutoalla compilazione dei modelli di scheda predi-sposti per ciascuna categoria, corredati darilievi grafici e fotografici. Ampio spazio è stato lasciato alle professiona-lità del luogo, sulla base del principio secondocui anche le risorse umane e le competenzelocali debbano essere ‘valorizzate’, ai fini della

definizione di un modello di gestione dellespecializzazioni che possa rappresentare unprocesso formativo pilota nel contesto regio-nale, replicabile in altri settori e/o contesti geo-grafici o culturali.Ai due livelli di censimento, preliminare e dicatalogo, sono corrisposte due tipologie discheda, una di individuazione e analisi dellaconsistenza, l’altra sviluppata secondo i para-metri ministeriali codificati dall’ICCD (IstitutoCentrale di Catalogo e Documentazione) edall’ICR (Istituto Centrale di Restauro),entrambi facenti capo al Ministero per i BeniCulturali. Lo studio è stato condotto con uncostante dialogo con le istituzioni preposte allatutela dei beni culturali. In particolare, perquanto concerne gli aspetti connessi alla cono-scenza del patrimonio archeologico, è statacostantemente interpellata la competenteSoprintendenza Archeologica per le provincedi Sassari e Nuoro.Ogni categoria di beni ha evidenziato diverseproblematiche, dal riconoscimento stesso delpatrimonio al reperimento della relativa docu-mentazione. Dopo un’iniziale difficoltà a ritrovare segni tan-gibili della storia della comunità locale, abban-donata la scala delle ‘emergenze’, ci si è con-centrati sulle testimonianze diffuse, con risul-tati tutt’altro che scontati. Muros, infatti, comemolti piccoli centri della Sardegna, anche sespesso in maniera non evidente, conservaancora importanti tracce della sua storia, che ènecessario saper riconoscere per impedire chese ne perda inesorabilmente la memoria.Nello specifico, per quanto riguarda l’archeolo-

7

A Muros

gia, sono stati riconosciuti e documentatidodici siti, molti dei quali di indubbio interessescientifico, ma di difficile accessibilità per lamancanza di strade di accesso, di segnalazioni,o perché interclusi in proprietà private. Si ècosì rilevata la necessità, non solo di incremen-tare gli studi sui siti, ma di definire progetti difruizione legati a percorsi non tradizionali. Èquesto, ad esempio, il caso del trekking a piedio a cavallo, per il quale sono oggi disponibilitecnologie di promozione sofisticate, ma asso-lutamente accessibili, come GPS e mappe vir-tuali in grado di accompagnare il visitatoreinteressato anche in posti di difficile penetra-zione. Il rilievo è stato preceduto da una campagna didiserbo, effettuato con metodologie non inva-sive, secondo le prescrizioni dellaSoprintendenza Archeologica di Sassari,ovvero tenendo conto del fatto che la vegeta-zione costituisce un elemento caratterizzantedel paesaggio archeologico, nonché facendo inmodo da non compromettere la stabilità e laconservazione dell’integrità delle porzioniarcheologiche interessate, specie laddove lestrutture vegetali costituivano sostegno struttu-rale alla stabilità dei sistemi costruttivi, e dun-que rimandando ad una fase di restauroarcheologico, non contemplata in tale sede, lescelte per una pulitura definitiva. Alcuni siti,neanche leggibili prima dell’intervento, unavolta bonificati, hanno evidenziato interessantistrutture, ponendo ancora una volta in evi-denza la necessità di una costante manuten-zione per la conservazione e la valorizzazionedel patrimonio.

Alla fase di pulitura è seguita quella di rilievofotografico, topografico, geometrico, ed intaluni casi fotogrammetrico, al fine di ottenereuna documentazione - confluita nella bancadati - capace di cogliere ed illustrare la confor-mazione morfologica del territorio e l’inseri-mento dei manufatti nell’ambiente, eviden-ziando, in particolare, il rapporto con il sistemainsediativo, ovvero tutti quegli elementi carat-terizzanti il cosiddetto ‘paesaggio culturalemisto’. Le attività di rilevamento sono state ese-guite da professionisti specializzati in collabo-razione con il dipartimento di Disegnodell’Università di Cagliari della Facoltà diIngegneria, al fine di garantire un edificantescambio culturale tra mondo accademico eimprenditoriale. Tutti i siti monumentali ed ambientali sonostati georeferenziati in modo puntuale o arealemediante rilevazione diretta con sistema GPS acorrezione differenziale.Inoltre, per ogni sito rilevato, si è procedutoall’associazione della posizione geografica conle informazioni contenute nella suddetta bancadati. Così, oltre che attraverso il supporto car-taceo, la consultazione delle informazioni puòessere eseguita tramite un visualizzatore persistemi informatici GIS.Un discorso a parte merita l’analisi delcostruito storico, con riferimento al qualepochi, ma di notevole rilievo da un punto divista storico-testimoniale, sono gli esempi diarchitettura monumentale, quali la chiesa par-rocchiale, il cimitero di Muros e Cargeghe e lafonte pubblica. Altra scoperta degna di nota èrappresentata dall’acquedotto, da intendersi

come architettura ‘di collegamento’ tra l’inse-diamento abitativo e le risorse ambientali,segno del progresso avviato verso la metà delNovecento. Il tema dell’archeologia industrialeconduce direttamente al rilevante ed auto-nomo dibattito sul futuro della cementeria, lariqualificazione delle cave. Oggi chi percorre laS.S. 131 nel territorio del Comune di Murosnon può rimanere indifferente alle tre grosseciminiere che interrompono lo skyline naturaledel rilievo di Canechervu e impongono nuoveriflessioni sulla riconversione dell’enormepatrimonio industriale produttivo ormai quasiinteramente dismesso con nuove finalità pro-duttive e turistico-ricettive.All’interno del centro storico - il cui nucleod’impianto, sia attraverso la lettura della con-formazione dei lotti, sia col supporto della car-tografia storica, è evidentemente riconoscibile -è emersa la permanenza di un costruito tradi-zionale contraddistinto da tipi edilizi, carattericostruttivi e segni formali degni di nota, la cuipuntuale lettura, coadiuvata dalla consulta-zione della documentazione archivistica, haconsentito di avanzare un’ipotesi cronologicariferita ad ogni singolo immobile. Tale partedello studio è stata condotta con la consulenzadella Facoltà di Architettura dell’Università diCagliari.Complessa è stata, poi, l’analisi dei beni mate-riali, compreso l’artigianato e la gastronomia,fino ad arrivare al patrimonio immateriale delletradizioni, le usanze, le feste, attraverso l’ap-profondimento di aspetti sociali e dell’ereditàlasciata dal marchesato dei Martinez diMontemuros.

8

Territorio e Patrimonio - Conoscere per valorizzare

Tutti i dati raccolti, inclusi quelli di carattereambientale, geologico, morfologico e flogi-stico, sono stati sistematizzati in un catalogoinformatizzato, concepito in maniera tale dapoter far confluire le informazioni nel catalogoICCD e nel nascente SICPAC regionale sardo. Ilcatalogo è stato realizzato in ambienteWindows Access, trattandosi di un software adelevata diffusione e di semplice utilizzo. Sulla base delle esperienze compiute in ambitoscientifico, la banca dati è stata implementatacon il modulo dell’analisi della vulnerabilità edello stato di conservazione attinto dalla Cartadel Rischio, messa a punto dal succitato ICR. Lasezione, che comprende anche la percentualedi diffusione del danno, la gravità e il grado diurgenza dell’intervento, consentirà in futuroall’Amministrazione comunale di determinare,alla fine del rilevamento, un quadro degli inter-venti di restauro da porre in atto sui monu-menti del proprio territorio, in vista di una loroconservazione e manutenzione programmata,e dunque per una gestione consapevole delproprio patrimonio. Anche in questo senso, ilprogetto si pone come processo formativopilota nel contesto regionale, estensibile adaltre similari realtà della Sardegna, in modo dagiungere ad una conoscenza in rete di territorisempre più ampi, in grado di facilitare lagestione e la messa in rete del patrimonioambientale e culturale locale.Il progetto non poteva ovviamente trascurareaspetti di valorizzazione, come la segnalazionedei siti e gli strumenti di comunicazione tradi-

zionali che hanno portato all’elaborazionedella guida del territorio e delle cartine di sup-porto alla conoscenza del patrimonio. A talfine, si è provveduto alla realizzazione di unLibro percorso, consistente in pannelli, direzio-nali e didattici, disposti lungo le strade delpaese e in prossimità dei siti di interesseambientale e archeologico. Ciò nella convin-zione che la scoperta di un episodio architetto-nico o di una bellezza naturalistica sia più facil-mente visibile ed apprezzabile in presenza diun immediato e sintetico riscontro posto diret-tamente sul sito, in grado di fornire le essen-ziali coordinate culturali e storico-artisticheanche al turista occasionale. Si tratta, in altreparole, non solo di uno strumento per il recu-pero della memoria collettiva, ma anche di unsegno di ospitalità, oltre che di un elemento dicarattere permanente, che facilita l’accessibi-lità, con ricadute di immagine certamente posi-tive sulla comunità e sulle amministrazionilocali.Secondo la stessa logica, si è provveduto allarealizzazione di un Libro guida, di supporto alpercorso territoriale ed urbano proposto, di unE-book e di una Mostra itinerante, tutti stru-menti illustranti le principali caratteristiche delluogo, riferite all’ambiente, alla geo-morfolo-gia, alla flora, all’archeologia, all’architettura, alpatrimonio edilizio tradizionale, alla culturamateriale e immateriale (feste, tradizioni,costumi, ecc.), alla gastronomia, ovvero tuttiquegli elementi identitari del luogo in esame.Una tale iniziativa, così articolata, non poteva

svilupparsi in maniera avulsa dal contestolocale. Di conseguenza, si è promosso il coin-volgimento diretto di giovani locali, attraversol’attivazione di un corso di formazione, conpercorsi formativi multidisciplinari, includentelezioni frontali, laboratoriali, esercitazioni,visite didattiche, tutoraggio personalizzato, ecc.La riuscita del lavoro si deve anche alla profes-sionalità e competenza della società appalta-trice, GGallery, che, pur avendo sede fuori dalterritorio regionale, ha avuto la felice intui-zione di affidarsi a professionisti e studiosi delterritorio, e che ha messo a disposizione lalunga e consolidata esperienza in editoria, for-mazione e comunicazione, maturata in nume-rosi e prestigiosi progetti nazionali.Insomma, mediante la realizzazione di unsimile lavoro, l’auspicio è che il fermento e lariflessione sul patrimonio di Muros non siperda nell’eccezionalità di questo progetto, madiventi la quotidianità della sua comunità pre-parata e interessata alla conservazione dellasua memoria storica e alla riqualificazione delsuo paesaggio variamente antropizzato.L’auspicio è, inoltre, che, sulla base di questaesperienza, anche altre realtà regionali com-prendano l’importanza e l’utilità di una similericerca, e si adoperino per metterla in atto. Il gruppo di lavoro ha interessato complessiva-mente più di trenta persone tra gli addetti dellasocietà appaltatrice, i consulenti, leSoprintendenze e l’Università.A tutti coloro che hanno lavorato e hanno cre-duto in questo risultato, un sentito ringrazia-

9

CURA E COORDINAMENTO

Donatella Rita Fiorino

Responsabile di progetto presso la Soprintendenza per i Beni Archeologiciper le Province di Sassari e NuoroDott. Francesco Guido, Direttore Archeologo Coordinatore

Responsabile di progetto presso il Comune di Muros: Dott.ssa Anna Maria Deliperi, responsabile area socio culturale scolastica

CONSULENZE SCIENTIFICHE

Ambiente: Bruno Paliaga, biologo, Direttore dell’Area Marina ProtettaPenisola del Sinis Isola di Mal di Ventre, esperto di gestione ambientale,VIA, VINCA, ecc., progettazione ambientale, formazione e comunicazione.

Botanica: Ivo Piras, esperto botanico, rilevamenti fitosociologici e liste flo-ristiche, fotografo naturalista.

Geologia: Vincenzo Solinas, geologo, Essei Oristano.

Archeologia: Nadia Canu, dottore in Conservazione dei BB.CC., dottoredi ricerca in “Il Mediterraneo in età classica: storia e cultura”, borsista pressoil Dipartimento di Storia dell’Università di Sassari.

Rilievo e rappresentazione: COORDINAMENTO: Michele Pintus, ingegnere, professore associato di Disegno,Università di Cagliari, Facoltà di Architettura, docente di Disegno II C.I. eStoria dell’Architettura. Nell’ambito della consulenza hanno collaborato l’ing. Carla GiuffridaTrampetta per i rilievi archeologici; l’ing. Annetta Cabras per i rilievi archi-tettonici.

Topografia, cartografia e GIS: COORDINAMENTO: Giuseppina Vacca, ingegnere, ricercatore di Topografia eCartografia presso il Dipartimento di Ingegneria Strutturale, Università degliStudi di Cagliari, Facoltà di Ingegneria, docente di Fotogrammetria. RILIEVI TOPOGRAFICI E GIS: Pier Marcello Torchia, Roberto Defendente Geo’sTeam Oristano.

Analisi del costruito storico e della morfologia dell’abitato: Caterina Giannattasio, architetto, ricercatore di Restauro presso ilDipartimento di Architettura, Università degli Studi di Cagliari, Facoltà diArchitettura, docente di Restauro Architettonico. Nell’ambito della consulenza hanno collaborato le dott.sse Valentina Pintuse Martina Porcu.

Architettura monumentale e archeologia industriale: Donatella Rita Fiorino, ingegnere, dottore di ricerca in Conservazione deiBeni Architettonici, ricercatrice a contratto presso l’Università di Cagliari,Facoltà di Architettura. Nell’ambito della consulenza ha collaborato l’ing. Sabrina Vacca.

Patrimonio materiale e immateriale, feste e tradizioni: Teresa Delrio,dottoressa in Beni Culturali.

Legislazione Beni Culturali: Marina Vincis, avvocato, archivista e paleo-grafa.

Censimento, catalogazione e banca dati: Donatella Rita Fiorino.

Strutturazione dei dati e informatizzazione: Alessandro Pani, consu-lente informatico.

I DATI DEL PROGETTO

10

Territorio e Patrimonio - Conoscere per valorizzare

CORSO DI ORIENTAMENTO/FORMAZIONE

DocenzeDaniele Canepa, lingua ingleseNadia Canu, Storia anticaRaffaele Crudele, Scienza della comunicazioneTeresa Delrio, Storia, cultura, tradizioni e beni immateriali di MurosDonatella Rita Fiorino, Catalogazione e banche datiEmanuela Fiorino, Imprenditorialità e finanziamentiCaterina Giannattasio, Storia e metodologie del restauroCarla Giuffrida Trampetta, AutocadFrancesco Guido, ArcheologiaFrancesco Macrì, Norme di gestione aziendale e Diritto del lavoro e norma-tiva previdenzialeBruno Paliaga, Pianificazione e gestione del turismo sostenibile edEconomia e marketing dei beni culturaliAlessandro Pani, Informatica e informatica graficaMichele Pintus, Storia dell’arte e dell’architettura sarda e Storia ed evolu-zione del paesaggio rurale e degli insediamenti urbaniIvo Piras, Ambiente e botanicaVincenzo Solinas, Elementi di geologia applicata

Pier Marcello Torchia, Istituzioni di documentazione, monitoraggio egestione del territorioGiuseppina Vacca, Cartografia tradizionale e numericaMarina Vincis, Legislazione dei Beni Culturali

Direzione e coordinamento: Donatella Rita FiorinoIstruttore amministrativo Comune di Muros: Federico Tolu

REALIZZAZIONE GRAFICA ED EDITING

GGALLERY SRL

Paolo Macrì (GGallery), professore a contratto dell’Università di Genova,interlocutore unico del progetto nei confronti dell’Amministrazione.Francesca Ferrando (GGallery), dottoressa in lingue e letterature straniere,Responsabile editorializzazione e gestione dei contenuti.Michela Pinasco (GGallery), dottoressa in lingue e letterature straniere,responsabile area lingue e comunicazione.Estelle Schoeter (GGallery), dottoressa in giurisprudenza, Università diStrasburgo, responsabile editing e-book.

11

Il territorio comunale di Muros è tagliato in dueparti dalla Strada Statale Carlo Felice, al quale èaffiancato il tracciato della linea ferroviaria e,per la prevalenza del suo sviluppo, il corso delrio Mascari (l’antico Melas). Una cesura orizzon-tale, lunga e continua, che separa drasticamenteil lembo sud occidentale dell’agro, aggrappatoal soprastante altopiano di Su Padru di Ossi eformato da calcari detritici stratificati coperti dibosco rado a roverella, dal settore meno abitatoma più coltivato, delimitato a nord dalla BaddeOlia, dal monte Tudurighe, dal monte Simeonee dai dolci rilievi che degradano da ponente.Ma il paesaggio di Muros è “tagliato” anchedalle cave. Il massiccio di Canechervu (m 390) è stato spia-nato, nella sua parte più occidentale, per rifor-nire la sottostante cementeria. Un’altra cava èstata attivata in località San Leonardo, sul ver-sante meridionale del monte Canechervu, ma èstata recentemente abbandonata. Tagli orizzon-tali alle vedute panoramiche sono invece causatidalla presenza delle ciminiere della cementeria,e dei tralicci degli elettrodottiTuttavia, benché aspramente tormentato dairecenti “tagli” paesaggistici, lo scenario ambien-

tale di Muros conserva i suoi tratti salienti, costi-tuiti dalla contrapposizione dell’erta scala diOssi e dei soffici colli settentrionali ed orientali,oltre i quali si scorge la Rocca di Osilo, l’abitatodi Ploaghe e Codrongianos, e poi, più lontano,il monte Santo e il monte Sant’Antonio.Più piccoli e più antichi tagli furono eseguiti, inepoca remota, per realizzare o adattare cavi ipo-gei: la domus de janas di Rocca Ruja, la Grottadell’Inferno, i due angusti invasi di Badde Ivos.E ancora in epoca nuragica, tante pietre furonotagliate per costruire diverse fortezze megaliti-che, oggi ridotte allo stato di ruderi ma ancoraefficaci testimoni di quella antica e possenteciviltà millenaria.Dunque un paesaggio tagliato. Tagliato, ma nonspezzato. Frazionato, ma non disperso. Unadelicata trama storica e ambientale, a tratti sma-gliata, non ancora strappata, che merita mas-sima attenzione e profondo rispetto. Segniimportanti di una storia lieve, depositati in unambiente naturale di singolare suggestione…Nel passato, il paese non doveva godere dibuona reputazione, come luogo insediativo,poiché “Muros trovasi circondato a più parti daeminenze montuose che impediscono la venti-

lazione, fuorché ad una o due parti. Vi si sentemolta umidità, si patisce la nebbia, e l’aria èviziata dai miasmi della prossima valle” (V.Angius…).Le diciassette sorgenti stagionali o perenni, pre-senti negli anni sessanta del Novecento edampiamente utilizzate in passato da pastori,agricoltori e viandanti, sono oggi quasi tuttescomparse: la vena d’acqua è stata captataoppure la vegetazione ha ricoperto la fonte ren-dendola inaccessibile e inutilizzabile. Ma perl’Angius, “le fonti sono poche in numero, e diqueste tre sole degne di menzione, quella chesorge dentro l’abitato, quindi il Cantareddu acinque minuti dal paese, e quella che dicono diThiarosa entro l’oliveto del Marchese”.Con brillante vigore e scrupoloso rigore,Donatella Fiorino ha censito e catalogato i mol-teplici valori culturali e ambientali del territoriocomunale di Muros, ricomponendone il pre-giato e variato tessuto storico e paesaggistico,mettendo in luce ogni aspetto della tradizionelocale e dei connotati naturali, offrendoci unarassegna completa dei beni e dei siti di inte-resse, oggi mete potenziali di una colta esplora-zione, da parte di curiosi, studiosi e turisti.

IL PAESAGGIO TAGLIATO

Paolo Scarpellini

13

Pochi termini assumono un significato vagocome il termine “paesaggio”; termine molto uti-lizzato correntemente al quale si attribuisconoperò significati assai diversi a seconda del con-testo del discorso o del punto di vista da cuiviene analizzato e descritto in funzione dellasensibilità e degli interessi specifici di chi neparla, di chi lo osserva o di chi si occupa dipaesaggio. Secondo diverse definizioni si può rilevarecome primo significato quello di “panorama,veduta, più o meno ampia, di un luogo, spe-cialmente campestre, montano o marino”; unsecondo significato, ma più ampio come:“complesso di tutte le fattezze sensibili di unalocalità”; o un terzo significato ancor più esau-stivo quale: “particolare fisionomia di unaregione determinata dalle sue caratteristichefisiche, antropiche, biologiche, etniche”.Il paesaggio può essere ambìto di interesse perchi si occupa di arte, di geografia, di geologia,di fotografia, di ecologia, di urbanistica, di eco-nomia, di architettura, di archeologia e dimolte altre discipline. Tanto basti per com-prendere che il “paesaggio”, pur essendo argo-mento vasto e difficilmente circoscrivibile e

trattandosi di un “concetto” ha subìto profondicambiamenti nel tempo.Ai nostri scopi è utile richiamare alcune diquelle considerazioni fondamentali che pos-sono risultare utili ad introdurre quanto seguiràe che tende a descrivere, seppur sintetica-mente, il paesaggio di Muros (i paesaggi)secondo l’ottica dell’ecologia del paesaggio.Una delle definizioni possibili di paesaggiopuò limitarsi o coincidere con “l’immagine per-cepita di una porzione della superficie terre-stre”. una definizione che non soddisfa nellaquasi totalità dei casi. Secondo un uso più semplice del termine, ilpaesaggio è sinonimo di “panorama”; la vedutadi una parte di territorio da un determinatopunto di visuale. In tale accezione “visiva”, il paesaggio puòessere riprodotto, esso perde alcune delle suecaratteristiche; per esempio una fotografia purfissando alcuni degli aspetti visibili si limita aduna parte della veduta; oppure in un disegnoo dipinto, il risultato dipenderà dal pittore,dalla sua ispirazione, dalla tecnica e da altrifattori.La veduta di alcune delle componenti del pae-

saggio può variare secondo la distanza e l’an-golazione prospettica. Per esempio un rilievosarà grande e sovrastante se visto dal basso opotrà scomparire fra altri rilievi se visto da lon-tano, da una rilievo più alto. Ciò rende evi-dente che una caratterizzazione esclusiva-mente o prevalentemente “visuale” del paesag-gio è tutto sommato riduttiva, perché si fondasu valutazioni estetiche e formali, oltre chesoggettive.Ma non esiste un paesaggio migliore di unaltro poiché ogni individuo è diversamentesensibile a viste, panorami o paesaggi che piùgli sono congeniali perché evocano elementinoti, piacevoli o spiacevoli, talvolta in contrap-posizione con il vissuto quotidiano. Per esem-pio, chi vive in città può prediligere luoghiassolati (quelli estivi per la vacanza), mentrechi vive normalmente in luoghi caldi non pre-ferisce l’esposizione al sole.Superata tale impostazione quando si parla dipaesaggio, di qualunque tipo sia, se si fa riferi-mento ad elementi correlati fra loro costante-mente come: la morfologia del terreno e l’alti-metria, i volumi, i colori dominanti, la coper-tura vegetale, il sistema idrico, l’organizzazione

IL PAESAGGIO DI MUROS

Bruno Paliaga

14

Territorio e Patrimonio - Conoscere per valorizzare

dei contesti agricoli e di quelli urbanizzati, letipologie edilizie ed altro. Considerando la modularità e l’articolazionedelle componenti che caratterizzano i paesaggiomogenei, comprese le sfumature di raccordo(la transizione) tra ambirti differenti potrebbeessere adottata la definizione di paesaggio di E.Turri: “Identificare il paesaggio significa [...]identificare relazioni che si ripetono in unospazio più o meno esteso entro il quale il pae-saggio esprime e sintetizza le relazioni stesse”.Altra definizione meno soggettiva che si puòassegnare al termine paesaggio deriva dall’in-terpretarlo come “manifestazione sensibile del-l’ambiente, realtà spaziale vista e sentita”; unadefinizione che ancora possiede elementi disoggettività, perché in essa è implicito che l’os-servatore metta in gioco la sua sensibilità par-ticolare, la sua cultura, la sua capacità ed il suomodo di vedere.Pur consci della complessità della definizionedi paesaggio che è stata sistematizzata anche insede legislativa (rif. DL 42/2004 - Codice deibeni culturali e del paesaggio, ex art. 10 L. 6luglio 2002, n. 137) e lungi dal volerne definireun senso compiuto e condiviso del termine, diseguito si propone una descrizione che seppurtecnica mira a dare un contributo per la descri-zione di un sistema complesso quale è il terri-torio di Muros.

NATURALITÀ DEL PAESAGGIO

(DAL PUNTO DI VISTA VEGETAZIONALE)Premesso che definiamo il paesaggio comeuna subregione territoriale con caratteristichefisioniomiche omogenee e tralascindo la

descrizione della flora, possiamo, ai nostriscopi, schematizzare e suddividere il territorionelle seguenti unità di paesaggio (o unità pae-saggistiche):

- zone adibite a rimboschimento con specienon autoctone quali pini, eucaliptus, ecc.che contribuiscono notevolmente a deli-neare la fisionomia del paesaggio vegetale;

- zone con intensa urbanizzazione turistica(con l’inevitabile impatto e pressione antro-pica);

- zone adibite prevalentemente alla coltiva-zione di piante erbacee annuali non spon-tanee;

- zone utilizzate per colture legnose perma-nenti, o perenni, da tempo acclimatizzate(vigneti, uliveti, mandorleti, agrumeti...

Le suddette zone costituiscono il cosiddettopaesaggio vegetale antropico o, se si preferi-sce, umanizzato, in quanto la continua, intensaed estesa influenza dell’uomo ne ha mutato iconnotati di naturalità originaria che potrebbeessere ricondotto a:

- zone rupicole in cui è prevalente l’aspettodi roccia nuda quale fattore limitante per lacolonizzazione vegetale;

- zone caratterizzate da prevalente vegeta-zione erbacea naturale (pascolo naturale)intercalata a suffrutici (gariga) o arbusti edalberi sparsi (pascolo cespugliato ed arbo-rato);

- zone coperte da macchia mediterranea piùo meno evoluta verso l’aspetto basso emonospecifico (landa), o alta e diversificata

(macchia-foresta) e comunque semprecaratterizzata dall’aspetto legnoso dei com-ponenti l’associazione;

- zone interessate da bosco, ceduo o afustaia, in cui la struttura è sempre ecomunque dettata dalla presenza di speciea portamento arboreo.

Tali unità di paesaggio sono contraddistinte damaggior naturalità rispetto al “paesaggio antro-pico” ma non per questo scevre da influenzeumane: esistono, infatti, tutta una serie di con-dizioni intermedie che sfumano tra le diversezone. Inoltre, alcuni fattori naturali quali l’ac-qua, l’ombra, l’elevata umidità, imponentiaffioramenti rocciosi verticali (falesie montanerocciose), litosuolo... incrementano la biodiver-sità creando veri e propri habitat caratterizzatidalla presenza delle seguenti categorie ecologi-che di piante:

- casmofite degli ambienti cavernicoli freschi,ombrosi ed umidi;

- idrofite, igrofite e flora ripariale in generedegli ambienti acquatici e paracquatici;

- xerofite delle zone aride e calde;

- flora rupicola delle falesie montane;

- epifite dei boschi.Va detto che l’habitat, ossia la parte di undeterminato paesaggio caratterizzata da condi-zioni climatiche omogenee, di un determinatobiotopo e geotopo, è riferito concettualmentealla “possibilità di vita” e non all’estensione ter-ritoriale: va da sé che un habitat si definiscevasto se le condizioni vitali che offre sonoadatte a più specie diverse; oppure limitato se

15

Il paesaggio di Muros

adatto solo alla vita di pochissime specie.La suddivisione del territorio in ambiti caratte-rizzati dalla diffusione di unità fitosociologicheo dalla loro combinazione, permette di effet-tuare una comparazione fra condizioniambientali e climax visto come associazionefinale delle serie dinamica della vegetazione. A tal proposito la naturalità della vegetazione èquindi specchio di quella ambientale generalevalutabile secondo i seguenti criteri:

- distanza dal climax della vegetazioneattuale;

- estensione e continuità delle aree con vege-tazione naturale;

- rapporto percentuale fra vegetazione natu-rale e vegetazione sinantropica;

- degenerazione della vegetazione naturaleper progressiva sinantropizzazione;

- sostituzione della vegetazione naturale conla vegetazione sinantropica.

In riferimento a quanto detto ed in base ai 6possibili livelli di naturalità definiti dalla

Società Botanica Italiana, il territorio di Murospotrebbe essere ricondotto al 3° livello di cuidi seguito.

LIVELLI DI NATURALITÀ

Territori con vasti complessi non frammentatidi vegetazione naturale estesa e continua,che comprendono comunità di origine pri-maria; la vegetazione seminaturale esinantropica possiede molte caratteristicheoriginarie; aree con vegetazione sinantro-pica di scarsa estensione.

Territori con vasti complessi di vegetazionenaturale con predominanza di comunitàcon struttura modificata o di origine secon-daria; la vegetazione seminaturale e sinan-tropica presenta numerose caratteristichenaturali; aree con vegetazione sinantropicaa distribuzione aggregata.

Territori con nuclei di vegetazione naturale,talvolta anche abbastanza estesi, rimastisoltanto in stazioni non adatte per l’agricol-tura o per le abitazioni; nella maggior parte

del territorio la vegetazione naturale è statasostituita da comunità sinantropiche e davegetazione seminaturale di sostituzionedelle foreste; si tratta, pertanto, di territoriprevalentemente con vegetazione sinantro-pica, ma con nuclei di vegetazione naturaleaggregata.

Territori con frammenti di vegetazione natu-rale rimasti soltanto in stazioni non adatteper l’agricoltura e per le abitazioni (nucleirelitti di vegetazione naturale residua e dif-fusa) o seminaturale; nella maggior partedel territorio la vegetazione naturale è statasostituita dalla vegetazione sinantropica.

Territori nei quali la vegetazione naturale èstata completamente sostituita dalla vegeta-zione sinantropica; rari nuclei residui divegetazione naturale.

Territori con vegetazione sinantropica dei col-tivi intensivi e del verde pubblico con fram-menti di vegetazione ruderale subsponta-nea.

17

Nell’ambito del progetto per la valorizzazione epromozione dei Beni Culturali del Comune diMuros è stata condotta una ricerca bibliograficae archivistica in materia di storia del territorio edel patrimonio archeologico, comprendente ilcensimento e la catalogazione dei beni archeo-logici noti, mediante i modelli dell’IstitutoCentrale per il Catalogo e la Documentazione. Irisultati esposti sono stati desunti dalla cartogra-fia, dalle pubblicazioni relative ai principali siti,dall’analisi dei documenti dell’archivio dellaSoprintendenza per i Beni Archeologici delleprovince di Sassari e Nuoro, dai dati emersidurante una serie di ricognizioni presso le areedi concessione mineraria in località SanLeonardo, effettuate per conto della stessaSoprintendenza dalla scrivente, dalle fonti orali.Attualmente manca un censimento organicovolto all’individuazione dei beni archeologicidel territorio in esame, se intendiamo per “cen-simento” la ricognizione estensiva dell’interaarea in oggetto con l’utilizzo delle metodologiedel survey e la successiva catalogazione,motivo per il quale il presente studio costituiscela fase preliminare del censimento vero e pro-prio.

Il territorio del Comune di Muros è quasi inte-ramente compreso nel bacino idrografico delrio Mascari, affluente del rio Mannu, che sfociaa Porto Torres: la valle da esso modellata,attualmente attraversata dalla S.S. 131, si identi-fica con la principale via di comunicazione trala costa settentrionale e l’interno dell’isola già inetà preistorica e protostorica e successivamentein età punica, romana e medievale. Infatti lagola sinuosa scavata dal fiume tra il massicciodi Canechervu e il monte Venosu ha da semprecostituito un passaggio obbligato dal mareverso l’interno e viceversa. Si tratta quindi di unterritorio che ha avuto nei secoli un’importantevalenza strategica, grazie al controllo sulla viadi comunicazione da una parte, e alla ricchezzadelle risorse (abbondanza di sorgenti, buonaqualità dei suoli) dall’altra. Ciò ha favorito lostanziamento umano già dalle età più remote:le prime testimonianze archeologiche risalgonoal neolitico antico. La Grotta dell’inferno, situatasullo scosceso versante occidentale del monteVenosu-Tudurighe, ha restituito, tra i varireperti, frammenti di ceramica cardiale, dalladecorazione impressa con una conchiglia (car-dium edule), e datati alla fase più antica del

neolitico. In questo periodo le grotte vengonousate a fini abitativi, cultuali e funerari, polariz-zando l’antropizzazione del territorio. L’utilizzodella grotta continua per tutto il neolitico, cometestimoniano gli altri materiali, parte dei quali èesposta al Museo Sanna di Sassari: è presenteun ampio campionario di utensili litici, in selcee ossidiana, ma anche oggetti in serpentino; trale ceramiche, vasi a collo distinto e spalla arro-tondata con piccole anse e finissima decora-zione sull’orlo o sulla carena, impressa a tac-chette o a puntini, della cultura di Bonu Ighinudel neolitico medio, e frammenti con decora-zioni tipiche della cultura di San Michele diOzieri, del neolitico recente. La relazione scien-tifica di Fulvia Lo Schiavo, nell’archivio dellasoprintendenza, sottolinea come la continuitàdi insediamento attraverso tutte le fasi del neo-litico sia un fatto di enorme interesse, e auspicaindagini all’interno della grotta per valutare se,nonostante i lavori di estrazione del guano,siano rimasti depositi stratigrafici intatti.Allo stesso orizzonte cronologico deve essereriferito il più celebre reperto proveniente dalterritorio di Muros, la statuina femminile ora alMuseo Sanna, appartenente alla classe degli

LA PORTA D’ACCESSO AL GOLFO DELL’ASINARA: IL TERRITORIO DI MUROS TRA ARCHEOLOGIA DEL PAESAGGIO E PIANIFICAZIONE INTEGRATA

Nadia Canu

18

Territorio e Patrimonio - Conoscere per valorizzare

“idoletti” di stile geometrico e volumetrico,espressione artistica che nasce in relazione allacultura di Bonu Ighinu: secondo alcuni studiosirappresentazione di una divinità, sono l’espres-sione di un culto tipicamente neolitico legatoalla fertilità e allo sviluppo della pratica agri-cola. D’altra parte, l’esplosione demografica,che tocca il suo apice con la cultura di Ozieri,è testimoniata anche dal fiorire di insediamentie siti funerari, tra i quali i più noti sono le grot-ticelle artificiali, dette domus de janas: a Murossono note quelle di monte Terras e Badde Ivos,altre ne risultano in documenti d’archivio (a SuCrastu Covaccadu e a Su Monte de S’Abba deSubra), un’ultima nel database del PianoPaesaggistico Regionale, in località Su Saltu desa Campana, ma ulteriori devono essere dislo-cate nel territorio e non registrate, altre ancorapotrebbero essere state distrutte e perdute persempre a causa dei massicci lavori di estrazionemineraria che hanno riguardato il versantemeridionale di Canechervu. In relazione aimonumenti funerari afferenti al megalitismopuò essere citato il dolmen di Su Muzzigone, dicui si ha notizia dall’archivio della soprinten-denza. Non sono ancora state individuate testimo-nianze dell’età del rame, probabilmente soloper carenza di ricerche sulla totalità del territo-rio: la tomba di monte Simeone, che inizial-mente era interpretata come recinto megaliticoo allée couverte (tali sono infatti le motivazionidel decreto di dichiarazione di interesse), a piùattente analisi si è rivelata una tomba di giganti.Tra le testimonianze dell’età del bronzo unposto di primo piano spetta al sito di Sa

Turricula, caratterizzato da un campo visivoestesissimo, in una posizione di larghissimodominio che consente, in buone condizioni deltempo, di spingere lo sguardo dal Golfo diAlghero, compreso Capo Caccia, fino al ver-sante meridionale dell’altopiano di Campeda eal monte Santo di Bonnanaro. È il primo inse-diamento di cultura Bonnanaro riconosciutonell’isola, collegato anche a un dolmen e unnuraghe. Le indagini archeologiche, concen-trate negli anni ’70 e condotte da Maria LuisaFerrarese Ceruti, hanno riguardato una dellecapanne del villaggio, il dolmen situato nonmolto distante, in località Funtana ‘e Casu (interritorio di Osilo), e il nuraghe, arroccato suuno sperone roccioso lungo lo spartiacque trail monte Tudurighe e il monte Muros. La capanna ha restituito una serie di materialiomogenei riferibili alla “facies di Sa Turricula” econsiderata prodromo dell’età nuragica insenso stretto: le analisi radiometriche sui resti diun focolare hanno indicato una datazioneintorno al 1500 a.C. Anche dal dolmen proven-gono materiali di questo tipo, salvo qualchereperto più tardo che ne indica un riutilizzo inepoca nuragica. Non fu però possibile accertarein sede di scavo una connessione di tipo strati-grafico tra l’insediamento e il nuraghe, perchéle indagini in questo edificio rivelarono unarioccupazione in epoca punica e romana.Mentre i materiali preistorici della capannasono stati studiati e pubblicati, non è avvenutolo stesso per quelli provenienti dal nuraghe (adeccezione delle monete, edite nel 1978), daormai trent’anni nei magazzini in attesa diessere studiati.

L’età nuragica è caratterizzata da una presenzarelativamente scarsa di nuraghi: oltre a quellodi Sa Turricula, nel territorio comunale ne èpresente un altro in località Santu Giorzi,entrambi in cattivo stato di conservazione.Quello di Sa Turricula presenta evidenti rima-neggiamenti successivi, con tutta probabilitàpertinenti all’età romana; di quello di SantuGiorzi è visibile un solo filare di blocchi, obli-terato da un crollo e ricoperto di vegetazioneerbacea e arbustiva. Forse le scarse attestazionidi edifici di questo tipo sono dovute al sostratolitologico del territorio, interamente compostodi rocce calcaree, mentre per gli affioramenti dibasalto è necessario spostarsi nei vicini territoridi Cargeghe e Codrongianos, dove infatti sussi-stono un maggior numero di torri nuragiche ein migliore stato di conservazione. Ciò nonimplica comunque una minore presenza antro-pica: abbiamo infatti attestazioni di monumentifunerari, mentre insediamenti di questo periodopotrebbero non essere attualmente in luce.Sono da segnalare due monumenti, entrambidichiarati di particolare interesse (sottoposticioè a vincolo archeologico): la tomba digiganti di monte Simeone e l’ipogeo a facciataarchitettonica di Rocca Ruja. La tomba di giganti di monte Simeone si trovaa circa 400 metri da Sa Turricula e a circa 800da Santu Giorzi, quindi poteva essere connessasia all’uno che all’altro presidio territoriale.Come si è accennato, inizialmente, non indivi-duando tracce evidenti dell’esedra, si interpretòil monumento come recinto megalitico o alléecouverte, in un secondo tempo, il ritrovamentodi un frammento della stele centinata con por-

19

La porta d’accesso al Golfo dell’Asinara: il territorio di Muros tra archeologia del paesaggio e pianificazione integrata

tello a luce arcuata appena a valle indicò che sitrattava di una tomba di giganti. Sia in biblio-grafia che nel decreto di dichiarazione è sotto-lineato che la tomba è inesplorata e probabil-mente questa è stata la principale causa delloscavo clandestino, scoperto e segnalato dallascrivente nell’autunno del 2001: dalla camerasepolcrale era stata recentemente asportata unaconsiderevole parte del giacimento stratigrafico,probabilmente con l’ausilio di mezzi meccanici;tra il materiale di risulta depositato lungo il latooccidentale della tomba sono state osservateossa umane in grande quantità, ma non è maistata effettuata la setacciatura del sedimento peril recupero dei pochi reperti scampati al furto.Inoltre l’asportazione massiccia ha causato unnotevole dissesto statico al monumento, costi-tuito da una serie di ortostati infissi vertical-mente nel terreno. In località Rocca Ruja si trova un ipogeo a fac-ciata architettonica, tipologia diffusa in un’arearistretta del sassarese coeva alle tombe digiganti di tipo dolmenico-ortostatico, dellequali riproduce il prospetto, scolpito nella roc-cia. Purtroppo lo stato di conservazione è cat-tivo, perché la tomba ha subìto una serie di riu-tilizzi e rimaneggiamenti, soprattutto durante ilperiodo della seconda guerra mondiale. Venneinfatti usata come rifugio antiaereo e sia l’in-gresso sia la camera subirono allargamenti chene hanno snaturato l’originaria conformazione.Scarsa è la documentazione relativa al periodopunico, consistente in alcuni materiali prove-nienti dal nuraghe Sa Turricula, segnalati dallascavatrice senza ulteriori specifiche, ma soloindicando un’occupazione a fini cultuali.

Alcune verifiche effettuate solo su alcune delledecine di cassette conservate al museo hannoconsentito di individuare frammenti di thymia-teria fittili a testa femminile. Dello stesso conte-sto anche quattro monete puniche della zeccadi Sardegna, ora nel medagliere del museoSanna, datate tra il 241 e il 216 a.C.Le testimonianze del periodo romano sonomolto più consistenti, pur non essendo stateindividuate con ricerche di tipo sistematico: riu-sciamo ad avere un’idea del tipo di insedia-mento, finalizzato allo sfruttamento agricoloattraverso la coltivazione del grano, cono-sciamo abbastanza delle infrastrutture, in parti-colare della viabilità, e abbiamo tracce della vitareligiosa.Per quanto riguarda la viabilità, la valle eraattraversata dalla strada a Turre usque Karalis,la cui costruzione, risalente nelle prime fasi allaseconda metà del I secolo a.C., ha favorito l’in-tensivo sfruttamento agricolo del retroterra tur-ritano. La via partiva dal foro della colonia diTurris Libisonis, passava per Ottava, toponimoche testimonia l’ottavo miglio da Turris e pareseguisse in parte il tracciato dell’acquedotto cheaveva origine all’Eba Ciara, oggi conservatosolo in minima parte perché distrutto in rela-zione alla costruzione della ferrovia, che neripercorre il tracciato. Il primo miliario con l’in-dicazione della distanza è stato rinvenuto nel1823 a Scala di Giocca, presso il ponte situatoappena a monte della confluenza tra il rioBunnari e il Mascari: è datato agli anni finali delprincipato di Nerone e indica il XVI miglio aTurre (vedi contributo di A. Ibba in questostesso volume). La distanza indicata pone una

problematica, se cioè il percorso aggirasse daovest l’area attualmente occupata da Sassari,come finora ritenuto, o se passasse per la città,lungo la direttrice del Corso e via Roma prose-guendo per via Carlo Felice e Scala di Giocca,come propone Mastino, considerando l’esi-stenza del toponimo Iscala de Clocha, che sem-bra implicare un percorso a tornanti già esi-stente in periodo medievale. In base al miliariosi può ipotizzare che anche il ponte, compren-dente due arcate realizzate in blocchi di calcarelocale, possa nelle sue prime fasi essere perti-nente alla viabilità romana, nonostante non siainserito nella relativa monografia del Fois. Daquesto punto la strada seguiva con certezza lavalle del Mascari, passando per Campomela,dove abbiamo il ricordo del ponte sul rioMascari e dell’antico selciato, ancora visibile nelSettecento, attraversando i territori attualmentedei comuni di Muros, Cargeghe eCodrongianos. Nel territorio di Muros traccedella viabilità secondaria sono state individuatedurante una serie di ricognizioni a carattereintensivo, effettuate nel 2003 e mirate al ricono-scimento di evidenze archeologiche in un’areadi concessione mineraria. In località Badde Ivosè visibile un tratto di strada antica, che si dirigeverso est, per circa 140 m. La pavimentazione èrealizzata con pietrame calcareo, di media egrande pezzatura, di morfologia piuttosto irre-golare; i margines sono realizzati con pietre dimaggiori dimensioni e si possono osservaredelle modine in blocchi squadrati. Dopo circa140 m, si perdono le tracce della strada antica,ma il sentiero prosegue per 750 m circa, fino adimmettersi nella S.S. 131. Probabilmente si trat-

20

Territorio e Patrimonio - Conoscere per valorizzare

tava di una strada secondaria, che collegava lavia a Turre a un insediamento rurale. In effettinella zona di San Leonardo, area utilizzata neglianni passati come cava di sabbia, dove ha ini-zio il percorso, le fonti orali segnalano la pre-senza di sepolture in dolio, ad indicare la pre-senza di una necropoli e quindi di un villaggiodalla fine dell’età punica ai primi secoli dell’oc-cupazione romana. Sembra che in una di que-ste deposizioni sia stato trovato un anello in ororecante una spiga di grano, ovviamente per-duto, perfettamente coerente con la vocazioneagricola dell’insediamento e con il culto diCerere attestato a Sa Turricula a cui accenne-remo in seguito. Si aggiunga che il toponimocatastale della strada, Coa de Redulas, signifi-cherebbe “il sentiero delle anime”, avvalorandola notizia della necropoli. A tale insediamento ècon tutta probabilità ascrivibile il riutilizzo e ilrimaneggiamento di una domus de janas che sitrova a poche decine di metri dalla strada.L’ingresso è costituito da un vano rettangolare,realizzato in pietrame di medie dimensioni convolta a botte e giustapposto all’ipogeo vero eproprio ricavato nella roccia. All’interno si suc-cedono due vani, il primo, di forma ellissoidale,il secondo subtrapezoidale, nel quale si trova adestra una vasca scavata nella roccia, a sinistrauna nicchia. A pochi metri di distanza si trovaun secondo ipogeo con sezione grosso modosemicircolare e planimetria sub-rettangolare.Vista la presenza della strada antica e l’uso dellavolta, si può ipotizzare una fase del riutilizzo inepoca romana o altomedievale, per un usoforse anche abitativo, produttivo o cultuale(presenza della vasca), mentre il secondo ipo-

geo può essere interpretato come vano di ser-vizio.In diretta connessione con la strada di BaddeIvos, si può osservare un secondo esempio diviabilità antica: il sentiero di Canechervu, deno-minato nelle mappe catastali strada di SantuLionardu; il sentiero si inerpica in direzionenord, verso la cima di Canechervu; dopo 80 miniziano a riconoscersi i resti della strada.Questa è percorribile per una lunghezza dicirca 180 m, poi prosegue, infestata dagli arbu-sti per un tratto di 140 m; qui è tagliata dal gra-done trasversale di un fronte di cava; la pavi-mentazione è realizzata con la stessa tecnicadella strada di Badde Ivos. Si osservano lemodine trasversali in grossi blocchi.Considerando la connessione tra i due trattidescritti, si osserva come dalla valle del Mascari(e quindi dalla via principale) si diramasse undeverticulum che in primo luogo portava ad uninsediamento (testimoniato dalla necropolisegnalata dalle fonti orali) e in secondo luogoprocedeva inerpicandosi sulla cima del monte,dove si rilevano evidenti tracce di frequenta-zione (un lastricato di età non precisabile), rag-giungendo un punto di assoluto dominio sullavallata circostante. Un confronto molto signifi-cativo è la strada di Sos Baiolos, nel vicino ter-ritorio di Cargeghe, che si avvicina per tipolo-gia e per essere stata usata e rimaneggiata finoad epoca recente.La vocazione agricola dell’area in età romana èconfermata dalle scoperte nel nuraghe del vil-laggio di Sa Turricula, dove è attestata una fasedi riutilizzo a fini cultuali a partire dall’etàpunica e per gran parte dell’età romana, testi-

moniata da una cospicua serie di materiali dicui si hanno solo laconiche notizie. NellaRivista di Scienze Preistoriche (volume del1978) M.L. Ferrarese Ceruti scrive: “In etàromana la costruzione era stata adibita ad edifi-cio cultuale e vi si doveva esplicare il culto aCerere. Numerosi piccoli busti in terracotta diquesta divinità si rinvennero… in associazionecon lucerne, per lo più bilicni, con o senzabollo di fabbricazione e databili alla prima metàdel I secolo d.C.”. Nello stesso anno, insieme aquelle puniche, vennero pubblicate da F. Guidole monete romane, 24 pezzi datati tra il III e ilV secolo d.C. Alcuni dei reperti, restaurati nel1977, sono elencati in un documento dell’archi-vio della soprintendenza: tra questi, busti fittilidi divinità femminile con spiga di grano sulpolos, identificabile con Cerere (sul culto vedicontributo di G. Pianu in questo stessovolume). L’accesso ai magazzini del MuseoSanna per gentile interessamento della dott.ssaLuisanna Usai, e l’analisi del contenuto di 4delle decine di cassette che contengono ireperti, ha consentito di valutarne l’importanteconsistenza sia qualitativa che numerica. Lagran parte è costituita da materiali ceramici, trai quali numerosi sono pertinenti a statuette deltipo Sarda Ceres, mentre le lucerne sono inprevalenza (la gran parte sono bilicni a volutecon ansa plastica del I d.C., ma sono presentianche lucerne a disco del II-III e un’africana IB Hayes di IV-V d.C.), poiché il culto della deaprevedeva rituali notturni; sono presenti poireperti bronzei e vitrei (calici su stelo), mentreuna percentuale consistente delle cassette con-tiene ossa animali. Lo studio integrale dei mate-

21

La porta d’accesso al Golfo dell’Asinara: il territorio di Muros tra archeologia del paesaggio e pianificazione integrata

riali, accompagnato da una revisione delladocumentazione dello scavo e finalizzatoall’edizione scientifica sarebbe di estremaimportanza per la comprensione di un com-plesso santuariale a sfondo rurale e dei ritualirelativi, per un arco temporale esteso dal IIIsecolo a.C. al V secolo d.C., con la possibilità diraffrontarlo con i contesti di questo tipo indivi-duati in Sardegna. Gli elementi esposti contribuiscono a chiarire ledinamiche d’occupazione delle aree a voca-zione agricola gravitanti intorno alla via a Turree alle sue diramazioni in età romana, caratteriz-zate da una grande concentrazione di insedia-menti come provano i rinvenimenti a Cargeghe(sito di Santu Pedru), a Florinas (strutture diepoca romana sotto l’attuale abitato e necropoliin ziro di via Roma e Cantaru Ena), a Ossi (inse-diamento repubblicano e necropoli diSant’Antonio), a Codrongianos (necropoli inziro a La Rimessa).La stessa situazione viene in gran parte mante-nuta nelle dinamiche insediative di età medie-vale: la zona di San Leonardo, frequentataalmeno a partire dall’età romana, prende ilnome dalla chiesa del villaggio di Irbosa, di cuinon sussistono che strutture murarie a livellodelle fondazioni e un’ampia area di dispersionedi frammenti ceramici. Doveva essere di uncerto rilievo se nell’XI secolo vi si tenne unacorona presieduta dal giudice Barisone. Il vil-laggio si spopolò nel XIV secolo, a causa delleepidemie, ma la chiesa rimase attiva almenofino al 1688, quando venne visitata dal vescovodi Sassari. Nel 1843 Angius dà notizia di un

antico villaggio denominato Tatareddu, cheaveva per titolare della chiesa San Leonardo, eparla delle rovine di un grande edificio a livellodelle fondazioni. Una stessa situazione è ipotiz-zabile per l’area di Santu Giorzi, dove alletracce romane presso il nuraghe si sovrapponeil ricordo di un antico villaggio. Da verificaresono invece eventuali preesistenze nell’ambitodell’attuale centro urbano di Muros: non risul-tano in bibliografia o in archivio rinvenimenti dietà precedente alla medievale (necropolidell’XI-XIV secolo, individuata sotto la sacrestiameridionale della chiesa di San Gavino daDaniela Rovina), ma probabilmente solo per-ché non denunciati. Anche il tracciato dellaprincipale strada romana viene ripercorso in etàmedievale dalla cosiddetta via Turresa, citata inalcuni atti del Condaghe di San Michele diSalvenero (non ci sono riferimenti diretti circala localizzazione della strada, ma alcuni riferi-menti topografici inducono a localizzarla lungoCampomela).Nell’età moderna, caratterizzata dalla riduzionedegli insediamenti rispetto alla fase medievale,per il fenomeno dell’abbandono dei villaggi,quale aggregato di un certo interesse restaattivo solo l’attuale centro urbano. La situazionedella viabilità è invece ancora sovrapponibile aquella riscontrata in età antica, infatti la costru-zione della strada Carlo Felice ricalca voluta-mente il percorso romano. Per la zona in esamepossediamo una descrizione di Alberto LaMarmora, che nel suo itinerario dell’isola diSardegna descrive l’area di Campomela e lagola che, seguendo il fiume, segna il passaggio

tra Canechervu e il monte Venosu e immette aScala di Giocca, porta d’accesso alla città diSassari.In questa stessa ottica l’area è interpretata dalPiano Paesaggistico Regionale di recentissimaadozione: nella scheda dell’ambito 14, che lam-bisce i limiti comunali, Scala di Giocca e il cor-ridoio ambientale tracciato dai fiumi Mascari eMannu sono interpretati tra i valori principali inquanto dominanti paesaggistiche; nell’indirizzo6, Scala di Giocca e il sistema insediativo diCampomela sono considerati elementi qualifi-canti dell’accesso alla città e al paesaggio delGolfo dell’Asinara.È chiaro quindi che oggi come in età antica, lavalle mantiene un’importanza fondamentalenon solo come nodo di passaggio, ma ancheper il valore paesaggistico: un’attenta program-mazione degli interventi futuri dovrà necessa-riamente tenere conto della fitta rete degli inse-diamenti storici e promuoverne la conserva-zione unitamente alle peculiarità ambientali,anche attraverso una coerente opera di riquali-ficazione della zona industriale e dell’area delcementificio ormai in corso di dismissione etrovando il modo di contrastare lo stato didegrado e abbandono riscontrabile in questecampagne, che per tutta l’antichità e fino aqualche decennio or sono venivano conside-rate sacre per la loro fertilità. Concludo rivolgendo un pensiero affettuosoalla memoria di zio Paolo Merella, sempre sor-ridente e gentile, fonte inesauribile di informa-zioni e amore per ogni angolo di questa terra.

22

Territorio e Patrimonio - Conoscere per valorizzare

Sulla cronologia, il quadro archeologico e culturaledella Sardegna preistorica e protostorica e per tutti isiti editi in generale E. CONTU, La Sardegna preistoricae nuragica, Sassari 1997;

sulla Sardegna in età antica e sulle persistenze in etàmedievale A. MASTINO, Storia della Sardegna Antica,Sassari, 2005;

sulla Grotta dell’inferno E. CONTU, Notiziario-Sardegna,in Rivista di Scienze Preistoriche XXV, 2, 1970, p. 435; R. LORIA - D. TRUMP, Le scoperte a Sa Ucca de SuTintirriolu e il Neolitico Sardo, in Monumenti Antichi deiLincei, Roma, 1978, pp. 130-132, 175-176, fig. 11 etav. X; G. LILLIU, Arte e religione della Sardegna prenu-ragica, Sassari, 1999, p. 384, scheda 191;

sull’idoletto di Su Monte: R. LORIA - D. TRUMP, op.cit.,pp. 153-154; G. LILLIU, op.cit., p. 180, scheda 3, conbibliografia precedente;

su Sa Turricula: M.L. FERRARESE CERUTI, Nuraghe di SaTurricula (Muros); abitato di Sa Turricula (Muros);Funtana ‘e Casu (Osilo), in RSP XXXIII, 2, 1978, pp. 444-445; EAD., La cultura del vaso campaniforme. Il primobronzo, in AA.VV., Ichnussa, Milano 1981; EAD.,Archeologia della Sardegna preistorica e protostorica,1997, pp. 224-225; F. GUIDO, Sassari. Museo G.A. Sanna,in Annali di Numismatica 25, 1978, pp. 227-230;

su Monte Simeone E. CONTU, Notiziario, Sardegna, inRivista di Scienze Preistoriche XXIII, 2, 1968, p. 427;Monte Simeone o San Simeone, in Rivista di ScienzePreistoriche XXIV, 2, 1969, p. 378;

su Rocca Ruja E. CASTALDI, Domus nuragiche, Roma1975;

sui thymiateria a testa femminile A.M. BISI, Motivi sice-lioti nell’arte punica di età ellenistica, in Arch Cl, XVIII,1966, p. 49;

sulla via a Turre e sul miliario neroniano vedi infrascheda di A. IBBA;

sull’acquedotto M.C. SATTA, L’acquedotto Romano diTurris Libisonis, Piedimonte Matese (CE), 2000;

sulla strada di Sos Baiolos G. MANCA DI MORES, Aspettitopografici del territorio di Cargeghe (SS) in età romana,in L’Africa Romana XII, 2, 767-770;

sui ponti romani F. FOIS, I ponti romani in Sardegna,Sassari 1964;

sulla tipologia della Sarda Ceres C. VISMARA, SardaCeres. Busti fittili di divinità femminile della Sardegnaromana, Sassari, 1980;

sui materiali di Sa Turricula, vedi infra, scheda di N.CANU;

sul periodo medievale G. CANU, D. ROVINA, D. SCU-DINO, P. SCARPELLINI, Insediamenti e viabilità di epocamedievale nelle curatorie di Romangia e Montes,Flumenargia, Coros e Figulinas, Nurra e Ulumetu, in Laciviltà giudicale in Sardegna nei secoli XI-XIII. Fonti edocumenti scritti, Atti del Convegno Nazionale, Sassari-Usini, 16-18 marzo 2001; a cura di V. TETTI, IlCondaghe di San Michele di Salvennor, Sassari, 1997; A.TERROSU ASOLE, L’insediamento umano medievale e icentri abbandonati tra il secolo XIV e il secolo XVII,Suppl. al fascicolo II dell’Atlante della Sardegna, Roma,1974; su Irbosa vedi infra contributo di A. SODDU; sul-l’individuazione della necropoli di età basso medievalevedi infra contributo di D. ROVINA; sul XIX secolo LAMARMORA, Voyage en Sardaigne, II, p. 472 n. 20; V.ANGIUS, s.v. “Muros”, in CASALIS XI, pp. 611-613;

Il Piano Paesaggistico Regionale è stato adottato condelibera n° 36/7 del 5 settembre 2006 della GiuntaRegionale;

Per immagini illustrative dei siti N. CANU, ItinerarioArcheologico in Guida del territorio di Muros.

BIBLIOGRAFIA

23

Fra i cumuli di terra smossi dagli operaidurante i lavori per la costruzione della “StradaReale” fra Sassari e Cagliari, nel 1823, ai piedidella Scala di Giocca e nei pressi di un pontealla confluenza fra il rio Bunnari e il rioMascari, Alberto La Marmora ebbe modo dinotare fortuitamente una “colonna migliare”.Prontamente recuperata, la pietra fu trasportataa Sassari e conservata dapprima nell’atriodell’Università, quindi dal 1878 nel RegioMuseo Antiquario, allestito nei locali dellostesso ateneo (dove ebbe modo di vederlaTheodor Mommsen), infine dal 1931 nelMuseo Archeologico “Giovanni AntonioSanna”, dove attualmente è conservata (inv nr.4895). Il cippo (fig. 1), in calcare locale, tenero echiaro, quasi marnoso, è sbozzato grossolana-mente in forma cilindrica ed è fratto nella parteinferiore (dim. max. residue cm 159 x 105).Sulla superficie erosa dagli agenti atmosferici sidistinguono ancora i profondi tratti filiformi,forse realizzati con la subbia, di una capitaleirregolare che conserva tuttavia alcune fattezzedell’eleganza scrittoria di età augustea (l. 1:aste verticali e oblique svasate alle estremità).

