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MONOGRAFICO DI TEOLOGIA MORALE (ISSR 2014-15) Prof. Casazza Si affronta un argomento specifico per l’intero corso. È un approfondimento di un tema che si è già fatto in precedenza. In questo caso l’ambito sarà di teologia morale e dottrina sociale della chiesa. Il Catechismo della Chiesa Cattolica può presentare utili elementi di ripasso. Come pure il Compendio di dottrina sociale della Chiesa, pubblicato dal PC Giustizia e Pace. Libertà religiosa e laicità” è il titolo più specifico del corso. Tema scelto perché risponde alla ricerca personale del docente (cosa opportuna per i corsi monografici) e perché tema utile per l’IRC (ad esempio per rispondere a chi obietta sul presepe come offensivo per i musulmani…) e in ultimo perché tema assai attuale (cfr. Charlie Hebdo etc…). TESTI x esame F. Casazza, “Libertà religiosa e laicità” (Città Nuova) F. Casazza, “Il dito sul sole” (LEV) + appunti delle lezioni Cominciamo esaminando le idee generali e poi vedremo un caso particolare: il Messico. Giovanni Paolo II ha confessato che il suo modo di essere papa viaggiatore gli è venuto dal Messico, dove usò la prima “papamobile”, cioè una corriere scoperchiata. Lì gli venne l’idea di viaggiare per il mondo, in mezzo alla gente. Siccome la costituzione messicana dice che la Chiesa non esiste, se mi ricevono in Messico – pensò GPII – mi dovranno ricevere anche in Polonia. BXVI confidò che l’idea di ritirarsi gli venne dopo il viaggio in Messico, per i problemi di salute riscontrati in seguito a esso, per cui decise per le dimissioni (annunciate l’11 febbraio 2013).

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MONOGRAFICO DI TEOLOGIA MORALE (ISSR 2014-15)

Prof. Casazza

Si affronta un argomento specifico per l’intero corso. È un approfondimento di un tema che si è già fatto in precedenza.In questo caso l’ambito sarà di teologia morale e dottrina sociale della chiesa.Il Catechismo della Chiesa Cattolica può presentare utili elementi di ripasso. Come pure il Compendio di dottrina sociale della Chiesa, pubblicato dal PC Giustizia e Pace.

“Libertà religiosa e laicità” è il titolo più specifico del corso.Tema scelto perché risponde alla ricerca personale del docente (cosa opportuna per i corsi monografici) e perché tema utile per l’IRC (ad esempio per rispondere a chi obietta sul presepe come offensivo per i musulmani…) e in ultimo perché tema assai attuale (cfr. Charlie Hebdo etc…).

TESTI x esameF. Casazza, “Libertà religiosa e laicità” (Città Nuova)F. Casazza, “Il dito sul sole” (LEV)+ appunti delle lezioni

Cominciamo esaminando le idee generali e poi vedremo un caso particolare: il Messico.

Giovanni Paolo II ha confessato che il suo modo di essere papa viaggiatore gli è venuto dal Messico, dove usò la prima “papamobile”, cioè una corriere scoperchiata. Lì gli venne l’idea di viaggiare per il mondo, in mezzo alla gente.Siccome la costituzione messicana dice che la Chiesa non esiste, se mi ricevono in Messico – pensò GPII – mi dovranno ricevere anche in Polonia. BXVI confidò che l’idea di ritirarsi gli venne dopo il viaggio in Messico, per i problemi di salute riscontrati in seguito a esso, per cui decise per le dimissioni (annunciate l’11 febbraio 2013).

Visione del film “Cristiada” – suggerito. Racconta degli oltre 70.000 cristiani uccisi in Messico.

LIBERTA’ RELIGIOSA E LAICITA’

Partiamo con il testo sulla libertà religiosa e la laicità.L’introduzione chiarisce che quanto pubblicato deriva da una tesi di laurea. Non è il tema l’originale, perché i testi non mancano.Ma l’autore cerca di fare un lavoro comparativo tra cronaca (episodi), leggi e Magistero. Cioè confrontare le diverse dimensioni del problema: filosofica, teologica, giuridicaLaicità sul web ha 2 mlm di pagine, libertà religiosa ne ha 900mila.La novità del testo sta nell’uso di un metodo comparativo, muovendosi tra cronaca e storia, filosofia e religione, con stile divulgativo ma non meno scientifico.

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Alla fine si vuol mostrare che la laicità alla francese non è né l’unico né il miglior modo per affrontare la questione del rapporto stato/chiesa, politica/religione, sapendo che quest’ultima non può esser espulsa dal pubblico per motivi “costituzionali”: “Ogni cittadino ha il dovere di svolgere (…) un’attività o funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società” (Costituzione Italiana, art. 4 comma 2).

Primo capitolo – Libertà di culto e libertà religiosa

La LC fa parte della LR, ma non si identifica con essa, bensì ne è “una parte”. Il 70% della popolazione mondiale vive in paesi dove la LR è fortemente limitata.Ad esempio in Messico si poteva praticare il culto privato, nelle chiese, ma non in pubblico.In Tunisia – occidentalizzato, tanto che la domenica è il giorno di festa – si può celebrare la Messa in chiesa ma non puoi fare processioni all’esterno. In Tunisia c’è quindi libertà di culto, ma non LR totale.In Arabia Saudita se ho la Bibbia in casa mia, sono passibile di pena di morte. Perché l’Arabia è terra sacra, tanto che il re è “Custode delle due sacre moschee” (Mecca e Medina) e quindi si profanerebbe tale terra sacra. Non sono concesse celebrazioni se non islamiche.In Cina il governo pretende di nominare i vescovi contro il parere del papa.In Pakistan basta esser accusati di blasfemia contro l’islam per essere condannati a morte (cfr. Asia Bibi, nel 2011 condannata a morte per aver bevuto dal pozzo riservato ai musulmani e aver difeso la sua fede).La LC non è quindi tutta la LR. E la LC è solo uno degli aspetti esterni della LR.

Persecuzioni, discriminazioni e intolleranza sono le tre categorie di violazioni della LR.Persecuzioni = violenze sistematiche, carcerazioni, torture, confisca dei beni (ISIS in Iraq a danno dei cristiani), condanne a morteDiscriminazioni = più sottile, riguarda la riduzione del godimento dei diritti civili (accesso a cariche pubbliche, esposizione di simboli religiosi)Ad esempio se sei cattolico, in Inghilterra non puoi diventare sovrano. Così Tony Blair si è convertito al cattolicesimo alla fine del mandato da primo Ministro. Intolleranza = una certa emarginazione, più lieve, ad esempio con la satira, diffusione di stereotipi…

La LC è la possibilità di tradurre la propria fede in atti liturgici in luoghi ad essi dedicati.

(“In luoghi ad essi dedicati” limita ed esclude quegli atti di culto individuale che non dovessero pregiudicare l’ordine pubblico, come ad esempio pregare il rosario su una panchina al parco…, NdR)La legge civile può limitare questo esercizio pubblico di culto per ragioni di ordine pubblico o di sicurezza. Così ad esempio posso vietare la celebrazione della messa davanti a una clinica abortista per evitare scontri…

Per la LR può valere la definizione dell’ONU (si assume un testo condiviso per “entrare dalla loro, per uscire dalla nostra”) all’art.18 della Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo (1948) che sancisce “il diritto per ogni individuo alla libertà di pensiero, coscienza e religione”. Tale diritto include la “possibilità di cambiare religione o credo”.

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Nei Paesi Arabi puoi convertirti all’Islam, ma non dall’Islam.E comprende “il diritto di manifestare in pubblico, isolatamente o in pubblico”, la propria religione (organizzata) o credo (individuale o di nicchia).

Non è facile concedere ogni diritto religioso: ad es. la macellazione islamica che contrasta con le normative civili europee.

LR = libertà da coazione nel legame che una persona liberamente stabilisce con Dio.Se è così, l’ONU pare escludere che la religione possa esser ridotta a puro fatto privato.

Pakistan e la legge sulla blasfemia: il caso di Asia Bibi.L’idea di fondo è che la comunità religiosa coincide con la comunità civile, che a sua volta non si limita alla stato di cui sono cittadini, ma alla comunità dei fratelli di fede (Umma). Se è così, la LR offende le leggi statali. Perché chi si toglie, danneggia la comunità. Principio che, in un certo modo, può aver ispirato anche le istituzioni della Chiesa Cattolica aventi valore civile (Indice dei libri proibiti, Inquisizione…) e finalizzate ad evitare che un peccato divenisse anche un delitto civile.

Secondo il sociologo Khaled Fouad Allam a oggi l’Islam non ha risolto il problema del rapporto religione/politica. Tanto che l’Arabia Saudita non diede il suo consenso alla Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo ma si astenne dal voto poiché il citato art. 18 su diritto di cambiare religione va contro il delitto di apostasia. Analogo discorso per l’India, dove non si può cambiare religione sul presupposto che l’induismo sua la credenza naturale del paese. Così anche l’Induismo registra oggi persecuzioni ferocissime contro i cristiani, poiché ogni conversione dall’Induismo si ritiene frutto di plagio.

L’idea di fondo è che sia lo stato a concedere i diritti. Mentre la Costituzione italiana afferma che lo stato “riconosce” i diritti che io già possiedo, a differenza dello stato che dovesse “concedere” diritti che altrimenti non avrei.

I principi fondamentali della società: (1) Dignità della persona umana (2) Bene comune (3) Solidarietà (4) Sussidiarietà

Seconda idea: la religione viene strumentalizzata per il potere civile, quindi è vista come fattore di divisione e lotta. Ad esempio esser custode delle sacre moschee fonda il diritto di governo di colui che è investito di tale prerogativa religiosa.

Terza idea: ci sono stereotipi diffusi. Anche qui: come chi afferma che tutti i terroristi sono musulmani… Luoghi comuni che vanno contro la LR.Attualità del tema:17.2.15 – CorSera – La nuova legge Lombarda sui luoghi di preghiera e l’art. 8 della Costituzione17.2.15 – Messaggero del Veneto – Nessuno tocchi il crocifisso in classe17.2.15 – Avvenire – Preside vieta il velo in classe17.2.15 – Il Senato – Dibattito su pluralismo e libertà religiosa (conferenza di Galantino)

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CAP 2 del manuale – LA LIBERTA’ RELIGIOSA NELLE LEGGI ITALIANELR nelle leggi italiane secondo approccio comparativo.

La Corte Costituzionale nel 1989 disse che il principio di laicità non implica indifferenza dello stato ma impegno dello stato per la salvaguardia del pluralismo delle religioni.Se organizzo un dibattito e cito il Papa, qualcuno potrebbe obiettare. Ma se cito la corte costituzionale, posso poi più facilmente citare il papa e la Bibbia. Questo è il vantaggio del metodo comparativo.

Lo Statuto Albertino del 1848, poi esteso al Regno d’Italia, e la Costituzione Italiana entrata in vigore nel 1948 (secondo i Patti Lateranensi del 1929) contemplano la religione cattolica come “confessione di stato”. Le altre sono ammesse o “tollerate”. Questa non è uguaglianza tra le religioni.

Art. 7. Lo Stato e la Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani. I loro rapporti sono regolati dai Patti Lateranensi. Le modificazioni dei Patti accettate dalle due parti, non richiedono procedimento di revisione costituzionale.

Infatti nel 1984 la revisione del Concordato dei Patti Lateranensi avvenne senza bisogno di modifiche costituzionali. Anche per ridurre la discrepanza con l’articolo seguente:

Art. 8. Tutte le confessioni religiose sono egualmente libere davanti alla legge.Le confessioni religiose diverse dalla cattolica hanno diritto di organizzarsi secondo i propri statuti, in quanto non contrastino con l'ordinamento giuridico italiano. I loro rapporti con lo Stato sono regolati per legge sulla base di intese con le relative rappresentanze.

Il principio di laicità non è scritto nella Costituzione Italiana (in quella Francese sì) ma è presente in quanto desumibile dalle norme della Costituzione stessa, dunque è un principio sovraordinato e coessenziale alla Repubblica.E in queste norme emerge pure la libertà religiosa nella forma del diritto pubblico soggettivo, cioè giuridicamente azionabile presso l’autorità giudiziaria (posso cioè rivolgermi a un giudice affinché tuteli il mio diritto). Ad esempio se sono ebreo e mi vedo rifiutare la licenza commerciale dal comune. Parimenti, è protetto l’ateismo, anche se c’è un favor religionis, cioè il legislatore ha una certa simpatia per le religioni rispetto all’ateismo.La tutela della LR avviene ponendo alcuni divieti (anzitutto la discriminazione per motivi religiosi), ponendo condizioni di uguaglianza tra le diverse confessioni, tutelando la libertà di culto e l’obiezione di coscienza.

La LR non è assoluta, ma trova un limite nel “buon costume”, concetto fluttuante, poiché il cambio dei tempi modifica i parametri. Il senso del pudore c’è ancora, ma assai più ridotto.Altro limite sono i motivi di ordine pubblico.

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Oggi non esiste una legge specifica sulla LR in Italia. Ci sono diversi progetti (DDL 618: “Norme sulla libertà religiosa e abrogazione della legislazione sui culti ammessi) ma manca una legge organica. Alcune confessioni religiose hanno elementi in palese contrasto con la legge italiana (ad esempio la poligamia per l’Islam). Chi viene poi a trattare? Chi rappresenta la confessione? La CEI per i cattolici, ma non c’è gerarchia suprema per l’Islam (l’UCOII vorrebbe proporsi come unico referente, ma altri pretendono la stessa cosa, quindi non ci sono intese siglate con lo stato italiano).Come organizzare la società? I musulmani vogliono stare a casa il venerdì e gli ebrei il sabato…

La Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea – valida anche per l’Italia – è incorporata nel Trattato di Lisbona (vigente dal 2009), dice che ogni persona ha diritto alla LR cioè cambiare religione, manifestare la religione individualmente o collettivamente, in pubblico o in privato, mediante culto, insegnamento e osservanza dei riti.Quindi l’UE tutela la libertà religiosa (ovviamente nei limiti dei valori dell’Unione).

Il diritto alla LR si manifesta nel lasciare libera organizzazione interna delle diverse comunità (1) e nel consentire loro di acquisire personalità giuridica (2). Nel Messico fino al 1992 non c’era la libertà di costituirsi come personalità giuridica per la Chiesa che dunque lo stato non riconosceva. Quindi la Chiesa non può avere strutture, non può avere eredità… Sono grandi limitazioni, perché impedirebbero ad esempio l’accesso a finanziamenti pubblici.

CAP 3 del manuale – LAICITA’, SECOLARIZZAZIONE, LAICISMOIl problema terminologico

Bisogna chiarire i termini per esprimere i concetti appropriati.

LAICITÀ: piano politico-istituzionaleSECOLARIZZAZIONE: piano sociale-culturale (processo di de-sacralizzazione).

Ad esempio gli USA sono un Paese laico - la costituzione col Primo emendamento vieta l’appoggio espresso del Parlamento a una religione, cosa che complica le relazioni diplomatiche tra USA e Santa Sede, avviate solo nel 1984. Fino ad allora si temeva di violare il divieto di appoggio a una religione.Ma gli USA non sono un Paese secolarizzato. Ad esempio sul dollaro c’è scritto “In God we trust”, e il presidente giura sulla Bibbia e conclude i discorsi dicendo “God bless America”.

L’UK è invece secolarizzata ma non laica.La Regina è capo della Chiesa, dunque non è laica, e i vescovi sono membri di diritto della camera dei Lords (come se fossero senatori). Ma è secolarizzata perché la religione è posta al di fuori di ogni aspetto della vita sociale.Discriminazione: un cattolico non può esser sovrano.

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Esempio: il mondo occidentale segue il calendario gregoriano, con gli anni aC/dC. In Australia hanno proposto di mettere “era comune” (CE – common era) al posto di “dopo Cristo” o “prima del presente” (BP – before present). Come ai tempi della rivoluzione francese!L’attuale primo ministro Cameron ha detto invece “noi siamo un Paese cristiano” e quindi per ora non si accoglieranno tali modifiche.

La secolarizzazione è “la perdita della pertinenza sociale degli universi religiosi rispetto alla cultura comune”. L’Europa del ‘500/’600 è funestata dalle guerre di religione, con pacificazione di Westfalia (1648). Incamerare i beni della Chiesa è detto “secolarizzazione” – come fecero i Savoia nel Regno di Piemonte.

Cinque significati o sfaccettature della secolarizzazione (dello storico Larry Shiner)

Declino della religione: rispetto a 60 anni fa, la religione ha meno peso nella vita sociale. Un tempo la segnalazione del parroco aiutava a trovare il lavoro in quanto autorevole.

Appiattimento religioso della massa: sono i cosiddetti “atei devoti” che propongono una religione per la vita pubblica, ma privata di ogni aspetto soprannaturale e spirituale. Difendono la religione, ma svuotandola di ciò che è essenziale.

Desacralizzazione: Max Weber parlava di “disincanto” del mondo per indicare il risveglio del mondo che porta al politeismo dei valori. La religione è privata del suo carattere sacro e così tutta la vita in conseguenza dell’affermarsi della scienza empirica. Un tempo c’erano le rogazioni (preghiere) cantate nei campi per proteggere i raccolti. Ancora ci sono nel benedizionale, ma l’abitudine si è persa.

La religione spostata nell’ambito individuale: tipico piemontese e della “Stampa”. La religione va bene, purché in ambito privato, senza ricaduta pubblica, salvo i servizi sociali.

Trasportare nella sfera secolarizzata prassi religiose: la confessione viene trasformata in outing pubblico oppure sedute dallo psicologo.

Altra distinzione (sempre di Shirer) è tra:Secolarizzazione: neutralità nei confronti delle religioni eSecolarismo: ostilità o contrarietà alla religione.

Charles Taylor in “L’età secolare” – ponderoso saggio di circa 1.000 pagine – distingue invece tre forme di secolarizzazione:Separazione tra stato e Chiesa: gli spazi pubblici sono secolarizzati, la religione non c’è piùScomparsa delle appartenenze religiose: believing without belonging, cioè credere senza appartenere. L’85% si dice cattolico, ma solo il 20% praticano…Eclettismo religioso: c’è un po’ di tutto e dunque Halloween si impone come festa a ridosso di Ognissanti. E più saranno i musulmani e maggiormente si farà festa con loro, non per dialogo interreligioso ma pensando che si possano condividere i loro valori e credere nella loro fede pur dichiarandosi cattolici…

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LAICO come termine nasce in ambito cristiano. Oggi coincide con “non credente” ma nasce in orizzonte religioso. “Laikos” significa “del popolo” (cfr. anche Lumen Gentium cap. II, “Il popolo di Dio”). Laici sarebbero coloro che “non sono ordinati” cioè non sono vescovi, presbiteri né diaconi. Nei laici sono compresi anche i religiosi (fratelli e sorelle), alcuni dei quali possono anche essere ordinati (padri). Laici e ordinati insieme sono i fedeli (battezzati) e costituiscono il popolo di Dio, cioè la Chiesa.

Qualcuno afferma che il CVII ha causato la secolarizzazione (mondo tradizionalista/conservatore, fino agli estremi lefevriani). Il 22 dicembre 2005 Benedetto XVI nel discorso alla Curia Romana disse che ci sono due ermeneutiche del CVI: della discontinuità/rottura o della continuità. Papa Francesco non si pone tanto il problema (anche perché non ha partecipato al CVII).

Oggi con “laicità” si intende l’autonomia (1) del diritto dai precetti religiosi, (2) del potere politico dalle ingerenze ecclesiastiche (vs teocrazia), (3) della Chiesa dalle ingerenze statali (vs gallicanesimo), (4) affermazione del pluralismo religioso (vs confessionalismo), (5) rifiuto di ideologie di stato (vs totalitarismo etico), (6) esclusione della religione dalla sfera pubblica, (7) coesistenza pacifica di modelli di vita buona contrastanti tra loro.

Non si dovrebbero ridurre a “non credenti”, i laici, distinguendo invece laici credenti e laici non credenti (G. Fornero).Ancora: laico è chi, credente o no, sa “distinguere ciò che è oggetto di fede e ciò che è oggetto di ragione” (C. Magris).

Ancora, si distinguono (in primis nel mondo cattolico):laicità: nel senso costituzionalelaicismo: nel senso francese

cioè: razionalismo assoluto (unico metro della verità è la ragione)immanentismo radicale (vs ogni trascendenza)libertà assoluta (la legge morale va e viene dunque a seconda di come mi sento…)

Se il Papa parla degli immigrati, no problem. Ma se dice “no all’aborto”, si accusa il Sommo Padre di ingerenza. Grande assente è il laicato cattolico che sovente non prende posizione.

Le occupazioni: in base alle leggi statali, occupare binari della ferrovia o l’autostrada è illegale e immorale poiché il bene comune supera le pur legittime aspirazioni di una parte.

Nel 2002 la Congr Dottr fede ha ribadito che la laicità come “autonomia della politica dalla sfera religiosa” è un valore acquisito, ma non include la indipendenza dalla sfera morale. Poiché i valori che il Magistero richiama non valgono solo per i cattolici ma sono iscritti nel cuore di ogni uomo (Nota sull’impegno dei cattolici in politica).Il compito del Magistero è quindi istruire e illuminare le coscienze dei fedeli affinché il loro agire sia sempre al servizio della promozione integrale della persona e del bene comune. E questa non è una intromissione nel governo dei singoli paesi.

