24
GIAN LUCA POTESTÀ L’Exhortatorium Iudeorum di Gioacchino da Fiore. Fonti e datazione 1 . L’edizione critica dell’ Exhortatorium Quasi tutti i testi di Gioacchino finora pubblicati o in prepara- zione nell’ambito dei progettati Opera omnia risultano già prece- dentemente editi, una o più volte. Non fa eccezione l’ Exhortatorium Iudeorum, che, pubblicato una prima volta da Arsenio Frugoni nel 1957, è stato nuovamente edito da Alexander Patschovsky quasi cinquant’anni dopo, sempre presso l’Istituto Storico Italiano per il Medio Evo. Preceduta e accompagnata dall’impegno a individu- are, descrivere e catalogare tutti i codici di Gioacchino, l’impresa degli Opera omnia mira a fornire testi corretti e pienamente affi- dabili, allestiti sul fondamento di una ricognizione per quanto possibile completa della tradizione manoscritta e dotati di un apparato di commento che dia conto delle fonti di Gioacchino e dei rapporti letterari e dottrinali fra l’uno e l’altro dei suoi scritti; evitando peraltro il facile e indiscriminato ricorso alle banche dati elettroniche, cui certi editori attingono ormai senza discernimento e senza costrutto. Via via che l’opera procede, si rende possibile verificare se e in che misura le singole pubblicazioni tengano fede a tale programma di massima. Per la sua edizione del testo, cui fornì il titolo niente affatto appropriato di Adversus Iudeos (per rispetto di una indicazione di Ernesto Buonaiuti, impegnatosi a pubblicarlo senza poi riu- scirvi), A. Frugoni si era avvalso dei quattro codici di PADOVA, Bi- blioteca Antoniana, 322; REGGIO EMILIA, Biblioteca del Seminario Vescovile, R 2 ; DRESDA, Sächsische Landesbibliothek, A 121; PRAGA, doi 10.1484 / j.asr.1.102989

[email protected]

Embed Size (px)

DESCRIPTION

asr

Citation preview

Page 1: 10.1484@J.ASR.1.102989

GIAN LUCA POTESTÀ

L’Exhortatorium Iudeorum di Gioacchino da Fiore.Fonti e datazione

1. L’edizione critica dell’Exhortatorium

Quasi tutti i testi di Gioacchino finora pubblicati o in prepara-zione nell’ambito dei progettati Opera omnia risultano già prece-dentemente editi, una o più volte. Non fa eccezione l’Exhortatorium Iudeorum, che, pubblicato una prima volta da Arsenio Frugoni nel 1957, è stato nuovamente edito da Alexander Patschovsky quasi cinquant’anni dopo, sempre presso l’Istituto Storico Italiano per il Medio Evo. Preceduta e accompagnata dall’impegno a individu-are, descrivere e catalogare tutti i codici di Gioacchino, l’impresa degli Opera omnia mira a fornire testi corretti e pienamente affi-dabili, allestiti sul fondamento di una ricognizione per quanto possibile completa della tradizione manoscritta e dotati di un apparato di commento che dia conto delle fonti di Gioacchino e dei rapporti letterari e dottrinali fra l’uno e l’altro dei suoi scritti; evitando peraltro il facile e indiscriminato ricorso alle banche dati elettroniche, cui certi editori attingono ormai senza discernimento e senza costrutto. Via via che l’opera procede, si rende possibile verificare se e in che misura le singole pubblicazioni tengano fede a tale programma di massima.

Per la sua edizione del testo, cui fornì il titolo niente affatto appropriato di Adversus Iudeos (per rispetto di una indicazione di Ernesto Buonaiuti, impegnatosi a pubblicarlo senza poi riu-scirvi), A. Frugoni si era avvalso dei quattro codici di PADOVA, Bi-blioteca Antoniana, 322; REGGIO EMILIA, Biblioteca del Seminario Vescovile, R2; DRESDA, Sächsische Landesbibliothek, A 121; PRAGA,

doi 10.1484 / j.asr.1 .102989

Page 2: 10.1484@J.ASR.1.102989

ANNALI DI SCIENZE RELIGIOSE N.S. 5 (2012) 44

Biblioteca del Capitolo Metropolitano, C 95.1 Ne conosceva inol-tre un quinto, di Norimberga, di cui però non tenne conto, rite-nendolo «una rielaborazione controversistica che tiene presente, riassumendo, per qualche parte l’Adversus Iudeos di Gioacchino».2 Ulteriori codici sono divenuti nel frattempo noti, per un totale di otto. Essi tramandano due diverse versioni dell’opera: la prima, propriamente risalente a Gioacchino, è attestata da sei manoscritti (ai quattro appena citati vanno aggiunti: ROMA, Archivio Generale dell’Ordine dei Carmelitani, III Varia 1; LONDRA, British Library, Add. 11439), sul cui fondamento A. Patschovsky ha prodotto la nuova edizione critica; la seconda – tràdita dai due di NORIMBERGA, Stadtbibliothek, Cent. II 51 e di WOLFENBÜTTEL, Herzog-August-Bi-bliothek, 259.1 Extravagantes – è appunto una versione prodotta successivamente per finalità diverse da quelle originarie, come tale edita da Brigitte Hotz in Appendice al medesimo volume.3

Le nuove edizioni di Gioacchino fanno ciascuna storia a sé ri spetto a quelle dei medesimi testi già pubblicati una o più volte. Il lavoro compiuto da Frugoni era e rimane eccellente: qui non ci si trova certo di fronte a elementari errori di lettura, quali quelli individuati da Ezio Franceschini nelle edizioni curate da Buo-naiuti negli anni Trenta. L’ampliamento della base manoscritta ha peraltro comportato una revisione della ratio editionis e un ri-pensamento dello stemma codicum rispetto alla sua edizione. Sem-plificando al massimo, A. Patschovsky ha ripartito i sei codici in tre gruppi. I codici di Padova (tradizionalmente ritenuto il più

1 GIOACCHINO DA FIORE, Adversus Iudeos, ed. A. Frugoni, Roma, Istituto Storico Italiano per il Medio Evo, 1957 (Fonti per la storia d’Italia, 75). Per il manteni-mento della «scelta buonaiutiana» per il titolo, p. VII, nt. 1.

2 GIOACCHINO DA FIORE, Adversus Iudeos, p. XXXIX.3 IOACHIM ABBAS FLORENSIS, Exhortatorium Iudeorum, ed. A. Patschovsky; Appen-

dix: Versio abbreviata Exhortatorii Iudeorum auctore incerto confecta, ed. B. Hotz, Roma, Istituto Storico Italiano per il Medio Evo, 2006 (Fonti per la storia dell’Italia medievale; Antiquitates, 26. IOACHIM ABBAS FLORENSIS, Opera omnia, curantibus R.E. Lerner, A. Patschovsky, G.L. Potestà, R. Rusconi, K.-V. Selge, IV, Opera minora, 3). Il testo latino si trova ripubblicato, con apparato di commento alleggerito e traduzione italiana a fronte, in GIOACCHINO DA FIORE, Esortazione agli Ebrei, ed. R. Rusconi, Roma, Viella, 2011. Nel presente lavoro mi riferirò diretta-mente all’edizione critica, rinviando fra parentesi alla traduzione italiana. Preciso che i passi di Gioacchino riportati nel presente articolo in traduzione italiana sono tradotti dallo scrivente (rinvio comunque anche in tali casi alle pp. corrispondenti della traduzione italiana).

Page 3: 10.1484@J.ASR.1.102989

45 G.L. POTESTÀ L’Exhortatorium Iudeorum di Gioacchino da Fiore

autorevole) e di Reggio Emilia (tradizionalmente secondo ad esso nella considerazione degli studiosi) sono ascritti alla medesima famiglia e come tali, in caso di lezione aperta, non possono di per sé pretendere di essere sempre e comunque privilegiati. Di fatto, l’edizione dell’Exhortatorium ha segnato un ulteriore passo avanti nell’abbandono del feticismo del codice padovano, caratteristico di una stagione di studi ormai superata. Il riscontro più evidente di ciò è rappresentato dalla scelta dell’editore di riportare nel corpo dell’opera titoli e sottotitoli, che nel codice a volte si trovano in margine e a volte non compaiono del tutto, sicché Frugoni aveva ritenuto di consegnarli all’apparato delle varianti.

