18
10.2.1 Introduzione La bassa atmosfera, o troposfera (lo strato fino a 25 km dalla superficie della Terra), è costituita da ossigeno e azoto e altri gas che rappresentano meno dell’1% in volume (escluso il vapor d’acqua) dell’aria. Tale fra- zione comprende il biossido di carbonio (0,035%), il metano (0,0017%), l’ozono (0,00006%) e altri gas in traccia, come il protossido d’azoto, gli ossidi dell’azo- to (NO x ), gli idrocarburi alogenati, il monossido di car- bonio e i composti organici volatili. Malgrado la loro scarsissima abbondanza, questi gas, i cosiddetti gas serra (GHG, GreenHouse Gas), svolgono un ruolo importante nella regolazione del bilancio energetico dell’atmosfe- ra o del ciclo energetico che controlla il clima globale (Buchdahl, 1999). Bilancio energetico del sistema Terra-Sole ed effetto serra naturale L’energia solare, prodotta dalle reazioni di fusione nucleare dell’idrogeno, viene irraggiata dalla superficie del Sole che ha una temperatura equivalente di circa 5800 K. La radiazione viene diffusa in tutte le direzioni e sol- tanto una frazione molto piccola dell’energia emessa dal Sole è intercettata dalla Terra (Critchfield, 1983). Di con- seguenza, il flusso di energia incidente sull’atmosfera della Terra è di molti ordini di grandezza più piccolo di quello emesso dal Sole. Assumendo che sia il Sole sia la Terra si comportino come corpi neri, cioè perfetta- mente radianti, e differenziando la legge di Planck si arriva a una stima della temperatura effettiva della super- ficie terrestre pari a 255 K. Le lunghezze d’onda corri- spondenti al massimo di energia emessa si trovano a circa 0,5 mm (parte visibile dello spettro) per il Sole e 10 mm (parte infrarossa dello spettro) per la Terra. È noto però che la temperatura globale media della Terra è pari a 288 K o 15 °C, cioè 33 K più calda di quanto stimato dal bilancio tra energia assorbita ed emessa. Ciò è dovuto alla presenza dei gas che compongono l’atmosfera ter- restre. Infatti nell’atmosfera ha luogo un assorbimento significativo della radiazione ultravioletta (UV) prove- niente dal Sole da parte dell’ozono e della radiazione infrarossa (IR) emessa dalla Terra da parte del vapor d’acqua, del biossido di carbonio e di altri gas presenti in traccia. L’assorbimento di radiazione infrarossa ter- restre è particolarmente importante per il bilancio ener- getico dell’atmosfera della Terra (Campbell, 1986; Tren- berth, 2004). Una piccola parte di questa radiazione è irraggiata nello spazio (generalmente ai livelli elevati e più freddi dell’atmosfera), ma la maggior parte è rifles- sa di nuovo verso la Terra. I GHG nell’atmosfera sono trasparenti alla radiazione solare incidente di piccola lun- ghezza d’onda, ma assorbono quella emessa dalla Terra, di lunghezza d’onda sensibilmente maggiore. La mag- gior parte dell’assorbimento di radiazione infrarossa avviene nella troposfera. L’effetto netto, conosciuto come effetto serra naturale, è che la Terra immagazzina più energia vicino alla superficie al confronto di quella che assorbirebbe in assenza di atmosfera, determinando appunto un livello di temperatura più elevato di circa 33 K. Malgrado l’assorbimento considerevole da parte di questi GHG, c’è una ‘finestra atmosferica’ attraverso cui la radiazione infrarossa terrestre può passare inalterata (Kemp, 1994). Ciò accade nell’intervallo tra 8 e 13 mm, la cui graduale chiusura è uno degli effetti delle emis- sioni antropiche dei GHG. Naturalmente, oltre ad assor- bire la radiazione solare, i gas nell’atmosfera, insieme con gli aerosol, diffondono la radiazione (scattering). La diffusione della radiazione solare è anch’essa impor- tantissima, in quanto può alterare il bilancio energetico generale dell’atmosfera. Le molecole, di piccole dimen- sioni rispetto alla lunghezza d’onda della radiazione inci- dente, causano lo scattering in tutte le direzioni, secon- do il fenomeno conosciuto come diffusione di Rayleigh. Aerosol le cui dimensioni siano paragonabili alla lun- ghezza d’onda della radiazione incidente, provocano 937 VOLUME III / NUOVI SVILUPPI: ENERGIA, TRASPORTI, SOSTENIBILITÀ 10.2 Emissioni e controllo dei gas serra

10.2 Emissioni e controllo dei gas serra - treccani.it · effetto serra naturale, è che la Terra immagazzina più energia vicino alla superficie al confronto di quella che assorbirebbe

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10.2.1 Introduzione

La bassa atmosfera, o troposfera (lo strato fino a 25 kmdalla superficie della Terra), è costituita da ossigeno eazoto e altri gas che rappresentano meno dell’1% involume (escluso il vapor d’acqua) dell’aria. Tale fra-zione comprende il biossido di carbonio (0,035%), ilmetano (0,0017%), l’ozono (0,00006%) e altri gas intraccia, come il protossido d’azoto, gli ossidi dell’azo-to (NOx), gli idrocarburi alogenati, il monossido di car-bonio e i composti organici volatili. Malgrado la loroscarsissima abbondanza, questi gas, i cosiddetti gas serra(GHG, GreenHouse Gas), svolgono un ruolo importantenella regolazione del bilancio energetico dell’atmosfe-ra o del ciclo energetico che controlla il clima globale(Buchdahl, 1999).

Bilancio energetico del sistema Terra-Sole ed effetto serra naturale

L’energia solare, prodotta dalle reazioni di fusionenucleare dell’idrogeno, viene irraggiata dalla superficiedel Sole che ha una temperatura equivalente di circa 5800K. La radiazione viene diffusa in tutte le direzioni e sol-tanto una frazione molto piccola dell’energia emessa dalSole è intercettata dalla Terra (Critchfield, 1983). Di con-seguenza, il flusso di energia incidente sull’atmosferadella Terra è di molti ordini di grandezza più piccolo diquello emesso dal Sole. Assumendo che sia il Sole siala Terra si comportino come corpi neri, cioè perfetta-mente radianti, e differenziando la legge di Planck siarriva a una stima della temperatura effettiva della super-ficie terrestre pari a 255 K. Le lunghezze d’onda corri-spondenti al massimo di energia emessa si trovano a circa0,5 mm (parte visibile dello spettro) per il Sole e 10 mm(parte infrarossa dello spettro) per la Terra. È noto peròche la temperatura globale media della Terra è pari a288 K o 15 °C, cioè 33 K più calda di quanto stimato dalbilancio tra energia assorbita ed emessa. Ciò è dovuto

alla presenza dei gas che compongono l’atmosfera ter-restre. Infatti nell’atmosfera ha luogo un assorbimentosignificativo della radiazione ultravioletta (UV) prove-niente dal Sole da parte dell’ozono e della radiazioneinfrarossa (IR) emessa dalla Terra da parte del vapord’acqua, del biossido di carbonio e di altri gas presentiin traccia. L’assorbimento di radiazione infrarossa ter-restre è particolarmente importante per il bilancio ener-getico dell’atmosfera della Terra (Campbell, 1986; Tren-berth, 2004). Una piccola parte di questa radiazione èirraggiata nello spazio (generalmente ai livelli elevati epiù freddi dell’atmosfera), ma la maggior parte è rifles-sa di nuovo verso la Terra. I GHG nell’atmosfera sonotrasparenti alla radiazione solare incidente di piccola lun-ghezza d’onda, ma assorbono quella emessa dalla Terra,di lunghezza d’onda sensibilmente maggiore. La mag-gior parte dell’assorbimento di radiazione infrarossaavviene nella troposfera. L’effetto netto, conosciuto comeeffetto serra naturale, è che la Terra immagazzina piùenergia vicino alla superficie al confronto di quella cheassorbirebbe in assenza di atmosfera, determinandoappunto un livello di temperatura più elevato di circa33 K. Malgrado l’assorbimento considerevole da parte diquesti GHG, c’è una ‘finestra atmosferica’attraverso cuila radiazione infrarossa terrestre può passare inalterata(Kemp, 1994). Ciò accade nell’intervallo tra 8 e 13 mm,la cui graduale chiusura è uno degli effetti delle emis-sioni antropiche dei GHG. Naturalmente, oltre ad assor-bire la radiazione solare, i gas nell’atmosfera, insiemecon gli aerosol, diffondono la radiazione (scattering). Ladiffusione della radiazione solare è anch’essa impor-tantissima, in quanto può alterare il bilancio energeticogenerale dell’atmosfera. Le molecole, di piccole dimen-sioni rispetto alla lunghezza d’onda della radiazione inci-dente, causano lo scattering in tutte le direzioni, secon-do il fenomeno conosciuto come diffusione di Rayleigh.Aerosol le cui dimensioni siano paragonabili alla lun-ghezza d’onda della radiazione incidente, provocano

937VOLUME III / NUOVI SVILUPPI: ENERGIA, TRASPORTI, SOSTENIBILITÀ

10.2

Emissioni e controllodei gas serra

la diffusione di Mie, che ha luogo principalmente nelverso opposto a quello della radiazione incidente. Sicomprende quindi come la presenza di aerosol atmo-sferico possa interessare il bilancio energetico (Shine etal., 1996), e avere quindi effetti sul clima globale. Lafig. 1 mostra schematicamente i trasferimenti di energiatra la Terra e il Sole. Le radiazioni solari che arrivanonell’atmosfera (onde corte) sono in parte assorbite daigas (per esempio dall’ozono), in parte diffuse e in parteriflesse nello spazio dalle nubi o dalla superficie terre-stre. La parte più consistente è assorbita dalla superfi-cie della Terra. La quantità di radiazione riflessa dipen-de da un fattore noto come albedo (o riflettività), chevaria a seconda del tipo di superficie: per la Terra ha unvalore medio globale di circa 0,30, cioè il 30% dellaradiazione solare ricevuta viene riflessa. La radiazioneterrestre (onde lunghe) riemessa dalla superficie dellaTerra è per la maggior parte riassorbita dai GHG e sol-tanto una piccola parte fuoriesce attraverso la finestraatmosferica. Le radiazioni riemesse dall’atmosfera (GHG,nubi) sono rinviate alla superficie della Terra o rilascia-te verso lo spazio.

