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COPAGRI, DA ONU NUOVO ATTACCO A MADE IN ITALY!VERRASCINA AUSPICA EDUCAZIONE ALIMENTARE

7340 - roma, (agra press) - "piu' che cercare di demonizzare i prodotti simbolo del made in italy nel mondo con semafori rossi o avvisi di rischio, sarebbe auspicabile riflettere sull'importanza di una seria riflessione globale sull'educazione alimentare e sul consumo consapevole", afferma il presidente della copagri franco VERRASCINA in vista "dell'assemblea generale dell'onu di giovedi' 13 dicembre, durante la quale sara' votata, e con tutta probabilita' approvata, una risoluzione sulle cosiddette 'etichette a semaforo'", informa un comunicato. "appare quantomeno paradossale il fatto che le nazioni unite da una parte riconoscano e addirittura promuovano l'importanza della dieta mediterranea e dall'altra di fatto ne affossino pero' i prodotti simbolo, che rischiano, anche a causa di questa risoluzione, di essere 'bollati'come pericolosi per la salute a causa del loro contenuto di grassi, sale e zuccheri", osserva VERRASCINA. "sebbene questo tipo di documenti non prevedano l'obbligo di recepimento da parte degli stati membri, il rischio di un considerevole danno d'immagine, e non solo, per l'agroalimentare nazionale e' concreto; basti pensare che da quando la gran bretagna ha convinto il 98% dei supermercati locali a usare i 'semafori', le vendite di alcuni prodotti tipici del made in italy, quali prosciutti e formaggi, sono crollate", prosegue VERRASCINA. "inoltre, l'impostazione della risoluzione onu, oltre che a nostro avviso fuorviante a livello concettuale, poiche' punta sui divieti e sull'allarmismo invece che sull'educazione e sulla consapevolezza, e' viziata da un errore di tipo metodologico: il sistema di calcolo utilizzato e' basato su quantitativi di prodotto che in alcuni casi, come per l'olio extravergine d'oliva, sono altissimi e per questo danno risultati fuorvianti", conclude il presidente della copagri. 10:12:18/11:41

COLDIRETTI, RISOLUZIONE ONU AFFOSSA QUASI 85%!DI MADE IN ITALY A DENOMINAZIONE DI ORIGINE

7339 - roma, (agra press) - "la risoluzione dell'onu con bollini allarmistici o tasse per dissuadere il consumo di certi alimenti rischia di affossare quasi l'85% in valore del made in italy a denominazione di origine (dop) che l'unione europea e le stesse istituzioni internazionali dovrebbero invece tutelare", afferma la coldiretti in riferimento - spiega l'organizzazione- "alla risoluzione preparata dai sette paesi della 'foreign policy and global health' (fpgh) che 'esorta gli stati membri a adottare politiche fiscali e regolatorie che dissuadano dal consumo di cibi insalubri' che dovrebbe essere messa ai voti dall'onu il prossimo 13 dicembre". "il nuovo attacco punta a colpire gli alimenti che contengono zuccheri, grassi e sale chiedendo di

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predisporre apposite etichette nutrizionali e di riformulare le ricette, sulla base di un modello di alimentazione artificiale ispirato dalle multinazionali che mette di fatto in pericolo il futuro prodotti made in italy dalle tradizioni plurisecolari trasmesse da generazioni di agricoltori che si sono impegnati per mantenere le caratteristiche inalterate nel tempo. vengono infatti promossi con il semaforo verde cibi spazzatura con edulcoranti al posto dello zucchero e bocciati invece con quello rosso e nero elisir di lunga vita come l'olio extravergine di oliva considerato il simbolo della dieta mediterranea, ma anche i principali formaggi e salumi italiani", osserva coldiretti. "un patrimonio che e' alla base della dieta mediterranea che ha consentito all'italia di conquistare con ben il 7% della popolazione, il primato della percentuale piu' alta di ultraottantenni in europa davanti a grecia e spagna, ma anche una speranza di vita che e' tra le piu' alte a livello mondiale ed e' pari a 80,6 per gli uomini e a 85 per le donne; un ruolo importante per la salute che e'stato riconosciuto anche con l'iscrizione della dieta mediterranea nella lista del patrimonio culturale immateriale dell'umanita' dell'unesco il 16 novembre 2010", prosegue coldiretti."un corretto regime alimentare si fonda infatti sull'equilibrio nutrizionale tra i diversi cibi consumati e non va ricercato sullo specifico prodotto. non esistono cibi sani o insalubri, ma solo diete piu' o meno sane" afferma il presidente di coldiretti ettore PRANDINI per il quale si tratta di "un pericolo rilevante per il made in italy agroalimentare che nel 2018 ha messo a segno un nuovo record delle esportazioni con un +3% nei primi sei mesi dopo il valore di 41,03 miliardi del 2017". 10:12:18/15:50

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Giansanti: il made in Italy agroalimentare cresce con innovazione e infrastrutture R.A.

Le priorità per il settore secondo il presidente di Confagricoltura che ieri insieme ai vertici di altre 15 associazioni (da Confindustria a Confcommercio da Confartigianato a Legacoop) ha incontrato il viceministro Salvini e il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Giorgetti

Investire nella modernizzazione delle infrastrutture e nella diffusione delle più avanzate tecnologie per rendere le imprese agricole competitive. Sono queste le richieste del presidente di Confagricoltura Massimiliano Giansanti, che ha partecipato ieri all'incontro al Viminale con il vicepremier Matteo Salvini ed il sottosegretario Giancarlo Giorgetti, insieme ai presidenti di 15 tra le princali associazioni imprenditoriali (da Confindustria alla Confcommercio, da Confartigianano alle princali centrali cooperative).

«Come Confagricoltura - ha sottolineato Giansanti - auspichiamo che nella prossima manovra venga posta una maggiore attenzione al tema degli investimenti . Abbiamo bisogno di politiche di strategia di lungo termine per un settore, come quello agricolo, che dovrebbe essere tra le priorità delle scelte economiche del nostro Paese».

«In Italia gli investimenti pubblici - ha aggiunto Giansanti - sono diminuiti in media del 4% all'anno a partire dal 2008. In termini di incidenza sul Pil si è scesi dal 3 al 2 per cento contro una media Ue che è del 2,8%. Senza investimenti la produttività inevitabilmente ristagna».

Secondo uno studio del World Economic Forum sull’adeguatezza delle infrastrutture - hanno riportato a Confagricoltura - su 137 Paesi esaminati, l'Italia si è classificata al 58° posto, ben al di sotto dei principali Stati membri della Ue. Senza contare che in Italia il Pil pro-capite è ancora inferiore di quasi nove punti percentuali rispetto al 2007 e che le previsioni per il 2019 indicano che la crescita italiana sarà in ogni caso inferiore a quella media attesa per l'area dell'Euro. Durante la grande crisi degli anni passati - ha ribadito Confagricoltura - la crescita delle esportazioni ha evitato al Paese una fase recessiva ancora più dura in termini sociali ed economici. L'export del settore agroalimentare, in particolare, che oggi si attesta intorno ai 40 miliardi di euro all'anno, è raddoppiato in valore nel trascorso decennio. Un trend di esportazioni che potrebbe trovare nuova spinta grazie a un adeguamento del sistema infrastrutturale del paese. «E invece - ha detto ancora Giansanti - in taluni casi dobbiamo utilizzare i porti e gli aeroporti nord-europei per far arrivare i nostri prodotti sui mercati di tutto il mondo. E questo limita la nostra competitività. Le nostre imprese pagano un costo per l'energia che supera del 30% quello dei nostri più diretti concorrenti. C'è poi il costo del lavoro, tra

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i più alti d'Europa, a causa della alta incidenza fiscale e contributiva. Senza dimenticare il recupero di efficienza della pubblica amministrazione che attendiamo da anni».

«Questi i vincoli - ha concluso il presidente di Confragricoltura - vanno rimossi per tornare a crescere e per evitare all'Italia la terza recessione nel giro di pochi anni. E con una crescita economica prolungata, risulterà inoltre anche più agevole rimettere sotto controllo in modo definitivo i conti pubblici. Quello che serve è un ‘patto per lo sviluppo' tra pubblico e privato che in Italia manca da troppo tempo, per favorire e migliorare la competitività del sistema paese Italia».

