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www.asiticino.ch Cronaca regionale: Essere con chi lascia. Ipotesi e sfide nell’accompagnamento alla persona morente e i mutamenti nel ruolo dei curanti. Approfondimenti: Il desiderio di morire: il vissuto di due curanti Visibilità: Qualità percepita e soddisfazione: il punto di vista delle famiglie Calendario attività ASI-SBK Settembre 2017 - Gennaio 2018 Liberi di scegliere Dj Fabo in Svizzera per morire Sezione Ticino Settembre 2017 - n. 3 Periodico d’informazione sulle attività dell’associazione svizzera infermiere/i Allegato alla rivista “Cure infermieristiche” N. 9/17 info

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www.asiticino.ch

Cronaca regionale:Essere con chi lascia. Ipotesi e sfide nell’accompagnamento alla persona morente e i mutamenti nel ruolo dei curanti.

Approfondimenti:Il desiderio di morire: il vissuto di due curanti

Visibilità:Qualità percepita e soddisfazione: il punto di vista delle famiglie

Calendario attività ASI-SBK Settembre 2017 - Gennaio 2018

Liberi di scegliereDj Fabo in Svizzera

per morire

Sezione TicinoSettembre 2017 - n. 3

Periodico d’informazione sulle attività dell’associazione svizzera infermiere/iAllegato alla rivista “Cure infermieristiche” N. 9/17

info

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SOMMARIOinfoSettembre 2017 - n. 3

Periodico d’informazione sulle attività dell’associazione svizzera infermiere/iAllegato alla rivista “Cure infermieristiche” 9/17

Segretariato ASIVia Simen 8CH-6830 ChiassoTel. 091 682.29.31Fax 091 682.29.32E-mail:[email protected] internet:www.asiticino.ch

RedazioneMariano CavoloRoberto GuggiariPia BagnaschiVeronique Dayan

SupervisionePia Bagnaschi

Grafica e stampaArti grafiche Veladini, Luganowww.veladini.ch

Foto copertina di Veronique Dayan

Accogliamo con piacere, articoli,progetti da pubblicare, non esitate acontattarci all’indirizzo: [email protected]. Le indicazioni in merito alla formadel testo sono pubblicate sul sitodella sezione e possono essere sca-ricate direttamente:www.asiticino.ch/index.php?id=96

3 Editoriale

Cronaca regionale

4 Convegno CPSI-SSSCI Essere con chi lascia. Ipotesi e sfide nell’accompagnamento alla persona morente e i mutamenti nel ruolo dei curanti. (Antonello Ambrosio)

Approfondimenti 6 Suicidio assistito – Il desiderio di morire: il vissuto di due curanti (Marzia Sari e Monika Lopez )

9 Liberi di scegliere - DJ Fabo in Svizzera per morire

Visibilità12 Qualità percepita e soddisfazione: il punto di vista delle famiglie (Luisa Lomazzi)14 Depressione: parliamone (Rosanna Amoruso)

Agenda16 Calendario corsi

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3allegato alla rivista “Cure infermieristiche” n.6/17

Suicidio assistito:la ricerca di un equilibrio tra autodeterminazionedel paziente e vissuti emotivi dei curanti

“Gli uomini dell’occidente vivono come se non dovessero morire mai e muoiono come se non avessero mai vissuto.” (Dalai Lama)

Riprendendo la citazione del Dalai Lama, non è difficile immaginare quantosia complesso e delicato parlare di suicidio assistito, in una società che vivesempre a mille all’ora e in cui argomenti come la morte e il morire vengonospesso nascosti o delegati alle organizzazioni sanitarie.Organizzazioni che per missioni istituzionali, mandati di prestazione e aspetticulturali, sono improntate alla cura, alla guarigione, al mantenimento della vita.Prima di addentrarci nella tematica del suicidio assistito, occorre essere in chia-ro nei termini e differenziare l’eutanasia dal suicidio assistito. L’eutanasia, dellaquale non ci occuperemo in questa sede, è l’uccisione su richiesta e si definiscecome: l’azione di uccidere intenzionalmente una persona, effettuata da un me-dico, per mezzo della somministrazione di farmaci, assecondando la richiestavolontaria e consapevole della persona stessa. Il suicidio assistito si definisce co-me: l’azione di aiutare intenzionalmente una persona a suicidarsi, rendendo di-sponibile la sostanza letale per l’auto somministrazione, assecondando la richie-sta volontaria e consapevole della persona stessa. Nella stragrande maggioran-za dei casi, parlare di suicidio assistito con coloro che hanno deciso di essereinfermieri e quindi di curare l’altro, diventa un concetto che può sembrare con-trapposto alla professione stessa di curante. È inevitabile quindi un’attenzioneverso potenziali conflitti etici che potrebbero emergere affrontando questa tema-tica, non solo con i pazienti e la loro cerchia di persone significative, ma ancheall’interno dei vari team. Team che per tradizione sono composti da persone didiverse culture, etnie, religioni, nonché da livelli di expertise diversi in funzionedell’età anagrafica e dell’esperienza professionale di ogni singolo infermiere.Considerando che sempre più pazienti, nella pratica professionale, pongonodomande relative al tema del suicidio assistito, in questo numero di INFO-ASIvogliamo occuparci di approfondire i vissuti dei curanti che si trovano confron-tati con questa domanda e che comunque vogliono garantire il diritto di auto-determinazione del paziente.Vorrei subito precisare che in Ticino il suicidio assistito nelle strutture sanitarieè vietato. Nel 2014 il Gran Consiglio Ticinese, su indicazione della Commis-sione speciale sanitaria, ha respinto un’iniziativa parlamentare che si prefigge-va di regolamentare il suicidio assistito all’interno di ospedali, cliniche, caseanziani e istituti di cura ticinesi. A livello nazionale, alcuni Cantoni quali Zurigo, Neuchâtel e Vaud hanno accol-to una revisione legislativa che permetta ad un anziano residente in una casa peranziani di poter beneficiare del suicidio assistito all’interno della struttura stessa.Che impatto hanno queste decisioni sul nostro lavoro? E soprattutto: cosa suc-cede quando come infermiere, per motivi personali, religiosi, etici o quant’al-tro, mi trovo a dover fornire supporto e informazioni ai miei pazienti? Possorifiutarmi di affrontare l’argomento con il paziente?E se un paziente assegnato a me scegliesse di praticare il suicidio assistito?Con gli approfondimenti di questo numero vogliamo quindi portare qualchespunto di riflessione e condivisione tra curanti, perché il suicidio assistito nonriguarda più solo pazienti terminali oppure oncologici. Con l’invecchiamento demografico e l’evoluzione di malattie croniche, comeinfermieri, dobbiamo essere pronti ad accogliere queste richieste e svilupparegli strumenti giusti per farvi fronte.

Con la speranza di aver suscitato il vostro interesse, non mi resta cheaugurarvi una piacevole lettura.

Roberto GuggiariResponsabile servizio infermieristico

Istituto Oncologico della Svizzera ItalianaMembro di Comitato Asi Ticino

editoriale

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info4 periodico d'informazione sulle attività dell'associazione svizzera infermiere/i

Cronaca regionale

Il 24 di maggio scorso si é tenuto un inte-ressantissimo convegno, organizzato pres-so il Palazzo dei Congressi di Lugano, at-

torno al tema della morte. Segue l’interventodi uno dei relatori del Convegno. A cosa siamo chiamati in veste di infermieriquando ci troviamo al cospetto di personeconfrontate con il lutto? A quali difficoltà sia-mo chiamati in queste circostanze?Sono situazioni simili per dinamiche e poten-zialmente diverse per declinazione; ci sono ilutti attesi, quelli così improvvisi che avrannoanche il sapore di un’imboscata, quelli quasisospirati, tanta è la sofferenza costante chegenerano e gli strumenti spuntati di una medi-cina che retrocede imbarazzata, che poco onulla può. Sono i lutti nella cornice di una ca-mera d’ospedale oppure di una casa per an-ziani, talvolta la strada. Ma sono e sarannosempre luoghi difficili da abitare perché laseparazione non è mai mitosi ma è semprelacerazione. Dimensione dove ognuno, pren-dendo a prestito il titolo di un testo di Falla-da, muore solo e il morire è sempre un feno-meno sociale che prevede la morte fisica dicolui che ci lascia e una morte psichica percoloro che restano, tanto una parte dell’ani-ma avrà la dimensione dell’amputazione. È iltempo in cui ognuno, da solo, giunge sul ci-glio di un orizzonte che a dipendenza delleproprie credenze profonde, pur nello squas-

Essere con chi lascia. Ipotesi e sfide nell’accompagnamento alla persona morente e i mutamenti nel ruolo dei curanti.Convegno organizzato dal Centro Professionale Sociosanitario Infermieristico.

