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2. L'affermata incompatibilità eurounitaria: la confusione del TAR Piemonte
I dubbi del TAR Piemonte si sono tradotti in due quesiti1 sottoposti
pregiudizialmente all'esame della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, i quali,
nella loro impalcatura fondamentale, riposano sul fatto che, rispondendo l'onere di
immediata impugnazione delle ammissioni ad un interesse pubblico, e non già alla
volontà del ricorrente di conquistare il bene della vita - che nell'ambito dei pubblici
appalti "consiste unicamente nel conseguimento dell’aggiudicazione" - è da
ritenersi violato quel principio di effettività che pervade le direttive ricorsi, poiché
in tal guisa s'instaura "un giudizio di diritto oggettivo, contrario ai principi
comunitari".
Sulla base di questo presupposto il Collegio ritiene che “la tutela
giurisdizionale può (e deve) esserci solo ove vi sia stata una lesione di un diritto
o di un interesse legittimo, e (...) che vi sia un interesse, concreto ed attuale, ad
una pronuncia dell’autorità giudiziaria”.
Logico corollario, epiloga il Tribunale, è che “il legislatore non potrebbe mai
imporre al privato cittadino di azionare lo strumento processuale prima che detta
lesione concreta e attuale di un diritto o di un interesse legittimo sia reale ed
effettiva”.
Le argomentazioni del Collegio non appaiono particolarmente convincenti.
1 "1) se la disciplina europea in materia di diritto di difesa, di giusto processo e di effettività sostanziale della tutela, segnatamente, gli articoli artt. 6 e 13 della CEDU, l’art. 47 della Carta dei
diritti fondamentali dell’Unione Europea e l’art. 1 Dir. 89/665/CEE, 1 e 2 della Direttiva, ostino ad una normativa nazionale, quale l’art. 120 comma 2 bis c.p.a, che, impone all’operatore che
partecipa ad una procedura di gara di impugnare l’ammissione/mancata esclusione di un altro
soggetto, entro il termine di 30 giorni dalla comunicazione del provvedimento con cui viene
disposta l’ammissione/esclusione dei partecipanti;
2) se la disciplina europea in materia di diritto di difesa, di giusto processo e di effettività
sostanziale della tutela, segnatamente, gli articoli artt. 6 e 13 della CEDU, l’art. 47 della Carta dei
diritti fondamentali dell’Unione Europea e l’art. 1 Dir. 89/665/CEE, 1 e 2 della Direttiva, osti ad
una normativa nazionale quale l’art. 120 comma 2 bis c.p.a, che preclude all’operatore economico
di far valere, a conclusione del procedimento, anche con ricorso incidentale, l’illegittimità degli
atti di ammissione degli altri operatori, in particolare dell’aggiudicatario o del ricorrente
principale, senza aver precedentemente impugnato l’atto di ammissione nel termine suindicato".
2
E ciò, in primo e fondamentale luogo, poiché sembra evidente che il Collegio
si rivolga alla CGUE parlando l'Italiano.
Il riferimento non è chiaramente all'idioma, ma al ripetuto richiamo di
principi che, seppur immanenti nell'ordinamento interno, non sembrano essere
rilevanti, ed ancor meno dirimenti, in ambito europeo.
Come ha perfettamente intuito attenta dottrina2 l'ordinanza, "seppur non
condizionata dall’esistenza di una specifica normativa comunitaria da rispettare",
è "stata ad essa forzatamente ricondotta", confondendo i piani nell'ambito di un
sistema amministrativo multilivello. Il richiamo operato dal Collegio nel cappello
della pronuncia all’orientamento dei suoi colleghi, secondo il quale la disciplina è
da ritenersi conforme ai principi costituzionali, pare confermare detta
"riconduzione forzata", quasi a rappresentare una via di fuga dal (più) severo ed
intransigente filtro della Consulta e, forse, dal di lui già prefigurato "infelice esito"
della questione di legittimità in ambito patrio.
E che il vero bersaglio del Collegio non sia il diritto Europeo è reso palese
dal fatto che l'ordinanza, pur individuando espressamente quale parametro di
conformità la direttiva ricorsi, nella parte in cui prevede che l'accesso ai ricorsi
deve essere garantito a "chiunque abbia o abbia avuto interesse a ottenere
l'aggiudicazione di un determinato appalto e sia stato o rischi di essere leso a
causa di una presunta violazione", presuppone poi a fondamento delle proprie
convinzioni la tradizionale "formuletta"3, che riconduce la legittimazione ad agire
alla lesione di un interesse legittimo concreto ed attuale4.
Con un gioco di prestigio, dunque, il Collegio confonde le carte e allarga le
maglie del parametro che dovrebbe far luce sulla conformità del rito super-speciale
in relazione all'effettività della tutela prevista dalla Direttiva, aggiungendovi
tuttavia figure estranee al diritto positivo europeo, mutate da quello interno, come
2 BARBIERI E. M., L'ammissione alle gare pubbliche, op. cit. 3 Per dirla con MORBIDELLI G. Note introduttive sulla direttiva ricorsi, in Rivista Italiana di
diritto pubblico comparato, 1991, p 803. 4 Si richiama il seguente già citato passaggio: “la tutela giurisdizionale può (e deve) esserci solo
ove vi sia stata una lesione di un diritto o di un interesse legittimo, e (...) che vi sia un interesse, concreto ed attuale, ad una pronuncia dell’autorità giudiziaria”.
3
a voler costituire una italica postilla alla direttiva stessa. Postilla viziata tuttavia da
nullità.
Sembra d'immediata evidenza infatti che la configurazione dell'interesse
quale "concreto e attuale" sul quale indugia il Collegio poco s'attagli a quella
invece delineata dalla direttiva, che sussume in esso persino il mero rischio,
presente o financo passato, di lesione5.
Ed allora, che senso ha invocare l'oracolo lussemburghese, se alla base del
pregiudizio non si fondano compiute argomentazioni ad evidenziare distonie con
l'ordinamento europeo, rilevate queste solo in relazione ad una nozione di interesse
meramente interna, ingiustificatamente posta a parametro stesso della contestata
compatibilità?
Eloquente a tal fine è l'unico improprio richiamo alla giurisprudenza della
CGUE6 operato dal Collegio, per assurdo esso stesso idoneo a confutare la tesi che
quest'ultimo sostiene (!).
E, riformulando con ancora più schiettezza, la missiva del Collegio non
rassomiglia ad una pura rivendicazione di primazia del diritto interno su quello
Europeo?
Si archivia solo temporaneamente il tema dell'interesse a ricorrere e su quello
ad esso intimamente connesso dell'impugnabilità degli atti preparatori, sul quale si
avrà modo di tornare in modo approfondito e diffuso.
Si prosegue invece nell'analisi delle ulteriori argomentazioni rilevabili
nell'ordinanza del giudice del rinvio, la quasi totalità delle quali, si anticipa,
sembrano ancor meno cogliere nel segno, atteggiandosi a mere insinuazioni volte
5 PICOZZA E., Il cumulo (condizionale) di domande e il processo amministrativo: rilievi critici,
in Diritto e processo amministrativo, 1, pp. 81-156. 6 Il Collegio richiama CGUE, Grande Sezione, 5 aprile 2016, C 689/13 Puligenica,
ECLI:EU:C:2016:199, per avallare la tesi secondo la quale "l’operatore economico al quale
dev’essere assicurato un sistema di giustizia effettivo abbia e conservi un interesse
all’aggiudicazione dell’appalto". Ma, com'è noto, la pronuncia della Corte è d'interesse proprio
perché ha ritenuto che la direttiva ricorsi osta "a che un ricorso principale proposto da un offerente,
(…) sia dichiarato irricevibile in applicazione di norme processuali nazionali che prevedono
l’esame prioritario del ricorso incidentale presentato da detto altro offerente". La Corte, si vuol
dire, percependo un diniego di giustizia, stigmatizza proprio quella rigoristica concettualizzazione
di interesse a ricorrere nazionale che pervade ogni riga dell'ordinanza di remissione.
4
ad instillare dubbi sull'irragionevolezza alla radice del sistema, dubbi che come si
cercherà di dimostrare tradiscono perlopiù essi stessi "irragionevolezza d'essere".
2.1.1 Le ulteriori considerazioni del Collegio: un'escalation di capziosità
La prima di tali considerazioni, invero la più concreta e condivisibile in
quanto effettivamente svela potenziali esiti paradossali cui può condurre il rito
super-speciale, si riferisce al fatto che nell'ambito dello stesso i soggetti
"addirittura potrebbero correre il rischio di favorire propri concorrenti, come
potrebbe accadere qualora il ricorso contro l’atto di ammissione alla gara sia
stato proposto da uno dei concorrenti poi collocati in posizione non utile ai fini
dell’aggiudicazione”.
L'affermazione a puro livello teorico è suggestiva e astrattamente vera. Ma
l'epilogo nell'effettività della prassi non potrà mai condurre agli infausti esiti
propugnati dal Collegio.
Si richiama allora a fini esplicatori un caso di scuola, che con particolare
acume è stato recentemente proposto in dottrina7.
Nell'ambito di una gara alla quale hanno preso parte tre offerenti, Alfa
propone ricorso ex art. 120 comma 2-bis avverso l'ammissione di Beta.
Nelle more del giudizio, il non sospeso procedimento si conclude, e vede
ALFA aggiudicatario; GAMMA al secondo posto; e BETA al terzo posto, contro
la cui ammissione, si rammenta, pende ancora il ricorso presentato da ALFA.
Senonché, ALFA si accorge che questo ricorso, oltre a non apportargli utilità
in quanto già collocata al primo posto della graduatoria, è idoneo ad arrecargli
nocumento, in quanto il ricalcolo delle medie nell'ambito dei punteggi attribuiti in
fase di offerta tecnica, che inevitabilmente seguirà al provvedimento del giudice
che annulla l'ammissione di BETA, è idoneo a determinare il sopravanzare di
GAMMA al primo posto della graduatoria.
7 CREUSO N. L'impugnazione dell'ammissione ed i motivi aggiunti, tra ammissibilità e
contributo unificato, relazione al convegno, L’art. 120, comma 2 bis, c.p.a.: luci ed ombre, verso una possibile riforma, Venezia, 9 novembre 2018.
5
E ciò in quanto il Consiglio di Stato8 ha già statuito che il principio di
"cristallizzazione" della graduatoria, ricavabile dall'art. art. 95, comma 15, del
Codice dei contratti, trova un limite applicativo proprio nel caso dei ricorsi ex art.