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CAP 4 – Religious freedom all’americana & Laicité alla francese

Sono i due principali modelli per imbastire il rapporto tra fede e vita pubblica, con limiti di generalità accettabili.Non sono due termini equivalenti a livello letterale: “libertà religiosa” e “laicità” non sono la stessa cosa. Ma in inglese “laicità” non c’è (anche se a volte si trova “laicism”) poiché non esiste una società/comunità senza religione.

Il concetto di laicité nasce in Francia legata alla legge di separazione (loi de separation, 1905: confisca dei beni, divieto di esposizione in luoghi pubblici di simboli religiosi, cessazione stipendio per i ministri di culto, abolizione dell’insegnamento confessionale in orario scolastico), legge in cui però non si ritrova esplicitamente l’espressione “laicità”.Il deputato socialista Briand, che promosse quella legge, disse che la Francia avrebbe dovuto ispirarsi al Messico (ecco il legame tra le due parti del corso) dove, fino al 1992, lo stato non riconosceva le chiese. A livello pratico alla legge seguì la confisca dei beni della Chiesa. Il riscontro positivo è che essendo oggi le chiese di proprietà dello stato, esso provvedere al loro mantenimento, ristrutturazione, etc… Cosa che però disattende, de facto, la separazione stato/chiesa!La laicité dice neutralizzazione dello spazio pubblico, collocando in ambito privato la religione.

Il modello della religious freedom nasce negli USA in cui non c’è laicità, ovvero neutralizzazione della religione, tanto che lo stesso Presidente giura sulla Bibbia, cita Dio nei discorsi, e sul dollaro c’è la scritta “in God we trust”. La separazione stato/chiesa non comporta la separazione tra politica e religione, tanto che il 70% degli americani dichiara che sarebbe a disagio con un presidente ateo.

La libertà religiosa appare qui come garanzia della libertà di coscienza, mentre nel modello francese la libertà religiosa è solo un caso particolare di libertà di coscienza. Si potrebbe dire che questo è il modello americano, mentre la “laicité” è il modello europeo. Ma non è veramente così, perché gli americani “puri” non esistono, essendo diversi i fattori migratori. Quindi più che di modello europeo meglio dire “francese”.

Nel modello americano si può dire che la religione si protegge dallo stato, mentre nel modello francese lo stato si protegge dalla religione.

Il Vaticano ha diritto di legazione (rappresentanza con ambasciata) attiva (inviare) e passiva (accogliere). Il nunzio apostolico è l’ambasciatore della Santa Sede.

Modello americano: laicità inclusiva (spazio per tutti) vs laicità esclusiva/militante francese.

Ma non bisogna pensare che allora gli USA siano il paradiso della fede… I vescovi americani sono scettici sulla presidenza americana Obama perché avrebbe voluto imporre ai datori di lavoro il pagamento del diritto di aborto per i dipendenti. La protesta è stata ben più ampia della sfera cattolica, per difendere la libertà (religiosa) e la riforma sanitaria è passata senza questo controverso articolo.

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(Ogni giudizio politico non coincide però con preferenza partitica).

Non si può parlare del modello europeo perché l’Europa è realtà variegata e disomogenea. I caso dell’UK mostra la differenza profonda dalla FR. Ancora, in Danimarca c’è la religione ufficiale luterana. Mentre in Grecia c’è quella ortodossa e il nuovo governo giura davanti al vescovo ortodosso, cosa che il primo ministro Tsipras ha fatto solo in un secondo momento a inizio 2015 per rimarcare la laicità del suo mandato.La Spagna è simile all’Italia: tutte le religioni sono ammesse, ma quella cattolica è favorita. In particolare, il Cardinale per lo stato italiano è pari a un principe di sangue, cioè a un primo ministro. Così nell’insediamento di Mattarella il card. Vallini era al fianco di Renzi ma prima di lui (perché il sangue precede la carica istituzionale). Sono privilegi che lo stato concede sua sponte, non richiesti dalla Chiesa.

Vari modelli per classificare i rapporti tra religione e politica . (R. Geyer, Piety and Politics, 1963)

1. Subordinazione della politica alla fede. La fede è il criterio per valutare e decidere le cose (non opposizione frontale, né violenta, ma politica).

2. La fede è un supporto all’ordine politico, giustificando la struttura (Israele: come rapportare ebraicità e stato? Una buona parte della popolazione è araba-musulmana).

3. La religione sposa un modello politico, opponendosi a un altro o a tutti gli altri, anche in modo armato o violento (la guerra santa oppure le crociate).

4. La fede crea conflitto tra appartenenza civile e appartenenza religiosa (Irlanda del Nord: sottoposta al Regno Unito, ma con maggioranza cattolica; lo scisma anglicano: per tanti fu un problema: seguire il re o restare col Papa; Tommaso Moro fu uno dei martiri della Corona: cancelliere del sovrano, venne ucciso perché non voleva prestare giuramento al re divenuto capo della Chiesa e il dramma è che colui che aveva a lungo servito ora lo condanna a morte; privato di tutti i suoi beni e deposto dalla carica, viene ucciso; insieme a lui si ricorda il martire Giovanni Fisher).

5. La religione è un rifugio al di sopra delle parti, come un’area di pace in cui vien meno il conflitto politico (il diritto di asilo di un tempo: rifugiandosi in chiesa, nessuno poteva toccarti; o quando le BR consegnarono una borsa con armi non alla polizia ma al card. Martini).

6. La religione come luogo di mediazione (un caso storico è la pace in Mozambico, dove la Comunità di Sant’Egidio, fondata dal prof. Andrea Riccardi, è stato soggetto attivo per mediare nelle trattative di pace).

CAP 5 – RECENTI PASSI VERSO UNA LAICITA’ APERTA E POSITIVA

Non è una valutazione partitica ma politica. Con Sarkozy si mette in crisi nella stessa Francia il modello della laicité.

Commissione “Stasì” istituita nel 2003 da Chirac per studiare la laicità, a causa della grande immigrazione (dovuta al passato coloniale della Francia) che vede milioni di africani e di

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musulmani in Francia. Quindi ci si chiede: come attuare oggi il principio della laicità?Si convocano e ascoltano esponenti religiosi, esperti, politici e dopo circa un anno esce una relazione detta “Rapporto Stasì” (dal nome di Bernard Stasi, presidente della commissione) da cui nasce la cosiddetta legge del velo. Alcune ragazze musulmane andavano a scuola con il velo che copriva il capo lasciando però scoperto il volto (chador o velo minimo, simile all’hijab ma diverso da niqab – tutto coperto tranne gli occhi - o burqa – tutto coperto). Diversi presidi non le ammettevano (anche in Italia dal 1975 c’è una legge che vieta di andare in giro col volto interamente coperto perché si impedisce il riconoscimento – ma si discute sul divieto di coprirsi e rendersi irriconoscibili “senza giustificato motivo” – cfr. http://www.niqab.it/italia/cosa-dice-la-legge/)La commissione vietò i simboli portati con ostentazione. E la cosa si precisò per gli ambienti pubblici.

La domanda nasce spontanea: lo spazio pubblico deve esser ambiente asettico oppure come un prato ricoperto di fiori da cui si possa cogliere ciò che si preferisce? Anche perché oggi il contesto di immigrazione francese è ben diverso da quello in cui i firmò la legge di separazione del 1905…

La laicité pare diventare la nuova religione: la Francia è costituita di etnie e religioni diverse e solo neutralizzando nello spazio pubblico le appartenenze particolari possiamo convivere, identificandoci con la Republique, al cui fondamento sta la democrazia.

La legge sul velo del 2004 definisce la laicità la “pietra angolare del patto repubblicano”, imperniata su “tre valori indissociabili: libertà di coscienza, uguaglianza di fronte alla legge, neutralità del potere politico”. La religione deve rinunciare alla propria dimensione politica: non si proibisce il simbolo religioso in sé, ma la sua ostentazione (e da che dipende? Dalle dimensioni o dall’intenzione? – NdR). Si fa appello a una laicità aperta e dinamica, ma resta difficile evitare il rischio di un modello assimilazionista che mortifica la diversità.La questione torna alla ribalta per un disegno di legge che vorrebbe piena neutralità religiosa sui luoghi di lavoro, per cui le baby-sitter non potrebbero indossare il velo neppure in case private…

La riflessione cattolica afferma l’esigenza di trovare un punto di convergenza comune però non per sottrazione bensì per addizione, ammettendo le diverse identità e prospettive di valori.

Dopo questa commissione fu eletto Sarkozy (2007-2012) che espresse idee originali. La prima: la radice della Francia è cattolica, come il monumento più importante di Notre Dame. Usa l’espressione “laicità positiva”, che il Magistero della Chiesa farà poi propria, per indicare uno stato che non considera la religione un pericolo ma una risorsa.

Il Presidente della Repubblica Francese ha diritto al titolo canonico onorario di San Giovanni in Laterano. A differenza di Mitterand e Hollande, Sarkozy è andato a prender possesso del suo stato canonicale (dato a un laico, come incarico onorario). È in quell’occasione (2007) che Sarkozy ha tenuto uno specifico discorso sulla laicità positiva e sulle radici cristiane della Francia.In Arabia Saudita (2008), culla dell’Islam, disse che non si poteva dare alle religioni la colpa delle guerre sante, come agli stati non si potevano dare tutte le colpe dei nazionalismi; ma disse anche che tutti i crimini commessi nel nome della religione ne rappresentavano un tradimento. Infine, nel 2011 nel palazzo presidenziale disse a BXVI che occorreva una “laicità aperta”.

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Dopo il Trattato di Nizza dell’UE, quando si cercò di metter nel preambolo il riferimento alle radici cristiane, questo non andò in porto per l’opposizione francese

CAP 6 – SFERA PUBBLICA, SFERA POLITICA, RELATIVISMO

Per arrivare a una laicità aperta e positiva occorre superare la dicotomia tra pubblico e privato. Qualcuno parla di scuola pubblica e privata, ma dalla legge Berlinguer del 2000 questa distinzione non è più corretta. Tutte le scuole sono pubbliche, o gestite dallo stato oppure dai privati (legalmente riconosciute).

Piuttosto, secondo l’economista Stefano Zamagni, si potrebbero distinguere la sfera pubblica e quella politica. La prima è terreno di confronto aperto per idee e visioni diverse tra loro, mentre la sfera politica è il luogo in cui queste diverse idee trovano una sintesi per il vivere comune, secondo decisioni operative.La religione può dunque entrare nella sfera pubblica, ma per entrare anche nella sfera politica deve esibire motivazioni razionali, valide per tutti. Se il comunista può spingere leggi comuniste, il cattolico può sostenere leggi cattoliche (purché per ragioni condivisibili, non appellandosi nell’ambito politico alla sola Bibbia, strategia che invece può seguire nella sfera pubblica). Anche se pare che appena un cattolico propone una legge questa sia, per forza, meno razionale di una legge marxista…Nella sfera politica occorre seguire le procedure democratiche per sostenere le proprie posizioni.

La premessa è antropologica: quale idea di uomo sta alla base delle prime proposte di legge. Un conto è l’estremo individualismo, altro è tenere insieme libertà personale responsabilità sociale in un contesto di ricerca del bene comune.Il rischio è confondere i termini del problema. La verità non coincide con l’autenticità: non è perché questa cosa sia frutto dell’intellezione individuale che con ciò sia VERA; né la spontaneità coincide con la BONTA’ per cui se mi sento di fare così, è giusto fare così.

La verità oggi è ridotta spesso ad autenticità soggettiva del singolo, valida solo per la vita individuale. Una verità comune ci fa paura perché la individuiamo come deriva totalitaristica (Lumen Fidei, 34).

Relativismo buono: relativizzo la mia posizione per ascoltare e capire le ragioni altruiRelativismo cattivo: poiché ci sono diversi punti di vista, uno vale l’altroMa il relativismo deve essere il sale, non la pietanza (C. Magris)

TOLLERANZA: buono il rispetto per tutti, ma non è buona la rinuncia al confronto tra le posizioni nel comune intento di ricerca della verità. Un conto è che ogni individuo possa scegliere lo stile di vita che preferisce, altro è esprimere indifferenza per le scelte di vita altrui.

A livello di popoli si chiama multiculturalismo, ovvero un sistema diversificato di culture e punti di vista. Diverso è invece parlare di interculturalità (card. G. Ravasi), ovvero di integrazione tramite confronto di culture diverse. Non si tratta di giudicare quale sia la migliore visione della vita, ma di costruire un buon vivere comune che non si limiti ala malcelata reciproca

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sopportazione.

***La teoria del gender o genere è ormai oggetto di dibattito pubblico. E a colpi di disegni di leggi e di sentenze di giudici si cerca di imporre un certo orientamento.Quello di Mario Adinolfi – ad esempio – è un testo (“Voglio la mamma”) che può rappresentare un’argomentazione politica più che pubblica, in quanto contrasta la teoria del gender senza invocare valori cattolici quanto piuttosto argomenti e dati razionali.

Già GPII (Veritatis Splendor, 101) diceva che la democrazia rischia di diventare un “guscio vuoto” – un insieme di regole meramente procedurali – e quindi il miglior alleato del relativismo etico, all’insegna del “politically correct”. Principio che ha anche intenti buoni – non discriminare, non offendere – ma anche meno buoni, cioè il confondere le acque (ad esempio “interruzione volontaria di gravidanza” in luogo di “aborto”) e permettere che passano certi provvedimenti legislativi per nulla neutrali.

***

Anche il concetto di tolleranza rischia di scadere nel relativismo etico, principio che sempre più è concepito come base della democrazia. Operazione contraddittoria, falsa e controproducente.Se dico che non ci sono fondamenti di verità, come faccio a decidere in favore del relativismo come vero? Se poi mi manca la dignità della persona come primo principio ordinatore della società, la democrazia crolla e le subentra il totalitarismo.Né serve il relativismo a favore utili discussioni, poiché se ognuno ha la sua posizione, non si cercherà mai la verità.

Dire che il relativismo è base necessaria della democrazia è contraddittorio (se non ci sono fondamenti, neppure il relativismo può esserlo), falso (se vien meno la dignità della persona, privo la democrazia del suo fondamento), controproducente (inutile il dialogo tra due che non cercano la verità perché indistintamente si equivalgono…).

Il relativismo tende all’intolleranza, trasformandosi in un nuovo dogmatismo (BXVI).Così chi si mostra convinto delle proprie idee è bollato come “chiuso” mentre chi oscilla da una idea all’altra è giudicato “democratico”!.

BXVI parlerà di “dittatura del relativismo”. Nella messa pro eligendo pontifice del 2005 (18 aprile) Ratzinger fece un commento alla seconda lettura – tratta da Efesini – dicendo che avere una fede chiara è etichettato come dogmatismo o integralismo e aggiunse “si va costituendo una dittatura del relativismo che non riconosce nulla come definitivo tranne l’io e le sue voglie”.

Il relativismo c’è sempre stato – a partire dallo scetticismo ellenistico – ma il problema è che oggi sia la normalità, cioè l’opzione della massa.Questo atteggiamento non riguarda solo la filosofia, bensì entra anche in teologia e sociologia. In quest’ultima si chiama multiculturalismo. In teologia si vede nell’ambito delle riflessioni della cristologia: quando la domanda è “Cristo è il salvatore o un salvatore?”, la risposta chiara non è così facile ad accogliersi.

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RELATIVISMO RELIGIOSONel 2000 venne pubblicata la Dominus Iesus, della congregazione per la dottrina della fede (presieduta da Ratzinger), che venne più volte attaccata e che GPII difese parlandone più volte negli Angelus domenicali. (ricorda: dall’ecclesiocentrismo, nel CVII si è passati al cristocentrismo e infine, oggi, al teocentrismo: ciò che conta per salvarsi non è appartenere alla Chiesa, né credere in Cristo, ma essere alla ricerca di Dio)

Se seguono la legge di Dio per come la conoscono secondo la coscienza, anche i non cristiani si salvano, dice il CVII. Questa posizione apre alla domanda sul valore salvifico delle altre religioni. La questione non è così semplice, perché salvare il valore positivo delle diverse religioni e l’unicità salvifica di Cristo non è semplice.

LUMEN GENTIUM - I fedeli cattolici14. Il santo Concilio si rivolge quindi prima di tutto ai fedeli cattolici. Esso, basandosi sulla sacra Scrittura e sulla tradizione, insegna che questa Chiesa peregrinante è necessaria alla salvezza. Solo il Cristo, infatti, presente in mezzo a noi nel suo corpo che è la Chiesa, è il mediatore e la via della salvezza; ora egli stesso, inculcando espressamente la necessità della fede e del battesimo (cfr. Gv 3,5), ha nello stesso tempo confermato la necessità della Chiesa, nella quale gli uomini entrano per il battesimo come per una porta. Perciò non possono salvarsi quegli uomini, i quali, pur non ignorando che la Chiesa cattolica è stata fondata da Dio per mezzo di Gesù Cristo come necessaria, non vorranno entrare in essa o in essa perseverare. Sono pienamente incorporati nella società della Chiesa quelli che, avendo lo Spirito di Cristo, accettano integralmente la sua organizzazione e tutti i mezzi di salvezza in essa istituiti, e che inoltre, grazie ai legami costituiti dalla professione di fede, dai sacramenti, dal governo ecclesiastico e dalla comunione, sono uniti, nell'assemblea visibile della Chiesa, con il Cristo che la dirige mediante il sommo Pontefice e i vescovi. Non si salva, però, anche se incorporato alla Chiesa, colui che, non perseverando nella carità, rimane sì in seno alla Chiesa col «corpo», ma non col «cuore». Si ricordino bene tutti i figli della Chiesa che la loro privilegiata condizione non va ascritta ai loro meriti, ma ad una speciale grazia di Cristo; per cui, se non vi corrispondono col pensiero, con le parole e con le opere, non solo non si salveranno, ma anzi saranno più severamente giudicati.I catecumeni che per impulso dello Spirito Santo desiderano ed espressamente vogliono essere incorporati alla Chiesa, vengono ad essa congiunti da questo stesso desiderio, e la madre Chiesa li avvolge come già suoi con il proprio amore e con le proprie cure.

I non cristiani e la Chiesa16. Infine, quanto a quelli che non hanno ancora ricevuto il Vangelo, anch'essi in vari modi sono ordinatial popolo di Dio. In primo luogo quel popolo al quale furono dati i testamenti e le promesse e dal quale Cristo è nato secondo la carne (cfr. Rm 9,4-5), popolo molto amato in ragione della elezione, a causa dei padri, perché i doni e la chiamata di Dio sono irrevocabili (cfr. Rm 11,28-29). Ma il disegno di salvezza abbraccia anche coloro che riconoscono il Creatore, e tra questi in particolare i musulmani, i quali, professando di avere la fede di Abramo, adorano con noi un Dio unico, misericordioso che giudicherà gli uomini nel giorno finale. Dio non è neppure lontano dagli altri che cercano il Dio ignoto nelle ombre e sotto le immagini, poiché egli dà a tutti la vita e il respiro e ogni cosa (cfr At 1,7,25-26), e come Salvatore vuole che tutti gli uomini si salvino (cfr. 1 Tm 2,4). Infatti, quelli che senza colpa ignorano il Vangelo di Cristo e la sua Chiesa ma che tuttavia cercano sinceramente Dio e coll'aiuto della grazia si sforzano di compiere con le opere la volontà di lui, conosciuta attraverso il dettame della coscienza, possono conseguire la salvezza eterna. Né la divina Provvidenza nega gli aiuti necessari alla salvezza a coloro che non sono ancora arrivati alla chiara cognizione e riconoscimento di Dio, ma si sforzano, non senza la grazia divina, di condurre una vita retta. Poiché tutto ciò che di buono e di vero si trova in loro è ritenuto dalla Chiesa come una preparazione ad accogliere il Vangelo e come dato da colui che illumina ogni uomo, affinché abbia finalmente la vita. Ma molto spesso gli uomini, ingannati dal maligno, hanno errato nei loro ragionamenti e hanno scambiato la verità divina con la menzogna, servendo la creatura piuttosto che il Creatore (cfr. Rm 1,21 e 25), oppure, vivendo e morendo senza Dio in questo mondo, sono esposti alla disperazione finale. Perciò la Chiesa per promuovere la gloria di Dio e la salute di tutti costoro, memore del comando del Signore che dice: «Predicate il Vangelo ad ogni creatura» (Mc 16,15), mette ogni cura nell'incoraggiare e sostenere le missioni.

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La tensione tra l’universalità della salvezza (1Tim 2, 4) e l’unicità del Salvatore non è affatto semplice. Come non è facile dialogare e al tempo stesso restare fermi nel proprio credo.