samento potrà essere affidamento, per altribaratro oppure il sipario denso e imperscru-tabile di un oltre mai interrogato.Quando penso al lutto non posso evitare dipensare a come i diari di Hetty Hillesum siconcludono: “si vorrebbe essere balsamo permolte ferite”. Mi sono chiesto a lungo perchéproprio quella frase, io che non ho certo unacultura da citazioni, mi resta impressa. È ilcondizionale che nel giro di poche lettere,racchiude desiderio e frustrazione. Ricordoche da bambini, nei cortili delle ricreazioni sigiocava a rincorrersi e quando capivi che ilpericolo era imminente tiravi dritto per delleisole di salvezza in cui il tuo antagonista nonpoteva toccarti; al giungere dell’isola gridavivivis e ti sentivi salvato. Il si vorrebbe come luogo franco, come isoladel vivis, il desiderio di potere traghettare il lo-ro ma pure il tuo dolore verso la salvezza.Ma c’è pure il si vorrebbe dell’impotenza, cheal solito segue immediatamente quella del de-siderio, quando capisci che nessuna terra divivis sarà raggiungibile.Una delle relatrici che ha preso parola duran-te il pomeriggio ha intitolato un suo testo“Acrobatica del morire”. Non sappiamo benecosa sia questa acrobatica del morire, pur in-tuendola, ma conosciamo come curanti moltobene cosa sia l’acrobatica del curare. Non èil gesto atletico di un triplo salto mortale che

di Antonello Ambrosio

Il si vorrebbe comeluogo franco, comeisola del vivis, il

desiderio di poteretraghettare il loro

ma pure il tuodolore verso la

salvezza

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5allegato alla rivista “Cure infermieristiche” n.6/17

Cronaca regionale

tiene col fiato sospeso il pubblico che poi ap-plaude con un gesto liberatorio la presa deltrapezio; quello del curante è il gesto del fu-nambolo in bilico tra due versanti. Restare eresistere come posizione etica, morale oppuresemplicemente professionale perché credia-mo o intuiamo di avere, per quanto margina-le, una funzione e la tentazione dell’abbando-nare, tanto il dolore è insopportabile. Un ab-bandono che non prevede forzatamentel’uscita dalla scena ma può prendere a para-vento un gesto tecnico e inutile, perché cono-sciamo molto bene l’imbarazzo del silenzio edell’immobilità.Perché la fine è la fine, e propone una serie difotogrammi esistenzialmente fondamentali. Vene sono altri nella nostra vita, certamentequelli della nascita e dei momenti cardinali, igiri di boa in cui la vita assume traiettorie si-gnificative. Il matrimonio, la nascita dei figli,altre ancora sono orzate. Talvolta la fine di-venta la chiave di lettura di un’esistenza interaoppure elemento di significanza di una storia.Nei fotogrammi finali si coagulano le tesserespirituali oppure morali di un quadro che ainostri occhi appare ancora come incompiuto.E allora cosa ci facciamo, come infermieri, alcospetto di questa difficoltà che evidentemen-te ci supera per vastità? Ritengo che la nostrapresenza non possa trovare una funzione dici-bile, certamente cerchiamo di trasformarel’istituzione in un luogo privo di spigoli ulterio-ri attraverso gesti fin quasi banali, la presenzadi fazzoletti, di un cestino, dell’acqua da be-

re, un telefono prestato, mostrare un percorso,la chiamata di un assistente spirituale, l’orga-nizzazione per uno spazio privato, sedie, in-dicazioni operative.Ma avvertiamo tutta la sproporzione di un ge-sto che sfiora l’inutile, se non fosse che senzaquesti gesti inutili una tristezza disadorna fa-rebbe da perimetro; la consapevolezza dipermettere alle fasi iniziali di un lutto di nonincludere il sentimento della miseria, la consa-pevolezza di essere esistenzialmente margina-li eppure funzionali e la consapevolezza chein quei momenti il volto istituzionale prende aprestito i nostri gesti e le nostre facce.La professione infermieristica è sempre stata edovrà sempre essere una professione assisten-ziale, nonostante la burocratizzazione e i pre-testi tecnologici soggiacenti. Sono due le cose che i pazienti chiedono alleistituzioni sanitarie, di essere guariti e di esse-re curati. La prima non sempre è possibile, masempre e fino alla fine chiederanno di esserecurati e l’avere cura sarà sempre il nostroobiettivo. Con meno di questo avremo fallito efatto un altro mestiere, che trasforma il curan-te in un funzionario della cura.Suona inevitabilmente lezioso, ma è sufficien-te mettersi in situazione di affidare le personeche più abbiamo care per comprendere im-mediatamente e senza dubbio quali sono leprestazioni e le attenzioni che chiediamo adei curanti. Al pari di terzini che impediscono lo sguarni-mento della porta, abbandonate le nostre po-sizioni non possiamo che perdere tutti. �

* Antonello AmbrosioCentro Professionale Sociosanitario Infermieristico.Docente e Coordinatore Formazione Cure Urgentie Pronto Soccorso

Sono due le coseche i pazientichiedono alleistituzioni sanitarie,di essere guariti edi essere curati. Laprima non sempreè possibile, masempre e fino allafine chiederanno diessere curati

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info6 periodico d'informazione sulle attività dell'associazione svizzera infermiere/i

Approfondimenti

In quel momento misono chiesta chevalore avesse per

quest’uomol’autonomia, per lui

l’impossibilità adeambulare era

vista come peggiodella morte

Suicidio assistito

Il desiderio di morire: il vissuto di due curanti

Mi chiamo Marzia Sari, sono un’infer-miera con diversi anni d’esperienzanel campo medico/chirurgico, ho sem-

pre svolto il mio lavoro per curare al meglio imiei pazienti, di principio sono contro l’accani-mento terapeutico, ma non ho mai pensatoall’autodeterminazione nella morte. Conoscevoil S.A. (suicidio assistito) solo per sentito dire osolo perché alcuni dei pazienti curati, ancorain un discreto stato di salute, alla domanda sul-le direttive anticipate rispondeva di avere EXITma, personalmente e professionalmente, nonho mai approfondito il significato profondo diquesta scelta né tantomeno su come avvenisse.Solo pochi mesi fa ho maturato la scelta di tra-sferirmi in Cure Palliative e qui in brevissimotempo mi sono dovuta confrontare con la sceltadi alcuni pazienti di ricorrere al S.A.

“Meglio morire che perdere l’autonomia”Poco dopo il mio trasferimento in Cure Palliati-ve ho accolto un paziente che durante il collo-quio di ammissione mi disse di essere iscrittoad EXIT e al quale ricorrerà quando il progre-

dire della malattia lo porterà a non essere piùautosufficiente. Durante il colloquio apparivasereno, convinto e deciso nella sua scelta. Pre-metto che il campo oncologico mi ha sempreinteressato ma non ho mai fatto studi approfon-diti su tutte le possibili conseguenze delle di-verse malattie, quindi non immaginavo nean-che che questa scelta a volte potesse esseremessa in pratica. Ebbene quel giorno mi sonotrovata confrontata con un paziente che cono-sceva a fondo la sua patologia, carcinomapolmonare con metastasi ossee, che era ben aconoscenza di tutte le possibili conseguenzedel suo progredire e che quindi aveva, subitodopo la diagnosi, fatto l’iscrizione a EXIT.In quel momento mi sono chiesta che valoreavesse per quest’uomo l’autonomia, per luil’impossibilità a deambulare era vista comepeggio della morte, l’invalidità vista come di-pendenza dagli altri e come impossibilità adavere, ai suoi occhi, una vita dignitosa.La prima domanda che mi sono posta è stata:ma io sarei in grado di definire realmentequali sono i valori essenziali della mia vita, aquale di questi valori non potrei assolutamen-

di Marzia Sari e Monika Lopez

Ognuno di noi possiede una sua coscienza e conoscenza della morte e ognuno di noi è liberodi scegliere come approcciarsi, quale sensazione gli provoca e quali stati d’animo. Di seguitoverranno raccontate due esperienze simili, ma vissute diversamente, da due infermiere, MarziaSari e Monika Lopez, entrambe in servizio nell’unità di Cure Palliative dello IOSI (Istituto Onco-logico Svizzera Italiana) Bellinzona.

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7allegato alla rivista “Cure infermieristiche” n.6/17

Approfondimenti

te rinunciare? A quale valore do la stessa im-portanza che alla vita? Guardandomi nel pro-fondo ho risposto ad alcune di queste doman-de ma in tutta onestà non so se avrei il corag-gio di ricorrere al S.A. Il paziente nel giro di una settimana fu dimes-so, i dolori alla schiena dovuti alle metastasiossee, per i quali era stato necessario il rico-vero, erano ben palliati. Dimesso il pazientel’argomento S.A. mi era ancora poco vicino.Dopo circa 15 giorni lo stesso paziente rientrain reparto d’urgenza in quanto al domicilio ini-zia a manifestare i primi sintomi di compressio-ne midollare che vengono poi confermati conla TC (tomografia computerizzata). In quel mo-mento si trova confrontato con il peggioramen-to della sua situazione clinica e con la disabi-lità che aveva sempre detto di non poter sop-portare. Al momento del ricovero manifesta im-mediatamente la sua intenzione, se non vi so-no margini per tornare a camminare, ricorreràal S.A. Nei lunghi colloqui, durante i turni dilavoro, ho instaurato con questo paziente unrapporto di fiducia nel quale lui parlava libera-mente delle sue sensazioni, delle sue emozionie delle sue motivazioni, mi raccontava di quel-lo che amava fare e che nella situazione in cuiera non poteva più fare, era realmente con-scio, lucido e convinto di quello che avrebbefatto di li a poco. Io invece faticavo, non a ca-pire la sua scelta, ma a immaginare me inquella situazione: sarei stata altrettanto lucida,decisa? Sarei stata in grado di rinunciare allavita, alla mia famiglia, alle mie cose? È veroche la morte fa parte della vita, ma spaventa,spaventa l’idea del dover decidere cosa farein situazioni come queste. Bisogna essere vera-mente autodeterminati in questa scelta e biso-gna essere lucidi nel prepararsi. Noi non pen-siamo mai alla morte, la vediamo come unacosa lontana ma, se ci pensiamo veramente,ognuno di noi è sulla terra solo di passaggio ese in questo passaggio siamo quasi sempre li-beri di decidere per noi, insomma siamo pa-droni della nostra vita, allora perché non dob-biamo decidere anche come morire nel casodi malattie incurabili. La strada è quella: con ilS.A. decidi tu quando, è un po’ come batterela fine sul tempo. È un’anticipazione dell’even-to, forse spaventa di più la sofferenza nell’arri-varci che non il decidere di farlo.