Equilibri e flussi dei gas serraDalla conclusione dell’ultima glaciazione, che ha

avuto luogo circa 7000-10.000 anni fa, fino alla metà del18° secolo, i livelli dei GHG nell’atmosfera sono rima-sti praticamente costanti. Dalla rivoluzione industriale,tuttavia, le concentrazioni della maggior parte dei prin-cipali GHG sono aumentate, in maggiore o minore misu-ra. La conseguenza è stata un incremento dell’effetto serra,con riflessi sul clima. Maggiori sono le concentrazioni diGHG nell’atmosfera, maggiore è la radiazione uscenteassorbita nella bassa atmosfera, con conseguente, presu-mibile aumento della temperatura in superficie. In ognicaso, essendo il sistema in equilibrio, i flussi energeticidebbono essere bilanciati. Per l’atmosfera questo signi-fica che le fonti di GHG devono essere compensate daimeccanismi di rimozione (sink) degli stessi. Il sistemabiogeochimico globale, come il sistema clima, è in unequilibrio dinamico e i cambiamenti dei GHG introdu-cono delle perturbazioni. Se la concentrazione di un par-ticolare GHG nel sistema aumenta, la risposta sarà quel-la di aumentare i meccanismi di rimozione. Nel tempo ilsistema biogeochimico globale ha cercato di contrastare

938 ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI

AMBIENTE

radiazione aonde corte

radiazione solare100

radiazioneriflessa

30radiazione

terrestre riemessa66

radiazionedi superficie

riemessaattraversola finestra

atmosferica4

convezione/evapotraspirazione

29

25

2512

5radiazioneriemessa

dall’atmosfera(effetto serra)

88

radiazione aonde lunghe

fig. 1. Trasferimenti di energia Sole-Terra(Buchdahl, 1999).

l’impatto indotto dalle attività umane. Attualmente, lefonti immettono nell’atmosfera quantità di GHG supe-riori a quelle che possono essere rimosse dai meccanisminaturali. Alle attuali concentrazioni atmosferiche tutte lespecie di gas serra attenuano la radiazione IR. Ciascunodei GHG contribuisce però al cambiamento climatico inmisura diversa a seconda a) della sua concentrazioneattuale e futura (alcuni composti già assorbono il 100%della radiazione, così che un eventuale ulteriore aumen-to di concentrazione non produrrà alcun effetto); b) dellalunghezza d’onda alla quale avviene l’assorbimento (peresempio, nel caso in cui la regione di assorbimento sia lastessa di altri composti con assorbimento completo, ulte-riori incrementi non avranno effetto, mentre se le speciein aumento assorbono nella ‘regione finestra’, si avrannoeffetti potenzialmente superiori); c) dell’entità dell’as-sorbimento; d) del tempo di permanenza nell’atmosfera.

Per tenere conto di tutti questi effetti sono stati svilup-pati due indici: il RIRF (Relative Instantaneous RadiativeForcing), un indice che misura l’aumento dell’assorbimentodella radiazione IR di un gas per incrementi unitari di con-centrazione, e il GWP (Global Warming Potential), poten-ziale di riscaldamento globale, che è definito come:

ai(t)Ci[1] GWP ��t

0

111dtac(t)Cc

dove ai è l’assorbimento istantaneo per incremento uni-tario di concentrazione del gas i-esimo, Ci è la sua con-centrazione al tempo t, ac è l’assorbimento analogo delbiossido di carbonio e Cc la concentrazione del biossi-do di carbonio al tempo t. Il rapporto ai �a0, dove a0 èl’assorbimento istantaneo al tempo t�0, è equivalente

al RIRF. Espresso in questo modo il GWP fornisce, sullungo termine, il contributo al riscaldamento di un qua-lunque gas rispetto al biossido di carbonio. Stime delpotenziale di riscaldamento globale per i vari gas sonopresentate in tab. 1.

Ciclo del carbonioIl ciclo biogeochimico del carbonio (fig. 2), in cui que-

sto elemento si presenta sotto forma di CO2, carbonati

939VOLUME III / NUOVI SVILUPPI: ENERGIA, TRASPORTI, SOSTENIBILITÀ

EMISSIONI E CONTROLLO DEI GAS SERRA

tab. 1. Contributi relativi al potenziale di riscaldamento globale

GASTempo di residenza

(anni)a Indice di RIRF istantaneoGWP

Potenziale di riscaldamentoglobalec

CO2 50-200b 1 1

CH4 12 43 21d

N2O 120 250 310d

CFC-11 60 15.000 3.400e

CFC-12 195 19.000 7.100e

HCFC-22 12 13.000 1.600e

a I tempi di residenza sono tratti da Houghton et al., 1996.b I tempi di residenza del CO2 variano a seconda del metodo utilizzato per calcolare la cattura da parte degli oceani, in particolare

se si utilizza, nel calcolo, la superficie di tutto l’oceano. c I valori sono ottenuti per integrazione su un periodo di 100 anni.d Valori tratti da «CO2/Climate Report», 1997.e Valori tratti da «CO2/Climate Report», 1993. I valori si riferiscono all’effetto diretto; interazioni dei CFC con l’ozono nella bassa

stratosfera possono ridurre l’entità della radiazione che arriva all’atmosfera, contribuendo al raffreddamento (in questo caso i GWPrisulterebbero ridotti).

atmosfera: 750produttivitàprimaria: 61,4

biomassacontinentale: 4.380

carbonio organicodisciolto: 700

biomassamarina: 3

emissioniantropogeniche

superficie oceano:1.020

sedimenti fondo marino: 150

oceano profondo:38.100

cambiamentid’uso delterritorio

respirazione:60 5,51,6 0,5

66

4

40 91,6 100

92

90

0,2

50

fig. 2. Ciclo globale del carbonio (Schimel et al., 1996).

e sostanze organiche, interessa l’atmosfera, l’oceano, laterra e i vari organismi, e, su scale temporali geologiche,i sedimenti e le rocce (Butcher et al., 1992). Il ciclo glo-bale del carbonio, come altri cicli biogeochimici, è in equi-librio dinamico. L’atmosfera immagazzina circa 750 Gt(miliardi di tonnellate) di carbonio (sotto forma di CO2).L’oceano profondo rappresenta un deposito enorme dicarbonio, con 38.000 Gt, mentre la parte superficialedell’oceano contiene approssimativamente 1.000 Gt(Schimel et al., 1996). Le fonti di CO2 atmosfericopossono essere suddivise in due gruppi: naturali e antro-pogeniche. Le fonti naturali includono la respirazionedegli animali – 60 Gt all’anno (Houghton et al., 1994)– e la superficie dell’oceano – 90 Gt all’anno – (Schi-mel et al., 1996). Le fonti antropiche includono essen-zialmente la combustione di sostanze fossili (per auto-trazione, produzione di energia elettrica, ecc.), la pro-duzione di cemento e il cambio d’uso del territorio(principalmente disboscamento). La superficie dell’o-ceano inoltre svolge la funzione di abbattere il CO2 atmo-sferico, con un ritmo annuale di rimozione di carboniopari a 92 Gt. L’altro sistema di rimozione naturale è lafotosintesi, che sequestra il carbonio per 61,4 Gt ognianno (Schimel et al., 1996). La ricrescita delle forestedell’emisfero settentrionale rappresenta un altro mec-canismo di rimozione. In risposta alla perturbazioneindotta dalle emissioni antropogeniche è in atto un pro-cesso di riaggiustamento e di conseguenza la concen-trazione atmosferica di CO2 è aumentata. Un semplicebilancio rivela uno squilibrio pari a 3,2 Gt di carbonioall’anno in più che entrano nell’atmosfera. Il conseguente

accumulo di CO2, riferito al tempo infinitesimo dt, puòessere espresso dall’equazione:

d(DM)[2] 14444321�I �Dn�F �X

dt

dove DM è la variazione della massa di CO2 presente nel-l’atmosfera, I le emissioni di CO2 provenienti dalla com-bustione di sostanze fossili e dalla produzione di cemen-to, Dn le variazioni di CO2 provocate dai cambiamenti diuso del territorio (disboscamento), F l’assorbimento nettooceanico di CO2 e X l’assorbimento terrestre netto diCO2; I, Dn, F e X sono espressi come massa di CO2 nel-l’unità di tempo. Le stime dei valori attuali per le gran-dezze che figurano nell’equazione [2] sono state effet-tuate dall’IPCC (Intergovernmental Panel on ClimateChange; Houghton et al., 1990; 1992; 1994). Grandiquantità di CO2 sono scambiate nel ciclo globale del car-bonio, che è accoppiato con il sistema del clima, su scaletemporali stagionali, interannuali e decennali. La com-prensione esatta del ciclo globale del carbonio è essen-ziale per la valutazione delle concentrazioni future diCO2 nell’atmosfera.

Gas serra

Biossido di carbonioI dati del centro mondiale per i gas serra dell’orga-

nizzazione meteorologica mondiale (WMO WDCGG,World Data Centre for Greenhouse Gases World Meteo-rological Organization), raccolti da 102 stazioni (chemisurano on line o off line, come la rete NOAA/CMDL,

940 ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI

AMBIENTE

350

360

340

370

ppm

350

360

340

370

350

360

340

370

1983 1985 1987 1989 1991 19951993 1997 1999 200184 86 88 90 92 9694 98 00 02

anno

biossido di carbonio (CO2)

globale

emisfero nord

emisfero sud

fig. 3. Concentrazioni medie mensili di CO2 e andamenti sul lungoperiodo destagionalizzatidal 1983 al 2002 per il globo e i due emisferi(GAW DATA WDCGG,2004).