Rivolgendosi a destinatari giudei, nell’Exhortatorium Gioac-chino raccoglie e discute passi disparati dell’Antico Testamento in quanto testimonia (non riconosciuti da loro come tali) della Trinità, dell’avvenuta incarnazione del Messia in Gesù di Nazaret e della necessità di passare da un’interpretazione solo letterale (e quindi “carnale”) a una interpretazione spirituale della Scrittura. Qua e là introduce termini ebraici, quali dibur,4 ruaël,5 ky adonay hu ha heloym,6 variamente attestati in scritti di autori cristiani medievali. A. Patschovsky rileva che nell’Occidente medievale latino, quando ci si vuole riferire alla “parola” ebraica, si ricorre al termine dabar, mentre la forma ebraica dibur è attestata solo da Gioacchino, nell’Exhortatorium e nella cosiddetta Confessio fidei.7 Tale particolarità, pur non bastando per riaprire il dossier delle sue origini giudaiche – una convinzione dibattuta e ripresa ancora di recente – e neppure ad attestare che conoscesse l’ebraico,8 suona come una conferma riguardo al suo interesse per la lingua e la

4 IOACHIM ABBAS FLORENSIS, Exhortatorium Iudeorum, p. 152 (GIOACCHINO DA FIORE, Esortazione agli Ebrei, p. 79).

5 IOACHIM ABBAS FLORENSIS, Exhortatorium Iudeorum, p. 152 (GIOACCHINO DA FIORE, Esortazione agli Ebrei, p. 79).

6 IOACHIM ABBAS FLORENSIS, Exhortatorium Iudeorum, p. 156 (GIOACCHINO DA FIORE, Esortazione agli Ebrei, p. 81).

7 IOACHIM ABBAS FLORENSIS, Exhortatorium Iudeorum, p. 152, nt. 114 (omessa nella traduzione italiana).

8 Status questionis ed equilibrata analisi degli argomenti pro e contra in R.E. LERNER, The Feast of Saint Abraham: Medieval Millenarians and the Jews, Philadelphia (PA), University of Pennsylvania Press, 2001; trad. it.: La festa di sant’Abramo. Millenarismo gioachimita ed Ebrei nel medioevo, Roma, Viella, 2002, pp. 37-41.

Page 4: 10.1484@J.ASR.1.102989

ANNALI DI SCIENZE RELIGIOSE N.S. 5 (2012) 46

cultura ebraica, testimoniato anche dai contatti con sapienti ebrei che egli stesso dichiara espressamente.9

2. A confronto con la “Epistola 1” di Pier Damiani

Genesi e finalità dell’Exhortatorium possono essere meglio pre-cisate a partire da una approfondita analisi delle principali fonti cui l’opera attinge: vale sempre l’icastica affermazione di Carlo Dionisotti: «storia non si fa senza fare storia di fonti».10 Facendo ordine nella colluvie di riferimenti e allusioni adunati dall’editore, si scorge che numerose citazioni bibliche addotte da Gioacchino per persuadere i giudei della verità teologica ed ermeneutica del cristianesimo risultano presenti già in una lettera-trattato di Pier Damiani, indirizzata tra il 1040 e il 1041 all’ecclesiasticus vir Hones-tus.11

Nei due testi, più passi si ritrovano a volte disposti nella mede-sima successione. A. Patschovsky ipotizza che Gioacchino attinga a Pier Damiani in quanto arsenale di citazioni bibliche, disposte a mo’ di catena.12 Procedendo a un confronto integrale e ravvi-cinato fra i due scritti, scorgiamo però che fra essi intercorre un legame strutturale più intimo di quanto forse sembri. Esso risulta chiaro dal seguente confronto fra i rispettivi torsi:

GIOACCHINO, Exhortatorium PIER DAMIANI, Epistola 1(pp. 121-122, trad. it. cit., p. 51)

(Prologo)

Poiché sente «prossimo il tem-po della misericordia per loro, il tempo della loro consolazionee conversione», radunerà autorità

(pp. 65-67)(Prologo)

In risposta alla richiesta di Honestus, radunerà testimonia biblici utili a chiudere la bocca ai giudei che vengono spesso a

9 Cfr in particolare il celebre passo di Expositio in Apocalypsim, Venetiis, 1527 (repr. anast. Frankfurt am Main, 1964), 36vb, su cui infra, nt. 46.

10 C. DIONISOTTI, Leonardo uomo di lettere, in «Italia Medioevale e Umani-stica», V (1962), pp. 183-216.

11 Cfr Die Briefe des Petrus Damiani, ed. K. Reindel, Teil 1: nn. 1-40, München, Monumenta Germaniae Historica, 1983, pp. 63-102. Per la discussa identifica-zione del destinatario si veda la nt. 3 dell’editore, p. 65.

12 A. PATSCHOVSKY, Einleitung, in IOACHIM ABBAS FLORENSIS, Exhortatorium Iudeorum, p. 40 (GIOACCHINO DA FIORE, Esortazione agli Ebrei, p. 25).

Page 5: 10.1484@J.ASR.1.102989

47 G.L. POTESTÀ L’Exhortatorium Iudeorum di Gioacchino da Fiore

dell’Antico Testamento utili a confutare (I) la loro negazione di Dio uno e trino; (II) la loro negazi-one dell’incarnazione del Figlio di Dio; (III) l’interpretazione car-nale di precetti, storie e profezie dell’Antico Testamento

disputare con lui.

(pp. 123-166, trad. it., pp. 53-87)

(I) Testimonia di Dio come Trinità e delle tre persone del Padre, del Figlio e dello Spirito SantoConsiderazioni di teologia trini-taria

(pp. 67-69)

(I) Testimonia della Trinità e unità divina

(pp. 167-220, trad. it., pp. 89-127)

(II) Testimonia profetici che Gesù è Figlio di Dio e Messia

(pp. 69-88)

(II) Testimonia profetici che Gesù è Figlio di Dio e Messia

(pp. 220-284, trad. it., pp. 129-181)

(III) Resi ciechi dal peccato, i giu-dei non comprendono secondo l’intelletto spirituale:

a) Precetti da reinterpretare secon-      do lo spirito:

– sacrifici di animali– circoncisione– sabato

b) Storie bibliche da comprendere secondo lo spirito, ad evitare assurdità

c) Preannunci profetici della mi-sericordia divina nei confronti dei gentili

d) Per i giudei il tempo della con-solazione è vicino, come indica una lettura spirituale della sto-ria di Tobia

(pp. 88-93)

(III) a) Trattazione, in forma di dialogo, del significato spi-rituale da attribuire ai se-guenti cerimonia:

– circoncisione– sabato– prescrizioni alimentari– sacrifici animali– solennità e feste

b) Significati secondo lo spirito di nozioni bibliche (tabernacolo, Gerusalemme etc.)

Page 6: 10.1484@J.ASR.1.102989

ANNALI DI SCIENZE RELIGIOSE N.S. 5 (2012) 48

(Epilogo)

Appello alla conversione:

«O giudei, accogliete la parola di pace, e convertitevi già prima che venga la fine»

(Epilogo)

– Preannunci profetici delle storie di Gesù

– Esauriti i testimonia biblici, il confronto prosegue sul piano della ratio: l’asservimento e la dispersione dei giudei sono vendetta divina per la morte di Cristo, poiché «avete ucciso il Figlio di Dio».«O giudeo, ascolta il mio consi-glio, e deponi l’uomo vecchio»

Fra i due testi si registrano peraltro differenze di intonazione e di contenuto più notevoli di quanto possa sembrare a prima vista. Già per quanto riguarda la prima sezione, la trattazione dell’Exhortatorium riguardante la Trinità è ben più densa della corrispondente sezione della Epistola 1 (di cui pure riprende alla lettera o quasi alcune espressioni).13 Le corrispondenze strutturali fanno pensare che Gioacchino si sia valso del testo antigiudaico di Pier Damiani come di un modello, incurvandolo e trasformandolo in funzione della propria lettura della storia della salvezza, della sua visione escatologica e della sua strategia volta a persuadere dolcemente i giudei a convertirsi già prima del momento finale preconizzato dalle Scritture.

Nella sua ampia Introduzione, A. Patschovsky definisce l’Exhortatorium come un «dossier con funzione appellativa».14 In effetti, siamo qui lontani dall’invettiva antigiudaica nelle sue forme più aspre e aggressive. La volontà di persuadere si traduce in un ripetuto richiamo alla conversione in vista del destino di salvezza comune a cristiani e giudei. Nell’annunciare a questi ultimi il tempo della consolazione, in cui riconosceranno e con-fesseranno le proprie iniquità, il testo circoscrive la causa del loro

13 Il testo dell’Exhortatorium tramandato dal codice di Dresda comprende, esso solo, un lungo passo sulla Trinità non presente negli altri codici, riportato dall’editore nell’apparato delle varianti (IOACHIM ABBAS FLORENSIS, Exhortatorium Iudeorum, p. 126, nota; nella traduzione italiana il passo è omesso). Va rilevato che è costituito di tre citazioni bibliche (Genesi, Numeri, Esodo) provenienti anch’esse dall’Epistola 1 di Pier Damiani (ed. Reindel, pp. 68-69).

14 A. PATSCHOVSKY, Einleitung, in IOACHIM ABBAS FLORENSIS, Exhortatorium Iudeorum, pp. 6-7 (GIOACCHINO DA FIORE, Esortazione agli Ebrei, p. 9).

Page 7: 10.1484@J.ASR.1.102989

49 G.L. POTESTÀ L’Exhortatorium Iudeorum di Gioacchino da Fiore

indurimento: non vedono realizzate in sé le antiche promesse mes-sianiche.15 Da parte sua, Gioacchino afferma di non voler ricorrere nei loro confronti all’interpretazione allegorica delle promesse veterotestamentarie;16 preferisce volgere lo sguardo in avanti, pre-annunciando ai giudei la futura venuta di Elia per convertire i loro cuori.17 Si propone perciò come una sorta di araldo nei loro con-fronti: ascoltino da subito la voce sua (di Gioacchino),18 e si conver-tano «prima che venga il giorno grande e glorioso del Signore»,19 il giorno del giudizio finale.