120 comma 2-bis.
Orbene, anche laddove il contenuto di quest'ultima pronuncia dovesse
divenire consolidato orientamento, ad ALFA rimane comunque un'opzione
percorribile per mantenere il proprio status di aggiudicatario: garantire il
consolidamento dell'ammissione di BETA mediante rinuncia al ricorso ex art. 44
c.p.a. 9 Rinuncia che a cascata comporta però un'ulteriore (gravosa) rinuncia: la
rifusione del contributo unificato e delle spese di lite, poste queste a carico del
rinunciatario. Oppure, forse più semplicemente, lo status di aggiudicatario
permarrebbe per mano del giudice: il ricorso dovrebbe ritenersi improcedibile ai
sensi degli artr. 35 e 85 c.p.a. per sopravvenuta carenza di interesse, con possibilità
che le spese vengano regolate secondo il principio della soccombenza virtuale, non
potendo ammettersi, a fortiori nel rito super-speciale, che la necessità di servirsi
del processo per ottenere ragione torni in danno del ricorrente.
Su questo aspetto, sagacemente rilevato dal Collegio, s'impongono interventi
correttivi volti ad una regolamentazione puntuale del rito, per prevenire il
concretarsi di siffatti paradossali scenari.
La seconda considerazione, che dà il la al walzer della fallacia, mira a
ravvisare nell’art. 53 del Codice dei contratti, che disciplina l'accesso agli atti, un
divieto a comunicare o comunque di rendere noti gli atti di gara, pena l'integrazione
del reato di cui all'art. 326 c.p. (rivelazione di segreti d’ufficio), divieto idoneo a
determinare la "ritrosia dei soggetti responsabili della procedura a rendere
8 Cons. Stato, sez. III, 27 aprile 2018 n. 2579: "una diversa interpretazione (…)si porrebbe in contrasto non solo con gli artt. 24 e 113 Cost, ma anche con l'(…)art. 97 Cost., consentendo
l’aggiudicazione di una gara sulla base di una determinazione della soglia ottenuta per l’effetto
di una ammissione illegittima, tempestivamente impugnata dal concorrente interessato nelle
forme e nei tempi dell’art. 120, comma 2-bis, c.p.a.” 9 CARUSO N., L'impugnazione dell'ammissione ed i motivi aggiunti, op.cit.
6
ostensibile (…) la documentazione amministrativa dei concorrenti, costringendo
gli operatori a proporre ricorsi al buio”.
L'affermazione è smentita dal testo stesso dell'art. 53 richiamato, il quale
testualmente si riferisce alle "offerte"10, e non già alla documentazione
amministrativa, come del resto confermato sia implicitamente dallo stesso art. 29
del Codice dei contratti, sia da pacifica giurisprudenza11.
Il Collegio prosegue poi nelle sue non condivisibili affermazioni sostenendo
che "il soggetto privato (…) subisce anche un danno dall’applicazione dell’art. 120
c. 2 bis c.p.a.:
a) per la potenziale compromissione della propria posizione agli occhi
della Commissione di gara della S.A., destinataria dei plurimi ricorsi, che è
chiamata nelle more del giudizio a valutare l’offerta tecnica del ricorrente;
b) per le nefaste conseguenze in merito al rating d’impresa disciplinato
dall’art. 83 CCP, che individua come parametro di giudizio (negativo) l’incidenza
dei contenziosi attivati dall’operatore economico nelle gare d’appalto".
Con riferimento all'elemento sub a) ci si può limitare a condividere la
posizione già ben espressa in dottrina12, secondo la quale seppur la "considerazione
può forse ritenersi umanamente comprensibile", è da ritenersi "giuridicamente
infondata", giacché non "sembra né giusto né rispettoso dubitare della serenità di
10 LIPARI M., La fase di verifica dei requisiti, op, cit. 11 Cfr. da ultima Tar Friuli Venezia Giulia, Trieste, sez. I, 10 dicembre 2018, n. 365, secondo la
quale "non vigeva, peraltro, alcun effettivo impedimento “legale” alla immediata messa a
disposizione della parte istante".
Cfr. altresì TAR Veneto, Venezia, sez. I 26 maggio 2017 n. 512; TAR. Lazio, Roma, sez. I-ter
25 luglio 2017, n. 8944; Id, III-quater, 20 ottobre 2017 n. 1056; Tar Puglia, Bari, sez. III, 17 ottobre 2017, n. 1049, le quali all'unisono statuiscono che "il richiamato art. 53 deve essere
interpretato nel senso che l’accesso ai documenti è differito all’aggiudicazione dell’appalto solo per le offerte tecnico-economiche, per cui stante la necessità d’impugnare ex art. 120 c.p.a. le
ammissioni e le esclusioni alla gara, l’interessato potrà, invece, avere immediato accesso alla
documentazione amministrativa circa i requisiti soggettivi degli altri concorrenti". (…) In tal senso depongono l’art. 29 del D.lgs. 50/2016, il quale detta i principi generali sulla trasparenza
e impone la pubblicità di tutti gli atti delle procedure di affidamento sul sito delle stazioni
appaltanti (…) laddove per “atti” si devono intendere, i verbali di gara relativi alla fase di
ammissione dei concorrenti e la documentazione amministrativa di cui si è detto sopra utile al
fine della verificazione della sussistenza dei requisiti soggettivi dei concorrenti”. 12 BARBIERI E. M., L'ammissione alle gare pubbliche, op. cit.
7
giudizio dei commissari di cui si sia contestato l’operato, quasi che una
contestazione fosse di per sé fonte di inimicizia".
L'argomentazione è a fortiori priva di spessore se si considera che, superato
il regime transitorio il cui termine è (forse)13 ormai imminente, i commissari di
gara saranno soggetti esterni alla stazione appaltanti, e pertanto certamente
indifferenti alle vicissitudini processuali di quest'ultima, ed insuscettibili di quel
"condizionamento ritorsivo" supposto dal Collegio, a neutralizzare la
contestazione mossa da quest'ultimo, invero già in origine carente in
verosimiglianza.
Con riferimento all'elemento sub b) la replica è ancora più agevole, e viene
formulata in termini interrogativi: l'art. 83, c. 10 del Codice dei contratti è
compatibile con il diritto euro-unitario, ed ancor prima con la Costituzione, nella
misura in cui pretende di stabilire criteri premiali direttamente proporzionali
all’incidenza (maggiore) ed agli esiti (sfavorevoli) del contenzioso in sede di
partecipazione alle procedure di gara?14 L'ovvia risposta non può che condurre alla
deduzione di irrilevanza della questione sollevata dal Collegio.
Ed anche volendo prescindere dalle dirimenti superiori considerazioni, è
doveroso segnalare che il sistema del rating d'impresa ad oggi non è attivo, forse
proprio perché l'Autorità Nazionale Anticorruzione, soggetto competente
all'adozione del sistema, si è da tempo avveduta dell'irragionevolezza e
dell'ingiustizia di una norma che si prefigge di premiare chi rinuncia al proprio
diritto di difesa15.
13 Con il Comunicato del Presidente del 9 gennaio 2019 l'ANAC ha differito al 15 aprile 2019 l’operatività dell’Albo, prima prevista per il 15 gennaio 2019. 14 In termini si veda SANDULLI M. A. Nuovi limiti alla tutela giurisdizionale in materia di contratti pubblici, in federlaismi.it, 2016, che in tal modo legge tra le righe: "considerate che, se
fate ricorso e lo perdete, l’Autorità ne terrà conto nel rating di legalità [recitus d'impresa n.d.r.]
e, dunque, se ci tenete a partecipare ad altre gare, evitate di agire in giudizio (sic!). È chiaro che se questo sistema viene sottoposto al vaglio della Corte di Giustizia e/o della Corte
Costituzionale, è ragionevolmente destinato a saltare". 15 L'ANAC, pur evidenziando espressamente la necessità di "una lettura costituzionalmente
orientata della norma che salvaguardi il diritto alla difesa in giudizio (art. 24 Cost.)", nel
paragrafo riferito all'incidenza del contenzioso, prendeva in considerazione (inaccettabilmente)
ogni ipotesi di soccombenza.
8
Infatti, dopo una prima ed insoddisfacente versione di Linee guida poste in
consultazione nel giugno 201616, alla quale è seguito un atto di segnalazione al
parlamento17, l'Authority è recentemente tornata sui propri passi ponendo in
consultazione nuove Linee guida18, dove si evidenzia una drastica riduzione delle
penalizzazioni, precedentemente generalizzate a tutte le tipologie di soccombenza
rilevate nel contenzioso ordinario, amministrativo o di natura arbitrale, limitate ora
solo a quello amministrativo, ed a quelle nelle quali il giudice condanni l’operatore
economico per le fattispecie di cui all’articolo 26 c.p.a., ovvero esclusivamente in
caso di motivi manifestamente infondati o di lite temeraria, eventualità invero
alquanto rare nel processo amministrativo.
In una siffatta configurazione del rating d'impresa, i "danni temuti" dal
Collegio non sembrano affatto possedere il carattere della rilevanza ed appaiono
tutt'altro che nefasti, risiedendo tutt'al più in un alveo di periferica marginalità.
Sull'ultima rilevante considerazione del Collegio, secondo la quale il rito
super-speciale impone "di formulare censure avverso ogni atto di ammissione, per
evitare di incorrere nell’inammissibilità di un ricorso cumulativo (…), con la
necessaria proposizione di tanti ricorsi quante sono le ditte ammesse e quindi con
la conseguenza di dover versare il contributo unificato per ogni ricorso" si ritornerà
infra19, in quanto trattasi di aspetto rilevante, degno di maggiore ed autonomo
approfondimento.
3. Una sfera di cristallo per la risoluzione della doppia pregiudizialità
3.1 Adattabilità alla vexata questio dei principi ad oggi espressi dalla Corte
costituzionale
Chiarito allora che l'art. 120 c. 2-bis è norma che incide sulla disciplina
processuale, è di primaria importanza il richiamo al costante orientamento della
Corte Costituzionale, che riserva all'ampia discrezionalità del legislatore "la
16 Cfr. la consultazione on line del 10 giugno 2016. 17 Cfr. l'atto di segnalazione n. 2 del 1° febbraio 2017. 18 Cfr. la consultazione on line dell’11 maggio 2018. 19 Cfr. capitolo 4, par. 3.2.5.
