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Fondamenti di Scienza Politica Maurizio COTTA, Donatella DELLA PORTA, Leonardo MORLINO Università del Salento Facoltà di Lettere e Filosofia Insegnamento: Scienza Politica Modulo: Scienza Politica A CdL: Scienze Politiche e delle Relazioni Internazionali Prof. Egidio Zacheo Maurizio COTTA, Donatella DELLA PORTA, Leonardo MORLINO, Fondamenti di scienza politica, Bologna, il Mulino, 2004. Outline delle lezioni 11 Elezioni e sistemi elettorali ..............................................................................................................1 12 Parlamenti e rappresentanza ........................................................................................................10 13 I governi ..........................................................................................................................................14 14 Le burocrazie pubbliche ................................................................................................................20 17 Le politiche pubbliche ....................................................................................................................23

Università di Cagliari (sede di Nuoro) – Facoltà di Scienze Politiche

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Maurizio COTTA, Donatella DELLA PORTA, Leonardo MORLINO

Università del Salento – Facoltà di Lettere e Filosofia

Insegnamento: Scienza Politica

Modulo: Scienza Politica A

CdL: Scienze Politiche e delle Relazioni Internazionali

Prof. Egidio Zacheo

Maurizio COTTA, Donatella DELLA PORTA, Leonardo MORLINO, Fondamenti di scienza

politica, Bologna, il Mulino, 2004.

Outline delle lezioni

11 Elezioni e sistemi elettorali ..............................................................................................................1

12 Parlamenti e rappresentanza ........................................................................................................10

13 I governi ..........................................................................................................................................14

14 Le burocrazie pubbliche ................................................................................................................20

17 Le politiche pubbliche ....................................................................................................................23

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11 Elezioni e sistemi elettorali

Le elezioni sono il momento centrale della vita delle democrazie, sia per l’importanza che ri-

veste la scelta dei governanti, sia per l’ampiezza del coinvolgimento dei cittadini.

11.1 Che cosa sono le elezioni?

11.1.1 Le elezioni come strumento di selezione dei detentori di cariche

I sistemi di investitura impiegati per ricoprire le cariche pubbliche sono di tre tipi:

ruolo dominante del governante: acquisto, ricorso alla violenza;

selezione impersonale: sorteggio, ereditarietà;

selezione da parte di terzi: nomina, cooptazione, selezione meritocratica, elezione.

Le elezioni in democrazia svolgono tre funzioni:

selezione dei governanti;

controllo popolare sui governanti;

moderazione del conflitto politico.

11.1.2 Elezioni democratiche e non democratiche

Nei paesi democratici le elezioni più importanti sono:

le elezioni parlamentari, in tutti i tipi di regime1;

le elezioni parlamentari e presidenziali, nei regimi presidenziali e semi-presidenziali.

Tutte queste elezioni presentano tre caratteristiche:

competitività: l’offerta politica è pluralista;

libertà: esistono fonti alternative di informazione ed il voto può essere espresso senza coer-

cizioni;

rilevanza: con le elezioni gli elettori scelgono il governo e le politiche pubbliche.

Le elezioni nei regimi non democratici mancano di tutti e tre questi requisiti

11.2 La regolamentazione delle elezioni democratiche

In tutte le democrazie il processo elettorale è sottoposto ad una minuziosa regolamentazione

dei suoi diversi aspetti.

11.2.1 I tempi e la convocazione delle elezioni

Il carattere ricorrente delle elezioni produce conseguenze sia per gli elettori che per i candida-

ti:

gli elettori hanno la possibilità di apprendere i meccanismi elettorali e di esprimere un giu-

dizio retrospettivo sull’operato del governo;

i candidati perdenti sono messi in condizione di accettare la sconfitta, i vincenti sono indot-

ti a tenere conto delle preferenze degli elettori in vista della rielezione.

Nei sistemi parlamentari in caso di elezioni anticipate la questione della scelta della scadenza

della legislatura si pone in modo diverso a seconda dell’attore che sceglie i tempi:

il capo del governo è un attore implicato nel processo elettorale e sceglierà in modo da fa-

vorire le possibilità della propria rielezione;

il capo dello stato è invece esterno alla competizione e quindi meno incline a scelte su base

partitica.

1 Cfr. cap. 13.5, Le forme di governo nella modellistica costituzionale.

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11.2.2 L’elettorato attivo

Nelle democrazie contemporanee tutti i cittadini hanno diritto di voto. Al suffragio universale

si è arrivati superando i limiti preesistenti legati a:

censo;

genere;

razza2.

I fattori che hanno favorito l’allargamento del suffragio sono:

affermazione del principio di uguaglianza;

affermazione del nazionalismo;

la mobilitazione operata dalle elites politiche per avvantaggiarsi nella competizione.

Il principio per l’attribuzione del diritto di voto dunque è costituito oggi dall’appartenenza al-

la comunità politica. Recentemente, l’applicazione di questo principio è resa problematica da

due importanti eccezioni:

i cittadini residenti all’estero;

gli stranieri residenti all’interno del paese.

11.2.3 L’elettorato passivo e le candidature

L’elettorato passivo coincide con quello attivo, con alcune restrizioni legate all’età, oppure a

posizioni particolari detenute dai candidati che potrebbero influenzare il processo elettorale.

La proposta di una candidatura richiede il sostegno – per mezzo della firma – di un certo nu-

mero di elettori. In caso di primarie, il voto può essere espresso da cerchie differenti di eletto-

ri:

soltanto gli iscritti al partito;

coloro che si dichiarano sostenitori del partito;

tutti i cittadini senza distinzioni.

11.2.4 La campagna elettorale

Durante la campagna assume importanza cruciale la diffusione dell’informazione politica3:

in passato contavano maggiormente i canali comunicativi di tipo tradizionale con una por-

tata a livello locale;

attualmente hanno assunto importanza i mezzi di comunicazione di massa con una portata

nazionale.

Questo passaggio ha prodotto diverse conseguenze:

carattere centralizzato e mediatico delle campagne;

regolamentazione dei tempi e dei costi delle campagne;

affermazione della “campagna permanente”, con conseguenze anche per le politiche pub-

bliche che – come nel caso del ciclo politico-economico – tendono ad adeguarsi alle sca-

denze elettorali.

11.2.5 Le modalità del voto

L’espressione del voto segue alcune modalità pratiche che assicurano la regolarità delle ele-

zioni:

segretezza del voto;

impiego di schede, in via di superamento con il ricorso all’informatica;

attribuzione del voto come diritto oppure come dovere;

tipo di sistema elettorale adottato.

2 Cfr. cap. 4.5, La prima democratizzazione.

3 Cfr. cap. 10, La comunicazione politica.

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11.3 Sistemi elettorali e valutazione dei voti

I temi principali ricorrenti nello studio dei sistemi elettorali sono i seguenti:

ambito territoriale: collegi e circoscrizioni4;

formule elettorali: maggioritario e proporzionale5;

soglie di rappresentanza: esplicite ed implicite6.

Esistono poi temi meno rilevanti, quali per esempio la contrapposizione fra voto ordinale e

voto categorico, o la presenza eventuale del voto di preferenza7.

11.3.1 Le circoscrizioni elettorali

Il voto può essere espresso su base nazionale oppure in circoscrizioni territorialmente delimi-

tate. La scelta dell’ambito territoriale del voto varia fra due estremi:

collegio unico nazionale (solo con sistemi proporzionali): tutti i componenti del parlamen-

to sono eletti in una sola circoscrizione che coincide con il territorio nazionale (magnitudi-

ne massima pari al numero dei parlamentari);

collegio uninominale (solo con sistemi maggioritari): elegge un solo candidato (magnitudi-

ne minima pari a 1).

Le circoscrizioni possono essere ritagliate in modo particolare per due scopi:

avvantaggiare deliberatamente un partito (gerrymandering);

dare rappresentanza ad una etnia minoritaria creando collegi etnici.

11.3.2 Le formule elettorali

Le numerose formule elettorali esistenti sono tutte ispirate al principio maggioritario oppure

al principio proporzionale.

I sistemi elettorali maggioritari attribuiscono la posta in palio – solitamente un solo seggio

parlamentare – al candidato che ottiene più voti. Si distinguono in majority (vince colui che

ottiene la maggioranza assoluta dei voti) e plurality (vince colui che ottiene una maggioranza

anche relativa). I sistemi elettorali che si ispirano al principio maggioritario sono quattro.

1 Sistema maggioritario uninominale a turno unico (plurality)

Esempio:

collegio 1 collegio 2 collegio 3 voti seggi

A 45 A 20 A 45 110 2

B 35 B 60 B 35 130 1

C 20 C 20 C 20 60 0

vince A vince B vince A 300 3

Caratteristiche: il partito con più voti (B) non costituisce la maggioranza; il partito minore (C)

pur ottenendo un numero cospicuo di voti non ottiene alcun seggio. Questi sistemi operano un

effetto riduttivo dovuto alle conseguenze di tipo meccanico. Il pregio principale del plurality

consiste nella creazione immediata di un governo stabile, ottenuta a costo di una limitazione

dell’espressività.

