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Direttore Responsabile (Elenco speciale dei Giornalisti Prot. n. 2179): Luisa BarbieriIscrizione della Rivista Mediconadir c/o il Tribunale di Bologna n° 7377 12/11/2003Coordinatore Gruppo Redazione: Giovanna ArricoGruppo Redazione:Giovanna Arrico, Luisa Barbieri, Marco Cinque, Tino Di Cicco, Sara Luccarini, Milena Magnani, Daniele Mongiorgi, Francesco Montori, Luca Piazzi, Silvia Piazzi, Andrea QuercioliL’associazione raggruppa persone di varia estrazione ed orientamento unite da scopi ed interessi comuni, ma di eterogenea formazione, di varie convinzioni politico-religiose, di ideali talvolta differenti. Pertanto le affermazioni contenute negli articoli, anche per quanto esattezza e/o originalità, rispecchiano esclusivamente le opinioni personali dei singoli autori e non rappresentano necessariamente le idee o l’orientamento degli altri Soci, dei Responsabili delle Attività o della Redazione

Associazione MedicaN.A.Di.R. (Organizzazione di volontariato)

cede il quadrimestrale Mediconadir all'Assoc. Cult. NADiRinforma

La posta delle Cicamiche Saremmo molto lieti di ricevere le vostre lettere, i vostri commenti sul lavoro che stiamo cercando di fare, le vostre domande alle quali il nostro staff operativo cercherà di dare adeguata risposta.Se volete inviare degli articoli lo potete fare e sicuramente verranno valutati dal nostro gruppo redazione per eventuale pubblicazione sulla nostra rivista e/o sul nostro sito [email protected] www.mediconadir.it

SOMMARIOpag. 1 – Se riuscissimo a guardare “oltre” - Tino Di Ciccopag. 2 – La bella bambina che … - Sara Luccarini pag. 3 – Non smettete – Marco Cinque pag. 4 – non ricordo se … ma di sicuro so … - Marco Cinquepag. 6 – Vicini a Melissa e a tutti i ragazzi delle Scuole – La Scuola di Pace pag. 6 – Pro life marcia per la vita aborto no grazie … - Doriana Goraccipag.9 - … almeno secondo me – Sara Luccarinipag.11 – perché sto con la mamma di Aldrovandi – Ilaria Cucchipag.12 – Insultata la mamma di Aldrovandi – Checchino Antoninopag.13 – Le 10 regole per il controllo sociale – Noam Chomskypag.15 - ...le multinazionali – Alessandro Raffa pag.17 – il terremoto in Emilia Romagna – segnalazioni dal webpag. 21 – La terra trema – Lucia Bozzapag.23 – Il tempo è padrone ? … - Daniele Mongiorgipag.24 – Solo sabbia – Christian Palladinopag.25 – Alla ricerca dello sguardo nel nulla – Tino Di Ciccopag.26 – Gli Jenish, un tentativo svizzero di genocidio – Lettura-spettacolo “Vita mia, parla” - NADiRinformapag.30 – La semifinale – Francesco Montoripag.31 – Henry Jenkins – tratto da C'è bisogno di sinistrapag.33 – non tutti sanno che … - succede solo a Bolognapag.34 – navigando qua e là ...pag.45 – Default in blues – Marco Cinquepag.47 – per voi cosa significa estate ? - Sara Luccarinipag.48 - Calpestando la legge degli dei – Tino Di Ciccopag.49 - Era un giorno d'estate … - Monica Donadiopag.49 - “Stragi e mandanti” presentazione libropag.50 – Strage di Bologna, tutti uniti... - Antonio Amorosipag.51 – 2 agosto 1980 – Roberto Amoripag.52 – Angiotermografia dinamica – video e presentazione - NADiRinforma pag.55 – "Delle volte il vento" – presentazione libro di Milena Magnanipag.57 – Recensione "Delle volte il vento" – Mino Specolizzipag.59 – Gruppo di lavoro sulle relazioni – Luisa Barbieripag.62 – Caso Ittiri: torniamo all'occhio pe rocchio ? - Marco Cinquepag.63 – "Parola nuda" di Marco Cinque - presentazionepag.64 - D'Artagnan – Marco Cinquepag.67 – "Prepariamoci a ..." - presentazioen libro Luca Mercallipag.68 – Lavoratrice INPS un destino da precaria – tratto da controlacrisi.orgpag.71 – Ora è lecito "retrofittare" le vecchie auto a benzina e farle diventare elettriche – tratto da il Journal Blogpag.73 – Premio Giornalistico Ilaria Alpi – settembre 2012 – presentazionepag.74 – I finalisti del Premio Ilaria Alpi 2012 pag.77 – La Bolivia mette al bando la coca cola – Luisa Barbieripag.79 – Le olimpiadi 2012 - NADiRinformapag.80 – Londra, le “Olimpiadi più ecologiche di tutti i tempi” hanno sponsor inquinanti – da Blogeko.iljournal.it

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1Se riuscissimo a guardare “oltre” …di Tino Di Cicco

Pescara, quasi inverno del 2011; già innevate le nostre montagne; una ragazza in stazione mi avvicina per chiedermi se conosco un posto pubblico dove farsi una doccia. E’ vestita come chi sta per entrare nelle sabbie mobili del “randagismo”; uno zaino per casa; ai piedi ciabattine come se gli ombrelloni al mare fossero ancora aperti.Conserva una dignità che quasi mi offende, una “leggerezza” che mi umilia. Le indico “train de vie”, il centro per l’assistenza di quelli che non hanno come me un paio di scarponi nuovi ai piedi per superare l’inverno. Le indico il luogo dove sembra ci sia ancora un residuo di comunità, mentre noi celebriamo in solitudine il nostro comfort.Non dovrebbe essere possibile che mentre un branco di lupi sa condividere la preda; una cosca di banditi sa condividere il bottino, la nostra comunità di esseri razionali impone ad ognuno di arrangiarsi come può. Non dovrebbe essere possibile che in un Paese che ad ogni tocco di campane rivendica le sue radici cristiane, ci possano essere vecchi con la bava alla bocca per le “olgettine”, e ragazze costrette da un tic, da un niente, a dover transitare l’inverno dentro i cartoni.Se tra i parametri di Maastricht fossero stati previsti non solo indicatori economici, ma anche di natura etica, saremmo già stati espulsi dalla comunità degli europei.Dovrebbe esistere non solo lo spread sul costo del denaro per misurare la distanza tra l’Italia e la Germania, ma anche quello per misurare il differenziale nei nostri costumi.Ma noi non siamo toccati dal voyeurismo senile del Minotauro, anche perché siamo stati “educati” dalle sue televisioni , e siamo perciò in grado di metabolizzare tutto. E più la nostra “coscienza” diventa impermeabile alle nefandezze e alle ingiustizie, più ripetiamo di “avere la coscienza a posto”.Non sappiamo più dove trovare un pungolo capace di renderci in-quieti; un riferimento nobile per umiliare i nostri giorni.

Non è più in grado di farlo la cultura, se le nostre università sono state occupate dal familismo.Non è più in grado di farlo la politica, se questa nobilissima attività è diventata quasi solo un pretesto per arrampicatori sociali.E non è più in grado di farlo la religione, se anche lo Spirito Santo è costretto a sopravvivere solo nel nome di qualche banca. Forse bisogna saper guardare tra gli emarginati; tra le panchine invernali delle stazioni per trovare un’emozione che sappia educarci ad altro. Forse dovremmo imparare a capire con tutta l’anima che tra i piedi nudi al freddo dei disadattati , e i nostri vezzeggiati dalle scarpe nuove, passa un refolo di niente.Qualcuno cade di là, qualcun altro rimane di qua. Ma illudersi che sia il merito, e non il caso a decidere chi di qua e chi di là, è pura follia.

La trasformazione di Annietratto da “Angeli con la pistola” (1961)

http://www.youtube.com/watch?v=e7r4zSq2UaU

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2La bella bambina che…di Sara Luccarini

Era stretta in una piccola cintura che ad ogni buco le faceva accadere una sventura Prima rincorreva i cerbiatti poi si trovava a socializzare coi rattiScendeva sempre più in basso fino a toccare i piedi di un piccolo tasso Pensava ad una soluzionema soluzione non c’era, visto che di aritmetica non era il problema La speranza le si accostò e in un balzo ella saltòCorse via fino ad un’antica ferrovia Ed un treno in piena pazzia la scaraventò in una fattoria.Quando i contadini trovarono la bella accesero i sorrisi ed una piccola stella che nel cielo blu l’aveva salvata dal mai più.

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NON SMETTETE di Marco Cinque

Se i poveri scrivessero la storiacon l’inchiostro delle loro sconfitte

se la scrivessero ogni giornosui fogli laceri della menzogna

se i poveri scrivessero le leggicol sangue versato dei loro diritti

se le scrivessero ogni istantesui libri mai nati della giustizia

se i poveri nascessero ricchi e i ricchibandissero finalmente la povertàe se il cibo, la casa, il lavoro non

venissero mendicati come un’utopia

non si potrebbe più scrivere parolache possa ancora essere smentitanessun uomo o donna o bambinodovrà temere il buio velenoso che

abita l’animo della nostra speciee ogni guerra o violenza o arbitrio

saranno smascherati, condotti davantiallo specchio che svelerà i loro volti

che curerà la loro indole corrottache li condannerà a vivere una vita

che non possa nuocere a nessun’altra vita. Se i poveri iniziassero davvero

a scrivere, la verità si sveglierebbe da un lungo tormentato sonno e direbbe ai poveri: non smettete, non smettete

non smettete più di scrivere …

Ritratto sulla povertà di Thomas Benjamin Kennington (1885)

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4non ricordo se

…ma di sicuro so ...di Marco Cinque

Non ricordo se fosse l'Arca o il Titanico magari sarà stata l'Arcanic o il Titarcaricordo solo che era una smisurata barca

dove un'intera civiltà si dibattevanel mito della propria invincibile idiozia

come i figli stupidi di una qualsiasi Atlantideo gli eredi vendicativi di un qualunque Sansoneo i prescelti a un battesimo speciale con Erode.

Certo, i nostri giardini erano i più verdile nostre bombe le più cazzute, che ci potevi

scrivere persino messaggi d'amore, prima chepartissero per compiere il loro sporco lavoro

ma come possiamo esportare semi di progressosenza che un aratro spiani il fottuto nemico?

Eccoci, eserciti di arcangeli permalosinoi, sceriffi planetari dell'apocalisse

che scendiamo a patti col diavolo dopoavergli fatto credere di essere il buon dioarriveremo all'apoteosi di questo progetto

ma non senza sradicare la natura del dissensostanando idealisti, poeti e sognatori

la feccia di “un altro mondo è possibile”preparandoci per le ultime ferali pulizie

con ordigni di default e tossine di spreaddove tutti gli scarabocchi saranno cancellati

dai generali invisibili del rating globalefino al trionfo del nulla, che sarà l'ultima

conquista di quest'impero kamikaze.

Negli anfratti più nascosti, tra i picchipiù impervi, dentro cavità dimenticate

sopravviveranno gruppi di poveri e reiettitestardi come l'edera sui muri

altruisti come anonime formichegenerosi come l'istinto materno

e si addormenteranno, si addormenterannosognando un comune risveglio, negli occhi

dei loro figli che lasceranno la carezzadi uno sguardo su un orizzonte di macerie

e vivranno per ricominciare, bevendo il lattedel futuro attaccati al seno di un'alba nuova

e ascolteranno, sì, impareranno il colore.

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capitalism-isnt-working-protest

Posted On Wednesday, April 4, 2012

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6VICINI A MELISSA E A TUTTI I RAGAZZI DELLE SCUOLE

"Proviamo un grande immenso dolore, Quello che ora sentiamo di poter e dover dire che una morte di questo genere è inaccettabile" Don Luigi Ciotti

Nessuna morte violenta è mai accettabile e questa fa rabbia ancora di più per l'assurdità di aver voluto colpire le ragazze di una scuola, con la sola colpa, forse, di aver intestato il loro istituto alla moglie del

giudice Falcone, morta anch'essa con il marito nell'attentato di Capaci del 23 Maggio 1992.Chi è stato a togliere la vita a Melissa Bassi? Certo sarà importante sapere di chi è stata la mano assassina e chi sono i mandanti... ma al momento siamo già atterriti dall'evidenza dei fatti: Si è colpita una scuola, si è voluta cercare una strage, si è voluta fermare la vita di una ragazza e ferirne quelle di molte altre

Il giorno dopo pensiamo sia stato solo un sogno... un brutto incubo da cui ci tireremo fuori una volta svegli... e invece non è così, è la pura realtà!Quando mai si è parlato così tanto della scuola, della vita di studentesse come Melania, di Veronica e di tutte le altre ragazze coinvolte, loro malgrado, da questo attentato...Eppure la SCUOLA in Italia esiste e si adopera ogni giorno per educare alla legalità, alla pace, alla difesa dei diritti umani...Di fatto gli studenti, i genitori e gli insegnanti vivono già in trincea, quella linea di demarcazione fatta di "indifferenza" a tutto quello che di positivo si costruisce ogni giorno quando suona la campanella e milioni di studentesse e studenti affrontano l'incontro con la CONOSCENZA, l'unica che può fare vera luce su tutto e allontanare qualsiasi incubo e paura, fantasmi di una realtà che vorrebbe restare retrograda e indifferente...

La Scuola di Pacewww.lascuoladipace.org

PRO LIFE MARCIA PER LA VITA ABORTO NO GRAZIE E LO SQUADRONE BIANCO...Vorrei raccontarvi come nacque in me l’immagine dello Squadrone Bianco.di Doriana Goracci

Da certe donne di Napoli, ho appreso che, nel tentativo di buttare la 194 oltre i rifiuti ancora per strada, è stato fatto un blitz ieri pomeriggio alle ore 18,20 dallo Squadrone Bianco della Vita al nuovo Policlinico dell’Università Federico II dove una donna aveva effettuato un interruzione terapeutica di gravidanza, un aborto terapeutico alla quarta settimana, regolarmente effettuato nel rispetto della legge 194 e della salute della donna che ha subito l’intervento e che ha espulso, peraltro, un feto morto. 7 uomini in divisa hanno fatto irruzione nella clinica ostetrica per indagare su un interruzione di gravidanza di un feto malformato perché le indagini sembravano riguardare un’ interruzione fuorilegge, su suggerimento di una

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7segnalazione anonima che denunciava una donna che stava abortendo oltre il secondo trimestre, per sbarazzarsi del feto. La donna è stata spaventata, interrogata, chiedendole dell’aborto e della gravidanza nei minimi particolari quando ancora si trovava sul lettino. Il blitz è avvenuto dopo 20 minuti dall’aborto e anche il personale medico e non, le donne in stanza con lei e tutti quelli che si trovavano in ospedale sono stati sottoposti ad un interrogatorio minuzioso. Insomma un autentico blitz antimorte. Le donne napoletane invitano in piazza Vanvitelli, alle ore 17, giovedì prossimo. “La nostra mobilitazione – affermano – partirà da Napoli e diventerà vigilanza e presidio permanente in ogni piazza d’Italia. Autodenunciamoci tutte per aver deciso nella nostra vita”. Ho pensato allora a quanto sta lavorando questo Squadrone Bianco, che scopro nel 1936 essere stato presentato alla Mostra di Venezia dove vinse la coppa Mussolini, oggi Leone d’oro, per il miglior film italiano, “Lo squadrone bianco” di Augusto Genina, riproposto guarda un po’, a settembre dello scorso anno, in versione Dvd per il genere guerra, in cui si narra di un ragazzo che si arruola nelle truppe cammellate libiche e diventa uomo ed eroe. L’assistente alla regia fu un giovane Mario Monicelli. E’ la storia di un ufficiale di cavalleria e di un amore non corrisposto che lo porta in Tripolitania, dove emulando la mentalità rude e fiera del capitano comandante, capirà la sua missione e la donna che un giorno lo respinse, lo attenderà. Il film è tipicamente coloniale, legato al mito della legione straniera. Venne definito un mezzo di redenzione virile. Anche in Sardegna una serie di Associazioni come Scienza e Vita di Sassari, Movimento per la Vita di Sassari, Forum delle associazioni familiari, Centro Culturale di Sassari, Medicina e Persona, Associazione medici cattolici di Sassari i sono riunite il 1 febbraio per illustrare la proposta di moratoria riguardante la normativa sull’interruzione volontaria di gravidanza, anticipando di qualche giorno la XXX Giornata per la vita. Le associazioni proponenti hanno avviato presso le loro sedi ed in alcuni luoghi pubblici cittadini, verranno raccolte le sottoscrizioni a sostegno della moratoria di cui Giuliano Ferrara è il primo firmatario.Certo, mi sono rivenuti alla mente certi squadroni composti da polizia locale e vigilantes, da quelli che puliscono la società dagli indesiderabili, quelli dal sesso incerto magari. Dal sito dell’Unitalsi di Barletta, fondata nel 1903, `associazione di fedeli che promuovono azioni di evangelizzazione e di apostolato verso e con gli ammalati ed i disabili, e negli anni del fascismo, per le sue particolari connotazioni, unica associazione cattolica a non essere sciolta, leggo: “Siamo i primi testimoni per i nostri fratelli della sacralità della vita… pensiamo ad esempio a quanti cattolici approvino la definizione di dignità della vita che porta ad abomini come l’eutanasia…Curiamo anche i ragazzi in modo da far crescere nuove leve, affinché s’innamorino della Madonna e del servizio agli altri, in cui possono incontrare Gesù…Ti propongo di creare uno squadrone che rallegri il pellegrinaggio!!!”. Non è il 1936 ma il 14 febbraio dello scorso 2007. La Destra ha aderito subito esplicitamente a tutte quelle iniziative a favore della moratoria per l’aborto e “pro-vita” organizzate dalla CEI – Conferenza Episcopale Italiana, dalla persona del Cardinale Arcivescovo S.E. Dionigi Tettamanzi e dalle strutture della Arcidiocesi di Milano, dal Movimento per la Vita ambrosiano, dai Centri di Aiuto alla Vita e dai movimenti ecclesiali. E: “Il movimento politico La Destra, conscio della sua missione laica, che non potrà mai essere “laicismo anticristiano” bensì “laicità collaborante” con il mondo religioso ed ecclesiale, deve cooperare con esso per dare un “volto umano” alla nostra società affinché, al dire di papa Paolo VI, possa trasformarsi in “civiltà dell’amore”. Una civiltà capace di superare la cultura della morte attuale e le ingiustizie sociali della globalizzazione politica e delle multinazionali che, come insegna S.S. Papa Benedetto XVI: “non è l’unica alternativa possibile al benessere dell’uomo e della società”. Un altro Squadrone , il Glorioso Klan dei S.O.E.M. (Squadrone Operativo Esploratori Mercenari) nato con il gioco Rogue Spear nell’anno 2000 dal 15 marzo 2007, prende la via di America’s Army , divenendo così il nuovo gioco ufficiale del Clan. “Il SOEM è un clan senza fini di lucro ed ha lo scopo di creare nuove amicizie e consolidare sani valori quali la LEALTA’ e l’ONORE, tra gli appassionati di questo videogame nell’ambito del multiplayer e tutto quello scritto è pura fantasia, basta consultare www.soemclan.it Ma dai giochi si passa alla realtà, anche se allucinante, della DMN, Destra Moderata Nazionale, che “proponendo uno Stato fondato sulla sovranità e l’autonomia della famiglia che, oggi, non è più padrona, neppure in casa propria” la difende con chiare regole, e al punto 3 si dice :” attuare una politica della vita , contro tutte quelle filosofie che ci hanno condotto alla

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8concessione di sussidi per abortire e alla negazione di “sgravi” per i figli “a carico”. Credo che tutti ricordino l’indignazione rossa e nera e la caccia al romeno, all’indomani dello sciagurato delitto di una donna romana, violentata e derubata. Ma quanti ricordano le ordinarie violenze sulle donne e in famiglia come il dimenticato caso del 70enne italianissimo, che stuprò una nipotina e poi si suicidò cospargendosi di alcol? La vittima oggi ha 15 anni. Il nonno abusò sessualmente di lei per cinque anni e con lui altri tre parenti. La prima volta che fu violentata non aveva ancora dieci anni, capitò mille volte ancora, ad opera del nonno con i suoi tre amici. Sedici anni prima un’altra nipotina di otto anni per la vergogna si tolse la vita cospargendosi di alcol e, schiacciato dal dolore, poco tempo dopo, anche suo padre si suicidò. Tutto si svolse in un piccolo paese pugliese, non distante da Brindisi. I due amici del nonno di 62 e 41 anni,il Tribunale per i minori di Lecce li aveva già giudicati indegni a svolgere il ruolo di padri: per questo era stata tolta loro la patria potestà dei figli minorenni. Fatti di un anno e poco più fà, già atrocemente dimenticati. Ma tornando al movimento degli squadroni per la vita, non si può non encomiare, Roberto de Mattei, docente di storia all'Università di Cassino, divenuto consulente di Fini alla Convenzione europea. I suoi due fari: la tradizione cristiana come fondamento della nuova Europa e la difesa delle istituzioni naturali, la famiglia e gli Stati-nazione. Disse guardando , agli Stati Uniti di George W. Bush e della Moral Majority: «Ogni anno, a gennaio, la marcia per la vita a Washington mobilita migliaia di persone e una miriade di associazioni. Un mondo sommerso che non si esprime direttamente in politica ma agisce come un forte gruppo di pressione sui parlamentari».E aggiunse: «Mi chiedo se alla vittoria delle destre in tutta Europa corrisponderà un reale cambiamento sui temi della vita. Non ci interessano governi di destra che facciano politiche di sinistra. Meglio il contrario, piuttosto». Francesco Storace, in pieno stile da Squadrone Bianco oggi afferma:”Se qualcuno aveva ancora dubbi, è servito: La Destra c’è, è una forza di popolo, viva, compatta, numerosa. Tutti dovranno fare i conti col nostro movimento, che rappresenta la vera novità del panorama politico italiano. Non sarà la censura a fermarci, niente e nessuno potrà fermare le nostre idee, la nostra voglia di cambiamento…E’ questa la nostra grande forza: essere, sempre e comunque, dalla parte del cittadino. La Destra guarda avanti, corre e non si ferma più”.Ed è vero cresce la Destra, cresce la Velocità, cresce la corruzione, cresce l’astensionismo, cresce la violenza, il bullismo. La crescita è il primo punto di ogni programma politico. Hanno dimostrato tutti come è cresciuto il peso del loro portafoglio, dell’appetito, dell’arroganza. Figuriamoci se dovessimo parlare di decrescita, di difesa del diritto laico, di resistenza e lotta.La sinistra? Improvvisamente pudica e sicura dei fatti delle sue storiche donne, compresa la

signora Binetti, che ha avuto seraficamente modo di dire in data odierna a proposito dell’aborto come messaggio forte: “Non credo che quella di Berlusconi sia una mossa politica. E’ la naturale elaborazione di un pensiero che ha a cuore la vita, senza se e senza distinguo” dice la senatrice del Pd. Eh si , la sinistra ha taciuto e sorridendo acconsentito. come chi è avvezzo a un’educazione regale e a uno stile di tradizione non violenta, pacificatrice. Le donne, certe donne, non ringraziano nessuno http://www.gennarocarotenuto.it/1855-lo-squadrone-bianco-della-vita/

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9… almeno secondo medi Sara Luccarini

Secondo me non esiste una razza inferiore ed una superiore, poiché apparteniamo tutti ad una grandissima razza che conta circa sette miliardi di persone: la razza umana.Sulla base di mie riflessioni, il razzismo non è altro che paura di un individuo di rapportarsi agli altri, al mondo e, per questo, crea un guscio attorno a se, dentro al quale possono entrare solo le persone con le caratteristiche

somatiche e caratteriali più simili alle sue, escludendo le altre, fino a giudicarle inferiori, perché non possono attraversare quel guscio.

Il razzismo nella storia è nato durante le politiche espansionistiche delle Europa, dopo che Colombo scoprì l’America; da quel momento cominciò il commercio degli schiavi, che venivano considerati non come persone, ma come esseri inferiori impossibilitati a rapportarsi con gli europei invasori di quella nuova terra … è triste sapere che l’essere diversi da alcune persone, persone nelle quali è radicata la paura, viene percepito come errore della specie ed anomalia da eliminare.

Cosi fece il dittatore tedesco, Hitler, che rintanato nel suo guscio, pauroso dei cambiamenti, fece eliminare dieci milioni di persone, che seppur diverse, avevano una serie di caratteristiche in comune, come per esempio essere umani.Una persona molto saggia mi ha insegnato che si è diversi l’uno dall’altro, ma quando nasciamo, tutti reagiamo alla vita nello stesso modo: col pianto, quasi a caratterizzare la nostra umanità così ricca di caratteristiche uniche ed irripetibili nella loro omogeneità.

