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Appunti di elettronica Rev. 1.0, Pag.1 GIUNZIONE P-N, STRUTTURA FISICA E FUNZIONAMENO DEL DIODO Si consideri un cristallo di silicio puro, esso ha 4 elettroni di valenz a (Fig.1). In esso per mezzo della energia termica, anche a temperatura ambiente, alcuni elettroni possono rompere il legame covalente e passare alla banda di conduzione. In questo modi si crea un elettrone libero e una lacuna. (Fig.2) Se ad esso tramite processi fisico-chimici si introducono atomi accettori , (3 atomi di valenza) ad esempio Boro otteniamo un semiconduttore drogato in cui i tre atomi di valenza del boro si legano con tre atomi di valenza del silicio; in queste condizioni l’atomo di Boro diventa uno ione fisso negativo e la mancanza di un elettrone per formare l’ottetto genera una lacuna libera, siamo nel caso di zona di tipo P. (fig.3) In maniera analoga al silicio puro immettiamo (droghiamo) con atomi di Fosforo (Donatore, Pentavalente), in questo modo 4 elettroni di valenza del fosforo legheranno con i 4 atomi di valenza del Silicio, il quinto, Elettrone libero, sarà libero di muoversi per agitazione termica. L’atomo di fosforo sarà complessivamente positivo: ione fisso positivo. (Fig.4) Ora pensiamo di unire le due zone di un semiconduttore. La zona di confine dei due materiali drogati diversamente é detta Giunzione. (Fig.5). Ne dispositivo si genererà una corrente di Drift data dal passaggio delle lacune verso la zona N e degli elettroni verso la zona P. In prossimità della giunzione lacune e elettroni liberi si ricombineranno, per cui esisterà una Zona di Svuotamento in cui saranno presenti soltanto ioni fissi e NON saranno presenti cariche mobili . E’ appunto la presenza dei ioni fissi ad arrestare la ricombinazione delle cariche Fig 1 Fig.2 Fig.3: Drogaggio tipo P Fig.4: Drogaggio tipo N Fig.5: Giunzione PDF created with pdfFactory trial version www.pdffactory.com

01 STRUTTURA FISICA E FUNZIONAMENO DEL DIODO andamento si può schematizzare in forma circuitale dal circuito equivalente del diodo (in polarizzazione diretta),

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Appunti di elettronica Rev. 1.0, Pag.1

GIUNZIONE P-N, STRUTTURA FISICA E FUNZIONAMENO DEL DIODO

Si consideri un cristallo di silicio puro, esso ha 4 elettroni di

valenza (Fig.1). In esso per

mezzo della energia termica,

anche a temperatura ambiente,

alcuni elettroni possono rompere

il legame covalente e passare

alla banda di conduzione. In

questo modi si crea un elettrone

libero e una lacuna. (Fig.2)

Se ad esso tramite processi

fisico-chimici si introducono atomi

accettori, (3 atomi di valenza) ad

esempio Boro otteniamo un

semiconduttore drogato in cui i

tre atomi di valenza del boro si

legano con tre atomi di valenza

del silicio; in queste condizioni

l’atomo di Boro diventa uno ione fisso negativo e la mancanza di

un elettrone per formare l’ottetto

genera una lacuna libera, siamo nel caso di zona di tipo P. (fig.3)

In maniera analoga al silicio puro immettiamo (droghiamo) con atomi di Fosforo (Donatore, Pentavalente),

in questo modo 4 elettroni di valenza del fosforo legheranno con i 4 atomi di valenza del Silicio, il quinto,

Elettrone libero, sarà libero di muoversi per agitazione termica. L’atomo di fosforo sarà complessivamente

positivo: ione fisso positivo. (Fig.4)

Ora pensiamo di unire le due zone di un semiconduttore. La

zona di confine dei due materiali drogati diversamente é

detta Giunzione. (Fig.5).

Ne dispositivo si genererà una corrente di Drift data dal

passaggio delle lacune verso la zona N e degli elettroni verso

la zona P. In prossimità della giunzione lacune e elettroni

liberi si ricombineranno, per cui esisterà una Zona di Svuotamento in cui saranno presenti soltanto ioni fissi e

NON saranno presenti cariche mobili. E’ appunto la presenza

dei ioni fissi ad arrestare la ricombinazione delle cariche

Fig 1 Fig.2

Fig.3: Drogaggio tipo P Fig.4: Drogaggio tipo N

Fig.5: Giunzione

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Appunti di elettronica Rev. 1.0, Pag.2

mobili, in quanto, le cariche fisse in prossimità della zona di svuotameno generano un campo elettrico che

tende a fermare questo processo migratorio delle cariche mobili. In questo modo si é creato un DIODO. POLARIZZAZIONE DI UNA GIUNZIONE P-N

Polarizzare una giunzione P-N significa applicare a, terminali metallici del diodo una d.d.p.

La giunzione può essere polarizzata direttamente o inversamente; è polarizzata direttamente quando il +

della batteria è collegato alla zona P del diodo; è polarizzata inversamente quando il + della batteria é

collegato alla zona N del diodo.

Fig. 6: Polarizzazione inversa. Fig. 7: Polarizzazione Diretta.

Nella Polarizzazione inversa, si nota un aumento dello spessore della zona di svuotamento e quindi della

“barriera di potenziale” prodotta dalle cariche fisse. In queste condizioni la “corrente di diffusione” non

può circolare, il diodo risulta interdetto. Circola tuttavia la “corrente di drift” prodotta dalle cariche

minoritarie, (elettroni nella zona P e lacune nella zona N), che sono facilitate nel loro moto dal campo

elettrico prodotto dalle cariche fisse nella zona di svuotamento. Tale corrente, detta “corrente inversa”

non dipende dalla tensione inversa applicata al diodo ma dalla temperatura di funzionamento del diodo

(fenomeno dell’agitazione termica). Per diodi al silicio tale corrente è dell'ordine dei nA, per quelli al

germanio e dell'ordine dei micro-Ampere.

Quando la giunzione è polarizzata direttamente, le lacune libere della zona P e gli elettroni liberi della

zona N vengono sospinti verso la giunzione dal campo elettrico della batteria. La configurazione assunta è

quella di figura 7. Si nota una diminuzione dello spessore della zona di svuotamento e quindi della “barriera

di potenziale” prodotta dalle cariche fisse. E’ sufficiente vincere completamente la barriera di potenziale

prodotta dalle cariche fisse (con una d.d.p. esterna di 0,2 - 0,3 V nel caso di Germanio e di 0,5 – 0,8 V nel

caso di Silicio) per ridurre a zero lo spessore della zona di svuotamento. In queste condizioni attraverso la

giunzione circola la “corrente di diffusione” essa è molto intensa tanto che è necessario limitarla a valori

ragionevoli ponendo in serie al circuito di polarizzazione una resistenza R di valore opportuno altrimenti la

giunzione potrebbe anche distruggersi.

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Appunti di elettronica Rev. 1.0, Pag.3

Caratteristica del Diodo

La caratteristica V-I di un diodo rappresenta in forma grafica la variazione della corrente transitante nel

diodo al variare della tensione applicata sul diodo stesso.

Come già detto, sappiamo che un diodo in polarizzazione inversa non lascia passare corrente, invece in

polarizzazione diretta, superata la tensione di soglia la corrente cresce in maniera molto veloce.

Questo andamento si può schematizzare in forma circuitale dal circuito equivalente del diodo (in

polarizzazione diretta), e in forma grafica da una curva che rappresenta l’andamento sperimentale della

corrente e della tensione di un diodo.

Caratteristica del diodo in polarizzazione diretta Circuito equivalente del diodo in polarizz. diretta

Dove il valore di VS ( che rappresenta la tensione di soglia) per idiodi al silicio vale circa 0,7V, e la

resistenza diretta RD vale intorno alla decina di Ohm.

Un metodo di risoluzione delle reti con diodo molto usato consiste nell’uso della retta di carico.

Il concetto di retta di carico.

Retta di carico Circuito considerato

Si consideri il circuito di figura la corrente che scorre nel circuito è legata alla tensione fornita dal

generatore e a quella ai capi del diodo dall’equazione della maglia. Inoltre la tensione ai capi del diodo e la

corrente che scorre in esso sono legate dalla caratteristica del diodo.

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Appunti di elettronica Rev. 1.0, Pag.4

L’equazione della maglia é rappresentata da: DD VIRV +⋅= con ID e VD corrente e tensione del diodo.

Questa equazione nel piano ID ; VD rappresenta una retta, la retta di carico, che si può tracciare tramite i

due punti:

==

==

0 per

0er V p D

DD

D

IVVRVI

Il punto di intersezione fra la retta di carico e la caratteristica del diodo rappresenta la coppia di valori con ID

e VD di funzionamento del diodo stesso.

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Appunti di elettronica Rev. 1.0, Pag.5

Raddizzatori a diodo a semplice semionda

In elettrotecnica ed elettronica un raddrizzatore o rettificatore è un dispositivo usato per trasformare la

corrente alternata in corrente continua.

Il metodo più semplice per raddrizzare una corrente è l'impiego di un diodo a semiconduttore. In questo

caso viene lasciata passare una sola semionda positiva di tensione, mentre quando è presente la

semionda negativa il diodo entra in interdizione e non si ha passaggio di corrente.

Questa soluzione genera una corrente molto difficile da livellare fino ad ottenere una corrente costante ed è

causa di notevole rumore elettrico (per rumore si intende l'insieme di segnali in tensione o corrente elettrica

indesiderati che si sovrappongono al segnale utile). In generale il rumore è un segnale di disturbo rispetto

all'informazione trasmessa in un sistema.