9
conformazione degli istituti processuali, con il solo limite della manifesta
irragionevolezza o arbitrarietà della disciplina"20.
Nel delineare detto limite, la Corte ha affermato che "nell’esercizio di tale
discrezionalità è necessario, tra l’altro, che si rispetti il principio di effettività della
tutela giurisdizionale, il quale rappresenta un connotato rilevante di ogni modello
processuale"21, precisando che il limite della manifesta irragionevolezza è valicato
"ogniqualvolta emerga un’ingiustificabile compressione del diritto di agire"22.
Un siffatto riscontro va operato mediante una verifica in concreto a "che il
bilanciamento degli interessi costituzionalmente rilevanti non sia stato realizzato
con modalità tali da determinare il sacrificio o la compressione di uno di essi in
misura eccessiva"23, giudizio da concretarsi "attraverso ponderazioni relative alla
proporzionalità dei mezzi prescelti dal legislatore nella sua insindacabile
discrezionalità rispetto alle esigenze obiettive da soddisfare o alle finalità che
intende perseguire, tenuto conto delle circostanze e delle limitazioni
concretamente sussistenti"24.
Si tratta dunque di capire se la "penalizzazione" relativa alla "futura
preclusione" sia da ritenersi irragionevole e sproporzionata, nel bilanciamento con
il fine perseguito dal legislatore di deflazionare.
In tale contesto va segnalato che la Corte costituzionale ha più volte statuito
che un "modulo processuale non può essere assunto a modello costituzionale del
giusto processo, onde non può venir prospettata come lesiva della garanzia al
diritto di difesa l'adozione di un rito piuttosto che di un altro"25.
La strutturazione "bifasica" del rito appalti non opera alcuna aprioristica
preclusione all'accesso alla giustizia, me determina esclusivamente quali siano le
"condizioni" per non incorrere in "preclusioni", configurantesi queste ultime
esclusivamente in caso di inerzia degli attori nei termini scanditi dalla legge.
20 ex plurimis, sentenze n. 225 del 2018, n. 44 del 2016, n. 10 del 2013 e n. 221 del 2008. 21 sentenza n. 304 del 2011 22 Sentenze n. 44 del 2016 e n. 335 del 2004 23 Sentenze n. 239 del 2018 e n. 1 del 2014 24 sentenze n. 236 del 2018, n. 47 del 2017, n. 71 del 2015, 1130 del 1988. 25 Corte Cost., 11 dicembre 1995, n. 500.
10
Con la nuova disciplina, metaforicamente parlando, cambiano le regole del
gioco: restano invece inalterati il tabellone, i personaggi, i poteri di questi ultimi
e, soprattutto, la possibilità di vincere la partita.
In tal guisa non paiono esservi fenomeni impeditivi idonei ad arrecare un
vulnus del diritto di agire in giudizio contro un atto, diritto che rimane comunque
garantito, sebbene con formule più rigide, "venendo in discussione non già l'an
sibbene il quomodo dell'accesso alla tutela giurisdizionale"26.
Ed ancora è stato sostenuto che il "margine di compromissione del principio
di effettività della tutela giurisdizionale − che si vuole correlato ad un effetto
dissuasivo del ricorso (…) − riflette una legittima opzione del legislatore, nel
quadro di un bilanciamento di valori di pari rilievo costituzionale. Nel contesto del
quale, il diritto di difesa (art. 24 Cost.) risulta (…) cedevole a fronte del valore del
giusto processo (art. 111 Cost.), per il profilo della ragionevole durata delle liti,
che trova innegabile ostacolo nella mole abnorme del contenzioso (…), che
costituisce il dichiarato obiettivo della disposizione impugnata"27.
Questo ragionamento, allora, è a fortiori valevole dove i valori di rilievo
costituzionale son più d'uno: beneficiano infatti della super-accelerazione del
processo anche i principi di buon andamento della pubblica amministrazione e di
certezza delle situazioni giuridiche, in un ambito settoriale che, come si è visto, ha
il carattere della particolare rilevanza in funzione dell'effetto utile della direttiva
appalti, nonché più in generale della creazione del mercato unico europeo, con
l'abbattimento delle frontiere interne e garanzie in ordine alla libera circolazione
delle merci, delle persone, dei servizi e dei capitali. Si ode in tale settore in maniera
amplificata l'antico eco della limitazione di sovranità derivante dall'art.11, e quello
più moderno di cui all'art. 117 della Costituzione, altresì da tenere in primaria
considerazione nel bilanciamento degli interessi costituzionali coinvolti.
E che la Corte abbia piena contezza della peculiarità del sistema processuale
che involge gli appalti pubblici è fatto noto, come dimostrato in una "storica"
26 Ibidem. 27 Corte Cost., 4 giugno 2014, n. 157.
11
pronuncia28 nella quale ha ritenuto congruo il celeberrimo termine di trenta giorni
per proporre ricorso, e che:
- "(…) La specialità della materia ben può conformare la disciplina
legislativa del diritto di difesa alle speciali caratteristiche della struttura dei singoli
procedimenti, anche in relazione alla materia del contendere, purché non sia
pregiudicato lo scopo e la funzione del processo e non sia compromessa
l’effettività della tutela giurisdizionale (sentenze n. 141 del 1998; n. 111 del 1998;
n. 119 del 1995; n. 220 del 1994)".
- Non può ritenersi irragionevole o arbitraria una disposizione volta "ad
accelerare lo svolgimento dei processi amministrativi relativi alla materia delle
opere pubbliche e alle attività e procedimenti amministrativi connessi,
contrassegnati dalla rilevanza degli interessi incisi e dal coinvolgimento di
posizioni individuali e collettive, (…) sono individuati alcuni profili processuali,
ritenuti dal legislatore (…) idonei a accelerare i processi amministrativi, relativi
alle indicate materie, spesso contrassegnati, in passato, da una eccessiva durata.
E con riferimento alla conformazione del principio di effettività, si è detto in
dottrina che la Corte costituzionale pare intenderla prevalentemente "nel senso di
effettiva eseguibilità delle decisioni giurisprudenziali, ossia come garanzia della
possibilità di operare mutamenti della realtà materiale corrispondenti al dictum
giurisdizionale"29, in un'ottica non tanto o non solo di accesso alla giustizia, quanto
più alla non privazione degli effetti utili che l'accesso stesso determina30, grazie
all'effettiva traduzione della realtà giuridica giudiziaria nella realtà giuridica
individuale.
28 Corte Cost., 10 novembre 1999, n. 427. 29 TARULLO S., Il giusto processo amministrativo. Studio sull'effettività della tutela giurisdizionale nella prospettiva europea, Milano, 2004, p. 43. 30 Cfr. Corte cost., 8 settembre 1995, n. 419, ove si legge che "una decisione di giustizia che non
possa essere portata ad effettiva esecuzione (…) altro non sarebbe se non un'inutile enunciazione
di principio, con conseguente violazione degli art. 24 e 113 Cost., i quali garantiscono il
soddisfacimento effettivo dei diritti e degli interessi accertati in giudizio nei confronti di qualsiasi soggetto". Cfr. altresì Corte cost., 8 settembre 1995, n. 419
12
Ed infine la Consulta31 ha avuto già avuto modo di affermare come sia da
escludersi "che la garanzia costituzionale della tutela giurisdizionale implichi
necessariamente una relazione di immediatezza tra il sorgere del diritto (o
dell’interesse legittimo) e tale tutela (…), essendo consentito al legislatore di
imporre l’adempimento di oneri (…) che, condizionando la proponibilità
dell’azione, ne comportino il differimento, purché gli stessi siano giustificati da
esigenze di ordine generale o da superiori finalità di giustizia"32.
Ora, ancorché la casistica analizzata dal Giudice delle leggi cui si riferisce
l'ultima pronuncia citata sia differente ed apparentemente non pertinente, la sottesa
ratio pare a contrariis estensibile a quella in parola: se si accetta la postulazione
relativa alla non necessaria immediatezza tra sorgere del diritto e relativa tutela,
così come non è stato ritenuto irragionevole differirla, parimenti non pare
irragionevole nemmeno anticiparla al momento in cui un diritto è sorto, ancorché
nella natura embrionale della strumentalità, in presenza di giustificate esigenze di
ordine generali e da superiori finalità di giustizia.
Ed in tale scenario non nuoce un richiamo ai pertinenti parametri
convenzionali pur invocati in tutte le ordinanze in analisi, con riferimento alla
consolidata giurisprudenza della Corte EDU, secondo la quale "il diritto a un
tribunale, di cui il diritto all’accesso (…) costituisce un aspetto, non è assoluto,
potendo essere condizionato a limiti implicitamente ammessi. Tuttavia, tali limiti
non debbono restringere il diritto all’accesso ad un tribunale spettante all'individuo
in maniera tale, o a tal punto, che il diritto risulti compromesso nella sua stessa
sostanza. Inoltre, limiti siffatti sarebbero da considerarsi in violazione dell’articolo
6 § 1 a meno che non perseguano uno scopo legittimo e che esista un ragionevole
rapporto di proporzionalità tra i mezzi impiegati e lo scopo perseguito"33.
31 Corte Cost., 26 giugno 2018, n. 135. 32 Cfr. Corte Cost., 16 aprile 2014, n. 98; nello stesso senso, ex plurimis, sentenze n. 162 del 2016,
n. 403 del 2007, n. 251 del 2003, n. 276 del 2000, n. 132 e n. 62 del 1998, n. 113 del 1997, n. 82
del 1992 e n. 130 del 1970. 33 CEDU, 4 febbraio 2014, Staibano e altri contro Italia; Id 24 settembre 2013, Pennino c. Italia,
paragrafo 73; Id 25 luglio 2002, Papon c. Francia; Id 14 dicembre 1999, Khalfaoui c. Francia.
13
Per ovviare infine a quella che può essere ritenuta una falla nelle ordinanze
del giudice pugliese, che pare poter incidere in termini di difetto di motivazione
sulla rilevanza della questione sollevata, stante l'assenza di qualsivoglia tentativo
di interpretazione conforme in relazione alla direttiva ricorsi34, che come da
costante giurisprudenza della Consulta funge da norma interposta atta ad integrare
il parametro per la valutazione di conformità della normativa35, si ritiene di meglio
indagare la disciplina la disciplina Euro-unitaria, con particolare riferimento alla
interpretazione a questa data dalla Corte di Lussemburgo.