Il disegno di Salvatore Ganga (fig. 2) segue laproposta di lettura di Maria GiuseppinaOggianu, che pur con leggere differenze, con-ferma sostanzialmente quanto pubblicato daiprecedenti editori:

Ed: C. GAZZERA, Di un decreto di patronato e di clienteladella Colonia Giulia Augusta Usellis e di alcune altreantichità della Sardegna, Memorie della RealeAccademia delle Scienze di Torino, XXXV (1831), pp.50-51; A. LA MARMORA, Voyage en Sardaigne, Torino1839, vol. II, p. 472, nr. 20; V. ANGIUS, Dizionario geo-grafico storico-statistico-commerciale degli stati di S. M.il re di Sardegna, vol. XVIII bis, Torino 1851, pp. 569-

570; G. SPANO, Abbecedario storico degli uomini illustrisardi scoperti ultimamente nelle pergamene codici ed inaltri monumenti antichi, con Appendice dell’Itinerarioantico della Sardegna con Carta topografica colle indica-zioni delle strade, città, oppidi, isole e fiumi, Cagliari1869, p. 40; CIL X 8014; M.G. OGGIANU, Contributo peruna riedizione dei miliari sardi, Sassari 1990, p. 121,fig. 57.

H. lettere: cm 10 (l. 1), 7,5 (l. 2), 6,5 (l. 3), 6 (l. 4),5 (ll. 5-7), 4 (l. 8). H. interlinea: cm 6 (ll. 1-3), 3 (ll. 3-5), 4 (ll. 5-6),3,5 (ll. 6-7), 2,5 (ll. 7-8).

IL MILIARIO DI NERONE A SCALA DI GIOCCA

Antonio Ibba

24

Territorio e Patrimonio - Conoscere per valorizzare

Fig 1 - Miliario di Scala di Giocca. (foto Nadia Canu)

È possibile notare l’interpunzione puntiforme(ll. 3-4), per i primi editori estesa a tutto iltesto, e la soprallineatura sulle cifre (ll. 7-8), inorigine presente anche sulla N (l. 4); il modulodelle lettere e l’interlinea tendono a diminuirenella parte inferiore del documento. Rispetto alle letture precedenti, possiamo resti-tuire il nome Nero (l. 2), già parzialmente intra-visto da Mommsen (CIL X 8014), confermare ilgentilizio Claudi (l. 3; per Vittorio Angius, LaMarmora, Giovanni Spano: Claudi), la lacuna(Cae]saris (l. 4; il titolo era integro per Angius;Mommsen leggeva (Caes]aris), l’epitetoGermanic(us) (l. 6, non riportato da Angius) el’iterazione delle acclamazioni imperiali (l. 8,non vista da Angius; erroneamente per LaMarmora e Spano: XIIII; per alcuni studiosi tut-tavia Nerone fu acclamato imperatore solododici volte. Seguendo Costanzo Gazzera eMommsen, contro La Marmora e Angius, sup-poniamo che sin dall’inizio si dovesse integrarela p di potestas (l. 7). Lo spazio sulla pietra allal. 8 potrebbe far supporre che il ricordo deiconsolati precedeva irregolarmente le acclama-zioni imperiali (cfr. CIL II 4683; III 6741-6742)o che il titolo imperator era riportato per esteso(in questo caso i consolati erano menzionati inuna successiva l. 9).Il cippo fu sistemato XVI miglia da TurrisLibisonis, in questa fase caput viae dell’arteriaforse non ancora unitaria che attraversava laprovincia Sardinia e si dirigeva verso Karales,passando probabilmente per le AquaeYpsitanae (Fordongianus). Pur non essendoperfettamente chiaro il percorso della strada, siritiene che questa, abbandonata la colonia

Iulia Turris Libisonis, passasse per PreddaLonga, la cantoniera Li Pedriazzi, Su CrucifissuMannu (luoghi tutti in territorio di PortoTorres), raggiungesse una prima mutatio (sta-zione per il cambio dei cavalli) fra il “vadu deponte” sul rio di Ottava e la frazione SanGiovanni (ad Octavum lapidem), attraversasseil rio Mascari presso Scala di Giocca per poiproseguire verso i territori delle moderne Ossi,Muros, Cargeghe, Codrongianos, Florinas. Glistudiosi si dividono invece riguardo al tracciatointermedio fra San Giovanni e il ponte sul rioBunnari: per alcuni la strada passava all’internodell’odierna Sassari (lungo la direttrice CorsoVittorio Emanuele - piazza Azuni) per poiaffrontare le rampe della parete rocciosa delChighizzu; per altri risaliva il corso del Mascari,toccando le località di Pischina, Sa Mandra,Pala de Carru, Preda Niedda, Caniga (muta-tio?), Padru.Grazie alla titolatura imperiale sappiamo che ilcippo fu posto in opera fra l’ottobre - dicembre67 e il 9 giugno 68 (XIV tribunicia potestas diNerone): se confermato il riferimento al V con-solato, la forchetta cronologica si potrebberestringere fra il 1° gennaio o più verosimil-mente la metà di aprile e il 9 giugno ’68. Forsenella parte perduta del miliario era ricordato ilproconsole ex pretore Cn. Caecilius Simplex,governatore della Sardegna dal 1° luglio ’67 al30 giugno ’68, console suffeta dal 1° novembreal 31 dicembre ’69, politico non di secondopiano giacché imparentato con importantisenatori di origine orientale e gallica. Sconosciuta l’occasione per la dedica della pie-tra. Per gli anni seguenti, tuttavia, sempre sulla

25

Il miliario di Nerone a Scala di Giocca

Fig 2. Miliario di Scala di Giocca (disegno Salvatore Ganga).

Per la titolatura di Nerone, cfr. D. KIENAST, RömischeKaisertabelle. Grundzüge einer römischenKaiserchronologie, Darmstadt 1996, p. 97 e J.-M.LASSÈRE, Manuél d’épigraphie romaine, Paris 2005, p. 1002;

per la via a Turre, E. BELLI, La viabilità romana nelLogudoro-Meilogu, in A. MORAVETTI (a cura di), Il NuragheSantu Antine nel Logudoro - Meilogu, Sassari 1988, pp.338-369; P. MELONI, La Sardegna romana, Sassari 1990,pp. 319-325; R. ZUCCA, Due nuovi miliari di Claudio e ladata di costruzione della via a Karalis in Sardinia,Epigraphica, LXIV (2002), pp. 57-68; A. MASTINO, Storiadella Sardegna antica, Nuoro 2005, pp. 364-369;

sul governatore e la sua famiglia, P. MELONI,L’amministrazione della Sardegna da Augusto all’inva-sione vandalica, Roma 1958, pp. 25, 188-189; H. HALFMANN, Die Senatoren aus den kleinasiatischenProvinzen des römischen Reiches vom 1. bis 3.Jahrhundert (Asia, Pontus-Bithynia, Lycia-Pamphylia,

Galatia, Cappadocia, Cilicia), in Epigrafia e ordine sena-torio, (Tituli 5) Roma 1982, pp. 635-636; G.W. BOWERSOCK, Roman senators from the Near East:Syria, Judaea, Arabia Mesopotamia, in ibid., p. 667;

sullo scenario politico, P. ROMANELLI, Storia delle pro-vince romane d’Africa, Roma 1959, pp. 279-282; E.CIZEK, L’époque de Néron et ses controverses idéologi-ques, Leiden 1972, pp. 229-230; H. PAVIS D’ESCURAC, Lapréfecture de l’annone. Service administratif impériald’Auguste à Constantin, Rome 1976, p. 106; V.A. SIRAGO,Aspetti del colonialismo romano in Africa, in L’AfricaRomana, 7, Sassari 1990, pp. 975-976; E. CHAMPLIN,Nerone, Milano 2006, pp. 204-205;

su Turris Libisonis, A. MASTINO, Popolazione e classisociali a Turris Libisonis: i legami con Ostia, in A.BONINU, M. LE GLAY, A. MASTINO, Turris Libisonis coloniaIulia, Sassari 1984, pp. 43-46, 75-77, 79; IDEM,Sardegna, cit., pp. 278-279, 282.

BIBLIOGRAFIA

via a Turre sono ricordati i miliari di Vitellio daNostra Signora di Cabu Abbas, presso Torralba(CIL X 8016 = ILS, 243: XLIIII miglio) e diVespasiano probabilmente da Mulargia (CIL X8023 e 8024: rispettivamente miglio LV e LVI,entrambi dell’anno ’74), questi ultimi esplicita-mente riferibili a lavori di restauro della strada:si potrebbe dunque ipotizzare un unitario pro-getto di ripristino dopo i lavori commissionatida Claudio nell’anno ’46 (ILSard, I, 378, forseEE VIII 744), pianificato da Nerone, ma com-

pletato solo dai suoi successori. L’iniziativapotrebbe allora correlarsi a una più ampia rior-ganizzazione dell’annona (è di qualche annoprecedente l’ampliamento dello scalo di Ostia,al quale fu sempre strettamente collegato ilporto di Turris Libisonis), forse resa piùurgente dalla crisi che afflisse Roma nella pri-mavera del ’68, quando in assenza del fru-mento egiziano e africano il grano sardodivenne probabilmente fondamentale per gliapprovvigionamenti dell’Urbe.

27

Da quando l’uomo, agli inizi dell’età neolitica,smette di essere un cacciatore, abbandona lavita nomade all’eterna ricerca del cibo disostentamento, bacche, frutti e animali, ediventa stanziale avendo “scoperto” come col-tivare le piante ed allevare gli animali, lanecessità di un ciclo biologico corretto e conti-nuo, che assicuri anno dopo anno i raccolti ela buona proliferazione degli animali da cortile,diventa essenziale. E perché non affidare taleciclo alle cure amorevoli di una divinità chepossa essere ingraziata ed invocata ed a cuiaffidarsi anche nei momenti peggiori? Al prin-cipio tale divinità era probabilmente tutt’unocon quella preposta al buon andamento dellavita umana, regolata dalla nascita e dalla mortedei vari individui, che doveva essere regolatosu precisi ritmi per evitare un pericoloso calodella forza lavoro o un incontrollabile aumentodelle bocche da sfamare.Per quel che ne sappiamo già in età neolitica,ma probabilmente anche prima, questa divinitàfu raffigurata nella figura della donna, capacedi creare quel miracolo fantastico che è lariproduzione della vita umana, e con essa,quella degli animali e del mondo vegetale. Le

figurine della Gran Madre, come noi la cono-sciamo solitamente, sono ben presenti anchenel mondo sardo, sia in epoca prenuragica chenuragica. Di particolare pregio è proprio la sta-tuina ritrovata in territorio di Muros. Accantoalla Dea Madre si è soliti affiancare, seppur inmaniera subalterna, il principio maschile, per-sonificato dal Dio Toro. Se questa religione primitiva e primordialefosse realmente basata sui soli due aspetti fon-damentali della vita, quello femminile (prepon-derante!) e quello maschile, non è dato saperecon certezza. Sappiamo invece che le societàpiù evolute culturalmente presentano uninsieme di credenze religiose decisamente piùarticolato. E così nel mondo greco esisteappunto una divinità preposta al buon anda-mento della vita vegetale ed in particolaredelle messi, Demetra. Nel racconto mitologicorelativo alla dea sono chiaramente espressi daun lato i risultati nefasti della sua “arrabbia-tura”, con tutto il mondo vegetale inattivo econseguente carestia che ne deriva per ilgenere umano, dall’altro il rapporto con ilmondo sotterraneo, dove la figlia Kore vive colmarito per metà dell’anno, per poi tornare sulla

terra per l’altra metà, chiara metafora del semesepolto sotto terra che poi germoglia e fornisceil frutto desiderato. Questo mito, e la religiositàche ne consegue, genera nel mondo greco unaserie di rituali abbastanza complessi e differen-ziati che vanno dalla Demetra misteriosa diEleusi a quella Thesmoforica, più legata almondo dei campi.Nel 396 a.C. i Cartaginesi conquistano edistruggono il santuario greco di Demetra diSiracusa e a tale azione sacrilega sarebberoseguiti una serie di rovesci militari che avreb-bero indotto i saggi della città a placare le iredella dea instaurando un sacerdozio a lei dedi-cato. Tale culto importato, a Cartagine, haavuto, quasi sicuramente, solo la valenza piùprettamente agricola. Peraltro, secondo unafonte greca (Ps. Aristotele, De mir. Ausc. 100)sempre interpretata in maniera controversa, glistessi Cartaginesi, che dominavano la Sardegnagià da tempo, avrebbero proceduto all’abbatti-mento degli alberi da frutto, prevedendopesanti pene per chi le ripiantasse. Questafonte è stata spesso contestata per una appa-rente illogicità economica insita in un simileprovvedimento, ed interpretata quindi come

IL CULTO DI CERERE A SA TURRICULA

Giampiero Pianu

28

Territorio e Patrimonio - Conoscere per valorizzare

frutto della propaganda greca contro i Punicisviluppatasi in Sicilia, dove le due etnie eranoin perenne scontro. In realtà, come avevo giàadombrato in un vecchio scritto, notando lasostanziale assenza di produzione vinaria inSardegna (G. Pianu, Contributo ad un corpusdelle anfore romane in Sardegna, Arch. St.Sardo 1980, p. 11 ss.) agli inizi del dominioromano, oggi buona parte degli storici pro-pende per una rivalutazione della notizia,legata ad una decisione “economica” cartagi-nese che avrebbe imposto in Sardegna lamonocultura cerealicola, destinata a soddisfarele proprie esigenze di grano ed a salvaguar-dare le culture pregiate del territorio attorno aCartagine. Ed è normale che l’abbondanza dicampi coltivati abbia favorito l’esportazione daCartagine in Sardegna di un culto come quellodi Demetra, culto che d’altra parte, come hodetto, riprendeva sentimenti religiosi atavicidella nostra isola. Non è dunque un caso chein siti di pianura o di altipiano dove abbon-danti erano le coltivazioni troviamo inseriticulti “demetriaci” o ad essi assimilabili. Cito, frai più noti, i casi del nuraghe Genna Maria diVillanovaforru e del nuraghe Lugherras diPaulilatino. Nel 238 a.C. i Romani conquistano la Sardegna,ma la politica di destinare le fertili pianure del-l’isola alla sola cultura cerealicola non pareabbia avuto modifiche, se è vero che proprio ilgrano sardo salva Roma da vari momenti dicarestia, almeno fino ai primi tempi dell’im-

pero. Per i Romani la dea preposta all’abbon-danza delle messi si chiama Cerere, che in ori-gine aveva aspetti cultuali abbastanza diversidalla Demetra greca, ma viene poi ad essaomologata. In Sardegna, soprattutto nella zonaNord, esiste una produzione di specifici exvoto che raffigurano proprio una dea con altocopricapo in cui sono spesso rappresentate inmaniera esplicita le spighe. Questa dea, che Cinzia Vismara ha chiamato laSarda Ceres, è abbondantemente attestata,insieme alle lucerne necessarie al rito, cheavveniva di notte, nel materiale provenientedalla località Sa Turricula di Muros, ma pur-troppo tutto ciò non è pubblicato e di conse-guenza risulta virtualmente ignoto. Il sito di SaTurricula è stato infatti scavato vari anni fa daM. Luisa Ferrarese Ceruti, che si è interessata,com’è ovvio, al solo aspetto nuragico dell’inse-diamento. Si tratta di un sito particolarmenteinteressante per quanto riguarda l’aspetto rela-tivo all’età del bronzo. Ma anche in epocaromana l’importanza de Sa Turricula dovevaessere ugualmente consistente. Il sito controlla,infatti, tutta la vasta e fertile pianura che si aprea valle della cosìddetta Scala di Giocca, versoSud, cioè il Logudoro e il Meilogu, ma da lì siarriva a vedere, ad Ovest, addirittura CapoCaccia. Non è dunque così stravagante pensareche questo sito, al momento della ripresa del-l’insediamento in età romana, sia diventato unluogo di culto della Sarda Ceres, dea specializ-zata nell’elargire agli esseri umani ottime

messi. Questa zona del Logudoro-Meilogudoveva dipendere direttamente dalla grandecittà romana di Turris Libisonis, odierna PortoTorres, il cui interesse economico non dovevaessere legato, come spesso si pensa, alla solazona della Nurra. In epoca romana la gola delrio Mascari e della Scala di Giocca non era laporta di accesso verso Sassari, come la consi-deriamo oggi, ma la prospettiva va ribaltata,leggendola da Nord a Sud. Ed i navicularesturritani, attestati nel porto di Ostia da unimportantissimo mosaico, non portavano aRoma solo il grano della Nurra ma, io credo,anche quello del Logudoro-Meilogu. Sarebbe quanto mai opportuno effettuare uno“scavo di magazzino” che mettesse in lucetutto il materiale realmente reperito dallaFerrarese Ceruti nei suoi scavi, per poter capirequali sono stati i diversi sistemi di occupazionedel territorio nei vari periodi storici. E in que-sta moderna fase storica diventa essenzialearrivare ad un radicale ripensamento sul pro-blema generale del paesaggio, che porti ad unmomento di studio globale che comprenda,oltre che al semplice censimento, (che spessorisulta una inutile elargizione di fondi perarcheologi e società che quasi mai rispettano iprotocolli delle moderne tecniche di rileva-mento), lo studio di tutti i siti e reperti già sca-vati. Insomma, uno “scavo dello scavo”potremmo dire, che fornirebbe sicuramentenovità forse oggi impensabili.

29

Un piccolo gruppo di monete, attualmenteconservato nel Medagliere del MuseoNazionale G.A. Sanna, proviene dagli scavieffettuati, a cura della soprintendenza archeo-logica, negli ultimi mesi del 1976 presso ilnuraghe «Sa Turricula» in agro del comune diMuros. Si tratta di 32 esemplari in bronzo; diqueste, quattro (nn. 1-4) appartengono a zeccasardo punica (241-238 a.C. circa; 241-215 a.C.circa). Delle monete romane (nn. 5-32) ilgruppo più numeroso, tranne la n. 5 (Salonina,dopo il 235 d.C.) appartiene all’età tardo-impe-riale (Costantino I. Teodosio I). La frequenta-zione in età punica è attestata anche da mate-riale ceramico; uno dei quattro esemplari quidescritti è riferibile al breve periodo dellarivolta dei mercenari. Studi recenti hanno collocato l’emissioneCore/Toro a d. al periodo della rivolta, attri-buendo agli anni dal 241 al 215 quella conCore/Tre spighe. I ripostigli monetali finora osservati hannomesso in evidenza il fatto che la moneta deiribelli ben difficilmente figura tra quelle in usonel resto delle genti puniche.

MONETE PUNICHE

Zecca di Sardegna Rivolta dei mercenari (241-238 a.C. circa).

D/Testa di Core, a s.R/ Toro a d.; in alto, astro a otto raggi. Bibl.: SNG, Evelpidis, 727.1.AE. mm. 13; gr. 4,95; 130°.

Zecca di Sardegna (241-215 a.C. circa).D/Testa di Core, a s.R/Tre spighe; su quella centrale, crescente eglobo; tra le spighe: a d. lettera mem. a s.; gimel.Bibl.: SNG, Evelpidis, 724.2. AE; mm. 22; gr. 7,85; 90.

D/Testa di Core, a s.R/Tre spighe; su quella centrale, crescente eglobo.3. AE; mm. 20; gr. 3,70; 135°. 4. AE; mm. 19/21; gr. 3,60; 315°. Bibl.: SNG, DNM, North Africa, 251-252.

MONETE ROMANE

SALONINARoma; dopo il 253 d.C.D/ [C]OR[NELIA SALONINA AVG]. Busto diad.e drapp a d. R/: VESTA SC. Vesta seduta a s.con patera e scettro.Bibl.: COHEN 145; RIC, V, l, p. 196, 43.5. AE sesterzio; gr. 16,60; mm. 26/28; 0°.

CLAUDIO IIZecca non precisabile; 268.270 d.C.D/ [—]AVD[—]. Testa radiata a d. R/ Indecifrabile.6. AE antoniniano; gr. 2,05; mm. 8/19.

COSTANZO I7. Alessandria, 296.297 d.C. D/ [FL] VAL CONSTANTIVS [NOB CAES]. Bustorad., drapp. e cor. a d.R/. [CONCORDIA] MI [LlTVM]; ALE in ex. Ilprincipe in piedi a d., in abito militare, riceveuna piccola Vittoria su un globo, da Giove, inpiedi a S. con scettro.Bibl.: RIC, VI, p. 667, 48 a.7. AE fraz. di follis; gr. 3,10; mm. 19; 0°.

LE MONETE DI SA TURRICULA

Francesco Guido

30

Territorio e Patrimonio - Conoscere per valorizzare

COSTANTINO ITreviri, 319 d.C. D/ CONSTANTlNVS MAX AVG. Busto cor. a d. con elmo laur. R/ VICTORIAE LAET AE PRINC PERP. DueVittorie affrontate reggono uno scudo, posto suun altare, su cui è scritto VOT PR; STR in es. Bibl.: RIC, VII, p. 182, 213.8. AE follis; gr. 2,70; mm. 17; 0°.

COSTANZO IIAquileia, 337.341 d.C.D/ CONSTANT IVSPFAVG. Busto laur. e cor. a d., in paludamentum.R/ GLOR IAEXERC ITVS; A[..] in es. Un’insegnatra due soldati. Bibl.: LRBC, p. 18, 692 b.9. AE; gr. 1,65; mm. 16; 180°.

Roma, 355.360 d.C. D/ DN CONSTAN TIVS PF AVG. Busto diad. e drapp. a d.R/ SPES REI PVBLlCE. Virtus stante con elmo,scettro e globo; R [..] in es.Bibl.: LRBC, p. 60, 691.10. AE 4; gr. 2,00; mm.17; 180°.

Aquileia, 352.354 d.C.D/ DN CONSTA N [TIVS PF AVG]. Busto diad. e drapp. a d.R/ FEL TEMP [REPARATlO]. Virtus a s. colpisce con l’asta un cavaliere che,cadendo, si aggrappa al collo del cavallo.Bibl.: COHEN 45; LRBC, p. 66, 930.11. AE 3: gr. 2,45; mm. 16;180°.

Aquileia, 355-360 d.C. DI [DN CONSTAN] TIVS PF AVG. Busto diad. edrapp. a d.R/ [SPES REI PVBLlCE]; AQ[.] in es. Virtus a s. con elmo, globo e scettro.Bibl.: COHEN 188; LRBC, p. 67, 951.12. AE 4; gr. 2,00; mm. 15; 0°.

Eraclea Tracica, 351.354. d.C. D/ DN CO[NST]AN TIVS PF [AVG]. Busto diad.e drapp. a d.RI [FEL TEMP REPARATIO]; SMHA in es. Virtus a s., colpisce con l’asta uncavaliere che cade da cavallo (braccia alzate).Bibl.: COHEN 45; LRBC, p. 83, 1900.13. AE 3; gr. 1,80; mm. 17; 135°.

Eraclea Tracica, 351-354, d.C.Simile alla precedente.14. AE 3; gr. 1,55; mm. 17; 180°.

Eraclea Tracica, 355.361 d.C. Simile alla precedente.Bibl.: COHEN 45; LRBC, p. 83, 1902.15. AE 3; gr. 1,45; mm. 18; 270°.

16. Nicomedia, 355-361 d.C. Simile alla precedente.Bibl.: COHEN 45; LRBC, p. 92, 2311.16. AE 3; gr. 2,15; mm. 18; 0°.

Alessandria, 355.361 d.C. Simile alla precedente.Bibl.: COHEN 45; LRBC, p. 103, 2346.17. AE 3; gr. 2,15; mm. 16; 315°.

Zecca non precisabile, 346-361 d.C. 18. AE 3; gr. 2,05; mm. 14; 0°.

Zecca non precisabile, 346.361 d.C. 19. AE 3; gr. 1,75; mm. 17; 180°.

Zecca non precisabile, 346-361 d.C. Bibl.: COHEN 45.20. AE 3; gr. l,55; mm. 17; 180°.

Zecca non precisabile, 355-360 d.C. D/ [DN CONSTAN] TIVS PF AVG. Busto diad. e drappo a d. R/ SPES REIPVBLlCE. Virtus stante con globo escettro.Bibl.: COHEN 188.21. AE 3; gr. 1,65; mm. 18; 180°.

Zecca non precisabile, 337-361 d.C.D/ [DN CONSTAN] TIVS PF AVG. Busto diad. e drapp. a d. R/ Indecifrabile.22. AE 3; gr. 2,10; mm. 17.

GIULIANOZecca non precisabile, 354-363 d.C. Dj DN IVL[IA NVS PF AVG]. Busto diad. e drapp. a d. R/ SPES REI PVBLlCE.L’imperatore stante con globo e scettro. Bibl.: COHEN 42.23. AE 3; gr. 1,95; mm. 17; 135°.

VALENTINIANO IRoma, 367-375 d.C. D/ DN VALENTINI ANVS PF AVG. Busto diad., drapp. e cor. a d.

31

Le monete di Sa Turricula

R/ SECVRIT AS REIPVBLlCAE; R PRIMA in es. Victoria a s., con corona epalma.Bibl.: COHEN 37; RIC, IX, p. 121, 24 (a); LRBC,p. 61, 712.24. AE 3; gr. 2,90; mm. 18; 225°.

VALENTERoma, 367-375 d.C. D/ DN VALEN S PF AVG. Busto diad., drappo e cor. a d.R/ SECVRITAS REIPVBLlCAE; SM[edera]RP ines. Vittoria a S.con corona e palma.

Bibl.: COHEN 47; RIC, IX, p. 121, 24 (b); LRBC,p. 61, 725.25. AE 3; gr. 1,95; mm. 17; 15°.

Nicomedia, 364-375 d.C. Simile alla precedente.Bibl.: COHEN 47; RIC, IX, p. 252, 12 (b); LRBC,p. 93, 2329.26. AE 3; gr. 2,15; mm. 17; 180°.

Zecca non precisabile, 367-375 d.C. Simile alla precedente.Bibl.: COHEN 47.27. AE 3; gr. 2,30; mm. 17; 315°.

TEODOSIOZecca non precisabile, 379-395 d.C. D/ [D] N TH [- -]. Testa diad. a d.R/ Indecifrabile.28. AE 3; gr. 1,4.0; mm. 14.

29-32. AE 3; gr. 1,90, 1,80, 1,25: indecifrabili.

H.Cohen, Description historique des monnaies frappéessous l’empire romain. Rist. Graz 1955.

Sylloge Nummorum Graecorum. Grèce. Collection RènaH. Evelpidis. Athènes, vol. I Italie-Sicilie-Thrace (acura di T. Hackens - E. Evelpidis). Louvain 1970.

Sylloge Nummorum Graecorum. The Royal Collection ofCoins and Medals. Danish National Museum. NorthAfrica, Syrtica- Mauretania (ed. G.K. Jenkins),Copenhagen 1969.

Late Roman Bronze Coinage. A.D. 324-498.

Part I: The Bronze Coinage Of House Of Constantine A.D.324-346. P.V. Hill and J.P.C. Kent.

Part II: Bronze Roman Imperial Coinage of the LaterEmpire A.D. 346-498. R.A.G. Carson and J.P.C. Kent,London 1960.

P.H. Webb, The Roman Imperial Coinage. Vol. V, part I,London 1972.

C.H.V. Sutherland, The Roman Imperial Coinage. Vol. VI,London 1973.

P.M. Bruun, The Roman Imperial Coinage. Vol. VII,London 1972.

J.W.E. Pearce, The Roman Imperial Coinage, Vol. IX, bLondon 1972.

BIBLIOGRAFIA

33

Nel dicembre 2006, su interessamento delladott.ssa Usai e con la collaborazione del sig.Stoccoro della Soprintendenza per i BeniArcheologici delle province di Sassari e Nuoro,sono state visionate 4 delle 27 cassette conte-nenti i materiali provenienti dallo scavo delnuraghe Sa Turricula, condotto nel 1976 daM.L. Ferrarese Ceruti. Nella prima sono conser-vati reperti restaurati nel 1977, mai esposti alpubblico. È stato presentato alla soprinten-denza un progetto per lo studio integrale delladocumentazione dello scavo e dei materiali,finalizzato all’edizione scientifica e in attesa difinanziamento. Si ritiene utile nel frattempopubblicare, su concessione del Ministero per iBeni e le Attività culturali, le immagini di alcunidei materiali votivi fittili che testimoniano unafase di riutilizzo a fini cultuali del nuraghe inetà punica e romana. Sono presenti thymiate-ria e busti femminili del tipo Sarda Ceres. Sirimanda per esigenze di spazio la schedaturaanalitica degli stessi ad una monografia appo-sita. Nella didascalia sarà riportato il numero diinventario, quando presente, e l’indicazionedelle misure in centimetri.Tra gli altri reperti del contesto, vi sono in pre-valenza lucerne bilicni a volute con ansa pla-stica (Dressel tipo 12-13, Deneauve V B), cone senza bollo, databili al I secolo d.C.

CENNI SU ALCUNI MATERIALI VOTIVI PUNICI E ROMANI DA SA TURRICULA

Nadia Canu

Fig. 1 - Frammenti di thymiateria: R 293/77 (h 8,4); R 300/77 (h. 5,0); thymiaterion in 5 frammenti (h 13,2).

Fig. 2 - Busto fittile femminile, mancante di tutta la parte superiore della testa; sulla parte posteriore, liscia, èinciso a stilo il bollo FRVCT. R 291/77 (h 9,0 cm).

34

Territorio e Patrimonio - Conoscere per valorizzare

Sui thymiateria a testa femminile, espressione del mondopunico in età ellenistica, e la loro diffusione in SardegnaP. REGOLI, I bruciaprofumi a testa femminile dal nuragheLugherras (Paulilatino), Roma, 1991; S. MOSCATI, Nuovistudi sull’artigianato tardo-punico in Sardegna, in RSF,XXI, 1993, pp.83-98; G. GARBATI, Religio votiva. Perun’interpretazione storico-religiosa delle terrecotte votivenella Sardegna punica e tardo-punica, tesi di dottorato,

Dipartimento di Storia dell’Università di Sassari, AA2004-2005, pp. 41-43, tab. B;

Sui busti di Sarda Ceres, tipologia diffusa nell’area nord-occidentale dell’isola, vedi il catalogo con gli esemplarinoti al 1980, esclusi quelli di Sa Turricula, in C. VISMARA,Sarda Ceres. Busti fittili di divinità femminile dellaSardegna romana, Sassari, 1980, che ne individua il cen-tro di produzione a Porto Torres, presso il ponte romano;

sui ritrovamenti posteriori P. BASOLI, Un busto di SardaCeres proveniente da Ozieri (Sassari), in NBAS, 1, 1984,pp. 255-257; M. SOLINAS, D. LISSIA, Sassari. NuragheLi Luzzani, in BdA, XLIII-XLIV, 1997, pp. 133-136:

Sulle lucerne E. DRESSEL, Lucernarum formae, in CIL X,2,1, Berolini, 1899; J. DENEAUVE, Lampes de Carthage,Paris 1969.

Fig. 4 - Busti fittili femminili, ricomposti e integrati dall’intervento di restauro. R 277/77 (h 17,0); 278/77 (h senza integrazione 14,3); 279/77 (h 17,2).

Fig. 5 - Busti fittili femminili, ricomposti e integratidall’intervento di restauro. R 289/77 (h 14,1);299/77 (h 16,5).

Fig. 6 - Frammento di polos, (h 5,3); busti fittili femminili, ricomposti e mancantidella parte superiore. R 286/77 (h 10,2); R 287/77, particolarmente evidenti letracce di colore rosso e verde (h 9,6).

Fig. 7 - Lucerna bilicne a volute con presa plastica in forma di semiluna; disco decorato con disco solare ecrescente lunare. Sul fondo bollo QVOLVSIH. Ricostruita da sei frammenti. R 226/77 (lungh. 13,2).

BIBLIOGRAFIA

Fig. 3 - Busti fittili femminili, frammenti di teste. R 295/77 (h. 3,9);297/77 (h 9,9).

35

Una delle condizioni generalmente osservatein Sardegna, per contrarre matrimonio, è chel’uomo abbia una casa, di sua proprietà, possi-bilmente nuova, dove accogliere la sua compa-gna e iniziare una nuova vita insieme. Questocertamente era il concetto dominante anche almomento della formazione degli insediamenti,dei centri urbani, come Muros. La casa di rife-rimento è l’abitazione rurale, composta da ununico locale, almeno nel primo periodo matri-moniale, poi, con l’arrivo dei figli, verràampliata in modo da adeguarla via via alnumero dei componenti della famiglia.“La casa sarda in modo particolare, dal puntodi vista umano, è un elemento dinamico inti-mamente collegato con la vita dei suoi abi-tanti… è un elemento in continua innovazione,sensibilissimo e capace di modifiche e di adat-tamenti fra i più disparati, entro una cornice diarcaismo che sembra sempre più persistente,ma che in effetti è sempre meno reale”.1

Vi è una stretta corrispondenza tra la casa e lafamiglia che la abita, come tale quindi è sem-pre individuale, possibilmente chiusa in sestessa per garantire il massimo della riserva-tezza.L’accorpamento, quindi l’adattamento nell’am-bito urbano impone varianti dimensionali che

molto spesso portano a strane e curiose com-penetrazioni e sovrapposizioni, soprattuttoquando il nucleo principale viene frazionatofra i diversi figli.La caratteristica principale è la semplicità e lasobrietà: nulla di più di quanto non serva, del-l’essenziale, e talvolta anche meno. Ciò cheporta inevitabilmente a edifici piuttosto poverinon solo dal punto di vista architettonico, maanche dei materiali impiegati: è sufficiente cheassolvano al compito per cui sono stati fatico-samente realizzati, cioè protezione, difesa eriservatezza.Le diverse regioni geografiche della Sardegnahanno una propria fisionomia morfologica eambientale, riscontrabile anche nelle tipologieedilizie; ma possiamo senz’altro dire che, nellaparte settentrionale della Sardegna, non esisteun tipo di abitazione nettamente diversa daquella delle altre regioni. Tuttavia, proprionella parte dove si trova Muros è possibile rile-vare alcuni caratteri tipologici omogenei, diffe-renziati rispetto a quelli delle regioni circo-stanti.Le differenze principali sono rilevabili nellesoluzioni planimetriche, adottate, ma special-mente nella distribuzione interna degliambienti. Il che determina volumetrie tipiche,

assai diverse ad esempio da quelle delleregioni più settentrionali, come la Nurra masoprattutto la Gallura.Nel quadro delle informazioni che preludonoalla fase operativa si ritiene necessario chiarirea quale accezione di “tipo” si fa riferimento;perciò si assume quanto riportato dalDizionario di Architettura ed urbanistica allavoce “tipo”: “Nell’edilizia, come in ogni altraattività, l’uomo utilizza l’esperienza mediante lamemoria, operante a livello di coscienza spon-tanea, delle risoluzioni di problemi analoghiattuate precedentemente. Queste sono presentinell’artefice come un corpo di nozioni mutua-mente organizzate secondo una finalità unita-ria, vero organismo edilizio a priori che, contermine derivante dal greco “tipos”, modello,chiamiamo tipo.In successivi gradi di approfondimento, com-prendenti una casistica di possibili organismisimilari, sempre più delimitata, il t. giunge adinglobare un insieme di nozioni sempre piùtipiche, in quanto codificazioni di esperienzeprecedenti, ma difficilmente ripetibili in casianaloghi nel complesso delle loro connessioni:quindi contingenti ed atte, al limite, alla risolu-zione di un solo caso particolare, perché deri-vanti dall’essere l’edificio da realizzarsi indivi-

TIPOLOGIE TRADIZIONALI DELL’AMBIENTE URBANO

Michele Pintus

36

Territorio e Patrimonio - Conoscere per valorizzare

duato nel tempo e nello spazio: il t. quindi dàluogo nel suo concretarsi fisico, ad un solo edi-ficio, un nuovo ed unico individuo edilizio...Il t. condiziona l’intera gamma degli oggettiedilizi, senza limitazioni di scala, dal materialeda costruire agli organismi territoriali: è infattilegata al t. la nozione di «materiale», distinto da«materia» in quanto implicante l’uso per il qualeè finalizzato, tipico in quanto comprendente,secondo la definizione data, un corpo di cogni-zioni organizzate mutante organicamente nellastoria: un materiale ha forma, dimensioni, resi-stenza atte ad un uso predeterminato, dalquale si può relativamente prescindere solo apena di perdita di rendimento; ugualmentetipiche sono le componenti di un organismoterritoriale - percorsi, insediamenti, aree pro-duttive, nuclei urbani - e le relazioni intercor-renti tra queste (v. percorso; crinale; controcri-nale): tanto che, sulla base di tale tipicità, pos-siamo verificare, ad esempio, la distribuzionespiccatamente modulare dei nuclei urbani dianaloga grandezza, l’omogeneità di comporta-mento dei percorsi riguardo all’orografia, ecc...Riassumendo possiamo dire che il t. come quiè definito è caratterizzato dall’essere la proie-zione logica totale dell’edificio, organismototale, con una propria storicità dipendente daidifferenti margini di individuazione derivantidall’uso che se ne fa a livello di coscienza cri-tica, in funzione di una scelta pertinente dellivello di tipicità adatto; a livello di coscienzaspontanea, invece, il t. coincide sempre con il«modello» totale dell’organismo edilizio indivi-duato che viene a formare.Il processo di formazione e di interscambio

della tipologia edilizia è dovuto alla deriva-zione dei vari t. da matrici comuni che, peressere proprie di una base antropica generaliz-zabile per le differenti culture, anche se realiz-zata in epoche diverse a seconda dei vari livelliculturali, sono necessariamente simili almenoquanto lo sono gli uomini delle diverse civiltà.A partire infatti da un determinato stadio civilele case di tutte le culture attraversano una faset. elementare monocellulare di dimensioniattorno ai m 5-6 di diametro o di lato. Abbiamochiamato altrove questo t. «t. base» o «cellulaelementare» in quanto condizionante la forma-zione dei t. successivi, o «pseudotipi», differen-ziati per successive aggregazioni e specializza-zioni del t. base diversamente caratterizzate aseconda dei vari stadi civili. In ciascun «pseu-dotipo» il t. base mantiene un certo grado diautonomia, anche nelle associazioni più com-plesse, divenendo modulo strutturale e funzio-nale; è anche facile dimostrare che i t. inter-medi tra cellula elementare e associazioni piùcomplesse sono leggibili in queste ultime comeelementi funzionali-strutturali con una relativaautonomia nell’insieme. Nel processo di varia-zione del t. assume un ruolo determinante lasuperficie necessaria alla vita autonoma di cia-scuno dei t. base, di dimensioni e forma tipi-che, chiamata “area di pertinenza”; questa pre-senta una persistenza di forma e dimensioni digran lunga maggiore dell’usuale intervallo cro-nologico di variazione tra i t., diminuendo lasuperficie libera di tale area man mano che ilt. cresce per lo svolgersi, all’interno di questo,di funzioni anteriormente svolte all’esterno”.2

Va poi chiarita, in particolare, la distinzione tra

“edilizia specialistica” ed “edilizia di base”,considerando che: ...l’edilizia specialistica sidistingue dall’edilizia di base (residenziale)proprio perché risolve funzioni che non sonoresidenziali e, quando lo sono (vedi ilpalazzo), sono secondarie rispetto a quelle cheproducono la specializzazione del tipo.L’edilizia di base è l’edilizia residenziale, laprima ad essere stata concepita per soddisfarel’esigenza abitativa dell’uomo e quella cheresta alla base di ogni processo tipologico.Quindi anche il complesso di esperienze con-sumate nel campo della edilizia specialistica,ha alla base il processo tipologico dell’ediliziadi base.3

Le strutture edilizie presenti nella nostra area distudio risultano essere quasi elusivamentequelle a schiera. Vale pertanto quanto soste-nuto da G. Caniggia: ...“I tessuti formatisi nelMedio Evo sono per la gran parte condizionatidai tipi a schiera... caratteri costanti del Tipo aschiera, oltre la misura codificata dell’area dipertinenza in ml 5-6x12-20 circa, sono: lepareti laterali in comune, ovvero adiacenti secon interposto l’ambitus tra case contigue; l’ap-partenenza al margine di un percorso, dinorma utilizzando questo e l’area interna perun duplice affaccio. Ne consegue che le case aschiera tendono a formare tessuti seriali chesolo nelle fasi più mature della formazione diun aggregato giungono a formare isolati rigi-ranti su quattro fronti, mentre usualmente siorganizzano linearmente in una prima fase,lasciando vuoti inedificati e seguendo i per-corsi matrice...”.4 Concetto, quest’ultimo,ripreso anche da C. Chiappi e G. Villa che sem-

37

Tipologie tradizionali dell’ambiente urbano

pre a proposito della casa a schiera affermano:…“Casa a schiera è una casa aggregata in seriecon altre dello stesso tipo. Le esigenze postedalle caratteristiche dell’impianto (fronte esi-guo, che ha dimensione di una sola cellula)configura questo tipo edilizio secondo un assedi sviluppo perpendicolare al fronte strada.Tale sviluppo in profondità viene mantenutodurante le fasi (del processo) successive, sinoal consolidamento del tipo in linea”.5

L’esame attento del centro storico consente diindividuare alcuni «tipi» fondamentali che carat-terizzano e qualificano il centro stesso e chepertanto meritano di essere salvaguardati erecuperati al patrimonio culturale della colletti-vità. Il tipo edilizio base trae origine dall’evolu-zione de «sa domo» l’abitazione monocellulareprimitiva, similmente a quanto è avvenuto per«su casalittu» dell’agro turritano, «su cuile» dellaNurra o «su stazzu» gallurese; anche se questetipologie, per la verità, erano diffuse prevalen-temente in campagna, mentre «sa domo» hacostituito il tessuto di base originario del primi-tivo centro abitato e rappresenta anch’essa laforma più povera ed elementare di abitazionedel bracciante o del pastore, non essendo altroche la traduzione «urbana» della capannarurale. Quest’ultima, infatti, è scomparsa prati-camente dappertutto e dove ancora permane èutilizzata solo come ricovero temporaneo.La crescita della famiglia rendeva necessario,come già detto, l’ampliamento della monocel-lula base, che rispondeva appena ai più ele-mentari bisogni del primo periodo di forma-zione del nuovo gruppo familiare. Gli amplia-menti andavano di pari passo col suo aumento:

essi variano fra la sovrapposizione di una cel-lula a quella di base e cioè con sviluppo verti-cale; l’aggiunta di una cellula laterale, con svi-luppo in larghezza; l’accrescimento dal lato delcortile con sviluppo in profondità e, infine, levarie combinazioni, con le loro varianti, fra letre possibilità di sviluppo. Ne risulta unavarietà di «tipi» e di costanti, ciascuna dellequali esprime una dimensione familiare, lequali costituiscono altrettanti organismi abba-stanza efficienti che si sono confermati in unaesperienza plurisecolare. Ancor oggi, a parte leinevitabili innovazioni dovute esclusivamenteall’impiego delle nuove tecniche costruttive edei nuovi materiali, oltre che all’introduzionedi quegli indispensabili accessori e servizi dicui nessun consorzio civile può ormai fare ameno, essi si sono mantenuti nella loro impo-stazione generale e rappresentano le tipologieprevalenti del tessuto urbano.«Sa domo» era all’origine l’alloggio della fami-glia appena formata, ma allo stesso tempo rap-presentava anche il ricovero notturno deglianimali da cortile e dell’asino. Quest’ultimo erautilizzato come animale da lavoro e anchecome mezzo di trasporto per raggiungere ilcampo o l’orto o l’ovile, situati spesso assailontano dal centro abitato.Condizioni, com’è noto, comuni a molteregioni mediterranee in cui le popolazionirurali vivono ancora addensate in grossi borghie che una volta si ponevano in cammino primadell’alba per raggiungere la campagna circo-stante da cui facevano rientro al calar del sole.Questa usanza è generalizzata in tutte le zonedella Sardegna, al Nord come al Sud. L’uso di

dimorare in campagna, come si sa, è nell’Isolaquasi sconosciuto, fatta eccezione per ilpastore, che una volta lasciava la famiglia inpaese e viveva nello stazzo accanto allepecore, trattenendovisi per lunghi periodi, spe-cie se i pascoli erano reperibili in zone piutto-sto lontane. Oggi non è più così ed è semprepiù diffusa anche in queste categorie l’abitu-dine di rientrare in paese alla sera, abitudinefacilitata dalla disponibilità, estesa ormai a tuttele categorie sociali, di mezzi meccanici di loco-mozione.Tutta la vita della piccola famiglia si svolgevaquindi in quest’unico ambiente di 20-30 metriquadrati. Si trattava certamente di uno spaziominimo, appena in grado di soddisfare alle piùelementari necessità della vita organizzata, mail giovane bracciante o il pastore non potevapermettersi di più al momento della forma-zione della sua famiglia. Provenivano essiinfatti, invariabilmente, da famiglie numerose eper potersi sposare dovevano provvedersi diuna casa nuova, per quanto piccola, ma di loroproprietà, e soprattutto autonoma rispetto aquelle dei nuclei di provenienza: la coabita-zione è infatti un fenomeno inesistente inSardegna. Tutto era quindi realizzato in grandeeconomia, spesso facendo a meno anche delmuratore, al quale essi ricorrevano solo per lasoluzione di qualche piccolo problema fuoridall’ordinario. Ma nei casi normali il bracciantee il pastore, capaci di allestire in campagna lacapanna per i ricoveri temporanei e i recintiper gli animali erano anche normalmente ingrado di costruirsi un alloggio stabile nel cen-tro abitato.

38

Territorio e Patrimonio - Conoscere per valorizzare

I materiali non mancavano, perché la naturaoffriva loro ottime pietre da costruzione,soprattutto la trachite, il basalto, il calcare, ecerte arenarie compatte. Queste pietre spessoerano poste in opera promiscuamente, ma tal-volta con un certo ordine. I pezzi speciali,come gli stipiti, gli architravi, le soglie, i davan-zali, ecc. erano scelti fra pietre di uguale colo-razione, solitamente il calcare, ed erano realiz-zati in elementi monolitici rozzamente sboz-zati. Lo stesso dicasi per la copertura, la cuiorditura portante poteva essere formata contronchi di quercia ghiandifera o di frassino o diperastro, una volta assai diffusi, tanto da occu-pare quasi la metà del territorio. Il manto sot-totegola era invece costituito da canne,anch’esse molto diffuse lungo il corso dei tantiruscelli che scorrono nelle vicinanze.Le condizioni igieniche all’interno de «sadomo» non erano certo eccellenti. L’ambiente,scarsamente illuminato e arieggiato, durante leore notturne e cioè nel periodo di massimoaffollamento, quando la famiglia si riuniva, eraanche il solo ricovero per gli animali da cortile(il maiale e le galline erano immancabili) iquali durante il giorno erano liberi di grufolaree di razzolare all’aperto, in mezzo alla strada,ma al calar del sole, venivano raccolti e ricove-rati nella capanna. La pavimentazione in terrabattuta, su cui gli sposi stendevano la stuoiaper la notte, e le pareti spesso prive di into-naco erano comodi ricettacoli per gli insetti.Oltre che per le ragioni sopraddette, le ridottedimensioni della capanna erano dovute all’ad-densamento delle cellule elementari all’internodell’abitato, raccolto attorno a un nucleo origi-

nario, costituito molto spesso dai primitivi«muristenes». Questo tipo è inoltre privo di cor-tile posteriore di modo che il lotto risulta inte-ramente occupato dalla casa. L’indisponibilitàdi spazi liberi propri rendeva pertanto i-nevitabile il trasferimento di talune attivitàfamiliari nelle aree pubbliche, vie o piazze, chevenivano quindi usate alla stregua di corticomuni in cui si lasciavano anche i carri agri-coli accanto alle abitazioni dei rispettivi pro-prietari. Per la stessa ragione la porta diingresso e la finestra, quando esisteva, eranonecessariamente aperte verso la strada, indi-pendentemente dall’orientamento. Talvolta la cellula dispone di un rozzosoppa1co che occupa solo una parte dellasuperficie. È costituito da un’orditura di tronchipiù o meno diritti con un impalcato di rozzetavole o di canne secche affiancate e legatecon giunchi. La destinazione tradizionale èquella di deposito di legna da ardere, dipagliaio e di dispensa per viveri (legumi, for-maggio, olio, ulive in salamoia, ecc.). Il colle-gamento a terra avviene mediante scala a pioli,raramente fissa.La copertura è a falda unica, con sgrondoverso la strada (fig. 1).Da questo tipo base, in relazione al cresceredella famiglia, del numero dei componenti e dinuovi nuclei che da essa si originano, svilup-pano tanti altri che diventano a loro volta tipo-logie essenziali e caratterizzanti: viene intro-dotto un disimpegno sul quale si aprono laporta d’ingresso dalla strada e l’accesso allacellula base, che risulta così un po’ diminuitadi superficie. Il disimpegno ha anche la fun-

Fig. 1

Fig. 2

Fig. 3

Fig. 4

39

Tipologie tradizionali dell’ambiente urbano

zione di deposito per la legna e di ricoveronotturno per l’asino e gli animali da cortile, cherisultano così separati dal resto dell’abitazione(fig. 2);si crea un ampliamento minimo a sviluppo ver-ticale, costituito da due piani monocellulasovrapposti. La sopraelevazione è estesa a tuttal’area di base di modo che la superficie com-plessiva dell’alloggio risulta di 50+55 mq (fig.3);In questo caso l’ampliamento rende possibileun minimo di differenziazione funzionale poi-ché consente la collocazione della camera daletto («s’appusentu») al piano superiore («sadomo ‘e susu») lasciando il vano al piano ter-reno («sa domo ‘e sutta») per le funzioni diurne:cucina, lavoro, soggiorno, oltre che natural-mente a ricovero degli animali e degli attrezzie per letto dei figli più grandi.I collegamenti verticali sono assicurati conscale in struttura muraria o in legno, dispostein un angolo interno; avviene poi la sopraele-vazione di un tipo base nel quale il disimpe-gno alloggia la scala in vano proprio, pur con-servando, in parte, la funzione di ripostiglio edi deposito di legna da ardere e di altre prov-viste. La scala è in struttura muraria o in legno,oppure parte in muratura e parte in legno. Laparte superiore del vano scala in cui nella ver-sione attuale è possibile ricavare un bagno, èspesso occupata da cassapanche o da una odue brande, destinate ai figli mentre «s’appu-sentu» attiguo conserva la destinazione esclu-siva di camera da letto matrimoniale. Il sotto-scala è spesso usato come piccolo deposito digrano da seme («granariu») (fig. 4);

Anche in questo tipo il tetto è a falda unica,sovente senza controsoffitto.L’ampliamento minimo è ottenuto con l’ag-giunta al piano terreno di una cellula affiancatadestinata alla camera da letto, «s’appusentu».Alla cellula primitiva rimangono tutte le altrefunzioni di camera da lavoro, cucina «sufoghile»), ricovero di attrezzi e di animali. Nellacamera da letto spesso è presente una speciedi bassa soffitta («su pianu mortu») simile alsoppalco già usato nel tipo più elementare,ma esteso a tutta la superficie. L’accesso puòaversi pertanto solo attraverso una botola («satrappa») e il collegamento avviene con unascala di legno raramente fissa. La destinazionedi questo ambiente è principalmente a riposti-glio-dispensa (fig. 5); al tipo precedente è aggiunto un disimpegnosu cui si apre la porta di ingresso e cheimmette direttamente a «su foghile» e a«s’appusentu» (fig. 6); si sopraeleva il tipo precedente nel quale ildisimpegno è occupato dalla scala, al terminedella quale si crea uno spazio di disimpegnoche immette nelle due stanze da letto supe-riori. Anche qui, nella versione moderna, èpresente un locale per bagno (fig. 7);al piano superiore dei tipi precedenti èaggiunto un sottotetto («chelarasu» o «isostre»)destinato a locale di sgombero e, al solito, agranaio e a deposito di viveri. Il sottotetto tal-volta è spezzato e copre solo parzialmente lasuperficie disponibile, limitandosi al volumeavente un’altezza utilizzabile. La parte rima-nente è a terrazza e in qualche modo sostitui-sce il cortile interno mancante (fig. 8);

Fig. 5

Fig. 6

Fig. 7

Fig. 8

40

Territorio e Patrimonio - Conoscere per valorizzare

il tipo precedente viene esteso all’area di duecellule affiancate. Il sottotetto risulta molto piùvasto e costituisce un vero magazzino spessoadoperato come granaio e deposito di legumida seme, oltre che come rispostiglio edispensa. Una casa di questo tipo rientra inuna speciale categoria, «su palattu», che è l’edi-ficio a due piani con almeno due vani per cia-scun piano, oltre al vano scala (fig. 9);il tipo base ha la possibilità di avere un cortileposteriore. In questo caso la cellula elementaredispone di uno spazio libero proprio, il cherappresenta un sensibile miglioramento funzio-nale. La presenza del cortile, per quanto ri-dotto, rende possibile ricavarvi il porcile e lastalla per l’asino, la latrina o una piccola tettoiaper lo stesso uso. È inoltre possibile trovareuno spazio per accatastarvi la legna da arderee custodire gli animali da cortile, togliendolidalla strada. Se lo spazio è sufficiente e il cor-tile ha un idoneo accesso da una via seconda-ria è anche possibile introdurre il carro agrico-lo; in caso contrario esso è lasciato sulla strada(fig. 10);i tipi precedenti si ripetono con il vantaggio delcortile che consente di avere camere in amplia-mento che si affacciano su di esso; si arriva al«palattu» che, nella sua forma più completa, èformato da quattro ambienti al piano terra ealtrettanti al piano superiore. Un andito cen-trale, aperto alla strada e al cortile posteriore,disimpegna le quattro stanze ed è abbastanzaampio per contenere anche le scale. Questodisimpegno è a sua volta diviso in due parti:quella anteriore del piano terra, disposta versola strada, assolve anche al compito di zona di

ingresso, mentre quella posteriore immettenelle due camere interne e contiene l‘uscita alcortile. Lo stesso avviene nel piano superioreove nelle versioni più moderne è anche possi-bile ricavare una camera da bagno (fig. 11).I primi esempi di questi «palattos», cioè didimore caratteristiche di grossi proprietari ter-rieri, risalgono almeno al XVII secolo. La distribuzione prevalente, nella versione, percosì dire, più rustica e tradizionale è quella cheassegna al piano terreno la cucina, la stanza dalavoro e una o due camere da letto; mentre ilpiano superiore contiene esclusivamente lecamere da letto.Il «palattu» dispone, quasi sempre, del cortileche è costantemente situato nella parte poste-riore. Attorno a questo spazio libero, essen-ziale per il funzionamento della casa agricola,sono posti gli accessori indispensabili: stalleper gli animali da lavoro, fienile, magazzini etettoie per deposito attrezzi; il porcile, il pol-laio, il forno per il pane, il mucchio della legnada ardere, ecc.Il cortile «corrale», ha il suo ingresso carrabilerivolto di solito a una strada secondaria («car-rela ‘e segus»), ma esso per la vita d’ognigiorno è certamente il più importante ed èl’unico ordinariamente praticato, essendoquello verso strada riservato come «buono», daaprirsi in caso di visite importanti o per altreoccasioni particolari. Per quanto riguarda i materiali da costruzionesi è detto che la zona è ricca di giacimenti ditrachite, di basalto e di calcare, pietre chelocalmente assumono nomi un po’ curiosi.Così il basalto, prevalentemente di colore gri-

Fig. 9

Fig. 10

Fig. 11

41

Tipologie tradizionali dell’ambiente urbano

gio, è chiamato «pedra ‘e fogu»; il calcare, «sucantone», il basalto poroso, «pedra fumiga», ecc.Infine «pedra ‘e codina» è chiamata un’arenariamolto resistente, impiegata per pezzi speciali.Le pezzature sono irregolari e nella costitu-zione della struttura muraria interna sono col-locate in opera appena sbozzate. Per la forma-zione del paramento esterno, spesso lasciato avista, è invece abbastanza ricercata una certaregolarità, anche se spesso le pietre sono didiversa qualità e colore.L’uso del mattone è molto recente: alcunidecenni orsono era del tutto sconosciuto nel-l’edilizia comune.I legno è largamente usato per la formazionedi soppalchi, dei solai intermedi e dei pianisotto tetto e delle coperture. Le essenze piùdiffuse sono la quercia ghiandifera («chelcu») ilfrassino («frassu») e, più raramente, il ginepro(«zinnibiri»).Il cotto è di uso generalizzato nelle coperture,quasi totalmente in coppi.La struttura portante tradizionale è quindi lamuratura massiccia di pietrame di vario tipo e«1udu», fango (lat. lutus). Il fango, formato con

terre ad alto tenore di argilla, è quindi la maltaadoperata per il collegamento della massamuraria interna. Nel paramento esterno noncompare di essa alcuna traccia perché i giuntifra i vari pezzi sono rinzeppati con scaglie dipietrame minuto incuneati a percussione.Si è detto che i muri sono di pietrame grezzogrossolanamente sbozzato disposto in filarisostanzialmente orizzontali.È quasi sconosciuto l’uso della pietra conciache non è adoperata neanche per la forma-zione delle piattabande delle aperture, ove siricorre preferibilmente all’impiego di monolitidi trachite o basalto poroso «pedra fumiga» o,più raramente, al calcare. Con gli stessi mate-riali si inquadrano spesso le aperture aggiun-gendo agli architravi altri monoliti in corrispon-denza sia degli stipiti che delle soglie o deidavanzali. Talvolta questi riquadri sono di tipoe colorazioni diverse da quella del corpo delmuro e risaltano rispetto ad esso, introducendouna nota di modesta decorazione. Talvolta glistipiti e gli architravi sono lavorati allo scal-pello con disegni molto semplici.Inizialmente il muro è privo di intonaco, il

colore è quindi determinato dal mosaico dipietre naturali che compongono il paramentoesterno, ma con il miglioramento delle condi-zioni economiche, il gusto e il decoro portaalla diffusione dell’intonaco e alla tinteggiaturafinale con cromatismi talvolta anche pesanti.Gli orizzontamenti più diffusi sono solai inlegno, con orditura di tronchi di quercia o difrassino lasciati allo stato grezzo o grossolana-mente squadrati, e impalcato di rozzo tavolate. La volta massiccia è raramente impiegata: iltipo è sempre a botte e la struttura interna inconci di «pedra fumiga» per la sua leggerezza efacilità di lavorazione.I tetti sono prevalentemente a falda unica o adue falde con disposizione «a capanna». Il padi-glione è praticamente sconosciuto. Lo sgrondodelle acque avviene senza canali di raccolta,ma direttamente dai coppi disposti a canaleche si prolungano all’esterno, sostenuti spessoda un doppio o anche triplo ordine di mensoleeseguite con tegole murate e determinanoquella caratteristica dentellatura che borda itetti di quasi tutte le case antiche.

1O. Baldacci, La casa rurale in Sardegna, Centro di studiper la geografia etnologica, Firenze 1952.

2Dizionario Enciclopedico di architettura e Urbanistica,Istituto Editoriale Romano, 1969.

3C. Chiappi - G.Villa, Tipo/Progetto/composizionearchitettonica, Ed. Alinea, Firenze 1980.

4G. Caniggia, Strutture dello spazio antropico, Uniedit,Firenze 1976.

5C. Chiappi - G.Villa, op. cit.

NOTE

42

Territorio e Patrimonio - Conoscere per valorizzare

AA.VV., La conoscenza del territorio e dell’ambiente,Enidata S.p.A., Milano 1988.

AA.VV., Un disegno per il riuso, Edizioni Kappa, Roma1983.

O. Baldacci, La casa rurale in Sardegna, Centro di studiper la geografia etnologica, Firenze 1952.

G. Caniggia, Strutture dello spazio antropico, Uniedit,Firenze 1976.

C. Chiappi - G. Villa, Tipo/Progetto/composizione archi-tettonica, Ed. Alinea, Firenze 1980.

F. Clemente, Relazione introduttiva convegno “Culturadel paesaggio e metodi del territorio”, Cagliari, 20-21marzo 1986.

Dizionario Enciclopedico di architettura e Urbanistica,Istituto Editoriale Romano, 1969.

V. Mossa, Archiettura domestica in Sardegna, Delfino,Sassari 1985.

M. Pintus, Architettura rupestre in Sardegna, Quadernon. 4, Istituto di Architettura, STEF, Cagliari 1983.

M. Pintus - P. Piga Serra, Rilievo del quartiere “sascorte” nel centro storico di Bonorva, Quaderno n. 6 Istituto di Architettura, STEF., Cagliari 1983.