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Grano  duro,  alla  ricerca  della  Commissione  unica  nazionale  

Per  la  Cun  in  seno  alla  Borsa  merci  telematica  italiana  per  il  cereale  pastificabile  ancora  non  c'è  una  sede  designata  dai  ministeri  responsabili,  ma  Cia  ne  sottolinea  l'esigenza  su  Foggia.  Intanto  i  cerealisti  Anacer  chiedono  una  Cun  unica  per  tutti  i  cereali:  al  Nord  

Mentre i prezzi del grano duro continuano a lievitare, sia sui mercati all'origine che su quelli all'ingrosso, si allunga l'attesa per conoscere dai ministeri responsabili - Politiche agricole e Sviluppo economico - quale sarà la sede della Commissione unica nazionale per il grano duro in seno alla Borsa merci telematica italiana, strumento di riferimento nazionale che dovrebbe operare al fine di formulare, in modo regolamentato e trasparente, i prezzi indicativi e la relativa tendenza di mercato e assicurare la trasparenza del processo di formazione dei listini. Mentre cresce l'esigenza di una Cun funzionante per il cereale pastificabile, anche per poter affinare e meglio regolamentare i contratti di filiera.

Cun  Grano  duro,  dalla  legge  del  2015  ad  oggi  Le Cun - secondo quanto disposto dalla Legge 2 luglio 2015, n 91 e dal Decreto interministeriale 31 marzo 2017, n 72 recante disposizioni regolamentari concernenti l'istituzione e le sedi delle Cun per le filiere maggiormente rappresentative del sistema agricolo-alimentare - sono costituite da designati dalle organizzazioni professionali e dalle associazioni di categoria maggiormente rappresentative del settore. La Cun per il grano duro era stata proposta il 20 luglio 2016 dall'allora ministro alle Politiche agricole Maurizio Martina, nel quadro dei provvedimenti sulla filiera del frumento pastificabile assunti al seguito dei clamorosi ribassi del mercato di quell'estate. Successivamente a porre la candidatura è Foggia, sede della principale Borsa merci dove è trattato il grano duro fino nazionale all'ingrosso destinato ai molini produttori di semola per i pastifici. E la Puglia, con i porti di Bari e Manfredonia, è anche al centro dei traffici di grano d'importazione. Ma il tempo passa e si perdono le tracce di questa iniziativa.

I  cerealisti  vogliono  la  Cun  unica  cereali  “Il trasferimento della sede della Borsa del grano di Milano da Buccinasco al Palazzo degli Affari del mercato agroalimentare è senza dubbio una notizia positiva perché valorizza un settore strategico per l'economia nazionale. Contemporaneamente sottolineiamo che si è persa un'importante occasione per unificare le due maggiori borse nazionali, quella milanese, appunto, e quella di Bologna". Lo ha affermato qualche giorno fa l'Associazione nazionale cerealisti che movimenta ogni anno 20 milioni di tonnellate di cereali in import, con 44 associati e 9 miliardi

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annui di volume d'affari. “E' con grande rammarico – dice Carlo Licciardi, presidente Anacer – che prendiamo però atto di come si sia persa un'importante occasione per unificare le Borse merci di Milano e Bologna. Da parte nostra abbiamo già detto in più occasioni che auspichiamo una ricongiunzione di quante più Borse possibili per arrivare a creare un'unica Borsa merci rappresentativa del mercato italiano. Il sistema ha bisogno di essere consolidato, per rendere le Borse più frequentate e risolvere al tempo stesso il problema della sede della Commissione unica cereali".

Cia  Foggia,  Cun  grano  duro  importante  anche  per  i  contratti  di  filiera  Insomma, non solo della Cun grano duro a Foggia non si parla più, ma appare sempre più evidente il tentativo di concentrare tutto in una sola Commissione unica per i cereali. Intanto a Foggia domani si insedia la nuova Commissione della Borsa merci: "Auspico che questo ricambio in seno alla Camera di commercio favorisca l'avvicinarsi della Cun grano duro a Foggia – dice ad AgroNotizie Michele Ferrandino, presidente della Cia Foggia e della Cooperativa Beccarini, che associa 120 imprese agricole e commercializza circa 60mila quintali di grano duro l'anno. "Come Cia siamo stati i primi firmatari per la Cun grano duro a Foggia, che riteniamo essere oggi ancora più importante, anche in vista di una più stringente regolamentazione dei contratti di filiera". Oggi, come già rilevato da AgroNotizie, la firma dei contratti di filiera chiusi, quelli con un prezzo minimo fisso stabilito dai contraenti, procede con molta lentezza, a causa del ritardo nelle semine, dovuto ai campi allagati un po' in tutto il Sud: "Ma tra le cause del rallentamento dei contratti di filiera c'è anche l'estrema lontananza tra i possibili prezzi di mercato, attestati tra i 220 e i 230 euro/tonnellata e le contrattazioni che avvengono per i contratti di filiera, tra i 250 e i 270 euro/tonnellata e legati a tenori minimi di proteine elevatissimi, come il 15% - spiega Ferrandino, che aggiunge - così che gli agricoltori sono scoraggiati dai maggiori costi per ottenere quella qualità di grano e i trasformatori sono sempre più tentati dal mercato che comunque offre qualità accettabili ma a minor prezzo". "E' pertanto necessario andare verso una regolamentazione dei contratti di filiera, che vada verso quelli aperti - dice ancora Ferrandino - dove sia disciplinata meglio la materia della qualità. Ed il prezzo minimo per il tenore di proteine base del grano duro pastificabile sia una media dei prezzi massimi delle ultime tre settimane precedenti la consegna del prodotto sulla Borsa di riferimento, Foggia ad esempio, più 1,50 euro di maggiorazione". Solo in questo modo, secondo il presidente di Cia Foggia si potrebbe ottenere "un maggiore orientamento dell'industria molitoria verso i contratti di filiera e al tempo stesso prezzi legati alla qualità che premiano ugualmente i cerealicoltori". In tale quadro, una Cun grano duro a Foggia "Assicurerebbe certezza dei prezzi di mercato per tutti i cerealicoltori italiani impegnati in questa filiera" conclude Ferrandino.

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Ritaglio stampa ad uso esclusivo del destinatario, non riproducibile.

Data 11/12/2018

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Foglio 1

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28 Martedì 11 Dicembre 2018 Il Sole 24 Ore

F A R E I M P R E S A

S U L L E R O T T E

D E L M O N D O .export.professioni .casa —LUNEDÌ .export —MARTEDÌ .lavoro —MERCOLEDÌ nòva.tech —GIOVEDÌ .marketing —VENERDÌ .moda —SABATO .lifestyle —DOMENICA

to l’8 novembre prevede un apparato diregole chiare per le case automobilisti-che che produrranno in loco nei prossi-mi 15 anni. E crea domanda per l’ado-zione di soluzioni relative all’efficienzaenergetica, alle emissioni e alla sicurez-za dei veicoli, offrendo incentivi per lespese di ricerca e sviluppo da parte delleaziende automobilistiche in Brasile (siacase automobilistiche sia fornitori).

Apex-Brasil, agenzia governativa perla promozione del commercio e degli in-vestimenti, ha vinto il premio United Nations Investment Promotion 2018 per il progetto “Brazil Auto Parts – Inve-stments in Trusted Partners” che nascedall’accordo con Sindipeças, associazio-ne nazionale dei produttori brasiliani diricambi per auto, con l’obiettivo di in-centivare le partnership tra le società delsettore ricambi, sia brasiliane sia stra-niere, attraverso progetti di investimen-

Roberto Da Rin

Èil nuovo presidente elettoJair Bolsonaro che si im-pone sul proscenio inter-nazionale. Almeno quellolatinoamericano. I suoiproclami sessisti, il razzi-

smo esplicitato e la sua omofobia –palesemente politically incorrect - hanno generato la felicità dei comicima anche la preoccupazione di varianalisti economici.

Il Brasile rimane un punto di rife-rimento per gran parte dei Paesi ma-nifatturieri europei. L’Italia, dopo laGermania, spicca tra gli altri. Difficileprevedere quando e se l’economiadel Paese ripartirà ma l’automotive èuno dei settori importanti, in cui Ita-lia e Brasile intrecciano interessi e si-nergie. Il progetto Rota, avviato po-che settimane fa, è articolato in tremoduli e determina i requisiti di si-curezza obbligatori, le emissioni, be-nefici fiscali e incentivi che le case au-tomobilistiche potranno ricevere quando investono in ricerca e svilup-po e in efficienza energetica.

