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Indice.
1. Introduzione generale. pag. 1
2. Il campionamento dei suoli. pag. 2
2. 1 Modalità di prelevamento dei campioni del suolo
da sottoporre ad analisi secondo le metodiche ufficiali. pag. 3
2. 2 Definizioni. pag. 3
2. 3 Attrezzature. pag. 4
2. 4 Epoca di campionamento pag. 5
2. 5 Zona di campionamento pag. 5
2. 6 Numero e ripartizione dei campioni elementari. pag. 7
2. 7 Tipi di campionamento. pag. 7
2. 8 Profondità di prelevamento. pag. 9
2. 9 Prelievo del campione elementare pag. 10
2. 10 Formazione del campione globale pag. 10
2. 11 Formazione del campione finale pag. 11
2. 12 Condizionamento dei campioni finale pag. 11
3. Le analisi del suolo.
3.1 Interpretazioni delle analisi del suolo. pag. 12
3. 2 Scelta dei parametri analitici pag. 12
3. 3 Metodiche analitiche pag. 13
Allegati:
Etichette;
Verbale di campionamento.
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1. Introduzione generale.
Lo studio e la conoscenza delle caratteristiche del suolo assumono un ruolo molto importante per
fare comprendere agli studenti la sua funzione nel mantenimento della vita nel nostro pianeta.
Questo ruolo era conosciuto fin dall’antichità come testimoniano le credenze delle civiltà
precolombiane dell’America Latina che ritenevano che in origine il corpo umano fosse stato creato
dalla terra e perciò 'terra vivente' (allpa camasca). Questo era un termine usato comunemente per
indicare l'essere umano. All’inizio del Novecento ci furono scienziati del mondo occidentale che si
posero il problema di come produrre beni nel rispetto della salute della terra. Sir Albert Howard,
botanico e agronomo della corona Inglese, condusse in India studi sul metodo di compostaggio
“Indore” sviluppato dai contadini indiani. Nel 1940 pubblicò la sua opera più famosa dove
descriveva il rapporto tra la salute della terra e quella delle piante e degli animali.
Questi riferimenti al passato servono a farci comprendere come la terra sia sempre stata intesa come
un organismo vivente con i suoi meccanismi di mantenimento e di rigenerazione.
Dunque lo studio del suolo in un istituto superiore agrario riveste importanza non solo per l’aspetto
produttivo ma anche per trasferire ai discenti un approccio nuovo alla sua gestione.
Pensiamo solo al ruolo del suolo nella creazione del paesaggio rurale: la regione Toscana con la sua
fama nel mondo ne è l’esempio più significativo.
Altro aspetto significativo della conoscenza del suolo è la prevenzione del dissesto idrogeologico
del territorio che ha ricadute sempre più pesanti sulle comunità locali e comporta enormi costi
economici.
Dedicare una parte della didattica alla conoscenza del suolo assume oggi una rilevanza notevole nel
far crescere negli studenti una nuova coscienza del proprio ruolo professionale.
La stessa scelta di pratiche innovative nella gestione produttiva del suolo (minimum tillage, no
tillage) ha come base la sua precisa conoscenza dal punto di vista fisico, chimico e biologico.
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2. Il campionamento dei suoli.
Il campione di terreno è quella quantità di suolo che deve essere prelevato allo scopo di ottenere
informazioni sulle caratteristiche fisiche, chimiche e biologiche del suolo utili a vari fini tra i quali
la valutazione dei componenti della fertilità. Ne consegue che il metodo di campionamento deve
essere il più possibile rappresentativo di quelle che sono le caratteristiche dell’area campionata. La
metodica di campionamento deve dunque avvenire in maniera estremamente accurata in quanto
possibili errori incidono negativamente sul risultato finale in maniera più consistente di quelli
dovuti alle determinazioni analitiche. Dall’analisi di poche centinaia di grammi di terreno si
ottengono informazioni che vengono poi estese ad una massa di alcune migliaia di tonnellate di
suolo.
Raramente troviamo suoli con caratteristiche omogenee negli strati superficiali e profondi; talvolta
tale variabilità la riscontriamo anche in spazi ristretti. Suoli apparentemente omogenei ad una prima
analisi visiva possono presentare una variabilità notevole a livello di tessitura, struttura, contenuto
di nutrienti e di sostanza organica. Altro aspetto da tenere di conto è che alcune delle caratteristiche
che abbiamo analizzato non si mantengono costanti ma possono subire delle variazioni nel tempo
dovute a pressioni antropiche od ambientali.