Ne caso di un diodo ideale avremo:

Il circuito raddrizzatore

normale, che abbiamo

considerato, non è adatto

per raddrizzare piccoli

segnali, in quanto esiste la

tensione di soglia VD che da

un lato non fa rilevare le

piccole tensioni e dall'altro

altera i valori alle tensioni

più alte, in quanto

occorre sempre detrarre da ogni valore di tensione il valore della tensione di soglia VD ; di conseguenza la

caratteristica di trasferimento non è lineare. Si avranno quindi una tensione più piccola di quella erogata dal

generatore.

Quando il segnale in ingresso è molto elevato questi inconvenienti risultano trascurabili, in caso contrario

bisogna tenere conto della tensione di soglia del diodo.

Un grosso inconveniente di questo circuito é dato dal fatto che il segnale in uscita é presente solo per una

semionda.

RADDRIZZATORE A DOPPIA SEMIONDA (A PONTE DI GRAETZ)

Il raddrizzatore a ponte di diodi o a ponte di graetz ha il compito di trasformare la corrente alternata in

corrente continua attraverso 4 diodi.

Ponte di Graetz Forme d’onda.

Raddrizzatore a singola semionda Forme d’onda del raddrizzatore

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Appunti di elettronica Rev. 1.0, Pag.6

Semionda positiva Semionda negativa

1) SEMIONDA POSITIVA

Durante la semionda positiva la corrente esce dal generatore, passa dal diodo D1, attraversa la resistenza

R (intesa come carico) ed infine passa dal diodo D3 per rientrare nel generatore. I diodi D2 e D4 sono

interdetti e si comportano come interruttori aperti. La caduta di tensione della resistenza sarà data dalla

legge alle maglie VR = V-VD3-VD1.

2) SEMIONDA NEGATIVA

Durante la semionda negativa la corrente esce dal generatore dal polo opposto a prima, passa dal diodo

D2, attraversa la resistenza R (intesa come carico) ed infine passa dal diodo D4 per rientrare nel

generatore. I diodi D1 e D3 sono interdetti e si comportano come interruttori aperti. La caduta di tensione

della resistenza sarà data dalla legge alle maglie VR = V-VD2-VD4.

Raddrizzatore a filtro capacitivo

Una tensione livellata si può ottenere inserendo in parallelo alla resistenza di carico una capacità.

Dalla differenza delle costanti di tempo di carica e scarica della capacità riusciremo a livellare la tensione in

uscita.

Circuito a filtro capacitivo Forme d’onda del filtro capacitivo

Infatti quando il diodo é polarizzato direttamente esso si caricherà con una costante di tempo pari a circa:

DCARICA rC ⋅=τ con Dr resistenza in diretta del diodo.

Dato che Dr é dell’ordine della decina di Ohm questa costante di tempo sarà talmente piccola che la

tensione ai capi della capacità segue la tensione VA.

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Appunti di elettronica Rev. 1.0, Pag.7

Ma appena VA é minore di VB il diodo é in inversa e quindi non conduce. In questo caso la costante di

tempo di scarica sarà: RCSCARICA ⋅=τ che essendo molto grande porta ad una scarica lenta della

capacità ottenendo un livellamento della tensione di uscita.

Si definisce RIPPLE il rapporto: PVVr ∆

= esso é un indice della bontà del circuito, in quanto più piccolo é il

ripple maggiore sarà stabilizzato e vicino ad un segnale in continua il segnale di uscita.

Si potrebbe dimostrare che : RCf

r⋅⋅⋅⋅

=34

1 quindi da questa formula é possibile dimensionare il

circuito per ottenere il ripple desiderato.

Un discorso analogo si può fare per il raddrizzatore a doppia semionda, dove ricordando che in un periodo

abbiamo due semionde (e non una come nel caso del raddrizzatore a singola semionda ) il ripple sarà

esattamente la metà:

RCfr

⋅⋅⋅⋅=

32

1 ripple per ponte a doppia semionda.

DIODO ZENER

Il diodo Zener viene usato in

polarizzazione inversa. I modelli usabili

per il diodo zener sono riportati nella fig.

5.34, a seconda che si tenga conto,

oppure no, della pendenza della

caratteristica nella zona a polarizzazione

inversa. Lo scopo dei diodi zener è

quello di fornire dei riferimenti di

tensione.

I parametri caratteristici sono il valore di tensione di zener Vz, il

valore minimo e massimo della corrente di zener Iz, la resistenza

differenziale Rz in zona zener; la potenza dissipabile.

.

VVZ

IZ

VZ

+ +

V = VZ + rd IZ

rd

Fig.5.34: Modelli di diodi zener

polarizzazione inversa

VZ

I

V

+

-

Zona di funzionamento del diodo zener e suo simbolo circuitale.

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Appunti di elettronica Rev. 1.0, Pag.8

Regolatore di tensione

Supponiamo che la tensione di alimentazione vari nel tempo.

Scopo del circuito è quello di produrre una tensione Vu che

non risenta delle variazioni di Va.

Se Va è comunque tale da portare lo zener nella zona di

funzionamento, Vu resta agganciato al valore di VZ. Naturalmente Va non deve crescere troppo, perché

non si superino valori pericolosi di potenza dissipata.

Per il circuito vale:

UZ

Za

IIVVR

+−

=

Problema

Con riferimento al circuito di figura 5.39, di quanto varia Vu a causa delle variazioni di Va? Il carico può

variare da aperto a 500 Ω.

Soluzione:

1) Verifica che il diodo opera in zona zener.

La corrente Iz deve superare una soglia minima. La

situazione peggiore si ha quindi per il valore più basso di Va

(8V). La corrente che circola nella resistenza è data da (fig.

5.40) mAVVI ZAa 6,13

220=

Ω−

= . Questa corrente si ripartisce fra lo zener e il carico. La situazione peggiore

è quella in cui il carico è più alto (resistenza più bassa, 500 Ω). In questa situazione la corrente nel carico è

data da I

VmAl = =

5500

10Ω . Rimangono quindi 3,6 mA a disposizione per il funzionamento del diodo

zener: è necessario controllare sulle caratteristiche dello specifico diodo che siano sufficienti.

2) Massima potenza

Il diodo dissipa la massima potenza quando la tensione di ingresso è

massima e la corrente nel diodo è massima, cioè quando il carico assorbe

la corrente minima (RL massima).

IV V

mAa =−

=10 5

22023

Ω Il valore massimo di RL è ∞ (aperto), quindi tutti i 23 mA devono poter

passare nello zener. La potenza dissipata è quindi 23 mA . 5V =115 mW,

che si ritiene accettabile.

Vu

∞÷500 ΩVa8÷10V

VZ=5 Vrd=3Ω

220 ΩIa

IZ Iu

Fig.5.39: Esempio di circuito regolatore

5 V8V

220 ΩIa

Fig.5.40: Esempio di circuito

regolatore: calcolo corrente minima.

Vu Va

R Ia

IZ Iu

RL

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Appunti di elettronica Rev. 1.0, Pag.9

3) Coefficiente di regolazione.

Occorre analizzare il circuito equivalente per le variazioni (fig.5.41).

Si ricava:∆

∆ ∆∆V

V RR R

VVu

a u

u

aa=

+≅

+=

3220 3

0 013,

avendo indicato con Ru il parallelo di RL e rd. Osserviamo che, al

limite di rd = 0, ∆Vu= 0: in dB si ha :

dB38VaVu −=

∆∆

.

Esercizio

Con riferimento al circuito di fig.5.42, determinare R in modo che lo zener non dissipi più di 1 W.

Determinare la minima resistenza di carico per la quale il circuito continua a regolare.

1) Dissipazione massima.

Si scelgono le condizioni RL aperto, Va = 10V, VZ = 5V, quindi:

P V I VV V

RWd Z Z Z

a Z= =−

≤ 1,

che risolta dà R >25 Ω.

2) Minima resistenza di carico.

IZ deve essere superiore a un valore minimo che si ottiene per Va =8V e

RL minimo. R è stato ricavato e vale 25 Ω.

IV V

mAaa Z=

−= =

253

25120

è la corrente che circola in R. Questa

corrente si deve ripartire tra lo zener e RL in modo che nello zener passi

una corrente superiore alla IZ minima (che fissiamo = 5 mA). Quindi la

situazione, rappresentata nella fig.5.43 dà R

VmAL ≥ =

5115

40Ω.

∆Vu∆Va

R

rd RL∼

Fig.5.41: Circuito equivalente alle variazioni

del circuito regolatore di tensione.

Vu

RIa

IZIu

RLVa8÷10V VZ=5 V

Fig.5.42: Circuito regolatore

120

Iu<115

RL

5 V

IZ>5

Fig.5.43: Calcolo RL minima

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Appunti di elettronica Rev. 1.0, Pag.10

IL TRANSISTOR BIPOLARE (BJT) Struttura e principio di funzionamento.

Tre regioni adiacenti di semiconduttore drogate alternativamente di tipo P e di tipo N costituiscono, sotto

certe condizioni, un transistor BJT. Questa struttura è rappresentata in forma schematica in fig. 1 nelle due

possibili versioni: pnp e npn, con i simboli grafici corrispondenti. La parte centrale viene chiamata base e

le due zone laterali emettitore e collettore. Il dispositivo presenta dunque due giunzioni, base-emettitore

e base-collettore, che indicheremo in seguito rispettivamente con JE e JC . La simmetria dei modelli di fig.

1 è convenzionale; in realtà le giunzioni JE e JC hanno aree diverse, come risulta pure diversa l’intensità

del drogaggio dell’emettitore e del collettore. Ne consegue che i terminali E e C non sono intercambiabili. Il

verso della freccia nel simbolo è quello della corrente di Ie nel caso in cui la giunzione sia polarizzata

direttamente. Due particolarità costruttive sono veramente essenziali per il funzionamento del BJT: 1) la

regione di base deve essere molto sottile (pochi µm); 2) la stessa regione deve essere poco drogata

rispetto a quella di emettitore.

