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SABATO 13 DICEMBRE 2003 dimeno più schiavo di loro... perché recupera- re la propria libertà con gli stessi strumenti uti- lizzati per rubarla o giustificherà il popolo a ri- prendersela, ovvero priverà di legittimità chi l’ha rubata”. E dunque e ancora una volta: Or- dine e Libertà non sono concetti antagonisti». Si potrebbe obiettare che è proprio l’idea di un “Ordine senza Libertà” che l’Islam radica- le e non solo contesta al nuovo Ordine ameri- cano. «Arrivo subito al punto. Randy Barnett, nel suo lavoro del 1998, “La struttura della Libertà” per definire la Libertà utilizza un’immagine: due grattacieli. Le Sears Towers di Chicago. La Libertà consente a migliaia di individui di ritro- varsi in quel luogo, ma secondo le regole archi- tettoniche che lo governano: corridoi, interca- pedini, scale, ascensori, cartelli, luci. Perché ognuno possa godere della propria libertà sen- za intralciare quella altrui. Bene, Barnett per sostenere la necessità assoluta di questa strut- tura ricorre ad una immagine profetica. Ricor- diamoci che siamo nel 1998. E scrive: “Provate a immaginare di essere in grado di premere un bottone che polverizzi la struttura delle Sears Towers all’istante. Migliaia di esseri umani sprofonderebbero verso la loro morte”. Osama Bin Laden ha pigiato quel bottone l’11 settem- bre e migliaia di persone sono sprofondate ver- so la loro morte. Lo scopo di Al Qaeda non era solo quello di distruggere il World Trade Center, ma le fondamenta della nostra Li- bertà Ordina- ta». Non crede che il “Patriot act” sia andato oltre il confine della difesa di una «Libertà ordinata»? Si è cominciato con il “Patriot act”, si è finiti a Guantanamo. «Il Patriot Act aveva uno sco- po circoscritto. E due obiettivi fondamentali. Primo: consen- tire un migliore scambio di informazioni e un maggiore coordinamen- to nel lavoro delle forze di polizia e intelli- gence. Secon- do: rattoppare i buchi della le- gislazione lì do- ve rendevano insufficiente il monitoraggio di una possibile attività cospira- tiva ai danni del Paese». Sì, ma Guantanamo? E la legislazione spe- ciale legata allo status di “combattente nemi- «Alla risposta contro la minaccia del terrori- smo hanno contribuito componenti estranee alla gestazione del Patriot Act. Su tutte, l’Eser- cito, che ha agito e agisce sot- to l’autorità del Presidente in qualità di comandante supre- mo delle forze armate. Ora, credo che il Presidente meriti rispetto e plauso per le scelte che ha compiuto in questa ve- ste. Ma credo anche che sia giunto il momento che il Con- gresso faccia sentire la sua vo- ce. E questo non solo perché aiuterebbe il dibattito costitu- zionale, ma perché in realtà, fino ad oggi, in America non è esistita una legislazione speciale in senso tec- nico, ma soltanto un’attività paralegislativa e unilaterale dell’Esecutivo». NELLE SOCIETA’ APERTE Washington Q uanta parte delle nostre libertà è tollera- bile sacrificare in nome della sicurezza delle nostre case, dei nostri figli? E a qua- le prezzo? Nel dibattito pubblico che agita l’A- merica della Guerra al Terrore, il confine sotti- le tra Diritti e Sicurezza, tra Libertà e Ordine, ha il volto del figlio di un’altra guerra. Di un uomo di 35 anni, dall’intelligenza vivace e l’argomen- tare affilato, nato nel 1969 a Vung Tau, una lun- ga striscia di povere case che guardano il mare, 125 chilometri a nord-est di Saigon, Vietnam. Un boat people di nome Viet Dinh, fuggito a no- ve anni dalla vendetta del regime di Hanoi su un guscio spinto dalle correnti sulle coste della Malesia, cresciuto spaccandosi la schiena nel- le serre e nei “Pizza Hut” di Portland, Oregon, oggi professore di diritto costituzionale alla “Georgetown University” di Washington e, fino al giugno scorso, viceministro della Giustizia. Nell’autunno del 2001, dopo il martedì di sangue delle Torri Gemelle e del Pentagono, Dinh ha lavorato alla definizione e stesura del “Patriot Act”, la madre dell’intera legislazione speciale con cui l’Amministrazione Bush ha ri- disegnato i presupposti delle sue politiche di si- curezza e immigrazione, comprimendone la sfera di libertà. Nelle aule della “Georgetown”, il “Professore” è icona di quelle norme, sintesi intellettuale dell’approccio neoconservatore alla definizione del rapporto tra diritti e sicu- rezza. Nella sua storia personale, sono la rap- presentazione e la materia viva di una contrad- dizione. «Davvero lei trova ci sia una contraddizio- ne?». Se fosse stato in vigore il “Patriot Act” quan- do lei fuggiva l’orrore della guerra vietnamita, forse oggi non saremmo qui a parlare... «Mi permetta di girare la sua osservazione e spiegarle perché non vedo contraddizione. So cosa è una guerra, cosa significa l’esercizio del potere nel caos e nella corruzione. Ho impara- to che l’esercizio e il godimento della libertà passano attraverso la sua difesa. Oggi, rivendi- co il ruolo che ho svolto nella definizione delle politiche dell’Amministrazione non solo per- ché ho avuto così l’opportu- nità di servire il mio Paese nel- l’ora del biso- gno e di ripaga- re il debito che la mia famiglia ha con l’Ameri- ca e la sua gen- te, ma perché ho contribuito alla difesa delle libertà di que- sto Paese. Do- po l’11 settem- bre, se il gover- no avesse falli- to nel tentativo di darsi stru- menti legislati- vi contro chi minaccia la no- stra sicurezza, compresi quel- li che discipli- nano l’immi- grazione, credo che allora sì qualcuno si sa- rebbe alzato per chiedere la chiusura dei nostri confini in modo tale da offendere la tradizione di li- bertà di questo Paese». Resta il fatto che in questa difesa dalla mi- naccia terroristica una porzione di libertà è stata sacrificata. «Lo si può dire solo se si muove da un pre- supposto che io non ritengo fondato». Quale presupposto? «Che il rapporto tra diritti e sicurezza rappre- senti un momento di conflitto. Che diritti di li- bertà e sicurezza siano tra loro ne- goziabili. In altri termini, che ad una maggiore sicurezza corri- sponda una compressione della libertà. E viceversa». Non è così? «No, non è così. La scelta di uno dei due diritti - libertà e sicurezza - a vantaggio dell’altro è una falsa scelta. E questo perché la Sicurez- za non dovrebbe essere (e del re- sto nella nostra Costituzione non lo è) un fine in sé, ma piuttosto uno strumento per accrescere la sfera della libertà. Mi rendo conto che quanto sto dicendo non chiude il dibattito, ma, come dicevo, è necessario a definirne il presupposto. DIRITTO alla libertà e sicurezza, è questo che, in qualche modo, animerà dall’interno i pro- blemi di ciò che chiamerei l’economia di potere propria del liberalismo. Nel vecchio sistema politico fra il sovra- no e il suddito esisteva tutta una serie di rapporti econo- mici che impegnavano e obbligavano il sovrano stesso a proteggere il suddito. Ma tale protezione era, in un cer- to senso, esterna. Nel caso del liberalismo le cose stan- no in tutt’altro modo. A dover essere garantita non è più semplicemente una specie di protezione esterna dall’in- dividuo stesso. Il liberalismo innesca un meccanismo en- tro il quale in ogni momento si troverà a porsi come arbi- tro della libertà e della sicurezza degli individui a partire da questa nozione di pericolo. Tutto ciò, indubbiamen- te, comporta un certo numero di conseguenze. Si può di- re, in fondo, che il motto del liberalismo sia “vivere peri- colosamente”. Vale a dire che gli individui sono posti nel- la condizione di esperire la loro situazione, la loro vita, il loro presente, il loro avvenire come fattori di pericolo. MICHEL FOUCAULT DIRITTI & SICUREZZA L’equilibrio difficile delle democrazie Il “Patriot Act” aveva uno scopo circoscritto. E due obiettivi fondamentali: scambio di informazioni e coordinamento fra forze di polizia e intelligence La scelta di uno dei due diritti, libertà e sicurezza, a vantaggio dell’altro è mal posta E questo perché la sicurezza non dovrebbe essere un fine in sé CARLO BONINI Quale parte dei nostri diritti è tollerabile sacrificare in nome della nostra sicurezza, di quella delle nostre case e dei nostri figli? & GIURISTA E POLITICO Viet Dinh insegna alla “Georgetown” University diritto costituzionale. E’ stato fino all’estate 2003 Assistant Attorney general (il ministro della Giustizia degli Usa). Nato in Vietnam nel 1969 e si è laureato ad Harvard SICUREZZA DIRITTI Ha lavorato alla definizione e stesura del “Patriot Act” Intervista a Viet Dinh giurista ed ex vice ministro