“Fondamentalismo” è un termine che nasce in ambito protestante: nel 1912 negli USA pubblicano i Fundamentals, testi che richiamano i fondamenti della fede e della Bibbia, rinunciando al metodo storico-critico. Anche oggi è possibile una lettura fondamentalista della Bibbia: ad esempio sostenere che oggi come allora per essere buoni cristiani si dovrebbero vendere tutti i propri beni e deporli ai piedi (dei successori) degli apostoli. Mentre la lettura nella verità esige che si scopra la verità profonda di quel testo e poi, attraverso discernimento di coscienza nella comunità ecclesiale, si giunga a cogliere la verità qui e ora per me di quella Parola. La tradizione della Chiesa è l’aiuto prezioso per ogni fedele nel discernimento. Per verificare la verità del quale devo confrontarmi anche col Magistero della Chiesa. Sempre ricordando che il discernimento è “caso per caso”, dunque non si può aspettare il pronunciamento del Papa, ma anche ricorrere al Vescovo e alla comunità ecclesiale locale come aiuto.Il discernimento riguarda anche l’aggiornamento dei carismi (per cui i padri Mercedari, nati nel XIII secolo, riscattavano gli schiavi e oggi operano per liberare le prostitute). E questo si fa cogliendo l’autentica intenzionalità.Sant’Ignazio di Loyola durante la convalescenza, dopo esser stato ferito, lette le vite dei grandi santi Francesco e Domenico si chiede: se questo e quello, perché non io? Eppure non fa la stessa cosa, ma fonda un nuovo ordine nel suo modo di vivere: dalla compagnia di ventura alla compagnia di Gesù. Fa come loro, ma non quello che hanno fatto loro.

Questo non è relativismo, ma mediazione della coscienza (retta, vera, ben formata).

Lo specifico dei laici (LG 31) è l’indole secolare, cioè “ordinare le cose del mondo secondo Dio” sotto la guida (come servizio, non dispotica) dei pastori.

Il relativismo non permette di evitare una domanda decisiva per il nostro tempo sempiù più minacciato di mancato rispetto dei diritti dell’uomo…I DIRITTI sono legati a un specifica religione/cultura o hanno pretesa universale?Non è facile rispondere. L’ISLAM non ha mai firmato la dichiarazione universale dei diritti dell’uomo (ONU 1948).

Il papa emerito Benedetto XVI il 21 ottobre 2014 ha inviato un messaggio alla “Pontificia Università Urbaniana” per l’inaugurazione dell’aula magna ristrutturata a lui dedicata.(testo interessante, benché non magisteriale)

IL MESSAGGIO DI BENEDETTO XVI ALLA URBANIANA

“Cattolica”: questa definizione della Chiesa, che appartiene alla professione di fede sin dai tempi più antichi, porta in sé qualcosa della Pentecoste. Ci ricorda che la Chiesa di Gesù Cristo non ha mai riguardato un solo popolo o una sola cultura, ma che sin dall’inizio era destinata all’umanità. Le ultime parole che Gesù disse ai suoi discepoli furono: “Fate miei discepoli tutti i popoli” (Mt 28,19). Da allora la Chiesa è realmente cresciuta in tutti i Continenti. (…)

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Il Signore Risorto incaricò i suoi Apostoli, e tramite loro i discepoli di tutti i tempi, di portare la sua parola sino ai confini della terra e di fare suoi discepoli gli uomini. Il Concilio Vaticano II, riprendendo, nel decreto “Ad gentes”, una tradizione costante, ha messo in luce le profonde ragioni di questo compito missionario e lo ha così assegnato con forza rinnovata alla Chiesa di oggi.

Ma vale davvero ancora? – si chiedono in molti, oggi, dentro e fuori la Chiesa – davvero la missione è ancora attuale? Non sarebbe più appropriato incontrarsi nel dialogo tra le religioni e servire insieme la causa della pace nel mondo? La contro-domanda è: il dialogo può sostituire la missione? Oggi in molti, in effetti, sono dell’idea che le religioni dovrebbero rispettarsi a vicenda e, nel dialogo tra loro, divenire una comune forza di pace. In questo modo di pensare, il più delle volte si dà per presupposto che le diverse religioni siano varianti di un’unica e medesima realtà; che “religione” sia il genere comune, che assume forme differenti a seconda delle differenti culture, ma esprime comunque una medesima realtà. La questione della verità, quella che in origine mosse i cristiani più di tutto il resto, qui viene messa tra parentesi. Si presuppone che l’autentica verità su Dio, in ultima analisi, sia irraggiungibile e che tutt’al più si possa rendere presente ciò che è ineffabile solo con una varietà di simboli. Questa rinuncia alla verità sembra realistica e utile alla pace fra le religioni nel mondo.

E tuttavia essa è letale per la fede. Infatti, la fede perde il suo carattere vincolante e la sua serietà, se tutto si riduce a simboli in fondo interscambiabili, capaci di rimandare solo da lontano all’inaccessibile mistero del divino.

1. L’opinione comune è che le religioni stiano per così dire una accanto all’altra, come i Continenti e i singoli Paesi sulla carta geografica. Tuttavia questo non è esatto. Le religioni sono in movimento a livello storico (…).Noi, come cristiani, siamo convinti che, nel silenzio, esse attendano l’incontro con Gesù Cristo, la luce che viene da lui, che sola può condurle completamente alla loro verità. E Cristo attende loro. L’incontro con lui non è l’irruzione di un estraneo che distrugge la loro propria cultura e la loro propria storia. È, invece, l’ingresso in qualcosa di più grande, verso cui esse sono in cammino. Perciò quest’incontro è sempre, a un tempo, purificazione e maturazione. Peraltro, l’incontro è sempre reciproco. Cristo attende la loro storia, la loro saggezza, la loro visione delle cose. (…)

2. La religione in sé non è un fenomeno unitario. (…) Per questo, la religione non è mai semplicemente un fenomeno solo positivo o solo negativo: in essa l’uno e l’altro aspetto sono mescolati. (…) Chiaramente questo vale, sin dalle sue origini e in base alla sua natura, per la fede cristiana, che, da un lato, guarda con grande rispetto alla profonda attesa e alla profonda ricchezza delle religioni, ma, dall’altro, vede in modo critico anche ciò che è negativo. Va da sé che la fede cristiana deve sempre di nuovo sviluppare tale forza critica anche rispetto alla propria storia religiosa. Per noi cristiani Gesù Cristo è il Logos di Dio, la luce che ci aiuta a distinguere tra la natura della religione e la sua distorsione.

3. Nel nostro tempo diviene sempre più forte la voce di coloro che vogliono convincerci che la religione come tale è superata. Solo la ragione critica dovrebbe orientare l’agire dell’uomo. Dietro simili concezioni sta la convinzione che con il pensiero positivistico la ragione in tutta la sua purezza abbia definitivamente acquisito il dominio. (…) Il luogo proprio della ragione positivista è nei grandi campi d’azione della tecnica e dell’economia, e tuttavia essa non esaurisce tutto l’umano. Così, spetta a noi che crediamo spalancare sempre di nuovo le porte che, oltre la mera tecnica e il puro pragmatismo, conducono a tutta la grandezza della nostra esistenza, all’incontro con il Dio vivente.

1. Queste riflessioni, forse un po’ difficili, dovrebbero mostrare che anche oggi, in un mondo profondamente mutato, rimane ragionevole il compito di comunicare agli altri il Vangelo di Gesù Cristo.E tuttavia c’è anche un secondo modo, più semplice, per giustificare oggi questo compito. La gioia esige di essere comunicata. L’amore esige di essere comunicato. La verità esige di essere comunicata . Chi ha ricevuto una grande gioia, non può tenerla semplicemente per sé, deve trasmetterla. Lo stesso vale per il dono dell’amore, per il dono del riconoscimento della verità che si manifesta.Quando Andrea incontrò Cristo, non poté far altro che dire a suo fratello: “Abbiamo trovato il Messia” (Gv 1,41). (…) Parliamo di Lui perché sentiamo di dover trasmettere quella gioia che ci è stata donata.

2. Fa parte della natura della religione la profonda tensione fra l’offerta mistica a Dio, in cui ci si consegna totalmente a lui, e la responsabilità per il prossimo e per il mondo da lui creato. (…) Il punto d’incontro tra i due poli è l’amore nel quale tocchiamo al contempo Dio e le sue creature . (…) L’amore, che si realizza e si rispecchia in modo multiforme nei santi di tutti i tempi, è l’autentica prova della verità del cristianesimo.

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EL PAIS – Un articolo del 2/3/2015 parla dell’insegnamento della religione nel curricolo scolastico.

I emendamento della Costituzione Americana - Il Congresso non può stabilire leggi che riguardino la struttura delle Chiese o la religione.

Questo frenò le relazioni con la Santa Sede.

L’art. 17 del Trattato di Lisbona che regola i rapporti all’interno della Unione EuropeaAlcuni campi sono propri della legislazione nazionale, in particolare le organizzazioni filosofiche non confessionali. Si mantiene un rapporto aperto, trasparente e regolare con organizzazioni religiose: non può esser affidata alla buona volontà del singolo funzionario, ma deve essere istituito e stabile.

Oggi sarebbe quali impossibile inserire la libertà religiosa in una dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, poiché ci sono due tendenze opposte: chi vuol istituzionalizzare la religione e chi emarginarla. Tendenze opposte e contemporaneo.“Esportare la libertà religiosa”.

Legata alla laicité: la questione della proposta in Francia di modificare i nomi di migliaia di comuni perché inglobanti nomi di santi e sante.

Secondo caso: la proposta dell’ambasciatore francese presso la Santa Sede. Nel gennaio 2015 viene proposto Laurent Stefanini, gay dichiarato. Ma ogni Paese ha il diritto di respingere un ambasciatore non gradito. Il problema non è dare l’agreament ma far valere il diritto di difendere la propria impostazione valoriale (nel caso di Stefanini, è noto che convive con un compagno).

Capitolo 7 – LA SECOLARIZZAZIONE IN ITALIA E IN EUROPA

Per misurare la secolarizzazione del nostro paese dovremmo conoscere il tasso di matrimoni civili, di bambini nati fuori dal matrimonio, di alunni non avvalentesi dell’IRC, dei firmatari per l’otto per mille alle CEI. Il Nord è più secolarizzato del Sud.Ma il nostro appare ancora un paese cattolico: il 60% delle coppie si sposa in chiesa, l’80% dei figli nasce dopo il matrimonio, il 90% degli alunni si avvale dell’IRC, ma solo il 20% pratica.

Nuovi problemi sorgono con l’immigrazione: in UK si sono accolti i pronunciamenti delle corti islamiche ed ebraiche come aventi valore giuridico, col problema di tribunali paralleli e crisi istituzionale: chi e come giudica della poligamia islamica, del burqa islamico, della macellazione ebraica, del rifiuto di appendere il catarifrangente rosso al calesse da parte degli amish avversi alla modernità?Occorre discernere. Sapendo che alcune rivendicazioni in Europa non trovano spazio neppure nei paesi d’origine (ad esempio il venerdì non è giorno festivo per l’Islam ma per la preghiera

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comunitaria…). Ma molte richieste sono pretese identitarie.

In Italia – paese di tradizione cattolica ma poco praticante – vi sono 4 modelli di laicità: (1) la limitazione, cioè il contenimento della presenza pubblica delle religioni, (2) la neutralità negativa o aconfessionalità (stato indifferente), (3) la neutralità positivo (garanzia di pari trattamento e libertà), (4) valorizzazione della confessione maggioritaria (è il modello prevalente).

In Europa la situazione è variegata. La Spagna negli anni ’70 è passato da paese cattolico a paese a cultura cattolica per diventare con Zapatero paese secolarizzato. Oggi si dichiara credente il 75% della gente, ma solo il 13% pratica. Benché i ministri ancora giurino davanti al re, al crocifisso e alla costituzione.Il Belgio, tradizionalmente cattolico, conosce la laicizzazione intesa come secolarizzazione consapevole: nel 1989 il parlamento ha adottato l’aborto, rendendo il re Baldovino impossibilitato a votare per un giorno – su sua richiesta: non voleva firmare una legge che non poteva firmare! Ancora: lo scandalo pedofilia ha abbattuto la fiducia nella chiesa (irruzione della polizia nell’arcivescovado di Malines-Bruxelles, 2010).Il Portogallo: cattolico l’80%, forte religiosità popolare (Fatima).La Francia: maggioranza cattolica (65%), ma solo il 5% praticanti, per cui sono più i musulmani praticanti. La Germania: pluri-confessionalità storica; solo il 47% si dice credente, 8% di cattolici all’Ovest e 17% all’Est praticanti. Pratica della cancellazione dai registri battesimali per non pagare la tassa obbligatoria per gli aderenti alla Chiesa. E i vescovi non accettano dichiarazioni di abbandono formale per motivi fiscali…

La religione ha un valore di coesione sociale.Lo pensano gli atei devoti che la vedono come riferimento etico-culturale. Così fece Costantino con l’Editto di Milano, mentre lo stesso J.E. Renan (+1892) anticlericale, riteneva cosa buona che i parroci di campagna educassero i contadini; ancora: Mussolini cercava nella chiesa una base di consenso per il regime. Insomma: la chiesa garantisce quel “minimo comune etico” necessario per la convivenza. Tanto che per il 65% dei francesi compito della chiesa è lottare contro la povertà e per la pace. (Certo, la carità, ma come strumento per annunciare l’Amore di Dio!).Anche in Italia, secondo Garelli, si può parlare di religione da scenario: fa da sfondo, ma le scelte individuali e sociali sono altra cosa.

Capitolo 8 – CASI DELL’ORA DI RELIGIONE, DELLA VISITA DEGLI ECCLESIASTICI E DEL CROCIFISSO NELLE AULE

ORA DI RELIGIONEIn Italia nel 1859 la legge Casati rende l’insegnamento religioso obbligatorio nella scuola, riconosciuto col Concordato del 1929 come “fondamento e corona dell’istruzione pubblica”, mentre nella revisione del 1984 (legge del 1985) si dice che si riconosce il “valore della cultura religiosa” e che “i principi del cattolicesimo fanno parte del patrimonio storico del popolo italiano”, per cui si continua “ad assicurare… l’insegnamento della religione cattolica”.Tuttavia ci si può non avvalere. Ma se la religione è parte integrante della cultura del popolo, perché potersene NON avvalere? Si potrebbe fare la stessa obiezione di coscienza su certe

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pagine di storia, o la Divina Commedia, o arte? La legge prevede che i docenti IRC siano “eccellenti per retta dottrina, per testimonianza di vita cristiana e per abilità pedagogica” (CIC 804) e con idoneità dell’Ordinario, benché assunti con concorso per una certa percentuale (70% circa) dei posti.Dal 2003 sono designati dalla chiesa ma pagati dallo stato. Se identico è il soggetto (target) e pure l’oggetto (contenuto), mentre la catechesi mira a mettere in rapporto personale con Gesù, l’insegnamento scolastico punta a trasmettere conoscenze. Utili però ad affinare il senso critico dei discenti (BXVI, 2009).Nell’insegnamento, il docente IRC deve essere credibile testimone per legare cultura e fede (BXVI, 2009). Si discute tanto, ma in Italia ancora il 90% si avvale.

VISITA DI ECCLESIASTICI IN SCUOLE PUBBLICHEL’UAAR (Unione Atei Agnostici Razionalisti) presentò nel 2008 un esposto perché il vescovo di Grosseto avrebbe visitato una scuola primaria, ma Napolitano nel 2011 respinse tale esposto in quanto la visita non aveva valore di cerimonia liturgica ma di testimonianza sui valori religiosi e culturali connessi all’esperienza religiosa della comunità territoriale”. Inoltre, le famiglie potevano decidere di NON partecipare. Non si può parlare di discriminazione dei non cattolici perché la visita non è atto di culto ma ha valore culturale (stessi principi dell’ammissione dell’IRC).

ESPOSIZIONE DEL CROCIFISSO NELLE SCUOLE ITALIANEIl Crocifisso, secondo i regi decreti del 1924 e 1928, è parte dell’arredo scolastico.Una donna di Abano Terme (PD) fece ricorso nel 2004 al Tribunale Amministrativo Regionale (TAR) perché sentiva limitata la propria libertà educativa a livello religioso dal crocifisso esposto, ma nel 2005 il TAR respinse il ricorso, reputando il crocifisso simbolo della identità culturale italiana. La donna fece ricorso allora alla Corte europea dei diritti dell’uomo (organo giurisdizionale del Consiglio d’Europa, con sede a Strasburgo e 46 paesi membri, diversa dalla Corte di Giustizia Europea che è organo giurisdizionale dell’Unione Europea, con sede a Lussemburgo; infine, la Corte internazionale di Giustizia è dell’ONU ed ha sede all’Aja) che nel 2009 accolse l’istanza della signora, per poi rigettarla però nel 2011 invocando il rispetto del sentimento religioso della maggioranza. Tra l’altro, il 75% della gente ritiene giusta la presenza del crocifisso in aula, e così pure il 40% delle persone di atre fedi.Il ricorso presentato dall’Italia + altri stati fu difeso tramite l’ebreo Weiler – che parlò della sentenza 2009 come di espressione di “giacobinismo istituzionale” – che si presentò con la kippà in aula…Ci sono motivi diversi per volere il crocifisso (c’è già, è una legge cmq vigente) o non volerlo (riduzione a simbolo culturale…).

Capitolo 9 – LIBERTA’ RELIGIOSA E INSEGNAMENTO DELLA CHIESA

La definizione dell’art. 18 della Dichiarazione dell’ONU (1948) trova conferma in Dignitatis Humanae (1965, dichiarazione del CVII) che al nr. 1 afferma che la LR riguarda l’immunità dalla coercizione nella società civile (DH 1). Il fondamento di un tale diritto è la dignità della

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persona.Anche se gli atti religiosi sono essenzialmente interni, la loro manifestazione esterna si lega all’indole sociale della persona. Anche se in certe fasi la chiesa non è stata tollerante, tuttavia mai ha mutato il suo insegnamento vs coercizione religiosa (DH 12).Vero è però che Pio X reagì violentemente alla Legge di separazione francese (1905) affermando che era un errore pericolosissimo separare lo stato dalla Chiesa (Vehementer nos, enciclica del 1906).L’evoluzione del Magistero è omogenea, non dialettica, adeguandosi ai mutati contesti temporali ma senza snaturarne il contenuto (VS 53).

La storia mostra che nella prima parte della modernità il diverso era da eliminare (guerre di religione), poi da espellere (cuius regio, eius religio - pace di Augusta del 1555), poi da tollerare (senza eguali diritti civili e politici), infine da rispettare con piena eguaglianza.

In relazione ai diversi atteggiamenti, muta il rapporto stato/chiesa.Gesù ha detto di dare a Dio ciò che è di Dio e a Cesare quello che è di Cesare (Mc 12, 17). Ma occorre discernere cosa è di chi…Nel 1861 Cavour affermò “libera chiesa in libero stato” ma intende la subordinazione della chiesa allo stato, relegando la prima alla sfera cultuale o individuale.Nel 1958 Pio XII ricorda che la laicità è uno dei principi della dottrina cattolica.Il Compendio di dottrina Sociale della Chiesa afferma che la laicità è “la distinzione tra la sfera politica e quella religiosa” (571), valore acquisito dal Magistero. Afferma anche che le istanze della fede cristiana difficilmente sono rintracciabili in un unico partito (573).Infine, GPII afferma che se il punto di partenza della libertà religiosa è la dignità della persona, l’orizzonte finale è il benessere della società e la pace del consesso internazionale (1980).

Oggi bisogna guardarsi da vagheggiare il ritorno a una civiltà cristiana ma neppure cadere nell’auto-secolarizzazione. Bisogna puntare alla testimonianza più che al proselitismo. Garantendo un pluralismo di sensibilità, ma in accordo con Bibbia, Tradizione e Magistero.

COMPENDIO DOTTRINA SOCIALE DELLA CHIESA 571-574

Laicità--Separazione tra sfera politica e religiosa. Appartiene al patrimonio della chiesa che interviene sì nelle questioni sociali ma per illuminare le coscienze dei fedeli verso la promozione integrale della persona umana e del bene comune.--Comporta il rispetto di ogni confessione religiosa da parte dello stato--Nell’aderire a un partito bisogna considerare i valori e le circostanze. Difficilmente si può dire che un partito esprima in pieno l’esser cattolico. E nello scegliere occorre confrontarsi con la comunità e la chiesa. --Nessuna opinione può esser strumentalizzata come espressione della chiesa

571 L'impegno politico dei cattolici è spesso messo in relazione alla «laicità», ossia la distinzione tra la sfera politica e quella religiosa. Tale distinzione «è un valore acquisito e riconosciuto dalla Chiesa e appartiene al patrimonio di civiltà che è stato raggiunto». La dottrina morale cattolica, tuttavia, esclude

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nettamente la prospettiva di una laicità intesa come autonomia dalla legge morale: «La “laicità”, infatti, indica in primo luogo l'atteggiamento di chi rispetta le verità che scaturiscono dalla conoscenza naturale sull'uomo che vive in società, anche se tali verità siano nello stesso tempo insegnate da una religione specifica, poiché la verità è una». Cercare sinceramente la verità, promuovere e difendere con mezzi leciti le verità morali riguardanti la vita sociale — la giustizia, la libertà, il rispetto della vita e degli altri diritti della persona — è diritto e dovere di tutti i membri di una comunità sociale e politica.