Fig.1: Modello fisico e sombolo grafico del Bjt Fig.2: Polarizzazione del Bjt

Il BJT può lavorare come dispositivo lineare (amplificatore di segnali) o come dispositivo a due stati, ON-

OFF (interruttore elettronico). Nel funzionamento lineare la corretta polarizzazione delle giunzioni

prevede JE polarizzata direttamente e JC polarizzata inversamente (fig. 2).

La fig. 3 illustra il processo di conduzione all’interno di un transistore npn evidenziando le varie componenti

della corrente. La polarizzazione diretta di JE, giunzione B-E dà luogo ad una corrente dovuta

prevalentemente agli elettroni liberi che dall’emettitore si dirigono verso la base (In-E) e, in misura alquanto

minore per il debole drogaggio della base, da lacune che da B vanno verso E (Ip-E). Giunti nella base, gli

elettroni liberi hanno poche probabilità di ricombinarsi con le lacune relativamente scarse e, vista la

sottigliezza della regione di base, arrivano rapidamente nelle vicinanze di JC, giunzione B-C , che

attraversano sotto l’effetto del campo elettrico favorevole dato dalla Vcb (InC). A titolo indicativo si può

pensare che un solo elettrone su cento si ricombini nella base. Le ricombinazioni danno luogo alla

componente InE - InC , mentre gli elettroni che hanno proseguito il loro cammino attraverso JC , danno

origine alla componente principale InC di IC IE . Con Icbo è stata indicata la corrente inversa di saturazione

di JC, dovuta ai portatori minoritari. Si noti il verso delle correnti, convenzionalmente contrario a quello degli

elettroni. Naturalmente nel caso di transistor pnp le considerazioni saranno analoghe, con la differenza che

avremo correnti di verso opposto e andrà invertito il ruolo di elettroni e lacune.

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Appunti di elettronica Rev. 1.0, Pag.11

Fig.3: Correnti nel Bjt Fig.4: processo di conduzione

Equazioni e parametri fondamentali. Con riferimento alla fig. 3 e 4 si ha, per il primo principio di

Kirchhoff,

Ie = Ic + Ib. Se il transistor è correttamente polarizzato, ed è quindi valida l’analisi delle correnti esposta

precedentemente, si ha: Ic = α IE + ICBo che, trascurando ICBo (corrente di saturazione inversa), diventa

Ic = α Ie. Dato che IE = IC /α, sostituendo tale espressione nella si ha IC /α = IC + IB dalla quale si ottiene

Ic=( α/( α-1))x Ib, dove ß, avendo trascurato ICbo , coincide con il parametro indicato dai costruttori HFE ,

guadagno di corrente in continua. Valori tipici sono α = 0,99 e ß = 100.

Caratteristiche ad emettitore comune

Fig.5: configurazione CE Fig.6: Caratteristica di Ingresso Fig.7: Caratteristica di Uscita

Caratteristica di ingresso. Rappresenta l’andamento di Ib al variare di Vbe. Tale andamento risulta in

pratica indipendente da VCE. La caratteristica, riportata in fig. 6, è in tutto simile a quella di un diodo. In

pratica se la giunzione BE è in conduzione possiamo assumere Vbe costante, pari a circa 0,7 V.

Caratteristiche di uscita. Le caratteristiche di uscita rappresentano l’andamento di Ic al variare di Vce per

valori costanti di Ib e fanno riferimento al circuito di fig. 5. Poniamo di avere un transistor per il quale

HFE = 100. Possiamo regolare Vbb in maniera tale da avere, ad es., Ib = 40 µA e Ic = HFE∙Ib = 4 mA.

Ammettiamo di aver regolato Vcc in modo tale da avere, ad es., VCE = 4 V (punto A in fig. 7). Se ora

aumentiamo Vcc aumenterà Vce ma avremo sempre Ic = 4 mA dato che la corrente Ic è fissata dalla

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Appunti di elettronica Rev. 1.0, Pag.12

corrente Ib (ci spostiamo a destra di A). Diminuendo Vcc e quindi Vce ci sposteremo a sinistra di A. Avremo

ancora

Ic = 4 mA finché il valore troppo basso di Vce non farà si che la giunzione BC non sarà più polarizzata

inversamente. Da questo punto, in cui inizia la zona di saturazione, non si avrà più Ic = HFE∙IB e

diminuendo ulteriormente Vce anche la corrente Ic comincerà a scendere fino al punto in cui avrà Vce = 0 e

Ic = 0. Ripetendo le medesime operazioni, avendo prima diminuito Vbb in modo tale da avere ad es. Ib =

20 µA, si avrà una curva simile alla prima ma con Ic = HFE∙IB = 2 mA nel tratto al di fuori della zona di

saturazione. Diminuendo ulteriormente Vbb ad un certo punto si avrà che la giunzione BE non sarà più in

conduzione e si avrà IB = 0 e IC 0 (zona di interdizione). Riassumendo, si hanno le seguenti tre situazioni

giunz. BE

giunz. BC

Ic = HFE∙Ib

Zona Lineare Polarizzata direttamente (in conduzione) Polarizzata Inversamente SI

Saturazione Polarizzata direttamente (in conduzione) Polarizzata Direttamente NO

Interdizione Polarizzata inversamete (non in conduzione) Polarizzata Inversamente NO

Ib=0; Ic=0

E’ necessario osservare che Ic non si mantiene perfettamente costante, ma aumenta leggermente

all’aumentare di Vce. Tale variazione può essere spiegata in questo modo: l’aumento di Vce e quindi della

polarizzazione inversa della giunzione BC, provoca l’estensione della zona di svuotamento all’interno della

base; la larghezza della base, utile per le ricombinazioni, risulta di fatto ridotta e ne consegue un aumento

di Ic (effetto Early).

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Appunti di elettronica Rev. 1.0, Pag.13

Polarizzazione e stabilizzazione dei BJT Polarizzare un BJT significa fare in modo che le tensioni e le correnti del Punto di riposo, (Ib, Ic, Vce, Vbe)

siano quelle volute dal progettista. La polarizzazione é ottenuta tramite particolari reti elettriche che sono

dette reti di polarizzazione. In un BJT i fattori che influenzano il punto di lavoro o punto di riposo sono principalmente:

l'invecchiamento dei dispositivi e la forte dispersione delle caratteristiche, ovvero la forte variabilità delle

caratteristiche da BJT a BJT, anche se nominalmente sono dello stesso tipo. Dal motivo che il punto di

riposo può variare nasce la necessità di stabilizzare il punto di riposo. Le reti di polarizzazione devono

garantire che il punto di riposo si sposi il meno possibile e comunque entro limiti prefissati.

Fra i coefficienti di stabilizzazione si elenca: il coefficiente di stabilità in corrente: 0CB

CI I

IS ∆∆≈ esso

rappresenta la variazione della corrente Ic dovuta alla Icbo. Icbo varia al variare della temperatura. Zone di funzionamento del BJT

In estrema sintesi il BJT puo operare in tre diverse regioni di funzionamento:

- Regione attiva, in cui il BJT si comporta da amplificatore di corrente, ossia in cui la corrente di uscita, Ic,

e proporzionale alla corrente d'ingresso, Ib.

- Regione di saturazione, in cui il BJT si comporta come un interruttore chiuso i cui estremi sono collettore

ed emettitore.

- Regione di interdizione, in cui il BJT si comporta come un interruttore aperto i cui estremi sono collettore

ed emettitore.

Amplificatore a BJT: generalità Interessandoci gli amplificatori e evidente che il BJT dovrà essere innanzitutto polarizzato in regione attiva

e per far ciò sarà necessario ricorrere ad un opportuno circuito di polarizzazione.

Si dovrà anche garantire che il punto di lavoro del BJT rimanga il più possibile fisso nella posizione imposta

dal

progettista, per evitare che spostandosi si posizioni in una zona in cui il BJT non opera più da amplificatore.

Circuito di polarizzazione automatica a partitore di tensione

Tra i vari circuiti di polarizzazione adottati, il più usato nei

circuiti a componenti discreti e il circuito di polarizzazione

automatica a partitore di tensione, la cui struttura si può

vedere in Fig. 3. L'effetto di stabilizzazione del punto di

lavoro e prevalentemente dovuto alla resistenza Re

presente sull'emettitore. Infatti si supponga un aumento

della corrente di collettore Ic, di conseguenza aumenterà

la tensione VRE; ma dato che il nodo B é potenziale fisso

(dato dal partitore R1-R2) la VBE tenderà a diminuire. Una

diminuzione della VBE porterà ad una diminuzione della Ib

con conseguente diminuzione della Ic.

Applicando il teorema di Thevenin fra la base del bjt e la massa il circuito diventa quello di Fig.4, in cui:

Fig.3 rete di autopolar.

Fig.4 circuito equivalen.

R1

R2

RC

RE

Q B

Rc

Re

Rb

Vb

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Appunti di elettronica Rev. 1.0, Pag.14

+⋅

=

+⋅=

21

2121

2

RRRRRb

RRRVccVb

⋅++⋅=⋅++⋅=

IeVceIcRcVccIeVbeIbRbVb

Re

Re

Re1

RbS I +=

RETTA DI CARICO

Si dice retta di carico la retta che ha come equazione l'equazione della maglia di uscita, cioè

IeVceIcRcVcc ⋅++⋅= Re . Per rappresentarla sulle caratteristiche di uscita, occorre prendere due punti.

Quando IB = 0 e IC = 0 dalla equazione della retta di carico si ottiene che VCE = VCC; quindi un punto sarà

quello sull'asse orizzontale, avente coordinate ( Vcc ; 0).

Supponendo invece che la VCE sia nulla dalla equazione della retta di carico otteniamo VCC = RC IC + RE

IE; e trascurando IB rispetto a IC otteniamo il secondo punto ICMAX = VCC/ (RC + RE);

quindi il secondo punto ha coordinate (0; VCC/ (RC + RE)); unendo i due punti otteniamo la retta di carico.