La morte fa piangereLe mie riflessioni più difficili però sono avvenu-te nel momento in cui è partita la vera e pro-pria organizzazione, dal momento in cui ilpaziente ha deciso di eseguire l’atto sono sus-seguiti tutti i colloqui da parte di EXIT, colloquia cui io ovviamente non ho assistito. Mi è ri-masto impresso il luogo dove aveva deciso diterminare la sua vita terrena, in sala su unapoltrona, a casa sua. Bene in quella settima-na, per sua scelta la sua ultima settimana, mi

sono fatta mille domande, in primis come rap-portarmi con lui, lo scambio colloquiale inparte non era più lo stesso, siamo abituati arapportarci con gli altri pensando sempre aldomani, il suo domani era limitato. Mi sonochiesta mille volte cosa potrebbe desideraredi fare una persona durante gli ultimi giornidella sua vita? Sarà realmente pronto ad ab-bandonare la vita terrena? Lui raccontava chedurante la malattia si era preparato e che ave-va sistemato tutto, l’unico rammarico che glirestava era quello di lasciare la moglie. Noisiamo liberi di scegliere ma a volte le nostrescelte influiscono sugli altri, è normale che sipensi a chi resta, ma nel suo caso o nel casodi molte persone che scelgono questa antici-pazione della morte non vi sono molte altre al-ternative, o aspetti che il male ti consumi ri-nunciando alla tua dignità, ai tuoi valori, op-pure per una volta diventi “egoista” e pensialla tua morte senza ulteriori sofferenze.Venerdì sera salutai il paziente: prima di entra-re in camera mi feci mille domande, come si sa-luta una persona che il giorno successivo cesse-rà di vivere per scelta? Che emozione mi pro-vocherà? Riuscirò a essere professionale e anon piangere? Si perché la morte fa piangere.Entrai nella sua stanza, non come infermierama come una persona che gli era stata vicinain un momento particolare della sua vita, lo sa-lutai abbracciandolo. Ci fu un lungo silenzio epoi gli augurai “buon viaggio”, non mi prepa-rai il discorso uscì tutto spontaneamente, gli dis-si che quel sabato mattina alle 11 io avrei pen-sato a lui, lui mi ringraziò piangendo e mi disse“Sono contento di averti incontrata ti porteròsempre nel cuore”. Abbiamo pianto insieme,chiesi scusa delle mie lacrime, e lui serenamen-te mi disse: ”le tue lacrime sono vita, spesso michiedo come facciate voi ad affrontare quoti-dianamente queste situazioni e chi vi da la for-za”. A volte me lo chiedo anch’io.Tutto questo ti smuove dentro un’infinità diemozioni, di sensazioni, di domande, la mor-te in tutte le sue forme e dimensioni spaventama fa comunque parte della vita.

Mi chiamo Monika Lopez, sono infermiera da24 anni, lavoro da molti anni in ospedale e lamia esperienza lavorativa è iniziata nei repartidi medicina interna, dopo parecchi anni ho de-ciso di andare a lavorare in U.C.P. (Unità diCure Palliative) e sono in questo reparto da 11anni. Durante i miei primi anni di esperienzalavorativa non ho mai sentito parlare di S.A.,mi sono sentita confrontata con questo princi-pio di autodeterminazione solo dopo qualcheanno che lavoravo in U.C.P. In dicembre, qual-che anno fa fu ricoverato un paziente con dia-gnosi recente di tumore avanzato e nessunapossibilità di terapie. Questo paziente durantela degenza chiese di potersi iscrivere ad EXITed avere un colloquio con l’organizzazione per

Venerdì serasalutai il paziente:prima di entrare incamera mi fecimille domande,come si saluta unapersona che ilgiorno successivocesserà di vivereper scelta?

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info8 periodico d'informazione sulle attività dell'associazione svizzera infermiere/i

Approfondimenti

stabilire una data, a breve termine, per esegui-re il S.A. Per me il compito in questo caso fusemplice, non partecipai ai colloqui, ma fecidelle fotocopie del contratto stipulato tra EXIT eil paziente. Ricordo in quell’occasione, mentrefacevo le fotocopie del documento, di aver no-tato la cifra da pagare e pensai che era costo-so morire su richiesta. Dopo due giorni il pa-ziente fu dimesso e non sentii più parlare di lui. Dopo qualche anno in UCP ho seguito il corsodi specializzazione in C.P. (Cure Palliative) aSan Gallo, corso suddiviso in moduli. Uno diquesti trattava del S.A. Durante questo corsoho studiato e imparato la differenza tra S.A.,suicidio, omicidio, suicidio diretto e indiretto,le leggi e le diverse associazioni presenti sulterritorio svizzero. Fu un pomeriggio interes-sante e mi sentii preparata per affrontare in fu-turo la richiesta di S.A. Durante questo percor-so pensai che la conoscenza teorica delle va-rie modalità e il fatto che questo non potesseessere effettuato nel mio ambito lavorativo mifaceva sentire più tranquilla: non potevo esse-re coinvolta direttamente nell’atto e quindinon avrei dovuto avere un coinvolgimentoemotivo. Mi sbagliavo.

Una decisione difficile da capireSolo poco tempo dopo mi dovetti confrontarecon una paziente ricoverata nel nostro repartocon diagnosi di tumore uterino, la pazientepresentava perdite vaginali importanti, e dolo-ri che dopo l’impostazione della terapia antal-gica erano ben palliati. La paziente durante ilricovero espresse il desiderio di non voler con-tinuare a vivere. Non era più soddisfatta dellaqualità di vita, sentiva che il tumore e i suoisintomi le stavano rubando la dignità. Durantela degenza eseguì il colloquio con l’associa-zione di EXIT e stabilì in accordo con i medicila data della sua dimissione per poi poter pro-cedere il giorno dopo al SA. Da quel momen-to in poi la paziente si sentì sollevata e diven-ne, ai miei occhi, euforica.

La libertà di decidere quanto farsi coinvolgereFu difficile per il nostro team infermieristico riu-scire a capire la sua decisone in quanto eraautosufficiente ma, le perdite causate dalla ma-lattia e le limitazioni indotte, le rendevano la vi-ta non più degna di essere vissuta. Dopo unasettimana dalla dimissione ci incontrammo conil capo clinica per un debriefing (valutazione fi-nale di un processo) per avere un momento discambio e raccontarci come era avvenuto a ca-sa il SA. Il capo clinica raccontò che feceromolta fatica a posizionare una via venosa sen-za la quale la paziente non poteva iniettarsi ilfarmaco letale. La paziente era affetta da unasindrome di malassorbimento dei farmaci, le-gati alla sua malattia tumorale, e che quindinon avrebbe potuto ricorrere all’assunzione

dei farmaci per via orale. Il medico ci raccontòche la paziente era stata punta più volte e chequesto le aveva provocato sofferenza. Durantequell’incontro, il medico, ci chiese cosa ne pen-savamo nel dimettere i pazienti, con problema-tiche come quella appena citata, con accessivenosi. Ed ecco il coinvolgimento tanto temuto,non perché questi pazienti per l’atto del suici-dio vanno a casa io non mi devo confrontare.Avevo pensato fino a quel momento che erapossibile non farlo, ciò che non vedo e nonsento non mi deve interessare. La via venosa indiscussione l’avevo posizionata io, ma solo periniettare i farmaci che alleviavano il sintomodel dolore e quando la posizionai certo nonavevo pensato che sarebbe stata necessariaper il SA. In quel momento non mi sentii di da-re una risposa definitiva, da un lato mi era di-spiaciuto molto che la paziente soffrì per l’inca-nulamento della vena, dall’altra non avrei volu-to che fosse dimessa con l’accesso venoso po-sizionato da me. Se avessi potuto sceglierenon avrei voluto sapere questa cosa per nondovermi confrontare. Poi circa un mese fa an-ch’io ho conosciuto il paziente descritto dallamia collega. Io questo paziente l’ho seguito po-co direttamente, e pensai che questa volta nonmi sarei sentita coinvolta, ma i colleghi ne par-lavano, il paziente e la moglie ne parlavano, evolente o nolente mi trovai confrontata. Tanticolleghi del mio team dicono che per conclude-re bene il processo è utile avere un riscontro fi-nale e sapere come è andato il S.A. a casa. Iopenso che a me non serve e non lo voglio, per-ché voglio ancora questa libertà di scelta nelnon sapere tutti i dettagli.Concludendo possiamo affermare che sia pro-fessionalmente che umanamente ognuno di noireagisce alla situazione che provoca la mortein modo diverso e fortunatamente anche inquesto esiste la libertà di decidere quanto farsicoinvolgere. Ma di una cosa siamo convinte:la morte è un argomento che spaventa, nonsempre ne vogliamo parlare e ne vogliamosentire parlare, ma tutti dovremmo riflettere sucosa significhi per noi la vita, senza necessa-riamente doverci confrontare con il S.A. �

* Marzia Sari, ha conseguito la laurea triennalepresso l’Università dell'Insubria di Varese nel2005, ha lavorato nell’Unità Operativa di Malat-tie infettive e tropicali all’Ospedale di Circolo fon-dazione Macchi fino al 2010. Dal 2010 al 2013all’Ars Medica Clinic di Gravesano, dal 2013 ainizio 2017 in medicina presso l’Ente ospedalierocantonale OSG. Da marzo 2017 IOSI Unità diCure Palliative.