Il Brasile, certo, è la terra del cal-cio. Lunghe sedute ipnotiche davantialla tv, con la famiglia o gli amici albar. I motori arrivano però subito do-po. Il combinato disposto di calcio emotori, per la gioia di sociologi e an-tropologi, è l’autocalcio: due squadredi auto si fronteggiano con un enor-me pallone di cuoio, alto un metro emezzo, di 12 chili di peso. Due sport dimassa, il calcio e le corse automobili-stiche, sono veri propulsori di ener-gie emotive. Alex Bello, nel suo libro“Futebol”, edito da Baldini CastoldiDelai nel 2002, racconta storie stupe-facenti, tra cui quelle relative al calciogiocato in automobile.

ll Brasile è il nono più grande pro-duttore di automobili e ricambi per auto e l’ottavo mercato automobilisti-co più grande del mondo. L’industriaautomobilistica sta alimentando la crescita e la ripresa economica del Pa-ese contribuendo al 22% del Pil e ge-nerando 1,3 milioni di posti di lavoronella catena di produzione. Nel 2017,

infatti, l’industria automobilistica brasiliana ha iniziato a riprendersidopo tre anni di recessione, secondoi dati diffusi da Apex Brasil, l’agenziagovernativa brasiliana per la promo-zione di commercio e investimenti.

Enzo Farulla, economista espertodi Paesi latinoamicani, già RaymondJames, spiega al Sole-24Ore che l’in-dotto del settore automotive è unagrande occasione per tutte le case europee. «Con tre piattaforme (pic-cola, media e grande) è possibile co-struire decine di modelli di auto e av-valersi di manodopera locale con elevati standard di qualità».

Le esportazioni hanno raggiuntolivelli record e supportato l’aumentodella produzione, aiutando il settorea diminuire la dipendenza dal merca-to interno: sono stati prodotti 2,7 mi-lioni di veicoli in Brasile, con un au-mento del 25,2% rispetto al 2016 e le

vendite nazionali hanno raggiunto 2,24 milioni di unità, il 9,2% in più ri-spetto al 2016. Si è registrato anche unnumero record di esportazioni: 762.000 unità nel 2017 (aumento del46,5% rispetto al 2016) e 590 businessunit di ricambi auto (stabilimenti e uf-fici) hanno raggiunto un fatturato di18,1 miliardi di dollari, impiegando192,7 mila persone. Il Brasile, va ricor-dato, appartiene al Mercosur (Unionedoganale composta da Brasile, Argen-tina, Uruguay, Paraguay e Venezuela)e quindi lo sbarco di una casa europeao nordamericana apre scenari di busi-ness di straordinario interesse.

Attrattività per le aziende straniereLa filiera di produzione presenta varieopportunità per le aziende internazio-nali. I due pilastri sono questi: mercatointerno e prossimità con i buyer: esse-

re presenti in Brasile è fondamentaleper tutte le aziende di ricambi e com-ponenti per auto che vogliano presi-diare il mercato nazionale: 27 produt-tori di veicoli, con 65 stabilimenti e ac-cesso preferenziale al mercato latino-americano grazie al Mercosur e ad accordi commerciali bilaterali con al-tri Paesi latinoamericani.

I nuovi standard regolati dal Con-tram (Brazilian Traffic Council) au-menteranno la domanda di compo-nenti per aumentare la sicurezza dei veicoli, influenzando positivamente leopportunità di produzione locale. IlContram ha reso pubblica una consul-tazione nel dicembre 2017 per valutarel’adozione di nuovi elementi obbliga-tori in tutti i veicoli venduti in Brasile.

Investitori europei sono attivi daanni. Significativo il caso di Renault che in Brasile ha 3 stabilimenti nel Pa-ranà, uno stabilimento per le auto, un

impianto di veicoli commerciali leg-geri e una centrale elettrica con un Te-chnology center, e uno studio di Desi-gn nello Stato di San Paolo. Renault hainvestito 173 milioni di euro di investi-menti nel 2017, per la costruzione di un nuovo stabilimento (Cia - Curitibaaluminum die casting) e per espande-re il Curitiba Powerplant.

Tra gli italiani Magneti Marelli, nel2015, in joint venture con la franceseFaurecia ha investito 40 milioni di eu-ro per la fornitura di componenti au-tomotive per esterni ed interni, rivoltaai veicoli prodotti presso il nuovo sta-bilimento di Fiat Chrysler Automobi-les a Goiana. Nello specifico compo-nenti per la produzione e il controllodei sistemi di emissione.

Senza dimenticare mai che, comescrive Tom Jobim, «il Brasile non è unPaese per principianti».

© RIPRODUZIONE RISERVATA

America Latina. È un mercato ricco di opportunità per la filiera dell’auto e adesso Apex-Brasil promuove investimenti per produrre ricambi ad alta efficienza energetica

Il Brasile lancia programmadi automotive sostenibile

Incentivi per spese in ricerca e sviluppo

Obiettivo emissioni con il progetto Rota

Agrobusiness, ripresa con-giunturale e incentivi per l’ef-ficienza energetica. Sonoquesti i tre fattori che spingo-

no l’innovazione del settore automoti-ve del Brasile. Graziano Messana, eco-nomista e imprenditore, ha fondato inBrasile GM Venture, conosce bene il Pa-ese e la sua economia. «L’architrave delsettore automotive è l’agrobusiness, che non patisce vere e proprie recessio-ni e - spiega Messana - rappresenta la principale componente nella crescita del Pil». Agrobusiness, tradotto in busi-ness dell’automotive, dovrebbe chiu-dere, nel 2018, con un volume di 34milamacchine agricole vendute. I buoni raccolti di soia e cotone hanno trainatole vendite. Il mercato interno del Brasilecostituisce comunque un punto di for-za anche per il settore auto.

Il progetto Rota (Ruota) 2030 avvia-

to in Brasile. Il progetto contribuisce al raggiungimento dell’Obiettivo 9 del-l’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sosteni-bile (costruzione di infrastrutture resi-lienti, promozione di un’industrializza-zione inclusiva e sostenibile, promozio-ne dell’innovazione).

Il settore tira, eccome. E in un conte-sto macro di difficoltà è uno dei pochi amostrare vivacità. Le case automobili-stiche internazionali hanno annuncia-to, entro il 2022, 30 miliardi di dollari diinvestimenti tra nuovi impianti e up-grade di fabbriche esistenti. Fiat mette-rà sul piatto 3,2 miliardi di euro di inve-stimenti in America Latina, di cui la maggior parte in Brasile. L’obiettivo èla creazione di 25 nuovo modellli: 15 con marchio Fiat, 10 Jeep e Ram.

Il principale volano dell’industria au-tomobilistica resta comunque il consu-mo interno, ripartito dopo la crisi. La ri-

duzione delle esportazioni di auto in Ar-gentina, determinata dalla recessione, non è stata così significativa da frenarela crescita. Il 2018 chiuderà con circa 2,5milioni di autovetture immatricolate.

La mobilità elettrica è l’altro ambi-to in cui il governo brasiliano si staattivando. Anche qui vi sono incentivie azioni governative.

A tal fine, sia il ministero dell’Indu-stria sia Aneel, l’Agenzia Brasiliana perla Regolamentazione dell’Elettricità, hanno creato gruppi di lavoro per svi-luppare un piano di azioni concrete. Nel 2018 il Governo ha pubblicato un nuovo decreto che riduce la tassa sui prodotti industrializzati (Ipi) per veicolielettrici e ibridi dal 25% al 7-20%, in ba-se a diversi criteri: tra questi l’efficienzaenergetica dei veicoli.