2003-12-13 Diritti e Sicurezza

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Page 1: 2003-12-13 Diritti e Sicurezza

LA REPUBBLICA 47SABATO 13 DICEMBRE 2003

E a chiedersi: cosa intendiamo per libertà?».Lei cosa intende?«La migliore definizione di libertà resta quel-

la di Edmund Burke: “L’unica Libertà che con-cepisco è quella legata all’Ordine. Quella chenon solo esiste grazie all’Ordine e alla virtù, mache non può esistere senza di loro”. Ecco, dun-que, il mio punto. Ordine e Libertà sono termi-ni simbiotici, l’uno necessario a legittimare erendere solido l’altro. Perché una Libertà senzaOrdine è semplicemente una sfrenata licenza.E un Ordine senza libertà, un regime illegittimoe instabile. Credo che molti ricordino cosa scri-ve Russeau nel suo Contratto sociale: “L’uomoè nato libero e tuttavia è dovunque in catene”.Ma pochi rammentino come prosegue:“Chiunque si ritenga padrone degli altri è non-dimeno più schiavo di loro... perché recupera-re la propria libertà con gli stessi strumenti uti-lizzati per rubarla o giustificherà il popolo a ri-prendersela, ovvero priverà di legittimità chil’ha rubata”. E dunque e ancora una volta: Or-dine e Libertà non sono concetti antagonisti».

Si potrebbe obiettare che è proprio l’idea diun “Ordine senza Libertà” che l’Islam radica-le e non solo contesta al nuovo Ordine ameri-cano.

«Arrivo subito al punto. Randy Barnett, nelsuo lavoro del 1998, “La struttura della Libertà”per definire la Libertà utilizza un’immagine:due grattacieli. Le Sears Towers di Chicago. LaLibertà consente a migliaia di individui di ritro-varsi in quel luogo, ma secondo le regole archi-tettoniche che lo governano: corridoi, interca-pedini, scale, ascensori, cartelli, luci. Perchéognuno possa godere della propria libertà sen-za intralciare quella altrui. Bene, Barnett persostenere la necessità assoluta di questa strut-tura ricorre ad una immagine profetica. Ricor-diamoci che siamo nel 1998. E scrive: “Provatea immaginare di essere in grado di premere unbottone che polverizzi la struttura delle SearsTowers all’istante. Migliaia di esseri umanisprofonderebbero verso la loro morte”. OsamaBin Laden ha pigiato quel bottone l’11 settem-bre e migliaia di persone sono sprofondate ver-so la loro morte. Lo scopo di Al Qaeda non era

solo quello didistruggere ilWorld TradeCenter, ma lef o n d a m e n t adella nostra Li-bertà Ordina-ta».

Non credeche il “Patriotact” sia andatooltre il confinedella difesa diuna «Libertàordinata»? Si èc o m i n c i a t ocon il “Patriotact”, si è finiti aGuantanamo.

«Il Patriot Actaveva uno sco-po circoscritto.E due obiettivifondamentali.Primo: consen-tire un migliorescambio diinformazioni eun maggiorecoordinamen-to nel lavorodelle forze dipolizia e intelli-gence. Secon-do: rattoppare ibuchi della le-gislazione lì do-ve rendevanoinsufficiente il

monitoraggio di una possibile attività cospira-tiva ai danni del Paese».