Quando il Magistero della Chiesa interviene su questioni inerenti alla vita sociale e politica, non viene meno alle esigenze di una corretta interpretazione della laicità, perché «non vuole esercitare un potere politico né eliminare la libertà d'opinione dei cattolici su questioni contingenti. Esso intende invece — come è suo proprio compito — istruire e illuminare la coscienza dei fedeli, soprattutto di quanti si dedicano all'impegno nella vita politica, perché il loro agire sia sempre al servizio della promozione integrale della persona e del bene comune. L'insegnamento sociale della Chiesa non è un'intromissione nel governo dei singoli Paesi. Pone certamente un dovere morale di coerenza per i fedeli laici, interiore alla loro coscienza, che è unica e unitaria».

572 Il principio di laicità comporta il rispetto di ogni confessione religiosa da parte dello Stato, «che assicura il libero esercizio delle attività di culto, spirituali, culturali e caritative delle comunità dei credenti. In una società pluralista, la laicità è un luogo di comunicazione tra le diverse tradizioni spirituali e la nazione». Permangono purtroppo ancora, anche nelle società democratiche, espressioni di intollerante laicismo, che osteggiano ogni forma di rilevanza politica e culturale della fede, cercando di squalificare l'impegno sociale e politico dei cristiani, perché si riconoscono nelle verità insegnate dalla Chiesa e obbediscono al dovere morale di essere coerenti con la propria coscienza; si arriva anche e più radicalmente a negare la stessa etica naturale. Questa negazione, che prospetta una condizione di anarchia morale la cui conseguenza ovvia è la sopraffazione del più forte sul debole, non può essere accolta da alcuna forma di legittimo pluralismo, perché mina le basi stesse della convivenza umana. Alla luce di questo stato di cose, «la marginalizzazione del Cristianesimo... non potrebbe giovare al futuro progettuale di una società e alla concordia tra i popoli, ed anzi insidierebbe gli stessi fondamenti spirituali e culturali della civiltà».

573 Un ambito particolare di discernimento per i fedeli laici riguarda la scelta degli strumenti politici, ovvero l'adesione a un partito e alle altre espressioni della partecipazione politica. Bisogna operare una scelta coerente con i valori, tenendo conto delle effettive circostanze. In ogni caso, qualsiasi scelta va comunque radicata nella carità e protesa alla ricerca del bene comune. Le istanze della fede cristiana difficilmente sono rintracciabili in un'unica collocazione politica: pretendere che un partito o uno schieramento politico corrispondano completamente alle esigenze della fede e della vita cristiana ingenera equivoci pericolosi. Il cristiano non può trovare un partito pienamente rispondente alle esigenze etiche che nascono dalla fede e dall'appartenenza alla Chiesa: la sua adesione a uno schieramento politico non sarà mai ideologica, ma sempre critica, affinché il partito e il suo progetto politico siano stimolati a realizzare forme sempre più attente a ottenere il vero bene comune, ivi compreso il fine spirituale dell'uomo.

574 La distinzione, da un lato, tra istanze della fede e opzioni socio-politiche e, da un altro lato, tra scelte dei singoli cristiani e quelle compiute della comunità cristiana in quanto tale, comporta che l'adesione a un partito o schieramento politico sia considerata una decisione a titolo personale, legittima almeno nei limiti di partiti e posizioni non incompatibili con la fede e i valori cristiani. La scelta del partito, dello schieramento, delle persone cui affidare la vita pubblica, pur impegnando la coscienza di ciascuno, non potrà comunque essere una scelta esclusivamente individuale: «Spetta alle comunità cristiane analizzare obiettivamente la situazione del loro paese, chiarirla alla luce delle parole immutabili del Vangelo, attingere principi di riflessione, criteri di giudizio e direttive di azione nell'insegnamento sociale della Chiesa ».1203 In ogni caso, « a nessuno è lecito rivendicare esclusivamente a favore della propria opinione l'autorità della Chiesa»: i credenti devono cercare piuttosto « di comprendersi a vicenda con un dialogo sincero, conservando sempre la mutua carità e solleciti per prima cosa del bene comune ».

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Capitolo 10 – SECOLARIZZAZIONE, LAICITA’, LIBERTA’ RELIGIOSA IN BXVI

BXVI afferma che la LR è un aspetto della libertà di coscienza ma non si identifica con essa.Riferendosi al Pakistan, affermò che la LR è criterio di verifica della solidità della democrazia.Anche se riconosce il valore della religious freedom americana, evidenzia il limite: ridurre la credenza religiosa a minimo comun denominatore senza una personale adesione a Dio.L’autentica laicità è il riconoscere che la dimensione spirituale è garante della nostra libertà e non se ne può prescindere.

La LR non è un diritto tra tanti né un privilegio della chiesa, ma la roccia su cui si fondano i diritti umani poiché è tale libertà che svela la trascendenza della persona umana e dunque la sua dignità assolutamente inviolabile (discorso al nuovo ambasciatore del Messico, 2009).Nell’enciclica Caritas in veritate BXVI precisa che la LR non comporta un giudizio di equivalenza sui diversi credo, né un relativismo culturale che prescinda da una laicità positiva e aperta (//Sarkozy!). Il compito della fede non è fornire norme morali – accessibili anche ai non credenti con la ragione – bensì impedire che la ragione si lasci distorcere dall’ideologia. Nel 2011 il tema della giornata mondiale della pace era “Libertà religiosa, via alla pace”: estese la LR oltre l’assenza di coercizione nel legame con Dio, definendola come la “capacità di ordinare le proprie scelte secondo verità”. L’apertura alla trascendenza è un bene morale oggettivo, presupposto per l’esigenza della libertà morale. Fondamentalismo e laicismo sono i due estremi della degenerazione del principio di laicità.La Chiesa non vuole sostituirsi alle istituzioni politiche ma offrire il proprio contributo per la costruzione del bene comune. Solo facendo appello a un’istanza superiore è possibile rendere i valori basilari non manipolabili dal legislatore e dunque vera garanzia della libertà.La chiesa non impone ad altri i propri dogmi, ma difende i valori riconosciuti dalla ragione e illuminati dalla fede. La LR è il primo dei diritti umani perché esprime la realtà più fondamentale della persona.Per un cattolico l’impegno per il bene comune è una esigenza di quella dimensione essenziale del Vangelo che è la promozione umana e un’espressione altissima della carità” (Cuba, 2012).La LR implica il poter celebrare pubblicamente la fede per l’unità della persona umana che è al medesimo tempo cittadino e credente.Ancora, la chiesa non si confonde con l’autorità politica, ma offre il suo contributo per esperienza, dottrina, tradizione. La politica è la forma più alta di carità.Una sana laicità si può riassumere nel binomio unità-distinzione.

Nel giugno 2014 anche Papa Francesco ha affermato che la ragione riconosce nella LR un diritto fondamentale… il diritto a vivere secondo i principi etici conseguenti alla scelta religiosa… vs relativismo. La LR favorisce il mutuo rispetto tra le diverse religioni.

CONCLUSIONE

La LR non concerne solo la coscienza individuale ma tocca livelli istituzionali e comunitari . Non può ridursi alla sola libertà di culto, ma esige che si creino le condizioni affinché ciascuno

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sia in grado di scegliere o non scegliere una particolare fede e vivere in conformità ad essa.La LR va inserita nel patrimonio di diritti volti a tutelare la dignità della persona, nella prospettiva (laica) del bene comune.GLOSSARIO

Laicismo – atteggiamento dello stato verso la religione caratterizzato da razionalismo assoluto (unico metro della verità è la ragione), immanentismo radicale (non esiste alcunché che trascenda l’uomo), libertà incondizionata (la legge morale è legata alla contingenza storica e alla presenza degli altri). In questa prospettiva i credenti possono esserlo in privato, ma in pubblico devono comportarsi come se non lo fossero. Emblema è il modello francese della laicité.

Laicità – termine complesso ed equivoco, per questo spesso seguito da aggettivi. Quando è aperta o positiva, si intende un modello in cui lo stato, pur non favorendo alcuna confessione, si pone in ascolto di tutti, permettendo ai credenti di offrire il loro contributo nella sfera pubblica con proposte fondate sui loro valori, ma esposte e argomentate razionalmente.

Libertà religiosa – è (1) immunità da obbligo nel legame che una persona liberamente stabilisce con Dio, (2) la possibilità di scegliere, non scegliere o cambiare religione, (3) la possibilità di manifestare, come singolo o come gruppo, la propria fede nei suoi risvolti dogmatici, morali, liturgici, attraverso attività di propaganda e l’erezione di associazioni a carattere religioso, (4) la facoltà di esercitare il culto privatamente e pubblicamente, educando a prole in conformità alla propria fede.

Religious freedom – è un modo di intendere la separazione tra stato e chiesa che non conduce però alla divaricazione tra politica e religione. Mentre nella prospettiva della laicité la LR è quasi una concessione delle autorità, in questa prospettiva essa è una delle condizioni di creazione dello spazio pubblico. Paradigmatico in tal senso è il ruolo della religione negli USA.

Secolarismo – esito estremo del processo di secolarizzazione

Secolarizzazione – è il processo sociale e culturale di desacralizzazione. Inizialmente utilizzato per designare la confisca di beni della chiesa da parte dei principi dopo la pace di Westfalia (1648), il termine fu poi impiegato per designare il declino della religione nel ‘900, la sua privatizzazione, il declino della partecipazione alle celebrazioni liturgiche e un modo eclettico e relativista di intendere i dogmi. Il secolarismo sta alla secolarizzazione come lo scientismo sta alla scienza e il razionalismo alla razionalità.

Separatismo dialettico – viene così definita la tradizione politico-culturale degli USA, in cui si registrano sfere di competenza rigorosamente separate tra chiese e stato, congiuntamente però a una forte presenza della religione nell’agenda pubblica.

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CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE

Documento della CDF approvato espressamente dal papa quindi fa parte del magistero ordinario del papa.Inizia citando Tommaso Moro. Siamo nel XVI secolo. È cancelliere del re e quando questo si separa dalla Chiesa di Roma, si oppone, scegliendo di restare fedele al papa. Ucciso, è riconosciuto santo e martire. Patrono dei politici e dei governanti.

NOTA DOTTRINALEcirca alcune questioni riguardanti l'impegno e il comportamento dei cattolici nella vita politica

La Nota è indirizzata ai Vescovi della Chiesa Cattolica e, in special modo, ai politici cattolici e a tutti i fedeli laici chiamati alla partecipazione della vita pubblica e politica nelle società democratiche.

I. Un insegnamento costante 1. L’impegno del cristiano nel mondo in duemila anni di storia si è espresso seguendo percorsi diversi. Uno è stato attuato nella partecipazione all’azione politica: i cristiani, (…) «partecipano alla vita pubblica come cittadini». La Chiesa venera tra i suoi Santi numerosi uomini e donne che hanno servito Dio mediante il loro generoso impegno nelle attività politiche e di governo. Tra di essi, S. Tommaso Moro, proclamato Patrono dei Governanti e dei Politici, seppe testimoniare fino al martirio la «dignità inalienabile della coscienza». Pur sottoposto a varie forme di pressione psicologica, rifiutò ogni compromesso, e senza abbandonare «la costante fedeltà all’autorità e alle istituzioni legittime» che lo distinse, affermò con la sua vita e con la sua morte che «l’uomo non si può separare da Dio, né la politica dalla morale».Le attuali società democratiche, nelle quali lodevolmente tutti sono resi partecipi della gestione della cosa pubblica in un clima di vera libertà, richiedono nuove e più ampie forme di partecipazione alla vita pubblica da parte dei cittadini, cristiani e non cristiani. In effetti, tutti possono contribuire attraverso il voto all’elezione dei legislatori e dei governanti e, anche in altri modi, alla formazione degli orientamenti politici e delle scelte legislative che a loro avviso giovano maggiormente al bene comune. La vita in un sistema politico democratico non potrebbe svolgersi proficuamente senza l’attivo, responsabile e generoso coinvolgimento da parte di tutti, «sia pure con diversità e complementarità di forme, livelli, compiti e responsabilità».Mediante l’adempimento dei comuni doveri civili, «guidati dalla coscienza cristiana», in conformità ai valori che con essa sono congruenti, i fedeli laici svolgono anche il compito loro proprio di animare cristianamente l’ordine temporale, rispettandone la natura e la legittima autonomia, e cooperando con gli altri cittadini secondo la specifica competenza e sotto la propria responsabilità. Conseguenza di questo fondamentale insegnamento del Concilio Vaticano II è che «i fedeli laici non possono affatto abdicare alla partecipazione alla “politica”, ossia alla molteplice e varia azione economica, sociale, legislativa, amministrativa e culturale destinata a promuovere organicamente e istituzionalmente il bene comune», che comprende la promozione e la difesa di beni, quali l’ordine pubblico e la pace, la libertà e l’uguaglianza, il rispetto della vita umana e dell’ambiente, la giustizia, la solidarietà, ecc. La presente Nota (…) intende soltanto richiamare alcuni principi propri della coscienza cristiana che ispirano l’impegno sociale e politico dei cattolici nelle società democratiche (…).

La politica è un impegno potenziale per ogni laico. Si può esser chiamati ad altri compiti, ma è una nobile vocazione anch’essa. Non va disprezzata.

II. Alcuni punti nodali nell’attuale dibattito culturale e politico 2. La società civile si trova oggi all’interno di un complesso processo culturale che mostra la fine di

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un’epoca e l’incertezza per la nuova che emerge all’orizzonte. (…) non è possibile sottacere i gravi pericoli a cui alcune tendenze culturali vorrebbero orientare le legislazioni e, di conseguenza, i comportamenti delle future generazioni. È oggi verificabile un certo relativismo culturale che offre evidenti segni di sé nella teorizzazione e difesa del pluralismo etico che sancisce la decadenza e la dissoluzione della ragione e dei principi della legge morale naturale. A seguito di questa tendenza non è inusuale, purtroppo, riscontrare in dichiarazioni pubbliche affermazioni in cui si sostiene che tale pluralismo etico è la condizione per la democrazia . Avviene così che, da una parte, i cittadini rivendicano per le proprie scelte morali la più completa autonomia mentre, dall’altra, i legislatori ritengono di rispettare tale libertà di scelta formulando leggi che prescindono dai principi dell’etica naturale per rimettersi alla sola condiscendenza verso certi orientamenti culturali o morali transitori, come se tutte le possibili concezioni della vita avessero uguale valore. (…)

I cattolici sono chiamati a esercitare la propria libertà nella ricerca del bene comune, ma sempre nel rispetto dei principi della dottrina cattolica e dei dettami della legge naturale. Non tutte le concezioni dell’uomo sono egualmente valide.

3. Questa concezione relativista del pluralismo nulla ha a che vedere con la legittima libertà dei cittadini cattolici di scegliere, tra le opinioni politiche compatibili con la fede e la legge morale naturale, quella che secondo il proprio criterio meglio si adegua alle esigenze del bene comune. La libertà politica non è né può essere fondata sull’idea relativista che tutte le concezioni sul bene dell’uomo hanno la stessa verità e lo stesso valore, ma sul fatto che le attività politiche mirano volta per volta alla realizzazione estremamente concreta del vero bene umano e sociale in un contesto storico, geografico, economico, tecnologico e culturale ben determinato. Dalla concretezza della realizzazione e dalla diversità delle circostanze scaturisce generalmente la pluralità di orientamenti e di soluzioni che debbono però essere moralmente accettabili. Non è compito della Chiesa formulare soluzioni concrete — e meno ancora soluzioni uniche — per questioni temporali che Dio ha lasciato al libero e responsabile giudizio di ciascuno, anche se è suo diritto e dovere pronunciare giudizi morali su realtà temporali quando ciò sia richiesto dalla fede o dalla legge morale. Se il cristiano è tenuto ad «ammettere la legittima molteplicità e diversità delle opzioni temporali», egli è ugualmente chiamato a dissentire da una concezione del pluralismo in chiave di relativismo morale, nociva per la stessa vita democratica, la quale ha bisogno di fondamenti veri e solidi, vale a dire, di principi etici che per la loro natura e per il loro ruolo di fondamento della vita sociale non sono “negoziabili”. Sul piano della militanza politica concreta, occorre notare che il carattere contingente di alcune scelte in materia sociale, il fatto che spesso siano moralmente possibili diverse strategie per realizzare o garantire uno stesso valore sostanziale di fondo, la possibilità di interpretare in maniera diversa alcuni principi basilari della teoria politica, nonché la complessità tecnica di buona parte dei problemi politici, spiegano il fatto che generalmente vi possa essere una pluralità di partiti all’interno dei quali i cattolici possono scegliere di militare per esercitare — particolarmente attraverso la rappresentanza parlamentare — il loro diritto-dovere nella costruzione della vita civile del loro Paese. Questa ovvia constatazione non può essere confusa però con un indistinto pluralismo nella scelta dei principi morali e dei valori sostanziali a cui si fa riferimento. La legittima pluralità di opzioni temporali mantiene integra la matrice da cui proviene l’impegno dei cattolici nella politica e questa si richiama direttamente alla dottrina morale e sociale cristiana. È su questo insegnamento che i laici cattolici sono tenuti a confrontarsi sempre per poter avere certezza che la propria partecipazione alla vita politica sia segnata da una coerente responsabilità per le realtà temporali. La Chiesa è consapevole che la via della democrazia se, da una parte, esprime al meglio la partecipazione diretta dei cittadini alle scelte politiche, dall’altra si rende possibile solo nella misura in cui trova alla sua base una retta concezione della persona. Su questo principio l’impegno dei cattolici non può cedere a compromesso alcuno, perché altrimenti verrebbero meno la testimonianza della fede cristiana nel mondo e la unità e coerenza interiori dei fedeli stessi. La struttura democratica su cui uno Stato moderno intende costruirsi sarebbe alquanto fragile se non ponesse come suo fondamento la centralità della persona. È il

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rispetto della persona, peraltro, a rendere possibile la partecipazione democratica. Come insegna il Concilio Vaticano II, la tutela «dei diritti della persona umana è condizione perché i cittadini, individualmente o in gruppo, possano partecipare attivamente alla vita e al governo della cosa pubblica». 4. (…) Si assiste invece a tentativi legislativi che, incuranti delle conseguenze che derivano per l’esistenza e l’avvenire dei popoli nella formazione della cultura e dei comportamenti sociali, intendono frantumare l’intangibilità della vita umana. I cattolici, in questo frangente, hanno il diritto e il dovere di intervenire per richiamare al senso più profondo della vita e alla responsabilità che tutti possiedono dinanzi ad essa. Giovanni Paolo II, continuando il costante insegnamento della Chiesa, ha più volte ribadito che quanti sono impegnati direttamente nelle rappresentanze legislative hanno il «preciso obbligo di opporsi» ad ogni legge che risulti un attentato alla vita umana. Per essi, come per ogni cattolico, vige l’impossibilità di partecipare a campagne di opinione in favore di simili leggi né ad alcuno è consentito dare ad esse il suo appoggio con il proprio voto. Ciò non impedisce, come ha insegnato Giovanni Paolo II nella Lettera Enciclica Evangelium vitae a proposito del caso in cui non fosse possibile scongiurare o abrogare completamente una legge abortista già in vigore o messa al voto, che «un parlamentare, la cui personale assoluta opposizione all’aborto fosse chiara e a tutti nota, potrebbe lecitamente offrire il proprio sostegno a proposte mirate a limitare i danni di una tale legge e a diminuirne gli effetti negativi sul piano della cultura e della moralità pubblica». In questo contesto, è necessario aggiungere che la coscienza cristiana ben formata non permette a nessuno di favorire con il proprio voto l’attuazione di un programma politico o di una singola legge in cui i contenuti fondamentali della fede e della morale siano sovvertiti dalla presentazione di proposte alternative o contrarie a tali contenuti. (…)Quando l’azione politica viene a confrontarsi con principi morali che non ammettono deroghe, eccezioni o compromesso alcuno, allora l’impegno dei cattolici si fa più evidente e carico di responsabilità. Dinanzi a queste esigenze etiche fondamentali e irrinunciabili, infatti, i credenti devono sapere che è in gioco l’essenza dell’ordine morale, che riguarda il bene integrale della persona. E’ questo il caso delle leggi civili in materia di aborto e di eutanasia (da non confondersi con la rinuncia all’accanimento terapeutico, la quale è, anche moralmente, legittima), che devono tutelare il diritto primario alla vita a partire dal suo concepimento fino al suo termine naturale. Allo stesso modo occorre ribadire il dovere di rispettare e proteggere i diritti dell’embrione umano. Analogamente, devono essere salvaguardate la tutela e la promozione della famiglia, fondata sul matrimonio monogamico tra persone di sesso diverso e protetta nella sua unità e stabilità, a fronte delle moderne leggi sul divorzio: ad essa non possono essere giuridicamente equiparate in alcun modo altre forme di convivenza, né queste possono ricevere in quanto tali un riconoscimento legale. Così pure la garanzia della libertà di educazione ai genitori per i propri figli è un diritto inalienabile, riconosciuto tra l’altro nelle Dichiarazioni internazionali dei diritti umani. Alla stessa stregua, si deve pensare alla tutela sociale dei minori e alla liberazione delle vittime dalle moderne forme di schiavitù (si pensi ad esempio, alla droga e allo sfruttamento della prostituzione). Non può essere esente da questo elenco il diritto alla libertà religiosa e lo sviluppo per un’economia che sia al servizio della persona e del bene comune, nel rispetto della giustizia sociale, del principio di solidarietà umana e di quello di sussidiarietà, secondo il quale «i diritti delle persone, delle famiglie e dei gruppi, e il loro esercizio devono essere riconosciuti». Come non vedere, infine, in questa esemplificazione il grande tema della pace. Una visione irenica e ideologica tende, a volte, a secolarizzare il valore della pace mentre, in altri casi, si cede a un sommario giudizio etico dimenticando la complessità delle ragioni in questione. La pace è sempre «frutto della giustizia ed effetto della carità»; esige il rifiuto radicale e assoluto della violenza e del terrorismo e richiede un impegno costante e vigile da parte di chi ha la responsabilità politica.