4 Cfr. cap. 11.3.1, Le circoscrizioni elettorali.

5 Cfr. cap. 11.3.2, Le formule elettorali.

6 Cfr. Cap. 11.3.3, Soglie di rappresentanza.

7 Cfr. cap. 11.3.4, Il voto: altri elementi.

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2 Sistema maggioritario plurinominale a turno unico

Questo sistema è stato abbandonato perché eccessivamente punitivo nei confronti delle mino-

ranze.

3 Sistema maggioritario uninominale a doppio turno (majority)

Nel caso che nessun candidato ottenga la maggioranza assoluta al primo turno si passa al secon-

do turno, che può essere aperto o chiuso. Nel primo caso, l’unica conseguenza è che al secondo

turno elettori e candidati possono facilmente tenere comportamenti strategici; nel secondo caso, i

partiti minori sono forzati ad alleanze e/o desistenze. Il seguente esempio è basato sul caso fran-

cese, in cui la soglia di accesso al secondo turno è 12,5% degli aventi diritto:

primo turno

collegio 1 collegio 2 collegio 3

A 55 A 40 A 10

B 25 B 30 B 10

C 10 C 20 C 40

D 10 D 10 D 40

secondo turno

collegio 1 collegio 2 collegio 3

NO A –

A vince al primo turno B –

C C

– D

Se non si procede ad alcuna coalizione fra primo e secondo turno, probabilmente:

collegio 1 = A

collegio 2 = A

collegio 3 = D

Se B e C procedono a coalizioni e desistenze:

collegio 1 = A

collegio 2 = (B 30 + C 20) = B 50

collegio 3 = (B 10 + C 40) = C 50

I pregi del majority sono costituiti dalla diffusione di informazione; dalla formazione di coalizio-

ni elettorali durevoli, favorite anche dalla presenza dell’elezione presidenziale; dalla sottorappre-

sentanza dei partiti estremisti. Fra le critiche, la più importante riguarda la disrappresentatività.

4 Voto alternativo

Impiegato solo in Australia, prevede:

espressione da parte dell’elettore di una preferenza su tutti i candidati;

eliminazione progressiva dei candidati con la quantità minore di prime preferenze;

ri-attribuzione dei voti dei candidati eliminati in base alle seconde preferenze;

attribuzione del seggio al candidato che per primo ottiene la maggioranza assoluta.

I sistemi elettorali proporzionali attribuiscono i seggi parlamentari in modo proporzionale ri-

spetto ai voti ottenuti da ogni partito. Possono basarsi sulle medie più alte (o divisori), come la

formula d’Hondt e le due versioni della Sainte-Laguë, oppure sui resti più alti (o quote), come la

formula Hare.

1 Metodo delle medie più alte (divisori)

I seguenti esempi di formule basate su divisori si basano su una circoscrizione in cui si assegna-

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no 12 seggi:

voti blu: 57000 bianchi: 26000 rossi: 25950 verdi: 12000 gialli: 6010 rosa: 3050

divisori formula d’Hondt

1 57000 (1) 26000 (3) 25950 (4) 12000 (9) 6010 3050

2 28500 (2) 13000 (7) 12975 (8) 6000

3 19000 (5) 8667 (12) 8650

4 14250 (6) 6500

5 11400 (10)

6 9500 (11)

7 8143

seggi 6 3 2 1 0 0

voti blu: 57000 bianchi: 26000 rossi: 25950 verdi: 12000 gialli: 6010 rosa: 3050

divisori formula Sainte-Laguë modificata

1,4 40714 (1) 18571 (3) 18536 (4) 8571 (8) 4293 2179

3 19000 (2) 8667 (6) 8650 (7) 4000

5 11400 (5) 5200 (11) 5190 (12)

7 8143 (9) 3714 3707

9 6333 (10)

11 5182

seggi 5 3 3 1 0 0

voti blu: 57000 bianchi: 26000 rossi: 25950 verdi: 12000 gialli: 6010 rosa: 3050

divisori formula Sainte-Laguë pura

1 57000 (1) 26000 (2) 25950 (3) 12000 (5) 6010 (11) 3050

3 19000 (4) 8667 (7) 8650 (8) 4000 2000

5 11400 (6) 5200 (12) 5190

7 8143 (9) 3714

9 6333 (10)

11 5182

seggi 5 3 2 1 1 0

La formula d’Hondt favorisce i partiti maggiori (blu), la Sainte-Laguë modificata i partiti inter-

medi (rossi), mentre la Sainte-Laguë pura favorisce i partiti piccoli (gialli).

2 Metodo dei resti più alti (quote)

Con la formula Hare, occorre calcolare una quota, che consiste nella semplice divisione fra totale

di voti validi espressi e numero di seggi da attribuire. Nel caso precedente, i voti espressi sono

130.010 e i seggi 12, quindi:

Formula Hare

voti quota dividendo seggi

blu 57000 : 10834 = 5,260 5

bianchi 26000 : 10834 = 2,400 (*) 3

rossi 25950 : 10834 = 2,395 2

verdi 12000 : 10834 = 1,110 1

gialli 6010 : 10834 = 0,550 (*) 1

rosa 3050 : 10834 = 0,280 0

totale 130010 10 seggi + 2 ai resti più alti (*) 12

3 Voto singolo trasferibile (Stv)

Applicato soltanto in Irlanda, costituisce una variante del proporzionalismo che prevede da parte

dell’elettore l’espressione di una preferenza per tutti i candidati in lizza.

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I sistemi elettorali misti prevedono l’uso contemporaneo dei due principi maggioritario e

proporzionale.

11.3.3 Soglie di rappresentanza

Per ovviare agli eccessi della frammentazione i sistemi proporzionali vengono talora corretti

per mezzo di soglie di rappresentanza, secondo cui i partiti entrano in parlamento solo se han-

no conseguito una quantità minima di voti. Le soglie esplicite possono essere collocate a tre

livelli:

circoscrizione;

regione;

nazione.

Esistono anche soglie implicite dovute a:

ampiezza dell’assemblea;

magnitudine delle circoscrizioni.

11.3.4 Il voto: altri elementi

Altri elementi che differenziano i sistemi elettorali sono:

voto cardinale vs. voto ordinale;

voto di lista vs. voto per il singolo candidato;

lista bloccata vs. voto di preferenza.

11.4 Gli effetti dei sistemi elettorali

La ricerca si è incentrata sugli effetti prodotti dai diversi sistemi elettorali sul sistema dei par-

titi. Tali effetti si distinguono in:

diretti vs. indiretti;

locali vs. nazionali.

11.4.1 Gli effetti diretti

Livello circoscrizionale

Con il sistema maggioritario, tutte le minoranze sono escluse.

Con il sistema proporzionale non è vero che si verifica una moltiplicazione dei partiti, piut-

tosto la situazione esistente viene riprodotta. Anche in questo caso si registra un effetto ri-

duttivo anche se minimo.

Livello nazionale

Le leggi di Duverger stabiliscono un rapporto fra tipo di sistema elettorale e numero dei parti-

ti:

il sistema maggioritario a turno unico tende al bipartitismo;

il sistema proporzionale tende al multipartitismo;

il sistema maggioritario a doppio turno è compatibile con diversi formati del sistema parti-

tico.

Questi rapporti sono comunque subordinati alle influenze di tre variabili intervenienti:

caratteristiche del sistema dei partiti: con il maggioritario la riduzione del numero dei parti-

ti a livello nazionale sarà simile a quella di livello locale se i partiti sono strutturati su tutto

il territorio;

distribuzione territoriale dell’elettorato dei singoli partiti: con il maggioritario la riduzione

del numero dei partiti a livello nazionale sarà simile a quella di livello locale se i partiti ot-

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tengono la stessa quantità di voti su tutto il territorio nazionale. Nel caso del sistema mag-

gioritario ad esempio la tendenza alla riduzione del formato partitico può arrestarsi a causa

della presenza di minoranze intense e concentrate territorialmente che conferiscono sostegno

a partiti regionali:

collegio 1 collegio 2 collegio 3 voti seggi

A 55 A 45 A 30 130 1

B 45 B 55 B 30 130 1

C 40 40 1

vince A vince B vince C 300 3

nel caso dei sistemi proporzionali esiste per i partiti minori la possibilità di ottenere la rap-

presentanza parlamentare grazie ai meccanismi di ripartizione dei seggi operanti a livello

sovra-circoscrizionale.

