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Centro Di Della Edifimi SRL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Prospettiva. http://www.jstor.org Centro Di Della Edifimi SRL Bernardo Rossellino a Roma. Il. Tra Giannozzo Manetti e Giorgio Vasari Author(s): Francesco Caglioti Source: Prospettiva, No. 65 (Gennaio 1992), pp. 31-43 Published by: Centro Di Della Edifimi SRL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/24431633 Accessed: 21-01-2016 19:52 UTC Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at http://www.jstor.org/page/ info/about/policies/terms.jsp JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. This content downloaded from 192.133.28.4 on Thu, 21 Jan 2016 19:52:03 UTC All use subject to JSTOR Terms and Conditions

\u003eBernardo Rossellino a Roma. II. Tra Giannozzo Manetti e Giorgio Vasari\u003c, in “Prospettiva”, 65, gennaio 1992, pp. 31-43

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Bernardo Rossellino a Roma. Il. Tra Giannozzo Manetti e Giorgio Vasari Author(s): Francesco Caglioti Source: Prospettiva, No. 65 (Gennaio 1992), pp. 31-43Published by: Centro Di Della Edifimi SRLStable URL: http://www.jstor.org/stable/24431633Accessed: 21-01-2016 19:52 UTC

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Bernardo Rossellino a Roma. II. Tra Giannozzo Manetti e Giorgio Vasari Francesco Caglioti

Riguardo al Rossellino, la lettera del 12

agosto 1456 diventa ora l'attestazione d'archivio più sicura e vincolante, di con tro alle deboli tracce nella contabilità

pubblicata, sulla sua attività romana*.

Seguendo da vicino nel tempo la celebre notizia datane da Giannozzo Manetti nel De vita ac gestis Nicolai Quinti Summi

Pontifìcis, e ripresa un secolo dopo da

Giorgio Vasari, le parole di Giovanni de' Medici perdono ogni genericità, assicu randoci che è proprio al Rossellino che intendono riferirsi: e viceversa, avvalo rando il dettato della fonte letteraria più antica, invitano a riconsiderarne attenta mente il carattere di irrinunciabile, pal pabile testimonianza storica.

Dopo più d'un secolo di dibattito, parti colarmente intensificatosi negli ultimi

tempi, la storiografia sull'architettura

non sembra ancora in grado di trovare un to il recupero statico, il rafforzamento e orientamento comune a proposito del la- la parziale ricostruzione, in forme gran scito di Niccolò V; e nei dubbi e negli diose, della Basilica di San Pietro. La entusiasmi che investono di volta in volta centralità letteraria del committente e

gli studiosi, gli interrogativi intorno alle delle sue intenzioni non lascia mai spazio ragioni e al significato della biografia ma- al Manetti per un nome d'artista, con la nettiana del papa - uno dei testi più citati sola vistosa eccezione di " Bernardus Flo da quanti si occupano della Roma quat- rentinus". trecentesca - giocano com'è ovvio un Si tratta d'un riferimento veramente ra ntolo portante.1 È noto infatti che prò- ro, che il Vasari un secolo dopo non

prio il Manetti si è soffermato nel modo avrebbe potuto ignorare. Quando pre più ampio sulla passione di Tommaso parò gli accrescimenti giuntini all'edizio Parentucelli per l'edilizia.2 Egli ci parla ne del 1550, ne fece anzi largo uso. Chissà d'un grandioso piano concepito dal papa che a ciò non lo esortasse qualche suo

per il restauro e il rinnovamento dell'Ur- conoscente d'ambiente clericale e di elet be e di alcuni rilevanti siti dello Stato ta erudizione, magari Paolo Giovio in ecclesiastico: un piano che sembra aver persona. Fu così che la vita torrentiniana forti pretese di un'inaudita organicità, e di Antonio Rossellino, scultore fiorentino che l'umanista ci descrive con incondi- si mutò in una Vita d'Antonio Rossellino zionato entusiasmo, lasciandoci sulle scultore e di Bernardo suo fratello.3 E

prime col fiato sospeso. Questo sistema quello che nella princeps era stato un fu di interventi si sarebbe dovuto articolare gace accenno al fratello maggiore di An a Roma in cinque punti essenziali: l'anti- tonio come autore della tomba Bruni, ca cerchia delle mura aureliane e leonine divenne un commosso elogio dell'archi sarebbe stata interamente restaurata e tetto, tutto incentrato nell'attività per la

potenziata; si sarebbe ripristinata e resti- corte romana. Nei tre secoli successivi tuita al culto la rete delle quaranta chiese alle Vite le sorti personali del Rossellino cosiddette stazionali; la ristrutturazione rimasero fedelmente legate alla fortuno e razionalizzazione del quartiere allora sa vicenda delle prime due " età "vasaria

semiabbandonato, noto come il "Bor- ne, senza subire scosse ο eccezioni rispet go", fra il Tevere e il Vaticano, avrebbe to a quella che fu la direttrice massima formato assieme alle mura una degna negli sviluppi della storiografia artistica.4 cornice per la cittadella pontificale; qui Quanto invece al Manetti, il ristretto avrebbero avuto luogo l'ampliamento e pubblico vaticano non cessava di apprez l'abbellimento del Palazzo Apostolico e dei suoi numerosi annessi, ma soprattut- l-2. Torrione di Niccolò V, Città del Vaticano.

, i.

1-2. Torrione di Niccolò V, Città del Vaticano.

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zare le sue brillanti doti di panegirista stazionali: e a tale scopo accompagnava il Magnuson s'opponeva apertamente al

curiale. Con una volontà d'indagine non volume delle sue osservazioni con una Dehio, era nel caratterizzare le coordina

inferiore al Vasari, ma diversa, e tantissi- seconda ristampa delle pagine manettia- te culturali dell'intero progetto e nella

mo, nella declinazione, se ne leggevano ne.11 La sua panoramica, condotta sul filo selezione dei protagonisti di tale storia. A

soprattutto le testimonianze edilizie, ad d'un costante raffronto tra il testo lettera- questo proposito lo studioso scandinavo

esempio sulla Basilica di San Pietro. Già rio e il corpus di documenti messo insie- scelse di muoversi con cautela estrema,

prima che nel 1734 il Muratori lo desse me ai tempi eroici della Kunstwissen- non senza il pericolo di qualche sottova

quasi integralmente alla luce nei Rerum schaft, fu sorretta da un grande sforzo di lutazione:13 l'impronta albertiana non gli Italicarum Scriptores, incastonandolo chiarezza ed equilibrio: il Magnuson di- sembrava sempre verificabile,14 e gli riu

nella sequenza diacronica delle millena- stinse in modo spesso convincente le ope- sciva soprattutto fuori luogo la figura del

rie biografie pontificie, c'era a Roma chi re realizzate da quelle rimaste sulla carta, Rossellino, ad esempio rispetto ai lavori

lo ricopiava a mano ο ne faceva stampare e mostrò bene come il programma espo- in Basilica.15 Nello sforzo di dimostrare

alcuni brani descrittivi: ad esempio Jaco- sto dall'umanista fiorentino fosse assai la piana realizzabilità delle idee niccoli

po Grimaldi nella congerie dei suoi In- meno utopico di quanto a prima vista ne, lo studioso ne tenne un po' in sordina

strumenta autentica (1619), oggi consul- possa sembrare. Il ritorno del Quattro- i forti elementi innovatori, eludendo

tatissimi,5 e Filippo Buonanni nella Tem- quasi la necessità storica d'un ricorso da

pli Vaticani Historia (1696).6 Ë Parte del committente a un pensiero al

In pieno fervore di studi positivistici, ec- tissimo delle costruzioni che, per l'incro

co il Manetti rifar capolino come fonte | ciò delle date croniche e topiche, non sarà

per la storia dell'arte. Mentre il Muntz ne mai, al di fuori d'ogni ragionevole dub

affidava alla ristampa le sezioni sulle fab- bio, altro che quello dell'Alberti.16

briche del papa,7 Georg Dehio si diede A distanza di trent'anni non mi pare si

con trasporto a cercare i presupposti este- P°ssa dire che i migliori raggiungimenti tici del progetto illustrato nella Vita. . ,._j.|Jj|f del Magnuson abbiano avuto successo.

Confortato dall'individuazione di varie % ΒρΙ· Nel 1974 Carroll William Westfall ha de

tangenze col De re cedificatoria, terminò dicato a Niccolò V e all'Alberti un'intera

la sua indagine su una piena fiducia nel KgJnB monografia che torna a fare largo ricorso

rapporto di Niccolò V con Leon Battista cpIS·) al Manetti, chiudendosi questa volta con

e con Bernardo Rossellino, che candidò rinnovati e più realistici accrediti a Leon

rispettivamente al titolo di consigliere e 'ΓΓ fai iBPf Μ Τ ψ IMB Battista.17 Negli amplissimi prolegomeni

progettista pontificio, il primo, e di co- gf ;m|1 |HB99Sj|M| dell'autore la base storica di partenza è

struttore capo, il secondo.8 Per il Dehio la ] "

J|| ( HBK'pMM'f IMI quella ristabilita dal Magnuson, ma vie

veridicità del Manetti era fuori discus- |ug|g§j 5j|

1 ne messa al servizio di una ricostruzione

sione, e rimaneva solo il rimpianto che la I, L Γ ' 'J teorica così ampia e sistematica che quasi morte improvvisa del papa avesse inter- |HHjUHKfa3 la sopraffà. La prosa del Manetti si carica

rotto sul nascere l'opera dell'Alberti e del ·' 1 d'un numero di valenze ideologiche e cul

Rossellino:9 un'opera che il Dehio legge- i 31 - turali troppo ampio ed eterogeneo per va in termini modernissimi, cari all'im- /.«H non riuscir sospetto: la fonte sembra sa

magine d'un Quattrocento pagano che la criticata all'estro un po' svagato dell'ico

Kulturgeschichte contemporanea s'anda- -

nologo.18 Per cui non sorprende che a

va costruendo. Nei decenni successivi, 3. chiesa di Santo Stefano ai Monte Celio fianco di questa soluzione se ne sia svi

l'interesse degli studiosi si concentrò in- (part )'Roma luppata un'altra, ancora di marca statu

vece sul problema dei lavori di Niccolò V cento ai fasti dell'Antico passava, nella nitense, e di segno in apparenza opposto, alla Basilica di San Pietro, soprattutto città sacra per eccellenza, attraverso il Charles Randall Mack, studioso del Ros

nel tentativo di capire quanti progetti ed rispetto e quasi la riscoperta paradigma- sellino, vuole chiamare alla luce tutti i

interventi, e di che portata, avessero pre- tica dei più prestigiosi spazi del culto, in dubbi e le remore del passato, e quasi ceduto nel Quattrocento la ricostruzione una parola del Paleocristiano, e non c'era cerca pretesti d'originalità nel disfatti

impietosa di Giulio II e del Bramante, perciò bisogno di tutto distruggere e tutto smo. Gli inauditi interventi costruttivi

Questo serrato processo di studi giunse sostituire. Contenuto entro i limiti d'una cui secondo Giannozzo il pontefice in

ad un'estimazione sempre più convinta e lettura sempre attenta ma anche fiducio- tendeva porre mano, e che solo in mini

rigorosa del Manetti come testimone au- sa, il Manetti riusciva inoltre a svelare ma misura potè recare a termine, tornano

torevole di una delle più delicate fasi nel- nell'ambiente di Tommaso Parentucelli - a sembrargli più una finzione dell'affe

la storia costruttiva della Basilica: ma, e al di là delle intenzioni dello stesso zionato biografo che le molte parti ben

per quanto applicata a un tema rilevan- Magnuson - la genesi di alcune fra le congegnate d'una pianificazione reale,

tissimo, la parzialità d'una siffatta fortu- dominanti della politica edilizia vaticana Da un lato vi sarebbe il concreto impegno na non doveva sfuggire a nessuno.10 nell'intero secolo successivo: direi anzi, del papa per il restauro, conservativo e

Finalmente nei nostri anni Cinquanta lo senza paura di esagerare, fino a Sisto V.12 quasi di routine, dei suoi edifici, dall'al

svedese Torgil Magnuson ritornava, con Si trattava in ambedue i casi di rivelazio- tro il vero e proprio mito che su questi

un'ampiezza inusitata, sul tema generale ni un po' tardive ma opportunissime, che doveri d'ufficio avrebbe fatto nascere la

della committenza edilizia di Niccolò Va facevano sperare nella fine d'un lungo fervida immaginativa di Giannozzo. E

Roma, tenendo fuori, fra i grandi piani periodo in cui lo scetticismo verso Nic- tutt'al più si ammette che dietro alla reto

indicati dal Manetti, soltanto le chiese colò V e il suo biografo sembrava aver rica del Manetti si nascondano gli acca

privilegiato le forme del silenzio, almeno demici otia di una letteratissima corte. In

32 [Saggi] nella storiografia più avvertita. Dove il questo senso il Mack sembra piuttosto

mmm

3. Chiesa di Santo Stefano al Monte Celio (part.), Roma.

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andar d'accordo col Westfall che contrad dirlo.19 Nel complesso si tratta di limitazioni e riserve non da poco, appena smorzate dalla possibilità di giustificare Vopuscu lum del Manetti all'interno del suo gene re, che è quello del ritratto umanistico di

taglio apologetico. Se infatti la stesura 'a caldo', ancora dentro il 1455,20 può far

sospettare nel segretario del papa una no tevole concentrazione emotiva ed ideolo

gica, con forti remore per l'attendibilità del disegno storico, è pure vero che pro prio la data precoce, aggravata dalla posi zione ufficiale dello scrittore - troppo in vista e insieme troppo a rischio -, riduce va senza scampo i diritti e gli effetti della laudatio. Ed è altrettanto vero che il cu rioso dilagare nell'opera di episodi e spunti onirici, i quali hanno assunto un

gran posto nelle più recenti letture con dotte dagli studiosi dell'Umanesimo,21 non interferisce mai con la tematica ar

chitettonica, anche la più mirabolante. I

sogni, comunque li s'interpretasse, pote vano ambire a far presa sul pubblico del

tempo, a qualunque livello di cultura: ma la cronaca delle costruzioni aveva un fre no troppo stretto nel raffronto con opere e progetti che, qualunque ne fosse l'enti tà, stavano nondimeno sotto gli occhi di tutti. Se oggi la discussione, dopo molti e molti contributi, è giunta quasi a un punto morto, bisognerà forse interrogarsi sui limiti di certe costanti della moderna prassi storiografica, soprattutto quando è in esame un'epoca delicata di svolte mol

teplici e profonde, ma anche di forte at taccamento alla tradizione e di resisten ze, come il Quattrocento. Ripercorrendo gli sviluppi dell'ultimo secolo, pare di

capire che dietro a molte voci di biblio

grafia la tensione maggiore e determi nante sia stata quella attributiva: la possi bilità cioè di dare ο togliere dei meriti all'Alberti, al Rossellino ο ad altri artisti.