Se c’è una legge che innalza ad esempio l’età dell’aborto, portandola a 6 mesi, un cattolico la può sostenere per ridurre il male della legislazione vigente.I valori “non negoziabili” non sono cattolici, ma validi sempre e per tutti, in quanto esseri umani.

III. Principi della dottrina cattolica su laicità e pluralismo

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5. Di fronte a queste problematiche, se è lecito pensare all’utilizzo di una pluralità di metodologie, che rispecchiano sensibilità e culture differenti, nessun fedele tuttavia può appellarsi al principio del pluralismo e dell’autonomia dei laici in politica, favorendo soluzioni che compromettano o che attenuino la salvaguardia delle esigenze etiche fondamentali per il bene comune della società. Non si tratta di per sé di «valori confessionali», poiché tali esigenze etiche sono radicate nell’essere umano e appartengono alla legge morale naturale. Esse non esigono in chi le difende la professione di fede cristiana, anche se la dottrina della Chiesa le conferma e le tutela sempre e dovunque come servizio disinteressato alla verità sull’uomo e al bene comune delle società civili. D’altronde, non si può negare che la politica debba anche riferirsi a principi che sono dotati di valore assoluto proprio perché sono al servizio della dignità della persona e del vero progresso umano. 6. Il richiamo che spesso viene fatto in riferimento alla “laicità” che dovrebbe guidare l’impegno dei cattolici, richiede una chiarificazione non solo terminologica. La promozione secondo coscienza del bene comune della società politica nulla ha a che vedere con il “confessionalismo” o l’intolleranza religiosa. Per la dottrina morale cattolica la laicità intesa come autonomia della sfera civile e politica da quella religiosa ed ecclesiastica - ma non da quella morale - è un valore acquisito e riconosciuto dalla Chiesa e appartiene al patrimonio di civiltà che è stato raggiunto. Giovanni Paolo II ha più volte messo in guardia contro i pericoli derivanti da qualsiasi confusione tra la sfera religiosa e la sfera politica. «Assai delicate sono le situazioni in cui una norma specificamente religiosa diventa, o tende a diventare, legge dello Stato, senza che si tenga in debito conto la distinzione tra le competenze della religione e quelle della società politica. Identificare la legge religiosa con quella civile può effettivamente soffocare la libertà religiosa e, persino, limitare o negare altri inalienabili diritti umani». Tutti i fedeli sono ben consapevoli che gli atti specificamente religiosi (professione della fede, adempimento degli atti di culto e dei Sacramenti, dottrine teologiche, comunicazioni reciproche tra le autorità religiose e i fedeli, ecc.) restano fuori dalle competenze dello Stato, il quale né deve intromettersi né può in modo alcuno esigerli o impedirli, salve esigenze fondate di ordine pubblico. Il riconoscimento dei diritti civili e politici e l’erogazione dei pubblici servizi non possono restare condizionati a convinzioni o prestazioni di natura religiosa da parte dei cittadini. Questione completamente diversa è il diritto-dovere dei cittadini cattolici, come di tutti gli altri cittadini, di cercare sinceramente la verità e di promuovere e difendere con mezzi leciti le verità morali riguardanti la vita sociale, la giustizia, la libertà, il rispetto della vita e degli altri diritti della persona. Il fatto che alcune di queste verità siano anche insegnate dalla Chiesa non diminuisce la legittimità civile e la “laicità” dell’impegno di coloro che in esse si riconoscono, indipendentemente dal ruolo che la ricerca razionale e la conferma procedente dalla fede abbiano svolto nel loro riconoscimento da parte di ogni singolo cittadino. La “laicità”, infatti, indica in primo luogo l’atteggiamento di chi rispetta le verità che scaturiscono dalla conoscenza naturale sull’uomo che vive in società, anche se tali verità siano nello stesso tempo insegnate da una religione specifica, poiché la verità è una . Sarebbe un errore confondere la giusta autonomia che i cattolici in politica debbono assumere con la rivendicazione di un principio che prescinde dall’insegnamento morale e sociale della Chiesa. Con il suo intervento in questo ambito, il Magistero della Chiesa non vuole esercitare un potere politico né eliminare la libertà d’opinione dei cattolici su questioni contingenti. Esso intende invece — come è suo proprio compito — istruire e illuminare la coscienza dei fedeli, soprattutto di quanti si dedicano all’impegno nella vita politica, perché il loro agire sia sempre al servizio della promozione integrale della persona e del bene comune. L’insegnamento sociale della Chiesa non è un’intromissione nel governo dei singoli Paesi. Pone certamente un dovere morale di coerenza per i fedeli laici, interiore alla loro coscienza, che è unica e unitaria. «Nella loro esistenza non possono esserci due vite parallele: da una parte, la vita cosiddetta “spirituale”, con i suoi valori e con le sue esigenze; e dall’altra, la vita cosiddetta “secolare”, ossia la vita di famiglia, di lavoro, dei rapporti sociali, dell’impegno politico e della cultura. Il tralcio, radicato nella vite che è Cristo, porta i suoi frutti in ogni settore dell’attività e dell’esistenza. (…)Nelle società democratiche tutte le proposte sono discusse e vagliate liberamente. Coloro che in nome del rispetto della coscienza individuale volessero vedere nel dovere morale dei cristiani di essere coerenti con la propria coscienza un segno per squalificarli politicamente, negando loro la legittimità di agire in

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politica coerentemente alle proprie convinzioni riguardanti il bene comune, incorrerebbero in una forma di intollerante laicismo. In questa prospettiva, infatti, si vuole negare non solo ogni rilevanza politica e culturale della fede cristiana, ma perfino la stessa possibilità di un’etica naturale. Se così fosse, si aprirebbe la strada ad un’anarchia morale che non potrebbe mai identificarsi con nessuna forma di legittimo pluralismo. La sopraffazione del più forte sul debole sarebbe la conseguenza ovvia di questa impostazione. La marginalizzazione del Cristianesimo, d’altronde, non potrebbe giovare al futuro progettuale di una società e alla concordia tra i popoli, ed anzi insidierebbe gli stessi fondamenti spirituali e culturali della civiltà.

Papa Francesco ha espresso la sua perplessità sull’espressione “valori non negoziabili” poiché tutti i valori sono non negoziabili. Oggi è abbastanza equivoca. Come dire “natura” e dover spiegare che non è la flora, né il creato, né lo stato originario ma va intesa in senso metafisico…Inoltre è stata un po’ strumentalizzata.Se il principio è non negoziabile, la sua tradizione concreta lo è per forza di cose. Anzi: il dibattito democratico è proprio su COME difendere certi valori, come attuare cioè strategie e politiche in favore di essi. Qui c’è lo spazio per discutere.La Chiesa non intende imporre le proprie posizioni, ma difendere il valore dell’umano entrando nella discussione pubblica.

IV. Considerazioni su aspetti particolari 7. È avvenuto in recenti circostanze che anche all’interno di alcune associazioni o organizzazioni di ispirazione cattolica, siano emersi orientamenti a sostegno di forze e movimenti politici che su questioni etiche fondamentali hanno espresso posizioni contrarie all’insegnamento morale e sociale della Chiesa. Tali scelte e condivisioni, essendo in contraddizione con principi basilari della coscienza cristiana, non sono compatibili con l’appartenenza ad associazioni o organizzazioni che si definiscono cattoliche. (…) La fede in Gesù Cristo che ha definito se stesso «la via, la verità e la vita» (Gv 14,6) chiede ai cristiani lo sforzo per inoltrarsi con maggior impegno nella costruzione di una cultura che, ispirata al Vangelo, riproponga il patrimonio di valori e contenuti della Tradizione cattolica. La necessità di presentare in termini culturali moderni il frutto dell’eredità spirituale, intellettuale e morale del cattolicesimo appare oggi carico di un’urgenza non procrastinabile, anche per evitare il rischio di una diaspora culturale dei cattolici. (…) Nello stesso tempo, la Chiesa insegna che non esiste autentica libertà senza la verità. «Verità e libertà o si coniugano insieme o insieme miseramente periscono», ha scritto Giovanni Paolo II. In una società dove la verità non viene prospettata e non si cerca di raggiungerla, viene debilitata anche ogni forma di esercizio autentico di libertà, aprendo la via ad un libertinismo e individualismo, dannosi alla tutela del bene della persona e della società intera. 8…A questo proposito è bene ricordare una verità che non sempre oggi viene percepita o formulata esattamente nell’opinione pubblica corrente: il diritto alla libertà di coscienza e in special modo alla libertà religiosa, proclamato dalla Dichiarazione Dignitatis humanae del Concilio Vaticano II, si fonda sulla dignità ontologica della persona umana, e in nessun modo su di una inesistente uguaglianza tra le religioni e tra i sistemi culturali umani. In questa linea il Papa Paolo VI ha affermato che «il Concilio, in nessun modo, fonda questo diritto alla libertà religiosa sul fatto che tutte le religioni, e tutte le dottrine, anche erronee, avrebbero un valore più o meno uguale; lo fonda invece sulla dignità della persona umana, la quale esige di non essere sottoposta a costrizioni esteriori che tendono ad opprimere la coscienza nella ricerca della vera religione e nell’adesione ad essa».[29] L’affermazione della libertà di coscienza e della libertà religiosa non contraddice quindi affatto la condanna dell’indifferentismo e del relativismo religioso da parte della dottrina cattolica,[30] anzi con essa è pienamente coerente.

Lo diceva anche Benedetto XVI nel messaggio all’Università Urbaniana già visto.

V. Conclusione

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9. Gli orientamenti contenuti nella presenta Nota intendono illuminare uno dei più importanti aspetti dell’unità di vita del cristiano: la coerenza tra fede e vita, tra vangelo e cultura, richiamata dal Concilio Vaticano II. Esso esorta i fedeli a «compiere fedelmente i propri doveri terreni, facendosi guidare dallo spirito del vangelo. Sbagliano coloro che, sapendo che qui noi non abbiamo una cittadinanza stabile ma che cerchiamo quella futura, pensano di poter per questo trascurare i propri doveri terreni, e non riflettono che invece proprio la fede li obbliga ancora di più a compierli, secondo la vocazione di ciascuno». Siano desiderosi i fedeli «di poter esplicare tutte le loro attività terrene, unificando gli sforzi umani, domestici, professionali, scientifici e tecnici in una sola sintesi vitale insieme con i beni religiosi, sotto la cui altissima direzione tutto viene coordinato a gloria di Dio».

Roma, dalla sede della Congregazione per la Dottrina della Fede, il 24 novembre 2002, Solennità di N.S. Gesù Cristo Re dell’Universo.

+ JOSEPH CARD. RATZINGERPrefetto

Amartya Sen ha sempre voluto evitare le caratteristiche della persona che vanno difese, per non correre il rischio che altre apparissero secondarie o trascurabili. Così si può dire dei valori morali.Come esiste una gerarchia delle verità, così potrebbe essere per i valori morali.

Il documento centra la questione della necessità di essere coerenti nella vita pratica con la fede che si professa nei luoghi di culto.

Il cambiamento linguistico accompagna sempre il cambiamento sociale. Così si parla di IVG e non di aborto. Come pure si strumentalizzano casi umani che possano coinvolgere la emotività del pubblico.Ad esempio il caso di Eluana Englaro.

Attenzione a usare espressioni che possano dividere. Famiglia naturale e famiglia tradizionale: la seconda si presta senz’altro a esser strumentalizzata, ma la prima esprime una verità che spesso oggi è rifiutata per partito preso. Bisognerebbe forse trovare una espressione di pari significato ma di differente percezione, tali da non genere immediata divisione.

PROGRAMMA D’ESAME

Casazza F., “Libertà religiosa e laicità”Casazza F., “Il dito sul sole”

Silvestri G., “La religione nello spazio pubblico”B XVI, Messaggio alla pontificia università Urbaniana (21 ottobre 2014)Compendio Dottrina Sociale della Chiesa, 571-574Nota della Congregazione Dottrina della Fede sulla politica

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G. SILVESTRI, “La religione nello spazio pubblico”Aggiornamenti sociali 66 (2015) 3, 196-207

Citazione nel testo:

Autore: maiuscolettoTitolo articolo: corpo del testo normale, tra virgolette (o corsivo)Titolo rivista: corsivo (o corpo del testo normale, tra virgolette)66: numero dell’annata della rivista(2015): anno di edizione3: fascicolo della rivista (terzo dell’anno)196-207: numero delle pagine

In bibliografia: Silvestri, G. se è rivista, indico anche le pagine dell’estrattose è un libro, non indico più le pagine esaminate

Dott. = abbreviazione, quindi col “.”Dr = sigla, più breve e senza “.”

Gaetano Silvestri, giurista e presidente emerito della Corte Costituzionale (organo che vaglia la conformità o meno delle leggi alla Costituzione; a essa si rivolgono i giudici o il parlamento ma non i cittadini).

La Costituzione è il nucleo di principi e regole che definiscono la convivenza in un Paese e ne esprimono i valori. Il problema di oggi è il pluralismo, fatto che si collega alla libertà religiosa. Nel ‘500 nascono gli stati nazionali svincolati dalla legittimazione religiosa: laicità.La libertà religiosa è una libertà fondamentale e non può esser limitata dalle leggi se non per permettere il bilanciamento con altri diritti fondamentali.Per Silvestri bisognerebbe dire “stato a-confessionale” piuttosto che “laico”.L’esercizio della libertà religiosa deve esser non solo permesso ma tutelato e sostenuto in ogni formazione sociale.Limiti: riti vs valori costituzionali e buon costume.

Bisogna distinguere luoghi pubblici sociali e istituzionali. Non per diversa tutela o diversa libertà di esercizio del culto, ma per evitare che l’esercizio del culto sia riferito a una istituzione in quanto tale: quel certo culto non deve essere attribuibile all’istituzione repubblicana.

La famiglia – gli studenti della scuola secondaria superiore esercitano personalmente il diritto di avvalersi dell’IRC. È il ragazzo che deve scegliere, fermo restando il diritto dei genitori a educare i figli formandone la coscienza religiosa, ma senza imposizioni.

Esposizione pubblica di simboli religiosi – la Corte Costituzionale Italiana sul crocifisso ha detto che la questione era inammissibile poiché le norme in oggetto erano disposizioni sull’arredo scolastico e non leggi. Mentre la Grande Chambre di Strasburgo ha detto: ogni stato si regoli da sé.

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Ci sono 3 posizioni: MURO BIANCO – non c’è più niente (è la più semplice).MURO TRADIZIONALE – c’è solo il crocifissoMURO BAROCCO – ci sono tutti i simboli che si vogliono appendere

Silvestri contesta Strasburgo (il + segno culturale di amore universale) dicendo che può dar fastidio ai cattolici (è riduttivo!) e alla repubblica (+ // bandiera).Ma occorre tenere conto delle circostanze considerandole con prudenza (“porro videns” - “veder lontano”, secondo Isidoro di Siviglia): da oltre un secolo ci sono i crocifissi in aula. Difficilmente una massiccia operazione di sgombero non risulterebbe espressione di ostilità.Propone che ogni scuola decida con votazione segreta e per unanimità. I cattolici rinuncino a leggi che impongono il + a scuola, mentre i laici rinuncino alla “rimozione a ogni costo”.Il problema è la rimozione (nelle scuole nuove si può anche omettere) per il rispetto del diritto fondamentale di libertà religiosa, per cui la votazione deve essere unanime: forse rimanda alla distinzione tra laico/a-confessionale e propone l’unanimità proprio perché sa che non è raggiungibile e dunque è una strada per avere i vari simboli (meglio che nessuno).

Velo – il divieto francese del velo vilerebbe il diritto alla identità personale di cui la confessione è parte. Ma rispettando la legge del 1977 vs “travisamenti” (travestimenti). Per cui vieto il burqa (copertura totale) ma non veli parziali (anche solo gli occhi vanno bene – punto da verificare, NdR)Non si può imporre un certo abbigliamento al singolo alunno frequentante.

Art. 8 comma 1 – tutte le confessioni religiose sono egualmente libere davanti alla legge. Ma così proprio non è: ci sono ancora culti ammessi e no (fascista).Manca una legge sulla libertà religiosa. Mentre la chiesa cattolica e lo stato sono in rapporto secondo i Patti Lateranensi (con il Concordato rivisto nel 1984) e quindi non serve intesa, occorrono intese per le diverse confessioni e religioni (mancano gli islamici: chi li rappresenta?)

LIMITI (per Casazza): non ammettere il crocifisso nelle scuole nuove – unanimità impraticabile

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DISCORSO DEL PAPA A MATTARELLA

Patti Lateranensi e revisione del Concordato (1984) offrono un solido quadro di riferimento. Hanno garantito sovranità e indipendenza reciproca, orientando però fattivamente la collaborazione per il bene comune, senza confondere ruoli e prerogative.Lo stato garantisce spazi di libertà per la chiesa e la chiesa collabora nell’affrontare le urgenze sociali e favorire la stabilità. La reciproca autonomia esalta la comune responsabilità: mai mescolare le cose!--Non si può isolare la religione nel privato della coscienza--Attenzione al lavoro per il rapporto con la dignità della persona--Cura dell’ambiente: in vista dell’enciclica di papa Francesco

Sabato 18.04.2015Visita di Stato a Sua Santità il Papa Francesco di S.E. il Signor Sergio Mattarella, Presidente della Repubblica Italiana

Discorso del Santo PadreSignor Presidente,Le sono grato per la Sua visita, che Ella compie a soli due mesi da quando i Rappresentanti del Popolo italiano L’hanno eletta alla più alta magistratura dello Stato. Tale gesto manifesta le eccellenti relazioni tra la Santa Sede e l’Italia e si pone in continuità con le visite effettuate dal Suo immediato Predecessore e con una ormai lunga tradizione, che, in particolare dal periodo conciliare, vede infittirsi le occasioni d’incontro tra le supreme Autorità civili italiane e quelle della Chiesa universale.I Patti Lateranensi, recepiti dalla Carta Costituzionale repubblicana, e l’Accordo di Revisione dei medesimi hanno offerto un solido quadro di riferimento, all’interno del quale si sono pacificamente sviluppati e rafforzati i rapporti tra l’Italia e la Santa Sede, garantendo la reciproca sovranità e indipendenza e al tempo stesso il mutuo orientamento alla fattiva collaborazione, sulla base di valori condivisi e in vista del bene comune.È fondamentale infatti che, nella distinzione dei ruoli e delle competenze e nel pieno rispetto delle reciproche funzioni, sia sempre sentita la necessità di una rinnovata collaborazione, finalizzata ad unire le forze per il bene di tutti i cittadini, che hanno il diritto a tale concordia, da cui derivano innumerevoli benefici.La Chiesa offre a tutti la bellezza del Vangelo e del suo messaggio di salvezza, e ha bisogno, per svolgere la sua missione spirituale, di condizioni di pace e tranquillità, che solo i pubblici poteri possono promuovere.

D’altro canto, questi ultimi, a cui primariamente spetta di predisporre le condizioni di uno sviluppo equo e sostenibile affinché la società civile dispieghi tutte le sue potenzialità, trovano nell’impegno e nella leale collaborazione della Chiesa un valido e utile sostegno per la loro azione. La reciproca autonomia infatti non fa venir meno ma esalta la comune responsabilità per l’essere umano concreto e per le esigenze spirituali e materiali della comunità, che tutti abbiamo il compito di servire con umiltà e dedizione.Ne deriva che un sano pluralismo non si chiuderà allo specifico apporto offerto dalle varie componenti ideali e religiose che compongono la società, purché naturalmente esse accolgano i fondamentali principi che presiedono alla vita civile e non strumentalizzino o distorcano le loro credenze a fini di violenza e sopraffazione. In altre parole, lo sviluppo ordinato di una civile società pluralistica postula che non si pretenda di confinare l’autentico spirito religioso nella sola intimità della coscienza, ma che si riconosca anche il suo ruolo significativo nella costruzione della società, legittimando il valido apporto che esso può offrire.