Sì, ma Guantanamo? E la legislazione spe-ciale legata allo status di “combattente nemi-co”?

«Alla risposta contro la minaccia del terrori-smo hanno contribuito componenti estraneealla gestazione del Patriot Act. Su tutte, l’Eser-

cito, che ha agito e agisce sot-to l’autorità del Presidente inqualità di comandante supre-mo delle forze armate. Ora,credo che il Presidente meritirispetto e plauso per le scelteche ha compiuto in questa ve-ste. Ma credo anche che siagiunto il momento che il Con-gresso faccia sentire la sua vo-ce. E questo non solo perchéaiuterebbe il dibattito costitu-zionale, ma perché in realtà,fino ad oggi, in America non è

esistita una legislazione speciale in senso tec-nico, ma soltanto un’attività paralegislativa eunilaterale dell’Esecutivo».

LE LIBERTÀ SONO MINACCIATE?NELLE SOCIETA’ APERTE

Washington

Quanta parte delle nostre libertà è tollera-bile sacrificare in nome della sicurezzadelle nostre case, dei nostri figli? E a qua-

le prezzo? Nel dibattito pubblico che agita l’A-merica della Guerra al Terrore, il confine sotti-le tra Diritti e Sicurezza, tra Libertà e Ordine, hail volto del figlio di un’altra guerra. Di un uomodi 35 anni, dall’intelligenza vivace e l’argomen-tare affilato, nato nel 1969 a Vung Tau, una lun-ga striscia di povere case che guardano il mare,125 chilometri a nord-est di Saigon, Vietnam.Un boat people di nome Viet Dinh, fuggito a no-ve anni dalla vendetta del regime di Hanoi su unguscio spinto dalle correnti sulle coste dellaMalesia, cresciuto spaccandosi la schiena nel-le serre e nei “Pizza Hut” di Portland, Oregon,oggi professore di diritto costituzionale alla“Georgetown University” di Washington e, finoal giugno scorso, viceministro della Giustizia.

Nell’autunno del 2001, dopo il martedì disangue delle Torri Gemelle e del Pentagono,Dinh ha lavorato alla definizione e stesura del“Patriot Act”, la madre dell’intera legislazionespeciale con cui l’Amministrazione Bush ha ri-disegnato i presupposti delle sue politiche di si-curezza e immigrazione, comprimendone lasfera di libertà. Nelle aule della “Georgetown”,il “Professore” è icona di quelle norme, sintesiintellettuale dell’approccio neoconservatorealla definizione del rapporto tra diritti e sicu-rezza. Nella sua storia personale, sono la rap-presentazione e la materia viva di una contrad-dizione.

«Davvero lei trova ci sia una contraddizio-ne?».

Se fosse stato in vigore il “Patriot Act” quan-do lei fuggiva l’orrore della guerra vietnamita,forse oggi non saremmo qui a parlare...

«Mi permetta di girare la sua osservazione espiegarle perché non vedo contraddizione. Socosa è una guerra, cosa significa l’esercizio delpotere nel caos e nella corruzione. Ho impara-to che l’esercizio e il godimento della libertàpassano attraverso la sua difesa. Oggi, rivendi-co il ruolo che ho svolto nella definizione dellepolitiche dell’Amministrazione non solo per-ché ho avutocosì l’opportu-nità di servire ilmio Paese nel-l’ora del biso-gno e di ripaga-re il debito chela mia famigliaha con l’Ameri-ca e la sua gen-te, ma perchého contribuitoalla difesa dellelibertà di que-sto Paese. Do-po l’11 settem-bre, se il gover-no avesse falli-to nel tentativodi darsi stru-menti legislati-vi contro chiminaccia la no-stra sicurezza,compresi quel-li che discipli-nano l’immi-grazione, credoche allora sìqualcuno si sa-rebbe alzatoper chiedere lachiusura deinostri confiniin modo tale daoffendere latradizione di li-bertà di questoPaese».

Resta il fatto che in questa difesa dalla mi-naccia terroristica una porzione di libertà èstata sacrificata.

«Lo si può dire solo se si muove da un pre-supposto che io non ritengo fondato».

Quale presupposto?«Che il rapporto tra diritti e sicurezza rappre-

senti un momento di conflitto. Che diritti di li-bertà e sicurezza siano tra loro ne-goziabili. In altri termini, che aduna maggiore sicurezza corri-sponda una compressione dellalibertà. E viceversa».

Non è così?«No, non è così. La scelta di uno

dei due diritti - libertà e sicurezza- a vantaggio dell’altro è una falsascelta. E questo perché la Sicurez-za non dovrebbe essere (e del re-sto nella nostra Costituzione nonlo è) un fine in sé, ma piuttostouno strumento per accrescere lasfera della libertà. Mi rendo conto che quantosto dicendo non chiude il dibattito, ma, comedicevo, è necessario a definirne il presupposto.

DIARIOdi

DIRITTO allalibertà e sicurezza, è

questo che, in qualche modo, animerà dall’interno i pro-blemi di ciò che chiamerei l’economia di potere propriadel liberalismo. Nel vecchio sistema politico fra il sovra-no e il suddito esisteva tutta una serie di rapporti econo-mici che impegnavano e obbligavano il sovrano stessoa proteggere il suddito. Ma tale protezione era, in un cer-to senso, esterna. Nel caso del liberalismo le cose stan-no in tutt’altro modo. A dover essere garantita non è piùsemplicemente una specie di protezione esterna dall’in-dividuo stesso. Il liberalismo innesca un meccanismo en-tro il quale in ogni momento si troverà a porsi come arbi-tro della libertà e della sicurezza degli individui a partireda questa nozione di pericolo. Tutto ciò, indubbiamen-te, comporta un certo numero di conseguenze. Si può di-re, in fondo, che il motto del liberalismo sia “vivere peri-colosamente”. Vale a dire che gli individui sono posti nel-la condizione di esperire la loro situazione, la loro vita, illoro presente, il loro avvenire come fattori di pericolo.