Quando son venute a mancare le pezze d'appoggio per un'assegnazione sicura ed esclusiva, a volte è parso quasi che i fatti stessi non si fossero mai verificati. Sicché oggi un episodio capitale come il papato edilizio di Niccolò V tende a scomparire quasi senza rimedio dai com pendi manualistici...22 È possibile però applicare sempre e comunque alle vicen de dell'architettura, nel periodo che ci interessa, il metodo selettivo dell'attribu zione, lo stesso che si adopera, e non sempre con la flessibilità opportuna, per le serie figurative? E che senso ha provar visi nel caso di un'operazione di così am

pio respiro come quella niccolina, dove è altro che a una discreta, e sia pure decisi chiaro che non una sola squadra di artefi- va, consulenza. Il suo marchio dunque ci né un solo capomaestro potevano esse- non dovrà risaltare da ogni elemento del re coinvolti, e che se anche un'idea di progetto. E d'altronde chi mai può affer massima presiedeva al tutto, coll'avanza- mare che un'applicazione delle molte e re dei lavori essa doveva andar soggetta a stratificate idee del De re (edificatoria do infinite, svariatissime correzioni, a co- vesse portare a un autentico stravolgi minciare da quelle imposte dalle opere mento della città medievale? In fondo è già esistenti? L'unica persona su cui si l'Alberti stesso a fornire, nel decimo li possa essere seccamente sicuri sembra bro, proposte di restauro per il piedicroce quella del committente: tutte le altre non vaticano.23 Non resta perciò che affidarsi saranno mai delle comparse assolute, alla pazienza archeologica di quanti in Così, ad esempio, l'apporto dell'Alberti, passato - con i documenti, i disegni, gli qualora lo si debba ribadire, come io prò- avanzi murari - hanno avviato lo sforzo pendo a credere, non giungerà forse ad di ricostruzione delle opere eseguite, di

4-5. Chiesa di Santo Stefano al Monte Celio (particolari), Roma.

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quelle perdute, di quelle soltanto previ- vrebbe ricondotto a Giannozzo, oltre che

ste; e a un generoso concorso di tutte le al Vasari, il coinvolgimento del Rosselli fonti letterarie disponibili: cercando no in tutte le imprese niccoline.24 E nes

però di procurarsene un'esegesi rispetto- suno da ultimo si sarebbe sobbarcato al sa. compito, veramente improbo, di confu Io mi limiterò a quest'ultimo compito, tare una per una le molte attribuzioni a dedicandolo in primo luogo al Rosselli- Bernardo che si pretende di trovare nel no. A ritornare per l'ennesima volta sul- testo quattrocentesco.25 Il Manetti men

l'argomento, fuori da ogni schieramento ziona infatti il Rossellino solo e soltanto di metodo e d'idee, emerge con forza il come direttore dei lavori di ammoderna timore che pochi storici dell'arte si siano mento della Basilica Vaticana, e qualsiasi dati la pena di leggere per intero la prin- ragione d'ordine lessicale e sintattico

ceps del Muratori, ο anche solo gli estrat- esclude categoricamente che lo scrittore

ti'edilizi', un po'deformanti, del Miintz abbia inteso dire di più. Una cosa è il e del Magnuson. Nessuno altrimenti a- latino di Giannozzo, altra la strabiliante

BASILICA Dl COSTANTINO

BASILICA Dl NICCOLd V:

□ PROGETTO NON REALIZZATO

^■1 MURAGLIA' DEL ROSSELLINO

34 [Saggi]

6. Ricostruzione del progetto di Niccolò V per la Basilica di San Pietro in Vaticano, secondo la proposta di Giinter Urban (1963).

epitome in volgare prodotta nel Vasari

giuntino da una semplice svista di lettu ra. Il nome dell'architetto compare nel referto manettiano solo verso la fine, strettamente racchiuso nella sezione de dicata al "Tempio Vaticano" ed in colle

gamento obbligato con quest'ultimo: "Nam [pontifex] cum eo solo [scil. Ber

nardo] omnia ad prcedictam fabricam pertinentia communicabat".26 Il Vasari

invece, che secondo la sua stessa ammis sione dipende per Bernardo dalla fonte

umanistica, ha fatto riverberare questo tratto sul resto della descrizione.27 Cadono così sul nascere tutte le assegna zioni a Bernardo di lavori architettonici nello Stato della Chiesa. E cadono anche molte attribuzioni romane. In questo senso la computisteria camerale e la lette ra medicea finiscono per dire quasi di più dello stesso Manetti: così che l'umanista ottiene con la sua versione, ritornata ve

rosimile, un'ulteriore patente d'autore volezza.28 Allo stato attuale delle ricerche la soluzione più sensata sembra perciò quella di leggere dietro le "grandi mura

glie" citate da Giovanni de' Medici alme no la partecipazione al rischioso innalza mento del Torrione Vaticano29 (figg. 1 -2) e il ripristino della chiesa di Santo Stefa no al Celio (figg. 3-5), che i registri di Tesoreria riconoscono al Rossellino.30 Ma anche, e qui sta il punto, qualcosa di

più: la direzione dei lavori alla tribuna di San Pietro e al Palazzo del Papa. Il senso

generico dell'espressione usata nella let tera non lascia dubbi almeno sulle pro porzioni dell'impegno. E si rammenti che Giovanni era fresco testimone ocula

re, avendo visitato Roma appena un anno

prima, giusto quando l'ambizioso papato edilizio dell'amico di famiglia s'era bru scamente concluso, e prendeva a monta re l'inquietudine del circolo vaticano sul le intenzioni del nuovo, diversissimo mo narca. Se con gli Sforza Giovanni s'era intrattenuto a parlare, nell'estate del'55, dei primi, sorprendenti busti di Mino, avrà pure decantato le opere del papa defunto, come suggerisce l'uso enfatico del dimostrativo nella presentazione epi stolare delle "muraglie".31 Ma ecco dunque il Rossellino in Basilica. Il problema delle opere di Niccolò V a San Pietro e dei loro autori è un altro fra i

più controversi di tutta l'architettura del

Quattrocento, e nondimeno uno dei più importanti. Da una sua dosata imposta zione sembrano particolarmente dipen dere le sorti degli studi su tutto il primo Rinascimento a Roma. E se le ricerche sulla scultura e la pittura in quest'area e in quest'epoca non hanno ancora trovato la strada maestra, molto si deve forse al

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mancato incontro fra le competenze e gli sforzi dei diversi settori disciplinari. L'esperienza di Niccolò V in Basilica, posta al centro del secolo e del mondo, sembra illuminare in modo più ο meno

diretto, ma costante, il rapporto che l'arte

praticata a Roma durante il primo Rina scimento riuscì a intrecciare con l'anti chità classica, con quella sacra, con la

geografia artistica contemporanea, e la Toscana soprattutto. Date queste pre messe, sarebbe audace sperare di risolve re qui le implicazioni maggiori del tema, ο anche solo di schizzarne un quadro soddisfacente. Insisterò perciò a tentare la fortuna con le fonti, sepolte in tanto dibattere sotto la mole delle tesi e antitesi recenti. Com'è noto, allorché Giulio II e i suoi architetti si posero il problema di rinno vare il santuario principale del mondo

cattolico, trovavano già, ad ovest del tran setto e dell'abside dell'antica fabbrica co

stantiniana, le poderose fondamenta di un lungo muro perimetrale parallelo al transetto e fortemente incurvato al cen tro in forma di tribuna (fig. 6).32 Si tratta va dei resti delle opere finanziate mezzo secolo addietro da Niccolò V, e rimaste interrotte alla sua morte ο poco prima: le

spese registrate a questo scopo nei libri di Camera vanno dal giugno 1452 a tutto il 1454.33 Scopo di papa Parentucelli era stato di rifare in forme grandiose la cro

ciera, l'abside e il transetto del tempio paleocristiano, per adeguarli alle esigen ze liturgiche e cerimoniali di una corte

sempre più affollata e fastosa: il resto della basilica sarebbe stato consolidato, regolarizzato, risarcito, ripulito, non ri costruito.34 Benché nel 1470 Paolo II si fosse preoccupato di riprendere e portare avanti i lavori alla tribuna, si deve pensa re che riuscisse a ottenere ben poco: mo riva infatti appena l'anno dopo.35 Le fon damenta di Niccolò Y avevano uno spes sore di tredici braccia (cioè di quasi sette metri e mezzo) e si elevavano di tre brac cia (circa un metro e settanta centimetri) al di sopra del terreno: sono misure tra mandateci rispettivamente da Mattia Palmieri (Pisa, 1423 - Roma, 1483) nel V Opus de temporibus suis, scritto dopo il

1475,36 e da Ascanio Condivi nella Vita di

Michelangelo.1''' Le attestazioni di questi scrittori trovano diretto riscontro, alme no in pianta, su alcuni disegni cinquecen teschi relativi all'edificazione della nuo va crociera vaticana. Uno in particolare è

7. Giuliano da Sangallo: pianta parziale della Basilica costantiniana di San Pietro e della 'Muraglia' di papa Niccolò V, e progetto in pianta per il San Pietro di Giulio II. Firenze, Gabinetto Disegni e Stampe degli Uffizi, A 20.

stato citato e pubblicato infinite volte: il cenda del San Pietro, numero A 20 del Gabinetto degli Uffizi Quando, fra il Cinque e il Seicento, prese (fig. 7), attribuito per lo più al Bramante avvio in Vaticano, col concorso di tecnici ο al suo stretto giro, e che ora Howard ed eruditi, quella vasta tradizione di stu Saalman propone con buoni argomenti di sulle antichità sacre che arriva ininter di trasferire all'autografia di Giuliano da rottamente fino ai nostri giorni, la cono

Sangallo.38 Esso mostra, con la planime- scenza del Vasari giuntino, ma anche e tria del vecchio San Pietro e le idee del- soprattutto del manoscritto del Manetti, l'architetto moderno fra il 1505 e il 1506 portò ad identificare senz'altro la tribuna - cioè alla vigilia dell'ultimo cambio di quattrocentesca con quella che di fatto

programma nella posa della prima pie- Giannozzo riferisce a Bernardo. Fu così tra -, anche un chiaro tracciato della che l'architetto Martino Ferrabosco (f 'muraglia' niccolina: ed è noto come que- 1623), ricostruendo a penna e per intero st'ultima avrebbe fortemente condizio- la forma ideale del San Pietro di Niccolò nato la successiva, travagliatissima vi- V sulla base delle informazioni storiche

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passategli dal notaio Jacopo Grimaldi, e dei "cuiuscumque gradus magistri et Adriani molem valido muro circumdare ag la definì "Pianta Templi Vaticani, professores".44 II che peraltro conferma gressus, quo suos illic tuto collocarci, opus

quodNicolaus V, Bernardo Roselino Fio- con quanta cautela vadano maneggiate, e magna ex parte absolvit.

rentino Architecte, inchoaverat, parum- non solo nel caso specifico, le liste di Condere ^VSTtLmf°aci?·fondamente que inchoatum, mterceptus obitu Nico- spesa relative ai lavori d'architettura.45 murumque ulnarum tredecim erigit, sed ma laus Pontifex, imperfectum postea èva- Forse allora non è accidentale che il Ros- gnum opus, ac cuivis veterum asquandum, nuit".39 E da qui venne alla tribuna quat- sellino compaia a Roma giusto alla vigilia Primo Leonis Baptiste Consilio intermittit;

trocentesca la designazione di "Coro del dei grandi lavori niccolini alla Basilica, e ™ors deiI?de 1"1"1Ì"ura dlsruPlt·.

r, „· „ B. , uiimtwumaiiaijMiuui.ç Leo Baptista Albertus, vir ingenio praeditus

Rossellino . vi si trattenga fino alla morte del papa e acuto et perspicaci bonisque artibus et doctri Questa convenzione ha attraversato tre- un po' oltre: quasi sceso apposta da Fi- na exculto, eruditissimos a se scriptos de ar cento anni, per entrare in crisi nel nostro renze per dare il suo contributo alla gran- chitectura libros Pontifici ostendit"47.

secolo. Ed è francamente curioso che a de iniziativa vaticana, e rimasto poi in L'ultima parte di questo triplice passo, bandirla ο tacerla siano stati, fra gli stu- attesa di capire gli sviluppi del progetto posto sotto l'anno 1452, è l'unico riferi

diosi, proprio quelli che con pazienza sotto il successivo pontefice, cioè le possi- mento antico a dare un termine cronolo hanno dimostrato come la lunga descri- bilità di una conferma all'ambito impie- gico preciso sulla composizione del De re zione manettiana trovi nei disegni cin- go. œdificatoriœ. come tale ha goduto di lar

quecenteschi e nei resoconti eruditi della Spetterà allora a persone più competenti ghissima risonanza nell'ultimo secolo, Controriforma(T.Alfarano,J.Grimaldi) in materia di costruzioni stabilire se al anche se pochi sono disposti a credere una conferma sostanziale, spesso fino a Rossellino vada restituita, oltre alla cari- che nel '52 i dieci libri albertiani fossero riscontri minuti: mantenendo così sem- ca che gli attribuisce il Manetti, la pater- completamente elaborati.48 Non meno

pre viva, attraverso le variazioni d'umore nità dei famosi resti che ancora nel Cin- fortunati però sono stati i primi due ca della storiografia, la funzionalità più au- quecento richiamavano alla memoria le poversi del Palmieri. Se mi concedo qui tentica del testo.40 coraggiose spese di Niccolò V per la tri- questa digressione, è perché la loro eco s'è Da una parte è stato notato come il Ros- buna:46 il che in pratica, per quanti si fatta sentire più nella moderna bibliogra sellino non compaia mai in maniera spe- siano addentrati un po' nella svariata bi- fia del Rossellino che in quella dell'Al cifica nei pagamenti riguardanti la basili- bliografia sulle origini del San Pietro mo- berti. Quanti sono infatti gli studiosi che ca.41 Dall'altra la lettura distorta del Ma- derno, equivale al peso da conservare ο hanno negato ο taciuto ogni coinvolgi netti, cioè sotto l'influsso diretto ο indi- togliere alla non meno celebre testimo- mento di Bernardo nella tribuna vatica retto del rimaneggiamento vasariano, ha nianza di Mattia Palmieri che riguarda na solo per quel"l 452" che nell'edizione

impedito come s'è visto di far riemergere questa impresa, ο piuttosto alla data sot- del Tartini accompagna la triplice notizia in tutto il suo valore, dalla massa indi- to cui l'autore la pone nella sua crona- palmieriana? Man mano che scendeva il stinta delle presunte attribuzioni anti- ca. credito del Manetti come 'attribuzioni

che, l'unica effettiva, che è quella che ora Più di vent'anni dopo il Manetti, un'altra sta', montava quello del Palmieri, fino a

ci interessa. Ecco allora il Manetti: fonte umanistica ritornava infatti sul- valicare tutti i limiti impliciti nel dettato