3.2 Adattabilità alla vexata questio dei principi ad oggi espressi dalla Corte di
Giustizia Europea
3.2.1 Elementi indiziari sull'esito delle questioni pregiudiziali: il caso
Commissione contro Irlanda
Nell'ambito di un ricorso per inadempimento, ai sensi dell’art. 226 CE,
proposto dalla Commissione europea contro l'Irlanda36, la Corte di Giustizia
Europea ha già avuto l'occasione di esprimersi in merito all'impugnabilità di atti
preparatori, o decisioni intermedie, a carattere endoprocedimentale.
Per quel che qui rileva, il fuoco della controversia ruotava attorno alla
corretta interpretazione della disciplina interna che regolamentava le procedure di
ricorso37, ai sensi della quale "Il ricorso avverso una decisione di aggiudicare o
avverso l’aggiudicazione di un appalto pubblico dev’essere proposto quanto
prima possibile e comunque entro tre mesi da quando sono emerse le ragioni su
cui si basa il ricorso stesso, salvo che il giudice ritenga giustificata una proroga
di detto termine".
34 In termini cfr. Corte cost., ord. 3 giugno 1999, n. 212. 35 Tra le tante cfr. Cort. cost. 28 marzo 2006, n. 129. 36 CGUE, sez. III, 28 gennaio 2010, C‑456/08, Commissione contro Irlanda, ECLI:EU:C:2010:46. 37 Art. 84 A, n. 4, del regolamento di procedura degli organi giurisdizionali superiori (Rules of
the Superior Courts), nella sua versione risultante dallo Statutory Instrument n. 374/1998.
14
La Commissione ravvisava ambiguità nella formulazione della norma, con
conseguenti dubbi interpretativi che rendevano difficile agli offerenti capire quali
decisioni dell’amministrazione aggiudicatrice fossero impugnabili, ed entro quali
termini.
I Giudici irlandesi interpretavano tale disposizione nel senso
dell'applicabilità non solo alla decisione definitiva di aggiudicazione, ma altresì
alle decisioni intermedie adottate dalla stazione appaltante nel corso dello
svolgimento della procedura di gara.
La Corte convenne con la Commissione, e dichiarò che la normativa
irlandese comportava l'incertezza denunciata, si da rendere praticamente
impossibile o comunque eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti riconosciuti
agli interessati dall’ordinamento europeo.
In tale quadro succintamente ricostruito, la Corte ha statuito che non è
conforme a quanto prescritto dall’art. 1, della direttiva ricorsi il fatto che l’ambito
d’applicazione del termine decadenziale previsto dalla normativa nazionale "sia
esteso ai ricorsi avverso decisioni intermedie adottate dalle amministrazioni
aggiudicatrici nell’ambito del procedimento di aggiudicazione di un appalto
pubblico, senza che ciò risulti chiaramente dal testo della disposizione".
L'ultimo inciso è dirimente per comprendere il pensiero del giudice di
Lussemburgo sull'impugnabilità degli atti endoprocedimentali.
Ma prima di riportare il pronunciato sulla controversia, per meglio ricostruire
detto pensiero, è di primaria importanza richiamare l'analisi effettuata
dall'avvocato generale Juliane Kokott38, secondo la quale agli Stati membri "è data
certamente la facoltà di prevedere termini di decadenza anche per i ricorsi in
materia di appalti riguardanti azioni preparatorie e decisioni intermedie
38 Conclusioni dell’avvocato generale presentate il 29 ottobre 2009, C‑456/08, ECLI:EU:C:2009:679.
15
dell’amministrazione aggiudicatrice, quali ad esempio la redazione di una «short
list» o la determinazione di un offerente preferito".
Ed ancora, si legge nelle di ella conclusioni, l'introduzione nell'ordinamento
di adeguati termini di decadenza, anche riferibili a decisioni intermedie "è
compatibile con il diritto comunitario nei limiti in cui si rispettino i principi di
equivalenza e di effettività. A maggior ragione, simili termini di decadenza, tra cui
anche i termini relativamente brevi, possono risultare leciti e adeguati laddove il
diritto comunitario introduca, in un determinato ambito, un’esigenza di celerità,
richiedendo, come avviene nel diritto degli appalti, un procedimento «quanto più
rapid[o] possibile»".
Siffatte conclusioni, ancorché in termini meno edulcorati ma cionondimeno
perentori, sono state fatte proprie dalla Corte, che pronunciandosi sulla
controversia ha statuito che, per realizzare gli obiettivi di celerità ed efficacia
immanenti nella direttiva ricorsi, "gli Stati membri possono imporre termini di
ricorso al fine di obbligare gli operatori a contestare entro termini brevi
provvedimenti preparatori o decisioni intermedie adottati nell’ambito del
procedimento di aggiudicazione di un appalto"39.
3.2.2 Elementi indiziari sull'esito delle questioni pregiudiziali: il caso Marina del
Mediterráneo.
La Corte di Giustizia Europea ha avuto altresì l'occasione di esprimersi
specificatamente in merito all'impugnabilità di atti preparatori, in una pronuncia40
che pare di particolare rilievo ai fini di ponderare la conformità con il diritto
Europeo del nostrale rito super-speciale.
Nell'ambito di una gara in cui parteciparono solo due offerenti, uno di questi
adì alla giustizia amministrativa per ottenere l'esclusione del concorrente, in
39 Il principio di diritto, ad onor di completezza, è in termini rinvenibile anche nella sentenza della
Corte, sez. III, 28 gennaio 2010, C-406/08, Uniplex, ECLI:EU:C:2010:45. 40 CGUE, sez. IV, 5 aprile 2017, C‑391/2015, Marina del Mediterráneo SL e altri, ECLI:EU:C:2017:268.
16
quanto a suo parere questo non era in possesso dei requisiti di natura soggettiva
per la partecipazione alla procedura.
Respinto il ricorso in primo grado, ed instaurato il giudizio di appello, il
Tribunal Superior de Justicia de Andalucía41, previa informativa alle parti
dell’eventuale esistenza di un motivo d’irricevibilità del ricorso, in quanto come si
vedrà la normativa nazionale sanzionava con l'inammissibilità un ricorso in
materia di aggiudicazione di appalti pubblici avverso atti preparatori non aventi i
caratteri espressamente previsti dalla legge, sollevò questione pregiudiziale ai
sensi dell'art. 267 TFUE.
Il giudice di rinvio dubitava della compatibilità di una così architettata
normativa con le disposizioni del diritto dell’Unione, ed investì dunque del caso la
Corte lussemburghese per conoscere se una normativa nazionale che impedisce
l’accesso al ricorso speciale in materia di appalti contro gli atti preparatori
dell’amministrazione aggiudicatrice, quale la decisione di ammissione di
un’offerta, i quali possono essere contestati esclusivamente nell’ambito di un
ricorso avverso la decisione di aggiudicazione, fosse in contrasto con i principi di
leale cooperazione e di effetto utile della direttiva, e con gli articoli 1, paragrafo 1,
e 2, paragrafo 1, lettere a) e b), della direttiva 89/665.
Nel pronunciarsi sulla questione la Corte, muovendo dall'analisi del contesto
normativo unionale, richiama dapprima i principi fondamentali desumibili dalla
direttiva 89/665 dirimenti ai fini della risoluzione della controversia:
- i meccanismi attualmente esistenti, sia sul piano nazionale sia sul piano
comunitario, per garantire tale applicazione [effettiva delle direttive in materia di
appalti pubblici] non sempre permettono di garantire il rispetto delle disposizioni
comunitarie, in particolare in una fase in cui le violazioni possono ancora essere
corrette42;
41 Corte superiore di giustizia dell’Andalusia, Spagna. 42 Cfr. II° considerando.
17
- gli Stati membri adottano i provvedimenti necessari per garantire che (…)
le decisioni prese dalle amministrazioni aggiudicatrici possano essere oggetto di
un ricorso efficace e, in particolare, quanto più rapido possibile, (…), sulla base
del fatto che hanno violato il diritto comunitario in materia di aggiudicazione degli
appalti pubblici o le norme nazionali che lo recepiscono43;
- gli Stati membri provvedono a rendere accessibili le procedure di ricorso,
secondo modalità che gli Stati membri possono determinare, a chiunque abbia o
abbia avuto interesse a ottenere l’aggiudicazione di un determinato appalto e sia
stato o rischi di essere leso a causa di una presunta violazione44;
- gli Stati membri provvedono affinché i provvedimenti presi in merito alle
procedure di ricorso di cui all’articolo 1 prevedano i poteri che consentono di (…)
annullare o far annullare le decisioni illegittime, compresa la soppressione delle
specifiche tecniche, economiche o finanziarie discriminatorie figuranti nell’invito
a presentare l’offerta, nei capitolati d’oneri o in ogni altro documento connesso
con la procedura di aggiudicazione dell’appalto in questione45.
La pronuncia si sviluppa poi con il richiamo alla disciplina spagnola, dove il
principale riferimento è rinvenibile nella Ley 30/2007 de Contratos del Sector
Público, la quale contiene le disposizioni relative al ricorso speciale in materia di
appalti pubblici, e prevede l'impugnabilità dei seguenti atti:
a) I bandi di gara, i capitolati d’oneri e i documenti contrattuali che
stabiliscono le condizioni che devono disciplinare l’appalto.
b) gli atti preparatori adottati nell’ambito della procedura di
aggiudicazione, purché essi decidano direttamente o indirettamente
sull’aggiudicazione, rendano impossibile continuare la procedura o determinino
l’impossibilità di difendersi o un danno irreparabile a diritti o interessi legittimi.
Gli atti della commissione aggiudicatrice che decidono l’esclusione di offerenti
43 Cfr. art. 1 paragrafo 1. 44 Cfr. art. 1 paragrafo 3. 45 Cfr. Art. 2 paragrafo 1.
18
saranno considerati atti preparatori che rendono impossibile continuare la
procedura.
c) Le decisioni di aggiudicazione adottate dalle amministrazioni
aggiudicatrici.
È di solare evidenza che, sullo "scottante" tema dell'interesse a ricorrere, la
disciplina spagnola è nella sostanza del tutto coincidente con quella domestica, si
da poter presupporre senza particolari sforzi conformativi l'agevole ed immediata
trasferibilità nell'ordinamento patrio dei principi della CGUE che ora si
analizzeranno.