Purtroppo ancora oggi in alcuni paesi, in alcune persone, questo odio, o questa misera paura, è radicata; nessuna accettazione delle diversità, così come di qualunque altro cambiamento. Espressioni di razzismo che hanno segnato l'umanità come lo sterminio degli ebrei e/o la segregazione razziale in Sud Africa, pur avendo persistito nella loro distruttività per troppo tempo, hanno trovato risposta nel contrasto espresso dalla più parte della gente che ha saputo e voluto credere nel cambiamento, nell'equità; la stessa gente che vuole vedere riflesso il suo volto allo specchio e che, pur non negando le diversità, le accoglie quali fonte di ricchezza creando Comunità multiculturali, quindi più ricche. La discriminazione è un’espressione di razzismo, tende a vivere in modo “altro” coloro già “destinati” alla persecuzione con conseguenze devastanti, quali la negazione di beni e di servizi, finanche di dignità. Il vissuto discriminatorio tende ad impedire un vissuto “normale”, affermato, nell'ambito di quella che dovrebbe essere la comunità di appartenenza: è una vera ingiustizia!

Secondo me l'atteggiamento discriminatorio nasce dalla ricchezza materiale e culturale che gli europei avevano al momento delle conquiste di nuove terre, ma, ahinoi, quelle ricchezze non sono state sfruttate al meglio ed anziché cercare lo scambio con i nativi, è stata messa in atto una carneficina di corpi e di menti, quasi a cancellare ciò che c'era prima del loro arrivo. É triste rendersi conto di appartenere ad un popolo di conquistatori incapaci di interagire con la diversità, incapaci di cogliere il frutto della diversità ed assaporarlo sino a renderlo parte integrante del processo di cambiamento.

Secondo me questa incapacità è inconcepibile: gli esseri umani non appartengono a diverse razze, ma una sola razza umana popola il Pianeta. Uomini, donne, bambini che dovrebbero godere degli stessi diritti e doveri, un aggregato di diversità che, solo, può spostare il destino del mondo.

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10In ambito umano la razza non esiste, se non nella mente di alcuni individui, saranno magari loro ad appartenere ad una qualche altra razza ?

Mappa Concettuale: La razza umana

"tutti noi abbiamo un'origine comune, siamo tutti figli dell'evoluzione

dell'universo, dell'evoluzione delle stelle, e quindi siamo davvero tutti fratelli"

Margherita Hack

" La prima ricchezza è la generosità...la prima povertà è l'ignoranza "

Il dialogo tra persone è fatto di domande, risposte, scambi e ... sogni.

Chi ha paura di fare domande non riceverà risposte, dove mancano domande

e risposte non fioriscono i sogni.Mustapha N'Dao

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11L'ANTIFASCISTAPerché sto con la mamma di Aldrovandi

di Ilaria CucchiNoi eravamo presenti al momento della pronuncia della sentenza della Corte di Cassazione. Lucia Uva, Domenica Ferrulli ed io. Perché noi in questi anni siamo diventati una famiglia.Noi sappiamo cosa significa lottare momento dopo momento per una giustizia che si da per scontata ma che molto spesso non lo è.

Noi sappiamo quanto è importante per noi, e per quelli come noi, che finalmente e definitivamente coloro che hanno tolto la vita a un ragazzino che non

aveva fatto niente di male siano stati giudicati colpevoli. Questa è la giustizia in cui vogliamo credere. Questo ciò che da a noi la speranza di andare avanti.

Questo ciò che è riuscita a fare, da sola, Patrizia Moretti. Per la sua famiglia, per Federico che ora le sorride da lassù ma che mai nessuna sentenza potrà restituirle. Ma anche per l'intera collettività. E per noi, che senza il suo coraggio non avremmo mai trovato la forza necessaria per intraprendere battaglie di simili dimensioni.

Patrizia lo ha fatto sapendo bene che quanto aveva di più prezioso non le sarebbe stato restituito da una sentenza di condanna. Nella quale ella stessa, pur sapendo benissimo come erano andate le cose, avendo imparato a sue spese a conoscere questa giustizia in tanti momenti non ha sperato.

E lo ha fatto anche nell'illusione di poter cambiare una cultura. Quella terribile per la quale chi indossa una divisa ha ragione a prescindere. Ma contro il pregiudizio e l'ottusità a volte non basta nemmeno questo. Se oggi, di fronte all'evidenza delle atrocità che hanno fatto coloro che hanno ucciso Federico Aldrovandi, c'è ancora chi ha il coraggio di difenderli. E non solo. Purtroppo.

Patrizia ha visto calpestata la vita di suo figlio, appena diciottenne e con tutta la vita davanti, ed oggi dopo tanto dolore aggiunto al dolore, quello di una lotta impari affrontata con lo strazio della consapevolezza che ormai la sua vita era finita nello stesso istante in cui era finita quella di Federico, vede calpestata anche la sua memoria.

Ma che senso ha tutto questo?E la nostra realtà politica non ci aiuta.Troppo presi evidentemente a fare leggi su misura per loro. Ignorando quali sono i problemi veri della gente comune.Gente che per merito della nostra giustizia riesce a fatica a far emergere realtà scomode, grazie solo ed esclusivamente alle pubbliche denunce. Quelle rivolte alla gente normale.

Quelle che fanno indignare il vicino di casa e l'impiegato dell'ufficio postale, che solo in quel momento assumono consapevolezza dei soprusi che avvengono ogni giorno nell'indifferenza generale.Perché fa comodo a tutti non parlarne. Così. Come se niente fosse successo.Perché parlarne vuol dire mettere in discussione l'intero sistema.Molto meglio chiedere a noi di farcene una ragione.Sfatiamo questo mito. La giustizia non è uguale per tutti.Cambiano le persone che comandano questo Paese, ma non cambia la mentalità. Se il ministro degli interni, piuttosto che tacere, ritiene opportuno esprimersi in maniera vaga anziché compiacersi per la vittoria della giustizia, quella vera, una volta tanto.

Cosa dovremmo pensare noi?

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12Che siamo soli. E ancora una volta qualcuno ce lo ha dimostrato.Ma niente e nessuno riuscirà a farci desistere dal nostro bisogno di giustizia. I nostri cari non sono morti per un puro caso, ma per colpa di chi avrebbe dovuto tutelarne i diritti.

E nessuno può chiederci di far finta di niente.Lo sappiamo bene quanto è e sarà dura.E sappiamo anche bene che possiamo confidare solo su noi stessi, sul nostro avvocato e angelo.

E sul coraggio di Patrizia.Che ha cresciuto un ragazzo fantastico, che sarebbe stato accanto a lei per tutti i giorni della sua vita, se quattro assassini non avessero deciso di portarlo lontano da lei.

fonte globalist 26 giugno 2012

Insultata la madre di Aldrovandi tratto da globalistNella pagina Facebook di una associazione che difende i poliziotti frasi vergonose: faccia da culo, comunista di merda. di Checchino Antonini 25 giugno 2012

«Fermate questo scempio, per dio!». Una signora s'inviperisce su Facebook perché la mamma di Federico Aldrovandi avrebbe chiesto il carcere per i colpevoli della morte di suo figlio. Usa il maiuscolo come a dire che vorrebbe urlarlo e dà la stura ai commenti sul profilo. Ma la signora non è una signora qualunque, è la presidentessa

dell'associazione che è convinta che in Italia esista un problema di diritti umani per gente come i poliziotti della Diaz o i parà che torturarono i civili in Somalia o, appunto, i quattro agenti che il 25 settembre del 2005 incontrarono un ragazzo di 18 anni e lo fecero fuori in pochi minuti di "controllo di polizia".

Tre sentenze spiegano per filo e per segno le loro responsabilità nell'aver spezzato il cuore, mozzato il respiro, spaccato due manganelli addosso a quel ragazzo. L'associazione in questione, "Prima difesa", promuove anche corsi di guida e di tiro a segno per i suoi associati e ha perfino convinto a intervenire nel processo Aldrovandi un noto difensore dei diritti umani dei premier, Ghedini, l'avvocato di fiducia di un'altra vittima del sistema, Silvio Berlusconi. Ma niente da fare: quei quattro sono stati riconosciuti colpevoli e il Viminale ha addirittura promosso una transazione con i familiari dell'unica vittima di questa storia, Federico Aldrovandi, prima ancora che la Cassazione mettesse la parola fine alla vicenda.

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13Ma la signora urla su fb: «Fermate questo scempio, per dio!» e le risponde Forlani Paolo, probabilmente un omonimo di uno dei colpevoli o forse proprio lui, misteri di fb. «Ma hai (visto, ndr) che faccia di culo aveva sul tg... una falsa e ipocrita (Patrizia Moretti, ndr) spero che i soldi che ha avuto ingiustamente possa non goderseli come vorrebbe..... adesso non stò più zitto dico quello che penso e scarico la rabbia di sette anni di ingiustizie...». Forse è proprio uno dei quattro condannati. Altri tre funzionari di ps, per la cronaca, sono stati riconosciuti colpevoli da un altro processo per i depistaggi di quella mattina di settembre.

Forlani, però, si ritiene vittima di un'ingiustizia. La butta in politica. L'hanno incastrato «la politica e la mediaticità» e, con fiuto da segugio, urla (ossia usa il maiuscolo come la signora) anche lui: «Vergognatevi tutti, comunisti di merda...». Interviene tale Bandoli Sergio, fiero nella foto con il cappello da alpino: « La "madre" se avesse saputo fare la madre, non avrebbe allevato un "cucciolo di maiale", ma un uomo!».

Un distillato di violenza e ferocia in mezzo ad altri commenti di gente che discute se si debba scaricare il caricatore intero addosso a uno che non si è fermato a un posto di blocco oppure se si debba tenere un proiettile da parte per chi si dovesse avere a che dire del trattamento riservato al delinquente. Forlani insiste: «Noi paghiamo per le colpe di una famiglia che pur sapendo dei problemi del proprio figlio non hanno fatto niente x aiutarlo mi fa incazzare un pochino e stiamo pagando x gli errori dei genitori... massimo rispetto per Federico ma mi dispiace noi non lo abbiamo ucciso, e con questo vi saluto».

Il massimo rispetto per Federico avrebbe potuto dimostrarlo quando ce l'aveva di fronte. Invece sfida «chiunque a leggere gli atti e trovare un verbale dove dice che Federico è morto per le lesioni che ha subito.». In realtà, non appena l'indagine si disincagliò, grazie a una controinchiesta della famiglia, la prima perizia disse che Federico morì per le conseguenze dell'incontro con i poliziotti, la sentenza di primo grado dirà dell'abnorme uso della violenza fisica da parte degli agenti, del «furioso corpo a corpo tra gli agenti di polizia e Federico, durante il quale vennero rotti due manganelli, con i quali colpirono l'Aldrovandi in varie parti del corpo, continuando dopo che lo stesso era stato costretto a terra e qui immobilizzato al suolo, nonostante i verosimili ma impari tentativi del ragazzo di sottrarsi alla pesante azione di contenimento che ne limitava il respiro e la circolazione». In secondo grado è stata sottolineata «l'estrema violenza» e le «modalità scorrette e lesive» degli agenti, «quasi volessero 'punire' Aldrovandi». Inevitabile la querela per diffamazione depositata nel pomeriggio di questa domenica da Patrizia Aldrovandi ai carabinieri di Ferrara.

LE 10 REGOLE PER IL CONTROLLO SOCIALE di Noam Chomsky

tratto da Informare per resistere

L’elemento principale del controllo sociale è la strategia della distrazione che consiste nel distogliere l’attenzione del pubblico dai problemi importanti e dai cambiamenti decisi dalle élites politiche ed economiche.

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141 – La strategia della distrazione. L’elemento principale del controllo sociale è la strategia della distrazione che consiste nel distogliere l’attenzione del pubblico dai problemi importanti e dai cambiamenti decisi dalle élites politiche ed economiche utilizzando la tecnica del diluvio o dell’inondazione di distrazioni continue e di informazioni insignificanti.La strategia della distrazione è anche indispensabile per evitare l’interesse del pubblico verso le conoscenze essenziali nel campo della scienza, dell’economia, della psicologia, della neurobiologia e della cibernetica. “Sviare l’attenzione del pubblico dai veri problemi sociali, tenerla imprigionata da temi senza vera importanza. Tenere il pubblico occupato, occupato, occupato, senza dargli tempo per pensare, sempre di ritorno verso la fattoria come gli altri animali (citato nel testo “Armi silenziose per guerre tranquille”).

2 – Creare il problema e poi offrire la soluzione. Questo metodo è anche chiamato “problema – reazione – soluzione”. Si crea un problema, una “situazione” che produrrà una determinata reazione nel pubblico in modo che sia questa la ragione delle misure che si desiderano far accettare. Ad esempio: lasciare che dilaghi o si intensifichi la violenza urbana, oppure organizzare attentati sanguinosi per fare in modo che sia il pubblico a pretendere le leggi sulla sicurezza e le politiche a discapito delle libertà. Oppure: creare una crisi economica per far accettare come male necessario la diminuzione dei diritti sociali e lo smantellamento dei servizi pubblici.

3 – La strategia della gradualità. Per far accettare una misura inaccettabile, basta applicarla gradualmente, col contagocce, per un po’ di anni consecutivi. Questo è il modo in cui condizioni socioeconomiche radicalmente nuove (neoliberismo) furono imposte negli anni ‘80 e ‘90: uno Stato al minimo, privatizzazioni, precarietà, flessibilità, disoccupazione di massa, salari che non garantivano più redditi dignitosi, tanti cambiamenti che avrebbero provocato una rivoluzione se fossero stati applicati in una sola volta.

4 – La strategia del differire. Un altro modo per far accettare una decisione impopolare è quella di presentarla come “dolorosa e necessaria” guadagnando in quel momento il consenso della gente per un’applicazione futura. E’ più facile accettare un sacrificio futuro di quello immediato. Per prima cosa, perché lo sforzo non deve essere fatto immediatamente. Secondo, perché la gente, la massa, ha sempre la tendenza a sperare ingenuamente che “tutto andrà meglio domani” e che il sacrificio richiesto potrebbe essere evitato. In questo modo si dà più tempo alla gente di abituarsi all’idea del cambiamento e di accettarlo con rassegnazione quando arriverà il momento.

5 – Rivolgersi alla gente come a dei bambini. La maggior parte della pubblicità diretta al grande pubblico usa discorsi, argomenti, personaggi e una intonazione particolarmente infantile, spesso con voce flebile, come se lo spettatore fosse una creatura di pochi anni o un deficiente. Quanto più si cerca di ingannare lo spettatore, tanto più si tende ad usare un tono infantile. Perché? “Se qualcuno si rivolge ad una persona come se questa avesse 12 anni o meno, allora, a causa della suggestionabilità, questa probabilmente tenderà ad una risposta o ad una reazione priva di senso critico come quella di una persona di 12 anni o meno (vedi “Armi silenziose per guerre tranquille”).

6 – Usare l’aspetto emozionale molto più della riflessione. Sfruttare l’emotività è una tecnica classica per provocare un corto circuito dell’analisi razionale e, infine, del senso critico dell’individuo. Inoltre, l’uso del tono emotivo permette di aprire la porta verso l’inconscio per impiantare o iniettare idee, desideri, paure e timori, compulsioni, o per indurre comportamenti…

7 – Mantenere la gente nell’ignoranza e nella mediocrità. Far si che la gente sia incapace di comprendere le tecniche ed i metodi usati per il suo controllo e la sua schiavitù. “La qualità dell’educazione data alle classi sociali inferiori deve essere la più povera e mediocre possibile, in modo che la distanza creata dall’ignoranza tra le classi inferiori e le classi superiori sia e rimanga impossibile da colmare da parte delle inferiori” (vedi “Armi silenziose per guerre tranquille”).

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158 – Stimolare il pubblico ad essere favorevole alla mediocrità. Spingere il pubblico a ritenere che sia di moda essere stupidi, volgari e ignoranti…

9 – Rafforzare il senso di colpa. Far credere all’individuo di essere esclusivamente lui il responsabile della proprie disgrazie a causa di insufficiente intelligenza, capacità o sforzo. In tal modo, anziché ribellarsi contro il sistema economico, l’individuo si auto svaluta e si sente in colpa, cosa che crea a sua volta uno stato di repressione di cui uno degli effetti è l’inibizione ad agire. E senza azione non c’è rivoluzione!

10 – Conoscere la gente meglio di quanto essa si conosca. Negli ultimi 50 anni, i rapidi progressi della scienza hanno creato un crescente divario tra le conoscenze della gente e quelle di cui dispongono e che utilizzano le élites dominanti. Grazie alla biologia, alla neurobiologia e alla psicologia applicata, il “sistema” ha potuto fruire di una conoscenza avanzata dell’essere umano, sia fisicamente che psichicamente. Il sistema è riuscito a conoscere l’individuo comune molto meglio di quanto egli conosca sé stesso. Ciò comporta che, nella maggior parte dei casi, il sistema esercita un più ampio controllo ed un maggior potere sulla gente, ben maggiore di quello che la gente esercita su sé stessa.

... le multinazionalidi Alessandro Raffa per Nocensura.com

Alcune tra le più potenti multinazionali del mondo; L'80% del mercato mondiale è in mano a 147 multinazionali, alla cui base ci sono Goldman Sachs e/o Morgan Stanley e/o JP Morgan e/o Citigroup e/o poche altre super-banche d'affari, satelliti di quelle menzionate, che vanno tutte a braccetto con le banche Rothschild, i signori delle banche centrali. Controllano le agenzie di rating Standard & poor's, Moody's e Fitch che condizionano mercati ed i governi, controllati tramite Bilderberg, Commissione Trilaterale, Club di Roma, CFR, Aspen Institute etc...ovviamente controllano i principali mass media capaci di far eleggere o distruggere la reputazione a qualsiasi politico...

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16L'obiettivo? Controllare il mondo. Kennedy negli anni '60 aveva rivelato al mondo la presenza di questi "poteri forti" che volevano assumere il controllo del governo USA... un discorso che gli è costato la VITA... . (vedi http://www.nocensura.com/2011/11/il-discorso-che-costo-la-vita- jf.html ) purtroppo sono riusciti perfettamente nel loro intento, il governo USA è saldamente in mano a loro da molti anni, e stanno estendendo il loro dominio al mondo... per farlo hanno bisogno di avere dalla loro parte le nazioni più potenti e quelle che possiedono risorse naturali, e il quadro è praticamente chiuso... i loro uomini comandano in tutti gli stati europei, negli ultimi anni non si muove foglia che il Bilderberg non voglia... i "pezzi grossi" dell'UE sono tutti loro uomini, così' come lo è Monti, il neoeletto Hollande in Francia e la coalizione che ha vinto in Grecia... hanno dalla loro parte i principali partiti di maggioranza e anche quelli di opposizione, con l'arma del debito tengono tutte le nazioni in pugno, inoltre con i politici corrotti che ci sono trovano terreno fertilissimo...

Noi non vi chiediamo di crederci sulla parola, ma prima di tacciarci di "complottismo" informatevi... fate ricerche, leggete diverse fonti di informazione, magari se evitate l'informazione che gestiscono loro però è un tantino meglio... ;) Solo una persona ignorante (nel senso che ignora) può definire ''complottista'' questa realtà...

... anch'io quando Prodi ci chiedeva sacrifici per entrare nel paradiso-Europa ero felice, e vedevo di buon occhio l'Unione Europea ... a quei tempi ignoravo persino l'esistenza del Bilderberg group, figuriamoci se sapevo che il mortadellone ne faceva parte! INFORMATEVI... sentite entrambe le campane, RIFLETTETE sui fatti, troverete le risposte in modo SPONTANEO, perché qui non si tratta di CREDERE a tizio o credere a caio: qui si tratta di VALUTARE lucidamente le varie teorie, e SOPRATUTTO cercare riscontro nella REALTA' DEI FATTI... quella non è opinabile. E forse vi renderete conto che, quei "complottisti", alla fine, non avevano tutti i torti...

Informatevi sul "trattato di Lisbona", su quello di Velsen che istituisce Eurogendfor, sul "Meccanismo Europeo di Stabilità", sulle connessioni tra i politici più influenti del mondo ed il gruppo Bilderberg ed i vari gruppi di potere simili, ne scoprirete delle belle...

Di seguito alcuni articoli dai quali trarre spunti di riflessione...

APPROFONDIMENTI:

"Quello che devi sapere sul "MES" e le altre leggi dittatoriali dell'Unione Europea"http://www.nocensura.com/2012/06/quello-che-devi-sapere-sul-mes-e-le.html

"L'ITALIA VITTIMA DI UN COMPLOTTO E LE PROVE CHE MONTI è COMPLICE"http://www.nocensura.com/2012/06/litalia-vittima-di-un-complotto-e-le.html

"Le grandi famiglie che dominano il mondo"http://www.nocensura.com/2012/06/le-grandi-famiglie-che-dominano-il.html

"HENRY KISSINGER E IL GRUPPO BILDERBERG DIETRO ALL'OMICIDIO DI ALDO MORO"http://www.nocensura.com/2012/06/henry-kissinger-e-il-gruppo-bilderberg.html

"Chi è Mario Monti. Quel che viene taciuto per evitare una sommossa"http://www.nocensura.com/2012/05/chi-e-mario-monti-quel-che-viene.html

DOSSIER GOLDMAN SACHS: tutto sulla "superbanca" da 1 trilione di dollarihttp://www.nocensura.com/2011/11/dossier-goldman-sachs-tutto-sulla.html

"DOSSIER: La famiglia più potente del mondo: i ROTHSCHILD"http://www.nocensura.com/2012/02/dossier-la-famiglia-piu-potente-del.html

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17"Il mondo in mano ad una casta: il “Club Bilderberg” + video intervista a Estulin"http://www.nocensura.com/2012/04/il-mondo-in-mano-ad-una-casta-il-club.html

"Il club Bilderberg - La storia segreta dei padroni del Mondo. di Daniel Estulin"http://www.nocensura.com/2012/03/il-club-bilderberg-la-storia-segreta.html

"Eurogendfor, la nuova polizia europea con poteri illimitati"http://www.nocensura.com/2011/11/eurogendfor-la-nuova-polizia-europea.html

"Il passato scomodo di Monti, dirigente FIAT nel periodo di tangenti a Craxi"http://www.nocensura.com/2012/03/il-passato-scomodo-di-monti-dirigente.html

"Conoscete l’Aspen Institute Italia?"http://www.nocensura.com/2012/03/conoscete-laspen-institute-italia.html

"THE CORPORATION - documentario ITA"http://www.nocensura.com/2012/06/corporation-documentario-ita.html

Questo articolo sul Blog:http://www.nocensura.com/2012/07/multinazionali-banche-gruppi-di-potere.html

— con Luis Pacifico, Madre Anarchia, Stef-ahnia Addis e altri 32

Segnalato da Cinzia Ferrari

CONDIVIDO IN PIENO: ....Terremoto del cavolo, c'è una cosa che non hai capito della mia terra, ora te la racconto. Per chiamarci non basta una parola sola: Emilia Romagna, Emiliano Romagnoli, ce ne vogliono almeno due; e anche un trattino per unirle, e poi non bastano neanche quelle. Perché siamo tante cose, tutte in...sieme e tutte diverse, un inverno continentale, con un freddo che ti ghiaccia il respiro, e una estate..tropicale che ti scioglie la testa, e a volte tutto insieme come diceva Pierpaolo Pasolini, capaci di avere un inverno con il sole e la neve, pianure che si perdono piatte all’orizzonte, e montagne fra le più alte d’Italia, la terra e l’acqua che si fondono alle foci dei fiumi in un paesaggio che sembra di essere alla fine del mondo. Città d’arte e distretti industriali, le spiagge delle riviere che pulsano sia di giorno che di notte, e spesso soltanto una strada o una ferrovia a separare tutto questo; e noi le viviamo tutte queste cose, nello stesso momento, perché siamo gente che lavora a Bologna, dorme a Modena, e va a ballare a Rimini come diceva Pier Vittorio Tondelli, e tutto ci sembra comunque la stessa città che si chiama Emilia Romagna. Siamo tante cose, tutte diverse e tutte insieme, per esempio siamo una regione nel cuore dell’Italia, quasi al centro dell’Italia, eppure siamo una regione di frontiera, siamo anche noi un trattino, una cerniera fra il nord e il sud, e se dal nord al sud vuoi andare e viceversa devi passare per forza da qui, dall’Emilia Romagna, e come tutti i posti di frontiera, qualcosa da ma qualcosa prende a chi passa, e soprattutto a chi resta, ad esempio a chi è venuto qui per studiare a lavorare oppure a divertirsi e poi ha decido di rimanerci tutta la vita… in questa terra che non è soltanto un luogo, un posto fisico dove stare, ma è soprattutto un modo di fare e vedere le cose. Perché ad esempio qui la terra prende forma e diventa vasi e piastrelle di ceramica, la campagna diventa prodotto, e anche la notte e il mare diventano divertimento, diventano industria, qui si va, veloci come le strade che attraversano la regione, così dritte che sembrano tirate con il righello. E si fa per avere certo, anche per essere, ma si fa soprattutto per stare, per stare meglio, gli asili, le biblioteche, gli ospedali, le macchine e le moto più belle del mondo. In nessun altro posto al mondo la gente parla così tanto a tavola di quello che mangia, lo racconta, ci litiga, l’aceto balsamico, il ripieno dei tortellini, la cottura dei gnocchini fritti e della piadina e mica solo questo, sono più di 4000 le ricette depositate in Emilia Romagna; ecco la gente lo studia