MICHEL FOUCAULT

DIRITTI & SICUREZZA“

L’equilibrio difficile delle democrazie

Il “Patriot Act” avevauno scopo circoscritto. Edue obiettivifondamentali: scambio diinformazioni ecoordinamento fra forzedi polizia e intelligence

La scelta di uno deidue diritti, libertà e

sicurezza, a vantaggiodell’altro è mal posta

E questo perché lasicurezza non dovrebbe

essere un fine in sé

CARLO BONINI

Quale parte dei nostridiritti è tollerabilesacrificare in nome dellanostra sicurezza, diquella delle nostre casee dei nostri figli?

&

GIURISTA E POLITICO

Viet Dinh insegna alla “Georgetown”University diritto costituzionale. E’stato fino all’estate 2003 AssistantAttorney general (il ministro dellaGiustizia degli Usa). Nato in Vietnamnel 1969 e si è laureato ad Harvard

SICUREZZADIRITTI

Ha lavoratoalla definizionee stesura del“Patriot Act”

Intervista aViet Dinhgiurista ed exvice ministro

Page 2: 2003-12-13 Diritti e Sicurezza

48 LA REPUBBLICA SABATO 13 DICEMBRE 2003D I A R I O

I LIBRI

MICHEL

FOUCAULT

Sorvegliare epunire.Nascita dellaprigione,Einaudi 1976

Microfisicadel potere,Einaudi 1977

CARL

SCHMITT

Le categoriedel ‘politico’,il Mulino1972

JACQUES

DERRIDA

Forza dilegge. Ilfondamentomisticodell’autorità,BollatiBoringhieri2003

WALTER

BENJAMIN

AngelusNovus. Saggie frammenti,Einaudi 1962

ZYGMUNT

BAUMAN

Modernitàliquida,Laterza 2000

La solitudinedel cittadinoglobale,laterza 2002

JEAN

STAROBINSKI

L’ordine delgiorno, il melangolo1990

BERTOLT

BRECHT

L’eccezionee la regola(1950),Einaudi 1963

GIORGIO

AGAMBEN

Stato dieccezioneBollatiBoringhieri2003

Homo SacerIl poteresovrano e lanuda vita,Einaudi 1995

MICHEL

SERRES

Il contrattonaturale,Feltrinelli1991

In un omaggio finale a quella che Hegelchiamava «l’astuzia della ragione» laguerra americana al terrorismo, con-

dotta in nome della difesa della libertàamericana, potrebbe in realtà rivelarsi piùpericolosa per la libertà americana chenon per il terrorismo. E’ chiaro che la guer-ra e la propensione della Casa Bianca a ri-tenere antipatrioti gli avversari della suapolitica abbia avuto un raggelante effettosulle libertà civili e sulla libera espressione.Tuttavia, più delle iniziative ufficiali deci-se dal governo (quali il Patriot Act), è la con-dotta ufficiosa tenuta dai mezzi di infor-mazione “privati” che potrebbe aver avutoil più insidioso impatto sulla libertà di pa-rola negli Stati Uniti.

Le attuali decisioni dell’Attorney Gene-ral John Ashcroft — pur essendo incuranti

del rispetto dei diritti civili (specialmentedi quelli dei non americani) — sono preoc-cupanti sì, ma non ancora tragici. D’altraparte, invece, è davvero inquietante l’indi-retto assottigliarsi del dibattito nei mezzidi informazione, in conseguenza diprofonde distorsioni verificatesi in un si-stema in cui una manciata di monopoli-corporation controlla il settore dei mediaprivati, che si presume sia competitivo,tanto più perché ciò sta accadendo in ma-niera del tutto impercettibile. (Non è infat-ti verosimile che siano proprio i media arendere nota la loro cospirazione volta a li-mitare il dibattito reale sulla guerra!) Nel li-bro Guerra santa contro McMondo, ho ipo-tizzato che le forze che stanno plasmandola modernità non discendano più dall’alto,dai governi, bensì salgano dal basso, dalle

Nella fotogrande adestra,un prigionieroirachenocatturato aTikritdall’esercitoamericano

LA GUERRA DI BUSHE L’ASTUZIA DELLA RAGIONE

PERCHÉ LA LOTTA AMERICANA AL TERRORISMO POTREBBE RIVELARSI PERICOLOSA PER LE LIBERTÀ

Più lo stato si avvicinaall’ideale di fondamentasolide e di una casa sicurapiù diminuisce la libertà dimovimento degli abitanti epiù la casa odora di muffa

Il disagio dellapostmodernità (2002)

ZYGMUNT BAUMAN

E’ necessario che ciascunosia protetto contro laviolenza altrui così da potervivere con sicurezza, cioèsenza avere una giustacausa di temere

De Cive(1642)

THOMAS HOBBES

BENJAMIN BARBER

LE DUE TORRI, L’USO DELLA FORZAE LE NOSTRE FRAGILI DEMOCRAZIE

I DIRITTI DELL’UOMO E LA LORO MESSA IN DISCUSSIONE ATTRAVERSO NUOVI SISTEMI DI CONTROLLO

STEFANO RODOTÀ

(segue dalla prima pagina)

Ma il prevalere dell’“ossessio-ne securitaria” oscura la ne-cessità di intervenire con

politiche adeguate sulle cause socia-li e politiche del terrorismo, e lo pre-senta come un unico, planetarioproblema di sola polizia.

Libertà e sicurezza si confrontanoda sempre. Ma che cos’è la sicurez-za? Un bisogno primordiale da sod-disfare con qualsiasi mezzo o unacostruzione complessa della moder-nità che nasce proprio dall’aver “ad-domesticato” quel bisogno primor-diale? Un tratto distintivo, per il mo-do in cui viene realizzata, tra i siste-mi democratici e quelli autoritari? Epoi. Vi è una sola sicurezza, o questasi sfaccetta e si presenta, volta a vol-ta, come sicurezza privata o sociale oeconomica, nella quale s’incarnaun’altra antropologia politica?