"Si Hiram quoque Tyrensem famosissimi l'edilizia vaticana di Niccolò V, tirando della Cronaca.

templi Salomonis non architectum, sed singu- in causa expressis verbis, e sia pure senza Se i lavori di Niccolò V alla tribuna si larem jeris magistram opificemque aerarium, un'attribuzione positiva, l'operato d'un fermarono nel 1452, Bernardo non può de sapientia, intelligentia ac doctnna, et de t τ·Γ . ,, . , ,, < ,.,

sculpendi arte statuariaque, sacris libris ap- artista > 1 Albertl· Era appunto Mattia essere 1 autore della muraglia pervenu

prime laudatum fuisse novimus; quanto nos pisano, il cui Opus de temporibus suis si ta a Giulio II: a quella data era infatti a

maiores Nicolao nostro laudes largiri praebe- adagiava, con facili garanzie di successo, Roma da pochi mesi. A lui tutt'al più reque impellimur, qui suopte ingenio suaque nej soico d'una squisita tradizione crono- sarebbe spettata l'attuazione del progetto

rii^u^'i^œfectos^on a?nhSa °comtituih graflca· .®isogna7

aggiornare sugli ulti- descritto dal Manetti: ma questo dunque

atque illis omnibus Bernardum nostrum Ho- mi pontificati il lungo racconto delle vi- non può che ritenersi posteriore al 52, e

rentinum peregregium latomorum magi- cende umane cominciato in lingua greca deve esser restato lettera morta a causa strum unum precesse voluit, cui ceteri omnes, da Sant'Eusebio di Cesarea, voltato in della scomparsa del papa. In ogni caso sive operarli, sive baiuli, sive opifices, et cuiu- [adno e proseguito da San Girolamo, fino non è al Rossellino, bensì ad Antonio di

ponfificiafdumtaxirïesÎgration^ adUum a divenire, non senza sovrapposizioni e Francesco da Firenze e a Beltramo di

guem obtemperarent? Nam cum eo solo om- riprese dalle epoche più remote, il cimen- Martino da Varese che si riferiscono in

nia ad prœdictam fabricam pertinentia com- to di infiniti autori medievali, fra cui prevalenza i pagamenti superstiti per la municabat".42 Prospero d'Aquitania (sec. V), Cassiodo- tribuna niccolina, e sarà uno di questi

In una siffatta situazione, così nitida- ro (sec. VI) e Hermann von Reichenau maestri il responsabile dei lavori rimasti

mente spiegata, forse non ci si deve aspet- (sec. XI). Ultimo della serie era stato interrotti.49 Tali mi sembrano, in sintesi,

tare dei pagamenti espliciti al Rossellino l'umanista fiorentino Matteo Palmieri, gli argomenti che hanno avuto maggior

per la tribuna. Non bastava l'alto stipen- cui succedette, in un curioso accozzo di peso finora.50 Essi comportano pratica

dio, il più alto per un artista di Curia, che omonimia, il collega di Pisa, attivo alla mente che negli ultimi anni di Niccolò V

gli veniva regolarmente versato - lo sap- corte romana come segretario papale, il progetto della tribuna abbia conosciuto

piamo da numerose attestazioni - come Dopo la fortunata edizione settecentesca almeno due stadi distinti e successivi:51

"ingegnere di Palazzo"?43 La concordan- di Giuseppe Maria Tartini nel suo Addi- una soluzione che, già di per sé poco

za fra le fonti scritte sembra piena, e ci tamentum Muratorianum, la cronaca di economica a livello di ipotesi, è contrad

avverte che mai nei conti di Basilica tro- Mattia sarebbe oggi quasi affatto dimen- detta dalla sostanziale aderenza del reso

veremo Bernardo confuso fra le file degli ticata, se non fosse proprio per Leon Bat- conto del Manetti alla condizione ultima

"operarli", dei "baiuli", degli "opifices" tista: del muro niccolino.52 Unica via d'uscita

"Pontifex [Nicolaus V], tum iuga Vaticani sarebbe allora 1 illazione che questo sia

36 [Saggi] tum pontificias aedes ad Tybrim usque et stato realizzato dopo l'interruzione del

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l'Alberti: il che porterebbe la candidatura interessava che in rapporto al De re œdifi- sospetto come Maffeo Vegio, il quale al del Rossellino al di là d'ogni ragionevole catoria, è venuto forse il momento di l'indomani dell'evento stesso scriveva dubbio. Tuttavia quest'altra scelta, ancor estenderne la portata anche, e a maggior che solo la morte di Niccolò aveva blocca meno economica della precedente, sem- ragione, all'intera testimonianza del Pal- to i restauri alle mura leonine.61 bra far torto nella sostanza al dettato del mieri.60 Mentre l'ultimo capoverso ac- Che il Palmieri ci dia sui lavori vaticani Palmieri. Cerchiamo dunque di analiz- cenna a un atto ben definito nel tempo (la non il racconto d'un accadimento preci zare meglio i paragrafi di questo scritto- consegna del trattato), gli altri due hanno so, ma un quadro cronologico lasco, lo re, sia nella loro logica interna che in un tutta l'aria di voler sintetizzare una se- conferma nel capoverso successivo l'anti contesto più generale. quenza pluriennale di eventi. Si prenda cipazione, sotto il "1452", della morte Certamente l'autorevolezza del Palmieri ad esempio il primo. È possibile che i del papa: è un espediente narrativo, il non è affare da potersi liquidare in un lavori alle poderose mura leonine si siano quale perciò non esime l'autore dal ritor batter d'occhio. Mattia infatti, contem- risolti nel giro d'un solo anno? Se così nare in seguito e con più ampiezza sul poraneo dell'Alberti, era ben addentrato fosse, il Palmieri ne parlerebbe come di medesimo fatto, per porlo, questa volta nelle cose romane, vissute in presa diret- un'azione perfettamente compiuta: lad- sì, alla data giusta.62 Ne consegue che ta durante più di trent'anni passati al dove invece precisa che il pontefice rea- 1"intermissione'della tribuna consiglia servizio della Curia. A ciò va aggiunto lizzò l'opera "magna ex parte". A meno ta dall'Alberti possa aver avuto luogo in che egli doveva essere persona intima- che non si voglia supporre che i lavori di un anno qualsiasi del pontificato niccoli mente legata a Leon Battista, se questi in fortificazione s'interrompessero nel bel no. Forse però esistono degli indizi che punto di morte (aprile 1472) lo nominò mezzo del governo di Niccolò per man- aiutano a circoscrivere questa data. A me fra i suoi esecutori testamentari:53 il che canza di fondi, cosa veramente singolare pare che a Mattia non si dava nessun ci spiega come mai proprio la sua cronaca visto che il papa continuò a murare fino valido movente a ricordare l'operato di

registri con puntualità, unica fra le fonti alla fine della sua esistenza, il "1452 " del Leon Battista se esso non avesse avuto, letterarie spogliate finora, la scomparsa Palmieri si dovrà vedere al massimo co- per i lettori dei suoi tempi, un'incidenza del grande umanista.54 me termine a quo. Questa lettura trova in qualche modo definitiva, e cioè la ca Eppure fin dal 1883 uno studioso tede- una conferma esterna nella testimonian- pacità di arrestare veramente i lavori Va sco, Paul Hoffmann, nel dimostrare la za di un autore attendibile e fuori di ogni ticani, lasciandoli dove, falliti anche i sostanziale veridicità del Palmieri, ha tentativi di Paolo II, essi ancora languiva messo in guardia contro un'applicazione deik°cTsTd'Aragona: ίΠ458 no 4uand° Mattia scriveva. Evidente

troppo rigida della sua cronologia.55 Ri- Napoli, Castel Nuovo, cappella Palatina. mente, anche se il consiglio dell'Alberti

vediamone insieme gli argomenti. La li- era stato di sospendere la costruzione so sta degli eventi registrati dalla Cronaca, 1° in via temporanea, l'incalzare degli pur risalendo nel tempo fino al 1449, è ",,A '

^^8? eventi aveva determinato uno stallo irre stata stilata solo fra il 1475 e il 1483. versibile delle opere: era infatti soprag Questo ritardo giustifica alcune anoma- M

:·" giunta la morte del committente. Questo lie d'impostazione, che a loro volta lo V ^ À ^ accidentato sviluppo di cose sembra reso confermano: i veri e propri scambi di ft. Jk/ ΒΒΓ a pennello dalla sintassi: v'è un unico anni (ad esempio per la morte di Dona- ? ff < soggetto ("Pontifex") - immutato dal

tello, che slitta dal 1466 al 146856); l'au- jir Η ». l'inizio fino al penultimo verbo ("inter mento progressivo di ampiezza cui le no- f v: mittit") - che regge l'unità della lunga tizie vanno incontro man mano che ci si | L'i . r

™ frase; solo alla fine, e quasi a sorpresa, il

avvicina agli anni della redazione; la scel- «-J Nx f soggetto cambia, la "mors" si sostituisce ta, non sempre arbitraria, ma neanche al "Pontifex"; e lo scarto frale due ultime

sempre perspicua, di date precise sotto le .Β^^ΒΓ proposizioni è sottolineato, ma anche ri

quali vien posto, secondo il costume anti- i cucito, dal climax delle forme verbali co, il "floruit" di artisti e uomini di lette-

') (prima il presente, "intermittit", ad re.57 Che Mattia Palmieri non mettesse ^^Bm (JdMfc ^B esprimere il principio d'una condizione mano al suo lavoro prima del 1475 .JU ^ ^B di durata, quindi l'evento subitaneo, reso l'Hoffmann lo ricavava soprattutto dal 1 j ^B dal perfetto, "disrupit"), nonché dalla fatto che solo in quest'anno scomparve II f /

^B correlazione degli avverbi ("primo ...

Matteo Palmieri, autore della precedente Bb deinde"). Tutto il primo periodo raccon sezione della cronaca, ferma al 1448. J^B ta insomma quanto il pontefice fu in gra Questa induzione si può ribadire ora con jB i^B do di operare fino alla fine del suo man un argomento forse più probante, e cioè WkjvfljmB| J^B dato ("condere volens ... iacit... erigit ... che quando fra il 1474 e il 1476 uscì a

ΦΛΛμιjMW^B :^^B intermittit"): l'ultimo, brevissimo, ricor Milano, presso Filippo da Lavagna, la wJÊKuÊÊêBÊK.., da invece l'improvvisa e repentina fine

princeps di Sant'Eusebio e dei suoi imita- I t della sequenza. Il senso più interessante tori e continuatori, la cronaca si fermava

' . che se ne ricava è che fra il parere dell'Al

dove l'aveva lasciata Matteo fiorentino;58 berti e la scomparsa del papa non vi possa mentre l'aggiornamento di Mattia pisa- esser stata a'cuna ripresa dei lavori, forse no comparve nella seconda edizione, a '

' " M fV . neanche una grande maturazione di tem

Venezia presso Erhard Ratdolt il 13 set- JiA jé ' Pi· E difatti le opere in Basilica andarono

tembre 1483, giusto sei giorni prima del- ·. avanti d'un fiato, se si deve applicare ora la morte dell'autore più recente.39 Se all'Hoffinann la dimostrazione non BBBBI^^B^^^BBIHBK [Saggi] 37

8. Domenico Gagini: edicola mariana della casa d'Aragona, tra il 1455 e il 1458. Napoli, Castel Nuovo, Cappella Palatina.

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l'intersezione coi documenti, fino alla fi- bertiano: un episodio che fa notizia a sé, spetto in favore del coinvolgimento, alto ne del '54.63 È a questa data che va ricon- come ha mostrato l'analisi sintattica e e diramato, di Leon Battista. Sicché non dotta la testimonianza del Palmieri? Se confermato la tradizione tipografica. converrà definire il passo di Mattia Pai

sì, il Rossellino sarà il miglior candidato Visto che lo sviluppo delle argomentazio- mieri "l'unico documento che in qualche alla responsabilità di quanto avvenne fi- ni ne porge lo spunto, varrà la pena di modo connetta il nome dell'Alberti alle no a quel momento. rileggere la terza ed ultima fonte antica imprese urbane nicoline".74 Ma quest'ul Come si vede, l'unico elemento di distur- che, fra le tante sull'edilizia di Niccolò V, timo è un tema che esula affatto dal mio bo nello stato attuale delle fonti è quel ha sollecitato più direttamente inchieste contributo, e per il quale mi limito a rin " 1452" segnato a margine del Palmieri, d'attribuzione. Com'è noto, i nomi di viare al molto che ne è stato scritto.75 mentre tutti gli altri pezzi del puzzle colli- Bernardo Rossellino e di Niccolò V ap- Quanto al Rossellino, la lettura del Vasari mano: il Palmieri stesso, il Manetti, i paiono insieme in un altro luogo del Va- non può non ricordarci la sua carica di

pagamenti vaticani, la facies ultima della sari, cioè nella versione giuntina della "ingegnere di Palazzo",76 consigliando 'muraglia' niccolina, altre più preziose Vita di Leon Battista Alberti, architetto cautela agli storici delle fabbriche civili testimonianze letterarie di quegli anni fiorentino:68 vaticane e a quanti ormai negano a priori

(Pietro Godi, Maffeo Vegio).64 Servirà al- «Capitando Leon Batista a Roma a, tempo di che Bernardo possa aver avuto parte nello

lora a qualcosa notare come 1 edizione Nicola Quinto, che aveva col suo modo di sviluppo dell ala residenziale a Nord del

veneziana del 1483, che certo non dovè fabricare messo tutta Roma sottosopra, di- cortile del Pappagallo, nonché nel rima

sfuggire al controllo dell'ultimo cronista, venne per mezzo del Biondo da Furti, suo neggiamento dei bracci medievali ad Est

e in vista della quale anzi Mattia ap- Reissimo, familiare del Papa, che prima si e a Sud: lavori tutti che imponevano al .. c ι „ consigliava nelle cose d architettura con Ber- ., , . ., .,

pronto forse il suo supplemento, non re- nardo Rossellino scultore et architetto fioren- 1 architetto, anche il più estroso e arri

chì traccia alcuna dei lavori vaticani di tino, come si dirà nella Vita d'Antonio suo schiato, un minimo di rispetto per le