3. A confronto con Beda interprete di Tobia

La diversità di registro rispetto alla lettera di Pier Damiani è d’altronde ben avvertibile se si pongono a confronto le parti conclusive dei due testi. Quello di Pier Damiani culmina nella cli-max ascendente della tradizionale accusa di deicidio. Gioacchino invece evita del tutto questo versante argomentativo e conclude con la propria interpretazione “mistica” della storia di Tobia.20 Si tratta in verità di un’interpretazione tipica, ovvero tipologica, nel senso che la vicenda narrata nel libro di Tobia è riletta come duplice profezia, rispetto a un futuro già avvenuto e rispetto a un futuro che deve ancora avvenire.

15 IOACHIM ABBAS FLORENSIS, Exhortatorium Iudeorum, p. 261 (GIOACCHINO DA FIORE, Esortazione agli Ebrei, p. 163).

16 IOACHIM ABBAS FLORENSIS, Exhortatorium Iudeorum, p. 262 (GIOACCHINO DA FIORE, Esortazione agli Ebrei, p. 163).

17 IOACHIM ABBAS FLORENSIS, Exhortatorium Iudeorum, pp. 263-264 (GIOACCHINO DA FIORE, Esortazione agli Ebrei, p. 165).

18 IOACHIM ABBAS FLORENSIS, Exhortatorium Iudeorum, p. 267 (GIOACCHINO DA FIORE, Esortazione agli Ebrei, p. 167).

19 IOACHIM ABBAS FLORENSIS, Exhortatorium Iudeorum, p. 283 (GIOACCHINO DA FIORE, Esortazione agli Ebrei, p. 181). I termini dies Domini magna rinviano a Mal 4, 5 e sono riferiti da Gioacchino al giorno del giudizio finale. Li si trova utilizzati in posizione rilevante già nel De prophetia ignota (1184). Per la differenza tra dies Domini e dies Domini magna, cfr M. KAUP, De prophetia ignota. Eine frühe Schrift Joachims von Fiore, Hannover, Hahnsche Buchhandlung, 1998; trad. it.: GIOAC-CHINO DA FIORE, Commento a una profezia ignota, ed. M. Kaup, Roma, Viella, 1999, in partic. alle pp. 29-30 dell’Introduzione.

20 In questo senso mi pare fuorviante utilizzare a proposito di Gioacchino la nozione di Gottesmord (deicidio) in riferimento ai giudei, come invece fa ripetu-tamente Patschovsky (Einleitung, pp. 26 e 28; GIOACCHINO DA FIORE, Esortazione agli Ebrei, pp. 19-20): la definizione dei giudei come popolo deicida resta infatti fuori dall’orizzonte dell’Exhortatorium.

Page 8: 10.1484@J.ASR.1.102989

ANNALI DI SCIENZE RELIGIOSE N.S. 5 (2012) 50

I capisaldi dell’interpretazione di Gioacchino sono ricavati da quella di Beda, il testo di riferimento per gli interpreti medievali di Tobia. Il catalogo dei codici di Beda pubblicato settant’anni fa da M.L.W. Laistner attestava la sopravvivenza di settantatré codici medievali del Commento a Tobia (altri se ne sono aggiunti suc-cessivamente), di cui non meno di cinquantaquattro anteriori al 1200.21 Come osservava lo stesso Laistner, «the popularity of De Tobia, especially in the twelfth century, is astonishing».22

Il riferimento a Beda è stato più volte messo in luce, a partire da Beatrice Hirsch-Reich e dallo stesso Frugoni. Da parte sua, A. Patschovsky sceglie un orientamento in parte diverso. Innanzi tutto, rileva che i passi di Beda cui si riferisce Gioacchino si tro-vano riportati sotto il nome di Beda già nella Glossa ordinaria, il grande “manuale” esegetico allestito tra Laon e Parigi fra XI e XII secolo.23 Da tale premessa fa derivare una conclusione netta, giungendo a negare la possibilità che il testo di Beda abbia funto da modello per quello di Gioacchino:

Se si prescinde da analogie interpretative allegoriche del tutto generali – Tobia come rappresentante del popolo giudaico, Sara come rappresentante del populus gentilis – e da tre coin-cidenze verbali completamente insignificanti, questo giudizio è senza fondamento. Poiché questi passi di Beda si trovano

21 Cfr M.L.W. LAISTNER, A Hand-List of Beda Manuscripts, Ithaca – New York, Cornell University Press, 1943, pp. 78-82. Occorre tenere sempre presente l’indicazione di massima di Bernard Guenée (Histoire et culture historique dans l’Occident médiéval, Paris, Aubier, 1980, p. 255), secondo cui, in relazione al numero dei codici di un’opera pervenuti fino ai giorni nostri, si deve parlare «d’un succès très grand pour 60 manuscrits ou plus; grand pour 30 environ; limité pour 15 environ; faible pour 6 environ; nul pour 2 ou moins».

22 LAISTNER, A Hand-List of Beda Manuscripts, p. 78.23 Si tratta di passi di Beda apposti come glosse marginali a Tobia: Biblia

latina cum Glossa ordinaria. Facsimile Reprint of the Editio princeps Adolph Rusch of Strassburg 1480/81, II, Turnhout, Brepols, 1992, pp. 330-342. Per genesi e utilizzi della Glossa ordinaria nel Medioevo centrale cfr G. LOBRICHON, Une nou-veauté, les gloses de la Bible, in P. RICHÉ, G. LOBRICHON, Le Moyen Age et la Bible, Paris, Beauchesne, 1984 (Bible de tous les temps, 4), pp. 95-114; G. LOBRICHON, La Bible des maîtres du XIIe siècle, in Bernard de Clairvaux. Histoire, mentalités, spiritualité, Colloque de Lyon, pref. D. Bertrand, G. Lobrichon, Paris, Cerf, 1992; M.T. GIBSON, The Place of the Glossa ordinaria in Medieval Exegesis, in Ad litteram. Authoritative Texts and Their Medieval Readers, edd. K. Emery jr., M.D. Jordan, Notre Dame (IN) – London, 1992, pp. 5-27; R. BERNDT, �eue Forschungen zur Glossa der Bibel, in «Archa Verbi. Yearbook for the Study of Medieval theology», 2 (2005), pp. 177-182. Per lo stato di avanzamento di edizioni e progetti di ricerca riguar-danti la Glossa ordinaria: http://www.glossae.net/

Page 9: 10.1484@J.ASR.1.102989

51 G.L. POTESTÀ L’Exhortatorium Iudeorum di Gioacchino da Fiore

anche nella Glossa ordinaria, si potrà addirittura escludere il Commento a Tobia di Beda come fonte diretta per Gioac-chino.24

L’affermazione conclusiva risulta forse un po’ troppo catego-rica e sbrigativa. La stessa dipendenza diretta di Gioacchino dalla Glossa è un elemento tutt’altro che certo: deve infatti far riflettere che allo stato attuale non è possibile indicare alcun suo scritto in cui egli si riferisca direttamente e inequivocabilmente alla Glossa ordinaria come fonte o termine di discussione. In ogni caso, che Gioacchino conoscesse direttamente l’interpretazione di Beda o l’abbia appresa indirettamente per tramite della Glossa, la so-stanza del problema non cambia: per Tobia, il suo riferimento è Beda.

24 «Von höchst allgemeinen allegorischen Interpretationsanalogien – Tobias als Repräsentant des jüdischen Volkes, Sara als Repräsentant des populus gen-tilis – und drei völlig insignifikanten verbalen Übereinstimmungen abgesehen, ist dieses Urteil ohne Fundament. Da sich diese Beda-Stellen auch in der Glossa ordinaria finden, wird man den Tobias-Kommentar Bedas als direkte Quelle für Joachim sogar ausschließen können», A. PATSCHOVSKY, Einleitung, in IOACHIM ABBAS FLORENSIS, Exhortatorium Iudeorum, pp. 41-42 (GIOACCHINO DA FIORE, Esortazione agli Ebrei, p. 26). Nella stessa pagina, alla nt. 142 (divenuta nt. 143 nella trad. it. cit., p. 43), Patschovsky liquida come «giusta, ma triviale» l’affermazione di J. GAM-BERONI (Die Auslegung des Buches Tobias in der griechisch-lateinischen Kirche der Antike und der Christenheit des Westens bis um 1600, München, Koesel, 1969, p. 143) secondo cui «Gioacchino restituisce fedelmente Beda». La trivialità con-sisterebbe nel non aver avvertito l’esistenza della Glossa ordinaria come inter-mediario, esistenza avvistata solamente da A. Patschovsky. Incidentalmente, l’editore, che ben conosce il catalogo di M.L.W. Laistner, riconosce che il Com-mento di Beda a Tobia doveva essere assai diffuso ai tempi di Gioacchino. Ma poiché dei cinquantaquattro manoscritti anteriori al 1200 (cfr supra, in corri-spondenza alla nt. 21) solo due sarebbero “di provenienza italiana”, ne ar guisce che si deve addirittura escludere che Gioacchino possa aver direttamente conosciuto Beda («Von dieser Überlieferungslage her verbietet sich geradezu die Annahme eines unmittelbaren Rücksgriff Joachims auf Beda», A. PATSCHOVSKY, Einleitung, in IOACHIM ABBAS FLORENSIS, Exhortatorium Iudeorum, p. 42, nt. 142; GIO-ACCHINO DA FIORE, Esortazione agli Ebrei, p. 43, nt. 143). Anche questa affermazione pare troppo categorica e arrischiata, alla luce dell’ampiezza della diffusione del commentario di Beda nel secolo XII (cfr supra, in corrispondenza della nt. 21). Tanto più che, ponendosi dal punto di vista di Gioacchino, prima ancora che sta-bilire i percorsi dei due codici di provenienza italiana giunti fino a noi, occorre piuttosto interrogarsi sulla diffusione dell’opera attraverso la rete delle abbazie cistercensi. E qui si notano a prima vista indizi significativi: tra i codici soprav-vissuti, almeno uno risulta appartenuto a Cîteaux e uno a Clairvaux.