La lenta costruzione della sicurez-za muove dal rifiuto dell’egoismodella sicurezza, dunque della logicadell’autoprotezione e del farsi giu-stizia da sé, che porta al conflittocontinuo tra tutti e, quindi, alla per-manente e generalizzata insicurez-za. Non è, però, una costruzione li-neare, conosce contraddizioni efratture, di cui non sempre le fretto-lose ricostruzioni di questi tempitengono conto. La consegna a unaautorità civile del compito di garan-tire la sicurezza è un passo decisivo.Ma, per lungo tempo, questa com-petenza è stata quasi sempre appan-naggio di un potere assoluto, chefondava la sua legittimazione difronte ai sudditi proprio sul presen-tarsi come l’unico possibile garantedella sicurezza. Pagata, però, dai cit-tadini con rinunce alla libertà.

Il passaggio decisivo, e la rotturacon la logica dell’assolutismo, avvie-ne con le grandi dichiarazioni dei di-ritti alla fine del Settecento. Nel 1776,la Dichiarazione d’Indipendenzadegli Stati Uniti associa «felicità e si-curezza» e attribuisce al popolo il di-ritto di decidere il modo di persegui-re e realizzare questi fini. E l’art. 2della Dichiarazione dei diritti del-l’uomo e del cittadino del 1789 affer-ma che i diritti naturali e imprescrit-tibili dell’uomo sono «la libertà, laproprietà, la sicurezza e la resistenzaall’oppressione».

L’effetto di queste dichiarazioni èduplice. La sicurezza non è più affi-data a un potere assoluto, ma divie-ne diritto del cittadino. E non è piùun assoluto in sé, ma compare in uncontesto nel quale viene confronta-ta con altri valori, che definisconocosì le condizioni e i limiti entro iquali la sicurezza può essere realiz-zata. La sicurezza “democratica” sipresenta come un valore che nonpuò oscurare tutti gli altri. Non è piùvoce solista, ma parte d’un coro.

Questo è il punto d’arrivo d’un

lungo processo, che trova la sua ra-dice nel primo testo della MagnaCharta, nel 1215. Qui — «per levaregli abusi coi quali l’ardire del gover-no per un potere arbitrario e la servi-le sottigliezza dei legisti della Coro-na» comprimevano appunto la li-bertà della persona (sono parole diFelice Battaglia) – si decretò l’habeascorpus: «Nessun uomo libero saràarrestato, imprigionato, privato del-la sua indipendenza, della sua li-bertà o dei suoi diritti, messo fuorilegge, esiliato, molestato in alcunamaniera, e non metteremo né fare-mo mettere le mani su di lui, se nonin virtù d’un giudizio legale dei suoipari e secondo la legge del paese».

Oggi sembra di assistere ad unaradicale inversione di tendenza. Lasicurezza non può essere più affida-ta alla logica democratica. Torna adessere appannaggio di un sovrano. Equesto, nel sistema delle relazioniinternazionali, diventa anche la viaper legittimare la supremazia di unoStato su tutti gli altri, quello che sipresenta meglio attrezzato per l’e-sercizio di una forza svincolata or-mai dall’obbligo di rispettare diritti eprocedure. La nuda forza è davanti anoi.

Se muta l’ordine internazionale,muta anche la natura della demo-crazia, non più considerata comeuno strumento di organizzazionesociale e politica che esige un per-manente controllo di adeguatezza

dei mezzi rispetto ai fini. Se diritto ediritti sono considerati come un im-paccio da rimuovere, dobbiamo es-

sere pronti, senzaipocrisie, a certi-ficare la fine delloStato costituzio-nale di diritto,presentato comeuna forma inade-guata a fronteg-giare i veri pro-blemi di questotempo.

Questa curva-tura autoritariacomporta unanuova disloca-zione del poteredi decisione inluoghi sempremeno controlla-bili democratica-mente. Riduce lospazio della stes-sa politica, su-bordinata ad unalogica sostanzial-mente militare,che non lasciaspazio alle me-

diazioni, ai controlli, al pluralismodelle voci.

Nascono pericolose regressioniculturali, che mettono in pericolo lelibertà. La memoria delle terribiligabbie in cui venivano rinchiusi iprigionieri americani in Vietnam

non ha vaccinato gli Stati Uniti con-tro l’inaccettabilità di questi mezzi, ele gabbie sono ricomparse a Guanta-namo per i prigionieri taliban. Lochoc degli attentati terroristicidell’11 settembre 2001 ha indotto ariproporre la legittimità della tortu-ra, massima tra le violazioni della li-bertà personale, anche da parte digiuristi statunitensi in passato atten-tissimi ai diritti di libertà, in spregiodi un principio di civiltà consacratoanche nella Convenzione europeaper la prevenzione della tortura edelle pene o i trattamenti disumani odegradanti del 1987, confermatodall’art. 2 della Carta dei diritti fon-damentali dell’Unione europea del2000, espresso nell’antica formula“nemo tenetur se detegere”, che in-dividua nel diritto al silenzio dell’ar-restato o dell’accusato un elementoessenziale della libertà personale.

Non dimentichiamo che, ripu-diando la tortura, si è rinunciato adun eccellente strumento di raccoltadelle informazioni. Così, oggi, non sipuò ricorrere alle sofisticate tecno-logie elettroniche per raccoglierequalsiasi informazione sui cittadini,per controllarli in modo capillare,per trasformare tutti in sospetti. De-mocrazia e libertà si fondano pro-prio sulla rinuncia ai mezzi che con-traddicono i propri valori. I terroristiavrebbero vinto la loro partita se ipaesi democratici rinnegassero sestessi.

GLI AUTORI

Stefano Rodotà, èprofessore di Diritto civileall'Università di Roma "LaSapienza", ed è il presidentedell'Autorità garante per laprotezione dei dati personaliIl testo di Michel Foucaultdel “Sillabario” è tratto da“Biopolitica e liberalismo”,Medusa 2001

È davvero indispensabilelimitare i diritti dei

cittadini per assicurare atutti la necessaria sicurezza

alla quale aspiriamo?

FRANCIA

Nel 1811 un decreto napoleonicoprevede per l’imperatore lapossibilità di dichiarare lo statod’assedio, “indipendentemente dallasituazione militare”.