Niccolò V, limitandosi per Leon Battista fratello. Costui, avendo messo mano a rasset- strutture già esistenti.77 alla notizia dei libri d'architettura (sem- tare f palazzo del Papa [scil. in Vaticano]69 et Questo per quanto riguarda specifica

pre sotto il 1452). Questa lacuna ritorna a fare ^une

cose in Santa Maria Maggiore j problemi attributivi. Ma l'ap , ■ . · . ,· come volle il Papa da indi manzi si consiglio

μ , . \~y

nelle molte ristampe cinquecentesche di sempre con Leon Batista; onde il Pontefice, proccio strumentale non esaurisce affat

Sant'Eusebio, al seguito delle quali Mat- col parere dell'uno di questi duoi e coll'esse- to le potenzialità della biografia di Nic

tia Palmieri continuò ad avere vasto sue- quire dell'altro, fece molte cose utili e degne di colò V come testo d'interesse artistico. Le

cesso come storiografo durante tutto il esser lodate, come furono il condotto dell'ac- ristampe dei brani 'edilizi' dell'opera Rinascimento: per esse il testo veneziano JHa J^ontel^IuHa pSa de"Trievì manettiana realizzate dal Muntz ( 1878) e

del Ratdolt sembra aver avuto, almeno cqu quelli ornamenti di marmo che vi si veg- dal Magnuson (1958), se hanno avuto il

nella sezione del Palmieri, un valore nor- giono, ne' quali sono l'arme di quel Pontefice merito di mettere a disposizione degli mativo.65Maconciòsitoccaunaquestio- e del popolo romano".70 storici dell'arte gli estratti per loro indi

ne di portata assai più ampia, che travali- Il fatto che la sequenza narrativa conten- spensabili d'un'edizione ormai vecchia e

ca completamente i limiti di questo arti- ga un'inversione rispetto a quella reale rara, hanno tuttavia impedito, forse sen

colo, e cioè l'enorme disparità - di conte- (Leon Battista approdò infatti alla corte za volerlo, un giusto apprezzamento del

nuto, di dettato, di seriazione diacronica di Roma ben prima di Bernardo), e l'am- lo spazio e del valore che queste sezioni, - che corre fra tutte le edizioni antiche di pio discredito in cui Vasari ha attirato ed altre ancora sfuggite ai tipi degli edito

Mattia e il codice usato dal Tartini nel Manetti, con effetto reciproco, hanno ri moderni, hanno nel corpo intero dei

Settecento. Questo punto è stato finora fatto mettere quasi sempre in forte dub- l'opera: un ruolo assolutamente prima

appena sfiorato dalla filologia umanisti- bio anche questa testimonianza.71 Chi rio, al quale il medaglione del papa deve

ca,66 e richiede uno sforzo d'indagine abbia letto tuttavia per intero la Vita Ni- la sua più spiccata connotazione.78 E for

sproporzionato forse all'umbratilità del- colai Vsa bene che questo passo del Vasa- se proprio questo doppio statuto lettera

l'opera. A me preme soltanto notare co- ri ne è del tutto indipendente, e deriva rio può contribuire a spiegare le difficoltà

me, in qualunque modo si voglia scioglie- pertanto da una fonte distinta, che oggi editoriali incontrate dall'opera nei due

re il problema dei rapporti fra la tradizio- purtroppo ci sfugge.72 Manetti infatti non secoli e mezzo che ci dividono dal Mura

ne manoscritta e quella a stampa (il Tarti- fa mai parola dell'Alberti, né di lavori alla tori: essa infatti non è uno specimen uma

ni ad esempio riteneva autografo il Fontana di Trevi. Del tutto estranea al nistico nelle forme più abituali, ma nem

codice da lui pubblicato),67 il primato che suo racconto è poi quella coloritura pole- meno un piatto di pronta degustazione

finora il Palmieri ha avuto come fonte mica che fa dire al Vasari, certo in osser- per i cultori della "letteratura artistica",

sulla cronologia edilizia di Νiccolò V non vanza della sua fonte, che il papa " aveva L'architettura è con la bibliofilia la prota

si possa in alcun modo mantenere. Che i col suo modo di fabricare messo tutta gonista del secondo, il più denso, dei tre

primi due paragrafi di Mattia siano auto- Roma sottosopra". È infine molto signi- libri dell'opera, e rimane la cura maggio

grafi ο no, ne rimane salva la sostanziale ficativo che tutto ciò che è detto nella re del pontefice nel cosiddetto "testa

attendibilità, ma anche il carattere di ag- biografia dell'Alberti non si ritrovi in mento", quel lungo discorso in prima

gregati tematici senza alcuna precisione quella di Bernardo, nonostante l'esplici- persona che l'autore fa pronunciare al

temporale. In attesa allora che nuovi eie- to rimando interno, e viceversa. Questo è suo eroe sul letto di morte, al cospetto del

menti di giudizio emergano da future ri- un dato che contraddistingue l'uso delle Sacro Collegio, nel terzo libro, con

cerche, converrà metterli quasi in qua- fonti storiche nella Giuntina: lo scrittore un'amplificatio retorica che molti ormai

rantena, e prescindere in ogni caso dalla talvolta ha messo a frutto letture diverse giudicano abbastanza moderata,

data "1452". Quest'ultima rimane inve- in luoghi diversi, senza arrivare alla fu- A questo punto forse non sarà del tutto

ce valida, almeno dall'angolo visuale del sione delle testimonianze.73 Abbiamo indifferente notare che la Vita manettia

cronista, per la consegna del trattato al- così nel Vasari un'ulteriore prova a soste- na ha proprio in Giovanni de' Medici

nere la portata dell'opera romana del uno dei suoi due dedicatari. L'altro, il

38 [Saggi] Rossellino, nonché una voce di tutto ri- cardinale "Ilerdense", è il maiorchino

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Antonio de la Cerda, cubiculario di Nie- ratura sull'arte, così forse i tempi sono colò V, il quale lo elevò alla porpora già maturi per un più accurato lavoro sulle nel primo anno del suo pontificato, chia- spettanze dei committenti. Non fosse per mando lui solo in prima promotione.79 il pericolo di perdersi in schematismi, si Niccolò V lo aveva sommamente caro, e potrebbe proporre una nuova distinzione tutti lo stimavano per la sua profonda fra i due figli di Cosimo il Vecchio: e dottrina teologica.80 Giannozzo dunque vedere da una parte Piero, fermo e chiuso non potè rivolgerglisi a caso. Così come a a Firenze, tutto dedito alle sue fabbriche, caso non scelse Giovanni de' Medici, ai suoi libri, alle sue pitture, ai suoi costo

Leggiamo allora insieme al Muratori l'ul- sissimi oggetti; dall'altra Giovanni, sem tima parte della lettera prefatoria: pre aperto ai viaggi, agli scambi d'idee, ai

"[...] Novum quoddam opusculum, cuius ti- prestiti di uomini e iniziative. Lorenzo tulus est de vita ac gestis Nicolai V Summi raccoglie in un'unica esperienza questo Pontificis, ad excellentiam utriusque vestrum duplice lascito: da una parte aumenta il mittere constituimus, tamen ut ambobus, vo-

raccoglimento, tipico del padre, in mez bis de hoc nos saspenumero rogantibus, mo V1" wv uv/v Oivpvil U111V1C A V_/£,C*11 11 ly LAiJ, A11V.» . · · Ϊ <<< 1 , . rem gereremus, tum etiam ut ex praeclarissi- 20 31 Pr0Pn tesorù dall altra soprattutto mis ac celeberrimis nominibus vestris maio- porta avanti quelle forme di socievolezza rem quamdam huic opusculo nostro apud diplomatica che posson crescere talvolta quosque legentes tam seculares quam religio- su un'edilizia teorizzata e raccomandata sos homines auctoritatem nancisceremur. Ad

an7Ìché nratirata 85 Giovanni semhra in haec accedebat, quo libentius id ipsum facere- praticata. Giovanni sembra in

mus, quia nullos in utroque statu et seculari et Questo senso il miglior tramite fra Cosi

religioso, in quibus Nicolaus noster, dum vi- mo e Lorenzo, fra nonno e nipote; e come vebat, mirum in modum excelluerat, reperire alla sua morte suo padre e suo fratello ne poteramus, qui raras atque admirabiles virtù-

assunser0j ancora per p0C0; l'eredità ma tes eius magis quam vos cognoscerent, vehe- , . , , , , , . ,, mentius amareni, ardentius venerarentur. feriale, cosi e da credere che non andò

Quocirca suscipite, quœsumus, praestantissi- perduto neppure il suo modello di com me Domine [scil. Antoni] atque clarissimeVir portamento, perpetuatosi nelle attitudi [Johannes], hilari lartaque mente hoc nostrum nj (je] Magnifico quodeumque est opusculum, quod nos C; e„ „u

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praedictis causis adducti ad utrumque ve- allora sempre più importante che il

strum simul, quam vel ad alios quoscumque, nome del Rossellino sia riuscito a insi vel ad alterutrum separatim, mittere malui- nuarsi nell'esclusiva tessitura del latino mus · di Giannozzo: un luogo d'elezione ove si Dopo tanta esplicitezza di dichiarazioni, approdava soltanto per incidenza di ruo diventa facile l'ipotesi che la biografia lo politico ο spirituale, per altezza di pan manettiana, in cui intorno al protagoni- naggio letterario ο per millenaria antichi sta - offerto al lettore soprattutto come tà d'anagrafe. "Bernardus noster Floren

campione di sapienza sacra - è squader- tinus, peregregius latomorum magi nato un vasto repertorio di erudizione ster...": era anche questo per il Manetti testamentaria, e nella quale d'altro canto un modo di ammiccare al destinatario la parte 'urbanistica' e architettonica at- dello scritto? Direi proprio di sì, vista la

tinge uno sviluppo veramente insolito, calda commendatizia spedita pochi mesi abbia in Antonio de la Cerda e in Giovan- dopo da Giovanni al castello di Milano, ni de' Medici i rispettivi destinatari - Ma qui ο il duca era in definitiva conten nonché in un certo senso i committenti - to del suo 'inzignero', purché ogni tanto di questi due principali aspetti.82 Forse qualcuno provvedesse ad instradarglielo, che Giovanni era stato uno dei più appas- ο il Filarete riuscì a salvare con un po' sionati fautori del programma edilizio d'abilità la sua vantatissima carica. Tan del papa, non senza concedersi sollecitu- t'è che Bernardo non passò mai stabil dini simili a quelle che, morto il Parentu- mente l'Appennino. Lui d'altronde era celli, avrebbe riversato sullo Sforza? E in trattenuto a Firenze dalle mille commes definitiva come poteva esser stato altri- se d'una bottega incredibilmente affer menti, visto che la filiale romana del Ban- mata, e capace di fronteggiare da sola il co Mediceo aveva finanziato tutte le voci rimpatrio di Donatello dal Veneto di spesa del fastosissimo pontificato ap- (1453-54): il Maestro infatti era troppo pena trascorso?83 Non diversamente, lo invecchiato, e poi ognuno aveva le sue ricordo, i Medici agivano, e sempre più specialità... Chi ci dice infine che Bernar avrebbero agito, alla corte di Milano, in- do, orgoglioso di aver lavorato al centro capace di tener testa ai suoi infiniti forni- del mondo, fosse disposto a rimettersi in tori senza gli anticipi che quasi giornal- viaggio per una meta sia pur di prestigio, mente arrivavano dalla sede locale della ma dove un fiorentino non poteva sentir 'premiata' casa fiorentina.84 si di casa come a Roma? Bastava del resto Come abbiamo appreso dalla filologia qualche anno di esitazione, e il nostro figurativa a redistribuire le spettanze dei architetto sarebbe stato attirato di nuovo, cataloghi ereditati dalla più antica lette- e per sempre, nell'orbita curiale. Pio II,

pago di demandare i più 'ordinari' lavori del Vaticano a qualche architetto già di

sponibile a Roma, dove poi non gli man cava l'esperienza sempre vigile dell'Al

berti, avrebbe chiamato Bernardo per af

fidargli il sogno di Corsignano. E qui, oltre alla soddisfazione di tornare a lavo rare per il sovrano pontefice, Bernardo avrebbe avuto ancora una volta il benefi cio di comparire sulla scena d'una palu data esposizione all'antica:

'"Probe egisti, Bemarde, qui nobis de futura operis impensa mentitus es. Si verum dixis ses, numquam nobis tantum auri exponen dum suasisses, neque hoc palatium nobile ne

que templum tota Italia illustrissimum modo extaret. Surrexerunt tua fallacia preclarissi ma hasc edificia, quae cuncti laudani, paucis exceptis quos edit invidiae livor. Nos tibi gra tias agimus et te inter omnis architectos nostri saeculi precipuo dignum honore cense

mus'".86

Chissà se Pio l'avrebbe scelto, senza il

precedente di Niccolò: quel papa a cui, ormai lo sappiamo, Enea Silvio più d'ogni altro s'ispirava nei suoi intenti di costruttore.87 Ecco dunque in Bernardo un altro filo di continuità fra il Vaticano niccolino e Pienza.88

Ringrazio per gli aiuti continui e molteplici la

prof.ssa Paola Barocchi. Barbara Agosti e Daniela Gallo hanno messo amichevolmente a mia disposi zione il loro tempo, leggendo con pazienza differen ti stesure di questo articolo e discutendone con me varie questioni formali. La fotografia riprodotta al n. 7 mi è stata generosamente fornita dalla dott.ssa Lucia Monaci, del Gabinetto Disegni e Stampe de

gli Uffizi.

* Per necessità editoriali, l'articolo su Bernardo Rossellino a Roma è stato diviso in due parti. La lettura di questa seconda parte presuppone la cono scenza della prima (Bernardo Rossellino a Roma. I. Stralci del carteggio mediceo), apparsa nello scorso numero di 'Prospettiva'. Per comodità del lettore, i riferimenti bibliografici comuni alle due sezioni sono ripetuti in entrambe, quando occorrono per la prima volta, in forma completa.