11.4.2 Gli effetti indiretti

Effetti indiretti sugli elettori

Abbiamo visto in precedenza che i sistemi elettorali producono effetti di tipo meccanico8. I si-

stemi elettorali generano inoltre effetti psicologici, che richiedono una reazione dei candidati e

degli elettori e quindi un’applicazione per più elezioni consecutive, in modo da garantire i neces-

sari tempi di apprendimento. Immaginiamo la seguente situazione in presenza di un sistema

maggioritario a turno unico:

collegio 1 collegio 2 collegio 3 voti seggi

A 65 A 30 A 45 140 2

B 15 B 40 B 40 95 1

C 20 C 30 C 15 65 0

vince A vince B vince A 300 3

In questo caso, nel collegio 3 gli elettori di C potrebbero trovare conveniente votare in modo

strategico o utile per B (equilibrio duvergeriano, con diminuzione del numero dei partiti); nel

collegio 2 invece a causa della prossimità del voto ottenuto da A e da C sarà impossibile trovare

un coordinamento fra gli elettori (equilibrio non duvergeriano, con numero dei partiti immutato).

A livello sistemico, il partito C perde consensi e il partito B conquista la maggioranza parlamen-

tare:

collegio 1 collegio 2 collegio 3 voti seggi

A 65 A 30 A 45 140 1

B 15 B 40 B 55 110 2

C 20 C 30 C 0 50 0

vince A vince B vince B 300 3

Con i sistemi proporzionali la spinta a votare in modo strategico esiste solo in presenza di cor-

rezioni alla proporzionalità, e di conseguenza il voto utile e il voto espressivo tendono a coin-

cidere.

Effetti indiretti sui candidati e sui partiti

Mentre con sistemi altamente proporzionali i partiti tendono semplicemente a massimizzare la

quantità di voti ottenuti, con sistemi proporzionali corretti e con il plurality si produce una

spinta a favore di coalizioni e/o fusioni fra partiti. Questa spinta è più forte se:

8 Cfr. cap. 11.3.2, Le formule elettorali.

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la distanza ideologica fra i partiti è bassa;

la perdita di elettori dovuta all’alleanza è bassa;

il rischio di sconfitta è grande.

Con il majority, gli elettori possono votare in modo espressivo al primo turno e in modo stra-

tegico al secondo.

11.4.3 Valutazione complessiva degli effetti

Gli effetti prodotti dai sistemi elettorali dipendono dalla somma degli effetti diretti (locali e

nazionali) e degli effetti indiretti (sugli elettori e sui partiti). Gli effetti riguardano:

il numero dei partiti (leggi di Duverger): il sistema maggioritario limita il numero dei parti-

ti, con eccezioni dovute alla scarsa strutturazione dei partiti ed alla presenza di enclaves e-

lettorali. I sistemi proporzionali esercitano anch’essi un debole effetto riduttivo, tanto più

sensibile quanto minore è la proporzionalità;

proporzionalità/disproporzionalità nell’attribuzione dei seggi: i sistemi proporzionali pos-

sono essere corretti con l’adozione di formule poco proporzionali, di soglie di rappresen-

tanza o di circoscrizioni di magnitudine ridotta. In questo caso possono esistere una di-

sproporzionalità nel rapporto voti/seggi ed una limitazione del numero dei partiti che acce-

dono in parlamento;

produzione di maggioranze “fabbricate”: ha luogo quando un partito o una coalizione elet-

torale privi della maggioranza in termini di voti conquistano una maggioranza in termini di

seggi. È un effetto più probabile in caso di sistemi maggioritari o di sistemi proporzionali

fortemente corretti.

11.4.4 Altri effetti dei sistemi elettorali

I sistemi elettorali producono anche effetti mediati su altri aspetti del funzionamento di un si-

stema politico:

personale parlamentare: l’avvento del proporzionale ha favorito la professionalizzazione

dei politici; sistemi molto proporzionali permettono la candidatura di minoranze svantag-

giate;

stile delle campagne: il proporzionale con il voto di preferenza accentua la competizione

infra-partitica; il maggioritario può accentuare gli aspetti personalistici.

11.5 Svolgimento e partecipazione

Il procedimento elettorale impone agli elettori una prima scelta fra partecipazione ed asten-

sione. Il livello di partecipazione elettorale varia significativamente fra paesi, fra periodi e fra

tipi di elezione. Le differenze di partecipazione sono state spiegate in riferimento a diversi fat-

tori:

variabili culturali: la partecipazione è maggiore in presenza di civismo fra i cittadini;

variabili individuali: gli individui di ceto superiore sono maggiormente propensi a votare9;

variabili istituzionali: tipo di sistema elettorale, modalità e obbligatorietà del voto, rilevan-

za delle elezioni per la formazione del governo;

variabili partitiche: forza e capacità di mobilitazione dei partiti.

11.6 Il comportamento di voto e le sue determinanti

Coloro che hanno deciso di partecipare devono affrontare una seconda scelta in merito al par-

tito da votare. Gli studi che spiegano le scelte di voto sono di diverso tipo:

micro vs. macro;

9 Cfr. cap. 7.1, La selettività della partecipazione.

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breve periodo vs. lungo periodo;

studio del caso vs. esame comparato di più casi.

I fattori presi in esame sono di due tipi. I fattori di lungo periodo spiegano la stabilità del

comportamento elettorale10

:

classe sociale;

credenze religiose;

appartenenza etnica;

identificazione partitica.

La mobilità elettorale che ha iniziato a manifestarsi a partire dagli anni ’70 è stata invece

spiegata per mezzo della diffusione della cultura post-materialista11

e di fattori di breve perio-

do, quali:

personalità dei candidati;

issue voting, con particolare riferimento alle questioni economiche;

valutazione retrospettiva del governo;

valutazione prospettiva dei candidati.

Nel caso italiano, la spiegazione di questo passaggio è stata affidata alla tripartizione fra:

elettori di appartenenza;

elettori di opinione;

elettori di scambio.

10

Cfr. cap. 9.4, Fratture sociali e partiti politici. 11

Cfr. cap. 7.6, Valori post-materialisti e partecipazione.

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12 Parlamenti e rappresentanza

12.1 Che cos'è un parlamento?

A partire dalla metà del XIX secolo i parlamenti trovano piena espressione nell’ambito delle

democrazie liberali. Le caratteristiche dei parlamenti sono le seguenti:

natura assembleare, derivante dalla forma collegiale e dalla assenza di gerarchia;

carattere permanente e competenze generali;

mandato dei parlamentari definito dal punto di vista temporale12

;

pluralismo politico interno, che prevede la presenza di un’opposizione13

;

natura rappresentativa dell’assemblea derivante dall’elezione popolare dai rappresentanti14

.

Un parlamento dunque è un’assemblea rappresentativa, pluralistica, permanente, rinnovata

tramite elezioni a scadenze regolari e dotata di competenze generali. I parlamenti dei sistemi

non democratici mancano certamente dell’attributo del pluralismo, e spesso anche di rappre-

sentatività e di permanenza.

12.2 La rappresentanza democratica

La rappresentanza, che in politica concerne il rapporto fra governanti e governati, può assu-

mere cinque significati:

rappresentanza come conferimento di autorità, quando il rappresentante ha titolo ad agire a

nome del rappresentato;

rappresentanza come azione a favore del rappresentato, accezione che lascia impregiudica-

to il problema di colui che ha titolo per stabilire quali siano gli interessi del rappresentato;

rappresentanza come rappresentatività, quando l’assemblea dei rappresentanti riproduce le

caratteristiche sociologiche dell’insieme dei rappresentati;

rappresentanza come evocazione simbolica, affidata a istituzioni come il capo dello stato.

rappresentanza come responsabilità, garantita dalla presenza di elezioni;

La rappresentanza politica democratica nel complesso presenta tre caratteristiche:

ai rappresentanti è conferito un potere decisionale;

essi devono agire a vantaggio dei rappresentati;

essi sono inoltre responsabili nei confronti dei rappresentati.

Le elezioni e il parlamento, insieme ai partiti, costituiscono la struttura istituzionale che ga-

rantisce l’effettivo funzionamento della rappresentanza politica.

12.3 Gli antecedenti storici della rappresentanza democratica

Il parlamentarismo contemporaneo origina da precedenti esperienze in epoca pre-moderna. Il

primo parlamentarismo presenta le seguenti caratteristiche:

rappresentanza per ceti di tipo corporativo;

molteplici rappresentanze locali, non sempre accompagnate da un’istituzione parlamentare

centrale;

grado di istituzionalizzazione estremamente variabile.

I parlamenti pre-moderni presentano analogie e differenze rispetto ai parlamenti contempora-

nei:

le analogie consistono nel fatto che si tratta di assemblee pluralistiche e rappresentative;

le differenze invece consistono nella estrema diseguaglianza che caratterizza le società tra-

12

Cfr. cap. 11.2.1, I tempi e la convocazione delle elezioni. 13

Cfr. cap. 4.5.1, Competizione e partecipazione. 14

Cfr. cap. 12.2, La rappresentanza democratica.

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dizionali, nella rappresentanza di tipo corporativo, nella non competitività dei processi di

selezione del personale parlamentare, nel ruolo che i parlamenti moderni acquisiscono in

materia di esercizio dell’autorità centrale.

12.4 I parlamenti contemporanei: varianti strutturali

Dal punto di vista esterno, il funzionamento del parlamento è interessato sia al versante della

società – di cui esprime le domande – sia al versante della decisione politica. Dal punto di vi-

sta interno, i parlamenti presentano numerose varianti.