Page 10: 10.1484@J.ASR.1.102989

ANNALI DI SCIENZE RELIGIOSE N.S. 5 (2012) 52

Il seguente confronto sinottico aiuta a comprendere la portata della dipendenza e delle innovazioni interpretative:25

GIOACCHINO, Exhortatorium,pp. 275-281 (trad. it. cit., pp. 175-179)

BEDA, In Tobiam,25

pp. 3-19

Tobi: popolo d’Israele

Raffaele: Spirito Santo

Tobia: ordine degli apostoli

Gabael: i greci, che hanno rice-vuto la conoscenza divina dai giu-dei per tramite della Settanta, e l’hanno trasmessa ai latini

Pulitura del pesce: messa in luce della legge mosaica, di cui occorre conservare alcuni elementi: timo-re di Dio e carità

Sara: Chiesa dei gentili

Il cane: Gioacchino stesso

Ritorno di Tobia presso il padre: imminente ritorno dei successori degli apostoli presso gli ebrei, per ottenerne la conversione prima del tempo di Elia

Tobi: popolo d’Israele

Raffaele: divinità di Cristo

Tobia: umanità di Cristo

Gabael: la conoscenza divina che i gentili hanno ricevuto dai giudei per tramite della Settanta

Pulitura del pesce: messa in luce delle malizie del Diavolo, rivelate dal Signore

Sara: Chiesa dei gentili

Il cane: dottori e predicatori dell’imminente conversione dei giudei

Ritorno di Tobia presso il padre: ritorno del Signore presso i giudei e loro conversione

Come si vede, i capisaldi dell’interpretazione di Beda sono mantenuti e recepiti da Gioacchino. Non devono peraltro sfuggire alcune differenze significative da lui introdotte, che rendono più coerente e compatta la sua interpretazione della storia e più inci-sivo il messaggio rispetto a quello dell’esegesi di Beda. Mentre per quest’ultimo la responsabilità decisiva nella chiamata dei gentili è affidata a Gesù stesso, per Gioacchino essi risultano evangeliz-

25 Cfr BEDAE VENERABILIS Opera. Pars II. Opera exegetica 2B. In Tobiam, In Pro-verbia, In Cantica Canticorum, ed. D. Hurst O.S.B.; In Habacuc, ed. J.E. Hudson, CC SL 119B (1983).

Page 11: 10.1484@J.ASR.1.102989

53 G.L. POTESTÀ L’Exhortatorium Iudeorum di Gioacchino da Fiore

zati dagli apostoli (anche detti predicatori, in quanto annunciatori del messaggio salvifico) con il sostegno dello Spirito Santo. Come già accennato, la valenza tipologica della narrazione è duplice: per Gioacchino, la storia rinvia da un lato a ciò che avvenne alle origini del cristianesimo, quando gli apostoli si recarono prima dai greci (Antiochia) e poi dai latini (Roma) per convertire le genti; dall’altro allo scenario dei tempi finali, quando i successori degli apostoli, cioè i vescovi, ritorneranno dai giudei per realizzarne la conver-sione. I riferimenti a Roma quale luogo ideale dell’unione fra Tobia e Sara26 indicano chiaramente dove Gioacchino voglia porre gli accenti, non esitando a identificare se stesso con il cane che pre-cede e guida il giovane (il quale prefigura l’ordine degli apostoli, ovvero i vescovi), che riapre (sta per riaprire!) gli occhi del padre.

4. La questione della datazione

Oltre che a tracciare linee verticali, le nuove edizioni critiche di Gioacchino mirano a segnare legami trasversali. Disponendo del corpus completo degli scritti dell’abate in formato elettronico provvisorio, gli editori sono in condizione di poter indicare per ciascun testo, in modo più completo e preciso rispetto al passato, riferimenti e rinvii al resto della produzione di Gioacchino. In linea di principio, tali riscontri possono fornire un aiuto decisivo per circoscrivere la datazione di un testo, riportandolo più o meno a ridosso di quelli cui risulta maggiormente legato per lessico e contenuti dottrinali. In realtà, l’impresa non è affatto agevole e le risultanze si prestano a letture anche molto divergenti.

Per quanto riguarda l’Exhortatorium, A. Patschovsky rileva nell’introduzione e poi puntualmente nell’apparato di commento che il testo presenta numerose assonanze con vari altri scritti di Gioacchino: con Psalterium decem cordarum, De articulis fidei e Confessio fidei specialmente per le sezioni riguardanti la Tri-nità e l’Incarnazione; con alcuni Sermones specialmente per la problematica littera/spiritus; con De prophetia ignota e Concordia �ovi ac Veteris Testamenti (V libro) per la storia di Tobia. Si tratta

26 Apud quos et celebrate sunt nuptie spiritales designate in matrimonio Sare et Tobie, eo quod ibi requieverint successores Petri a tempore illo usque in presentem diem, IOACHIM ABBAS FLORENSIS, Exhortatorium Iudeorum, pp. 278-279 (GIOACCHINO DA FIORE, Esortazione agli Ebrei, p. 177).

Page 12: 10.1484@J.ASR.1.102989

ANNALI DI SCIENZE RELIGIOSE N.S. 5 (2012) 54

di scritti composti lungo un arco di almeno un quindicennio, dai primi anni Ottanta alla fine degli anni Novanta. A che punto di tale percorso collocare precisamente la genesi dell’Exhortatorium?

Fra gli studiosi che hanno affrontato la questione, B. Hirsch-Reich argomentò a sostegno di una datazione precoce del testo, con ragioni sostanzialmente condivise e variamente riprese e svi-luppate dalla storiografia successiva, che tende a riportare l’opera fra gli scritti più precoci (intorno agli inizi degli anni Ottanta, se non prima).27 A. Patschovsky procede contro corrente: concentra lo sguardo sui legami intercorrenti tra Exhortatorium e ultimo libro della Concordia (opera conclusa intorno al 1196) e, prescindendo deliberatamente dai legami che l’Exhortatorium presenta anche con altri scritti di Gioacchino,28 ne conclude che lo scritto va inevi-tabilmente riportato a una fase compresa tra il 1187 e il 1196-1197.29

Il terminus a quo risulta particolarmente significativo, in quanto a partire da H. Grundmann la storiografia è stata nel complesso unanime nel fissare non oltre il 1186-1187 la piena ma turazione dottrinale di Gioacchino, almeno per quanto attesta la sua produzione scritta. Risale infatti a tale fase la stesura del II libro dello Psalterium, ove per la prima volta l’abate passa dal modello binario della storia e della concordia al modello ternario (alfa) e al modello binario modificato (omega).30 Nel contempo egli tematizza espressamente la visione storica dei tre ordini e dei tre status e teorizza il terzo status dello Spirito Santo in quanto epoca sabatica terrena preannunciata dal ventesimo capitolo

27 Per gli argomenti di B. Hirsch-Reich cfr il suo Joachim von Fiore und das Judentum, in Judentum im Mittelalter. Beiträge zum christlich-jüdischen Gespräch, ed. P. Wilpert, Berlin – New York, Walter de Gruyter, 1966, pp. 228-263, in par-tic. pp. 229-230. Per ulteriori argomenti a sostegno della sua tesi mi permetto di rinviare a G.L. POTESTÀ, Il tempo dell’Apocalisse. Vita di Gioacchino da Fiore, Roma – Bari, Laterza, 2004, pp. 79-81.

28 Altre strade vengono programmaticamente escluse, senza che di ciò sia fornita una spiegazione argomentata: «Ich zähle mehr als 20 Vorkommen zum Teil erheblichen Umfangs […]. Es gibt auch zu manchen anderen Werken Joa chims Bezüge […] doch lassen sie sich nicht für Fragen der Datierung in Anspruch nehmen», A. PATSCHOVSKY, Einleitung, in IOACHIM ABBAS FLORENSIS, Exhor-tatorium Iudeorum, p. 45, nt. 148 (GIOACCHINO DA FIORE, Esortazione agli Ebrei, pp. 43-44, nt. 150).

29 A. PATSCHOVSKY, Einleitung, in IOACHIM ABBAS FLORENSIS, Exhortatorium Iudeorum, p. 60 (GIOACCHINO DA FIORE, Esortazione agli Ebrei, p. 35).