1 ) Son trascorsi più di due secoli dalla stampa di Ludovico Antonio Muratori ( Vita Nicolai VSummi Pontificis auctore Jannotio Manette Fiorentino [...], in Rerum Italicarum Scriptores [...], Tomi tertii pars altera, Ex typographie Societatis Palatinae in Regia Curia, Mediolani MDCCXXXIV, coli. 905-960): ma, nonostante alcuni tentativi fra Otto e Novecen to, l'opera attende ancora un'edizione critica mo derna. Le principali mende del testo settecentesco sono state segnalate da Francesco Pagnotti, La vita di Niccolò V scritta da Giannozzo Manetti. Studio preparatorio alla nuova edizione critica, in 'Archi vio della R. Società Romana di Storia Patria' XIV, 1891, pp.411 -436, che ha anche censito la tradizio ne manoscritta. Un lungo excursus sui sogni degli antichi, che il Muratori aveva volontariamente espunto dalla sua edizione (cfr. la sua In Vitam Nicolai V [...] prafatio, col. 905), è stato recuperato (sulla base del codice Laurenziano LXVI, 23) da Laura Onofri, Sacralità, immaginazione e proposte politicherà 'Vita' di Niccolò V di Giannozzo Manet ti, in 'Humanistica Lovaniensia. Journal of Neo Latin Studies' XXVIII, 1979, pp. 27-77 (pp. 73 77).

[Saggi] 39

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2) G. Manetti cit., ed. L.A. Muratori cit., in part, coll. 929-940 e 949-953.

3) Cfr. G. Vasari, Le Vite de' più eccellenti pittori scultori e architettori nelle redazioni del 1550 e 1568. Testo a cura di Rosanna Bettarini. Commen to secolare a cura di Paola Barocchi, III, Sansoni

Editore, Firenze 1971, pp.390-397: il ricorso al Ma netti è a pp.394-396.

4) Cfr. ad esempio Antonio Francesco Rau - Mode sto Rastrelli, Elogio di Antonio Rossellino, nella Serie degli uomini i più illustri nella pittura, scultu ra, e architettura con i loro elogi, e ritratti incisi in rame cominciando dalla sua prima restaurazione

fino ai tempi presenti, III, Nella stamperia di Luigi Bastianelli e compagni, In Firenze Tanno

MDCCLXXI, pp.7-10: i due eruditi epitomano la stesura giuntina e non mancano di ricordare il Ma

netti, ma tacciono sulle sculture e architetture di Bernardo in Toscana.

5) J. Grimaldi, Instrumenta autentica translatio num Sanctorum corporum et Sacrarum reliquiarum e veteri in novum Templum Sancii Petri [...], ora a

stampa come Descrizione della Basilica antica di S. Pietro in Vaticano. Codice Barberiniano Latino 2733. Edizione e note a cura di Reto Niggl, Bibliote ca Apostolica Vaticana, 1972. Il Manetti è presente alle pp.365, 396, 453-463, 501. Le pp. 454-459

corrispondono a G. Manetti cit., ed. L.A. Muratori

cit., coll. 931-940. L'erudito notaio bolognese era

praticamente interessato a tutto il 'programma' niccolino, con la sola esclusione dei restauri alla cerchia fortificata. Per una trascrizione analoga e

degli stessi tempi nel Barberiniano Latino 2062

(olim XXX, 135) cfr. F. Pagnotti, La vita dì Niccolò V cit., p.419 n.2.

6) F. Buonanni, Numismata Summorum Pontifi cum Templi Vaticani Fabricam indicantiaf.J,Lypis Dominici Antonii Herculis, Romae MDCXCVI: le

pp.60-63 presentano un'epitome delle sole sezioni relative alla Basilica (corrispondono all'ed. L.A. Muratori cit., coll. 930 e 934-938). Cfr. anche Idem, Numismata Summorum Pontificum [...] opus se cundo impressum cum correctione et additamento

[...], Ex Typographia Dominici Antonii Herculis

[...], Romae 1696 et iterum Anno Magni Jubilaei

1700, pp.47-49.

7) Eugène Miintz, Les Arts à la Cour des Papes pendant le XVe et le XVIe siècle, Ernest Thorin, Editeur, Paris, I, 1878, pp.337-351: l'antologia di

questo studioso, condotta sulla base del Muratori, non è completa.

8) G. Dehio, Die Bauprojecte Nicolaus des Fiinften undL.B. Alberti, in 'Repertorium fiir Kunstwissen schaft' III, 1880, pp.241-257, ristampato in Idem, Kunsthistorische Aufsàtze, Druck u. Verlag v. R.

Oldenbourg, Miinchen-Berlin 1914, pp.163-185.

9) La problematicità di quest'ultima convinzione è messa in evidenza infra.

10) Nel 1953 uscì a Roma, nella prestigiosa collana delle fonti per la storia d'Italia curata dall'Istituto Storico per il Medio Evo, l'ultimo volume, relativo

al Tre e al Quattrocento, del Codice topografico della città difRoma di Roberto Valentini e Giuseppe Zucchetti. È un'opera meritoria, frutto di sforzi

enormi e ancora utilissimi, nonostante i non pochi difetti connaturati a un'impresa del genere. Tanto

più perciò mi sembra significativa l'assenza totale

del Manetti dalla selezione dei testi.

11) T. Magnuson, Studies in Roman Quattrocento Architecture, Almquist & Wiksell, Stockholm 1958

(= 'Figura. Studies edited by the Institute of Art

History, University of Uppsala' IX), pp.53-214 e

tavv. I-III fuori testo. L'estratto manettiano è alle

pp.351-362: l'edizione è oggi la più affidabile, in

quanto il Magnuson ha utilizzato gli emendamenti

del Pagnotti al testo del Muratori (cfr. sopra la nota

1) e compiuto ulteriori collazioni. La scelta dei

brani, tuttavia, è ancora più limitata che nel

Miintz.

12) La continuità di questa linea fra '400 e '500 è

messa in giusto risalto soprattutto da Leonardo

Benevolo, Storia dell'architettura del Rinascimen

40 [Saggi]

to, Editori Laterza, Bari 1968, pp.209-214; e da

Ludwig Heinrich Heydenreich, in L.H. Heyden reich - Wolfgang Lotz, Architecture in ltaly. 1400 to

1600, Penguin Books, Harmondsworth 1974, pp.49-53. Cfr. ora anche James S. Ackerman, The

Planning of Renaissance Rome, 1450-1580, in Rome in the Renaissance. The City and the Myth. Papers of the Thirteenth Annual Conférence of the Center for Medieval & Early Renaissance Studies. Edited by PA. Ramsey, Center for Medieval & Early Renaissance Studies, Binghamton, New York 1982, pp.3-26, che tuttavia disattende un po' quel

" 1450"

registrato nel titolo come primo termine cronologi co: l'autore in fondo non cita Niccolò V che di sfug gita.

13) Si vedano le critiche mosse in sede di recensio ne da Léonard D. Ettlinger ('The Burlington Maga zine' CIV, 1962, p.270) e da Elisabeth Macdougall ('The Art Bulletin' XLIV, 1962, pp. 67-75: pp. 72-75). 14) T. Magnuson, Studies cit., passim.

15) T. Magnuson, Studies cit., in part, pp.213 214.

16) Cfr. L.D. Ettlinger in 'The Burlington Maga zine' cit.; E. Macdougall in 'The Art Bulletin' cit., p.75; e Richard Krautheimer, Fra Angelico and -

perhaps - Alberti, in Studies in Late Medieval and Renaissance Painting in Honor of Millard Meiss. Edited by Irving Lavin and John Plummer, New York University Press, New York 1977, pp.290-296 (p.290 n.l).

17) C.W. Westfall, In This Mosi Perfect Paradise.

Alberti, Nicholas V, and the Invention of Conscious Urban Planning in Rome, 1447-55, The Pennsyl vania State University Press, University Park and London 1974. La traduzione italiana (L'invenzione della città. La strategia urbana di Niccolò V e Alberti

nella Roma del '400, La Nuova Italia Scientifica, Roma 1984) è inservibile per l'eccessivo numero di errori.

18) Cfr. anche le critiche mosse al Westfall dalla recensione di E. Macdougall, in 'The Art Bulletin'

LXI, 1979, pp.309-312.

19) C.R. Mack, Bernardo Rossellino, L.B. Alberti and The Rome of Pope Nicholas V, in 'Southeastern

College Art Conférence Review' X, 1982, pp.60-69, e Idem, Nicholas the Fifth and the Rebuilding of Rome: Reality and Legacy, in Light on the Eternai

City. Observations and Discoveries in the Art and

Architecture of Rome, 'Papers in Art History from

The Pennsylvania State University' II, 1987, pp. 31-51. Più moderato del Mack verso il Manetti è Charles

Burroughs, A Planned Myth and a Myth of Plan

ning: Nicholas Vand Rome, in Rome in the Renais sance cit., pp. 197-207, e Below theAngel: an Urba

nistic Project in the Rome of Pope Nicholas V, in

'Journal of the Warburg and Courtauld Institutes'

XLV, 1982, pp.94-124, che concentra il suo scettici

smo sul tema della ristrutturazione del Borgo: ma è

scoperto il tentativo di minimizzare il valore della

tradizione per dare risalto, un po' incongruamente, alla novità delle proprie ricerche, dedicate ai lavori

edilizi nell'area di Ponte intorno a San Celso.

20) La data si ricava dall'interno del testo, dove

verso la fine è detto: "maximam quamdam de

precipua et admirabili cunctarum virtutum Calisti

Tertii novi Pontificis excellentia spem nuper susce

pimus", e si accenna all'ultimo conclave come ad un

evento recente (ed. L.A. Muratori cit., col. 958). Già

nel 1455, del resto, Gherardo di Giovanni del Ciria

gio allestiva un codice dell'opera per Giovanni di

Cosimo de' Medici (cfr. per tutto F. Pagnotti, La

vita di Niccolò Vcit., pp.411 η. 3 e 415-416; e Vitto

rio Rossi, L'indole e gli studi di Giovanni di Cosimo

de'Medici. Notizie e documenti, in 'Rendiconti del

la Reale Accademia dei Lincei. Classe di scienze

morali, storiche e filologiche', serie V, II, 1893,

pp.38-60 e 129-150: p.54).

21 ) Mi sembra che L. Onofri, Sacralità, immagina zione cit., si sia lasciata andare a un'interpretazione

troppo soggettiva, nascondendo il testo sotto il peso di molte superfetazioni. Assai più compassato e 'coi

piedi per terra' era rimasto invece Massimo Miglio, Una vocazione in progresso: Michele Canensi, bio

grafo papale, in 'Studi Medievali', serie III, XII, 1971, pp.463-524, che ho letto nella riedizione in

Idem, Storiografia pontificia del Quattrocento, Pà tron Editore, Bologna 1975, pp.61-118 (cfr. in part. pp.98-111).

22) Un esempio a caso: Renato De Fusco, L'archi tettura del Quattrocento in Italia, UTET, Torino 1984.

23) De re (edificatoria, X 17. Cfr. anche I 10.

24) Cfr. invece ad esempio Gaetano Milanesi, ne Le Vite de'più eccellenti pittori, scultori e architetti, di Giorgio Vasari, pubblicate per cura di una Società di amatori delle Arti belle, Felice Le Monnier, Firen

ze, IV, 1848, p.55 n.4*, e ne Le opere di Giorgio Vasari con nuove annotazioni e commenti di Gaeta no Milanesi, G.C. Sansoni, Editore, Firenze, II, 1878, p.539 n.3*; E. Muntz, Les Arts àia Cour des

Papes cit., 1,1878, pp.79-80; G. Dehio, DieBaupro jecte cit., pp.241-242; L.H. Heydenreich - Frieda

Schottmiiller, Rossellino, Bernardo, in Ulrich Thie me - Felix Becker, Allgemeines Lexikon der bilden den Kunstler von derAntike bis zur Gegenwart, E.A.

Seemann, Leipzig, XXIX, 1935, pp.42-45 (p.43); T.

Magnuson, Studies cit., in part. pp.88,91-92 e η.62, 213; L.H. Heydenreich, in L.H. Heydenreich - W.

Lotz, Architecture cit., p. 52; Idem, Il primo Rinasci mento. Arte Italiana 1400-1460, Rizzoli Editore, Milano 1974, p.71; C.W. Westfall, In This Most

Perfect Paradise cit., p. 167; R. Krautheimer, Fra

Angelico cit., p.292; C. Burroughs, Below theAngel cit., pp.123-124 e η.167; Emilia Gentile Ortona, Santo Stefano Rotondo e il restauro del Rossellino, in 'Bollettino d'Arte', serie VI, n.14, aprile-giugno 1982, pp.99-106 (p.99 e n.7 [p. 105]); C.R. Mack, Pienza. The Création of a Renaissance City, Cornell

University Press, Ithaca and London 1987, p.34; Andreas Tònnesmann, Pienza. Stddtebau und Hu

manismus, Hirmer Verlag, Miinchen 1990, pp.28 e

96.

25) Lo ha fatto a più riprese C.R. Mack, Studies in

the architectural career of Bernardo Rossellino [tesi di dottorato], University of North Carolina at

Chapel Hill 1972, passim, in part. pp.VII, 161-165

e note; Idem, Bernardo Rossellino, L.B. Alberti cit.;

Idem, Nicholas the Fifth cit. Sulla sua scia si pone Francesco Quinterio, in Maestri fiorentini nei can

tieri romani del Quattrocento, a cura di Silvia Dane

si Squarzina, Officina Edizioni, Roma 1989,

pp. 100-106, ove il numero degli errori supera spes so quello delle parole.

26) G. Manetti cit., ed. L.A. Muratori cit., col. 938; ed. E. Miintz cit., p.349; ed. T. Magnuson cit.,

pp.360-361. Tutto il passo che interessa è citato più avanti nel mio testo. La traduzione italiana che ne

diede Girolamo Mancini, Vita di Leon Battista Al

berti. Seconda edizione completamente rinnovata, Stab. Tip. G. Carnesecchi e Figli, Firenze 1911,

pp.302-303, non va presa alla lettera, piena com'è, assai stranamente, di omissioni, aggiunte e sostitu

zioni.

27) Sull'uso del Manetti da parte del Vasari giunti no valgono ancora le annotazioni troppo asciutte di

Wolfgang Kallab, Vasaristudien [...], Karl Graeser &

K.ie, Wien - B.G. Teubner, Leipzig 1908,

pp. 342-343. Tuttavia colpisce che neppure questo

studioso, solitamente attento a simili dettagli, si sia

lasciato sfuggire la differenza nelle attribuzioni.

Seduce invece l'ipotesi, rimasta purtroppo senza

verifica, che il Vasari non conoscesse la Vita Nicolai

Vdi prima mano, ma attraverso una derivazione già sensibilmente accorciata: potrebbe servire a spiega re come mai egli sia incorso in una distorsione così

radicale.