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La storia dell’Italia mostra chiaramente quanto sia grande il contributo del Cristianesimo alla sua cultura e al carattere della sua popolazione, quanto la fede cristiana abbia permeato l’arte, l’architettura e il costume del Paese. La fede si è trasformata in opere e queste in istituzioni, fino a dare volto ad una storia peculiare e a modellare pressoché tutti gli aspetti della vita, a partire dalla famiglia, primo e indispensabile baluardo di solidarietà e scuola di valori, che va aiutata a svolgere la sua insostituibile funzione sociale quale luogo fondamentale di crescita della persona.Signor Presidente, tra i diversi beni necessari allo sviluppo di ogni collettività, il lavoro si distingue per il suo legame con la stessa dignità delle persone, con la possibilità di costruire un’esistenza dignitosa e libera. In special modo, la carenza di lavoro per i giovani diventa un grido di dolore che interpella i pubblici poteri, le organizzazioni intermedie, gli imprenditori privati e la comunità ecclesiale, perché si compia ogni sforzo per porvi rimedio, dando alla soluzione di questo problema la giusta priorità. Nella disponibilità del lavoro risiede infatti la stessa disponibilità di dignità e di futuro.Per un’ordinata crescita della società è indispensabile che le giovani generazioni, tramite il lavoro, abbiano la possibilità di progettare con serenità il loro futuro, affrancandosi dalla precarietà e dal rischio di cedere a ingannevoli e pericolose tentazioni. Tutti coloro che detengono posizioni di speciale responsabilità hanno perciò il compito primario di affrontare con coraggio, creatività e generosità questo problema.Un altro ambito che richiede oggi particolare attenzione da parte di tutti è la cura dell’ambiente. Per cercare di alleviare i crescenti squilibri ed inquinamenti, che a volte provocano veri e propri disastri ambientali, occorre acquisire piena consapevolezza degli effetti dei nostri comportamenti sul creato, che sono strettamente connessi al modo con cui l’uomo considera e tratta sé stesso (cfr Benedetto XVI, Lett. enc. Caritas in veritate, 51).Tra pochi giorni si aprirà a Milano l’Esposizione Universale, che ha come tema: “Nutrire il pianeta. Energie per la vita”. L’evento dell’Expo sarà un’importante occasione in cui verranno presentate le più moderne tecnologie necessarie a garantire cibo sano, sicuro e sufficiente per tutti i popoli, nel rispetto dell’ambiente. Possa esso contribuire anche ad approfondire la riflessione sulle cause del degrado ambientale, in modo da fornire alle autorità competenti un quadro di conoscenze ed esperienze indispensabile per adottare decisioni efficaci e preservare la salute del pianeta che Dio ha affidato alla cura del genere umano.Desidero, infine, esprimere la mia gratitudine per l’impegno che l’Italia sta profondendo per accogliere i numerosi migranti che, a rischio della vita, chiedono accoglienza. E’ evidente che le proporzioni del fenomeno richiedono un coinvolgimento molto più ampio. Non dobbiamo stancarci nel sollecitare un impegno più esteso a livello europeo e internazionale.Signor Presidente, nel formularLe il mio più cordiale augurio per l’assolvimento del Suo alto compito, auspico che l’Italia, facendo tesoro delle sue nobili tradizioni e della sua cultura largamente ispirata dalla fede cristiana, possa progredire e prosperare nella concordia, offrendo il suo prezioso contributo alla pace e alla giustizia nel mondo.Dio protegga l’Italia ed ogni suo abitante.

Saluto del Cardinale Segretario di StatoSignor Presidente,Ho l’onore di salutarLa rispettosamente e cordialmente, e di presentarLe i Capi delle Missioni Diplomatiche accreditate presso la Santa Sede. Essi, consapevoli dell’importante momento, Le porgono per mio tramite il più sentito benvenuto e desiderano formularLe i sensi della loro considerazione per il nobile ed elevato servizio al quale solo poco più di due mesi fa Ella è stata chiamata.Mi permetta, Signor Presidente, un breve sguardo al passato che induca a qualche utile riflessione. Un secolo fa l’Italia fu coinvolta nel primo grande conflitto mondiale del XX secolo. Fu un’esperienza tremenda. Papa Benedetto XV la definì “inutile strage”. L’evento, pur tragico, vide la Chiesa e i cattolici italiani adoperarsi in modo fattivo e solidale per allievare le funeste condizioni in cui la Nazione si era venuta a trovare. L’aiuto pervenne a tutti, indistintamente: feriti, invalidi, vedove e orfani. Non mancarono esempi di eroismo, di vera condivisione e di partecipata sofferenza da parte dei sacerdoti e dei religiosi che accompagnavano i militi ricordo tra questi Don Angelo Giuseppe Roncalli, futuro Papa Giovanni

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XXIII ora Santo, che svolse il suo servizio nel Corpo sanitario militare – nonché delle religiose che li assistevano nella convalescenza. Non pochi cappellani persero la vita proprio al fronte e nelle trincee. Fu certamente una drammatica esperienza dalla quale però lo spirito cristiano emerse, quasi naturalmente, come elemento di solidarietà e di coesione. Quelle esperienze contribuirono al riavvicinamento tra la Chiesa e lo Stato così che fu possibile, attraverso anche più articolati colloqui, giungere dopo circa un decennio alla stipula del Concordato Lateranense e del Trattato del Laterano. Il primo definì la condizione giuridica della Chiesa in Italia, e il secondo diede vita allo Stato della Città del Vaticano e garantì alla Santa Sede l’esercizio della sua missione nel mondo. A cento anni di distanza da quegli eventi non mancano motivi di profonda apprensione per la sofferenza di non poche popolazioni del mondo, ferite da instabilità sociale e da guerre cruente. Di fronte a tali scenari, spesso drammatici, è utile richiamare alla memoria il felice percorso compiuto tra noi in questo secolo e lasciarcene ammaestrare: è utile tornare ad ispirarci a quella Carità fattiva, che per noi ha il volto di Cristo, in forza della quale le braccia si sono aperte, con intelligenza e lungimiranza, verso tutti, senza distinzioni, è rinata la stima tra coloro che erano avversari, è sorta la volontà di riconciliarsi, di stabilire buone relazioni e di dar vita ad una collaborazione per il bene dei singoli e della comunità tutta. Chiesa e Stato, lo sappiamo, operano per i propri fini con i mezzi che sono loro consoni, ma entrambi vogliono cooperare per il bene della persona e della società. Sono certo che questo modello è oggi guardato con interesse sempre più vivo anche oltre i confini italiani. E ciò avviene pure attraverso la preziosa e competente testimonianza dei Rappresentanti diplomatici degli Stati e delle Organizzazioni Internazionali presso la Santa Sede.Anche nell’ambito culturale, forse uno dei più rappresentativi delle intime connessioni che intercorrono tra la Chiesa e l’Italia, si manifesta con particolare evidenza il contributo che la fede cristiana può offrire ai popoli del mondo. Ricorre quest’anno il 750° anniversario della nascita di Dante Alighieri, tra i massimi esponenti della lingua e della letteratura italiana. L’Alighieri espresse le sue altissime doti di intelligenza, cultura e fede fino a concepire la Commedia, un monumento della produzione letteraria italiana. In essa Dante, libero da ogni committenza ecclesiastica ma ancorato a una solida fede, ha affrontato i massimi temi della vita dell’uomo e li ha intrecciati alla realtà. Per il Dante della Commedia, è stato detto, la felicità del singolo non si può disgiungere da quella degli altri, sia su questa terra, sia nella destinazione che la vita umana ha in quella eterna. E del resto, il suo stesso impegno per la polis fiorentina è vissuto con profondo amore per la città che gli diede i natali, ma senza che questo si muti in un municipalismo egoista ed autoreferenziale. Anche il suo rapporto con il Papato è stato sofferto ma ben consapevole della posta in gioco. Molto si potrebbe ancora dire del sommo Poeta, ma tanto basta per assicurare, se ce ne fosse bisogno, che la fede cristiana trasforma le persone e le rende più umane e sa immettere nelle opere un messaggio universale, accessibile e apprezzabile da tanti, rendendo così più civile il consorzio umano. Ed anche qui, nell’ambito culturale, questo Eccellentissimo Corpo Diplomatico che, per la ristrettezza del territorio vaticano risiede in Italia, gode, riflette e fa propri i tesori di vera bellezza artistica e culturale, espressione anche delle fede cristiana, che impreziosiscono ogni angolo d’Italia.Signor Presidente,Sappiamo che le responsabilità di chi regge nel grado massimo la cosa pubblica non sono lievi, ma chi crede sa pure che non mancano mai celesti ed adeguati ausili alle funzioni che si ricoprono: a nome del Corpo Diplomatico accreditato presso la Santa Sede e mio personale, auguri dunque per la sua Missione e grazie per questa Sua visita in Vaticano!

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http://bordeaux.catholique.fr/vie-du-diocese/mgr-ricard/catecheses/mais-de-quelle-laicite-parle-t-on

Mais de quelle laïcité parle-t-on ?Réflexion du cardinal Jean-Pierre Ricard, publiée dans le numéro d'Avril 2015 du journal Église catholique en Gironde.

Hommes politiques et médias reparlent beaucoup de laïcité ces temps-ci, et souvent de façon combative. À côté de la liberté, de l’égalité et de la fraternité, elle devient pour certains le quatrième pilier de notre vie républicaine. On veut l’étendre à tous les secteurs de l’espace public. On somme les religions de la respecter. On souhaite la promouvoir de façon plus convaincante dans tout notre système éducatif. Mais de quelle laïcité parle-t-on ? Le mot lui-même est susceptible de compréhensions très différentes. Certaines sont compatibles avec une approche chrétienne de l’homme et de la société, d’autres pas.

LA NEUTRALITÉ DE L’ÉTATNous trouvons l’adjectif laïque comme un qualificatif donné à la République française dans la Constitution de 1958. À l’article 2, il est dit : « La France est une République indivisible, laïque, démocratique et sociale. Elle assure l’égalité devant la loi de tous les citoyens sans distinction d’origine, de race ou de religion. Elle respecte toutes les croyances ». La laïcité de la République désigne la neutralité de l’État et son indépendance vis-à-vis des fois religieuses et des convictions philosophiques. Laïc, l’État n’est inféodé à aucune religion, ce qui ne veut pas dire qu’il n’a pas de relations avec elles. Cette laïcité est une laïcité de respect. Aucun citoyen ne doit être discriminé à cause de sa croyance ou de sa religion. C’est pour respecter cette diversité de convictions ou de croyances que les fonctionnaires de l’État respecteront cette neutralité et veilleront à ne pas manifester sur leur lieu de travail leur propre appartenance.« Si l’État est laïc, la société française ne l’est pas. Elle est diverse, pluraliste, traversée par de multiples courants de pensée. »Cette neutralité se vit en France (sauf dans les départements concordataires d’Alsace-Moselle) selon les principes de la loi de séparation des Églises et de l’État de 1905. Relisons en particulier ses deux premiers articles :Article premier :La République assure la liberté de conscience. Elle garantit le libre exercice des cultes sous les seules restrictions édictées ci-après dans l’intérêt de l’ordre public.Article 2 :La République ne reconnaît, ne salarie ni ne subventionne aucun culte.Si les religions en France ne sont plus de droit public, la mission de la République n’en est pas moins d’assurer la liberté de conscience, la liberté de religion et de garantir aux religions leur expression publique. En effet, la loi parle bien de « culte » et non pas simplement de convictions personnelles. La seule restriction que met la loi à l’expression publique des religions est le risque de trouble à l’ordre public.UNE LAÏCITÉ DE PEUR ET DE DÉFIANCEOr, nous voyons aujourd’hui s’exprimer une autre conception de la laïcité. Réactivant un vieux laïcisme de combat qui s’était exprimé lors de la Troisième République contre l’Église catholique, un certain nombre de partisans de cette laïcité militante demandent l’exclusion des religions et des expressions religieuses de « l’espace public ». Pour eux, les religions sont souvent synonymes de fanatisme, de volonté de puissance et de violence. À défaut de les voir disparaître, ils veulent les cantonner dans l’espace clos des convictions personnelles et des lieux de culte.

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L’espace public doit être aseptisé, exempt de toute référence religieuse. La moindre manifestation religieuse sera taxée de « prosélytisme ». La République ne connaîtra que des citoyens dont on ne veut pas prendre en compte l’appartenance religieuse éventuelle. Parfois, on militera pour aider ce citoyen à prendre des distances vis-à-vis de sa propre appartenance communautaire. Cette perspective n’était pas absente dans la Charte de la Laïcité que le ministre Vincent Peillon avait élaborée pour les établissements d’enseignement en France.Nous avons eu récemment deux exemples révélateurs de cette exclusion du religieux. Quand des chrétiens coptes ont été décapités en Libye, les responsables français ont tu volontairement cette appartenance chrétienne pour ne parler que de « citoyens égyptiens » ; la RATP à Paris a voulu interdire la mention « Pour les chrétiens d’Orient » sur des affiches annonçant un spectacle en leur faveur, prétextant un respect de la laïcité dans l’espace public, avant de revenir sur cette décision devant le tollé que cette interdiction avait suscité.UNE LAÏCITÉ DE DIALOGUE ET DE RENCONTREDisons-le tout net. Cette laïcité de peur et de défiance n’est pas la nôtre. Notre société n’est pas laïque. Si l’État est laïc, la société française ne l’est pas. Elle est diverse, pluraliste, traversée par de multiples courants de pensée. Chacun a le droit de pouvoir exprimer ses convictions dans le respect de l’ordre public. Pourquoi un défilé syndical, une manifestation des gays et lesbiens seraient vus comme l’expression d’un droit d’expression légitime et pas une manifestation ou une procession religieuse ? Pourquoi le « droit au blasphème » serait-il admis dans l’espace public et non pas l’expression légitime des différentes religions ?Ce n’est pas en voulant exclure les différences et en les renvoyant à l’espace privé des consciences que nos sociétés démocratiques et pluralistes édifieront la fraternité. C’est en facilitant la rencontre, la découverte mutuelle et le dialogue qu’elles y contribueront. Pour moi, la laïcité est ce code de bonne conduite qu’élabore une société pluraliste. Ce code implique liberté de conscience, distinction de la loi religieuse et de la loi civile, volonté de ne pas imposer de façon autoritaire à l’ensemble de la société ses propres convictions religieuses, ajustement de ses propres revendications avec celles des autres. Cette vie ensemble appelle un vrai travail d’édification. C’est un défi. C’est aussi une belle aventure, où chacun est appelé à apporter sa pierre. Et de cette aventure nul n’est exclu.ET L’ISLAM ?Certes, c’est à propos de l’Islam et des différents courants qui traversent les communautés musulmanes que cette laïcité de combat s’est de nouveau exprimée. Il ne s’agit de nier ni les difficultés ni les problèmes. Il faut aider un certain nombre de citoyens français de confession musulmane à s’insérer dans une société démocratique et pluraliste comme celle de la France, une société dans laquelle ce n’est pas l’Islam qui formate la vie sociale. Ce ne sont pas de simples incantations sur la « laïcité » qui y contribueront mais l’apprentissage de ce code de bonne conduite dont je parlais un peu plus haut. Cela ne se fait pas en un jour. N’oublions pas qu’il a fallu près d’un siècle d’ajustement et de jurisprudence pour aboutir à un « modus vivendi » entre la République et l’Église catholique.LES CATHOLIQUES ET LA LAÏCITÉLes catholiques sont respectueux de la laïcité, de cette « saine laïcité » dont parlait, après le pape Pie XII, le pape Jean-Paul II, une laïcité, non de peur et de défiance, mais de dialogue et de respect, une laïcité qui distingue les domaines mais appelle chacun à être acteur de fraternité, non en dépit de sa religion, mais bien au cœur même de sa foi religieuse.† Jean-Pierre cardinal RicardArchevêque de Bordeaux - Évêque de Bazas

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IL DITO SUL SOLE. RELIGIONI E COSTITUZIONE IN MESSICO (F. Casazza)

Introduzione

Il Messico non è solo la patria di Zorro ma una delle economie più in crescita: l’uomo più ricco al mondo è infatti l’imprenditore messicano Carlos Slim Helù, con un patrimonio netto di 74 miliardi di dollari. Se oggi possiamo dire che il Messico è un Paese specchio della cultura occidentale, tuttavia si deve ammettere che l’incontro tra le tradizioni locali e le innovazioni europee non è stato piano e lineare, tanto da giungere a una società profondamente religiosa in una repubblica spesso atea in modo militante. Il Messico è come un “laboratorio” che vive i travagli che il Vecchio Continente già ha vissuto.La struttura: il I capitolo traccia la storia del Messico, il II capitolo illustra i rapporti tra stato e chiesa cattolica, infine il III capitolo analizza le modifiche apportate nel 1992 alla Costituzione del 1917. Il tutto si avvale dell’aiuto e delle testimonianze dell’arcivescovo Gerolamo Prigione, rappresentante pontificio in Messico dal 1979 al 1997.

Si indica come “Messico” quella che in realtà è la federazione degli Stati Uniti Messicani.La Santa Sede è composta dal Romano Pontefice e dagli uffici che provvedono, su suo mandato, al governo della chiesa universale. Lo Stato della Città del Vaticano, creato nel 1929, svolge invece la funzione strumentale di essere il mezzo per garantire alla Santa Sede la libertà e indipendenza necessarie per la missione religiosa. Per cui è la Santa Sede e non lo SCV il soggetto di diritto sovrano che agisce in ambito internazionale con diritto di legazione attiva e passiva (mandare e ricevere ambasciatori).

CAPITOLO 1 – LA STORIA DEL MESSICO

1. La preistoria del Messico e il ruolo della religione

Nell’attuale Messico la presenza umana risale a oltre 20.000 anni fa. Si trattava di una popolazione sedentaria di agricoltori, organizzati sul modello delle città-stato, che dava grande importanza alla religione in relazione al calendario al fine di dominare le forze della natura.Segno dell’importanza della religione è Teotihuacàn, il maggior sito archeologico dell’intero Messico, a 45 km dalla capitale: si tratta di una immensa area sacra, fondata nel I sec. AC, decaduta ben prima dell’arrivo degli spagnoli (XVI sec.) ma sempre venerata come luogo sacro di memorie. Dominata dalla piramide del Sole - a base quadrata di 240 mt, alta come un edificio di 25 piani, tomba monumentale o santuario, con funzione astronomica – il Teotihuacàn (“il luogo degli dei”) è analogo all’Olimpo greco.Non ci sono prove di un collegamento tra Messico ed Egitto per via delle piramidi. Le quali erano costruite in modo diverso: per piani in Egitto, con coperture di collinette terrose artificiali in Messico. Tecnica, questa, assai più semplice ed economica. E che permetteva a ogni imperatore di “ricoprire” il tempio preesistente giungendo a una sorta di serie di “scatole cinesi”, dalle più vecchie interne fino alle più recenti esterne. In cima alla piramide era posto un tempio con due altari su cui ardeva un fuoco perenne e accanto ai quali c’era una pietra per compiere sacrifici umani. Il Messico era ricchissimo di “teocalli” (“case di Dio”), cioè templi cerimoniali in cui si compivano sacrifici umani – che ricerche sul DNA hanno mostrato esser soprattutto di prigionieri

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delle zone occidentali del Messico.Teotihuacàn era anche una delle maggiori città del continente: con 150.000 abitanti, aveva grande potere economico per i giacimenti di ossidiana, una pietra lavica assai tagliente, utile e produrre lame, coltelli e strumenti di lavoro, ma fragile come il vetro (quindi inferiore alle lame d’acciaio dei conquistadores). Dal VII sec. la città declina, o per ribellione di popoli sottomessi o per incendi o carestie.Al Messico si riferisce poi la celebre profezia Maya del 2012 come “fine del mondo”, data che in realtà indicherebbe la fine del “calendario del conto lungo” (iniziato nel 3114 AC e destinato a terminare il 21 dicembre 2012), cui seguirebbe un nuovo inizio (e non a fine del mondo come descritto in tanti libri e film di genere).

2. Gli Aztechi

Ai Maya (III-X sec.) succedono gli Aztechi che, insediatisi nel Messico centrale intorno al XIII sec., assorbono i Maya, poi praticamente scomparsi (tranne poche tribù) dopo l’arrivo degli Spagnoli.La capitale dell’impero azteco era Tenochtitlan che contava circa 2 milioni di abitanti quanto Londra e Roma non superavano i 50.000. Nel XV sec. la città si presentava come Venezia: una città d’acqua con lagune, ponti, canali, e piena di costruzioni sacre. La leggenda vuole che la città sia stata fondata, per ordine della divinità, sul luogo in cui si avvistò un’aquila, su un cactus, intenta a mangiare un serpente (immagine che si trova al centro della bandiera nazionale).L’imperatore – rappresentante di Dio in terra – al tempo di Cortés era Montezuma (II). Erede della capitale è oggi Citta del Messico, immensa metropoli che si estende su un’area di 30x40 km e conta oltre 22 milioni di abitanti, ma che ha perso canali e specchi d’acqua.