30 Per il significato decisivo di tale acquisizione dottrinale in ordine alla piena maturazione della concezione della storia di Gioacchino, mi permetto di rinviare a G.L. POTESTÀ, Il tempo dell’Apocalisse, in partic. cap. 6.

Page 13: 10.1484@J.ASR.1.102989

55 G.L. POTESTÀ L’Exhortatorium Iudeorum di Gioacchino da Fiore

dell’Apocalisse. La caduta di Gerusalemme avvenne esattamente nell’ottobre 1187: l’evento lo indusse a riconsiderare le proprie strategie per la Chiesa di Roma, spostando il fuoco dalla messa in guardia nei confronti dell’Impero romano germanico alla chiara denuncia dei nuovi pericoli rappresentati dai “turchi” di Saladino coalizzati con gli eretici e dall’approssimarsi del profilo minac-cioso dell’Anticristo in Occidente.31 Dalla seconda metà degli anni Ottanta, in concomitanza con il nuovo spazio teorico attribuito al periodo sabatico, Gioacchino comincia infine a interrogarsi su chi, tra le diverse figure di Anticristo comparse nella storia, debba essere considerato l’Anticristo vero e proprio.32 Diversamente da Agostino, che aveva di fatto assimilato l’Anticristo e Gog,33 l’abate calabrese cerca di articolare la successione degli eventi finali in modo che risultino il più possibile fedeli ai suoi testi apocalittici di riferimento e alla sua concezione sabatica. Così, al termine di un percorso di ricerca pieno di ripensamenti e di incertezze, pro-pone di identificare l’Anticristo vero e proprio con il Figlio della perdizione di II Th 2, il cui avvento è assolutamente prossimo, in quanto destinato a precedere l’imminente brevissimo perio -do sabatico; nel contempo riduce Gog – evocato nel ventesimo capitolo dell’Apocalisse, e come tale destinato a irrompere subito dopo il periodo sabatico – al rango di ultimo generale dell’esercito dell’Anticristo.34

È evidente che se l’Exhortatorium ignorasse in blocco tali orien-tamenti della maturità o addirittura li contraddicesse, la datazio-ne tarda proposta dall’editore diverrebbe difficilmente difendi-

31 Per tale svolta mi permetto di rinviare a G.L. POTESTÀ, Apocalittica e politica in Gioacchino da Fiore, in Endzeiten. Eschatologie in den monotheistischen Welt-religionen, ed. W. Brandes, F. Schmieder, Berlin – New York, Walter de Gruyter, 2008, pp. 231-248.

32 Per tale problematica mi permetto di rinviare a G.L. POTESTÀ, Il tempo dell’Apocalisse, in partic. pp. 157 seqq.

33 Cfr al riguardo AUG., De civ. Dei, XX, 19, 3. Per la questione della tendenzi-ale identificazione Anticristo/Gog da parte di Agostino mi permetto di rinvia-re a L’Anticristo. Volume II. Il Figlio della perdizione, edd. G.L. Potestà, M. Rizzi, Roma – Milano, Fondazione Lorenzo Valla – Mondadori, 2012, pp. 552 e 554, nt. 26 e 38.

34 Per l’evoluzione della teologia dell’Anticristo e l’approdo finale di Gioac-chino cfr R.E. LERNER, Antichrists and Antichrist in Joachim of Fiore, in «Speculum», LX (1985), pp. 553-570; trad. it.: Anticristi e Anticristo in Gioacchino da Fiore, in ID., Refrigerio dei santi. Gioacchino da Fiore e l’escatologia medievale, Roma, Viella, 1995, pp. 117-135.

Page 14: 10.1484@J.ASR.1.102989

ANNALI DI SCIENZE RELIGIOSE N.S. 5 (2012) 56

bile. A. Patschovsky segnala numerosi passi che attesterebbero la raggiunta maturità dottrinale da parte di Gioacchino al tempo della stesura del testo, esprimendosi in toni molto critici e persino taglienti nei confronti di ipotesi alternative formulate prima della sua. Gli argomenti che presenta sono numerosi e complessi, e non è certo questa la sede per riprendere l’amichevole discussione avviata al riguardo già prima che la sua edizione venisse data alle stampe. Per parte mia, mi limiterò in questa sede a indicare alcunidei capisaldi da lui individuati a sostegno della proposta di datazio-ne bassa, e a mostrare quanto sia a mio parere malcerto il terreno su cui poggiano.

5. L’interpretazione del sogno della statua di �abucodo-nosor

L’argomento più forte a sostegno della datazione “dopo il 1187” si fonda su di un passo dell’Exhortatorium in cui Gioacchino rilegge a suo modo il sogno della statua di Nabucodonosor di Daniele 2.

Riguardo ai regni designati nella statua, diversi interpreti hanno detto cose diverse a seconda del tempo. Noi però, che possediamo già molti elementi sulla fine del mondo e sul compimento della visione, riteniamo che nell’oro si indichi il regno di Nabucodonosor, che, sebbene i sovrani siano pas-sati di luogo in luogo, durò in Oriente fino a Dario, sconfitto poi da Alessandro. Nell’argento si veda il regno di Alessandro stesso e dei suoi successori, fino ai tempi dei Maccabei. Nel bronzo l’Impero romano, che dominò su tutto il mondo. Nel ferro il regno dei Saraceni, che piegarono e continuano a pie-gare sotto di sé molti regni. Nel frattempo è iniziato però il regno di Cristo, colui che scese dal cielo senza forze umane; è necessario che da questo stesso regno siano infine distrutti tutti gli altri, perché esso solo si estenda sulla terra, e diffu-sosi dappertutto rimanga in eterno.35

35 De regnis designatis in statua diversi pro tempore diversa dixerunt. �os autem, qui iam multa colligimus de fine mundi et consumatione visionis, arbitra-mur in auro accipi regnum �abuchodonosor, quod, licet mutatis regibus de loco et loco, perseveravit tamen in Oriente usque ad Darium, quem expugnavit Alex-ander. In argento vero regnum ipsius Alexandri et successorum eius usque ad tem-pora Machabeorum. In ere Romanum(m) imperium, quod imperavit toti mundo. In ferro regnum sarracenorum, per quod domata sunt et domantur cotidie multa regna. Sed inter hec inchoatum est regnum Christi, qui sine humanis viribus de celo descendit, per quod ad ultimum oportet destrui omnia regna ista, ut ipsum

Page 15: 10.1484@J.ASR.1.102989

57 G.L. POTESTÀ L’Exhortatorium Iudeorum di Gioacchino da Fiore

Secondo Patschovsky, il passo in questione, attribuendo l’ultimo impero ai Saraceni, non può che essere stato scritto dopo il loro ingresso a Gerusalemme (ottobre 1187) e alla luce della nuova minaccia da loro rappresentata; in questo senso sarebbe per lui perfettamente sovrapponibile alla trattazione che della statua e dei quattro imperi viene offerta in uno degli ultimi capitoli della Concordia, il capitolo 111 del V libro.36 L’Exhortatorium offrirebbe anzi una sorta di ulteriore conferma che, nel momento in cui scriveva, Gioacchino aveva ben chiaro l’approdo finale della sua visione escatologica: per l’editore, il passo appena citato conter-rebbe infatti un trasparente annuncio del già avvenuto inizio del regno sabatico di Cristo (la pietra staccatasi dalla cima del monte), destinato a distruggere tutti i regni mondani.37 Occorre innanzi tutto prendere in considerazione quest’ultima affermazione, che, se fosse corretta, rappresenterebbe una novità di notevole rilievo. Infatti, allo stato attuale non risulta un solo passo di Gioacchino facente parte di scritti successivi al 1187 (né tanto meno di scritti precedenti, come è ovvio), in cui si legga che il regno sabatico (da lui atteso come imminente) sia già iniziato. Dunque, il passo dell’Exhortatorium sarebbe un unicum. Ma è davvero così? A me sembra più logico e plausibile pensare che il regno di cui parla qui Gioacchino non sia altro che la Chiesa, secondo quella concezione agostiniana («la Chiesa già ora è il regno di Cristo e il regno dei cieli, e dunque già regnano con lui i suoi santi, sia pure in modo diverso da come regneranno allora», De civ. Dei, XX, 9, 1), che dopo la faticosa conquista della concezione sabatica egli rigettò almeno in parte. Ma se il regno è la Chiesa, allora il passo relativo ai quattro

solum dilatetur in terra, et dilatatum undique maneat in eternum, IOACHIM ABBAS FLORENSIS, Exhortatorium Iudeorum, pp. 194-195 (GIOACCHINO DA FIORE, Esortazione agli Ebrei, p. 109).

36 Cfr al riguardo A. PATSCHOVSKY, Einleitung, in IOACHIM ABBAS FLORENSIS, Exhorta-torium Iudeorum, pp. 47-49 (GIOACCHINO DA FIORE, Esortazione agli Ebrei, pp. 28-29).