National Oceanic and Atmospheric Administration/Cli-mate Monitoring Diagnostic Laboratory) sparse ovun-que nel mondo, indicano che le concentrazioni globalimedie di CO2 sono in aumento su base annuale, e cre-scenti da circa 280 ppm (parti per milione) nel periodopreindustriale (Houghton et al., 2001) alla concentra-zione media di circa 374 ppm nel 2002, con un aumen-to netto del 27%. Le concentrazioni sono aumentatesoprattutto nell’emisfero settentrionale e alle medie lati-tudini, indicando l’associazione a sorgenti intense pre-senti in questo emisfero. Il tasso di accrescimento glo-bale è 1,6 ppm/a in media per il periodo 1983-2001. Tut-tavia, i tassi di accrescimento variano significativamenteda un anno all’altro. Gli alti tassi di accrescimento nel1983, nel 1987-88, nel 1994-95 e nel 1997-98 sono asso-ciati con gli eventi caldi di oscillazione di El Niño. L’e-vento anomalo di El Niño nel 1997-98 ha determinatogli incrementi del 1998 osservati in tutto il mondo. I tassidi accrescimento particolarmente bassi nel 1992, com-presi i valori negativi per il Nord e le medie latitudini,sono stati causati dalle basse temperature determinatedall’eruzione del vulcano Pinatubo nel 1991 (GAW DATAWDGCG, 2004). La fig. 3 mostra le concentrazioni mediemensili (linea spessa punteggiata) e destagionalizzate(linea continua), cioè ottenute eliminando l’effetto delleoscillazioni dovute alle stagioni, degli andamenti sullungo periodo 1983-2002 globali e per ciascuno degliemisferi. La fig. 4 mostra invece le tendenze destagio-nalizzate di lunga durata (fig. 4 A) e i tassi di crescita

(fig. 4 B), per intervalli di 30° di latitudine. Il ciclo sta-gionale nel Nord riflette principalmente la variazionestagionale nell’assorbimento/emissione nella biosfera,mentre il ciclo del Sud risente delle variazioni determi-nate dalle masse oceaniche e dalla combustione dellabiomassa nella biosfera.

MetanoIl metano (CH4) è il secondo gas in ordine di im-

portanza ai fini dell’effetto serra. Nel periodo 1000-1800 a.C., la concentrazione di CH4 era pari a circa700 ppb (parti per miliardo), con più o meno 40 ppb dioscillazione dovute alle variazioni climatiche. L’aumentodella concentrazione atmosferica del CH4 dall’inizio delperiodo industriale rappresenta il 20% della perturba-zione totale nelle emissioni delle radiazioni (Houghtonet al., 2001). Il CH4 atmosferico è prodotto principal-mente per digestione anaerobica di materiale organicoe nelle fasi di estrazione dei combustibili fossili. Il CH4

è emesso sia dalle fonti naturali sia da quelle antropo-geniche: le paludi, gli oceani, le discariche, le risaie, lafermentazione enterica, i gas di perforazione e la com-bustione della biomassa. Il CH4 è rimosso dall’atmo-sfera per reazione con i radicali idrossilici presenti nellatroposfera e nella stratosfera; per reazione con gli atomidel cloro e dell’ossigeno nello stato eccitato O(1D) nellastratosfera, prodotto dall’assorbimento di radiazioneUV; oppure per assorbimento nel terreno. Il principa-le meccanismo di rimozione del metano atmosferico è

941VOLUME III / NUOVI SVILUPPI: ENERGIA, TRASPORTI, SOSTENIBILITÀ

EMISSIONI E CONTROLLO DEI GAS SERRA

60N-90N30N-60NEQ-30N30S-EQ60S-30S90S-60S A

B

anno

biossido di carbonio (CO2)

ppm

ppm/anno

350

355

360

365

345

340

375

370

4

3

335

1

0

2

1983 1985 1987 1989 1991 19951993 1997 1999 200184 86 88 90 92 9694 98 00 02

fig. 4. Andamenti sul lungo periododestagionalizzati (A) e tassi di crescita (B) del CO2 per intervalli di 30° di latitudine (GAW DATA WDCGG,2004).

rappresentato dalle reazioni chimiche con i radicali idros-silici nella troposfera, ma questo processo naturale èinfluenzato dalle reazioni dei radicali idrossilici con altreemissioni antropogeniche, principalmente il monossi-do di carbonio (CO) e gli idrocarburi emessi dagli auto-veicoli (Watson et al., 1990). Le valutazioni attuali delprocesso di rimozione del metano (Prather et al., 1996)si stimano intorno a 445 Mt/a. Tuttavia, vi sono incer-tezze notevoli riguardo alle fonti e alla rimozione, chedevono ulteriormente essere ridotte per migliorare levalutazioni delle previsioni delle future concentrazioniatmosferiche del metano. Il tasso di accrescimento glo-bale è 8 ppb/a in media per il periodo 1984-2001, ma itassi mostrano una diminuzione a partire dagli anniOttanta, quando si sono registrati valori negativi nellelatitudini nord e nel 1996, quando l’andamento crescentesi è quasi arrestato in molte regioni. Tuttavia, entrambigli emisferi hanno avvertito gli alti tassi di accresci-mento nel 1998, causati da una temperatura media glo-bale particolarmente alta, e le successive diminuzioniche hanno fatto registrare per la prima volta valori nega-tivi nel 2000. Diversamente da quanto accade per il CO2,le ampiezze del ciclo stagionale per il CH4 sono eleva-te non soltanto nell’emisfero settentrionale ma anchenelle alte e medie latitudini dell’emisfero meridionale(GAW DATA WDCGG, 2004). Le figg. 5 e 6 mostranorispettivamente le concentrazioni medie mensili (lineatratteggiata sottile) e le tendenze destagionalizzate sullungo periodo (linea in grassetto) dal 1983 a 2002, glo-bali e per entrambi gli emisferi (v. ancora fig. 5), e letendenze destagionalizzate sul lungo periodo (v. ancora

fig. 6 A) e i tassi di accrescimento (v. ancora fig. 6 B)per intervalli di 30° di latitudine.

Protossido d’azotoIl protossido d’azoto (N2O) è un GHG con un tempo

di permanenza nell’atmosfera di 114 anni. La concen-trazione atmosferica di questo gas è aumentata costan-temente da circa 270 ppb del periodo preindustriale ed èattualmente superiore del 16% rispetto ai livelli del 1750(Houghton et al., 2001). I terreni tropicali sono proba-bilmente la fonte più importante di N2O nell’atmosfera(Prather et al., 1996) ed è probabile che l’intensifica-zione dell’agricoltura sia causa di ulteriori aumenti (Mat-son e Vitousek, 1990). Secondo valutazioni dell’IPCC leemissioni di N2O (Houghton et al., 1994) dai terreni tro-picali sono di 4 Mt/a (come azoto), di cui 75% dalle zoneumide delle foreste e 25% dai deserti. Le fonti antropo-geniche possono rappresentare circa il 40% delle emis-sioni totali (5,7 Mt/a) e includono i terreni coltivati e lefonti di combustione della biomassa e industriali (peresempio, produzione di nylon). Le emissioni totali attual-mente sono stimate dell’ordine di 14,7 Mt/a (�3,5 Mt/a).I principali meccanismi di rimozione per N2O sono lafotodissociazione stratosferica e la fotoossidazione, valu-tate a 12,3 Mt/a (�3,5 Mt/a). La fig. 7 (GAW DATAWDCGG, 2004) espone le serie cronologiche mensilidelle concentrazioni di N2O nei due emisferi. L’aumen-to osservato nelle concentrazioni atmosferiche di N2Oattualmente implica che sia immesso nell’atmosfera uneccesso di 3,9 Mt/a. Le concentrazioni di N2O sono attual-mente dell’ordine di 310 ppb (Machida et al., 1994).

942 ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI

AMBIENTE

ppb

1983 1985 1987 1989 1991 19951993 1997 1999 200184 86 88 90 92 9694 98 00 02

anno

metano (CH4)

globale

emisfero nord

emisfero sud

1.700

1.800

1.600

1.700

1.800

1.600

1.700

1.800

1.600

fig. 5. Concentrazioni medie mensili di CH4 (linea spessa) e andamenti sul lungoperiodo destagionalizzati(linea continua) dal 1983 al 2002 per il globo e i due emisferi(GAW DATA WDCGG,2004).

Idrocarburi alogenatiCon il termine generale di idrocarburi alogenati si

intendono le sostanze carboniose che contengono uno opiù alogeni: fluoro, cloro, bromo e iodio. I clorofluoro-carburi (CFC) contengono il fluoro e il cloro ma non l’i-drogeno, mentre gli idroclorofluorocarburi (HCFC) con-tengono anche l’idrogeno. Il tetracloruro di carbonio (CCl4),il tricloroetano (CH3CCl3) e gli idrocarburi che conten-gono il bromo sono sostanze lesive dello strato di ozono.Una diminuzione dell’ozono stratosferico comporta il

raffreddamento della bassa stratosfera. Tuttavia, l’au-mento degli idrocarburi alogenati comporta una pertur-bazione positiva netta sul riscaldamento globale perchél’effetto di assorbimento della radiazione è maggioredel raffreddamento prodotto dal consumo dell’ozonostratosferico (WMO, 1999). I CFC sono dissociati prin-cipalmente tramite radiazione ultravioletta nella strato-sfera e i loro tempi di vita sono generalmente lunghi (peresempio, circa 50 anni per CFC-11). HCFC e CH3CCl3,che contengono l’idrogeno, reagiscono con i radicali

943VOLUME III / NUOVI SVILUPPI: ENERGIA, TRASPORTI, SOSTENIBILITÀ

EMISSIONI E CONTROLLO DEI GAS SERRA

60N-90N30N-60NEQ-30N30S-EQ60S-30S90S-60S

A

B

anno

metano (CH4)

ppb

ppb/anno

1.700

1.750

1.800

1.650

1.850

20

15

1.600

5

0

10

1983 1985 1987 1989 1991 19951993 1997 1999 200184 86 88 90 92 9694 98 00 02

fig. 6. Andamenti sul lungo periododestagionalizzati (A) e tassi di crescita (B) relativi al metano per intervalli di 30°di latitudine (GAW DATA WDCGG,2004).