G. Siotto Pintor, Storia Letteraria di Sardegna, Tip.Timon, Cagliari 1843.

A. Terrosu Asole, Sardegna, Milano 1963.

BIBLIOGRAFIA

43

Il centro storico di Muros è contraddistinto daun costruito organico e compatto, ricco disignificati intrinseci e di secolari stratificazioni,realizzato in una perfetta concordanza divolumi e materiali con il paesaggio (fig. 1), ilquale è riuscito a conservare il proprio carat-tere tradizionale. Ciò, nonostante le incontrol-late manomissioni provocate da inopportuniincrementi di superfici e volumi, da sostitu-zioni edilizie - specialmente in presenza deirari episodi superstiti di architettura rurale, nonpiù rispondenti alle attuali esigenze funzionali- nonché dalla costruzione di quartieri dinuova espansione, del tutto estranei all’anticoagglomerato urbano, che accentuano, peraltro,un inorganico rapporto tra pieni e vuoti (fig.2). Si tratta, com’è ben noto, di fenomeni per-petuatisi in maniera diffusa nella maggior partedelle nostre città a partire dalla seconda metàdel Novecento, e a cui, purtroppo, si continuaad assistere, causati, sostanzialmente, dall’as-senza di idonei strumenti legislativi e di uncontrollo attivo da parte delle autorità respon-sabili; assenza cui, a livello regionale, si sta cer-cando di porre rimedio, come dimostra larecente redazione del Piano Paesistico dellaRegione Sardegna (2006).

L’edificato del contesto urbano in esame èascrivibile, con ogni probabilità, al tardomedioevo - come testimonia la conformazioneplanimetrica degli isolati - con stratificazionipiù tarde, databili al periodo compreso tra ilXVI e il XIX secolo, emerse dalla lettura direttadel tessuto edilizio; si tratta, cioè, di episodi dialto valore culturale, tali da imporre la defini-zione di idonee misure di tutela, rivolte soprat-tutto agli esempi cosiddetti ‘minori’1, i più vul-nerabili al processo di deterioramento permancanza di riconoscimento dei loro valoriintrinseci. L’ipotesi cronologica avanzata, sup-portata dalle fonti bibliografiche - seppurscarne - iconografiche ed archivistiche, è peral-tro coerente con le vicende che hanno inve-stito la cittadina, secondo cui, così comerisulta da alcuni documenti2, risalirebbeall’epoca dei Giudicati, quando già compare ladenominazione della villa. Nel corso del XIVsecolo essa passa agli Aragonesi e, a partiredalla metà del Seicento, ai marchesi Martinezdi Montemuros. L’indagine archivistica, tuttora in fieri, ha dimo-strato, ancora una volta, le sue potenzialità aifini della conoscenza, essendo in grado di con-correre efficacemente all’illustrazione della sto-

IL CENTRO STORICO: ANALISI EDILIZIA E PROPOSTE D’INTERVENTO

Caterina Giannattasio

Fig. 2 - Muros, espansione edilizia a sud-est dell’abitatotradizionale.

Fig. 1 - Muros, il centro storico visto da nord-ovest.

44

Territorio e Patrimonio - Conoscere per valorizzare

Fig. 3 - ASS, Cessato Catasto Terreni, Mappa De Candia,Comune di Muros, Tavoletta 4, 28 decembre 1843, part.

Fig. 4 - ASS, Cessato Catasto Terreni, Comune di Muros, MappaAbitato, Frazione G, s.d. (ma 1852 circa).

Fig. 5 - ASS, Cessato Catasto Terreni, Comune di Muros, MappaAbitato, Frazione G, 1885. La pubblicazione dei grafici storici ivi presenti è stata gentilmente concessa dall’ASS con nota n. 202/IX. 4.1 del 20.01.2007.

ria della coralità edilizia in qualsiasi ambitogeografico3. Nello specifico, di grande efficaciaè stata la lettura delle piante storiche ottocen-tesche, e in primo luogo la carta geodetica ela-borata da Carlo De Candia4, del 1843 (fig. 3),«al quale il governo aveva affidato il compito didefinire su carta, con valore quindi probatorio,i limiti territoriali dei singoli villaggi, fino adallora stabiliti nella tradizione orale della topo-nomastica dei luoghi»5. Si è analizzata, inoltre,la prima catastale d’impianto6 (fig. 4), conte-stualmente al Sommarione7, entrambi redatticonseguentemente all’emanazione della leggen. 1192, del 15 aprile 1851, ove sono indicati,con riferimento a ciascuna particella, accurata-mente numerata, i nomi dei proprietari e laconsistenza dei rispettivi beni, distinguendo glispazi liberi (adibiti a «vigneto», «pascolo», «ara-torio», «oliveto», «improduttivo», «orto») da quelliedificati (differenziati in «casa», «casa rurale»,«civile») al fine di conteggiare la tariffa d’estimosecondo quanto stabilito dalla Direzione delCensimento prediale8. Tali strumenti, com’ènoto, si ponevano come base per l’applica-zione della riforma tributaria, che si sarebbeattuata a partire dal 1° gennaio 1853; per cuiessi, in considerazione dei necessari tempi diesecuzione, possono ascriversi alla fine del1852, o forse anche a qualche anno dopo. Laplanimetria, nonostante sia stata redatta inpieno Ottocento, quando, cioè, le tecniche dirilevamento avevano ormai raggiunto un ele-vato livello di precisione, mostra notevoli ine-sattezze, derivanti dal fatto che gli operatori

catastali incaricati di redigere i nuovi elaborati«concretarono gli abbozzi parcellari in base aiperimetri già segnati» nelle tavolette del DeCandia, molto spesso effettuando rilievi nongeometrici, bensì a vista. Tali inesattezze si per-petuano altresì nel grafico di aggiornamentodella catastale, del 1885 (fig. 5)9, dove, rispettoalla precedente, sono evidenziate le particellecollocate in aree di nuova espansione, ovveroposteriori al 1852.Nonostante le suddette approssimazioni geo-metriche10, tali elaborati, confrontati con l’ul-timo aggiornamento catastale, del 1971, e conl’aerofotogrammetria attuale, hanno consentitodi definire, per ogni fabbrica, il limite antequem, e quindi di elaborare classi cronologi-che evidenzianti lo sviluppo edilizio locale (fig.6). In dettaglio, si sono indicate le struttured’impianto anteriori al 1843, quelle attuate nelperiodo compreso tra il 1843 e il 1852 circa, trail 1852 e il 1885, tra gli ultimi anni del XIXsecolo e i primi del XX secolo, e quelle erettein pieno Novecento, evidenziando altresì lesostituzioni edilizie avvenute negli ultimidecenni. Tale successione è stata inoltre con-fermata dall’investigazione della veste architet-tonica prevalente che contraddistingue il patri-monio edilizio, arrivando, in alcuni casi, a pun-tualizzare cronologie più remote, riferite alXVI-XVII secolo11. In particolare, il confrontotra la cartografia del De Candia e la prima cata-stale d’impianto attesta che l’apertura dell’at-tuale via Garibaldi, e quindi dell’edilizia adessa prospiciente, è avvenuta proprio in questo

45

Il centro storico: analisi edilizia e proposte d’intervento

Fig. 6 - Comune di Muros, aerofotogrammetria dello stato attuale, con la definizione cronologicadelle strutture. I pallini indicano la perimetrazione del centro storico secondo il P.U.C. vigente.

Fig. 7 - Muros, centro storico. Planimetria, su base aerofotogrammetrica, con l’indicazione, per ciascunaunità immobiliare, delle destinazioni d’uso e del numero di piani dell’edificato.

46

Territorio e Patrimonio - Conoscere per valorizzare

Fig. 8 - Muros, centro storico. Via C. Battisti, 4.

Fig. 9 - Muros, centro storico. Via C. Cavour, 2.

lasso di tempo, non comparendo nella prima,dove gli isolati XIII e XIV - così come numeratinella fig. 7 - sono accorpati. Inoltre, il V, inop-portunamente sventrato tra gli anni sessanta eottanta del Novecento producendo un vero eproprio vuoto urbano, attualmente segnato daun’edilizia del tutto priva di qualità formale,nella iconografia degli anni quaranta del XIXsecolo compare come unico blocco, divisoqualche anno dopo in due parti dal vicolo allaChiesa, asse posto in direzione est-ovest, a col-legamento delle attuali vie Roma e Battisti. Undiverso assetto contrassegnava altresì l’isolatoXII, il quale formava, verso oriente, una sortadi triangolo isoscele, con ogni probabilità cor-rispondente ad un’area verde, poi assorbita nelnuovo assetto per tracciare il tratto settentrio-nale di via Principe Umberto, con i due lati inlinea con via Brigata Sassari e via Roma, 12.Tale conformazione era possibile per l’assenza,fino a metà Ottocento, delle unità immobiliaridelimitanti, verso ovest, l’isolato XIII. Come si evince dalla seconda catastale d’im-pianto, dalla metà dell’Ottocento fino al 1885 iltessuto edilizio non conosce sostanziali incre-menti, se non in corrispondenza del tratto set-tentrionale di via Roma (via Marchese), occi-dentale di via Principe Umberto (via Fonte) emeridionale di via Brigata Sassari (viaCargeghe), nonché del vicolo Ariosto, asse dinuova apertura.È interessante sottolineare, inoltre, che in tuttala cartografia ottocentesca, in prossimità dellachiesa, verso occidente, si annota l’esistenza diuno spazio molto più ampio rispetto a quelloodierno, che andava a creare una sorta di

sagrato, seppure non in perfetta corrispon-denza con l’ingresso al luogo sacro, evidente-mente adattato ad un assetto edilizio preesi-stente; spazio ridottosi, tra la fine del XIX e gliinizi del XX secolo, con l’accrescimento del-l’isolato VIII verso la gradinata di via Cavour.Da essa si è pure desunta la toponomasticadell’epoca, quando: - via Brigata Sassari era denominata, sin dallaprima metà del secolo, via Cargeghe e poianche Vittorio Emanuele; - via Battisti era detta carela de adde puttuprima, e via Umberto poi; - via Garibaldi era appellata, così come riferitodal De Candia, carela de su Rettore; - via Principe Umberto era intitolata carela duCantaru e nel 1885 via Fonte, datando la col-locazione della fontana alla seconda metà delXIX secolo; - via Roma si chiamava vicolo alla Chiesa neltratto meridionale e via Marchese in quello set-tentrionale, suggerendo l’esistenza di beni diproprietà dei Martinez; - via Eleonora d’Arborea era detta carela deChiesa e adde puttu, poi via Mazzini.La suddivisione particellare deducibile dalladocumentazione storica è stata confermata,come già accennato, dall’indagine diretta, da cuiè emerso un tessuto edilizio prevalentementedato da cellule abitative, ad uso residenziale,con uno o due piani in elevazione (fig. 7)13,coperte con falde semplici o doppie, tradizio-nalmente rivestite con coppi in cotto e contrad-distinte, di regola, da un disegno di facciatasemplice ed essenziale che realizza un’auto-noma identità figurale. Si è registrata, inoltre, la

47

Il centro storico: analisi edilizia e proposte d’intervento

Fig. 10 - Muros, centro storico. Via Mannu, 5.

Fig. 11 - Muros, centro storico. Via C. Battisti, 20.

sussistenza di piccoli corpi con diversa fun-zione (cantine, locali ad uso agricolo, depositi,questi ultimi spesso trasformati in garage),costituite dal solo pianterreno, solitamente contetto ad una falda, eseguite con tecnichecostruttive tradizionali peculiari del luogo.Il censimento dell’abitato è stato condotto conl’esame sincronico degli immobili per forma(tipologie edilizie, scale, composizione di fac-ciate, linguaggio decorativo, disegno di singolielementi architettonici, quali portali, ornie dibalconi e finestre, serramenti, elementi orna-mentali) e per materia (materiali e tecnichecostruttive), nonché annotando il degradomaterico e le alterazioni indotte da utilizzazioniincompatibili14. In dettaglio, si sono investigatele modalità di costruzione adoperate per l’ese-cuzione di murature, volte, solai, coperture,scale, oltre che di elementi di finitura, catalo-gando i dati in apposite schede riferite a cia-scun immobile, corredate da immagini fotogra-fiche15.Come si accennava prima, nel contesto ‘dif-fuso’ spiccano, oltre alla chiesa dedicata aiSanti Gavino, Proto e Gianuario e alla fontepubblica, alcuni organismi di notevole pregio,in sporadici casi presumibilmente riferibili alCinquecento, in altri al marchesato deiMartinez e, più frequentemente, qualificate dauna veste architettonica ascrivibile al periodocompreso tra la fine del XIX e gli inizi del XXsecolo. La struttura edilizia più antica sembraquella in via Cesare Battisti, 4 (fig. 8), dove ildisegno delle cornici in pietra delle finestre alprimo piano richiama modelli algheresi delXVI-XVII secolo16. Altro esempio significativo

è rappresentato dal manufatto in via Cavour, 2,marcato da spessori murari consistenti, oltreche da un portale a tutto sesto e dal cantonalead angolo con via Roma, entrambi in bugnato(fig. 9). La lettura della conformazione plani-metrica dell’area, ed in particolare l’assenza diun sagrato antistante la chiesa, cui si è giàaccennato, farebbe supporre che essa sia ante-riore all’ampliamento della stessa, avviato tra lafine del XVI e gli inizi del XVII secolo. Numerosi, invece, sono gli episodi edilizi carat-terizzati da un apparato decorativo di gustosette-ottocentesco, spesso di fondazione riferi-bile ai primi del Novecento, con esiti formali diuna certa qualità, tramite l’uso di un linguaggioessenziale, ma raffinato, che definisce un appa-rato scultoreo in pietra caratterizzante paraste,cantonali, cornici di balconi e finestre, portali,fasce marcapiano, trabeazioni. Significativi intal senso sono i corpi in via Roma, 1, via BrigataSassari, 13, via Mannu, 5 (fig. 10) e via BrigataSassari, 38. In particolare, gli ultimi duemostrano, in facciata, segni di un precedenteassetto, ovvero il primo denuncia l’aggiunta diun piano, di recente fattura, attestata dall’inter-ruzione dei cantonali e dalla posizione dell’ori-ginaria trabeazione; il secondo, invece, esibisceun tratto di cornice di coronamento apparte-nente all’attiguo edificio, oggi non più esi-stente, come si evince da un’immagine sto-rica17. Quest’ultima evidenzia, peraltro, lo statodei luoghi antecedente allo sventramento dipiazza della Repubblica, nonché la consistenzadi alcuni edifici prospicienti via Brigata Sassari,prevalentemente caratterizzati da un solo pianoin elevazione; condizione, questa, che si è con-

48

Territorio e Patrimonio - Conoscere per valorizzare

Fig. 12 - Muros, centro storico. Particolare del portale d’ingresso e del portone ligneo in via Eleonora d’Arborea, 8.

servata a tutt’oggi, tranne che per il civico 36,attualmente costruito da due piani fuori terra.Riconducibili con certezza al XX secolo sono,invece, alcune costruzioni non risultanti nellepiante storiche di fine Ottocento, tra cui quellain via Cesare Battisti, 20 (fig. 11), segnata da unapparato decorativo riproponente stilemi sette-centeschi, impiegati in corrispondenza dellecornici delle finestre e delle sottostanti spec-chiature a rombi, della trabeazione a dentelli,ecc., i quali testimoniano un apprezzabileimpegno verso la ricerca formale, con risultatidi indubbio significato culturale. Di fondazioneprecedente rispetto a quest’ultimo esempio,ma oggetto di un intervento di ristrutturazionenovecentesca, è l’immobile in via Eleonorad’Arborea, 8, dove, coerentemente con lamaniera eclettica che contraddistingue l’epoca,viene adoperato un linguaggio liberty (fig. 12).Di più incerta datazione sono gli episodi diedilizia ‘diffusa’, strutture molto essenziali madi grande interesse, che, come già detto,spesso conservano i tratti originari. Tra essi,collocabili al periodo compreso tra gli ultimianni dell’Ottocento e i primi del Novecento,talvolta utilizzando un carattere tradizionale, inaltri casi sperimentando un linguaggio piùinnovativo, si evidenziano quelli in via BrigataSassari, 54, 22 e 29, tutti formati dal solo pian-terreno: il primo reca un portale a tutto sesto abugne, così come le cornici delle finestre e leparaste, con portone in legno inciso con deco-razioni floreali e geometriche, il tutto sormon-tato da una trabeazione a dentelli; il secondomostra anch’esso un ingresso ad arco a tuttosesto, affiancato, come il caso precedente, da

due finestre squadrate; il terzo è caratterizzatoda paraste bugnate o trabeazione in pietra,oltre che da decori geometrici. Coevo è lo sta-bile situato al civico 44 della medesima strada,contraddistinto da un cantonale decorato instile liberty, oltre a quello in via Roma, 23, mar-cato da una trabeazione in pietra con meda-glioni inscritti in quadrati. Degni di nota sono, inoltre, alcuni manufatticon un piano in elevazione, quali quelli: in viaCavour, 1, dal disegno semplice, segnato dauna trabeazione in pietra e da una cornicemodanata attorno alla finestra del primolivello; in via Cesare Battisti, 10-12, anch’essocon vani di accesso squadrati e finestre concornice a dentelli, di tono ingenuo ma deco-roso, insieme all’attiguo civico 14, dove la con-tinuità della trabeazione suggerirebbe una pre-cedente unione tra le due strutture; in viaBrigata Sassari, 28 e in via Roma, 15, esempientrambi recanti cantonali a bugne e trabea-zione a dentelli decorata.Infine, si segnalano piccole fabbriche ad usoagricolo o adoperate come cantine e depositi,che in taluni casi consentono di analizzare letecniche costruttive tradizionali. Significative intal senso sono quelle in via Cavour, 4 e in viaIV Novembre, le quali conservano solai lignei(fig. 13) e offrono una lettura delle apparec-chiature murarie, entrambe in pietra cantone,ma realizzate con elementi lapidei di differentepezzatura e lavorazione; la prima irregolare,contenuta dalla cornice del vano d’ingresso, inconci ben squadrati, la seconda in blocchiregolari, con ogni probabilità di non remotafattura, come certificherebbe il trattamento

49

Il centro storico: analisi edilizia e proposte d’intervento

Fig. 14 - Muros, centro storico. Apparecchiatura muraria avista caratterizzante l’edificio in via Principe Umberto, 14.

Fig. 13 - Muros, centro storico. Solaio ligneo presente in unlocale in via IV Novembre.

superficiale della pietra. Rilevanti sono anche icorpi tardo-ottocenteschi siti in vicolo Ariosto,mostranti un’apparecchiatura a conci irregolariin pietra calcarea, con riferimento ad uno deiquali si evidenzia la conservazione di un pianopavimentale in battuto di cemento. Di pregio èpure il civico 14 di via Principe Umberto, dellametà del XIX secolo (fig. 14), con muraturasquadrata in pietra cantone a vista e trabea-zione aggettante, anch’essa composta dal solopianterreno.In definitiva, tale percorso ha consentito digiungere alla conoscenza di ciascuna unitàimmobiliare del tessuto antico di Muros, regi-strandone le caratteristiche peculiari ed indivi-duandone le stratificazioni e le recenti altera-zioni, indispensabile premessa per la reda-zione di un progetto di restauro urbano. Inaltre parole, l’intento è quello di agevolare l’in-terpretazione e la cronologia dei manufattiarchitettonici cosiddetti ‘minori’, ovvero di pro-durre sussidi che facilitino un corretto approc-cio per la loro conservazione, rispettoso delvalore documentale del patrimonio edilizio edell’autenticità della materia storicizzata. Da tale premessa scaturiscono alcune proposteoperative, volte alla tutela ed alla valorizza-zione del patrimonio edilizio autoctono, fina-lizzate a far conciliare le ragioni della storiacon le pratiche esigenze della vita quotidiana. In tale prospettiva si ritiene prioritario, all’in-terno del Piano Urbanistico Comunale vigente(PUC), riperimetrare il centro storico, al fine diestendere la tutela a settori più ampi del tes-suto edilizio. Ciò, superando i margini delcostruito riportato nelle catastali d’impianto, ed

includendovi episodi di epoca tardo-ottocente-sca e novecentesca di elevato valore culturaleed ambientale, dove i rapporti volumetricisono ancora controllati ed i manufatti ben inse-riti nel contesto urbano e paesaggistico (fig. 6).Inoltre, come l’analisi dello stato dei luoghi hadimostrato, l’edificato è caratterizzato dallapresenza di numerosi episodi, prevalente-mente di carattere residenziale, ricchi di signi-ficato, che meriterebbero, in alcuni casi, diessere sottoposti a vincolo ai sensi D. Lgs. n.490/9918. In tal senso, si renderebbe fonda-mentale l’azione dell’Amministrazione comu-nale, la quale dovrebbe altresì provvedereall’effettuazione di un’opera di sensibilizza-zione ed informazione, finalizzata a coinvol-gere la cittadinanza nelle scelte operative, par-tendo, ovviamente, da una consapevolezza delsignificato storico e architettonico del patrimo-nio edilizio locale.Infine, occorrerebbe revisionare il vigentepiano particolareggiato riferito alla zona A,redatto nel 2002, ad integrazione del PUC, ilquale prevede, in alcuni casi, la possibilità diaumentare i volumi esistenti, solitamente inpresenza di strutture col solo pianterreno, can-cellando, così, uno dei caratteri più significatividi tale tipologia edilizia. D’altra parte, esso,nella definizione delle categorie d’intervento,fa ovviamente riferimento all’unico strumentolegislativo esistente in materia, costituito dallalegge 457/78, a proposito della quale, com’ènoto, numerosi ed accesi sono stati i dibattiti,trattandosi di un testo non espressamente voltoalla tutela del patrimonio edilizio, bensì ideatocon la finalità di recuperare le zone degradate

50

Territorio e Patrimonio - Conoscere per valorizzare

1 Come scriveva Roberto Pane in Napoli imprevista(Torino 1949, pp. 7-8), «Il tono di una città è dato(…) da quella che si può chiamare la sua letteraturaarchitettonica, l’espressione di una continuità ambien-tale nel pratico svolgimento della vita urbana con lesue peculiarità di costume e di folclore, nel riecheggia-mento artigiano e popolare dell’arte aulica; in quelloche si suole comunemente dire il colore locale e chenon è pura accidentalità destinata a fornire pittoricispunti, ma il volto stesso della storia nella sua stratifi-cazione, la presenza viva del passato nella sua formapiù generale».

2 Cfr. G. CASALIS, Dizionario geografico storico-artistico-commerciale degli stati di S.M. il re di Sardegna, vol. X,Torino 1843, pp. 611-613, e in particolare p. 612: «Lachiesa parrocchiale ha per titolare il martire San Gavinoe un povero fornimento. Nella campagna era già unacappella dedicata a San Giovanni (…). Nel territoriosono vestige di qualche nuraghe. Sono indicate lerovine di un antico paese che dicono Tatareddu, e cheaveva per titolare della chiesa San Leonardo.Appariscono le fondamenta d’una gran casa che vuolsisia stato il palagio marchionale».

Cfr. anche M. SCANO (a cura di), Muros, ivi 2004, pp. 17-20.

3 Essa necessita sicuramente di approfondimenti, inparticolare attraverso la consultazione dell’Archivio dei

Notai, XVIII e XIX secolo, e dei Processi verbali di deli-mitazione del territorio di Muros, riferiti agli anni 1843e 1845, tutti conservati presso l’Archivio di Stato diSassari (ASS). Qui vi è la descrizione della ricognizionedei limiti territoriali del Comune con le attigue Sassari,Osilo, Cargeghe ed Ossi, effettuata ad opera degli inge-gneri di 2a classe delegati dal governo.

4 ASS, Cessato Catasto Terreni, Mappa De Candia,Comune di Muros, Tavoletta 4, 28 dicembre 1843.

5 I. ZEDDA MACCIÒ, Paesaggio agrario e controllo della pro-prietà fondiaria nella Sardegna dell’Ottocento: il contri-buto della cartografia, in Ombre e luci della restaura-zione (Atti del convegno, Torino, 21-24 ottobre 1991),Roma 1997, p. 471. Cfr. anche A. TERROSU ASOLE, Carlo DeCandia e la cartografia geodetica della Sardegna, in“Contributi alla geografia della Sardegna”, III (1956),pp. 55-62.

6 ASS, Cessato Catasto Terreni, Comune di Muros,Mappa Abitato, Frazione G, s.d., ma 1852 circa.

7 Ivi, Cessato Catasto Terreni, Comune di Muros,Sommarione dei beni rurali, Frazione G, s.d., ma 1852circa.

8 Per approfondimenti circa il catasto cfr. F. LODDO

CANEPA, Cenni storici sul catasto in Sardegna in rapportoalla legislazione catastale italiana vigente, estratto dalDizionario Archivistico per la Sardegna, voce “Catasto”,

in “Archivio Storico Sardo”, vol. XVIII, a. 1930, pp. 3-31; A. RAU, Le origini del catasto in Sardegna, in“Studi economico-giuridici”, XLV (1965-68), pp. 333-415; I. BIROCCHI, Per la storia della proprietà perfetta inSardegna. Provvedimenti normativi, orientamenti digoverno e ruolo delle forze sociali dal 1839 al 1951,Milano 1982.

9 ASS, Cessato Catasto Terreni Comune di Muros, MappaAbitato, Frazione G, 1885.

10 Cfr. F. LODDO CANEPA, op. cit., p. 11, n. 1, e p. 19.

11 Si precisa che, al momento, l’unico documento in cuisi avanzano ipotesi cronologiche, peraltro fondate sullamera lettura dei caratteri formali, è rappresentato dalleschede di censimento del Catalogo Regionale, A e OA.Compilate nel 1999, esse si riferiscono a soli tre epi-sodi architettonici, ovvero a via Brigata Sassari, 13(NCTN 10937 e 24062) e 36 (NCTN 10938 e 24063), iquali vengono riferiti al periodo compreso tra la finedell’Ottocento e gli inizi del Novecento, e a via Cavour,2 (NCTN 10936 e 24060), ascritta alla metà-fine delXIX.

12 D’altra parte, l’icnografia del De Candia riporta sem-plicemente la conformazione dei lotti, non discernendoi tratti edificati dagli appezzamenti di terreno liberi.

13 L’elaborazione grafica delle figure 6 e 7 è statacurata da Valentina Pintus e Martina Porcu.

dei centri storici e di risolvere il problema dellascarsa disponibilità di abitazioni. Secondo talestrumento l’edilizia antica, non essendo diffe-renziata da quella contemporanea, può esseresottoposta alle medesime categorie operativedi questa (restauro e risanamento conservativo,manutenzione ordinaria, manutenzione straor-dinaria, ristrutturazione edilizia, ristrutturazione

urbanistica); categorie che denunciano unapproccio non rispettoso dei principi dellaconservazione, come prova, in particolare, lavoce “ristrutturazione urbanistica”, che offre lapossibilità di modificare il disegno dei lotti,degli isolati e della rete stradale, ovvero di can-cellare tracce insediative di elevato valore. Dicontro, sarebbe opportuno individuare classi

operative di carattere generale, più articolaterispetto alla citata legge, accompagnate dal-l’elencazione degli interventi puntuali neces-sari, nel rispetto del carattere peculiare dell’am-bito in questione e fondate su criteri conserva-tivi, ovvero sui principi di autenticità, distingui-bilità, reversibilità, attualità espressiva eminimo intervento.

NOTE

51

Il centro storico: analisi edilizia e proposte d’intervento

14 In generale, le patologie e le cause di deteriora-mento sono date da problemi di umidità di risalita,dalla mancanza di un idoneo sistema di raccolta delleacque meteoriche, dall’assenza di coperture, da scarsamanutenzione o da improprie azioni antropiche. Altroproblema diffuso è rappresentato dal disordine formalepresente in alcune facciate, provocato, non solo daimpropri interventi di ristrutturazione piuttostorecenti, ad esempio con l’inserimento di balconi alposto delle originarie finestre, ma anche dalla disorga-nica collocazione degli impianti (pluviali, tubazioni,

cavi elettrici). Va evidenziato, però, che, nonostante lemanomissioni, il costruito ha generalmente conservatol’altezza originaria degli edifici, non superando i duepiani.

15 Esse sono state concepite in coerenza con il modelloA - ICCD, opportunamente integrato. I dati conflui-ranno nel SIT del territorio comunale, elaborato nelcorso di questo stesso progetto.

16 Per giungere ad affermazioni più certe si rendereb-bero necessarie la consultazione dell’archivio dei notai

e l’esecuzione di operazioni diagnostiche tali da con-sentire la lettura dei paramenti murari, attualmenteintonacati.

17 Essa è pubblicata in M. SCANO (a cura di), op. cit., pp.60-61.

18 È questo, ad esempio, il caso degli edifici in viaCavour, 2 e in via Battisti, 4.

53

IL COSTRUITO MONUMENTALE

Donatella Rita Fiorino

L’abitato di Muros è stato trascurato da tutte lerotte dei numerosi viaggiatori che, a partire dalSettecento, hanno percorso la Sardegna, visi-tando angoli remoti e incontaminati dell’isola elasciandoci importanti descrizioni delle archi-tetture tradizionali, ma soprattutto monumen-tali. Anche negli spostamenti tra Sassari eAlghero, gli itinerari seguivano la strada che daOssi porta verso Tissi, saltando di fatto il pic-colo abitato di Muros. Punto di passaggioobbligato era, invece, Scala di Giocca, impro-priamente citata dal Vuillier come il vallone diOssi1, rappresentato in una sua veduta (fig. 1).Significativo è anche un passo de L’itinerariodell’Isola di Sardegna di Alberto DellaLamarmora dove, il vero monumento della tec-nica moderna, non va ricercato nelle vestigiadel passato o nelle costruzioni dell’abitato,quanto nel piccolo Moncenisio fatto di rampeobbligate e ben condotte dove si gode l’ombratranquilla dei bellissimi olivi che ricopronotutto il fianco della montagna. Si trattadell’“imponente montagna di Scala di Giocca”e della nuova strada tracciata dagli ingegneripiemontesi sotto la direzione del maggioreCarbonazzi, ex allievo del Politecnico, il qualeha preferito attaccare la montagna di fronte

piuttosto che girarle intorno, seguendo il trac-ciato dell’antica via romana, riuscendo a daresviluppo alla salita in un modo che fa loro ilmassimo onore. Proprio in prossimità delponte ai piedi della grande salita per Sassaridurante i lavori di costruzione della nuovastrada del 1822, lo stesso Lamarmora ritrova ilmiliario romano risalente all’epoca di Nerone2.Tale scoperta porta ad ipotizzare anche per ilsemplice ponte a due fornici sul rio Bunnariuna remota origine connessa con la rete dellegrandi infrastrutture romane che, per l’entitàdelle dimensioni e l’accuratezza delle tecnichecostruttive devono essere annoverate tra ilpatrimonio monumentale di un territorio. Anche Valery, che nel maggio del 1834 passaper Cargeghe3, non cita il villaggio di Muros.Una tale assenza dalle rotte culturali dei viag-giatori doveva essere determinata dalle condi-zioni del paese la cui popolazione, comedescrive l’Angius nel 1856, non prosperò per levessazioni degli agenti baronali, nonostante laestensione e la fertilità del luogo4. Trascuratoperciò dalle più note e scandagliate fonti del-l’architettura della Sardegna, la storia delle fab-briche muresi deve ricominciare dall’analisidiretta del costruito e da una ricognizione più

Fig. 1 - Veduta di Gaston Vuillier di Scala di Giocca, 1893.

54

Territorio e Patrimonio - Conoscere per valorizzare

attenta delle fonti archivistiche purtroppoancora non accessibili. L’architettura monumentale, intesa invececome costruito storico con funzione pubblica evalore di rappresentanza, è piuttosto episodicaa Muros, limitata alla chiesa parrocchiale, alcimitero e alla fonte urbana con il suo acque-dotto, riferibili ad un arco cronologico di bencinque secoli.

LA CHIESA PARROCCHIALE

La data di fondazione della chiesa parrocchialenon è documentata. Una lapide murata nellacappella di San Giovanni Battista, consenteperò di collocarne l’edificazione a fundamentisalla seconda metà del Seicento, per volere delnobile Don Francesco Martinez5, ad esclusionedell’abside, preesistente, con l’altare dedicatoai Santi Martiri Turritani Gavino, Proto eGianuario, patroni di Muros (fig. 2). La collocazione urbanistica, decentrata rispettoal nucleo insediativo e lo stemma turritano,riprodotto al centro della volta della sacrestia,inducono a ipotizzare una primitiva funzionedi oratorio privato o semipubblico di proprietàdella nobile famiglia murese.Le indagini archeologiche svolte nel 1992 al disotto del pavimento della sacrestia hanno peròportato in luce una vasta area cimiteriale contombe e ossario, risalente ai secoli XI-XVI. Talipreesistenze sono dunque da porre in rela-zione con i registri delle decime conservati nel-l’archivio Vaticano che attestano, già dal 1341,l’esistenza della Rettoria di Muros. Tali ritrova-menti costituiscono attualmente le uniche testi-

monianze della Muros medievale6. L’attuale planimetria della chiesa è il risultatodi successive annessioni all’originale impiantoche si limitava all’area presbiteriale e all’abside(fig. 3). L’aula centrale, priva di aperture, ècoperta con volta a botte, impostata su unaesile cornice di imposta modanata. Lo spaziopiù significativo è però quello costituito dalpresbiterio e dal corpo trasversale con le duecappelle laterali affrontate, oggi dedicate a SanGiovanni Battista (a sud) e all’Immacolata (anord), che, per ampiezza e morfologia, acqui-siscono dignità di transetto. Prima dei restauridel 1980 il pavimento delle due cappelle erasopraelevato rispetto a quello dell’aula cen-trale.Le due cappelle sono coperte con volta abotte, impostata su un’ampia fascia modanata,dotata di trabeazione. Quest’ultima presenta,solo per la cappella di San Giovanni, una lavo-razione a motivi geometrici, in adesione aicanoni stilistici e decorativi del sottarco a lacu-nari che divide il catino absidale dal presbite-rio (fig. 4). La cappella dell’Immacolata è stata inveceannessa solo nei primi anni del Novecento pervolere dei coniugi benefattori Marianna Usai eAntonio Giuseppe Tolu, riprendendo le pro-porzioni e le linee decorative della preesistentecappella, compreso l’oculo reniforme dimemoria settecentescaSingolare è, inoltre, la soluzione di coperturadell’incrocio tra l’aula e il transetto, risoltamediante volta a botte con asse nord-sud,ovvero in continuità con le volte delle cappellelaterali, ma impostata ad una quota superiore.

Fig. 2 - Lapide a memoria della fondazione della chiesa.

Fig. 3 - Planimetria attuale della chiesa.

Fig. 4 Trabeazione decorata nella cappella di San Giovanni.

55

Il costruito monumentale

Fig. 5 - Cappella dell’Immacolata. Fig. 6 - Veduta verso il presbiterio. Fig. 7 - Cappella di San Giovani Battista. Fig. 8 - Controfacciata .

Questa sistemazione fa sì che l’attuale aulacentrale rappresenti di fatto uno dei braccidella croce planimetrica venutasi a determinaresolo dopo le recenti annessioni (figg. 5-8). Ulteriori approfondimenti meriterebbero, aquesto proposito, le due finestre unghiate rica-vate nella volta a botte centrale, rivolte rispet-tivamente verso la controfacciata e verso l’ab-side. Quest’ultima è però attualmente oblite-rata. Analoghe unghie con aperture sono pre-senti in entrambe le cappelle laterali. Un’altraapertura doveva essere presente nel muro oltrel’arco di accesso alla cappella di San Giovanni,come testimonia la nicchia con davanzalemodanato ancora leggibile sul paramento into-nacato.

La porzione più antica della chiesa è però ilpresbiterio, coperto con volta a crociera egemma pendula in chiave raffigurante laVergine Orante. La volta è impostata supeducci due dei quali sono scolpiti con figureantropomorfe, una maschile e una femminile(figg. 9-10). Il catino che copre l’esedra absi-dale è intagliato a conchiglia e presentaall’apice un motivo a sei foglie, allegoria deidoni dello Spirito Santo (fig. 11). Anche il sot-tarco, scomposto in lacunari, è decorato conmotivi fitomorfi, tipici della tradizione decora-tiva sarda diffusi tra la fine del ’500 e l’iniziodel ’600, così come le paraste sono contraddi-stinte dal tipico ordine modulare7 ampiamentediffuso nell’architettura sassarese contempora-

nea, articolato in bugne verticali alternate ariquadri decorati a motivi fitomorfi, tratti dallaiconografia popolare. Esempi simili si ritrovanoa Bonorva o nella chiesa della Madonna dellaSalute a Pozzomaggiore. Sulla pietra di voltadel catino, durante i restauri del 1980 è statoportato alla luce il bassorilievo con la figura diSan Gavino a cavallo.Un discorso a parte merita la sacrestia la cuivolta, decorata con un bassorilievo in stucco disemplice fattura, ma sicuramente commissio-nato a stuccatori di provenienza non locale, erealizzato forse a più mani, data la difformità ditecnica esecutiva tra i diversi elementi vegetalirappresentati, ma di cui purtroppo non è statopossibile rintracciare alcuna notizia. Non è

56

Territorio e Patrimonio - Conoscere per valorizzare

neppure da escludere che una simile decora-zione potesse essere presente anche in altreporzioni della chiesa. Infatti la statua lignea delSan Giovanni Battista, la balaustra e gli altari inlegno rimossi nei primi anni del XX secolo,lasciano la possibilità all’ipotesi che potesseesistere una sovrastruttura barocca della chiesaormai perduta. Relativamente al prospetto, la semplice facciataè del tipo piano con coronamento a capanna,fortemente caratterizzata dal portale timpanatocon nicchia e oculo. Simili composizioni siritrovano in molte chiese della Sardegna.Alcuni esempi sono il San Teodoro aPaulilatino, il Sant’Andrea a Giave, Santa MariaMaggiore a Bonorva, e anche la parrocchiale diSan Giorgio a Semestene, nella partitura cen-trale, presenta caratteristiche similari. La nic-chia ospitava la piccola statua della Madonnacon bambino, oggi collocata all’interno dellachiesa (fig. 12). Addossato al prospetto sud della chiesa era

situato il vecchio cimitero. Alcuni documenticonservano interessanti prescrizioni legate allepratiche della sepoltura e in particolare aglioneri dovuti in funzione delle onoranze richie-ste8.In merito alla storia recente della parrocchialee delle sue vicende costruttive e non, ci è per-venuto un interessante diario di don RenatoLoria, che ripropone una lettura degli eventidella comunità ed appunta le spese occorseper la realizzazione di alcuni interventi dimanutenzione. Nel 1885 sono documentatipagamenti al muratore Salvatore Piu per il riat-tamento del cappellone. Nel 1886 si dovetteprocedere al riattamento esterno del muro late-rale della chiesa, nonché alla sostituzione delpavimento a “ismaldu” in terra battuta conardesie e marmetti. Tra il 1861 e il 1866,essendo rettore Franciscus Alojsius Solinasvennero anche ripristinati gli infissi, e sidovette procedere al riattamento interno, into-naco e bianco, all’apertura di cinque fine-

strini, uno in sacrestia e cinque in chiesa,rifatto il portone in legno di pino, la porta delcimitero lavorata alla sarda, fu anche restau-rata la porta della sacrestia e la balaustra del-l’altare maggiore.È del 1888 la nuova pila per l’acqua santa,costata £. 25, cui fece seguito, nel 1893 lacostruzione del fonte battesimale.Si tratta per lo più di lavori di manutenzione.Le più grandi trasformazioni si ebbero, invece,sul principio del XX secolo che si apre, nel1900, con la riparazione dei tetti. L’anno suc-cessivo vennero tinti a finto marmo i gradini eil frontone dell’altare maggiore, sostituito nel1917 con l’attuale in marmo.Nel 1904 si eseguirono lavori nella cappella diSan Giovanni, si sostituì la porta della sacrestia,ma soprattutto venne innalzato il campanile, dicui la chiesa difettava, costato circa tremila liremesse a disposizione dai coniugi MariannaUsai e Antonio Giuseppe Tolu.Agli stessi benefattori si deve nel 1916 la

Fig. 9 - Peduccio sud. Fig. 10 - Peduccio nord. Fig. 11 - Catino absidale.

57

Il costruito monumentale

costruzione di una nuova balaustra e nel 1917la sostituzione dell’altare maggiore con l’attualein marmo. Analoga sorte toccò all’altare ligneonella cappella di San Giovanni Battista cheospitava il simulacro ligneo del Seicento,ancora oggi conservato nella stessa cappella.Entrambi gli interventi della torre e del rinnovodegli arredi sono documentati da una lapidecommemorativa. Tale pratica, più che ad unaimproponibile ispirazione boitiana di docu-mentazione delle stratificazioni architettoniche,si deve al desiderio di immortalare la solitamunificenza9 dei benefattori.Altri interventi sono documentati nel 1940mentre era di stanza a Muros il II GruppoArtiglieria Reggio Calabria. Il pulpito, del 1951,è invece stato donato dai coniugi SalvatoreMarche e Giovanna Maria Morella.Il 12 novembre 1963, in seguito ad una istanzapresentata dal Comune di Muros, il parrocodon Loria, ottenne dall’economo ordinario dio-cesano l’autorizzazione all’abbattimento dellavecchia casa parrocchiale, fatiscente nono-stante i diversi restauri del 1897-98 e del 1908.L’edificio venne quindi raso al suolo e rico-struito a partire dal 1969 sulla parte destra dellachiesa ove era situato il vecchio cimitero.Anche lo spazio antistante la chiesa ha subìtodelle modifiche. L’attuale scalinata ha sostituitola preesistente ottagonale che caratterizzava ilpiccolo sagrato, sacrificato alle esigenze dellapercorribilità veicolare. Di fronte alla chiesa, siconserva ancora un’antica casa, di pertinenzareligiosa, l’affitto della quale si applicava, nel1837, al culto della Vergine del Buoncammino.

Fig. 12 - Facciata e portale.

58

Territorio e Patrimonio - Conoscere per valorizzare

IL CIMITERO MONUMENTALE

Dopo la dismissione del piccolo cimitero atti-guo alla chiesa parrocchiale, le Comunità diMuros e Cargeghe hanno provveduto allacostruzione del nuovo cimitero monumentalein località Baiolu Mannu. Il progetto è statoavviato nel 1923 dal cav. ing. Gavino Canalis,che nella relazione esplicativa al progetto10,

descrive le necessità che hanno portato all’av-vio della nuova opera pubblica. Il paese, di500 abitanti, poteva contare in quel momentodel solo cimitero addossato alla chiesa, cheoccupava una superficie di circa 60 mq.Questo stato di cose aveva come conseguenzail fatto che dovessero essere esumati i cadaveriper poter consentire nuove sepolture.

Il terreno prescelto per la nuova opera, situatoa circa 200 metri a valle dell’abitato, era rag-giungibile mediante una strada vicinale laquale, rettificando qualche muro a secco, puòessere resa carrozzabile. L’ingegnere dichiara in relazione di aver lar-gheggiato sul dimensionamento dell’area, suesplicita richiesta della stessa Amministrazione,

Figg. 13-14 - Planimetria e profili del primo progetto di costruzione del cimitero, recante il visto dell’ingegnere capo dell’ufficio del Genio Civile di Sassari apposto in data 29 marzo 1924. Fig. 15 - Finestre rastremate nel prospetto del cimitero

monumentale.

59

Il costruito monumentale

onde far fronte a casi di epidemia, in cui lamortalità viene più che triplicata, e in conside-razione dell’aumento del numero degli abi-tanti. Compresa una zona di rispetto, l’area del-l’esproprio venne stimata in 2.016 mq.L’area rettangolare compresa nel recinto diperimetro 23x36 m, secondo il progetto è sud-divisa in quattro quadrati, collocando nel cen-tro una colonna recante la croce. Lateralmenteall’ingresso sono progettati due vani di servi-zio, uno adibito a camera di deposito, l’altrodedicato alle autopsie delle dimensioni di5x3,50 m e altezza media 3,50 m, pavimentaterispettivamente con quadrelle di Livorno equadrelle di cemento a pressa. Nella parete opposta è collocata la cappellacon sottostante ossario. La cappella ha dimen-sioni 6x8 m per 6 m di altezza, coperta convolta in mattoni forati. Al di sotto, l’ossario ècoperto a volta e munito di bottola. Le ferra-menta di porta e finestre hanno spessore suffi-ciente per la loro resistenza e durata. Tutte lefinestre sono munite di inferriate. Attorno aimuri di cinta, alti 3 m, è prevista una fascia di2 m per tombe private (figg. 13-14). La spesacomplessiva stimata è di £. 62.000.Il progetto ha poi subìto diverse modificazioniprima dell’attuale realizzazione. Le primevarianti vengono richieste dalla Prefettura diSassari in quanto la superficie stimata è ritenutaeccessiva in rapporto alla mortalità di 100individui in 10 anni, e pertanto si richiede dirivedere il progetto e i relativi espropri, eviden-temente da ridimensionare11. Sulla base diquesto progetto, il 25 marzo 1926 si tiene ilsecondo esperimento d’asta per la costruzione

del cimitero a mezzo di schede segrete ed aunico e definitivo deliberamento, proceduraopportunamente pubblicizzata tramite lastampa locale12.Con sollecito del 18.03.1927 il Comune diMuros invita l’ing. Canalis a provvedere allarevisione del progetto con l’aggiornamento deiprezzi sulla base delle indicazioni fornitedall’Ufficio del Genio Civile. L’archivio storicodel Comune conserva il computo metrico afirma dell’ing. Canalis della perizia del 1927. Ancora nel 1929, dopo il sopralluogo dellaapposita Commissione Tecnico Sanitaria13, ilprogetto viene rinviato all’ingegnere perché lointegri secondo le indicazioni suggeritedall’Ispettore Superiore del Genio Civileaddetto al Provveditorato14. In particolareviene richiesta la sezione del terreno per ilcomputo dei movimenti di terra, qualche parti-colare costruttivo in ispecial modo decorativo,alla scala 1:10 e la tabella delle espropriazioni,tenendo conto delle correzioni in matita appor-tate.Con lettera del 26/02/193015 la prefettura diSassari informa il comune che il progetto com-pilato dall’ufficio del Genio Civile di Sassari èstato esaminato dall’Ispettore Superioreaddetto al Provveditorato alle Opere Pubblicheed è provvisto del regolare visto di approva-zione. Nel settembre del 1930 prendono avviole procedure per l’espletamento della relativagara d’appalto per un importo di £. 133.00016.I lavori di costruzione, eseguiti dalla ditta Usai,furono collaudati nel 193117. Di esso si con-serva il fronte principale con le cappelle cimi-teriali affrontate, disposte secondo uno strin-

gente criterio di simmetria e caratterizzate daquattro finestre rastremate (fig. 15). Interessantianche alcune cappelle di famiglia sia nellaparte competente al Comune di Muros che inquella di Cargeghe. Dopo i recenti lavori direstauro, i fabbricati si presentano in ottimostato di conservazione.

LA FONTE PUBBLICA E L’ACQUEDOTTO

La fonte pubblica è stata costruita alla sommitàdella via Principe Umberto nella seconda metàdel XIX secolo ad opera di maestranze locali,per rendere fruibile alla popolazione l’acquadell’attigua sorgente. Contraddistinta da unaplanimetria regolare, la muratura in elevato èrealizzata in cantoni di calcare ben squadratiposti in opera su corsi regolari con spessi com-menti in malta di calce. Nel prospetto, una nic-chia appena accennata in profondità è con-clusa da un arco di scarico; al di sopra il cor-nicione aggettante nasconde il profilo a tim-pano ribassato del tetto a due falde.Prima che venisse collocato il tubo centrale,l’acqua sgorgava direttamente attraverso duecannule posizionate sui mascheroni. Questidanno alla semplice composizione un tono dielegante monumentalità. La vasca di raccolta,preceduta da tre scalini, viene sporadicamenteutilizzata anche come lavatoio, dopo la recentedemolizione di quello ottocentesco al postodel quale sorge oggi la cabina dell’Enel18 (figg.16-17). La datazione è suggerita da un verbale d’adu-nanza della Giunta municipale del 3 settembre1891 conservato presso l’archivio comunaleche informa che il pubblico lavatoio trovasi in

60

Territorio e Patrimonio - Conoscere per valorizzare

disordine, occorrendovi riparazioni nel pavi-mento, essendo consumato quello esistentecome pure occorre rimettere le pietre deldavanzale o del parapetto19. Sono ancora documentate, successivamente,altre riparazioni alla fonte e al lavatoio a par-tire dai primi anni del Novecento. Nel 1916,negli atti del Consiglio Comunale si fa presenteche il pubblico lavatoio ha bisogno di essereingrandito e modificato, onde evitare chealcune malattie si possano comunicare da unafamiglia a un’altra; come pure si è riconosciutoil bisogno di modificare l’uso del lavare dellenostre donne di servizio e delle nostre massaie;e ciò affinché l’acqua sia rinnovata con mag-giore frequenza e rimanga più pulita. Tuttavianon fu possibile in quel frangente avviare ilavori di riparazione e ampliamento perchénon si disponeva dei materiali da costruzionenecessari il cui costo era ormai salito a prezzifavolosi. Pertanto il consiglio, pur approvandoil progetto dei lavori, sospende di deliberare inmerito sino a che non sia terminata laguerra20.Il 24 luglio 1921, il consiglio comunale, riunitoin seduta straordinaria, rileva che “la fonte pub-blica da cui attinge e si provvede l’acqua neces-saria al paese, ha bisogno di urgente ripara-zione e la giunta ha affidato lo studio all’inge-gnere cav. Gavino Canalis, il quale si è recatosul posto e ha comunicato a questaAmministrazione una apposita relazione”. Ilavori consistevano nella rimozione della vege-tazione sovrastante, nella costruzione di unpozzetto di presa in muratura idraulica copertacon volta in mattoni intonacati a cemento con

la platea e l’estradosso in cls, opere stimate in2.000 lire attinte, per l’urgenza dell’opera dalfondo depositato dall’amm.ne comunalepresso “Cassa postale di risparmio” in duedistinti libretti, dando incarico che venisse ese-guito con la massima celerità. I lavori eranofinalizzati all’aumento della portata e ad impe-dire l’inquinamento dell’acqua.Il 17 aprile 1922 il consiglio comunale, riunitoin seduta ordinaria primaverile, delibera di pre-levare altre 5.000 lire per i lavori da eseguirsisulla tubatura della fonte pubblica in quantol’ing. Canalis aveva ravvisato delle perdite el’intorbidamento dell’acqua durante la stagionedelle piogge. Nei documenti si ritrova la preoc-cupazione per la situazione della fonte pub-blica e il pericolo di condannare la popola-zione ad approvvigionarsi d’acqua dalle fontidi campagna collocate a notevole distanza dal-l’abitato e non sufficientemente affidabili sottoil profilo della salubrità perché scaturite diret-tamente dal suolo e quindi facilmente inquina-bili. Verificato che la fonte attingeva da filtrazioni enon direttamente dalla polla, l’ing. Canalis pro-pose alcuni lavori di sistemazione tra cui leopere per la ricerca delle sorgenti e la realizza-zione della relativa galleria di accesso, scavatain trincea, la sostituzione delle tubazioni incotto con tubi metallici e la realizzazione di unserbatoio. Una lettera del 1925 dell’ing. CapoP.L. Carloni, dichiara, a distanza di due annidalla realizzazione, avvenuta nel 1923, labuona riuscita dei lavori e il regolare funziona-mento degli impianti.Il problema dell’approvvigionamento idrico e

Fig. 16 - Il vecchio lavatoio pubblico recentemente demolito.

Fig. 17 - Attuale sistemazione dell’area dove sorgeva il lavatoio.

61

Il costruito monumentale

della qualità dell’acqua è stato sempre moltosentito nel territorio di Muros e in tutti icomuni del I Circondario, come si evince dallafitta corrispondenza tra le AmministrazioniComunali e la Prefettura di Sassari a partiredagli anni Venti dello scorso secolo. Una letteradel 6 dicembre 1923 inviata dalla Prefetturasegnala che “non ostante i ripetuti richiami e ledisposizioni in precedenza impartite, la sorve-glianza sulle sorgenti, sulle rispettive zone diprotezione, sui serbatoi per l’alimentazioneidrica dei centri abitati viene […] qua e là tra-scurata dalle autorità locali e che il controlloigienico da parte degli ufficiali sanitari sullamanutenzione e cura delle suddette opereviene esercitata troppo saltuariamente o tal-volta in modo inadeguato”.21

Bisogna, infatti ricordare che esistevano appo-site agevolazioni governative per la deriva-zione delle acque per uso pubblico a mezzo diapposito acquedotto22.In vista del Piano Regolatore delle OperePubbliche avviato dal Ministero dei LavoriPubblici nel 1924, tenuto conto dell’importanzadegli acquedotti per il miglioramento dellecondizioni igienico-sanitarie delle popolazioni,già dal marzo del 192423 venne richiesto aicomuni un censimento dei sistemi di approvvi-gionamento idrico nei loro territori e in parti-colare la disponibilità d’acqua in relazione al

numero di abitanti, l’esistenza o meno di unacquedotto e, nel caso di risposta affermativa,se fosse ritenuto sufficiente, o se, in assenza diacquedotti, il comune disponesse di una o piùfontane, specificando la loro ubicazionerispetto al centro abitato.L’alimentazione idrica dei centri abitati erainfatti sentita come “il problema più importanteper quest’isola” e pertanto si raccomanda che“alle opere riguardanti detta finalità sia asse-gnato il primo posto”.24 Anche Muros si attivòper la costruzione dell’acquedotto che nel 1924è già in progetto25, ma si dovrà aspettare glianni Cinquanta per vederlo interamente ulti-mato. L’importanza strategica della fonte pubblicaemerge con continuità nei documenti del-l’epoca e una loro rilettura consente di com-prendere la scelta monumentale fatta nella pro-gettazione del manufatto. Attualmente la fonte pubblica è pressochéabbandonata, dopo i grossolani restauri com-piuti mediante ristilature e rappezzi di cemento(fig. 18). Anche l’ambiente circostante andrebbe ripu-lito, assicurando la continua manutenzione delmanufatto e del suo ambiente, ormai piuttostosnaturato dalla attigua presenza del localeEnel.

Fig. 18 - Attuale stato di degrado della fontana.

62

Territorio e Patrimonio - Conoscere per valorizzare

1 VUILLIER G., Les îles oubliées: les Baléares, la Corse etla Sardigne, impressions de voyage, Parigi 1893. Nellariedizione Le isole dimenticate la Sardegna, a cura di A.Romagnino, ed Ilisso, 2002, pp. 110-111.

2 Cfr. IBBA A., Il miliario di Nerone di Scala di Giocca, inquesto stesso volume.

3 Nella riedizione, Viaggio in Sardegna, tradotta da M.G.Longhi, ed. Ilisso, Nuoro 2003, pp. 58-59.

4 V. Angius, Geografia, Storia e Statistica dell’isola diSardegna in G. Casalis (a cura di), Dizionario GeograficoStorico-Statistico-Commerciale degli Stati di S.M. il re diSardegna, vol. XVIII quater, Sardegna, III, Torino 1856,pp. 159, 203-207.

5 Sulla storia della famiglia Martinez cfr. TOLU F., La pre-senza nobiliare a Muros attraverso l’evoluzione deglistemmi di casa Martinez, in questo stesso volume.

6 Per approfondimenti sulle indagini archeologiche sirimanda a ROVINA D., Sepolture di epoca basso medievalepresso la chiesa dei Santi Proto, Gavino e Gianuario, inquesto stesso volume.

7 Per ordine modulare si intende la ripetizione di elementigeometrici che conferiscono all’ordine architettonico unaforte sensazione di verticalismo. Il modulo può esserecostituito da un quadrato, un rettangolo, un cerchio, maanche da motivi decorativi fitomorfi, tratti dalla fantasiapopolare. Sull’ordine modulare cfr. FAGIOLO M., voceL’ordine modulare, in “Grammatica e sintassi del “granlibro dell’architettura”. L’ordine e il disordine. La griglia eil magma” in Barocco Latino Americano, Catalogo dellamostra, Roma 1980, p. 84, Sull’ordine modulare inSardegna cfr. KIROVA K.T., FIORINO D.R., Le architetture reli-giose del barocco in Sardegna, Cagliari 2003, p. 103.

8 Una nota del sacerdote Antonico Cerchi, rettore tra il1829 e il 1837, in merito alle funzioni di sepolturascrive che “non si paga la croce Parrocchiale negli asso-ciati di cadaveri se il sacerdote veste la sola stola ecotta. Se si richiede l’Apparato per l’associamento di uncadavere che è rarissimo si richiedono 10 lire. I poveri siaccompagnano gratis nel cimitero e senza cera fumaria.

9 Citato da diario di Don Renato Loria, p. 8. ArchivioParrocchiale Muros.

10 Archivio Storico Comune di Muros (ASCM).

11 Lettera del Prefetto di Sassari al sig. Podestà diCargeghe del 13/09/1923, prot. 14172. Oggetto: Mutuodi £. 62.000 per il cimitero (ASCM).

12 Quotidiano L’isola, mercoledì 3 marzo 1926 (ASCM).

13 Lettera del Prefetto di Sassari al sig. Podestà diCargeghe del 26/01/1929, prot. 1213. Oggetto:Cimitero di Cargeghe-Muros (ASCM).

14 Lettera del Prefetto di Sassari al sig. Podestà diCargeghe del 31/05/1929, prot. 9198. Oggetto:Costruzione cimitero (ASCM).

15 Lettera del Prefetto di Sassari al sig. Podestà diCargeghe del 26/02/1930, prot. 3758. Oggetto:Cargeghe-Muros Cimitero (ASCM).

16 Lettera del Prefetto di Sassari al sig. Podestà diCargeghe del 18/09/1930, prot. 19965. Oggetto:Cimitero (ASCM).

17 Lettera del Prefetto di Sassari al sig. Podestà diCargeghe del 15/12/1931, prot. 24067. Oggetto: Avvisiad Opponendum (ASCM).

18 La fotografia del lavatoio è stata gentilmente messaa disposizione da Chiara Soggiu.

19 Verbale d’adunanza della Giunta municipale, 3 set-tembre 1891. Oggetto: Erogazione di somma dellaspesa occorrente alle riparazioni del pubblico lavatoio(ASCM).

20 Estratto del Registro per gli atti del ConsiglioComunale, 15/10/1916. Oggetto: riparazioni daeseguirsi alla fonte e al pubblico lavatorio (ASCM).

21 Lettera da R. Prefettura di Sassari, prefettoMaggioni, ai Sigg. Sindaci I Circondario. Oggetto:approvvigionamento idrico. Prot. Sanità 1180, del6.12.1923. Archivio Storico Comune di Muros (ASCM).

22 Lettera da R. Prefettura di Sassari, prefettoMaggioni, ai Sigg. Sindaci I Circondario. Oggetto:acquedotti. Prot. Sanità 1151, del 27.11.1923 (ASCM).

23 Lettera da R. Prefettura di Sassari, prefettoMaggioni, ai Sigg. Sindaci I Circondario. Oggetto:acquedotti. Prot. Gabinetto 457, del 28.03.1924(ASCM).

24 Lettera da R. Prefettura di Sassari, prefettoMaggioni, ai Sigg. Sindaci I Circondario. Oggetto: Pianoregolatore di opere pubbliche in Sardegna. Prot. Sanità8671, del 18.06.1924 (ASCM).

25 Lettera da Sindaco a R. Prefettura di Sassari, prot.466 del 08.11.1924.

NOTE

63

Nell’ottobre 1992, in occasione dei lavori direstauro nella chiesa dei Santi Proto, Gavino eGianuario nel centro abitato di Muros, è statocondotto un breve intervento di scavo archeo-logico nella sacrestia meridionale dell’edificio,dove, appena sotto il massetto della pavimen-tazione moderna, affiorava la copertura litica diuna grande tomba “alla cappuccina”1 (fig. 1).La parte più antica della chiesa a croce greca èrappresentata dall’abside cinquecentesca, men-tre gli altri tre bracci sembrano essere stati edi-ficati, insieme alla sacrestia, nella seconda metàdel XVII secolo, con un completamento otto-centesco.Le indagini archeologiche hanno evidenziato ladestinazione funeraria dell’area in un momentoantecedente alla costruzione della chiesa cin-quecentesca, forse in relazione ad un prece-dente edificio di culto. Al di sotto del pavi-mento della sacrestia sono infatti venute in lucealcune sepolture di diversa tipologia, ascrivibiliad epoca basso medievale: due tombe di note-voli dimensioni, orientate in senso est-ovest, econ copertura litica a doppio spiovente, tresepolture in fossa terragna delimitate da unmuretto a secco, ed un ossario (fig. 2-3).