GERMANIA

Dopo il nazismo lo stato di eccezioneviene reintrodotto nella Repubblicafederale nel 1968 a difesa dellasicurezza, dell’ordine pubblico edella costituzione

SVIZZERA

Nel 1914 l’Assemblea federaleconferisce al Consiglio “il potereillimitato di prendere tutte le misurenecessarie a garantire la sicurezza,l’integrità e la neutralità” del Paese.

‘‘

,,

Libertà e sicurezza siconfrontano da sempreMa che cos’è lasicurezza? Solo unbisogno primordiale?

LE TAPPE

PRINCIPALI

Page 3: 2003-12-13 Diritti e Sicurezza

LA REPUBBLICA 49SABATO 13 DICEMBRE 2003 D I A R I O

DAVIDLYONLa societàsorvegliata,Feltrinelli2002

STEFANORODOTÀTecnopoliticaLaterza 1997

AA.VVIl caso e lalibertà,Laterza 1994(a cura diM.Ceruti,P.Fabbri, G.Giorello, L.Preta. Consaggi di H.Atlan, R.Bodei, S.Rodotà)

GEORGEORWELL 1984,Mondadori1973

ALDOUSHUXLEYIl mondonuovoMondadori1991

THOMASHOBBESIl Leviatano,Utet 1988

JEREMYBENTHAM, Panopticonovvero lacasad’ispezione,Marsilio 1983

BENJAMINCONSTANTDiscorso sullalibertà degliantichiparagonata aquella deimoderni,Editori Riuniti1992

CLINTONROSSITERConstitutionaldictatorship,Brace&World1963

HERBERTMARCUSEL’uomo a unadimensione.L’ideologiadella societàindustrialeavanzata,Einaudi 1991

Eros e civiltà,Einaudi 1967

I LIBRI

forze del mercato, della tecnologia, dellacultura pop, il cui influsso sulla coscienzacollettiva è più difficile da individuare e diconseguenza da contrastare. Nel caso del-la rovinosa attuazione americana dellastrategia della guerra preventiva in Iraq, imezzi di informazione sin dal principio sisono volutamente fatti strumento dellapolitica di governo. Lasciandosi convince-re nelle prime settimane di guerra ad in-viare giornalisti «embedded» al seguitodelle unità combattenti, i mezzi di infor-mazione hanno reso impossibile l’effet-tuazione di una copertura giornalisticaobiettiva e l’espletamento della normalecritica giornalistica.

Oggi è quasi del tutto impossibile trova-re un serio dibattito sulla guerra nella tele-visione via cavo, alla radio o persino nei tre

network televisivi (Abc, Nbc, Cbs) — essistessi ormai consociate dei grandi colossimediatici. L’attenzione conferita al batta-ge pubblicitario, e quindi all’aspettodell’“intrattenimento” significa che il di-battito tra opposte posizioni è caldeggiato,ma una seria analisi è scoraggiata.

I mezzi di informazione sono immuninon soltanto dal pensiero critico, ma altre-sì dal pensiero razionale. Il processo di gra-duale ottenebramento degli americani,l’infantilizzazione dei consumatori a ope-ra dei mezzi di informazione — che non siconsiderano più il «quarto potere», bensì ilprimo braccio del mercato orientato alprofitto — potrebbero essere i veri respon-sabili dell’assenza di un vero dibattito, piùdell’intollerante amministrazione Bush.

Traduzione di Anna Bissanti

Qui a fianco,la sequenzadell’attentatoalle TwinTowers.Sopra, laCostituzionedegli Usa

L’arbitrio, che dapprincipioè presentato come risorsaestrema in circostanzeassolutamente eccezionalifinisce per diventarela pratica di ogni giorno

Conquista e usurpazione(1814)

BENJAMIN CONSTANT

L’idea di libertà, nuova erecente, già scompare daicostumi e dalle coscienze ela mondializzazioneliberale si realizza in formadi un controllo totale

Lo spirito del terrorismo(2002)

JEAN BAUDRILLARD

WALZER :“PER ME GUANTANAMORESTA QUALCOSA DI INDECENTE”

INTERVISTA AL FILOSOFO AMERICANO IMPEGNATO NELLA DIFESA DELLE LIBERTÀ CIVILI

ROBERTO FESTA

Princeton

Michael Walzer, diversiintellettuali ameri-cani stanno riconsi-

derando il loro impegno a fa-vore delle libertà civili, consi-derate come un rischio per lasicurezza. Qual è la sua posi-zione?

«Oggi il problema è comemantenere l’equilibrio tra si-curezza e libertà. Negli StatiUniti c’è il governo più a de-stra di tutta la nostra storia, ungoverno che ha usato l’11 set-tembre per lanciare un attac-co radicale alle libertà costitu-zionali. Noi di sinistra dobbia-mo resistere a quest’attacco,ma allo stesso tempo dobbia-mo affrontare a modo nostrola questione della sicurezza.Non possiamo limitarci a diresoltanto no all’attorney gene-ral John Ashcroft, dobbiamoanche rispondere alle ansiedei nostri concittadini. Dob-biamo affermare che è possi-bile difendere gli Stati Unitidal terrorismo, e fornire la ne-cessaria sicurezza, ma entro ilimiti di una costituzione de-mocratica».

Ma fino a che punto ci sipuò spingere per difendere lasicurezza? Recentemente si èridiscusso un suo vecchiosaggio, Dirty Hands, in cui lei

soppesava la possibilità perun uomo politico di ricorrerealla tortura.

«Quello di Dirty Hands è untema eterno del pensiero poli-tico. Volevo dire che talvolta ileader si trovano ad affrontarescelte morali impossibili da ri-solvere, in cui possono deci-dere soltanto tra due mali.Scrissi quell’articolo negli an-ni Settanta, e pensavo allaguerra d’Algeria. Ovviamenteero contro la tortura, ma michiesi: supponiamo che unprigioniero sappia dove è sta-ta collocata una certa bombaa orologeria. Il governo sa chelui sa, e sa che la bomba scop-pierà nelle successive 24 ore inuna scuola elementare, in unospedale, in una stazione de-gli autobus. È ovviamente uncaso del tutto immaginario.Argomentavo che in questocaso un leader politico deveottenere dal prigioniero tuttele informazioni possibili, e aogni costo. Ma così facendo illeader viola la legge, si sporcale mani, compie il male».