295

320

315

310

305

300

1984198219801978 1986 1988 1990 1992 19961994 1998 2000 2002

conc

entr

azio

ne d

i N2O

(pp

b)

anno

emisfero nord

emisfero sud

fig. 7. Serie temporali delle concentrazioni medie mensili di N2O.

idrossilici nella troposfera e hanno tempi di vita relati-vamente brevi (per esempio, circa 5 anni per CH3CCl3).I CFC e gli HCFC sono interamente prodotti in attivitàumane e non esistono in natura. Sono ampiamente usaticome solventi nell’industria elettronica e come propel-lenti negli spray, nella fabbricazione delle schiume poliu-retaniche, nei sistemi di condizionamento e refrigera-zione. Grazie al Protocollo di Montreal (relativo allesostanze che impoveriscono lo strato di ozono), la loroproduzione e il loro impiego sono in via d’esaurimento.Di conseguenza, le concentrazioni globali di tutti i CFCsono attualmente quasi costanti o in lenta diminuzionein entrambi gli emisferi.

Le concentrazioni di HCFC-141b e HCFC-142b stan-no invece aumentando linearmente.

Confrontando i dati tra le stazioni, si nota che neglianni Ottanta le differenze di concentrazione fra i dueemisferi erano elevate per tutti i composti tranne che pergli HCFC. Le differenze stanno tuttavia diminuendo,mentre l’aumento nella concentrazione di HCFC è ilrisultato del loro uso in sostituzione dei CFC.

OzonoL’ozono (O3) svolge un ruolo importante nell’atmo-

sfera in quanto assorbe la radiazione UV nella strato-sfera e la radiazione IR nella troposfera. Tuttavia, l’ozo-no differisce notevolmente da altri gas serra (quali CO2,CH4 e CFC) in quanto non ha sorgenti dirette, ma piut-tosto è prodotto nell’atmosfera stessa. La sua concen-trazione varia da 10 ppb nella troposfera a circa 10 ppmnella stratosfera. Contrariamente al CO2, al CH4 e ai CFCo agli altri alogenati che hanno concentrazioni relativa-mente uniformi, l’ozono presenta gradienti di concen-trazione, anche verticali, all’interno della troposfera. L’o-zono troposferico può provenire in piccola parte dalla

stratosfera, mentre per la maggior parte viene prodottochimicamente a causa di varie reazioni che coinvolgonoprecursori quali i composti organici volatili (VOC, Vola-tile Organic Compounds) e gli ossidi d’azoto, prevalen-temente di origine antropica. L’ozono viene consumatoin reazioni chimiche con monossido di azoto, con alcu-ni VOC e con i radicali idrossilici oppure per deposi-zione su superfici. Poiché le emissioni dei precursori,prevalentemente VOC, sono localizzate e i loro tempi divita sono generalmente brevi, la distribuzione di ozonoin superficie è localizzata e variabile nel tempo (feno-meni di smog fotochimico). La concentrazione di O3 èvariabile da una stazione di monitoraggio all’altra ed èin aumento dal periodo preindustriale (Houghton et al.,2001). Poiché la variazione stagionale e annuale è note-vole, è difficile prevedere una tendenza generale sul lungoperiodo. La fig. 8 (GAW DATA WDCGG, 2004) ripor-ta gli andamenti stagionali di picco ogni 30° di latitudi-ne, dopo sottrazione dei trend su lungo termine.

Materiale particellare e aerosolIl materiale particellare (PM, Particulate Matter) e

gli aerosol (materiale condensato disperso nell’aria) riflet-tono e assorbono la radiazione ricevuta, svolgendo unruolo importante sui flussi di radiazioni scambiati dal-l’atmosfera. Essi sono prodotti direttamente o a segui-to di reazioni chimiche, nei processi di combustione, siada fonti naturali, per esempio biomasse, sia in processiindustriali o in attività umane. Si è già accennato all’ef-fetto di diffusione (scattering) della radiazione solareoperato dagli aerosol. L’entità della diffusione dipendedalla natura chimica della sostanza particellare. Peresempio, le specie solforate, il nitrato di ammonio e lesostanze organiche condensate contribuiscono in misuradifferente alla diffusione. Per una corretta valutazione

944 ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI

AMBIENTE

60N-90N30N-60NEQ-30N30S-EQ60S-30S90S-60S

(ppb

)

10

5

0

�10

�5

mese

ozon

o in

sup

erfi

cie

gen feb mar apr mag luggiu ago sett ott nov dic

fig. 8. Cicli stagionalimediati di picchi di O3per intervalli di 30°di latitudine dopo sottrazione degli andamenti sul lungo periodo (GAW DATA WDCGG,2004).

dell’interazione degli aerosol con la radiazione è neces-sario conoscere le dimensioni e la composizione chimi-ca del materiale particellare (vanLoon e Duffy, 2000).In effetti, le proprietà ottiche sono influenzate dalle dimen-sioni e dalla natura chimica delle sostanze, ma anchedalle loro caratteristiche igroscopiche. Benché sia anco-ra oggetto di discussione, il solfato è considerato la spe-cie particellare più importante di cui tenere conto neimodelli di previsione. La concentrazione di nitrato diammonio negli aerosol è presa in crescente considera-zione, sia perché i dati disponibili circa le concentrazioniatmosferiche non sono noti con precisione (a causa diartefatti analitici dovuti alla sua volatilità), sia perchénon sono chiari gli effetti legati alla composizione. Lamaggior parte degli studi su questo argomento trascurail contributo del nitrato, in quanto esso si trova nelle fra-zioni a diametri submicronici che dovrebbero avere effet-ti limitati sulla diffusione. Misure recenti delle concen-trazioni nell’aerosol, condotte nei Paesi Bassi con tecni-che di campionamento esenti da artefatti, portano allaconclusione che la concentrazione del nitrato nell’at-mosfera è approssimativamente simile a quella del sol-fato e generalmente sottostimata (Khlystov, 1998).

Il nitrato di ammonio e il solfato sono anche sali igro-scopici. L’assorbimento dell’acqua in condizioni di ele-vata umidità provoca lo sviluppo delle dimensioni delparticolato, con conseguente aumento dell’effetto di scat-tering. L’igroscopicità delle particelle induce inoltre laformazione delle goccioline delle nubi che aggiungonodue ulteriori effetti contrastanti provocando da un latoun aumento della riflettività, dall’altro un incremento deitempi di permanenza delle nubi favorendo l’assorbimentodella radiazione.

Le nubi infatti si formano su particelle, solubili inacqua, preesistenti agli aerosol (nuclei di condensazio-ne della nube, CCN, Cloud Condensation Nuclei). Ilnumero di nuclei di condensazione controlla la concen-trazione delle goccioline della nube. Particelle più pic-cole tendono ad aumentare il numero di goccioline dellanube inibendo gli eventi di pioggia e aumentando il perio-do di copertura del cielo, che impedisce l’ingresso dellaradiazione solare di piccola lunghezza d’onda. D’altraparte, l’assorbimento IR della nube aumenta l’effetto diGHG. Pertanto, l’effetto degli aerosol sul bilancio ener-getico della Terra è controverso. La presenza di aerosolpuò in effetti mascherare il riscaldamento prodotto dal-l’accumulo di GHG. Il riscaldamento globale potrebbeaddirittura accelerare se saranno realizzate le riduzionipianificate per il nitrato e il solfato, nell’ambito delleazioni di controllo delle piogge acide e dell’eutrofizza-zione.

Vapor d’acquaL’acqua è in grado di assorbire la radiazione IR ed eser-

cita quindi un effetto serra naturale. Il vapor d’acqua è il

principale gas serra nell’atmosfera, essendo responsa-bile di oltre il 60% del riscaldamento naturale (20,6 sultotale di 33 K). Mentre il contenuto di vapor d’acqua inaria è altamente variabile nel tempo e nello spazio, l’u-midità relativa media globale è costante e pari a circal’1%. Il ruolo dell’acqua nel futuro può però divenirecritico. Infatti, in conseguenza del riscaldamento globa-le si prevede un aumento di evaporazione. Un aumentodell’umidità nell’atmosfera comporta un incremento deiflussi di deposizione umida (pioggia, neve e temporali),con conseguente modificazione dei cicli idrologici. Unmaggiore contenuto di acqua nell’atmosfera può inoltresia amplificare il riscaldamento tramite l’assorbimentodella radiazione solare, sia portare a una riduzione delriscaldamento tramite l’aumento della riflessività. Inol-tre, l’entità dei processi di evaporazione dalle terre emer-se è prevista in aumento a seguito della costruzione diserbatoi di superficie e di bacini d’acqua o delle prati-che di irrigazione. Mentre il vapor d’acqua atmosfericocontribuisce significativamente all’effetto serra natura-le, l’effetto sul clima in conseguenza dell’aumento delcontenuto di vapore si ritiene sia di qualche percento.Comunque, poiché il vapor d’acqua può causare sia ilriscaldamento sia il raffreddamento, non è facile preve-derne l’effetto netto sulla temperatura della Terra.