12.4.1 Monocameralismo e bicameralismo

Prima di tutto, il parlamento può essere articolato in una o due camere. Il bicameralismo deri-

va dall’esigenza di incorporare diversi criteri di rappresentanza:

nei sistemi unitari, la scelta del bicameralismo è motivata dalla volontà di garantire la rappre-

sentanza di interessi particolari, p. es. le classi nobili;

nei sistemi decentrati, la seconda camera rappresenta invece gli interessi di tipo territoriale15

;

limitatamente al caso italiano, il bicameralismo non ha chiare giustificazioni.

Utilizzando insieme la base rappresentativa (uguale o diversa) ed i poteri attribuiti (simmetrici

o asimmetrici) è possibile individuare diversi tipi di sistemi bicamerali:

poteri simmetrici poteri asimmetrici

base rappresentativa diversa bicameralismo forte o bilanciante:

Stati Uniti

bicameralismo debole:

Gran Bretagna

base rappresentativa uguale bicameralismo ridondante:

Italia

bicameralismo a base funzionale:

alcune proposte di riforma in Italia

12.4.2 L’articolazione dei parlamenti in commissioni

I parlamenti formano commissioni ad hoc con compiti perlopiù conoscitivi o preparatori. So-

prattutto, le esigenze di organizzazione dei lavori hanno favorito la divisione delle assemblee

in commissioni legislative, che variano quanto a specializzazione funzionale e per la continui-

tà dei membri. Le commissioni hanno dei presidenti che possono essere attribuiti alla maggio-

ranza oppure essere condivisi con l’opposizione, ed hanno inoltre poteri variabili che vanno

dal mero coordinamento dei lavori al controllo dell’agenda. L’autonomia e stabilità delle

commissioni produce diverse conseguenze:

maggiore competenza dei membri;

legami stabili con i gruppi di pressione interessati a quella area di policy16

;

comportamenti cooperativi all’interno della commissione.

12.4.3 L’articolazione dei parlamenti lungo linee partitiche

Con l’eccezione del Congresso americano, tutte le assemblee contemporanee si presentano

come parlamenti di partiti più che come parlamenti di parlamentari. Di conseguenza, le carat-

teristiche della classe politica parlamentare si sono modificate in relazione ai mutamenti orga-

nizzativi dei partiti17

, producendo il passaggio dai notabili, al funzionario, fino all’odierno

professionista della politica.

15

Cfr. cap. 14.2.2, Stati unitari e stati federali. 16

Cfr. cap. 12.7, Modelli di interazione e logiche del policy making. 17

Cfr. cap. 9.2, L’evoluzione storica dei partiti, e cap. 9.3, Le trasformazioni dei partiti di massa.

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In passato, i partiti si differenziavano per la preminenza del gruppo parlamentare oppure

dell’apparato extra-parlamentare, che oggi ha lasciato il posto ad un’organizzazione di tipo i-

brido.

12.4.4 L’articolazione governo-opposizione

Nei sistemi parlamentari18

è fondamentale la distinzione fra minoranza e maggioranza che so-

stiene il governo. Accanto a questa linea governo-opposizione è comunque fondamentale an-

che la contrapposizione fra governo e maggioranza parlamentare, che varia a seconda del tipo

di sistema dei partiti:

nel caso dei governi monopartitici prodotti da un sistema bipartitico è cruciale la coesione

organizzativa del partito al governo;

nel caso dei governi di coalizione prodotti da un sistema pluripartitico è cruciale la compa-

tibilità dei programmi dei diversi partiti al governo, che è minima nel caso delle grandi co-

alizioni19

;

nel caso di governi di minoranza i partiti che ne costituiscono la base parlamentare soster-

ranno il governo in modo stabile, mentre altri partiti adotteranno posizioni diverse a secon-

da dei casi20

.

Nei sistemi presidenziali21

il governo ha la possibilità di ottenere sostegno parlamentare anche

da parte di membri dell’opposizione, in quanto in seguito alla scarsa disciplina partitica la

demarcazione fra maggioranza e minoranza è meno netta rispetto ai sistemi parlamentari.

I rapporti fra governo e parlamento sono inoltre influenzati da:

forte sistema delle commissioni, che rafforza il ruolo della maggioranza parlamentare e ta-

lora anche di componenti parlamentari di minoranza;

rapporti fra parlamentari e gruppi di pressione.

12.4.5 Modelli riassuntivi di strutturazione del parlamento

Alla luce delle dimensioni considerate è possibile distinguere due tipi di struttura parlamenta-

re:

parlamento policentrico parlamento avversariale

bicameralismo forte monocameralismo o bicameralismo debole

partiti poco coesi partiti coesi

sistema pluripartitico sistema bipartitico

demarcazione poco netta fra governo e opposizione demarcazione netta fra governo e opposizione

debole identificazione fra governo e maggioranza stretta identificazione fra governo e maggioranza

forte sistema di commissioni debole sistema di commissioni

12.5 Attività e funzioni delle istituzioni parlamentari

Per quanto identificati dal punto di vista normativo con la funzione legislativa, i parlamenti

svolgono di fatto anche altre attività:

18

Cfr. cap. 13.5.1, Forme di governo parlamentari e forme di governo presidenziali, e cap. 13.6.1, Assetti con-

creti di governo parlamentare. 19

Cfr. cap. 4.2.2, Principio maggioritario e principio consensuale. 20

Cfr. cap. 13.7.1, ... nei regimi parlamentari. 21

Cfr. cap. 13.5.1, Forme di governo parlamentari e forme di governo presidenziali, e cap. 13.6.2, Assetti con-

creti di governo presidenziale.

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tipo di funzione funzione specifica

rappresentativa espressiva: trasmissione degli orientamenti popolari

rappresentativa educativa: formazione dell’opinione pubblica

rappresentativa informativa: comunicazione degli interessi delle minoranze

controllo elettiva: designazione del governo

policy making legislativa: formulazione delle leggi

policy making/controllo finanziaria: approvazione di imposte e bilanci

12.5.1 Le funzioni di rappresentanza

La classica affermazione secondo cui il parlamento rappresenta il popolo lascia impregiudicati

tre aspetti:

i rappresentanti possono essere singoli parlamentari, gruppi di parlamentari definiti su di-

versa base, talora il parlamento nel suo complesso;

i rappresentati possono essere diversi gruppi definiti su base territoriale o funzionale22

;

il rapporto fra rappresentanti e rappresentati può assumere diverse forme23

.

I parlamenti assicurano la funzione di rappresentanza in competizione con altre istituzioni

(governo, partiti, burocrazie, gruppi). Tuttavia i parlamenti non sono sostituibili in quanto:

instaurano il rapporto fra cittadini e politici assicurando la massima possibilità di controllo;

garantiscono una rappresentanza di tipo pluralistico;

forniscono incentivi alla cooperazione fra partiti, limitando il conflitto e riconducendolo al-

la competizione democratica.

12.5.2 La funzione di controllo sul governo

Nei sistemi presidenziali, dove sia parlamento che governo hanno una legittimazione elettora-

le diretta, prevale la separazione dei poteri ed esiste un controllo reciproco fra le due istituzio-

ni.

Nei sistemi parlamentari, dove prevale la compenetrazione fra istituzioni, il governo è espres-

sione della maggioranza parlamentare, su cui esercita un’attività di direzione politica. Inoltre,

il personale governativo è quasi sempre di estrazione parlamentare. Ciò posto, il controllo in-

teso come voto di sfiducia espresso dal parlamento nel suo complesso costituisce l’eccezione,

mentre la prassi normale è rappresentata dalle attività di controllo svolte dall’opposizione.

12.5.3 La funzione legislativa

In tutti i paesi democratici la funzione legislativa è formalmente attribuita al parlamento, tut-

tavia nei casi di accentramento dell’attività legislativa l’iniziativa è svolta principalmente dal

governo, che ottiene anche un tasso di approvazione molto elevato; il parlamento ha un ruolo

meno sacrificato nei sistemi con decentramento dell’attività legislativa.

12.5.4 Declino o cambiamento dei parlamenti?

La tesi del declino dei parlamenti va rifiutata per due motivi:

tutti i partiti hanno conosciuto un processo di parlamentarizzazione;

il controllo governativo sull’attività legislativa deriva dal predominio del parlamento quale

canale di legittimazione del governo stesso.

22

Cfr. cap. 8.3, Tipologie di gruppi. 23

Cfr. cap. 12.2, La rappresentanza democratica.

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13 I governi

13.1 Il governo, elemento costante della politica

Il governo è un’istituzione presente in tutti i sistemi politici, ma può condividere le sue fun-

zioni con altre istituzioni. I punti trattati sono quattro:

le funzioni di governo e la loro crescita;

le forme di governo in prospettiva formale;

il funzionamento effettivo delle forme di governo;

il rendimento dei governi.