Una sepoltura “alla cappuccina”2 di grandidimensioni era situata lungo il lato settentrio-nale della sacrestia, parzialmente danneggiatadalla fondazione del muro perimetrale dell’ab-side, evidentemente posteriore. Risultava costi-tuita da una fossa ovoidale rivestita lungo ilperimetro interno con pietrame medio-piccolodisposto accuratamente, con copertura, par-zialmente danneggiata, realizzata mediantegrandi lastre calcaree disposte a doppio spio-vente; delle lastre poste di taglio alle duetestate, si conservava quella occidentale, diforma quadrata, con una croce incisa suentrambe le facce.All’interno si custodivano i resti scheletrici diun inumato adulto, orientato ad est e depostocon le gambe distese e le mani raccolte ingrembo, privo di elementi di corredo.Quasi al centro della sagrestia si trovava un’al-tra tomba “alla cappuccina”, di fattura analogaed uguale orientamento, rivestita internamentecon pietre irregolari di medie dimensioni, unagrande lastra naturale posta di taglio alla testataorientale, e quattro grandi spioventi litici perparte nella copertura. All’interno, sul piano diposa di terra, erano deposti due inumati adulti

SEPOLTURE DI EPOCA BASSO MEDIEVALEPRESSO LA CHIESA DEI SANTI PROTO, GAVINO E GIANUARIO

Daniela Rovina

Fig. 1 - Muros (SS). Veduta della chiesa dei Santi Proto,Gavino e Gianuario.

64

Territorio e Patrimonio - Conoscere per valorizzare

affiancati (uno dei quali lacunoso nella parteinferiore) privi di qualunque elemento di cor-redo o di ornamento personale. Nell’angolosud occidentale erano inoltre accumulate, indeposizione secondaria, alcune ossa lunghe edue crani, che documentano un prolungatoutilizzo della tomba.Ad una quota leggermente superiore ed inposizione adiacente al lato meridionale di que-sta tomba, sono state individuate altre tresepolture in semplici fosse terragne orientatead est e disposte all’interno di una delimita-zione con pietre a secco; la posizione delrecinto quasi addossato alla cappuccinapotrebbe forse individuarne l’appartenenza adun gruppo familiare. Si trattava di un individuoadulto, deposto con due bambini, uno piùgrande ed uno più piccolo, poggiati sul petto.L’individuo adulto presentava oltre quarantapiccole asole di rame disposte in due file dop-pie verticali sul torace e lungo le braccia dalgomito al polso, evidentemente per il passag-gio di stringhe o nastri per allacciare il corpettodella veste e le maniche (fig. 4).Inoltre, in posizione non chiara, forse in rela-zione alle sepolture infantili, sono stati rinve-nuti tre bottoncini sferici, anch’essi di rame, adoppia calotta saldata sulla linea centrale, diun tipo ben noto in Italia ed in Europa a par-tire dal XIII secolo, ed in Sardegna soprattuttotra XIV e XV secolo3.Nell’angolo nord-ovest infine, di fronte all’in-gresso della sacrestia, si trovava parte di unatomba, tagliata dal muro meridionale dell’ab-side, fondato direttamente su di essa, costituitada una fossa rettangolare, orientata in senso

nord-sud, priva di copertura, delimitata damuretti di pietre disposte con regolarità ecementate con malta di fango. La tomba, forseoriginariamente adibita a sepoltura individualedata la scarsa profondità, nel suo ultimomomento di utilizzo fungeva da ossario, conte-nente al momento dello scavo oltre venti cranied ossa umane di ogni tipo, sia di adulti che dibambini. Nel riempimento, costituito prevalen-temente da ossa con pochissima terra, si trova-vano una moneta piemontese di XII-XIIIsecolo4, e parte di una coppa di maiolica bar-cellonese a lustro metallico e decorazione “atripe trazo” databile alla fine del XVI secolo. Sequesto ultimo reperto è verosimilmente riferi-bile al momento dell’edificazione dell’abside,la moneta, probabilmente appartenente ad unadella sepolture confluite nell’ossario in deposi-zione secondaria, costituisce la testimonianzapiù antica del cimitero, in uso, sulla base delleasole e dei bottoncini sferici, almeno fino alXIV-XV secolo.Le sepolture della chiesa dei Santi ProtoGavino e Gianuario costituiscono, allo statoattuale delle conoscenze, l’unica testimonianzaarcheologica di epoca medievale nell’abitato diMuros, e sembrerebbero avvalorare l’ipotesidella coincidenza del paese moderno conl’omonima villa di età giudicale, appartenentealla Curatoria di Figulinas nel giudicato diTorres, citata nei Condaghi di San Michele diSalvennor e di Santa Maria di Bonarcado5. Nel 1545 il villaggio di Muros risulta venduto,insieme a quello di Ossi, da GalcerandoCedrelles a Bernardo di Viramont, e successi-vamente a Durante Guiò di Alghero, i succes-

Fig. 3 - Planimetria e sezioni delle tombe alla cappuccina edell’ossario in fase di scavo.

Fig. 2 - Planimetria generale e sezione N-S dell’area di scavo.

65

Sepolture di epoca basso medievale presso la chiesa dei Santi Proto, Gavino e Gianuario

sori del quale, nel 1656, lo cedettero a DonFrancesco Martinez, che fece costruire, con-servando l’abside precedente, l’attuale chiesa

dei Santi Proto, Gavino e Gianuario con lasacrestia6.

1La notizia dell’intervento di scavo è in D. Rovina,Muros (Sassari). Chiesa dei Santi Proto, Gavino eGianuario, in “Bollettino di Archeologia del Ministeroper i Beni Culturali e Ambientali”, 19-21, 1993, p. 224.Questa breve nota ne ricalca sostanzialmente il conte-nuto, con alcune integrazioni e modifiche dovute asuccessivi approfondimenti.2Il tipo di sepoltura “a cappuccina”, di tradizioneromana, perdura fino alla piena epoca medievale realiz-zata soprattutto in materiale litico anziché laterizio. InSardegna altri esempi sono documentati nel cimitero diGeridu a Sorso (SS) (M. Milanese). Una sepoltura dianaloga tipologia, danneggiata e lacunosa nella coper-tura, è stata documentata in occasione di un sopral-

luogo nel 1993, in territorio di Florinas, vicino allachiesa distrutta di San Salvatore.3Per l’inquadramento, i confronti e la cronologia delleasole e dei bottoni sferici, cfr. da ultimo D. Rovina,Gioielli e complementi di abbigliamento in Sardegna, in“Sardinia, Corsica et Baleares antiquae” AnInternational Journal of Archaeology, IV, 2006, pp.193-211.4Per l’inquadramento tipologico e cronologico dellamoneta, ringrazio il collega Francesco Guido.5Per uno spoglio delle fonti documentarie e storiche sulvillaggio medievale di Muros, cfr. G. Canu, D. Rovina, D.Scudino, P. Scalpellini, Insediamenti e viabilità di epoca

medievale nelle curatorie di Romangia e Montes,Flumenargia, Coros e Figulinas, Nurra e Ulumetu, in “LaCiviltà Giudicale in Sardegna nei secoli XI-XIII. Fonti edocumenti scritti”, Atti del Convegno nazionale(Sassari 16-17 marzo, Usini 18 marzo 2001), a curadell’Associazione “Condaghe San Pietro di Silki”, Sassari2002, pp. 395-423, p. 406 e 419.6V. Angius, Geografia, Storia e Statistica dell’isola diSardegna in G. Casalis (a cura di), Dizionario GeograficoStorico-Statistico-Commerciale degli Stati di S. M. il re diSardegna, vol. XVIII quater, Sardegna, III, Torino 1856,pp. 159, 203-207.

NOTE

Fig. 4 - Asole metalliche.

67

LE FONTI E IL PATRIMONIO IMMATERIALE

Francesco Guido

Soltanto nell’ottobre del 2003 l’AssembleaGenerale dell’UNESCO, a Parigi, votava unaConvenzione per la salvaguardia del patrimonioculturale immateriale. Dopo secoli di pregiudizie incomprensioni culturali si arriva al riconosci-mento internazionale di patrimoni culturalidiversi da quelli occidentali: i patrimoni <altri>.Appariva così, di conseguenza, un gravissimovuoto nel sistema giuridico internazionale dellaprotezione del patrimonio culturale dell’umanitàche, fino ad allora, aveva avuto come oggettounicamente il bene materiale, a detrimento diquelle culture differenziate dal prevalere dellacaratteristica immateriale. Evidentissimo lo squi-librio, dato che, nella lista dei capolavori del-l’umanità, i beni indicati erano tutti di caratteremonumentale e materiale (per la maggior partefisicamente ubicati in paesi occidentali), mentremancava la rappresentazione di manifestazioniculturali viventi e in prevalenza immateriali, chesi articolavano nel sud del mondo. Con la pro-clamazione dei Capolavori del patrimonio oralee immateriale del 2001 e del 2003 e con laConvenzione UNESCO del 2003, giungono allaattenzione di tutti i patrimoni etnici immaterialiche, lasciando il carattere <folclorico>, soventevenato di considerazioni deteriori, sembranorivestirsi subito di una dignità culturale simile a

quella della cultura occidentale. L’uomo occi-dentale è ancora lontano dalla conoscenza diculture <altre>, dal riconoscimento della dignitàumana a popolazioni etniche, dall’accettarel’idea che tutte le società umane producono cul-tura, ma soprattutto, è privo di quel senso diautocritica che gli faccia vedere le contraddizionie i limiti della propria cultura. La natura umanaha da sempre avuto timore del <diverso> cosicome del <troppo simile>; di qui la necessità didifferenziarsi, sempre di più. Dal Settecento inpoi la demoetnoantropologia, nelle sue diverseespressioni e scuole di pensiero ha reso possi-bile al pensiero occidentale la visione di nuovied immensi lidi culturali; un esempio per tutti,ed in epoca più vicina a noi, il contributo delcontenuto del “Ramo d’oro” di J. Frazer. La dina-mica dello sviluppo delle società umane va ricer-cato nelle interazioni tra le diverse maniere diaffrontare i problemi della quotidianità e nelloscambio di esperienze; è l’influenzamento reci-proco che porta la <novità>. Ora nellaConvenzione per il patrimonio mondiale cultu-rale e naturale, fin dal 1972, l’UNESCO lancia unappello per la salvaguardia delle tradizioni orali,che non ha portato a nulla; solo dal 1980 si ènotata sensibilità al problema, nelleRaccomandazioni sulla salvaguardia della cul-

tura tradizionale e popolare. La riflessioni matu-rate in merito alle differenze delle culture demo-etnoantropologiche (DEA, in abbreviazione tec-nica) hanno inciso nella definizione del patrimo-nio culturale immateriale, visto come sorgente didiversità, creatività, identità, e come cerniera trai beni materiali e quelli immateriali, tra l’oggettoe le dinamiche culturali diacroniche. In ambitonazionale ci fu un momento di attenzione perquesti beni nel 1978, nel momento in cui si ten-tava di catalogare queste realtà. Ora, dietro sol-lecitazione di associazioni culturali come l’AISEA(Associazione Italiana per le scienze etnoantro-pologiche) queste realtà sono state riconosciutecome beni culturali e rientrano tra le categorietutelate dal Codice dei beni culturali, sono inse-rite nei titoli delle Direzioni Generali, deiDipartimenti, delle Soprinten-denze periferiche,soprattutto quelle ai beni storico artistici, priveperò della necessaria autonomia. Le stesse pro-fessionalità che sono deputate alla cura di questibeni non sono riconosciute, perché rimangonoancora collocate tra gli storici dell’arte e gliarcheologi, e difficilmente vedrà la luce in tempibrevi un Istituto Speciale per i beniDemoetnoantropologici.

69

Il villaggio di Irbosa, ubicato approssimativa-mente nell’area di Badde Ivos e SantuNenardu, faceva parte nei secoli XI-XIII dellacuratorìa di Figulinas, uno dei distretti ammi-nistrativi del giudicato di Torres1. Tale curato-rìa era costituita dal territorio degli attualicomuni di Florinas, Codrongianos, Muros,Cargeghe e Ploaghe, più alcune porzioni degliodierni territori comunali di Ossi e Banari, peruna superficie di circa 185 kmq. All’interno diquesta area si costituì successivamente la cura-torìa di Ploaghe, che doveva comprendere l’at-tuale territorio comunale dell’omonimo villag-gio (circa 96 kmq).La regione di Figulinas può essere suddivisa intre porzioni. La prima è come racchiusa in unagrande conca, delimitata a nord dalle colline diOsilo e a sud dagli altipiani sui quali stannoarroccati i centri di Muros, Cargeghe e Florinas:all’interno si trovano due grandi avvallamenti,il Campomela e il Campo Lazzari, e modesteemergenze collinari che creano un alternarsi dimonticelli e piccole valli (Saccargia eCodrongianos). Le restanti due parti sono costi-tuite, a nord-est, dal territorio di Ploaghe,dominato dal monte Santa Giulia (617 m), e, a

sud-ovest, dal retroterra di Florinas.Nella sua massima estensione, la curatorìaannoverava i centri di Figulinas o Figulinas deCastellu (odierno Florinas), Cotronianu oCodrongianus Susu (odierno Codrongianos),Cotronianu o Codrongianus Josso, Muros,Carieke (antico Cargeghe, situato a vallerispetto all’attuale ubicazione), Briave, Contra,Irbosa, Muskianu o Muscianu, Novalia,Saccaria o Saccargia, Seve o Sea, Urieke oUrgeghe, Ploaghe (allora sede vescovile),Augustana e Salvènnor (questi ultimi tre vil-laggi andarono a costituire probabilmente lacuratorìa di Ploaghe).Tra le poche. ma significative notizie relative alcentro di Irbosa, si ha notizia di un’assembleagiudiziaria (corona) tenuta nel villaggio e pre-sieduta dal giudice di Torres Barisone I(seconda metà XI secolo)2, mentre il condaghedel monastero di San Michele di Salvennormenziona un personaggio originario di Irbosa,Pietro de Serra, vissuto a cavallo tra XII e XIIIsecolo3.Dopo la caduta del giudicato di Torres, nellaseconda metà del Duecento, l’intera curatorìafu acquisita dai marchesi Malaspina, prove-

nienti dalla Lunigiana (regione situata traToscana e Liguria), che si affermarono comesignori territoriali, edificando i castelli di Bosae di Osilo a controllo dei distretti di Montes,Figulinas, Coros, Planargia e Costavalle4. IMalaspina furono signori di Osilo (cui face-vano capo Montes, Figulinas e Coros) fino al1343, quando il re d’Aragona Pietro IV ereditòdal marchese Giovanni Malaspina tutti i posse-dimenti sardi della famiglia.Nei decenni successivi la corte regia aragoneseprocedette a una serie di concessioni di vil-laggi, terre e opifici in favore di sudditi ibericie di sardi e còrsi fedeli alla Corona, determi-nando così un progressivo smembramento deldominio ex malaspiniano5.Nel 1358 il villaggio di Irbosa risulta esserespopolato forse a causa delle guerre o dellapestilenza di metà Trecento: una statisticafiscale redatta in quell’anno menziona, infatti,la «villa de Ilvossa, la qual és tota endarrocada,que no y habita nangú»6.Nel 1380 il re Pietro IV concede in feudo alsardo Borsolus Sirgo, abitante di Alghero, levillas di Orsi (Ossi), e Sae (centro situatopresso Ossi), «sibi invicem contiguas», insieme

BREVI CENNI SUL VILLAGGIO MEDIEVALE DI IRBOSA (MUROS-SS)Alessandro Soddu

70

Territorio e Patrimonio - Conoscere per valorizzare

al «saltu de Ilbos, que antiquitus villa esse con-suevit»7.Se il villaggio di Irbosa fu abbandonato daisuoi abitanti, che probabilmente ripararono nelvicino centro di Muros, la sua chiesa, intitolataa San Leonardo, continuò a svolgere per lungotempo un ruolo attivo, per quanto non appaiacitata nei resoconti delle decime che le chiesesarde versarono alla Sede Apostolica tra 1341 e13598. Nel 1495 il canonico di San Leonardoera compreso tra gli otto che componevano il

capitolo della cattedrale di Ploaghe9 (la diocesivenne soppressa nel 1503)10. Ed ancora nel1688 gli atti della visita pastorale dell’arcive-scovo di Sassari Juan Morillo y Velarde regi-strano l’esistenza della chiesa rurale di SanLeonardo11.Nel 1843 Vittorio Angius, parlando delle anti-chità di Muros, dà notizia delle «rovine di unantico paese che dicono Tatareddu e cheaveva per titolare della chiesa San Leonardo.Appariscono le fondamenta d’una gran casa

che vuolsi sia stato il palagio marchionale»12. Ilricordo da parte dell’Angius dello scomparsovillaggio di Tatareddu (letteralmente “piccoloThathari”, cioè Sassari)13 e la menzione ditracce di murature, confermano l’esistenza del-l’insediamento medievale di Irbosa nell’area incui, nell’estate del 2002, sono stati rinvenuti iprobabili ruderi della chiesa di San Leonardoed i segni inequivocabili dell’antica viabilità.

1 Cfr. V. ANGIUS, in G. CASALIS, Dizionario geografico sto-rico-statistico-commerciale degli stati di S.M. il Re diSardegna, vol. 31, Torino, 1833-1856, vol. 6 (1840),voce Figulina, pp. 625-635; A. TERROSU ASOLE,L’insediamento umano medioevale e i centri abbando-nati tra il secolo XIV ed il secolo XVII, Supplemento alfascicolo II dell’Atlante della Sardegna, Roma 1974, pp.44-45; M.G. DONAERA, L’insediamento umano medioevalenella Sardegna settentrionale: i centri abbandonati dellacuratoria di Figulina, Tesi di laurea Università diSassari, A.A. 1982-83; A. SODDU, Curatorie e chiesemedioevali. La curatoria di Figulina, Tesi di laureaUniversità di Sassari, A.A. 1990-91.2 Cfr. Il condaghe di San Pietro di Silki. Testo logudoreseinedito dei secoli XI-XIII, a cura di Giulio Bonazzi,Sassari 1900, scheda 31.3 Cfr. Il Condaghe di San Michele di Salvennor. Edizionecritica a cura di P. Maninchedda e A. Murtas, CagliariSan Michele di Salvennor. Patrimonio e attività dell’ab-

bazia vallombrosana, Sassari 1997, pp. 82, 96, 198; p.271 (repertorio toponomastico).4 Cfr. A. SODDU, I Malaspina e la Sardegna. Documenti etesti dei secoli XII-XIV, Cagliari 2005.5 Cfr. F. FLORIS, Feudi e Feudatari in Sardegna, I-II,Cagliari 1996, I, pp. 206-209.6 Cfr. P. BOFARULL Y MASCARÓ, Repartimientos de los reinosde Mallorca, Valencia y Cerdeña, in “Collección de doc-umentos inéditos del Archivo de la Corona de Aragón”,tomo XI, Barcelona 1856, p. 841.7 ARCHIVO DE LA CORONA DE ARAGÓN, Cancillería, Reg. 1046,cc. 100r-101v (1380, dicembre 8, Saragozza): edito inA. SODDU, I Malaspina e la Sardegna. Documenti e testidei secoli XII-XIV, Cagliari 2005, doc. 576. Si trattamolto probabilmente del Bartolo Sirigu infeudato nel1375 del villaggio di Sennori: cfr. F. FLORIS, Feudi eFeudatari in Sardegna, cit., I, p. 190, II, p. 513.

8 Cfr. P. SELLA, ‘Rationes decimarum Italiae’ nei secoliXIII e XIV. ‘Sardinia’, Città del Vaticano 1945.9 Cfr. F. DE VICO, Historia general de la Isla y Reyno deSardeña, voll 1-7, a cura di F. Manconi, ed. di M.Galiñanes Gallen, Cagliari 2004, vol. 6, pp. 74, 86-87.10 Cfr. G. SPANEDDA, Una Diocesi sarda del Medioevo.Ploaghe, Sassari 1991.11 ARCHIVIO STORICO DIOCESANO DI SASSARI, Fondo Capitolare,S.K.4, c. 18v. Cfr. A. VIRDIS, Il sinodo diocesano dell’ar-civescovo Giovanni Morillo y Velarde, in “Archivio StoricoSardo di Sassari”, IV (1978), pp. 85-172.12 Cfr. V. ANGIUS, in G. CASALIS, Dizionario geograficostorico-statistico-commerciale degli stati di S. M. il Re diSardegna, cit., vol. 11 (1843), voce Muros, pp. 611-613.13 Cfr. V. TETTI, I nomi di luogo. Quarta dimensione dellaSardegna, Sassari 1995.

NOTE

71

Innanzitutto cos’è uno stemma e come sononati i primi stemmi? Il vocabolo “stemma” è diorigine greca, στεµµα (adornare, circondare).Significa anche benda o corona e stava ad indi-care la corona d’alloro o il ramo d’ulivo circon-dato di lana, che portavano i supplicantidurante le loro cerimonie. Dal momento checon le corone si soleva adornare le immaginidegli antenati, presso i romani la parolastemma passò ad indicare l’albero genealogicole tavole degli avi. L’uso di figure ornamentali sulle armi risale atempi remoti; nel mondo romano l’emblemapiù comune era quello dell’aquila; i franchi,invece, usarono dapprima il leone e più tardi ilfiordaliso. L’uso di segni distintivi personali su scudi ecorazze si diffuse durante il feudalesimo,quando i cavalieri, coperti fin sul volto dallavisiera dell’elmo, avevano assoluta necessità difarsi riconoscere a distanza; gli studiosi di aral-dica sono concordi sul fatto che gli stemminascano intorno all’XI secolo dagli emblemiche venivano riprodotti sulla bandiere deglieserciti medioevali per identificare i soldati diun determinato feudatario, quindi, per unamera esigenza pratica.

Dal momento che i guerrieri erano completa-mente ricoperti dalle proprie armature non erapossibile in alcun modo identificarli in batta-glia: da ciò la necessità di poterli individuaremediante un emblema araldico sulla bandieradel vessillifero (colui che portava la bandiera).Col passare del tempo, intorno al XII secoloquesti emblemi araldici passarono dalle ban-diere sulle armature dei guerrieri, in particolarmodo sugli scudi dei soldati e diventarono deiveri e propri distintivi di riconoscimento e ven-nero riportati su delle matrici di bronzo inmodo da essere trasferiti su documenti. Nascono quindi i sigilli araldici, annoverati trai caratteri estrinseci di maggior rilievo in undocumento e che in Italia ebbero un uso quasiesclusivamente limitato ai documenti pubblici1.Il sigillo altro non è che l’impronta positiva suuna materia plastica, cera o metallo fuso, suuna matrice in negativo di pietra o di metallo,per lo più bronzo o acciaio.La materia più comune sulla quale i sigilli ven-gono apposti è la cera che può essere di diver-sissimi colori; bianca, rossa, bruna oppure ver-gine, di colore neutro.Troviamo però anche sigilli su materiale metal-lico come piombo, argento od oro: esse pren-

dono il nome di bolle, perché ottenuti con unglobo “bulla” di metallo compresso tra duematrici.Il sigillo qui raffigurato è quello della famigliaMartinez, originaria della Murcia2, che a partiredal 16573 sino alla fine del 1700, fu feudatariadel villaggio di Muros, piccolo centro ora inprovincia di Sassari e precedentemente agglo-merato alla Curatorìa di Figulinas4. I Martinez, dapprima Signori di Muros, acquisi-rono il titolo baronale e, sotto il dominiosabaudo, nel 1762 a partire da Pietro Martinez5,furono elevati al rango di Marchesi con il pre-dicato di Montemuros. Si tratta di un sigillo di tipo araldico, ovale6; lostemma raffigurato presenta uno scudo semiro-tondo o gotico moderno7, sormontato da unelmo a cancelli, chiuso, di pieno profilo adestra, senza corona, circondato da lambrec-chini8.All’interno dello stemma, al centro, è rappre-sentato un quadrupede recante un bastone ter-minante con una croce, dal quale sventola unvessillo9 quadripartito a coda di rondine. Il quadrupede potrebbe essere un agnello, anzicon certezza sarebbe il comune Agnus Dei, giàraffigurato assieme a numerose statue del San

LA PRESENZA NOBILIARE A MUROSATTRAVERSO L’EVOLUZIONE DEGLI STEMMI DI CASA MARTINEZ

Federico Tolu

72

Territorio e Patrimonio - Conoscere per valorizzare

Giovanni Battista10. L’animale è presentato “inmovimento” con la testa rivolta all’indietro nelverso del vessillo e la zampa anteriore destrasollevata (quasi rampante). Forse calpesta unmanto erboso. Sotto di esso sono presenti tre foglie trilobate,presumibilmente di vite o fico (molto probabil-mente di si tratta di foglie di vite, si veda notan. 15), disposte orizzontalmente l’una accantoall’altra. Non compaiono altri simboli.È lecito pensare che, poiché lo stemma erastato eseguito per un sigillo, doveva riportareesclusivamente i simboli principali dellaFamiglia al fine di un rapido riconoscimento sudocumenti emanati; ma è pur vero che lefigure peculiari non venivano mai eliminate;venivano modificati ed adattati quegli elementipuramente decorativi come svolazzi e montantinon compromettenti al fine di un riconosci-mento della Famiglia e, cosa ben importante,del suo rango nobiliare.Talvolta una Famiglia nobile faceva costruirediversi sigilli per diversi motivi: aggiunta disimboli in funzione dell’elevazione al rangonobiliare, erosione della matrice, ecc.Questo sigillo, a differenza del precedente è untroncato, sovrastato da una riconoscibile, sep-pur stilizzata corona tollerata di marchese, cir-condato non da svolazzi, ma da dei rami, forsedi ulivo.Compaiono gli stessi simboli del precedentesigillo (l’agnello e le 3 foglie trilobate di vite)seppur con qualche diversità: l’agnello non èpiù in piedi ma sdraiato che guarda avanti econtrario è anche il verso del vessillo.Infine, le tre foglie, in basso, sono rette da un

gambo più accentuato. Occorre far notarecome lo stemma presente sul sigillo sia moltosimile alla raffigurazione presente su unalapide rinvenuta presso la Scuola Materna diMuros11; si tratta di una lastra marmorea opi-stografa che presenta da un lato lo stemma,come nel sigillo appunto, eccezion fatta perl’agnello evidentemente rampante, e dall’altrolato un’epigrafe in lingua spagnola, ancora dadecifrare nella sua totalità.Un altro stemma che ho potuto visionare, pro-babilmente sempre appartenente alla famigliaMartinez, consiste in uno scudo sannitico, con-tenente un troncato, sormontato da una coronatollerata di Marchese12, con perle grigie dispo-ste a tre a tre l’una accanto all’altra e collocatesopra altrettante punte. La fascia esterna della corona è tempestata dipietre azzurre e rosse alternate, mentre lafascia interna è di color rosso.Lo scudo è affiancato da entrambi i lati da dueleoni rampanti, color oro, a bocca aperta e lin-gua di fuori rivolti verso l’esterno dello scudo,che, con le zampe anteriori, lo abbracciano.All’interno della metà superiore dello scudo, alcentro, compare un agnello13 sdraiato, (chiara-mente riconoscibile), con le zampe all’internoe la testa che guarda fuori lo stemma, distesosu di un libro14 chiuso, color rosso, posizio-nato orizzontalmente col dorso verso l’internodello scudo; stringe tra le zampe anteriori unbastone ove alla punta è attaccato un vessillorosso a coda di rondine, il tutto in campoazzurro.Nella parte inferiore compaiono tre foglie verditrilobate di vite15, (quasi sicuramente si tratta di

vite potrebbero essere anche di fico o edera,ma non si sono trovati riscontri in altri stemmivisionati), eguali, disposte a semicerchio incampo rosso. Sotto lo scudo vi è una lista bifida dorata conla dicitura “MARTINEZ di MONTEMUROS” innero.Questo stemma sembrerebbe essere un’evolu-zione di quello presente sulla lapide e sulsigillo; infatti la lapide porta la seguente data-zione “IVNIO MDCLX” ossia “GIUGNO 1660”anno in cui Muros era solo un possedimentoallodiale, di proprietà del “Don Francisco”16,qui non appare né corona, né appaiono altrisimboli, come il libro e diversa è la disposi-zione di quelli già presenti, pertanto sipotrebbe ipotizzare che l’aumento degli ele-menti araldici sia proporzionale all’elevazionedel rango nobiliare della famiglia, quindi que-st’ultimo stemma potrebbe essere quello nellasua forma definitiva e ultima, cioè della fami-glia “Martinez di Montemuros”.Ciò potrebbe trovare riscontro nel fatto chequando la Sardegna entrò a far parte dei pos-sedimenti dei Savoia, questi non riconobbero ititoli nobiliari precedenti poiché rilasciati daun’istituzione spagnola e comunque non piùattiva nell’isola, pertanto Don Pietro Martinezdopo aver acquistato vari terreni nelle perti-nenze di Muros, fece domanda di infeudazioneed ottenne dalla nuova Casa regnante l’eleva-zione al titolo di Marchese col nuovo predicato“di Montemuros”17.Lo stemma dei Martinez di Montemuros trovaancora oggi continuità con l’attuale stemma delComune di Muros, concesso con DPR 6 agosto

73

La presenza nobiliare a Muros attraverso l’evoluzione degli stemmi di casa Martinez

198818. Araldicamente si tratta di un semipar-tito troncato: nel primo, di rosso, al leoned’oro, impugnante con le zampe anteriori lospino di rovo secco, di nero, posto in palo; nelsecondo, di azzurro, l’agnello pasquale, d’ar-gento, coricato, munito di gagliardetto con ildrappo bifido, posto in banda, di rosso e con

l’asta, posta in sbarra, di nero; nel terzo, d’ar-gento, alla ruota dentata, di rosso, raggiata diotto, munita di sedici denti, cui sono intrecciatetre spighe di grano, impugnate, di azzurro.Sono presenti, ovviamente, ornamenti esterioritipici dell’araldica civile.Occorre infatti notare come nel cantone destro

superiore dell’attuale stemma del Comune diMuros appaia l’agnello con il vessillo, già pre-sente nello stemma Martinez, seppur rivoltoverso l’interno e senza libro, segno inequivoca-bile di una continuità nell’attuale identità sto-rica e culturale dell’antica famiglia Martinez diMontemuros.

1 Cfr. A. Pratesi, Genesi e forme del documento medioe-vale, Roma 1979.

2 Città della Spagna sud-orientale, capoluogo della pro-vincia e della comunità autonoma di Murcia, sul fiumeSegura.

3 Anno in cui viene ufficialmente acquistato il feudo diMuros ad un’asta, ricavato dalla baronia di Ossi cheapparteneva alla Famiglia Gujo, cfr. Francesco Floris,Feudi e Feudatari in Sardegna, Cagliari 1996.

4 La Curatorìa comprendeva inoltre i villaggi di Bedos,Briaris, Cargeghe, Codrongianos, Contra, Florinas,Ilvossa, Muscianu, Noraja, Ploaghe, Saccargia,Salvennor, Seve e Urgeghe, cfr. Francesco Floris, Feudi eFeudatari in Sardegna, vol. I, pag. 156, Cagliari, 1996.

5 Cfr. Francesco Floris, Feudi e Feudatari in Sardegna,voce “Martinez”, vol. I pag. 209, Cagliari 1996.

6 La forma più comune dei sigilli è quella circolare; esi-stono poi sigilli ovali, a scudo, a losanga, esagonali edottogonali. Cfr. A. Pratesi, Genesi e forme del docu-mento medioevale, Roma 1979.

7 Tipo di scudo che nasce intorno al XV secolo, sosti-tuito poi dal cosiddetto “scudo sannitico”, cfr. L.Caratti di Valfrei, Araldica, Milano 1996.

8 Indica gli svolazzi esterni che ornavano lo stemma, la

loro funzione, in origine, era quella di protezione del-l’elmo e quindi del cavaliere dai raggi solari e dalla pol-vere durante le battaglie, divenne in seguito mero sim-bolo d’ornamento, cfr. L. Caratti di Valfieri, Araldica,Milano 1996.

9 Più precisamente un guidone ovvero una banderuolaformata da una lista di stoffa divisa in fondo in duepunte, cfr. L. Caratti di Valfieri, Araldica, Milano 1996.

10 All’interno della parrocchia dei Santi Gavino, Proto eGianuario, a Muros, è presente nella cappella di SanGiovanni, un’antica statua del San Giovanni Battista,assieme ad un agnello, venerata dai Martinez diMontemuros; si dice che proprio quella Cappella, dedi-cata al Santo, fosse stata fatta edificare dai Martinez ea loro riservata, pertanto non si escluderebbe che lagrande devozione cattolica non abbia portato iMartinez a scegliere come simbolo dello stemma pro-prio l’agnello su citato.

11 Si tratta della scuola materna “Maria Immacolata” diMuros; il sito dove negli anni ’60 è stato costruitol’asilo era adiacente all’antica casa parrocchiale (oggidemolita e costruita adiacente alla Chiesa), ed in par-ticolare al cortile dove, secondo fonti orali erano con-servati marmi ed altri oggetti provenienti dalla Chiesa,cfr. Nadia Canu, nella relazione redatta dopo il ritrova-mento della lapide.

12 cfr. L. Caratti di Valfrei, Araldica, Milano 1996.

13 L’agnello è simbolo di pazienza, cfr. G.B. diCrollalanza, Enciclopedia araldico-cavalleresca.

14 Con tutta certezza si tratta di una Bibbia, o delVangelo di Giovanni, comunque di un libro sacro arimarcare la fede profondamente cattolica della fami-glia Martinez. Il libro è simbolo di sapienza, erudizione,rispetto della legge ed amore per le scienze, cfr. G.B. diCrollalanza, Enciclopedia araldico-cavalleresca.

15 La vite è simbolo di unione e concordia, cfr. G.B. diCrollalanza, Enciclopedia araldico-cavalleresca.

16 Si tratta di “Don Francesco Martinez”, (X 1663),assessore alla regia governazione di Sassari, che apparecon l’appellativo di “Baron Mon(te) Muros” il quale siera fregiato appunto del titolo di barone diMontemuros che aveva assunto infondatamente inoccasione della compera di Muros, villa che facevaparte della baronia di Ossi; con atto 29 novembre 1658il procuratore regio Iacopo Artaldo di Castelvì, mar-chese di Cea, inibiva allo stesso Don Francesco di usareil titolo di barone, pena la comminatoria di 200 ducatiin caso di disobbedienza, cfr. F. Loddo Canepa,Cavalierato e Nobiltà in Sardegna, le prove nobiliari nelRegno di Sardegna, nuove ricerche sul regime giuridicodella Nobiltà Sarda.

NOTE

74

Territorio e Patrimonio - Conoscere per valorizzare

17 Affermazione deducibile da quanto dichiarato in:Francesco Floris, Feudi e Feudatari in Sardegna, Cagliari1996.

18 Di seguito si riportano, in ordine cronologico, levarie segnature di registrazione: Ministero del Tesoro -Ragioneria Centrale -Ufficio Controllo Atti PCM n. 491del 5.9.88; Corte dei Conti n. 9/285 del 20.9.88;Registro Araldico dell’Archivio Centrale dello Stato del15.10.88; Registro Ufficio Araldico n. 67 del 5.11.88.

75

La ricerca sui beni culturali di Muros ha avutocome oggetto lo studio del patrimonio artisticoed etnografico, includendo in quest’ultimo l’in-sieme di tradizioni e testimonianze della cul-tura locale, di carattere sia immateriale, comefeste, manifestazioni culturali e testimonianzeorali, sia materiale, come gli oggetti che testi-moniano la vita e le attività degli abitanti delpaese, e la sua tradizione gastronomica.Tra i beni immateriali sono state evidenziate lefeste religiose, le manifestazioni folkloriche, ela raccolta delle testimonianze orali, con parti-colare riferimento alle credenze popolari.Tra gli oggetti della cultura materiale sono staticatalogati quelli legati alle attività artigianali, allavoro dei campi e alla vita quotidiana, maanche, in particolar modo, gli abiti tradizionalidel paese. Come patrimonio artistico è stato rilevato ununico bene, la tela ad olio della chiesa di SanGavino, che ha destato particolare interesseper la storia della sua realizzazione. Infine è stata evidenziata la tradizione gastro-nomica, soprattutto relativamente alla prepara-zione dei dolci tradizionali.Al fine della catalogazione è stata fondamen-tale la ricerca sul campo, attraverso le intervi-ste agli abitanti del paese, in particolare ai

membri dell’associazione Pro Loco, spessocoinvolti nell’organizzazione delle manifesta-zioni folkloriche. La documentazione è stataintegrata dalla raccolta del materiale fotogra-fico, acquisito in fase di rilevamento, o preesi-stente, messo a disposizione dagli informatorio in possesso della stessa Pro Loco.Il prevalere della ricerca sul campo è stato det-tato da ragioni ben precise, infatti, sulle tradi-zioni di Muros in particolare, non esiste unavera e propria bibliografia, l’unica fonte biblio-grafica disponibile è il libro scritto da ToninoDeriu, attuale presidente della Pro Loco, cheracconta la storia di Muros, dalle prime fontimedioevali fino ai tempi moderni, attraverso iricordi degli anziani e quelli personali dell’au-tore. La ricerca bibliografica è stata tuttavia unessenziale strumento di confronto, poiché letradizioni e le usanze di Muros si inseriscononel comune contesto sardo, in generale, elogudorese, in particolare, sul quale la biblio-grafia è molto più ricca.

I BENI IMMATERIALI

Tra i beni immateriali rilevati, come detto,emergono in particolar modo le feste e lemanifestazioni folkloriche, la rassegna del coro“Don Renato Loria”, la rassegna del balletto

“Antonio Francesco Ruju”, la festa di SanGavino, la festa della Madonna di BuonCammino, la festa di San Giovanni, Cantos incarrela e la festa di Santa Barbara.Le prime due rassegne presentano varie carat-teristiche comuni: sono organizzate nelperiodo primaverile, o estivo, e sono curaterispettivamente dal coro e dal balletto diMuros, i cui membri si occupano di invitarealtri gruppi, provenienti da diverse zone dellaSardegna, che si esibiscono nella piazza delpaese con un repertorio composto di testi eballi tipici del folklore sardo. È consuetudine offrire ai gruppi ospiti unpranzo di ringraziamento e ricambiare la parte-cipazione all’evento, nei loro paesi di prove-nienza, in occasione di manifestazioni analo-ghe; questa pratica è detta “a cambiu torradu”e trova le sue radici nel “do ut des” romano.Questa tradizione si è conservata fino all’etàcontemporanea, in particolar modo nelle pic-cole comunità agropastorali, e si esprime nelreciproco scambio di doni e di prodotti delleproprie attività, come olio, formaggio, uva evino, che, spesso veicolati attraverso i bambini,in particolar modo nei periodi festivi, rinsalda-vano rapporti di parentela e amicizia.Tra le feste più sentite del paese c’è di sicuro

ASPETTI DI CULTURA E TRADIZIONI LOCALI A MUROS

Teresa Delrio

76

Territorio e Patrimonio - Conoscere per valorizzare

la festa di San Gavino, patrono del paese, i cuifesteggiamenti iniziano il 23 ottobre e duranoper tre giorni; il momento culminante è il 25,quando si svolge la processione per le vie delpaese con le statue dei tre Santi, Gavino, Protoe Gianuario.È tuttora viva l’usanza di chiamare un predica-tore esterno, cioè di un altro paese, cheaffianca il prete di Muros nella celebrazionedella Messa, per conferire maggiore solennitàall’evento. Questa usanza viene rispettatatanon solo per la Messa di San Gavino, ma ancheper tutte le altre principali cerimonie religiosedel paese, come la Messa per la Madonna diBuon Cammino e quella di San Giovanni. La festa della Madonna di Buon Cammino,invece, si svolge annualmente nella terzadomenica di settembre ed è seguita dalla pro-cessione per le vie del paese con la statua dellaMadonna. Questa ricorrenza ha carattereessenzialmente religioso, anche se a volte,nella piazza del paese, la serata è chiusa damusica o altri spettacoli. Anche la festa di San Giovanni, il 24 giugno, hacarattere essenzialmente religioso, con laMessa solenne, ed è seguita dalla processionecon la statua del Santo. Per molto tempo que-sta ricorrenza non è stata celebrata; solo recen-temente ripristinata, la sua organizzazione èdelegata ad un comitato formato essenzial-mente da giovani del paese. Durante questafesta viene organizzato anche il tradizionale“fogarone”, il falò nella piazza del paese, sulquale, come in passato, coloro che voglionosuggellare un rapporto di amicizia, usano sal-tare insieme, tenendo in mano un lungo

bastone e pronunciando delle formule rituali;dopo aver ballato insieme le coppie formatesono “compari” e “comari di fogarone”. Anche a Muros quindi troviamo in questa festai due elementi tipici che essa presenta in tuttoil territorio sardo: il fuoco e la creazione di rap-porti di comparatico. In passato la festa di SanGiovanni rappresentava il momento di stimadel raccolto che si stava per realizzare, e sitraevano i presagi per gli anni successivi; comein tutte le feste di passaggio o rinnovamento, ilfuoco, o il falò cerimoniale rappresentava unelemento purificatorio, e convalidava anche illegame di comparatico.Anche la manifestazione Cantos in Carrela èstata ripristinata solo recentemente, da circadieci anni, dopo un periodo di abbandono, suiniziativa della Pro Loco di Muros. Si svolgesolitamente nei mesi di gennaio o febbraio, edè organizzata dal coro di Muros, che invita icori dei paesi vicini a partecipare all’evento.Viene pianificato una sorta di percorso per levie del paese, con punti di sosta in alcune vieprescelte, dove i cori si esibiscono con unrepertorio di canti della tradizione folklorica.Al termine dell’esibizione le persone che abi-tano nella via selezionata offrono un piccolorinfresco a base di salumi, formaggi e dolci. Lapartecipazione dei cori di altri paesi è sempreregolata dall’uso del “cambiu torradu”.Dal rilevamento sul campo è emersa inoltreun’antica festa attualmente abbandonata,quella dedicata a Santa Barbara. Si svolgevafino a circa venti anni fa nei pressi della polve-riera di Campomela, località situata a valle delpaese, che ospitava un deposito di munizioni

presidiato da militari, nel giorno di SantaBarbara, patrona degli artiglieri, il 4 dicembre,e si articolava in una Messa seguita da una pro-cessione nella zona circostante il deposito, ter-minava poi tra vari festeggiamenti accompa-gnati da un lauto rinfresco. Col tempo i civiliimpiegati nella base di Campomela sono statisostituiti da militari di leva e anche la festa èstata col tempo dimenticata.

I BENI MATERIALI

E L’ABBIGLIAMENTO TRADIZIONALE

L’individuazione dei beni schedati ha presospunto da una mostra, organizzata nel mese diaprile 2006 dalla Pro Loco in collaborazionecol Comune di Muros, allestita nei locali direcente ristrutturazione in piazza Nassirya,destinati ad ospitare, in futuro, altre mostre oun eventuale museo.Si tratta soprattutto di alcuni pezzi di arreda-mento, ma anche oggetti legati alle attività pro-duttive, al lavoro dei campi, e alla vita quoti-diana. I pezzi in migliore stato di conserva-zione sono senz’altro due letti, realizzati inferro, con la tecnica della laminatura e provvi-sti di testiera e pediera, decorate con motivifloreali policromi racchiusi da una cornicecolor oro. Oltre i vari oggetti originali è stata rilevata lariproduzione di un antico strumento “musi-cale”, la raganella, detta roeddula, che emetteun suono simile al gracidio delle rane, da cuiprende il nome, utilizzata nei tre giorni prece-denti la Pasqua per annunciare gli orari dellefunzioni religiose in sostituzione delle cam-pane, legate in segno di lutto.

77

Aspetti di cultura e tradizioni locali a Muros

In questa sezione è stato inserito anche l’abbi-gliamento tradizionale di Muros, sia maschilesia femminile; prima di descriverli però ènecessario fare una piccola premessa. Il vestiario tradizionale della Sardegna è carat-terizzato da un’ampia varietà di fogge, colori eaccessori, che caratterizzano prevalentementel’abbigliamento festivo, e in particolare quellofemminile. Tale varietà è dovuta sia alla fun-zione di riconoscimento sociale che esso assol-veva, come distinzione tra comunità e cetisociali differenti, sia dall’influenza della modadella penisola, e da quella esercitata dai variordini religiosi che, in alcuni casi, condiziona-rono l’evolversi delle fogge, favorendo, o no,determinate soluzioni al posto di altre. L’abbigliamento tradizionale di Muros ricalca ilmodello diffuso nel Logudoro, il vestiario quo-tidiano e da lavoro era particolarmente sem-plice, mentre quello festivo, più elaborato, eraarricchito di decorazioni e gioielli. Il modellomaschile schedato è una riproduzione diquello utilizzato durante la seconda metàdell’Ottocento, di cui purtroppo non si conser-vano originali, ed è stato riprodotto circa diecianni fa grazie all’iniziativa dei membri del bal-letto di Muros. L’abbigliamento femminile, con-temporaneo a quello maschile, è invece total-mente originale, benché alcuni pezzi abbianosubito leggeri interventi di restauro.Il vestiario maschile era composto da vari ele-menti: sa berritta, tipico berretto a sacco dipanno nero; su entone, la camicia di cotone,bianca, con collo e polsi lievemente ricamati eincrespati; su cosso, il giubbetto, di vellutonero, senza maniche e chiuso a doppio petto;

sas ragas nieddas, gonnellino in velluto nerofinemente plissettato, fermato in vita con deilacci e un cinturone di cuoio, aveva funzionedi tenere aderenti e sostenere i pantaloni; sasragas biancas, pantaloni di cotone, bianchi,ampi e lunghi oltre il ginocchio, chiusi in vitae alle estremità delle gambe con degli elastici;sos busighinos, le ghette di velluto nero, servi-vano come protezione e per allacciare i panta-loni. La parte superiore è chiusa da un laccio,quella inferiore termina con un elastico nero,passante sotto il tacco delle scarpe, costituitespesso da grossi scarponi.L’abbigliamento femminile, invece era cosìcomposto: copricapo, su muncaloru ipastu, diseta, quadrangolare, solitamente bianco; cami-cia, sa camijia, di tela bianca, con una leggerascollatura e maniche larghe, increspate ai polsi;la sciarpa ricamata, s’isceppa, indossata soprala camicia, ornata da motivi floreali policromi;il busto, s’imbustu, indossato sopra la camicia,costituito da due parti simmetriche di broccato,decorate da motivi floreali policromi, tenuteinsieme nella schiena da un lungo nastro diseta color rosa. La struttura interna era costi-tuita da stecche di palma nana e due asticelledi ferro, cucite tra tessuto e fodera, che davanorigidità all’indumento. Sopra il busto si indos-sava il giubbetto, su corittu, che lasciava sco-perto il petto e il dorso, consentendo così albusto di rimanere visibile. Veniva realizzato amano, in un tessuto pregiato, il tirziopelo, dicolore rosso o nero, ricamato da motivi florealie policromi. Completava l’abbigliamento lagonna, sa punnedda, di panno nero, lunga,ampia, e leggermente increspata, decorata da

una corta balza di broccato con disegni flo-reali, sempre di colore nero, e, infine, il grem-biule, su panneddu, indossato sopra la gonna,di broccato nero e forma vagamente trapezoi-dale, leggermente increspato in vita, allacciatoposteriormente, era decorato da motivi florealipolicromi.

PATRIMONIO ARTISTICO

Il patrimonio artistico di Muros è quantitativa-mente contenuto, si segnala solo un oggetto: latela esposta attualmente nella cappella sinistradella chiesa dei Santi Gavino, Proto eGianuario.Si tratta di una tela ad olio, di forma vagamentetrapezoidale e dal lato superiore ricurvo, didimensioni 172 x 265 cm. In primo piano, inbasso, sono raffigurati i tre Martiri Turritani, adestra Gianuario, al centro San Gavino acavallo, tiene in mano lo stendardo delGiudicato di Torres, e a sinistra Proto, raffigu-rato con la mitria sul capo e in mano un calicee la palma del martirio. Al di sopra delle figurecentrali sono raffigurate, in gloria, la Madonnacon in braccio il Bambino e a destra SanGiuseppe e San Giovanni tra gli angeli.Per la compilazione della scheda della telasono state fondamentali la ricerca bibliograficae d’archivio. Infatti, da una prima verifica deidocumenti esistenti, conservati all’interno dellaparrocchia di San Gavino, essa è attribuitagenericamente ad un pittore sardo delSeicento. Alcune fonti bibliografiche invece,facendo riferimento ad un documento conser-vato nell’archivio della chiesa di Cargeghe,allora amministrata insieme a quella di Muros,

78

Territorio e Patrimonio - Conoscere per valorizzare

lo attribuiscono ad un pittore di origine pie-montese, Marco Antonio Maderna, attivo nelconfinante comune di Cargeghe. Tale docu-mento sarebbe una quietanza di pagamentodel 1594, rilasciata dall’allora rettore di Muros,monsignor Olmo, per la pittura e doratura diun quadro. Dalla ricerca effettuata presso l’ar-chivio della diocesi di Sassari e presso quellodella parrocchia di Cargeghe non è stato tro-vato il documento in questione, ma in quest’ul-timo sono conservati una serie di altri docu-menti dello stesso anno, attestanti la presenzae le attività del suddetto pittore nella parroc-chia di Cargeghe, ma nessuno che confermi lacontemporanea attività in quella di Muros. Ad ogni modo è possibile che questo docu-mento sia andato perso, bisogna, infatti, ricor-dare che l’archivio in questione nel passato èstato danneggiato da un incendio, così comenon si può escludere che dopo il restauro deglistessi registri, attualmente in cattivo stato diconservazione, si possa effettuare una ricercamirata. È comunque significativo che nellostesso periodo di realizzazione della tela di SanGavino, sia documentabile nei pressi di Murosl’attività del pittore cui anche fonti bibliografi-che più recenti attribuiscono la realizzazionedell’opera.

LE TESTIMONIANZE ORALI

Le testimonianze orali raccolte sono legatesopratutto a credenze popolari e, come in tuttala Sardegna, sono caratterizzate da uno strettolegame tra magia e religione, in cui gesti scara-mantici, forme di scongiuro e operazioni di tipomagico si fondono a preghiere, oggetti consa-

crati, e gesti della religione cristiana. Basti ricor-dare Sa meighina ‘e s’ojiu (la medicina dell’oc-chio), antico rito magico-religioso contro la sfor-tuna, che consisteva nel versare chicchi di granoall’interno di un bicchiere d’acqua, recitando nelfrattempo delle preghiere. Alla fine del rito, inbase alla risalita in superficie dei chicchi digrano, si capiva se la persona interessata aveva,o meno, ricevuto una sorta di maledizione, o seera vittima dell’invidia di qualcuno.Anche gli stessi sacerdoti spesso esercitavanoriti a metà tra il magico e il religioso, infatti, conil loro misterioso alone di potere, che provenivadall’essere detentori e amministratori del sacro,diventarono spesso veicoli di magia. A testimo-nianza di questo tipo di interventi a Muros siricorda che, durante il periodo estivo, gli uccellimangiavano il grano che maturava nei campi,causando così la collera degli agricoltori, che sirivolgevano al sacerdote del paese.Quest’ultimo consegnava loro un foglio doveaveva disegnato delle croci e scritto delle for-mule in latino, lo metteva all’interno di unacanna, cui aveva tagliato un’estremità, e larichiudeva con un pezzo di sughero. Questaveniva poi consegnata all’agricoltore, che avevail compito di nasconderla nel suo terreno, in unangolo di difficile accesso. Da quel momento inpoi gli uccelli non avrebbero più sostato all’in-terno del terreno ma ne sarebbero stati lontani,come impauriti.Tra gli interventi magico-religiosi c’erano ancherimedi taumaturgici, come ricette di medicina oveterinaria, permeate di simboli religiosi cri-stiani, usati però magicamente, come immaginie sostanze consacrate. Simile a questo tipo di

interventi si segnala quello per la cura dell’er-nia dei bambini. Durante la notte di SanGiovanni Battista, i familiari del bambino sirecavano in una località del paese, suGiardineddu, nell’attuale via Brigata Sassari,dove si trovava un albero di fico; l’uomo checelebrava il rito, chiamato da un paese vicino,tagliava il tronco dell’albero, fino alla metàdella sua altezza, prendeva il bambino e, reci-tando delle formule particolari, lo faceva pas-sare all’interno del taglio dell’albero, facendoglifare un movimento rotatorio. Dopo di che sirichiudeva la “ferita” dell’albero con deglistracci, avendo cura di tenerlo ben stretto.Dopo un mese lo stesso uomo tornava in paesee controllava la “ferita” dell’albero: se questaera “guarita”, anche il bambino non avrebbepiù avuto disturbi.Tra le consuetudini, invece, si ricorda quella dichiedere sos responsos, una sorta di previsionesull’esito di processi in corso. Infatti quando inpaese c’era qualcuno coinvolto come imputatoin un processo, i familiari, il giorno del dibatti-mento, si rivolgevano ad una donna, cheavrebbe dato loro una previsione su quella chesarebbe stata la sentenza. La donna si sedeva difronte alla finestra e in base alle frasi sentite daipassanti dava la sua interpretazione. Se adesempio qualcuno passando diceva una frasecome paga cosas, l’interpretazione era cheall’imputato sarebbe stata data solo una penaleggera; se invece i passanti dicevano parolecome nudda l’imputato sarebbe stato assolto, alcontrario, se sentiva qualcosa come male, ilprocesso avrebbe avuto un esito negativo perl’interessato.

79

Aspetti di cultura e tradizioni locali a Muros

ASPETTI GASTRONOMICI

Nello studio del patrimonio gastronomico si èfocalizzato sopratutto l’aspetto relativo alla tra-dizione dolciaria e a quella del pane, entrambeprofondamente legate ad occasioni festive,familiari (matrimoni, battesimi, ecc.) o religiose(Natale, Pasqua, ecc.). Tra i dolci ricordiamo in particolar modo gliamaretti, sos amarettes, classico dolce a base dimandorle dolci e amare, tipico di occasionifestive familiari, come battesimi, comunioni,cresime e matrimoni. Tra quelli legati alle festività religiose invece cisono i bianchini, a base di zucchero, o le for-maggelle, kasadinas, a base di formaggio,entrambi preparati solitamente nel periodopasquale; i papassini, sos papassinos, a base dimandorle, noci e strutto, e le tericche, tericcaso tiriccas, il tipico dolce a base di vino cotto,detto saba, preparato solitamente nel periododi Ognissanti Questi ultimi due tipi di dolcesono spesso ricoperti da una glassa a base dizucchero e albume d’uovo, detta kappa o bra-nizza.La tradizione dolciaria è ancora particolar-mente viva in quasi tutte le famiglie; decisa-mente persa è invece quella di preparare, nelperiodo pasquale su kozzolu ‘e s’ou o kotzula‘e ou, un pane particolare, che racchiudeva unuovo cotto, preparato nel periodo pasqualecome dono per i bambini. Ancora più raro èl’uso del pane degli sposi, preparato tradizio-nalmente in occasione di matrimoni, comedono di buon augurio per gli sposi, finementelavorato e abbellito da raffinati decori, come adesempio delle piccole roselline, che richiede

una grande capacità tecnica e un grande impe-gno per la sua preparazione, ma che ormai inpochi sono in grado di realizzare.

A conclusione della ricerca sui beni culturali diMuros si può affermare che il suo patrimonioetnografico è molto più ricco di quelle chepotevano essere le aspettative iniziali, e chedurante la ricerca, svolta essenzialmente sulcampo, si è notata una particolare vivacità e ungrande attaccamento del paese alle proprie tra-dizioni. È sufficiente pensare alla collaborazione degliabitanti, nel fornire testimonianze e materialefotografico; alle recenti attività della Pro Loco,che negli ultimi dieci anni ha ripristinato lafesta di San Giovanni, la manifestazione Cantosin carrela, e cura la partecipazione del paesealle varie fiere. Anche i membri del coro e del balletto sonoparticolarmente attivi; sempre negli ultimi diecianni hanno svolto autonomamente ricerche sulcostume e sui balli tradizionali, raccogliendo letestimonianze delle persone più anziane eriportandole fedelmente. Le stesse amministrazioni comunali hannodimostrato interesse al recupero e alla valoriz-zazione dei beni culturali, con la promozionedel progetto in cui si inquadra questa stessaricerca, o la recente ristrutturazione di unlocale da dedicarsi a mostre o ad un eventualemuseo, che ha ospitato recentemente unamostra di carattere etnografico, organizzatadalla Pro Loco. Questa mostra ha riscossogrande partecipazione dai residenti, che hannomesso a disposizione svariati oggetti di colle-

zioni private, permettendo di esporle al pub-blico, che ha partecipato numeroso e con sen-tito interesse.Nonostante Muros sia quindi un piccolo paesesi è dimostrato ricco di tradizioni, la sua popo-lazione ne è consapevole e collabora spessoalle varie attività o manifestazioni, organizzateil più delle volte dai gruppi folklorici e dallaPro Loco.Bisogna sottolineare che durante la presentericerca si è sempre utilizzato il termine “folklo-rico”, e non quello “folkloristico”, tale sceltanon è stata dettata da un fattore puramente sti-listico, ma piuttosto dal desiderio di sottoli-neare che le manifestazioni folk di Muroshanno mantenuto un carattere spontaneo, esono sentite come elemento fondamentaledella propria identità culturale, da recuperare,conservare e tramandare. Negli ultimi anniinvece, il continuo evolversi della domanda diturismo culturale, rivolta anche ai beni etnogra-fici, ha determinato lo svolgersi di rappresenta-zioni “fittizie” delle manifestazioni folkloriche,definite appunto folkloristiche, rivolte esclusi-vamente alla soddisfazione della domanda turi-stica e non al manifestarsi di autentici senti-menti di identità culturali; Muros non è statotoccato da questo fenomeno, anche perchéestraneo a veri e propri flussi turistici.Lo scopo di questo progetto è tuttavia la pro-mozione del paese a livello turistico che, a mioparere, può essere realizzata attraverso la valo-rizzazione dei singoli beni e la promozioneintegrata delle varie tipologie presenti sul terri-torio: naturali, archeologici e etnografici, masopratutto attraverso la collaborazione e l’inte-

80

Territorio e Patrimonio - Conoscere per valorizzare

Atzori M., Paulis G. (a cura di), Antologia delle tradi-zioni popolari in Sardegna, 2005.

Atzori M., Tradizioni popolari della Sardegna: identità ebeni culturali, 1997.

Atzori M., Satta M.M., Credenze e riti magici inSardegna: dalla religione alla magia, Sassari 1980.

Carta Mantiglia G. L’abbigliamento tradizionale in LaProvincia di Sassari, ambiente storia e civiltà, CiniselloBalsamo 1987.

Delitala E., Come fare ricerca sul campo, Edes, Sassari,1992.

Deriu T., Piccolo antico Muros, Stampacolor, Muros,1999.

Satta M.M., Riso e pianto nella cultura popolare: feste etradizioni sarde, Sassari 1982.

Scano M.G., Pittura e scultura del ’600 e del ’700, IlissoEdizioni, Nuoro 1991.

Turchi D., Lo sciamanesimo in Sardegna: da lontani mitiancora presenti nell’immaginario collettivo dei sardi,Roma 2001.

Storia dei Pittori sardi e catalogo descrittivo della pri-vata pinacoteca del can. G. Spano, Cagliari dalla tipo-grafia A. Alagna, p. 317.

BIBLIOGRAFIA

grazione tra i vari centri limitrofi, che solo pro-ponendosi come territorio, unitario e caratteriz-zato dalle peculiarità di ogni singolo Comune,può attrarre e sostenere un vero flusso turi-stico, che favorisca il fiorire di attività economi-che ad esso correlate.