Mentre ci sono ampie prove, basate sui dati della retedi monitoraggio degli Stati Uniti (746 stazioni), del-l’aumento del vapor d’acqua atmosferico in varie partidel mondo, gli elementi forniti dalla rete delle stazioni(190) dell’ex Unione Sovietica mostrano una tendenzaalla diminuzione. Malgrado la problematica presentiancora aspetti dibattuti, c’è un consenso generale nel rite-nere che l’ulteriore incremento del contenuto d’acquanon sarà sufficiente per modificare ulteriormente il clima,mentre si ritiene possibile la modifica dei cicli idrologi-ci regionali.

10.2.2 Fonti di emissione dei gas serra

I GHG vengono emessi da numerose fonti. La sorgenteantropica più importante è associata alla produzione dienergia e all’impiego di combustibili fossili nei traspor-ti, nelle attività industriali e nel riscaldamento, oltre chealle pratiche agricole. Ogni anno gli inventari interna-zionali delle emissioni vengono aggiornati e sono dispo-nibili sui siti Internet degli enti preposti. Dietro ogni stra-tegia di intervento e di valutazione delle emissioni c’èun inventario su scala sia locale sia globale. La situa-zione europea viene brevemente discussa di seguito comeesempio del modo in cui, sulla base di queste informa-zioni, si possano intraprendere efficaci misure di con-trollo dei GHG. Nel 2001, il settore connesso con la pro-duzione di energia rappresenta la più grande fonte di

945VOLUME III / NUOVI SVILUPPI: ENERGIA, TRASPORTI, SOSTENIBILITÀ

EMISSIONI E CONTROLLO DEI GAS SERRA

GHG (27% delle emissioni totali di GHG; fig. 9 e tab. 2).In tale valutazione sono incluse le emissioni da com-bustibili fossili nella produzione dell’elettricità e delcalore, nella produzione e raffinazione del petrolio, nellafabbricazione di combustibili solidi e nelle altre produ-zioni industriali di energia. La produzione di calore e dielettricità ammonta a circa l’85% delle emissioni daquesto settore strategico, la raffinazione del petrolio acirca l’11%. Nei processi di combustione, i combusti-bili contenenti carbonio producono CO2. Fra i combu-stibili fossili il carbone dà il contributo più grande intermini di CO2 liberato per unità di energia prodotta,anche se i nuovi processi di combustione e le tecnolo-gie emergenti aumentano l’efficienza permettendo unaminore produzione di biossido di carbonio per unità dienergia prodotta. Il gas naturale, tra i prodotti a base dicarbonio, emette meno CO2 per unità di energia pro-dotta rispetto al carbone o al petrolio, ma le eventualiperdite di CH4 collegate all’attività mineraria di estra-zione del carbone e ai pozzi di produzione di gas e/o leperdite durante il processo di separazione e il trasportopossono contribuire all’effetto serra, in quanto anche ilmetano è attivo come GHG.

946 ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI

AMBIENTE

27%20%

14%

5%3%

3%2%10%

16%

trasporti

fermentazioni(CH4)

altri

industriamanifatturieraproduzionemineraliservizi e riscaldamentodomestico

suolo (N2O)

discariche

energia

fig. 9. Contributo delle diverse fonti all’emissione di gas serra nel 2001 in Europa (EEA, 2004).

tab. 2. Contributi alle emissioni di biossido di carbonio da fonti energetiche in Europa (EEA, 2004)

Stati membri

Emissioni di gas serra(Gg di CO2 equivalenti) Ripartizione

delle emissioninel 2001 (%)

Differenza2000-2001

Differenza1990-2001

1990 2000 2001(Gg di CO2equivalenti)

(%)(Gg di CO2equivalenti)

(%)

Germania 412.896 340.043 345.293 30,8 5.250 2 �67.604 �16

Regno Unito 228.090 190.184 199.229 17,8 9.045 5 �28.860 �13

Italia 138.957 157.835 155.279 13,9 �2.556 �2 16.322 12

Spagna 77.030 104.082 98.417 8,8 �5.666 �5 21.387 28

Paesi Bassi 51.305 61.222 64.776 5,8 3.553 6 13.471 26

Francia 67.636 63.694 57.487 5,1 �6.207 �10 �10.149 �15

Grecia 43.302 55.058 55.579 5,0 521 1 12.277 28

Finlandia 18.517 19.815 26.762 2,4 6.946 35 8.244 45

Belgio 28.572 27.482 26.669 2,4 �813 �3 �1.904 �7

Danimarca 26.202 25.121 26.375 2,4 1.254 5 173 1

Portogallo 16.199 21.280 21.953 2,0 672 3 5.754 36

Irlanda 11.057 16.016 17.145 1,5 1.128 7 6.087 55

Austria 13.225 12.236 14.375 1,3 2.139 17 1.150 9

Svezia 10.169 8.336 9.697 0,9 1.361 16 �473 �5

Lussemburgo 1.277 255 266 0,0 11 4 �1.011 �79

Totale UE a 15 membri 1.144.434 1.102.660 1.119.301 100,0 16.641 2 –25.133 –2

Le emissioni da trasporto, cioè la combustione di pro-dotti fossili per trasporti su strada, nell’aviazione civile,nelle ferrovie, nella navigazione e altre tipologie (CDIAC,1993), sono la seconda sorgente in ordine di importan-za nella contabilità dell’inventario europeo del CO2. Nel2001 il settore trasporti costituiva il 20% del totale diGHG. Il trasporto su strada è di gran lunga dominante,costituendo il 92% delle emissioni da trasporto sul tota-le del CO2. L’aviazione è il sistema di trasporto con lacrescita più veloce, mentre il trasporto ferroviario è quel-lo in più rapida diminuzione. La tab. 3 mostra le emis-sioni da traffico nei paesi dell’Unione Europea (dei 15),i cui andamenti riflettono il diverso sviluppo e le politi-che attuate, così come l’effetto del parco circolante(RIVM, 2004). Per quanto riguarda il settore trasporti,l’Europa mira a ridurre ulteriormente le emissioni spe-cifiche di CO2 dai nuovi autoveicoli, con un aumentodella loro efficienza. I produttori di tutto il mondo, conaccordi volontari, hanno imposto per i loro veicoli valo-ri massimi di emissione pari a 140 g/km di CO2 nel2008 (lo stesso valore nel 1995 era 168 g/km). Questoobiettivo può essere raggiunto tramite una riduzionedelle quantità emesse su vetture sia a benzina sia diesel

(l’efficienza nel diesel è migliore) e tramite uno sposta-mento della composizione del parco circolante dalla ben-zina verso il diesel.

Le emissioni di CO2 dal settore dei servizi e del riscal-damento domestico sono la terza più grande fonte delleemissioni di GHG in Europa, con il 16% delle emissio-ni totali (2001). Questa categoria include le emissioniprovenienti dal riscaldamento domestico, dai servizi (pri-vati e pubblici), dalle piccole imprese e dal commercioagricolo (trasporto agricolo, compreso quello fuoristra-da). Il riscaldamento rappresenta il 67% delle emissio-ni, i servizi e altre piccole imprese circa il 25%. L’usodei combustibili fossili nell’industria manifatturiera è laquarta sorgente delle emissioni di GHG in Europa (14%).I combustibili fossili sono usati nelle industrie manifat-turiere o come materiale di base nell’industria chimica(EEA, 2004).

Il suolo (terreno agricolo) è invece la più importan-te sorgente di emissioni di protossido d’azoto e contri-buisce per una quota pari al 5% del totale. Queste emis-sioni sono generate dall’applicazione dei fertilizzan-ti azotati e dell’azoto organico da concime animale. Lafermentazione enterica è la maggiore fonte di metano

947VOLUME III / NUOVI SVILUPPI: ENERGIA, TRASPORTI, SOSTENIBILITÀ

EMISSIONI E CONTROLLO DEI GAS SERRA

tab. 3. Contributi alle emissioni di biossido di carbonio dalla fonte trasporto in Europa (EEA, 2004)

Stati membri

Emissioni di gas serra(Gg di CO2 equivalenti) Ripartizione

delle emissioninel 2001 (%)

Differenza2000-2001

Differenza1990-2001

1990 2000 2001(Gg di CO2equivalenti)

(%)(Gg di CO2equivalenti)

(%)

Germania 162.281 182.697 178.313 21,4 �4.384 �2 16.032 10

Francia 119.135 137.738 140.670 16,9 2.932 2 21.536 18

Italia 102.023 120.571 125.191 15,0 4.621 4 23.168 23

Regno Unito 116.753 124.218 123.165 14,8 �1.053 �1 6.413 5

Spagna 57.497 85.108 89.341 10,7 4.233 5 31.845 55

Paesi Bassi 29.122 35.212 35.068 4,3 396 1 6.487 22

Belgio 19.610 24.048 24.162 2,9 114 0 4.552 23

Grecia 18.039 21.678 22.448 2,7 770 4 4.409 24

Svezia 18.337 19.582 19.848 2,4 266 1 1.512 8

Portogallo 10.701 19.185 19.077 2,3 �108 �1 8.376 78

Austria 12.739 17.481 18.887 2,3 1.406 8 6.148 48

Finlandia 12.475 12.379 12.569 1,5 190 2 94 1

Danimarca 10.404 12.046 12.077 1,4 31 0 1.673 16

Irlanda 5.020 10.211 11.063 1,3 852 8 6.043 120

Lussemburgo 870 1.451 1.504 0,2 54 4 634 73

Totale UE a 15 membri 695.003 823.606 833.925 100,0 10.319 1 138.922 20

(3% delle emissioni totali di GHG). L’emissione di CH4

è dovuta alla fermentazione anaerobica dei polisaccari-di e di altri componenti dell’alimentazione animale nel-l’apparato digerente (stomaco dei ruminanti) a opera dimicrorganismi. Un parametro correlato alle emissioni diCH4 da fermentazione enterica è il numero di animali.Fra il 1990 e il 2001, in Europa le emissioni sono dimi-nuite del 9%.