13.2 La funzione di governo

La funzione di governo – intesa come potere esecutivo – è stata talora precisata per mezzo

della distinzione fra:

direzione politica, caratterizzata da scelta e innovazione;

amministrazione, caratterizzata da mera attuazione e routine24

.

Più in generale, la funzione di governo prevede l’assolvimento di due responsabilità:

difesa della comunità verso l’esterno;

mantenimento dell’unità all’interno25

.

13.3 La funzione di governo e le sue variazioni

In concreto, lo svolgimento della funzione di governo ha conosciuto variazioni – nel tempo e

nello spazio – dal punto di vista sia quantitativo che qualitativo.

13.3.1 La prospettiva quantitativa

La misura principale dell’estensione dell’intervento governativo è dato dall’ampiezza del bi-

lancio statale, che nel corso del XX secolo ha a lungo mostrato una tendenza verso la crescita

prima delle tendenze recenti verso la diminuzione della spesa pubblica e il ricorso alle priva-

tizzazioni.

13.3.2 La prospettiva qualitativa

L’intervento statale può essere valutato dal punto di vista qualitativo esaminando il peso dei

diversi settori di spesa. In questo modo è possibile individuare tre fasi:

stato minimo, con prevalenza della difesa e dell’ordine;

stato produttore, con interventi sia nell’economia che nell’erogazione di servizi sociali;

stato sociale, con prevalenza della spesa per servizi sociali26

.

13.3.3 Prospettive di lungo e di breve periodo

Le spiegazioni dello sviluppo della funzione di governo nel lungo periodo sono basate su due

approcci:

le spiegazioni economiche enfatizzano il ruolo della formazione dell’economia moderna e

dell’industrializzazione, considerando i fenomeni politici come una conseguenza di quelli

economici;

24

Cfr. cap. 15, Le burocrazie pubbliche. 25

Cfr. cap. 1.5, Perché? 26

Cfr. cap. 4.5.2, I diritti sociali e la mobilitazione delle classi inferiori.

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le spiegazioni politico-istituzionali enfatizzano i processi di formazione dello stato e consi-

derano la politica autonoma dai fattori economici, che hanno in questo caso il ruolo di va-

riabile interveniente. Di fondamentale importanza sono stati lo sforzo bellico per affermar-

si come polity autonoma e lo sviluppo del welfare state per aumentare la legittimità della

classe politica.

Nel medio periodo, la crescita della sfera pubblica può essere spiegata da fattori quali il si-

stema dei partiti, il tipo di organizzazione degli interessi27

e le preferenze degli elettori.

13.3.4 Governabilità, sovraccarico dei governi e riscoperta del mercato

L’assunzione di compiti crescenti da parte del governo ha portato negli anni ’70 ad un sovrac-

carico a cui successivamente si è risposto con un ritorno a forme di regolazione di mercato.

13.4 Le istituzioni di governo contemporanee e i loro antecedenti

Dal punto di vista dello sviluppo storico, il governo ha attraversato alcune fasi significative:

il passaggio alla monarchia assolutista produce un processo di accentramento del potere;

le necessità connesse all’esercizio del potere producono la divisione in ministeri, i cui re-

sponsabili hanno un rapporto diretto con il sovrano;

nella fase della monarchia costituzionale la responsabilità collegiale del governo è suddivi-

sa tra il monarca e il parlamento;

nella fase della monarchia parlamentare la responsabilità governativa è interamente rivolta

al parlamento28

;

in epoca democratica, i cambiamenti del governo sono connessi ai rapporti con i partiti e

alla crescita delle attività svolte29

.

13.5 Le forme di governo nella modellistica costituzionale

La classificazione delle forme di governo dal punto di vista formale è iniziata con la biparti-

zione fra parlamentarismo e presidenzialismo e si è successivamente precisata.

13.5.1 Forme di governo parlamentari e forme di governo presidenziali

Le forme di governo possono essere distinte in base alle due dimensioni della legittimazione

democratica e della struttura dell’esecutivo:

Legittimazione dell’esecutivo

elettorale (diretta)

parlamentare (indiretta)

Struttura

dell’esecutivo

monocratica presidenzialismo

governo del premier,

cancellierato

collegiale esecutivo collegiale

ad elezione diretta

parlamentarismo

I governi presidenziali – diffusi sul continente americano – prevedono la selezione del gover-

no ad opera degli elettori ed una struttura del governo a due livelli, con preminenza del presi-

dente sui ministri. Presentano inoltre la durata prestabilita della permanenza in carica del pre-

sidente, e la sua responsabilità politica assicurata dal controllo parlamentare sulle spese e

sull’attività legislativa.

27

Cfr. cap. 8.6, Pluralismo e corporativismo. 28

Cfr. cap. 4.5.4, Rappresentanza e potere esecutivo. 29

Cfr. cap. 13.3, La funzione di governo e le sue variazioni.

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I governi parlamentari – diffusi sul continente europeo – prevedono la selezione del governo

da parte del parlamento oltre alla natura collegiale e paritaria del gabinetto. Presentano inoltre

una durata variabile, derivante dal possibile scioglimento anticipato delle camere e del confe-

rimento della fiducia, il quale assicura anche la responsabilità politica del governo.

Oltre alle due forme di governo canoniche, nella figura sono rappresentati gli esperimenti di

rafforzamento del ruolo del capo del governo nei sistemi parlamentari e gli sporadici casi di

elezioni di presidenze collettive, compresi i casi dove viene eletto un ticket formato dal presi-

dente e dal suo vice.

13.5.2 Forme di governo ibride: semi-presidenzialismo e premierato

Il semi-presidenzialismo prevede l’elezione diretta del capo dello stato, e il governo – a strut-

tura bicefala – ha una duplice legittimazione:

dal presidente sotto forma di nomina e di dimissionamento;

dal parlamento sotto forma di fiducia.

Il premierato, con elezione diretta e simultanea del capo del governo e del parlamento, è stato

applicato soltanto in Israele.

13.5.3 Forme di governo: tipologia riassuntiva

Le caratteristiche delle forme di governo discusse sopra possono essere riassunte come nella

tabella che segue:

presidenzialismo parlamentarismo semi-presidenzialismo premierato

elezione indipendente di

governo e parlamento

elezione indiretta del go-

verno con fiducia attribuita

dal parlamento

elezione indipendente del

capo dello stato e del par-

lamento

elezione indipendente del

capo del governo e del

parlamento

fusione delle cariche di

capo dello stato e capo del

governo

separazione fra le cariche

di capo dello stato e capo

del governo

separazione fra le cariche

di capo dello stato e capo

del governo

selezione indiretta

dell’esecutivo con fiducia

attribuita dal parlamento

mandato presidenziale di

durata predeterminata

durata dell’esecutivo non

predeterminata

struttura bicefala

dell’esecutivo

separazione fra le cariche

di capo dello stato e capo

del governo

superiorità del presidente

rispetto ai ministri

parità fra presidente del

consiglio e ministri

elezione indiretta del go-

verno con fiducia attribuita

dal parlamento

durata dell’esecutivo non

predeterminata

possibilità di scioglimento

anticipato del parlamento

mandato presidenziale pre-

determinato e durata varia-

bile del governo

possibilità di scioglimento

anticipato del parlamento

possibilità di scioglimento

anticipato del parlamento

Le riforme per effettuare il passaggio da un tipo all’altro di forma di governo sono stati prin-

cipalmente dettate dall’esigenza di garantire la stabilità del governo nei sistemi parlamentari.

13.6 Le forme di governo nella realtà politica

Forme di governo analoghe possono produrre risultati molto diversi per due ordini di motivi:

soprattutto nei sistemi parlamentari, le due istituzioni – governo e parlamento – sono fuse

piuttosto che contrapposte;

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il loro funzionamento è inoltre determinato dal tipo di sistema di partiti30

.

13.6.1 Assetti concreti di governo parlamentare

Le caratteristiche del sistema dei partiti che influenzano la vita di un sistema parlamentare so-

no diverse:

sistema bipartitico vs. sistema pluripartitico;

partiti organizzativamente coesi vs. frammentati;

peso prevalente dei gruppi parlamentari vs. preminenza dell’apparato esterno.

Il sistema bipartitico inglese per esempio comporta di fatto l’elezione diretta dell’esecutivo,

con preminenza del capo del governo e controllo governativo sulla maggioranza parlamenta-

re; i sistemi pluripartitici invece esigono il ricorso alla fase parlamentare della costituzione

delle coalizioni, che attribuisce maggiore potere ai leader dei partiti e dispersione di potere

all’interno della maggioranza parlamentare.

13.6.2 Assetti concreti di governo presidenziale

Il presidenzialismo americano funziona efficacemente anche durante i periodi di governo di-

viso grazie ai compromessi bipartisan favoriti dalla scarsa strutturazione dei partiti parlamen-

tari.

13.6.3 Assetti concreti di governo semi-presidenziale

Nel caso che parlamento e presidente siano controllati da maggioranze diverse esistono due

possibilità:

il presidente può sciogliere il parlamento e indire nuove elezioni;

può instaurarsi una coabitazione.