Nessuna alternativa tra idue mali?

«In quell’ipotetico caso,nessuna. La questione quindiè: il cittadino vuole che il suoleader in quel caso si sporchila mani, fermi il massacro. Ma

deve volere con altrettantaforza che quel leader, e ognileader futuro, sappiano che la

tortura è unacosa sbaglia-ta, sporca. Ec-cezioni comeil caso dellabomba a oro-logeria nonpotranno maidiventare leg-ge, perché ca-si estremi fan-no cattive leg-gi, e il leaderche infrangela legge per lasicurezza deicittadini devesapere che stainfrangendola legge».

R e c e n t e -mente questosuo vecchiostudio è statoutilizzato dachi, come ilgiurista libe-ral Alan Der-

showitz, pensa che tempi ec-cezionali come questi richie-dano misure eccezionali, tracui anche l’eventuale legaliz-zazione della tortura.

«Dershowitz vuole regola-rizzare quello che io non vo-

glio venga regolarizzato, vuo-le cioè che il governo sia auto-rizzato da un giudice a tortu-rare, nel caso della bomba aorologeria. Dershowitz è sicu-ro che il governo lo farebbe co-munque, quindi l’autorizza-zione è un modo per limitarel’uso della tortura. Per me in-vece non basta limitarla, per-ché la tortura resta sempre unmale».

Viviamo in tempi così ecce-zionali, tali da giustificare lanecessità di misure estreme?

«No, e comunque l’11 set-tembre non può diventareuna coperta per giustificarecose orribili, come la sorte deiprigionieri di Guantanamo».

C’è qualcosa di simile nellastoria americana?

«Il parallelo storico più im-mediato è con l’internamentodegli americani di originegiapponese durante la secon-da guerra mondiale. In quelcaso le dimensioni della viola-zione furono addirittura mag-giori, ma almeno quei nippo-americani avevano accesso aun avvocato, i loro ricorsi ve-nivano bocciati dai tribunalima raggiungevano comun-que i tribunali. I detenuti diGuantanamo non hanno di-ritto a nulla: a un avvocato, aveder discussi i loro casi, aun’accusa. È una situazionetale che ci sarà sicuramenteuna sentenza della Corte Su-prema».

La società americana mo-stra segni di reazione?

«C’è stato qualche segnalepositivo da parte della comu-nità legale, che rifiuta quantosta avvenendo a Guantana-mo. Non protestano soltanto iliberal, o la sinistra, ma anchegiudici e avvocati di centro.Attenzione, perché il pericolonon riguarda soltanto noiamericani. È un male assolutoquello che stiamo facendo aGuantanamo: incarceriamola gente e buttiamo via la chia-ve. Una società decente non lopuò fare».

Al Congresso sono in corsole audizioni per decidere serivedere la legge antiterrori-smo, il Patriot Act, da molticonsiderato la fonte di moltiatti liberticidi. Come finirà?

«Non penso che verrà rivi-sto prima delle elezioni presi-denziali. La maggioranza re-pubblicana è molto discipli-nata, rispetta il suo presiden-te impegnato nella guerra alterrorismo. Ma probabilmen-te, per il momento almeno, lalegge non verrà peggiorata. Losperiamo».

Noi di sinistra dobbiamoresistere, ma allo stessotempo dobbiamo affrontarea modo nostro la questionedella sicurezza

ITALIATra i decreti- legge ai quali si è ricorsinei momenti di crisi politica quello del1978 per la repressione delterrorismo (convertito in legge nellostesso anno)

GRAN BRETAGNANel 1920, in una situazione discioperi e tensioni sociali, lo statod’eccezione entra a far parte deldiritto inglese (“Emergency Powers Act”)

STATI UNITICome precedente del Patriot Act (13novembre 2001) si può citare ilprovvedimento del 1942 che portòall’internamento dei cittadini diorigine giapponese

GLI AUTORIMicheal Walzer, uno dei piùnoti intellettuali americani,insegna all’università diPrinceton. E’ il direttore dellarivista “Dissent”.Benjamin Barber,professore all’Università delMaryland, ha scritto “Guerrasanta contro McMondo”(Marco Tropea, 2002)

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Sporcarsi le mani è untema eterno delpensiero politico. E unleader si può trovaredavanti a questa scelta

Page 4: 2003-12-13 Diritti e Sicurezza

ALVOHXEBbahaajA9 770390 107009

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CRDFDGDPDH SEDE: 00185 ROMA, Piazza Indipendenza 11/b, tel. 06/49821, Fax06/49822923. Spedizione abbonamento postale, articolo 2, comma 20/b,legge 662/96 - Roma.

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Fondatore Eugenio Scalfari Direttore Ezio Mauro

Anno 28 - Numero 292 € 1,20 in Italia (con CD BRASIL “L’ONDA NUOVA” € 8,10) sabato 13 dicembre 2003

■INTERNETwww.repubblica.it A B

Bruxelles, scontro sulla Costituzione: restano gli scogli di Spagna e Polonia sul sistema elettorale. Accordo fatto sulla Difesa europea

Ue, si tratta a oltranzaBerlusconi: “Stralciamo il voto a doppia maggioranza”

IL GRANPAGANO

E L’ECLISSEDEI LAICI

EZIO MAURO

NELLA grande confusione ita-liana di oggi, un dato emergeinfine con certezza: ses-

sant’anni dopo la rinascita della de-mocrazia, i laici sono la sola vera mi-noranza stabile di questo Paese e laloro cultura non è una testimonian-za civile, non riesce a tradursi in po-litica, non diventa un carattere del-la Repubblica, non esercita egemo-nia. In una parola, la laicità in Italianon è una cultura nazionale, una re-ligione civica e repubblicana.