37 Esplicita in questo senso la nt. 157, in A. Patschovsky, Einleitung, in IOACHIM ABBAS FLORENSIS, Exhortatorium Iudeorum, p. 48: «An einer Kleinigkeit läßt sich im übrigen beobachten, daß natürlich auch im Exhortatorium das von Chris-tus heraufgeführte Friedensreich nicht die himmlische Ewigkeit, sondern ein ‘drittes’ Sabbatzeitalter auf Erden meint: Von dem Reich Christi wird ausgesagt, daß es während der muslimischen Herrschaftsausbreitung ‘begonnen’ habe (inchoatum est), d. h. Joachims ternäres Schema von Beginn (inchoatio), Entfal-tung (fructificatio) und Vollendung (consummatio) der Weltzeitalter steht auch bei Abfassung dieses Werkes im Hintergrund» (cfr GIOACCHINO DA FIORE, Esorta-zione agli Ebrei, p. 44, nt. 159).

Page 16: 10.1484@J.ASR.1.102989

ANNALI DI SCIENZE RELIGIOSE N.S. 5 (2012) 58

imperi perde qualsiasi connotazione di annuncio dell’imminenza della fine. Semplicemente, Gioacchino ricorda che tra l’inizio del terzo impero (Roma, Augusto) e l’inizio del quarto (Saraceni, Maometto), è nata la Chiesa. Chi scende dal cielo non è d’altronde il regno, ma Cristo, sceso dal cielo senza apporto di uomo, per sola virtù dello Spirito Santo; il suo regno, cioè la Chiesa, è destinato ad espandersi sino ai confini della terra.

Ciò premesso, occorre riconsiderare più da vicino e approfon-ditamente quali rapporti davvero intercorrano fra l’interpretazione della statua prospettata nell’Exhortatorium e quella di Concor-dia V, 111, la cui trattazione risulta più ampia e discorsiva. Fra i due testi esistono nessi concettuali e lessicali che non vanno in alcun modo sottaciuti. Anche nella Concordia Gioacchino proclama di poter disporre di una visione più ampia rispetto agli interpreti del passato, in quanto si trova ormai verso la fine dei tempi. Ugual-mente, nella Concordia identifica i quattro grandi imperi della visione rispettivamente con quelli dei Caldei, Medi e Persiani (oro), dei Macedoni (argento), dei Romani (bronzo) e infine dei Sara-ceni. Non può peraltro sfuggire un particolare decisivo riguardo a questi ultimi, particolare del tutto assente nell’Exhortatorium. Dopo aver esaltato la pax romana, nella Concordia Gioacchino afferma infatti:

Ma non fu così per il popolo dei Saraceni, che ha gremito la terra quasi come cavallette (cfr Ier 51, 14), per cui, occupata parte dei territori dei Romani, la mantenne poi per molto tempo con la violenza; inoltre ci addolora che, in seguito alle loro vittorie, siano andati di nuovo perduti i territori d’oltre-mare ripresi dai cristiani, di cui è stata fatta contemporanea-mente grande strage; in verità questo popolo è tale che, come il ferro, non può essere piegato, e corre alla spada come se cor-resse a un banchetto, fino a che verrà il tempo in cui sarà visi-tato (cfr Ier 6, 15; 8, 12; 10, 15) […]. Il fatto poi che una parte dei piedi della statua era di ferro e l’altra di argilla indica l’ultimo regno, che sarà al tempo dell’Anticristo; infatti, per quanto tragga origine da quel popolo di ferro, per la mescolanza dei diversi popoli che ne faranno parte non sarà saldo come il precedente […]. Quel regno durerà per un breve tempo, fino al momento in cui non precipiti su di esso quella pietra staccata dal monte senza intervento manuale, e lo vinca con quelle stesse armi con cui esso vinse l’impero romano, e distrugga

Page 17: 10.1484@J.ASR.1.102989

59 G.L. POTESTÀ L’Exhortatorium Iudeorum di Gioacchino da Fiore

pure tutti i regni superstiti, indicati da oro, argento e bronzo, ed esso solo, riempiendo la terra, rimanga in eterno.38

Il confronto fra i rispettivi testi mostra, al di là del permanere della medesima struttura interpretativa, come il passo della Con-cordia presenti due rilevanti differenze rispetto alla trattazione dell’Exhortatorium: l’addolorato annuncio della recente perdita di Gerusalemme e la determinazione sul piano esegetico di uno spazio che rende possibile conferire autonomo e specifico rilievo a un quinto grande, seppur fuggevole impero, quello dell’Anticristo: due elementi del tutto assenti nella trattazione dell’Exhortatorium, che come tali paiono testimoniare di una diversa temperie storica e dottrinale.

6. Assenza di prospettive “chiliastiche” e teologia dell’An-ticristo

Anche negli altri passi dell’Exhortatorium in cui l’editore scor-ge allusioni più o meno esplicite al tempo sabatico della pace, non sembra affatto evidente che Gioacchino pensi davvero ad esso. Mi limito a considerare il più significativo. Nella terza sezione dell’opera, Gioacchino sollecita così i suoi destinatari giudei a proposito di Isaia 65, 17 («Ecco, io creo cieli nuovi e terra nuova…»):

O Giudei, voi vi domandate quale sia questa “nuova terra”? È la Gerusalemme spirituale, è la terra promessa che vi annun-ciamo spiritualmente, in cui sono stati stabiliti un sabato spi-

38 Sed non ita contigit de gente Saracenorum, a qua repleta est terra quasi bruco, quare, quod occupavit de finibus Romanorum, multo iam tempore tenuit violenter, et quod olim recuperatum est a Christianis in partibus ultramarinis, rursum eis-dem prevalentibus cum multorum nece Christianorum dolemus amissum, eo quod sit gens ipsa re vera indomabilis quasi ferrum, et ita currat ad gladium, quasi qui curreret ad convivium, quousque veniat tempus visitationis ipsius. […] Quod autem pedum ipsius statue pars una ferrea erat, et una fictilis, designat regnum novissi-mum, quod erit in tempore Antichristi, quod, licet a gente ipsa ferrea originem tra-hat, ob mixturam tamen diversarum gentium, que erit in ipso, non erit in eo tanta soliditas quanta in precedenti […]. Durabit autem regnum illud tempore brevi, quousque lapis ille, qui abscissus est de monte sine manibus, corruat super illud, et armis, quibus olim romanum vicit imperium, vincat et istud, et deleat nichilo-minus reliquias universorum regnorum, que designata sunt in auro et argento et ere, et ipsum solum implens terram maneat in eternum, Concordia �ovi ac Vete-ris Testamenti, Venetiis, 1519 (repr. anast. Frankfurt am Main, 1964), V, 111, 127va.

Page 18: 10.1484@J.ASR.1.102989

ANNALI DI SCIENZE RELIGIOSE N.S. 5 (2012) 60

rituale, vittime spirituali, una circoncisione spirituale e feste spirituali; cosicché chi considera queste cose in tal senso, le rifiuta sotto il loro aspetto letterale e non ne tiene conto, immediatamente costretto a consegnarle all’oblio come realtà prive di ogni ragione. D’altra parte la Scrittura dice cose con-traddittorie in riferimento alle une e alle altre, se però ciò che essa afferma viene inteso secondo la lettera e non secondo lo spirito.39

Secondo l’editore, la terra nuova cui intende riferirsi qui Gioac-chino è di taglio chiliastico, evoca l’idea di un regno chiliastico intermedio.40 A ben vedere, però, la Gerusalemme dello spirito – in cui furono stabiliti sabato spirituale, vittime spirituali, circonci-sione spirituale, feste spirituali – qui è semplicemente e ancora la Chiesa per lui storicamente presente: la Chiesa, verrebbe da dire, del secondo status, se non fosse che nell’Exhortatorium Gioacchino non parla mai né di primo, né di secondo, né di terzo status.

Strettamente collegabile alla questione del cosiddetto chiliasmo è la trattazione dell’Anticristo. Come già accennato, la deter-minazione concettuale di un breve tempo sabatico pienamente intrastorico, destinato a incunearsi tra la venuta del Figlio della perdizione e le persecuzioni ultime di Gog e Magog, è uno dei guadagni più significativi e travagliati da parte di Gioacchino, che comincia a intravederne i contorni non certo prima del 1186-1187. Si connette logicamente a tale “scoperta” il profondo e raffinato ripensamento della teologia dell’Anticristo.

39 Queritis, o Iudei, que sit ista “terra nova”? Ipsa est spiritalis Ierusalem, ipsa est terra promissionis, quam vobis spiritaliter annuntiamus, in qua et spiritale sabbatum et spiritales hostie et spiritalis circumcisio et spiritalia festa constituta sunt, ita ut, qui ista perpendit, illa mox despiciat et contempnat et veluti nullam causam habentia rationis cogatur tradere oblivioni, presertim cum contraria de his et illis proferat quam multa Scriptura, si tamen, quod ibi dicitur, secundum litteram et non secundum spiritum intelligitur, IOACHIM ABBAS FLORENSIS, Exhorta-torium Iudeorum, pp. 243-244 (GIOACCHINO DA FIORE, Esortazione agli Ebrei, p. 147).

40 IOACHIM ABBAS FLORENSIS, Exhortatorium Iudeorum, p. 243, nt. 508: «Die hier entwickelte Deutung der eschatologischen “terra nova” als einer unter dem Gesetz des Geistes stehenden neuen Welt chiliastischen Zuschnitts, also weder identisch mit der gegenwärtigen irdischen Welt noch dem Himmelreich, unter-scheidet sich markant von der traditionellen Deutung von Isai. 65, 17-19 und ver-wandter Stellen (Matth. 24, 35; 1. Cor. 7, 31; 2. Petr. 3, 5-7.13; Apoc. 21, 1-2)». Nella traduzione italiana la nota è omessa.