PROGETTO DI UN CIRCUITO DI

POLARIZZAZIONE

In sede di progetto del circuito di

polarizzazione si usano i seguenti

criteri pratici. Per la VCE si fissa un

valore all'incirca uguale a VCC/2;

per la caduta di tensione ai capi di

RE, cioè VE, si fissa un valore uguale

a VCC/10; per la corrente del partitore

IP si fissa una corrente uguale a

IP=20Ib. Con l'aiuto delle

caratteristiche e delle equazioni della

maglia di uscita e della maglia di

ingresso si calcolano i valori di tutti i

resistori.

Esempio

Dato il BJT BCW82, in base alle caratteristiche di uscita fissiamo una VCC = 2,0 V; fissiamo una VCE =

VCC/2 = 2/2 = 1 V; fissiamo VE = VCC/10 = 2/10 = 0,2 V ;

Retta di Carico Icc= Vcc Rc+Re

Vce=Vcc

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Appunti di elettronica Rev. 1.0, Pag.15

Dalle caratteristiche di uscita scegliamo una caratteristica che sia centrale, per esempio quella di IB =15

uA; dalla lettura della caratteristica leggiamo IC = 4,6 mA; quindi

IE = IC + IB = 4,6 mA +15 m A = 4,615 mA

Quindi RE = VE/IE = 0,2/0,004615 = 43 Ω

Dall'equazione della retta di carico ci calcoliamo RC;

RC = (VCC - VCE - VE)/IC = (2 - 1 - 0,2) /0,0046 = 0,8/0,0046 = 173 Ω

Controlliamo ICMAX = VCC/ (RC + RE) = 2/( 173 + 43) = 9,25 mA; mentre sul diagramma delle

caratteristiche di uscita leggiamo 9 mA; i due valori, a parte gli errori grafici, sono attendibili.

Per calcolare il partitore, dalla caratteristica di ingresso ci ricaviamo una VBE = 0,8 V; quindi: R2 I2 = VBE

+ VE = 0,8 + 0,2 = 1 V

Essendo I2 = IP = IC/10 = 4,6 /10 mA = 0,46 mA, otteniamo:

R2 = 1/0,00046 = 2174 Ω

Per R1 essendo

R1 I1 = VCC - R2 I2 = 2 - 1 = 1 V

Ed essendo

I1 = IP + IB = 0,46 ma + 15 m A = 0,475 mA

Otteniamo: R1 = 1/ 0,000475 = 2105 Ω

Naturalmente si sceglieranno i valori commerciali vicini a quelli teorici.

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Appunti di elettronica Rev. 1.0, Pag.16

IL TRANSISTOR COME INTERRUTTORE

Il transistor, opportunamente polarizzato, può essere utilizzato come un interruttore che può essere aperto

o chiuso, regolando la corrente di base. Consideriamo il seguente circuito:

Quando l'interruttore si trova verso il basso, la tensione VBE = 0; la corrente di base IB = 0; la IC = 0; il

transistor è interdetto, non conduce e si comporta come un circuito aperto. La tensione di uscita sul

collettore assume il massimo valore Vu = VCC.

Quando, invece, spostiamo verso l'alto l'interruttore, la base del transistor è polarizzata direttamente, il

transistor va in saturazione, la IC assume il massimo valore, il transistor si comporta da circuito chiuso. La

tensione di uscita assume il valore Vu = 0.

Se consideriamo le caratteristiche di uscita del BJT:

Possiamo considerare tre zone:

Zona di saturazione: è la zona in cui il transistor conduce, IC raggiunge il massimo valore, VCE assume

valori molto bassi.

Zona attiva: è la zona centrale delle caratteristiche, in tale zona viene utilizzato come amplificatore,

avendo un comportamento abbastanza lineare.

Zona di interdizione: è la zona in cui il transistor si comporta da circuito aperto, IC assume valori molto

bassi, VCE valori molto alti.

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Appunti di elettronica Rev. 1.0, Pag.17

Amplificatori: studio a parametri “h” alle frequenze medie.

Se si vuole studiare in maniera quantitativa il funzionamento e le prestazioni di un amplificatore a BJT,

dobbiamo essere in grado di descrive o modellare in maniera semplice il comportamento del BJT, usato

come amplificatore, nei riguardi delle sole variazioni delle tensioni e delle correnti rispetto al punto di lavoro.

In altre parole dobbiamo avere a disposizione un modello che descriva in maniera semplice il

comportamento del transistore bipolare nei confronti delle variazioni di tensione e di corrente ai terminali

del dispositivo, cioè nei confronti dei segnali di tensione e di corrente nel dispositivo. Il BJT è un dispositivo

dalle caratteristiche decisamente non lineari, per cui il problema della formulazione di un modello valido per

i soli spostamenti delle grandezze elettriche rispetto al punto di lavoro scelto risulta grandemente

semplificato se si considera una linearizzazione delle caratteristiche del transistore intorno al punto di

lavoro stesso, cioè se tali caratteristiche possono essere convenientemente approssimate utilizzando la

retta tangente alle caratteristiche stesse nel punto di lavoro. Tale approssimazione ovviamente sarà tanto

più efficace e valida quanto più gli spostamenti rispetto al punto di lavoro saranno piccoli, per cui il modello

che costruiremo nel seguito sarà un modello lineare per piccoli segnali del transistore bipolare.

Per poter effettuare lo studio dell'amplificatore, è necessario poter rappresentare in modo approssimato il

comportamento del transistore nei confronti dei piccoli segnali con un circuito lineare, comunemente

chiamato circuito equivalente per i piccoli segnali a parametri H.

Per i BJT esistono numerosi circuiti equivalenti, ciascuno particolarmente adatto a schematizzare il

comportamento del BJT in varie situazioni (basse frequenza, alte frequenze, etc..), in questi appunti ci si

limiterà a considerarne il più utilizzato per le frequenze audio: il circuito equivalente a parametri ibridi, il

cui schema e riportato in Fig. 7.

Normalmente i parametri hoe e hre sono molto piccoli, spesso, per semplicità , si considerano nulli.

Si ricorda, per l'ennesima volta, che il circuito equivalente a parametri ibridi descrive in modo approssimato

il

comportamento del BJT, solo ed esclusivamente per i segnali variabili (quindi non e utilizzabile per la

continua), l'errore commesso e tanto più piccolo quanto più piccoli sono i segnali.

Parametro Definizione campo di

valori

Note

Hie

CostVCEie Ib

Vbeh=∆

∆=

Resistenza

Resistenza

di ingresso

hfe

CostVCEfe Ib

Ich=∆

∆=

Da 50

a 500

Guadagno di

corrente

hoe

CostIboe Vce

Ich=∆

∆=

Da 5 μS

A 50 μS

Conduttanza

di uscita

hre

CostIbre Vce

Vbeh=∆

∆=

Da 10-4

A 10-7

Reazione di

tensione

(trascurabile)

Fig.7: Circuito a parametri H Fig.8: valori tipici dei parametri H

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Appunti di elettronica Rev. 1.0, Pag.18

Amplificatore a Emettitore Comune (CE)

Vogliamo realizzare un circuito che sia in grado di polarizzare un BJT e che sia in grado di “condurre” il

segnale di ingresso Vs alla base del transistore e di “portare” il segnale amplificato dal BJT verso il carico

RL, in poche parole abbiamo bisogno di un circuito che renda insensibile al punto di riposo le eventuali

variazioni del circuito di ingresso Vs-Rs e del carico Rl. Il circuito cercato é rappresentato in fig. 5, in esso

le capacità Ca1 e Ca2 , dette di accoppiamento, avendo reattanza infinita per f = 0, hanno il compito di

evitare che la sorgente e il carico siano percorsi dalla corrente continua presente nella rete di

polarizzazione, in modo da evitare che il posizionamento del punto di riposo dipenda da Rs e RL (se ad es.

non ci fosse Ca1 la resistenza tra base e massa divente-rebbe R2//Rs). La capacità CE , detta di by-pass,

ha la funzione di cortocircuitare, nel circuito dinami-co, la resistenza Re.

Si ottiene cosı lo schema completo di Fig. 5 noto sotto il nome di amplificatore emettitore comune (o

semplicemente E.C.).

Nello studio ora considerato consideriamo il range di frequenza in cui le capacità di by-pass si possono

considerare dei corto circuiti, ed le capacità parassite del transistore si possono considerare trascurabile

(dei tasti aperti). Questo range di frequenza viene detto range delle medie frequenza. Circuito Dinamico: E’ il circuito per le variazioni rispetto alla situazione di riposo e riguarda quindi

esclusivamente il segnale. Viene ricavato da quello di fig. 5 cortocircuitando Ca1 , Ca2, CE e la Vcc, che

devono essere di valore sufficientemente elevato da rendere trascurabile la loro reattanza XC = 1/(2πfC)

alle frequenze di lavoro, e non considerando la f.e.m. continua di alimentazione, che non introduce

variazioni.

Studio dinamico

Si considerino presenti i soli segnali alternati o variabili ed inoltre si operare a frequenze sufficientemente

elevate (frequenze di centro banda o frequenze medie) da poter ritenere le capacità di accoppiamento e

bypass cortocircuiti.

Si ridisegnare il circuito dell'amplificatore considerando:

· nulle le tensioni e correnti continue erogate dai generatori eventualmente presenti (in questo caso si

sostituisce Vcc con la massa, si cortocircuititano Ca1, Ca2, CE. Si ottiene cosı il circuito dinamico.

Fig. 5 Amplificatore a BJT ad emettitore comune (Ca1 e Ca2 sono le capacita di accoppiamento, CE e la capacita di bypass).