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18quello che mangia, perché ogni cosa, anche la più terrena, anche il cibo, anche il maiale diventa filosofia, ma non resta lassù per aria, poi la si mangia. Se in tutti i posti del mondo i cervelli si incontrano e dialogano nei salotti, da noi invece lo si fa in cucina, perché siamo gente che parla, che discute, che litiga, gente che a stare zitta proprio non ci sa stare, allora ci mettiamo insieme per farci sentire, fondiamo associazioni, comitati, cooperative, consorzi, movimenti, per fare le cose insieme, spesso come un motore che batte a quattro tempi, con una testa che sogna cose fantastiche, però con le mani che davvero ci arrivano a fare quelle cose lì, e quello che resta da fare va bene, diventa un altro sogno. A volte ci riusciamo a volte no, perché tante cose spesso vogliono dire tante contraddizioni. Che spesso non si fondono per niente, al contrario non ci stanno proprio, però convivono sempre. Tante cose tutte diverse, tutte insieme, perché questa è una regione che per raccontarla un nome solo non basta.Ora ti ho raccontato quello che siamo, non credere di farmi o farci paura con due giri di mazurca facendo ballare la nostra terra...terremoto E-R - http://www.mediconadir.it/node/502

Il terremoto in Emilia : Corrado Augias risponde a una professoressa.

tratto da Partigiani del Terzio Millennio

Caro Augias, sono una prof d'inglese in una piccola e deliziosa scuola media della provincia di Ferrara (Comacchio), dopo la prima scossa non ho mai sentito così forte il peso della responsabilità che il mio adorato mestiere comporta. Sì, insegnare bene, certo; formare dei cittadini, va bene, questo l'ho sempre vissuto: 25 giovani vite che maneggiano parole e zainetti più grandi di loro. Ma quando la nostra scuola ha cominciato a tremare e ho visto la mia classe atterrita e ho

tra le macerie - Mirandola

gridato "Sotto i banchi" e subito dopo "Tutti fuori! Ordinatamente!" ho sentito l'adrenalina fermare il respiro e allo stesso tempo quel senso di protezione atavico che li avrei presi in braccio uno per uno con la forza dell'incredibile Hulk. Nel campo aperto consolarsi è stato più facile ma altrettanto impegnativo; molti piangevano perché per un'ora non abbiamo saputo che cosa fosse successo ai parenti, alle case, i cellulari non prendevano e io continuavo a ripetermi "stai calma, sorridi e stai calma". Alle volte certi ministri ci hanno fatto sentire inutili appendici di una lavagna multimediale, poi succede una tragedia così. Livia Santini

Un terremoto, come una guerra, è fatto anche di questi gesti che non è esagerato definire epici: pensare agli altri, tenere i nervi a posto, fare le mosse giuste, ordinatamente. Sono certo che in Emilia gesti così sono stati numerosi. Credo che molti, me compreso, abbiano sentito in modo particolare il dolore per questa sciagura. L'Emilia non è una regione come le altre, quel "Bel pezzo dell'Emilia" come la chiamò (2004) il nostro amico rimpianto Edmondo Berselli, è un concentrato di tutto ciò che ci piace in questo paese: ideali durevoli, un realismo temperato dalla fantasia, la passione per il lavoro ben fatto che non esclude il divertimento, le battute, anche quelle grasse, una religiosità alla don Peppone, lontanissima dalle perfide astuzie vaticanesche. Una terra di confine tra la cordialità

mediterranea e l'efficienza settentrionale che non conosce gli eccessi di altre zone del paese, una terra la cui generosità comincia dalla sua cucina e finisce nella bonomia di quelle cadenze dialettali che richiamano da sole il buonumore. Anche il famoso comunismo emiliano, quando c'era, era di questa pasta, sapeva di agnolotti e di lambrusco e poi di cooperative certo; ma le cooperative non servivano solo ai finanziamenti politici, davano già nel nome il senso di quella orizzontalità dei rapporti che hanno lasciato ammirati i sociologi come Robert Putnam ("La tradizione civica nelle regioni italiane", 1993) e fatto delle sue scuole elementari un modello da studiare nel mondo. C'è un'altra caratteristica negli emiliani, la tenacia. Ne daranno prova anche adesso, ci possiamo scommettere. Corrado Augias

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19Terremoto, Finale Emilia: volpino salvato dai volontari del Centro Faunatratto da Partigiani del Terzio Millennio

Era rimasto intrappolato tra le macerie di un edificio rurale completamente distrutto dal sisma del 29 maggio nei pressi della frazione di Canaletto nel comune di Finale Emilia, un volpino che è stato recuperato dai volontari del Centro fauna selvatica Il Pettirosso di Modena. Durante un sopralluogo nella zona dell'edificio insieme alla Forestale, i volontari hanno avvertito il latrato del volpino provenire da sotto le macerie. L'animale, molto probabilmente sepolto da un ulteriore crollo

provocato da una delle recenti scosse, è ora in cura per alcune ferite nella sede del Centro in via Nonantolana a Modena. Il Centro fauna opera sulla base di una convezione con la Provincia di Modena per il recupero e il salvataggio della fauna selvatica in difficoltà. Per le segnalazioni e richieste di intervento sono attivi 24 ore su 24 alcuni numeri telefonici: 339 8183676-339 3535192 oppure è possibile chiamare anche il servizio 118.

“Penso sommessamente che quest’anno il 2 giugno si onori di più la Repubblica andando fra i terremotati che fra i carri armati”

(Massimo Gramellini)

Emilia, come acquistare il parmigiano della solidarietà di Francesca Porta 31 maggio 2012 – tratto da Stile.it News

Continua la campagna della Coldiretti per aiutare le aziende agroalimentari danneggiate dal terremoto

Il Parmigiano Reggiano, l'aceto balsamico di Modena, il prosciutto di Parma, il Lambrusco: dall'Emilia Romagna partono verso l'Italia e il resto del mondo alcune delle più prestigiose produzioni agroalimentari nazionali. In questa regione si produce oltre il 10% del Pil agricolo di tutto il nostro Paese.

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20Dopo le violente scosse di terremoto che il 20 e il 29 maggio hanno colpito il modenese (causando 24 morti), questa enorme ricchezza si trova ad affrontare danni di dimensioni colossali. Il sisma ha provocato il crollo di case rurali, stalle e stabilimenti, la distruzione di macchinari agricoli, il danneggiamento di cantine, acetaie e magazzini per la stagionatura del formaggio. Secondo le prime stime, si tratta di un danno da 500 milioni di euro.Per aiutare la ripresa economica del settore, già dopo il primo sisma, la Coldiretti ha attivato una e-mail -

[email protected] - a cui ci si può rivolgere per inviare richieste e ordini d'acquisto di parmigiano (ma non solo). Basta scrivere specificando il proprio nome, indirizzo, telefono, prodotto e quantitativo cui si è interessati.>>Una mail per salvare il parmigianoNei giorni scorsi sono state migliaia le e-mail arrivate all'indirizzo della Coldiretti. Se anche voi avete scritto all'indirizzo indicato, ma non avete ancora ricevuto una risposta, dovete solo avere un po' di pazienza. «Le evidenti difficoltà organizzative dovute al sisma rendono in questi giorni particolarmente complicate le forniture e le verifiche sulle disponibilità dei prodotti», si legge infatti sul sito internet della Coldiretti di Modena.«Al momento il Parmigiano Reggiano è disponibile in alcuni punti vendita a Modena, ma presto estenderemo l'iniziativa anche in altre città italiane. Sarà necessario qualche giorno prima che sia disponibile un elenco dei caseifici dove acquistare. Nel frattempo scrivete alla mail indicata. Riceverete tutti una risposta. E un ringraziamento per la vostra solidarietà».

Segnalato da Monica Donadio“Teniamo botta come solo noi emiliani sappiamo fare! !

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Tratto da IL COMPORTAMENTO DEL CANE E LE PRINCIPALI ANOMALIE COMPORTAMENTALI

GRAZIE A TUTTI VOI DA TUTTI NOI!!! Per tutto quello che state facendo per le popolazioni colpite dal terremoto!!!

La terra tremadi Lucia Bozza

Le maestre, durante l'esercitazione per l'evaquazione da terremoto, sanno bene cosa fare e cosa dire ai loro bambini: "tutti sotto i banchi al suono della tromba!"contate fino a 10 e poi in fila veloci giù dalle scale"Io sono una supplente e quando quella tromba è suonata, il cuore mi è balzato in gola.Anche i bambini si sono spaventati, il suono della tromba è stato troppo forte e improvviso, ma ci siamo preparati cercando di

mantenere la calma, dopo aver fatto quanto prescritto, con registro alla mano, siamo scesi giù in cortile. Appello, controllo, e poi tutti in classe di nuovo... contenti di aver perso una mezz'ora di lezione!Qualche bimbo della quarta e della quinta elementare, i più grandi, ha avuto un momento di cedimento: specie chi aveva vissuto la prima scossa, quella delle 04.00 del mattino di domenica 20 maggio, non ha retto emotivamente l'esercitazione a sorpresa, ma credo di poter affermare che nessuna maestra pensava mai di dover vivere realmente quanto imparato, almeno, io non lo pensavo, e invece...

Le supplenti non possono permettersi di astenersi dal lavoro nemmeno per un giorno, se chiamate ci devono essere e quel giorno ...29/05/2012 era già segnato nella mia agenda da un

po' di tempo.La mattina, prima di partire per il lavoro, ho fatto quello che solo le donne sanno fare, e che quando sono affiancate da grandi uomini pesa meno: il "family puzzle"! Incastri un figlio qua, un figlio là, marito al lavoro e via, in macchina direzione Sala Bolognese con la radio che per una mezz'ora al giorno è solo tua e che, nel caso specifico, sembrava mandare solo notizie riguardanti il terremoto in Emilia, si continuano a registrare scosse su scosse... Sono pochi i chilometri che separano Sala Bolognese da Finale Emilia, distrutta dal terremoto di domenica scorsa, un terremoto che ha sconvolto l'Emilia Romagna. Siamo in piena Pianura Padana.

Ricordo il primo giorno di questa supplenza, a febbraio: distese infinite di neve disseminate di orme di animali notturni. Io sembravo ipnotizzata da questa meraviglia della natura. Di notte doveva esserci chissà quale viavai su quei campi che di giorno apparivano invece immacolati. Ma la natura non è solo pacifica...

Quella mattina del 29 maggio ... due chiacchiere con le colleghe circa la grande scossa di una settimana

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22prima, la paura, il disastro... la fine imminente della scuola e... di corsa in classe.Quella mattina avevo una prima elementare nelle prime ore: bimbi splendidi.E' successo tutto all'improvviso. Nessun suono di tromba. Un fremito interno e poi la sensazione, terribile, che non dovesse finire più. Erano le 9.00. Avevo appena fatto l'appello: conteggio della mensa, comunicazioni, solita bistrattata routine. Stavo iniziando la lezione... in piedi, alla lavagna, di spalle ai bambini. E' per questo che non l'ho sentito subito.

Ho capito che stava succedendo qualcosa quando mi sono girata e con mia grande sorpresa non ho più visto i bambini... loro, povere stelle, l'avevano sentito arrivare subito... quel serpente gigante aveva scosso le loro sedioline e fatto tremare i loro banchi e il loro cuoricino.Loro, molto più adeguati di tati adulti, hanno immediatamente messo in pratica ciò che le maestre avevano insegnato durante le esercitazioni: senza alcun incitamento si sono infilati sotto ai banchi, ligi e scattanti.Poi il boato ha squarciato l'aria pregna di attesa e di urla. E 1....E poi il tremore dell pareti, del pavimento, dei lampadari, di tutto.E 2, 3, 4,....E la voglia di correre fuori, di precipitarsi giù dalle scale fregandosene di tutti.E 5, 6, 7, 8....E la collega, quasi una mamma, attenta, premurosa, calma.E 10...."Tranquilli bimbi!"E 11, 12, 13...."ora passa."E 14, 15, 16....20..."Appena smette ci mettiamo in fila, calmi e tranquilli."E 25..."E' tutto a posto."E 30"Veloci!""Su!""Bravi!""Con calma e senza spingere""Giù, giù, forza!""Bravi"

E' durato molto più dei 10 secondi contati e ricontati per scherzo durante le ricreazioni quando l'esercitazione non era altro che una gara di velocità.I bambini grandi, come nel corso delle esercitazioni, si mostravano più spaventati. Qualche crisi di pianto alle quali le mamme-maestre hanno saputo reagire con esperienza ed affetto, hanno saputo consolare, tranquillizzare, incitare... il tutto con il registro alla mano, in quanto “non deve mancare nessuno all'appello”, nemmeno chi si fa prendere dal panico e si

avvinghia alla cattedra, quasi fosse un'ancora di salvezza: viene preso in braccio, con forza ed amorevolezza viene portato giù in cortile quasi di peso, tutti i bimbi devono essere rigorosamente sotto gli occhi preoccupati, ma al contempo determinati delle maestre. Certo è che dopo aver consegnato l'ultimo bambino ai genitori ... anche le maestre crollano... e... dico io... per fortuna!! Sono donne, il più delle volte, ma anche uomini, con la responsabilità di 30 "figli affidati", non possono commettere errori o mancanze, sarebbe troppo alto il prezzo da pagare.Questa considerazione mi porta a pensare a quanto, in realtà, il lavoro di queste persone

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23venga poco considerato dalla Comunità... in tutti i sensi. Ho sentito un solo ringraziamento via radio destinato loro, le maestre, i bidelli. Quanto sono scontate le loro cure e le loro attenzioni !!!In tutto questo marasma mi assale un pensiero piuttosto angosciante che si fissa nella mia mente: il mio family puzzle... sarà ancora tutto intero?Per fortuna stavolta è andata bene..Evviva le maestre! Evviva i bimbi!

IL TEMPO E' PADRONE?O è l'uomo ad essere il possessore del tempo?

di Daniele Mongiorgi

Il tempo è padrone? O è l'uomo ad essere possessore del tempo? A volte sembra che le persone siano schiave del tempo, perché vivono giorno per giorno dipendendo da esso e non si accorgono di come riescono a sprecare il loro tempo a disposizione.Quando si è adulti non si pensa più al tempo, ma, automaticamente, si vive la veloce e monotona quotidianità. I giorni non sono uguali a quelli d'infanzia (tempi ormai andati perduti), ma passano molto più velocemente e sembrano tutti uguali, soprattutto quando una persona si diverte, quando fa qualcosa che le piace, quando viaggia o anche quando vive un periodo felice della sua vita. Sarà perché il lavoro di ogni giorno, le solite faccende domestiche, la solita routine giornaliera fanno sembrare che la vita passi più velocemente senza accorgersene?!Le azioni incalzano, i giorni fuggono, uno dopo l'altro e non c'è tempo per guardarli, numerarli, quasi … vederli, che... sono già svaniti, lasciando nelle nostre mani un pugno di cenere.Invece quando si è bambini, nell'età della pubertà, il tempo sembra assumere una forma eterna e indefinita: un'ora viene vissuta come se fosse una giornata.

Com'erano lunghi, senza fine, i giorni d'infanzia! Un'ora era un universo, un'epoca intera, che un semplice gioco riempiva, come dieci dinastie.I bambini vivono senza problemi e senza pensieri, appunto perché non hanno la vera cognizione del tempo. Gli adulti, invece, sono sempre pieni di preoccupazioni che sembrano avere quasi sempre una scadenza nel tempo. Le persone, senza accorgersene, vivono una corsa contro il tempo che non potranno vincere; mentre gli umani vivono con la fretta in tasca, il tempo va con calma.

Riguardo l'origine del tempo, molti ritengono che sia iniziato per mano e volere di Dio, come altri pensano che sia iniziato con il Big Ban; comunque sia il concetto rimane lo stesso: il tempo ha origine con la nascita di se stessi, è relativo.Il tempo non c'era, non esisteva prima che Dio creasse il mondo, cominciò ad esistere contemporaneamente all'esistenza dell'universo.Ognuno ha il suo passo, così come il tempo ha il suo e non aspetta nessuno.

E' necessario conoscere la concezione del tempo, è importante saperlo ottimizzare ed usarlo con giudizio. Se l'uomo è in grado di controllare il tempo, allora sarà capace di controllare pienamente la propria vita.Il tempo è un dono prezioso.

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24SOLO SABBIA

di Christian Palladino Solo sabbia nei miei occhi solo sabbia nei miei pochi anni

i minuti sono rintocchi vestiti da vecchi tiranni.

Musiche di voci straziate

odo, nell'eterno gioco di volontà assetate

ove il tempo brucia come fuoco.

Bombe, spari, cuori imbrattati sangue, prigioni, menti sbranate mamme e bambini malmenati

in questo inverno che non sarà mai estate.

Guardate fuori da questa finestra c'è la guerra, la guerra

una straziante orchestra di nenie, di lamenti ricopre la terra.

Solo sabbia son costretto a mangiare solo sabbia nel cerchio dei miei anni mi hanno rubato il tempo di sognare vittime, vittime di squallidi inganni.

Il sole, i raggi, il vento, la pioggia le stagioni continuano la loro vita

i pensieri scaricati in me come in una tramoggia rivolgo gli occhi al cielo lontane le mie dita.

Prego... a quale Dio?

Se son qui a decidere chi tra tanti debba governare ma chi sono io?

Servo, schiavo della logica del dominare.

Solo sabbia calpesto solo sabbia Solo sabbia mi tiene compagnia

lacrime e lacrime di rabbia in questa solitudine unica amica mia.

immagini tratte da: http://www.stranierisalvatore.it/bimbo.htm

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Alla ricerca dello sguardo nel nulladi Tino Di Cicco

Passare indenni attraverso la vita. Uscire come siamo entrati. Con la stessa fame d’assoluto; con lo stesso bisogno di purezza. Non piegati dalle nostre sconfitte. Non illusi dalle nostre certezze. Senza cedere di un millimetro alle pretese del potere. Senza perdere il ricordo di come eravamo prima di essere tempo.

Soffrendo la mancanza di Orione, come l’affamato quella del pane.Innamorati dell’amore, anche quando lo chiamano dolore.Perché l’amore non separa la rosa dalla spina: sa che nella rosa c’è anche la spina, e nella spina la rosa.Perché è più cieco del cieco l’amore, eppure vede anche attraverso la notte. E’ più muto del muto, eppure ci parla come nessuna parola.L’amore è più povero del povero, eppure non invidia niente, neanche al più ricco dei ricchi.Non cerca la libertà l’amore, perché non ha più niente da volere.Non teme la necessità che ci governa; perché chi sa della necessità, sa anche della gioia.Non teme più la morte, perché ha conosciuto le radici del nulla, diventando proprio per questo amore.Non conosce principio né fine l’amore: era prima dell’inizio, e sarà anche dopo la fine.L’amore è rinuncia che non rinuncia; è tempo senza più il tempo.Perché l’amore è pazienza infinita: sa che la violenza non può niente in amore; e l’amore vuole soltanto amore.

Ma qui ci si batte solo per il trono e la gloria; con la potenza del ferro e dell’inganno ci si batte. E chi vince, vince quasi solo perché ha i migliori artigli sul mercato. Pochi non si rassegnano, e cercano oltre. Sono quelli che vengono evitati da vivi, per essere poi molto lodati da morti; si chiamino Gesù o Don Chisciotte; Antigone o Simone Weil.

Gli altri siamo tutti in corsa per accaparrarci un po’ di prestigio sociale; come se diventare il più mafioso dei mafiosi possa diventare un merito particolare. Gli altri siamo rassegnati all’esistente come se fosse l’assoluto. Gli altri abbiamo sbarrato ogni feritoia che sapesse di cielo, per non perdere tempo dicevamo, per non dover pensare a quello che non siamo, a quello che non saremo mai.Gli altri abbiamo confuso bellezza e silicone, e adesso non soffriamo più la mancanza della luna.Gli altri siamo come dentro una guardinga pace, nessuno ci disturbi con una parola vera, potrebbe precipitare tutto in un istante.Così, senza fede per l’invisibile ci siamo rintanati dentro le nostre televisioni, confondendo reality e vita, news e dolore vero.Così piano piano abbiamo rinunciato a guardare a viso aperto il nulla, e abbiamo perso per sempre la gioia.

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26Gli Jenish : un tentativo svizzero di genocidio

Lettura-spettacolo "Vita mia, parla – Dal nostro rifiuto allo sterminio scientifico”http://www.mediconadir.it/node/497

lettura-spettacolo sulla persecuzione romdalle opere di Mariella Mehrcon:DiJana Pavlovic (voce recitante)George Moldoveanu (violino)testi a cura di Dijana Pavlovic e Giuseppe di Levaa cura de l Centro Studi "G.Donati" in collaborazione con la Facoltà di Scienze della Formazione, EMI, Ass.ne MedicoNADiR con il contributo dell’Alma Mater Studiorum - Università di Bologna

Originari del centro Europa e considerati la terza minoranza europea del popolo “zingaro” (circa

100mila tra Austria, Francia, Germania e Svizzera) gli Jenisch hanno subito nel paese elvetico un tentativo di sterminio scientifico che, iniziato nel 1926, è terminato solo nel 1975.

Già dal 1500 furono oggetto di persecuzioni ed espulsioni per il loro nomadismo, gli Jenisch furono costantemente oggetto di tentativi forzati di assimilazione. Nel 1825 un gruppo di Jenisch venne processato a Lucerna per crimini contro la società; torturati, confessarono più di 1000 crimini. Condannati a pene detentive, vennero tolti loro i bambini con l'intenzione di “rompere” le famiglie per contrastare cultura, lingua e modi di vita di una comunità che non rifletteva gli ideali di ordine dell'epoca.

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27Cento anni dopo, nel 1926, in pieno clima di cultura eugenetica di pulizia della razza che spirava anche in Svizzera, un insegnante di ginnasio, Alfred Siegfried, poi espulso per pedofilia, divenne responsabile della sezione Scolarità infantile della fondazione “Pro Juventute”.

Determinato a “vincere il male del nomadismo alle sue radici, nei bambini”, convinto della necessità di ridurre il numero degli Jenisch attraverso il divieto di matrimonio e la sterilizzazione, fondò il programma “Hilfswerk fur die kinder der Lanstrasse” (opera di assistenza per

i bambini di strada), che si proponeva di eliminare l'ereditarietà dei comportamenti di un popolo definito da molti psichiatri “malato dalla nascita” e per il quale si rendevano “scientificamente necessarie” la

separazione dei bambini dai genitori e dai fratelli, la tutela permanente con ricoveri in cliniche psichiatriche e in case di detenzione. I genitori, invece, erano costretti alla sterilizzazione.

Il programma fu finanziato dalla Federazione Elvetica, da benefattori, industriali e dalle famose emissioni di francobolli della “Pro Juventute”. Il consigliere federale e presidente della fondazione Heinrich Haberlin nel 1927 scrisse: “La Pro Juventute si è assegnata un nuovo compito ... chi di noi non conosce queste famiglie nomadi i cui membri, nella più gran parte, vagabondano senza regole e che, come cestai, lattonieri, mendicanti e peggio, costituiscono

una macchia scura sulla nostra terra svizzera così fiera della propria cultura dell'ordine?”.

A partire dal 1926, la Pro Juventute iniziò a togliere sistematicamente i figli Jenisch ai loro genitori, le madri vennero sterilizzate, cancellando quasi ogni traccia della loro identità e origine. Molti bambini si ritrovarono in cliniche psichiatriche o in prigione, dove subirono maltrattamenti, violenze terapeutiche (come l'elettroshock) ed abusi sessuali.

Siegfrie terminò il suo compito e l'attività della campagna nel 1958, dopo una breve parentesi con lo psicologo Peter Dobeli, licenziato per aver abusato sessualmente di due ragazze.Dal 1961 l'attività di epurazione proseguì sotto la guida di una suora cattolica, madre Clara Reust, sino al 1975, dopo lo scandalo provocato dal coraggio e dalla determinazione di Teresa Wyss, una madre Jenisch alla quale erano stati tolti i 5 figli e che nel 1961 aveva denunciato inutilmente la Pro Juventute al Tribunale federale e che solo nel 1970 sarà ascoltata dalla stampa.

Non si conosce il numero esatto delle vittime, principalmente bambini, che potrebbe oscillare tra i 585, certificati dagli archivi della Pro Juventate, ai 2000 stimati, poiché in questa campagna furono attivi anche altri centri assistenziali quali l'associazione cattolica. Nel 1987 la Confederazione elvetica ha chiesto scusa agli Jenisch, riconoscendo la propria responsabilità morale e politica. Svizzera – Scuse sommesse per l’Olocausto zingaro di Guido Romeo

Oggi gli Jenisch in Svizzera sono circa 35.000 e, di essi, solo il 10% pratica ancora il nomadismo in forme e strutture regolamentate. Alla cultura Jenisch appartiene un idioma particolare, tramandato per via orale, che comprende circa 600 parole base. Nel 1996 il Consiglio federale l'ha dichiarato una lingua svizzera non legata ad una determinata regione.