* Monika Lopez, ha frequentato la scuola per in-fermieri al Kantonsspital di Aarau dal 1989-1992.Dal 1992-2006 ha lavorato nei reparti di medici-na al San Giovanni a Bellinzona. Dal 2006 lavorain unità di cure palliative presso lo IOSI (Istituto on-cologico svizzera italiana) con la specializzazionein cure palliative B2 a San Gallo dal 2012-14.

La via venosa indiscussione l’avevoposizionata io, masolo per iniettare i

farmaci chealleviavano il

sintomo del doloree quando la

posizionai certo nonavevo pensato che

sarebbe statanecessaria per il SA

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9allegato alla rivista “Cure infermieristiche” n.6/17

Approfondimenti

Fabiano Antoniani, meglio conosciuto co-me Dj Fabo, italiano, a 37 anni, il 13 giu-gno 2014 in seguito a un incidente d’auto

rimane cieco e tetraplegico. Per due anni con-tinua a curarsi, anche sperimentando nuove te-rapie, purtroppo, dice lui, senza risultati. Man-da un video messaggio di due minuti al Presi-dente della Repubblica Italiana in cui   riassu-me la propria storia e gli chiede di intervenireperché si sblocchi la proposta di legge per le-galizzare l’eutanasia. A 39 anni Dj Fabo nonpuò più animare le notti in musica; è cieco etetraplegico, «bloccato a letto immerso in unanotte senza fine», dice. Vuole poter morire eper questo si rivolge a un’associazione italia-na impegnata per la libertà di ricerca scienti-fica e per i diritti civili dei cittadini in ogni fasedella loro vita che lo aiuta ad arrivare in Sviz-zera per praticare il suicidio assistito il 27 feb-braio 2017; scelta impossibile in Italia.Il dibattito mediatico che, come altre volte peraltri casi simili nel nostro Cantone e nella vicinaItalia, si è acceso attorno a questo caso, ha ri-velato come i termini del tema non siano sempredel tutto chiari anche per gli addetti ai lavori.

Chiariamo i termini. Suicidio assistito È l’atto del morire provocato dal farmaco,pentobarbitale sodico in dosi letali, sciolto inacqua, che il paziente deve bere autonoma-mente o sciolto in un’infusione che il pazientedeve azionare sempre senza aiuti esterni af-finché il farmaco entri nell’organismo. Dalla stampa italiana apprendiamo che Dj Fa-bo per poter aderire alla condizione descrittasopra e stabilita dalle associazioni di aiuto alsuicidio, ha morso un pulsante che ha causa-to l’iniezione del farmaco.È legale? In Svizzera l’unico articolo di leggecontenuto nel Codice Penale attinente allapratica di suicidio assistito recita:

“Art. 115 Omicidio./Istigazione e aiuto al suicidioChiunque per motivi egoistici istiga alcuno al suici-dio o gli presta aiuto è punito, se il suicidio è statoconsumato o tentato, con una pena detentiva sino acinque anni o con una pena pecuniaria.”1

Questo articolo si situa in una visione liberalee laica dell’esistenza umana che mette in pri-

mo piano il principio di autonomia, fatto salvola questione dei motivi egoistici.A livello federale, dopo vari rapporti e consul-tazioni promossi a partire dal 2006, nel2011, si è deciso di rinunciare a disciplinareulteriormente l’assistenza organizzata al suici-dio nel diritto penale.Come, quando, dove avvenga il fatto e qualesia lo stato di salute del richiedente non con-cerne il legislatore. La legge dunque non ciaiuta quando ci troviamo a studiare un casocome quello di Fabo.

Eutanasia attiva diretta Si tratta dell’omicidio destinato ad abbreviarele sofferenze altrui. Punibile nel diritto penaleattuale secondo gli articoli 111 (omicidio),114 (omicidio su domanda della vittima), 113(omicidio passionale)

Eutanasia attiva indirettaQuando, per attenuare delle sofferenze, siusano mezzi che potrebbero anche avere co-me effetto di raccorciare la durata della vita. Non è regolato nel codice penale attuale, maè considerato, con alcune sfumature, comeammissibile.

Eutanasia passivaÈ la rinuncia ad avviare o il sospendere tera-pie di sostentamento vitale. Questa forma diassistenza al suicidio, prescritta generalmen-te da un medico, non costituisce un comporta-mento punibile.

Qualche interrogativo moraleDunque in Svizzera, la discussione sul suicidioassistito rimane in balia di posizioni indivi-duali a dipendenza di convinzioni e credenzepersonali. Anche l’Accademia Svizzera delleScienze Mediche si è più volte chinata sullaquestione; Samia Hurst bioeticista partecipaal progetto “Decisioni mediche nella fine dellavita: frequenza e tendenza in Svizzera” nelquadro del programma nazionale di ricerca67 “Fin de vie”; in questo studio è contempla-to anche il capitolo del suicidio assistito. Inun’intervista Samia Hurst sostiene che il nume-ro di astensioni terapeutiche, sedazioni pal-liative e i casi di assistenza al suicidio sonoaumentate2.

Liberi di scegliere. Dj Fabo in Svizzera per morire.

di Daniela Tosi-Imperatori*

1 https://www.admin.ch/opc/it/classified-compilation/19370083/index.html#a114 2 Bollettino dei medici svizzeri 2017;98(14):429-430

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Approfondimenti

Gli interrogativimorali che la

questione sollevasono molteplici, in

particolare ildibattito si snoda

spesso attorno allalegittimità dellalibertà di scelta

Da parte sua dal 2011 il Consiglio Federalecontinua a promuovere da una parte la pre-venzione dei suicidi per ridurne il numero edall’altra le cure palliative; nel messaggio silegge che: “Il pacchetto di misure contribuiràa rafforzare il diritto all’autodeterminazione”.Malgrado ciò continua ad aumentare in modosignificativo il numero di suicidi assistiti praticatinel Canton Ticino: se sino al 2014 le pratichenon superavano le 18 unità, dall’anno scorsosono esplose e il numero è salito a fine anno acirca 60 sul suolo cantonale. Non più solo Exitche si occupa solo di cittadini svizzeri, ma altreassociazioni che si occupano anche di cittadinistranieri si sono nel frattempo insediate; si ricor-derà l’Associazione Liberty Life a Melano o l’As-sociazione Carpe Diem a Chiasso.Un primo interrogativo etico può riferirsi allepersone che operano per queste Associazio-ni. Secondo l’Accademia Svizzera delleScienze Mediche il suicidio assistito non èconsiderata una pratica sanitaria né è svoltanecessariamente da operatori sanitari chenon sottostanno dunque alla Legge sanitaria.L’unico aspetto di competenza sanitaria è laprescrizione del farmaco letale, da parte diun medico e la fornitura dello stesso da partedi un farmacista. Altre persone che si sono oc-cupate fino a quel momento del paziente sa-ranno escluse dall’atto finale. Da un altro punto di vista ci si può chiederequale tipo di aiuto, di conforto, di vicinanza edi accoglienza si offre alle persone che richie-dono il suicidio assistito che, pur nell’autode-terminazione, sono comunque lasciate ai mar-gini di una presa in carico sanitaria, e che, avolte si devono sobbarcare anche conflitti fa-miliari relativi alla loro decisione. Come il ca-so dell’ultraottantenne ginevrino che avevaprevisto di morire con Exit il 18 ottobre scor-so, ma due dei suoi fratelli, secondo i qualiegli soffriva di depressione e non era in fin divita, lo avevano fermato nel suo intento trami-te un’azione giudiziaria contro Exit. L’uomo siè poi suicidato in altro modo.Tra una legge che lascia ampio spazio deci-sionale e una prassi che riguarda spessoaspetti clinici che determinano la decisionedei richiedenti facendo valere il principio diautodeterminazione, per la prassi di suicidioassistito, i sanitari sono poco coinvolti. La ri-flessione va certamente approfondita anchetra queste categorie di professionisti. E ancora: si diceva più sopra che Dj Fabo hamorso un pulsante affinché il farmaco potesseentrare nel suo organismo in modo da rispet-tare la condizione che il paziente stesso ab-bia ancora una parte attiva nella procedura.Ci si può chiedere come è attuabile per queipazienti che hanno superato il grado di inca-pacità a compiere il gesto, come ad esempio

pazienti affetti da sclerosi laterale amiotroficagravemente compromessi da problemi che lapatologia provoca. Vero è che questo elemento permette da unaparte di avere la sicurezza che la persona è de-terminata fino all’ultimo istante di vita , come di-re “sono sempre io a decidere” fino all’ultimadestinazione. A questo proposito Luciana Ca-glio scrive: “In pratica optando per una fine sumisura, personalizzata, si rifiuta implicitamentedi sottostare ai colpi del destino, di dominarel’imprevedibilità, di cavarsela come meglio sicrede. Un diritto dell’uomo contemporaneo ouna pretesa in fondo irragionevole?”3Altra questione è certamente quella finanziaria.L’Associazione Carpe Diem che si occupa an-che di pazienti stranieri, ha pubblicamente resonoto la cifra che il richiedente paga per la pras-si: 10.000 euro da suddividere tra le spese va-rie che la pratica comporta. Nonostante i giusti-ficativi portati dalla responsabile dell’associa-zione, un quotidiano di qualche mese fa titola-va così la questione: “È eticamente sbagliatofar pagare 10.000 euro per morire”. E si puòaggiungere: quale è il limite finanziario accet-tabile per non sconfinare nei fini egoistici?