81

L’attuale istanza di conoscenza e documenta-zione del patrimonio culturale della Sardegna,al centro del dibattito regionale e oggetto diinteressanti progetti di censimento e cataloga-zione, non è certamente un fatto recente. Lemetodologie e le tecniche di schedatura e ditrattamento del dato si sono evolute nel corsodi due secoli, seguendo le trasformazioni chehanno contraddistinto il concetto stesso dibene culturale e di tutela. Prima di parlare di un sistema informativo, inquanto contenitore moderno delle conoscenzeche si sono stratificate nel corso di decenni distudi e ricognizioni sul territorio, sembra dun-que opportuno soffermarsi a ricostruire, pertappe significative, l’evoluzione del concetto edelle prassi di catalogazione che hanno con-trassegnato l’attività degli uffici preposti allatutela e al governo del territorio nell’isola. La difficile e travagliata esperienza dei catalo-ghi trova oggi risposta nell’ambizioso progettodi sistema catalografico unico, recentementeproposto dalla Regione Autonoma dellaSardegna, nei confronti del quale il progettoportato avanti per il comune di Muros si ponecome tassello compiuto e significativo al

nascente SICPAC regionale. Le esperienze con-dotte in ambito accademico e quelle prove-nienti da altre realtà geografiche hanno peròpermesso di fare un passo in più rispetto allatradizionale schedatura ministeriale, implemen-tando i modelli catalografici ICCD con ilmodulo della vulnerabilità della Carta delRischio, al fine di convertire lo statico sistemadi conoscenza che è il catalogo in uno stru-mento di programmazione strategica degliinterventi sui beni culturali, a supporto deglienti preposti alla tutela e al monitoraggio delpatrimonio culturale dell’isola.

LE RADICI DELLA CATALOGAZIONE IN SARDEGNA

La ricognizione dello scenario normativo edello stato delle conoscenze in materia di cata-logazione in Sardegna dall’Ottocento ad oggi,alla luce delle contemporanee iniziative postein atto in altre realtà italiane, fa risaltare unacerta inerzia in merito all’attività censuaria erilevanti ritardi nel raggiungimento degli obiet-tivi. Mentre già sul finire del XVIII secolonell’Italia pre-unitaria si delineano le primeesperienze di catalogazione per la conserva-zione dei beni culturali1, in Sardegna l’attività

di censimento ed elencazione dei beni si limitaalle proprietà ecclesiastiche, al solo fine di sal-vaguardarne il possesso, e alle postazioni mili-tari, per iniziativa del governo sabaudo, inte-ressato a fortificare la presenza dell’autoritàdello Stato, ponendo ordine in un territorio inmano ai privilegi di feudatari ed ecclesiastici. La prima reale volontà di conoscenza della sto-ria della Sardegna matura nella prima metà delXIX secolo e si manifesta con una intensa pro-duzione storiografica, accompagnata da accu-rate ricerche archivistiche. Un tale fervore nontrova, però, riscontro sul piano della storiogra-fia artistica, dove l’unica voce di prestigiorimane quella del canonico Giovanni Spano,che manifesta la triste consapevolezza delritardo della Sardegna nell’acquisizione dellaconoscenza dei monumenti antichi e medioe-vali. Nel primo numero del “BollettinoArcheologico Sardo, ovvero della Raccolta deiMonumenti antichi della Sardegna” ricorda, atal proposito, che “ogni terra, per piccola chesia, ha avuto qualcheduno che con amoreabbia saputo raccogliere i monumenti sparpa-gliati, ed unirli in un sol corpo. La Sardegnamancava di questa gloria, mentre che parte-

DALLA CATALOGAZIONE AL SISTEMA INFORMATIVO PER LA TUTELA E IL MONITORAGGIODEL PATRIMONIO CULTURALE DELLA SARDEGNA: UN PROGETTO PILOTA

Donatella Rita Fiorino

82

Territorio e Patrimonio - Conoscere per valorizzare

cipa nello sviluppo di ogni genere di scienza edi progresso”2.Questa prima esperienza, definita una “massainforme di notizie minuziose”3 di un uomo che“scorrazzò anche nella storia dell’arte, ma dasaraceno e non da cristiano”4, contiene, quasicome in un censimento, sezioni dedicate allascoperta di architetture medioevali, accompa-gnate da riferimenti alle fonti archivistiche e unadeguato supporto iconografico, tanto dapotersi considerare la prima sommaria esplora-zione sulla storia dell’architettura sarda,ristretta per motivi ideologici, alla produzioneantica e giudicale.Mentre la conoscenza dell’isola si diffondeva intutto il mondo grazie agli scritti non sempreattendibili, ma decisamente suggestivi, deiviaggiatori, giunti numerosi in una Sardegna adir poco sconosciuta, gli ingegneri regi LaMarmora e De Candia ponevano le basi per laconoscenza topografica del territorio, realiz-zando le prime carte geometricamente attendi-bili dell’isola e delle sue coste che costitui-scono, di fatto, il primo lavoro organico di rap-presentazione del territorio, segnando la finedella cartografia empirica5. Nel clima ottocentesco denso di attività specu-lative, maturano le premesse alla nascita deiprimi censimenti in ambito regionale nell’acce-zione moderna del termine. Tra il 1867 e il1892, mentre nel resto dell’Italia vengonoposte in atto le prime significative esperienzedi catalogazione, le neonate strutture consul-tive ministeriali attive sul territorio6 non produ-cono risultati apprezzabili fino agli ultimi annidel secolo, ossia fin quando non si assiste alla

stesura delle prime norme nazionali. Oltre chealla carenza di risorse e alla tardiva nascita diuna “cultura dell’antico” nella classe intellet-tuale sarda, tale ritardo è da imputarsiall’enorme numero di monumenti di interessearcheologico e architettonico da censire, pergran parte dispersi su un territorio regionaledifficile da raggiungere a causa della inade-guata rete viaria, della scarsità di personale e dimezzi finanziari a disposizione.Tuttavia, per quanto non abbia trovato un con-creto ed immediato riscontro, la volontà di unaattività di catalogazione si manifesta nel 1866attraverso il primo decreto di istituzione delleCommissioni Provinciali di Cagliari e Sassariche definisce l’obbligo di “…compilare etenere in regola gli inventari di tutti gli oggettid’arte che si trovano nelle loro Province in edi-fici pubblici, sacri e profani, o che sono espostial pubblico in edifici privati”7, con preciseindicazioni sulle modalità da seguire. Si trattavaper lo più di schede per l’inventariazione delleopere mobili, mutuate dal contemporaneoRegolamento redatto per le province di Firenzeed Arezzo. L’anno successivo all’emanazionedel decreto, Dionigi Scano non sembracogliere l’istanza ministeriale e nella sua pro-posta di “Statuto” per le Commissioni del 1867non pone il problema dell’inventario, probabil-mente per la consapevolezza dell’impossibilitàdi provvedervi concretamente.In tutto il decennio successivo le Commissioninon attivano di fatto alcuna attività inerenteall’inventario, come risulta dall’assenza didocumentazione relativa a quegli anni e dalleindicazioni alquanto lacunose in merito all’ar-

chitettura sarda indicate nell’“Elenco degli edi-fici Monumentali”8 approvato dalla Giunta diAntichità e Belle Arti nel 1875.Con la circolare n. 436 dell’11/06/1875, tra-smessa a tutti i prefetti, il Ministero rinvia alleCommissioni gli elenchi degli edifici medievalie moderni redatti, accompagnati da un solle-cito ad una maggiore attenzione al problemadel censimento, rendendo altresì obbligatoriala compilazione degli elenchi distinti in monu-menti e oggetti di interesse archeologico emonumenti ed oggetti medievali. Oltre a ricor-dare l’impegno per un’accurata vigilanza per latutela dei monumenti, con essa si istituiscel’obbligo dell’invio di un rapporto semestralesul loro stato di conservazione. Anche leCommissioni Conservatrici, rinnovate nel 1876e coadiuvate dagli Ispettori locali, non svol-gono che una minimale attività.Il passaggio al nuovo secolo è segnato dallalungimirante figura di Filippo Vivanet, direttoredal 1893 al 1905, uomo di grande cultura, con-sapevole della necessità di costruire un quadroconoscitivo d’insieme della realtà artistica sardaattraverso apposite campagne di inventaria-zione. A partire dal primo anno di incarico, dà avvioall’attività di inventariazione, schedatura,ricerca storico-archivistica, rilievo grafico e sag-gio di prospezione “archeologica” per la com-pilazione di un elenco degli edifici e ruderiaventi importanza storica, nonché degli oggettid’arte. L’ufficio inizia così un lungo lavoro diricerca. “Essendo scarsissimo il materiale rac-colto per l’illustrazione dei nostri monumentitanto dal lato storico, come dal lato artistico,

83

Dalla catalogazione al sistema informativo per la tutela e il monitoraggio del patrimonio culturale della Sardegna: un progetto pilota

quale indispensabile preparazione alla deside-rata catalogazione dei Monumenti nell’isola,l’ufficio, (….) rivolse le sue cure a mettereinsieme tutti quei documenti bibliografici, gra-fici o storici il cui esame potesse tornare utilead una completa descrizione (…) dell’architet-tura e delle altre minori arti nella Sardegna. Atal uopo venne aperta una pratica per ognirudere, edificio od oggetto d’arte degno d’inte-resse ed in essa venne consegnato il frutto dellericerche ora intenzionali, ora semplicementeoccasionali fatte sopra di essi. Finora non è chelavoro semplicemente sbozzato, che ha bisognodi tempo per completarsi, ma la sua utilitàapparisce incontestabile (…)”9.Tale inventario, conservato quasi interamentepresso l’Archivio della Soprintendenza per iBeni Architettonici, Paesaggio, PatrimonioStorico Artistico ed Etnoantropologico diCagliari e Oristano, è basato su un modello discheda ministeriale, sintetico ma efficace, cheviene trasmesso a tutti i sindaci dei Comuni,tramite circolare, avente come oggetto i“Monumenti preistorici”, con l’invito a compi-larlo secondo precise istruzioni loro impartite.Questa iniziativa ha avuto la funzione di sensi-bilizzare le amministrazioni locali al riconosci-mento e all’inventariazione del proprio patri-monio archeologico e, pertanto, costituisce unmodello di prassi metodologica non trascura-bile nell’evoluzione della storia della cataloga-zione nell’isola. Ma la catalogazione introdotta dall’Ufficio inquesti primi anni non è solo quella della rac-colta dati: una interessante iniziativa presa dalVivanet è infatti quella della creazione di un

archivio costituito da campioni di materialelapideo prelevato dai monumenti, destinatonon solo allo studio delle caratteristiche fisico-chimiche, ma anche a quelle di degrado deimateriali e del monumento. Nella sua SecondaRelazione scrive “Ho stimato utile l’iniziare uncampionario delle varie pietre adoperate neimonumenti, raccogliendo dati esatti sulla lorodurabilità e vario modo di comportarsi rispettoall’azione complessa degli agenti atmosferici(…) Le scuole di applicazione (...) e gli Ufficitecnici (...) hanno mezzi opportuni per deter-minare gli altri coefficienti, quali il peso speci-fico, la durezza (…) ma nessuno di essi puòcome gli Uffici regionali che si adopranoattorno a fabbricati appartenenti ad età assairemote dare notizie attendibili sulla forza diresistenza dei materiali adoperati, di frontealle influenze telluriche, per lunga età, notiziepreziose per l’ingegnere ed il costruttore il qualecol loro sussidio può presentire la durata pro-babile dell’opera sua e proporzionarvi i mezzidi esecuzione (…)”10. Questi continui riferi-menti dell’ing. Vivanet all’attività della catalo-gazione, anche oltre le disposizioni ministerialiche in quegli anni si andavano moltipli-cando11, dimostrano un’adesione al significatodella catalogazione ben più avanti delle istanzeregionali, e non solo, a lui contemporanee. A partire dal 1893 lo stesso Vivanet, nell’ambitodell’inserimento all’interno dei regolamentiedilizi Comunali dei tre articoli a tutela deimonumenti, ruderi e oggetti d’arte, chiede aglistessi comuni di provvedere alla compilazionedell’elenco degli edifici degni di essere conser-vati sotto il profilo storico e artistico. In linea

con la sua attenzione verso l’uso dei materiali,nel 1895 avvia anche il censimento delle anti-che cave, nel tentativo di determinare la prove-nienza e la distribuzione dei materiali utilizzatinegli edifici monumentali, secondo un modellodi scheda opportunamente predisposto dalMinistero. Il passaggio al Novecento, è segnatodalla presenza a Cagliari di Luca Beltrami cheal paragrafo VII della relazione ivi tenuta nel1902 in occasione del X Congresso degliIngegneri e Architetti italiani12, espone i piùimportanti problemi che gli organismi di tutelaavrebbero dovuto affrontare. Primario èl’elenco dei monumenti italiani, la loro “valuta-zione” e una perizia dei lavori da effettuare peril loro mantenimento. “(…) Si tratta di due ele-menti difficili da concretare: il primo anzi, sidovrebbe ritenere impossibile, poiché se ilGoverno non è riuscito, dopo oltre 27 anni dicontinuo dispendio, ad avere l’elenco mate-riale dei monumenti, tanto meno potrebbe arri-vare alla loro valutazione: come valutareSanta Maria del Fiore, il Palazzo Ducale diVenezia (...). Difficile, ma non impossibile,ammessa una certa larghezza di dati (...)”13.La morte di Filippo Vivanet nel 1905 segna unbrusco rallentamento di tutte le attività di pro-grammazione. Tra il 1905 e il 1923 si ferma, difatto, tutta l’attività di inventariazione, rilievo erestauro dei monumenti, specie quella riguar-dante gli edifici lontani da Cagliari, per i qualirisulta impossibile pagare le missioni. Una talecrisi non consente di compiere quel salto diqualità che la nuova normativa e la riorganizza-zione del servizio avrebbero reso ormai rag-giungibile.

84

Territorio e Patrimonio - Conoscere per valorizzare

Con l’istituzione delle Soprintendenze nel1907, la catalogazione entra a far parte deicompiti istituzionali degli organismi prepostiall’attività di tutela, e in pochi anni si susse-guono altre importanti puntualizzazioni mini-steriali in merito agli inventari14, tra cui, nel1907, le norme per la redazione dell’inventariodei monumenti e degli oggetti d’arte15. Leschede degli edifici di Cagliari e Sassari sonopubblicate solo nel 192216, in concomitanzacon gli ultimi anni dell’attività dello Scano inqualità di Soprintendente.Anche in Sardegna, il tentativo di aggiornarecostantemente gli Elenchi tiene faticosamenteil passo di una cultura che amplia rapidamentegli orizzonti fino a ricomprendere nel suoalveo categorie di manufatti sempre più diver-sificate secondo una modalità di pensiero chesi allinea con le contemporanee vicende nazio-nali. L’esito del lavoro di censimento condottotra il 1892 e il 1923 è stato l’inserimento neimonumenti “nazionali” delle sole basilicheromaniche ed alcune manifestazioni “minori”dell’architettura pisana e aragonese, mentre alrimanente patrimonio architettonico si finiscecol riconoscere un interesse “regionale” o“locale” o, più semplicemente, un valore pura-mente “storico” contrapposto a quello artistico.Una lieve ripresa nei lavori di inventariazionesi rileva a partire dal 1934 grazie all’impegnoscientifico di Raffaello Delogu, insignito daparte del ministero di un apposito incaricoministeriale atto a colmare i vuoti di cono-scenza del patrimonio artistico isolano. Pocopiù che ventenne, visita con lo scrupolo checontraddistingue tutta la sua carriera, anche i

centri più interni ed impervi, compilando unmigliaio di accurate schede di un patrimonioper la maggior parte ignorato. A lui si deve lanuova visione in Sardegna della storia dell’arte,non più intesa come “sistematica enumera-zione di eventi individuati filologicamente e daclassificare per tipi e cronologie”17, quanto,piuttosto, una storia finalizzata a “scorporare edistinguere le cosiddette fasi costruttive degliedifici” attraverso una maturata attenzioneverso le strutture e le tecniche costruttive. Ilsuo lavoro si inserisce nel dibattito produttivoed articolato della emanazione delle leggi fon-damentali della tutela in Italia18.Nel 1969 viene istituito l’Ufficio Centrale per ilCatalogo sulla base delle istanze scaturite nel-l’ambito del dibattito della CommissioneFranceschini, che, nel documento finale daltitolo “Per la salvezza dei beni culturali inItalia”, indica la catalogazione “completa ecapillare” come imprescindibile premessa adogni tentativo di recupero e tutela dei beni arti-stici e ambientali in Italia. A partire dagli anni Ottanta del Novecento, l’in-tensificarsi della pianificazione territoriale,comunale e intercomunale, fino a quella paesi-stica, dà avvio alla creazione di nuclei censoriper i beni culturali, circoscritti ad ambiti ristrettie in genere particolarmente significativi in ter-mini di individuazione e prima descrizione delbene culturale censito. Il problema di talirisorse catalografiche consiste però nella diso-mogeneità del modello informativo anche intermini di qualità del dato che talvolta privile-gia alcune categorie di beni scelte sulla basedel loro ambito cronologico o stilistico di rife-

rimento (archeologia, medioevo, architetturagotico-catalana) rispetto ad altri sovente trascu-rati (barocco, architettura otto-novecentesca).Ancora nel 1989 un interessante studio di A.Marotta Carboni condotto in ambito di tesi didottorato lamenta “la carenza di progetti cultu-rali di ampio respiro, in grado di favorire pro-blematizzazioni complesse, approfondimenti escambi a livello nazionale”, conseguenzaanche dell’“assenza di inventari sul patrimo-nio culturale dell’isola sufficientemente ampi,specifici e documentati, organizzati con l’in-tento di costituire dei reference books, soprat-tutto per la consultazione di dati bibliografici edocumentari aggiornati”19.L’attenzione verso il censimento si è semprepiù spostato dagli uffici di tutela verso gliorgani concorrenti in materia di governo delterritorio a cui la catalogazione è orientata inmaniera sempre più forte.

IL PROGETTO MUROS: UN TASSELLO PER

IL CATALOGO UNICO DEI BENI CULTURALI

A partire dagli anni Ottanta del secolo scorsola Regione Autonoma della Sardegna haavviato una stagione di censimenti indipen-dente ed originale. L’attivazione del CatalogoGenerale del Patrimonio Culturale dellaSardegna segna la definizione di modelli cata-lografici innovativi specie per tutti i settori del-l’archeologia. In particolare, con la promulga-zione della prima legge specifica per il ricono-scimento di valore, censimento e salvaguardiadell’archeologia industriale si pone in Italiaquale modello per la valorizzazione di questacategoria dei beni.

85

Dalla catalogazione al sistema informativo per la tutela e il monitoraggio del patrimonio culturale della Sardegna: un progetto pilota

Purtroppo però non altrettanto può dirsi deilivelli di indagine raggiunti relativamente aglialtri settori del patrimonio per i quali l’attivitàeffettuata si rivela oggi parziale, in quanto ilcatalogo dei beni architettonici monumentalirisulta sommario, sia in termini di livello dicompilazione come di quantità dei beni censiti.Mancano inoltre tutti i beni relativi al patrimo-nio materiale e immateriale che l’Unesco primae la legge Urbani, poi, hanno ufficialmentericonosciuto come parte integrante del patri-monio culturale.I cataloghi attualmente esistenti non presen-tano unitarietà del dato, né sistematicità di rile-vazione. Sono estremamente disomogeneisotto il profilo della distribuzione, della qualitàed attendibilità del dato, ma soprattutto scarsa-mente correlati e di difficile accesso, gestioneed aggiornamento. Negli lavori effettuati per ipiani urbanistici a diverso livello si riscontranolegende discordanti, talvolta anche base carto-grafica diversa, con l’evidente carenza di dia-logo tra le banche dati e la difficoltà digestione del territorio regionale nel suo com-plesso.Il grande sforzo avviato dalla RegioneSardegna per l’unificazione del SistemaInformativo Territoriale Regionale (SITR) natoin concomitanza con il Piano PaesaggisticoRegionale porterà anche per i Beni Culturalialla confluenza delle rilevazioni censuarie inun’unica banca dati condivisa che potrà fornireil necessario supporto alle attività di pianifica-zione e programmazione.Alla luce del risultato fallimentare delle grandirilevazioni centralizzate avviate negli ultimi

anni, si ritiene che l’unico strumento efficacesia quello del “mosaico”, ovvero la costruzionedi una griglia ben strutturata nella quale farconfluire i tasselli conoscitivi provenienti darilevazioni di ambiti geografici o tematici circo-scritti e controllabili. Il catalogo deve quindiessere uno strumento work in progress ovveroin continuo mutamento, fruibile e aggiornabilecon facilità, ma sotto il controllo di personalequalificato. Il progetto di catalogazione delpatrimonio ambientale e culturale del comunedi Muros si è dato, come obiettivo primario,non quello di costituire una isolata esperienzaconoscitiva, ma, forte della consapevolezzadegli errori compiuti nel passato, proporsicome primo test di apporto al nascente SICPACRegionale, nonché al catalogo unico ICCD delMinistero Beni Culturali. Infatti, dopo aver spe-

rimentato in altri ambìti scientifici, interessantied innovativi approcci tematici alla cataloga-zione20, si è riconosciuta la necessità primarianon tanto di inventare cataloghi nuovi, lavoroche sarebbe stato tanto dispendioso quantoinutile, quanto di unificare gli strati informativiadeguandoli ai consolidati modelli ministeriali.Solo dopo aver garantito tale livello di cono-scenza si è potuto pensare all’ampliamentotematico del catalogo verso campi di interesselegati alla rilevazione e al monitoraggio dellostato di conservazione dei singoli beni.Le tipologie dei beni censiti e i modelli sche-dografici utilizzati sono sintetizzati nella alle-gata tabella. Come si vede, accanto ai modelli ministeriali,sono state impiegate delle schede “minime”,ovvero schede sintetiche che riassumono i

Categoria del bene Specifica bene Modello ministerialeModello nonministeriale

Informatizzazione nr

beni ambientalisiti di pregio ambientale e paesaggistico, specie botaniche e monumenti vegetali

scheda beniambientali

X 13

scheda speciebotaniche

X 13

scheda tipi geologici X 13

beni archeologici beni immobili modello MA-CA Scheda minima X 13

beni architettonicisiti monumentali e architetturatradizionale del centro storico

modello A X 13

beni storico artistici dipinti modello OA Scheda minima 1

beni demoantropologici

beni immateriali: feste, tradizioni,danze…

Modello DBI scheda beniimmateriali

13

oggetti: strumenti della quotidianità,costumi tradizionali, giochi…

Modello DBM scheda beni materiali 9

86

Territorio e Patrimonio - Conoscere per valorizzare

campi più significativi del bene censito. Talischede minime sono state utilizzate per l’im-plementazione del GIS. Le schede compilate costituiscono una bancadati informatizzata per quanto concerne i beniambientali, archeologici e architettonici, men-tre non è stato informatizzato il catalogo rela-tivo ai beni demoetnoantropologici. Il formatoscelto per l’informatizzazione è stato l’am-biente windows access in quanto il più diffusa-mente utilizzato a livello di pubblica ammini-strazione e ricerca scientifica. La struttura informatica realizzata potrà cosìessere utilizzata anche con finalità di forma-zione tecnico-professionale per l’avviamentoalla pratica del catalogo, ponendo le basi perl’aggiornamento continuativo e la consulta-zione consapevole delle banche dati da partedi tecnici specializzati21. La scheda non ministeriale dei beni ambientaliè stata composta utilizzando sezioni coerentidella scheda MA-CA relativi a identificazione,uso e preesistenze, fonti, georeferenziazione,allegati e compilazione cui sono state aggiuntele schede sintetiche degli elementi floro-fauni-stici significativi e delle specifiche geologiche.La scheda contiene anche una immagine-iconadi immediato riferimento visivo al bene, l’ante-prima della miniatura e il collegamento alleimmagini ad alta definizione, l’anteprima e ilcollegamento alla cartografia indicante il puntodi scatto della documentazione fotografica.Questi ultimi dati costituiscono delle significa-tive implementazioni a tutte le schede informa-tizzate rispetto alla relativa scheda ministerialee si sono rivelate di particolare utilità sia per la

compilazione delle maschere che per la frui-zione del catalogo a stampa.Tutte le schede prevedono, inoltre, accanto alnr di catalogo proposto che contraddistingue ilbene nel catalogo specifico, anche il nr di cata-logo del bene nella banca dati dell’istituzionenella quale i dati confluiranno in modo da con-sentire di riversare i dati in maniera sempliceed automatica sia nel futuro SICPAC che nelcatalogo ICCD, dopo il collaudo del sistemache si intende richiedere al fine di verificare lecompatibilità e le correlazioni.Tutti i campi delle singole schede coerenti coni cataloghi ICCD sono stati infatti creatisecondo gli standard normati al fine di consen-tire l’interfaccia diretta.

IL PROGETTO MUROS: UN MODELLO

INNOVATIVO PER IL MONITORAGGIO

E LA PROGRAMMAZIONE DEGLI INTERVENTI

SUI BENI CULTURALI

Le schede ICCD, con la loro rigida struttura,seppur di complessa compilazione, presentanogrande potenzialità di descrizione del benecensito. La qualità della documentazione edella conseguente informazione che possonofornire in sede di consultazione da parte diterzi dipende dalla capacità dei soggetti prepo-sti alla compilazione che deve essere fatta dapersonale specializzato. Infatti esperienze dicatalogazione condotte in assenza di una spe-cifica formazione dei compilatori hanno resti-tuito un risultato lacunoso dal punto di vistadella qualità dell’informazione e limitato nelnumero di manufatti esaminati.Tali schede si configurano pertanto come

ottimi strumenti di conoscenza, ma risultanocarenti sotto il profilo della documentazionedello stato di conservazione, lasciato a valuta-zioni di tipo soggettivo come “buono, medio,mediocre” ed in ogni caso di tipo esclusiva-mente qualitativo.Le sperimentazioni condotte in altri ambiti22

hanno suggerito di ovviare a questo problemaattraverso l’implementazione della scheda conmoduli già testati nel tracciato schedograficodella Carta del rischio, sperimentazione cherisale al Piano Pilota per la ManutenzioneProgrammata dell’Umbria voluto da GiovanniUrbani, che propone una lettura del manufattonon fine a se stessa, ma esaminata nelle sueinterrelazioni con il territorio. Il Sistema informativo predisposto in questasede rileva dalla Carta del rischio la Scheda deidati di vulnerabilità, sia nel primo che nelsecondo livello di approfondimento e delladescrizione dello stato di conservazione. Lavulnerabilità delle singole porzioni del bene odell’intero complesso è analizzata in relazionea 6 categorie di danno ritenute le più significa-tive e relative specifiche, codificate secondo unvocabolario chiuso, con l’indicazione della gra-vità, della diffusione e della localizzazione deidanni stessi sulla base di dati quantitativioggettivamente individuabili. Una tabella espli-cativa correla il dato qualitativo a un datonumerico. La standardizzazione della categoriae dell’entità del danno consente in questomodo di superare i criteri discrezionali propridella catalogazione ICCD.La codifica del grado di urgenza del dannoconsente inoltre una lettura del territorio per

87

Dalla catalogazione al sistema informativo per la tutela e il monitoraggio del patrimonio culturale della Sardegna: un progetto pilota

priorità di intervento, trasformando il catalogoin uno strumento di programmazione indi-spensabile per l’intervento sui manufatti equindi di supporto alle pubbliche amministra-zioni nella definizione delle strategie di inter-vento attuabili in funzione delle risorse dispo-nibili. La scheda A è stata inoltre testata sull’architet-tura minore e implementata con specifici colle-gamenti ai parametri urbanistici. Tale sceltarappresenta un’apertura verso l’utilizzo delcatalogo come base di pianificazione degliinterventi nei centri storici, soprattutto in vistadell’adeguamento dei Piani UrbanisticiComunali e dei Piani Particolareggiati deiCentri Storici alle linee di indirizzo del PianoPaesaggistico Regionale. Lo screening realiz-zato dal catalogo, collegato al GIS urbanocostituisce l’ideale premessa conoscitiva perl’individuazione dei centri matrice di un abi-tato. Infatti, in assenza di una cartografia sto-

rica specifica, il nucleo urbano antico puòessere individuato solo con una lettura capil-lare delle unità costruttive che non può esserené solo tipologica, né solo urbanistica, madeve tener conto delle tecniche costruttive, deimateriali, delle stratificazioni, del contestoambientale e paesaggistico.Tali implementazioni consentono di passaredal tradizionale concetto statico di catalogo aquello più direttamente operativo di uno stru-mento di programmazione, in grado di vagliaree gestire le priorità di intervento sul territorioin funzione del reale stato di rischio dei manu-fatti e indirizzare la tutela e le norme digestione del territorio in maniera efficacie ecapillare. L’intervento di manutenzione tempe-stivo e continuativo, in luogo dei grandi inter-venti di restauro, consente, infatti, di rallentarei processi di degrado, con conseguente ridu-zione dei costi ed ottimizzazione degli investi-menti (criterio del minimo intervento).

Contestualmente, la verifica della condizioned’uso degli edifici consentirà di monitorare lacompatibilità delle funzioni e di incentivare lavalorizzazione culturale e turistica del costruitostorico.Tale percorso risponde a reali necessità mani-festate dagli Enti preposti alla tutela a livelloregionale e locale (Soprintendenze, Regione,Provincia, Comuni), fornendo un concretostrumento di supporto alla gestione della tutelae alla definizione e controllo degli interventi.In questo modo, pone le basi per garantire laconservazione, non solo degli episodi architet-tonici emergenti, ma soprattutto della cosid-detta “architettura minore” che, nella granparte dei casi, nonostante sia testimonianzairripetibile di cultura materiale, è quella mag-giormente compromessa, proprio a causa dellamancanza di opportuna conoscenza.

NOTE

1 Le origini della catalogazione nell’Italia preunitariasono riconosciute dalla bibliografia specialistica nel-l’iniziativa di Antonio Maria Zanetti nel 1773, volta atrasformare le antiche usanze di redigere inventari inuno strumento di controllo e prevenzione contro ilfurto e il trafugamento delle opere.2 SPANO G., B.A.S. I, 1855, p. 1.3 INGEGNO A., Storia del restauro dei monumenti inSardegna dal 1892 al 1953, Editrice S’Alvure, Oristano1993, p. 43.4 RAFFA GARZIA, Storia dell’Arte in Sardegna, estratto da

Nuova Antologia, (19/1/1903), Roma 1903, p. 3.5 AST, Carte Topografiche, s. III, n. 43 (1856). 6 Si tratta del Commissariato, delle due CommissioniProvinciali per la Conservazione e pe’ restauri de’Monumenti ed Oggetti di Antichità e di Belle Arti per leProvince di Cagliari e Sassari e degli IspettoratiCircondariali che poterono contare ben poco sulla dota-zione finanziaria fornita dallo Stato e sulla sensibilitàe collaborazione fornita dai Comuni.7 Regio Decreto 22/09/1866 che istituisce in Sardegnadue Commissioni per la conservazione e pe’ restauri de’

Monumenti ed Oggetti di Antichità e di Belle Arti: unanella Provincia di Cagliari, l’altra nella Provincia diSassari, art. 5, riportato in INGEGNO A., op. cit., Allegato4, pp. 373-374.8 BENCIVENNI M., DALLA NEGRA R., GRIFONI P., Monumenti eIstituzioni, Ministero per i beni culturali e ambientali,Soprintendenza per i Beni Ambientali e Architettoniciper le Province di Firenze e Pistoia, Sezione didattica,1987, 1992, Parte I, p. 294. 9 VIVANET F., Prima Relazione dell’Ufficio Regionale per laConservazione dei Monumenti della Sardegna(U.R.C.M.S.), Cagliari 1894, p. 6.

88

Territorio e Patrimonio - Conoscere per valorizzare

10 IDEM, Seconda Relazione…, cit., p. 5.11 Tra i principali riferimenti normativi di quegli anni intermini di catalogazione si ricordano: RD 21 agosto1892: istituzione della Commissione Centrale per laCompilazione del Catalogo dei Monumenti, avente fun-zione di coordinamento del lavoro dei diversi UfficiRegionali Italiani; Circolare n. 1028 dell’11/09/1891che chiarisce le modalità di compilazione delle schededegli edifici monumentali; Circolare n. 1034 del29/09/1891 sull’inventario dei beni di proprietà deglienti pubblici; Circolare n. 1043 del 05/10/1891 sull’in-ventario dei beni di proprietà di province e comuni;Circolare n. 1047 del 19/10/1891 sulla Catalogazionedella parte monumentale del patrimonio dello Stato;Circolari del 26/06/1891 e 29/06/1892 relative all’ob-bligo di inserire nell’ambito dei Regolamenti EdiliziComunali alcuni articoli a tutela dei monumenti;Circolare n. 48 del 07/05/1894 relativa all’obbligo difar compilare ai Comuni l’elenco dei monumenti, ruderie oggetti d’arte per sottoporli all’esame delleCommissioni Conservatrici; Circolare n. 64 del14/08/1896 che attribuisce al censimento valore ditutela e detta norme per la compilazione del catalogo.12 BELTRAMI L., Per la difesa dei nostri monumenti, X

Congresso degli Ingegneri e Architetti italiani,Cagliari 1902, p. 15.

13 Ivi, p. 20.14 Nel 1909 la commissione presieduta dall’on. Rosaldistabilisce in un disegno di legge modifiche alle opera-zioni di censimento del patrimonio artistico del paesee negli anni 1923 e 1927 con due decreti regi vieneprevista per la prima volta la compilazione di schedemobili corredate da documentazione fotografica deglioggetti descritti.15 R.D. 26 agosto 1907 n. 707, Norme per la redazionedell’inventario dei monumenti e degli oggetti d’arte.16 Elenco degli Edifici Monumentali della Provincia diCagliari, LXVIII, Roma 1922 e Elenco degli EdificiMonumentali della Provincia di Sassari, LXIX, Roma1922.17 INGEGNO A., op. cit., p. 51.18 Nel 1938 durante il suo intervento alla Conferenzadei Soprintendenti, Roberto Longhi propone unasostanziale modifica alle schede di catalogazione pre-cedentemente messe a punto. Tale variante rispecchiala nuova funzione attribuita dallo studioso all’opera di

catalogazione nel raggiungimento “tanto delle esigenzeidentificative allo scopo amministrativo, quanto quellequalificative a fine sostanzialmente scientifico”. 19 MAROTTA CARBONI A., Storia e cultura del territorio nellaSardegna degli Stati Sardi (1720-1847), Tesi diDottorato in Conservazione dei Beni Architettonici (IIciclo), 1989, p. 21.20 FIORINO D.R., Censimento, catalogazione e monitorag-gio per la conservazione: morfologia, sistemi costruttivie materiali delle torri campanarie in Sardegna dall’ere-dità medievale al sopralzo barocco e alle realizzazionieclettiche, tesi di Dottorato in Conservazione dei BeniArchitettonici, XVI ciclo, Politecnico di Milano,Relatore: prof. arch. Tatiana K. Kirova, Correlatore:arch. Maria Mascione, Coordinatore: prof. arch. AlbertoGrimoldi.21 Per le specifiche tecniche della struttura informaticae le problematiche di gestione del dato si rimandaall’articolo di A. Pani in questo stesso volume.22 Cfr. FIORINO D.R., Censimento, catalogazione e monito-raggio, cit.

89

STANDARD CATALOGRAFICI E GESTIONE DEL DATO

Alessandro Pani

INTRODUZIONE

L’attuale standard catalografico adottatodell’ICCD, la versione 2.0, è stata la base dipartenza per la realizzazione del database perla catalogazione dei beni culturali del comunedi Muros, parte integrante del progetto di“Valorizzazione e promozione dei beni cultu-rali e ambientali del territorio comunale diMuros”.

STRUMENTI UTILIZZATI

Per la realizzazione del database si è deciso diutilizzare Microsoft Access 2007. Tale scelta èstata dettata dalla volontà di contenere i costidi sviluppo e manutenzione dello strumento.

Inoltre Access gode di ampia diffusione e, unavolta implementata la struttura del database, èdi immediato utilizzo in qualsiasi personalcomputer dotato di Microsoft OfficeProfessional, senza la necessità di usare alcunserver dedicato. Access ha tuttavia costretto, aoperare alcune scelte in merito alla strutturadelle tabelle e delle relazioni. Infatti Accesslimita il numero di relazioni per ciascunatabella a 32, per cui non è stato possibileimplementare tutte le ripetitività previste nellastruttura del catalogo ICCD.

IMPLEMENTAZIONE

Nonostante i limiti imposti dallo strumento uti-

lizzato, la strutturazione dei campi ricalca conbuona fedeltà la struttura delle schede AMB, Ae MA-CA del catalogo ICCD. Tali schede si rife-riscono a beni ambientali, architettonici earcheologici. L’implementazione è stata resapossibile grazie al fatto che l’Istituto Centraleper il Catalogo e la Documentazione rendedisponibili le specifiche per la compilazionedelle schede di catalogo. Ogni scheda, relativaad un singolo bene, è suddivisa in diversesezioni; ogni sezione è costituita da più campi.Ciascun campo, a seconda del contenuto, puòessere ripetitivo o non ripetitivo. Ad esempio,per un dato bene architettonico (scheda di tipoA) vi possono essere uno o più autori, e inquesto caso si parla di ripetitività del campo; visarà, altresì, un solo comune di appartenenza,e in tal caso si parla di non ripetitività delcampo. La presenza di numerosi campi ripetitivi, conulteriori sotto-ripetitività, ha reso piuttostocomplessa la struttura realizzativa delle tabelleintegrate nel database; infatti essa include 75tabelle e 96 relazioni. Ciascun campo è statoimplementato sotto forma di campo testorispettando le specifiche di lunghezza definitedall’ICCD; inoltre, è stato rispettato il codice

Esempio di campo ripetitivo. Per ogni Bene MA-CA esistono più scavi, ognuno con i propri campi descrittivi.

90

Territorio e Patrimonio - Conoscere per valorizzare

del campo definito dallo standard e, laddove èprevisto un vocabolario chiuso, questo è statorispettato e conformemente riportato. Tutto ciòè finalizzato a favorire la futura esportazionedei dati raccolti nel presente progetto verso ilcatalogo ufficiale dell’ICCD. Per le necessità diquesto progetto si è scelto di aggiungere ulte-riori tabelle e campi rispetto a quelli propostidallo standard 2.0 dell’ICCD; ciò ha permessodi inserire informazioni che sarebbe stato diffi-cile includere in maniera organica e coerenteutilizzando la struttura standard. In particolare,alle specifiche dell’ICCD sono state aggiuntealtre sezioni relative alla vulnerabilità del bene,sia per le schede A che per le schede MA-CA,e altre sezioni relative ai parametri urbanisticiper le schede A. Inoltre, le schede AMB sono state integrate conschede sintetiche relative agli elementi floro-faunistici e alle specifiche geologiche.

IMMISSIONE DEI DATI

All’apertura del database viene mostrata unafinestra che permette di scegliere su quale tipodi scheda (A, AMB, MA-CA) operare. Una voltascelto il tipo di scheda viene presentata unamaschera di immissione suddivisa in pagine,selezionabili mediante linguette, allo scopo disuddividere gli argomenti in macrocategoriequali: Identificazione, Ambito Culturale,Cronologia, ecc. Ciascuna pagina mostra i varicampi raggruppati in sezioni omogenee perargomento (es. Localizzazione, Oggetto).L’utilizzo di un sistema di selezione a linguettepermette di razionalizzare la disposizione deglielementi nell’interfaccia utente, suddividendo

le informazioni in pagine facilmente raggiungi-bili. In presenza di campi con vocabolari chiusiè possibile selezionare i valori consentitimediante l’uso di un menù a cascata.

FRUIZIONE DEI DATI

Il contenuto del database è visualizzabile sottoforma di report strutturati. Ogni report mostratutti i campi compilati, fornendo una schedaidentificativa completa per ciascun bene.Ciascun report include, oltre ai campi testuali,anche un’anteprima delle fotografie catalogate

ed allegate alla scheda. Per ogni foto è previ-sta anche una visualizzazione del punto discatto.

Inoltre, il database genera automaticamentedei report contenenti un numero ridotto diinformazioni che si integrano col GIS realizzatonell’ambito di questo stesso progetto. Vengonocosì realizzate delle schede descrittive, una perciascun bene, che possono essere associate aprecisi punti cartografici ottenendo la massimafruibilità delle informazioni raccolte.

91

IL RILEVAMENTO E LA RESTITUZIONE DEI BENI ARCHITETTONICI

Annetta Cabras

L’operazione conoscitiva condotta su un centrostorico pone in evidenza il problema dellastrutturazione dell’immagine formale ovverodell’individuazione dei legami esistenti tra lesue diverse componenti.Strumento fondamentale per la conoscenza delcostruito in generale è il rilievo.Qualsiasi organismo architettonico si presentaad un osservatore come un sistema tridimen-sionale, più o meno complesso, nel quale risul-tano strettamente connesse parti esterne visibilie parti interne non visibili.

Il rilievo dell’elemento di un contesto urbano siattua attraverso un sistema di lettura che vaoltre la semplice misurazione del manufatto eparte dalla schematizzazione manuale su cartasino ad arrivare alla restituzione informatizzatamediante diverse metodologie evolutesi neglianni. La raccolta dei dati dipende numerica-mente e qualitativamente da molteplici fattori.È cioè strettamente dipendente dallo scopodocumentale, dalla scala di rappresentazionedei risultati, e, operativamente, dall’accessibi-lità del manufatto, dei suoi dettagli costruttivi e

decorativi, nonché dagli strumenti tecnici adisposizione.È quindi evidente la necessità di un progettologico del rilievo tendente ad individuare lescelte strategiche più opportune atte a mini-mizzare gli errori derivanti dalle imprecisionistrumentali o dallo scambio di dati tra lediverse competenze coinvolte nell’operazione.Esso si conclude sempre e comunque con unavalutazione ed interpretazione dei risultati, par-ziali o sovrabbondanti, che, nel caso dell’edifi-cio storico, non può mai prescindere dal con-fronto coi paradigmi architettonici formali cul-turalmente acquisiti.La fase della restituzione costituisce ilmomento di sintesi (fig. 1) e di ricucitura deivari aspetti dell’oggetto del rilevamento rap-presentato nel suo stato attuale, ma spessorisultato dell’avvicendarsi di modifiche deri-vanti dal suo uso nel tempo.Diversi sono gli strumenti utilizzabili in questafase. Ai fini della semplice rappresentazionebidimensionale sono di importante ausilio isoftware destinati al fotoraddrizzamento che,utilizzando gli algoritmi della fotogrammetria,consentono di correggere deformazioni foto-

Fg. 1 - Muros - Restituzione grafica bidimensionale. Edificio in via Roma, 1 - Prospetti e dettaglio portone.

92

Territorio e Patrimonio - Conoscere per valorizzare

grafiche, identificare le linee di fuga e calibrarein scala, di effettuare cioè i rilievi di massimadalle sole immagini digitali. (fig. 2)Per ciò che riguarda invece la restituzione diarchitetture articolate ci si può avvalere di soft-ware dedicati alla grafica tridimensionale avan-zata che permettono l’inserimento diretto deidati rilevati con gli strumenti topografici (informato ASCII o grafico) rendendo possibile lagenerazione di modelli virtuali di inequivoca-bile lettura e oggettiva validità documentale.(fig. 3)Il loro uso fornisce, oltre l’esatta rappresenta-zione formale dell’oggetto nello spazio, lacreazione di una banca dati intrinseca almodello costantemente aggiornabile e di facileconsultazione ai fini del monitoraggio dei beniarchitettonici.

Software utilizzati: Allplan 2006, Allplan Photo.

Fig. 2 Muros - Fotoraddrizzamento e restituzione grafica bidimensionale. Edificio in via Roma, 15.

Fig. 3 - Muros - Restituzione grafica tridimensionale. Edificio in via Roma, 1 - Modello 3d.

93

Il rilievo di dettaglio dei siti archeologici hapreso avvio nel mese di ottobre 2006 sulla basedelle risultanze della prima fase di rilevazionetopografica e georeferenziazione. Considerata laridotta accessibilità ai siti, per la maggior partedifficili da raggiungere, è stato necessario limi-tare i sopralluoghi a non più di due per sito,durante i quali si è anche proceduto ad un infit-timento dei punti topografici che potesserocostituire opportune basi per la restituzionefotogrammetrica dei prospetti, come per esem-pio nel caso di Rocca Ruja e Badde Ivos1.Nell’operazione di restituzione degli 11 siti rile-vati, si è cercato di porre l’accento su elementidi particolare rilevanza per lo studio archeolo-gico come l’orientamento, le tecniche costrut-tive, la dimensione degli elementi lapidei, oltreche la forma e le dimensioni complessive delsito. L’accuratezza del dettaglio perseguita nellarestituzione è utile a documentare anche lo statodi consistenza e conservazione dei manufattiche si trovano attualmente in stato di abban-dono. Soprattutto nel caso dei siti archeologiciabbandonati, la fedele rappresentazione deglielementi costruttivi è di particolare importanza acausa del rischio di perdita dei manufatti stessiper degrado, incuria o vandalismo. La scala di restituzione utilizzata varia da 1:50per le planimetrie generali a 1:20 per gli ele-menti costruttivi. I rilievi, corredati da indica-

zioni metriche e riferimenti ai punti di scattodella campagna fotografica, costituiscono partedel sistema informativo, implementando la spe-cifica sezione della scheda ministeriale MACA2.

1 Sulla metodologia di rilievo fotogrammetrico cfr.VACCA G., La geomatica per il rilievo e la rappresenta-zione del patrimonio culturale, in questo stesso testo.2 Per il sistema informativo cfr. FIORINO D.R., Dallacatalogazione al sistema informativo per la tutela e ilmonitoraggio del patrimonio culturale della Sardegna:un progetto pilota, in questo stesso testo

IL RILEVAMENTO E LA RESTITUZIONE DEI BENI ARCHEOLOGICI

Carla Giuffrida Trampetta

Sa Turricula. Planimetria generale del sito quotata con puntidi appoggio alla georeferenziazione.

Sa Turricula. Rilievo della muratura riconducibile alla fasenuragica e relativo rilievo fotografico.

94

Territorio e Patrimonio - Conoscere per valorizzare

Tomba di giganti presso monte Simeone. Planimetria generale quotata con punti di appoggio allageoreferenziazione

Tomba di giganti presso monte Simeone. Sezione longitudinale quotata.

Ipogeo di Rocca Ruja. Prospetto quotato con punti di appoggio alla georeferenziazione. Ipogeo di Rocca Ruja. Sezione longitudinale quotata. Su Nuraghe: viste laterali.

Su Nuraghe: planimetria generale del sito quotata con punti di appoggio alla georeferenziazionee punti di scatto fotografici

Strada romana Coa de Redulas, rilievo di una sistemazione a gradino e di un tratto di pavimentazione.

95

INTRODUZIONE

L’Italia “patria dell’arte” e “museo diffuso” èuno degli Stati con il patrimonio di beni cultu-rali tra i più importanti e ricchi al mondo. Ciòè anche confermato dall’UNESCO(Organizzazione delle Nazioni Unite perl’Educazione la Scienza e la Cultura) che, sullabase della lista World Heritage 2002/3, classi-fica l’Italia come il Paese che detiene il mag-giore patrimonio culturale del mondo, concirca il 6% dei beni classificati come patrimo-nio dell’umanità. Aldilà di queste statistiche, èfacile per chiunque passeggiare per le città epaesi italiani e scoprire l’esistenza di una mol-titudine di beni, più o meno importanti dalpunto di vista storico, architettonico, ambien-tale, e rimanerne affascinati. Alcune volte peròtroviamo questi siti in stato di totale abban-dono o in decadenza, altre volte non si riescea reperirne notizie né sulle guide, né sui sitiinternet, né presso gli uffici turistici. Capitaspesso, inoltre, che le stesse amministrazioni,proprietarie dei beni, non conoscano comple-tamente ed esaustivamente il loro patrimonioculturale. Con l’ovvia conseguenza che ciò chenon si conosce non può essere catalogato equindi valorizzato e conservato al meglio.

Il progetto “Valorizzazione e promozione deibeni culturali e ambientali del territorio comu-nale di Muros” nasce proprio con questo obiet-tivo: conoscere il proprio patrimonio culturaleper una buona conservazione, valorizzazione epromozione ai fini turistici e culturali dei benipresenti nel territorio comunale di Muros. Per raggiungere questi obiettivi è di fondamen-tale importanza la “conoscenza” del bene siadal punto di vista storico, architettonico e arti-stico sia dal punto di vista geospaziale: geore-ferenziazione sul territorio, studio della forma,colore e dimensione del bene, materiali utiliz-zati. La geomatica, vista come l’insieme di tecnicheper il rilevamento, si fonde con la storia del-l’arte, l’architettura e l’archeologia per fornireuna conoscenza profonda del bene tale da per-metterne la sua documentazione, la sua valo-rizzazione, la sua conservazione e, nel casofosse necessario, il suo rispristino attraversooperazioni di restauro. Basata sulla strutturascientifica della geodesia, la geomatica usa“sensori” di diversa tipologia terrestri, marini,aviotrasportati e satellitari che insieme adiverse metodologie permettono di acquisire,analizzare e modellare dati spaziali per gli

scopi più vari inerenti il rilevamento e la rap-presentazione del territorio. Le discipline dellageomatica hanno conosciuto, in questi ultimianni, un profondo rinnovamento che offrenuove prospettive di intervento in diversicampi. In particolar modo in quello dei beniculturali, grazie sopratutto all’integrazione ealla complementarietà di tecniche e tecnologiediverse, quali i laser scanner, le termocamere,la fotogrammetria digitale, i GIS, ecc.Alcune di queste tecniche sono state utilizzatea supporto delle fasi di rilevamento e di valo-rizzazione del patrimonio dei beni culturali diMuros: dal rilevamento satellitare GPS per irilievi dei percorsi turistici e per la georeferen-ziazione dei siti, alla fotogrammetria digitale ealla topografia classica per i rilievi dei beni edinfine i Sistemi Informativi Territoriali (GIS) peruna migliore gestione e diffusione dei dati rac-colti.

METODOLOGIE E TECNICHE GEOMATICHE

PER IL RILEVAMENTO DEI BENI CULTURALI

Il rilevamento dei beni culturali, sia per lavariegata tipologia di beni (edifici, dipinti, sitiarcheologici, ecc.) sia per la differente e a voltecomplessa forma geometrica, presenta delle

LA GEOMATICA PER IL RILIEVO E LA RAPPRESENTAZIONE DEL PATRIMONIO CULTURALE

Giuseppina Vacca

96

Territorio e Patrimonio - Conoscere per valorizzare

caratteristiche che possono renderlo di difficileesecuzione attraverso le normali metodologiegeomatiche. Negli ultimi anni la tecnologia ha,sicuramente, offerto un contributo sostanzialealle tecniche di rilievo utilizzate per i beni cul-turali, permettendo di realizzare rilievi che,solo alcuni anni fa, era impossibile immagi-nare. Basti citare ad esempio il laser scannerche permette di rilevare, in modo esaustivo,beni, anche di piccolissime dimensioni, con laprecisione sub-millimetrica. Le problematichelegate a tali rilievi sono varie e dipendenti dadiversi fattori: dall’ambiente in cui ci si trova alavorare, alle precisioni richieste, alla scala dirappresentazione. Entrando maggiormente nel dettaglio, unodegli aspetti da tenere in considerazione èquello della rappresentazione multiscala.Spesso, infatti, gli esperti del settore richiedonosia il rilievo di dettaglio del bene (scala 1:50 opiù grande) sia il suo inquadramento in uncontesto più ampio quale l’ambito urbano oterritoriale (scala 1:200 o più piccola). Ci sitrova, dunque, di fronte a strumenti e tecnichedi rilievo differenti, che operano con diverseprecisioni e in differenti sistemi di riferimento(locali o nazionali), ma che alla fine devonocolloquiare tra loro. Un altro aspetto, legato alprecedente, è l’accuratezza stessa richiesta dalrilievo. Questa può essere molto elevata (milli-metrica o sub-millimetrica) per studi finalizzati,ad esempio, alla diagnostica, al monitoraggiodel degrado o delle deformazioni o per unariproduzione stessa del bene, oppure la preci-sione può passare in secondo piano nei casi incui il rilievo è finalizzato alla mera visualizza-

zione ed esplorazione del bene all’interno diprodotti multimediali. Ciò che è importante, quindi, quando ci sitrova a progettare un rilievo di un bene, ècapire le esigenze dell’archeologo sia in ter-mini di precisione metrica richiesta, sia i ter-mini di finalità del rilievo stesso così da indivi-duare le tecniche e gli strumenti più idonei dautilizzare.Altri problemi possono derivare dall’ambientein cui si opera, spesso infatti i beni sono ubi-cati in zone non facilmente accessibili o liberida ostacoli, altre volte è fatto divieto al rileva-tore di entrare in contatto con il bene stessoper motivi di sicurezza e di salvaguardia. Inquesti casi l’operatore si trova costretto ad uti-lizzare tecniche e dispositivi speciali (trabat-telli, carrelli elevatori, palloni, aquiloni, ecc.)per poter eseguire il rilievo o per accelerarne itempi onde evitare di ostacolare il lavoro degliesperti del settore durante gli scavi o lo studiodel sito.I dati geospaziali ottenuti dai rilievi topografici,fotogrammetrici vanno poi ad integrarsi contutta un’altra serie di dati di tipo storico,archeologico, architettonico, ambientale cre-ando quindi una mole di dati non indiferrente.Per la loro integrazione e per una loro mag-giore fruibilità vengono in aiuto quegli stru-menti identificati come GIS (GeographicInformation System) ovvero i SistemiInformativi Territoriali che hanno la funzionedi collegare dati alfanumerici quali informa-zioni, dati, immagini, filmati a dati geograficiunivocamente identificati sul territorio. Questisistemi permettono inoltre di effettuare analisi

di diverso tipo a supporto della gestione edella valorizzazione degli stessi beni. Con la diffusione di Internet, inoltre, vieneofferta anche la possibilità di distribuire i datipresenti in un GIS in rete attraverso i WEBGIS,ovvero Sistemi Informativi Territoriali consulta-bili direttamente via WEB attraverso i normalibrowser (Internet Explorer, Netscape ecc).Ormai sono davvero tante le amministrazioniche stanno sviluppando questo tipo di prodotticon l’intento di offrire una maggiore diffusionedel proprio patrimonio culturale, dando vitacosì a quello che oramai viene definito “turi-smo tecnologico”, che fa uso di strumenti alta-mente performanti quali PDA, cellulari diultima generazione, Ipod o PSP (Play StationPortable) per ottenere la massima assistenzanegli spostamenti e nelle ricerche di informa-zioni turistico-culturali sul territorio.Quanto detto finora, ha mostrato una panora-mica sulle problematiche e sulle potenzialitàdelle tecniche della geomatica finalizzate alrilievo e alla rappresentazione del patrimonioculturale. Nei paragrafi successivi verrà datauna descrizione più dettagliata delle tecniche edegli strumenti utilizzati per il rilievo e la rap-presentazione del patrimonio culturale delComune di Muros, così come previsto dal pro-getto di “Valorizzazione e promozione dei beniculturali e ambientali del territorio comunale diMuros”. In particolare i rilievi effettuati sonostati finalizzati alle seguenti operazioni:

- georeferenziazione del patrimonio archeo-logico nel sistema cartografico nazionaleGauss-Boaga;

97

La geomatica per il rilievo e la rappresentazione del patrimonio culturale

- rilievo e rappresentazione dei siti archeolo-gici e architettonici;

- realizzazione di percorsi di trekking turi-stico tra i beni culturali e ambientali diMuros con metodologia GPS/GIS;

- realizzazione di un GIS per la gestione e lafruizione del patrimonio culturale di Muros.

LA GEOREFERENZIAZIONE

DEL PATRIMONIO ARCHEOLOGICO

L’inquadramento dei beni archeologici delcomune di Muros nel sistema cartograficonazionale Gauss-Boaga è stato realizzato utiliz-zando il sistema satellitare GPS (GlobalPositioning System). Il GPS è un sistema di posizionamento utiliz-zato sia per scopi navigazionali, in cui la pre-cisione richiesta non è molto elevata (ordinedel metro), sia per scopi geodetici dove le pre-cisioni richieste sono sub-centimetriche. Il sistema GPS è formato da:

- un segmento spaziale costituito da 24 satel-liti che ruotano attorno alla Terra su orbitefisse ad una quota di circa 20.200 km dallasuperficie terrestre;

- un segmento di controllo costituito da sta-zioni a terra che hanno il compito di calco-lare le orbite reali dei satelliti e gli errorilegati agli orologi a bordo dei satelliti;

- un segmento utente costituito dai ricevitoria terra.

La posizione delle orbite e il periodo di rota-zione dei satelliti intorno alla Terra di ognisatellite, sono studiati in modo che in ognipunto della superficie della Terra e in qualsiasi

momento della giornata siano sempre visibilialmeno 4 satelliti.I satelliti emettono con continuità dei segnalisu due frequenze L1 ed L2, in forma di ondeelettromagnetiche, che vengono modulatesecondo due codici, il codice C/A libero a tuttal’utenza civile e il codice P criptato ad usoesclusivo per i militari e gli utenti autorizzati.Ogni segnale trasporta informazioni di tempo,di posizione e stato di salute dei satelliti e per-mettono al ricevitore a terra di determinare lasua posizione tridimensionale rispetto alsistema di riferimento proprio del GPS chia-mato WGS84 (World Geodetic System). Il posizionamento GPS può essere effettuatosecondo differenti tecniche:

1) Posizionamento assoluto: la posizione di unpunto si determina con un’incertezza del-l’ordine di ± 10-15 m. Si tratta di una tecnicadi precisione sufficiente per la navigazioneo per tracciamenti speditivi. In questo tipodi tecnica è sufficiente utilizzare un soloricevitore e stazionare sul punto il temposufficiente affinché il ricevitore riceva ilsegnale da almeno 4 satelliti. Il posiziona-mento assoluto può essere eseguito conmisure di pseudorange, sfruttando la com-ponente “codice” del segnale, che si basasulla misura dell’intervallo di tempo t dipropagazione del segnale, oppure conmisure di fase, eseguite sulla componente“portante” del segnale, che si basa sullamisura di sfasamento tra l’onda portante delsatellite e quella replicata dal ricevitore;

2) Posizionamento relativo: la posizione di un

punto (rover) si determina rispetto ad unaltro punto considerato noto (master). Inpratica viene determinato il vettore posi-zione (baseline) tra i due punti nelle sue trecomponenti rispetto a una terna cartesianaassegnata. La precisione è dell’ordine diqualche milionesimo della distanza, pariquindi, o superiore, a quella di operazionigeodetiche classiche eseguite con la mas-sima accuratezza.

Con tale tecnica si possono eseguire rilievi indiversa modalità:- statica, nella quale il rover staziona sul

punto incognito per un certo periodo ditempo, la precisione che si ottiene è sub-centimetrica;

- cinematica nel quale il rover si muovelungo una traiettoria, la precisione che siottiene è di qualche centimetro.All’interno di questa tecnica vi sonodiverse modalità operative una delle qualiè detta “stop&go”, nella quale il rover sta-ziona qualche secondo sui punti da rile-vare, a differenza del “continuo” nelquale il rover è in continuo movimento;

- statico-rapida in cui il rover stazionaalcuni minuti sul punto da rilevare e poisi sposta nel punto successivo, la preci-sione che si ottiene è di qualche centime-tro.

3) Posizionamento differenziale DGPS(Differential GPS). In questa tecnica siusano due o più ricevitori: uno posto su unvertice di riferimento A (master), di posi-zione nota, ed uno su B (rover), solita-

98

Territorio e Patrimonio - Conoscere per valorizzare

mente in movimento, che occupa i punti dinuova determinazione. La stazione mastercalcola le correzioni di pseudorange PRC(pseudo range correction) e le loro varia-zioni nel tempo RRC (range rate correction)per poi inviarle al rover. Questo, applica lecorrezioni alle sue misure di pseudorange edetermina la sua posizione con i range cor-retti, migliorando la precisione delle coordi-nate rispetto al posizionamento assoluto intempo reale. Il posizionamento differen-ziale può essere applicato al range dicodice o di fase. La correzione differenzialepuò essere trasmessa in tempo reale dalricevitore base alla stazione rover, oppurein post processamento. Le correzioni ven-gono inviate al rover nel formato standardRTCM o nei formati proprietari delle dittecostruttrici dei ricevitori. Nelle misure dipseudorange di codice la tecnica è chia-mata “Differential GPS” e la precisione èmetrica o sub-metrica; nelle misure di faseprende il nome di RTK (Real TimeKinematic) e la precisione è centimetrica.