Ritornando al ragionamento della Corte questa postula che, stante la
generalità delle espressioni impiegate dal legislatore europeo nella direttiva ricorsi,
qualsiasi decisione di un’amministrazione aggiudicatrice che ricada sotto le norme
di diritto dell’Unione in materia di appalti pubblici e sia idonea a violarle sia
assoggettata al controllo giurisdizionale: nessun criterio discretivo è ravvisabile a
seconda del contenuto o del momento in cui una decisione è stata assunta46.
E che l'accezione della nozione di "decisione" sia accentuatamente estesa è
confermata in un'ottica di coerenza sistematica interna, con riferimento sia al primo
paragrafo dell'art. 1 della direttiva, il quale "non prevede alcuna restrizione per
quanto riguarda la natura e il contenuto delle decisioni da essa contemplate"47,
sia con il primo paragrafo dell’articolo 2, "che impone agli Stati membri di
prevedere procedimenti d’urgenza in relazione a qualsiasi decisione adottata
dalle autorità aggiudicatrici".
Sulla base di tali postulati la Corte addiviene alla prima importantissima
statuizione: "la decisione di ammettere un offerente a una procedura di
aggiudicazione (…) costituisce una decisione ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 1,
46 CGUE, sez. I, 11 gennaio 2005, Stadt Halle e RPL Lochau, C 26/03, ECLI:EU:C:2005:5, punto
28 e giurisprudenza ivi citata. 47 Principio invero già espresso diversi anni prima in CGUE, sez. VI, 28 ottobre 1999, C-81/98,
Alcatel Austria AG, ECLI:EU:C:1999:534.
19
di detta direttiva". Inesorabile corollario, quindi, non può che essere
l'"ammissione" della sua immediata impugnabilità.
Ed invero la Corte già ebbe a sostenere che, in assenza di formali previsioni
della direttiva in ordine al momento a partire dal quale è garantita la possibilità di
proporre un ricorso, gli Stati membri, seppur autonomizzati e legittimati a
disciplinare le modalità del procedimento giurisdizionale inteso a garantire la
tutela dei diritti spettanti ai singoli nel rispetto dei noti principi di equivalenza48 ed
effettività49, non sono autorizzati a subordinare l’esercizio del diritto di ricorso al
fatto che la procedura di appalto pubblico di cui trattasi abbia formalmente
raggiunto una fase determinata50.
La Corte chiude il proprio ragionamento statuendo che la direttiva ricorsi osta
"ad una normativa nazionale in forza della quale la decisione di ammettere un
offerente alla procedura di aggiudicazione, decisione che si asserisce violi il
diritto dell’Unione in materia di appalti pubblici o la normativa nazionale che lo
traspone, non figura tra gli atti preparatori di un’autorità aggiudicatrice che
possono essere oggetto di un ricorso giurisdizionale autonomo".
Leggendo a contrariis il principio, dunque, il fatto che la normativa
nazionale, che si ribadisce sul tema è assolutamente speculare a quella italiana,
richieda, in ogni caso, che l’offerente attenda la decisione di aggiudicazione
dell’appalto di cui trattasi prima di poter proporre un ricorso contro l’ammissione
di un altro offerente, non è conforme alle disposizioni della direttiva 89/665.
Il principio di diritto espresso dalla Corte pare allora astrattamente idoneo a
lumeggiare la legittimità dei mezzi impiegati dal rito super-speciale e, in ultima
48 Le modalità procedurali non devono essere meno favorevoli di quelle che riguardano ricorsi
analoghi previsti per la tutela dei diritti derivanti dall’ordinamento interno. 49 Le modalità procedurali non devono rendere praticamente impossibile o eccessivamente
difficile l’esercizio dei diritti conferiti dall’ordinamento giuridico (su entrambi i principi si vedano
le sentenze Orizzonte Salute (C‑61/14, EU:C:2015:655, punto 46, Club Hotel Loutraki e a., C‑145/08 e C‑149/08, EU:C:2010:247, punto 74 nonché eVigilo, C‑538/13, EU:C:2015:166, punto 39). 50 Cfr. sentenza dell’11 gennaio 2005, Stadt Halle, C-26/03, EU:C:2005:5, punto 38.
20
istanza, il ragionevole rapporto di proporzionalità tra gli scopi perseguiti51 ed i
mezzi medesimi.
3.2.3 Elementi indiziari sull'esito delle questioni pregiudiziali: la distanza tra le
conclusioni dell'avvocato generale e la posizione della Corte
Di particolare rilievo, nell'ambito della causa in analisi, è anche
l'impostazione "teorica" della sentenza della Corte, nella misura in cui questa si
discosta, per certi aspetti in modo netto, dalle conclusioni avanzate dell'avvocato
generale Michal Bobek52.
La posizione di quest'ultimo, che invero pare essere ispiratrice delle
ordinanze originatrici della già affrontata "doppia pregiudizialità", è allineata alla
giurisprudenza ed alla dottrina in Italia univoche.
Ciò è reso evidente dalla diffusa argomentazione dell'avvocato generale in
relazione all'interesse a ricorre: a suo parere "la linea di demarcazione fra gli atti
che devono poter essere immediatamente oggetto di ricorso e quelli che non
devono esserlo, intercorre tra gli atti che hanno effetti giuridici sfavorevoli per le
imprese e quelli che non spiegano siffatti effetti. Il ricorso immediato deve essere
previsto per i primi, ma non necessariamente per i secondi".
Sviluppando ulteriormente detto approccio argomentativo, Bobek suggerisce
che gli Stati membri dovrebbero essere "obbligati a prevedere un ricorso
immediato avverso gli atti illegittimi che incidono sfavorevolmente sulla posizione
giuridica di un potenziale offerente in modo tale da rendere eccessivamente
difficile o impossibile la sua successiva utile partecipazione", pena diversamente
la compromissione della trasparenza e della leale concorrenza nell’ambito della
procedura di gara.
51 Non è da nessuno stata messa in discussione la bontà del fine, che in ultima istanza riposa sulla
deflazione del contenzioso, sulla celerità dei giudizi, e sulla certezza delle situazioni giuridiche. 52 Conclusioni dell'avvocato generale, presentate l'8 settembre 2016, ECLI:EU:C:2016:651.
21
L'argomentazione prosegue sostenendo che, in relazione alla decisione di
ammettere un candidato a presentare un’offerta:
- "non risulta incidere sfavorevolmente sulla posizione giuridica degli altri
candidati, in particolare nel caso di una procedura aperta nell’ambito della quale
la concorrenza deve essere più ampia possibile;
- (…) gli effetti giuridici sfavorevoli che si ripercuotono immediatamente
sulla posizione giuridica di un’impresa devono essere distinti dalle implicazioni
meramente fattuali per un’impresa che prende parte a una gara;
- (…) salvo che tutte le regole in materia di appalti pubblici siano
interpretate come massime di legalità oggettiva e astratta, che potrebbero essere
fatte valere da ogni potenziale concorrente a titolo di diritto soggettivo, la
decisione di ammettere un candidato non incide (ancora) sfavorevolmente sulla
sua posizione giuridica".
L'avvocato generale si spinge ad un'affermazione di particolare rilievo:
"Contrasterebbe (…) con l’approccio adottato più di recente dal legislatore
dell’Unione ritenere che il ricorso autonomo avverso la decisione di ammettere
un candidato, separato dal ricorso contro la decisione di aggiudicazione di un
appalto, debba derivare dall’esistenza di un passaggio distinto e autonomo nella
procedura di aggiudicazione posto che i suddetti due passaggi stanno, di fatto,
avvicinandosi" sicché non è da ritenersi sussistente un obbligo per lo Stato membro
di prevedere un ricorso immediato e autonomo contro la decisione di ammettere
un altro concorrente a una procedura di appalto pubblico, i quali devono tuttavia
garantire la possibilità di dedurre un motivo di illegittimità nell'ambito di
un’azione proposta avverso la decisione finale di aggiudicazione dell’appalto
relativa alle precedenti decisioni di ammissione dei candidati.
Non vi è alcun obbligo: ciò, si badi bene, non è idoneo ad escludere in nessun
caso la possibilità che una facoltà invece sussista.
Le conclusioni cui l'avvocato perviene sono del seguente tenore:
22
"gli articoli 1, paragrafi 1 e 3, e 2, paragrafo 1, della direttiva sulle
procedure di ricorso non ostino a una normativa nazionale come quella oggetto
del procedimento principale, a condizione che:
1) la normativa nazionale non impedisca il ricorso immediato avverso
gli atti preparatori che hanno effetti giuridici sfavorevoli per le imprese;
2) sia possibile dedurre un motivo di illegittimità di atti preparatori che
non hanno effetti giuridici sfavorevoli per le imprese, come la decisione di
ammettere un candidato alla procedura di gara, a sostegno di un’azione proposta
avverso la decisione finale di aggiudicazione adottata sulla base di tali atti
preparatori".
È di palese evidenza che se detta impostazione fosse stata accolta dalla Corte,
il destino del rito "super-speciale" sarebbe già inesorabilmente ed infaustamente
segnato.
Il primo punto delle conclusioni, infatti, stante l'impianto teorico sul quale è
costruito, secondo il quale la decisione di ammettere i candidati non incide ancora
sfavorevolmente sulla loro posizione giuridica, non è ragionevolmente applicabile
alla decisione di ammissione, salvo forse in un caso come quello scrutinato, nel
quale gli offerenti nell'ambito di una procedura di gara erano soltanto due, sicché
l'illegittimità dell'ammissione è in grado di incidere direttamente ed in modo
sfavorevole sulla situazione giuridica dell'avversario, in assenza della quale non
avrebbe competitor a contendergli il bene della vita.
Tuttavia la Corte, obliterando ogni forma di onanismo concettuale per
attenersi alla pragmaticità che storicamente ne contraddistingue l'azione, stante
l'impossibilità di coniugare in minino comune denominatore le segmentazioni dei
diversi impianti "filosofici" di ciascuno stato membro, ragiona in termini generali
ed astratti e, diversamente dall'avvocato generale, fonda la propria pronuncia sul
dato letterale della direttiva: l'atto di ammissione di un offerente ad una procedura
di aggiudicazione, si configura come "decisione" ai sensi dell’articolo 1, paragrafo
23
1, della direttiva, e, per gli effetti del medesimo articolo, questa è da ritenersi
impugnabile con un ricorso.
La configurazione di un sistema giurisdizionale di tipo oggettivo o soggettivo
non è rilevante per il diritto dell'Unione, per il quale rileva esclusivamente l'effetto
utile delle direttive (appalti e ricorsi); e le direttive rilevano per i fini, non per i
mezzi.