Siamo liberi di decidere?Gli interrogativi morali che la questione solle-va sono molteplici, in particolare il dibattito sisnoda spesso attorno alla legittimità della li-bertà di scelta e del principio di autodetermi-nazione.Della questione si sono occupati, e continua-no ad occuparsene, filosofi, scienziati, la chie-sa e più recentemente le neuroscienze. Filosofi e scienziati con idee spesso contrap-poste. Schopenhauer scrive: “L’uomo può sìfare ciò che vuole, ma non può volere ciò chevuole”4; dunque una libertà parziale. Il fisicodanese Niels Bohr, uno dei protagonisti dellameccanica quantistica, sostiene che “ci sonodue tipi di verità: le verità semplici, dove gliopposti sono chiaramente assurdi, e le veritàprofonde, riconoscibili dal fatto che l’oppostoè a sua volta una profonda verità”5; come di-re che tutto è spiegabile.

3 Luciana Caglio, Come voglio io: fino all’ultimo traguardo, Azione 6 marzo 2017. N. 10

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Approfondimenti

Nell’era di PapaFrancesco ildibattito attorno aitemi di ordinemorale assumonosempre più spessotoni meno aspririspetto al passato

Per la Chiesa e il catechismo attualmente in vi-gore “ognuno grazie alla ragione è capace dicomprendere l’ordine delle cose e grazie allavolontà è capace di orientarsi da sé al suo verobene”6; dunque ciò gli permetterà di effettuareliberamente le scelte più giuste. Nell’era di Pa-pa Francesco il dibattito attorno ai temi di ordi-ne morale assumono sempre più spesso tonimeno aspri rispetto al passato in cui le posizio-ni tra cattolici e laici si manifestavano con scon-tri più che con pacate e distese discussioni permettere a fuoco con chiarezza, e senza accusereciproche, le rispettive posizioni. Si pensi al di-battito giunto in Parlamento in Italia sul testa-mento biologico nei giorni in cui il dibattito sul-la sospensione dell’alimentazione artificiale aEluana Englaro era acceso. La strada tracciatada Bergoglio non è nella liberalizzazione dellavolontà individuale e dunque nella libertà discelta per i temi morali, ma piuttosto nella dot-trina dell’amore e della misericordia che po-trebbe aprire una nuova stagione di dialogoper affrontare temi bioetici dai contenuti a volteprofondamente laceranti.Vito Mancuso, teologo italiano, sostiene cheper essere liberi ci vuole coraggio: “…il co-raggio di sottrarsi al pensiero dominante escoprire nuovi valori in cui credere; il corag-gio di scrollarsi di dosso le convinzioni che cisoffocano e costruire un rapporto autenticocon gli altri e con se stessi; il coraggio di es-sere liberi per diventare veramente chi sia-mo.”7 Per fare ciò però è necessario scrollarsidi dosso ogni forma di dualismo, in particola-re la necessità di superare la questione se sia-mo anima o siamo neuroni e partire dal pre-supposto che le due vie possono essere per-corse parallelamente. La libertà è percepitageneralmente come assenza di schiavitù da si-tuazioni esterne, ma anche schiavitù di tipo in-teriore che influenzano le nostre decisioni.Hans Küng, il più celebre teologo del dissensocattolico, afferma che è “dalla dignità dell’uo-mo che scaturisce il diritto all’autodetermina-zione per la vita nella sua interezza, e quindianche per l’ultima tappa dell’esistenza, lamorte.”8 Nel suo libro “Morire felici?” scriveche “ciascuno di noi è responsabile della pro-pria vita. E perché dovrebbe cessare di esser-lo proprio nell’ultima fase dell’esistenza? Laresponsabilità esiste fino in fondo e io ho tuttele intenzioni di assumermela.” Secondo Küngil medico dovrebbe essere un alleato del pa-ziente che chiede di morire e che medici e in-fermieri dovrebbero restare impuniti quandoaiutano il paziente a suicidarsi. Vorrebbe che

la Chiesa aiutasse l’uomo a morire anziché li-mitarsi a dargli l’estrema unzione. Una visio-ne decisamente determinata quella di Küng.Arnaldo Benini, neurochirurgo, esperto e di-vulgatore di neuroscienze, scrive che “la neu-roetica si basa su due presupposti:Il destino è regolato da una moralità universa-le legata a strutture cerebrali comuni a tutto ilgenere umano. Il senso morale è legato allamorfologia e alla fisiologia dei centri cerebra-li che lo elaborano e lo trasmettono.Il senso del bene e del male è emerso conl’evoluzione del cervello. Studi recenti, effet-tuati con la visualizzazione cerebrale, hannodimostrato che nell’elaborazione di decisionidi carattere etico sono molto attive aree nonsolo frontali e orbito-frontali, ma anche tempo-rali e parietali e che, in un cervello sano, talidecisioni sembrano essere influenzate più dal-l’affettività che dalla logica.”9Questi studi non hanno avuto per ora moltoseguito, ma è sicuramente un campo di ricer-ca che avrà i suoi spazi.

Conclusioni Stabilire che cosa sia la libertà di decidere ela volontà di autodeterminarsi non è questioneda poco. I diversi punti di vista illustrati soprasono solo qualche esempio a riprova dellacomplessità dell’argomento.Rispetto al tema del suicidio assistito è indub-biamente impossibile trovare un aggancio auna direttiva, a una legge, o un accordo tra levarie posizioni morali di chi ne discute, perdefinire se l’atto sia legittimo o ammissibilebasandosi sul concetto di autodeterminazioneo di libertà di scelta. Siamo in un contesto so-ciale e in un momento sociale in cui non domi-na più soltanto una posizione istituzionale co-me lo fu per la Chiesa. In attesa di sviluppidella società riguardo all’argomento, comeper altri temi di valenza morale, non ci restache il rispetto per le scelte di ognuno.Sì può essere d’accordo o si può non essered’accordo; nelle democrazie, non meno chenelle questioni morali, ci vuole chi difende unvalore, in questo caso la vita ad ogni costo, echi difende l’idea opposta, cioè che la vitapuò avere una fine diversa da quella “natura-le” pur concedendo a questo termine qualchenecessità di riflessione. �

* Daniela Tosi-Imperatori, Membro del comi-tato ASI. Già docente DEASS-SUPSI

Bibliografia

Benini Arnaldo Che cosasono io, 2009, Garzanti

Küng Hans, Morire felici?,2015, Rizzoli

Mancuso Vito, Il coraggiodi essere liberi, 2016,Garzanti

4 Albert Einstein, Il mio Credo, 1932, testo originale tedesco in www.einsteinwebsite.de 5 Hans Bohr, My Father, pubblicato in Niels Bohr: His Life and Work as Seen by His Frends and Colleagues, a cura di Stefan

Rozental, Amsterdam 19676 http://www.gliscritti.it/dchiesa art.17047 Vito Mancuso, Il coraggio di essere liberi, 2016, Garzanti8 Hans Küng, Morire felici?, 2015, Rizzoli, pag.1079 Arnaldo Benini, Che cosa sono io, 2009, Garzanti

Vito Mancuso

Hans Küng

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Visibilità

Case per anziani ticinesi

Qualità percepita e soddisfazione: il punto di vista delle famiglie

La CpA dunque, a differenza degli altriservizi sanitari e socio-sanitari, non rap-presenta per la persona anziana solo

l’esperienza di fruizione di un servizio, maun’esperienza di vita in condizioni di parti-colare fragilità e comunitarie, in un contestoin cui accanto a parametri sanitari, assisten-ziali e alberghieri, devono essere individuatie valorizzati tutti quegli elementi soggettivi,identitari e relazionali che caratterizzanouna vita di qualità. Va considerato inoltre che una CpA si confi-gura come un contesto multistakeholder1 incui anziani, famiglie, professionisti, enti pro-prietari delle strutture, enti finanziatori e citta-dini esprimono proprie e particolari attese chevanno a privilegiare alcuni aspetti del servizioa discapito di altri. È un contesto in cui si in-trecciano e spesso si scontrano visioni ed esi-genze differenti (ad esempio, il bisogno di au-todeterminazione e di libertà d'azione dellepersone residenti versus la richiesta di prote-zione e sicurezza delle famiglie; la necessitàdi investimenti nella gestione del personale,negli adeguamenti ambientali, ecc. da partedella struttura versus la spinta al contenimentodei costi da parte dei finanziatori e la conse-guente riduzione degli oneri a carico dellacollettività, ecc.).