28) A proposito del problematico rapporto fra la

moderna ricerca storico-artistica e la filologia, mi si

consenta una breve digressione, che rimane però nel

campo della committenza pontificia e degli artisti

toscani. Fra gli storici dell'arte è invalsa da più d'un

secolo l'abitudine di spedire da Siena a Roma il

Vecchietta nel 1460 per presentare al papa allora

regnante, il senese Pio II, un progetto per la Loggia dei Piccolomini (cfr. ad esempio Carlo Del Bravo, Scultura senese del Quattrocento, Editrice Edam, Firenze 1970, p.87, dove conseguono ipotesi sulle

relazioni fra questo scultore e l'ambiente artistico

romano; e da ultimo Anthony F. Radcliffe, in Dona

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tello e i Suoi. Scultura fiorentina del primo Rinasci mento [catalogo della mostra, Firenze, 15 giugno - 7 settembre 1986], a cura di Alan Phipps Darr e

Giorgio Bonsanti, Founders Society, Detroit Insti tute of Arts, Detroit - La Casa Usher, Firenze -

Arnoldo Mondadori editore, Milano 1986, p.218). Questa tradizione prende le mosse da una lettera scritta il 28 marzo di quell'anno dalla Repubblica di Siena a Gregorio Lolli Piccolomini con la preghiera d'intercedere in favore dello scultore, che "profici scitur ad pontificem, ferens secum ligneam figurant futuri edifitii, quam speramus sanctissimo Domi no Nostro valde placituram" (prima pubblicazione in G. Milanesi, Documenti per la storia dell'arte

senese, Presso Onorato Porri, Siena, II, 1854, p.308,n.216, che è poi il promotore dell'interpreta zione tuttora in voga: cfr. ad esempio Le vite[...] di

Giorgio Vasari cit., IV, 1848, p.209 n.2*; e Le opere di Giorgio Vasari cit., Ili, 1878, p.75 n.3* e p.88). Da Pio II, tuttavia, e precisamente dai suoi vasti Commentari, sappiamo che alla data della missiva il pontefice si trovava, è vero, fuori delle mura di

Siena, ma solo a pochi ettometri di distanza: sog giornava infatti, di rientro dal Norditalia, nel cele bre convento bernardiniano dell'Osservanza. "Mansit hic Pontifex diebus quindecim [fino al 5

aprile], Spoletano et Theanensi cardinalibus comi

tatus, ut aliquantulum quiesceret a negotiis. Non tamen aut signaturam aut secreta consistoria

praetermisit, neque audientiam negavit adventanti bus" (Pio II, I Commentarii. Edizione a cura di

Luigi Totaro, Adelphi Edizioni, Milano 1984, p.694). Quest'ultime parole, sebben dettate forse nel ricordo di qualche visitatore più altolocato, pos son valere anche per il Vecchietta. Lo scultore si recò dal papa il 28 marzo, tornandosene comoda mente a casa entro il far della sera.

29) Crollato poi in parte il 31 agosto 1454 (cfr. Amato Pietro Frutaz, Il torrione di Niccolò V in Vaticano. Notizia storica nel V Centenario della morte del pontefice umanista [...], Tipografia Poli

glotta Vaticana, 1956, p. 18 e n.2).

30) Sul Torrione hanno scritto in part. A.P. Frutaz, Il torrione di Niccolò Vcit. (cfr. pp. 15-22 e note); e C.R. Mack, Studies cit., pp.170-173 e note; Idem, Nicholas the Fifth cit., pp.33-35 e note. Il Frutaz

riporta plausibilmente l'inizio della costruzione ai primi anni di Niccolò V, ricavandone un'attribuzio ne ad Antonio di Francesco da Firenze, che era

"ingegnere di Palazzo" del papa già nel 1447 e vi rimase fino al '55, affiancato dal Rossellino a parti re dal'51. Il Mack, pur propendendo per una data zione fra il 1451 e il '52, esclude sia Antonio che Bernardo. Ma è un fatto che gli unici pagamenti per la torre di cui sia rimasto il ricordo sono indirizzati al Rossellino (vedili da ultimo in C.R. Mack, Nicho las the Fifth cit., p.50). Rimontano al 1452, e nulla vieta che abbiano un valore lievemente retrospetti vo. Sull'entità dei lavori rosselliniani a Santo Stefano cfr. ora E. Gentile Ortona, Santo Stefano Rotondo cit., che traccia in modo persuasivo lo stato della questione e fa un'utile ricapitolazione delle fonti documentarie, letterarie e grafiche disponibili. L'architetto e il suo committente trovarono le di mensioni della rotonda paleocristiana già ridotte a causa di un restauro del sec. XII (Innocenzo II), che aveva portato alla tamponatura dell'anello più largo di arcate e alla perdita dell'ambulacro maggiore: si dedicarono perciò soprattutto al rifacimento della copertura, quasi interamente perduta, e al rinnovo

dell'impiantito. Decorarono poi con gusto assai so brio un buon numero di portali e finestre. È da questi esiti che deve ripartire l'indagine futura sullo stile romano di Bernardo.

31) Franca Leverotti, Ricerche sulle origini del l'Ospedale Maggiore di Milano, in 'Archivio storico lombardo', serie X, VI, 1981 [1984], pp.77-113 (p. 96), inteipreta questo termine come "mura", "forti ficazioni". Ma l'equivalenza è nella fattispecie tut t'altro che scontata, e le va anzi preferito il significa to assai più ampiamente attestato di 'costruzioni', 'fabbriche', 'opere murarie'. Una casistica a tal pro posito mi sembra del tutto superflua.

32) La ricostruzione icnografica del San Pietro nic colino che propongo in figura è quella, più volte riprodotta, fornita da Giinter Urban, Zum Neubau

Projekt von St. Peter unter Papst Nikolaus V, in

Festschrift fur Harald Keller. Zum sechzigsten Ge

burstag dargebracht von seinen Schulern, bei Eduard Roether in Darmstadt, 1963, pp. 131-173

(p. 137 fig. 3); da L.H. Heydenreich, in L.H. Hey denreich - W. Lotz, Architecture cit., p.30 fig. 12; da

Idem, Il primo Rinascimento cit., p.365 fig. 388.

33) I documenti sono in E. Miintz, Les Arts à la Cour des Papes cit., 1,1878, pp. 122-124 e note; cfr. anche G. Urban, Zum Neubau-Projekt cit., p. 133 e η. 15 [p. 162]. 34) È questa una delle principali acquisizioni degli studi moderni: cfr. soprattutto T. Magnuson, Stu dies cit., pp. 163 ss.; E. Macdougall, ree. del preced., in 'The Art Bulletin' cit., p.73; G. Urban, Zum

Neubau-Projekt cit.; R. Krautheimer, Fra Angelico cit.

35) Cfr. E. Miintz, Les Arts àia Cour des Papes cit., II, 1879, pp.44-48 e note (coi docc.), e G. Urban, Zum Neubau-Projekt cit., p. 134 e nn. 19-20

[p. 163], 36) Matthice Palmerii Pisani opus de temporibus suis ab anno MCCCCXLIX. Ex manuscripto codice Bibliothecce Sanctœ Maria Carmeli Florentia, in

[Giuseppe Maria Tartini], Rerum Italicarum Scrip tores [...] quorum potissima pars nunc primum in lucem prodit ex Florentinarum Bibliothecarum co

dicibus, I, Ex Typographia Pétri Cajetani Viviani, Florentiae MDCCXXXXVIII, coll. 235-278 (col. 241). Per la datazione di questa cronaca cfr. più avanti. La necessità di applicare la misura di tredici ulna allo spessore (Franz Wolff Metternich) anziché all'altezza (Ludwig von Pastor, T. Magnuson) è di mostrata da G. Urban, Zum Neubau-Projekt cit., p. 135 e n.27 [p. 164].

37) A. Condivi, Vita di Michelagnolo Buonarroti, 1553, in Sammlung ausgewàhlter Biographien Va sari 's. Zum Gebrauche bei Vorlesungen herausgege ben von Cari Frey. II. Le Vite di Michelangelo Buo narroti scritte da Giorgio Vasari e Ascanio Condivi con aggiunte e note, Verlag von Wilhelm Hertz, Berlin 1887: "Era la forma della chiesa alhora [scil. nel 1505] a modo d'una croce, in capo della quale papa Nicola Quinto haveva cominciato a tirar su la tribuna di nuovo, et già era venuta sopra terra, quando morì, al'altezza di tre braccia" (p.70). G. Urban, Zum Neubau-Projekt cit., p. 136 e n.30

[p.164], propone di tradurre quest'indicazione in una misura decimale compresa fra un minimo di 1,67 e un massimo di 1,75 metri.

38) H. Saalman, Die Planung Neu St. Peters. Kriti sche Bemerkungen zum Stand der Forschung, in 'Miinchner Jahrbuch fur Kunstgeschichte', serie III, XL, 1989, pp. 102-140 (in part. pp. 114 ss., pp. 124

ss.). Per ampliare il quadro degli ultimi sviluppi di ricerca sul San Pietro cinquecentesco e i suoi pro dromi, si aggiunga Hans Hubert, ree. di Franz Graf Wolff-Metternich und Christoph Thoenes, Die frii hen St.-Peter-Entwurfe. 1505-1514. Romische For

schungen der Bibliotheca Hertziana, Band XXV, Tilbingen 1987, in 'Zeitschrift fìir Kunstgeschichte' LV, 1990, pp.226-239 (a p.235 l'autore s'attiene col Wolff Metternich "der in der jiingeren Forschung wieder vorherrschenden Zuschreibung [von UA 20] an Bramante").

39) In J. Grimaldi, Descrizione della Basilica cit., pp.459-460 (con fig.). Cfr. anche G. Urban, Zum

Neubau-Projekt cit., p. 146 e n.66 [p. 168], p. 145 fig. 6; e T. Magnuson, Studies cit., in part. pp. 177-178

(con fig.). F. Pagnotti, La vita di Niccolò Kcit., p.419 n.2, e T. Magnuson, Étudies cit., p. 177 e nn.42 e 44, informano anche su una copia secentesca, adespo ta, della pianta di Ferrabosco e Grimaldi, in Barb. Lat. 2062 (cfr. supra nota 5), fol. 100r, con la seguen te legenda: "Pianta Templi Vaticani quod Nicolaus quintus, Bernardo Rosellino architecto, inchoave rat. Sed Pontifex, morte praeventus, non potuerit perficere".

40) Cfr. G. Dehio, Die Bauprojecte cit., pp.254-255; T. Magnuson, Studies cit., pp. 213-214; R. Krautheimer, Fra Angelico cit., p.292. Deve esser stata una scelta ben ponderata quella che ha portato G. Urban, Zum Neubau-Projekt cit., nello studio più serio, informato e a tutt'oggi avanzato sul San Pietro quattrocentesco, a tacere quasi completa mente il nome del Rossellino. Così però s'è precluso

l'accesso a un confronto stilistico forse interessante:

quello cioè fra le alte pareti interne del transetto

niccolino, che l'Urban immagina scandite - fra le

campate - da due registri di colonne sovrapposte, e la facciata della cattedrale di Pienza.

41 ) Cfr. ad esempio G. Dehio, Die Bauprojecte cit., pp.254-255; T. Magnuson, Studies cit., p.213; R.

Krautheimer, Fra Angelico cit., p.292.

42) G. Manetti cit., ed. L.A. Muratori cit., col. 938; ed. E. Miintz cit., p.349; ed. T. Magnuson cit., pp.360-361.

43) Cfr. la documentazione nei testi citati nella

parte I, nota 1, del presente articolo.

44) Anche se è pacifico che a questa data il rappor to fra 'titolo professionale' e mansione non giunge quasi mai a discriminazioni nette, mi sembra che il nome di Beltramo di Martino da Varese, di cui talvolta sulla base dei documenti è stata enfatizzata l'attività per la Basilica (ad esempio T. Magnuson, Studies cit., pp. 190 e 213-214; ma anche R. Krau

theimer, Fra Angelico cit., p.292), vada una volta

per tutte estromesso dal dibattito sulla genesi del San Pietro moderno. I pagamenti ci dicono che Beltramo era un "maestro di muro" nell'accezione

più stretta, per quanto assai affermato. Possedeva anche una fornace con la quale riforniva di laterizi le squadre all'opera in Vaticano, spesso sotto la sua

sorveglianza. Era insomma un "capomastro" nel senso che all'espressione diamo noi oggi. Nei lavori della tribuna deve aver avuto il compito di fondare e innalzare soprattutto le parti in mattoni, secondo

progetti certamente non suoi. Per i documenti su Beltramo in Vaticano cfr. soprattutto E. Miintz, Les Arts à la Cour des Papes cit., I, 1878, pp. 109-110, 121-124el39.Un regesto più ampio sulla carriera è in Eugenio Battisti, I Comaschi a Roma nel primo Rinascimento, in Arte e artisti dei laghi lombardi, A.

Noseda, Como 1959, I, Architetti e scultori del

Quattrocento, a cura di Edoardo Arslan, pp. 3-61

(P.38). Diverso da quello di Beltramo è il caso di Antonio di Francesco da Firenze, posto in rilievo ad esempio da G. Dehio, Die Bauprojecte cit., pp.254-255. I documenti lo designano come "ingegnere di Palaz zo", "capomastro della fabbrica di Palazzo", "ca

pomaestro del Papa", e lo citano in rapporto alla tribuna (E. Miintz, Les Arts à la Cour des Papes cit., I, 1878, in part, pp.81-83, 111-112, 124). Qui e altrove le sue mansioni saranno state più vicine a

quelle del Rossellino. Cfr. anche la nota 30.

45) La citazione manettiana di Bernardo è limitata d'altro canto sul piano qualitativo: architetto del Tempio Vaticano è infatti il papa stesso, paragonato ai grandi committenti delle meraviglie del mondo antico, ma anche a Filone (secolo IV a.C.), progetti sta dell'arsenale del Pireo (le fonti sono molte, con tando ad esempio fra i Latini Cicerone, De oratore, I, 14, 62; Vitruvio, VII Prsef. 17; Valerio Massimo, Vili, 12, 2; Plinio il Vecchio, VII, 37,125). Bernar do invece, "latomorum magisteri', ricorda a Gian nozzo "Hiram Tyrensem famosissimi templi Salo monis non architectum, sed singularem asris magi strum, opificemque aerarium" (il raffronto testa mentario è condotto su 1° Re, V-VII, in pari. VII, e su 2° Paralipomeni, II-IV). Riportata a dimensioni letterarie più ragionevoli, la comparsa di Bernardo spiega come mai nell'opera del Manetti non si fac cia mai parola dell'Alberti. È un'assenza che già molti si sono giustamente spiegata col primato reto rico del committente e col fatto che Leon Battista non era un architetto in senso stretto. Pure, a scorre re la bibliografia sul problema, essa si avverte spes so come uno scomodo peso. Si va così da quanti ne fanno un argomentum e silentio, piuttosto debole, contro la centralità dell'Alberti nella Roma artistica di Niccolò V, a quanti all'estremo opposto sospetta no un'esclusione suggerita al Manetti da gelosia ο risentimento: quest'ultima ipotesi ricorre ad esem pio in Franco Borsi, Leon Battista Alberti. L'opera completa, Electa Editrice, Milano, 2a ed., 1980, in part. p. 32 (il volume è completamente inaffidabile sul terreno filologico); e in C. Burroughs, Below the Angel cit., p. 124.