Da quanto sopra detto si evince l’importanza di una scelta adeguata dei siti di campionamento ed in
questa esposizione verrà data una particolare attenzione alla caratterizzazione ed individuazione
della zona omogenea di campionamento. Non meno importanti sono la determinazione delle
modalità di campionamento, il numero di campioni prelevati, la localizzazione e la possibile
ripetizione nel tempo dei prelievi. Tutte queste operazioni devono essere svolte in modo adeguato in
considerazione di quella che è la finalità dell’indagine e il grado di accuratezza che si vuole
ottenere.
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2. 1 Modalità di prelevamento dei campioni del suolo da sottoporre ad
analisi secondo le metodiche ufficiali.
Esiste una metodologia ufficiale sul modo in cui si devono prelevare i campioni di terreno da
sottoporre ad analisi. Le prescrizioni a cui ci si attiene sono contenute nel D.M. 13.09.99 “ Metodi
ufficiali di analisi chimica del suolo” approvato dal Ministero delle Politiche Agricole e Forestali.
2.2 Definizioni.
Analisi di caratterizzazione: insieme di determinazioni che portano a definire le proprietà fisiche
e/o chimiche di un campione di suolo.
Zona di campionamento: area di terreno omogenea che viene sottoposta a campionamento e
suddivisa in più unità di campionamento (figura 1).
Unità di campionamento: un’estensione definita di suolo dotata di limiti fisici o ipotetici.
Campione elementare: quantità di suolo prelevata una sola volta in una unità di campionamento.
Campione globale: campione ottenuto dall’unione dei diversi campioni elementari prelevati nelle
diverse unità di campionamento.
Campione finale: parte del campione globale opportunamente ridotto nella quantità.
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2.3 Attrezzature.
Tutta la strumentazione che viene impiegata per il prelievo dei campioni di terreno deve essere
costruita in modo e con materiali che non vadano a modificare le caratteristiche del terreno che si
vogliono determinare. Strumentazione: a) trivella o sonda con asta lunga 1 metro e punta elicoidale
con cavità destinata a riempirsi di terreno durante la trivellazione, b) vanga, c) secchio con volume
non inferiore ai 10 litri, d) telone asciutto e pulito di circa 2 metri quadri, e) sacchetti di polietilene
della capacità di almeno un litro con adeguato sistema di chiusura, f) etichette.
a)Trivella a sonda c) secchi per campioni d) telo in plastica e) sacchetti nylon
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2.4 Epoca di campionamento.
L’epoca del campionamento deve essere scelta in base allo scopo dell’indagine che andremo a
svolgere sul campione di terreno. Se vogliamo determinare il contenuto in elementi nutritivi di una
determinata porzione di terreno (zona di campionamento) per stabilire il fabbisogno di fertilizzanti
della coltura in esso presente, allora andremo a realizzare il nostro campionamento ad una certa
distanza di tempo dall’ultimo intervento di concimazione. Il campionamento andrebbe fatto sempre
prima delle lavorazioni principali e se ciò non è stato possibile, ad almeno un mese di distanza dalla
loro esecuzione ed almeno tre mesi dopo l’ultimo apporto di concimi, oppure sei mesi dopo l’ultimo
apporto di ammendanti e correttivi.
Entrando più nello specifico: se l’appezzamento di terreno sottoposto ad indagine è coltivato con
colture erbacee, il campionamento andrebbe effettuato dopo il raccolto al termine del ciclo
colturale. Nel caso di colture ortive, che si ripetono durante l’anno nello stesso appezzamento,
l’epoca di campionamento si colloca subito dopo la raccolta di una coltura e prima della
concimazione e trapianto della coltura successiva. Nel caso di coltivazioni arboree l’epoca di
campionamento deve essere collocata tre mesi dopo la concimazione primaverile-estiva.
Per costruire un adeguato piano di concimazione per le future campagne agrarie è sempre
fondamentale effettuare il campionamento del suolo prima dell’intervento di concimazione.
2.5 Zona di campionamento.
L’individuazione all’interno della superficie aziendale di una zona omogenea in cui eseguire il
campionamento, rappresenta un passaggio fondamentale per ottenere delle indicazioni precise da
utilizzare nell’indagine. Da questo passaggio dipende il livello di rappresentatività del campione e
di conseguenza il livello di precisione delle analisi di laboratorio.