Nemmeno la configurazione domestica dell'interesse legittimo, pure
richiamata dall'avvocato generale, possiede una qualche rilevanza per il diritto
dell'Unione, che ne trascura persino la concettualizzazione53, passaggio infatti
ignorato anche dalla Corte.
Ed anzi, in una recentissima pronuncia, il giudice del rinvio è stato chiamato
a valutare "se l’applicazione concreta della normativa italiana relativa alla
capacità di agire in giudizio, come interpretata dal Consiglio di Stato e dalla Corte
costituzionale, sia tale da poter ledere il diritto a una tutela giurisdizionale
effettiva delle ricorrenti nel procedimento principale"54.
Suggerimento o monito che sia, esso rappresenta sicuramente un segnale
debole di distanza tra posizione Italiana ed Europea in tema di lesione degli
interessi, dove la seconda naviga in latitudini maggiori, considerando "interesse
attuale al ricorso anche il (mero) rischio presente, o perfino passato di lesione"55.
Sulla base di quali elementi il diritto dell'Unione dovrebbe formulare giudizi
di valore sulla bontà di un sistema a discapito dell'altro? Il sistema di tutela
amministrativa tedesco, culla della giurisdizione soggettiva56, è da ritenersi
53 Sul punto cfr. MUSELLI L., La giustizia amministrativa dell'ordinamento comunitario, Torino,
2000, p. 138; BILANCIA P., Situazioni soggettive di derivazione comunitaria e loro tutela, in Diritto e Società, 1991, p. 632. 54 CGUE, sez. III, 28 novembre 2018, C-328/2017, Amt Azienda Trasporti e Mobilità,
ECLI:EU:C:2018:958. 55 PICOZZA E., Il cumulo (condizionale) di domande e il processo amministrativo: rilievi critici,
in Diritto e processo amministrativo, 1, 2016. 56 "Il sistema processuale tedesco è probabilmente quello più fortemente centrato sulla protezione
della situazione giuridica soggettiva del ricorrente", cfr. GIAVAZZI M., La legittimazione
processuale nel contenzioso sugli appalti pubblici e l’effettività del diritto europeo: un (falso) problema di convivenza, in Rivista italiana di diritto pubblico comunitario, 2012, 6, p. 1081-
24
migliore (o più tutelante) di quello francese, culla invece della giurisdizione
oggettiva57?
I termini della questione configurano un'equazione indeterminata, che
ammette cioè infinite soluzioni, sicché il tentativo di risposta, pur con tutta la
buona volontà e con l'acume di maggior spessore, costituisce un'impresa titanica
financo impossibile nell'oggetto.
Nell'ambito dell'inevitabile contaminazione degli ordinamenti si è
icasticamente affermato che “la dilatazione della disciplina amministrativa dettata
dall’Unione e l’interscambio di esperienze e soluzioni tra Stati, nonché tra Stati e
Unione, costituiscono, rispettivamente l’ordito e la trama del concreto facere del
diritto amministrativo europeo (ma anche nazionale)”58.
Ed in tale contesto il lavoro di tessitura della Corte di giustizia non è andato
"alla ricerca di un minimo comune denominatore, né della soluzione
quantitativamente prevalente", bensì "della regola di legittimazione che, ancorché
non condivisa da tutti gli Stati membri, nondimeno meglio assicuri la realizzazione
dell’effetto utile dell’effetto diretto delle norme comunitarie"59.
3.2.4 Elementi indiziari sull'esito delle questioni pregiudiziali: la
"futura preclusione" ed il termine decadenziale
Se allora, come si è cercato di dimostrare, la possibilità di impugnare una
decisione preparatoria, quale è l'atto di ammissione di un offerente agli step
successivi di una procedura, sulla base della giurisprudenza analizzata è da
ritenersi prima facie perfettamente compatibile con il diritto dell'Unione, resta di
indagare l'impatto della preclusione processuale a far valere le censure avverso
detta decisione preparatoria nel giudizio instaurato avverso l'aggiudicazione.
57 Si è affermato che “Quello francese è, in definitiva, un sistema di giustizia amministrativa a
connotazione puramente oggettiva”, Ibidem, p. 1072 58 STICCHI DAMIANI S. VETRÒ F., Lezioni di diritto amministrativo europeo, Torino, 2010,
p XV. 59 GIAVAZZI M., Op. cit., p. 1062.
25
Si tratta allora di capire se un siffatto strumento processuale, che trasforma
una "possibilità" in una "necessità"60, sia potenzialmente idoneo a mettere in
pericolo l'effetto utile della direttiva ricorsi, e se concretamente attenti ai diritti
conferiti ai singoli dall'ordinamento europeo, ed in generale all'effettività della
tutela giurisdizionale.
Su tale sensibile aspetto la Corte ha già avuto modo di esprimersi, ancorché
chiaramente non con specifico riferimento ad un istituto processuale peculiare
come quello in analisi, che rappresenta un unicum nel panorama europeo, sicché
si cercherà di verificare latamente l'aderenza dei principi generali all'eccentrico
istituto.
Dapprima giova però rammentare come, al pari della Corte Costituzionale
che riserva al legislatore ampia discrezionalità nella modellazione degli istituti di
matrice processuale, anche il diritto dell'Unione riconosce ampia autonomia agli
Stati membri nella scelta delle garanzie procedurali menzionate nella direttiva
ricorsi, nel rispetto del "diktat" relativo ai principi di equivalenza ed effettività.
Sul ruolo che la fissazione di termini di ricorso ragionevoli a pena di
decadenza ricopre nell'ambito delle procedure di appalto, la Corte ha idee chiare e
granitiche: è idonea a "garantire che le decisioni illegittime delle amministrazioni
aggiudicatrici, dal momento in cui sono note agli interessati, vengano denunciate
e rettificate il più presto possibile"61 e, in linea di principio, risponde "all’esigenza
di effettività derivante dalla direttiva 89/665, in quanto costituisce l’applicazione
del fondamentale principio della certezza del diritto" che sarebbe compromessa
"se ai candidati ed offerenti fosse consentito far valere in qualsiasi momento del
procedimento di aggiudicazione infrazioni alle regole di aggiudicazione,
60 Il riferimento è al dubbio espresso dal Tar Puglia nell'ordinanza di remissione, il quale,
richiamando l'art. 24 Cost. (“Tutti possono (…), di (…) agire in giudizio per la tutela dei propri
diritti e interessi legittimi”), sostiene che questo "attiene alla libertà di stabilire autonomamente
senza coartazione alcuna (anche da parte del legislatore) se l’azione giurisdizionale risponde ad
un proprio effettivo interesse (…), ovvero di decidere di astenersi dall’agire in giudizio, se detto
interesse non dovesse essere ritenuto sussistente". 61 CGUE, sez. V, 12 dicembre 2002, C-470/99, Universale-Bau, ECLI:EU:C:2002:746
26
obbligando quindi l’amministrazione aggiudicatrice a ricominciare l’intero
procedimento al fine di correggere tali infrazioni"62.
D'altro canto, la Corte non ha dubbi sul fatto che una sanzione come la
decadenza risponda, in linea di principio, "all’esigenza di effettività derivante
dalla direttiva 89/665, in quanto costituisce l’applicazione del fondamentale
principio della certezza del diritto" che si riverbera "a tutela sia del singolo sia
dell’amministrazione interessati", nell'ambito del quale tuttavia le preclusioni
processuali "non devono essere tali da rendere praticamente impossibile o
eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti attribuiti dall’ordinamento giuridico
dell’Unione"63.
L’applicazione di una norma decadenziale quale quella relativa al rito super-
speciale, difficilmente potrà essere considerata irragionevole, poiché non si
ravvisa motivo alcuno per il quale questa possa rendere praticamente impossibile
o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti riconosciuti all’interessato
dall’ordinamento comunitario, ed in tal senso, giurisprudenza e dottrina, non sono
stati particolarmente incisivi nell'apportare motivi di contrasto con il suddetto
principio fondamentale:
− non per i termini, ampiamenti superiori rispetto a quelli minimi previsti dal
diritto unionale;
− non per la paventata necessità di un "ricorso al buio", stante l'interpretazione
conforme adoperata dai giudici nazionali prima, e dall'intervento correttivo sul dies
a quo poi.
E allora, se l'unica difficoltà rilevata è connessa all'eccessiva onerosità
dell'accesso alla giustizia64, ovvero all'impatto economico che gli operatori
economici sono costretti a subire in forza della disciplina nazionale, con
riferimento al famigerato "contributo unificato", per quale ragione è l'art. 120 c.p.a.
62 CGUE, sez. VI, 12 marzo 2015, C-538/13, eVigilo, ECLI:EU:C:2015:166. 63 CGUE, sez. V, 18 ottobre 2012, C‑603/10, Pelati, EU:C:2012:639. 64 L'ordinanza del T.A.R. pugliese n. 903/2018 si riferisce per ben quattro volte e con diversi
aggettivi all'onerosità dei ricorsi (gravoso, costoso, ingente).
27
ad essere tacciato di incostituzionalità ed incompatibilità con il diritto dell'Unione,
quando questo nulla prevede in ordine ai costi della giustizia, e non già la disciplina
primaria che regolamenta il contributo medesimo?
Su questo aspetto ci si soffermerà subito. Si ripartirà subito dopo dalla
pronuncia Marina del Mediterráneo con un'analisi in prospettiva comparativistica,
in quanto pare di primario interesse approfondire le ricadute della decisione sul
diritto positivo e sulla giurisprudenza spagnoli, Stato la cui normativa ha
necessitato dell'intervento (non) risolutore della Corte.
3.2.5 Contributo unificato o plurificato?
È opinione diffusa in dottrina, tra gli operatori giuridici e tra gli stessi
magistrati, che l'imposizione di una tassazione così pesante65 in materia di appalti
rappresenti la volontà del Legislatore italiano di ostacolare l'accessibilità ai mezzi
di ricorso in tale peculiare settore in un'ottica "esasperatamente" deflattiva.
Sulla natura irrazionale ed iniqua del contributo unificato per l'accesso alla
giustizia in materia di appalti si è già molto detto, la quale è stata ritenuta
"rivelatrice di un intento quasi intimidatorio a non insistere nell’azione
giurisdizionale intrapresa ed a non disturbare oltre il giudice"66.