Le emissioni di CO2 dai processi industriali asso-ciati al settore minerario (produzione del cemento, dellacalce, del calcare e della dolomite, produzione e usodella cenere di soda, pavimentazioni con asfalto, pro-duzione di minerali) apportano un ulteriore 3% delleemissioni totali. Il 2% delle emissioni è associato allediscariche di rifiuti solidi. La fermentazione anaero-bica dei residui carboniosi biodegradabili produce meta-no; si sviluppa altresì CO2 per concorrenti processiaerobici. Tra le 60 categorie restanti (specificate neiprotocolli di inventario), quelle che contribuiscono albilancio con più dell’1% comprendono le emissionidell’industria chimica (1,2%), in particolare quellelegate alla produzione dell’acido adipico (fabbrica-zione di nylon, prodotti plastici e lubrificanti) e del-l’acido nitrico (intermedio nella produzione dei ferti-lizzanti), che comunque sono in diminuzione, e le emis-sioni di CH4 determinate dalle pratiche di concimazione(1,1%). Queste ultime sono prodotte dalla decompo-sizione di concime in condizioni anaerobiche. Le mag-giori sorgenti di emissione sono localizzabili negli sta-bilimenti lattiero-caseari e foraggieri, nelle aziendeavicole e di allevamento suino, dove il concime è imma-gazzinato tipicamente in grandi mucchi o in vasche diraccolta (Houghton et al., 1997).

Gli idrocarburi alogenati attualmente rappresenta-no lo 0,8% delle emissioni totali di GHG in Europa.L’emissione di HCFC è determinata dal loro utilizzoin sostituzione dei CFC, il cui uso è in via di elimina-zione, in impianti di refrigerazione e aria condiziona-ta, come propellenti per aerosol e nella produzione dimateriali per isolamenti termici. Le emissioni di N2Oda trasporto rappresentano lo 0,6% delle emissionitotali dei GHG nell’Unione Europea. La fonte piùimportante di N2O da trasporto è rappresentata dai vei-coli a benzina dotati di convertitori catalitici. Le emis-sioni di N2O sono prevalentemente prodotte durante lafase di preriscaldamento del catalizzatore. Se que-st’ultimo degrada o invecchia, si ha un aumento delladurata della fase di preriscaldamento, con conseguen-te incremento delle emissioni. Le misure delle emis-sioni sulle vetture a benzina dotate di catalizzatori atre vie della prima generazione hanno rilevato un aumen-to notevole delle emissioni di N2O rispetto ai veicolisenza catalizzatore, un inconveniente che sembra in viadi soluzione con l’introduzione di nuove formulazionicatalitiche (EC, 2000).

10.2.3 Tecniche di misura dei gasserra in aria ambiente

Il monitoraggio e il controllo dei GHG in aria ambientesono possibili da molti anni. Di seguito sono descritte letecniche tradizionali; attualmente si possono usare meto-dologie più evolute, incluse le osservazioni da satellite(WMO, 2001).

Biossido di carbonioLe misure di CO2 possono essere effettuate con cam-

pionamenti d’aria di durata generalmente settimanale,in contenitori d’acciaio da 2 litri. Il campione raccoltoviene quindi analizzato con un analizzatore infrarosso(NDIR, Non Dispersive InfraRed). Il vapor d’acqua cheinterferisce nella misura viene eliminato con una trap-pola fredda (a �60 °C) o, in alternativa, rimuovendo l’ac-qua per adsorbimento selettivo durante la misura. I siste-mi vengono calibrati usando miscele di CO2/aria, taratea 2 livelli. La concentrazione di questi campioni di rife-rimento viene tarata periodicamente con campioni secon-dari (generati cioè dalle miscele standard primarie) adalmeno tre livelli ogni 10 giorni. I campioni secondarisono verificati ogni 6 mesi con campioni primari di CO2

in aria.

OzonoIl metodo per l’analisi dell’ozono e la relativa cali-

brazione strumentale sono stati recentemente standar-dizzati nell’Unione Europea. Il metodo di analisi di rife-rimento è fotometrico e si basa sull’assorbimento dellaradiazione UV (in accordo con la norma dell’Interna-tional Organization for Standardization, ISO 13964).

Per la calibrazione si utilizza un fotometro UV diriferimento (ISO 13964, VDI 2468, B1.6). La direttivaeuropea sull’ozono cita esplicitamente questo metodo dicalibrazione. Il fotometro serve a generare concentra-zioni stabili e riproducibili con le quali tarare gli stru-menti, in quanto non è possibile preparare standard pri-mari di ozono con altri metodi.

Le misure delle concentrazioni di ozono nell’atmo-sfera sono attualmente condotte con analizzatori foto-metrici del tipo di quelli descritti nella norma di riferi-mento. La linea di prelievo del campione deve avere unalunghezza determinata ed essere costituita da un tubodi Teflon, per evitare perdite sulle pareti dovute all’ele-vata reattività di questa specie. La linea è riscaldata perevitare che avvengano condensazioni di acqua o con-gelamenti. Lo strumento è dotato di filtri in Teflon peril particolato (come del resto tutti gli analizzatori perl’ambiente atmosferico), che vanno sostituiti mensil-mente. I controlli della portata di aspirazione del cam-pione e del gas di riferimento devono essere effettuatiautomaticamente ogni 24 ore e registrati. Il sistema dimonitoraggio dell’ozono deve essere calibrato ogni due

948 ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI

AMBIENTE

mesi mediante un campione che ne permetta la riferi-bilità a uno standard primario.

Idrocarburi alogenatiLa tecnica di misura per CFC e HCFC, consideran-

do che la loro concentrazione media atmosferica variada 1 a 600 ppt (parti per trilione in volume), richiedemetodi di analisi molto sensibili. La preconcentrazioneavviene nella fase di campionamento ed è generalmen-te effettuata con trappole ad adsorbimento, raffreddateper effetto Peltier. Successivamente, i composti vengo-no desorbiti termicamente in un gascromatografo abbi-nato a uno spettrometro di massa (GC-MS).

Composti organici volatiliLa gascromatografia con rivelatore basato sulla ioniz-

zazione di fiamma (FID, Flame Ionization Detector)viene anche applicata per la misura dei VOC, incluso ilmetano. Utilizzando una colonna per la separazione èpossibile analizzare separatamente il totale dei VOC(THC, Total HydroCarbons) e il metano e ricavare perdifferenza i Non Methane Hydrocarbons (NMHC), cioègli idrocarburi non metanici. Strumenti basati su questoprincipio e rispondenti alle caratteristiche descritte nellenormative costituiscono il metodo di riferimento perTHC/NMHC e metano in tutto il mondo. Le prestazio-ni della strumentazione analitica sono indicate nellenorme in vigore.

Protossido d’azotoLa tecnica di misura del N2O prevede un prelievo

(settimanale), generalmente effettuato con contenitoripressurizzati a 2,8-3,0 bar. L’analisi è effettuata median-te un gascromatografo con rivelazione a cattura di elet-troni (ECD, Electron Capture Detector).

Materiale particellareIl metodo gravimetrico è il metodo di riferimento

per la misura della concentrazione atmosferica del mate-riale particellare. I filtri, di efficienza di intrappola-mento superiore al 99%, arricchiscono il particolatoatmosferico che viene aspirato attraverso di essi conpompe di caratteristiche opportune. La determinazio-ne della pesata in condizioni di riferimento (sono pre-viste condizioni rigorosamente controllate di umiditàe temperatura prima e dopo il prelievo) permette divalutare le differenze di peso da associare al volumenormalizzato prelevato. Il metodo prevede misure gior-naliere e su questa base è fissato uno degli standard diqualità dell’aria. L’inclusione di dispositivi di selezio-ne della granulometria sarà necessaria quando entre-ranno in vigore obiettivi di qualità per PM2,5 e PM10(cioè per il particolato fine con diametro delle parti-celle inferiore a 2,5 o a 10 mm). Anche in questo casoesistono norme internazionali (UNI EN 12341) che

descrivono il procedimento di campionamento e di ana-lisi del particolato oltre che i sistemi per dimostrare l’e-quivalenza di eventuali altri metodi. Attraverso la cer-tif icazione di istituti preposti si possono utilizzare,soprattutto nelle reti di monitoraggio, analizzatori incontinuo certificati, come per esempio quello, basatosu un metodo EPA, costituito da una microbilancia incui un elemento oscillante cambia la propria frequen-za di oscillazione in presenza del particolato (TEOM,Tapered Element Oscillating Microbalance), oppurecontatori beta, in cui si rileva la variazione dell’assor-bimento della radiazione (beta) dovuta al particolato.Altri metodi di misura della distribuzione granulome-trica e i contatori del numero di particelle sono discus-si nei capitoli relativi alle emissioni di particolato dovu-te al traffico, in quanto studiati per le applicazioni agliautoveicoli. Con questi dispositivi è possibile ottenereuna comprensione più profonda sulla distribuzione, perampiezza e numero, delle specie in forma di aerosolnell’atmosfera. Per la maggior parte, i metodi e le tec-niche analitiche descritti sono fissati da standard inter-nazionali (ISO) e sono diffusamente applicati in tuttoil mondo al fine di avere, soprattutto per i GHG, daticonfrontabili su scala mondiale.

10.2.4 Tecniche di misura dei gasserra nelle emissioni

La misura delle concentrazioni di gas serra allo scariconon è un requisito collegato a leggi né in Europa né negliStati Uniti. Al momento, infatti, il problema dei gas serraviene affrontato con stime delle quantità emesse basatesu calcoli e fattori di emissione; esistono comunque meto-di di misura riconosciuti dagli organismi internazionali.