Qualora all’interno della superficie aziendale siano presenti suoli di diversa caratterizzazione questi
possono essere individuati, se disponibili, attraverso una carta dei suoli. Sono carte tematiche di
dettaglio (1: 250.000) o di grande dettaglio (1:10.000 – 1: 5.000) in cui sono riportate delle aree
omogenee di suolo o di gruppi di suoli (indicate nella carta da unità cartografiche). In tal caso si
potrà individuare la zona di campionamento in una specifica unità cartografica. Nel determinare i
punti di prelievo dei campioni elementari andremo ad escludere i bordi della superficie dell’unità
cartografica e le possibili zone di anomalia, ovvero quelle zone dove non sussistono le condizioni di
omogeneità caratterizzanti una zona di campionamento (figura 1).
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Se di quella porzione di territorio non sono disponibili carte tematiche dei suoli allora bisogna
appoggiarsi, nella determinazione delle zone omogenee di campionamento, all’esperienza
dell’agricoltore sulla base delle seguenti caratteristiche:
Aspetto fisico del suolo, inteso come: tessitura superficiale, conformazione delle zolle,
pietrosità, fenomeni erosivi, giacitura, aree depresse con ristagno idrico;
Colore superficiale del suolo che ci dà indicazioni sulle differenti composizioni
granulometriche del terreno (es. terreni sabbiosi o leggeri di colore grigio) e sul differente
contenuto di sostanza organica (terreni scuri);
Vegetazione coltivata o spontanea;
Fertilizzazioni ricevute in passato;
Ordinamento colturale (colture erbacee- colture arboree).
La verifica in campo delle condizioni di omogeneità secondo le caratteristiche sopra riportate ci
permette di suddividere l’appezzamento in una o più zone di campionamento. Facendo specifico
riferimento all’ordinamento colturale, una volta verificate le condizioni suddette di omogeneità su
una determinata superficie, se nell’area di campionamento sono presenti in maniera continuativa da
più di dieci anni, una zona coltivata a colture erbacee ed una coltivata con colture arboree, si
provvederà a suddividere tale appezzamento in due diverse zone omogenee di campionamento. In
qualsiasi altro caso di uso agricolo differente dello stesso appezzamento omogeneo non si
provvederà alla separazione in due zone di campionamento. Nel caso in cui all’interno di un
appezzamento sussistano più zone omogenee, sarebbe bene evitare di creare delle zone di
campionamento eccessivamente piccole. La ridotta dimensione delle zone omogenee può fornire
dati poco attendibili per gli scopi che ci proponiamo ( es. redazione di un piano di concimazione).
Qualora ci trovassimo di fronte ad un elevata frammentazione aziendale è necessario effettuare una
verifica dell’omogeneità dei diversi corpi in cui è suddivisa l’azienda per individuare
l’appezzamento omogeneo rappresentativo dell’intera area; questo sarà utilizzato come zona di
campionamento. Se la superficie aziendale è caratterizzata da più zone omogenee è necessario
prelevare un campione globale da ognuna di esse.
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2.6 Numero e ripartizione dei campioni elementari.
Una volta stabilite le condizioni di omogeneità che ci permettono di definire una zona di
campionamento bisogna provvedere alla raccolta dei campioni elementari che una volta riuniti
andranno a formare il campione globale. Qualunque sia la dimensione della zona di campionamento
è necessario prelevare almeno 15 campioni elementari. È consigliato prelevare non meno di 6
campioni elementari per ettaro. Nella pratica corrente, in presenza di zone di campionamento
caratterizzate da un elevata omogeneità pedologica e colturale, si consiglia di produrre un campione
globale per 3-5 ettari. I campioni elementari devono essere tutti prelevati alla stessa profondità e
devono essere di volume simile.
I campioni elementari vengono prelevati secondo uno degli schemi di seguito illustrati.
2. 7 Tipi di campionamento.
Andiamo ora ad analizzare i principali schemi di campionamento.
Campionamento sistematico:consiste nel suddividere idealmente una zona di campionamento (vedi
fig. 2) in un numero prescelto di unità di campionamento attraverso un reticolo di dimensioni
opportune. Le unità di campionamento dovrebbero avere tutte approssimativamente la stessa
dimensione. La dimensione della griglia dipende dal grado di dettaglio che si vuole ottenere.
All’interno di ogni unità di campionamento bisogna prelevare casualmente un campione
elementare, evitando i bordi della zona di campionamento e le aree anomale, cioè quelle superfici
dove non sussistono quelle condizioni di omogeneità che caratterizzano la zona di campionamento.