I sistemi semi-presidenziali si orientano in senso presidenzialistico quando:

c’è corrispondenza fra maggioranza parlamentare e presidente;

la coalizione di governo è stabile e il partito principale è poco istituzionalizzato tanto da

costituire una sorta di “partito del presidente”;

le coalizioni di governo sono deboli e instabili.

La versione parlamentare del semi-presidenzialismo è invece favorita da:

maggioranze parlamentari e presidenziali non coincidenti;

sistema dei partiti altamente strutturato.

13.6.4 Un quadro riassuntivo

Dal punto di vista fattuale, i criteri di classificazione delle forme di governo sono i seguenti:

legittimazione del governo

diretta indiretta

controllo del governo

sul parlamento

forte A. fusione governo-parlamento

con investitura popolare

B. governo parlamentare a base

partitocratica

debole C. governo diviso

D. governo policentrico

A seconda delle variazioni indotte dal sistema dei partiti:

il parlamentarismo può collocarsi fra A, B e D;

30

Cfr. cap. 9.5, Sistemi di partito e competizione.

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il presidenzialismo può collocarsi fra A e C;

semi-presidenzialismo e premierato possono collocarsi in tutti i casi, ma con maggiore fre-

quenza in B e C.

13.7 Funzionamento e rendimento dei governi

I problemi di rendimento sono diversi a seconda del tipo di regime:

nei regimi parlamentari i temi principali sono la formazione, la composizione e la stabilità

del governo;

nei regimi presidenziali i temi principali sono la personalità dei presidenti, i poteri della

presidenza e i rapporti presidente-parlamento;

nei regimi semi-presidenziali i temi principali sono la personalità dei presidenti, i poteri

della presidenza e i rapporti presidente-governo-maggioranza parlamentare.

13.7.1 ... nei regimi parlamentari

In passato si è ritenuto che l’instabilità di governo conducesse inevitabilmente alla crisi della

democrazia, mentre oggi è chiaro che l’instabilità è soltanto una conseguenza dello scarso

controllo governativo sulla maggioranza parlamentare. Inoltre occorre distinguere fra instabi-

lità del governo (durata degli esecutivi), che trova le sue origini nel rapporto fra governo e

maggioranza parlamentare, e instabilità nel governo (rimpasti ministeriali), che deriva dalla

supremazia del premier all’interno del gabinetto.

L’instabilità è stata principalmente spiegata in base ai rapporti fra sistema partitico e governo.

La prospettiva iniziale secondo cui la stabilità governativa è superiore nei sistemi bipartitici è

stata rivista per tenere conto del fatto che i governi di coalizione possono essere stabili in caso

di prossimità ideologica e compatibilità programmatica dei partner.

Le teorie avanzate per spiegare le modalità di formazione e di crisi dei governi hanno proce-

duto attraverso diverse fasi:

la teoria della coalizione minima vincente (mwc, minimum winning coalition) assume che i

politici siano massimizzatori di cariche ministeriali;

la teoria dei governi di minoranza modifica gli assunti nel senso di considerare rilevanti

anche le preferenze programmatiche;

la teoria delle coalizioni sovrabbondanti ha introdotto elementi ulteriori quali la prossimità

ideologica e la difesa della democrazia.

13.7.2 ... nei regimi presidenziali e semi-presidenziali

Gli studi sulla caratteristiche personali dei presidenti non producono risultati applicabili al di

fuori dei casi esaminati. Gli studi sul caso statunitense hanno invece evidenziato come il pote-

re del presidente sia accresciuto dalle competenze in politica internazionale e dalle possibilità

comunicative.

13.8 Governo e policy making: forza e limiti del party government

I partiti controllano la selezione del personale governativo e la produzione delle politiche

pubbliche, tanto che il governo è talora stato considerato una mera emanazione del sistema

partitico. In realtà, diversi fattori garantiscono una certa autonomia al governo. Per quello che

riguarda i partiti:

non tutte le politiche rivestono un interesse;

sono più attrezzati per la competizione elettorale che per la realizzazione di politiche pub-

bliche.

Per quanto concerne i governi:

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sono spesso costretti a intervenire;

sono favoriti dal controllo degli apparati amministrativi.

La crisi del party government è anche determinata dalla presenza di poteri al di fuori del con-

trollo partitico, come le autorità indipendenti e le istituzioni sovranazionali.

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14 Le burocrazie pubbliche

Il termine burocrazia presenta un’accezione negativa quando viene usata come sinonimo di

malfunzionamento. Dal punto di vista descrittivo, burocrazia è un sinonimo di pubblica am-

ministrazione.

Le burocrazie nascono dopo l’avvento dell’economia monetaria ed insieme allo stato moder-

no, a cui assicurano:

accentramento del potere, prima in mano al sovrano e poi al parlamento;

monopolio della forza legittima, necessario ad assicurare l’assolvimento dei compiti mini-

mi dello stato stesso31

;

impersonalità del comando, derivante dalla subordinazione del potere alla legge.

La burocrazia ha conosciuto da allora un processo di continua espansione32

:

una spinta alla crescita viene dalla progressiva specializzazione funzionale della stessa bu-

rocrazia;

la guerra impone la crescita degli apparati militari e fiscali;

lo sviluppo prima dello stato programmatore economico e poi dello stato del benessere

producono una espansione ulteriore;

l’intervento statale crea dei gruppi di cittadini interessati a chiedere provvedimenti la cui

realizzazione richiede nuovi apparati amministrativi;

una burocrazia matura ha interesse a massimizzare il proprio budget, sottraendosi ai con-

trolli dei politici33

.

Le caratteristiche della burocrazia individuate da Weber al momento della loro nascita consi-

stono in:

impiego del potere in forma legale-razionale;

applicazione neutrale di regole astratte;

divisione del lavoro basata sulla gerarchia;

detenzione di un sapere specialistico.

La successiva ricerca empirica ha verificato l’esistenza della corrispondenza fra il tipo ideale

weberiano e l’effettivo funzionamento della burocrazia.

La crescita della burocrazia ha apportato una serie di modifiche al modello originale di razio-

nalità assoluta.

La razionalità limitata

I decisori sono incapaci di comportarsi in modo perfettamente razionale a causa del livello in-

sostenibile dei costi di informazione. Di conseguenza, essi decidono in modo da assicurarsi la

mera soddisfazione, senza mirare alla massimizzazione della propria utilità.

L'incrementalismo incoerente

Allontanandosi ulteriormente dall’idea di razionalità, l’incrementalismo sostiene che le possi-

bili decisioni prese in esame sono poche e limitate ai corsi d’azione più vicini allo status quo,

senza che esista una priorità dei fini rispetto ai mezzi. Il metodo incrementale può avere con-

seguenze positive per il policy-making su aspetti di portata limitata, ma produce un intollera-

bile conservatorismo quando occorrono decisioni fondamentali su policies fallimentari che ri-

chiedono cambiamenti profondi.

31

Cfr. cap. 1.5, Perché?. 32

Cfr. cap. 13.3, La funzione di governo e le sue variazioni. 33

Cfr. cap. 9.3.1, La legge ferrea dell’oligarchia.

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Il neoistituzionalismo

Secondo la teoria del garbage can i processi decisionali sono del tutto casuali a causa della

competizione interna ad ogni organizzazione. In una versione meno radicale, l’approccio neo-

istituzionale sostiene che gli individui sono mossi da una logica di appropriatezza alle norme

e abitudini interne dell’organizzazione.

La dottrina democratica prescrive che la burocrazia – a cui manca una legittimazione demo-

cratica – sia subordinata al potere politico e debba limitarsi ad implementare le decisioni as-

sunte in sede parlamentare e governativa in modo neutro, senza attribuire importanza cioè alla

maggioranza partitica che sostiene il governo. La neutralità della burocrazia tuttavia è resa

problematica da alcuni aspetti, in quanto i burocrati:

presentano un’estrazione sociale elevata che li rende poco rappresentativi della popolazio-

ne nel suo complesso;

sono socializzati in modo tale da sviluppare un forte conservatorismo;

possono evitare il controllo dei politici grazie al monopolio delle conoscenze di cui sono

detentori;

sono avvantaggiati anche dalla continuità della loro carica;

il controllo politico è reso ancora più problematico dalla proliferazione dei fini perseguiti

dalle attività politiche;

molte scelte sono assunte nella fase dell’implementazione34

.

Nel complesso, la burocrazia manifesta capacità di intervento diretto sia nelle micro-decisioni

di routine che nelle scelte più importanti che concerta a livello politico.

A differenza di quanto previsto sulla base di un’organizzazione strettamente gerarchica, i li-

velli inferiori della burocrazia presentano un certo grado di autonomia decisionale.

Potere e incentivi

Le burocrazie presentano una tensione interna fra autorità basata sulla gerarchia e autorità ba-

sata sulla competenza.

Il burocrate di base

I burocrati di base sviluppano norme proprie per realizzare l’interazione diretta con gli utenti.