Per la maggior parte le tecniche di misura dei GHGin aria ambiente descritte in precedenza sono adatte ancheper le emissioni ma, al contrario di quanto avviene nelsettore dell’energia così come nelle fonti mobili, per iquali sono stati sviluppati e applicati sistemi di misurain continuo delle emissioni (CEM, Continuous EmissionMonitoring) o altre tecniche, la loro applicazione al moni-toraggio di GHG è finora abbastanza rara. La misura delCO2 al camino viene talvolta eseguita in continuo con lafinalità di controllare il processo di combustione.

I sistemi di monitoraggio in continuo per applica-zioni al camino devono essere in generale provvisti dicertificazione e rispondere a precise specifiche funzio-nali e costruttive (talvolta incluse nella legislazione).Metodi standard o riconosciuti in sede internazionalevengono continuamente sviluppati. In sede EPA o ISOsono disponibili metodi per la misura di gas serra nelleemissioni, anche se spesso le norme locali possono nonriconoscerli (per esempio, il metodo per il particolatoPM2,5 in Europa).

949VOLUME III / NUOVI SVILUPPI: ENERGIA, TRASPORTI, SOSTENIBILITÀ

EMISSIONI E CONTROLLO DEI GAS SERRA

Le norme attuali richiedono, per la maggior partedelle sostanze inquinanti emesse ai camini e oggetto dinormativa, prelievi e analisi almeno annuali. A oggi sonopochi i camini dotati di sistemi di monitoraggio in linea,capaci di misurare i GHG (CO2 o CH4), principalmentea causa dell’assenza di vincoli legislativi. Gli strumentibasati sull’infrarosso anche di spettroscopia FTIR (Four-ier Transform InfraRed spectroscopy) sono in grado dimisurare le emissioni da processi di combustione, inclu-se quelle di CO2 e metano. Esistono invece metodi dianalisi riconosciuti, prevalentemente di fonte EPA o ISO,per applicazioni fuori linea, per la maggior parte dellespecie di interesse. A differenza di quanto avviene negliStati Uniti, non esiste fino a oggi in Europa una meto-dologia ufficialmente riconosciuta per la misura del mate-riale particellare in linea e con selezione della granulo-metria o del diametro aerodinamico (PM2,5 o PM10).Un metodo completamente differente di misura del par-ticolato, in termini di dimensione e numero di particel-le, e che opera in continuo, è invece in fase di avanzatasperimentazione per le fonti mobili, dove viene utiliz-zato, per ora, a scopo di ricerca. Anche nel caso dellefonti mobili la valutazione del biossido di carbonio, delmetano o del protossido di azoto non è per ora obbliga-toria, ma questi dati vengono acquisiti per scopi di ricer-ca. Sistemi gascromatografici dotati di FID sono utiliz-zati per la determinazione on line del metano con lo stes-so principio usato per l’aria ambiente; accoppiati invecea rivelatori a cattura di elettroni ECD sono utilizzati perla misura dell’N2O che, comunque, può essere misura-to anche mediante spettroscopia IR. Per CO2 e CO sonoutilizzati comunemente analizzatori IR.

Tra le fonti di emissioni significative di GHG ci sonole combustioni in torcia, tipiche degli impianti di estra-zione degli idrocarburi, delle raffinerie e degli impian-ti petrolchimici (secondo le stime Eni, circa il 30% delleemissioni totali di GHG). La misura dei GHG da que-sto tipo di sorgente è particolarmente critica. Infatti, imetodi classici sono influenzati dalle difficoltà pratiche,legate soprattutto a problemi di sicurezza dovuti allanatura dei sistemi con fiamma. La natura variabile dellatorcia e delle condizioni al contorno, sia di tipo meteo-rologico sia di gestione dell’impianto, può influenzarele quantità realmente emesse dalle torce. Attualmente ivalori di emissione annuali vengono calcolati, princi-palmente per il CO2, usando un valore di efficienza (98%)stabilito sulla base di sperimentazioni condotte neglianni Ottanta. Tra i parametri che influenzano l’efficienzadi combustione delle torce vi è per esempio la velocitàdel vento alla bocca, il tipo di gas, ecc. Una metodolo-gia analitica in grado di determinare la composizionereale dei gas emessi durante il funzionamento delle torceè stata recentemente messa a punto con l’utilizzo di tec-niche remote, basate sulla spettroscopia infrarossa (FTIRremote sensing).

Una volta consolidati i fattori di emissione di CO2,CO, CH4 e NOx, anche in funzione dei parametri meteo-rologici, oppure una volta consolidato un modello ingrado di prevedere le emissioni in funzione di questevariabili o ancora quando saranno messi a punto stru-menti di misura delle quantità emesse, sarà possibileeffettuare una valutazione e una gestione più accurate diquesto tipo di emissioni. La disponibilità di dati speri-mentali accurati è vitale proprio nei settori in cui la valu-tazione dell’emissione è influenzata da grandi incertez-ze. Un sistema di misura accurato e validato permette-rebbe di garantire i valori di emissione calcolati per questisistemi. In ambito internazionale è infatti necessario cer-tificare le proprie emissioni (soprattutto ai fini del com-mercio internazionale delle emissioni). Come è noto, lacertificazione prevede che un organismo terzo, o indi-pendente, verifichi la trasparenza e la correttezza delprocedimento usato per il calcolo delle emissioni e lacoerenza rispetto a quanto dichiarato; la certificazionepuò includere o meno dati sperimentali di conferma. Unametodologia analitica internazionalmente riconosciutapuò dimostrare che i calcoli effettuati rispondono a quan-tità effettivamente misurate. Per la misura del biossidodi carbonio nei camini e nelle emissioni è in corso di ela-borazione in Europa una nuova normativa. Ai fini dellacertificazione delle emissioni dei GHG e delle relativestime delle quantità emesse è necessaria una caratteriz-zazione chimica del combustibile.

10.2.5 Strategie per il controllo dei gas serra

I meccanismi di controllo e di riduzione delle emis-sioni di GHG costituiscono un problema globale, cheper sua natura necessita di azioni concordate su largascala. Il fatto che i problemi ambientali siano causa-ti dall’uso dei combustibili fossili e che le emissionidi CO2 siano di fatto correlate allo sviluppo econo-mico induce ulteriori problemi. I fattori che influen-zano l’emissione di CO2 sono evidenti nell’identità diKaya (Hoffert e Caldeira, 2004), formula che illustrail problema di ridurre le emissioni nella prospettivadi mantenere uno sviluppo economico. L’identità espri-me il tasso dell’emissione del carbonio, C, come ilprodotto della popolazione (N) per il prodotto inter-no lordo pro capite, GDP/N, per l’intensità di energiaprimaria, E/GDP, e per il fattore C/E dell’emissionedel carbonio:

GDP E C[3] C �N �131�131�1

N GDP E

Pochi governi intervengono nello sviluppo della po-polazione della loro nazione, mentre lo sviluppo econo-mico è dovunque in crescita. Ciò significa che i due

950 ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI

AMBIENTE

primi termini sono in qualche modo esclusi dall’utilizzoai f ini delle riduzioni delle emissioni. La stabiliz-zazione del clima su scala globale è dunque un obiet-tivo il cui raggiungimento presenta diverse difficoltà.Poiché, infatti, lo sviluppo economico può impedirel’applicazione delle misure nei diversi paesi, si è resonecessario stabilire delle basi comuni per le azioni daintraprendere. Queste basi comuni vengono poste inalcuni specifici protocolli (protocollo di Montreal,EMEP – European Monitoring and Evaluation Program– Protocollo di Kyoto, ecc.). Il costo degli interventinecessari è in continua crescita e di conseguenza è asso-lutamente necessario disporre di una conoscenza subase scientifica del rapporto di causa-effetto sull’e-missione. Tuttavia i rapporti di causa-effetto sono moltocomplessi e richiedono l’uso di modelli. Com’è noto,la bontà dei risultati dei modelli è legata alla qualità deidati di input, in questo caso della intensità delle sor-genti e dei meccanismi di rimozione dei GHG dall’at-mosfera (sink). Le sorgenti e i sink in realtà sono affet-ti da notevoli incertezze (per esempio, legati al ruolodella vegetazione e del terreno). A complicare la gestio-ne e il controllo dei GHG è il fatto che l’aumento delleconcentrazioni di CO2 è stato sinora determinato daipaesi sviluppati, mentre gli effetti sono prevalentementesofferti nei paesi in via di sviluppo.

Tutte le comunità scientifiche mondiali concordanocomunque sulla necessità di stabilizzare le concentra-zioni atmosferiche di CO2 a un valore intorno a 550 ppm(fig. 10). Secondo i calcoli (Houghton et al., 2001)si prevede che tale valore sarà raggiunto nel 2020. Alraddoppiarsi della concentrazione atmosferica di CO2

è associato un aumento nella temperatura superficia-le della Terra che si presume essere nell’intervallo di1,5-4,4 °C. I costi dei programmi di riduzione delle

emissioni di CO2 risultano così elevati che un certo nume-ro di paesi non ha ancora ratificato (2005) il Protocollodi Kyoto. La caratteristica principale del Protocollo èquella di stabilire obblighi di controllo e riduzione sulleemissioni dei GHG per le principali economie del mondo,che lo hanno sottoscritto con la ratifica. Gli impegni delProtocollo variano da una nazione all’altra. Le nazionisono, infatti, raggruppate negli allegati del Protocollocome paesi sviluppati (Unione Europea, Giappone, Cana-da, Stati Uniti e Australia, Russia) e paesi in via di svi-luppo o altri paesi (Opec, Cina, India). Gli obiettivi vin-colanti (assegnati) variano da �8 a �10% rispetto ailivelli del 1990 delle emissioni individuali dei paesi svi-luppati. Altri obiettivi obbligatori saranno stabiliti a par-tire dal 2012. Queste ulteriori riduzioni delle emissionidevono essere negoziate in anticipo e l’Unione Europeaè già direttamente coinvolta. Per compensare gli obbli-ghi posti dagli obiettivi di riduzione, l’accordo offre incambio una flessibilità sulle modalità e sui luoghi coni quali raggiungere tali obiettivi. Per esempio, si posso-no parzialmente compensare le proprie emissioni tra-mite la riforestazione, che riduce il CO2 nell’atmosfe-ra, sia nel proprio paese sia fuori. Oppure, si possonofinanziare progetti stranieri che procurano tagli delleemissioni di GHG. Si tratta dei cosiddetti meccanismiflessibili. Il Protocollo di Kyoto ha aperto strade inno-vative definendo tre meccanismi di flessibilità (JI, CDM,IET, v. oltre) per abbassare i costi di realizzazione degliobiettivi di riduzione delle emissioni. Questi meccani-smi permettono ai diversi paesi di accedere a occasionieconomicamente vantaggiose per ridurre le emissioni orimuovere il carbonio dall’atmosfera, nel proprio o inaltri paesi. Il principio che permette questa flessibilità èche, mentre il costo di riduzione delle emissioni variaconsiderevolmente da regione a regione, il beneficio per