—R.D.R.© RIPRODUZIONE RISERVATA

Ricerca. Le case automobilistiche in Brasile potranno ottenere incentivi per studi e ricerche su sicurezza ed efficienza energetica delle auto (nella foto il Latam Fiat Design Center)

Presidente. Andres Manuel Lopez Obrador, 65 anni, è in carica dal 1° dicembre scorso

Il presidente messicano Andres Manuel Lopez Obrador annuncia l’avvio dei lavori per il 7° impianto del Paese che sorgerà presso il porto di Dos Bocas (Tabasco)

MessicoA marzo primi contratti per costruire nuovaraffineria: previstiinvestimenti totali per 8 miliardi di dollari

IN BREVE

Nel terzo trimestre 2018, dopo due anni di quiete, le impresefrancesi hanno assistito a un’inversione di tendenza con unaumento del numero di insolvenze del 2,3% (rispetto allostesso trimestre del 2017), in linea con il rallentamento dellacrescita e dei consumi. Questa tendenza, sottolinea un re-cente rapporto di Coface dovrebbe proseguire anche nel

2019 (previsione +0,8%). Nove regioni su tredici nesono colpite, in particolare l’Ile-de-France, mal-grado l’ampiezza della ripresa sia stata limitata daun calo in Provence-Alpes-Côte d'Azur e in Auver-gne-Rhône-Alpes. La tendenza colpisce soprat-tutto le imprese con fatturato inferiore a 500milaeuro. Gli incrementi più rapidi sono stati registratinei settori dei trasporti (+19,7%), dell’agricolturae della pesca (+15,2%). Le costruzioni (+1,9%) e iservizi ai privati (+8,8%), che insieme contano perla metà delle insolvenze, hanno subito un ulterio-re peggioramento. Inoltre, la performance al-l’esportazione della Francia è molto deludente, adifferenza delle altre principali economie della zo-na euro. Dal 2014, Spagna (+1,9%), Italia (+0,8%) e

Germania (+0,3%) hanno assistito al miglioramento del-l’export mentre quella francese ha subito un rallentamento(-0,4%). Questo interessa la maggior parte dei settori chiaveall’esportazione: aeronautica, auto, farmaceutica, agroali-mentare, informatica e apparecchiature elettriche.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

IL REPORT COFACE

Aumentano le insolvenzedelle imprese francesi

Parigi. Il ministro francese dell’Economia Bruno Le Maire

La Giordania ha firmato ieri un accordo del valore di 6,5 milioni di euro, finanziati dall’Unione europea, per rinno-vare il valico di confine via terra con l’Iraq.

L’intesa - siglata con l’International Migration Organiza-tion (Iom) di Amman - ha l’obiettivo di incremen-tare il traffico di passeggeri e beni tra i due Paesicon la costruzione di un nuovo terminal e il miglio-ramento delle procedure di sicurezza al valico difrontiera, secondo quanto ha detto il ministerodella programmazione del regno hashemita.

«Il lancio del progetto - ha affermato il mi-nistro della programmazione e cooperazioneinternazionale Mary Quar - è in linea con l’at-teso incremento del traffico di passeggeri ebeni con l’Iraq dopo gli anni di chiusura do-vuti a ragione di sicurezza».

In seguito alla lenta normalizzazione del Pae-se, i rapporti economici tra Giordania e Iraq sistanno intensificando e molti progetti puntano

sull’energia. All’inizio del 2018 Amman ha dato il via liberaa un accordo con Baghdad per la costruzione di una doppiaconduttura per il trasporto di petrolio e gas dalal città ira-chena di Basra al porto di Aqaba che contribuirà a siddisfa-re il fabbisogno energetico della Giordania.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

IN VISTA DELL’AUMENTO DI TRAFFICO

Fondi Ue per il valico tra Giordania e Iraq

Crescono le iniziative infrastrutturali cinesi in Europaorientale. La società cinese China Railway Internatio-nal Group (Crig) ha completato lo studio di fattibilitàdella quarta linea della metropolitana di Kiev. Il pro-getto, secondo quanto ricostruice l’ufficio studi eco-nomici di Sace Gruppo Cdp, ha un costo stimato di

circa due miliardi di dollari e sarà realizza-to da Crig in collaborazione con China Pa-cific Construction Group.

Il completamento dello studio è statodi recente comunicato dal vice sindacodella capitale ucraina.

L’85 per cento dell’opera sarà finanziatoda banche cinesi, a conferma dell’interessecrescente di Pechino nell’Europa orientale.Sono infatti numerose le iniziative e i pro-getti infrastrutturali in quei Paesi - tra essil’Ucraina - che hanno difficoltà a finanziarsi

altrove, con costi a lungo termine spesso elevati – comenel caso dell’autostrada in Montenegro. Qualora l’operavenisse portata avanti, il rimborso dei finanziamentipotrebbe quindi gravare sull’economia ucraina permolto tempo. Il costo del biglietto per i mezzi pubbliciè stato raddoppiato a luglio da 4 a 8 grivnie (pari a 26centesimi di euro) ed è ancora tra i più bassi d’Europa.

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INFRASTRUTTURE

La Cina finanzia la metropolitana di Kiev

85%LA QUOTA FINANZIATABanche cinesi finanzieranno la costruzione della metro di Kiev che costerà circa 2 miliardi di dollari

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Neo-premier. Omar Razzaz è primo ministro della Giordaniada giugno

to l’8 novembre prevede un apparato diregole chiare per le case automobilisti-che che produrranno in loco nei prossi-mi 15 anni. E crea domanda per l’ado-zione di soluzioni relative all’efficienzaenergetica, alle emissioni e alla sicurez-za dei veicoli, offrendo incentivi per lespese di ricerca e sviluppo da parte delleaziende automobilistiche in Brasile (siacase automobilistiche sia fornitori).

Apex-Brasil, agenzia governativa perla promozione del commercio e degli in-vestimenti, ha vinto il premio United Nations Investment Promotion 2018 per il progetto “Brazil Auto Parts – Inve-stments in Trusted Partners” che nascedall’accordo con Sindipeças, associazio-ne nazionale dei produttori brasiliani diricambi per auto, con l’obiettivo di in-centivare le partnership tra le società delsettore ricambi, sia brasiliane sia stra-niere, attraverso progetti di investimen-

Roberto Da Rin

Èil nuovo presidente elettoJair Bolsonaro che si im-pone sul proscenio inter-nazionale. Almeno quellolatinoamericano. I suoiproclami sessisti, il razzi-

smo esplicitato e la sua omofobia –palesemente politically incorrect - hanno generato la felicità dei comicima anche la preoccupazione di varianalisti economici.

Il Brasile rimane un punto di rife-rimento per gran parte dei Paesi ma-nifatturieri europei. L’Italia, dopo laGermania, spicca tra gli altri. Difficileprevedere quando e se l’economiadel Paese ripartirà ma l’automotive èuno dei settori importanti, in cui Ita-lia e Brasile intrecciano interessi e si-nergie. Il progetto Rota, avviato po-che settimane fa, è articolato in tremoduli e determina i requisiti di si-curezza obbligatori, le emissioni, be-nefici fiscali e incentivi che le case au-tomobilistiche potranno ricevere quando investono in ricerca e svilup-po e in efficienza energetica.

Il Brasile, certo, è la terra del cal-cio. Lunghe sedute ipnotiche davantialla tv, con la famiglia o gli amici albar. I motori arrivano però subito do-po. Il combinato disposto di calcio emotori, per la gioia di sociologi e an-tropologi, è l’autocalcio: due squadredi auto si fronteggiano con un enor-me pallone di cuoio, alto un metro emezzo, di 12 chili di peso. Due sport dimassa, il calcio e le corse automobili-stiche, sono veri propulsori di ener-gie emotive. Alex Bello, nel suo libro“Futebol”, edito da Baldini CastoldiDelai nel 2002, racconta storie stupe-facenti, tra cui quelle relative al calciogiocato in automobile.

ll Brasile è il nono più grande pro-duttore di automobili e ricambi per auto e l’ottavo mercato automobilisti-co più grande del mondo. L’industriaautomobilistica sta alimentando la crescita e la ripresa economica del Pa-ese contribuendo al 22% del Pil e ge-nerando 1,3 milioni di posti di lavoronella catena di produzione. Nel 2017,

infatti, l’industria automobilistica brasiliana ha iniziato a riprendersidopo tre anni di recessione, secondoi dati diffusi da Apex Brasil, l’agenziagovernativa brasiliana per la promo-zione di commercio e investimenti.

Enzo Farulla, economista espertodi Paesi latinoamicani, già RaymondJames, spiega al Sole-24Ore che l’in-dotto del settore automotive è unagrande occasione per tutte le case europee. «Con tre piattaforme (pic-cola, media e grande) è possibile co-struire decine di modelli di auto e av-valersi di manodopera locale con elevati standard di qualità».

Le esportazioni hanno raggiuntolivelli record e supportato l’aumentodella produzione, aiutando il settorea diminuire la dipendenza dal merca-to interno: sono stati prodotti 2,7 mi-lioni di veicoli in Brasile, con un au-mento del 25,2% rispetto al 2016 e le

vendite nazionali hanno raggiunto 2,24 milioni di unità, il 9,2% in più ri-spetto al 2016. Si è registrato anche unnumero record di esportazioni: 762.000 unità nel 2017 (aumento del46,5% rispetto al 2016) e 590 businessunit di ricambi auto (stabilimenti e uf-fici) hanno raggiunto un fatturato di18,1 miliardi di dollari, impiegando192,7 mila persone. Il Brasile, va ricor-dato, appartiene al Mercosur (Unionedoganale composta da Brasile, Argen-tina, Uruguay, Paraguay e Venezuela)e quindi lo sbarco di una casa europeao nordamericana apre scenari di busi-ness di straordinario interesse.