Già la discussione sul crocifisso,barbaramente impostata dalla pre-tesa di un islamista isolato di sosti-tuirlo nelle scuole con qualche suradel Corano, ci aveva svelato unarealtà rovesciata rispetto ad altredemocrazie europee, come quellafrancese: là dal 1882 non si possonoesibire insegne religiose a scuola,per rispettare anche nella forma enei simboli la laicità dello Stato, quida noi nessun muro di scuola èbianco, neutro, silenzioso, perché ilcrocifisso è appeso davanti a scola-ri e studenti di ogni credo e di nes-sun credo, come testimonianza diuna sorta di antropologia cristianadegli italiani (così l’ha definita il car-dinal Ruini), una specie di destinoperenne e di consacrazione nazio-nale perpetua, per il Paese che veni-va detto “naturalmente cattolico”.

Poco importa che lo stesso Paese,nel frattempo, si sia scristianizzatoe che la pratica cattolica sia passataaddirittura in minoranza tra i citta-dini, come testimoniano tutte le in-dagini statistiche e come confermarealisticamente la stessa gerarchiaecclesiastica, spronata dal CardinalVicario a prendere atto che l’Italia èormai diventata terra di missioneper rivangelizzare una società “cheè stata colpita da una vera amnesiadella sua storia e della sua identitàcristiana”, come dissero i vescoviannunciando il Giubileo. Il voto sul-la fecondazione in Parlamento —ma più del voto l’approccio, i toni, ilsentimento d’identità — ha dimo-strato che la laicità resta una formaculturale inespressa nelle nostreistituzioni, nelle nostre leggi e —prima ancora — nel sentimentodello Stato.

SEGUE A PAGINA 17

Ma il governo: fiducia sui maxiemendamenti

Finanziaria caosCasini boccia

parte della manovra

ALLE PAGINE 8 e 9

Romano Prodi e Silvio Berlusconi ALLE PAGINE 2, 3, 4 e 7

L’ERRORE DI TREMONTIMASSIMO RIVA

DI GOVERNI che ricorrono al voto di fi-ducia per superare il “filibustering”dell’opposizione è ricca la storia del

Parlamento nazionale. Ma lo spettacolo di ungoverno che è costretto a reiterare il seque-stro della libertà di voto dei parlamentari del-la sua stessa maggioranza, questo non s’eramai visto. Sì, in verità, la questione di fiduciaera già stata posta, appena qualche settima-na fa, per superare i profondi contrasti esplo-si dentro la Casa delle Libertà sul decreto diaccompagnamento alla manovra 2004. Maallora era stato spiegato che si trattava di unascelta eccezionale al solo fine contingente dilasciare congruo spazio nell’agenda parla-mentare al dibattito sulla Finanziaria vera epropria.

SEGUE A PAGINA 17

“Natale a rischio attentato”I servizi segreti israeliani accusano Al Qaeda. L’allarme di Martino a Nassiriya

Il Mossad: nel mirino un simbolo cristiano in ItaliaROMA — L’allarme è circostan-ziato e la fonte è autorevole. L’al-larme parla di un «attacco terro-ristico contro un importantesimbolo della cristianità in Italianel periodo di Natale». A comu-nicarlo al Sismi, è il Mossadisraeliano che ha girato ai colle-ghi italiani la notizia. L’informa-tiva è classificata con alto indicedi credibilità, tanto che imme-diatamente sono stati predispo-sti i massimi livelli di sicurezza.Il pericolo è esteso poi a tuttal’Europa e agli Stati Uniti, dovepotrebbero essere in azione cel-lule dormienti di Al Qaeda. Dal-l’Iraq arrivano le parole del mi-nistro della Difesa Martino in vi-sita alla base di Nassiriya: «Il ri-schio è altissimo».

BOLZONI, CADALANUe FUSANI

ALLE PAGINE 12, 13 e 15

Niente intesa: confermato lo sciopero di 24 ore di bus e metropolitane

Trasporti, lunedì città bloccate

RICCARDO DE GENNARO A PAGINA 28

Alla ricercadel compromesso

dal nostro inviato

ANDREA BONANNI

BRUXELLES

ÈCOMINCIATOil grande “sur-

place”. Ma nessuno, proprionessuno, garantisce il suc-

cesso della volata finale. E le delega-zioni già preparano i possibili sce-nari di “fall-back” per attutire, o, aseconda degli interessi, accentuaregli effetti politici e mediatici di uncapitombolo collettivo. Al vertice diBruxelles Silvio Berlusconi ha tenu-to per tutta la giornata le carte inmano. Prova di avvedutezza tattica,secondo alcuni. Segno di debolezzastrategica, secondo altri che non sifanno ormai illusioni sulla propo-sta finale di mediazione che do-vrebbe arrivare al tavolo delle dele-gazioni questa mattina alle sette,con il caffè della prima colazione.

SEGUE A PAGINA 4

IL RETROSCENA

Parla Robertson, segretario generale dell’Alleanza: abbiamo superato i dissidi

“Il nuovo esercito affiancherà la Nato”VINCENZO NIGRO A PAGINA 7

DIARIO

Quella scelta tra diritti e sicurezza

PUÒ la libertà sopravvi-vere nell’“età del terro-re”? E’ indispensabile li-

mitare i diritti dei cittadini perassicurare a tutti la necessariasicurezza? Questi interrogati-vi si ripetono con frequenza einsistenza sempre maggioridopo l’11 settembre 2001, inun panorama mondiale ca-ratterizzato da leggi riduttivedelle garanzie individuali ecollettive (primo tra tutti il“Patriot Act” statunitense),dall’introduzione di sistemidi controllo sempre più pene-tranti e capillari, da gigante-

sche raccolte di informazionisu tutto e tutti. Assistiamo aduna forte accelerazione versola costruzione di una “societàdella sorveglianza”, nellaquale il bilanciamento demo-cratico tra libertà e sicurezzasembra dover cedere il posto,definitivamente, ad una tra-sformazione in senso autori-tario dei nostri sistemi politi-ci. È giusto ricordare che lamancanza di sicurezza minala stessa libertà.

SEGUE A PAGINA 48BARBER, BONINI e FESTAALLE PAGINE 47, 48 e 49

ALTAN

Pagato il bond di 150 milioni

Alle Caymantutti i misteridi Parmalat

ALLE PAGINE 40 e 41

“I politici difendano la famiglia”

L’appello del Papasu divorzio e aborto

ALLE PAGINE 10 e 11

STEFANO RODOTÀ

Calisto Tanzi