Questa autonomia è tanto maggiore quanto più:

le decisioni sono formulate in modo ambiguo;

contano le competenze;

sono frequenti i contatti con gli utenti.

La frammentazione nella pubblica amministrazione

La burocrazia si è recentemente modificata con l’introduzione di strutture orizzontali di coor-

dinamento che intersecano la gerarchia e per la nascita di autorità indipendenti dalla direzione

ministeriale.

Il reclutamento dei burocrati è basato sulla competenza ma è soggetto a variazioni da un si-

stema politico all’altro. Il sistema francese basato sulle Grandes Écoles per esempio differisce

dal sistema americano basato sullo spoil system.

34

Cfr. cap. 17.5.4, Messa in opera.

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caratteristiche modello francese modello americano

formazione ad hoc esperienze professionali

accesso concorso pubblico nomina politica

carriera interna ingresso esterno

competenze generalismo specializzazione

sistema decisionale struttura per ministeri struttura per agenzia

cultura amministrativa applicazione di norme impersonali decisioni su casi individuali

rapporti con l’esterno chiusura mediazione

Per quanto il modello francese assuma la competenza come criterio unico di reclutamento le

deviazioni sono state numerose, dovute soprattutto alla colonizzazione partitica della burocra-

zia.

Le politiche di riforma amministrativa intraprese in diversi paesi e in diversi settori sono state

attivate per rimediare alla crescita del debito pubblico e per offrire servizi di qualità migliore.

Deregulation e privatizzazioni

La deregolamentazione consiste in una riduzione delle formalità amministrative; la privatiz-

zazione consiste nel passaggio di servizi dallo stato al mercato e nella vendita di beni e impre-

se di proprietà statale, spesso accompagnata dalla costituzione di autorità indipendenti per

evitare la formazione di monopoli privati.

La trasparenza

La trasparenza consiste nel facilitare l’informazione dei cittadini sugli atti amministrativi per

mezzo di una maggiore visibilità dell’operato delle burocrazie e dell’accesso agli atti che li ri-

guardano. Il difensore civico costituisce un esempio in questa direzione.

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17 Le politiche pubbliche

Lo studio della politica intesa come politics35

riguarda l’organizzazione, la competizione e

l’esercizio del potere, ma non esaurisce l’esame del funzionamento di un sistema politico, che

comprende anche le decisioni assunte dai detentori del potere politico e le conseguenze pro-

dotte sui cittadini, vale a dire le policy36

.

17.1 Un’altra faccia della realtà politica

Le decisioni assunte dai politici presentano una enorme varietà da diversi punti di vista:

si riferiscono a molte materie;

hanno una portata e un’importanza variabile;

includono provvedimenti di tipo materiale e simbolico, regolamentazioni, applicazioni di

misure coercitive, creazione di nuove istituzioni.

17.2 Che cosa sono le politiche?

Per quanto la decisione ne costituisca un momento essenziale, essa non esaurisce lo studio

della policy. La decisione infatti prevede delle fasi precedenti (di agenda setting e di formula-

zione) e richiede una successiva fase di implementazione, e inoltre ogni decisione è inserita

nel contesto di un flusso decisionale di lungo periodo. L’unità di analisi quindi è costituita

non dalla decisione ma dalla policy, un programma di azione governativa intenzionalmente

diretto a produrre conseguenze, ma capace anche di generare conseguenze impreviste, soste-

nuto dal potere coercitivo dello stato. Una politica pubblica quindi prevede:

una pluralità di provvedimenti;

emanati dall’autorità pubblica;

dotati di valore normativo;

riferito ad uno specifico ambito sociale;

composti di fasi successive che includono tanto la decisione che l’implementazione.

17.3 Scienza politica e studio delle politiche

Dato che le policy sono oggetto di studio da parte di molte discipline, si pone il problema di

individuare quale sia il ruolo specifico della scienza politica.

Mentre gli esperti dei singoli settori di policy possono meglio individuare quali specifiche po-

litiche sono più adatte agli scopi perseguiti, la scienza politica si occupa dei rapporti fra la

competizione per il potere e gli esiti (output e outcome) dell’azione di governo, secondo la

prospettiva politics determines policy. D’altra parte, le policy possono retroagire sulla compe-

tizione per il potere, secondo lo schema policy determines politics.

17.4 Tipi di politiche

La tipologia proposta da Theodore Lowi si basa sui criteri della probabilità e dell’ambito di

applicazione della coercizione:

35

Cfr. cap. 1.7.1, Politics, ovvero il problema del potere e delle istituzioni. 36

Cfr. cap. 1.7.2, Policy, ovvero la politica nella società.

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Tipologia delle politiche pubbliche di Lowi

probabilità d’applicazione

della coercizione

ambito d’applicazione della coercizione

interviene sulla condotta individuale interviene sull’ambiente

remota e indiretta Politiche distributive: conferiscono faci-

litazioni e privilegi a gruppi ristretti. E-

sempi: clientelismo, pork barrel., sussidi

e sostegni.

Politiche costituenti: stabiliscono ruoli

di autorità e regole del gioco politico.

Esempi: riforme costituzionali, creazio-

ne di istituzioni.

immediata e diretta Politiche regolative: impongono obbli-

ghi e regole di condotta. Esempi: leggi

sulla sicurezza industriale, leggi sul traf-

fico, legislazione antitrust.

Politiche redistributive: intervengono

nei confronti di ampie categorie di citta-

dini. Esempi: politica monetaria, politica

fiscale, politiche sociali.

le politiche distributive producono benefici per un gruppo ristretto i cui costi ricadono

sull’intera collettività, per mezzo dell’attivazione di molteplici organizzazioni che esercitano

una pressione per ottenere obiettivi limitati;

le politiche redistributive producono conseguenze per ampi settori della società e vedono im-

pegnate grandi organizzazioni – quali sindacati e associazioni imprenditoriali – e i membri più

rilevanti del potere esecutivo;

le politiche regolative disciplinano comportamenti individuali per mezzo di decisioni a som-

ma zero assunte dal parlamento che coinvolgono l’opinione pubblica e producono elevati tassi

di conflittualità;

la politiche costituenti istituiscono il contesto in cui si realizzano le altre policy e sono realiz-

zate dalle élite politiche e amministrative secondo uno stile decisionale variabile.

La tipologia proposta da James Q. Wilson si basa invece sul grado di concentrazio-

ne/diffusione dei costi e dei benefici della policy:

benefici

concentrati diffusi

cost

i

concentrati

interest groups politics

entrepreneurial politics

diffusi

client politics

majoritarian politics

nella interest groups politics due gruppi di pressione sezionali tipici dei sistemi pluralisti37

ricercano benefici scaricando i costi l’uno sull’altro;

nella client politics un gruppo di interesse sezionale scarica i costi della sua azione sulla

collettività;

l’entrepreneurial politics vede la prevalenza di movimenti di ampie dimensioni sugli inte-

ressi organizzati;

nella majoritarian politics nessun gruppo è fortemente interessato all’azione.

17.5 Le fasi delle politiche

La sequenza delle fasi è costruita in base alla successione di azioni prevista da un modello ra-

zionale di decisione38

.

37

Cfr. cap. 8.5, La teoria pluralista dei gruppi. 38

Cfr. cap. 15.3, I limiti alla razionalità: il comportamento amministrativo.

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17.5.1 Identificazione di un problema

La prima delle fasi del policy cycle è l’agenda setting, che consiste nel riconoscimento di un

problema da parte del governo. Si tratta di un processo selettivo che è stato a lungo dominato

dai partiti, a cui recentemente si sono affiancati i gruppi di interesse, i movimenti collettivi, i

mass media e l’opinione pubblica.

17.5.2 Formulazione delle politiche

La formulazione delle PP è la fase in cui vengono esaminate le diverse soluzioni al problema

identificato nella fase precedente. La caratteristiche della formulazione delle PP sono:

attivazione di più gruppi con soluzioni spesso contrastanti, talora senza raggiungimen-

to di un consenso sulla soluzione ideale;

anche se in numero minore rispetto alla fase precedente, gli attori coinvolti sono di di-

verso tipo;

il processo di formulazione non è politicamente neutrale.

Le azioni degli attori impegnati nella fase di formulazione sono soggette a diversi vincoli:

i vincoli sostanziali sono generati dal tipo di problema in discussione;

i vincoli procedurali invece dipendono dall’organizzazione dello stato, dei gruppi so-

ciali e dalle ideologie predominanti.

Le PP sono formulate in base alle attività dei gruppi maggiormente coinvolti, che danno vita

ai cosiddetti policy subsystems39

. Gli attori che danno vita ad un policy subsystem possono

essere statali e sociali:

politici eletti dell’esecutivo e del legislativo;

funzionari burocratici nominati;

gruppi di interesse;

organizzazioni di ricerca (think tanks);

mezzi di comunicazione.

Elettori e partiti invece svolgono un ruolo minore e non possono essere considerati parte del

policy subsystem.