3. L’arrivo dei Conquistadores

Nel 1519 Hernàn Cortés guida i suoi soldati alla ricerca di oro e nuove terre, con spirito simile a quello della reconquista di Andalusia, portando la spada ma anche la croce cristiana (e indicando come moschee i templi aztechi!). Trasferitosi a 20 anni a Santo Domingo, Cortés sbarca sul Nuovo Continenti il Venerdì Santo e battezza il luogo d’approdo Veracruz. Da lì inizia una lunga marcia verso la capitale azteca, aggregando migliaia di indios di tribù insofferenti verso l’imperatore. Sono poche centinaia di uomini, con sedici cavalli, qualche cannone e balestra, ma avranno la meglio di un impero immenso grazie allo stupore suscitato dagli equini e per le rivolte interne a un impero così esteso, ma anche perché gli aztechi volevano catturare vivi i nemici per poi sacrificarli e quindi erano meno determinati nel duello.

4. Primi incontri con Montezuma

Tra i seguaci di Cortés c’è un uomo che conosce la lingua maya. Quando incontrano Donna Marina, una indio che conosce lingua maya e azteca, con doppia traduzione sarà possibile comunicare con le diverse tribù e svolgere compiti di vera diplomazia, necessari per evitare uno scontro sconsigliato dalla sproporzione tra le forze in campo.Montezuma, all’epoca di circa 40 anni, forte e valoroso, governa 5/6 milioni di uomini con saggezza. Accoglie Cortés con doni e rispetto. Di lì a poco si scatenerà uno scontro che porterà morte e distruzione. Ma quello che ancora si sa della cultura azteca lo si deve alla Historia general de las cosa de Nueva Espana, una sorta di

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enciclopedia sugli aztechi scritta da fra’ Bernardino de Sahagùn in spagnolo e lingua nahuatl, traslitterata in caratteri latini. Da essa scopriamo molti usi e costumi, come una sorta di “battesimo” per i bambini appena nati e l’arte plumaria (mosaici con piume di uccelli esotici).Cortés viene guardato con rispetto da Montezuma e dai suoi, e scopre cibi allora ignoti – patate, mais, cacao, tacchini, pomodori – senza i quali molti piatti nostrani (la pizza!) non sarebbero possibili.

5. I sacrifici umani

Gli Aztechi catturano vivi i prigionieri di guerra per farne poi sacrifici umani, scorticandoli vivi o eseguendo cannibalismo rituale. La vittima designata era condotta sulla sommità della piramide, al tempio, presso la pietra sacrificale, tenuta ferma e il cuore le era estratto ancora palpitante, poi il corpo esanime veniva gettato dai gradoni della piramide. Non mancano uccisioni legate a riti di passaggio. Si calcolano da 20 a 250 mila vittime all’anno per cui quello azteco è l’impero più sanguinario di sempre. A volte gli stessi guerrieri aztechi si offrono come vittime per ingraziarsi gli dei, le famiglie offrono bambini, l’esercito sacrifica i nemici catturati, le donne si immolano in onore delle dee, il capitano della squadra vincente di pelota si offriva in sacrificio… tutto il sangue viene offerto per alimentare la terra e il sole, mantenendo e rigenerando l’ordine cosmico. Cortés trova inaccettabile tale pratica (altro conto è uccidere in battaglia), ma Montezuma la considera un dovere religioso.Il Templo Mayor, di forma piramidale, si trovava al centro di un’area di 78 edifici cerimoniali, i cui basamenti erano fatti di teschi e ossa. Spesso le teste delle vittime sacrificali, mozzate dai cadaveri, erano impalate come monito. Gli spagnoli edificheranno delle chiese alla sommità di ogni tempio come “riparazione” per tali efferate pratiche.

6. Un equivoco procura l’oro

Nel 1519 era previsto l’arrivo del dio Quetzalcoàtl, un serpente piumato che sarebbe tornato via mare da est e che venne identificato con Cortés e i suoi uomini. Questo “ammorbidisce” l’imperatore, al punto da accettare di esser preso come ostaggio da Cortés che così si fa consegnare tutti i monili e oggetti d’oro dagli aztechi, per poi fonderli in lingotti per il trasporto, asportando una fortuna pari a circa 250 milioni di euro. L’oro viene inviato a Siviglia (una sorta di ministero del commercio spagnolo) e si parla di 1.000 tonnellate d’oro e 16.000 d’argento. Tutta quest’oro – che avrebbe avuto maggior valore, oggi, se si fossero conservate le opere d’arte con esso realizzate – finisce alla corte, ai nobili, nelle chiese e fa della Spagna la domina dei commerci.

7. L’assalto alla capitale

Benché Montezuma avesse capito che, più che un dio, Cortés era un uomo avido e spregiudicato, non si ribella, poiché sa di molte navi giunte da Cuba in Messico. Vengono a chiedere conto a Cortés di una spedizione non autorizzata dalla corona spagnola. Cortés prende tempo promettendo oro a tutti. Quindi torna nella capitale, deciso a far razzia. Nel frattempo però il suo reggente ha massacrato l’élite dei guerrieri locali, creando forti tensioni. Delle quali resta vittima però Montezuma, lapidato dai suoi che lo considerano un traditore. Privo di ostaggio, Cortés decide di andarsene – proteggendo a costo della vita l’oro dell’imperatore quale prezioso salvacondotto presso le autorità spagnole per giustificare la sua impresa di conquista personale – ma nella noche triste (30 giugno 1520) perde gran parte dei suoi uomini in un agguato notturno.

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Cortés sa che non può andarsene a mani vuote, così trasporta sulle montagne l’occorrente per assemblare 12 piccole navi con cui cingere d’assedio, dal mare, la capitale. Aiutato da oltre 8000 indios ribelli, trasporta oltre i valichi la piccola flotta che in breve ha ragione delle minuscole imbarcazioni azteche a difesa della capitale. Comincia un lungo assedio, in cui Cortés riesce vittorioso non solo grazie alla mancanza di cibo e acqua che colpisce gli aztechi asserragliati nella città, ma anche per le malattie infettive che fanno strage di indigeni (morbillo, scarlattina, vaiolo). Il 13 agosto 1521 ebbe termine il lungo assedio, Cortés mise le mani su 60 kg di oro e tutte le sue colpe furono perdonate, finendo a fare il marchese in terra di Spagna.

8. La lotta per l’indipendenza

Con l’arrivo degli spagnoli la popolazione autoctona passa da 20 a 1 milione di persone. Si fondono tre etnie: autoctoni, spagnoli, africani (meticciato).Il Messico resta per tre secoli sotto influenza spagnola, godendo di relativa pace interna ed espansione economica. Mentre l’America del Nord andava affrancandosi dall’Inghilterra, in Messico cresceva il desiderio di indipendenza dalla Spagna. Quando Carlo IV abdica in favore del figlio Ferdinando VII, la Spagna viene invasa dalla Francia e si ha una vacatio imperii che spinge il viceré in Messico a costituire un governo autonomo provvisorio, in attesa del ritorno del sovrano borbonico.Il punto cruciale della lotta per l’indipendenza si ha il 15 settembre 1810 quando il parroco di Dolores pronuncia una infuocata omelia per difendere la nazione da quanti volevano riconsegnarla – di fatto – alla Francia. Raccolti attorno a sé 80.000 uomini, la rivolta fu spenta dall’esercito regolare e il sacerdote fucilato (e la testa esposta come monito, alla maniera azteca!).Venne in seguito applicata la Costituzione di Cadice (1812) che sostituiva al vassallaggio i concetti di cittadinanza ed elezione. Altre sollevazioni spagnole portarono ad altre rivolte in Messico, fino all’indipendenza del 1821, col progetto di una monarchia costituzionale che avrebbe originato il “Primo impero messicano” (1821-23).

9. Primi passi del nuovo stato

Tra il 1821 e il 1850 ci fu una forte instabilità politica con notevoli cambiamenti istituzionali. A ciò si aggiunse il conflitto con gli USA nel 1846 per il controllo di estesi territori, concluso nel 1848 con la cessione agli USA di Texas, California, Nevada, Utah, Arizona, New Mexico in cambio di una (modesta) indennità economica.Frattanto si alternavano due visioni di stato: la monarchia costituzionale centralizzata e la repubblica federale di impronta liberale - che ebbe poi la meglio con la Costituzione del 1857.Nel 1859 ci furono le leyes de reforma molto dure vs chiesa: nazionalizzazione di beni religiosi, netta separazione chiesa/stato. Questo scatenò la reazione delle potenze europee che invasero il Messico nel 1861, proclamando nel 1864 il “Secondo impero messicano” (1864-67) retto da Massimiliano d’Asburgo, arciduca d’Austria. Massimiliano non abrogò però le leggi anticattoliche, suscitando la delusione della Santa Sede e la reazione degli USA preoccupati del limitrofo protettorato europeo, per cui, dopo nuovi scontri, Massimiliano venne giustiziato nel 1867 e si proclamò la repubblica.

10. Porfirio Diaz e la rivoluzione

Dal 1887 al 1911 Porfirio Diaz è protagonista della vita politica messicana, unendo crescita

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economica e rigidità politica (che impedisce il boom economico, insieme alla mancata diversificazione per cui si punta sull’esportazione di argento, mercato ormai in calo).Porfirio Diaz vuol modernizzare il Messico, unendo il recupero delle tradizioni e delle antiche glorie azteche all’omogeneizzazione forzata delle diverse etnie e culture, all’insegna del motto “pan o palo”, cioè corruzione (col pane) o eliminazione (col bastone). Regime ideologico (positivista e anticlericale) e pragmatico (non estirpa le tradizioni religiose, non applica norme anticattoliche e la chiesa gli sottomette le nomine).Francisco Madero, leader dell’opposizione, si unisce a Emiliano Zapata (anarchico) e Francisco Villa dello Pancho, scatenando la rivoluzione come movimento non coordinato di bande guerrigliere locali spesso inclini a estorsioni e violenze.Nel 1911 scoppia la ribellione per il malcontento dei campesinos delle campagne: 60/80 mila rivoltosi, con la Madonna di Guadalupe sulle insegne, scatenano una guerriglia che costringe Diaz a rifugiarsi in Francia. Le elezioni vengono vinte da Madero (98%). Introdotto il suffragio universale maschile, Madero rompe con Zapata e Villa, fino a restare ucciso in un tentativo di colpo di stato. L’instabilità successiva porta alla guerra civile (1913), conclusa con la presidenza di Carranza (1919), appoggiato da Wilson.Con Carranza si registra un forte anticlericalismo: si profanano le chiese, si impedisce la celebrazione dei sacramenti… la Costituzione del 1917 trasforma il paese in senso presidenziale e con gli artt. 3 e 130 non riconosce la chiesa come ente di diritto, confisca edifici di culto e proibisce al di fuori di essi attività pastorali.

11. Fino ai giorni nostri

Ucciso anche Carranza nel 1920, segue un periodo di violenza e terrore. Il presidente Plutarco Elias Calles (1924-1928) è fortemente anticlericale e sostiene la creazione di una chiesa nazionale. Al governo sale il Partito Rivoluzionario Istituzionale (PRI), dal 1946 al 2000. Entrati in guerra al fianco degli Alleati, il Messico conosce un periodo di consolidamento ed espansione economico-demografica. Passati per la crisi degli anni Settanta, nel 1992 il presidente Carlos Salinas de Gortari ottiene la riduzione del debito estero, privatizza le imprese pubbliche ma esaspera le disuguaglianze sociali. Nel 1994 scoppia nel Chiapas una rivolta armata, capeggiata dal subcomandante Marcos.Nel 2000 la svolta: dopo 60 anni di governo del PRI, succede Vincente Fox Quesada, conservatore cattolico (Partito Azione Nazionale), che rilancia l’economia con accordi con gli USA.Nel 2006 è la volta di Felipe de Jésus Calderòn Hinojosa, che sconfigge con lo 0,56% di scarto l’avversario del PRI (accusato di brogli) e scatena la lotta al narcotraffico, con migliaia di morti. Nel crocevia del traffico di droga, Ciudad Juarez (la Gomorra messicana), il governo ha investito oltre 200 milioni di dollari, ma con risultati modesti a causa delle endemica corruzione delle forze dell’ordine. Altro problema: l’emigrazione verso gli USA, che contano 27 milioni di residenti regolari + 12 stimati di irregolari. L’instabilità sociale, la corruzione, la presenza di gruppi paramilitari porta il Messico vicino alla definizione di “Stato fallito”, con nuove lotte anche nel 2012, appena eletto il nuovo presidente Enrique Pena Nieto (PRI), lui pure accusato di brogli.Adesso si possono esaminare le vicende dei rapporti stato/chiesa.

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CAPITOLO 2 – LA CHIESA IN MESSICO

1. Dal Cinquecento all’Ottocento: dispute sul patronato

L’impresa di Cortés viene letta come una sorta di rivincita dopo al riforma protestante, per cui il papa appalta l’attività missionaria ai sovrani iberici. La terra è di chi l’ha scoperta – quindi i re spagnoli – cui viene concesso il diritto di nomina alle cariche ecclesiastiche, in cambio del loro impegno a mantenere chiese e ministri di culto. Ogni azione militare dei conquistadores viene così giustificata come azione contro sudditi ribelli e fedeli insubordinati.Contro questa pratica di “scambio” si leva la voce di Bartolomeo de Las Casas (+1566), che mitizzava gli indigeni, giustificando addirittura i sacrifici umani, fino all’ambiguo consiglio di aiutare gli indios con… schiavi africani!Il teologo domenicano Francisco de Vitoria (+1546) smonta il teorema su esposto: il papa non ha giurisdizione civile ma solo pastorale, quindi la donazione compiuta nei confronti dei reali di Spagna è illegittima (CVI: il papa ha giurisdizione spiritual-pastorale sulla chiesa universale).Altro difensore dei diritti degli indios è il beato Juan Palafox y Mendoza (+1659), viceré e arcivescovo di Città del Messico: vietò ogni conversione forzata, pur respingendo i culti ancestrali. Nel 1537 Paolo III stabilisce che gli Indios son veri esseri umani e non possono esser resi schiavi, “invitandoli” però a farsi cattolici. La chiesa procedeva intanto erigendo diocesi. Il primo arcivescovo di Città del Messico fu nel 1530 mons. Juan de Zumàrraga, che incontrerà poi san Juan Diego.

Benché la Costituzione del 1814 dicesse all’art. 1 che il cattolicesimo era l’unica religione ufficiale del Messico, di fatto già nell’Ottocento la chiesa è fatta oggetto di spoliazioni e ingiustizie (// Statuto Albertino, 1848: art. 1 afferma che quella cattolica è la religione ufficiale, ma il risorgimento italiano è anticattolico!), con una pratica anti-cattolica che ispira poi la Costituzione del 1857.Si giunse a questo perché il patronato regio veniva inteso come un diritto regio non solo ad evangelizzare bensì pure a sottomettere la Chiesa, diritto poi trasferito alla repubblica una volta raggiunta l’indipendenza. In tutta risposta, la curia romana cerca di accrescere la presenza e le strutture ecclesiastiche, opponendosi in particolare al sincretismo religioso (venerazione di Santa Muerte).

2. Il ruolo della Vergine di Guadalupe

Il 9 dicembre 1531 l’indio Juan Diego – da poco battezzatosi, ormai vedovo – vede la Madonna sul monte Tepeyac che gli dice di andare dal vescovo per chiedergli una cappella. Mons. Zumàrraga chiede a Juan Diego un segno soprannaturale a conferma di quanto riferitogli e il 12 dicembre – solstizio d’inverno – l’indio trova fiori sulla collina, sbocciati d’inverno. Tornato dal vescovo, apre dinanzi a lui la tilma per consegnarli i fiori, e sul mantello si vede l’immagine della Vergine miracolosamente impressa. Anche se qualcuno ha avanzato dubbi sulla storicità della figura di Juan Diego (come l’arcivescovo Edward Nowak, segretario della congregazione per le cause dei danti), san Giovanni Paolo II ha beatificato e poi canonizzato (2002) il veggente indio. Sta di fatto che Guadalupe, per l’identità nazionale messicana, svolge lo stesso ruolo di Czestochowa per la Polonia.

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Nel 2011, BXVI ha definito la Virgen Morenita Madre e stella dell’evangelizzazione in America, proprio nel bicentenario dell’indipendenza di molti paesi del continente, le cui bandiere hanno sfilato in San Pietro, a conferma del legame tra devozione ed eventi socio-politici. Tanto che GPII ebbe a dire a mons. Prigione: “Il 90% dei messicani è cattolico, ma il 100% è guadalupano!”.

3. Il Novecento e la rivoluzione

Le costituzioni del 1814 e del 1824 ponevano il cattolicesimo in primo piano, mentre quella del 1857 rifiuta il confessionalismo, pur garantendo una certa libertà religiosa, benché mirasse a estromettere la chiesa dalla vita sociale, riducendone l’attività all’interno dei templi. Forse influenzata dalla prosperità degli USA, in cui trionfava il protestantesimo…La Santa Sede riconosce l’indipendenza del Messico nel 1836, con un certo ritardo a causa delle pressioni contrarie della Spagna. Dopo la breve esperienza di Massimiliano d’Asburgo – che pretendeva il diritto regio alla nomina dei vescovi – la chiesa trasferì il proprio nunzio apostolico in Germani nel 1865: da allora in Messico non ci fu più rappresentante pontificio fino al 1992, benché la Santa Sede avesse nominato almeno un visitatore apostolico dal 1896.Nel frattempo, sulla scia della Rerum Novarum, in Messico la chiesa agisce fortemente nel sociale (educazione, malati, orfani), col tacito appoggio di Diaz che confida che tale azione pastorale riesca a pacificare le diverse etnie sempre in tensione. Tale cattolicesimo “sociale” si scontra però con l’ala conservatrice che ha subito le confische di metà Ottocento e vorrebbe una reazione politicamente più incisiva.

La rivoluzione accende opposte speranze: la chiesa ambisce a tornare protagonista – nel sociale oppure con rinnovata alleanza trono-altare, secondo le due anime del partito cattolico (1911-14) -, mentre i radicali sperano di darle il colpo di grazia. Sotto Carranza la persecuzione infuria: si saccheggiano le chiese, si bruciano i confessionali, si sequestrano ministri di culto. Questo non è l’unica causa ma in parte almeno spiega lo spirito anticlericale della Costituzione del 1917 che vieta l’educazione al clero (art. 3), bandisce gli ordini religiosi (art. 5), vieta alla Chiesa il negozio di immobili (art. 27), nega il diritto di voto ai sacerdoti (art. 130). Il presidente si accorge che tali articoli possono scontentare un paese tradizionalmente religioso, ma le modifiche da lui proposte nel 1918 non passano e si dovrà attendere il 1992 per avere la revisione di tali articoli.Nel 1919 la chiesa celebra a Puebla la prima settimana sociale con incontri, relazioni e dibattiti e cerca di inserirsi nel sociale con impegno educativo e assistenziale. Emerge una certa ambiguità: lo stato dipinge la chiesa come strumento di oppressione, ma esalta le tradizioni religiose quali mezzo di coesione sociale. Grazie ai catechismi bilingui, i missionari fanno apprezzare agli indios tutte le loro opere. Ma non mancano le tensioni: nel 1921 scoppia un ordigno nella basilica di Guadalupe, ma la teca con la Tilma resta intatta. Nel 1923 il delegato apostolico viene espulso dal Paese.

4. Gli anni Venti e la “pace” del 1929, fino al CVII.

Crescono le tensioni anticlericali negli anni Venti – si tenta, invano, di dar vita a una chiesa nazionale separata da Roma. Pio XI con la Paterne sane (lettera apostolica, 1926) conforta i fedeli del Messico ma esorta a non coinvolgersi in un partito cattolico, restando pastorale la missione dei sacerdoti. In tutta risposta, il presidente promulga la Ley Calles che rende ancor più oppressiva l’applicazione dell’art. 130, vietando di usare la talare fuori dai templi. Il papa interviene nuovamente con l’enciclica Iniquis afflictisque (1926) in cui afferma chiaramente che

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la Costituzione del 1917 spoglia di ogni onore civile la Chiesa, riducendo i sacerdoti a semplici lavoratori, messicani di nascita, privi di diritti politici e civili, vietando i voti, confiscando i beni ecclesiali, proibendo l’educazione cattolica…Mentre Pio XI auspicava la pace sociale, si scatena invece la rivolta popolare chiamata Cristiada (come il film del 2011 che documenta le imprese dei cristeros, i contadini e popolani rivoltosi che morivano al grido di “Viva Cristo Re!”) dal 1926 al 1928. Solo nel 1929 la situazione si calmò, per l’azione diplomatica della Santa Sede che portò a una tacita tolleranza religiosa e alla ripresa del culto pubblico. Se i vescovi erano in parte esuli e comunque divisi tra chi appoggiava la diplomazia e chi i cristeros, comunque nel 1929 su chiude un triennio di violenza che ha fatto 70.000 morti. La tregua era però effimera: molti dei cristeros che si erano arresi furono fucilati e scoppiò una nuova rivolta. Pio XI interviene con una nuova enciclica, Acerba animi (1932) deplorando il mancato rispetto degli accordi di pace e ammettendo che l’intenzione dello stato era apertamente quella di distruggere la chiesa.