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28La scrittrice elvetica Mariella Mehr, figlia di nomadi, strappata ai genitori (definiti rispettivamente una prostituta ed un asociale), sottoposta a “terapie” di elettrochoc, sterilizzata dopo averle tolto il figlio, è la vittima più celebre del programma di assimilazione “umanitaria” dei nomadi nella società svizzera, gestito dall'ente benefico, la “Pro Juventute” (Hilfswerk für die Kinder der Landstrasse - “Opera di assistenza ai bambini senza fissa dimora”), destinato a “proteggere i bambini minacciati di abbandono e di vagabondaggio”. Dobbiamo ringraziare il suo talento letterario per averci reso edotti di quel che è avvenuto nella nazione delle Convenzioni di Ginevra sul diritto internazionale umanitario, dove si riunisce annualmente la Commissione dei Diritti Umani, dove ha sede la Croce Rossa.

Notizie dall’esilio – di Mariella MEHR19 settembre 2007

A me è rimasto un cantare,una manciata di speranza alla vista

della verità, che conosce soltanto me enon può essere la verità di nessun altro.

Un girasole forse, un regaloalla vita del quale nessuna morte si avvicina

e nessun paese non scritto.*****

Mettimi tra i centri,come fossi una di loro

ancora incolume, non fuoco sulfureonient’altro che un istante sconosciuto.

Liberami dalla fame di memoriaspediscimi lontano senza messaggi

una volta almeno per la durata di una fitta al cuorecome la storia del fiore di nessuno.

Appoggia bene il tuo piede,lungo le mie linee della vita

la pietra lucida ti serba rancore.Le mie mani, una treccia di fiato,non sanno niente dell’affidabilità

di radici con un domicilio,derubate di ogni terra

conducono una vita d’aria.Provvista di speciali garanzie,

che nessuno capisce, nonla mia ombra, non il miocuore, oggetto ritrovato,

così mi consegno, ancora goffaa piedi migranti.

*****

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29Le maree della menzogna, lo sai,

raggiungono a intervalli sempre più brevila riva. Fredde come cadaveri giacciono poi

sotto i portici della felicità e strappanola carne dalle ossa degli infelici,

che spargono le loro ombre come sabbia negli occhidelle ore.

A me è rimasto un cantare,una manciata di speranza alla vista

della verità, che conosce soltanto me enon può essere la verità di nessun altro.

Un girasole forse, un regaloalla vita del quale nessuna morte si avvicina

e nessun paese non scritto.

Erba degli zingari, canto, in minore, diciamo,solo in minore le nostre canzoni diventano

esseri umani e vita, diciamo,vita, si canta facilmente

come ritorno della felicità.

Parola, accettamicon la tua pazienza e il tuoodore di crescita selvaggia

del fuoco.

Dillo alle nostre madri che nessun piantoaiuta quando dagli occhi dei loro bambini scorre la cenere

che i nostri aguzzini ancora chiamano lacrime.

Foto di Raffaele Annunziata

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La semifinaledi Francesco Montori

Ricordiamo ai gentili ascoltatori che si sono appena collegati che il terzo turno della gara Uomovino contro Uomocibo sta per iniziare. Una semifinale che possiede tutte le caratteristiche di una finale leggendaria, anche se non ci ha ancora entusiasmato a sufficienza. L’incontro è incominciato senza alcun colpo di scena. I due concorrenti hanno mantenuto la loro eleganza e compostezza. Il Giocatore Calice ha iniziato a sorseggiare del Refosco schioccando la lingua sul palato ad ogni amarognola deglutizione. Una tecnica studiata per innervosire l’avversario, come il famoso gorgoglio sbarazzino del vincitore dell’edizione scorsa. Dal canto suo, Il Giocatore Forchetta ha gustato a bocconi brevi e intensi duecento grammi di una delicata fiorentina. Le fasi successive del primo turno hanno visto comparire e scomparire sulle tavole del Cabernet Franc Lison e del Merlot Selva Maggiore da una parte, un piatto di bresaola rucola e grana e delle costolette di vitello dall’altra. Solo nella seconda fase del secondo turno, mentre il Giocatore Forchetta stava assaporando una manciata di branzino al forno, il sopracciglio del Giocatore Calice ha iniziato a tremare, la tensione si è fatta più rumorosa del silenzio all’interno dell’enorme sala da pranzo. Tutti hanno osservato la base del bicchiere appoggiarsi sul tavolo. Stava per abbandonare il campo in segno di sconfitta? Ma ecco che distogliendo lo sguardo dal suo avversario, che si stava pulendo la bocca con un tovagliolo, ha impugnato il bicchiere, continuando a bere un signorile Chardonnay trentino e sorridendo beffardamente ad ogni sorso. Dopo questo apparente colpo di scena, il secondo turno si è concluso senza più sorprese.

E ora…sì, proprio ora, carissimi ascoltatori. Sui tavoli i giudici di gara stanno servendo rispettivamente un bicchiere di Cuvé Veneto e un Profiterole al cioccolato.Il Giocatore Calice non perde tempo. Appoggia le sue labbra sul bordo e butta giù quasi metà del bicchiere. Sensazionale, amici ascoltatori. Come se niente fosse, ha dato prova di essere ancora con piedi, gambe, stomaco e testa all’interno della partita. Dovreste vedere il suo volto beato e lievemente strafottente, mentre si rivolge al pubblico che sta sorridendo per la sua spavalderia. Ma un momento, il Giocatore Forchetta non sembra affatto infastidito dal suo chiaro sfottò. Ha appena infilzato una palla succulente del Profiterole, divorandola in un sol boccone.

Però… un attimo… colpo di scena incredibile, il Giocatore Calice è in preda a singhiozzi violenti…ha appena versato il vino sul tavolo e… da non crederci, amici ascoltatori, anche il Giocatore Forchetta è in preda a veri e propri crampi allo stomaco.

No! Ha spostato con un gesto di stizza il piatto davanti a lui. Ed è pari, quindi. Sì! E’ pari.

Portate e bicchieri di recupero saranno serviti tra una mezz’ora esatta, per la conclusione di una partita che si sta rivelando molto più combattuta e sofferta di quanto pensassimo fino a pochi minuti fa.

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31Ne approfitterò quindi per rivolgere la stessa domanda ai due concorrenti: “Che cosa veramente vi ha fatto ritirare prima della fine del match e del verdetto dei giudici?”Giocatore Calice: “Pensavo di avere la vittoria in mano, ma davanti al Profiterole, vede, la voglia di addentarlo era troppa, e quindi sono stato colpito dai tipici singhiozzi da mancanza di cui soffrono gli sportivi di questa disciplina.”Giocatore Forchetta: “Dopo il primo turno, ho cominciato a fingere indifferenza. Ma avrei dato qualunque cosa per bere un po’ del vino del mio avversario. Mi sono ostinato a proseguire pagandone le

conseguenze. Non ero satollo, come erroneamente può pensare, ma assetato fino alla disperazione.”Bene, gentili ascoltatori. Chissà come finirà questa semifinale. Chissà chi dei due riuscirà a scampare alle tentazioni che l’altro gli presenterà davanti nel tempo di recupero.Ci ricollegheremo con voi tra pochi minuti.Restate con noi.Mi raccomando.

Henry Jenkins Henry Jenkins (Atlanta, 4 giugno 1958) è un accademico e saggista statunitense che si occupa di media, comunicazione e giornalismo. Al momento Jenkins è professore presso la University of Southern California, in precedenza è stato al MIT dove ha codiretto il Comparative Media Studies Program.Jenkins è noto al pubblico per i libri di cui è stato autore, in particolare

in Italia è conosciuto Cultura convergente, che è stato pubblicato con una prefazione del collettivo Wu Ming.[1]

>>>> segue su Wikipediatratto da: C'è bisogno di sinistra

HENRY JENKINS, #OCCUPY E LA PARTECIPAZIONE COME LOTTA. AUDIO DELL'INCONTRO DI BOLOGNA Compendio a cura di Wu Ming 1

Ecco la registrazione della conferenza tenuta da Henry Jenkins al DAMS di Bologna il 27 giugno scorso. Per facilitare l’ascolto, proponiamo un breve compendio del suo discorso. Jenkins inizia elencando i progetti nei quali è attualmente coinvolto: nell’arco dei prossimi sei mesi usciranno ben quattro libri che lo vedono tra gli autori. I titoli riflettono l’ampio spettro dei suoi interessi. Oltre all’attenzione per le tematiche educative e legate all’istruzione, emerge – ed emergerà ancor più nel corso della conferenza – la torsione più esplicitamente politica che il suo lavoro sta conoscendo negli ultimi tempi. La ripresa di attivismo politico-sociale sulle due sponde dell’Atlantico

e l’irruzione sulla scena USA di un movimento come Occupy Wall Street (Jenkins lo cita più volte nell’intervento iniziale e nelle risposte alla domande) hanno retroagito sulle teorie del professore, che per molti versi, studiando la cultura dei fan, ne aveva intuito l’avvento, le modalità partecipative e le pratiche di riappropriazione e remix delle immagini mediatiche. Tra gli esempi più icastici che mostrerà nel corso dell’incontro, spicca il Casually Pepper Spray Everything Cop.

Dopo la breve intro, Jenkins propone un’articolata analisi della parola “contenuto”. E’ una parola sempre più usata nell’industria culturale e dell’intrattenimento, ma il suo significato viene dato per scontato, mentre di scontato non c’è più nulla. La realtà che il termine descrive

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32sta subendo radicali trasformazioni. Ben presto, il contenuto come l’abbiamo conosciuto fino a oggi non esisterà più.

Non è possibile “chiudere a chiave” [lock down] il contenuto, esso non conosce più luoghi esclusivi né versioni definitive, non viene prodotto una volta per tutte per essere trasmesso a un pubblico che si limita a riceverlo e fruirlo nei modi che ci erano consueti. Il contenuto non è più definibile senza prendere in considerazione l’uso che ne viene fatto dal “pubblico”, i riutilizzi da parte della comunità. Oggi il contenuto è aperto, partecipato, rimixabile, “spalmabile” [spreadable] su diverse piattaforme, potenzialmente globale (sebbene il suo varcare le frontiere geoculturali avvenga in modi imprevedibili) e transmediale.

Jenkins precisa che con l’aggettivo “transmediale” indica l’insieme delle relazioni che si creano tra gli elementi di una narrazione che vengono “dispersi” tra i vari media. Perché si possa parlare di transmediale, la dispersione deve avvenire in modi significativi, cioè che producono ulteriore senso. Ciò riguarda tanto l’insieme quanto i singoli elementi considerati ciascuno per conto proprio. Un film tratto da un romanzo non è un esempio di transmedialità; lo sarebbe invece un film che proseguisse e arricchisse la storia iniziata in un romanzo, per poi passare il testimone a un fumetto, a un gioco di ruolo etc. A un certo punto, Jenkins indica gli affreschi, gli altorilievi e le statue dell’ex-salone da ballo di Palazzo Marescotti, e definisce quell’insieme un esempio di transmedialità “di un’epoca precedente alla nostra” [gli affreschi di Giuseppe e Antonio Rolli risalgono alla fine del XVII secolo, quelli di Giuseppe Antonio Caccioli ai primi del XVIII, N.d.R.]. I soggetti mitologici dei

dipinti fanno riferimento a storie iniziate altrove e con altri mezzi (i poemi epici, il teatro tragico), storie che a loro volte vengono riprese dalle sculture, e ogni elemento è in risonanza con gli altri. “Non è necessario che il transmediale sia digitale”. Altri – non lui – utilizzano il termine “crossmediale”, che però non descrive lo stesso fenomeno. Secondo Jenkins, “crossmediale” si riferisce a strategie di marketing e campagne di promozione predisposte dall’industria dei media, mentre “transmediale” si riferisce a una narrazione che prosegue nel tempo attraverso diversi media con la partecipazione attiva (e molto spesso con la spinta iniziale) di una o più comunità di fan.

Secondo Jenkins, anche le lotte sindacali [labor struggles] nell’industria culturale avvengono in uno scenario mutato e riplasmato dal transmediale. Ne è un esempio lo sciopero degli autori avvenuto a Hollywood qualche anno fa. L’oggetto del contendere era se i contenuti on line andassero considerati mera “promozione” o ulteriore contenuto da remunerare.

Jenkins fa ulteriori e importanti precisazioni terminologiche, o meglio, concettuali:

1. “Cultura partecipativa” non è sinonimo di “web 2.0″ e nemmeno di “prodotti interattivi”. “Web 2.0″ è un modello di business, “interattività” è una dimensione predeterminata e preincorporata dall’industria nei suoi prodotti, mentre la partecipazione nasce dal basso e per iniziativa degli utenti, del “pubblico”, dei fan, dei riappropriatori e remixatori. E spesso la partecipazione è strappata dai fan con le unghie e coi denti, contro le pretese dell’industria di predeterminare il rapporto. L’esempio sono le proteste degli utenti dei social network contro le norme di utilizzo, le politiche sulla privacy etc. Jenkins dice (e la definizione ci sembra davvero significativa): “La cultura partecipativa è la storia delle lotte sulle diverse piattaforme mediali”. Questa dimensione conflittuale è stata più volte sottolineata. Ci preme rimarcarlo, perché a volte Jenkins è stato semplicisticamente descritto come un ottimista, mentre è uno studioso delle contraddizioni e delle battaglie in corso nell’industria dei media (non ci sembra fortuita la sua menzione di Karl Marx in una delle risposte fornite a Palazzo Marescotti). Battaglie il cui esito non è scontato.

2. “Virale” è una parola da non usare, da evitare, perché implica che la comunità degli utenti sia un mero oggetto di contagio, l’insieme dei ricettori di un virus. L’aggettivo “virale” inquadra la situazione nel modo sbagliato, rimettendo la palla in mano all’industria dei media, ridando potere a quest’ultima.

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333. “Consumatori” è un’altra parola che dovremmo sforzarci di non usare, di superare, perché oggi è difficilissimo distinguere in modo netto l’atto del “consumo” da quello di un’ulteriore produzione di contenuto .

4. “Circolazione” e “distribuzione” non sono affatto la stessa cosa: la distribuzione di un prodotto dipende dalle scelte dell’industria, mentre la sua circolazione dipende dalle scelte della comunità degli utenti .

5. Oltre a essere “spalmabile”, un contenuto di successo dev’essere anche “trivellabile” [drillable], ovvero: a partire da esso devono essere possibili molteplici approfondimenti, un “andare a fondo” che precisa e arricchisce il messaggio. L’esempio negativo fornito da Jenkins è la recente campagna Kony2012, il cui contenuto era certamente spreadable ma non certo drillable, dato che tutto si fermava alla superficie di un messaggio semplicistico. I realizzatori del video non hanno fornito alcuna chiave o possibilità di approfondire e saperne di più sull’argomento: il sito web era molto povero, lo staff scarsamente preparato etc.

La parte delle domande & risposte è densa e piena di spunti. Parlando del Tea Party, Jenkins spiega che non tutto ciò che viene “dal basso” è per forza buono e progressista: esistono processi “dal basso” nocivi e culture partecipative reazionarie, negli USA come in Europa.

La parte delle domande & risposte è densa e piena di spunti. Parlando del Tea Party, Jenkins spiega che non tutto ciò che viene “dal basso” è per forza buono e progressista: esistono processi “dal basso” nocivi e culture partecipative reazionarie, negli USA come in Europa.

E ora, buon ascolto! http://www.wumingfoundation.com/suoni/Henry_Jenkins_in_Bologna_June27th_2012_part1.mp3

http://www.wumingfoundation.com/suoni/Henry_Jenkins_in_Bologna_June27th_2012_part2.mp3

Non tutti sanno che ... Il Lampione di Palazzo Re Enzo...tratto da Succede solo a Bologna

Posto all'angolo di palazzo Re Enzo, tra Piazza del Nettuno e Via Rizzoli e creato nel 1920, si tratta di uno degli oggetti di arredo urbano più belli della città di Bologna, di grande qualità ed eseguito con cura estrema dei dettagli.Un imponente e splendido elemento decorativo, alto circa tre metri e mezzo, che campeggia all'angolo della facciata nord-ovest del palazzo medievale in Piazza del Nettuno.Recentemente ristrutturato dall'architetto Francisco Giordano, ora annuncia, direttamente collegato con le sale parto di tutta la città, i nuovi nati a Bologna. (oggi, 25 maggio '12, ore 11.45 "segnala" una nuova nascita - foto di Marco Colombari).Dai reparti, attraverso uno specifico software, parte un segnale attivato dal personale che fa scattare la luce del lampione.

Non tutti sanno che...il RUSCO tratto da Succede solo a Bologna

Il vocabolo dialettale Róssc (immondizia, pattume), spesso italianizzato dai bolognesi in Rusco, deriva dal latino classico ruscus, che significa «pungitopo o arbusto cespuglioso», usato anticamente per fabbricare scope.

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34 Arbusto che una volta era facile trovare di fianco a casa e dato che il pattume era solo quel po' che si buttava, tipo ossa o rimasugli di cibo che non mangiavano gli animali, si diceva "sbatl'in tàl ròsc"!! Praticamente lo buttavano sotto la pianta come concime.. E adesso, "al ...sbatain ancòra in tàl rosc!"(suggerita da Simone Perez Calligola)

Non tutti sanno che... "L'Angolo dei Cretini"tratto da Succede solo a Bologna

A Bologna esiste un angolo detto "dei Cretini" (in dialetto l'angól di cretén o al cantån d'inbezéll). Si trova sotto il portico che fa angolo tra Piazza Re Enzo e Via Rizzoli, dove ora si trovano una gioielleria e un edicola. Tale nome deriva dal fatto che un tempo i giovanotti, ma anche gli scansafatiche e i perdigiorno, trascorrevano le loro giornate proprio in questo angolo, fischiando e facendo schiamazzi al passaggio di belle donne...

Navigando qua e là …

Ubuntu: ciò che vorremmo essere

segnalato da Alessandra Mirabelli – tratto da : Sei un Fattone se...

Un antropologo propose un gioco ad alcuni bambini di una tribù africana. Mise un cesto di frutta vicino ad un albero e disse ai bambini che chi sarebbe arrivato prima avrebbe vinto tutta la frutta.

Quando gli fu dato il segnale per partire, tutti i bambini si presero per mano e si misero a correre insieme, dopodiché, una volta preso il cesto, si sedettero e si godettero insieme il premio.

Quando fu chiesto ai bambini perché abbiano voluto correre insieme, visto che uno solo avrebbe potuto prendersi tutta la frutta, risposero "UBUNTU", come

potrebbe uno essere felice se tutti gli altri sono tristi?" UBUNTU nella cultura africana sub-sahariana vuol dire: "Io sono ciò che sono per merito di ciò che siamo tutti"

Abbiamo così tanto da imparare nella nostra "cultura occidentale civilizzata" vero ?

L'ANELLO ...segnalato da Barbara Tinarelli

Uno studente andò dal suo professore con un problema: “Mi sento una nullità, non ho la forza di reagire. Dicono che sono un buono a nulla, che non faccio niente di bene, che sono un idiota. Come posso migliorare? Che posso fare perché mi stimino di più?”Il professore senza guardarlo rispose: “Mi spiace, ragazzo, ma ora non posso aiutarti. Devo prima risolvere un problema mio. Poi, forse.” E facendo una pausa aggiunse: “Se mi aiuti, posso risolvere il mio problema più rapidamente e poi forse posso aiutarti a risolvere il tuo...””Certo, professore!” balbettò il giovane, ma ancora una volta si sentì mortificato.

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35Il professore si tolse un anello dal mignolo e lo diede al ragazzo: “Monta a cavallo e va’ al mercato. Devi vendere questo anello perché devo pagare un debito. Occorre ricavarne il più possibile. Ma non accettare meno di una moneta d’oro. Va e torna con la moneta al più presto!”

Il giovane prese l’anello e partì.Appena giunto al mercato cominciò ad offrire l’anello ai mercanti. Essi lo guardavano con qualche interesse, finché il giovane non diceva quanto chiedeva per l’anello. Quando il giovane menzionava la moneta d’oro, alcuni ridevano, altri se ne andavano senza nemmeno guardarlo; solo un vecchietto fu abbastanza gentile da spiegare che una moneta d’oro era troppo per quell’anello.Tentando di venire incontro al giovane, arrivarono ad offrirgli una moneta d’argento e una coppa di rame, ma il giovane seguiva le istruzioni di non accettare meno di una moneta d’oro e rifiutava ogni offerta.Dopo aver offerto il gioiello a tutti quelli che passavano per il mercato, abbattuto dal fallimento salì a cavallo e tornò indietro. Rimpiangeva di non avere una moneta d’oro per poter comprare egli stesso l’anello in modo da liberare dalle preoccupazioni il suo professore e poter così ricevere i suoi consigli.

Giunto in casa e disse: “Professore, mi spiace tanto, ma è impossibile ottenere quello che mi ha chiesto. Forse potrei ottenere due o tre monete d’argento, tutti dicono che il suo valore è molto inferiore e mi hanno riso dietro… ma, non si dovrebbe ingannare nessuno sul valore dell’anello, non le pare? “”E’ importante quello che dici, giovanotto.” rispose sorridendo “Dobbiamo prima sapere il valore esatto dell’anello. Riprendi il cavallo e vai dal gioielliere. Chiedigli a quanto si può vendere l’anello. Ma non importa quanto lo valuterà, non venderlo. Riportalo poi qui.”Il giovane col solito cavallo andò dal gioielliere e gli chiese di valutare l’anello.Il gioielliere esaminò l’anello con una lente, lo pesò e disse: “Di’ al tuo professore che se vuole venderlo subito non posso dargli più di 58 monete d’oro.”“58 MONETE D’ORO ?” esclamò il giovane.“Sì, “ rispose il gioielliere, “in un altro momento potrei arrivare ad offrire anche settanta monete, ma se ha urgenza di vendere...”

Il giovane corse emozionato a casa del professore per raccontare quel che era successo.”Siediti.” disse il professore e dopo aver ascoltato tutto il racconto, parlò con calma: “Tu sei come questo anello, un gioiello prezioso e unico. Può essere valutato solo da un esperto. Pensavi forse che qualunque persona fosse in grado di scoprire il suo vero valore?”Così dicendo, si rimise l’anello al dito.

Tutti noi siamo come quel gioiello.Preziosi e unici, andiamo per tutti i mercati della vita pretendendo che persone inesperte ci valutino. Solo lo specialista, il grande Gioielliere, conosce il tuo vero valore.

Immagine tratta: Marco Casagrande Orafo - Archeologo Sperimentale - in Bologna

“le femmine profumano di fragole e di uva verde” Giacomo Pontecorvo (anni 4)

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perché la fede nuziale si mette nel IV dito ?di Angelo BiancoImpressionante, non ho mai sentito una spiegazione così logica e bella del perché la fede nuziale si usa nel quarto dito... Leggete ne vale la pena.

Una leggenda cinese è riuscita ad spiegare in una maniera molto convincente: Il pollice rappresenta i genitori. L'indice rappresenta i fratelli, sorelle e amici. Il dito medio rappresenta te stesso. L'anulare (quarto dito) rappresenta il tuo coniuge. Il mignolo rappresenta i tuoi figli. Ora unisci le tue mani, palmo contro palmo, poi unisci un dito medio all'altro facendo in maniera che essi puntino verso te, come nella immagine...Ora tenta separare in maniera parallela i tuoi pollici (genitori) noterai che si separano perché i tuoi genitori non sono destinati a vivere con te sino alla tua morte,

unisci le dita nuovamente. Ora faccia lo stesso con gli indicatori (fratelli, sorelle e amici) anche essi si separano perché loro se ne vanno ognuno alla ricerca del suo destino, unisci nuovamente le dita. Ora tenta separare i mignoli (figli) anch'essi si separano perché i figli crescono e quando possono farcela da soli se ne vanno, unisci nuovamente le dita. Finalmente prova a separare le dita anulare (coniuge)e ti sorprenderai quando non riuscirai assolutamente separale. Questo è dovuto al fato che una coppia è destinata a stare assieme sino a l'ultimo giorno della loro vita, ed è per questo che la fede si usa nel quarto dito.

tratto da Suoni Ribelli"Sono avaro di quella libertà che sparisce

non appena comincia l'eccesso dei beni."

Albert Camus

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37TESTAMENTO DI UN CANEtratto da IL COMPORTAMENTO DEL CANE E LE PRINCIPALI ANOMALIE COMPORTAMENTALI(Anonimo)

"Amico mio, la mia eredità non è fatta di beni materiali, ma resteranno tuoi per sempre l'allegria, la gioia di vivere, il rispetto che spero di averti insegnato in tanti anni di vita in comune. Se sono riuscito a spiegarti cos'è l'amore di un cane e tu sarai capace di regalare un amore che gli assomigli anche solo un po’ - a qualsiasi essere vivente, uomo o animale che sia - spero di averti lasciato un bene inestimabile e scodinzolerò felice tra le nuvole.Una raccomandazione: non provare a dimenticarmi, non ci riusciresti... e non dire: "Basta animali, ho sofferto troppo"; se lo dicessi, vorrebbe dire che non ti ho lasciato nulla.Se ti ho insegnato l'amore dimostramelo, offrendolo ad un altro animale: ti darà anche lui tenerezza, allegria ed ancora amore. E alla fine ti lascerà un testamento come questo. Così senza accorgertene, continuerai ad imparare e crescere, ed un giorno ci ritroveremo tutti insieme in un unico paradiso, perché non c'è un Paradiso per gli uomini ed un Paradiso per gli animali, ce n'è uno solo per tutti quelli che hanno imparato ad amare".