Rimandando alla puntuale dottrina che già ha scandagliato in profondità la
norma67, ed analizzato i vani tentativi di farne statuire l'irragionevolezza da parte
65 Ai sensi dell'art. 13, c. 6-bis, lett. d) del DPR 115/2002 il contributo dovuto è di euro 2.000
quando il valore della controversia è pari o inferiore ad euro 200.000; per quelle di importo
compreso tra euro 200.000 e 1.000.000 il contributo dovuto è di euro 4.000 mentre per quelle di
valore superiore a 1.000.000 di euro è pari ad euro 6.000. Tali importi aumentano ulteriormente -
ex comma 1-bis del medesimo articolo - del 50% per il giudizio di appello, (rispettivamente dunque 3.000, 6.000 e 9.000 €). Sempre l'art. 13, al comma 1-quater, poi una sanzione nel caso
di impugnazioni in appello dichiarate infondate, inammissibili o improcedibili, intesa sempre a
titolo di contributo unificato, di importo pari a quello dovuto per la stessa impugnazione,
principale o incidentale. 66 T.R.G.A. Trento, ordinanza 29 gennaio 2014, n. 23, con la quale è stata rimessa la questione
pregiudiziale alla CGUE. 67 PRESUTTI L., L’incompatibilità del contributo unificato negli appalti pubblici con la direttiva
ricorsi, in Urb. App., 6, 2014; VUOLO A., La decisione della Corte di giustizia in materia di
contributo unificato: ovvero dell'impossibilità di pervenire ad assestamenti definitivi nella tutela
multilivello dei diritti (nota a Corte di giustizia dell'Unione europea, 6 ottobre 2015), in Federalismi.it, 2015; IORIO F., Il contributo Il contributo unificato nei giudizi sugli appalti
28
della Consulta68, giova qui concentrarsi sui principi di diritto espressi dalla Corte
di Giustizia Europea69, in quanto particolarmente pregnanti, cercando di
verificarne la rilevanza e la trasferibilità allo specifico contesto del rito super-
speciale, e delle peculiarità fiorite nell'effettività della prassi.
Il quesito al quale si deve dare risposta è del seguente tenore: la tassazione
degli atti giudiziari di cui trattasi costituisce un impedimento al diritto di accesso
alla giustizia?
L'avvocato generale Illo Jääskinen70, rispose in forma condizionatamente
negativa:
- l’importo del tributo giudiziario non deve costituire un ostacolo all’accesso
alla giustizia né deve rendere l’esercizio del diritto al sindacato giurisdizionale
eccessivamente difficile, caratteristiche non possedute dalla normativa italiana che
rispetta il principio di proporzionalità.
- Il contributo deve essere "unificato", nel senso che è da ritenersi invece
illegittima la riscossione di più tributi giudiziari cumulativi in procedimenti
giurisdizionali in cui un’impresa impugni la legittimità di un’unica procedura di
aggiudicazione di un appalto71.
La Corte convenne però solo con la prima delle due statuizioni, affermando
invece la piena legittimità di un contributo plurificato: la direttiva ricorsi non osta
"né alla riscossione di tributi giudiziari multipli" relativamente a "diversi ricorsi
giurisdizionali relativi alla medesima aggiudicazione", né all'obbligo di "versare
pubblici e il principio di effettività della tutela dopo la sentenza della Corte di Giustizia U.E.:
un'occasione mancata, in De Iustitia, 3, 201; MARZANO L., Luci e ombre sul contributo unificato, in Il libro dell'anno del diritto 2017, Roma, 2017. 68 RODIO R. G., Costi processuali, accesso alla giustizia e diritto di difesa: la Corte costituzionale nuovamente chiamata a pronunciarsi sul contributo unificato, in
Dirittifondamentali.it, 2/2017. 69 CGUE, sez V, 6 ottobre 2015, C-61/14 - Orizzonte Salute, ECLI:EU:C:2015:655. 70 Conclusioni presentate in data 7 maggio 2015, ECLI:EU:C:2015:307 71 Seppur con l'attenuazione connessa al fatto che in ogni caso spetta al giudice del rinvio condurre
un "test" di proporzionalità, al fine di stabilire se la restrizione al diritto al «sindacato
giurisdizionale», sia giustificata alla luce del criterio di proporzionalità stabilito dall’articolo 52,
paragrafo 1, della Carta.
29
tributi giudiziari aggiuntivi per poter dedurre motivi aggiunti relativi alla
medesima aggiudicazione" nel contesto di un procedimento giurisdizionale giù in
corso. In tale contesto spetta tuttavia al giudice nazionale esaminare gli oggetti dei
ricorsi presentati da un amministrato o dei motivi dedotti dal medesimo nel
contesto di uno stesso procedimento per accertare che tali oggetti siano
effettivamente distinti o costituiscano un ampliamento considerevole dell’oggetto
della controversia già pendente. In caso di negativo accertamento il giudice è
tenuto a dispensare l’amministrato dall’obbligo di pagamento di tributi giudiziari
cumulativi.
Si tratta allora di capire se le impugnazioni delle ammissioni costituiscono
"diversi ricorsi", o se invece il ricorso sia unico avverso "l'(unitario)atto che
determina le ammissioni e le esclusioni".
Il T.A.R. Piemonte, nella più volte citata ordinanza di remissione, pare non
avere dubbi: è necessario "formulare censure avverso ogni atto di ammissione, per
evitare di incorrere nell’inammissibilità di un ricorso cumulativo (ogni
ammissione potrebbe risultare affetta da vizi propri e distinti rispetto all’altra, con
diversità oggettiva e soggettiva per ogni ricorso), con la necessaria proposizione
di tanti ricorsi quante sono le ditte ammesse e quindi con la conseguenza di dover
versare il contributo unificato per ogni ricorso (può dirsi acclarata la funzione
dissuasiva all’azione giurisdizionale indotta dal cumulo di tributi giudiziari dovuti
in caso di impugnazione separata degli atti di ammissione e di aggiudicazione
nell’ambito della stessa procedura di gara)".
Se così stessero le cose non vi sarebbero dubbi sull'incompatibilità della
norma72, in quanto certamente il cumulo di contributi unificati determinerebbe
un'incidenza di gran lunga superiore al 2% rispetto al valore dell’appalto, "soglia
di tolleranza" ritenuta congrua dalla Corte73 ai fini di non rendere praticamente
72 Dell'art. 9 del DPR 115/2002, si ribadisce; giammai dell'art. 120 c.2-bis c.p.a. 73 "I tributi giudiziari da versare per proporre ricorsi giurisdizionali amministrativi in materia di
appalti pubblici che non siano superiori al 2% del valore dell’appalto in questione non sono tali
da rendere praticamente impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti conferiti
dall’ordinamento giuridico dell’Unione in materia di appalti pubblici".
30
impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti conferiti
dall’ordinamento giuridico dell’Unione in materia di appalti pubblici.
Tuttavia l'affermazione del giudice torinese non pare essere pienamente
convincente.
Si ritiene infatti che il rito super-speciale di cui all'art. 120, c. 2-bis c.p.a.
abbia introdotto un’ipotesi legalmente prevista di impugnazione cumulativa,
seppur in un'accezione impropria, in quanto come si vedrà cumulativa non è, in
virtù dell'oggettiva esistenza di un rapporto giuridico sostanziale e processuale
unitario.
E ciò è reso deducibile dal reso significato reso palese dalle parole74:
- sia nell'ambito dell'art. 29 del Codice dei contratti, dove è espressamente
previsto che al fine di consentire l'eventuale proposizione "del ricorso" ai sensi
dell’articolo 120, comma 2-bis, del codice del processo amministrativo, è
pubblicato "il provvedimento" che determina le ammissioni e le esclusioni dalla
procedura di affidamento;
- sia nell'ambito dello stesso art. 120, dove parimenti si ravvisa che i
sostantivi sono espressi, ed i verbi coniugati, al singolare, è previsto che detto
provvedimento vada impugnato nel termine di trenta giorni, decorrente dalla sua
pubblicazione sul profilo del committente della stazione appaltante, ai sensi
dell'articolo 29 succitato.
Provvedimento, unico, che determina le ammissioni, plurime: siamo allora di
fronte ad un atto peculiare e complesso, e plurale, sia in relazione ai potenziali e
diversificati vizi, sia in relazione ai potenziali soggetti cui gli stessi vizi vanno
riferiti e sulla cui posizione sono idonei ad incidere.
74 In termini cfr. LIPARI M., La tutela giurisdizionale e “precontenziosa” nel nuovo Codice dei contratti pubblici, in Federalismi.it, 2016: “provvedimento al singolare, ossia all’atto unitario
che dovrebbe concludere definitivamente la fase di ammissione e verifica dei requisiti di
partecipazione dei concorrenti", locuzione importante perché "consente di qualificare e
rafforzare, sotto il profilo sostanziale, l’autonomia della fase procedimentale considerata,
giustificando, sul piano sistematico, la disposta anticipazione della tutela, ora riferita ad una determinazione a valenza provvedimentale e non più ad un atto endoprocedimentale".
http://www.bosettiegatti.eu/info/norme/statali/2016_0050.htm#029
31
Ed è per tali ragioni che il riferimento alla questione "cumulabilità" avanzato
dal Collegio pare improprio: semplicemente non si è in presenza di diversi
provvedimenti75, questi si da impugnarsi con autonomi ricorsi in forza
dell'inapplicabilità della connessione soggettiva invece cara al processo civile76.
Una siffatta affermazione è del resto coerente con la conformazione data
dalla dottrina a quell'interesse legittimo di nuovo conio di cui s'è già detto, volto
alla giusta formazione della platea dei concorrenti in gara: un nuovo "sub-bene"
della vita il quale, si badi bene, non può che riferirsi al alla platea nel suo
complesso, e non già a ciascun singolo frammento di cui questa è composta, che
se isolato "dal tutto" condurrebbe all'inesorabile liquefazione dello stesso interesse
che legittima il ricorso.
Nell'ambito della sua struttura bifasica77, semplicemente, il rito super-
speciale prevede che a conclusione dell'istruttoria di ciascuna fase, la stazione
appaltante si esprima con provvedimento unitario ed espresso: l'atto di
ammissione/esclusione al termine di valutazione della documentazione
amministrativa; l'atto di aggiudicazione al termine di valutazione delle offerte;
ciascuno dei quali autonomamente impugnabile.