Page 19: 10.1484@J.ASR.1.102989

61 G.L. POTESTÀ L’Exhortatorium Iudeorum di Gioacchino da Fiore

A. Patschovsky evoca già in riferimento all’Exhortatorium tali problematiche della piena maturità.41 E, tuttavia, il testo non presenta alcun passo nitidamente leggibile in tal senso. Per quanto riguarda in particolare la concezione dell’Anticristo, l’Exhortatorium lo prospetta infatti in termini elementari e nel solco della tradizione, fissata da Adsone, che vedeva in lui l’unico nemico dei tempi finali, destinato a radunare i giudei a Gerusa-lemme (la Gerusalemme città terrena). Le delicate questioni di chi sia l’Anticristo vero e proprio fra i diversi che attraversano la storia, e dell’identità del Figlio della perdizione in rapporto a Gog (una questione imposta dal sopravvenire della dottrina sabatica), affrontate nel Tractatus in Expositionem vite et Regule beati Benedicti e tematizzate a fondo nell’Expositio in Apocalypsim, non sono qui neppure sfiorate. Nell’Exhortatorium Gioacchino si limita a prean-nunciare che la maggior parte del popolo giudaico nella sua cecità accoglierà l’Anticristo:

Pertanto l’Anticristo, indicato qui come il principe che verrà, prendendo con sé quei giudei conniventi che a lui aderiranno, li raccoglierà a Gerusalemme, ordinando loro di osservare la legge mosaica, e in questo modo il popolo giudaico insieme al principe che verrà distruggerà la città santa e il santuario, cioè la Chiesa di Cristo.42

41 Cfr ad esempio quanto si legge in IOACHIM ABBAS FLORENSIS, Exhortatorium Iudeorum, p. 214, nt. 346, in cui, a proposito della umana imprevedibilità del gior-no dell’avvento del Signore, si lascia andare a tale affermazione: «Er löst das Pro-blem mit dem Kunstgriff der doppelten Erscheinung der antichristlichen Macht, einmal als Ouverture zu dem von ihm prophezeiten Friedenszeitalter, das ande-remal an dessen Ende» (nella traduzione italiana la nota è omessa). In verità, l’Exhortatorium non presenta alcuna traccia né della dottrina dell’epoca finale di pace né della questione della pluralità degli anticristi.

42 Igitur Antichristus, qui dicitur hic dux venturus, assumens prevaricato-res Iudeorum adherentes sibi, congregabit eos in Ierusalem, iubens eos servare legem Moysy; atque hoc modo populus Iudeorum dissipaturus est civitatem et sanctuarium, hoc est Ecclesiam Christi, cum duce venturo, IOACHIM ABBAS FLOREN-SIS, Exhortatorium Iudeorum, p. 202 (GIOACCHINO DA FIORE, Esortazione agli Ebrei, p. 109). Ragionando su questo passo, l’editore evoca un passo di Concordia V, 73, in cui i ministri di Baal, adoratori del loro idolo, sono paragonati ai sacerdotes Iudeorum, cultores scilicet illius idoli sui, quem venturum esse contendunt (IOACHIM ABBAS FLORENSIS, Exhortatorium Iudeorum, p. 202, nt. 298; passo omesso nella tra-duzione italiana). Il riferimento non pare però appropriato, in quanto nella Con-cordia si afferma che i seguaci di Baal confidano nella venuta del messia, non però che seguiranno l’Anticristo. Il tema del rischio per i giudei di essere seguaci dell’Anticristo, distruttori con lui del santuario e della città, ritorna in Exhorta-torium Iudeorum, pp. 216-217 (GIOACCHINO DA FIORE, Esortazione agli Ebrei, p. 125).

Page 20: 10.1484@J.ASR.1.102989

ANNALI DI SCIENZE RELIGIOSE N.S. 5 (2012) 62

Siamo qui evidentemente lontani da quella dislocazione dell’Anticristo in Occidente, che rappresenta uno dei frutti più maturi e originali della riflessione avviata da Gioacchino già nel De prophetia ignota (1184) e da lui approfondita a seguito della caduta di Gerusalemme.43

7. Sull’utilizzo di Pietro Alfonsi

Un aspetto in forza del quale B. Hirsch-Reich ritenne in passato di dover riportare il testo ad una fase precoce è l’assenza in esso del-la spiegazione del Tetragramma offerta dall’ebreo convertito Pietro Alfonsi nel Dialogus, spiegazione che risulterà poi basilare per la maturazione dottrinale di Gioacchino. Di contro, A. Patschovsky ricorda polemicamente che tra le fonti del dossier giudaico di Gio-acchino si riconosce, accanto a Pier Damiani, proprio il Dialogus di Pietro Alfonsi. Con ciò però non risolve la questione sollevata da B. Hirsch-Reich, che non nega espressamente che il Gioac-chino dell’Exhortatorium potesse già conoscere l’opera di Petrus Alfonsi, ma semplicemente osserva che non ne aveva (ancora) colto il centro speculativo, la spiegazione teologica del Tetragram-maton a partire dalle lettere del nome.44 Nulla vieta infatti di pen-sare che al tempo dell’Exhortatorium Gioacchino si trovasse in una fase ancora acerba della sua comprensione e recezione dell’opera di Pietro. In effetti, nello scritto non si fa alcun riferimento alla questione messa a fuoco nell’Expositio in Apocalypsim: la scoper-ta del significato profondo del mistero di IEVE (enucleato paral-lelamente nella conclusione del secondo libro dello Psalterium),45 nome che, opportunamente decifrato grazie agli scambi di idee con un intellettuale ebreo, gli aprì la strada della comprensione

43 Cfr al riguardo il già citato POTESTÀ, Apocalittica e politica in Gioacchino da Fiore.

44 Cfr in questo senso HIRSCH-REICH, Joachim von Fiore und das Judentum, p. 230 («Joachim war nach der Abfassung von adversus Iudeos in dem fiktiven Dialog zwischen einem zum Christentum bekehrten Juden, Petrus, und einem Juden, Moses […], auf dessen trinitarische Ausdeutung des Tetragrammatons gestossen», nella cui scia POTESTÀ, Il tempo dell’Apocalisse, p. 79.

45 Cfr POTESTÀ, Il tempo dell’Apocalisse, p. 126. Per il passo in questione si veda ora IOACHIM ABBAS FLORENSIS, Psalterium decem cordarum, ed. K.-V. Selge, Roma, Isti-tuto Storico Italiano per il Medio Evo, 2009 (Fonti per la storia dell’Italia medie-vale; Antiquitates, 34. IOACHIM ABBAS FLORENSIS, Opera omnia, curantibus R.E. Ler-ner, A. Patschovsky, G.L. Potestà, R. Rusconi, K.-V. Selge, IV, Opera 1), p. 343.

Page 21: 10.1484@J.ASR.1.102989

63 G.L. POTESTÀ L’Exhortatorium Iudeorum di Gioacchino da Fiore

del Dio uno e trino e insieme del rapporto ternario e binario fra Trinità e storia.46

Anche questo rilievo risulta dunque quanto meno compati-bile con l’idea che la stesura dell’Exhortatorium risalga a una fase anteriore a tale scoperta, quando Gioacchino non aveva ancora colto né tanto meno approfondito le potenzialità di Pietro Alfonsi in ordine alla comprensione del mistero divino. Certo è che nell’Exhortatorium non si parla né di rapporto fra Trinità e storia né di duplex assignatio concordie. Qui la Trinità divina non è in alcun modo correlata con la storia, e il principio della “concor-dia” è evocato solo una volta, nel senso generico e del tutto tra-dizionale di armonia e di rinvio tipologico dall’Antico al NuovoTestamento, attraverso quel richiamo al nesso fra Tobi (il cieco dell’Antico Testamento) e Zaccaria (il muto del Nuovo) – i quali riguadagnano entrambi le proprie facoltà di vedere e di parlare, così come avverrà agli ebrei se accetteranno di convertirsi prima del tempo finale –, nesso cui il De prophetia ignota (1184) rinvia già in termini lapidari, quindici anni prima della conclusione del Liber Concordiae.47

46 Hec sacra Trinitatis misteria, que in secretis secretorum continentur apud Iudeos, patefecit Hebreus quidam Petrus nomine, illuminatus gratia Christi et conversus ad ipsum tanquam preambulus et precursor populi sui, qui cito est a Domino a cecitate curandus; quod nos quoque, per Iudeos infideles vesti-gare volentes, a quodam peritissimo Hebreo de virtute huius nominis sciscitati sumus et, quoniam aliquotiens de fide nostra et sua ad disputationem venimus, ex assidua collocutione nobis familiaris effectus…, Expositio in Apocalypsim,Venetiis, 1527 (repr. anast. Frankfurt am Main, 1964) 36vb. Per l’identificazione dei Secreta Secretorum cui si riferisce qui Gioacchino cfr B. MCGINN, Cabalists and Christians. Reflections on Cabala in Medieval and Renaissance Thought, in Jewish Christians and Christian Jews. From the Renaissance to the Enlightenment, edd. R.H. Popkin, G.M. Weiner, Dordrecht, Kluwer Academic Publishers, 1994, pp. 11-34, in partic. pp. 12-16 e nt. 19. E.R. WOLFSON, Along the Path: Studies in Kab-balistic Myth, Symbolism and Hermeneutics, Albany (NY), State Univ. of New York Press, 1995, p. 222 seq., nt. 173; A. PATSCHOVSKY, Die Trinitätsdiagramme Joachims von Fiore († 1202). Ihre Herkunft und semantische Struktur im Rahmen der Trini-tätsikonographie von deren Anfängen bis ca. 1200, in Die Bildwelt der Diagramme Joachims von Fiore. Zur Medialität religiös-politischer Programme im Mittelalter, ed. A. Patschovsky, Ostfildern, Thorbecke, 2003, pp. 55-114, in partic. p. 85, nt. 115 (unanimi nel considerare l’opera come fonte di Pietro Alfonsi). Sulla portata dottrinale della scoperta del significato del Tetragramma da parte di Gioacchino cfr POTESTÀ, Il tempo dell’Apocalisse, pp. 130 seqq.