Al mondo non esiste miglior antidepressivo di un cucciolo

che ti lecca la faccia.

ANONIMO

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“Ha permesso alla sua musica reggae di elevarci, informarci, intrattenerci, ispirare, ed attuare il cambiamento nel mondo. Bob Marley è un musicista, un poeta e cantautore, un filosofo, un soldato, un attivista e un leader “Cedella Marleytratto dal sito ufficiale di Bob Marley

«C'è una rivoluzione che dobbiamo fare se vogliamo sottrarci all'angoscia, ai conflitti e alle frustrazioni in cui siamo afferrati. Questa rivoluzione deve cominciare non con le teorie e le ideologie, ma con una radicale trasformazione della nostra mente.» (J. Krishnamurti, Di fronte alla vita)

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tratto daIl blog di un folle

L’amore dagli occhi di un uomo distratto...Lecce 17.06.2012 Tratto da Luna's Blog

Mentre mia moglie mi serviva la cena, le presi la mano e le dissi:'' Devo parlarti''.Lei annui e mangio' con calma. La osservai e vidi il dolore nei suoi occhi....quel dolore che all'improvviso mi bloccava la bocca... mi feci coraggio e le dissi: ''Voglio il divorzio''. Lei non sembrò disgustata dalla mia domanda e mi chiese soavemente: ''Perché?''.Quella sera non parlammo più e lei

pianse tutta la notte. Io sapevo che lei voleva capire cosa stesse accadendo al nostro matrimonio, ma io non potevo risponderle ...aveva perso il mio cuore a causa di un'altra donna ...Giovanna!Io ormai non amavo più mia moglie...mi faceva solo tanta pena...mi sentivo in colpa, ragion per cui sottoscrissi nell'atto di separazione che a lei restasse la casa, l'auto e il 30% del nostro negozio. Lei quando vide l'atto lo strappo a mille pezzi! ''Come ?! avevamo passato dieci anni della nostra vita insieme ed eravamo ridotti a due perfetti estranei?!''A me dispiaceva tanto per tutto questo tempo che aveva sprecato insieme a me ...per tutte le sue energie....però non potevo farci nulla...io amavo Giovanna!All'improvviso mia moglie cominciò a urlare e a piangere ininterrottamente per sfogare la sua rabbia e la sua delusione....l'idea del divorzio cominciava ad essere realtà. Il giorno dopo tornai a casa e la incontrai seduta alla scrivania in camera da letto che scriveva...non cenai e mi misi a letto...ero molto stanco dopo una giornata passata con Giovanna.

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40Durante la notte mi svegliai e vidi mia moglie sempre lì seduta a scrivere...mi girai e continuai a dormire. La mattina dopo mia moglie mi presentò le condizioni affinché accettasse la separazione. Non voleva la casa, non voleva l'auto, tanto meno il negozio...soltanto un mese di preavviso..quel mese che stava per cominciare l'indomani. Inoltre voleva che in quel mese vivessimo come se nulla fosse accaduto!Il suo ragionamento era semplice : ''Nostro figlio in questo mese ha gli esami a scuola e non è giusto distrarlo con i nostri problemi''.Io fui d'accordo però lei mi fece un ulteriore richiesta:''Devi ricordarti del giorno in cui ci sposammo, quando mi prendesti in braccio e mi accompagnasti nella nostra camera da letto per la prima volta...in questo mese però ogni mattina devi prendermi in braccio e devi lasciarmi fuori dalla porta di casa '. Pensai che avesse perso il cervello, ma acconsentii per non rovinare le vacanze estive a mio figlio per superare il momento in pace. Raccontai la cosa a Giovanna che scoppio' in una fragorosa risata dicendo: ''Non importa che trucchi si sta inventando tua moglie...dille che oramai tu sei mio...se ne faccia una ragione!''Io e mia moglie era da tanto che non avevamo più intimità, cosi' quando la presi in braccio il primo giorno eravamo ambedue imbarazzati ...nostro figlio invece camminava dietro di noi applaudendo e dicendo: ''Grande papà, ha preso la mamma in braccio!''Le sue parole furono come un coltello nel mio cuore...camminai dieci metri con mia moglie in braccio ...lei chiuse gli occhi e mi disse a bassa voce: ''Non dirgli nulla del divorzio ..per favore” Acconsentii con un cenno, un po' irritato, e la lasciai sull'uscio. Lei uscì e andò a prendere il bus per andare al lavoro. Il secondo giorno eravamo tutti e due più rilassati ...lei si appoggiò al mio petto e potetti sentire il suo profumo sul mio maglione. Mi resi conto che era da tanto tempo che non la guardavo... Mi resi conto che non era più così giovane... qualche ruga... qualche capello bianco...! Si notava il danno che le avevo fatto! ma cosa avevo potuto fare da ridurla cosi'?Il quarto giorno, prendendola in braccio come ogni mattina avvertii che l'intimità stava ritornando tra noi...questa era la donna che mi aveva donato dieci anni della sua vita, la sua giovinezza, un figlio....e nei giorni a seguire ci avvicinammo sempre più.Non dissi nulla a Giovanna per rispetto!Ogni giorni era più facile prenderla in braccio e il mese passava velocemente. Pensai che mi stavo abituando ad alzarla , e per questo ogni giorno che passava la sentivo più leggera.Una mattina lei stava scegliendo come vestirsi... si era provata di tutto, ma nessun indumento le andava bene e lamentandosi disse: ''I miei vestiti mi vanno grandi” Lì mi resi conto che era dimagrita tanto...ecco perché mi sembrava così leggera! Di colpo mi resi conto che era entrata in depressione...troppo dolore e troppa sofferenza, pensai. Senza accorgermene le toccai i capelli ...nostro figlio entrò all'improvviso nella nostra stanza e disse: “Papà è arrivato il momento di portare la mamma in braccio” (per lui era diventato un momento basilare della sua vita). Mia moglie lo abbracciò forte ed io girai la testa ...ma dentro sentivo un brivido che cambiò il mio modo di vedere il divorzio. Ormai prenderla in braccio e portarla fuori cominciava ad essere per me come la prima volta che la portai in casa quando ci sposammo...la abbracciai senza muovermi e sentii quanto era leggera e delicata ...mi venne da piangere!L'ultimo giorno feci la stessa cosa e le dissi: ''Non mi ero reso conto di aver perduto l'intimità con te”Mio figlio doveva andare a scuola e io lo accompagnai con la macchina...mia moglie restò a casa. Mi diressi verso il posto di lavoro, ma a un certo punto, passando davanti casa di Giovanna, mi fermai, scesi e corsi sulle scale, lei mi aprì la porta e io le dissi: ''Perdonami..ma non voglio più divorziare da mia moglie”; lei mi guardò e disse: “Ma sei impazzito?” Io le risposi : “No...e' solo che amo mia moglie...era stato un momento di noia e di routine che ci aveva allontanato ..ma ora ho capito i veri valori della vita , dal giorno in cui l'ho portata in braccio mi sono reso conto, osservandola e guardandola, che dovevo farlo per il resto della mia vita!”Giovanna pianse mi tirò uno schiaffo e entrò in casa sbattendomi in faccia la porta. Io scesi le scale velocemente, andai in macchina e mi fermai in un negozio di fiori, le comprai un mazzo di rose e la ragazza del negozio mi disse: “Cosa scriviamo sul biglietto?”

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41le dissi:''Ti prenderò in braccio ogni giorno della mia vita finché morte non ci separi''Arrivai di corsa a casa, feci le scale, entrai e di corsa mi precipitai in camera felicissimo e col sorriso sulla bocca, ma mia moglie era a terra ...morta!Stava lottando contro il cancro ...ed io che invece ero occupato a passare il tempo con Giovanna, senza nemmeno accorgermene.Lei per non farmi pena non me lo aveva detto, sapeva che stava per morire e per questo mi chiese un mese di tempo...sì, un mese...affinché a nostro figlio non rimanesse un cattivo ricordo del nostro matrimonio....affinché nostro figlio non subisse traumi... affinché a nostro figlio rimanesse impresso il ricordo di un padre meraviglioso e innamorato della madre.

Questi sono i dettagli che contano in una relazione...non la casa....non la macchina....non i soldi...queste sono cose effimere che sembrano creare unione e invece dividono. Cerchiamo sempre di mantenere il matrimonio felice...ricordando sempre il primo giorno di questa bella storia d'amore.A volte non diamo il giusto valore a ciò che abbiamo fino a quando non lo perdiamo.

Tratto da La cultura negli aforismi

"Esistono cammini senza viaggiatori. Ma vi sono ancor più viaggiatori che non hanno i loro sentieri"

(Gustave Flaubert), Lettere a Louise Colet, 1846/55

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"Siamo tutti dei visitatori di questo tempo e di questo luogo. Noi non facciamo altro che attraversarli. Il nostro compito qui è di osservare, imparare, crescere e amare. Dopo di che ritorneremo a casa".(Proverbio aborigeno)

tratto da Anonymous ART of Revolution

"La strada mi arricchisce, continuamente. Lì avvengono gli incontri più significativi, l'incontro della vera sofferenza, l'incontro di chi però ha ancora tanta speranza e allora guarda, attende. Per la strada nascono le alternative, nasce il voler conquistare dei diritti".(Don Andrea Gallo)

tratto da La cultura negli aforismi

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tratto da viol@ uniti

"Il fascismo si cura leggendo e il razzismo si cura viaggiando"(Miguel de Unamuno)

"Nella vita incontrerai 3 tipi di persone:quelle che ti cambieranno la vita,quelle che ti rovineranno la vitae quelle che saranno la tua vita.(Vecchio Proverbio Africano)

"Dona a chi ami ali per volare.. radici per tornare..

e motivi per rimanere.."(Dalai Lama)

tratto da Il Senso Della Vita

Un saggio indiano stava insegnando la vita ai suoi nipotini.Egli disse loro: “Dentro di me infuria una lotta, è una lotta terribile fra due lupi.

Un lupo rappresenta la paura, la rabbia, l’invidia, il dolore, il rimorso, l’avidità, l’arroganza, l’autocommiserazione, il senso di colpa, il rancore, il senso d’inferiorità, il mentire, la vanagloria, la rivalità, il senso di superiorità e l’egoismo.

L’altro lupo rappresenta la gioia, la pace, l’amore, la speranza, il condividere, la serenità, l’umiltà, la gentilezza, l’amicizia, la compassione, la generosità, la sincerità e la fiducia.La stessa lotta si sta svolgendo dentro di voi e anche dentro ogni altra persona.”I nipoti rifletterono su queste parole per un po’ e poi uno di essi chiese:“Quale dei due vincerà?”L’anziano rispose semplicemente:“Quello che nutri.”

Anonymous ART of Revolution

Non temo per la possibilità che nel 2012 il mondo possa finiretemo che il mondo possa continuare senza cambiare nulla

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segnalato da Sabrina Gavelli

MamAfrica

10 verità davvero scioccanti riguardo alla schiavitù nel mondo:

1) Ci sono più persone in schiavitù ai nostri giorni che in tutte le altre epoche della storia umana.2) Il "valore" degli schiavi è diminuito.3) La schiavitù esiste persino nei civilissimi USA, Europa e Italia.4) La schiavitù è nascosta dietro molti altri nomi, in modo da mascherarla di fronte alla società.5) Il metodo per la schiavitù meno conosciuto è anche il più usato: i lavori forzati.6) Il traffico di vite umane recentemente è stato definito come "l'affare criminale a più rapida crescita nel mondo".

7) Per poter comprare tutti i lavoratori legati alla schiavitù allo scopo di liberarli, occorrerebbe spendere circa 30 euro a famiglia.8) In questo modo si potrebbe mettere fine a tutte le schiavitù nel giro di 25 anni.9) Molti beni realizzati da schiavi entrano nelle nostre case senza che noi ci rendiamo conto della loro origine10) Solo noi possiamo fare la differenza per risolvere il problema della schiavitù nel mondo.

Ciò che più spaventa è il fatto che l'uomo, nonostante tutte le scoperte scientifiche, il progresso tecnologico, l'evoluzione del diritto, le religioni, il pacifismo, l'ambientalismo, non è stato capace di allontanarsi da una condizione di bestialità davvero inammissibile.

La bestialità umana non ci avvicina affatto agli animali, ma ci allontana da tutto ciò che abbia una parvenza di dignità.

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tratto da Aboriginal and Tribal Nation News.

Negli occhi di un bambinosi può vedere il Mondo... così,come dovrebbe essere

-Anonimo-

Ricorda la tua nascita, come tua madre ha lottato per darti la vita.Tu sei la prova della sua vita, così come lei è la prova della vita di sua madre, e sua madre della madre e così via...Ricorda il ventoRicorda la sua voceLei conosce l'origine di questo universoRicorda che tu sei tutte le persone e che tutte le persone sono teRicorda che tu sei l'universo e che l'universo è teRicorda che tutto ciò che è in movimento, in crescita … è teRicorda che la tua lingua deriva da tutto questoRicorda che il linguaggio della danza è vitaRicordati di ricordare.

DEFAULT IN BLUES (rap)di Marco Cinque

Lo sai che l'altro giorno i mercati mi han chiamatochiamato dai mercati ma non sono più tornato

che prima hanno sorriso - poi mi hanno sequestratoe adesso è da precario che mi sono suicidato.

E quando ero già morto - la borsa un po' salivae quando ero sepolto - lo spread diminuivaun cane che passava sulla lapide ha pisciato

e un topo rinsecchito il mio naso ha rosicchiato.

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46Persino nella bara non ci trovo punti fermi

che dentro questa terra son fottuto da quei vermied anche giù all'inferno m'hanno subito cacciato

dall'ultimo girone sono già stato sfrattato.D'un tratto dentro a un cesso - mi sono risvegliato

è stato solo un sogno - sogno di disoccupatoma già sono tornato uno schiavo del mercatoche prima m'ha sfruttato - e dopo licenziato.

Questi governi tecnici guidati da banchieriche in nome di equità - ci stan facendo neripiù piangono più fottono leccandosi le dita

tutelano la borsa - sputando sulla vita.Ho dato in pegno pure 'sti quattro denti d'oro

la povera repubblica è sfondata sul lavoroche abusa dei doveri ma dimentica i dirittilasciando mani libere a farabutti e dritti.

Adesso mi ritrovo senza niente sulla stradaguardando le vetrine: vesti Gucci, vesti Pradache è solo per la moda che l'Italia s'è salvata

ma un sasso fatto rabbia la vetrina l'ha spaccata.E sasso dopo sasso è cresciuta una valanga

che dopo la vetrina adesso tocca ad una bancala rabbia annusa bene qual'è l'aria che ora tiravolgendosi ai mercati - aggiusta la sua mira.

Chi s'accontenta gode, cinguettano i padronima qui noi siamo stanchi di far sempre i coglioni

e se il capitalismo ancor non s'è fermatolo fermeremo noi - con un colpo di stato.

Un colpo al cuore marcio di questo liberismoper smascherare meglio il democratico fascismo

di tutti i bocconiani faremo un sol bocconeai titoli drogati - daremo il metadone.

Del Fondo monetario faremo una latrinadelle agenzie di rating - una carneficina

non ci sarà un oppure - non ci sarà un invecenoi non ci arrenderemo al buio della specie.

E baciami giustizia - abbracciami uguaglianzala libertà attraversa questi muri di speranzae ritornando nudi senza patrie né frontiereper un futuro nuovo - di rosse primavere.

http://www.mediconadir.it/node/490

immagine tratta da:el puercospìn.com

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Per voi cosa significa estate?

di Sara Luccarini

E’ una domanda assai strana… ma se ci si pensa un po’ su, per ogni persona una stagione, o un giorno particolare dell’anno è automaticamente un ricordo molto personale.Per me l’estate significa due cose: amici e libertà…Il caldo, l’aria afosa, in questo periodo rendono le foglie degli alberi giallastre, con quell’aspetto da carta da lettera vecchia, quell’aspetto da ricordo passato, ma ancora vivo.

Dall’ultimo giorno di scuola sono trascorse due settimane che mi sembrano veramente “volate”. Tutti i giorni tutto il tempo è a disposizione, e lo si vorrebbe usare nel miglior modo possibile: io e i miei amici andiamo in giardino a giocare a calcio, anche se è molto caldo, ma comunque quando rientriamo in casa, in gruppetti da tre, veniamo “consolati” dal ventilatore.Queste situazioni, a volte, mi fanno pensare al significato della giovinezza: essere sicuri del proprio tempo che sembra infinito, un tempo da condividere con gli amici liberamente. Questo a volte si dimentica durante l’inverno, che rimescola un po’ le carte a favore della tristezza, a causa del freddo. Ma da giugno il sentimento si fa di nuovo vivo, si recuperano le amicizie e la voglia di libertà.

L'estate per noi ragazzi è quella frazione dell'anno che porta la libertà di “mollare” tutto, come se d'improvviso non fossimo più responsabili, in quanto ci sentiamo alleggeriti dagli impegni scolastici che, invece, per tutto il restante anno dominano le nostre giornate. Si va a fare festa con gli amici, si va in vacanza con i parenti, si va alla scoperta del nuovo, dello sconosciuto che, anziché intimorire, in estate diventa più facile ed apprezzabile.In estate, alcuni ragazzi si allontanano dal loro Paese alla ricerca di esperienze di studio, come di avventure in luoghi lontani sinanche abbronzature spettacolari.La cosa che preferisco di più in estate è quando, di sera, dopo una lunga ed afosa giornata, io e il mio gruppetto di amici andiamo a bagnarci sotto gli irrigatori: non ci importa se ci sporchiamo, o se disturbiamo la quiete degli adulti, perché è la nostra estate, e vogliamo viverla…

Questo ovviamente non vuole essere un articolo informativo, ma una mia modalità per potere condividere con voi le mie sensazioni... a questo serve scrivere, no?!Mi piacerebbe moltissimo che qualcun altro desse seguito a queste mie emozioni, è piacevole e costruttivo riuscire a condividere esperienze ed emozioni, perché non lo facciamo ? Potrebbe diventare il nostro gioco!

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Calpestando la legge degli dei

di Tino Di Cicco

C’era fame del pane, e quando il pane è arrivato in abbondanza, è arrivata anche l’anoressia.C’era fame di sesso, e quando il sesso è diventato facile facile, è arrivato anche l’androginismo.

Le persone più sensibili non riescono ad accettare una identificazione eccessiva con l’istinto animale che ci governa; sentono altro dentro sé, e devono difenderlo anche se non trovano le ragioni, né le parole per dirlo.L’androgino e l’anoressico forse non sono malati, forse malata è una società che ha ceduto al primato della materia come se noi non fossimo altro.Naturalmente noi siamo anche materia; abbiamo perciò bisogno di alimentare i nostri istinti; ma siamo anche altro. Ma se tutta la “pedagogia” della società spinge verso l’esibizionismo di cibo, di abiti, di sesso, di potere, allora sarà difficile per i puri di cuore non essere anoressici o androgini. Tentano così di difendere qualcosa in loro che non riesce ad esprimersi se non in modo “patologico”. E’ difficile per loro poter sentire come “normale” una anormalità condivisa.E’ vero che noi non abbiamo altro parametro per capire il vero e il falso, se non quelli dettati dal numero: se quasi tutti fanno la stessa cosa, allora diciamo che quella cosa è bene; se invece una persona pura continua a battersi per l’invisibile, questo è male, perché gli anarchici , eretici e i solitari, minano le basi condivise della società.

Così Antigone che per amore sfidava le leggi della città doveva essere murata viva. Così Gesù che per amore del cielo non cede alla Legge ereditata dagli uomini, deve essere appeso alla croce; e violenze analoghe devono subire tutti quelli che si sono incamminati sulla strada della purezza.Gli uomini amano il giusto, il puro, il vero; ma soprattutto vogliono vivere. E se sono costretti a scegliere tra la verità e la vita, scelgono la vita e la chiamano verità.Da questo bisogno nascono tutte le mistificazioni e le idolatrie degli uomini. Se dicessero : io sono così, e voglio vivere. Anziché dire : la mia vita coincide con la verità, sarebbe più facile capirsi.Ma noi dobbiamo essere come siamo (è impossibile essere diversi da come si è), e nello stesso tempo sentiamo tutta l’importanza di essere legati al bene, per poter vivere (bene).Ci manca l’onestà per ammettere che tra il Bene e noi c’è di mezzo l’oceano celeste, e noi non possiamo fare neanche un passo verso il bene, se non è lo stesso Bene a “volerlo”.Ma una civiltà che adora l’io come se fosse dio, non potrà mai accettare la casualità dell’uomo nell’universo. Non potrà mai accettare che i “valori” delle maggioranze non coincidano con il bene assoluto.Siamo lontanissimi dal vero, ma bisogna far finta che non sia così.

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Era un giorno d'estate …di Monica Donadio

Un giorno d'estate di tanti anni fa, avevo quattro anni, quasi cinque...Questa mattina io e la mamma ci prepariamo per andare in stazione a fare i biglietti perché tra qualche giorno andiamo in montagna...sì sulle mie montagne e io non vedo l'ora...mi piace andare in montagna con il treno, prima con quello grande fino a Udine poi con il mio preferito, il “trenino del Far West”, quello che ci porta fino alla Carnia dove poi “Buritt” ci viene a prendere con il pulmino...mi piacciono i treni e così sono contenta di andare in stazione con la mamma.… ma prima dobbiamo passare in via Solferino, dove ci aspetta la Franca che

viene con noi in stazione, ha con sé suo nipote nel passeggino, ci salutiamo e poi via, in cammino...Mi sono messa le scarpe nuove, quelle gialle che si allacciano in caviglia con i fiocchi ma ho paura di avere sbagliato, mi comincia a fare male il tallone e mi sa che mi sta venendo una vescica.Malgrado il mio piede, eccoci alla stazione dove c'è sempre un gran via e vai di persone... ci mettiamo in fila alla biglietteria centrale e riusciamo a fare i biglietti per me, la mamma, il babbo e la nonna, ma non possiamo lasciare a casa Miele, la nostra cagnolina, e così la mamma chiede dove si fa il biglietto per lei... ci dicono di spostarci alla biglietteria secondaria, in fondo alla stazione, ma il mio piede mi fa tanto male, così passiamo alla baracchina dei giornali e la mamma mi compra i cerotti.

Arrivati nell'altra biglietteria, la mamma mi prende in braccio e mi mette a sedere sul davanzale della finestra, mi tolgo la scarpa e la tengo in mano e la mamma apre il cerotto per il mio piede e...un boato fortissimo...cos'è, non capisco, guardo il soffitto e vedo i pannelli neri che cadono, la mamma che dice “è un autobus” perché vede l'autobus sul piazzale fare una piroetta su sé stesso e io invece urlo in lacrime “è una bomba mamma, è una bomba!!!”...non capisco niente, sento solo la mamma che mi prende sotto al braccio e corre fuori...io ho sempre la mia scarpa in mano e la tengo stretta perché non la voglio perdere...sono le mie scarpe nuove...arriviamo fuori e, malgrado il panico, riesco a rimettermi la scarpa e ad appoggiarmi a terra, ma la mamma dice che deve tornare dentro che ha scordato la borsa, io la prego di non lasciarmi lì, di non andare, piango ma lei va... passa il tempo, mi sembra un'eternità, mi guardo attorno e vedo un uomo nudo, pieno di sangue... un altro con in braccio due bambini... e poi la mamma che torna con la sua borsa. Ci allontaniamo finalmente da quell'inferno diretti di nuovo in via Solferino e per strada incontriamo il babbo che ci sta raggiungendo, preoccupato...Era un giorno d'estate di tanti anni fa...era il 2 agosto del 1980 ed io alle 10.25 ero seduta sul davanzale della finestra nella biglietteria secondaria della stazione di Bologna...e questi sono i miei ricordi, i miei ricordi di bambina che nella sua innocenza non aveva capito l'inferno in cui si era trovata, e la fortuna che aveva avuto ad uscirne viva...

STRAGI E MANDANTI. Sono veramente ignoti gli ispiratori dell’eccidio del 2 agosto 1980 alla stazione di Bologna?di Paolo Bolognesi, Roberto Scardovatratto da Aliberti editore

La verità sulle stragi è a portata di mano. I “misteri” della nostra storia recente non possono più dirsi tali: restano soltanto accertamenti da completare, silenzi omertosi da sciogliere. E conclusioni da trarre, anche quando non gradite.I materiali raccolti nell’ambito dei processi per le stragi di piazza Fontana, di Brescia, dell’Italicus e di Bologna consentono di ricostruire

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50la nascita e lo sviluppo della strategia della tensione e di riconoscerne protagonisti e promotori, con i loro complici dentro e fuori le strutture dello Stato. Questo libro riassume una parte consistente delle nuove acquisizioni, e intende proporre una riflessione sulle minacce alla democrazia portate dall’intreccio di massoneria occulta, organizzazioni clandestine, criminalità organizzata, mafia e terrorismo neofascista. In obbedienza alla strategia atlantica della “guerra non ortodossa”, volta a impedire l’evoluzione degli equilibri politici e la legittima ascesa delle classi popolari al governo del Paese.

il 2 agosto 2012, alle ore 19:00 presentazione del libro “Stragi e mandanti” presso la libreria Ambasciatori di Bologna con la partecipazione di Carlo Lucarelli.