Si pensi per analogia al caso in cui il terzo graduato intenda proporre ricorso
avverso all'aggiudicazione: il ricorso sarà unico e rivolto al provvedimento che la
determina, e giammai potrà essere rivolta ai singoli offerenti ed alle singole
illegittimità delle loro offerte, per scalfire separatamente la loro superiore
posizione in graduatoria.
75 In termini cfr. PIETROSANTI A. G., Piena conoscenza, termine per impugnare ed effettività
della tutela nel rito “super accelerato” ex art. 120 co. 2 bis c.p.a., in Federalismi.it, 2017. 76 Cons. St., sez. IV, 29 novembre 2017, n. 5597. 77 Anche se di fatto la struttura è da ritenersi trifasica, se si considera l'impugnabilità del bando
per clausole escludenti.
32
La scelta di riunire i ricorsi, si vuol dire, non è posta a valle, e non è adottata
unilateralmente dal ricorrente, in una sorta di invasione di campo che costituisce
anticipazione di una facoltà del giudice ex art. art. 70 c.p.a78.
Si tratta invece di una presupposizione giuridica operata a monte dal
legislatore stesso, in quanto ha ritenuto evidente una connessione
infraprocedimentale dal punto di vista oggettivo, "ossia un collegamento tra atti
del medesimo procedimento, avvinti da un nesso di presupposizione giuridica" e
"di carattere logico"79. E ciò in quanto i singoli atti di ammissione "incidono sulla
medesima vicenda"80, nell'unitario sostrato fattuale e procedimentale, nonché
finalistico, volto a dichiarare chi ha diritto di accedere al prosieguo della fase di
gara, espresso nella previsione legale di unicità del provvedimento stesso.
A sostegno della tesi qui propugnata è altresì d'uopo richiamare la
giurisprudenza81 che ha dato conto della ratio iuris su cui si fonda il sistema
processuale in tema di connessione oggettiva, si da appurare che questa mal si
attaglia alle peculiarità del rito super-speciale:
a) l’esigenza di evitare la confusione tra controversie diverse con
conseguente aggravio dei tempi del processo.
Sotto questo profilo non pare possa ravvisarsi confusione tra diverse
controversie, in quanto la res controversa è solo una: stabilire se le ammissioni
siano legittime o meno.
b) la necessità di impedire l’elusione delle disposizioni fiscali, atteso
che con il ricorso cumulativo il ricorrente chiede più pronunce giurisdizionali
provvedendo, però, una sola volta al pagamento dei relativi tributi.
Anche in questo caso la pronuncia è unica, relativamente alla legittimità,
totale o parziale, dell'atto impugnato. Ed è proprio su detta considerazione che si
78 Cfr. T.A.R. Lazio, Roma, II-quater, 16 gennaio 2017, n. 708. 79 Da ultima, tra le tante, cfr. Cons. St. sez. IV, 13 aprile 2018, n. 2219. 80 Ibidem. 81 Cons. Stato, sez. V, 14 dicembre 2011, n. 6537; Id, sez. IV, 29 novembre 2017, n. 5597.
33
rende quanto mai necessaria un'interpretazione conforme del sistema processuale,
tale da consentire alla norma di permanere entro un alveo di legittimità
costituzionale ed euro-unitaria, e sbilanciare a favore del primo il binomio
effettività/onerosità.
c) l’esigenza di evitare l’inutile aggravio dei tempi del giudizio e di
salvaguardare il potere latamente discrezionale del giudice di disporre la riunione
dei processi ex art. 70 c.p.a.
Sotto il primo profilo il problema non si pone: il Legislatore ha ritenuto che
il rito super-speciale mirasse proprio alla riduzione dei tempi del giudizio. In
relazione al secondo profilo il potere di riunione dei processi permane in capo al
giudice, con riferimento ai ricorsi presentati da altri operatori economici in
relazione alle medesime ammissioni, più volte impugnate queste da parti diverse.
In un così ricostruito quadro pare allora pienamente rispettata la norma
sancita dall’art. 40, comma 1, lett. b), c.p.a., che, nell’individuare il contenuto
necessario del ricorso, stabilisce che lo stesso deve contenere, fra l’altro,
“l’indicazione dell’oggetto della domanda, ivi compreso l’atto o il provvedimento
impugnato…” con ciò lasciando intendere, testualmente, che nel giudizio
impugnatorio, a ciascun ricorso corrisponde di norma l’impugnativa di un solo
provvedimento82, e, di conseguenza, il relativo contributo unificato.
E se detta ricostruzione è accettata, e si ammette che il provvedimento che
determina le ammissioni e le esclusioni è atto unico volto all'anticipata definizione
della platea dei concorrenti (posizione sostanziale che legittima il ricorso stesso),
giocoforza, ed indipendentemente dal numero delle parti in causa, l'obbligazione
tributaria sarà correlata al versamento di un solo contributo unificato83.
In tal guisa pare evidente che i principi enucleati dalla CGUE nella pronuncia
analizzata possano in pieno essere calati sul rito super-speciale, escludendo anche
su tale "contestazione" la sussistenza di conflitti con il diritto Europeo, in quanto
82 Cons. St., sez. V, 14 dicembre 2011, n. 6537. 83 A medesime conclusioni perviene LIPARI M., La fase di verifica dei requisiti, op. cit.
34
non si ravvisano ostacoli tali da rendere eccessivamente difficile, in termini di
onerosità, la possibilità di ricorrere.
Infine è doveroso segnalare, come del resto confermato dal giudice del rinvio,
che il previo pagamento del contributo unificato non costituisce condizione di
ammissibilità e/o procedibilità del ricorso, sicché il diritto di difesa non potrà
ritenersi (completamente) scalfito da una misura particolarmente onerosa
condizionante l'accesso alla giustizia.
Avverso al provvedimento con il quale si richiederà l'esazione del tributo è
infatti sempre consentita impugnazione, nell'ambito della quale si potrà sollecitare
il sollevamento di questioni pregiudiziali, sia di conformità a Costituzione che al
diritto euro-unitario, rispetto alle previsioni del DPR 115/2002, fuor di dubbio
eccessivamente onerose nello scenario in cui si voglia dar per assodato che i
contributi da versare siano tanti quanti gli offerenti per i quali si pretende
l'esclusione.
Si è consci che la soluzione proposta non è "sistematicamente" soddisfacente.
Lasciando necessariamente ad altri l'arduo compito di analizzare i meccanismi di
complessificazione del processo84, ci si limita qui ad evidenziare un'abnormità del
sistema, che impone una riflessione in ordine alla necessaria revisione della
disciplina del contributo unificato, approntandone una specifica adatta alle
peculiarità del rito "super-speciale".
Si pensi ad un caso di scuola in cui in una procedura di gara del valore di
1.000.001 di euro, venti offerenti intendano tutti impugnare l'ammissione dello
stesso offerente, palesemente in difetto dei requisiti prescritti.
Accolti i venti ricorsi la parte soccombente sarà costretta ad accendere un
mutuo, e ciò poiché in forza della previsione di cui all'art. 13, comma 6-bis.1, del
DPR 115/2002 sarà chiamata a rifondere a ciascuna parte vittoriosa il contributo
84 Su tutti si pensi al tema non certamente caro (e chiaro) al processo amministrativo del
litisconsorzio, cfr. sul punto RAMAJOLI M., Il cumulo soggettivo nel processo amministrativo,
in Diritto processuale amministrativo, 2014, IV, pp. 1237-1260.
35
unificato, si rammenta pari a 6.000,00 euro, e ciò indipendentemente dalla
compensazione delle spese eventualmente disposta dal giudice. In assenza di
compensazione, poi, il paradosso è moltiplicato venendo all'evidenza un
clamoroso esborso, nell'ordine delle centinaia di migliaia di euro!
3.2.6 Il percorso spagnolo dopo il caso Marina del Mediterráneo: il giudice
boicotta la legge?
Come si è avuto modo di vedere, la disciplina (positiva) spagnola e
(giurisprudenziale) italiana sono gemelli eterozigoti, con riferimento particolare
ma non esclusivo al sistema di impugnazioni nell'ambito delle procedure di
appalto.
Basti un richiamo alla giurisprudenza spagnola per avvedersene: "la
legitimación activa comporta que la anulación del acto impugnado produzca de
modo inmediato un efecto positivo (beneficio) o la evitación de un efecto negativo
(perjuicio) actual o futuro, pero cierto y presupone que la resolución
administrativa pueda repercutir, directa o indirectamente, pero de modo efectivo
y acreditado, es decir, no meramente hipotético, potencial y futuro, en la esfera
jurídica de quien alega su legitimación"85.
L'indagine comparativa con il caso spagnolo è allora particolarmente
pregnante, soprattutto in una prospettiva evolutiva, anche in considerazione del
fatto che è l'unico Stato europeo che condivide con l'Italia, pur con sfumature
85 Cfr. Tribunal Administrativo de Recursos Contractuales de la Junta de Andalucía, 15 ottobre
2012, n. 94; 19 ottobre 2012, n. 97; 19 marzo 2013, n. 29, 8 maggio 2014, n. 113, 17 novembre
2015, n. 398.
In dottrina cfr. SANTIAGO FERNÁNDEZ, Mª J., Procedimiento del recurso especial en materia
de contratación, en Estudio Sistemático de la Ley de Contratos del Sector Público, Pamplona, 2018, pp. 667 ss.
36
variegate, la concettualizzazione di interesse legittimo86 in contrapposizione a
quello soggettivo, estranea invece al diritto dell'Unione e degli altri Stati membri87.
È allora interessante analizzare le (re)azioni del legislatore spagnolo e della
giurisprudenza in risposta al principio di diritto fissato dalla Corte di Giustizia
Europea che, si rammenta, ha dichiarato che la normativa spagnola era in contrasto
con la direttiva ricorsi, laddove la decisione di ammettere un offerente alla
procedura di aggiudicazione non figurava tra gli atti preparatori suscettibili di
impugnazione con ricorso giurisdizionale autonomo.
All'indomani della pronuncia la prima giurisprudenza si è da subito allineata
alle statuizioni dei giudici di Lussemburgo:
- "según esta nueva interpretación, la admisión de un licitador al
procedimiento de adjudicación es un acto de trámite susceptible de recurso
especial, por lo que los recurrentes pueden impugnarlo de forma independiente,
sin tener que esperar a la adjudicación del contrato"88.
- "En consecuencia, siguiendo el criterio del Tribunal de Justicia, que