Fig. 6 Circuito Dinamico

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Appunti di elettronica Rev. 1.0, Pag.19

Guadagno di corrente parziale Aip

IbIcAip =

iibhfeIc +⋅=

hoeVui ⋅=

con icRpVu ⋅−= ed Rp=Rc//RL sostituendo:

icRphoeibhfeic ⋅⋅−⋅=

da cui Rphoe

hfeIbIcAip

⋅+==

1

Resistenza di ingresso Trascurando il parametro hre: Rip=hie, ed Ri=Rb//hie. Guadagno di tensione

AipRipRp

ibRipicRp

VbeVuAv ⋅=

⋅⋅−

==

Resistenza di uscita Per definizione la resistenza di uscita Ro è la resistenza che si vede ai morsetti di uscita dell'amplificatore

posto di aver annullato tutti i generatori indipendenti presenti, nel caso in questione l'unico generatore

indipendente presente e il generatore d'ingresso Vs.

Trascurando il parametro hre, si ottiene: Rchoe

Ro //1

=

Valori tipici dei parametri h

Configurazione hi [Ω] hf hr 1/ho[KΩ] CE 1.000 100 2∙10-4 40 CC 1.000 -101 0 40 CB 10 -0,99 5∙10-5 4.000

Fig. 10 Circuito equivalente a parametri h

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Appunti di elettronica Rev. 1.0, Pag.20

Amplificatori alle alte frequenza: Circuito di Giacoletto Alle alte frequenze non è più valido il modello a parametri ibridi del transistor a causa della dipendenza dei

parametri hie ed hfe dalla frequenza. Si ricorre quindi ad un altro modello del BJT denominato circuito

equivalente a P-greca o circuito di Giacoletto. In altre parole alle alte frequenze le capacità di giunzione

Cbe; Cce; Cbc del BJT, per quanto piccole (dell’ordine del pico Faraday) non possono essere più

trascurate.

Un modello che tiene conto delle capacità parassite del transistore, é come già detto, il modello di

Giacoletto.

Fig. 1 Circuito a P-greca o circuito di Giacoletto

In questo caso i parametri sono resistivi ed indipendenti dalla frequenza, inoltre variano in funzione del

punto di lavoro e, in misura minore, dalla temperatura. La resistenza rbb' del circuito di base, di valore

tipicamente compreso tra 10 e 200 W. Esistono delle relazioni molto semplici fra i parametri h ed il modello

del transistore a P-Greca.

Simbolo Descrizione Valore tipico Formula rbb

’ Resistenza della regione di base. 50-300 Ω Hie- rb’e

rb’e

Resistenza che tiene conto del fatto che un aumento della tensione vbe genera un aumento della ricombinazione dei portatori di maggioranza

1000-3000 Ω hfe/gm

rb’c Tiene conto della reazione ingresso-uscita 1 MΩ rb

’e /hre

rce Rappresenta la resistenza collettore-emettitiore (10-50) KΩ 1/hoe GmVb’e Tiene conto che variazione della Vb’e generano

variazione della corrente di uscita 10-100 Ico/0,026 [mA]

Cb’e Capacita della giunzione b-e più la capacità di diffusione pF

Tfgm π2/ Cb

’c Capacità della giunzione di collettore. E’ indicata con Cob pF Datasheet

ceC Capacita della giunzione c-e. E’ indicata con Cib Pf Datasheet

Trascurando rb'c e applicando il teorema di Miller alla capacità Cb'c , si arriva al seguente schema

equivalente:

Alle alte frequenze, i gruppi RC del circuito equivalente semplificato della figura precedente introducono

due poli all'interno della risposta in frequenza del BJT (diagramma di Bode del guadagno in funzione della

gmVb’e Rp

Rb

Rb

Rs

Rb’e C1

Rb’b

Vs gmVb’e C2

Rp

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Appunti di elettronica Rev. 1.0, Pag.21

frequenza), uno (fi) relativo alla maglia di ingresso e l'altro (fu) relativo alla maglia di uscita. Da una

semplice analisi si ricava:

Req1=[(Rs//Rb)+rb’b] // rb’e

C1= Cb’e+Cb’c(1+gmVb’e)

C2=Cb’c

1τ =Req1∙C1

2τ =Rp∙C2

La frequenza di taglio superiore sarà: 222

1 τττ +=

Frequenza di Transizione:

La frequenza di transizione é definita come quel valore di frequenza tale che |hfe|=1 ( o in db |hfe|=0db.

Si può dimostrare che: fT=hfeo∙ft, ovvero che il prodotto guadagno hfeo per larghezza di banda ft é

costante.

Il valore di frequenza di transizione é detto Figura di merito del transistore.

20Log|hfe|

20Log|hfeo|

0 f_t f T

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Appunti di elettronica Rev. 1.0, Pag.22

Frequenza di taglio inferiore

Come al solito bisogna inizialmente calcolare la resistenza equivalente di Thevenin vista dalla capacità C1

e dalla C2. Si ricorda che per il calcolo della resistenza equivalente di Thevenin si annullano i generatori di

tensione (si cortocircuitano quelli di tensione, e si aprono quelli di corrente) e si calcola la resistenza ai

morsetti delle capacità.

Per il calcolo di 1τ cortocircuitando Vs avremo:

)//(1 ieBseq hRRR += , quindi 1

1111 2

1

τπτ

⋅⋅=⇒⋅= fRC eq

analogamente per il calcolo di 2τ aprendo hfe ib avremo

)//1

(2 coe

Leq Rh

RR += quindi 2

2222 2

1

τπτ

⋅⋅=⇒⋅= fRC eq

la frequenza di taglio inferiore sarà data dalla: 2

2

2

1inf_

11

2

1

+

⋅=

ττπtf

( )Avlog20

frequenza

-20Db/dec 20Db/dec

Freq_taglio_inf Freq_taglio_Sup

Basse Freq.

Medie Frequenze.

Alte Freq.

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Appunti di elettronica Rev. 1.0, Pag.23

AMPLIFICATORE OPERAZIONALE

L'amplificatore operazionale come circuito integrato è uno dei circuiti lineari maggiormente usati.

L'amplificatore operazionale è un amplificatore in continua: ciò significa che esiste una continuità elettrica

fra ingresso e uscita; il nome di "operazionale" è dovuto all'uso per cui era nato tale amplificatore, e cioè il

funzionamento all'interno di elaboratori analogici per l'esecuzione di operazioni matematiche.

Nella sua forma più semplice (figura 1), un amplificatore operazionale è composto essenzialmente da uno

stadio d'ingresso, da un secondo stadio amplificatore differenziale e da uno stadio di uscita in classe AB,

del tipo "emitter follower" L’amplificatore operazionale è usato largamente negli elaboratori analogici per

effettuare somme, moltiplicazioni, integrazioni e derivazioni, ecc.... Per i principali campi di applicazione si

possono citare l’elaborazione dei segnale, la conversione A/D e la generazione di forme d’onda. Un

amplificatore operazionale è rappresentato dal seguente schema:

FIG 1.1 Modello generale dell’amplificatore operazionale

Dal punto di vista del segnale l’amplificatore operazionale ha due terminali di ingresso( ingresso invertente “-“ così detto in quanto l’uscita é in opposizione di fase rispetto al segnale presente in questo

ingresso; ingresso non invertente “+”, così detto in quanto l’uscita é in fase rispetto al segnale presente

in questo ingresso e un terminale di uscita.

Modello ideale Nella tabella seguente viene posto un confronto fra un opam ideale e uno reale. Modello ideale uA741 Guadagno di tensione a catena aperta OLA 200.000

Resistenza d’ingresso IR 2MΩ

Resistenza di uscita OR 0 75Ω

Larghezza di banda BW 1MHz

CMMR (rapporto di reiezione di modo comune) 10.000

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Appunti di elettronica Rev. 1.0, Pag.24

Note sui valori dell’amplificatore operazionale. Si vuole far notare l’importanza di avere una resistenza di ingressi ∞=IR ed Ru=0.

Si consideri lo stadio di ingresso di un amplificatore in esso il valore della amplificazione di tensione totale sarà dato

da: α⋅=⋅== Avvv

vv

vvAv

S

i

i

u

S

uT con

iS

i

RRR+

=α coefficiente di attenuazione in

ingresso. Il valore ∞=IR implica che 1=α per cui AvT = Av, ovvero tutto il

segnale erogato dal generatore vs passa all’ingresso dell’amplificatore per poter essere amplificato. In uscita si può fare un discorso analogo:

β⋅⋅=⋅

⋅⋅= SLO

LSU vAv

RRRvAvv con

LO

L

RRR+

=β coefficiente di attenuazione in uscita. Se Ro=0

questo coefficiente vale uno, quindi tutto il segnale in uscita dell’amplificatore va a finire sul carico. Funzionamento a catena aperta Il nostro opam sarà detto funzionante a catena aperta quando non c’é nessuna rete di retroazione fra

ingresso e uscita. La relazione che lega la tensione di uscita con la tensione d’ingresso è la seguente:

in cui OLA é il guadagno a catena aperta cioè l’amplificazione che si ottiene senza nessuna rete di

retroazione collegata all’operazionale; il segnale ( ) dvvv =− 21 é detto segnale differenza.

Schema elettrico dell’Opam Caratteristica ingresso - uscita Dal fatto che il guadagno di tensione a catena aperta ∞=OLA , si deduce che per ogni valore di

( ) dvvv =− 21 diverso da zero il valore di tensione di uscita tende ad infinito, ovvero nella realtà circuitale

Ov va al valore di saturazione cioè al valore della batteria di alimentazione (meno una soglia vbe). Il tratto rettilineo tra questi due valori della caratteristica ingresso-uscita, dove in genere si preferisce

lavorare, è detto "zona lineare" e la cui pendenza, (90° nel caso ideale, quasi 90° nel caso reale),

corrisponde proprio al guadagno Aol, (infinito nel caso ideale,molto elevato nel caso reale) di questo

dispositivo. In questo tratto di caratteristica Vd è nulla. Tutto questo perché, essendo Vu = Aol × Vd ed

essendo Aol infinito e Vu compresa tra i valori +Vcc e -Vcc, quindi limitata, dalla relazione: Vd =Vu/Aol; si

Circuito di ingresso Circuito di Uscita

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Appunti di elettronica Rev. 1.0, Pag.25

deduce che: vd = 0. Questa relazione indica che tra l'ingresso non invertente(+) e quello invertente (-) c'è

un "corto circuito virtuale" per contraddistinguerlo dal corto circuito "elettrico", in quanto, in questo caso,

non c'è passaggio di corrente tra i terminali (+) e (-). Il valore vd rappresenta la soglia (valore dell’ordine

dei µV) del segnale d’ingresso superata la quale l’amplificatore va in saturazione.