Strage di Bologna, tutti unitiCercare i mandanti è un dovere

di Antonio Amorosi2 agosto 2012 – tratto da Affari italiani.it

Bologna - Erano in 8.000, le persone che questa mattina hanno sfilato da piazza del Nettuno fino alla stazione di Bologna per commemorare le strage del 2 agosto 1980. Molte le autorità presenti tra cui il Sindaco di Bologna Virginio Merola e il presidente della Regione Vasco Errani oltre a consiglieri locali, politici, forze dell'ordine e tantissimi comuni cittadini. Al corteo anche Salvatore Borsellino, fratello del magistrato ucciso dalla mafia: "Sono qui per far sentire la mia vicinanza ai familiari delle vittime di Bologna perché la nostra sia una lotta comune”, ha dichiarato. Molti anche i gonfaloni degli enti locali, non solo emiliano-romagnoli. Presenti quelli della Provincia di Prato, di Trento, Bari, Milano, Firenze, Fucecchio (Pistoia), Castelfiorentino (Arezzo), Verona (il sindaco Flavio Tosi ha inviato anche una targa commemorativa), la Regione Toscana e la Puglia.

II Ministro degli Interni. In rappresentanza del Governo il Ministro degli Interni Anna Maria Cancellieri che torna a Bologna dopo esserne stata il commissario prefettizio in seguito alle dimissioni del sindaco Flavio Delbono."Considero un onore poter essere qua, non e' la prima volta. Sono onorata di poterlo fare oggi come rappresentante del Governo". E aggiunge. "Per troppo tempo abbiamo assistito

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51all'indecoroso esibizionismo dei carnefici, che ha prevaricato i diritti delle vittime. E' una stortura della nostra democrazia, e' un prezzo altissimo che dobbiamo pagare per la conquista e il consolidamento dei valori di liberta' che proprio il terrorismo vuole negare". Cancellieri assicura: "Io sono con voi, pronta a percorrere tutte le strade che possono portarci a comprendere quello che accadde in quegli anni". Il ministro ricorda le

parole del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e invita a una ricerca della verita' fatta con "rigore di metodo e giusto distacco, senza pregiudizi di sorta e con spirito laico". E poi scherza una volta scesa dal palco delle commemorazioni ricordando le contestazioni che si susseguono negli anni: "Io, il primo ministro applaudito in 32 anni? C'e' sempre una prima volta...". Il capo dello Stato. Giorgio Napolitano, come ogni anno ha inviato una lettera alla città e ai familiari delle vittime. "Nel trentaduesimo anniversario della strage rivolgo il mio pensiero commosso alle ottantacinque vittime di quel vile atto terroristico e agli oltre duecento feriti, rimasti indelebilmente segnati dall'orrore di quella mattina, e sono vicino ai famigliari delle vittime e dei feriti. Il decorrere del tempo non lenisce il loro dolore e rinsalda in essi l'impegno nel perpetuare la memoria di uno dei più tragici fatti della storia del nostro paese". “In questa ottica, assumono particolare importanza sia le iniziative intraprese per ricostruire ogni aspetto delle inchieste giudiziarie e parlamentari sulla strage sia quelle, umanamente toccanti, che ripercorrono quel drammatico 2 agosto 1980 attraverso i volti e le storie delle vittime e di tutti coloro che hanno visto violentemente interrotti sogni, speranze...” La Curia di Bologna. “Chi sa parli!” ha detto anche il numero due della Curia, monsignor Giovanni Silvagni, questa mattina nell'omelia durante la messa di suffragio in ricordo delle vittime. Ed ha aggiunto: "alla luce di Cristo dobbiamo aggiungere anche che nessuna giustificazione potra' mai approvare quelle stragi, l'operato dei mandanti e degli esecutori, ma neppure potra' approvare i silenzi, le omissioni, le verita' di comodo e quelle precostituite, gli insabbiamenti, i depistaggi a cui tutti i regimi fanno ricorso".La polemica. A margine del discorso del presidente dell'Associazione delle vittime Paolo Bolognesi le polemiche con il deputato di Fli Enzo Raisi che non crede alla matrice neofascista e a Mambro e Fioravanti come esecutori materiali (i due sono stati condannati per il delitto) ma avvalla una pista teutonico-palestinese. Secondo il deputato bisogna cercare la traccia che porta a un carico di esplosivo palestinese transitato a Bologna ed esploso in seguito a decisioni ancora da accertare. Dopo un attacco ricevuto da Raisi in merito alla sua legittimità a rappresentare le vittime il presidente dell'Associazione stragi Paolo Bolognesi accusa il deputato di voler confondere le acque e che ci siano“altissime protezioni a livello istituzionale per difendere chi commise la strage”.Un nuovo libro appena pubblicato e scritto anche da Bolognesi rivelerebbe la pista che conduce ai mandanti. Ad Affaritaliani Emilia Romagna l'intervista all'autore e presidente dell'associazione

2 AGOSTO 1980...

di Roberto Amori

Poco dopo il tragico evento il bus Fiat 421 matricola 4030, le cui foto fecero il giro del mondo, rientrò in servizio come tutti gli altri bus dell'ATC: la mattina della strage in stazione, alle 10:25, si trovava ferma al capolinea della linea 37 in attesa del nuovo turno. Dopo l'esplosione il bus, al quale i Pompieri segarono i maniglioni di accesso per facilitare l'ingresso delle barelle, venne utilizzato per trasportare verso gli Ospedali i feriti meno gravi per non impegnare oltre le Autoambulanze. Purtroppo, col passare

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52delle ore, subentrò infine l'esigenza di trasportare i corpi martoriati delle vittime e fu così che, alla guida degli autisti Melloni e Bonfiglioli, la 4030 iniziò la spola tra la Stazione e l'Obitorio di Bologna allora ubicato in Via Irnerio. Nel tempo, per altri venti anni, ho più volte visto e preso la 4030 in giro per Bologna: nella foto che allego siamo nel 1981 a Porta San Felice... oggi, come sapete, è giustamente preservata nel nostro Museo dei Trasporti di Bologna.

Come gli altri anni, da appassionato di faccende urbane e cittadine, ho così voluto dare anch'io, un piccolo contributo al 2 Agosto da questo punto di vista.

Angiotermografia dinamica (DATG), nuova tecnica diagnostica

a prevenzione del cancro alla mammella (15 maggio '12)

A proposito di prevenzione del cancro alla mammella il dottor Daniele Montruccoli ci

introduce all'angiotermografia dinamica : una tecnica diagnostica rivelatasi estremamente valida nella

diagnosi delle lesioni tumorali e pre-neoplastiche mammarie. Se la si affianca alle altre metodiche già in uso per lo screening, mammografia ed ecografia, il risultato è davvero interessante, in quanto ne aumenta significativamente la specificità, in particolare nelle giovani donne.

La DATG è una tecnica non invasiva che può essere utilizzata in donne di ogni età, facilmente ripetibile, indolore, priva di rischi ed i suoi costi molto bassi.ideazione e realizzazione: Paolo Mongiorgi e Luisa Barbieri produzione : Arcoiris TVNESSUN DIRITTO RISERVATO Questo documentario può essere divulgato, riprodotto, distribuito, regalato, esposto, rappresentato in pubblico senza nessuna limitazione.Visita il sito: www.breastlife.it

L'angiotermografia dinamica (DATG) è una tecnica diagnostica che si è rivelata estremamente valida nella diagnosi delle lesioni tumorali e pre-neoplastiche mammarie in quanto si può affiancare con ottimi risultati, in particolare in giovani pazienti, alle altre metodiche già in uso per lo screening: la mammografia e l'ecografia senza con queste essere in competizione.E' una tecnica non invasiva che può essere applicata a donne di tutte le età, ed è facilmente ripetibile, indolore, priva di rischi ed i suoi costi molto bassi.La DATG è uno strumento diagnostico veramente promettente nella valutazione delle giovani pazienti con alta densità della ghiandola mammaria e nella prevenzione del carcinoma della mammella in donne portatrici dei geni BRCA-1 e BRCA-2 correlati con l'insorgenza del carcinoma.L'angiotermografia dinamica (DATG) è in grado di localizzare anche stati preinvasivi, e di evidenziare chiaramente mediante cambiamenti nel pattern l'insorgenza di essi. E' evidente che una tale possibilità assicura risultati clinici molto importanti, al limite con la prevenzione secondaria organo-specifica. La capacità di controllare il flusso funzionale ematico tipica della metodica permette sia di evidenziare localizzazioni multifocali che di controllare in periodo post operatorio l'eventuale comparsa di recidive locali. Esiste cioè un totale controllo dell'evoluzione della malattia e di conseguenza una forte ottimizzazione dei risultati.La DATG e' considerata una tecnica diagnostica che usa una tecnologia ottica, mediante il rilevamento di un'immagine ottenuta appoggiando una placca di cristalli liquidi micro incapsulati alla mammella.Quest'immagine che risulta rientrare nella categoria della "termografia mammaria" è basata sull'interpretazione qualitativa dei vasi sanguigni della mammella, mediante lo studio della circolazione e microcircolazione della ghiandola mammaria e della presenza di neo-angiogenesi.

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53La neoangiogenesi infatti ha un ruolo cruciale nella crescita e progressione del tumore, inoltre la presenza e l'estensione dell'angiogenesi può fornire parametri per la prognosi del tumore ed essere usata per sviluppare nuove strategie diagnostiche e terapeutiche. L'utilizzo del dispositivo per queste applicazioni è limitato esclusivamente a medici.Non essendo una tecnica radiologica non e' obbligatorio un medico specialista in radiologia per redigere il referto, anche se ne consiglia l'uso proprio a questi specialisti, ma possono essere tutti i medici che quotidianamente si occupano di senologia.Se ne suggerisce l'utilizzo alle seguenti specialità mediche:- Radiologi- Ginecologi- Oncologi- Chirurghi- Chirurghi Plastici- Medici di base (per un primo livello di screening)Il corretto utilizzo dell'apparecchiatura sarà insegnato da un corso OBBLIGATORIO per tutti i medici che vorranno fare uso della DATGINDICAZIONI SUL SISTEMAIl sistema e' composto da tre placche (o sonde) di tre gradazioni differenti per essere usate sia con le pazienti giovani sia con quelle meno giovani composte di un supporto di mylar al cui interno e' stato spalmato uno strato sottile di cristalli liquidi colesterici micro incapsulati (ELC).La placca angiotermografica, è costituita da un supporto sottile e rigido che distende un foglio sottilissimo di materiale plastico, su cui viene applicato uno strato di vernice nera ed uno strato di cristalli liquidi di colesterina. Il tutto ha uno spessore di alcuni centesimi di mm.In questo modo la placca è in grado di recepire rapidamente il calore cutaneo, e altrettanto rapidamente di raffreddarsi fino a tornare alle condizioni di base. La formazione dell'immagine e la sua scomparsa (che avvengono appoggiando e scostando la placca dalla cute della mammella) avviene in frazioni di secondo. Così fabbricata essa inoltre è in grado di mantenere una risoluzione spaziale costantemente inferiore ad 1/10 di mm. per tutto il tempo necessario alla lettura, alla interpretazione e alla registrazione dell'immagine. Questa è data dai cristalli liquidi che rifrangono in parte la luce in proporzione al calore ricevuto, a causa della loro particolare struttura molecolare.Il processo di microincapsulazione racchiude il cristallo liquido in microsfere proteggendolo dagli agenti esterni.I cristalli liquidi microincapsulati mostrano il cambiamento di colore sempre nello stesso modo e ordine con velocità che vanno a seconda dell'ampiezza della scala della temperatura.La precisione disponibile è di +/-0.5°C per i prodotti medicali.La temperature disponibili vanno da -30°C a +120°C.I cristalli liquidi microincapsulati, assumono sempre la stessa colorazione e formazione dell'immagine, ciò in maniera reversibile, tale da permettere l'utilizzo di questi indicatori ripetutamente con precisione e costanza. La possibilità di rilevare delle differenze anche minime di temperatura di un qualsiasi corpo, applicando sullo stesso una lastra ricoperta di ELC è di estrema utilità della diagnosi anche di minime variazioni dell'organo esaminato.La placca viene posizionata su un dispositivo di supporto che ha anche le seguenti funzioni:" raffreddamento per eliminare le vene superficiali che sono di disturbo per una corretta diagnosi" indicatore mediante un led che si accende a seconda del lato che si sta visitando.Generalmente la visita inizia esaminando i quadranti laterali della mammella di destra poi i quadranti frontali, si continua con i quadranti frontali della mammella di sinistra per terminare con i quadranti laterali." Connessione usb con la base per immagazzinamento delle immagini al computer nella scheda pazienteLINEE GUIDA GENERALIL'utilizzo del dispositivo è legato alle conoscenze e all'esperienza del professionista, cui compete inoltre la responsabilità della diagnosi adeguata e dei risultati del trattamento.Occorre informare i pazienti che questa tecnica non sostituisce le altre tecniche diagnostiche (mammografia, ecografia , risonanza magnetica nucleare) ma ne integra la diagnosi fornendo ulteriori informazioni che possono servire al medico a eseguire una diagnosi sempre più accurata.

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54RaccomandazioniVisto che l'età non ha nessuna influenza sulla precisione della diagnosi e che l'immagine resta costante per tutta la vita della donna in assenza di patologia si raccomanda di iniziare una prima visita già a 18-20 anni in particolare per le pazienti con famigliarità.L'esame può essere fatto in qualsiasi momento del ciclo mestrualeLa gravidanza non è un fattore limitante per la diagnosi in quanto non induce la presenza di nuovi vasi , ma ne aumenta solo la portata di quelli già esistentiDopo un intervento chirurgico è bene aspettate 1-2 mesi per potere eseguire la visita.Dopo la radioterapia loco regionale sulla mammella non è utile effettuare l'esame prima di 6 mesi dalla fine della radioterapiaCreme per il corpo, il gel dell'ecografia se applicati poco prima della visita sulla mammella possono fare da filtro e indurre una diagnosi non correttaMalattie dermatologiche quali Herpes zoster, angiomi cutanei, Reckinglausen, non influenzano il risultatoIl melanoma riproduce una formazione caratteristica dell'immagine, ripetibile, ulteriori studi necessitano per verificare se la DATG può essere utilizzata nella diagnosi differenziale del melanoma cutaneo.Le protesi mammarie, gli interventi di chirurgia plastica quali mastopessi, riduzione ecc. non sono una controindicazione assoluta di esclusione (sarebbe opportuno avere l'immagine DATG pre-operatoria)IL RAZIONALE DELLA DATGL'angiotermografia si basa sullo studio della normale vascolarizzazione della ghiandola mammaria e valutazione della microcircolazione angiogenetica.Un tumore per nascere, crescere, e metastatizzare ha bisogno della presenza di vasi che portando il nutrimento consentono alla neoplasia di aumentareQuesti "nuovi vasi" che si formano (neoangiogenesi) sono presenti anche nei primissimi stadi della formazione del tumore, anche prima che diventi invasivoLa Datg studia inoltre la progressione dell'angiogenesi:Nell'immagine qui sotto rappresentata una vetrini di istologia di nostri interventi chirurgici , la colorazione scura (marcatore per i vasi CD34) visualizza un aumento progressivo della microcircolazione dal normale al cancro invasivo. Questa progressione dell'immagine noi la visualizziamo in vivo con la visita angiotermografica.ObiettiviL'angiotermografia dinamica si inserisce per le sue caratteristiche diagnostiche sia in un contesto clinico che in un contesto scientifico. Come accennato sopra, la senologia odierna è caratterizzata da una immobilità di risultati che continua da anni, e che richiede al più presto una diversa impostazione clinica basata su una nuova impostazione della ricerca scientifica. Il valore della DATG è confermato da importanti studi sperimentali a livello internazionale che hanno cercato di dimostrare l'importanza della circolazione mammaria anche nel processo di progressione tumorale. Folkmann (uno dei pionieri di queste ricerche) ha pubblicato il suo primo lavoro sulla scoperta del fattore di crescita dei vasi sanguigni nel 1974. Oggi si è raggiunta la certezza che l'angiogenesi è un fenomeno indispensabile per l'inizio e la crescita tumorale, mentre le viene dedicato un numero sempre più grande di lavori scientifici. Si realizza così quello che non succede mai contemporaneamente nella ricerca medica: la validità di un indirizzo scientifico e la dimostrazione della sua applicabilità clinica.Si integra molto bene con le tecniche diagnostiche senologiche quali la Mammografia, l'ecografia e la Risonanza Magnetica Nucleare aumentando la specificità della diagnosiSEMEIOTICA DELLA TECNICADurante lunghi anni ho potuto constatare e verificare al di là di ogni dubbio le basi su cui poggia la semeiotica angiotermografica. Questi punti sono:1. ogni donna possiede un suo personale esclusivo pattern angiotermografico, come un'impronta digitale.2. in assenza di patologia insorgente questo pattern rimane identico durante moltissimi anni, fino alla postmenopausa, periodo in cui le "linee di corrente" si affievoliscono e tendono progressivamente a scomparire. I cambiamenti dovuti ad importanti avvenimenti quali gravidanza o allattamento cessano contemporaneamente alla fine di tali condizioni fisiologiche.3. in caso di patologia epiteliale, sia quella preinvasiva, che quella francamente invasiva, leanomalie del pattern patologico non dipendono assolutamente dalla forma o dal volume della

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55lesione, potendosi così verificare che una grossa neoplasia sia irrorata da una piccola linea di corrente anormale, o viceversa.Queste tre caratteristiche si allineano perfettamente alla funzionalità dell'esame angiotermografico:1. il fatto che ogni donna abbia un suo pattern personale normale corrisponde alla grandissima varietà anatomica del letto vascolare che distingue una persona dall'altra, varietà che riguarda anche la concomitanza di momenti fisiopatologici e la loro localizzazione. Ne deriva un quadro mai uguale a quello di un'altra persona. A ben pensarci, non si troverà mai un radiogramma mammografico uguale a un altro. Questo realtà spiega anche la grande difficoltà che hanno avuto i vari AA. nel cercare di scrivere una classificazione dei vari patterns.2. È noto che la replicazione cellulare dell'endotelio è molto lenta(per es. 1/50 delle cellule del colon). Anche la vascolarizzazione rimane la stessa, tranne che in caso di angiogenesi. Questa stabilità trova conferma nella immagine datg, che rimane sempre uguale a se stessa durante tutto il periodo genitale. Sul piano clinico ciò è molto utile, in quanto ogni variazione vera della funzionalità circolatoria corrisponde ad una causa patologica da verificare.3. A differenza di altre metodiche diagnostiche la DATG non abbisogna dell'ingrandimento del tumore fino a un certo limite per "vederlo". Ciò è dovuto al fatto che la "richiesta" di supplemento circolatorio inizia fin dalle prime fasi della carcinogenesi. Questo è il motivo per cui le biopsie eseguite su indicazione DATG danno esito a un grande numero di lesioni atipiche e di carcinomi in situ, e tra questi i lobulari in proporzione doppia dei duttali, contrariamente a quanto riferito dalla letteratura che si basa su biopsie a indicazione radiologica.

Dall'autrice del romanzo Il circo capovolto (Feltrinelli 2008)DELLE VOLTE IL VENTO

di Milena Magnaniillustrato da Lucio MontinaroCollana: TraversamentiEdizioni: KURUMUNY argomento: Immigrazione, Salento, Albania

Delle volte il vento fa uno strano giro e genera destini nuovi, in rapido divenire.Un viaggio verso una terra promessa che non c’è. L’approdo su una spiaggia di fuoco che è avamposto di un altro domani e gabbia dorata di un’idealità perduta. La nostalgia del ritorno compressa in mille ricordi sedimentati senza valigia e un Salento sempre sospeso tra un passato e un futuro troppo lenti. In mezzo due donne scandalosamente forti e radicate nel loro vissuto ma esposte a un’incertezza nucleare. Un continuo misurarsi con l’orizzonte di un mare che unisce e divide, esaspera la percezione, adultera i colori. Delle volte il vento.

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56Lume è una fervente comunista e seguace di Hoxha, incarcerata per dieci anni dal suo stesso padre padrone per aver inteso il comunismo come punto di vista critico e mai ortodosso. Questa donna senza più mondo arriva nel Salento, nel vuoto di storia e di prospettive esistenziali e culturali dell'altra protagonista, Carmelina. Arriva con altri albanesi in cerca di povere ricchezze, a caccia di delusioni. Ma lei non è come gli altri: non è più in Albania ma non vuole essere nemmeno in Italia. Non è più all'Est ma neppure all'Ovest, forse solo nel mare, perché nel mare delle volte ci si può illudere di essere da qualche parte senza essere veramente in nessun luogo. Lume rifiuta quell'Occidente che è la negazione di tutta la sua vita e si accampa chiusa, difesa, recintata, in faccia al mare. Senza parlare con nessuno, in una specie di autismo politico-culturale. L'anomalia di questo comportamento così ostinato e diverso da quello degli altri profughi affascina Carmelina, che intuisce una richiesta profonda in quella radicalità. Una radicalità che è anche la sua, la radicalità di chi non rinuncia a cercare qualcosa tra l'orizzonte e il nostro essere qua. La tenerezza di un’amicizia fatta di molti ostinati silenzi, quelli di Lume, arroccata in riva al mare, e di altrettanto ostinate parole, quelle di Carmelina, per convincere, per smuovere, per salvare.

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SENTIERI A SUD 2012 – Il terzo sentiero con Milena Magnanirassegna di incontri, musica e letteratura al chiaro di luna

Terzo Sentiero "Delle volte il vento" di Milena Magnani (Kurumuny)1 agosto 2012 ore 21, 00 – Kurumuny (MartanoInterviene l’autrice e presenta Fulvio ColucciIntervento musicale de ‘Upapadia “La peronospora” live folk rocksalentino

Anche per questo 2012 si rinnova l’appuntamento con la rassegna “SENTIERI A SUD”, dedicata alle produzioni e agli attraversamenti culturali, tra musica e poesia, tra documentario e racconto, tra cultura

antica ed evoluzioni moderne: uno spazio di confronto su vari temi in un luogo ricco di storia e di storie.“SENTIERI A SUD” nasce con l’idea di condividere in uno spazio fisico e mentale, un

luogo dell’anima che è stato fulcro della vita di una comunità, impressioni utili a favorire una maggiore conoscenza della cultura orale salentina e di coloro che sono oggi le nuove voci narranti in questa “isola sonante”. Il terzo sentiero è per mercoledì 1 agosto 2012 alle ore 21,00 nelle campagne di Kurumuny a Martano con “Delle volte il vento” di Milena Magnani (Kurumuny Edizioni). Incontro e reading con l’autrice a cura di Anna Chiriatti, Mauro Marino e Vincenzo Santoro accompagnati alla chitarra da Armando Guit Serafinie e intervento musicale de ‘Upapadia “La Peronospora” live folk rock originale salentino.

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57 “Delle volte il vento” demoni visionarietà e presagi. Recensione di Cosimo Specolizzi

Come il ritrovamento di un gioiello, riappare in libreria per l’editore kurumuny il romanzo “Delle volte il vento” di Milena Magnani, romanzo uscito per la prima volta a metà degli anni novanta, che ha segnato in maniera indelebile il mio rapporto con il Salento, terra che proprio in quegli anni cominciava ad essere segnata da un passaggio fondamentale.Si tratta infatti di un romanzo anticipatore, un romanzo la cui genesi va cercata in quel modo disincantato di guardare il territorio, quel modo che senza pretese “movimentiste” ha aperto una breccia in quella fenomenologia antropologica-sociale-linguistica e musicale che in Salento in quegli anni andava prendendo forma.