[Saggi] 41

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46) C.R. Mack, Studies cit., p. 169, e Nicholas the

Fifth cit., p.39, accampa contro Bernardo anche

ragioni stilistiche, allegando la raffigurazione del l'alzato della tribuna vaticana offerta dal Vasari in uno dei grandi affreschi alla Cancelleria. Ma qui e in altre vedute cinquecentesche compare, come tut ti sanno, il coro provvisorio eretto sul muro di Niccolò V e Paolo II durante il pontificato di Giulio

II, e rimosso nel 1586 per far posto alla tribuna at tuale.

47) Matthiœ Palmerii opus de temporibus suis, ed. G.M. Tartini cit., col. 241. Ho riscontrato questa stampa sul codice di cui il Tartini s'è servito (cfr. ed. G.M. Tartini cit., coll. 237-238), e che nel frattempo è confluito, colla biblioteca di Santa Maria del Car mine a Firenze, nella Laurenziana (Conv. Soppr. 133, foli. 82v-83r): le mie correzioni sono minime e

comportano per lo più, indipendentemente dal ma

noscritto, l'aggiornamento della punteggiatura. Non mi risulta che Mattia Palmieri come cronista sia mai stato oggetto d'uno studio monografico. Le sue informazioni artistiche sono relativamente nu

merose, e riguardano, oltre alle rinnovate lodi di

Aristotele Fioravanti che trascrivo infra (nota 57, da

confrontare con la nota 63 della prima parte), ad

esempio la morte di Donatello (ed. G.M. Tartini

cit., col. 251, sotto l'anno 1468!).

48) Il Palmieri del resto non precisa quanti libri

Alberti presentò al papa. Un quadro ampio e chiaro del dibattito cronologico moderno è in Cecil Gray son, Die Entstehung von Albertis Decem libri de re

(edificatoria, in 'Kunstchronik' XIII, 1960, pp. 359-361, accresciuto in Idem, The Composition of L.B. Alberti's "Decem libri de re (edificatoria", in 'Miinchner Jahrbuch fur Kunstgeschichte' III, XI, 1960, pp. 152-161. Per questo autore il trattato

avrebbe raggiunto fin dal '52 la sua forma attuale, anche se imperfetta. Contro una così drastica solu

zione mi sembrano valide le sfumature suggerite da

L.H. Heydenreich in 'Kunstchronik' cit., pp.361 ss.

Alle testimonianze antiche sul De re (edificatoria raccolte dal Grayson va aggiunto un noto passo dell 'Europa di Enea Silvio Piccolomini (1458), do

ve pure non è dato il numero dei libri: "Nicolaus

quoq(ue) Perottus, Polybio e Grascis commode

atque ornate ad nos traducto; Ioannes Tortellius

Aretinus, libro de ortographia peritissime conscrip to; Albertus Florentinus, conditis de architectura

egregiis voluminibus, aliiq(ue) pene innumerabiles nova cudentes opera, eius Pontificis [Nicolai V]

gratiam meruere" (cfr. /Enea Sylvii Piccolominei

Senensis, qui post adeptum pontificatum Pius eius

nominis secundus appellatus est, opera qua extant

omnia[...][2a ed.], Ex officina Henricpetrina, Basi lea: MDLXXI, p.459).

49) Ma per Beltramo ed Antonio cfr. sopra la nota

44.

50) Spero di non far torto a nessuno se associo nel

rimando G. Dehio, Die Bauprojecte cit.,

pp.254-255; T. Magnuson, Studies cit., in part.

pp.211-214; G. Urban, Zum Neubau-Projekt cit.,

pp. 160-161 ; C.R. Mack, Studies cit., pp. 168-170 e

note; Idem, Bernardo Rossellino, L.B. Alberti cit.,

pp.63-64 e note; Nicholas the Fifth cit., pp.38-39 e

note.

51) Altro sono, nella storia del San Pietro niccoli

no, le molteplici fasi d'un progetto globale per la

basilica cui alludono le affascinanti ipotesi di R.

Krautheimer, Fra Angelico cit.

52) Quest'ultimo aspetto è ben illustrato da T. Ma

gnuson, Studies cit., pp. 163 ss.; E. Macdougall, ree.

del preced., in 'The Art Bulletin' cit., p.73; G. Ur

ban, Zum Neubau-Projekt cit., passim.

53) Cfr. G. Mancini, Il testamento di L.B. Alberti, in 'Archivio Storico Italiano' LXXII, 1914,

pp.20-52.

54) "Leo Baptista Albertus vir ingenii atque doc

trinse elegantis moritur egregio codice de architec

tura relieto": ed. G. M. Tartini cit., col. 256 (ad annum 1472).

55) P. Hoffmann, Studien zu Leon Battista Albertis

zehn Buchern: De re (edificatoria. Inaugurai

42 [Saggi]

Dissertation zur Erlangung der Doktorwiirde bei der

philosophischen Fakultàt der Universitàt Leipzig, Druck von C.G. Rossberg, Frankenberg i. S. 1883, cap. II, pp. 10-19, in part. pp. 10-11.

56) Cfr. sopra la nota 47.

57) Si veda a questo proposito la lode di Aristotele Fioravanti: "Aristoteles Bononiensis architecturse

insignis habetur, qui Iapideas turres intégras illas

sasque, subiectis fundamento lapsibus, ad alium transduxit locum": Matthia Palmerii opus de tem

poribus suis, ed. G.M. Tartini cit., col. 242, sotto l'anno 1455.

58) I dati bibliografici più esaurienti sono nel Ge

samtkatalog der Wiegendrucke, herausgegeben von der Deutschen Staatsbibliothek zu Berlin, Vili, An ton Hiersemann, Stuttgart - Akademie-Verlag, Ber lin - H.P. Kraus, New York 1978, coli. 113-114, n.9432.

59) Cfr. Gesamtkatalog der Wiegendrucke cit., Vi

li, 1978, coli. 114-115, n.9433. La data di morte di Mattia era nel perduto epitaffio in Santa Maria

Maggiore a Roma, pubblicato nella forma più at

tendibile da Christian Hiilsen secondo un codice

peutingeriano di Augusta (Stadtbibliothek, ms.

526, ora it. 23, fol. 80r): Etne Sammlung rômischer

Renaissance-Inschriften aus den Augsburger Kollek taneen Konrad Peutingers, nei 'Sitzungsberichte der Bayerischen Akademie der Wissenschaften.

Philosophisch-philologische und historische Klas se' 1920 [1921], 15. Abhandlung, p.37.

60) Già ci ha pensato in verità C.W. Westfall, In

This Mosi Perfect Paradise cit., pp. 169-171 e note, ma in modo forse apodittico, e tale da suscitare le critiche di E. Macdougall, ree. in 'The Art Bulletin'

cit., p.310. Il Westfall inoltre ha esagerato nello sforzo di dilatare le note del Palmieri ali 'intero

papato di Niccolò V. Certo lo ha fatto per una

sopravvalutazione del contenuto, limitato in fondo alle mura vaticane e alla tribuna di San Pietro.

61) I De rebus antiquis memorabilibus Basilica

Sancii Petri Roma libri IV sono un testo tanto im

portante quanto trascurato dalla storiografia arti

stica. Maffeo Vegio, primo autentico esponente del

l'archeologia sacra (cfr. Giovanni Battista De Rossi,

Inscriptiones Christianae Urbis Romae septimo sae

culo antiquiores, II, Ex Officina libraria Philippi

Cuggiani, Romae, anno MDCCCLXXXVIII,

p.344), li stese durante il pontificato di Callisto III, lasciandoli incompiuti alla morte nel 1458. Le noti

zie su fatti contemporanei ed opere d'arte risalgono tutte a un'esperienza diretta. Nel libro II, a proposi to delle mura di Leone IV, il Vegio scrive: "Hos [se.

muros] cum semirutos noviter Nicolaus V denuo

extrueret, aggressus rem longe etiam maioris animi

atque impensae, sed praestantem admodum, atque

prestanti ilio Pontifice vero dignam, interrupto medio ipso opere defunctus est" (l'unica edizione

completa, ο quasi, dell'opera, è negli Acta Sancto

rum Junii [...] collecta, digesta, commentants et

observationibus illustrata a Conrado Janningo e So

cietate Jesu [...], VII, Apud Joannem Paulum Ro

byns, Antverpias MDCCXVII, pp. 61-85: cfr. p.

71).

62) "Nicolaus Pontifex, gloriosa vita functus, Romae VIII Kalendas Aprilis diem obiit, cui post modum Philippus frater Romanae Ecclesias Cardi

nalis egregii operis monumentum in Beati Petri

tempio extruxit": ed. G.M. Tartini cit., col. 241 (ad

annum 1454, evidentemente more Fiorentino).

63) Cfr. sopra la nota 33.

64) Pietro Godi, giureconsulto vicentino a Roma, ricordò in un severo dialogo classicheggiante la con

giura anticuriale di Stefano Porcari, tristemente

consumatasi nei primi giorni del 1453. Quando uno

dei due interlocutori, nel celebrare i prosperi tempi di Niccolò V, stende un lungo e minuzioso catalogo delle benemerenze papali nell'edilizia, nota fra l'al

tro che "is summus pontifex [...] tribunal magnifi cum et sumptuosum basilicae sancti Petri, cuius

fundamentum usque ad centrum terras profundum existit et latitudinis cubitorum XXV, similiter con

stimi [,..]faciC (cfr. Horatii Romani Porcaria seu de

coniuratione Stephani Porcari i Carmen [...] primum edidit ac prafatus est Maximilianus Lehnerdt. Acce

dit Petri de Godis Vicentini de coniuratione Porcaria

dialogus [...], 1907, rist. In asdibus B.G. Teubneri, Stutgardiœ 1973, pp.64-65). Che i lavori alla tribuna venissero sospesi solo alla morte di Niccolò V, è esplicito nel De rebus antiquìs memorabilibus Basilica Sancii Petri Roma di Maf feo Vegio. All'inizio del quarto ed ultimo libro, a

proposito della distruzione recente del celebre mau soleo degli Anici che stava presso l'abside costanti

niana, l'autore scrive: "Illud primum videndum est, quod altari maiori capitique basìlica; connexum

atque extra porrectum erat, templum maius pr$ magnitudine eius quam oratorium; quod nostris

temporibus vidimus; nunc autem dirutum. Nam

quoniam Nicolaus V, cuius summa in aedificando

prae omnibus Pontificibus laus fuit, novum et in

gens ad caput basilicae (quod morte praeventus im

perfectum reliquit) aedificium fabricare ccepisset, hoc in primis templum demolitus est" (Ada Sancto rum Junii [...] cit., VII, 1717, p.78).

65) Le cinquecentine di Eusebio nelle quali com

pare anche Mattia sono almeno nove. Le prime due uscirono a Parigi nel 1512 e nel 1518, presso Henri I Estienne (ampi dati bibliografici negli Annales ty pographici ab anno MDI ad annum MDXXXVI continuati [...] opera Georgii Wolfgangi Panzer[...], Impensis Joannis Eberhardi Zeh, Norimberga;, VII, 1799, pp.564-565, n.553, e Vili, 1800, p.48, n.1019). Tutte le altre stampe ebbero luogo a Basi

lea, talvolta nell'ambito di repertori cronografici a

più voci (1529 e 1536), più spesso con gli Opera omnia di Eusebio (1542, 1549, 1559, 1570, 1579): cfr. le schede raccolte nel Verzeichnis der im deut schen Sprachbereich erschienenen Drucke des XVI. Jahrhunderts. Herausgegeben von der Bayerischen Staatsbibliothek in Munchen [...], Anton Hierse mann, Stuttgart, VI, 1986, pp.433-436, nn.E4260 E4264 ed E4266-E4267. La mia ipotesi sulla dipen denza dalla princeps si basa sul riscontro di esem

plari del 1518,1529,1536 e 1542: mal'edizione del

1518, ferma col racconto al 1512, non dev'essere che una riproposta di quella uscita in tale anno

presso il medesimo tipografo; anche le stampe di Basilea fanno tutte capo a una sola officina, quella di Heinrich Petri. G. Dehio, Die Bauprojecte cit., p.251 n.8, s'accorse che nella cronaca di Johannes Staindel da Passau

(usque ad 1508) la notizia del Palmieri sulla presen tazione del trattato albertiano è ripresa alla lettera, ma da sola: anche questo evidentemente è un prelie vo dalla princeps del 1483.

66) Posso citare solo Luigia Lanzani, L'umanista Mattia Palmieri e la sua storia "De bello Italico in 'Studi storici' XIV, 1905, pp.365-393 (pp.375-379 e

note), dove il raffronto procede fra moltissime lacu ne e sviste; e Pietro Loi, Mattia Palmieri e i suoi dieci libri "De bello Italico tesi di laurea, Universi tà di Pisa, a.a. 1926-27, pp.10-11, che dipende dalla

precedente, correggendola solo in piccola parte.

67) Matthia Palmerii opus de temporibus suis, ed. G.M. Tartini cit., col. 237.

68) G. Vasari, Le vite cit., ed. R. Bettarini - P. Barocchi cit., Ili, pp.282-290.

69) C'è chi pensa invece al palazzo di Santa Maria

Maggiore, per l'attrazione esercitata dal seguito del la frase (cfr. ad esempio Giorgio Vasari, Vite cinque annotate da Girolamo Mancini [...], Stab. Tipografi co G. Carnesecchi e figli, Firenze 1917, p.30 n.2). Ma a me pare che lo stacco della coordinazione verbale ("...a rassettare ...et a fare ...") ponga tutti i

lavori liberiani sotto la seconda parte, non a caso

generica ("in santa Maria Maggiore"): senza dire che il "palazzo del Papa" tout court non può essere

in questo contesto altro che quello vaticano.