4) Posizionamento differenziale Wide Area(WADGPS), utilizza le correzioni trasmessedai satelliti geostazionari dei sistemi SBAS(Satellite-Based Augmentation System). Ilsistema SBAS europeo EGNOS è basato sul-l’utilizzo dei sistemi di posizionamentosatellitare americano GPS e russo GLONASSintegrati dall’utilizzo di 3 satelliti geostazio-nari INMARSAT 3 (AOR-E (Atlantic OceanRegion East), IOR (Indian Ocean Ragion) eARTEMIS. Il sistema è costituito da unaserie di stazioni di monitoraggio denomi-

nate RIMS (Ranging and IntegrityMonitoring Stations) connesse ad una seriedi centri di controllo e di elaborazione datidenominati MCC (Master Control Centre).Le RIMS hanno il compito di calcolare lecorrezioni differenziali per ciascun satellitedella costellazione GPS o GLONASS moni-torato, il ritardo ionosferico e le effemerididei satelliti geostazionari. Queste informa-zioni sono inviate alle stazioni NLES(Navigation Land Earth Stations) che le tra-smette ai satelliti geostazionari i quali, aloro volta, le ritrasmettono agli utenti aterra. Il segmento utente è costituito dairicevitori GPS abilitati a ricevere le corre-zioni dai satelliti geostazionari di sistemi diquesto tipo. La precisione del posiziona-mento si aggira intorno al metro.

Il sistema di riferimento adottato per il GPS,come già detto, è il sistema WGS84. L’originedel sistema coincide con il centro di massa“convenzionale” della terra, l’asse Z è direttocome l’asse di rotazione terrestre “convenzio-nale”, l’asse X è formato dall’intersezione tra ilpiano meridiano di riferimento e il piano equa-toriale e l’asse Y è tale da formare una ternaortogonale destrorsa. A questo sistema geocen-trico cartesiano è associato l’ellissoide WGS84,definito dal DMA (Defence Mapping Agency),avente centro ed assi coincidenti con quellidella terna OXYZ.Le tecniche di posizionamento GPS sono stateutilizzate ampiamente all’interno del progetto“Valorizzazione e promozione dei beni cultu-rali e ambientali del territorio comunale di

Fig. 1 - Siti archeologici e ambientali georeferenziati.

99

La geomatica per il rilievo e la rappresentazione del patrimonio culturale

Muros” sia per la georeferenziazione dei sitiarcheologici sia per la creazione dei percorsituristici tra i beni culturali di Muros.La georeferenziazione dei siti archeologici èstata realizzata con il GPS in modalità statico-rapida. La stazione master utilizzata è la sta-zione permanente GPS ubicata nel comune diAlghero che fa parte della rete regionale GPSdi proprietà della società “GeodesiaTecnologia” srl di Cagliari.Le coordinate WGS84 sono state trasformatenel sistema di riferimento Roma40 utilizzandoil software ufficiale dell’IGM (IstitutoGeografico Militare) Verto2.Nella fig. 1 sono indicati i siti rilevati all’internodella cartografia del comune di Muros.

RILIEVO E RAPPRESENTAZIONE

DEI SITI ARCHEOLOGICI E ARCHITETTONICI

Per la valorizzazione dei beni culturali, comegià detto precedentemente, è di fondamentaleimportanza la conoscenza della forma e dellageometria del bene stesso, che contribuisce afornire una rappresentazione spaziale precisaed esaustiva del bene. Il rilevamento e la rappresentazione dei benisono stati realizzati dal gruppo di rilevatori(ingg. A. Cabras e C. Giuffrida), coordinato dalProf. Michele Pintus dell’Università di Cagliari,supportato dal gruppo di topografi dellaSocietà Geos’Team di Oristano, coordinatodall’Ing. Giuseppina Vacca dell’Università diCagliari. Oggetto dei rilievi sono stati tutti ibeni archeologici ubicati in agro di Muros ealcuni edifici rappresentativi dell’architetturadel Comune di Muros.

Sulla base dei sopralluoghi dei siti da rilevaresono state definite le tecniche geomatiche e glistrumenti da utilizzare. In alcuni siti è stato suf-ficiente eseguire dei rilievi con una StazioneTotale con tecnologia DR (Direct Reflex), inaltri casi si è optato per un rilievo di tipo foto-grammetrico. La prima scelta è ricaduta pertutti quei siti che presentavano un’architetturasemplice e senza forme complesse, per i qualiil rilievo di strategici punti tridimensionali hapermesso, insieme alle tecniche tradizionali, diinquadrare il bene e di darne una sua rappre-sentazione a grande scala 1:50 e 1:20 (Straderomane di San Leonardo e Ponte romano sulrio Badde Olia). In atri casi si è optato per un rilievo fotogram-metrico digitale integrato con rilievi topograficiclassici e tecniche di rilievo tradizionali. In par-ticolare, con tali tecniche, sono stati rilevati iprospetti frontali di alcuni beni (Domus diRocca Ruja e gli ipogei di Badde Ivos).Lo sviluppo della fotogrammetria digitale nelcampo dei beni culturali, nota anche comefotogrammetria dei vicini, è dovuta soprattuttoalla caratteristica di essere una tecnica che nonrichiede il contatto con l’oggetto, di rapida ese-cuzione e di elevata precisione. Il rilievo fotogrammetrico può sinteticamentesuddividersi in diverse fasi: progetto dellapresa, presa dei fotogrammi, appoggio a terra,orientamento e restituzione dei fotogrammi.A seconda dell’oggetto da riprendere e soprat-tutto degli aggetti presenti, le prese possonoessere stereoscopiche o monoscopiche. Nelcaso di un oggetto piano, ovvero di un oggettoi cui aggetti possono essere ritenuti piccoli e,

sotto certi aspetti, trascurabili, possono ese-guirsi delle prese monoscopiche. In tal casol’orientamento e la restituzione dei fotogrammirisulta di più facile realizzazione anche per inon addetti ai lavori. L’orientamento consistein un semplice raddrizzamento che può essereeseguito da moltissimi software CAD presentisul mercato. Il raddrizzamento si basa sull’applicazione diun’omografia tra il piano del fotogramma e ilpiano che contiene l’oggetto. I parametri del-l’omografia vengono stimati sulla base dialmeno 4 punti noti sia nel sistema di riferi-mento esterno X, Y sia nel sistema interno del-l’immagine (posizione di riga e colonna deipixel). Le immagini raddrizzate, quindi, sono a tutti glieffetti delle proiezioni ortogonali e come talipossono essere restituite in forma grafica conl’ausilio di software di tipo CAD. Questa è latecnica utilizzata per le facciate dei siti di RoccaRuja e di Badde Ivos, si trattava infatti di pro-spetti piani per i quali il raddrizzamento forni-sce buone precisioni e tempi di realizzazioneveloci a costi limitati.Le prese sono state effettuate con una cameradigitale amatoriale Sony DSC-T7, il raddrizza-mento con il software fotogrammetrico Gcarto-GDS della Geosoft (vedi fig. 2) e la restituzionecon il software AutoCad dell’AutoDesk (vedifig. 3). L’appoggio dei fotogrammi è stato realizzatocon una Stazione Totale DR della Trimble.

100

Territorio e Patrimonio - Conoscere per valorizzare

REALIZZAZIONE DI UN PERCORSO

DI TREKKING TURISTICO TRA I BENI

CULTURALI E AMBIENTALI DI MUROS

Seguendo la politica del Club Alpino Italiano(CAI) che promuove il motto “Camminare perconoscere e tutelare” e che in questi ultimianni l’ha visto impegnato nell’informatizza-zione dei sentieri e nella creazione del “Catastodei Sentieri”, si è voluto progettare e realizzareun percorso turistico finalizzato alla cono-scenza del patrimonio culturale di Muros, daibeni archeologici a quelli ambientali. Per facilitare la creazione del “Catasto deiSentieri”, il CAI ha intrapreso due strade: perprimo la creazione di un database dei SentieriCAI che si propone di censire la sentieristicaitaliana dandone una descrizione dettagliata acui segue lo sviluppo di SIWGREI, un WEBGISdella rete escursionistica italiana. Il sistema WEBGIS SIWGREI si prefigge diversiobiettivi. Dal punto di vista gestionale ilsistema permette di quantificare la rete dei sen-tieri in Italia, di individuare quelli con problemidi degrado da sottoporre a lavori di manuten-zione e di fornire informazioni di tipo ricettivo-turistico presenti lungo i sentieri. Dal punto divista escursionistico consente la programma-zione di escursioni definendone il percorso, idislivelli, le pendenze, i tempi di percorrenza ele difficoltà del percorso progettato. A scopodivulgativo costituisce la prima banca on-linedei sentieri in Italia, evidenziandone le bel-lezze naturalistiche, ambientali, storiche,archeologiche. Tale sistema, permetterà lacreazione di carte escursionistiche e lo scam-bio d’informazioni con altri WEBGIS di questo

tipo. Infine, dal punto di vista istituzionale per-metterà lo scambio e l’integrazione di dati congli altri gestori di reti di sentieri: regioni, par-chi, comunità montane, ecc. Per quanto riguarda il progetto Muros si èdeciso di studiare alcuni percorsi all’interno delterritorio, con l’obiettivo di offrire all’escursio-nista-turista una passeggiata tra i siti di mag-giore interesse sia dal punto di vista storico-archeologico sia dal punto di vista naturali-stico-ambientale.Per rilevare il percorso è stato utilizzato unsistema integrato GPS-GIS. Questi sono deglistrumenti che offrono la possibilità di rilevare,in tempo reale e con discrete precisioni, ele-

menti presenti sul territorio e di associare aquesti, informazioni e attributi consentendonela loro rappresentazione direttamente all’in-terno di un sistema informativo territoriale.Sono costituiti essenzialmente da un sensoreGPS navigazionale, con la possibilità di corre-zione differenziale del dato, accoppiato ad uncontroller tipo PDA (Personal Digital Assistant)o un notebook su cui è installato un softwarein grado di trasferire la posizione GPS rilevata,direttamente all’interno del GIS. I principalivantaggi legati all’utilizzo di questi strumentisono essenzialmente la loro facilità d’uso, ilridotto peso e le limitate dimensioni che per-mettono agli utenti di effettuare il rilievo del

Figg. 2 e 3 - A sinistra immagine ingresso ipogeo Badde Ivos raddrizzata, a destra restituzione del prospetto.

101

La geomatica per il rilievo e la rappresentazione del patrimonio culturale

percorso attribuendogli, direttamente sulcampo, informazioni e dati utili ai fruitori futuridi quel percorso. Il percorso così realizzato,può essere convertito nei formati standard GPSpiù diffusi, come ad esempio il formatoGarmin, così da essere utilizzato dagli escursio-nisti in possesso di un GPS per la guida al per-corso. Il sistema GPS-GIS utilizzato nel rilievodel percorso è composto dal GPS GeoXT dellaTrimble integrato in un PDA con sistema ope-rativo Windows CE 3.0. Il ricevitore funzionasia in modalità DifferentialGPS sia in modalitàWADGPS. I dati GPS possono essere anchecorretti in fase di post-processamento con ilsoftware della Trimble PathFinder. La corre-zione differenziale può utilizzare dati prove-nienti da una stazione master oppure, moltoutile per i meno esperti, scaricati direttamentedalla rete internet attraverso un sistema di clas-sificazione di PathFinder chiamato “IntegrityIndex” che fornisce un elenco, costantementemonitorato, dei provider di dati di stazioni per-manenti di tutto il mondo. Il post-processa-mento differenziale può avvenire sia sulcodice, sia sulla fase della portante, permet-tendo, quindi, precisioni migliori. Il softwarePathFinder esporta i dati corretti in diversi for-mati vettoriali DXF, shp, SSF Trimble ecc. ediversi formati immagine (jpeg, tif, ecc.). Il software GIS, connesso al GPS, utilizzato nelrilievo dei sentieri è ArcPad della ESRI che per-mette di ottenere il rilievo direttamente in for-mato shapefile e attribuire i dati alfanumericiagli elementi rilevati. Globalmente sono statirilevati 2 percorsi ubicati uno a nord della S.S.131 e uno a sud, così da evitare ai turisti di

dover attraversare l’arteria principale dellaSardegna che collega Cagliari a Sassari. I dati rilevati in tempo reale sono stati succes-sivamente corretti con il software PathFinderutilizzando la stazione permanente GPS ubi-cata ad Alghero con correzione differenziale difase. La precisione ottenuta si aggira intorno aqualche decimetro. Il percorso indicato come“Percorso 1” parte dalla chiesa parrocchiale etocca i seguenti siti storico-archeologici: gliipogei di Badde Ivos, la Strada romana (SantuLionardu, Coa de Redulas), i resti della chiesamedievale di San Leonardo e la domus dejanas di Rocca Ruja. Il percorso termina nel sitoambientale Canechervu. (fig. 4)Il “Percorso 2” parte dalla Scala di Giocca perarrivare al Ponte romano e proseguire per i sitimonte Fenosu, Grotta dell’Inferno, Sa Crabola,monte Tudurighe, l’insediamento abitativo diSa Turricula, del recinto megalitico di monteSimeone, le domus de janas di S’Isteri e dimonte Terras, il rio Mascari, il nuraghe SantuGiorzi fino ad arrivare al monte Frundas.

REALIZZAZIONE DEL GIS PER LA GESTIONE

DEL PATRIMONIO CULTURALE DI MUROS

Tutte le informazioni spaziali ottenute con imetodi sopra descritti, insieme a quelle otte-nute dagli studi degli archeologi e degli storici,relative ai beni di Muros sono state archiviatein un sistema informativo territoriale tale daconsentirne una facile accessibilità, gestibilità edisponibilità a tutti gli utenti coinvolti nellaconservazione e valorizzazione di tale patrimo-nio. Un sistema informativo territoriale SIT oGIS (Geographic Information System) è,

Fig. 4 - Percorso n. 1 Badde Ivos - Canechervu.

102

Territorio e Patrimonio - Conoscere per valorizzare

Bruciatelli L., Casadei M., De Donatis M., Piantelli E.,Selandari S., “Il rilievo di sentieri secondo specifiche CAItramite sistemi integrati mobile-GIS e GPS”. Atti della XConferenza Nazionale ASITA, Bolzano 2006.

Deruda G., Falchi E., Pusceddu L., Vacca G., Tecniche e meto-dologie per il rilevamento del sito archeologico diSant’Eulalia, in “Il quartiere di Marina a Cagliari.Ricostruzione di un contesto urbano pluristratificato”Edicom Edizioni Monfalcone (Gorizia) ISBN 88-86729-78-2.

Vacca G., GPS-GIS integrated system for in real timeapplications in cartography. The Middle East GISMagazine Bi- Monthly Vol. 1 Issue 5 September-October2005, Dubai UAE.

Sanna G., Vacca G., L’impiego di sistemi integrati GPS-GIS in tempo reale per applicazioni cartografiche. 7°Conferenza Italiana Utenti ESRI Roma 21-22 aprile2004.

Breveglieri M., Geri A., Sala E., SIWGREI: SistemaInformativo WEBGIS per la gestione della reteSentieristica Italiana, Atti della 7a ConferenzaNazionale ASITA, Verona 2003.

Bitelli G., Moderne tecniche e strumentazioni per ilrilievo dei beni culturali, Atti della 7a ConferenzaNazionale ASITA, Verona 2003.

secondo la definizione di Burrough (1986), unsistema informatico composto di una serie distrumenti software per acquisire, memorizzare,estrarre, trasformare e visualizzare dati spazialidal mondo reale e in grado di produrre, gestiree analizzare dati associando a ciascun ele-mento geografico una o più descrizioni alfanu-meriche. Nei GIS sono presenti tre tipologied’informazioni:

- informazioni geometriche, relative alla rap-presentazione dell’oggetto quali le primitive(punto, polilinea, area) e la posizione geo-grafica;

- informazioni topologiche, riferite alle rela-zioni reciproche tra gli oggetti (connes-sione, adiacenza, inclusione, ecc.);

- informazioni riguardanti gli attributi (nume-rici, testuali, ecc.) associati ad ogni ele-mento geografico.

Il GIS prevede la gestione di queste informa-zioni in un database di tipo relazionale, chepresenta normalmente delle funzionalità dianalisi spaziale, ovvero di trasformazione edelaborazione degli elementi geografici e degliattributi quali ad esempio: l’overlay topologico,

le query spaziali, il buffering, ecc. Per quanto riguarda il Comune di Muros è statorealizzato un GIS in cui sono stati fatti conver-gere tutti i dati rilevati, durante tutte le fasi delprogetto “Valorizzazione e promozione deibeni culturali e ambientali del territorio comu-nale di Muros”, dalle diverse figure coinvoltenel progetto: archeologi, storici, topografi, rile-vatori, geologi, biologi, ecc. Le informazionialfanumeriche sono state archiviate nelleschede ICCD (Istituto Centrale per il Catalogoe la Documentazione) e nel database che lecontiene (vedi articolo D. Fiorino). Il databaseè stato successivamente collegato, all’internodel GIS, alle informazioni spaziali dei beni cul-turali ottenute nelle diverse campagne dirilievi. Il software utilizzato per il GIS è ArcGIS8.3 della ESRI. Con tale sistema è stato possi-bile elaborare carte tematiche sulla diversetipologie che caratterizzano i beni quali l’epocadi costruzione, la tipologia costruttiva, ecc.

CONCLUSIONI

In questo articolo sono state presentate alcunetecniche geomatiche utilizzate nel progetto“Valorizzazione e promozione dei beni cultu-

rali e ambientali del territorio comunale diMuros”, finalizzate principalmente a misurare ea georiferire i beni culturali di Muros sul terri-torio. All’interno del progetto le tecniche geomatichesono state in alcuni casi di supporto al metico-loso lavoro dei rilevatori, in altri hanno offertola possibilità di fornire degli strumenti agliamministratori e ai turisti per fruire meglio delpatrimonio di Muros.Il progetto, nel suo complesso, si è rivelatointeressante sopratutto grazie alle sinergie chesono confluite. I contributi di tutti gli operatori,i tecnici e gli studiosi hanno permesso di fareun lavoro di ricerca, di rilievo, di misura e dicatalogazione che ancora non esisteva per lamaggior parte dei beni di Muros. Tutto illavoro prodotto all’interno di questo progetto,rappresenta sicuramente un buon punto dipartenza, per l’amministrazione comunale, perla gestione, la conservazione e la valorizza-zione del proprio patrimonio che in questimesi di lavoro a Muros abbiamo imparato adamare e ad apprezzare.

BIBLIOGRAFIA

103

RILIEVI TOPOGRAFICI

Il lavoro di “Censimento, valorizzazione e pro-mozione dei beni culturali e ambientali del ter-ritorio Comunale di Muros” è stato progettatoaffinché ogni sito abbia una precisa colloca-zione sulla cartografia tradizionale e sui sistemicartografici informatizzati.È stato necessario quindi eseguire una rileva-zione topografica per determinarne con ele-vata precisione le coordinate cartografiche.Con l’Università di Cagliari, nella persona del-l’ing. Giuseppina Vacca, ricercatore nel rag-gruppamento ICAR06-Topografia e CartografiaDipartimento di Ingegneria Strutturale, è statapreventivamente studiata una modalità opera-tiva per l’esecuzione delle operazioni di rileva-mento che prevedeva l’uso combinato del GPS(Global Positionig System) e di strumentazionecelerimetrica tradizionale (Stazione totale conrilevazione elettro-ottica delle distanze).Lo studio prevedeva che presso ogni sito dove-vano essere posizionati un numero sufficientedi punti di appoggio necessari per l’esecuzionedel successivo rilievo di dettaglio. Si è resa necessaria quindi la rilevazione dicirca 140 punti con sistema GPS e sono stati

utilizzati ricevitori a doppia frequenza dellaTrimble modello 5700. Considerato l’elevatonumero di punti da rilevare abbiamo optatoper una tecnica di rilevazione denominata“Stop&Go” (cinematico) che prevede la rileva-zione delle coordinate con una velocità di circa15 secondi per ogni punto. La rilevazione con GPS richiede la correzionedei dati mediante l’uso simultaneo di almenodue ricevitori (compreso quello di rilevazione).A tal proposito sono state utilizzate due “sta-zioni permanenti” che mettono a disposizionela correzione dei dati dati GPS 24 ore su 24. Le stazioni utilizzate sono posizionate adAlghero e ad Oristano, e fanno parte di unarete di 13 stazioni operanti su tutto il territorioregionale.I dati forniti dalle “basi permanenti” hannoquindi consentito di “postprocessare” i datirilevati e determinare le coordinate in trediversi sistemi: coordinate geografiche WGS84per l’utilizzo con navigatori satellitari, coordi-nate cartesiane UTM (Universal TransverseMercatore) WGS84 ed ED50 per l’interscambiocon altri sistemi informativi territoriali a livellomondiale, e coordinate cartesiane nel sistema

CENSIMENTO, VALORIZZAZIONE E PROMOZIONE DEI BENI CULTURALI E AMBIENTALI

Pier Marcello Torchia

104

Territorio e Patrimonio - Conoscere per valorizzare

Gauss-Boaga Roma40 per consentire la sovrap-posizione dei dati rilevati con gli strumentiurbanistici e di pianificazione territorialevigenti in Sardegna.Le elaborazioni sono state eseguite con il soft-ware della Trimble e le trasformazioni tra idiversi sistemi sono state eseguite con il pro-gramma “Verto2”, prodotto dall’IstitutoGeografico Militare, che offre un’elevata qua-lità grazie all’utilizzo di apposite griglie di com-pensazione.Per raggiungere i siti oggetto di rilievo è statopreventivamente svolto, dai colleghi che sisono occupati della catalogazione dei beni cul-turali, un lavoro di ricognizione diretta e indi-viduazione cartografica grossolana. Questolavoro è stato svolto mediante l’utilizzo disistemi GIS (Geographic Information System)che hanno consentito di acquisire la cartogra-fia raster prodotta dall’Istituto GeograficoMilitare in scala 1:25.000 su cui sono stati posi-zionati i riferimenti in corrispondenza dei sitivisitati.Abbiamo quindi determinato approssimativa-mente le coordinate cartografiche dei siti, pre-ventivamente acquisite nel sistema GPS di rile-vazione, che in una prima fase ha consentitoalla squadra addetta ai rilievi di raggiungere isiti. Giunti in prossimità dei siti sono stati posizio-nati i punti di appoggio opportunamentemonografati (di ogni punto di appoggio rile-vato è stata prodotta una scheda descrittiva)quindi è stata eseguita la misurazione GPS.Questi punti sono stati utilizzati successiva-mente per l’esecuzione dei rilievi di dettaglio

delle opere. Per questa operazione sono stateutilizzate stazioni totali della Geodimeter eTrimble che hanno consentito, attraverso lamisurazione di angoli e distanze, di determi-nare le coordinate dei punti. Al termine delle operazioni di rilevazione sonostate eseguite le acquisizioni e le opportunetrasformazioni che hanno consentito di pro-durre lo strato informativo per la consultazionedei siti attraverso il GIS, e la restituzione dellesingole planimetrie di dettaglio dei siti.

SISTEMA INFORMATIVO TERRITORIALE “GIS” (GEOGRAPHIC INFORMATION SYSTEM)L’utilizzo del sistema GIS è stato indispensabilein numerose fasi del lavoro di censimento.Nella prima fase del lavoro, attraverso il GIS èstato possibile produrre alcune carte che sonostate fondamentali per le operazioni di studio.Tra queste, ad esempio, è stata riprodotta lacarta Tecnica Regionale nella scala 1:10.000, laCarta di Uso del Suolo elaborata dalla RAS, l’or-tofotocarta a colori scala 1:10.000 ed altre cartedi dettaglio.Riveste però particolare importanza l’utilizzodel GIS per il collegamento cartografico delleinformazioni agli elementi grafici riportati sullacartografia. Oltre alle informazioni sono stateinoltre collegate immagini e disegni tecnici.Per tutte le elaborazioni è stato utilizzato ilsoftware prodotto dalla ESRI, denominatoArcView versione 8.3.Per quanto riguarda i siti rilevati, attraverso ilGIS è possibile consultare le schede descrittivedei siti con le relative immagini e disegni didettaglio.

105

Censimento, valorizzazione e promozione dei beni culturali e ambientali

Ma sarà possibile soprattutto leggere altreinformazioni come ad esempio il risultato dellostudio ambientale, vegetazionale e geologicoeseguito dai colleghi del gruppo di lavoro.Il GIS infatti permette di acquisire qualunquetipologia di “strato informativo”, a condizioneche sia georeferenziato (le cui informazioniposseggono le relative coordinate cartografi-che) nel medesimo sistema. Grazie a questa peculiarità sarà possibile, in unsecondo tempo, implementare il sistema conaltre informazioni quali ad esempio itinerari,ricettività, sentieristica, ecc.A tale riguardo è stato eseguito (sempre consistema GPS) il rilievo di un percorso che, gra-zie all’inserimento nel GIS, viene ulteriormentevalorizzato dalle altre informazioni contenutenel sistema informativo territoriale.Il sistema ha inoltre consentito di realizzareuna carta di sintesi riportata sui pannelli infor-mativi, su cui la morfologia del territorio è statarappresentata con gradazioni di colore generati

in automatico dal software.Grazie infatti all’applicativo 3D Analist pro-dotto dalla ESRI (software house produttrice diArcView 8.3) è stato possibile creare il DTM(Modello Digitale del Terreno) mediante l’ac-quisizione dell’altimetria direttamente dallaCarta Tecnica Regionale alla scala 1:10.000.La produzione del DTM consentirà inoltre digenerare automaticamente profili sull’anda-mento altimetrico delle parti di territorio diMuros desiderate.La consultazione delle informazioni raccolteavverrà con due diversi sistemi:1) attraverso ArcView 8.3 (software di cui l’am-ministrazione potrà dotarsi in un secondotempo) che oltre a consentire la consultazionedelle informazioni permette di implementare ilsistema e modificare i dati geografici;2) attraverso un visualizzatore che consente lasola consultazione delle informazioni raccolte,ma la mancanza degli strumenti di “editing”rendono l’utilizzo estremamente semplice;

CONCLUSIONI

Le operazioni sopradescritte hanno richiestoun grande sforzo organizzativo derivante dal-l’elevata interdisciplinarietà del gruppo dilavoro, ma i risultati raggiunti dimostrano chequesta procedura è indispensabile per metterea “sistema” i diversi patrimoni del territorio diMuros. Le informazioni rilevate e catalogate diventanoanch’esse un ulteriore patrimonio che, graziealla semplicità di relazione con informazioniprodotte da altri, il Comune di Muros puòspendere. Diventano però indispensabili il manteni-mento/aggiornamento ed implementazionedelle informazioni raccolte affinché resti un“patrimonio indispensabile” perl’Amministrazione Comunale e per tutti gli ope-ratori (turistici, ambientali, ricercatori, ecc.).

107

La legislazione sui centri storici, se pure haseguito l’evoluzione nel nostro ordinamentodel problema di una organica normativa disci-plinante il recupero del patrimonio edilizio esi-stente, si è preoccupata di fare ciò quasi esclu-sivamente sotto il profilo tecnico-culturale,piuttosto che prendere coscienza della neces-sità di intervenire sul tessuto urbano degra-dato.È mancata, in passato, una più stretta connes-sione tra leggi urbanistiche e leggi di tutelaanche se sia nelle une che nelle altre, si è ten-tato qualche reciproco aggancio. In tal senso la cosiddetta “legge ponte”1,facendo propria la tematica relativa alla possi-bilità di salvaguardia e valorizzazione dei cen-tri storici, solo se inserita nella pianificazioneurbanistica, tendeva a un nuovo modo di coor-dinamento anche fra le competenze di ammi-nistrazioni diverse. Successivamente, al fine diincentivare la produzione, nel tentativo dirisolvere la crisi edilizia, sono stati predispostinuovi strumenti legislativi: le leggi n. 865/712 en. 457/783 e le leggi regionali attinenti in mate-ria, nelle quali il legislatore si è preoccupato dipredisporre strumenti e mezzi, ma poco o

nulla era detto sugli obiettivi da raggiungere. Ipiani particolareggiati sui centri storici eranorari e non sempre validi. La citata legge 457/78,tendendo al superamento del blocco costituitodalla legge ponte, al titolo quarto “Normegenerali per il recupero del patrimonio edilizioed urbanistico esistente”, prevalentemente con-siderato come una normativa quadro per leamministrazioni comunali, costituì una nettafrattura con tutta la politica e la prassi prece-dente introducendo un sistema organico concui si concretizzava la sistemazione discipli-nare del recupero edilizio.Il principio cardine era costituito infatti dalladecisa sostituzione del meccanismo dei pianiparticolareggiati, con il nuovo strumento delpiano di recupero individuato all’interno dellaperimetrazione delle zone di degrado.Parallelamente a queste leggi, ma senzamomenti di contatto ben chiari e definiti inappositi regolamenti, continuarono ad esserevalide le leggi di tutela del 19394. Tali leggi,generate da una cultura idealistica, si sonorivelate dotate di una certa duttilità nella loroapplicazione seppure limitandosi ad una sortadi tutela passiva soprattutto se opportuna-

mente affiancate dalla strumentazione legisla-tiva urbanistica.La spinta riformistica che caratterizzò gli anni’60 coinvolse direttamente anche i centri sto-rici. Infatti nel settore della tutela dei beni cul-turali ed ambientali sorse un problema circa lacollocazione dei centri storici nell’ambito diquesto settore o in quello della materia urbani-stica.Tale questione fu oggetto di particolare atten-zione della “Commissione d’indagine per latutela e la valorizzazione del patrimonio sto-rico, artistico e del paesaggio” definita“Commissione Franceschini”5.Principale compito di questa commissione erala revisione delle leggi di tutela e valorizza-zione delle cose di interesse culturale, legan-dole quando risultava necessario con la legisla-zione urbanistica e formulare proposte per unnuovo assetto strutturale del settore.Le discussioni ed il dibattito interno alla com-missione furono lunghi e complessi. Nel 1966la commissione Franceschini lamentava situa-zioni pericolose e carenze legislative che a tut-t’oggi permangono: l’abbandono dei centriminori che ancora esiste, mentre i centri mag-

LE PROSPETTIVE DI TUTELA E VALORIZZAZIONE DEI CENTRI MINORIALLA LUCE DELLE NUOVE DIRETTIVE REGIONALI

Marina Vincis

108

Territorio e Patrimonio - Conoscere per valorizzare

giori, i più importanti e quindi più appetibili,venivano soffocati da nuovi modi di concentra-zione. Contemporaneamente a questo laCommissione lamentava la mancanza di tutelae faceva pertanto delle proposte concrete,allora innovative, benché ancora in parte inte-ressanti. Ad esempio veniva proposta, previocensimento, la scelta dei centri da salvaguar-dare ed in cui operare con priorità, ed inoltrel’applicazione di vincoli cautelativi sui centri,la formazione conseguente al vincolo di pianiparticolareggiati, l’inserimento della pianifica-zione urbanistica e tutela paesistica, l’emana-zione di norme generali di guida per gli inter-venti, l’emanazione di norme generali per l’in-serimento degli edifici pubblici nei centri sto-rici. I lavori della commissione affermarono,conclusivamente, che il centro storico era inse-rito nei beni culturali, ricomprendendo nelladefinizione di bene culturale sia i centri storiciracchiusi, - come parti più antiche - in unastruttura più vasta, sia quelli costituenti uninsediamento abitativo in sé compiuto, come ipiccoli centri che non hanno subìto un pro-cesso di espansione. Individuati i centri storici si affermò la neces-sità della loro tutela, da attuarsi mediantemisure cautelari e mediante i piani regolatori,redatti tenendo conto della perimetrazionedelle aree.Da allora, certamente dei passi avanti sonostati compiuti: se non altro ad una concezionedi natura statica del problema, così come èandata maturandosi fino agli anni sessanta,quando il concetto di tutela si è venuto arric-chendo anche con finalità di salvaguardia e

valorizzazione, se ne è aggiunto un altro, qualè quella di recupero, con caratteristiche dina-miche.Il compito di riunire e coordinare la normativadegli ultimi 60 anni, a salvaguardia del nostroimponente patrimonio artistico e paesaggistico,è stato affidato al Testo Unico sui beni culturalie ambientali 6.In esso, oltre alle funzioni di tutela e conserva-zione tradizionalmente assegnate al Ministero,si sono affiancate quelle di valorizzazione epromozione del patrimonio culturale. In que-sto ambito il Testo Unico ha riservato un ruoloforte alle Regioni e agli enti locali, dando cosìattuazione al decentramento voluto dalla leggen. 59/19977 e dal regolamento di attuazione(decreto legislativo n. 112/1998)8. In coerenza con ciò la Sardegna si è dotata diuna legge specifica sulla tutela e valorizzazionedei centri storici, la legge 13 ottobre 1998 n. 29.Espressamente tra le finalità cui la legge mira,viene considerato il preminente interesse per ilrecupero, la riqualificazione ed il riuso dei cen-tri storici e degli insediamenti storici minori,rispettandone i valori socioculturali, storici,architettonici, urbanistici, economici edambientali.Con tale legge la Regione annualmente (BandoDomos), invita i Comuni, a fronte di un finan-ziamento, a presentare progetti di “programmidi valorizzazione dell’edificato storico” perse-guendo obiettivi e finalità dedotte dagli stru-menti di pianificazione e dalle leggi regionalidi finanziamento.Tra le finalità del “Bando Domos” vi è la valo-rizzazione dell’edificato storico con la riqualifi-

cazione ed il recupero del tessuto insediativodei centri minori, anche come occasione disperimentazione di modelli di ricomposizionespaziale e figurativa dell’assetto urbanistico,per una corretta definizione paesaggistico-ambientale dell’insieme.Per perseguire tali obiettivi la legge n. 29/98 haprevisto l’istituzione di un repertorio regionaledei centri storici (art.5)9, nel quale vengonoiscritti i comuni che abbiano nel loro territoriopresenze significative delle collettività localidal punto di vista storico, culturale ed ambien-tale e che attestino, a seguito del confronto frai catasti storici antecedenti l’anno 1940, l’esi-stenza di un tessuto urbano consolidato,sostanzialmente invariato e l’esistenza di unpatrimonio edilizio formato da tipologie carat-terizzanti l’insediamento storico per le caratte-ristiche costruttive e tecnologiche, nonché pergli elementi architettonici. Con riferimento aquella che è considerata la prima legge ditutela dei beni culturali, la legge 29 giugno1939 n. 1497, “Protezione delle bellezze natu-rali”, in sede di prima applicazione sono statiinseriti nel Repertorio i Comuni che avesserocentri storici vincolati ai sensi di tale legge. Alfine di valorizzare e soprattutto non perderel’identità dei centri minori, gli interventi regio-nali finanziari prevedono che ai piccoli comunivenga assicurata una riserva non inferiore alquaranta per cento delle risorse stanziate 10. La valorizzazione viene quindi attuata attra-verso interventi di riqualificazione urbana erecupero primario degli edifici dei centri sto-rici, e per far ripopolare i centri sono inoltrepreviste agevolazioni agli emigrati.

109

Le prospettive di tutela e valorizzazione dei centri minori alla luce delle nuove direttive regionali

L’orientamento della Regione nella salvaguar-dia dei centri minori prosegue con il PORSardegna obiettivo 1, misura 4.14 del 2006, cheriguarda la “promozione dell’adeguamento edello sviluppo delle zone rurali”. Tra gli obiet-tivi si persegue il rinnovo e lo sviluppo di vil-laggi attraverso la tutela e la conservazione delpatrimonio rurale, l’incentivazione del turismoe dell’artigianato correlati alle attività delleaziende agricole.La misura promuove l’attivazione, nell’ambitodi progetti a dimensione locale, di interventiche integrano attività di tutela, manutenzione,recupero e valorizzazione turistica del patrimo-nio rurale con le attività produttive, agricole eno, con il fine di generare sia conservazione equalità territoriale, sia reddito e occupazione,partendo dalle vocazioni del territorio di riferi-mento.Ci si prefigge di consolidare e qualificare ilpatrimonio archeologico, architettonico, sto-rico-artistico, paesaggistico, naturalistico, qualestrumento di sviluppo qualificato ed equili-brato nei territori rurali mediante il sostegnoalla diversificazione delle attività economichelocali che riguarderà anche le piccole e medieimprese e il turismo rurale.La misura riguarderà i centri minori rurali everrà attuata mediante specifiche azioni volteprioritariamente alla valorizzazione del patri-monio rurale e ambientale a fini turistici e cul-turali.La Regione Sardegna che vanta, ai sensi degliarticoli 3 e 4 dello Statuto speciale di autono-mia11, competenze primarie in materia di urba-nistica ed edilizia, mentre, in relazione alla

tutela paesaggistica, è vincolata dalle disposi-zioni statali in materia, ed in particolare dagliartt. 131 e seguenti del codice dei beni cultu-rali e del paesaggio, ha esercitato la propriacompetenza legislativa esclusiva in materia di“edilizia ed urbanistica” dettando una disci-plina volta a fronteggiare una situazione parti-colarmente grave ed urgente attraverso la sal-vaguardia del territorio e dell’ambiente, ema-nando con legge regionale n. 8/200412 - nelrispetto dell’art. 135 del codice dei beni cultu-rali e paesaggistici - il proprio piano paesaggi-stico13. Il Piano Paesaggistico Regionale rappresentasicuramente una novità sotto l’aspetto dell’ap-proccio operativo alle trasformazioni edilizieed urbanistiche in Sardegna e, in un certo qualmodo, precede e coordina diversamente laprocedura urbanistica, fino ad ora applicata,che si muoveva sostanzialmente sulla solazonizzazione del territorio. Fino ad oggi si era andato sviluppando inSardegna un modello turistico legato fonda-mentalmente all’insediamento costiero sia ditipo ricettivo-alberghiero che nelle forme diresidenza turistica. Ciò ha comportato un pro-gressivo e forte consumo del territorio costieroa discapito della conservazione e della valoriz-zazione di habitat di importante valoreambientale e paesaggistico. Nel corso deglianni, il carico antropico che si è generato hacomportato la nascita, spesso disordinata, diborgate e frazioni marine a ridosso della partepiù delicata della costa isolana. Il Piano Paesaggistico Regionale si propone diinvertire questa tendenza, rilanciando la fun-

zione turistica e ricettiva dei centri abitatisituati nella fascia costiera attraverso la valoriz-zazione dei centri storici, delle tradizioni cultu-rali e agro alimentari a servizio del turismo.Ribadito che l’orientamento principaleespresso dal Piano è la conservazione e valo-rizzazione dell’intero patrimonio costieroancora intatto dal punto di vista delle trasfor-mazioni e che le infrastrutture turistico-ricettivedovranno insediarsi prioritariamente nei centriabitati, la riqualificazione urbanistica si attuanel rispetto di tutti i vincoli e valori riconosciutinegli studi degli assetti storico culturale edambientale, sulla base delle volumetrie esi-stenti per le quali le norme prevedono un defi-nito premio di cubatura in contropartita ad evi-denti e significative compensazioni paesaggi-stiche nell’azione di riqualificazione.Tale politica viene perseguita anche preve-dendo delle limitazioni nella fascia di 2000metri dalla linea di battigia marina, anche per iterreni elevati sul mare, e nella fascia entro i500 metri dalla linea di battigia marina, ancheper i terreni elevati sul mare e per le isoleminori. Di rilievo nel piano paesaggistico è la tutelariconosciuta alle aree caratterizzate da insedia-menti storici e da preesistenze di manufatti oedifici che costituiscono, nel loro insieme,testimonianza del paesaggio culturale sardo,che ove non sia stato già effettuato dal P.P.R.,sono perimetrate dai Comuni interessati ai finidella conservazione e tutela e della migliorericonoscibilità delle specificità storiche e cultu-rali dei beni stessi nel contesto territoriale diriferimento.

110

Territorio e Patrimonio - Conoscere per valorizzare

Per salvaguardare i centri rurali, si prevede inparticolare che per l’insediamento sparso(stazzi, medaus, furriadroxius, boddeus, bacili,cuiles) i Comuni, in sede di adeguamento deglistrumenti urbanistici al P.P.R, provvedano acensire e perimetrare il tessuto dei nucleisparsi presenti sul proprio territorio. Gli interventi di recupero e di modificazionedevono essere realizzati considerando il carat-tere di grande essenzialità e sobrietà dell’archi-tettura rurale dei nuclei sparsi, secondo deiprincipi puntualmente indicati nella legge pae-saggistica14. È inoltre previsto che i piani urba-nistici comunali introducano provvedimenti disalvaguardia del patrimonio dei recinti in pie-tre murate a secco che costituiscono, con lavarietà locale delle tecniche e dei materiali, unfattore insostituibile di identità paesaggistica eculturale. In generale si può dire che scopo delpiano paesaggistico è quello di regolare e otti-mizzare la pressione del sistema insediativosull’ambiente naturale, migliorando la vivibiltàdell’ambiente urbano e i valori paesaggistici

del territorio. Viene dettata una disciplina edi-lizia orientata al mantenimento delle morfolo-gie e degli elementi costitutivi tipici, correlataalle tipologie architettoniche, alle tecniche emateriali costruttivi tipici del luogo, con la pre-visione che il piano comunale dovrà contenerepertanto opportuni piani del colore, degli aba-chi, delle facciate e delle tipologie ammissibilinelle diverse zone urbane. Nella sua politica di perseguimento di tutela evalorizzazione dei centri minori, la Regionecon l’approvazione del “Bando Civis-Rafforzamento centri minori”15 ha messo oltre90 milioni di euro a disposizione dei comuniper il 2006 per la riqualificazione e il recuperodei piccoli centri al fine di contrastare lo spo-polamento delle aree interne, integrare i serviziscolastici, culturali e sociali e ottimizzare i ser-vizi per le attività produttive. Altro obiettivo èquello di sostenere gli interventi di recuperodella qualità urbana finalizzata al riutilizzo diabitazioni vuote nei centri storici per iniziativedi ricettività diffusa.

Infine è bene ricordare che nel rispetto dell’art.117 della Costituzione16 e del Codice dei beniculturali e del paesaggio17 per la prima voltanella sua storia autonomistica, la Sardegna hauna legge per la tutela, la valorizzazione, lafruizione del suo straordinario patrimonio cul-turale, che comprende il settore di musei,biblioteche e archivi, e ancora i parchi archeo-logici e gli ecomusei18.La legge sarda amplia il concetto di patrimonioculturale, così come definito del CodiceUrbano per i beni culturali e il paesaggio, aibeni immateriali, di cui la Sardegna ha esempistraordinari, riconoscendo ad essi lo stessodiritto alla tutela e alla valorizzazione riservatoai beni materiali.C’è la volontà di valorizzare le punte di eccel-lenza, ma nello stesso tempo di far crescere lepiccole realtà, attraverso procedure di ricono-scimento e standard di qualità.

111

Le prospettive di tutela e valorizzazione dei centri minori alla luce delle nuove direttive regionali

1 L. 6 agosto 1967 n. 765, Modifiche ed integrazioni allalegge urbanistica 17 agosto 1942 n. 1150.

2 L. 22 ottobre 1971 n. 865, Programmi e coordinamentidell’edilizia residenziale pubblica; norme sull’espropria-zione per pubblica utilità; modifiche ed integrazioni alleleggi 17/08/1942 n. 1150; 18/04/1962 n. 167;29/09/1964 n. 847.3 L. 5 agosto 1978 n. 457, Norme per l’edilizia residen-ziale (v. ora L.17/02/1992 n. 179).

4 L. 1 giugno 1939 n. 1089, Tutela delle cose di inte-resse artistico e storico e L.29/06/1939 n. 1497,Protezione delle bellezze naturali, che hanno regola-mentato la materia sino all’emanazione del D.Lvo 29ottobre 1999 n. 490 Testo Unico delle disposizioni legi-slative in materia di beni culturali e ambientali, poisostituito dal D.Lvo 22 gennaio 2004 n. 42 Codice deibeni culturali e del paesaggio.

5 La legge n. 310 del 26 aprile 1964 istituì una commis-sione d’indagine per la tutela e la valorizzazione delpatrimonio storico, archeologico, artistico e del paesag-gio. Questa commissione, nota come CommissioneFranceschini, dal nome del suo Presidente, concluderà ilavori nel 1966. L’istituzione della commissione fu segnodella presa di coscienza della necessità che l’azione pub-blica si rivolgesse con maggiore consapevolezza e conrisultati più efficaci ai compiti di protezione del patrimo-nio culturale ed ambientale.

6 Il Testo Unico (T.U.) ha avuto vita breve, infatti a cin-que anni dalla sua emanazione, è stato sostituito dalCodice dei beni culturali e del paesaggio, emanato comeabbiamo detto con D.Lgs 22 gennaio 2004 n. 42. Ilnuovo codice si è reso necessario in considerazione delmutamento dell’assetto istituzionale: l’attuazione dellariforma del titolo V della Costituzione dedicato alleRegioni, Province e Comuni, avvenuta con legge costi-tuzionale 18 ottobre 2001 n. 3, ha previsto un nuovoriparto delle competenze tra Stato e Regioni in mate-ria di tutela e valorizzazione di beni culturali.

7 L. 15 marzo 1997 n. 59 Delega al Governo per il con-ferimento di funzioni e compiti alle regioni ed entilocali, per la riforma della Pubblica Amministrazione eper la semplificazione amministrativa (Bassanini 1).

8 D. Lvo 31 marzo 1998 n. 112 Conferimento di funzionie compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed aglienti locali, in attuazione del capo I della legge 15 marzo1997 n. 59.

9 Il repertorio previsto dall’art. 5 della legge n. 29/98costituirà il quadro generale di riferimento per gli attidi programmazione regionale di settore. Il successivoart. 6 prevede poi una programmazione pluriennale conuna predisposizione e aggiornamento annuale del pro-gramma per i centri storici.10 Con legge regionale n. 12 del 2 agosto 2005, Normeper le unioni di Comuni e le comunità montane. Ambitiadeguati per l’esercizio associato di funzioni. Misure disostegno per i piccoli comuni, sono stati inseriti e modi-ficati dal capo IV intitolato “Interventi per la valorizza-zione ed il sostegno dei piccoli comuni”, articoli dellalegge n. 29/98. La legge ha introdotto anche la defini-zione di piccoli comuni, e cioè quelli con meno di 3000abitanti il cui centro disti almeno 15 Km dal mare.11 Legge costituzionale 26 febbraio 1948 n. 3, Statutospeciale per la Sardegna. Sulla competenza in materiav. inoltre il D.P.R. 22 maggio 1975 n. 480 (Nuovenorme d’attuazione dello Statuto speciale della Regioneautonoma della Sardegna) art. 6 comma 2, che defini-sce i confini delle competenze esclusive della Regionein materia di “edilizia ed urbanistica”, attribuendoleanche “la redazione e l’approvazione dei piani territo-riali paesistici di cui all’art. 5 della legge 29 giugno1939 n. 1497 (e, implicitamente, il potere di emanarele relative misure di salvaguardia). 12 L.R. n. 8 del 25.11.2004, Piano PaesaggisticoRegionale, approvato con Delibera n. 36/7 del 5 set-tembre 2006.13 In esso viene individuato lo strumento della pianifi-

cazione paesaggistica (rivolta non più soltanto ai benipaesaggistici o ambientali, ma all’intero territorio), eaffida alle Regioni la scelta di approvare “piani paesag-gistici” ovvero “piani urbanistico-territoriali con speci-fica considerazione dei valori paesaggistici”, con ciòconfermando l’alternativa tra piano paesistico e pianourbanistico-territoriale già introdotta con l’art. 1-bisdel decreto-legge 27 giugno 1985, n. 312 (Disposizioniurgenti per la tutela delle zone di particolare interesseambientale), così come convertito in legge ad operadella legge 8 agosto 1985, n. 431. Va aggiunto, infine,che proprio sulla base dell’esplicito trasferimento difunzioni di cui alle norme di attuazione dello statutospeciale contenute nel D.P.R. n. 480 del 1975, laRegione - già con la legge n. 45 del 1989, Norme perl’uso e la tutela del territorio regionale - aveva apposi-tamente previsto e disciplinato i piani territoriali pae-sistici nell’esercizio della propria potestà legislativa intema di “edilizia ed urbanistica”.14 V. art. 81 e segg. L. n. 8/04 e in particolare il TitoloII - Assetto storico-culturale.

15 Con determinazione n. 473/cs del 30/06/2006 laregione ha approvato il Bando Civis “Rafforzamentocentri minori” POR Sardegna 2000-2006, Asse V - Cittàmisura 5.1 “Politiche per le aree urbane”.16 L’art. 117 Cost., al secondo comma, lettera s), attri-buisce alla potestà esclusiva dello Stato la “tutela del-l’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali”, mentreal terzo comma, prevede che sono materie di legisla-zione concorrente: “la valorizzazione dei beni culturalie ambientali e promozione e organizzazione di attivitàculturali”.17 L’art. 7 del Codice fissa i principi fondamentali inmateria di valorizzazione del patrimonio culturale e“nel rispetto di tali principi le Regioni esercitano la pro-pria potestà legislativa”.18 L.R. 20 settembre 2006 n. 14 Norme in materia dibeni culturali, istituti e luoghi della cultura.

NOTE

113

ATTIVITÀ DI ANIMAZIONE E FORMAZIONEPER LO SVILUPPO DI IPOTESI DI VALORIZZAZIONE DEL TERRITORIO

Bruno Paliaga

Di seguito si descrive il quadro entro il qualesono state svolte le attività rivolte ad ungruppo di giovani del luogo attraverso le qualici si è posti l’obiettivo di avviare un percorsoche, nel futuro, sia capace di generare, soste-nere e promuovere, iniziative, attività e pro-getti, il cui fine ultimo dovrebbe essere quellodi “valorizzare il territorio in senso turistico”.Pur nei limiti del tempo disponibile si è trattatodi un percorso attuato tra la formazione e l’ani-mazione che ha necessitato definire cosa sidovesse valorizzare, perché valorizzarlo, conchi e per chi valorizzarlo prima di iniziare aragionare su come valorizzarlo.Con tali presupposti si è operato sia sul pianodel metodo (come valorizzare) che su quellodei contenuti (cosa valorizzare).

L’APPROCCIO

Data la composizione del gruppo e la forma-zione di base degli allievi, preliminare alla trat-tazione dei contenuti posti alla base delle atti-vità è stata una fase di riflessione sul significatodella conoscenza del territorio in relazione agliobiettivi del progetto.In tal senso ed in generale, non è sembrato

retorico, sottolineare che nell’esperienza vis-suta ed in quella quotidiana è possibile verifi-care come processi/percorsi di conoscenzaautoreferenziati, non basati sull’approfondi-mento, sul riconoscimento, sul confronto, ecc.,alimentano forme di campanilismo puro esemplice.Per non cadere in tale equivoco, la visione delterritorio è stata proposta in termini problema-tici, ovvero di quali sono le sue articolazioni, lesue funzioni, i suoi valori e così via, prestandomolta attenzione al fatto che tutti i partecipantialle attività, ovviamente, conoscevano i luoghidel proprio vissuto, della memoria, della storiaecc., ma tenendo conto che si trattava di cono-scenze, percezioni, interpretazioni non semprericonducibili a validità oggettiva. Durante il percorso di animazione/formazionesi è inteso definire quei livelli di conoscenza equei valori affinché fossero condivisi e condi-visibili e soprattutto riconoscibili anche fuoridalla comunità locale.Per riconoscere prima e per condividere poi ivalori si è reso necessario sviluppare la capa-cità di uscire dal ristretto ambito individuale odi piccola comunità; ovvero sviluppare la capa-

cità di riconoscersi in uno spazio fisico-geogra-fico ed in un contesto di relazioni ben piùampio. Sono contesti dove il poco, il piccolo, ilsolo, l’unico, ecc. assumono la loro veradimensione ed importanza.Pur consci che acquisire tale capacità non èfacile e necessita di tempi e strumenti adeguati,tale approccio lo si è ritenuto fondamentaleper l’eventuale buon avvio di processi di valo-rizzare situazioni, fatti, fenomeni e luoghi delterritorio da parte dei corsisti.È stato un percorso attraverso il quale si è cer-cato di attribuire un giusto peso, o comunqueun peso diverso da quello attribuito ad un ter-ritorio tradizionalmente non turistico, che,comunque, è un territorio nel quale le storie, icicli naturali, i cicli della cultura materiale, ecc.,posseggono significati e valori intrinseci.Altro presupposto di fondo del lavoro è statoconsiderare la realtà del luogo, nel suo com-plesso dipendente dalle dinamiche della naturae della cultura locali, potenzialmente valorizza-bile senza cadere in un riduttivo processo divalorizzazione non contestualizzato nell’ambitogeografico-naturalistico di riferimento.La dimensione geografico-naturalistica ben più

114

Territorio e Patrimonio - Conoscere per valorizzare

ampia del “luogo in sé” ed alla quale, nelnostro caso, lo stesso Muros appartiene. Pertale motivo l’analisi del contesto allargato èstato un riferimento importante e funzionaleall’ipotesi di lavoro: la valorizzazione.Tutto ciò senza ignorare il vissuto degli allievie della loro esperienza come risorsa per le atti-vità d’aula, ma sostenerli nel recupero dellafiducia sul valore, o sui valori del loro territo-rio, che in una piccola realtà dove le funzionieconomiche e sociali interne sono marginali ocomunque più funzionali a logiche economi-che esterne, al polo sassarese, a Sassari città,piuttosto che al paese di Muros. Sono valorispesso percepiti, intesi o vissuti come residuali,almeno rispetto all’ipotetico e potenziale svi-luppo economico in senso turistico.I valori territoriali rispetto ai quali si dovevaragionare per una loro possibile valorizzazionesono valori che vengono vissuti ed intesi comeresiduali sia perché, a scala locale, tutto è piùpiccolo (…e l’erba del vicino è sempremigliore) sia perché sono ancora valori disecondo piano rispetto ad ambiti territorialisardi la cui funzione turistica è ormai consoli-data.Dunque, si è trattato di sviluppare un ragiona-mento coerente con lo sforzo, ancora incom-piuto e poco diffuso, di creare un’offerta turi-stica fondata sull’accoglienza, sull’identità,sulla specificità, prescindendo da suggestioniestive e spesso banali, così come vuole l’ap-proccio dell’industria turistica di consumo dimassa che sta mostrando i suoi limiti.Altro spunto interessante è stata la valorizza-zione del concetto di sostenibilità del turismo

che, guarda caso, coincide con i concetti diidentità, di localismo, di originalità, di specifi-cità, ecc., tutti attributi di nuove forme di turi-smo che altrove stanno cominciando ad affer-marsi.Secondo tale visione ha senso ipotizzare cheun piccolo centro della Sardegna come Murossia potenzialmente suscettibile a forme di svi-luppo turistiche senza dover invidiare niente anessuno e soprattutto a quei luoghi già accre-ditati come luoghi turistici che tuttavia nonsoddisfano ancora i criteri di sostenibilitàambientale e talvolta di sostenibilità sociale.

LA (RI)LETTURA DEL TERRITORIO

FUNZIONALE ALL’IPOTESI DI

VALORIZZAZIONE IN CHIAVE TURISTICA

L’ipotesi di lavoro è stata perseguita definendocosa fosse necessario per effettuare sia unaricognizione delle risorse suscettibili di nuoveforme d’uso, sia gli approfondimenti del caso(attualizzazione), il tutto secondo l’ottica di unturismo sostenibile declinabile nel senso delturismo naturalistico, culturale, enogastrono-mico, ecc.Con tali presupposti, in estrema sintesi, lerisorse del territorio sono state definitesecondo lo schema seguente: 1. aspetti fisici2. aspetti biotici3. aspetti paesaggistici4. aspetti storici e culturali5. aspetti etnografici6. aspetti socio economiciIl tutto è stato analizzato attraverso diversi con-tributi disciplinari (specialistici) cercando di

valorizzare gli elementi di naturalità affinchépotessero essere essi stessi degli attrattori oltre-ché dei descrittori di un territorio che halegami e relazioni con la zona più vasta, intro-ducendo così la visione di Muros appartenentead una rete territoriale più ampia del propriocontesto.Oltre alle questioni di metodo, i temi dei qualisi è occupato chi scrive sono quelli compresitra 1) e 3), mentre per quanto indicato da 4) a6) sono stati valorizzati i contributi di altridocenti proponendoli come ambiti che sarànecessario esplorare sistematicamente.Ad ogni buon conto, a fronte di trattazioniche non hanno potuto essere esaustive è statodelineato il quadro degli elementi di cono-scenza al quale un ipotetico processo di valo-rizzazione anche turistico dovrebbe necessa-riamente riferirsi.

1) Per quanto riguarda gli aspetti fisici, le atti-vità del corso sono state rivolte a:- inquadramento geografico generale della

macro area di appartenenza, il Logudoro;- geomorfologia, idrografia e topografia

della vasta area;- armatura urbanistica di riferimento (centri

abitati vicini, sistemi viari, ecc.).

2) Per quanto riguarda gli aspetti biotici essisono stati interpretati attraverso:

- vegetazione, flora e fauna.

Nell’analisi di tali elementi sono stati valo-rizzati quegli aspetti naturali che hannocaratterizzato e che sostengono le attivitàtradizionali con particolare riguardo all’agri-coltura e all’allevamento.

115

Attività di animazione e formazione per lo sviluppo di ipotesi di valorizzazione del territorio

3) Gli aspetti paesaggistici sono stati propostiin termini di:- paesaggi geo-morfologici, paesaggi vege-

tali, paesaggi culturali, con particolareriguardo a quello archeologico;

- paesaggio agrario ed urbano (uso delsuolo).

Secondo tali chiavi di lettura e/o di interpreta-zione delle risorse particolare significato haassunto l’osservazione del grado di antropizza-zione che è inversamente proporzionale algrado di naturalità del territorio.

4) Gli aspetti storico culturali sui quali è oppor-tuno effettuare le dovute riflessioni sonostati:- storia dell’area vasta e del luogo (il mar-

chesato?);- l’archeologia e l’architettura (p.e. gli edi-

fici religiosi);- l’arredo urbano e le case storiche (nucleo

urbano storico...).

5) I caratteri etnografici, funzionali al poten-ziale recupero dell’identità ai quali è stato fatto cenno sono stati:- folclore (costume, ballo, gioielli…);- cicli della cultura materiale, p.e. lana,

grano, pane, dolci, olio, vino; - feste religiose (San Gavino, Proto e

Gianuario, San Giovanni, riti dellaPasqua);

- enogastronomia;- prosa e poesia, teatro in lingua, storie e

leggende del luogo…

6) Infine a supporto di quello che deve essere

il profilo del territorio di Muros vi sono itratti socio-economici di riferimento,ovvero: - popolazione (struttura), istruzione, occu-

pazione, struttura produttiva;- categorie/attività produttive;- servizi;- ecc...

DALLA CONOSCENZA ALL’OPERATIVITÀ

Le azioni preliminari Se lo sviluppo di quanto prima consente didelineare un quadro del territorio abbastanzacompleto si è ritenuto utile far riflettere, pergrandi linee, su “Come e cosa si potrebbe fare”che, orientativamente, potrebbe articolarsinelle seguenti fasi:

1) analizzare le risorse di cui prima e valutarnelo stato in termini di punti di forza e/o didebolezza;

2) confrontare l’armatura, le risorse con larealtà di area vasta per la ricerca di elementispecifici e/o unici;

3) ipotizzare alleanze, collaborazioni con lecomunità confinanti (p.e. Cargeghe, Tissi,Ossi);

4) scegliere su quali elementi (tra quelli di cuiprima) agire, ma valutandone la fattibilitàsia in termini di condivisione di obiettivicon diversi soggetti (attori, settori o compo-nenti della comunità locale, pubblici e pri-vati), che in termini di partecipazione deglistessi al processo di recupero dei valorispendibili individuati (validazione).