17.5.3 Decisione

La decisione consiste in una scelta di natura politica fra le opzioni identificate nella fase della

formulazione. Gli attori maggiormente implicati sono i politici, i giudici e i burocrati. I vinco-

li alle decisioni sono di livello macro – costituzioni e leggi – e di livello micro – caratteristi-

che personali dei decisori.

La decisione presa dalle istituzioni conferisce autorità alla policy. Le differenze fra i processi

decisionali dipendono da tre aspetti:

chi decide: politici, tecnici, burocrati, lobbysti o cittadini40

;

dove si decide: sedi istituzionali o sedi informali;

come si decide: decisioni a somma zero basate sulla regola di maggioranza o decisioni a

somma positiva basate sulla contrattazione e lo scambio.

17.5.4 Messa in opera

La messa in opera consiste nella attuazione della decisione assunta nella fase precedente.

L’efficacia della messa in opera è influenzata da diversi fattori.

39

Cfr. cap. 17.7, Modelli di interazione e logiche del policy making. 40

Cfr. cap. 17.6, Chi fa le politiche?

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Tipo di problema: difficoltà tecniche, molteplicità delle cause, quantità dei destinatari,

grado di scostamento dallo status quo.

Contesto: trasformazioni sociali, trasformazioni economiche, trasformazioni tecnologiche,

trasformazioni politiche.

Funzionalità dell’apparato amministrativo.

Risorse economiche e politiche dei destinatari.

Misure dei policy makers: chiara individuazione degli obiettivi, accertamento delle rela-

zioni causali, allocazione di fondi adeguati, individuazione delle procedure, selezione

dell’apparato amministrativo più adatto.

La messa in opera di una policy può avvenire secondo due approcci:

l’approccio top-down mette in evidenza il ruolo dei funzionari preposti alla implementa-

zione;

l’approccio bottom-up mette in evidenzia il ruolo dei destinatari della policy41

.

Un terzo approccio, che permette di valorizzare i pregi di entrambi i precedenti, evidenzia

come l’intervento governativo possa basarsi su diversi policy tools:

alto

coin

volg

imen

to d

ello

sta

to

erogazione diretta

strumenti coercitivi impresa e controllo pubblico

regolazione

tasse e tariffe

aste per diritti di proprietà

strumenti misti sussidi

informazioni ed esortazioni

mercati

strumenti volontari organizzazioni di volontariato

famiglie e comunità

basso

17.5.5 Valutazione

La valutazione delle PP consiste nell’esame degli strumenti impiegati e dei risultati consegui-

ti. La valutazione è un’attività politica, ma comporta anche un apprendimento su quanto è sta-

to svolto in precedenza.

La valutazione delle policies può essere di tipo amministrativo, giudiziario o politico.

La valutazione amministrativa è svolta dal governo o dagli apparati burocratici, talora avva-

lendosi di consulenti esterni. La valutazione amministrativa può assumere diverse forme:

la valutazione dello sforzo misura gli input;

la valutazione della performance misura gli output;

la valutazione dell’efficacia verifica il grado di raggiungimento degli obiettivi;

la valutazione dell’efficienza calcola i costi sostenuti ed esamina la possibilità di una loro

diminuzione (a parità di output);

la valutazione di processo mira a snellire le procedure utilizzate.

41

Cfr. cap. 15.5.2, Il burocrate di base.

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La valutazione giudiziaria esamina gli aspetti legali collegati alla realizzazione della policy,

basandosi sul confronto fra le azioni intraprese e le norme ed i principi della costituzione, del

giusto processo e del diritto amministrativo.

La valutazione politica viene svolta informalmente da qualsiasi attore impegnato nel dibattito

politico. I momenti salienti sono elezioni e le consultazioni con i partecipanti al policy sub-

system.

17.5.6 Continuazione, trasformazione e fine

L’esito della valutazione può essere:

totale revisione della policy;

ritorno all’agenda setting o ad un’altra fase;

mantenimento dello status quo.

Le policy possono modificarsi nel senso di includere un numero crescente di destinatari, op-

pure possono finire in seguito a fallimenti clamorosi o per l’esaurimento delle risorse e delle

motivazioni.

17.6 Chi fa le politiche?

Le costituzioni enfatizzano soprattutto il momento della decisione formale, in cui operano gli

attori istituzionali, con riferimenti limitati per i partiti e i sindacati. In realtà, il contributo alla

presa e alla realizzazione delle decisioni viene da una varietà molto più ampia di attori.

17.6.1 Il governo

Un ruolo essenziale nel policy-making è svolto dal governo, che opera sia come attore unita-

rio in sede di consiglio dei ministri che come attore plurale in seguito alla divisione fra mini-

steri.

17.6.2 Il parlamento

Lo svolgimento di diverse funzioni oltre a quella legislativa42

assicura una posizione premi-

nente al parlamento, che sarà tanto più autonomo quanto meno il governo controlla la mag-

gioranza parlamentare43

. Anche i parlamenti vanno considerati sia come attori unitari che co-

me attori plurali, soprattutto grazie alla presenza delle commissioni permanenti44

.

17.6.3 I partiti

La teoria del party government attribuisce grande potere decisionale ai partiti e al personale

partitico operante nelle istituzioni di governo45

. Le differenze nei sistemi di partito46

spiegano

anche le differenze del policy-making.

17.6.4 La pubblica amministrazione

Per quanto specializzata nella implementazione delle policy, la burocrazia è in grado di eser-

citare influenza anche sulla formulazione e sulla decisione delle politiche47

.

42

Cfr. cap. 12.5, Attività e funzioni delle istituzioni parlamentari. 43

Cfr. cap. 12.5.4, Declino o cambiamento dei parlamenti? 44

Cfr. cap. 12.4.2, L’articolazione dei parlamenti in commissioni. 45

Cfr. cap. 13.8, Governo e policy making: forza e limiti del party government. 46

Cfr. cap. 9.5, Sistemi di partito e competizione. 47

Cfr. cap. 15.4, I limiti alla neutralità: il potere della burocrazia.

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17.6.5 Soggetti privati portatori di interessi specifici

Questo tipo di attore comprende gruppi di dimensioni diverse:

i sindacati e le associazioni industriali;

cartelli industriali e singole imprese;

movimenti monotematici.

Essi sono in grado di influenzare il policy-making in diverse fasi48

, compresa la messa in ope-

ra.

17.6.6 Esperti

La crescita della portata tecnica delle decisioni ha aumentato il ruolo degli esperti.

17.7 Modelli di interazione e logiche del policy making

Il riconoscimento dell’esistenza di una pluralità di attori – istituzionali e no – ha favorito la

diffusione in Europa dei modelli del party government49

e del neocorporativismo50

, mentre

negli Stati Uniti si è fatto ricorso ad altre metafore, basate sulla nozione di policy subsystems.

La letteratura ha individuato numerosi tipi di policy subsystem.

I triangoli di ferro sono formati da gruppi d’interesse, commissione parlamentari e agenzie

governative, e operano negli Stati Uniti in settori quali agricoltura, trasporti e istruzione.

Sempre negli Stati Uniti, ma anche in Europa si fa ricorso alla nozione di policy network,

la cui importanza dipende dal tipo di interessi che lega i partecipanti, dalla membership,

dal grado di interdipendenza dei membri, dal grado di isolamento da altri network e dalle

risorse disponibili.

Rispetto ai network, caratterizzati dalla condivisione di interessi, la policy community si

caratterizza per la detenzione di conoscenze.

Per ordinare queste categorie è opportuno distinguere fra community, fondata sulla conoscen-

za, e network, fondato invece sull’interesse.

Principali modelli del processo di produzione delle politiche pubbliche

iron

triangles

policy

network

policy

community

schieramenti politici stabili instabili labili

arene decisionali segmentate frammentate diffuse

numero dei partecipanti limitato illimitato esteso

autorità centrale nessuna nessuna nessuna

potere disgregato molto disgregato fluttuante

termine decisionale per settori no nelle aree

gruppi volontari volontari spontanei

accesso decisionale chiuso aperto permeabile

soluzione sì rara rinviata

17.8 Conclusione

I contributi dei policy studies allo sviluppo della scienza politica sono numerosi:

48

Cfr. cap. 17.5, Le fasi delle politiche. 49

Cfr. cap. 13.8, Governo e policy making: forza e limiti del party government. 50

Cfr. cap. 8.6, Pluralismo e corporativismo.

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precisazione della posta in gioco nella competizione politica;

maggiore realismo nella visione dei processi decisionali;

migliore comprensione dei rapporti fra pubblico e privato;

esame delle influenze prodotte dagli outcomes delle politiche pubbliche sul funzionamento

del sistema politico.

In generale, per ciò che concerne le politiche pubbliche nel lungo periodo, il ciclo di espan-

sione della sfera pubblica legato all’intervento statale nell’economia e alla crescita del welfare

state è stato più recentemente sostituito da un ciclo di privatizzazioni e deregulation51

.

51

Cfr. cap. 13.3.4, Governabilità, sovraccarico dei governi e riscoperta del mercato.