Pertanto l’amplificatore operazionale ad anello aperto non può essere utilizzato in applicazioni lineari, cioè

in applicazioni dove esista una relazione lineare tra ingressi e uscita (amplificatore, derivatore, sommatore,

ecc...), ma in applicazioni non lineari come, ad esempio, per la realizzazione di un comparatore. (Un

comparatore è un circuito che ha il compito di rilevare se un determinato segnale vs superi o no un certo

valore detto soglia di comparazione che indicheremo con vc) . E’ facile constatare dalla caratteristica dalla

figura seguente che l’amplificatore ad anello aperto si comporta come un comparatore con soglia di

comparazione (rivelatore di passaggio per lo zero). Infatti, se la tensione è maggiore di zero,

l’uscita è pari a mentre se è minore di zero l’uscita è pari a .

Funzionamento ad anello chiuso Per avere un comportamento lineare anche per valori relativamente ampi del segnale in ingresso bisogna

utilizzare un circuito in controreazione in cui è presente almeno un collegamento elettrico tra l’uscita e uno

dei due ingressi. Questa tecnica si basa sulla teoria dei sistemi ad anello chiuso e permette di realizzare

circuiti ad amplificatori operazionali con guadagno stabile, riducendo i fenomeni di non linearità. Di seguito

analizziamo diverse circuiti in controreazione.

Amplificatore Invertente

In questo circuito l’uscita è collegata all’ingresso invertente tramite una resistenza mentre il generatore

di segnale è collegato all’ingresso non invertente tramite la resistenza R. L’ingresso non invertente è

collegato a massa. Si chiama amplificatore invertente perché il guadagno ha segno negativo, cioè l’uscita

avrà segno opposto rispetto alla tensione d’ingresso. Inoltre il guadagno dipende dai valori delle resistenze

esterne all’amplificatore operazionale e non dal guadagno . Nella figura seguente è rappresentato il

circuito in esame Essendo l’ingresso non invertente collegato a

massa e assumendo che la tensione di uscita sia

finita, diremo che l’ingresso invertente è collegato a

massa virtuale, cioè la tensione differenziale sia

prossima a zero, poiché il guadagno

dell’amplificatore operazionale è elevato. La

seguente uguaglianza dimostra tale definizione:

Parliamo anche di “corto circuito virtuale” tra i terminali d’ingresso. La parola virtuale deve essere

sottolineata, e non si deve commettere l’errore di cortocircuitare fisicamente i terminali + e - nell’analisi di

un circuito.

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Appunti di elettronica Rev. 1.0, Pag.26

Applicando la legge di ohm calcoliamo la corrente che attraversa R:

Rv

Rvv

Rvi ssR

R =−

== −

Tale corrente non può entrare nell’amplificatore operazionale, poiché la sua resistenza d’ingresso é infinita,

ma scorre per , quindi: f

ORfRO R

viRiv −=⇒⋅−= .

Uguagliando per iR avremo: RR

vvA

Rv

Rv f

S

O

f

OS −==⇒−=

La relazione precedente evidenzia che l’amplificazione invertente dipende solo dalle resistenze del

circuito e non dipende dai valori intrinseci (AOL, RIN, ecc…), anzi proprio il valore di AOL, tendente ad infinito

permette di ottenere questo risultato per mezzo della massa virtuale. Il segno negativo dimostra che la

polarità di uscita è invertita rispetto alla tensione di ingresso. E’ utile ricordare che la corrente che gli

amplificatori operazionali erogano in uscita ad un carico resistivo è limitata a valori intorno a 5÷10 mA,

quindi bisogna scegliere opportuni valori di , ed per non superare questo limite.

Amplificatore Non invertente Nella figura seguente è illustrato lo schema di un amplificatore non invertente che fornisce in uscita un

segnale amplificato in fase rispetto al segnale in

ingresso. L’ingresso è quello non invertente,

mentre la rete di reazione è sempre collegata

all’ingresso invertente ed è costituita dalle

resistenze e : in particolare la resistenza

riporta l’uscita sull’ingresso invertente in modo tale

che la reazione risulti negativa.

Assumendo che l’amplificatore operazionale sia

ideale con guadagno infinito, tra i suoi terminali di ingresso è presente un corto circuito virtuale.

Quindi la tensione sul terminale di ingresso invertente sarà uguale a quella sul terminale di ingresso non

invertente, che è la tensione applicata . La corrente che scorre in si può determinare mediante il

rapporto . A causa dell’impedenza di ingresso infinita dell’amplificatore operazionale, questa corrente

scorrerà in , quindi la tensione di uscita si può determinare da

Quindi:

Come volevasi dimostrare, il guadagno dell’amplificatore non invertente è positivo e

dipende solamente dalle resistenze della rete di reazione.

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Appunti di elettronica Rev. 1.0, Pag.27

Segnali di un amplificatore invertente Segnali di un amplificatore non invertente Comparatore a soglia nulla

Applicazioni lineari dell’Amplificatore Operazionale. Sommatore invertente

Un’altra configurazione invertente è il circuito mostrato nella figura seguente.

E’ presente una resistenza nell’anello di

controreazione negativa e, inoltre, abbiamo più

segnali d’ingresso , applicati alle

rispettive resistenze , che sono connessi

al terminale invertente dell’amplificatore

operazionale. Dalla precedente discussione

l’amplificatore operazionale ideale presenta una

massa virtuale al suo terminale invertente

d’ingresso quindi, per la legge di Ohm, le correnti , sono pari a:

Tutte queste correnti si sommano per generare la corrente , cioè la corrente che scorre in :

Applicando nuovamente la legge di Ohm possiamo calcolare la tensione di uscita (tenendo sempre in

mente il concetto di massa virtuale.:

Cioè la tensione di uscita è una somma pesata dei segnali d’ingresso , ma di segno opposto. Si noti

che ciascun coefficiente della somma può essere regolato indipendentemente mediante il corrispondente

resistore di ingresso e

Sommatore non invertente

Sommatore invertente

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Appunti di elettronica Rev. 1.0, Pag.28

Questo sommatore è simile al sommatore invertente, tranne

che non compare il segno (-) nell'espressione di Vu. Anche qui

la Vu è funzione della somma di due (o più) ingressi. Si può

notare che in pratica il circuito è costituito da un amplificatore

non invertente il cui guadagno è 1 + Rf/R, come già visto, con i

segnali, V1 e V2, applicati all'ingresso non invertente, tramite le

due resistenze R', uguali.

Si può quindi scrivere che:

+= + R

Rvv f

u 1

Ma V+ è data dal contributo di V1 e V2 e con la sovrapposizione degli effetti si ha:

2221 vvv +=+

per cui si ha, sostituendo che:

+

+=

RRvvv f

u 12221

Buffers (o inseguitore di tensione)

L’inseguitore di tensione é un amplificatore non invertente.

L’inseguitore di tensione è un amplificatore operazionale in cui

l’uscita è collegata all’ingresso invertente mentre la tensione

d’ingresso è applicata all’ingresso non invertente. L’inseguitore si

chiama tale perché la tensione in uscita segue la tensione

d’ingresso, cioè entrambi assumono lo stesso valore. Esso viene

utilizzato per disaccoppiare i circuiti presenti a monte e a valle dell’amplificatore eliminando così il

cosiddetto effetto “carico” (ovvero un eccessivo assorbimento di corrente dal generatore di segnale) che

potrebbe compromettere il corretto funzionamento dei circuiti. Bisogna ricordare che la tensione in ingresso

dovrà essere inferiore alla tensione di alimentazione.

Analiticamente, dato che si tratta di un amplificatore invertente il valore della tensione di uscita sarà dato

dalla nota equazione:

ma nel nostro caso 0=fR ed ∞=R per cui avremo SO vv =

Amplificatore differenziale

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Appunti di elettronica Rev. 1.0, Pag.29

Spesso è necessario disporre della differenza,

eventualmente amplificata, fra due segnali, ad

esempio quando si voglia eliminare una componente

comune ad entrambi. Il circuito illustrato in figura

presenta questa funzionalità, ovvero

( )21 vvR

Rv f

O −=

Per verificare tale relazione si può applicare il

principio di sovrapposizione degli effetti,

considerando il generatore v2, cortocircuitato, si ha

considera solo il generatore v1 che siamo in

presenza di un amplificatore non invertente con il segnale di ingresso dato dal partitore R-Rf:

RRR

vvf

fS +

=+ quindi il segnale di uscita “figlio” del generatore v1 sarà:

RR

vR

RRR

Rv

RR

vv ff

f

ffO 11

' 11 =

+⋅

+=

+= +

Ora considerando il generatore v1 a massa, e funzionante il generatore v2 siamo in presenza di un

amplificatore invertente, quindi avremo:

RR

vv fO ⋅−= 2

'' , applicando il principio di sovrapposizione degli effetti:

( )21''' vv

RR

vvv fOOo −=+= .

La presente dice che l’uscita é proporzionale alla differenza dei segnali di ingresso.

Amplificatore Differenziale

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Appunti di elettronica Rev. 1.0, Pag.30

AMPLIFICATORE OPERAZIONALE REALE Corrente di polarizzazione e corrente di offset in ingresso.