Attrattività per le aziende straniereLa filiera di produzione presenta varieopportunità per le aziende internazio-nali. I due pilastri sono questi: mercatointerno e prossimità con i buyer: esse-

re presenti in Brasile è fondamentaleper tutte le aziende di ricambi e com-ponenti per auto che vogliano presi-diare il mercato nazionale: 27 produt-tori di veicoli, con 65 stabilimenti e ac-cesso preferenziale al mercato latino-americano grazie al Mercosur e ad accordi commerciali bilaterali con al-tri Paesi latinoamericani.

I nuovi standard regolati dal Con-tram (Brazilian Traffic Council) au-menteranno la domanda di compo-nenti per aumentare la sicurezza dei veicoli, influenzando positivamente leopportunità di produzione locale. IlContram ha reso pubblica una consul-tazione nel dicembre 2017 per valutarel’adozione di nuovi elementi obbliga-tori in tutti i veicoli venduti in Brasile.

Investitori europei sono attivi daanni. Significativo il caso di Renault che in Brasile ha 3 stabilimenti nel Pa-ranà, uno stabilimento per le auto, un

impianto di veicoli commerciali leg-geri e una centrale elettrica con un Te-chnology center, e uno studio di Desi-gn nello Stato di San Paolo. Renault hainvestito 173 milioni di euro di investi-menti nel 2017, per la costruzione di un nuovo stabilimento (Cia - Curitibaaluminum die casting) e per espande-re il Curitiba Powerplant.

Tra gli italiani Magneti Marelli, nel2015, in joint venture con la franceseFaurecia ha investito 40 milioni di eu-ro per la fornitura di componenti au-tomotive per esterni ed interni, rivoltaai veicoli prodotti presso il nuovo sta-bilimento di Fiat Chrysler Automobi-les a Goiana. Nello specifico compo-nenti per la produzione e il controllodei sistemi di emissione.

Senza dimenticare mai che, comescrive Tom Jobim, «il Brasile non è unPaese per principianti».

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America Latina. È un mercato ricco di opportunità per la filiera dell’auto e adesso Apex-Brasil promuove investimenti per produrre ricambi ad alta efficienza energetica

Il Brasile lancia programmadi automotive sostenibile

Incentivi per spese in ricerca e sviluppo

Obiettivo emissioni con il progetto Rota

Agrobusiness, ripresa con-giunturale e incentivi per l’ef-ficienza energetica. Sonoquesti i tre fattori che spingo-

no l’innovazione del settore automoti-ve del Brasile. Graziano Messana, eco-nomista e imprenditore, ha fondato inBrasile GM Venture, conosce bene il Pa-ese e la sua economia. «L’architrave delsettore automotive è l’agrobusiness, che non patisce vere e proprie recessio-ni e - spiega Messana - rappresenta la principale componente nella crescita del Pil». Agrobusiness, tradotto in busi-ness dell’automotive, dovrebbe chiu-dere, nel 2018, con un volume di 34milamacchine agricole vendute. I buoni raccolti di soia e cotone hanno trainatole vendite. Il mercato interno del Brasilecostituisce comunque un punto di for-za anche per il settore auto.

Il progetto Rota (Ruota) 2030 avvia-

to in Brasile. Il progetto contribuisce al raggiungimento dell’Obiettivo 9 del-l’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sosteni-bile (costruzione di infrastrutture resi-lienti, promozione di un’industrializza-zione inclusiva e sostenibile, promozio-ne dell’innovazione).

Il settore tira, eccome. E in un conte-sto macro di difficoltà è uno dei pochi amostrare vivacità. Le case automobili-stiche internazionali hanno annuncia-to, entro il 2022, 30 miliardi di dollari diinvestimenti tra nuovi impianti e up-grade di fabbriche esistenti. Fiat mette-rà sul piatto 3,2 miliardi di euro di inve-stimenti in America Latina, di cui la maggior parte in Brasile. L’obiettivo èla creazione di 25 nuovo modellli: 15 con marchio Fiat, 10 Jeep e Ram.

Il principale volano dell’industria au-tomobilistica resta comunque il consu-mo interno, ripartito dopo la crisi. La ri-

duzione delle esportazioni di auto in Ar-gentina, determinata dalla recessione, non è stata così significativa da frenarela crescita. Il 2018 chiuderà con circa 2,5milioni di autovetture immatricolate.

La mobilità elettrica è l’altro ambi-to in cui il governo brasiliano si staattivando. Anche qui vi sono incentivie azioni governative.

A tal fine, sia il ministero dell’Indu-stria sia Aneel, l’Agenzia Brasiliana perla Regolamentazione dell’Elettricità, hanno creato gruppi di lavoro per svi-luppare un piano di azioni concrete. Nel 2018 il Governo ha pubblicato un nuovo decreto che riduce la tassa sui prodotti industrializzati (Ipi) per veicolielettrici e ibridi dal 25% al 7-20%, in ba-se a diversi criteri: tra questi l’efficienzaenergetica dei veicoli.

—R.D.R.© RIPRODUZIONE RISERVATA

Ricerca. Le case automobilistiche in Brasile potranno ottenere incentivi per studi e ricerche su sicurezza ed efficienza energetica delle auto (nella foto il Latam Fiat Design Center)

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Page 9: 18-12-11 RASSEGNA STAMPA · 2018. 12. 11. · 18-12-10 giansanti - il made in italy agroalimentare cresce con innovazione e infrastrutture agrisole 18-12-10 grano duro, alla ricerca

Ritaglio stampa ad uso esclusivo del destinatario, non riproducibile.

Data 11/12/2018

Pagina 11

Foglio 1

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Il Sole 24 Ore Martedì 11 Dicembre 2018 11

Economia & Imprese

L’ULTIMA MOZIONE

Alimenti non salutari, dall’Onu spiragliper il made in ItalyIl silenzio assenso potrebbe aprire la via per la definitiva cancellazione delle etichette

Riccardo BarlaamDal nostro corrispondenteNEW YORK

All’Onu le delegazioni di Italia, Brasilee Messico hanno raggiunto un’intesasul paragrafo sette della risoluzione sullo sviluppo sostenibile presentatadai sette paesi del gruppo Foreign Po-licy and Global Health. Il controversoparagrafo che ripropone la propostadell’Oms di introdurre tasse, etichettedi allarme e restrizioni nel marketingsu “cibi e bevande non salutari” è sta-to modificato con un linguaggio chetiene conto della Dichiarazione politi-ca approvata all’unanimità dai capi distato e di governo il 27 settembre, in occasione del vertice Onu sulle malat-tie non trasmissibili. Non si parla piùdi cibi “sani” e “non sani”, e non siprevedono più per questi ultimi l’ap-plicazione di tasse, restrizioni al marketing e etichette di pericolo co-me per le sigarette. La mozione Fpghnella nuova versione che salva il madein Italy del food è stata consegnata ve-nerdì pomeriggio (ora di New York) alsegretariato Onu. È iniziato il periododi silenzio-assenso di 48 ore.

Se un paese dovesse decidere dirompere silenzio-assenso esprimen-do critiche al testo e chiedendo il votosu uno o più paragrafi, allora si an-drebbe ai voti nella sessione dell’As-semblea generale di giovedì 13 dicem-bre, con esiti fortemente incerti.

Resta infatti un gruppo di nazioni“hard liners” (Ecuador, Sud Africa,Giamaica e le isole Saint Kitts) che vorrebbero mantenere il testo del pa-ragrafo 7 allo stato originale, o ancorapiù estremo. Questi paesi, in caso di voto, potrebbero attirare molti con-

sensi sulla loro posizione: St. Kitts orienta il voto di 34 piccole isole dei Caraibi; l’Ecuador quello di alcuni Stati Sud Americani come Cile, Uru-guay, Perù; il Sud Africa di alcuni Statiafricani nel gruppo del G-77, che rap-presenta 134 paesi del sud del mondo.Un rischio molto concreto, se si an-dasse al voto.

A rendere più difficoltoso il cam-mino dell’accordo raggiunto sulla modifica al testo originario del para-grafo sette anche il fatto che gli StatiUniti, giorni fa, hanno dichiarato l'in-tenzione di rompere la procedura disilenzio-assenso per dissociarsi su al-tri punti della mozione, legati al cam-biamento climatico e allo sviluppo so-stenibile. Se lo facessero chiedendo diandare al voto su uno o più paragrafi

del testo, si aprirebbe dunque lo sce-nario molto pericoloso del voto in au-la, che darebbe una chance ai quattropaesi più estremisti e ai loro alleati.