70) G. Vasari, Le vite cit., ed. R. Bettarini - P.

Barocchi cit., Ili, pp.285-286.

71) Cfr. ad esempio già P. Hoffmann, Studien cit., in part, pp.28-29.

72) Non capisco su quale base T. Magnuson, Stu

dies cit., p.88 n.47, affermasse: "As always with

Vasari's texts, his statements must be treated with

great caution - especially in this case, where the

source of his information [il Manetti] is évi

dent".

73) Sulla mancata collazione delle notizie raccolte

dal Vasari a Roma intorno a Mino da Fiesole cfr. F.

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Caglioti, Mino da Fiesole, Mino del Reame, Mino da Montemignaio: un caso chiarito di sdoppiamento d'identità artistica, in 'Bollettino d'Arte', serie VI, n.67 (in corso di pubblicazione). Stranamente anche G. Dehio, Die Bauprojecte cit., pp.242 e 251, liquidò le parole del Vasari sull'Alber ti come frutto di una "willkiirliche Combination", anche se poi ne recuperava il senso per via d'altre fonti. Ma in una Roma completamente trasformata dai lavori degli ultimi papi lo storico cinquecente sco non aveva per una siffatta notizia altri pretesti che la tradizione: l'attribuzione come strumento euristico offriva scarsa ragion d'essere.

74) Manfredo Tafuri, "Cives esse non licere". La Roma di Niccolò Ve Leon Battista Alberti: elementi

per una revisione storiografica, prefaz. a C.W. We

stfall, L'invenzione della città cit., pp. 13-39 (p.37). Il Tafuri trascura inoltre la testimonianza di Enea Silvio (cit. sopra alla nota 48), che pur non parlando d'un rapporto operativo di Niccolò V con l'Alberti ambienta la consegna del De re cedifìcatoria in un clima di vivida intesa fra i due. Se ne ricordano G.

Dehio, Die Bauprojecte cit., p.251; P. Hoffmann, Studien cit., p. 15; G. Mancini, Vita di Leon Battista Alberti cit., p.352; C.W. Westfall, In This Mosi Per

fect Paradise cit., p. 171 e n.20. In un ideale 'stemma' genealogico delle testimo

nianze, il Palmieri e l'archetipo del Vasari si collo cano ovviamente lungo binari di discendenza ben distinti.

75) Cfr. soprattutto T. Magnuson, Studiescit., inte

grato però dalle recensioni di L.D. Ettlinger, cit., e di E. Macdougall, cit.; G. Urban, Zum Neubau

Project cit.; L.H. Heydenreich, in L.H. Heyden reich-W. Lotz, Architecture cit.; R. Krautheimer, Fra Angelico cit.

76) La bibliografia archivistica relativa è alla nota 1 della prima parte.

77) Già J. Grimaldi, Descrizione della Basilica cit., p.365, assegna a Bernardo l'ampliamento niccolino del Palazzo Apostolico, ma solo perché dipende dal Manetti attraverso la biografia vasariana dei Ros sellino.

78) Se n'è accorto almeno, fra gli storici tout court, M. Miglio, Storiografìa pontifìcia cit., in part, pp. 104-110 e note.

79) L'8 gennaio 1448 Niccolò V nominò Antonio de la Cerda arcivescovo di Messina. Dopo meno di tre mesi lo trasferi alla diocesi catalana di Lérida. Nel frattempo, il 16 febbraio, gli aveva dato il galero col titolo presbiteriale di San Crisògono. Antonio mori a Roma il 12 settembre 1459 (cfr. Konrad

Eubel, Hierarchia Catholica Medii Aevi[...]ab anno 1431 usque ad annum 1503 perducta [...], Sumpti bus et typis Librariae Regensbergianae, Monastero

MDCCCCI, pp. 10,32,35, 72,185,210; e Alfred A. Strnad, Cerdà y Lloscos, Antonio, in Dizionario

Biografico degli Italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana fondata da Giovanni Treccani, Roma, XXIII, 1979, pp.704-706). Il cardinal Cerdano fu anche destinatario àtW'Europa di Enea Silvio Pic colomini: la lettera prefatoria dell'autore, datata da Roma il 29 marzo 1458, compare solo nell'editio

princeps (Memmingen, 1490 circa).

80) "AntoniKi CardinalisHilerdensis [...] interpri mos theologwi"; "Bis cardinales [Nicolaus] creavit, et primo quidem unum tantum, Antonium natione Maioricensem, ad titulu(m) sancti Chrisogoni, que(m) sibi philosophite studiis et arcanoru(m) sacra theologiae cognitione ex omnib(us) pare(m) eligeret" (Pio II, Europa, in Opera omnia cit., pp.453 e 459).

81 ) Le differenze che si riscontrano fra la mia cita zione e il testo del Muratori (ed. cit., coll. 907-908) dipendono dalle correzioni critiche proposte da F. Pagnotti, La vita di Niccolò V cit., pp.421 e 423.

82) Quasi mai, anche fra gli storici dell'Umanesi mo, s'è posta attenzione alla duplice dedica del l'opera. M. Miglio, Storiografìa pontifìcia cit., non ne prende nota. Vi allude invece L. Onofri, Sacrali tà, immaginazione cit., p.28, ma solo per dedurne che "il Manetti sembra ancora teso verso le espe rienze del [suo] passato, nuovamente in bilico tra Roma e Firenze". Almeno la figura del "Cerdano" avrebbe dovuto stimolare la curiosità di quanti, da

E. Battisti (Roma apocalittica e Re Salomone, in Idem, Rinascimento e Barocco, Giulio Einaudi edi tore, Torino 1960, pp.72-95) a Carroll Westfall, hanno mostrato interesse, come storici dell'arte, per il sottofondo teoretico della propensione nicco lina verso le 'muraglie'. 8 3) Troppo mi allontanerei dallo scopo che mi sono

prefisso se volessi seguire questa suggestione di ri cerca. Mi limito a rinviare all'ancora utilissimo

Raymond de Roover, The Rise and Decline of the Medici Bank (1397-1494), Harvard University Press, Cambridge (Mass.) 1963 (ed. it.: Il banco Medici dalle origini al declino (1397-1494), La Nuo va Italia, Firenze 1970): un libro che tutti gli storici del Quattrocento artistico dovrebbero leggere, per evitare di cadere troppo spesso nell'astratto. Da

questo testo riprendo soltanto la notizia che alla morte di Niccolò V il debito della Curia verso i Medici ammontava alla cifra, che si commenta da

sola, di più di settantamila fiorini (cfr. in pari, p.285 e n.20). Formalmente ne era creditore Roberto Martelli, che come direttore della filiale romana del banco di Cosimo era depositario generale della Ca mera Apostolica. Fra gli storici dell'arte si ripete spesso che fosse Tommaso Spinelli il banchiere pre ferito del papa. È vero invece che lo era stato negli ultimi anni di Eugenio IV ( 1443-47), e che alla sua intronizzazione proprio Niccolò lo aveva sostituito coi Medici (cfr. R. de Roover, Il banco Medici cit., p.284): fatto tanto più significativo se si ricorda che

prima di ascendere al soglio Tommaso Parentucelli aveva esercitato per quattro anni le mansioni di

vicecamerlengo di Santa Romana Chiesa (cfr. su

quest'ultimo punto G. Manetti, ed. L.A. Muratori

cit., col. 915; e, per le date, Gaetano Moroni, Dizio nario di erudizione storico-ecclesiastica [...], Dalla

Tipografia Emiliana, in Venezia, XLVIII, 1848, p. 14). Quanto a un coinvolgimento più ufficiale dei Medici nei lavori edilizi della Curia, si tenga presen te che in uno dei luoghi più in vista del complesso vaticano, la facciata del piedicroce della Basilica, dal Quattrocento sovrastavano il visitatore le palle araldiche della famiglia fiorentina. Cosimo infatti, a detta del Vasari, aveva provveduto a rifare a sue

spese la serie dei sei finestroni. Il Vasari ne attribui sce il disegno al solito Michelozzo (Le Vite cit., ed. R. Bettarini - P. Barocchi cit., Ili, 1971, p. 237 della

Giuntina). Chissà invece che anch'essi non siano da ricondurre a Bernardo e ai tempi di Niccolò V. Il

problema però è tutto da ristudiare.

84) Cfr. ancora R. de Roover, Il banco Medici cit., passim, e in part, pp.200-202 e 373-395. La filiale medicea di Milano fu inaugurata nel 1452 e chiuse i battenti dopo la congiura dei Pazzi.

85) Per l'interpretazione degli interessi architetto nici di Lorenzo in questa chiave cfr. ad esempio Ernst Hans Gombrich, The Early Medici as Patrons of Art: A Survey of Primary Sources, in Italian Re naissance Studies. A Tribute to the late Cecilia M.

Ady, ed. E.F. Jacob, Faber and Faber, London 1960, pp.279-311, poi in Idem, Norm and Form. Studies in the art of the Renaissance, Phaidon Press Ltd., London 1966 (trad. it., Il mecenatismo dei primi Medici, in Norma e forma. Studi sull'arte del Rina scimento, Giulio Einaudi editore, Torino 1973, pp.51-83 e 211-215: pp.75 ss.).

86) Pio II, I commentarli, ed. L. Totaro cit., p. 1766.

87) Cfr. soprattutto Ruth [Olitsky] Rubinstein, Pius II as a Patron of Art, with special Reference to the History of the Vatican [tesi di dottorato], Cour tauld Institute of Art, London University, 1957, passim. Su Bernardo e i suoi committenti nulla aggiunge ora Luciano Patetta, Enea Silvio Piccolomini e l'archi tetto Rossellino, in Pio II e la cultura del suo tempo, a cura di Luisa Rotondi Secchi Tarugi, Guerini e associati, Milano 1991, pp.59-75, pieno di errori e

inverosimiglianze.

88) Per concludere, un suggerimento di stile. A Napoli, nella cappella di Santa Barbara in Castel nuovo, l'edicola in marmo con emblemi della casa d'Aragona che accoglie la 'Vergine col Bambino' di Domenico Gagini (fig. 8) è finalmente esposta al pubblico dopo il recente restauro, nell'ambito del nuovo - e si spera duraturo - Museo Civico. A me

pare uno dei vertici della scultura del Quattrocento fuori della Toscana. La statuetta della Vergine è

ospitata entro un interno architettonico in miniatu

ra, realizzato con perfetta sapienza stereometrica e

prospettica, e solo lievemente adombrato dal fanta sioso e lussureggiante prospetto esterno. Come ha stentato a farsi strada l'attribuzione al Gagini (Fritz Burger, Wilhelm R. Valentiner), ormai evidentissi ma, così solo per gradi si è arrivati a scoprire le fonti toscane dell'invenzione architettonica (cfr. ora il consuntivo di Pierluigi Leone de Castris in Castel Nuovo. Il Museo Civico, Elio de Rosa editore, Napo li 1990, pp. 100-103). Oggi si parla, con molta ragio ne, d'un ascendente diretto del Brunelleschi (cfr. ad

esempio già W.R. Valentiner, A Madonna Statuette

by Domenico Gagini, in 'Art in America', XXV, 1937, pp. 104-117: p. 108). Gagini era ben informa to sull'attività di Filippo, suo maestro (Filarete), tanto da riproporne a Genova, poco dopo il 1448, lo schema frontale del Capitolo dei Pazzi in quello della cappella del Battista in Duomo (cfr. in part. Hanno-Walter Kruft, Domenico Gagini und seine

Werkstatt, Bruckmann, Miinchen 1972, pp. 13-14 e n.7 [p.61 j). A Napoli la cupola ad ombrello che

protegge la Vergine rifà innanzitutto, aumentando ne il numero delle vele, quelle dei Medici a San Lorenzo e dei Pazzi a Santa Croce. La finta tribuna, tuttavia, non ha nulla di brunelleschiano, mentre è tutta aperta verso Roma e le idee dell'Alberti. Col pisce in modo speciale l'adozione del cassettonato nel catino. Vi sono poi delle curiose particolarità compositive, troppo ben congegnate per esaurirsi nei limiti d'una simile destinazione: così lo stacco dell'abside all'interno dell'arco di fondo della cro ciera ο l'impianto polistilo dei quattro pilastrini che

reggono il sistema d'imposta della cupola. È possi bile che il Gagini conoscesse il modello del San Pietro niccolino? La cronologia dell'edicola e del suo autore sembra andare incontro a questa even tualità. Proprio nel '55 infatti lo scultore scese lun

go la Penisola per insediarsi a Napoli. La datazione più accreditata dell'opera nella Cappella Palatina è

per gli ultimi anni di Alfonso il Magnanimo (f 1458).

Poscritto. Nella prima parte di questo articolo (in 'Prospettiva', 64, ott. 1991, pp.49-59) ho mostrato come una lettera inviata il 31 ottobre 1455 a Gio vanni di Cosimo de' Medici dal fratellastro Carlo fornisca un sicuro ante quem per il rientro di Ber nardo Rossellino a Firenze dopo i lavori romani

commissionatigli da papa Niccolò V, e come il post quem non debba essere di molto anteriore, avendo Bernardo soggiornato a Roma almeno fino all'inco ronazione di Callisto III (aprile 1455). Rileggendo con questa convinzione una missiva (M. a P., IX 185) scritta a Firenze il 9 ottobre dello stesso anno da Giovanni di Luca Rossi, fattore mediceo, a Gio vanni di Cosimo, che villeggiava allora al Trebbio, e pubblicata da Philip Foster (Donatello Notices in Medici Letters, in 'The Art Bulletin', LXII, 1980, pp. 148-150: p. 150), mi pare di poter cautamente identificare il Rossellino in quel "Bernardo" citato sic et simpliciter a proposito dei lavori di costruzio ne della villa di Fiesole: "Chon Bernardo sono stato e dettogli della porta del neciessario; dicie vole a ogni modo aspettare [l'originale ha: "astettare"] voi. I chonci sono mezzi fatti, i(n) modo se venerdì ο sabato ci siate, gli troverete fatti" (la trascrizione, diversa da quella lacunosa del Foster, è mia). L'edi tore non ha preso nota di questo passaggio, ma la cosa sembra di qualche interesse, dal momento che permette di porre il Rossellino in rapporto con un progetto architettonico cui finora è rimasto estra neo. Non è d'altronde naturale che Giovanni, men tre faceva così pervicace propaganda a questo mae stro tra Roma e Milano, se ne servisse almeno una volta per le sue attività edilizie? Ecco dunque un'ul teriore valenza del documento, già importante per la notizia delle relazioni di Giovanni con Donatel lo.

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