Non rientrano nelle condizioni di omogeneità quelle superfici :
a quota inferiore o superiore alla media;
dove sono stati accumulati fertilizzanti o prodotti o sottoprodotti dell’attività agricola;
dove hanno stazionato animali;
dove si presenta un affioramento del sottosuolo;
aventi differenze di irrigazione e di drenaggio;
dove si hanno ristagni idrici.
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Campionamento irregolare: scegliere le zone di prelievo utilizzando i numeri casuali riportati dai
manuali di statistica e prelevare ogni campione elementare seguendo un percorso casuale a zig-zag
all’interno dell’area da campionare, rispettando sempre i criteri di esclusione dei bordi dell’area e
delle zone anomale (come elencati in 2.5 ).
Campionamento non sistematico ad X o a W: scegliere i punti di prelievo lungo un percorso
tracciato sulla superficie da investigare, formando delle immaginarie lettere X o, preferibilmente, W
e prelevare un campione elementare in ogni punto ( vedi figura 3 ), seguendo i criteri di esclusione
dei bordi ed aree anomale esposti precedentemente. Tale procedura può portare ad una copertura
non completa della superficie da investigare e si limita quindi a fornire dati orientativi ma
comunque sufficienti per elaborare un piano di concimazione.
I tre tipi di campionamento sopra descritti ci permettono di ottenere un campione finale con un
sufficiente grado di rappresentatività. Tale rappresentatività sarà massima nel campionamento
sistematico, intermedia in quello non sistematico e minima nel campionamento irregolare.
Viceversa il costo del campionamento crescerà in modo inverso; di conseguenza la scelta del
metodo di campionamento dipenderà dal tipo d’indagini che si vogliono svolgere e dal livello di
dettaglio che si vuole ottenere.8
2.8 Profondità di prelevamento.
Nei terreni sottoposti ad aratura o comunque soggetti a rovesciamenti o rimescolamenti, il campione
elementare deve essere prelevato fino alla massima profondità delle lavorazioni principali o fino
alla profondità maggiormente interessata dal capillizio radicale delle colture, cioè dalla maggior
parte delle radici che svolgono funzione assorbente. Nelle colture erbacee si consiglia di prelevare il
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campione di terreno fino ad una profondità di 30 cm. Nelle colture arboree si consiglia di prelevare
il campione alla profondità di 40/50 cm.
Nei terreni a prato pascolo e nei frutteti inerbiti bisogna eliminare la parte aerea della vegetazione,
la cotica erbosa e prelevare il campione alla profondità interessata dalla maggior parte delle radici.
Nei campionamenti del sottosuolo la profondità a cui prelevare il campione è stabilita sulla base del
profilo pedologico del terreno. È fondamentale non mescolare il terreno superficiale con il
sottosuolo e, in generale, il terreno proveniente da diversi orizzonti.
2. 9 Prelievo del campione elementare.
Una volta che è stato individuato il sito di campionamento, se necessario eliminare la cotica erbosa
che ricopre il suolo, introdurre la trivella o la sonda verticalmente fino alla profondità prescelta ed
estrarre il campione elementare del suolo.
Nel caso di terreni sabbiosi o polverulenti la sonda può essere introdotta diagonalmente ponendo
attenzione a rispettare la profondità prescelta. Qualora l’agricoltore (o la scuola) non possegga una
trivella si può ovviare con l’uso di una vanga. La vanga viene impiegata anche in terreni molto
compatti o con un elevata presenza di scheletro, che non permettono l’uso della trivella. In questo
caso si scava una buca a pareti verticali fino alla profondità prescelta, si preleva quindi una fetta
verticale che interessi tutto lo strato, mantenendo costante la parte di terreno proveniente dalle
diverse profondità.
Prima di procedere al prelievo di nuovi campioni elementari in un'altra zona di campionamento,
accertarsi che non sia rimasto del terreno nell’elica della trivella o nei secchi.
2.10 Formazione del campione globale.
I diversi campioni elementari, mano a mano che vengono prelevati, saranno a loro volta raccolti nel
secchio. Il contenuto del secchio verrà rovesciato su una superficie solida, asciutta, pulita e coperta
con un telone. Mescolare il terreno ed omogeneizzarlo accuratamente per andare a formare il
campione globale.
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2.11 Formazione del campione finale.
Se non è necessaria una riduzione di peso, ogni campione globale costituirà un campione finale.
Qualora il campione finale debba essere di peso inferiore a quello globale si procede in questo
modo: si stende il terreno precedentemente omogeneizzato e si prelevano una decina di campioni,
ognuno del peso di circa 50 g, raccolti su tutta la superficie e che interessino tutto lo spessore del
campione globale. Dall’unione di questi prelevamenti si ottengono uno o più campioni finali del
peso di circa 500 g ognuno.