La narrazione della Magnani, ambientata all’epoca dei primi sbarchi degli albanesi sulle nostre coste, riesce a scandagliare il sud Italia nelle sue virtù, passioni e contraddizioni, chiedendosi attraverso la caratterizzazione del personaggio principale di Carmela cosa possa rappresentare l’altro, quello ”altro” rispetto al quale il mare è stato per decenni muro di confine e che improvvisamente ci raggiunge e si rivela a noi grazie

allo stesso mare che di colpo si lascia attraversare.Carmela è un personaggio che esprime tutti i tratti della nuova sensibilità salentina che in quegli anni si andava formando, è una donna inquieta, che si muove in una terra ancora pregna di suggestioni magico rituali di un sistema arcaico ma costretta al tempo stesso con un mondo post moderno. E poi c’è Lume, l’altra protagonista, una donna albanese giunta sulle coste italiane con una delle prime navi della speranza, che si scopre incapace di adattarsi ad un occidente scintillante. Una donna irriducibile che cerca di proteggersi dietro un recinto di cartoni che si costruisce davanti al mare, rifiutando ogni tentativo di scendere a compromessi con la nuova realtà. Come un gabbiano con le braccia spalancate, si lascia attraversare dal vento che le riporta i rumori del mare e le suggestioni delle sue coste albanesi su cui, fino a pochi anni prima, capeggiavano scolpiti sulla pietra gli inni di gloria al regime comunista di Enver Hoxa.Siamo così di fronte a due donne che, in maniera quasi speculare, si muovono nel solco di una incrinatura epocale, e si mostrano impossibilitate ad aderire alla realtà in cui si trovano, di stare con i propri connazionali, con il vicinato e i coetanei. Non a caso i luoghi e le ambientazioni del romanzo, le azioni che i personaggi compiono nello spazio, come la rocambolesca corsa che il contrabbandiere Tzigaretta intraprende a un certo punto del romanzo con l’ape, possono essere letti come strade di ricerca simbolica, come sforzo di sottrarsi a quello spazio-prigione da cui i personaggi della Magnani sembra vogliano

fuggire. E in questo tentativo di fuga si coglie però, al tempo stesso, anche lo sforzo di approdare ad una nuova forma identitaria, ne è un esempio la ricerca musicale di Tonio il quale si impegna per campionare la nenia curativa di un’anziana guaritrice per inserirla in un proprio brano di musica elettronica, o il tentativo di Carmela di saltellare al ritmo della pizzica per liberarsi in modo festoso da un inquietudine senza nome, tutti gesti che esprimono una ricerca che è personale ma al tempo stesso sociale e apre alla perdita dell’innocenza che questa terra andava esprimendo in

quegli anni e di lì a poco le faceva indossare nuovi panni. Fuori da ogni retorica “Delle volte il vento” segna il passaggio o, per meglio dire, è l’apripista di quel movimento culturale che, misurandosi con le istanze di una globalizzazione incalzante, cerca di conciliare la cultura del territorio con la modernità di un interscambio globale, e cerca di farlo senza perdere per strada quel bagaglio di visionarietà e di paure,

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58di tradizioni e speranze che una terra di frontiera come il Salento non può assolutamente rimuovere. Milena Magnani , la cui formazione sociologica si percepisce nella puntuale capacità di cogliere il microcosmo sociale e l’interazione tra gli individui in un ambiente in via di cambiamento, sembra nutrirsi essa stessa di quella polvere sottile, che levata da un leggero refolo di vento, fa stropicciare gli occhi per meglio vedere i particolari. La sua scrittura si concentra in un laboratorio rabelaisiano che vede protagonisti un borgo, un paesino “confinato” nel retaggio stringente della piazza, della radio, del mercato del pesce, del bagnasciuga della realtà epifanica che come fuochi fatui tra le pieghe si vanno distillando, e forse è proprio Carmela stessa che nella sua ricerca e irrequietezza sembra dirci che qualcosa in questo lembo di terra sta per cambiare inesorabilmente.Uno sguardo bifocale sul romanzo ci induce infatti all’anticipazione dei tempi che di lì a poco verranno: l’uso arcaico della lingua dialettale salentina, albanese e arbereshe come parte indispensabile di codice complesso che può essere in grado di veicolare la realtà, i testi di canzoni popolari che in pochi in quegli anni avevano iniziato a selezionare, l’attenzione

scrupolosa per i concetti espressi solo ed esclusivamente con l’ascolto assiduo del rumore di fondo delle persone.Detto ciò l’operazione dell’autrice ci pone di fronte alla sua esegesi della realtà: consegnare e conservare il buono, i fantasmi e gli ectoplasmi che questa terra ci ha donato e provare a districarci nel labirinto delle mille contraddizioni che da sempre abitano nei giornalieri dell’essere in questo caso meridiani.Possiamo scorgervi anche un terzo luogo, quello pirandelliano ed espressionista degli “scalognati” o esiliati non però scelto da loro ma che in qualche modo vivono quella condizione come “Uccio scarda”, Tzigaretta , Lume e la stessa Carmela con gradi di consapevolezza maggiore o minore. Tra le righe possiamo scoprire incanti e figure create dai colori che ci restano scomposti negli occhi abbacinati dal troppo sole.Così come Pitagora teorizzava che “tutta l’aria era piena di anime ritenute demoni ed eroi”, così gli artifici di questo meraviglioso romanzo valgono come prova iniziatica per accertare che i personaggi appartengono all’universo fantastico e visionario che ancora oggi ben si cela tra le distrazioni di questa terra. Questi personaggi così ben

caratterizzati di lì a poco avranno bisogno di essere trasportati nel contesto che meglio possano interpretare la nuova scena sociale così come nei “sei personaggi in cerca d’autore”, Milena Magnani sembra accorgersi che il vento in questa terra sta cambiando.

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59Gruppo di lavoro sulle relazioni

di Luisa Barbieri

il gruppo di lavoro sulle relazioni che sono a presentare si propone di utilizzare le dinamiche gruppali al fine di acquisire una sana e gratificante capacità relazionale, sia in ambito intra, quanto interpersonale.

Il gruppo ha di per sé delle caratteristiche capaci di favorire nei partecipanti lo sviluppo di relazioni, la nascita di legami, la creazione di una cultura comune e forti meccanismi capaci di spingere al miglioramento personale.

Il gruppo si pone come un nuovo elemento della relazione terapeutica, aiutando i partecipanti a capire meglio alcune caratteristiche delle loro relazioni in una situazione che è più naturale e complessa rispetto alla all’interazione a due voci della psicoterapia individuale. Osservare un gruppo dinamico, che esprime diverse problematiche, permette infatti un'elaborazione più ricca, a volte più esaustiva, creando spunti di riflessione ad ampio raggio.

Il nostro gruppo vuole approcciare le argomentazioni che ognuno di noi riterrà idonee alla condivisione, porto alcuni esempi: bassa autostima, sviluppo del problem solving, gestione dell'ansia, gestione delle paure e dei pregiudizi, sviluppo della criticità di pensiero, ecc. Gli obiettivi dei partecipanti saranno sollecitati dal conduttore in maniera chiara e condivisibile all'interno di una dinamica relazionale che impara ad accogliere, accettare, tollerare, comprendere, discutere, imparando a gestire le conflittualità.

L'utilizzo del gruppo come palestra di relazioni riuscirà a migliorare il nostro rapportarci nel mondo tanto da sperimentarci, volendo, in esperienze di tipo redazionale, sia per ciò che riguarda la scrittura che in alcuni casi potremmo fare rientrare in quella “collettiva” che pubblicheremo sulla nostra rivista quadrimestrale “Mediconadir”, sia per ciò che riguarda letture e video-interviste (avvalendoci dell'ausilio e supporto di NADiRinforma).

Partendo dal presupposto che un gruppo di lavoro sia costituito da un insieme di individui che interagiscono tra loro con una certa regolarità, nella consapevolezza di dipendere l’uno dall’altro e di condividere gli stessi obiettivi e gli stessi compiti, ho ipotizzato incontri a cadenza costante (15 giorni) e nel rispetto di una tempistica-contenitore (1 ora e ½) di un numero fisso di persone (da 6 a10). A differenza da quanto ipotizzato ed anche esplicitato con alcuni di voi in prima battuta, ho pensato che, essendo questo un laboratorio di relazioni, è assurdo circoscriverlo e destinarlo al solo sesso femminile, in quanto tutti noi abbiamo bisogno di confronti trasversali, quindi il gruppo è aperto a tutti, compresi coloro che non seguono terapia individuale e che vogliono collaborare nell'ambito del laboratorio. Ogni partecipante svolgerà un ruolo specifico e riconosciuto basandosi sulla circolarità della comunicazione che prevede una specificità di ruoli atta a preservare il benessere dei singoli e parallelamente lo sviluppo degli individui e del gruppo stesso.

Ci dovremmo porre come obiettivo prioritario l'apprendimento della capacità di esprimere le nostre emozioni, i nostri pensieri e le reazioni che sono associate. In gruppo è possibile imparare ad aiutare noi stessi sia a livello di sperimentazione di nuove strategie di relazione, sia a livello di capacità comunicative e al contempo imparare ad aiutare l'altro, ampliando la nostra sfera di competenze.

Le discussioni rientrano in un setting che prevede libertà di espressione, nonché onestà di proposizione ed estrema discrezione al di fuori del gruppo di lavoro (verrà stilato una sorta di regolamento interno cui potere agevolmente fare riferimento)

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60Si vuole creare una sorta di comunità entro la quale i partecipanti possano portare, ricreandoli, ciò che vivono come disagio di relazione (e/o interpersonale). Si portano dei modelli di comportamento che sono radicati sia per imprinting famigliare che sociale, ma che non risultano funzionali ad una buona qualità di vita. Si vivono le diversità al di là dei pregiudizi comuni, diventando una sorta di rete sorretta dalla partecipazione intima della dinamica sociale.Spesso l'inconsapevolezza delle proprie risorse diviene nel gruppo fonte di rielaborazione, agendo il gruppo stesso da specchio e da cassa di risonanza.Si offre e ci si offre guadagnandosi l'opportunità di esplorare nuove risorse che consentano di guardare a noi stessi nel mondo, utilizzando un'ottica diversa sostenuta dalla solidarietà, partecipazione e conseguente trasformazione, crescita, acquisizione di autostima e di nuove abilità relazionali.Il gruppo agisce da rinforzo, i partecipanti, facendo agire anche la loro parte affettiva, acquisiscono maggiore disinvoltura anche all'esterno della struttura protetta sia tra di loro che con estranei alla loro esperienza. Il gruppo rappresenta quindi una vera e propria “palestra” di relazioni.

Sperimentarsi all'interno di un laboratorio di relazioni aiuta a conoscere meglio noi stessi, migliorando le nostre relazioni intra e interpersonali, superando il vissuto di isolamento sociale che spesso fa capolino e rimanda un vissuto se non sul versante depressivo, su quello della malinconia, della scarsa motivazione, della svalutazione, inquinando ulteriormente il rapporto con noi stessi e con il mondo.Accanto al gruppo ognuno di voi può proseguire gli incontri individuali, secondo cadenze che verranno prestabilite caso per caso, a restituzione individuale, quale completamento di un percorso.Il gruppo si può porre, quindi, come “terzo elemento” della relazione terapeutica permettendo ad ognuno di noi di acuire le capacità di

osservazione e di comprensione di sé e degli altri in un modello relazionale più vicino al reale e quindi più complesso, se confrontato col rapporto esclusivo col terapeuta. Una palestra relazionale arginata dalla conduzione che si impegna a superare, senza negare, ogni possibile conflittualità emergente.

segue un breve approfondimento teorico

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61Nel gruppo di lavoro si sviluppa una dinamica definita come “pluralità di integrazioni” caratterizzata dalla coesione, azione collante nel gruppo, capace di permettere la condivisione delle regole e al contempo fare emergere le diversità quali fonti di confronto e di arricchimento in un “gioco di specchi” davvero utile al conseguimento di maggiori abilità di relazione.L'interazione in questi termini si trasforma in interdipendenza, molto positiva in quanto ogni singolo partecipante si vincola agli altri teso al perseguimento degli obiettivi comuni. L'interdipendenza permette la divisione dei compiti al di là di ogni competizione, la condivisione di materiali, risorse e informazioni, facendo emergere, così, la consapevolezza di appartenere ad una piccola comunità in divenire, critica e costruttiva.

I passi che caratterizzano il laboratorio si possono riassumere: negli obiettivi che il gruppo in movimento si pone e tende ad aspettarsi. L’obiettivo di

un gruppo di lavoro efficace deve essere definito in termini di risultato, deve essere valutabile. Un obiettivo chiaro e ben esplicitato contribuisce a consolidare la coesione e il senso di appartenenza al gruppo da parte dei suoi componenti

nella definizione di un metodo, di una serie di strategie atte a far funzionare, a regolare le interazioni gruppali. Il metodo da una parte stabilisce i principi, i criteri e le norme che orientano l’attività del gruppo, dall’altra richiama le modalità di organizzazione e strutturazione efficace dell’attività stessa.

nella comprensione dei ruoli quali principi imprescindibili al funzionamento del laboratorio; è importante che la funzione di leadership sia quanto più possibile circolare e diffusa a seconda degli obiettivi e dei compiti del gruppo nelle diverse occasioni. Questo significa che esisterà un leader istituzionale, che è quello individuato dall’organizzazione e che avrà la responsabilità e l’autorità del ruolo formalmente affidatogli, ma che proprio grazie ad esso, avrà la facoltà di scegliere i leader situazionali, quelle persone che di volta in volta saranno più idonee ad affiancarlo e a cui potranno essere delegati compiti e funzioni necessari per il buon funzionamento del gruppo stesso.

nella corretta comunicazione interpersonale, sia per ciò che riguarda quella verbale che per quella non verbale. La comunicazione è il processo chiave che permette il funzionamento del lavoro di gruppo poiché permette lo scambio di informazioni finalizzato al raggiungimento dei risultati. Tuttavia essa orienta ed è a sua volta orientata dal sistema di relazioni e ruoli presenti nel gruppo stesso.

nella costruzione di un'ambientazione gradevole, empatica caratterizzata dalla combinazione di opinioni, atteggiamenti e percezioni dei singoli, sino a propagarsi all'insieme gruppale in divenire. Quindi, un buon clima di gruppo è rappresentato dall'insieme degli elementi, delle opinioni, delle percezioni dei singoli membri corrispondenti alla qualità dell’ambiente del gruppo e della sua atmosfera. Una buona percezione del clima si attua quando c’è un giusto sostegno e calore nel gruppo, i ruoli dei singoli sono riconosciuti e valorizzati, la comunicazione è aperta, chiara e fornisce

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62 feedback accettabili sui comportamenti delle persone e sui risultati conseguiti dal gruppo

Il nostro laboratorio rientrerebbe, così, in quello che si definisce apprendimento cooperativo (AC), quindi e per definizione, basato sulla collaborazione al perseguimento di obiettivi comuni, il tutto attraverso una partecipazione attiva, responsabile e solidale, un lavoro di approfondimento e di apprendimento che porterà alla costruzione di nuova conoscenza. Nel gruppo di lavoro l’apporto di ogni singolo partecipante permette di costituire una visione complessiva dell’oggetto di ricerca ed, unitamente all’interazione, consente di creare e d’innescare il senso di appartenenza, trasformando “l’io-individualista” in “noi-gruppo“ offrendo, così, l’opportunità di affrontare insieme innumerevoli problematiche usualmente fonte di disagio.La cooperazione è una situazione in cui gli attori con ruoli e funzioni, meglio definiti rispetto alla collaborazione, lavorano per uno stesso obiettivo (per esempio, costruire un testo a più mani, facendo esplicito riferimento alla scrittura collettiva).

Alla base del buon funzionamento del gruppo dovremo istituire delle regole che consentano ad ognuno di rispettare la libertà degli altri, salvaguardando la sua.

Le regole saranno definite dal gruppo, tanto da potere divenire materia di discussione, ma dovranno appartenere al gruppo.

La riservatezza e la confidenzialità ad evitare che si possa parlare al di fuori di quanto accade nel gruppo, in quanto la discrezione darà la libertà necessaria per esprimersi liberamente; come l'esclusione di osservatori occasionali a raggiungimento di progressiva coesione, solidarietà e complicità, direi che possano rappresentare le fondamenta sulle quali erigere le regole del nostro gruppo

Le assenze dal gruppo sono sempre una rinuncia ad un’opportunità di lavoro per sé, ma anche un’irresponsabile sottrazione di energie e di confronti emotivi per gli altri partecipanti.

Note di approfondimento:

� * David Irvin Yalom (Washington DC, 13 giugno 1931) è uno scrittore, psichiatra e docente statunitense, autore di narrativa e saggistica, professore emerito di Psichiatria all'Università di Stanford, e psicoterapeuta di scuola esistenzialista. Teoria e pratica della psicoterapia di gruppo (con Molyn Leszcz) (The Theory and Practice of Group Psychotherapy, 1970) (Bollati Boringhieri, 2009) - http://it.wikipedia.org/wiki/Irvin_Yalom ; http://www.yalom.com/

� http://www.relationship-center-mi.com/Grouptherapy.htm

� http://www.mentecorpomalattia.it/terapiadigruppo.asp?psicoterapia=terapiadigruppo

� http://www.benessere.com/psicologia/arg00/terapia_gruppo.htm

� http://www.urp.it/Sezione.jsp?idSezione=54 .

Caso Ittiri: torniamo all'occhio per occhio?di Marco Cinque

Scrivo questa lettera per esprimere disgusto e vergogna per quel che è accaduto a Ittiri (Sassari) e non posso nascondere nemmeno una buona dose di rabbia, poiché è mio costume mettermi sempre dalla parte dei più deboli. Quel che si vede nelle immagini del video e quello che rivelano le accuse dell'indagine (per ora è solo un'indagine), indubbiamente fanno venire i brividi. Parlo della vicenda che ha visto coinvolti medici e operatori, ma anche politici e addirittura parenti di malati di Alzheimer, accusati di maltrattamenti, percosse, torture fisiche e psichiche ai danni degli stessi pazienti ricoverati in una clinica gestita dall’associazione Aion.(qui l'articolo: http://lanuovasardegna.gelocal.it/sassari/cronaca/2012/08/03/news/sassari-arrestati-quattro-medici-e-un-consigliere-regionale-1.5495559) Vorrei aggiungere che purtroppo situazioni così sono presenti e si consumano ogni giorno, ad esempio negli OPG (ospedali psichiatrici giudiziari) e in molti altri contesti pseudo-istituzionali. Quel che più mi sconvolge e mi rattrista in tutto questo, però, è la reazione di gran parte delle persone che commentano fatti simili (soprattutto quelli che ho letto sul sito della Nuova Sardegna, ma anche su molte pagine facebook apparentate alla mia) e che condannano questa barbarie, auspicando altrettanta barbarie verso chi la compie: chi invoca il boia, chi il rogo e

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63chi addirittura il linciaggio. La questione è che se giudichiamo gli autori di quei crimini “bestie selvagge”, ma ci si mette poi sul loro stesso piano, tra “noi” e “loro” non ci sarà più alcuna differenza.

Purtroppo così si entra in una logica molto pericolosa e semmai questo dovesse manifestarsi in maniera consistente nel nostro tessuto sociale, allora avrà ragione Gandhi quando ammoniva che “se occhio per occhio fosse la legge della terra il mondo resterebbe cieco”. Siamo un paese che è ancora alle prese col problema dell'introduzione del reato di tortura e fa un certo effetto che ancora non esista, ma nonostante ciò la cosa non indigna più di tanto il pubblico sentire. Invece se diamo ascolto alle tante voci che si alzano per invocare la reintroduzione di metodi medievali per farla pagare ai manigoldi di turno, altro che tortura dovremmo temere: per noi, per per i nostri figli e per le future generazioni.

Parola Nudadi Marco Cinque

note introduttive di Alessandra Bava e Olga Campofreda Presentazionedal foglio alla voce

DALLA PREFAZIONE: 'Le poesie di Marco Cinque hanno la stessa devastante potenza di un 'Origine del mondo' di Courbet e la stessa sinuosa bellezza di un nudo di Modigliani: si presentano a noi come il suo autore (mai artefice!) le ha generate, in tutta la loro candida essenza, ma esse recano pur sempre brandelli del loro autentico travaglio, 'il sangue' del loro stesso parto'. (Alessandra Bava) ... 'Quello che ho trovato in 'Parola Nuda' è stato soprattutto un canzoniere d'amore, dove la donna amata è la parola stessa in tutta la sua sensualità e pieneza' (Olga Campofreda)

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64D’ARTAGNAN

(in memoria dell'amico Ele D’Artagnan, vissuto e morto sulla strada)

di Marco Cinque Ele D'Artagnan (1911-1987) Roma 1984

Uomo delle stelle piovuto tra le casesulle strade di Romascarpe lucide su selciatoin passi senza tempocercando i tuoi mulini a vento

Eroe senza scudierocon un fiorettoe una cravatta mozzaa ricamar parolefrustate elegantiin lingua tagliente e anticapotenti nemici beffeggiare

Lungo pascoli d'asfaltocon la musica nel sanguescorrere infinitae arte sconosciutae sconosciuta folliacanticchiando impavido

Tra un fellone sfidato a singolar tenzonee un aristocratico inchinoalla gentil donzellaperso in un pazzo mondo(mentre invece all'imbecilles'addice l'abito della normalità)

Col naso nobilecome un profilo d'aquilafendere l'aria ostilesorvolando ponti ELE D’ARTAGNAN Biografia cronologica*

e marciapiedilasciando argentei capelli slanciarsi come coda di cometa

Sul grembo di ogni albanello scintillare di una fontanellat'ho aspettato

con un pezzo di formaggio buonocorrisposto da un sorriso una mano grande e morbida, stringersiuna baracca per dimorae tanta dignità

Come un bambino che giocagiocando alla vitacombattendo contro l'odioso Cleroinseguito dagli agenti della CIA

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65e alieni extraterrestrie mostri e fate e draghi e sogni materializzati... Michele Lombardi - in arte Ele D'ArtagnanCosì sapientenello scegliere il momento sbagliatosempreinsopportabilmente mattocavallo senza redini né recintisenza compromessinessun prezzo per la libertà

In una casa di salute hai conosciuto la pauranell'intimità ridotta a brandelli ricordi? quando per la prima voltahai fissato negli occhiil volto cupo della resa

Ma un giornohai ritrovato la tua stradaassieme a Toscanini, Dalì e Fellini...t'ho visto che non mentivit'ho salutato senza lacrimee ho provato vergognanel lasciarti solo che partivi

Adessodi nuovo a casa sei tornato magnifico vagabondo dell'universo poeta sui sentieri delle stellelassù, dimenticatocon il fiorettoe una cravatta mozzain posa per l'ultima fotografiafinalmente fiero vincitore...

La storia di un uomo vissuto nell'ostinata convinzione che un giorno la sua pittura, così ignorata, sarebbe stata apprezzata, dandogli il giusto riconoscimento di artista.

L’attore/pittore Ele D’Artagnan, Michele Lombardi Toscanini, nacque a Venezia il 13/11/1911 e morì a Roma il 23/10/1987. È stato lasciato dalla madre sin da bambino in un orfanotrofio. La sua strana storia in mezzo e ai margini della “Dolce Vita” di Roma è dovuta al fatto di essere stato amico del regista Federico Fellini e di aver lavorato in cinque dei suoi film. A Cinecittà (la Hollywood italiana), tra gli anni 50/60 fino agli anni 70, D’Artagnan ha partecipato a circa 40 film. Persona molto colta,

ha frequentato il mondo artistico italiano tra Venezia, Milano e Roma conoscendo molte personalità famose della cultura europea come: Fellini, Salvador Dalì, il grande pittore metafisico De Chirico, Novella Parigini; attori come: Sophia Loren, Gina Lollobrigida, Marcello Mastroianni, Valter Chiari, Eva Vilma; musicisti come: Domenico Modugno, Mina. Era anche un suonatore di tromba ed amante della musica in generale per questo nei suoi quadri sono sempre presenti elementi musicali.

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Dopo la chiusura di Cinecittà, la grande industria del cinema italiano, D’Artagnan ha cominciato a dipingere quadri, e questo l’ha costretto a vivere in condizione di miseria. Nel triste epilogo della sua vida, lui voleva raccontare attraverso le sue opere la sua visione del mondo, una specie di confessione finale, ma non negativa: le sue opere sono, al contrario, piene di forza vitale, di colori, allegria e positività.

Ha lasciato circa 500 dipinti: opere che non voleva nemmeno vendere per paura di buttare parte della sua vita. Nei suoi lavori lui usa una tecnica mista su materiali di scarto, come: legno, cartoline, cartoni, locandine ecc. È evidente che la sua arte può essere

considerata naif, ma con influenza dei movimenti pittorici, come per esempio: Chagall, Mirò, Kandinskij e il suo amico Dalì.

Alla fine della sua vita D’Artagnan ha vissuto in una favela di Roma e morì povero e dimenticato da tutti.

Ha lasciato un testamento su cui esprimeva la volontà che i suoi quadri non fossero esposti per la prima volta in Italia, ma all’estero, perché l’Italia non aveva mai riconosciuto il suo lavoro.

D´Artagnan è stato presentato a New York, nella esposizione di Pittori Outsiders a Broadway, ottenendo un lusinghiero successo ed un bel catalogo che presenta la sua vita e le sue opere.

tratto da Ele D'Artagnan (Michele Stinelli Lombardi)

Informazioni di contatto

Sito Web

http://www.moma.org/collection/browse_re...http://www.eledartagnan.com/http://www.nytimes.com/2003/10/03/arts/d...http://www.arpsgallery.com/biography.php...

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Luca Mercalli presenta il suo nuovo libro “PREPARIAMOCI a...”