Qualità percepitaLa qualità si deve connotare quindi anche co-me la costante ricerca di un punto di equili-brio in cui si fanno dialogare e si integrano di-verse aspettative, aspirazioni, bisogni, valori,diritti e doveri che ruotano attorno al servizio,adottando un approccio che tenga conto delledifferenti esigenze espresse, che vanno dun-que conosciute e monitorate nel tempo, nondimenticando mai che il destinatario del servi-zio resta sempre la persona anziana.L’importante valore attribuito dal Cantone, nel-l'ambito del sistema dei contratti di prestazio-

ne2, alla componente “qualità percepita” nelsistema di promozione e controllo della quali-tà (Fig.1), risponde appieno alle peculiaritàdel settore. L’approccio metodologico scelto,che prevede il coinvolgimento degli anziani,delle loro famiglie/persone di riferimento edegli operatori, consente non solo di acquisi-re dalla loro viva voce elementi utili a promuo-vere il miglioramento continuo favorendo il su-peramento all’auto-referenzialità dei servizi,ma anche di avvicinarsi al tema della qualitàdi vita delle persone anziane e alle esigenzedelle famiglie, imparando a conoscerne puntidi vista e mentalità.

È ormai dal 2009, che con cadenza triennale,l’Ufficio anziani e cure a domicilio (UACD)della Divisione dell’azione sociale e delle fami-glie (DASF), ha dato mandato alla SUPSI3 dirilevare il grado di soddisfazione delle perso-ne residenti, dei familiari/persone di riferimen-

di Luisa Lomazzi*

Riflettere di qualità nelle Case per anziani (CpA), implica, innanzitutto, dover affrontare il temadella qualità di vita, dato che per la maggioranza delle persone residenti la struttura diventail proprio nuovo luogo di vita.

Fig.1

1 Per stakeholder si intende un insieme di soggetti che hanno un interesse nei confronti di un'organizzazione e che con il lorocomportamento possono influenzarne l'attività.

2 La regolamentazione dell’offerta di servizi basata sul sistema dei contratti di prestazione è orientata alla valutazione e al con-trollo dei risultati lasciando autonomia agli enti relativamente alla gestione dei processi di erogazione dei servizi. Con l’intro-duzione dei contratti di prestazione il Cantone assume il ruolo di acquirente per conto dei cittadini perseguendo obiettivi diefficienza, efficacia ed equità.

3 Il team di ricerca SUPSI Centro competenze anziani è formato da Luisa Lomazzi (capoprogetto), Paola Ferrari, Carla Sargenti,Laura Canduci, Daniela Crisà, Michela Luisoni, Gladys Delai, Lorinda Fasani, Mafalda G�nther e Nicole Glaus.

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13allegato alla rivista “Cure infermieristiche” n.6/17

Visibilità

to e dei collaboratori di tutte le Case per an-ziani presenti in Canton Ticino. In questo arcotemporale abbiamo avuto modo di raccoglierevalutazioni e suggestioni di quasi la metà dellepersone residenti nelle strutture ticinesi e di ol-tre la metà dei loro familiari/persone di riferi-mento (circa 2.000) per ogni triennio. Ad oggisiamo a metà della terza rilevazione.

Elevato livello di soddisfazioneLa seconda edizione della giornata organiz-zata dall’Associazione Svizzera Infermiere/iSezione Ticino (ASI-SBK) e dall’Associazionedei Direttori delle Case per Anziani della Sviz-zera Italiana (ADICASI) ci ha fornito l’occasio-ne di approfondire quanto emerge dallosguardo e dal vissuto dei familiari e di riflette-re e confrontarci con le interessanti esperien-ze e spunti offerti dai diversi interventi. Va innanzitutto sottolineato l’elevato livello disoddisfazione complessiva espresso dalle fa-miglie nei confronti delle CpA, che cresce neltempo e si sostanzia nell’apprezzamento ditutti i fattori chiave del servizio: dall’acco-glienza riservata ai propri congiunti all’ingres-so in CpA e ai visitatori nella quotidianità, al-la qualità delle cure e dell'assistenza, allaprofessionalità dei curanti, alla capacità delpersonale di avvertire tempestivamente eadeguatamente familiari e curatori in caso dibisogno, al rispetto e alla gentilezza deglioperatori nei confronti delle persone residentie delle famiglie, alla qualità delle relazioni trafamiglie e collaboratori, fino a diversi fattoridi qualità ambientale. A partire da questa doverosa premessa, cherende merito all’innovativo e importante per-corso che le strutture stanno facendo in questianni, risulta ancora più interessante soffermar-si sulle esigenze espresse dalle famiglie nellacomponente qualitativa dei questionari, che ri-guardano in particolare le informazioni, la co-municazione e l’ascolto, come peraltro evi-denziato anche da alcuni relatori nel corsodel pomeriggio di studio.

Che cosa chiedono le famiglie Le famiglie chiedono innanzitutto di colmaregap informativi che evidenziano situazioni diasimmetria comunicativa. Queste necessitàcoprono un ampio spettro di elementi, a parti-re dalla conoscenza e comprensione delcontesto e dell’organizzazione che, da-ta la complessità e l’articolazione delle CpA,faticano a padroneggiare: “A volte non si tro-va sul piano qualcuno a cui chiedere le infor-mazioni necessarie, altre volte le informazioninon sono coerenti. A parte quando necessita-

no del mio intervento, vengo informata poco.Sarebbe utile una persona di riferimento chesi occupasse di questi aspetti, per una migliorcollaborazione.” , “Assegnare ad ogni resi-dente un curante di primo contatto o un pooldi persone di contatto per il parente.” o anco-ra “ Organizzare più serate con i parenti, for-se, aumentandole si potrebbero trovare solu-zioni che possano soddisfare tutti.” In un con-testo fortemente caratterizzato anche da unimportante multiprofessionalità4 come quellodelle CpA, chiedono inoltre di orientarsinella comprensione dei diversi profiliprofessionali e in particolare nell’offertadi specifiche terapie: “La mamma è un po' pi-gra rispetto alla fisioterapia. Però di sicuro laaiuta a stare meglio e darsi maggiori chancesdi poter camminare di nuovo. Vorrei tuttaviaavere più informazioni sull'evoluzione dei be-nefici della fisioterapia. Forse sono io che do-vrei chiedere informazioni e non aspettare diessere tenuta informata ...” o “Sono stato pre-sente anch'io 2-3 volte agli interventi di fisiote-rapia. Fa proprio il mestiere con piacere! Al-l'ergoterapia non ho mai assistito e non so be-ne cosa sia, ma so che la fa!”

Maggior coinvolgimentoLe esigenze conoscitive si spingono fino allanecessità di comprendere l’evoluzionedelle patologie dei propri cari, in parti-colare di quelle che toccano la sfera cogniti-vo-comportamentale, come ci spiegano benealcuni parenti: “Vorrei essere informata mag-giormente sullo stato di salute e su eventualibisogni e comportamenti del papà durante lagiornata, c'è troppo poco scambio tra le dueparti, da parte loro sembra che vada sempretutto bene anche se io noto che non è propriocosì!” o ancora “Il mio famigliare non è ingrado di farmi partecipe delle attività chesvolge, mi sento un po' tagliata fuori. Ascolta-re i famigliari e i loro bisogni è importante!Specialmente quando i degenti non sono ingrado di raccontare.”Chiedono inoltre tempo e relazione per ipropri cari e ancora di più per chi non ha nes-suno: “C’è mancanza di intrattenimenti la do-menica e nei festivi. Mi da tanta nostalgia ve-dere questi anziani sul piano senza qualcunoche li intrattenga.”, “Dedicare più tempo al sin-golo ospite, sedersi a fare quattro chiacchierema, con i turni di lavoro e il personale contatomi rendo conto che non è per nulla semplice.”,“Più stagisti o volontari istruiti su come compor-tarsi, esclusivamente per tenere compagniaagli ospiti che non possono/vogliono scendereper l'animazione. Tutto ciò per aiutare il perso-

Va innanzituttosottolineatol’elevato livello disoddisfazionecomplessivaespresso dallefamiglie neiconfronti delle CpA

4 La compresenza di professioni consolidate e conosciute (infermiere, fisioterapista, assistente di cura, animatore), con altre me-no note (ergoterapista, OSS) e quelle nate di recente (specialista in attivazione, specialisti in terapie non farmacologiche ecc.)rendono ancora più complessa la lettura e la valorizzazione dell’offerta delle CpA, agli anziani stessi e alle famiglie.

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nale.” e infine “Sarei contenta se ci fossero deivolontari che lo potessero portare a fare un gi-ro in giardino nelle giornate calde.”Da un lato questa esigenza risulta, in talunicasi estremamente adeguata, in altri invecepuò riflettere la preoccupazione che spesso ifamiliari nutrono nei confronti del tempo “vuo-to”, che risulta invece frequentemente graditodalle stesse persone residenti in CpA (“Ho la-vorato tutta una vita, adesso voglio riposare estare tranquilla.”). Va sottolineato che questa richiesta non è incontrapposizione, ma si integra con la consa-pevolezza della maggioranza delle famigliesulla crucialità della loro presenza (“È moltoimportante la presenza dei figli, collaborarecon gli infermieri facilita il benessere dell'an-ziano e lo rassicura” e ancora “Conosco or-mai quasi tutto il personale, dato che passotanto tempo qui. Con loro mi trovo bene e cer-co di aiutarli occupandomi di mia moglie.”),che ha come principale ostacolo l’accessibili-tà delle case in termini di mezzi pubblici eparcheggi, soprattutto se a pagamento, sotto-lineando quanto questa possa diventare one-rosa: “Mio papà fa fatica a camminare e in 2anni ha posteggiato 730 volte nel parcheggiodavanti alla CpA e ha speso 1.460 chf. oltreai costi di mia madre. Per chi lo deve utilizza-re per forza tutti i giorni è molto costoso.”