Strumento possibile potrebbe essere l’attiva-

zione di forum, di gruppi di discussionetematici di discussione (interlocutori istitu-zionali, gruppi di lavoro ecc.): si tratta distrumenti piuttosto efficaci per interloquirecon organizzazioni, Enti strumentali, EntiPubblici, Enti tecnici, Comune, Pro Loco,associazioni ed organizzazioni di categoria,ecc.

5) verificare la coerenza con l’ipotesi generale(valorizzazione anche economica);

6) verificare la disponibilità effettiva delbene/prodotto/servizio oggetto di possibilevalorizzazione (utilizzando l’output dellafase di analisi).

Va da sé che la sequenza ed il numero dellefasi potrà variare in rapporto alla capacità dioperare del soggetto che si cimenterà in unpercorso simile oltreché dalle competenze ecapacità che lo stesso possiederà.A prescindere dalla forma sotto la quale taliattività dovranno essere svolte (società coop.Associazione o altro), sarà fondamentale:

- ricercare l’accordo con gli operatori/attoridel settore prescelto definendo l’interessereciproco (le ricadute per l’operatore delsettore, per chi promuove e per il territorio,ecc.)

- condividere e stabilire la definizione deiruoli (chi fa, cosa e quando);

- definire un Sistema per l’ospitalità fondatasu Itinerari per l’escursionismo, le strutturedisponibili, ecc. (gli attrattori) ed in subordine, ma non di importanza, si tratterà di

116

Territorio e Patrimonio - Conoscere per valorizzare

predisporre un’offerta per la recettività(b&b, agriturismo, ristorazione, servizioguida, prodotti tipici, ecc.);

- definire, con il soggetto intermediario (pro-motore), il/i prodotto/i (attrattori) a matriceambientale e culturale.

Esemplificativi di tale approccio potrebberoessere la realizzazione di:

- itinerario ambientale - Grotta dell’Inferno,Rocca Ruja, Su Monte, Punta Canechervu;

- itinerario culturale - Sa Funtana, San

Leonardo, Strada romana, il centrourbano, Chiesa, Artigianato, Enogastrono-mia, Etnografia (folklore, coro, ecc.).

Si intende che per concretizzare gli itinerari dicui prima le operazioni preliminari e fonda-mentali da compiere dovrebbero essere:

- predisposizione fisica dei luoghi in accordocon l’Amministrazione Comunale (accessi-bilità, restauro, sistemazione, l’orienta-mento, l’informazione, ecc.);

- connessioni tra itinerari, strutture, situa-zioni, ecc.

- realizzare supporti alla comunicazione(pannelli info, mappe, carto-guide, mini-guide, brochure…).

Ovviamente per realizzare quanto prima sarànecessario individuare i destinatari dell’offerta,in altri termini si deve definire a chi vendere ilprodotto.Si tratta di operazioni da realizzare previaricerca/analisi del mercato che deve essereeffettuata sui dati (ufficiali) acquisiti pressoorganizzazioni di categoria, istituti o altro (p.e.ISTAT, indagini specifiche di settore, rapporti).

117

ASPETTI DI FATTIBILITÀ DEI PROGETTI DI SVILUPPO IMPRENDITORIALE: DAL PROGETTO DI VALORIZZAZIONE ALLO START-UP AZIENDALE

Emanuela Fiorino

Il territorio di Muros presenta caratteristichemorfologiche, naturalistiche, ambientali earcheologiche di notevole interesse. Tuttavia,siti archeologici e ricchezza di varietà botani-che e faunistiche, non sono tra le fonti reddi-tuali dell’economia Comunale. Il settore turi-stico è completamente assente, nonostante ilpatrimonio culturale, materiale ed immateriale,ancora riconoscibile sul territorio urbano edextraurbano. La mancanza di attenzione versola valorizzazione degli aspetti culturali rischiadi indurre ad un processo di graduale perditadella memoria storica e dell’identità del popolomurese. La valorizzazione della cultura, delletradizioni e delle tipicità locali sono le temati-che principali sulle quali indirizzare attenzioni,risorse e attività: il turismo ambientale di qua-lità è il settore più delicato, ma anche il piùpromettente, per lo sviluppo economico deiterritori meno dotati di attrattori turistici archi-tettonici e non ubicati sulle facili rotte costiere.Lo sviluppo del turismo contribuisce alla cre-scita ed alla valorizzazione della realtà econo-mica locale, promuovendo la conoscenza delleproblematiche relative alla fruibilità dei siti, deiservizi e delle relative attrezzature, da parte di

una fascia più ampia possibile di utenti.Affinché il turismo possa rappresentare un’im-portante risorsa in grado di riqualificare strate-gicamente il territorio, è imprescindibile appro-fondire l’analisi del contesto in cui il medesimoterritorio risulta inserito, anche al fine di indi-viduare tutte quelle ulteriori realtà turistichecui esso può sinergicamente correlarsi.Un prodotto turistico efficace deve essere pen-sato e sviluppato per “vendere” il territorio,ossia per dare allo stesso forma e sostanza, nel-l’ambito di una mirata politica di comunica-zione e promozione. Di certo si tratta di unimpegno non semplice, ma sicuramente disicura riuscita se, unitamente a competenza edinvestimenti mirati, è guidato da un forte attac-camento al territorio ed alle proprie radici.Credere nelle proprie risorse culturali edambientali diventa, allora, fondamentalesoprattutto quando devono essere proposte aituristi destinazioni poco conosciute.Il turismo costiero, che nell’area di riferimentorappresenta la quota maggiore del settore,deve essere coinvolto nella conoscenza di unentroterra che, a pochi chilometri di distanza,offre ricchezza di elementi culturali e naturali-

stici, apprezzabili anche da un viaggiatore nonesperto. Questo, accompagnato lungo gli itine-rari meno consueti, si immerge nei percorsidove profumi ed essenze, sapori tipici del-l’eno-gastronomia locale, fanno da contorno aisegni che un passato più o meno lontano ci hatramandato.L’assenza di un sistema di offerta è uno deimaggiori limiti nel processo di valorizzazionedelle risorse. Il patrimonio del territorio nonrisulta organizzato in un sistema che colleghitra di loro i siti; manca, o è carente, una pro-grammazione congiunta della loro valorizza-zione turistica e della relativa promozione, nonsolo a livello prettamente comunale. Manca,cioè, l’integrazione dei singoli beni in unsistema di offerta del patrimonio archeologico,culturale ed ambientale, affinché gli attrattorituristici siano inseriti in un circuito in cui cul-tura, ricettività, ristorazione e produzioni tipi-che, sono sinergicamente coordinate pergarantire al turista, o generico fruitore, un ser-vizio completo. La frammentazione dell’offertaculturale non può essere sostituita dalla solapolitica di comunicazione e promozione che,avulsa da un’azione coordinata, tenda a valo-

118

Territorio e Patrimonio - Conoscere per valorizzare

rizzare e a far conoscere le ricchezze.Nel territorio che attrae turismo si generavalore e si innescano scambi e relazioni conaree e mercati diversi, da quello locale fino aquello internazionale. Questo significa pro-durre offerte strutturate, vendibili, comunica-bili, sostenibili sui mercati del turismo nelleloro diverse espressioni. Laddove esistano giàdegli itinerari, la realtà locale deve potenziaregli attrattori turistici, sostenere la propriaofferta con una campagna di promozioneverso il mercato turistico non solo locale, maanche nazionale e internazionale; diventaessenziale differenziare le strategie di comuni-cazione per Bisogna, in sostanza, produrre unpiano di turismo integrato, cui partecipinoforze politiche, culturali e sociali, che sia ingrado di attrarre e fidelizzare turismi dalladiverse esigenze, che, soprattutto, sentano lanecessità di sostare e “vivere” più a lungo i ter-ritori che li ospitano, assaporandone con calmae consapevolezza la cultura, l’ambiente i patri-moni religiosi, culturali e ambientali. Il turismoin Sardegna si caratterizza, troppo spesso, peruna distribuzione di presenze altamente con-centrata nei mesi di luglio ed agosto, con unperiodo medio di permanenza troppo ristretto;diventa importante, allora, far sì che le nuoveiniziative di promozione turistica riescano adattrarre flussi di presenze anche negli altri mesidell’anno, durante i quali si può scoprire unterritorio più vero e godere di atmosfere menocommerciali e più autentiche. In questo quadro, va tenuto conto delle tipolo-gie di attrattori presenti nel territorio e dellaloro diversa potenzialità. In funzione della

“notorietà”, gli attrattori possono essere classi-ficati come segue:

- di primo livello o grandi attrattori, costituitida siti e località di nota importanza;

- di secondo livello o attrattori, costituiti dal-l’insieme delle testimonianze di varia naturae importanza, ma noti soprattutto alla spe-cifica tipologia di turista:

- di terzo livello o attrattori minori, costituitidall’insieme delle testimonianze della cul-tura locale sparse nel territorio, ma pococonosciuti al grande pubblico.

A questo proposito, si possono individuarealcune tematiche forti per lo sviluppo del set-tore, potenziali spunti per dar vita ad un pro-getto di valorizzazione di alcuni attrattori turi-stici, attraverso oggetti e immagini fruibili alivelli diversi di approfondimento:Attrattive “culturali”

- Aree archeologiche

- Luoghi della cultura

- Edifici storiciAttrattive “naturalistiche e ambientali”

- Grotte

- Parchi, aree protette e riserveAttrattive “religiose”

- Luoghi sacriAttrattive “sportive”

- Cicloturismo

- Trekking

- Escursioni in fuoristradaAttrattive “rurali e tipicitò”

- Tradizioni popolari

- Sagre

- Luoghi e strade della tipicità

- Produzioni tipicheAttrattive “affari ed eventi

- Eventi di cultura-arte-spettacolo

- Mostre temporanee

- Eventi sportivi

Il contesto territoriale di riferimento presentadifferenti elementi di criticità e punti di forza.Con riferimento ai primi, si evidenziano: l’as-senza di strutture ricettive, di qualsivogliagenere; l’assenza di offerta turistica; la conse-guente inesistenza di un’immagine caratteriz-zante dal punto di vista turistico; la carenza difigure professionali specializzate in campo turi-stico; scarsa conoscenza del mercato; assenzadi fruibilità dei beni, materiali e immateriali,presenti nel territorio; rischio di risentire delfenomeno della “stagionalità” turistica, cheidentifica il settore locale e regionale, che sicaratterizza, inoltre, per essere prevalente-mente “monoprodotto”; assenza di circuiti peri turisti che arrivano nella bassa stagione;scarso utilizzo dei metodi di promozione ecomunicazione via web; carenze di sinergiecon i territori limitrofi.D’altro canto, non mancano i punti di forza perla realizzazione di una valida offerta turistica;tra questi vale segnalare: il patrimonio archeo-logico, culturale, naturale e paesaggistico adisposizione; la presenza di risorse umane inetà da lavoro che, pur gravitando nell’areaurbana di Sassari, fanno facilmente ritorno alComune di provenienza; una buona presenzadi giovani laureati e diplomati; la vicinanza ad

119

Aspetti di fattibilità dei progetti di sviluppo imprenditoriale: dal progetto di valorizzazione allo start-up aziendale

importanti mete turistiche estive a visibilitàinternazionale, all’aeroporto di Alghero, con lesue tratte low-cost, e al porto di Porto Torres;la possibilità di offrire un prodotto turisticocomplementare a quello marino-balneare,sfruttando la maggiore visibilità delle localitàcostiere; la presenza di attività produttive tipi-che; la facilità di accesso dalla strada statale131; l’aumento della domanda di turismoambientale; la propensione dei turisti stranieri,molto più spiccata di quella degli italiani, arecarsi in vacanza in Sardegna nei periodi dibassa e media stagione, climaticamente piùadatti ad un turismo naturalistico; possibilità di“veicolare” la propria offerta durante tuttol’anno, grazie alle tradizioni religiose, feste esagre di grande richiamo per l’area occidentaledella Provincia.La comprensione del più complesso sistema incui una realtà locale deve muoversi e relazio-narsi, l’approccio alle diverse problematiche,che, esulando dal puro e semplice aspetto turi-stico, connotano l’iter di realizzazione diun’iniziativa economica, in particolare quandoquesta intende valorizzare patrimoni intangibilie tangibili ad un tempo, sono stati il punto dipartenza ed il leit motiv nell’esplorazione deglielementi di fattibilità dei progetti imprendito-riali proposti.L’obiettivo del corso è stato quello di conciliarela tutela e la conservazione dei beni materiali eimmateriali presenti sul territorio comunale,con la valorizzazione delle risorse, naturali,ambientali e culturali, mediante la creazione diun progetto economico di gestione sostenibileed innovativa del patrimonio, in grado di esal-

tarne il valore economico ed ambientale e laqualità di attrattore turistico. Sulla scorta del bagaglio conoscitivo appresodurante i corsi precedenti, l’analisi del contestolocale si è meglio delineata con riferimento siaalle potenzialità presenti nel territorio, sia aglielementi di criticità, sia alle possibili azioni daintraprendere concretamente nel medio-breveperiodo. Il lavoro svolto durante le ore dedicate allafinanza agevolata, ha cercato di sviluppareun’analisi di fattibilità dei progetti imprendito-riali scaturenti dalle linee guida del corso, foca-lizzando, infine, l’attenzione sul progetto:“Itinerari di trekking archeologico e ambien-tale mediante metodologie tradizionali, GPS eorienteering”, ossia la creazione di itinerarinaturalistici, archeologici, didattici, culturali,religiosi e folklorici, finalizzata a recuperare etutelare una consapevole attenzione alle testi-monianze culturali del proprio territorio.L’aspetto innovativo del progetto, oltre al con-tenuto, è la dotazione tecnologica in termini distrumentazione GPS, che pone l’iniziativaall’avanguardia nel panorama dei servizi turi-stici di tipo naturalistico, e ancor di più se que-sti sono integrati in un itinerario in cui si alter-nano a beni archeologici e architettonici. La prima fase si è caratterizzata per un’indagineconoscitiva dei principali strumenti agevolativicomunitari, nazionali, regionali. I partecipantihanno appreso il significato della finanza age-volata, comprendendone il sistema di funzio-namento ed i suoi attori: soggetti erogatori esoggetti beneficiari sono stati analizzati attra-verso i loro elementi distintivi. Dall’analisi

generale degli strumenti agevolativi europei, siè passati all’individuazione delle principalileggi di finanziamento nazionali e regionali,evidenziando, di volta in volta, le tipologie dicontributo, le misure delle agevolazioni e leprocedure di erogazione. Ampio risalto è statodato al concetto di “aiuto di Stato” con partico-lare attenzione alla dimensione delle Piccole eMedie Imprese ed alla regola del “de minimis”. Particolarmente interessante è stato il con-fronto, basato anche sulle esperienze personalidi alcuni partecipanti, sulla scelta degli incen-tivi disponibili. Si è cercato di individuare i cri-teri per orientarsi tra le numerose leggi, al finedi comprendere le opportunità da non per-dere, riuscendo a coglierle con la massima effi-cacia. Lo scopo che ci si è prefissi in questa primafase, è stato quello di dare ai partecipanti glistrumenti minimi necessari per porsi di fronteal panorama legislativo della finanza agevolataquali soggetti “consapevoli”. Accedere ai finan-ziamenti agevolati è un passo fondamentaleper lo sviluppo dell’impresa in quanto con-sente di acquisire risorse per affrontare pro-blemi e difficoltà che impediscono all’impresadi svilupparsi. L’imprenditore ricopre un ruoloimportantissimo: deve innanzitutto definire ilsuo obiettivo di spesa, poi l’ambito di inter-vento economico, e quindi le differenze, i van-taggi e gli svantaggi, che intercorrono tra idiversi tipi di agevolazione. La seconda fase del corso sulla finanza agevo-lata, ha avuto l’obiettivo di sviluppare concre-tamente uno dei progetti proposti dai parteci-panti. L’analisi condotta sui principali strumenti

120

Territorio e Patrimonio - Conoscere per valorizzare

agevolativi attualmente operativi, o di più pro-babile apertura nell’immediato futuro, ha por-tato alla scelta della Legge Regionale 24 gen-naio 2002 n. 1, che favorisce lo sviluppo dinuova imprenditorialità nel territorio dellaSardegna e l’ampliamento della base produt-tiva ed occupazionale attraverso la promozionedi nuova imprenditorialità, agevolando le pic-cole e medie imprese costituite prevalente-mente da giovani dai 18 ai 35 anni, che inten-dono avviare iniziative nei settori della produ-zione di beni e servizi, del turismo, delle operecomplementari alle attività turistiche e dellaproduzione di servizi turistici. Poiché attualmente non è aperto alcun bandoper la selezione delle iniziative imprenditoriali,il lavoro è stato condotto utilizzando l’ultimobando disponibile e le relative Direttive diattuazione approvate con deliberazione dellaGiunta Regionale n. 22/1 del 21.07.2003, chene hanno regolato il funzionamento.Gli strumenti conoscitivi appresi nella primafase del corso, hanno consentito ai partecipantidi valutare consapevolmente lo strumento age-volativo prescelto: analizzata la Legge 1/2002nella sua globalità, lo studio si è concentratosulle Direttive di attuazione, al fine di verificarel’esistenza dei requisiti necessari, la rispon-denza del progetto imprenditoriale alle finalitàdella legge ed individuare gli aspetti di criticitàe/o non rispondenza da affrontare.Il gruppo di lavoro ha iniziato con l’analisi delTitolo II delle predetti Direttive, verificandoattentamente i requisiti soggettivi che leimprese beneficiarie devono possedere.Aspetti particolari, quali la forma societaria ed

il contenuto del relativo statuto, sono statidiscussi alla luce anche delle nozioni appresein altre materie oggetto del corso.L’individuazione e la verifica concreta deinumerosi e precisi requisiti che i partecipanti alcapitale e gli esponenti aziendali devonoobbligatoriamente possedere, hanno impe-gnato il gruppo di lavoro, che si è infineampiamente riconosciuto nei soggetti benefi-ciari, così come indicati dalla Legge.Più agevole è stato, invece, individuare il set-tore in cui all’iniziativa verrà applicato ilregime di aiuti: il progetto imprenditoriale èstato, infatti, inserito nel settore turismo, operecomplementari alle attività turistiche e produ-zione di servizi turistici.Terminata l’analisi del Titolo II, è iniziata lafase critica della verifica della rispondenza delprogetto di spesa concreto, cuore del progettoimprenditoriale, agli aiuti agli investimenti pre-visti dalla L.R. 1/2002. Con grande interesse ipartecipanti hanno valutato le spese in capitalefisso ammissibili, i limiti di ammissibilità dialcune tipologie, la non ammissibilità di altre.Possedere i requisiti soggettivi previsti da unostrumento agevolativo non implica, infatti, chequesto risponda alle esigenze del programmadi investimento. Si è trattato di un momento diconfronto importante, durante il quale i parte-cipanti hanno analizzato ogni singolo aspettodel loro progetto, concentrandosi sugli stru-menti necessari per poterlo realizzare, attri-buendo ad ogni servizio che si proponevano dioffrire, la più appropriata dotazione tecnica. E’stato, inoltre, affrontato l’aspetto finanziariorelativo all’apporto di capitale proprio ed ai

contributi in conto capitale ed in conto inte-ressi.Terminata l’analisi degli investimenti in benidurevoli, è stato affrontato l’aspetto gestionaledell’attività oggetto del programma agevolato.Avviare un’iniziativa imprenditoriale non signi-fica soltanto munirsi dell’apparato tecnico con-sistente in attrezzature, macchinari, impianti,software, automezzi; significa anche capire leesigenze quotidiane dell’azienda, program-marle, prevederle, per poterle gestire. Ogniente economico ha alcuni aspetti gestionalicomuni, ed altri suoi peculiari, determinatidalla tipologia di attività che esso svolge. Ilgruppo di lavoro, in tal senso, ha enucleatouna serie di costi di gestione, così individuabili:costi specifici, in quanto legati alla tipologia edalla natura dei servizi che si intende fornire;costi amministrativi; costi commerciali; costigenerali; oneri finanziari; oneri straordinari;oneri fiscali. Tale distinzione, oltre a permet-tere una migliore conoscenza dell’azienda, èstata indispensabile per l’individuazione dellespese di gestione ammissibili agli aiuti al fun-zionamento previsti dall’art. 7 della L.R. 1/2002.L’analisi delle Direttive di attuazione si è con-clusa con l’esame del Titoli V, VI e VII, relativialle modalità istruttorie del bando, all’eroga-zione delle agevolazioni ed ai controlli, aspettinon meno rilevanti dei precedenti. Avere una buona proposta imprenditoriale avolte non è sufficiente: conoscere gli indicatoriusati per la definizione della graduatoria delledomande, ed i criteri di premialità, significaconferirle maggiori chance di finanziabilità. Èimportante, allora, determinare il punteggio

121

Aspetti di fattibilità dei progetti di sviluppo imprenditoriale: dal progetto di valorizzazione allo start-up aziendale

massimo cui il progetto può aspirare, agendosugli indicatori, massimizzando quelli i cui fat-tori possono essere variati senza ledere l’equi-librio finanziario e strutturale dell’iniziativa.L’iter procedurale di una legge agevolativa siconclude con l’erogazione del contributo.Un’idea imprenditoriale può avere tempi direalizzazione più o meno lunghi, determinatida elementi interni o esterni: requisiti profes-sionali o tecnici in possesso o meno dei pro-ponenti, autorizzazioni amministrative e/osanitarie da richiedere, disponibilità della sedee, nel caso specifico, fruibilità dei territori edelle infrastrutture in cui operare. Diviene,allora, fondamentale valutare il percorso diottenimento dei titoli autorizzativi e formativi(se non in possesso) in relazione ai tempi mas-simi concessi dalla legge agevolativa per la rea-lizzazione dell’intervento. Per contro, i tempiprevisti dall’iter istruttorio delle domande diconcessione si potrebbero mal conciliare conle esigenze di avvio a realizzazione, smi-nuendo l’importanza dello strumento agevola-tivo. Quest’ultimo va, dunque, valutato attenta-

mente anche in riferimento alla compatibilitàfra tempi di realizzazione, tempi di disponibi-lità dei finanziamenti, e tempi di spendibilitàdegli stessi. L’erogazione del contributo nonavviene mai in un’unica soluzione e, di solito,è correlata agli stati di avanzamento; poiché,dopo una tranche anticipata, le erogazioni suc-cessive avvengono a consuntivo, i proponentihanno valutato le capacità finanziarie interne ele risorse da apportare, al fine di determinarel’impegno finanziario che possa garantire ilcompletamento degli investimenti e l’avvio del-l’attività sino alla generazione dei primi flussidi ricavi.I contributi concessi possono essere revocati alverificarsi di determinate condizioni, ben evi-denziate dalle Direttive di attuazione. Nel casodella L.R. 1/2002, l’arco temporale di perma-nenza e sussistenza di vari requisiti soggettivied oggettivi copre un periodo fino a quindicianni; vengono stabiliti anche gli scostamentipercentuali massimi consentiti degli indicatoriche hanno determinato il punteggio della gra-duatoria. Il gruppo di lavoro ha analizzato le

condizioni che determinano la revoca dei con-tributi, cercando di prevedere i possibili osta-coli e le soluzioni adottabili; è stato sviluppatouno scenario futuribile, in cui ad ogni condi-zione di revoca è stata contrapposta un’azionevolta a ripristinare i requisiti presenti ab ori-gine.Conclusa l’analisi dello strumento agevolativoprescelto e delle direttive di attuazione, i par-tecipanti hanno redatto lo studio di fattibilitànella misura in cui devono essere presentati isoggetti proponenti, le finalità e le motivazioniche hanno portato all’idea imprenditoriale, learee interessate dall’iniziativa, l’analisi del con-testo locale, fattibilità dell’ipotesi progettualeconsiderata, risultati attesi. La redazione hariguardato le parti più descrittive del business-plan: data la difficoltà insita nella determina-zione della sostenibilità economico-finanziaria(appannaggio degli esperti in contabilità ebilancio), non è stato possibile, per il gruppodi lavoro, elaborare i bilanci previsionali, gliindici di bilancio ed il break-even point.

Regione Autonoma della Sardegna, Assessorato allaprogrammazione, bilancio, credito e assetto del territo-rio, Rapporto d’Area, Executive Summary, Laboratorioterritoriale della Provincia di Sassari.

Regione Puglia, Studio di fattibilità per il potenzia-mento di una rete regionale di attrattori turistici territo-riali, Termini di riferimento, Forum Regionale delTurismo novembre 2006

BIBLIOGRAFIA

123

ARCHEOLOGIA PER IL TERRITORIO: IL PROGETTO “CONOSCENZA, TUTELAE VALORIZZAZIONE DI AREE E PARCHI ARCHEOLOGICI IN LOMBARDIA” Monica Abbiati Marco Minoja Raffaella Poggiani Keller

PREMESSA

La Direzione Regionale per i Beni Culturali ePaesaggistici della Lombardia, laSoprintendenza per i Beni Archeologici dellaLombardia e la Regione Lombardia, con il coin-volgimento di tre diverse Direzioni Generali(Culture, Identità e Autonomie dellaLombardia; Territorio e Urbanistica; Qualitàdell’Ambiente) hanno condiviso la predisposi-zione e l’avvio di un progetto di conoscenza evalorizzazione delle aree e dei parchi archeo-logici del territorio regionale: la sottoscrizionecongiunta del progetto avvenuta il 19 luglio2006 ha formalmente dato avvio alla fase attua-tiva, sancendo un primo punto di arrivo in unprocesso di condivisione avviatosi già dal-l’anno precedente.L’avvio di processi di collaborazione e coope-razione tra gli enti a diverso titolo coinvolti nel-l’attività di valorizzazione del patrimonio, incoerenza con le indicazioni del Codice deiBeni Culturali e del paesaggio1, rappresenta unelemento di non trascurabile importanza per la

costruzione di un quadro normativo e regola-mentare di riferimento coerente e organico.All’integrazione tra bene culturale e paesaggio,già prefigurata dal Codice, si aggiunge così lapossibilità di un intervento integrato sul territo-rio che tenga conto anche delle componentiurbanistiche e delle specificità locali, favo-rendo nel contempo processi di crescita cultu-rale e promozione della persona.

L’OGGETTO DELL’ANALISI: AREE E PARCHI ARCHEOLOGICI

Aree e parchi archeologici sono stati indivi-duati come oggetti destinati alla tutela e allavalorizzazione a partire dalla redazione delTesto unico sui Beni Culturali n. 490/1999, chene ha per la prima volta tentato una defini-zione circostanziata e al contempo ne ha rico-nosciuto la valenza di luoghi per la promo-zione culturale al pari dei musei, delle biblio-teche e degli archivi storici2.Gli unici precedenti nell’ordinamento nazio-nale possono essere rintracciati in una circolare

del Ministero per i Beni Culturali3 del 1990,dove il Parco Archeologico veniva definitocome «un’area protetta nella quale, per la con-sistenza di presenze monumentali, può indivi-duarsi e definirsi uno spazio di particolarevalenza quale Museo all’aperto»; e nella leggeistitutiva della «Soprintendenza speciale» diPompei, che fa esplicito riferimento alle «areearcheologiche» della città vesuviana.Le definizioni di «area archeologica» e «parcoarcheologico» sono state ulteriormente svilup-pate e compiutamente articolate nell’ambitodel Codice dei beni culturali e del paesaggio4

che ha individuato nella «presenza di resti dinatura fossile o di manufatti o strutture preisto-rici o di età antica» la caratterizzazione dellearee archeologiche, recuperando invecequanto già espresso dal Testo Unico a propo-sito dei parchi archeologici, vale a dire la carat-terizzazione di un ambito territoriale attraverso«importanti evidenze archeologiche», laddovesiano compresenti anche «valori storici, paesag-gistici o ambientali» e la organizzazione del sito

124

Territorio e Patrimonio - Conoscere per valorizzare

come «museo all’aperto». A partire pertanto daquesti riferimenti normativi è possibile cercaredi approfondire le caratteristiche di questi spe-cifici oggetti individuati a tutti gli effetti comeluoghi della cultura. Nella definizione di area archeologica conte-nuta nel codice, l’elemento caratterizzanterisulta essere la semplice presenza di resti,manufatti, strutture archeologiche in una deter-minata area: è rilevante la variazione rispetto altesto del 1999, dove la descrizione fornita sem-bra connotare piuttosto un monumento o uncomplesso archeologico (insieme edilizio con-cluso per funzione o destinazione) piuttostoche un’area con presenze archeologiche diqualsivoglia natura. La definizione non speci-fica ulteriori caratteristiche, né per quantoriguarda l’area in cui tali resti si trovano, né perquanto riguarda il contesto territoriale delquale essa fa parte. Il riferimento ai resti di natura fossile sembraportare ad includere tra le aree archeologicheanche i giacimenti paleontologici, assimilati aibeni archeologici peraltro anche in altri stru-menti della normativa di tutela5. L’estensione cronologica dei beni considerati,dalla preistoria a tutta l’età antica, con la signi-ficativa esclusione di ogni oggetto di epocamedievale, risente di una più generale e discu-tibile caratterizzazione dei beni archeologicinell’ambito della medesima normativa ditutela, che assegna agli organi di tutela archeo-logica del ministero competenze in ordine alloscavo di manufatti medievali, ma non in rela-zione alla loro tutela e valorizzazione; maappare in questo caso forse ancora più opina-

bile, in considerazione della significativa pre-senza sul territorio italiano di evidenze monu-mentali di epoca medievale che vengono cor-rentemente percepite come evidenze aventi ache fare con la “caratterizzazione archeologica”dei luoghi.Più articolata e naturalmente più ricca di spuntiappare la definizione di parco archeologico,che sembra incardinare su tre differenti e benesplicitate caratteristiche la connotazione deglioggetti in questione. Tali caratteristiche sono evidentemente la pre-senza di evidenze archeologiche definiteimportanti, terminologia che assimila tali evi-denze a tutti i beni culturali suscettibili ditutela; la compresenza di valori storici, paesag-gistici o ambientali, e pertanto una connota-zione non indifferente del contesto all’internodel quale i resti archeologici si trovano collo-cati, quale che sia il tipo di considerazione chesi intende riservare ai succitati «valori»; infineuna specifica attività di valorizzazione riservataai beni e al loro contesto, che tende ad assimi-lare, quanto meno per questa specifica conno-tazione, i parchi archeologici ad altri più tradi-zionali luoghi della cultura come i musei. Tra le relazioni che si vengono a istituire traqueste articolate caratteristiche quella che evi-dentemente riveste il maggiore interesse è sen-z’altro quella che tende a collegare i restiarcheologici al loro contesto territoriale: sitratta innanzitutto di un principio fondamen-tale di corretta lettura dei beni archeologici,per i quali il dato contestuale non riveste evi-dentemente il valore puramente amministrativodi «luogo di rinvenimento», ma costituisce una

delle ragioni stesse della loro esistenza e dellaloro specifica collocazione, e per gli archeologirappresenta un dato di analisi al pari di tutte lealtre caratteristiche del bene.In questo senso la definizione del Codice, chespecifica il valore ambientale e paesaggistico,ma anche storico, anzi principalmente storico,quanto meno per mera collocazione dei ter-mini, del contesto all’interno del quale i restiarcheologici si collocano, nell’ambito di unparco archeologico, aiuta a porre nella giustaottica la considerazione relativa ai medesimivalori; in altri termini, nel pensare a un parcoarcheologico, il contesto territoriale di riferi-mento non andrà inteso come semplice giu-stapposizione di una componente naturalistica,per quanto pregevole o correttamente preser-vata, ad un’altra di natura archeologica di persé importante; ma andrà visto come quel com-plesso di componenti naturalistiche, con ciòintendendo le componenti geomorfologiche eidrogeologiche, biologiche e vegetazionali deiluoghi, paesaggistiche, vale a dire quegli ele-menti di modellazione dell’ambiente che nefanno lo sfondo su cui si collocano le attivitàdell’uomo, che concorrono a determinare lecaratteristiche di un territorio, sulla base dellequali esso ha costituito il punto di definizionedi una determinata manifestazione archeolo-gica, per esserne a sua volta ulteriormentemodellato e ridefinito, in un processo continuodi reciproca determinazione, che costituisce inultima analisi il dato storicamente e cultural-mente rilevante da comprendere e valorizzare. In questo senso il riferimento al criterio divalorizzazione come museo all’aperto andrà

125

Archeologia per il territorio: il progetto “Conoscenza, tutela e valorizzazione di aree e parchi archeologici in Lombardia”

inteso, al di là degli aspetti “strumentali” dellavalorizzazione, nel senso di una omologia conquei casi in cui il museo costituisce un signifi-cativo elemento di testimonianza della storia diun territorio, cosa che peraltro avviene inmolte, ma non certo in tutte le tipologie dimuseo riconosciute; ferme restando peraltro lesignificative differenze che intercorrono tra idue oggetti, laddove il parco archeologico,proprio per la sua caratteristica di testimonedelle interazioni prodottesi in un determinatocontesto territoriale, richiederà un processo divalorizzazione che per un verso evidenzi ilcontributo dell’archeologia alla storia del terri-torio, per un altro si faccia carico anche delpotenziale di condizionamento del territoriostesso che la sua caratterizzazione archeologicacomporta.

I CONTENUTI E GLI STRUMENTI DEL PROGETTO

Il progetto di conoscenza e valorizzazione chequi si presenta si è posto come obiettivo lacatalogazione di tutti i beni esistenti inLombardia, aventi le caratteristiche di area eparco archeologico, a partire da una selezionedi un campione di dieci parchi ed aree varia-mente strutturati e distribuiti sul territorioregionale.Come si comprende dall’articolato sistemadelle definizioni, che nel paragrafo precedentesi è cercato di esaminare, l’oggetto del lavoroè caratterizzato da una significativa varietà,relativamente alla tipologia dei beni indagati,alla loro estensione, proprietà e livello di valo-rizzazione. La realtà lombarda affianca adesempio parchi archeologici strutturati e di

importanza mondiale riconosciuta, come ilParco delle incisioni rupestri della ValleCamonica, sito inserito nella lista del patrimo-nio culturale dell’UNESCO, o il comprensoriodelle ville gardesane di epoca romana, in cui ilsolo sito delle “Grotte di Catullo” fa registrarepresenze superiori alle 200.000 unità di visita-tori annui, ad aree di recente grande svilupposul piano della valorizzazione, come alcuniparchi archeologici in aree urbane qualiBrescia o Milano, ad aree ancora da valorizzareappieno, in cui spesso i rinvenimenti archeolo-gici sono all’interno di contesti ambientali enaturali protetti, distribuite su tutto il territorioregionale.Molta parte di questo patrimonio peraltro, cheun’analisi preliminare ha quantificato in oltreun centinaio di realtà tra aree e parchi archeo-logici, ampiamente diffuse su tutto il territorioregionale, risulta tuttora assai poco o per nullaconosciuto: può essere interessante, a questoproposito, segnalare come il sito dellaDirezione Generale Beni Archeologici ascrivaalla Lombardia soltanto cinque importanti com-plessi archeologici tra parchi (Parco delleIncisioni Rupestri in Valle Camonica, Parco diCastelseprio), aree archeologiche (Villa romanadi Desenzano) e monumenti (Grotte diCatullo); il dato peraltro sembra potersi asso-ciare ad una generale percezione del territoriolombardo come di una regione scarsamentecaratterizzata da presenze archeologiche rile-vanti e attraenti sul piano della valorizzazionee della fruizione. Per cercare di controbilanciare questa diffusapercezione, e per rendere conto dell’effettiva

consistenza del patrimonio archeologico regio-nale, il piano di intervento prevede un appro-fondito approccio conoscitivo ai parchi e allearee archeologiche, attraverso la schedaturacomplessiva di tutti i beni, effettuata con stru-menti di catalogazione allineati agli standardnazionali.I tracciati catalografici individuati corrispon-dono alle schede SI e MA/CA, successivamenteintegrate dalla scheda IRweb6 per la scheda-tura delle rocce incise: la banca dati conte-nente i risultati della schedatura contribuirà adarricchire i sistemi informativi di Ministero eRegione relativi ai beni culturali7.La scheda SI - Sito Archeologico è stata indivi-duata per la descrizione dell’area di ciascunparco, o, in caso di articolazioni territoriali piùcomplesse, delle diverse aree su cui ciascunparco è distribuito; a ciascuna scheda SI si col-lega un numero variabile di schede MA/CA -Monumento/Complesso archeologico, aseconda dell’articolazione dei monumenti ocomplessi monumentali all’interno di ciascunsito. L’utilizzo di strumenti di catalogazione standar-dizzati a livello nazionale e forniti di specifichenorme e vocabolari è stato ritenuto quello piùidoneo per la produzione di un livello informa-tivo che si allineasse agli altri livelli descrittividei beni culturali inseriti nei diversi sistemiinformativi; per questo motivo si è deciso diutilizzare le schede SI e MA/CA, anche indi-pendentemente dall’attuale revisione della nor-mativa relativa, optando in sede di progettoper uno sforzo di elaborazione e integrazionecoerente con le indicazioni già pubblicate sia

126

Territorio e Patrimonio - Conoscere per valorizzare

sulle normative che sui vocabolari, attivandonel contempo le procedure necessarie pereffettuare su tali elaborazioni un confrontopuntuale con l’Istituto Centrale del Catalogo edella Documentazione, che certifichi e rendacondivise le soluzioni adottate; un confrontoche in questa fase del progetto è stato avviatoe che potrebbe condurre, come risultato auspi-cabile, alla costituzione di un gruppo di lavoro,che possa affrontare in maniera approfonditatanto la problematica delle diverse tipologie dibeni, quanto quella degli strumenti di cataloga-zione più idonei. In questa ottica di sperimen-tazione, a livello locale, di strumenti di catalo-gazione per il patrimonio nazionale, il progettopotrà inoltre costituire un’utile applicazione dimodelli di scheda che non solo sono statioggetto di una revisione significativa, ma risul-tano ancora essere tra gli strumenti di cataloga-zione meno utilizzati, contribuendo alla diffu-sione e adozione degli stessi anche da partedelle altre Regioni.Nell’ambito della catalogazione delle aree e deiparchi, in linea con quanto contenuto neinuovi modelli catalografici, è prevista la geore-ferenziazione di tutti i beni schedati; la geore-ferenziazione delle aree indagate consentiràl’utilizzo dei dati rilevati come ulteriori livellida collegare ai sistemi informativi territoriali,alimentati dai diversi enti e tra loro in strettacorrelazione, consentendo ricadute immediatenelle attività di pianificazione urbanistico-terri-toriale sia a livello di pianificazione regionale,per quanto attiene tutti gli strumenti derivantidall’applicazione della legge 12/20058, sia alivello locale.

DALLA CONOSCENZA ALLA VALORIZZAZIONE:LE «SCHEDE DI GESTIONE» Una significativa ricaduta dell’indagine è attesainoltre nel settore della promozione culturale eturistica del patrimonio archeologico regionale.Il complesso dei sistemi informativi interessatidal progetto, destinati a raggiungere, attraversola Rete, non solo l’utenza specialistica, maanche il pubblico più allargato dei navigatori diInternet, potrà rappresentare infatti un efficacevolano per la conoscenza turistica delle areesegnalate.In questo senso il lavoro sulle realtà archeolo-giche lombarde potrà giovarsi del significativopotenziamento che, a livello ministeriale, si stariservando alla comunicazione on line, attra-verso il progetto Portale della Cultura che, oltrea prevedere l’aggiornamento e il potenzia-mento dei siti web delle Soprintendenze edelle Direzioni regionali9, comporta la realizza-zione di un punto privilegiato di accesso alleinformazioni culturali prodotte e veicolatedalla struttura centrale e periferica del MiBAC;i dati raccolti contribuiranno inoltre ad alimen-tare i consolidati canali di comunicazione online della Regione Lombardia10.Proprio in considerazione dell’importanzadegli aspetti connessi alla fruizione e valorizza-zione delle aree in esame, prioritari in unalogica di sensibilizzazione e crescita culturaledella regione, all’indagine conoscitiva sullecaratteristiche dei luoghi della cultura indagatisi sta accompagnando un approfondito moni-toraggio delle attività di valorizzazione dellearee.Tale analisi viene effettuata attraverso l’im-

piego di uno specifico modulo catalografico,appositamente studiato e realizzato nell’ambitodi questo progetto, a integrazione delle infor-mazioni contenute nella scheda Sito; il modulodenominato «GLCP Gestione Luoghi dellaCultura - Parchi e Aree Archeologiche» consen-tirà il rilevamento di un’articolata serie di infor-mazioni relative alle strutture di gestione dellearee e dei parchi archeologici, pertinenti allaloro organizzazione, alla descrizione dellestrutture del parco, delle sue attività, dei serviziproposti ai visitatori, dell’offerta culturale edidattica. La scheda è suddivisa in otto sezioni,costruite per descrivere i diversi aspetti dell’at-tività di gestione dei parchi e delle areearcheologiche: la prima sezione, dedicata allaCaratterizzazione organizzativa della strut-tura, contiene tutti i dati anagrafici e quellirelativi all’istituzione della struttura, nonché laqualificazione e i caratteri dell’ente proprietarioe dell’ente gestore. Nella seconda sezione, Descrizione struttura, èpossibile offrire una descrizione complessivadell’area e delle caratteristiche relative all’alle-stimento e didascalizzazione della stessa. La terza contiene le informazioni relative allaAccessibilità: è destinata a raccogliere i datirelativi a giorni, modi e tempi di apertura alpubblico, precisando anche la presenza di bar-riere architettoniche nonché la percorribilitàdel percorso di visita. Nella quarta sezione vengono registrati i Datisull’affluenza: i dati sono articolati in modo daconsentire, ove possibile, l’elaborazione di sta-tistiche circa la provenienza e l’età dei visita-tori, oltre ovviamente a quelle relative alla

127

Archeologia per il territorio: il progetto “Conoscenza, tutela e valorizzazione di aree e parchi archeologici in Lombardia”

quantificazione numerica complessiva. I diversi servizi offerti dalla struttura, distinti inservizi al pubblico (caffetteria, aree sosta, ser-vizi, ecc), servizi didattici (visite guidate, labo-ratori), e servizi culturali (biblioteca, sala con-ferenza, ecc.) sono registrati nella quintasezione Descrizione servizi.La successiva sezione Descrizione funzioni eattività intende esaminare in particolare l’atti-vità scientifica svolta dal parco o dall’area sia alsuo interno sia sul territorio circostante, equindi la capacità di costituire un centro dipromozione di attività di ricerca, considerandoanche la relativa attività di comunicazione(allestimento di mostre, conferenze, pubblica-zione di testi specifici).Le ultime due sezioni consentono di analizzarei diversi aspetti del bilancio gestionale: nellasezione Descrizione risorse sono raccolti i datirelativi sia alle risorse umane professionali evolontarie11, sia alle risorse finanziarie; l’orga-nizzazione dei dati distingue le risorse ordina-rie, quelle straordinarie e quelle legate allosvolgimento di progetti specifici; nell’ultimo setdi dati, Descrizione costi, le informazioni sonoraccolte in modo da risultare speculari rispettoa quelle presenti nella sezione precedente, dif-ferenziando i costi legati all’attività ordinaria daquelli per specifiche attività.L’organizzazione delle informazioni nellascheda, strutturate in paragrafi, campi e sotto-campi, è coerente con il modello utilizzato daitracciati messi a punto dall’Istituto Centrale peril Catalogo e la Documentazione. Come sievince dalla sintetica descrizione delle sezionici si propone di rilevare in modo quanto più

possibile organico, accanto ai dati descrittividegli aspetti di valorizzazione (sezioni 2-3-5),anche i dati relativi alle parti strutturali dellearee oggetto di analisi (sezione 1), gli elementicorrelati alle attività di tipo tecnico scientificoe divulgativo (sezione 6), nonché i dati relativial funzionamento della struttura (sezioni 4-7-8). La scelta dello strumento catalografico,apparentemente più faticosa rispetto allemodalità di raccolta dati comunemente utiliz-zate per il rilevamento di informazioni di que-sta natura, è finalizzata, oltre che all’integra-zione coerente con il tracciato della schedaSito ICCD, all’acquisizione quanto più possibileuniforme dei dati, come premessa a tutte lepossibili analisi e confronti tra le diverse situa-zioni sul territorio regionale.L’analisi comparata delle differenti situazioniconsentirà infatti di progredire, anchemediante la sperimentazione su siti campione,nello studio dei modelli di gestione più ade-guati alle diverse tipologie, nella prospettiva digiungere alla definizione di standard di funzio-namento, applicabili ai parchi e alle areearcheologiche, analogamente a quanto effet-tuato per altri più tradizionali luoghi della cul-tura come i musei.Tale percorso risulta funzionale non soloall’astratta definizione di un modello di funzio-namento delle aree e dei parchi archeologici,ma può fornire ai soggetti gestori delle stesseun parametro di riferimento per le attività,costituendo altresì uno strumento di valuta-zione in un’ottica di pianificazione degli inter-venti degli enti di governo. Altra caratteristicadel progetto è quella di valutare la situazione

di tutela e valorizzazione delle aree e dei par-chi archeologici in stretta correlazione con larealtà ambientale e paesaggistica, in un’otticadi tutela integrata e condivisa tra i diversi sog-getti coinvolti nel progetto, dalla quale si pre-vedono importanti ricadute sulle strategie digoverno del territorio. Molte delle realtà archeologiche lombardesono infatti, come sopra ricordato, collocateall’interno di territori individuati come areeprotette, e spesso devono la loro conserva-zione anche alla tempestiva apposizione divincoli ambientali: un simile collegamento tratutela di tipo culturale e paesaggistico, coe-rente con la definizione unitaria della materiaprevista del Codice dei beni culturali e del pae-saggio oltre a costituire una significativa poten-zialità nell’ambito della valorizzazione dellestrutture archeologiche, rappresenta indubbia-mente un’ulteriore attrattiva per i visitatori, aiquali si offre la possibilità di godere ad untempo delle bellezze naturalistiche e delfascino delle strutture archeologiche, in conte-sti a volte molto evocativi grazie a una realtàambientale ben preservata.

IL PERCORSO DI LAVORO

La necessità di elaborare, condividere ed atti-vare in tempi ristretti una proposta progettualeche coordinasse le competenze di numerosisoggetti, è stata sicuramente l’aspetto predomi-nante nella prima fase di lavoro. A tal fine è stato costituito un gruppo di pro-getto, composto da rappresentanti di Regionee Ministero, specificamente delegati dalle strut-ture di appartenenza. Frutto del lavoro del

128

Territorio e Patrimonio - Conoscere per valorizzare

gruppo è stata la stesura di una bozza di pro-getto che quantificava costi e tempi di svolgi-mento del lavoro, elaborando un dettagliatocronoprogramma.La bozza è stata quindi sottoposta a tutti i sog-getti coinvolti nell’attività e modificata in fun-zione delle specifiche esigenze segnalate.L’intento perseguito è stato infatti quello diottenere un risultato comune, rispettando lespecifiche competenze, evitando se possibilele sovrapposizioni, garantendo altresì a tutti lagestione delle attività di competenza abituali.Si è quindi tenuto conto nell’elaborazione deitracciati informativi delle caratteristiche deisistemi già in uso, configurando in alcuni casila raccolta di dati come un’integrazione diarchivi già esistenti12.Ognuno dei soggetti coinvolti ha a tal finegarantito la messa in comune del proprio baga-glio di conoscenze (elenchi dei vincoli, orto-foto del territorio in esame, ecc.). In assenza di un unico specifico finanziamentoper la realizzazione dell’attività si è attinto acanali differenziati per le diverse fasi di lavoro,distinguendo interventi di implementazionedel sistema informativo e raccolta dati.L’individuazione delle aree in cui avviare lasperimentazione ha privilegiato, per parteregionale, le realtà contenute all’interno di par-chi naturali, attivando in tal senso anche unaforma di collaborazione sussidiaria con gli entiparco coinvolti. Il Ministero ha quindi integratotale elenco, in un’ottica di copertura e massimarappresentatività delle realtà presenti nel terri-torio. La versione finale del progetto è stataillustrata e condivisa in una riunione plenaria

con tutti i soggetti coinvolti. Non essendo pre-visto alcun obbligo reciproco di natura finan-ziaria, l’approvazione dello stesso è avvenutamediante sottoscrizione del verbale della riu-nione da parte delle strutture apicali degli enticoinvolti.Lo stesso verbale ha inoltre consentito ai par-tecipanti di segnalare e registrare anche nume-rose altre opportunità connesse alla realizza-zione dell’attività. La fase successiva di lavoro ha previsto lo svi-luppo di due sistemi informativi per la raccoltadati, distinti e perfettamente e compatibili, perRegione e Ministero.Sono quindi stati individuati i catalogatori inca-ricati della raccolta dati. Visto il carattere spe-rimentale del progetto (soprattutto per quantoattiene la scheda GLCP) la formazione relativaalla compilazione delle schede si è svolta informa seminariale, prevedendo la realizzazionedi incontri periodici nel corso di tutte le attivitàdi raccolta dati.

UN’ESPERIENZA AVANZATA

DI VALORIZZAZIONE: IL PARCO DELLE

INCISIONI RUPESTRI DELLA VALCAMONICA

Nel quadro delle aree e dei parchi archeologicilombardi, la Valle Camonica, ubicata nellaparte nord-orientale della regione, in provinciadi Brescia, rappresenta, con il suo articolatosistema di realtà espositive, un campione terri-toriale significativo come esempio di valorizza-zione, attuata e in corso di ulteriore potenzia-mento, dell’esteso sito “Arte Rupestre dellaValle Camonica” riconosciuto nel 1979 patri-monio mondiale nella World Heritage List

dell’UNESCO. Le incisioni, che coprono unarco cronologico di oltre 12.000 anni, a partiredall’Epipaleolitico fino ad età storica, romana emedioevale, con persistenze fino all’etàmoderna, sono distribuite su un ambito territo-riale molto vasto comprendente l’intera Valle,estesa per più di 80 km, su una superficie dioltre 1300 kmq. In ben 24 dei 41 comuni dellaValle sono attestate oltre 180 località con inci-sioni rupestri, per un totale - con una stima perdifetto - di almeno 2400 rocce istoriate, collo-cate in una fascia altimetrica compresa tra 200e 1300 m/slm, pur non mancando attestazioni,soprattutto di arte schematica, anche a quoteprossime o superiori ai 2000 m/slm. Si trattaquindi di un sito complesso per estensione,durata e varietà dei temi figurativi e dei conte-sti archeologici.Questa situazione ha determinato negli annivari interventi di valorizzazione che si sonoconcretizzati nella creazione di parchi archeo-logici (ben otto per la preistoria e protosto-ria13) dallo storico Parco Nazionale delleIncisioni Rupestri, fondato nel 1955, ai duenuovi Parchi aperti nel 2005 a Capo di Ponte(il Parco Archeologico Nazionale dei Massi diCemmo ed il Parco Archeologico Comunale diSeradina-Bedolina), nell’allestimento, in corso,del Museo Nazionale della Preistoria della ValleCamonica, nel centro storico di Capo di Ponte,e nella progettazione di Percorsi pluritematiciattorno a siti archeologici di recente indagine(a Dosso Poglia di Cedegolo e Lòa di Berzo-Demo). Nel 2004 la richiesta rivolta dall’UNESCO algoverno italiano (tenuto agli adempimenti

129

Archeologia per il territorio: il progetto “Conoscenza, tutela e valorizzazione di aree e parchi archeologici in Lombardia”

derivanti dalla Convenzione sulla tutela delPatrimonio mondiale, culturale e naturale,Parigi 16 novembre 1972) di adeguare tutti i sitidel Patrimonio mondiale iscritti prima del 2002con un Piano di Gestione ha comportato unimpegnativo lavoro di concertazione da partedi un consesso di Enti territoriali e locali(Provincia di Brescia; Comunità Montana diValle Camonica; Consorzio dei Comuni delBacino Imbrifero Montano di Valle Camonica(B.I.M.); Comuni di Darfo Boario Terme, Capodi Ponte; Sellero; Sonico; Consorzio dellaRiserva Regionale di Ceto, Cimbergo ePaspardo), unitamente alla Soprintendenza chelo ha coordinato per incarico del Ministero peri Beni e le Attività Culturali14. Insieme sonostati definiti obiettivi, strategie, progetti e tempidi attuazione per la tutela, la conservazione ela valorizzazione del sito, con l’intento di con-ciliare l’identità dei luoghi e la loro tutela econservazione con le esigenze dello svilupposocio economico. Il Piano di Gestione, elabo-rato nel 2005, ha perseguito un disegno com-plessivo di valorizzazione della valle sulla lineadi alcuni obiettivi prioritari: - tutelare e conservare il patrimonio d’arterupestre della Valle Camonica considerato nelcontesto archeologico e territoriale al quale èstrettamente legato;- promuoverne e potenziarne la conoscenza,con interventi sistematici e coordinati di docu-mentazione, di ricerca e di studio;- valorizzare il sito nelle forme e con gli stru-

menti più idonei, nel rispetto, prioritario eimprescindibile, dell’integrità e dell’identità delbene, all’interno del contesto territoriale e cul-

turale nel quale esso è inserito; - svilupparne con sapienza l’inserimento nelcircuito del turismo culturale e, più in gene-rale, di un sistema turistico;- operare in modo da rendere compatibili talipriorità con lo sviluppo sostenibile del territorio,per il quale il sito arte rupestre costituisce ele-mento promotore di sviluppo economico esociale.Sono stati definiti vari piani di intervento(Piano di intervento per l’adeguamento e lavalorizzazione dei Parchi d’Arte Rupestre;Piano di intervento per la realizzazione delMuseo Nazionale della Preistoria della ValleCamonica; Piano di intervento per la valorizza-zione dei siti archeologici pre-protostorici;Piano di intervento per il rilevamento, la docu-mentazione e la valorizzazione degli altri sitid’arte rupestre della Valle Camonica non com-presi nei Parchi d’Arte Rupestre; Piano di inter-vento sulla rete dei percorsi storici; Piano diintervento per il ripristino paesaggistico delfondovalle). I problemi conservativi, che riguardano tantole singole rocce quanto gli insiemi ed i com-prensori in cui esse si trovano, sono statiaffrontati nel Piano di conservazione sui trediversi livelli della salvaguardia, manuten-zione e restauro conservativo. La serie di Piani,che si articola operativamente anche nei Pianidell’accessibilità, dell’accoglienza, della forma-zione e altri ancora, comporta l’identificazionedegli Indicatori per un attento monitoraggiosugli esiti delle strategie adottate e sulla validitàdei progetti, finalizzati principalmente allatutela, alla conservazione e alla valorizzazione

del sito. La sfida in campo è quella di far sì che il Pianodi Gestione aiuti la Valle Camonica, un com-prensorio a forte tradizione industriale e arti-gianale, a riconvertirsi in “distretto culturale”,facendo perno su un patrimonio di arte rupe-stre senza pari al mondo, diffuso capillarmentesul territorio e aggregato per ora attorno a ottoParchi, nazionali e comunali, ma destinato aduna più estesa valorizzazione che dovrà, congrande attenzione e scelta lungimirante dimetodi e di risorse, integrarsi in modo strate-gico con il nuovo sistema turistico della Valle. Questo processo virtuoso ricerca-scoperta-stu-dio-valorizzazione con apertura al pubblico disiti, parchi e aree archeologiche, musei, attuatoe via via potenziabile, con attenzione non soloalle espressioni d’arte rupestre ma a tutto l’am-bito archeologico territoriale nei suoi variaspetti (la trama dei percorsi storici, i contestiarcheologici, i segni di devozione, di memorialegati all’arte rupestre) si completa con quantoprogrammato per l’altrettanto importantesistema dell’archeologia di età romana cheruota attorno al polo di Cividate Camuno (inte-ressato da un Accordo di Programma tra Enti,cui partecipano unitamente ad altri, Ministero eRegione), con una strategia complessiva, coor-dinata ed incisiva, di promozione (Piano delMarketing territoriale), che si giocherà tuttaviasulla capacità di coinvolgimento delle comu-nità locali.

130

Territorio e Patrimonio - Conoscere per valorizzare

1 DL 42/2004 Codice dei beni culturali e del paesaggio,Articolo 102 «Fruizione degli istituti e luoghi della cul-tura di appartenenza pubblica».

2 Articolo 99 «Apertura al pubblico di musei, monu-menti, aree e parchi archeologici, archivi e bibliote-che»; le definizioni adottate sono le seguenti: - area archeologica: sito su cui insistono i resti di uninsieme edilizio originariamente concluso per funzionee destinazione d’uso complessiva;- parco archeologico: ambito territoriale caratterizzato daimportanti evidenze archeologiche e dalla compresenzadi valori storici, paesaggistici o ambientali, attrezzatocome museo all’aperto in modo da facilitarne la letturaattraverso itinerari ragionati e sussidi didattici.

3 Circolare n. 12059 del 15.11.1990

4 DL 42/2004 Codice dei beni culturali e del paesaggio,Articolo 101 «Istituti e luoghi della cultura».

5 DL 42/2004 Codice dei beni culturali e del paesaggio,Articolo 10, comma 4: «Sono comprese tra le cose indi-cate al comma 1 e al comma 3, lettera a): a) le coseche interessano la paleontologia, la preistoria e le pri-mitive civiltà».

6 Tracciato cartografico appositamente sviluppato perla catalogazione delle rocce incise della ValleCamonica.

7 SIGeC (Sistema Informativo Generale Catalogo), IDRA(Information Database of Regional ArchaeologicalRegional Archaeological-Artistic-Architectural heri-tage) - Atlante dei beni culturali della Lombardia, GISdei parchi e dei siti archeologici della Valle Camonica,

per quanto riguarda i sistemi informativi del Ministero;SIBA (Sistema Informativo Beni Ambientali), SIAP(Sistema Informativo Aree Protette), Lombardia BeniCulturali, SIRBeC-NaDIR (Sistema InformativoRegionale Beni Culturali/Navigatore geografico tra Datie Informazioni sulle Risorse culturali), LombardiaLuoghi della Cultura per quanto riguarda i sistemi infor-mativi della Regione.

8 Legge Regionale 11 marzo 2005, n. 12 Legge per ilgoverno del territorio.

9 Per quanto riguarda lo specifico di questo progetto:www.lombardia.beniculturali.itwww.archeologica.lombardia.beniculturali.it.

10 Sito della Regione www.regione.lombardia.it, dellaDirezione Culture Identità e Autonomie www.lombar-diacultura.it, della Direzione Qualità dell’ambientewww.ambiente.regione.lombardia.it.

11 Si sono adottate le definizioni delle figure professio-nali presenti nel DM 10 maggio 2001 Atto di indirizzosui criteri tecnico-scientifici e sugli standard di funziona-mento e sviluppo dei musei e recepite nell’ambito dellaDelibera regionale sul riconoscimento dei musei, D.g.r.20 dicembre 2002 n. 7/11643 Criteri e linee guida peril riconoscimento dei musei e delle raccolte museali inLombardia, nonché linee guida sui profili professionalidegli operatori dei musei e delle raccolte museali inLombardia, ai sensi della l.r. 5 gennaio 2000, n. 1,commi 130-131.

12 Nello specifico completando i dati del sistema infor-mativo regionale sui beni ambientali, e integrandoquelli relativi alle aree protette.

13 Risalendo nella Valle, il Parco Comunale di Luine,Darfo Boario Terme; la Riserva Regionale delleIncisioni Rupestri di Ceto, Cimbergo e Paspardo; ilParco Nazionale delle Incisioni Rupestri, Capo diPonte; il Parco Archeologico Nazionale dei Massi diCemmo, Capo di Ponte; il Parco ArcheologicoComunale di Seradina-Bedolina, Capo di Ponte; ilParco Comunale di Sellero; il Parco pluritematico del“Còren de le Fate”, Sonico. A questi nel 2005 si èaggiunto il Parco archeologico di Ossimo-Anvòia,dedicato ad un sito di culto con monoliti istoriati cal-colitici.