951VOLUME III / NUOVI SVILUPPI: ENERGIA, TRASPORTI, SOSTENIBILITÀ

EMISSIONI E CONTROLLO DEI GAS SERRA

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1000 1200 1400 1600 1800 2000

2020 2030 2040 2050 2060 2070

anno

fig. 10. Proiezioni dell’andamento del CO2 atmosferico.

l’atmosfera è lo stesso, dovunque l’azione sia intrapre-sa. L’attivazione di questi meccanismi però richiede l’or-ganizzazione di un sistema di valutazione, approvazio-ne e controllo in grado di accertare la loro integrità ecoerenza. La preoccupazione del Protocollo è quella difare sì che i paesi non acquistino crediti di riduzione oscambi di emissioni fittizi che ne vanificherebbero gliobiettivi ambientali.

Il continuo processo di negoziazione del Protocol-lo mira a progettare un sistema che realizzi la massimaredditività dei meccanismi, garantendone l’integrità el’equità ambientali. Tra le modalità possibili c’è la cosid-detta esecuzione congiunta (JI, Joint Implementation)che consiste in programmi, previsti all’interno del Pro-tocollo stesso, che permettono ai paesi industrializzatidi ottenere parte delle proprie riduzioni di GHG finan-ziando progetti che riducono tali gas in altri paesi indu-strializzati. I governi sponsor riceveranno crediti chepossono essere applicati ai loro obiettivi; le nazioniospitanti il progetto guadagneranno l’investimento stra-niero e la tecnologia avanzata (ma non crediti per leproprie emissioni, che dovranno comunque raggiunge-re gli obiettivi imposti). Il sistema presenta il vantag-gio di flessibilità e di efficienza. Si pensa così di otte-nere maggiori riduzioni a costi inferiori. Per procede-re con questa tipologia di progetti, i paesi industrializzatidevono soddisfare alcuni requisiti, tra cui la disponibi-lità di inventari accurati delle emissioni dei GHG e dimeccanismi di registrazioni dettagliate delle unità emes-se e dei crediti, requisito condiviso dalle procedure delcommercio internazionale delle emissioni (IET, Inter-national Emission Trading) nel mercato del carbonio.Se questi requisiti sono soddisfatti, i paesi possono atti-vare i progetti e ricevere i crediti a partire dal 2008. Nelcaso in cui qualcuno dei paesi industrializzati non aves-se ancora formalizzato il sistema di registrazione o diinventario dei GHG, potrebbe attivare questo tipo diprogetti con una modalità alternativa sottoponendosi aun maggiore controllo internazionale. Il controllo puòessere assegnato a organismi privati, che si accerte-ranno dell’efficacia reale della riduzione delle emis-sioni e le certificheranno. Attraverso il meccanismodella JI un paese guadagna crediti di riduzione dell’e-missioni (ERU, Emission Reduction Units) che posso-no essere usati per il raggiungimento dei propri obiet-tivi. La sostituzione della centrale elettrica a carbonecon una centrale elettrica a ciclo combinato più effi-ciente può costituire un progetto di JI. Si pensa che lamaggior parte di questi progetti possa interessare i paesicon le economie in transizione dell’Europa orientale. Iprogetti di JI devono avere l’approvazione di tutte leparti in causa e devono condurre a riduzioni o rimo-zioni dell’emissione supplementari rispetto a quantoprevisto. I progetti che coinvolgono l’uso del suolo(Land Use, LU) o il cambio di destinazione dell’uso

del suolo (LUC, Land Use Change) e le attività di sil-vicoltura o forestazione (LUCF, Land Use Change orForestry) in quanto sistemi di rimozione del CO2, pos-sono interessare attività JI. I progetti possono essere statiattivati prima ma i crediti saranno disponibili solo dopoil 2008. Secondo la prima modalità, descritta in prece-denza, un paese ospitante un progetto di JI può appli-care regole e procedure proprie alla selezione dei pro-getti e alla valutazione delle riduzioni delle emissioniassociate. Con la seconda procedura il paese ospite èsorvegliato da un apposito comitato. Può accadere,comunque, che un paese decida di percorrere questamodalità alternativa pur avendo soddisfatto i requisitiprevisti dal Protocollo, se il credito guadagnato è piùalto secondo i calcoli effettuati con la procedura di veri-fica internazionale. I cosiddetti meccanismi puliti di svi-luppo (CDM, Clean Development Mechanisms) sonosimili ai progetti di JI e portano a riduzioni certificatedell’emissione (CER, Certified Emission Reductions)mediante attività di progetto che riducono le emissioniin paesi diversi da quelli indicati nell’allegato I del Pro-tocollo di Kyoto. I CER generati da tali attività di pro-getto possono essere usati dai paesi dell’allegato I peril raggiungimento delle riduzioni di emissioni previstenel Protocollo. Un progetto CDM può consistere, peresempio, in un progetto di elettrificazione di una zonarurale con i pannelli solari o nell’installazione di cal-daie più efficienti dal punto di vista energetico. Le atti-vità di progetto di CDM devono avere l’approvazionedi tutte le parti in causa e delle organizzazioni nazionaliindividuate, devono ridurre le emissioni al di sotto diquelle che si sarebbero avute in assenza dell’attività diprogetto e sono sorvegliate da un consiglio esecutivo.È tuttora in corso una discussione se includere le atti-vità di rimboschimento tra i progetti CDM. I limiti sulleemissioni di GHG regolate dal protocollo di Kyoto inqualche modo assegnano un valore monetario comuneall’atmosfera della Terra. In realtà le nazioni che hannocontribuito per la maggior parte al riscaldamento glo-bale si sono avvantaggiate economicamente, mentre nonsono state giudicate proporzionalmente responsabili peri danni causati all’ambiente dalle loro emissioni.

Il Protocollo permetterà anche che i paesi che van-tano crediti in termini di unità di emissioni possano ven-dere questa eccedenza ai paesi che sono al di sopra deiloro obiettivi. Questo costituirà il cosiddetto mercatodel carbonio, dal momento che il biossido di carboniosarà il gas più ampiamente prodotto tra i GHG e gli altrigas saranno contabilizzati come equivalenti di biossidodi carbonio. I paesi che non saranno in grado di mante-nere i loro impegni potranno acquistare la conformità,ma a un prezzo determinato dal mercato. Più elevatosarà il prezzo, maggiori saranno la pressione esercitataverso la ricerca di usi più efficienti dell’energia e la pro-mozione e lo sviluppo delle fonti alternative di energia

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AMBIENTE

con bassi livelli di emissioni. Realizzare un mercatoazionario globale, dove le unità delle emissioni sonoscambiate, è semplice nel concetto, ma richiede l’atti-vazione di un sistema complesso. I particolari del fun-zionamento di questo sistema di Emission Trading nonsono stati specificati nel Protocollo e in vari incontrisono state affrontate trattative supplementari (accordidi Marrakesh e COP, Conferences Of Parties). Le diffi-coltà sono evidenti: le emissioni reali dei paesi devonoessere controllate e garantite e devono esistere una regi-strazione e un controllo trasparente degli scambi. Diconseguenza devono essere stabilite sia le modalità diregistrazione degli scambi delle emissioni delle varienazioni, sia le procedure di contabilizzazione delle emis-sioni e deve essere costituito un gruppo di revisori esper-ti per sorvegliare la conformità. Le emissioni scambia-te saranno anche costituite dai crediti acquisiti con i pro-getti JI o CDM. Questi crediti potranno essere compratie venduti o accantonati per usi futuri. Alcuni sisteminazionali di registrazione sono già operativi nei paesiche intendono capitalizzare le riduzioni delle emissio-ni già compiute. Mercati del carbonio minori si stannoattivando in Europa e da parte di altri gruppi di paesi,per collegarsi successivamente con il mercato globale,una volta diventato operativo. Il Protocollo di Kyoto ele azioni relative sono stati intrapresi per ridurre l’ef-fetto delle emissioni di CO2 sul clima, ma senza tra-scurare il settore dei trasporti. A questo riguardo è notoche il 25 % di CO2 generato dai trasporti non è raggiuntodalle politiche correnti nell’Unione Europea, in parti-colare le emissioni dall’aviazione internazionale e daltrasporto marittimo, che hanno avuto considerevole svi-luppo tra il 1993 e il 2001. La deregulation e i cosid-detti cieli aperti, le alleanze tra linee aeree e la riduzio-ne significativa delle tasse aeroportuali, insieme all’au-mento delle compagnie a basso costo, hanno generatoun aumento di questa fonte di emissioni del CO2. InEuropa si sta riflettendo anche sui possibili interventiin questo settore.

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Ivo AllegriniConsiglio Nazionale delle Ricerche

Istituto sull’Inquinamento AtmosfericoMonterotondo, Roma, Italia

Patrizia ButtiniEniTecnologie

Monterotondo, Roma, Italia

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AMBIENTE