L'operazionale reale presenta un certo numero di parametri che lo differenziano da quello ideale che

verranno descritti in seguito.

L'operazionale reale, a differenza di quello ideale, assorbe

all'ingresso una corrente, necessaria per poter polarizzare i

dispositivi (BJT o FET) presenti all'ingresso. L'ordine di queste

correnti è di 500 nA per i BJT e 50 pA per i FET. Se indichiamo con

IB+ la corrente che scorre all'ingresso non invertente e IB- quella

che scorre all'ingresso invertente, definiamo

Corrente di Polarizzazione di ingresso la media artimetrica di

queste due correnti: 2

−++=

IBIBI B

Per valutare l'errore causato da IB, se Vi = 0 (Rc = R//Rf = 0), si nota che IB+ si chiude direttamente a

massa e V+ = 0 e anche V- è nulla. IB- scorre solo su Rf perché sulla R non scorre corrente essendo la sua

ddp nulla, determinando una tensione di uscita pari a: Vu = -Rf× IB-. Se R è molto elevata (es. 1Mohm) e

IB- = 500 nA, anche se Vi e nullo si ha che Vu = -0,5V.

Questo valore può essere intollerabile; per ridurre tale effetto la tecnica più usata consiste nel fare in modo

che le resistenze viste dai due terminali di ingresso verso massa coincidano. Si ottiene ciò inserendo tra il

terminale non invertente e massa una resistenza di compensazione di valore Rc = R//Rf. Questo solo se le

due correnti sono uguali, ma per la inevitabile dissimmetria dello stadio di ingresso esiste una differenza tra

le due correnti di polarizzazione.

Si definisce Corrente di Offset di ingresso definita come: IOS = | IB+ - IB- |, la differenza fra le correnti di

ingresso quando la tensione di uscita é nulla.

Questa corrente è dell'ordine di 200 nA per i BJT e 10 pA per i FET. e produce un errore pari a: Vu = Rf×

IOS e, per minimizzarlo bisogna usare un valore di Rf non troppo elevato.

Tensione di offset in ingresso

Applicando all'ingresso di un operazionale reale un segnale nullo,

all'uscita ci sarà, a differenza dell'operazionale ideale, una

tensione diversa da zero, anche adottando gli accorgimenti visti

nel precedente paragrafo, tutto ciò è dovuto alle inevitabili

dissimetrie interne dell'operazionale stesso. L'effetto che ne viene

fuori nella configurazione ad anello aperto può portare alla

saturazione del dispositivo senza che in ingresso vi sia nessun

segnale.

Corrente di polarizzazione di ingresso

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Appunti di elettronica Rev. 1.0, Pag.31

Questo effetto può essere quantificato con una tensione detta Tensione di offset di ingresso (VOS)

definita come il valore di tensione continua di correzione da applicare

all'ingresso al fine di annullare la Vu. Se il segnale di ingresso Vi è nullo si avrà che: OSf

U VR

RV ⋅

+= 1

CMMR (Common Mode Rejection Ratio) – Rapporto di Reiezione di Modo Comune

In un amplificatore operazionale reale, impiegato come amplificatore differenziale, la tensione di uscita non

é solo funzione della differenza delle tensioni sui due ingressi, ma anche dal valore medio dei livelli dei due

segnali. Si ha:

+

+−=2

)( 1212

VVAVVAV CdU con:

- Segnale di modo comune: 2

12 VVVC+

=

- Segnale differenziale: 12 VVVd −=

Si definisce CMMR il valore assoluto del rapporto del segnale differenza rispetto a quello di modo comune:

c

d

AACMMR = , valori tipici sono dell’ordine di 100dB.

Guadagno a catena aperta e risposta in frequenza

Il guadagno ad anello aperto Aol non è infinito come nel caso ideale e soprattutto é dipendente dalla

frequenza.

Per il noto µA741 il guadagno ad anello aperto vale

circa 200.000 a frequenza zero, per poi scendere

subito dopo qualche Hertz.

In genere per ogni operazionale viene dato il

parametro GBW (guadagno per larghezza di banda),

che nel caso del µA741 è di 1 MHz, questo significa

che per questo operazionale il GBW è in ogni caso

uguale ad 1 MHz. Se il guadagno nella particolare

configurazione è unitario allora la larghezza di banda è

di 1 MHz; mentre se il guadagno è superiore all'unità,

ad esempio 10, allora la larghezza di banda diminuisce

e per un guadagno di 10 sarà 1MHz/10, cioè 100 KHz.

Slew Rate: Si definisce Slew Rate la rapidità con cui varia nel tempo la tensione di uscita in presenza di

segnali ampi e della rete di reazione esterna. Esso é dell’ordine dei V/μA.

AOL in funzione della frequenza

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Appunti di elettronica Rev. 1.0, Pag.32

Convertitori I/V e V/I

In alcune applicazioni circuitali, la grandezza di ingresso è rappresentata da un generatore di corrente

oppure si richiede in uscita una corrente proporzionale ad una tensione o ad una corrente di ingresso.

Utilizzando amplificatori operazionali si possono realizzare strutture circuitali che, pur con le limitazioni

imposte dalla dinamica di uscita dei dispositivi, rispondono in buona misura a queste esigenze. Si

esaminano qui le principali configurazioni

Convertitori I/V Il convertitore corrente-tensione (I/V), chiamato anche

generatore di tensione controllato in corrente o

amplificatore a transresistenza, idealmente è in grado di

fornire una tensione v, proporzionale alla corrente di

ingresso i, indipendentemente dalla resistenza interna

Rs, del generatore di ingresso e dalla resistenza di

carico R,. Esso presenta quindi resistenze di ingresso e

di uscita uguali a zero. Le caratteristiche

dell'amplificatore operazionale consentono, almeno da

un punto di vista ideale, di ottenere le prestazioni

richieste. Il circuito di figura rappresenta la struttura più semplice. Poiché l'ingresso invertente (-) costituisce

una massa virtuale, la corrente che scorre in Rs, è nulla e i, fluisce interamente attraverso la resistenza Rf.

La tensione di uscita vale pertanto:

ffO Riv ⋅−= dove si vede che la tensione di uscita Ov é proporzionale alla corrente fi tramite la

resistenza fR .

Convertitori V/I

Il convertitore tensione-corrente è chiamato anche generatore di corrente controllato tensione. Idealmente

fornisce ad un carico R, una corrente proporzionale alla tensione di ingresso, indipendentemente da

variazioni del carico stesso, e presenta quindi resistenze di ingresso e di. Le configurazioni circuitali

possibili basate su amplificatori operazionali sono varie e dipendono soprattutto dalle modalità di

connessione del carico.

Convertitore V/I con carico flottante

Se l'elemento di carico ZL non ha terminali a massa; ossia è flottante, le strutture circuitali sono assai

semplici e derivano direttamente dagli amplificatori di tensione invertente e non invertente esaminati

precedentemente. Come si vede figura seguente, è sufficiente inserire l'elemento di carico, indicato con ZL,

nell'anello di reazione. Considerando il circuito “a” nella figura seguente, grazie alla massa virtuale presente

all'ingresso

Convertitore I/V

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Appunti di elettronica Rev. 1.0, Pag.33

Rvii S

iL == in cui vede che il valore della corrente attraversante il carico ZL dipende dalla resistenza R,

dal generatore di ingresso vs ma non dipende dal carico flottante ZL.

Ovviamente il funzionamento è lineare fino a che LLLO Zivv ⋅−=−= é minore tella tensione di

saturazione. Un altro inconveniente del circuito “a” é il valore della resistenza vista dal generatore vs che

non é infinita, ma bensì, R.

Nel circuito di figura “b”, per il quale vale ancora la relazione Rvii S

iL == , la resistenza di ingresso è

idealmente infinita e la corrente i, non deve essere fornita dal generatore. Tuttavia esso presenta un'altra

limitazione dovuta alla dinamica di uscita dell'operazionale. Poiché infatti SLO vvv +−= il funzionamento è

lineare solo per valori di Lv compresi fra:

sSATLsSAT vVvvV +<<−−

cioè questo circuito rispetto al precedente ha una dinamica minore del precedente.

Integratori Integratore Ideale Dalla configurazione invertente sostituendo al posto della Rf una capacità si ottiene un integratore.

L'uscita di questo circuito ci fornisce un segnale Vu

proporzionale all'integrale del segnale di ingresso Vi, come si

può vedere nella figura a lato. Si può notare che la corrente che

scorre nella R è la stessa che scorre nella C (essendo

l'operazionale ideale), cioè IR = IC, e ricordando che, nel

condensatore vale:

tVC

RV

tVC

RV

tVCII UICRC

CR δδ

δδ

δδ −

⋅==⋅==⋅== dato che

il potenziale V- é un potenziale nullo a causa della massa virtuale. Quindi:

CRV

tV

tVC

RV IUUI

⋅−=→⋅−=

δδ

δδ

, passando ad integrare sia il primo che il secondo membro:

Integratore Ideale

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Appunti di elettronica Rev. 1.0, Pag.34

tVCR

VtCR

Vtt

VIU

IU δδδδ

δ∫∫∫ ⋅

−=→⋅

−=1 che mostra che la tensione di uscita é ottenuta tramite

un’integrazione del segnale di ingressi Vi.

Se applichiamo all'ingresso, al posto della Vi un segnale a gradino di ampiezza V si ottiene in uscita una

rampa negativa, la cui equazione é tVCR

V IU ⋅⋅⋅

−=1

, la rampa è negativa perché l'ingresso è applicato

al terminale invertente.

Nell'istante t = t0 viene applicato un gradino di

ampiezza V, dalla relazione che lega la Vu alla Vi,

sostituendo alla Vi il valore del gradino si ottiene una

rampa negativa di equazione Vu=-(V/RC)× t con

pendenza -V/RC, questo fino ad arrivare alla

saturazione (negativa) dell'operazionale (- Um), oltre

questo valore, la Vu rimane costante.