2.12 Condizionamento dei campioni finali.
Il campione finale andrà introdotto in un sacco di polietilene pulito ed asciutto. Chiudere il sacco
con un legaccio e predisporre due etichette uguali nelle quali sia chiaramente identificato il
campione. Un’etichetta verrà applicata al sistema di chiusura del sacco, mentre l’altra verrà
incollata sulla sua superficie esterna. Non introdurre mai etichette all’interno del sacco a contatto
con il suolo. Qualora sia necessario sigillare il campione, effettuare l’operazione in maniera tale che
non sia possibile aprire il contenitore senza violare il sigillo collegato ad una delle etichette. Sulle
etichette devono essere riportati dei riferimenti corrispondenti al verbale di campionamento ( vedi
figura etichetta allegata).
Per ogni campione di terreno inviato al laboratorio di analisi viene redatto un “Verbale di
campionamento del suolo” da parte del tecnico (vedi allegato). Il verbale deve essere compilato in
ogni sua parte, senza omettere nulla. All’interno del verbale il tecnico riporterà le metodiche di
prelevamento secondo le linee guida qui riportate; verranno inoltre riportate le informazioni precise
sulla zona di campionamento, con gli opportuni riferimenti catastali e geografici dove richiesti
(coordinate UTM-EST; UTM-NORD), nome ed indirizzo dell’azienda e/o del titolare, profondità e
data del prelievo. In ogni caso va riportato un riferimento biunivoco alle etichette poste sul
campione finale.
Il laboratorio a cui è stato consegnato il campione dovrà attestare che le analisi richieste sono
effettuate secondo le metodologie analitiche previste dai “ Metodi Ufficiali di analisi chimiche del
suolo” ( D.M. del 13.09.99 pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n° 248 del 21.10.99 e D.M. del
25.03.02 pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n° 84 del 10.04.02 ).
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3 Le analisi del suolo.
3. 1 Interpretazione dell’analisi del suolo.
L’analisi del suolo è uno strumento fondamentale per ottimizzare le produzioni agricole e per
attuare una razionale gestione del suolo, riducendo così i costi.
Nello specifico l’analisi del suolo consente di:
1. Conoscere i valori di alcuni parametri chimici, fisici, idrodinamici e biologici di base per
valutarne l’idoneità alla normale coltivazione delle colture;
2. Individuare gli interventi utili per riportare parametri anomali entro limiti accettabili;
3. Conoscere il tipo, l’origine e l’intensità di alcuni inquinanti di origine naturale od antropica
e valutarne la loro incidenza.
La difficoltà d’interpretazione dei dati analitici acquisiti può renderne difficile l’utilizzazione, a
tal fine è bene:
Scegliere le determinazioni analitiche da richiedere;
Comprendere i diversi modi di espressione dei risultati;
Estrarre il massimo di conoscenza dai dati analitici a nostra disposizione.
3.2 Scelta dei parametri analitici.
Molti sono i parametri analitici che possono essere richiesti, dunque fondamentale è avere chiaro
quelli utili ai nostri fini agronomici.
È possibile raggruppare i parametri analitici in alcuni gruppi che mantengono tra di loro una stretta
interazione. A tal fine distinguiamo:
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Parametri fisici: importanti nella determinazione della fertilità fisica del terreno; sono costituiti
principalmente da: dinamica dell’acqua nel suolo, tessitura e struttura.
Parametri fisico-chimici: utili al fine della valutazione della capacità del suolo di trattenere i
nutrienti e gli ioni idrogeno, sono rappresentati principalmente da: pH, capacità di scambio
cationico, sostanza organica, conducibilità elettrica dell’estratto acquoso.
Parametri chimici: Importanti ai fini della valutazione della disponibilità degli elementi chimici
(macro e microelementi) nelle forme assimilabili dalle piante.
Parametri microbiologici: risultano utili ai fini della valutazione dei processi di mineralizzazione
della sostanza organica, il ciclo degli elementi e la loro disponibilità per le piante, funghi e batteri,
la formazione di composti umici.
3. 3 Metodiche analitiche.
Per dare un’interpretazione agronomica alle analisi di laboratorio i dati analitici non devono avere
un valore assoluto ma devono essere comparabili. È dunque fondamentale conoscere la metodica
utilizzata dal laboratorio e soprattutto le unità di misura utilizzate per l’espressione dei risultati.
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