Secondo Coldiretti le etichette e letasse, se approvate, affosserebberol'85% delle produzioni agroalimentariitaliane di qualità. “Il nuovo attacco ispirato dalle multinazionali – de-nuncia la Coldiretti – mette di fatto inpericolo il futuro di prodotti made inItaly dalle tradizioni plurisecolari tra-smesse da generazioni di agricoltori”.Un patrimonio che è alla base della dieta mediterranea inserita dall'Une-sco nella lista del patrimonio cultura-le immateriale dell'umanità.

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85%Mercato italianoLe etichette colpirebberol’85% delle produzioni agroalimentari italiane

DOMAND E D&r

RISPOSTE

D Che differenza c’è tra organismi geneticamente modificati e genome editing?

r Gli Ogm sono organismi ottenuti inserendo nel Dna originario uno o più geni provenienti da un’altra specie. Il genome editing invece è una tecnica di taglia-incolla che esiste in natura edè praticata da alcuni batteri per difendersi dai virus: in pratica, nel Dna originario viene solo tagliato (letteralmente, spento) un gene, e quel che resta dei filamenti d’elica vengono riparati. Entrambe le tecnichehanno l’obbiettivo di aumentare la produttività diuna pianta oppure di renderlaresistente ai parassiti

D Quali altre tecniche esistonoper il miglioramemnto genetico delle piante agrarie?

r Storicamente, il primo metodoè stato quello dell’incrocio. Possono volerci anni a trasferire una determinata caratteristica da una pianta all’altra mantenendo quantopiù possibile intatti gli altri tratti originari. Normalmente,però, solo il 95% del Dna restaquello originale. Un’altra tecnica è quella della mutagenesi: le piante vengonosottoposte a trattamenti fisici(per esempio raggi x) oppurechimici in modo da indurre mutazioni casuali e non miratein un punto preciso del Dna, come nel caso degli Ogm o delgenome editing.

D Quali tecniche sono permesse nella Ue?

r La normativa europea del 2001 ammette sia la tecnicadell’incrocio che quella dellamutagenesi. Gli Ogm (o meglio quelli considerati sicuri) possono essere commercializzati e anche coltivati, salvo le diverse disposizioni a livello nazionale: per esempio, l’Italia vieta la coltivazione, laSpagna no. Anche la ricerca èpermessa, in laboratorio manon in campo. Stando infinealla sentenza della Corte di Giustizia Ue del luglio scorso, le regole fissate pergli Ogm devono essere applicate anche al genome editing

L’AGRICOLTURA DI DOMANI La rincorsa dell’Italia. Dopo il no agli Ogm, il governo non vuole perdere il treno dell’innovazionee dà l’ok alla ricerca sul genome editing, l’ultima frontiera del miglioramento genetico nelle piante

A Fiorenzuola l’avanguardiache porterà il biotech nel piattoMicaela CappelliniFIORENZUOLA D’ARDA

Spegni il gene giusto, e avrai unavite resistente all’oidio, un parassi-ta fastidioso che richiede almenoquattro o cinque passaggi all’annodi antiparassitario spray. Spegnineun altro, e il frumento diventerà di-geribile per i celiaci. Un altro anco-ra, e avrai le melanzane senza semi.Si scrive Crispr-Cas9, si legge edi-ting genetico ed è l’ultima frontieradelle biotecnologie nel piatto.

Di ortaggi come questi in com-mercio ancora non se ne trovano,ma sono molti quelli in via di regi-strazione, per cui siamo vicini al lo-ro sbarco al supermercato. Stati Uniti, Canada, Brasile e Argentinahanno già regolamentato la mate-ria. Francia, Germania e Olandastanno investendo in maniera con-sistente nell’R&D. E l’Italia, che asuo tempo ha scelto di dire no agliOgm, questa volta non vuole rima-nere indietro. Farà ricerca, la farànel settore pubblico. E l’uomo a cuiha affidato le proprie speranze èLuigi Cattivelli, che dirige il centrodi Genomica e Bioinformatica delCrea di Fiorenzuola, il Consiglio perla ricerca in agricoltura che fa capoal ministero delle Politiche agrico-le. «Ci sono voluti due anni e mezzodi iter, poi a maggio il governo haapprovato il progetto e lo ha finan-ziato con 6 milioni di euro in tre an-ni», racconta Cattivelli. Il progettosi chiama Biotecnologie sostenibili:partirà da una ventina tra frutti e

ortaggi, coinvolgerà una quindici-na di centri in tutto - tra cui alcuneuniversità e il Cnr - e a volerlo fort-mente è stato l’ex ministro del-l’Agricoltura, Maurizio Martina. Ilgoverno gialloverde? «Per ora lo hafinanziato e non dà segnali di voler-si opporre», spiega il direttore.

Nel mezzo, sono successe moltecose. La sentenza di luglio dellaCorte di Giustizia Ue, che ha equi-parato il genome editing agli Ogm,imbrigliandone la sperimentazionee la coltivazione. La levata di scudietica contro l’esperimento in Cina,dove due gemelline sono state mo-dificate geneticamente con la tecni-ca del Crispr-Cas9 per renderle re-sistenti all’infezione da Hiv. E per-sino il blitz della Croce nera anar-chica, che a ottobre ha devastato ilaboratori del polo lodigiano delCrea per protestare contro ogni ge-nere di sperimentazione biotech.

Luigi Cattivelli però non si sco-raggia, e va avanti. Perché ha le ideechiare e sa bene quali sono i miti dasfatare. «Il taglia-incolla sui geni èun sistema più che naturale: lo ab-biamo imparato dai batteri, che conquesta tecnica si difendono dai vi-rus. C’è chi si spaventa all’idea diintervenire sui Dna col Crispr-Cas9e poi mangia da anni frutta e verdu-ra che è stata sottoposta a interven-ti di mutagenesi chimica e fisica».Tutto regolare, beninteso: fra i pri-mi a utilizzare la mutagenesi sonostati proprio gli italiani dell’Enea,che negli anni 60 alla Casacciabombardarono il frumento con le

radiazioni e diedero vita alla varietàCreso. «Di mutazioni ottenute inquesto modo, cioè con le radiazionio con le sostanze chimiche, sonopieni gli scaffali dei supermercati -spiega Cattivelli - dal pompelmo rosa al riso. Il prodotto “come natu-ra crea” non esiste: i pomodori ci-liegini sono un’invenzione geneti-ca degli anni 90, così come quasitutti i pomodori che oggi sono incommercio. E la stessa cosa vale perl’uva senza semi, per i peperoni, perle angurie piccole o per le mele PinkLady». Alcuni di questi sono fruttodel tradizionale metodo dell’incro-cio, altri della mutagenesi. Altri, presto, potrebbero essere frutto delgenome editing. «Del resto - chiari-sce Cattivelli - non c’è una tecnicamigliore di un’altra, solo tecnichediverse per scopi diversi. Tutta laricerca sull’editing genetico che fa-remo nell’ambito del progetto, peresempio, servirà sì a svilupparequesta tecnica, ma soprattutto ser-virà a scoprire determinati geni e leloro funzioni. Una volta individuatii geni, se questa tecnica non doves-se essere ritenuta eticamente ac-cettabile potremmo sempre inter-venire con metodiche diverse perottenere lo stesso risultato».

Prendiamo il lavoro sull’oidio, ilparassita della vite: sarebbe parti-colarmente utile, per un Paese avocazione vitivinicola come l’Italia,avere a disposizione vitigni resi-stenti. Oggi c’è già chi, per esempio,ha creato viti di cabernet resistentialla peronospera: si chiamano Vi-

vai Rauscedo, e hanno ottenuto lavarietà resistente grazie alla tecni-ca dell’incrocio. Ma così facendo, èrimasto solo il 95% del Dna origina-rio del cabernet, e per questo nonpuò più essere considerato Doc.Possono vendere le loro viti al-l’estero, insomma, ma non in Italia.Se invece la resistenza all’oidio fos-se ottenuta spegnendo il gene Mlo,il discorso sarebbe diverso e le rica-dute notevoli.