Nuove sensibilitàInfine, negli anni, emergono nuove sensibilitàche rivelano aspetti e attenzioni sempre più

raffinate, tanto nelle persone residenti, che inalcuni familiari. La prima riguarda il tema dell’autodetermina-zione, che vede, in questa terza rilevazione,un crescente numero di anziani pretenderlacon fermezza, nella piena consapevolezzadei propri diritti e alcuni familiari sollecitarla“A volte vengo interpellata io per prenderedecisioni riguardanti mia mamma, senza chie-dere prima a lei. Io non mi permetto di deci-dere per lei e non credo nemmeno di averneil diritto. Sto cercando di far passare questomessaggio perché mi sembra che sia un'usan-za della nostra società, non rispettosa verso lepersone anziane.”La seconda incrina infine l’immagine socialeche ancora hanno le strutture residenziali peranziani in chi non le conosce e frequenta. Perla prima volta, tra i familiari abbiamo trovatoanche chi scrive “Il mio sogno di vecchiaia èdi venire qui, se possibile, e venire con i mieilibri.....” e un numero crescente di personeresidenti che, con stupore, scoprono nelleCpA la possibilità di una vita piena:“Sono sostenuta per le mie capacità qui in ca-sa anziani, finalmente ho ripreso la mia liber-tà, perché non l'avevo più con la figlia che vo-levo/dovevo costantemente ringraziare perquesto e per quello, mi sentivo dipendente.Adesso sono libera!” �

* Luisa Lomazzi, Professore SUPSI in manage-ment e valutazione della qualità nei servizi socio-sanitari, sociologa delle organizzazioni

Aprile 2017: quest’anno l’Organizazzio-ne Mondiale della Salute (OMS), nellasua giornata mondiale di ricorrenza

sulla SALUTE, ha scelto come tema la DEPRES-SIONE. Portare l’attenzione su questo argo-mento, non è stato sicuramente scontato nétanto meno facile.Entrando in merito, ma solo marginalmente al-la sua definizione, è considerato un quadropatologico in cui si evidenzia l’alterazione deltono dell’umore.Può manifestarsi con tristezza profonda , pes-simismo e mancanza di autostima.Non meno importante è anche l’espressionedi senso di colpa e di inadeguatezza con laperdita di interesse e piacere nei riguardi ditutte le attività di interesse umano possibili, as-sociate alla sensazione di stanchezza.Secondo i dati OMS, i disturbi depressivi so-no la prima causa, nel mondo, di DISABILITÀ.In ambito medico-psichiatrico, il termine si rife-

risce a varie condizioni patologiche, caratte-rizzate da sintomi più o meno gravi , per il cuisviluppo , potrebbero contribuire fattori di va-ria natura. Quelli maggiormente riconosciutisono sia la condizione genetica , quello ormo-nale, come pure quello ambientale.In Canton Ticino, molti pazienti , posso esseresottoposti a trattamenti in regime ambulatoria-le, con terapie di sostegno psicologico-educa-zionale e farmacologico.In altri casi e situazioni, potrebbe risultare es-sere sufficiente l’approccio psicoterapico.Occorre parlarne, come pure occorre parlar-ne in modo diverso.Ma credo che il messaggio primario, dell’Or-ganizzazione Mondiale della Salute, sia quel-lo di rendere visibile la problematica, nonignorandola o delegandola come responsabi-lità a terzi, avvicinandola all’attenzione dimolti, sia per poterla riconoscere, che per af-frontarla con maggiore responsabilità civica.

Depressione: parliamoneGiornata mondiale della salute di Rosanna Amoruso*

“A volte vengointerpellata io perprendere decisioni

riguardanti mia mamma, senza

chiedere prima a lei.”

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15allegato alla rivista “Cure infermieristiche” n.6/17

Visibilità

La Clinica Santa Croce di Orselina, ha sedein uno scenario e panorama naturale di in-dubbio splendore e bellezza.Presso questa sede così di prestigio, si è svol-ta la serata sul tema depressione, rappresen-tandola attraverso uno strumento antico ma ef-ficacie, tanto da aver registrato una presenzaampia e diversificata della popolazione. Il teatro e la fiaba.

Depressione: parliamoneUna scelta per farlo, utilizzando un modo siadiverso, ma straordinariamente vicino allagente. Appunto attraverso il teatro.In questa occasione di spettacolo, ho assistitosia con lo sguardo da infermiera che conquello di persona. Senza addentrarmi nellapeculiarità descrittiva del linguaggio scientifi-co, mi desidero assicurare la trasmissione delmessaggio che la modalità comunicativa por-ta in sé. Una chance enorme di essere diffusacon maggior facilità e spontaneità.Soprattutto di essere compresa, di risultare unmessaggio chiaro ed esplicativo. Teatro ap-punto.La sala era gremita e già questo è stato di perse un successo. Far pervenire a chiunque ilmessaggio che occorre riconoscere e non giu-dicare, pur essendo la problematica molto de-licata e complessa. Ognuno di noi potrebbevivere, nel corso della propria vita, esperien-ze difficili da mettere a nudo e rendere fragileil proprio animo, la propria esistenza.La scelta dello strumento espressivo quale larecitazione, ha abbattuto barriere coscienti edè stata capace di catalizzare l’attenzione edincentivare la partecipazione del pubblico.Chi ha rivestito il ruolo cardine come attrice,ha sfoderato padronanza e forza per tutta ladurata della rappresentazione.Conoscere e riconoscersi nei personaggi, po-ter vedere fuori da se stessi, sentimenti edemozioni, ha favorito maggiormente sia lacomprensione di questi, sia del contenuto ine-spresso ma profondo che hanno.Cito testualmente le parole della DottoressaBressan, Psicologa e Psicoterapeuta, dellostaff della Clinica:

“Come direbbe Jung, l’Attore si presta ad es-sere ANIMA, attraverso il ponte che si creatra il suo inconscio ,riferito al personaggioche interpreta, ed il pubblico che accoglie ta-le contenuto”.Questo sopratutto perché lo stato di Depressio-ne diventa il veicolo attraverso il quale l’Animareclama l’ascolto e richiede l’incontro con quel-la parte di ognuno che viene considerata “di-versa” e per questo largamente temuta.Il tema narrato della fiaba “La Bella e la Be-stia”, è attualmente un remake diffuso nelle sa-le cinematografiche. Esatto!

Una fiabaLe parole di Marie Louise Von Franz esprimo-no in modo significativo la vera essenza diquesto strumento narrativo.“La fiaba parla di noi, racconta la storia cheviene forgiata dalle nostre vite, narra degliuniversali ed eterni conflitti che ciascuno dinoi affronta quotidianamente mentre evolve,giorno dopo giorno, per divenire se stesso efar parte dell’umanità”.Non viene comunque negato l’aspetto crudo,realistico e a volte negativo che esiste e con ilquale ci si imbatte largamente.La fiaba racchiude saggezza e svolge un ruo-lo educante, invitando anche a riflettere, men-tre si è travolti dalla trasformazione che ognigiorno adempiamo di noi stessi, a ritmi, pur-troppo frenetici, per come vuole la società dioggi.Sempre citando la dottoressa Bressan: “le fia-be uniscono discipline, linguaggi e saperi, sicomprendono attraverso la mente, il cuore el’intelligenza, e ancora il sentimento, la fanta-sia e l’immaginazione”. Attuale è anche la tematica della diversità chela fiaba rappresentata porta in scena. L’incontro con un altro “diverso” da ognuno dinoi, mettendo in discussione il valore del-l’ideale perfetto, della propria immagine.Una fiaba ha un lieto fine.A volte nella vita si viene rifiutati.Esprimere se stessi è l’obbiettivo personale daraggiungere. Confrontarsi con l’altro diversoda noi, da sempre risulta spaventoso.Narrarare l’intera storia non avrebbe senso,quanto piuttosto rivolgere l’invito a ricercarela fiaba, ad intraprendere il lungo viaggiodella sua propria lettura fino all’introspezioneanalitica dei suoi contenuti simbolici e realisti-ci. Leggere e rileggere una fiaba invita a sof-fermarsi su quanto riusciamo a conoscere, atrasformare e ad osservare della nostra stra-da, della vita che percorriamo. L’esperienza di questa serata mi lascia nell’in-timo l’invito ad essere una osservatrice ma adesserlo in modo rispettoso; mi sono sentita av-volta e coinvolta nel processo sia di risveglioistintivo che di confronto. L’altro è spesso seduto vicino a me.Posso osservare il suo sguardo, se sollevo ilmio sguardo verso di lui.Manteniamo vivo l’interesse all’incontro, perrimanere connessi con se stessi, ogni volta chesarà auspicabile, educandoci, in fondo, a vi-vere con coscienza e cuore. �

Lo stato diDepressione,diventa il veicoloattraverso il qualel’Anima reclamal’ascolto e richiedel’incontro con quellaparte di ognuno cheviene considerata“diversa”