La pace del 1929 era dunque assai precaria, anche perché nel 1934 un emendamento all’art. 3 della costituzione rendeva obbligatoria l’educazione socialista, accrescendo le tensioni. Così Pio XI interviene con una nuova enciclica, Firmissimam constantiam (1937), conosciuta come Nos es muy conocida (terza enciclica in 15 giorni con la Mit Brennender Sorge, contro il nazismo, e la Divini Redemptoris, contro il comunismo). Il papa raccomanda prudenza e attenzione per la questione sociale, esortando a non cedere a tentazioni di violenza o rivoluzione.

Negli anni a seguire la Chiesa segue un impegno anzitutto pastorale, trovandosi però a fare i conti, dopo la rivoluzione cubana del 1959, con un ulteriore anticlericalismo.Il CVII sviluppa i temi del dialogo interreligioso e del confronto, tentando un avvicinamento tra le parti. Nel 1974 un frutto di questa azione è la visita del presidente Alvarez a Paolo VI. La chiesa messicana non mostrò di gradire questa apertura poiché il presidente era ritenuto colpevole dei fatti di sangue del 1971. Ancora, nel 1988 il presidente de Gortari invita alcuni membri dell’episcopato alla sua cerimonia di insediamento (e vanno in parlamento in clergyman!).

5. Giovanni Paolo II e le visite apostoliche

Il primo viaggio fuori dall’Italia di GPII è in Messico e conferma la sua vocazione di “papa pellegrino”. Vi si reca per presiedere l’apertura della conferenza episcopale dell’America Latina, a Puebla, nel gennaio 1979. Ma avrebbe dovuto chiedere il visto turistico e pagare la multa per indossare la talare! Eppure voleva andarci: se lo avessero accolto là, come avrebbe fatto la Polonia comunista a respingerlo, visto che la Polonia aveva relazioni diplomatiche con la Santa Sede, mentre il Messico no?Atterrato a Città del Messico, GPII incrocia il presidente Portillo, atterrato “casualmente” in elicottero presso l’aereo pontificio. Saluta GPII come “Signore” invece che “Santità”, si riferisce alla “sua” chiesa – che lo stato non riconosce! – e spera che tutto sia per il bene della “Umanità”, intesa come espressione di religione laica. E poi gli paga la multa per aver indossato la talare.GPII è colpito dall’entusiasmo dei messicani, esorta ad annunciare il Vangelo e non solo a impegnarsi nel sociale (amore preferenziale per i poveri, ma non esclusivo!). Parla delle “strutture di peccato”. Cinque milioni di persone accompagnano il papa dall’aeroporto alla capitale, cantando “Juan Pablo Segundo, te quiere todo el mundo!”.

Nel 1990 torna in Messico. Avviene la reciproca nomina di due rappresentanti personali, presso il

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papa e presso il presidente, senza lo status di ambasciatori, traendo spunto da quanto già avvenuto con Tito e con Roosevelt. Esorta quindi a non vedere nella chiesa in Messico una nemica e a salvaguardare la libertà religiosa come frutto e garanzia delle altre libertà civili, richiamandosi alla Dignitatis Humanae.

Nel 1993 avviene il terzo viaggio del papa in Messico, per la giornata mondiale della gioventù: chiede scusa per la distruzione delle civiltà precolombiane durante l’evangelizzazione.Nel 1999 firma in Messico l’esortazione apostolica Ecclesia in America.Infine, quinto viaggio, nel 2002 vi si reca per la canonizzazione di Juan Diego. Durante il volo di rientro, migliaia di specchietti riflettono la luce del sole come ultimo saluto a GPII.Infine, nel 2011 un’ampolla con sangue di GPII va in Messico e il presidente Calderòn si reca alla nunziatura apostolica a renderle omaggio (impensabile, fino al 1992!).

6. BXVI e l’impegno sociale della chiesa

Nel 2012 anche BXVI va in Messico. Richiama alla congruenza tra fede e vita, alla necessità di ancorare morale privata e morale pubblica, lodando Dio e servendo i fratelli (promozione umana & evangelizzazione). Disse di capire, per l’entusiasmo dei fedeli, perché GPII diceva di sentirsi “un papa messicano”.

Nel 1993 il card. Ocampo, arcivescovo di Guadalajara fu ucciso con armi da fuoco. Nel 2009 l’episcopato ha consacrato il paese allo Spirito Santo ma restano ancora il traffico d’armi, di droga e di persone, le disuguaglianze economiche, la corruzione e il clientelismo politico. Bisogna affrontare la crisi della legalità, ricostruire il tessuto sociale e recuperare la dimensione etica dell’esistenza.L’episcopato fa autocritica, ma al tempo stesso esprime la consapevolezza che la nazione non si identifica con lo stato. Nel documento per il bicentenario dell’indipendenza, la chiesa richiede un progetto culturale di largo respiro, favorendo l’integrazione tra etnie e culture diverse, promuovendo al dignità della persona. Soprattutto, è chiaro che la libertà religiosa non si può ridurre alla libertà di culto. Bertone nel 2009 ha tenuto una conferenza nel teatro della Repubblica a Querétaro, dove venne firmata la Costituzione del 1917. Fatto impensabile prima del 1992.

CAPITOLO 3 - LA RIFORMA COSTITUZIONALE

1. La strada verso la riforma

La Costituzione del 1917 è l’ambiente giuridico in cui maturano le tensioni tra società politica e organizzazioni spirituali. Se la Carta del 1857 sanciva la separazione stato/chiesa (artt. 5 e 13), misconoscendo però la chiesa de facto tramite soppressione di ordini religiosi e confisca dei beni, quella del 1917 la nega de jure, sul presupposto che il potere civile è sovraordinato a quello ecclesiastico, confinando la dimensione spirituale nella sfera soggettiva. L’art. 130 afferma infatti che “la legge non riconosce personalità alcuna ai raggruppamenti religiosi denominati chiese”.Il culto è ammesso, negli edifici sacri e in famiglia, ma vescovi e sacerdoti divengono una qualsiasi categoria di lavoratori, con alcuni limiti: devono esser messicani, non possono eleggere né essere eletti, non possono indossare la talare fuori dagli edifici di culto, il sacramento del

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matrimonio non ha effetti civili. La religione diviene dunque un fatto privato, il cui libero esercizio è permesso purché secondo le leggi vigenti.L’influsso della ideologia positivistica è evidente. La Chiesa, per evitare ulteriori scontri, accetto il modus vivendi impostole: credere in casa, non credere in strada.

La tensione si allenta con Hurtado (1982-1988) che invia alcuni ministri a un incontro con vescovi messicani per condividere le tensioni dovute alla difficoltà economica del paese, riconoscendo di fatto l’episcopato come mediatore. Su indicazione dello stesso Hurtado, mons. Prigione tentò incontri con la Confederazione dei Lavoratori in Messico e con alcuni maestri delle logge massoniche, nonché col sindacato dei lavoratori nell’educazione (in merito all’art. 3 che assegnava allo stato il monopolio dell’educazione).Altro passo avanti si ha con de Gortari che, nel 1988, invita alcuni vescovi alla sua cerimonia di insediamento e questi si presentano in clergyman! In linea con queste aperture, mons. Prigione coltivò buoni rapporti umani – comprese partite di tennis e bicchieri di vino italiano – guadagnandosi anche critiche per sospetta connivenza col potere (“PRIgione”). Ma il delegato apostolico sapeva che “i nunzi passano, i presidenti passano, e i concordati restano”. Serviva comunque l’appoggio del presidente, poiché la federazione messicana è fortemente centralizzata attorno alla sua figura.Nel 1989 il nuovo vescovo di Querétaro – dove si era firmata la Carta del 1917! – prende possesso della diocesi celebrando nello stadio cittadino, dichiarato per quel giorno “luogo di culto”. Nello stesso anno alcuni esponenti del governo assistono alla riunione della conferenza episcopale messicana.Non è un percorso lineare, però, tanto che il presidente rigetta, nello stesso 1989, alcune proposte di riforma costituzionale avanzate dall’episcopato messicano. Dopo la visita di GPII nel 1990, il presidente Salinas si reca in visita dal papa. Ma non si vedono modifiche reali all’orizzonte.

2. L’anno della svolta e l’articolo 130

Si avverte la necessità di una modifica costituzionale, magari in senso francese (separazione, ma con relazioni diplomatiche).Nel dicembre 1991 avvengono le modifiche tanto attese, promulgate il 28 gennaio 1992. Gli evangelici temevano che i cattolici fossero indebitamente favoriti, mentre alcuni cattolici temevano che questo passo avanti avrebbe ammorbidito la promozione della democrazia da parte ecclesiale.

Se la Carta del 1824 dichiara Dio supremo legislatore, quella del 1857 esprime la separazione liberal-positivista, quella del 1917, all’art. 130, nega di fatto l’indipendenza della chiesa:

- i ministri sono semplici lavoratori- la legge fissa il numero massimo di sacerdoti- i sacerdoti devono esser messicani di nascita- occorre che i ministri siano iscritti in apposito registro

Ai presbiteri sono negati i diritti di elettorato attivo/passivo, il diritto di emettere voti, il diritto di stampa su tematiche politiche (anche per i laici). L’art. 3 dice che l’insegnamento è laico.L’art. 24 proibisce il culto fuori dai templi, mentre l’art. 27 nazionalizza i beni ecclesiastici,

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all’insegna della separazione ostile (//Francia, vs USA).

L’articolo 130 nella sua formula originaria all’esordio non separa ma subordina la chiesa allo stato, riconoscendo un diritto (indebito) di intromissione del potere federale negli affari religiosi, in contrasto col paragrafo successivo che riecheggia il primo emendamento americano dicendo che lo stato non può dettare leggi “stabilendo o proibendo qualsiasi religione”. Il contesto è diverso: in Messico si rafforza il clima anticlericale, negli USA si punta a convivenza operativa.L’art. 130 afferma quindi che il matrimonio è un contratto civile (cosa ovvia, non in contrasto col sacramento), non riconoscendo però valore civile ai matrimoni religiosi (vs Concordato italiano).Poi si nega che le chiese abbiano personalità giuridica, benché de facto le chiese esistano: è come – osserva mons. Prigione –se si volesse negare l’esistenza del sole coprendolo con un dito!Insomma: i ministri di culto sono lavoratori qualsiasi, ma la loro “associazione di categoria” non è riconosciuta. Ancora, si fissano limiti precisi per i sacerdoti: messicani di nascita (anche per il Concordato italiano i parroci sono solo italiani, se no “amministratori parrocchiali”), il numero massimo fissato dallo stato, senza diritti di associazione. In privato sono ministri di culto, in pubblico cittadini “di serie B”. Ancora: senza permesso dello stato non si possono aprire nuovi edifici di culto; i titoli di studio ecclesiastici non hanno alcun valore. Le pubblicazioni confessionali devono esser aliene da riferimenti politici e sociali, sottraendo così alla fede qualsiasi dimensione pubblica.I ministri non possono ereditare (salvo al quarto grado di parentela) per evitare accumulo di beni ecclesiastici. Infatti la rappresentanza pontificia in Messico era “affittata” a un prezzo simbolico da una società immobiliare (cattolica).

Dopo la riforma, l’art. 130 parla del “principio storico della separazione stato/chiesa”, non spiegando se “storico” significa che valga da sempre e per sempre o sia solo un prodotto di una certa tradizione. Una separazione che risente della storia del Messico, il cui federalismo è fortemente centralizzato: l’art. 130 mira a sottrarre il rapporto stato/chiesa alla discrezionalità delle diverse aree, stati, etnie, culture.La svolta è riconoscere la personalità giuridica delle chiese, segnate in apposito registro. Le autorità non interverranno nella vita delle associazioni né fisseranno più il limite del numero di sacerdoti, che potranno pure votare ma NON essere votati. I sacerdoti non possono accedere agli uffici pubblici: disposizione buona, utile per evitare confusioni e ingerenze, ma non è giusto che sia lo stato (e non la chiesa) a stabilirla. Restano in vigore le proibizioni relative ad attività di carattere politico in ambito pastorale o di culto, per il timore dello stato che sorga una “Democrazia cristiana”.Ancora: si proibisce il giuramento, forse in linea con l’ammonimento di Gesù (Mt 5, 37), ma più probabilmente per escludere dal pubblico ogni riferimento religioso (anche in Italia oggi non si giura più davanti a Dio nei tribunali…). Infine, resta la limitazione relativa all’eredità per i ministri di culto.

3. Gli altri articoli riformati

L’art. 3 sull’educazione – nel 1917 era ispirato all’illuminismo positivista vs oscurantismo religioso, mentre nel 1992 si afferma che l’educazione deve essere laica e pertanto aliena da qualsiasi dottrina religiosa (anche nelle scuole cattoliche!), relegando la religione nella sfera privata, secondo la laicità separatista. Pare assurdo che lo stato non possa compiere un’attività - l’educazione religiosa – che invece è lecita per le associazioni autorizzate.

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Viene abolita la parte che nel 1917 impediva de jure a ogni soggetto religioso qualsivoglia educazione su giovani, operai e contadini (incoraggiando l’ipocrisia per cui di fatto si occultavano i simboli religiosi quando si sapeva che una scuola cattolica sarebbe stata ispezionata…). A metà Ottocento l’educazione religiosa era ammessa ovunque, per essere poi ridotta alle sole scuole private a inizio Novecento, quindi sostituita da educazione anti-religiosa (1934-45) e poi laica (1946-1991). Parallelismo con lo scioglimento dell’ACI compiuto dal Fascismo nel 1931 e la risposta di Pio XI nell’enciclica Non abbiamo bisogno in cui denunciava l’intenzione del regime di monopolizzare l’educazione della gioventù.

L’art. 5 – sul voto religioso, impedito perché lesivo della libertà personale: nel 1992 si elimina ogni riferimento religioso, restando la positiva difesa delle libertà personali

L’art. 24 sulla libertà di professare una religione – si omette il limite della professione “nei templi o a domicilio”, riconoscendo la professione pubblica della fede (cosa non ammessa prima: tanto che nel 1989 il vescovo celebra allo stadio perché riconosciuto, per quel solo giorno, “luogo di culto”!). Nel 1992 si dice che gli atti di culto si compiono “ordinariamente” nei templi, mentre al di fuori di essi sottostanno alla legge attuativa.

L’art. 27 sui diritti di proprietà – nel 1917 la chiesa non poteva possedere o trattare alcun immobile e i beni erano confiscati tutti dallo stato. Nel 1992 si riconosce invece il diritto di compra-vendita immobiliare e alla proprietà di beni in ordine alle finalità apostoliche proprie.

4. La legge attuativa del 1992

Riconosciuta la personalità giuridica delle chiese, occorreva una legge che regolasse la materia ed è la legge attuativa del 15 luglio 19992.Si esordisce affermando che lo stato messicano è “laico” e dunque non privilegia alcuna religione, intervenendo nelle manifestazioni religiose nei imiti del rispetto della legge (come nella Costituzione francese).Si precisa che nei documenti di identità non si fa riferimento all’appartenenza religiosa della persona (la Grecia, nel 2001, è l’ultimo paese UE ad essersi adeguata a tale norma).Si abroga la ley Calles del 1926 (interpretazione restrittiva dell’art. 130).Si fissano i requisiti per esser riconosciuti come associazioni religiose in Messico: essersi occupati di propaganda religiosa da almeno 5 anni, avere i beni necessari, gli statuti, astenersi da fini di lucro. Finisce così l’espulsione dalla scena pubblica delle associazioni religiose attive in educazione e assistenza. I ministri possono anche esser stranieri, ma non si devono possedere mezzi di comunicazione se sacerdoti, tranne la stampa (si lede la libertà di espressione), per quanto si possa esser autorizzati a trasmettere celebrazioni per radio o TV.Ancora: i pubblici ufficiali non possono andare a messa (limite eccessivo: in Francia nel 2005 il ministro dell’interno raccomandò ai prefetti di accettare l’invito per le esequie di GPII!). Comunque, il presidente Vincente Fox Quesada nel 2005 ha partecipato alle esequie di GPII esponendo la bandiera a mezz’asta in segno di lutto.

5. La reazione della Chiesa

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Il 13 agosto 1992 la chiesa rilascia una dichiarazione ufficiale definendo “fondamentalmente favorevole” il quadro giuridico delle norme, rilevando alcune ambiguità, invitando il clero a studiare bene le nuove norme. Nel 2002 la conferenza episcopale messicana lamentò ancora i limiti della riforma: la separazione chiesa/stato era spesso intesa come subordinazione, mentre la educazione laica era sovente intesa come antireligiosa, e infine la libertà religiosa era ridotta a libertà di culto.

6. Il regolamento attuativo del 2003

Il regolamento attuativo del 2003 intende facilitare l’applicazione della legge, mitigandola.Si dice che i responsabili delle case di cura e rieducazione devono garantire l’assistenza spirituale ai ricoverati da parte delle associazioni religiose. Non è chiaro se sia un obbligo o una autorizzazione.Vista la difficoltà di destreggiarsi tra la miriade di gruppi, si escludono sodalizi genericamente filantropici, esoterici, parapsicologici.Si ribadisce il divieto di partecipare alle celebrazioni come cariche ufficiali, lasciando libertà al privato cittadino (quindi il sindaco può, ma senza fascia tricolore).Ancora: i programmi ordinari di informazione religiosa non necessitano di esplicita autorizzazione per TV e radio.Le autorità hanno l’obbligo di fare tutto il possibile per creare un clima favorevole alla pacifica coesistenza di individui e religioni. Restano però dei limiti, soprattutto in materia di libertà di espressione: ancora nel 2010 l’arcivescovo di Guadalajara è stato denunciato per aver criticato una legge in favore dei matrimoni omosessuali.

7. La proposta di revisione costituzionale del 2011

Nel dicembre 2011 la camera dei deputati ha approvato il progetto di riforma dell’art. 24 sulla libertà religiosa (> della libertà di culto).In linea con l’art. 18 della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo (ONU, 1948), si riconosce il diritto di scegliere, non scegliere o cambiare religione. Si riconosce il diritto di manifestare la propria credenza in pubblico, purché nel rispetto delle norme vigenti. Inoltre, si riconosce il diritto dei genitori di educare religiosamente i figli.Anche il Senato ha approvato il testo, nel marzo 2012 (bilanciandolo però con l’indicazione, all’art. 40 della Costituzione, che il Messico è repubblica rappresentativa, federale, democratica e laica). Quindi tocca ai singoli stati approvare le modifiche costituzionali.

8. Relazioni diplomatiche

La riforma costituzionale di per sé non comportava il ristabilimento delle relazioni diplomatiche. Il governo avrebbe preferito ristabilire prima quelle, ma Prigione, memore del caso della Turchia, preferì puntare prima sulla riforma legislativa. Anche perché, considerando l’animus profondamente religioso della popolazione, era antistorico che la chiesa non avesse un riconoscimento giuridico.Comunque, il 22 settembre 1992 l’Osservatore Romano diede la notizia del ristabilimento di relazioni diplomatiche tra Messico e Santa Sede. Non mancarono le proteste (bandiere vaticane bruciate davanti alla nunziatura).Si chiede che l’ambasciatore messicano presso la S. Sede non lo sia anche in Italia (per evitare

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confusioni).Mons. Prigione viene ricevuto nel novembre 1992 dal presidente de Gortari, presenta le credenziali, quindi va al monumento dell’indipendenza e firma il registro. Si eseguono l’inno messicano e pontificio. Pochi giorni dopo, il prof. Santana, primo ambasciatore del Messico, viene ricevuto da GPII.Secondo un regolamento stabilito nel congresso di Vienna (1815), il nunzio apostolico è riconosciuto de jure come decano tra gli ambasciatori accreditati presso un certo governo. Benché tale diritto non sia stato riconosciuto dal Messico, la Santa sede indica il proprio nunzio come “apostolico” ma con “*” sull’annuario pontificio a indicare che non ha appunto il riconoscimento del decanato di diritto.

Oggi 179 hanno pieni rapporti con la Santa Sede. Nessun rappresentante pontificio è presente in Arabia Saudita, Afghanistan, Cina (ma in Taiwan c’è un incaricato d’affari!), Corea del Nord e pochi altri. Al termine “concordato” si preferisce oggi “accordo” come cambiamento di prospettiva: non è reciproco controllo ma collaborazione stato/chiesa, ed è meno globale (affidando poi i principi operativi alle trattative tra governo e conferenze episcopali). Sempre ricordando che lo scopo della diplomazia pontificia è anzitutto “difendere e promuovere la libertà religiosa” (Bertone).

Conclusione

Analizzata la riforma costituzionale, si comprende meglio quale paradosso fosse la carta del 1917 che esprimeva una legislazione laicista in un paese che al 90% si dichiara cattolico!Due problemi attuali: la massiccia immigrazione messicana negli Usa minaccia l’identità WASP; il Messico deve ancora fare molta strada verso la libertà e l’uguaglianza. Come il cupolone di San Pietro ricorda a tutti i romani quale poca cosa siano i loro contrasti umani, così si può pensare che la basilica di Guadalupe ispiri l’ideale di una pace superiore, aldilà dei contrasti e dei problemi che segnano il cammino verso la piena libertà religiosa.