Poi ci sono gli Ogm. Le regoleeuropee dicono che nella Ue pos-siamo importare tutti i prodotticonsiderati sicuri, dal mais al coto-ne; possiamo anche coltivarli, sal-vo diversamente deciso a livellonazionale: l’Italia per esempio lovieta, la Spagna no. La ricerca e lasperimentazione in ambiente con-finato, invece, sono possibili in tut-ta Europa, anche in Italia. Il proble-ma è che nel nostro Paese siamorimasti indietro sulla sperimenta-zione, e ne paghiamo le conse-guenze. Cattivelli lo spiega congrande lucidità: «Per il mais siamototalmente dipendenti dalle multi-nazionali estere, così come per ilfrumento noi, che siamo il Paesedella pasta, dipendiamo in largaparte dalla Francia». I nostri pomo-dori Pachino sono frutto di un bre-vetto israeliano: ogni volta che vo-gliamo una nuova piantina dobbia-mo pagargli un seme. «L’Italia, in-somma, si sta costruendo unfuturo sul cibo senza essere pro-prietaria di quello che coltiva».

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La ricerca in SpagnaCon la tecnica del genome editing, cioè del taglia-incolla di Dna. in Spagna è stato recentemente creato un frumento privo delle sequenze genetiche che scatenano la celiachia. Ad oggi però, nel mondo, nessun prodotto agroalimentare ottenuto con la tecnica del Crispr-Cas9 risulta essere già disponibile in commercio. Le prime piante realizzate, infatti, si trovano ancorain fase di registrazione

LE NUOVE FRONTIERE

IL FRUMENTOResistenza ai parassitiIn Italia è iniziata la ricerca per creare una vite resistenteall’oidio, un parassita che richiede tra i 4 e i 5 passaggi di antiparassitario all’anno. Spegnendo - letteralmente - il gene Mlo del Dna, si chiude automaticamente la porta d’ingresso che l’oidio sfrutta per colpire la pianta, rendendola resistente al parassita. In Etiopia, peraltro,è già stata ritrovata una vite selvatica resistente all’oidio, naturalmente priva del gene Mlo

LA VITENei laboratori del CreaNell’ambito del progetto Biotecnologie sostenibili del Crea di Fiorenzuola, finanziato dal governo, la ricerca con la tecnica del genome editing si concentrerà su una ventina di prodotti agricoli, tra questi: le fragole (con l’obiettivo di aumentarne la produttività), i kiwi (per renderli resistenti ai batteri), le albicocche (per ridurre il periodo improduttivo delle piante), le mele (per renderle resistenti alla ticchiolatura)

I FRUTTI

68%IL COTONE OGM NEL MONDOLo contengono la maggior parte dellenostre camicie: è solo che per legge non è necessario specificarlo se in un prodotto finito la materia prima Ogm non è più tracciabile

180MILIONI DI ETTARIÈ l’ammontare delle coltivazioni Ogm nel mondo. Ad oggi, sono circa 300 i prodotti autorizzati: mais, soia e cotone sono i più diffusi

Luigi Cattivelli. Il progetto italiano sul genome editing è in capo al direttore del centro di Genomica e Bioinformatica del Crea di Fiorenzuola, sottoil ministero delle Politiche agricole

L’ULTIMA MOZIONE

Alimenti non salutari, dall’Onu spiragliper il made in ItalyIl silenzio assenso potrebbe aprire la via per la definitiva cancellazione delle etichette

Riccardo BarlaamDal nostro corrispondenteNEW YORK

All’Onu le delegazioni di Italia, Brasilee Messico hanno raggiunto un’intesasul paragrafo sette della risoluzione sullo sviluppo sostenibile presentatadai sette paesi del gruppo Foreign Po-licy and Global Health. Il controversoparagrafo che ripropone la propostadell’Oms di introdurre tasse, etichettedi allarme e restrizioni nel marketingsu “cibi e bevande non salutari” è sta-to modificato con un linguaggio chetiene conto della Dichiarazione politi-ca approvata all’unanimità dai capi distato e di governo il 27 settembre, in occasione del vertice Onu sulle malat-tie non trasmissibili. Non si parla piùdi cibi “sani” e “non sani”, e non siprevedono più per questi ultimi l’ap-plicazione di tasse, restrizioni al marketing e etichette di pericolo co-me per le sigarette. La mozione Fpghnella nuova versione che salva il madein Italy del food è stata consegnata ve-nerdì pomeriggio (ora di New York) alsegretariato Onu. È iniziato il periododi silenzio-assenso di 48 ore.

Se un paese dovesse decidere dirompere silenzio-assenso esprimen-do critiche al testo e chiedendo il votosu uno o più paragrafi, allora si an-drebbe ai voti nella sessione dell’As-semblea generale di giovedì 13 dicem-bre, con esiti fortemente incerti.

Resta infatti un gruppo di nazioni“hard liners” (Ecuador, Sud Africa,Giamaica e le isole Saint Kitts) che vorrebbero mantenere il testo del pa-ragrafo 7 allo stato originale, o ancorapiù estremo. Questi paesi, in caso di voto, potrebbero attirare molti con-

sensi sulla loro posizione: St. Kitts orienta il voto di 34 piccole isole dei Caraibi; l’Ecuador quello di alcuni Stati Sud Americani come Cile, Uru-guay, Perù; il Sud Africa di alcuni Statiafricani nel gruppo del G-77, che rap-presenta 134 paesi del sud del mondo.Un rischio molto concreto, se si an-dasse al voto.

A rendere più difficoltoso il cam-mino dell’accordo raggiunto sulla modifica al testo originario del para-grafo sette anche il fatto che gli StatiUniti, giorni fa, hanno dichiarato l'in-tenzione di rompere la procedura disilenzio-assenso per dissociarsi su al-tri punti della mozione, legati al cam-biamento climatico e allo sviluppo so-stenibile. Se lo facessero chiedendo diandare al voto su uno o più paragrafi

del testo, si aprirebbe dunque lo sce-nario molto pericoloso del voto in au-la, che darebbe una chance ai quattropaesi più estremisti e ai loro alleati.

Secondo Coldiretti le etichette e letasse, se approvate, affosserebberol'85% delle produzioni agroalimentariitaliane di qualità. “Il nuovo attacco ispirato dalle multinazionali – de-nuncia la Coldiretti – mette di fatto inpericolo il futuro di prodotti made inItaly dalle tradizioni plurisecolari tra-smesse da generazioni di agricoltori”.Un patrimonio che è alla base della dieta mediterranea inserita dall'Une-sco nella lista del patrimonio cultura-le immateriale dell'umanità.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

85%Mercato italianoLe etichette colpirebberol’85% delle produzioni agroalimentari italiane

DOMAND E D&r

RISPOSTE

D Che differenza c’è tra organismi geneticamente modificati e genome editing?

r Gli Ogm sono organismi ottenuti inserendo nel Dna originario uno o più geni provenienti da un’altra specie. Il genome editing invece è una tecnica di taglia-incolla che esiste in natura edè praticata da alcuni batteri per difendersi dai virus: in pratica, nel Dna originario viene solo tagliato (letteralmente, spento) un gene, e quel che resta dei filamenti d’elica vengono riparati. Entrambe le tecnichehanno l’obbiettivo di aumentare la produttività diuna pianta oppure di renderlaresistente ai parassiti

D Quali altre tecniche esistonoper il miglioramemnto genetico delle piante agrarie?

r Storicamente, il primo metodoè stato quello dell’incrocio. Possono volerci anni a trasferire una determinata caratteristica da una pianta all’altra mantenendo quantopiù possibile intatti gli altri tratti originari. Normalmente,però, solo il 95% del Dna restaquello originale. Un’altra tecnica è quella della mutagenesi: le piante vengonosottoposte a trattamenti fisici(per esempio raggi x) oppurechimici in modo da indurre mutazioni casuali e non miratein un punto preciso del Dna, come nel caso degli Ogm o delgenome editing.

D Quali tecniche sono permesse nella Ue?

r La normativa europea del 2001 ammette sia la tecnicadell’incrocio che quella dellamutagenesi. Gli Ogm (o meglio quelli considerati sicuri) possono essere commercializzati e anche coltivati, salvo le diverse disposizioni a livello nazionale: per esempio, l’Italia vieta la coltivazione, laSpagna no. Anche la ricerca èpermessa, in laboratorio manon in campo. Stando infinealla sentenza della Corte di Giustizia Ue del luglio scorso, le regole fissate pergli Ogm devono essere applicate anche al genome editing

L’AGRICOLTURA DI DOMANI La rincorsa dell’Italia. Dopo il no agli Ogm, il governo non vuole perdere il treno dell’innovazionee dà l’ok alla ricerca sul genome editing, l’ultima frontiera del miglioramento genetico nelle piante

A Fiorenzuola l’avanguardiache porterà il biotech nel piattoMicaela CappelliniFIORENZUOLA D’ARDA

Spegni il gene giusto, e avrai unavite resistente all’oidio, un parassi-ta fastidioso che richiede almenoquattro o cinque passaggi all’annodi antiparassitario spray. Spegnineun altro, e il frumento diventerà di-geribile per i celiaci. Un altro anco-ra, e avrai le melanzane senza semi.Si scrive Crispr-Cas9, si legge edi-ting genetico ed è l’ultima frontieradelle biotecnologie nel piatto.