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Calendario attività ASI_SBK sezione Ticino

DATA CORSO TERMINE ANIMATORE PARTECIPANTI LUOGO ISCRIZIONE

11 – 12 SETTEMBRE 2017 LA COMUNICAZIONE NON VERBALE DEL PRENDERSI CURA 09.08.2017 BARBARA SANGIOVANNI aperto a tutti Novazzano18 – 19 SETTEMBRE 2017 LE ABILITÀ ORGANIZZATIVE 16.08.2017 MARIANO CAVOLO aperto a tutti Chiasso22 SETTEMBRE 2017 LA GESTIONE DEI FAMILIARI IN CASA PER ANZIANI 21.08.2017 MAURO REALINI infermieri Bellinzona assistenti geriatrici operatori sociosanitari 25 SETTEMBRE 2017 LA COMUNICAZIONE IN CAMPO PROFESSIONALE 23.08.2017 MICHELA TOMASONI ORTELLI operatori ramo socio-sanitario Chiasso27 SETTEMBRE 2017 FISIOPATOLOGIA NELL’INSUFFICIENZA CARDIACA: 23.08.2017 GAVINO PERUZZU operatori ramo socio-sanitario Savosa NOZIONI INFERMIERISTICHE DI BASE 28 – 29 SETTEMBRE 2017 SPAZIO DI RIFLESSIONE A SENTIMENTI ED EMOZIONI 28.08.2017 VINCENZO SANTORO operatori ramo socio-sanitario Mendrisio NEL LAVORO SOCIO - SANITARIO 2 OTTOBRE 2017 REFRESH IMMUNOLOGIA 30.08.2017 MAURO REALINI infermieri Chiasso operatori sociosanitari 4 OTTOBRE 2017 PRIMI SOCCORSI 04.09.2017 formatori diplomati infermieri Lugano13 NOVEMBRE 2017 assistenti geriatrici 6 OTTOBRE 2017 MALTRATTARE L’ANZIANO: UNA FANTASIA 04.09.2017 ALFREDO BODEO operatori ramo socio-sanitario Savosa IMPRONUNCIABILE O UNA POSSIBILE E TRISTE REALTÀ? 9 OTTOBRE 2017 PARKINSON E PARKINSONISMI 06.09.2017 LAURA CANDUCI infermieri Savosa10–11–12-13 OTTOBRE 2017 RIFLESSOLOGIA DEL PIEDE 06.09.2017 ANTONIO MAGLIO operatori del ramo sanitario con Bellinzona27 – 28 – 29 NOVEMBRE 2017 una formazione minima di 150 ore 24 – 25 – 26 GENNAIO 2018 in anatomia e fisiologia20 – 21 – 22 MARZO 201829 MAGGIO 2018 16 OTTOBRE 2017 CURE DI FINE VITA 13.09.2017 THOMAS BANFI infermieri Manno ROBERTO LURAGHI assistenti geriatrici 17 OTTOBRE 2017 GESTIONE DEI FARMACI DEI PAZIENTI A DOMICILIO 13.09.2017 CARLO VASSELLA infermieri Chiasso 19 – 20 OTTOBRE 2017 L’ARTE DELLA RELAZIONE SANITARIO - PAZIENTE 18.09.2017 VINCENZO SANTORO operatori ramo socio-sanitario Novazzano23 – 24 OTTOBRE 2017 IL MASSAGGIO ZONALE RIFLESSO DEL PIEDE E LE SCIATALGIE 20.09.2017 ANTONIO MAGLIO operatori ramo sanitario con Bellinzona formazione base in riflessologia 6 NOVEMBRE 2017 IL RUOLO DI FORMATORE NELLA PRASSI INFERMIERISTICA 04.10.2017 DANIELA TOSI-IMPERATORI infermieri Lugano8 NOVEMBRE 2017 L’AUTOBIOGRAFIA NELLE CURE IN GERIATRIA 04.10.2017 CLAUDIO NIZZOLA operatori ramo socio-sanitario Chiasso SONIA RAVIZZOLA 10 NOVEMBRE 2017 CORSO BASE DI ELETTROCARDIOGRAFIA 09.10.2017 SERGIO CALZARI infermieri Chiasso operatori sociosanitari 15 NOVEMBRE 2017 MIGLIORARE L’ADESIONE ALLA TERAPIA FARMACOLOGICA 11.10.2017 MORENA GENERELLI infermieri Manno DEI CLIENTI A DOMICILIO operatori sociosanitari 16 – 17 NOVEMBRE 2017 PSICOLOGIA POSITIVA E DEL BENESSERE 16.10.2017 VINCENZO SANTORO operatori ramo socio-sanitario Novazzano20 NOVEMBRE 2017 REFRESH DIABETOLOGIA 18.10.2017 MAURO REALINI operatori ramo socio-sanitario Savosa24 NOVEMBRE 2017 IGIENE ORALE NELLE CURE 23.10.2017 MILENA SCARONI operatori ramo sanitario Chiasso27 NOVEMBRE 2017 HO SBAGLIATO: E ADESSO? 25.10.2017 ROBERTO GUGGIARI infermieri Lugano operatori sociosanitari assistenti di cura 29 – 30 NOVEMBRE 2017 COME DIVENTARE INFERMIERE INDIPENDENTE: ASPETTI 25.10.2017 NADIA FERRARI GRANDI infermieri Chiasso LEGALI, PROCEDURA ED ESERCIZIO DELLA FUNZIONE GIOVANNI MARVIN ANTONIO SAREDO-PARODI DANIELA TOSI-IMPERATORI 1 DICEMBRE 2017 GLI SPOSTAMENTI DI POPOLI E CULTURE DAL SUD AL NORD 31.10.2017 ALFREDO BODEO aperto a tutti Lugano DEL MONDO: UN FATTO CHE APPARENTEMENTE NON CI CONCERNE, O UNA DRAMMATICA REALTÀ SULLA QUALE INTERROGARCI? 4 – 5 DICEMBRE 2017 IL MASSAGGIO ZONALE RIFLESSO DEL PIEDE E LE CERVICALI 02.11.2017 ANTONIO MAGLIO operatori ramo sanitario con Bellinzona formazione base in riflessologia 6 DICEMBRE 2017 INSUFFICIENZA CARDIACA: CAPIRLA PER GESTIRLA 06.11.2017 GAVINO PERUZZU infermieri Savosa11 DICEMBRE 2017 LA COMUNICAZIONE IN CURE PALLIATIVE 08.11.2017 LOREDANA ODONE infermieri Manno LUCA OTTOLINI 13 DICEMBRE 2017 LA FRAGILITÀ NELL’ANZIANO: INTERVENTI DI PREVENZIONE 13.11.2017 MORENA GENERELLI operatori ramo sanitario Chiasso DELLE CADUTE NEGLI ANZIANI 14 – 15 DICEMBRE 2017 TRAINING ASSERTIVO 13.11.2017 VINCENZO SANTORO operatori ramo socio-sanitario Novazzano18 DICEMBRE 2017 DOCUMENTI PER INFERMIERI INDIPENDENTI 15.11.2017 MASSIMO RAMPINI infermieri indipendenti Manno CONTRATTUALIZZATI CON IL CANTONE 9 – 10 GENNAIO 2018 SCELTE NEL FINE VITA 06.12.2017 DANIELA TOSI-IMPERATORI operatori ramo socio-sanitario Chiasso11 – 12 GENNAIO 2018 PSICOLOGIA POSITIVA – SECONDO LIVELLO 11.12.2017 VINCENZO SANTORO operatori ramo socio-sanitario Mendrisio che hanno seguito il primo livello 15 GENNAIO 2018 ALZHEIMER: LA MALATTIA, LA COMUNICAZIONE, 13.12.2017 MICHELA TOMASONI ORTELLI operatori ramo socio-sanitario Bellinzona L’ASSISTENZA AL PAZIENTE 17 GENNAIO 2018 CONTROLLO DEL DOLORE DEI PAZIENTI A DOMICILIO 13.12.2017 CARLO VASSELLA infermieri Chiasso19 GENNAIO 2018 L’ATTEGGIAMENTO DELL’EQUIPE CURANTE NELL’ACCOGLIENZA 18.12.2017 ALFREDO BODEO operatori ramo socio-sanitario Savosa E NELL’INSERIMENTO DEL NUOVO OSPITE IN CASA ANZIANI 19 – 26 GENNAIO 2018 TRATTAMENTO ULCERA CRURALE VENOSA E/O ARTERIOSA E 18.12.2017 FABIO CATTANEO infermieri Lugano CURA DELLE LESIONI CUTANEE – CURA E PREVENZIONE GIOVANNA ELIA DELLE ULCERE DIABETICHE 23 GENNAIO2018 MOVITIVARE: SAPER MOBILIZZARE LE PERSONE IN CURA 20.12.2017 NADIA FERRARI GRANDI operatori ramo sanitario Bellinzona7 FEBBRAIO 2018 SFRUTTANDO IL MOVIMENTO NATURALE SPONTANEO DELLA PERSONA STESSA

CORSI – CONFERENZE – ATELIER – ASSEMBLEE SETTEMBRE 2017 - GENNAIO 2018

SCEF 034

Per informazioni ed iscrizioni: Segretariato ASI-SBK Sezione TicinoTel. 091/682 29 31 - Fax 091/682 29 32 - e-mail: [email protected]