14 Il Piano è in corso di stampa: R. POGGIANI KELLER, C.LIBORIO, M.G. RUGGIERO, Il sito UNESCO n. 94 “ArteRupestre della Valle Camonica”. Piano di Gestione,Breno 2005, c.s. Il Gruppo di lavoro per l’elaborazionedel Piano, oltre agli Enti sopra indicati, era formatoda una segreteria tecnico-scientifica e da un secondo“Gruppo di Lavoro Tecnico-scientifico” aperto alleIstituzioni culturali e scientifiche che si occupano inValle dello specifico tema dell’arte rupestre e allequali fosse riconosciuto un ruolo autorevole nello stu-dio delle incisioni e, anche, alle istituzioni che sioccupano localmente di coordinamento e gestione diaree a tutela paesaggistico-ambientale di interessesovracomunale (Parco dell’Adamello).

NOTE

131

IL MUSEO DI ARCHEOLOGIA LIGURE DI GENOVA: ESPERIENZE DI RICERCA SCIENTIFICA FRA COLLEZIONI E TERRITORIO

Guido Rossi

ABSTRACT

Le collezioni archeologiche della città diGenova sono per la prima volta esposte in unasede autonoma nel 1929 alla Villetta Di Negroe ben presto spostate nella Villa Pallavicini aGenova Pegli dove, dal 1936, ad opera di LuigiCardini, e di Cardini e Luigi Bernabò Brea poi,con il riordinamento e la riapertura nel dopo-guerra (1954), costituiscono il Museo diArcheologia Ligure. È stata proprio l’opera diquesti due studiosi e l’azione dell’IstitutoItaliano di Paleontologia Umana, assieme allaforte volontà della civica amministrazione, adar vita a quell’importantissima stagione diricerche nei principali siti paletnologici dellaLiguria che culminò con gli scavi e le conse-guenti straordinarie scoperte nella grotta delleArene Candide a Finale Ligure (SV), dove fupossibile riconoscere una delle prime e piùimportanti sequenze neolitiche delMediterraneo e mettere in luce la serie dellesepolture paleolitiche ed epipaleolitiche.Questa stagione di studi ha in effetti profonda-mente segnato anche le successive esperienzedel Museo, non solo dal punto di vista esposi-tivo, ma anche da quello della gestione scien-

tifica del Museo, poiché molti dei progetti diricerca ed analisi effettuati da studiosi di tuttoil mondo vedono ancora protagonista lo straor-dinario patrimonio messo in luce da Cardini eBernabò Brea.Aldilà dell’organizzazione del lavoro sull’interopatrimonio archeologico conservato nelMuseo, di cui interessa comunque evidenziarele operazioni di schedatura, monitoraggio con-servativo, interventi di restauro, progettazionee/o partecipazione a programmi di ricerca checoinvolgono i nostri materiali, un altro aspettoattinente la gestione scientifica è quello dellaricerca sul campo.Si è scelto, in questa sede, di segnalare l’espe-rienza del Progetto Santu Antine-Meilogu chedal 1994 al 2001 ha operato al fine di analiz-zare le caratteristiche della presenza umana suun’area che comprende uno dei nuraghi piùnoti della Sardegna e il suo territorio, durantel’Età del Bronzo, associando ricercatori dellaSoprintendenza Archeologica delle province diSassari e Nuoro, del Museo di ArcheologiaLigure e di varie Università italiane e straniere.Alcuni risultati sono già stati oggetto di pubbli-cazione.

I PRIMI INDIRIZZI DELLA RICERCA, DA ARTURO ISSEL A LUIGI BERNABÒ BREA

Come per molti musei archeologici italiani,anche per il Museo Civico di ArcheologiaLigure di Genova1 la prima fase di formazionedelle collezioni è in stretta relazione con levicende collezionistico-antiquarie della città edè quindi legata a rinvenimenti fortuiti avvenutinel passato, come ad esempio per la Tavola diPolcevera2, a depositi da altre Istituzioni3, alasciti importanti quali quello del PrincipeOdone di Savoia4, ad acquisti sul mercato anti-quario come nel caso delle collezioni del notoscultore Santo Varni5 . Il lungo processo di acquisizione conosce unatappa fondamentale nella Mostra d’Arte Anticaorganizzata in Genova, a Palazzo Bianco, perl’occasione delle celebrazioni colombiane del1892 e che, fungendo da catalizzatore permolti dei materiali archeologici raccolti fino adallora in città, costituì anche il nucleo di un“museo cittadino” che vide la luce fra il 1906 eil 1908, dedicando appunto alcune sale espres-samente alle collezioni archeologiche. È in questa fase che al Museo confluiscono icorredi delle tombe della necropoli preromana

132

Territorio e Patrimonio - Conoscere per valorizzare

di Genova che, fra il 1898 ed il 1910, viene allaluce negli scavi per la costruzione della nuovaarteria di via XX Settembre (Pastorino, 1991, p.20). A partire da questi anni, la figura di ArturoIssel (Rossi, in corso di stampa), ponendo l’at-tenzione con i suoi studi (Issel, 1908) sull’im-portanza della Liguria nell’ambito della preisto-ria, si attiva per raccogliere e far acquisire allafruizione pubblica le importanti collezioni prei-storiche che, nel corso della seconda metàdell’800 soprattutto, erano state costituite da ungruppo attivissimo di ricercatori e collezionistioperanti prevalentemente nel Ponente dellanostra regione (Isetti-Rossi, in corso di stampa;Traverso, in corso di stampa; Odetti, in corsodi stampa; Odetti, in corso di stampa a; Boaro-De Pascale-Venturino Gambari, in corso distampa).La sua azione si colloca nel più ampio feno-meno di consolidamento della paletnologia ita-liana come disciplina a sé stante (Guidi, 1988,p. 28), in rapporto alla più blasonata e conso-lidata archeologia classica, e trova in Liguria unfertile bacino d’accoglienza sia per la ricchezzadei siti presenti sia per la consolidata tradi-zione degli studi scientifici (Doldi, 1990).Questa importante operazione si rivelerà difatto determinante nell’aprire il solco lungo ilquale si incanaleranno gli sviluppi più signifi-cativi della ricerca condotta negli anni seguentipresso il Museo Archeologico, quando essodiverrà un’istituzione autonoma dal punto divista della sede espositiva e delle scelte di indi-rizzo scientifico.Peraltro, ben prima del trasferimento nellasede della Villetta Di Negro (1929) (fig. 1),

dove alle raccolte preistoriche già acquisite dalComune di Genova6 si aggiunsero quelle delMuseo Geologico dell’Università voluto daIssel (Issel, 1914), lo stesso Issel forniva, in unabozza di percorso guidato del Museo di Storiaed Arte (Bonci-Firpo-Rossi, in corso distampa), un’ampia disamina delle grotte e dellesepolture preistoriche della Liguria, sottoline-ando l’importanza della Sezione Paletnologicadello stesso Museo.In questo clima favorevole, agli inizi degli anni’30, la municipalità di Genova, nella figura diOrlando Grosso, Direttore dell’Ufficio diAntichità, Belle Arti e Storia, chiama l’IstitutoItaliano di Paleontologia Umana a far partedella Commissione Archeologica Comunaleche si proponeva la tutela e l’incremento delCivico Museo di Archeologia, ma anche didare un indirizzo alle ricerche e agli scavi cuiil Comune di Genova contribuiva finanziaria-mente (Garibaldi-Rossi, 2004, p. 187 ss.). L’Istituto Italiano di Paleontologia Umana èespressione di quella “scuola fiorentina” dipreistoria certamente all’avanguardia nel pano-rama della paletnologia del tempo (Tarantini,2004, p. 6-16) e che se da un lato era impe-gnata nel riconoscimento e nello studio delPaleolitico Superiore italiano, sul piano meto-dologico fondava le ricerche della preistoriapiù antica su indispensabili basi naturalisticheatte a ricostruire il paleoambiente in cui l’uomoera vissuto (Tarantini, 2004, pp. 7-8).Direttore scientifico della Sezione di Genovadell’IIPU fu Luigi Cardini e membro il giovaneSoprintendente della neonata RegiaSoprintendenza alle Antichità della Liguria Fig. 1 - Il Museo alla Villetta Di Negro

133

Il Museo di Archeologia Ligure di Genova: esperienze di ricerca scientifica fra collezioni e territorio

(1939) Luigi Bernabò Brea, cioè gli studiosiche, con le loro ricerche, in particolare nellacaverna delle Arene Candide di Finale (SV)(Bernabò Brea, 1946; Bernabò Brea 1956;Cardini, 1942) (fig. 2), determinarono la naturadell’ordinamento espositivo del nuovo Museodi Archeologia Ligure,7 ma anche il taglio prin-cipale della ricerca operata negli anni ’40 e ’50. In modo estremamente marcato, infatti, ilMuseo esprimeva (ed esprime in buona parteancora oggi) i risultati delle ricerche condottein Liguria, con una rilevanza significativa attri-buita alla preistoria in generale ed agli scavinelle caverne del Ponente ligure in particolare.La modernità delle ricerche condotte daCardini e Bernabò Brea, la quantità e la straor-dinaria importanza dei dati messi in luce, l’am-pio rilievo nazionale e internazionale assuntodalle loro scoperte hanno fatto sì che, fino adoggi, continuino ad alimentare un’inesauribileserie di studi condotti da allora sui vari recordmessi in luce, in particolare nella caverna delleArene Candide8 (fig. 3).L’organizzazione del lavoro scientifico delMuseo si è in seguito concentrata quindi, permolto tempo, su attività e su programmi diricerca spesso in stretta connessione con lerilevanti testimonianze preistoriche e protosto-riche che attraverso eventi, politiche museali epersonalità di studiosi hanno arricchito l’istitu-zione.Parallelamente si è andata consolidando quellaserie di attività caratteristiche di una modernagestione scientifica, incentrate su una capillareopera di schedatura del materiale e sul suoconseguente aggiornamento scientifico, su un

continuo monitoraggio dello stato conservativodei reperti e sui conseguenti interventi direstauro, sull’organizzazione o la partecipa-zione a progetti di studio riguardanti diretta-mente o indirettamente il patrimonio archeolo-gico conservato9.

ALCUNI ASPETTI DELLA RICERCA OGGI

Se dunque è tradizione consolidata che un’isti-tuzione museale che opera nel campo dell’ar-cheologia abbia fra le sue attività quella diricerca anche sul campo, la sintesi fornitariguardante il passato del Museo diArcheologia Ligure in questo ambito non fache confermarlo.A partire dalla fine degli anni ’8010, la gestionescientifica si è nuovamente espletata nell’orga-nizzazione di autonomi filoni di ricerca, alcunidei quali, come ad esempio quello sul collezio-nismo ligure o sull’utilizzo delle “pietre verdi”nell’ambito del Neolitico, hanno certamenteavuto origine dalla natura delle collezioni con-servate in Museo.A titolo d’esempio si ricorda proprio quest’ul-timo ambito che ha dato vita ad interessantisviluppi di lavoro che sono ad oggi in corso.L’importanza della “pietra verde” alpina(soprattutto giadeititi, eclogiti ed onfacititi) perla confezione di asce, accette ed altri strumentinel Neolitico, di cui in Liguria esiste una dellepochissime fonti di approvvigionamentonell’Europa Occidentale, appare ben eviden-ziata nella bibliografia archeologica nazionaleed internazionale della seconda metàdell’Ottocento e dei primi del Novecento ed inLiguria con autori come Issel (Issel, 1908),

Fig. 2 - L’esterno della caverna delle Arene Candide (SV)durante gli scavi di Cardini e Bernabò Brea.

Fig. 3 - La sepoltura paleolitica del cosiddetto “Principe” delleArene Candide.

134

Territorio e Patrimonio - Conoscere per valorizzare

Morelli (Morelli, 1901) e Bartolomeo Gastaldi(Gastaldi, 1869). Gli ulteriori sviluppi deglistudi in tempi più recenti (ad es. Ricq DeBouard-Fedele, 1993; Venturino Gambari,1996) hanno ribadito la significatività del feno-meno all’interno delle problematiche dellapreistoria, rimarcandone anche le prospettivesu scala continentale (Pétrequin et alii, 2005)(fig 4).Una prima fase della ricerca, condotta attra-verso esperienze di lavoro comuni fra archeo-logi, petrografi e geomorfologi, ha messo afuoco l’importanza dell’ingente record archeo-logico presente in Museo (ed in Liguria ingenerale) (Gaggero et alii, 1993), ed ha impo-stato le prime ipotesi relative alla localizza-zione dei reperti, alla provenienza della mate-ria prima e alla sua circolazione in ambitoregionale ed extraregionale (Firpo et alii, 1996;Garibaldi-Isetti-Rossi, 1998). Attualmente il gruppo di lavoro facente capo alMuseo è impegnato in un progetto di ricercainternazionale (JADE-Inégalités sociales etespace européen au Néolithique: la circulationdes grandes haches en jades alpins, coordinatoda Pierre Pétrequin) che permetterà di tentarerisposte più articolate per un fenomeno com-prensibile appieno soltanto in una prospettivadi scala europea e, se possibile, di avviareindagini archeologiche sul territorio. Particolarmente in relazione con l’ambito geo-grafico e tematico di questo incontro ci sembrauna delle esperienze maturate in questi ultimianni nell’ambito dell’attività di ricerca sulcampo del Museo di Archeologia di Genova.La collaborazione con la Soprintendenza

Archeologica delle province di Sassari e Nuoroha portato nel 1994 alla nascita del ProgettoSantu Antine-Meilogu, finalizzato allo studiodella presenza umana su un territorio che com-prende l’area occupata dal nuraghe S.Antine(Torralba, SS) durante l’età del Bronzo, inda-gato negli aspetti della ricostruzione ambien-tale in relazione all’impatto antropico (Baficoet alii, 1996) (fig. 5).Come noto, il nuraghe Santu Antine, un sitopluristratificato frequentato dalla Media Età delBronzo fino all’età Tardo Antica, è uno deinuraghi più interessanti per lo stato di conser-vazione e la complessità dell’architettura ecostituisce uno dei monumenti più visitati del-l’isola (Moravetti, 1988); si trova nel territoriodel Meilogu, una piana fertile, storicamente digrande importanza per lo sfruttamento agricoloe come crocevia di due delle principali diret-trici che attraversavano l’isola, già percorse inetà protostorica e sistematizzate dalla viabilitàromana. Nel corso degli anni il progetto si è articolatoaffrontando problematiche relative al sito, alvillaggio di età nuragica, al suo immediato ter-ritorio, alla geomorfologia e all’occupazione inetà antica di un areale più ampio coincidentecon la cosiddetta “valle dei nuraghi” nelLogudoru-Meilogu. Di pari passo con l’au-mento della complessità delle indagini, la par-tecipazione al Progetto è stata necessariamenteampliata ad altri soggetti appartenenti a varieistituzioni, soprattutto Università italiane e stra-niere.Uno degli aspetti più interessanti per quantoriguarda le indagini sul sito è stato lo studio di

Fig. 4 - Asce neolitiche in pietra verde dalle collezioni delMuseo di Archeologia Ligure.

Fig. 5 - Il nuraghe Santu Antine di Torralba (SS).

135

Il Museo di Archeologia Ligure di Genova: esperienze di ricerca scientifica fra collezioni e territorio

tipo architettonico del nuraghe condotto daSalvatore Lanza (Università di Genova, Istitutodi Tecnologia dell’Architettura e dell’Ambiente)che ha permesso di formulare importanti ipo-tesi circa le modalità e le fasi costruttive dell’in-tero complesso ed anche di studiare un pro-gramma di lavoro finalizzato agli interventiconservativi e a quelli connessi alla valorizza-zione (Lanza, 2003); a cura dell’Università diVenezia (Istituto Universitario dell’Architetturadi Venezia) è stato inoltre realizzato il rilievotopografico, fotogrammetrico e diretto delnuraghe (Guerra-Balletti, 2003).Una serie di campagne di scavo, condotte confinanziamenti della Regione Sardegna, sonostate effettuate in relazione a problematicheriguardanti l’interpretazione del monumentoprincipale e del villaggio nuragico circostante,per i quali uno studio dei reperti degli scavidegli anni ’60, rimasti a lungo inediti, avevaproposto ipotesi di tipo cronologico da verifi-care sul campo (Bafico-Rossi, 1987; Bafico-Rossi, 1992).Le campagne 1994-1995 sono state finalizzatequindi alla comprensione della sequenza abita-tiva del sito e delle sue caratteristiche di svi-luppo dall’Età del Bronzo fino al periodoTardo Antico, in particolare all’indagine delgrande edificio di età tardo romana, interpreta-bile come magazzino (fig. 6), e alla conoscenzadella stratigrafia già messa in luce in precedentisondaggi e trincee, con particolare riferimentoal substrato geologico su cui insiste il nuraghe(DIPTERIS Università di Genova, UfficioGeologico del Comune di Genova). Parallelamente veniva effettuata la survey del

territorio immediatamente circostante che con-fermava una notevolissima frequentazionepreistorica e protostorica, concentrata in parti-colare sugli “alti morfologici” (fig. 7) attorno aSantu Antine (Neolitico Antico-Eneolitico). La necessità di una migliore e più articolatacomprensione delle dinamiche geomorfologi-che della zona spingeva inoltre il Dipartimentoper lo studio del Territorio e delle sue Risorse(DIPTERIS) dell’Università di Genova (MarcoFirpo e Agostino Ramella) ad estendere l’ana-lisi all’intera area della valle dei nuraghi, circa100 kmq. fra i comuni di Torralba, Giave eBonorva.Negli anni 1996-1997 venivano condotti duesondaggi, uno all’interno di un ambiente late-rale del primo piano della torre centrale e l’al-tro ad indagare i livelli archeologici pertinentila costruzione (e successive fasi di vita) deibastioni del nuraghe; quest’ultimo sondaggioha permesso di confermare stratigraficamenteuna cronologia per la costruzione del nuragheSantu Antine alle fasi finali del Bronzo Medio-inizi Bronzo Recente (Bafico et alii, 1996 a;Bafico et alii, 2003); inoltre veniva effettuataun’indagine magnetica preliminare del sotto-suolo, condotta con Geoscan FM 36 dal topo-grafo Alan Mc Pherron dell’Università diPittsburgh (USA) nel tentativo di individuare lapresenza di strutture sepolte. Ultimo terreno d’azione del Progetto è stato, adoggi, un intervento di prospezione che, nel-l’autunno 2001, ha permesso di evidenziarealcuni aspetti delle dinamiche insediative nel-l’ampia area della Valle dei nuraghi (fig. 8) perl’ambito cronologico dell’Età del Bronzo. In

Fig. 6 - L’edificio tardo romano interpretato come magazzinonei pressi del nuraghe Santu Antine.

Fig. 7 - Uno degli “alti morfologici” (Planu Altu) che circondano la piana del nuraghe Santu Antine.

136

Territorio e Patrimonio - Conoscere per valorizzare

base alla distribuzione dei nuraghi in relazionead alcune caratteristiche geomorfologiche delterritorio, al carattere dei terreni, alla presenzadi materia prima e ad altre variabili di tipo eco-nomico-ambientale, è stato possibile eviden-ziare un primo quadro dell’occupazioneumana in un territorio caratterizzato da fortevariabilità ambientale e conseguente disponibi-lità di nicchie ecologiche e di risorse variate(Bafico et alii, 2002). Assieme alla coesistenza accertata nella valle diquasi tutti i monumenti considerati durante ilBronzo Recente, uno dei dati più significativisembra essere quello del posizionamento ditutti i nuraghi complessi nelle aree di pianurafra i 300 ed i 400 m circa di altitudine e dellaloro disposizione ai margini delle odierne areepianeggianti, interessate dalle bonifiche nove-

centesche (Bafico et alii, 2003), un comporta-mento che sottolinea fortemente l’importanzaeconomica dell’agricoltura nelle comunitànuragiche della valle. Un ragionamento a parte è quello che interessail nuraghe Santu Antine per il quale i condizio-namenti tecnici legati al reperimento dellamateria prima e ai caratteri dei terreni di fon-dazione non sono stati determinanti nellascelta del luogo sul quale fu costruito cherispondeva invece ad altre esigenze, forse diordine culturale, ad oggi non ancora com-prese.Al momento sono allo studio elaborazioni car-tografiche digitalizzate in 3D e una fotointer-pretazione dell’area, mentre saranno comun-que necessari altri interventi sul terreno.

Fig. 8 - Una vista parziale della valle dei nuraghi con al centro il cono del vulcano spento Cujaru.

137

Il Museo di Archeologia Ligure di Genova: esperienze di ricerca scientifica fra collezioni e territorio

1 L’attuale denominazione è stata adottata a partiredalla collocazione del Museo in Villa Pallavicini dal1936.

2 L’iscrizione riporta la sentenza d’arbitrato emessa daRoma in relazione ad una controversia territoriale fra letribù liguri dei Genuati e dei Langenses. Datata al 117a.C., è la più antica iscrizione romana in Liguria e dalmomento del suo rinvenimento, nel 1506, ha semprecostituito uno dei documenti più importanti dellaromanità in Liguria, assumendo spesso significatianche politici per giustificare la supremazia regionaledi Genova o, in tempi più recenti, proprio in relazioneall’azione “civilizzatrice” di Roma. Da sempre comun-que conservata in importanti edifici pubblici della città(il Palazzo dei Padri del Comune, Palazzo Ducale,Palazzo Tursi sede del Municipio) solo recentissima-mente (1994) ha trovato collocazione nel Museo geno-vese dopo che un convegno (Pastorino, 1995) edun’esposizione ne hanno sottolineato l’importanzaanche come documento storico della cultura liguredella tarda età del Ferro.

3 Ricordiamo fra i primi quello effettuatodall’Università di Genova in occasione della Mostrad’Arte Antica del 1892 con il deposito, fra gli altri,della statua-stele di Zignago e di collezioni dalla cittàromana di Libarna.

4 Il lascito di Vittorio Emanuele II di Savoia delle col-lezioni del Principe Odone (1846-1866), suo figlio, è

all’origine delle raccolte di molti musei cittadini.Particolarmente significativa era la sua collezione diantichità greche e romane, di cui uno studio recente(Pastorino, 1996) ha precisato le modalità e le logichedi formazione, la provenienza dei pezzi e le vicendefino alla donazione.

5 Alla sua morte (1887) il Comune di Genova riuscì adacquistare all’asta due lotti di oggetti fra cui i marmiantichi oggi esposti in Museo.

6 L’azione di Issel aveva permesso l’acquisto da partedel Comune di Genova, con modalità diverse, delle col-lezioni preistoriche di Pietro Deogratias Perrando(1886), di Giambattista Rossi (1909), di Nicolò Morelli(1914).

7 L’ordinamento del 1936 è dovuto principalmente aLuigi Cardini; dopo il trasferimento delle collezioni inluogo più sicuro durante la Seconda Guerra Mondiale, ilnuovo allestimento del 1954 fu progettato da LuigiBernabò Brea e condiviso da Luigi Cardini (Garibaldi-Rossi, 2004 p. 190)

8 Un bellissimo esempio di come lo spirito metodolo-gico che informava i ricercatori maggiormente all’avan-guardia in quegli anni abbia richiesto un completa-mento del lavoro possibile solo negli anni successivi, civiene proprio dalle parole di Luigi Bernabò Brea nellaprefazione al volume curato da R. Maggi sui livelli olo-cenici della grotta delle Arene Candide: “Per studi spe-cialistici sulle varie classi di reperti e soprattutto per

quelli di carattere naturalistico, da noi raccolti con lastessa cura con cui si raccoglievano gli elementi archeo-logici, non era stato allora possibile trovare studiosi chepotessero occuparsene” (Maggi, 1997 p. 9). Per il livellipaleolitici si veda Bietti, 1994.

9 Oltre alla pubblicazione ancora in corso dei cataloghiscientifici del Museo (ad es. Bettini-Giannattasio-Pastorino-Quartino, 1998), sono da ricordare, fra glialtri, gli studi preparatori e le relative esposizioni tem-poranee allestite in Museo o in Palazzo Ducale aGenova che hanno permesso un moderno inquadra-mento scientifico di notevoli testimonianze dell’ar-cheologia ligure o della storia del collezionismo ligure.Ricordiamo, fra le altre, la mostra sulla figura di colle-zionista del Principe Odone (Giubilei-Papone, 1996)che ha permesso, come già detto, la revisione delle col-lezioni archeologiche, la mostra “Le meraviglie deiprimi liguri” (1996) con il recupero della collezione difrottages e disegni dei graffiti del Monte Bego diClarence Bicknell; la mostra sui “Vetri antichi nelle col-lezioni del Museo di Archeologia ligure di Genova-Pegli” (1992) (Pastorino, 1992); l’operazione di com-plesso restauro del sarcofago e della mummia del sacer-dote egizio Pasherienaset, conclusasi con l’esposizionedi Palazzo Ducale “Io vivrò per sempre. Storia di unsacerdote nell’antico Egitto” (Leospo, 1999).

10 Quando l’organico del Museo ha potuto prevedere inpianta stabile la presenza di archeologi.

NOTE

138

Territorio e Patrimonio - Conoscere per valorizzare

S. Bafico, P. Garibaldi, E. Isetti, A.M. Pastorino, G. Rossi, Scavi e ricerche del Museo di Archeologia Ligurenella Sardegna centro-settentrionale: il progetto SantuAntine-Meilogu, Bollettino dei Civici Musei Genovesi,Anno XVII, n. 49-50-51, gennaio/dicembre 1995, pp.7-10.

S. Bafico, P. Garibaldi, E. Isetti, G. Rossi, Il villaggionuragico di Santu Antine di Torralba (Sassari),Proceedings of the XIII Congres of U.I.S.P.P., vol. 1,1996, pp. 489-499, Forlì.

S. Bafico, P. Garibaldi, E. Isetti, G. Rossi,Considerazioni sul popolamento ed alcune modalità inse-diative nella cosiddetta Valle dei Nuraghi (SS) durantel’età del Bronzo, in Omaggio a Santo Tinè, Miscellaneadi Studi di archeologia preistorica e protostorica,Università di Genova, Facoltà di Lettere, 2002, pp. 15-29.

S. Bafico, M. Firpo, P. Garibaldi, E. Isetti, S. Lanza, A.Ramell, G. Rossi, IX-Paleoambiente e insediamento nellaValle dei Nuraghi del Logudoro-Meilogu (Sardegna set-tentrionale), in F. Lo Schiavo, Sardegna, in “Ambientee Paesaggio nella Magna Grecia”, Atti del 42°Convegno di studi sulla Magna Grecia, Taranto, 5-8ottobre 2002, pp. 335-353.

S. Bafico, G. Rossi, Nuove acquisizioni cronologiche edarchitettoniche sul nuraghe Santu Antine di Torralba(SS), Atti del Secondo Convegno di Studi. Un millenniodi relazioni fra la Sardegna e i paesi del Mediterraneo.La Sardegna nel Mediterraneo fra il II ed il I millennioa.C., 1987, pp. 41-51, Cagliari.

S. Bafico, G. Rossi, Una proposta di attribuzione crono-logica per le ceramiche decorate dal nuraghe SantuAntine di Torralba (SS), Atti del Terzo Convegno diStudi. La Sardegna nel Mediterraneo fra il Bronzo Medioe il Bronzo Recente, 1992, pp. 41-53, Cagliari.

L. Bernabò Brea, Gli scavi nella caverna delle AreneCandide. Parte I. Gli strati con ceramiche, Collezione di

Monografie preistoriche ed archeologiche editadall’Istituto di Studi Liguri, Bordighera 1946.

L. Bernabò Brea, Gli scavi nella caverna delle AreneCandide (Finale Ligure). Parte Prima: gli strati con cera-miche, Istituto Internazionale di Studi Liguri.Collezione di Monografie preistoriche ed archeologiche,Bordighera 1956.

A. Bettini, B.M. Giannattasio, A.M. Pastorino, L.Quartino, Marmi antichi delle raccolte civiche genovesi,1998 Pisa.

A. Bietti (a cura di), The Upper Pleistocene deposit ofthe Arene Candide Cave (Savona, Italy): new studies onthe 1940-42 excavations, “Quaternaria nova”, 1994, IV,Roma.

S. Boaro, A. De Pascale, M. Venturino Gambari,Giovanni Battista Amerano (1842-1919) ), in “Colligitefragmenta. Aspetti e tendenze del collezionismo archeo-logico ottocentesco in Piemonte”, Atti del Convegno,Tortona 19-20 gennaio 2007, in corso di stampa.

M.C. Bonci, M. Firpo, G. Rossi, Arturo Issel fra archeolo-gia, paletnologia e geologia. Una prima analisi del FondoIssel presso l’Archivio dell’Istituto Mazziniano, in “Lanascita della paletnologia in Liguria. Personaggi, sco-perte e collezioni tra XIX e XX secolo”, Finale LigureBorgo (SV) 22 e 23 settembre 2006, in corso di stampa.

L. Cardini, Nuovi documenti sull’antichità dell’uomo inItalia: reperto umano del Paleolitico Superiore nella“Grotta delle Arene Candide”, “Razza e Civiltà”, AnnoIII, n. 1-4, 23 marzo-giugno 1942, XX, pp. 5-25.

S. Doldi, All’origine della Scienza in Liguria, 1990,Genova.

M. Firpo, P. Garibaldi, E. Isetti, A. Ramella, G. Rossi,Considerazioni sulla produzione, provenienza e circola-zione dei manufatti in pietra verde dall’area ligure,Proceedings of the XIII Congres of U.I.S.P.P., vol. 3,Sezione 9, pp. 371-378, 1996, Forlì.

L. Gaggero, P. Garibaldi, E. Isetti, G. Rossi, M.Spotorno, Osservazioni sul Neolitico dell’Appenninoligure-piemontese. Le raccolte di superficie di fineOttocento, Bullettino di Paletnologia Umana, 1993, vol.84, n.s. II.

P. Garibaldi, E. Isetti, G. Rossi, Manufatti in pietra verdee circuiti di scambio nel ponente ligure fra Neolitico eetà del Rame, Atti del Convegno “Dall’Antichità allecrociate: archeologia, arte, storia ligure-provenzale,Imperia, 5-6 dicembre 1995, pp. 97-101, Bordighera.

P. Garibaldi, G. Rossi, Genesi e sviluppo del primo pro-getto museologico di L. Bernabò Brea: il Museo diArcheologia Ligure di Genova, in “Dalle Arene Candide aLipari. Scritti in onore di Luigi Bernabò Brea”, Atti delConvegno di Genova 3-5 febbraio 2001, a cura di P.Pelagatti e G. Spadea, Bollettino d’Arte, volume spe-ciale 2004, Roma, pp. 187-196.

B. Gastaldi, Iconografia di alcuni oggetti di remota anti-chità rinvenuti in Italia, Memorie Reale Accademia delleScienze di Torino, 1869, XXVI, 1.

M.F. Giubilei - E. Papone (a cura di), Odone di Savoia1846-1866. Le collezioni di un principe per Genova,Catalogo della Mostra di Genova, Milano 1996.

F. Guerra, C. Balletti, Il rilievo del nuraghe SantuAntine, Bollettino di Archeologia, 46-48, 1997, pp.233-236.

A. Guidi, Storia della paletnologia, Bari 1988.

E. Isetti, G. Rossi, Filippo Ighina (1821-1876), in“Colligite fragmenta. Aspetti e tendenze del collezioni-smo archeologico ottocentesco in Piemonte”, Atti delConvegno, Tortona 19-20 gennaio 2007, in corso distampa.

A. Issel, Liguria preistorica, Atti della Società Ligure diStoria Patria, 1908, XL, Genova

A. Issel, La Villetta di Negro e il Museo Geologico, 1914Genova.

BIBLIOGRAFIA

139

Il Museo di Archeologia Ligure di Genova: esperienze di ricerca scientifica fra collezioni e territorio

S. Lanza, Un programma di intervento sul nuraghe SantuAntine di Torralba (Sassari), Bollettino di Archeologia,46-48, 1997, pp. 213-223.

E. Leospo (a cura di), Io vivrò per sempre. Storia di unsacerdote nell’antico Egitto, Catalogo della mostra diGenova, 1999 Genova.

R. Maggi (a cura di), Arene Candide: a functional andenvironmental assessment of the olocene sequence,Memorie dell’Istituto Italiano di Paleontologia Umana,1997, n.s. 5, Roma.

A. Moravetti (a cura di), Il nuraghe Santu Antine nelLogudoro-Meilogu, 1988 Sassari.

N. Morelli, Iconografia della preistoria ligustica, 1901Genova.

G. Odetti, Nicolò Angelo Andrea Morelli (1855-1920), in“Colligite fragmenta. Aspetti e tendenze del collezioni-smo archeologico ottocentesco in Piemonte”, Atti delConvegno, Tortona 19-20 gennaio 2007, in corso distampa.

G. Odetti, Giovanni Battista Rossi (1859-1909), in“Colligite fragmenta. Aspetti e tendenze del collezioni-

smo archeologico ottocentesco in Piemonte”, Atti delConvegno, Tortona 19-20 gennaio 2007, in corso distampa.

A.M. Pastorino, Museo di Archeologia Ligure, in “Il pas-sato presente”, a cura di E. Papone, Genova 1991.

A.M. Pastorino, Vetri antichi nelle collezioni del Museodi Archeologia Ligure di Genova-Pegli, Bollettino deiMusei Civici Genovesi, Anno XI, n. 31, gennaio-aprile1989.

A.M. Pastorino (a cura di), La Tavola di Polcevera. Unasentenza incisa nel bronzo 2100 anni fa, Genova 1995.

A.M. Pastorino, Materiali archeologici, in “Odone diSavoia 1846-1866. Le collezioni di un principe perGenova”, Catalogo della Mostra di Genova, Milano1996.

P. Pétrequin, A.M. Pétrequin, M. Errera, S. Cassen, C.Croutsch, L. Klassen, M. Rossy, P. Garibaldi, E. Isetti, G.Rossi, D. Delcaro, Beigua, Monviso e Valais. All’originedelle grandi asce levigate di origine alpina in Europaoccidentale durante il V millennio, Rivista di ScienzePreistoriche, 2005, LV, pp. 265-322.

M. Ricq De Bouard, F.G. Fedele, Neolithic Rock Resourcesacross the Western Alps: Circulation Data and Models,Geoarchaeology, 8 (1), 1993, pp. 1-22.

G. Rossi, Arturo Issel (1842-1922), in “Colligite frag-menta. Aspetti e tendenze del collezionismo archeolo-gico ottocentesco in Piemonte”, Atti del Convegno,Tortona 19-20 gennaio 2007, in corso di stampa

M. Tarantini, Dal fascismo alla repubblica. La fondazionedell’Istituto Italiano di Preistoria e Protostoria nel qua-dro delle vicende istituzionali della ricerca (1927-1960),Rivista di Scienze Preistoriche, LIV, 2004, pp. 5-82.

A. Traverso, Pietro Deo Gratis Perrando (1817-1889), in“Colligite fragmenta. Aspetti e tendenze del collezioni-smo archeologico ottocentesco in Piemonte”, Atti delConvegno, Tortona 19-20 gennaio 2007, in corso distampa.

M. Venturino Gambari (a cura di), Le vie della pietraverde. L’industria litica levigata nella preistoriadell’Italia Settentrionale, Catalogo della Mostra diTorino, Torino 1996.

141

PREMESSA

Chi opera nei territori comunemente definiti“marginali”, perlopiù situati nelle aree internecollinari e montane, ha il compito, non facile,di cercare una sintesi intelligente tra conserva-zione e sviluppo, tra ambiente ed economia, trapromozione del territorio a scopi turistici egestione dell’accoglienza, in sostanza; tra uto-pia e realtà, per utilizzare al meglio le risorse -spesso considerate scontate, a volte poco cono-sciute persino ai residenti e generalmente malconservate - di cui dispone. È quanto si sforza di fare, fin dalla sua costitu-zione, la Comunità Montana dell’Alto Tammaroche ha la fortuna di poter vantare, sul proprioterritorio, un tracciato storico-naturalistico mil-lenario qual è quello del regio tratturoPescasseroli-Candela.

INQUADRAMENTO TERRITORIALE DELLA

COMUNITÀ MONTANA ALTO TAMMARO

La Comunità Montana dell’Alto Tammaro, cheprende la denominazione dal suo fiume piùgrande, il Tammaro, si estende su 36.000 ettaridi territorio interno della regione Campania, nel

cuore dell’antico Sannio, al confine con ilMolise. I suoi 23.000 abitanti sono distribuiti in11 comuni che condividono un’origine antichis-sima (anno 1000 d.C.), caratteristici centri storiciin pietra calcarea locale, bellissime tradizioni,paesaggi gradevoli e un legame profondo conil regio tratturo.

I TRATTURI DELLA TRANSUMANZA

“Settembre andiamo, è tempo di migrare…”scriveva D’Annunzio e in genere ai pastori ealla transumanza si associa poco più del ricordoscolastico di una poesia, ma delle antiche viearmentizie, le piste erbose che come fiumid’erba collegavano i territori montanidell’Abruzzo e del Molise con il Tavoliere dellePuglie, parla già Marco Terenzio Varrone che,nel 118 a.C., scrive: “…quelle greggi, che sifanno pascolare nelle terre salde, e che son lon-tane dalle case, portan seco graticci, reti percostruire delle chiuse in luoghi solitari ed ognialtro utensìle; perché si vuole condurle a pasco-lare in luoghi lontani ed anche tra di essidistanti ed avviene non di rado che i pascolidell’inverno sieno lontani molte miglia da quelli

“IL TERRITORIO DI MUROS E L’ALTO TAMMARO:DUE MODI DI VALORIZZAZIONE AMBIENTALE A CONFRONTO”

Angela Maria Zeoli

Fig. 1 - Gregge all’alpeggio.

142

Territorio e Patrimonio - Conoscere per valorizzare

dell’estate”. Ed aggiunge: “Ciò io so bene, perchéle mie greggi passavano l’inverno nella Puglia el’estate sui monti di Rieti; giacché tra questi dueluoghi vi sono dei pubblici sentieri (calles pub-blicae), che congiungono le pasture distanti,come l’arconcello riunisce le ceste da soma”.I tratturi, però, hanno un’origine ancora piùremota e vanno ricollegati ai tracciati delle anti-chissime piste di epoca protostorica, al serviziodelle popolazioni che abitarono il territorioprima della conquista romana, poi battuti dallegreggi transumanti.Le “calles publicae” vennero, dai Romani, pro-tette e regolate con leggi, così, lungo il loropercorso, venivano tutelate mandrie e man-driani, greggi e pastori.Il privilegio degli allevatori al libero passaggioed al pascolo gratuito per le “calles publicae”venne chiamato, nei codici degli imperatoriTeodosio e Giustiniano, “tractoria” e le piste adessi aperte “tratturi”.I Romani capirono l’enorme ricchezza chepoteva derivare dalla pastorizia - il termine“pecunia”, infatti, deriva da “pecus” (pecora) -eproteggendo i pascoli proteggevano i tratturi. Al tempo dei Romani le greggi venivano con-dotte verso i monti all’inizio del periodo estivo,mentre in autunno si riconducevano in pianura,dove trascorrevano l’inverno, ma la pratica del-l’alpeggio costituisce una consuetudine ben piùantica. I tratturi hanno rappresentato, infatti, ungrande sistema viario esteso in tutta Europa. InSpagna le piste maggiori, di 75 metri di lar-ghezza venivano chiamate “vias pecurias”,mentre le minori, di 37,5 metri di larghezza,erano definite “cordeles”. In Francia i tracciati

erano definiti “carraires”.La storia dei tratturi dell’Italia centrale e meri-dionale non può prescindere dalla storia delTavoliere delle Puglie che comprendeva circa400.000 ettari di pascolo.Tale area, fin dal tempo dei Romani, venivaconcessa al pascolo per la pastorizia errantedietro pagamento di un tributo (publicum vec-tigal) che variava secondo il numero e la tagliadegli animali; non risulta, però, che tale usofosse disciplinato da speciali ordinamenti.Ordinamenti veri e propri vennero stabiliti, nelMedioevo, per opera del re Alfonso I d’Aragonache, nel 1447, istituì la “Dogana per la menadella pecore in Puglia” che, con sede prima aLucera poi a Foggia, funzionò fino al 1806.Sotto gli Aragonesi la transumanza assunsemodelli e forme industriali, interessando milionidi capi di bestiame, e i tratturi divennero larghicome autostrade, fino a 60 passi napoletani,corrispondenti a 111,11 metri (un passo napo-letano = 1,852 m).Risale all’epoca aragonese (1574, ad opera delvicerè Granvela) anche la prima apposizione ditermini lapidei, delimitanti il confine tra il trat-turo e i proprietari terrieri frontisti, per arginarele continue usurpazioni da parte dei frontistiche si giustificavano affermando che i confininon erano ben visibili. Gli stessi frontisti, a quelpunto, per ostacolare lo sconfinamento dellegreggi nei campi coltivati, iniziarono, lungo iconfini, a costruire muretti a secco e adimpiantare siepi. Dopo aver raggiunto l’apogeo nel periodo ara-gonese la transumanza va in declino e con essai tratturi che sono stati, però, per più di 2.000

anni, non solo pascoli per le greggi in transito,ma strade di grande comunicazione (le auto-strade del passato con un verde manto d’erbaal posto dell’asfalto e i tratturelli come svincoloper ogni centro urbano), dotati di servizi eattrezzature per uomini e animali, usati perscopi militari, come itinerari religiosi e per gliscambi commerciali.La transumanza, d’altra parte, è stata, per secoli,un fenomeno non solo economico e pastorale- con punte di 6 milioni di capi in transito su3.000 chilometri di tracciati distinti in 83 diversipercorsi - ma anche politico, sociale e culturale,che ha influenzato, lungo il tracciato dei tratturi,la gastronomia, il linguaggio, la religiosità, l’ab-bigliamento e ha dato origine, addirittura, aduna particolare razza ovina, la Pagliarola, fruttodell’incrocio tra la razza Gentile di Puglia e lapecora Appenninica. Dismessi ormai da tempo come vie di comuni-cazione, in parte soppressi con legge del 1908che, degli 83 esistenti, ne ha conservati soloquattro ritenuti di importanza nazionale, i trat-turi hanno riconquistato l’attenzione che meri-tano entrando a far parte del progetto APE(Appennino Parco d’Europa) che prevede lariscoperta e valorizzazione dei sentieri storico-naturalistici che attraversano, senza soluzionedi continuità, tutta l’Europa.

IL REGIO TRATTURO PESCASSEROLI-CANDELA

Il tratturo in questione, uno dei quattro consi-derati di importanza nazionale e preservatidalla legge del 1908, prende il nome dai 2 capi-saldi: Pescasseroli, in Abruzzo e Candela, in

143

“Il territorio di Muros e l’Alto Tammaro: due modi di valorizzazione ambientale a confronto”

Puglia; con una lunghezza complessiva di 211chilometri è delimitato da termini lapideinumerati progressivamente a partire daPescasseroli, con i numeri pari sul lato destro ei dispari sul lato sinistro e ha una larghezza di30 passi napoletani cioè 55,55 metri lineari. Poiché i Romani utilizzavano il tratturo comevia militare e i consoli davano il loro nome aitracciati, il tratturo Pescasseroli-Candela, checollegava i porti pugliesi con Roma, passandoper Isernia, prendeva il nome di “via consolareMinucia”, dal console romano Minucio (305a.C.); è forse per questo specifico utilizzo cheil suo tracciato alterna vallate e altopiani; daquesti ultimi si dominano le zone circostanti,condizione ideale per le sentinelle che avreb-bero così scoperto per tempo eventuali attacchinemici. Nel 181 a.C. il tratturo Pescasseroli-Candela fu utilizzato per la deportazione di unintero popolo, quello dei Liguri Apuani che,sconfitti dai romani, furono trasferiti nel Sannioin numero di 49.000. Essi compresero subitol’importanza di quella grande via di comunica-zione e lungo il suo tracciato fondarono la pro-pria capitale che chiamarono Bebio. Ancoraoggi si possono ammirare i resti delle mura del-l’antica capitale e la Tabula Alimentaria, unagrande piastra metallica che, datata all’anno 101d.C., elenca i fondi e i proprietari ai quali erastata concessa, per volontà dell’imperatoreTraiano, una somma di danaro in prestito,all’interesse del 2,50%. Il ricavato degli interessiandava a favore dei fanciulli poveri, assicuran-done gli alimenti.IL PROGETTO DI VALORIZZAZIONE

Il trasporto delle greggi a mezzo ferrovia e il

trasferimento, nel 1977 con DPR n. 616, dellacompetenza sui tratturi alle regioni hannodeterminato un progressivo disinteresse delleistituzioni per il tratturo. Di conseguenza,quello che era un territorio meticolosamentetutelato è stato abbandonato a se stesso, con lesiepi di confine, in alcuni tratti, estirpate, imuretti a secco crollati e i confini, a tratti, abu-sivamente superati. Per tentare di arginarne il degrado, dal 1988 laComunità Montana dell’Alto Tammaro, sul cuiterritorio ricadono 25 chilometri del tracciatotratturale, ha intrapreso iniziative per la risco-perta, la tutela e la valorizzazione del regio trat-turo Pescasseroli-Candela. Appunto nel 1988 è stata pubblicata, in collabo-razione con il CAI (Club Alpino Italiano) e conle comunità montane limitrofe, una “Guida altrekking della transumanza” sui 90 chilometridel tratto campano del tracciato del tratturo.Questa prima guida ha risvegliato l’interesseper l’itinerario e ci ha messi di fronte alle primedifficoltà rappresentate dal fatto che, mentreper il passato l’intero percorso era perfetta-mente identificabile, una volta crollati i murettied estirpate le siepi, il tracciato si confondevacon i pascoli e i turisti non riuscivano ad orien-tarsi.È sorta così l’esigenza di ridelimitare il percorsoe dotarlo di segnaletica per promuoverne l’uti-lizzo come tracciato naturalistico, ippovia epista cicloturistica, recuperandone anche lavocazione storica di itinerario religioso. A diffe-renza dell’Abruzzo, del Molise e delle Puglie,però, che avevano emanato una propria leggeregionale di tutela, la regione Campania non

Fig. 2 - Termine feudale.

144

Territorio e Patrimonio - Conoscere per valorizzare

aveva mai dato attuazione alla delega per cui lecomunità montane campane non disponevanodel supporto legislativo per progettare inter-venti sul tracciato tratturale.Finalmente, grazie alle continue pressioni dellecomunità interessate, nel 1996 è stata emanatala legge regionale che disciplina gli interventisul demanio pubblico e, in particolare su quelloarmentizio, per cui si è potuto iniziare ad ope-rare. Un primo fondamentale intervento, tuttora infase di realizzazione per stralci annuali,riguarda il ripristino dei muretti a secco, chevengono ricostruiti sulla fondazione dei vecchimuri, e il reimpianto delle siepi di confine conessenze autoctone, allo scopo di rendere il trac-ciato fisicamente individuabile; questi interventivengono attuati con gli operai forestali chelavorano alle dipendenze della comunita’ mon-tana; la seconda iniziativa, oggetto di “compa-razione” con il progetto di valorizzazione delComune di Muros, riguarda la ricerca documen-taria, le indagini in campo e la posa in opera disegnaletica e cartellonistica e la promozione delpercorso.La ricerca documentaria e quella in camposono state sicuramente le fasi più affascinantidella progettazione.Le prime tappe della nostra ricerca sono statequelle presso l’Istituto Storico “Galanti”, di cuila comunità montana è socio fondatore, che ciha fornito gli atti dei tre convegni nazionali rea-lizzati sul tema della Civiltà della transumanza equella presso l’Archivio di Stato di Foggia, checonserva copia della documentazione secolareriguardante i tracciati dei tratturi.

Qui abbiamo trovato, tra l’altro, una mappaaccuratissima redatta da un agrimensore che,nel 1837, ha percorso a piedi i 211 chilometridel tracciato, ha indicato la posizione dei circaduemila termini lapidei posti ad ogni devia-zione, con la distanza, in passi napoletani, diciascun termine con il successivo e l’angola-zione della deviazione stessa, ha verbalizzato leoccupazioni abusive indicando superficie occu-pata e nominativi degli occupanti, ha indicatola lunghezza del percorso ricadente in ciascuncomune attraversato e il tratturello che colle-gava (e collega tuttora) il regio tratturo conogni centro urbano, ha elencato la flora preva-lente del pascolo e ha disegnato le emergenzeambientali più significative. Questo documento ci ha guidati nella ricerca incampo che ci ha consentito di ritrovare 158 ter-mini lapidei su 180 complessivi e di tracciare lamappa della situazione attuale del tratturo com-parata con quella originaria. L’esame accurato del tracciato ci ha riservatonon poche sorprese, come la presenza di ter-mini lapidei posizionati al centro del tratturo,scolpiti con stemmi diversi nei due lati. Risalire ai titolari degli stemmi ha comportatonon poche difficoltà in quanto i documenti innostro possesso indicavano i termini di confinelaterale, ma non davano spiegazioni su quellicentrali, per cui non si avevano informazioni nésu cosa rappresentassero, né sul motivo dellaloro particolare posizione. Gli stemmi poi, in parte cancellati dalle intem-perie, non si distinguevano a sufficienza perpoter riprodurre l’intero disegno.Fortuna ha voluto che fosse ancora individua-

Fig. 3 - Mappa storica.

145

“Il territorio di Muros e l’Alto Tammaro: due modi di valorizzazione ambientale a confronto”

bile la somiglianza di uno degli stemmi del trat-turo con quello scolpito sull’architrave dellachiesa di San Sebastiano, patrono di SantaCroce del Sannio (il cui territorio è in gran partedelimitato dal tratturo), fatta edificare dalbarone Del Balzo nel 1536 d.C. Rintracciato ilprimo feudatario e il periodo storico di riferi-mento, l’Archivio di Stato di Napoli ci ha fornitole risposte mancanti e cioè che il tratturo erauna strada così importante da essere oggetto dicontesa all’epoca del feudalesimo, per cuiquando il tracciato correva lungo il confine didue feudi la gestione veniva divisa esattamentea metà, con l’apposizione di termini lapideiscolpiti con gli stemmi dei due feudatari inte-ressati… e per evitare tentazioni di sconfina-mento, gli stemmi erano scolpiti anche nellaparte interrata, ad oltre un metro di profondità,in modo da rendere inutile una eventuale deca-pitazione della pietra.Quegli stessi stemmi sono poi divenuti, nellamaggior parte dei casi, gli stemmi civici deinostri comuni.Un’altra scoperta interessante ha riguardato laflora e la microfauna del tracciato.La prima immagine che colpisce chi percorre iltracciato della transumanza è quella di un verdefiume d’erba, ma il pascolo del tratturo, maicoltivato da millenni, riserva, ad occhi attenti,molte sorprese e costituisce un piccolo mondoa sé, con una flora particolare e una microfaunaperfettamente distribuita ed equilibrata. I trattidi siepe che hanno resistito all’incuria offrono,con l’alternarsi delle stagioni, un panoramasempre diverso, ma sempre affascinante, con icespugli di rosa canina (Rosa canina), caprifo-

glio (Lonicera caprifolium), e biancospino(Crataegus monogyna), che regalano, in pri-mavera, splendide e profumatissime fioriturenelle tonalità dal bianco al rosa pallido e, inautunno, una distesa di bacche rosse pernutrire gli uccelli fino ad inverno inoltrato, conil rovo (Rubus ulmifolius) che, in piena estate,fornisce le more per gustosissime marmellate,con l’acero montano (Acer Pseudoplatanus) ela berretta di prete (Euonymus europaeus) i cuifiori, durante la transumanza, offrivano aipastori un ottimo rimedio contro le pulci, e conla presenza, qua e là, del maggiociondolo(Laburnum anagyroides), con i suoi grappolidi fiori gialli.Nel pascolo crescono anche splendidi fiori ederbe aromatiche: dall’orchidea selvatica(Ophrys apifera) al ciclamino (Cyclamen hede-rifolium), dal gladiolo (Gladiolus segetum) alcipollaccio (Muscari comonus), dal croco (gen.Crocus), alla menta (mentha piperita) al timoselvatico (Thymus serpyllum) è tutta una sinfo-nia di colori e profumi che accompagnano pia-cevolmente le escursioni.Nelle zone umide è comune il giunco (Juncusspp.) che veniva usato dai pastori per intrec-ciare le “fascère” per il formaggio e la ricotta,mentre le pendici sono ricche di ginestre(Spartium junceum) dai profumati fiori giallo-oro.Sul tratturo, accuratamente nascosti da cardi ecespugli, si trovano anche ottimi funghi mange-recci come il prataiolo, (Psalliota campestris), ilprugnolo, (tricholoma spp.) e il cardarello(Pleurotus eryngii); molto più visibili, ma deci-samente meno gustose, sono le vescie

Fig. 4 - Stesso termine della fig. 2 visto dal lato opposto.

146

Territorio e Patrimonio - Conoscere per valorizzare

(Lycoperdon), che possono raggiungere anchenotevoli dimensioni.Lungo i confini o al centro del tracciato tro-viamo, infine, maestosi esemplari di cerro(quercus cerris) che offrono riparo alla caluraestiva.Non meno attenzione merita la fauna. Il tratturoè il paradiso di talpe e arvicole, di coccinelle efarfalle, di cavallette e mantidi, di libellule ebombus, di vespe e api, di rane e rospi, di lucer-tole e ramarri, di ricci e chiocciole, di lucciolee cetonie ma, soprattutto, è il paradiso dei grilli,tanto numerosi che il loro canto è l’accompa-gnamento costante e inarrestabile delle escur-sioni. L’ultima appassionante tappa del nostro per-corso di riscoperta del tratturo è stata quelladelle interviste agli anziani residenti lungo iltracciato; veri “custodi della memoria”, i vecchipastori e contadini ci hanno riportato nell’atmo-sfera un po’ magica del nostro recente passato,all’epoca non lontana (ancora negli anni ’50 e’60), in cui migliaia di capi di bestiame, ovini ebovini, attraversavano il tratturo due voltel’anno - in primavera verso l’Abruzzo e inautunno verso i pascoli pugliesi - guidati dapochi pastori accompagnati da muli carichi diattrezzature e coadiuvati da splendidi cani dirazza abruzzese-maremmana che venivano gui-dati da fischi variamente modulati.Al calar della sera, nelle valli ricche di sorgentie giuncaie, si costruivano, con il materiale sca-ricato dai muli, gli stazzi mobili per le greggi; igiunchi venivano intrecciati per preparare lefascere e il latte appena munto era utilizzato sulposto per produrre formaggi e ricotta che veni-

vano ceduti alle famiglie contadine in cambiodi pane e olio.Da questa secolare collaborazione ha avuto ori-gine una gastronomia “della transumanza”sostanzialmente a base di pane raffermo, olio,erbe aromatiche, formaggi e ricotta. Acquisito ilquadro sufficientemente completo del tratturo edella sua storia, abbiamo realizzato: - un volume intitolato “Sulle vie della transu-manza”, che vuol essere una guida ad un per-corso non solo fisico, ma anche della memoria,dove vengono riportate non solo la storia deltracciato, ma anche le leggende e le tradizionilegate al tratturo;- un filmato che ha come filo conduttore il trat-turo e illustra il legame socio-economico deicentri urbani dell’Alto Tammaro con questostraordinario tracciato; - un CD-rom contenente tutto il materiale rea-lizzato nel progetto; - 29 pannelli-libro che sono stati posizionati neipunti significativi del tracciato e consentono, achi percorre il tratturo, di “leggere” la sua storiae le emergenze ambientali e archeologiche chelo caratterizzano e riportano le informazionilogistiche relative alla propria posizione e airecapiti delle aziende agrituristiche più vicine;- 11 pannelli-libro posizionati negli 11 centriurbani per indicare la posizione del tratturo, iltratturello di collegamento e una breve sintesisulle caratteristiche del percorso;- 50 pannelli-libro di piccole dimensioni, posi-zionati alla confluenza dei tratturelli e in puntiparticolari del percorso, riportanti indicazionisulle emergenze architettoniche, storiche eambientali raggiungibili dal tratturo;

Fig. 5 - Pannello-libro sul regio tratturo.

147

“Il territorio di Muros e l’Alto Tammaro: due modi di valorizzazione ambientale a confronto”

- posters, cartine e segnalibro;- un sito internet.Sia i pannelli-libro che il rimanente materialesono stati realizzati dalla Editrice GGallery diGenova, con la quale abbiamo iniziato, conquesto progetto, un positivo rapporto di colla-borazione, che continua tuttora.

LE ULTERIORI PROGETTAZIONI

L’interesse sempre crescente per il turismoverde, lo sviluppo del settore agrituristico cheormai conta, nell’Alto Tammaro, 500 posti lettoe 4.000 posti mensa e, non ultimo, il profondolegame che amministratori e tecnici hannoriscoperto con il tratturo, sono stati un ulterioreincentivo a continuare nell’impegno di salva-guardia e valorizzazione del tracciato. È stato così realizzato nel 2005, in collabora-zione con le Comunità Montane campane emolisane confinanti, il progetto: “Salvaguardiae valorizzazione del patrimonio dei tratturi”,inerente la messa in sicurezza e continuità deltracciato, con la realizzazione di ponti in legno(fino a 40 metri di campata) sui fiumi piùgrandi, per rendere il percorso fruibile anchenel periodo invernale, e con la posa in opera diapposita segnaletica agli incroci con le strade,

per rendere il percorso più sicuro.È, inoltre, in fase di realizzazione, a cura delpartenariato locale, composto di 93 membri dicui 10 comuni e le CC.MM. Alto Tammaro eFortore, il Progetto Integrato Rurale “Terre deitratturi e della transumanza” che prevede, tral’altro, il recupero dei tratturelli di collegamentotra i due grandi tratturi Pescasseroli-Candela eCastel di Sangro-Lucera, in modo da aggiun-gere, ai tracciati verticali dei tratturi che pos-sono essere percorsi solo nella direzione nord-sud, anche un percorso naturalistico a circuitodi circa 130 chilometri, che collega i due trac-ciati verticali e tocca i centri urbani di 10comuni; tale percorso consente di collegare lezone interne del Tammaro e del Fortore maanche di raggiungere la città di Benevento e ilcomune di Pietrelcina, paese natale di PadrePio, ricreando l’originario itinerario religioso. È, infine, in fase di idea progetto, il coinvolgi-mento degli allevatori di ovini per la produ-zione di carne e formaggio di qualità sulpascolo del tratturo. Tale produzione dovrebbeessere realizzata nel rispetto di un disciplinaredi produzione, anche per uniformare la qualita’del prodotto.Il mercato di tale produzione sarebbe costituito

dagli stessi turisti che usufruiscono del tracciatonaturalistico e soggiornano nelle aziende agri-turistiche. Il pascolamento costante del prato,assicurerebbe, inoltre, la manutenzione natu-rale del pascolo stesso che, dove viene ancorautilizzato con regolarità dalle greggi, si pre-senta perfettamente bilanciato con presenzaequilibrata di leguminose e graminacee, al con-trario delle aree non pascolate dove prevalgonole infestanti e le graminacee scarsamente appe-tibili.Quest’ultimo progetto “chiuderebbe il cerchio”degli interventi di salvaguardia e valorizzazionedel tracciato del tratturo, assicurando una sortadi autotutela, senza la necessità di ulteriori ini-ziative, oltre quelle eventualmente aggiuntive emigliorative dell’offerta turistica, come la realiz-zazione di stazioni di sosta per il cambio deicavalli e il ristoro dei cavalieri, posizionate adistanza regolare. In ogni caso, le progettazioni già eseguite ciconsentono, fin da subito, di offrire un piace-vole soggiorno nella terra dei tratturi.

CC. MM. Alto Tammaro-Fortore-Ufita: Guida al trekkingdella transumanza- 1988.

Istituto Storico G.M. Galanti - Atti del convegno: Sullevie della transumanza, Guida editore.

Regione Campania-Comunità Montana Alto Tammaro:Nel territorio dell’Alto Tammaro c’è…, Edizione ’96.

Comunità Montana Alto Tammaro: Sulle vie della transu-manza. Un affascinante itinerario lungo il tracciato delregio tratturo Pescasseroli-Candela, 2005;

CC. MM. Alto Tammaro-Fortore: Itinerari del tratturo,2005.

BIBLIOGRAFIA