Di ortaggi come questi in com-mercio ancora non se ne trovano,ma sono molti quelli in via di regi-strazione, per cui siamo vicini al lo-ro sbarco al supermercato. Stati Uniti, Canada, Brasile e Argentinahanno già regolamentato la mate-ria. Francia, Germania e Olandastanno investendo in maniera con-sistente nell’R&D. E l’Italia, che asuo tempo ha scelto di dire no agliOgm, questa volta non vuole rima-nere indietro. Farà ricerca, la farànel settore pubblico. E l’uomo a cuiha affidato le proprie speranze èLuigi Cattivelli, che dirige il centrodi Genomica e Bioinformatica delCrea di Fiorenzuola, il Consiglio perla ricerca in agricoltura che fa capoal ministero delle Politiche agrico-le. «Ci sono voluti due anni e mezzodi iter, poi a maggio il governo haapprovato il progetto e lo ha finan-ziato con 6 milioni di euro in tre an-ni», racconta Cattivelli. Il progettosi chiama Biotecnologie sostenibili:partirà da una ventina tra frutti e

ortaggi, coinvolgerà una quindici-na di centri in tutto - tra cui alcuneuniversità e il Cnr - e a volerlo fort-mente è stato l’ex ministro del-l’Agricoltura, Maurizio Martina. Ilgoverno gialloverde? «Per ora lo hafinanziato e non dà segnali di voler-si opporre», spiega il direttore.

Nel mezzo, sono successe moltecose. La sentenza di luglio dellaCorte di Giustizia Ue, che ha equi-parato il genome editing agli Ogm,imbrigliandone la sperimentazionee la coltivazione. La levata di scudietica contro l’esperimento in Cina,dove due gemelline sono state mo-dificate geneticamente con la tecni-ca del Crispr-Cas9 per renderle re-sistenti all’infezione da Hiv. E per-sino il blitz della Croce nera anar-chica, che a ottobre ha devastato ilaboratori del polo lodigiano delCrea per protestare contro ogni ge-nere di sperimentazione biotech.

Luigi Cattivelli però non si sco-raggia, e va avanti. Perché ha le ideechiare e sa bene quali sono i miti dasfatare. «Il taglia-incolla sui geni èun sistema più che naturale: lo ab-biamo imparato dai batteri, che conquesta tecnica si difendono dai vi-rus. C’è chi si spaventa all’idea diintervenire sui Dna col Crispr-Cas9e poi mangia da anni frutta e verdu-ra che è stata sottoposta a interven-ti di mutagenesi chimica e fisica».Tutto regolare, beninteso: fra i pri-mi a utilizzare la mutagenesi sonostati proprio gli italiani dell’Enea,che negli anni 60 alla Casacciabombardarono il frumento con le

radiazioni e diedero vita alla varietàCreso. «Di mutazioni ottenute inquesto modo, cioè con le radiazionio con le sostanze chimiche, sonopieni gli scaffali dei supermercati -spiega Cattivelli - dal pompelmo rosa al riso. Il prodotto “come natu-ra crea” non esiste: i pomodori ci-liegini sono un’invenzione geneti-ca degli anni 90, così come quasitutti i pomodori che oggi sono incommercio. E la stessa cosa vale perl’uva senza semi, per i peperoni, perle angurie piccole o per le mele PinkLady». Alcuni di questi sono fruttodel tradizionale metodo dell’incro-cio, altri della mutagenesi. Altri, presto, potrebbero essere frutto delgenome editing. «Del resto - chiari-sce Cattivelli - non c’è una tecnicamigliore di un’altra, solo tecnichediverse per scopi diversi. Tutta laricerca sull’editing genetico che fa-remo nell’ambito del progetto, peresempio, servirà sì a svilupparequesta tecnica, ma soprattutto ser-virà a scoprire determinati geni e leloro funzioni. Una volta individuatii geni, se questa tecnica non doves-se essere ritenuta eticamente ac-cettabile potremmo sempre inter-venire con metodiche diverse perottenere lo stesso risultato».

Prendiamo il lavoro sull’oidio, ilparassita della vite: sarebbe parti-colarmente utile, per un Paese avocazione vitivinicola come l’Italia,avere a disposizione vitigni resi-stenti. Oggi c’è già chi, per esempio,ha creato viti di cabernet resistentialla peronospera: si chiamano Vi-

vai Rauscedo, e hanno ottenuto lavarietà resistente grazie alla tecni-ca dell’incrocio. Ma così facendo, èrimasto solo il 95% del Dna origina-rio del cabernet, e per questo nonpuò più essere considerato Doc.Possono vendere le loro viti al-l’estero, insomma, ma non in Italia.Se invece la resistenza all’oidio fos-se ottenuta spegnendo il gene Mlo,il discorso sarebbe diverso e le rica-dute notevoli.

Poi ci sono gli Ogm. Le regoleeuropee dicono che nella Ue pos-siamo importare tutti i prodotticonsiderati sicuri, dal mais al coto-ne; possiamo anche coltivarli, sal-vo diversamente deciso a livellonazionale: l’Italia per esempio lovieta, la Spagna no. La ricerca e lasperimentazione in ambiente con-finato, invece, sono possibili in tut-ta Europa, anche in Italia. Il proble-ma è che nel nostro Paese siamorimasti indietro sulla sperimenta-zione, e ne paghiamo le conse-guenze. Cattivelli lo spiega congrande lucidità: «Per il mais siamototalmente dipendenti dalle multi-nazionali estere, così come per ilfrumento noi, che siamo il Paesedella pasta, dipendiamo in largaparte dalla Francia». I nostri pomo-dori Pachino sono frutto di un bre-vetto israeliano: ogni volta che vo-gliamo una nuova piantina dobbia-mo pagargli un seme. «L’Italia, in-somma, si sta costruendo unfuturo sul cibo senza essere pro-prietaria di quello che coltiva».

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La ricerca in SpagnaCon la tecnica del genome editing, cioè del taglia-incolla di Dna. in Spagna è stato recentemente creato un frumento privo delle sequenze genetiche che scatenano la celiachia. Ad oggi però, nel mondo, nessun prodotto agroalimentare ottenuto con la tecnica del Crispr-Cas9 risulta essere già disponibile in commercio. Le prime piante realizzate, infatti, si trovano ancorain fase di registrazione

LE NUOVE FRONTIERE

IL FRUMENTOResistenza ai parassitiIn Italia è iniziata la ricerca per creare una vite resistenteall’oidio, un parassita che richiede tra i 4 e i 5 passaggi di antiparassitario all’anno. Spegnendo - letteralmente - il gene Mlo del Dna, si chiude automaticamente la porta d’ingresso che l’oidio sfrutta per colpire la pianta, rendendola resistente al parassita. In Etiopia, peraltro,è già stata ritrovata una vite selvatica resistente all’oidio, naturalmente priva del gene Mlo

LA VITENei laboratori del CreaNell’ambito del progetto Biotecnologie sostenibili del Crea di Fiorenzuola, finanziato dal governo, la ricerca con la tecnica del genome editing si concentrerà su una ventina di prodotti agricoli, tra questi: le fragole (con l’obiettivo di aumentarne la produttività), i kiwi (per renderli resistenti ai batteri), le albicocche (per ridurre il periodo improduttivo delle piante), le mele (per renderle resistenti alla ticchiolatura)

I FRUTTI

68%IL COTONE OGM NEL MONDOLo contengono la maggior parte dellenostre camicie: è solo che per legge non è necessario specificarlo se in un prodotto finito la materia prima Ogm non è più tracciabile

180MILIONI DI ETTARIÈ l’ammontare delle coltivazioni Ogm nel mondo. Ad oggi, sono circa 300 i prodotti autorizzati: mais, soia e cotone sono i più diffusi

Luigi Cattivelli.Il progetto italiano sul genome editing è in capo al direttore del centro di Genomica e Bioinformatica del Crea di Fiorenzuola, sottoil ministero delle Politiche agricole

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