47 KAUP, De prophetia ignota; trad. it.: GIOACCHINO DA FIORE, Commento a una profezia ignota, pp. 168-169 (Complebitur enim tunc in populo Iudeorum illud Tobie misticum, quod post diutinam cecitatem misso divinitus Raphaele curatur. Complebitur et illud Zacharie misticum, quod post editum filium loquele officio

Page 22: 10.1484@J.ASR.1.102989

ANNALI DI SCIENZE RELIGIOSE N.S. 5 (2012) 64

8. Un’opera della piena maturità?

Alla luce di quanto appena accennato, resta a mio parere ancora da provare che nell’Exhortatorium siano rilevabili tracce della svolta realizzata da Gioacchino nella seconda metà degli anni Ottanta. Al contrario, gli elementi rapidamente elencati spin-gono nella direzione opposta: il testo prospetta convinzioni che saranno poi abbandonate, modificate o innovate dalla seconda metà degli anni Ottanta in poi.

Certo, a sostegno di una datazione tarda paiono restare i punti di contatto rilevati da A. Patschovsky fra la trattazione della sto-ria di Tobia dell’Exhortatorium e quella dei capitoli 87 e 88 del V libro della Concordia. La comunanza di impianto è innegabile, e tuttavia anche in questo caso non possono sfuggire alcune si-gnificative discrepanze. Colpisce innanzi tutto la questione cen-trale del venir meno, nel passaggio dall’uno all’altro, del ruolo storico-salvifico orgogliosamente rivendicato da Gioacchino per sé nell’Exhortatorium: nella Concordia il cucciolo destinato a pre-cedere Tobia e Raffaele genericamente designat aliquem predi-catorem.48 Inoltre, come già accennato, nell’Exhortatorium Raf-faele e Tobia si recano a Gabael (cioè dai greci) prima di recarsi all’incontro con Sara, per chiedere loro la restituzione del pre-stito: i greci cui si riferisce il passo sono dunque i primi cristiani delle origini, divenuti tali prima ancora che il messaggio degli apostoli raggiungesse i latini e Roma.49 Invece, in Concordia V, 88, Tobia ripassa con Raffaele dai greci anche dopo il suo matrimonio con Sara: i greci cui si riferisce il passo della Concordia non sono

restauratur. Quod enim illuc Tobie filio Sarra matrimonio iungitur, hoc gentili-tatem apostolico iunctam thoro designat. Quod sterili de matre Iohannes nascitur, gentilis populi ad fidem conversionem figurat. Quod enim post Sarre vocationem Tobias lumen recipit, quod post Iohannis ortum Zacharias mutus sumit loquelam, nichil aliud est, quam quod Apostolus aperte designat dicens: Donec gentium ple-nitude introierit, et tunc omnis Israel salvus fiet). Né nel De prophetia ignota, né nell’Exhortatorium (cfr pp. 282-283 dell’edizione Patschovsky; GIOACCHINO DA FIORE, Esortazione agli Ebrei, p. 179) il riferimento a Zaccaria ha un significato simbo-lico ben determinato (il cieco Tobi e il muto Zaccaria come figure del popolo d’Israele chiamato infine a vedere e a parlare) e non ha alcun rapporto con com-puto di generazioni e passaggio da una fase all’altra della storia della salvezza.

48 Concordia �ovi ac Veteris Testamenti, Venetiis, 1519 (repr. anast. Frankfurt am Main, 1964), V, 88, 117rb.

49 IOACHIM ABBAS FLORENSIS, Exhortatorium Iudeorum, p. 278 (GIOACCHINO DA FIORE, Esortazione agli Ebrei, p. 177).

Page 23: 10.1484@J.ASR.1.102989

65 G.L. POTESTÀ L’Exhortatorium Iudeorum di Gioacchino da Fiore

dunque affatto i greci delle origini cristiane, bensì i cristiani della Chiesa greca che, staccatisi da Roma lungo il Medioevo, sono chia-mati infine (ora!) a rientrare nel disegno universale di grazia e di misericordia prima dei giudei.

Il passo del V libro della Concordia non presuppone dunque solo la prospettiva di una dispensazione della misericordia di-vina attraverso il tempo – idea che di per sé non comporta che l’Exhortatorium debba essere ritenuto opera coeva, in quanto si tratta di un caposaldo della visione teologica di Gioacchino, ben riconoscibile già in scritti quali i Dialogi, dei primi anni Ottanta –, bensì quella, tematizzata dalla fine degli anni Ottanta (Expositio de vita et Regula), di una dispensazione della grazia divina attra-verso gli spazi dell’Occidente e dell’Oriente.50

In sostanza, dal punto di vista strutturale il quadro interpreta-tivo di Tobia resta inalterato; ma le trasformazioni segnalate fanno pensare che le due trattazioni vadano situate in due contesti storicamente differenti, in quanto fissano un diverso equilibrio tra quadro escatologico e dinamiche di conversione. Riguardo a queste ultime, nella Concordia Gioacchino pare meno volto a conseguire (o forse meno fiducioso di poter conseguire) un risul-tato immediato nei confronti dei giudei. Venute meno le speranze di conversioni nutrite nel clima fiducioso del III Concilio Latera-nense e dell’ultimo scorcio del papato di Alessandro III, e con esse la convinzione di Gioacchino di poter giocare personalmente un ruolo significativo in tal senso, attestate dall’Exhortatorium, nel V libro della Concordia l’abate calabrese rimodula le attese escato-logiche ripensando la conversione futura dei giudei in uno sce-nario caratterizzato dalla questione dei rapporti con i greci, venuta ormai in primo piano nelle strategie e nelle preoccupazioni della Chiesa romana degli anni Novanta.

Abstracts

Nell’Exhortatorium Iudeorum Gioacchino si rivolge agli ebrei per per-suaderli a convertirsi al più presto. Per convincerli, riporta e discute passi dell’Antico Testamento riguardanti preannunci della Trinità e dell’Incarna-zione e indicanti la necessità di passare da un’interpretazione solo letterale a una interpretazione spirituale della Scrittura. La nuova edizione critica

50 Concordia �ovi ac Veteris Testamenti, Venetiis, 1519 (repr. anast. Frankfurt am Main, 1964), V, 88, 117ra.

Page 24: 10.1484@J.ASR.1.102989

ANNALI DI SCIENZE RELIGIOSE N.S. 5 (2012) 66

pubblicata da Alexander Patschovsky (2006) è destinata a rappresentare una pietra miliare per i futuri studi sull’attitudine dell’abate calabrese nei confronti degli ebrei. L’articolo precisa la misura del debito di Gioacchino nei confronti della Epistola 1 di Pier Damiani, ribadisce la sua dipendenza da Beda per l’interpretazione del racconto biblico di Tobia e discute criti-camente la datazione proposta dall’editore. Un rinnovato esame dell’opera rivela in essa elementi dottrinali destinati a scomparire o a venire profon-damente riarticolati e trasformati nella produzione matura di Gioacchino. Per questo motivo, si propone di riportare la genesi dello scritto a una fase della sua attività più precoce rispetto a quella proposta dall’editore.

In his Exhortatorium Iudeorum Joachim of Fiore addresses the Jews to persuade them to the conversion as soon as possible. For this purpose, he quotes and discusses passages of the Old Testament concerning prean-nouncements of the Holy Trinity and of the Incarnation and showing the necessity to move from a literal to a spiritual interpretation of the Bible. The new critical edition published by Alexander Patschovsky (2006) is des-tined to represent a milestone for future research about the attitude of the Calabrian abbot concerning the Jews. This article clarifies the extent of Joachim’s debt to the Epistle 1 by Peter Damian, reasserts his dependence from Beda about the interpretation of the biblical tale of Tobiah and dis-cusses critically the date proposed by the editor. A renewed examination of the work shows doctrinal aspects that are destined to disappear or to be deeply rearticulated and transformed in the mature production of Joachim. Therefore, the article proposes to bring back the genesis of the work to a period of his activity which is earlier than the one proposed by the editor.