Questo circuito h però un inconveniente: se vs, = 0. vu,

non rimane a 0; ciò è dovuto alla corrente di

polarizzazione e alla tensione di offset di ingresso, presenti negli operazionali reali, che portano il

condensatore a caricarsi anche in assenza di tensione applicata. Se V, è un segnale, sinusoidale o non,

nominalmente a valor medio nullo, il circuito si comporta solo teoricamente come un integratore. Infatti la

presenza anche solo di un leggero offset nel segnale di ingresso, o degli offset intrinseci all'operazionale

stesso, tende a caricare il condensatore, in un verso o nell'altro, portando ben presto Vu, ai valori di

saturazione e facendo così venir meno la relazione tVCR

V IU ⋅⋅⋅

−=1

.

Integratore Reale

Una soluzione al problema precedente consiste semplicemente ad inserire in parallelo alla capacità C una resistenza R’.

Se Vs, è un gradino di tensione di ampiezza V, il parallelo R'C sarà sottoposto ad una corrente costante I = V/R e pertanto il condensatore si caricherà esponenzialmente tendendo a VR'/R con costante di tempo t = R'C e andamento espresso dalla relazione

)(

'

1'

'1)(

'1

'1)()( sV

sCR

CR

RR

sVCsR

RR

sVRZsV IIIu

+

⋅=+

=−=

se il segnali Vi(t) e un gradino di tensione u(t), Vi(s)=1/s

quindi ss

CRCR

sVu1

'

1

'11)( ⋅

+

⋅= dove anti-trasformando

nel domino del tempo: VeRRtV

t

u ⋅

−=

−τ1

')( . SI ricorda che:

Forme d’onda dei segnali di ingresso e uscita

Integratore Reale

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Appunti di elettronica Rev. 1.0, Pag.35

( ) ( )tempo

ta

laplace

eaass

⋅−−=+

111

dove per t<<τ , ci si avvicina all’andamento dell’integratore reale; inoltre

un’eventuale componente continua sarà amplificata solo del valore –R’/R.

Derivatore

Questa configurazione prende il nome di

derivatore ideale, simile all'integratore ideale

già visto ma la capacità e la resistenza sono

invertite nella loro posizione.

In questo circuito la tensione di uscita Vu é

proporzionale alla derivata del segnale di

ingresso Vi. Come nel caso precedente,

essendo l'operazionale ideale, vale la

relazione IC = IR, sostituendo alle due correnti le loro rispettive espressioni si ottiene:

dtdVCI

RVI C

CR

R ⋅=== ma considerando il cortocircuito virtuale: VR=-VU otteniamo:

dtdVCRV

dtdVC

RV C

UCU ⋅⋅−=→⋅=− ma a causa del cortocircuito virtuale: VC=VI, quindi:

dtdVCRV I

U ⋅⋅−= .

Se applichiamo in ingresso una rampa di

tensione, in uscita avremo un gradino, infatti

l’integrale di kx é k, costante.

Applicando al posto di Vi una rampa di

equazione Vi=(V/RC)×t, (con V/RC

coefficiente angolare), a partire dall'istante to,

si otterrà all'uscita un gradino di ampiezza V,

come si può vedere dal grafico a lato.

Infatti dalla Vu=-RC(dVi/dt), sostituendo

l'espressione di Vi si ha Vu=-V.

Derivatore

Segnali di un derivatore

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Appunti di elettronica Rev. 1.0, Pag.36

APPLICAZIONI DELL’OPAM NON LINEARI

Rilevatore di zero In questa applicazione e nelle successive, non si ricorre all'uso della retroazione negativa, questo per

sfruttare meglio il tratto verticale della transcaratteristica, in modo da avere in uscita un passaggio netto tra

uno stato e l'altro, la mancanza della retroazione negativa o addirittura l'uso della reazione positiva,

consente di dire che non vale più la relazione Vd = 0, perché non si lavora più in zona lineare e l'uscita Vu

ammette solo due valori: +Um o -Um, come si può facilmente intuire dalla transcaratteristica.

Come si può vedere in figura, questo circuito rileva il passaggio per lo zero della Vi. Essendo il segnale di

ingresso applicato al terminale (-), l'uscita Vu sarà uguale a +Um se Vi è maggiore di zero e -Um se minore

di zero.

Se invece voglio che la Vu risulti uguale a -Um per Vi>0 e +Um per Vi<0, devo usare come ingresso il

terminale invertente.

Infatti, in questo circuito le

cose sono invertite rispetto

al circuito precedente,

perché in questo caso il segnale

di ingresso é applicato al

terminale (-).

COMPARATORE

Il comparatore è simile al rilevatore di zero a parte il fatto che l'uscita Vu cambia stato non in

corrispondenza dello zero ma per un valore diverso da zero della Vi.

Comparatore Invertente Comparatore Non Invertente Il circuito di sinistra compara il segnale Vi con una tensione fissa "E", se il valore della Vi è inferiore ad E, la

Vu vale -Um, quando Vi supera la tensione E, Vu passa da -Um a +Um

Nel circuito di destra le cose sono invertite perché adesso il segnale Vi è applicato al terminale invertente.

Rilevatore di zero e caratteristica ingresso uscita

Rilevatore di zero e caratteristica ingresso uscita

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Appunti di elettronica Rev. 1.0, Pag.37

Trigger di Schmitt – (Comparatore con Isteresi)

Nei rivelatori di zero e nei comparatori già visti esiste il problema dei disturbi sovrapposti al segnale di

ingresso.

Quando il segnale di ingresso passa per lo zero (o per

una tensione di riferimento), ed é presente un disturbo

sovrapposto al segnale di ingresso stesso, si possono

verificare all'uscita delle commutazioni indesiderate.

Queste commutazioni indesiderate non ci permettono

di stabilire univocamente il momento in cui si ha il

passaggio per lo zero (o per la tensione di riferimento).

Per risolvere questo problema si ricorre all'uso del

comparatore con isteresi che in pratica deriva dal

comparatore già visto prima, dove però viene usata la

retroazione positiva, cioè viene riportata parte della tensione di uscita all'ingresso non invertente.

Comparatore con isteresi Segnali del comparatore con isteresi

Quando Vu si trova a +Vsat, L’ingresso invertente (+) si trova alla tensione imposta dal partitore:

SATA VRR

RV ⋅+

=21

2

Quando Vu si trova a -Vsat, L’ingresso invertente (+) si trova alla tensione imposta dal partitore:

SATB VRR

RV ⋅+

−=21

2

Partiamo dalla condizione in cui l'uscita vale +Vsat cioè l'operazionale si trova in saturazione positiva.

In questo caso l'ingresso non invertente si trova al potenziale VA. Non appena Vi, crescendo, supera

questa tensione, che è la soglia positiva, l'operazionale commuta, la Vu si porta a –Vsat più rapidamente

che senza retroazione positiva (si ricorda che la reazione positiva aumenta l’instabilità del sistema) e,

questo perché nell'attimo in cui Vi raggiunge la tensione al terminale non invertente, l'uscita si porta a –

Esempio di disturbo di commutazione

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Appunti di elettronica Rev. 1.0, Pag.38

Vsat, come si rileva dalla caratteristica dell'operazionale ideale e, questa Vu negativa, forza l'operazionale a

commutare più rapidamente perché adesso la tensione all'ingresso non invertente è diventata negativa ed

è a maggior ragione più bassa di quella presente nell'istante in cui si ha la commutazione.

Adesso il terminale non invertente si trova al valore VB, che è la soglia negativa, e per avere una

successiva commutazione è necessario che la Vi scenda sotto di questa. Raggiunto questo valore,

l'operazionale commuta e la Vu si riporta a +Vsat e quindi anche la tensione al terminale non invertente

ritorna ad essere positiva e uguale alla soglia positiva vista prima, forzando l'operazionale, come già visto,

ad una commutazione più rapida.

Da notare (importante) che con le due soglie si riduce il problema delle false commutazioni. Infatti se il

rumore non supera le soglie VA e VB esso non può produrre false commutazioni.

Ad esempio, supponendo R1=9R2 e VSAT= ±10V si ricava VA=1V e VB=1V. All'interno di queste due soglie,

uguali in modulo, ma di segno opposto, il dispositivo non risente di eventuali disturbi presenti all'ingresso,

sempre che l'ampiezza di questo non supera il valore di una delle soglie.

Come si nota in figura ora la commutazione dell'uscita non

avviene più in corrispondenza dello zero ma avviene in

corrispondenza di una delle due soglie, per cui l'eventuale

disturbo sovrapposto al segnale di ingresso Vi, non

influenzerà l'uscita.

Come mostrato in figura, l'uscita di questo circuito

cambia stato quando l'ingresso supera una delle due

soglie (negativa o positiva), ma per ottenere la

successiva commutazione dell'uscita è necessario

superare l'altra soglia. L'intervallo Vt+ - Vt- = VH è detto

isteresi e dipende dal partitore. Vediamo di analizzare il

tutto usando la caratteristica ingresso uscita detta anche

"caratteristica di trasferimento".

Come si può vedere dalla figura, se la Vi si trova al di

sotto della soglia negativa (Vt-) e cresce, la oltrepassa

senza che l'uscita cambia stato; questo fino a quando arriva in corrispondenza della soglia positiva. In

corrispondenza di questa si ha la commutazione, tornando indietro invece la commutazione si ha in

corrispondenza della soglia negativa.

L'intervallo tra le due soglie si chiama "isteresi" in cui il valore medio (Vt+ + Vt-)/2 vale zero, cioè la finestra

è centrata nell'origine.

Transicaratteristica

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Appunti di elettronica Rev. 1.0, Pag.39

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