NADiRinforma propone la presentazione (c/o la Libreria Irnerio UBIK (Bo)-24 maggio '12) del nuovo libro di Luca Mercalli "PREPARIAMOCI a vivere in un mondo con meno risorse, meno energia, meno abbondanza... e forse più felicità". ED. ChiarelettereHa condotto la presentazione alla presenza dell'autore il prof. Andrea Segrè, particolarmente interessato a coltivare i temi affrontati da Mercalli, come testimonia il suo ultimo libro “L'Economia a colori”. "Se domani l'Italia crollasse come la Grecia e ci ritrovassimo tutti a guadagnare la metà, come faremmo?Dovremmo rinunciare alle nostre comodità? Io dico di no, se ci arriviamo preparati" ci dice e ci dimostra

Mercalli: piccoli e grandi suggerimenti che potrebbero portarci non solamente ad un risparmio individuale delle spese correnti che sosteniamo per le nostre abitazioni ed i trasporti, ma più in generale ad utilizzare in modo più razionale e consapevole le risorse che abbiamo a disposizione. Senza per questo dover rinunciare a troppo o rinchiudersi in un antro privo di qualsiasi comfort. La filosofia di Luca Mercalli è semplice: "Per spendere meno e meglio, è sufficiente fare scelte intelligenti per ridurre gli sprechi, facendo convivere l'attenzione per l'ambiente con le proprie abitudini".

tratto da chiarelettere "VOGLIO AZIONI CONCRETE. NON SERVE ESSERE CONVINTI DI

MUOVERSI NELLA DIREZIONE GIUSTA, NÉ DESIDERARE CIÒ CHE È GIUSTO. QUEL CHE CONTA È FARE CIÒ CHE È GIUSTO."

Reinhold Messner, 2011

"MI INTERESSA MOLTO IL FUTURO: È LÌ CHE PASSERÒ IL RESTO DELLA MIA VITA."

Groucho MarxMai tante crisi tutte insieme: clima, ambiente, energia, risorse naturali, cibo, rifiuti, economia. Eppure la minaccia della catastrofe non fa paura a nessuno. Come fare? Ci vuole una nuova intelligenza collettiva. Stop a dibattiti tra politici disinformati o in conflitto d'interessi. Se aspettiamo loro sarà troppo tardi, se ci arrangiamo da soli sarà troppo poco, ma se lavoriamo insieme possiamo davvero cambiare.

L'autore racconta il suo percorso verso la resilienza, ovvero la capacità di affrontare serenamente un futuro più incerto, e indica il PROGRAMMA POLITICO che voterebbe. Il cambiamento deve partire dalle nostre case (più coibentate), dalle nostre abitudini, più sane e economiche (dal consumo d'acqua, ai trasporti, dai rifiuti alle energie rinnovabili, dall'orto all'impegno civile). Oggi non possiamo più aspettarci soluzioni miracolistiche: meglio dunque tenere il cervello sempre acceso, le luci solo quando servono.Luca Mercalli, torinese, presiede la Società meteorologica italiana e dirige la rivista "Nimbus". Ospite fisso della trasmissione Rai3 "Che tempo che fa", cura per "La Stampa" la rubrica di meteorologia e clima. Tra i suoi ultimi libri: FILOSOFIA DELLE NUVOLE (Rizzoli 2008), CHE TEMPO CHE FARÀ (Rizzoli 2009), VIAGGI NEL TEMPO CHE FA (Einaudi 2010).

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68Lavoratrice Inps, un destino da precaria

tratto da Contro la crisiQuesta è la storia di uno dei tanti operatori di call center della commessa INPS passata da una società ad un’altra sempre con base a Roma .

Nell’agosto 2010 partecipammo alla selezione per numerosi candidati per la nuova commessa appena vinta dall’azienda, in cui, per stare al telefono, i requisiti indispensabili erano: laurea, esperienze di lavoro pregresse, buona dialettica .

Seppur non laureata ebbi il posto grazie forse alla numerose esperienze pregresse dovute al precariato. La commessa sarebbe durata 4 anni, ed in fase di colloquio ci furono date valide speranze, salvo ovviamente la nostra capacità lavorativa, di lunga permanenza in azienda.

Fummo quindi partecipi del corso di un mese e mezzo, suddiviso in 6 moduli, ciascuno presidiato da un funzionario INPS e della durata settimanale di 5 giorni dalle 9 alle 17, detto corso, finanziato dalla Forma Temp venne retribuito con 450 euro (che tra l’altro fu arduo percepire dall’agenzia interinale).

A metà ottobre iniziavamo il nostro percorso professionale affiancando gli altri neo colleghi dei due corsi precedenti il nostro. 100 Operatori interinali, quando invece l’azienda avrebbe potuto permettersene solo il 13% sul totale dei dipendenti. Vuole dire cioè che per quella enormità di precari, sarebbero dovuti essere stati attivi almeno 900 dipendenti aziendali. Noi ne avevamo solo 30, in sala. Tutti provenienti dalla vecchia gestione del contact center ed assunti a malincuore dall’azienda, su espressa richiesta dell’Istituto.

Malgrado il massacrante corso di fine estate, inizio autunno 2010, ottenemmo un primo contratto di solo un mese e mezzo. Un mese e mezzo di corso per un mese e mezzo di lavoro. La prima vergogna. “Dovevamo essere inquadrati”, fu la replica dell’azienda. Sin da subito, partirono le pseudo verifiche aziendali, con ascolti in doppia cuffia in cui veniva valutata la nostra capacità di risposta all’utente ma senza che questi venisse informato di terzi in linea. Per alcuni di noi, la seconda umiliazione arrivò con la proroga: 1 mese. Un solo mese di lavoro dopo 45 giorni di corso. E qui mi ripeto. A tutt’oggi non si è riusciti a comprendere il motivo di questo scempio, visto che mai queste persone, tra cui la sottoscritta, erano state riprese o informate di carenza professionale, dialettica o quant’altro. In sostanza rischiavamo di aver lavorato appena due mesi e mezzo ma averne dedicati ben 4 all’azienda.

Fortunatamente altre proroghe si susseguirono, e ricordo che ad ogni scadenza delle stesse, e non appena il telefono squillava, a tutti saliva un groppo in gola per il timore di non sentirsi rinnovare l’impiego dalle rispettive agenzie.

Nel mese di Luglio 2011 ad alcuni, la proroga del contratto fu fatta sottoscrivere a tempo pieno piuttosto che part time. Solo successivamente scoprimmo che una proroga deve rispettare lo standard del contratto originale e non può essere quindi differente nel numero di ore previste in azienda, per tale motivo, molti lavoratori somministrati, furono passati da un’agenzia, che rifiutò questo tipo di richiesta da parte dell’azienda, ad un’altra, che l’accontentò facendo figurare le ore lavorate extra, anziché straordinarie, come ordinarie. In sostanza, percepimmo in busta paga non più di cento euro. La stessa cifra che avevo guadagnato il mese prima, fermandomi di tanto in tanto per qualche ora in più.

Per un anno e mezzo il contratto di somministrazione si è susseguito in una serie di proroghe, in tutto sei, mentre nel frattempo, tra di noi, giovani sotto i 30 anni, invalidi ed ex lavoratori in mobilità venivano assunti con contratti beneficiari di sgravi fiscali e contributivi. Un bel giorno,

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69operatori ENEL già dipendenti aziendali, passarono in massa sul canale INPS, facendo un corso COMPLETAMENTE RETRIBUITO DELLO STIPENDIO e gestito da Team Leader piuttosto che da funzionari INPS.

Capimmo subito che il nostro destino era segnato, che eravamo stati usati per lanciare un servizio al cittadino che successivamente sarebbe passato di mano ai dipendenti aziendali, uscenti da una commessa non più florida. L’Azienda, a differenza di quanto detto in colloquio, non aveva mai avuto alcuna intenzione di tenerci per tutta la durata della campagna INPS. Gli unici (e neppure tutti) ad uscire salvi dal massacro sarebbero stati esclusivamente: categorie protette, lavoratori in mobilità, apprendisti. Fine.

Inutile applicarsi, inutile essere precisi, puntuali, educati, laureati, con esperienze pregresse, veloci, dinamici, con voglia di migliorare e servire in ogni senso, l’ordine era uno ed uno solo: QUANTITA’ e non QUALITA’. Ricordo che venivo chiamata “la maestrina”: la mia telefonata media durava dai 10 ai 15 minuti dove, mentre cercavo di accontentare anche l’utente più indisponente, qualche team leader passava per controllare sulla barra telefonica da quanto tempo ero in conversazione. Se poi i minuti erano 20 perché attendevi un’autorizzazione da qualcuno che in quel momento aveva da fare con altri o non era presente in sala, comunque eri stata troppo in linea, e l’azienda vive di numeri. L’unica conversazione lunga che veniva consentita era quella in “registrazione”. La chiamavano: “servizio qualità”, all’improvviso nella barra telefonica compariva una scritta su sfondo giallo fosforescente: “REC”, e sia il nostro operato che i fatti dell’utente venivano registrati per controllarne appunto “la nostra qualità”. Al nostro disappunto su questa presunta violazione di privacy, ci fu risposto che ogni e qualsiasi dato sensibile presente in conversazione, nonché dati anagrafici sarebbero apparsi in registrazione come un “bip” ed ovviamente le voci modificate. Ciò che invece non avveniva con l’ascolto in doppia cuffia, a cui, di tanto in tanto eravamo tutti sottoposti. I soli a rifiutarne l’imposizione erano ovviamente i dipendenti aziendali, specialmente gli ex cassaintegrati (come li chiamavamo noi). Ed ovviamente ne avevano tutte le ragioni: per anni a rispondere per conto INPS, oggi si vedevano messi alla lavagna da neo Team Leader ai quali magari avevano fatto affiancamento giusto qualche mese prima. Gli interinali ovviamente davano consenso e la loro scheda valutazione veniva regolarmente compilata.

Le mansioni erano ampie: dalle compilazioni di domande per prestazioni a sostegno del reddito, nel frattempo passate esclusivamente in procedura telematica sul sito INPS iscrizioni COLF, al controllo, per conto dell’utente del proprio cedolino pensione/disoccupazione/mobilità alla gestione dei fax (molti dei quali riportanti dati personali del cittadino) che pervenivano al numero verde. In sei ore quotidiane per cinque giorni la settimana, migliaia di dati sensibili ci passavano davanti gli occhi o nelle orecchie: un’insieme di indirizzi, dati anagrafici, dati sensibilissimi e responsabilità in appena “secondo livello di telecomunicazioni”.

Sempre per mantenere la quantità delle telefonate (perché su quello sembra che possa essere mantenuta la commessa) mi fu chiesto più di una volta di rispondere all’utente che i servizi al momento non funzionavano e quindi la possibilità di presentare la propria domanda di prestazione a sostegno del reddito sarebbe risultata impossibile col Contact Center, di richiamare in seguito. Il che poteva essere assolutamente credibile visto che ogni santo giorno i sistemi saltavano. Poco importa se l’utente riattacca inviperito, ciò che veramente conta è che tanto poi AVREBBE RICHIAMATO ed il numero delle telefonate ricevute quindi sarebbe salito e con esse la fattura da spedire a fine mese.

Tutto questo, ribadisco, gestito e sopportato, da somministrati con un 2° livello in telecomunicazioni, senza premio produzione in busta, in contemporanea con i dipendenti fissi di 3° livello, premio produzione in busta paga e molti dei quali passati da una commessa di elettricità ad una ben più complessa, appena tre mesi avanti o poco li. Senza contare la loro salute, ben più importante della nostra, dato che di tanto in tanto compariva in bacheca l’annuncio della prevista visita medica aziendale “Riservata ai Dipendenti”. Gli interinali schiattassero pure.

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70 A luglio la chiusura del cerchio: i primi giorni del mese ci venivano confermate le ferie richieste (agosto ) ed i nostri nomi sarebbero apparsi a breve nel calendario dei turni di agosto con l’asterisco “se confermati dalle agenzie”. A fine mese, ancora non si sapeva nulla del nostro destino. Fiduciosi si chiamava in agenzia, e dopo un tergiversare, ci veniva risposto brutalmente: “nessuno è stato riconfermato”.

Dopo un anno e mezzo, solo queste quattro parole dall’agenzia interinale e nessun incontro con i dirigenti dell’azienda, che però si erano premuniti di passare in sala ad urlare ferie confermate per tutti ed il cambio della guardia del team leader. Specialmente quest’ultima notizia ci avrebbe di sicuro portato a casa lo stipendio di settembre.

Infine l’incontro sospirato con le risorse umane: ci veniva detto che le proroghe erano finite e quindi eravamo i primi a togliere le tende (gli altri con scadenza settembre ed ottobre ovviamente restavano sottintesi come prossimi a lasciare il posto). Al nostro disappunto di averci lasciato a casa ad estate inoltrata, praticamente in un periodo morto per la ricerca di qualsiasi lavoro, ci veniva risposto che l’Azienda aveva iniziato le selezioni per quella commessa proprio ad agosto, quindi mai perdere la speranza. Ritenta, e vedrai che la ruota girerà. Non solo, ci veniva anche sottolineato che l’azienda era stata generosa nell’informarci con 4 giorni di anticipo la non riconferma. Peccato che quella telefonata in agenzia fu fatta da noi.

Alla mia protesta che avere 40 anni ed essere precari da 20 logora non solo la vita ma anche la testa, mi veniva replicato che in fondo anche il contratto a tempo indeterminato può cessare. Più che lecita come affermazione, ma almeno non si vive con la spada di Damocle sul collo chiedendosi ogni tre mesi, cosa ne sarà del domani. E poi, francamente, sentirselo dire da chi ogni mattina ha la propria poltrona in ufficio, ed uno stipendio sicuro a fine mese, è davvero poco credibile e soprattutto sconcertante.

Oggi eccomi qui, disoccupata INPS, dopo aver lavorato per conto INPS precariamente per quasi due anni. Ci viene dato il benservito, come se questi mesi in azienda a far crescere il servizio (per cui ovviamente ci ringraziano) non fossero mai esistiti, come se fossimo stati solo numero di operatore ed un foglietto dove segnare le telefonate prese. Come si fa con la schedina del totocalcio, probabilmente più facile da indovinare rispetto alla possibilità di essere assunti se non si è né invalidi, né sotto i 30 anni e tanto meno in mobilità . I lavoratori con la salute di ferro, che hanno superato la 30ma magari perché da poco laureati, e soprattutto privi di iscrizione alla lista di mobilità perché un contratto a tempo indeterminato cessato per crisi aziendale non l’hanno mai avuto, questi di lavoratori chi li tutela?? Sono destinati alla somministrazione per sempre?

Oggi a rispondervi non ci siamo più noi, anche perché un altro servizio di contact center INPS affidato ovviamente a lavoratori interinali, è partito in Calabria già da qualche tempo, sfruttando sgravi aziendali, questa volta concessi per la creazione di nuovi posti di lavoro in zone disagiate.

Precaria INPS, credo che mi ricorderò per sempre così. Quando vi capiterà di telefonare, pensate bene a chi avete dall’altro capo del filo. Probabilmente un povero cristo che, mentre controlla il vostro cedolino pensione, si chiede se lui, grazie all’INPS, che ha permesso questo massacro di precari ci arriverà mai un giorno alla pensione.

Nessun rimorso e nessun rimpianto. Solo tanta ma tanta amarezza per questo povero mondo che lascerete ai vostri figli. Dico vostri, perché io un figlio non me lo posso permettere, almeno non più.

Stanotte sono rimasta sveglia. Come quando finisce una storia d’amore e ci si sente sempre un po’ vuoti, quasi non si riesce a credere che quella quotidianità fino a quel giorno presente nella vita, da li a breve sarebbe venuta a mancare. Che di nuovo, mi sarei ritrovata a casa, senza dovermi alzare per andare a lavoro, senza poter tornare a casa orgogliosa di essermi guadagnata la giornata e soprattutto senza prospettive oltre quell’alba. Ero talmente stanca

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71che non riuscivo nemmeno a pensare sul come far quadrare ormai il bilancio familiare, come pagare il mutuo, quando potersi permettere ancora una pizza o addirittura una vacanza. E più ci pensavo più mi chiedevo, chi sono questi branchi di sciacalli che indisturbati occupano i vertici delle loro aziende sterminando lavoratori di mese in mese. Gli stessi che probabilmente in quel preciso istante dormivano sonni tranquilli, sospirando l’agognata partenza estiva.

Loro che non conosco noi, i nostri nomi, le nostre vite, i nostri conti a fine mese. E non mi solleva nemmeno l’eventualità lontana che quello che lo Stato gli permette di distruggere è lo stesso mondo del lavoro che si troveranno davanti i propri figli. No, non mi solleva, perché questa gente non permetterà mai che ciò che io ho appena raccontato possa un giorno essere il vissuto dei propri figli, per loro, ci sono già pronti dei posti fissi, senza sgravi contributivi, da qualche parte, magari proprio ora lo stanno già occupando dei precari, laureati, con esperienza, ma senza nessun santo in paradiso.

Ora è lecito “retrofittare” le vecchie auto a benzina e farle diventare elettriche

tratto da il Journal Blog4 agosto '12

Nonostante regali a petrolieri, a centrali elettriche inquinanti e a trivelle, il cosiddetto decreto sviluppo contiene una piccola botta di buonsenso ambientale.

L’articolo 17-terdecies consente, finalmente!, di retrofittare un’auto già in circolazione, ossia di sostituire il motore diesel o a benzina con un motore elettrico.

Non si tratta solo di risparmiare sul “pieno” (che per un’auto elettrica costa pochi euro), e non è vero che gas nocivi ed emissioni di anidride carbonica vengono spostati dal tubo di scappamento alla centrale che produce l’energia elettrica. L’auto elettrica inquina meno, sempre che l’elettricità non provenga dal carbone, il peggiore dei combustibili fossili. Il decreto dispone anche la costruzione di impianti per la ricarica,

Il motore elettrico, poi, non inquina per nulla se viene alimentato con energia prodotta da fonti rinnovabili.

Però attenzione, perché la botta di buonsenso, seppur degna di menzione, è solo molto parziale: niente incentivi a chi retrofitta un’auto vecchia, corposi incentivi a chi cambia l’auto e ne acquista una nuova a basse emissioni. E dal punto di vista ecologico è un grave errore.

Per l’ambiente è meglio tenersi un’auto vecchiotta e inquinante piuttosto che acquistarne una con emissioni ridotte. Vi sembra un’assurdità? Niente affatto: basta considerare il ciclo di vita del veicolo, e non solo i suoi gas di scarico.

Per calcolare le reali emissioni di un’auto bisogna tener conto dell’inquinamento legato all’uso dell’energia necessaria per produrla: esso va “spalmato” lungo tutto l’arco di vita del veicolo.

Quattro anni fa sono stati fatti i calcoli relativi a una Toyota Prius ibrida: per costruirla è necessario un consumo di energia pari a circa 32.770 kWh e dunque è come se come se una Prius nuova di zecca avesse bruciato, prima ancora di uscire dall’autosalone, 3790 litri di benzina, che corrispondono a circa 73.600 chilometri.

Un discorso analogo vale anche per le auto elettriche nuove: non ho trovato cifre sull’energia necessaria per la produzione, ma non spuntano nell’orto sotto un cavolo e hanno anch’esse alle spalle un processo industriale.

Dunque sarebbe stato meglio riservare gli incentivi a chi prolunga in modo ecologico la vita di una vecchia auto (purché sia ancora sicura, ovvio) installando un motore elettrico al posto di quello diesel o benzina. L’incentivo sarebbe stato davvero utilissimo: il retrofit così benefico per l’ambiente costa dai 3.000 ai 10.000 euro, mica noccioline.

Questo Governo invece ha preferito offrire uno sconto pari al 15-20% del prezzo di listino a chi

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72(soprattutto aziende, ma anche privati) acquista un’auto cosiddetta ecologica nuova di zecca e manda in rottamazione quella che possiede anche da un solo anno: la “torta” è di 140 milioni di euro in tre anni.

Il provvedimento, mi pare evidente, non pensa all’inquinamento ma pensa invece ad aiutare le case produttrici (le vendite sono crollate a causa della crisi) e ad aiutare chi ha abbastanza soldi per comprarsi auto fra cui la Chevrolet Volt o la Nissan Leaf, rispettivamente circa 44.000 e 38.000 euro da cui va detratto lo sconto governativo.

A chi non possiede cifre simili non è concessa neanche la possibilità di prendere gratis le auto ancora in buono stato che vengono rottamate per far posto a quelle nuove e di retrofittarle a proprie spese.

Il testo del decreto sviluppo

tratto da Giù la maschera di Jaime Jaramillo

Un maestro spirituale che predicava continuamente l’importanza di staccarsi dalle cose materiali, venne invitato assieme ai suoi discepoli a una fiera dell’artigianato, con oggetti provenienti da tutti i continenti. Entrato nel primo padiglione, il maestro ci rimase il triplo del tempo impiegato dagli altri per guardare gli oggetti esposti.

Stupiti, i discepoli tornarono indietro per capire perché ci mettesse tanto e lo trovarono che ammirava incantato tutti gli oggetti esposti, uno per uno. “Maestro”, dissero i

discepoli, “tu che parli tanto di spiritualità e di distacco, come mai ti sei fermato tanto davanti a questi oggetti?”.

Sorridendo, il maestro li guardò negli occhi e rispose: “Cari discepoli, avete ragione. Il fatto è che sono veramente stupefatto dal vedere la quantità di cose materiali che non mi servono per essere felice”.

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73Il Premio Ilaria Alpi slitta a Settembre,

entra in Riccione 90 e ricorda Gilles Jacquier

Associazione Ilaria Alpi, Bando Premio 2012, In evidenza

Raccontare, svelare, capire. Per non dimenticare. Questi i punti forti emersi nella conferenza stampa di presentazione della XVIII edizione del Premio giornalistico televisivo che gode dell’Alto Patronato della Presidenza della Repubblica ed è organizzato dall’associazione Ilaria Alpi e promosso dalla Regione Emilia Romagna, dal Comune di Riccione e dalla Provincia di Rimini.

Due le novità rilevanti di questa edizione: l’inserimento di una sezione dedicata a i servizi, reportage e inchieste video realizzate per il web e una nuova collocazione temporale. Come sottolinea Simone Bruscia, direttore artistico di Riccione 90, il Premio si svolgerà dal 6 all’8 settembre 2012 perché inserito nei festeggiamenti dei 90 anni del Comune di Riccione, un progetto che ha l’obiettivo strategico di ampliare la politica culturale della nostra città.

Il direttore del Premio Ilaria Alpi Francesco Cavalli spiega questi cambiamenti importanti: “il Premio diventa una parte fondamentale degli eventi di Riccione 90 e lo spostamento a settembre coincide in Italia con l’inizio della nuova stagione televisiva 2012-2013. La seconda novità è la nascita di una sezione ad hoc per l’audiovisivo via web creata per essere in linea con il cambiamento attuale nella fruizione dei contenuti audiovisivi”.

L’obiettivo della XVIII edizione non cambia: continuare nella ricerca della verità per Ilaria e Miran. “Proprio in queste ore apprendiamo- spiega Andrea Vianello, conduttore di Rai 3 e direttore scientifico del Premio Ilaria Alpi- che la strage di Piazza della Loggia a Brescia nel 1974 non ha colpevoli: i quattro imputati sono stati assolti al processo d’appello. Anche il caso di Ilaria e Miran non ha colpevoli. Per questo il giornalismo premiato è quello di inchiesta e di impegno sociale”.

Tre giorni intensi di incontri e dibattiti che si concluderanno con la serata di premiazione condotta da Tiziana Ferrario e una grande presenza: lo spettacolo teatrale “Lo Schifo” di Stefano Massini, già vincitore del Premio Riccione per il Teatro.

Una delle new entry nella giuria è Antonio Sofi, autore televisivo, giornalista, consulente politico e sociologo della comunicazione: “è un onore essere coinvolto. Il Premio è sempre stato all’avanguardia nelle nuove tecnologie e la nascita della sezione dedicata alle web tv lo conferma. E’ importante raccontare ciò che accade al Premio in tempo reale attraverso i social network in diretta mentre tutto accade. Ciò permette l’interazione istantanea a chi non è presente”.

Anche le istituzioni sottolineano l’alto prestigio di questo premio e la volontà di continuare a sostenerlo. Spiega Carlo Bulletti, vicepresidente della Provincia di Rimini: “ Il Premio rientra in un percorso della Provincia di sostegno economico per lo sviluppo di impianti culturali nel territorio e rappresenta un impegno nel rapporto tra comunicazione e verità da portare avanti”.

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74Anche il vice Sindaco di Riccione Lanfranco Francolini e la dirigente alla Cultura del Comune hanno sottolineato quanto l’amministrazione creda fortemente in questo appuntamento “La verità su Ilaria e Miran non è ancora emersa e si continua ancora a morire per la libertà. – ha detto il vice sindaco – Penso a Gilles Jacqueir, giornalista francese vincitore dell’ultima edizione del Premio, morto da eroe in Siria”.

E proprio a Gilles Jacquier il Premio Ilaria Alpi vuole dedicare un omaggio per ricordare il lavoro di questo grande giornalista.

Usciti i nomi dei finalisti del Premio Ilaria Alpi 2012. Mafie, crisi e immigrazione i temi più affrontati.

Tratto da www.ilariaalpi.it - 13 luglio 2012

Giornalisti di testate nazionali e di network internazionali insieme a cronisti di web-tv e di televisioni locali: sono in gara alla diciottesima edizione della manifestazione dedicata all’inviata Rai uccisa in Somalia. La proclamazione dei vincitori l’8 settembre a Riccione. Luca Ajroldi: “Qualità sempre più alta, si è ridotto il gap tra web-tv e grandi emittenti”

La crisi economica, la caduta di Gheddafi, gli ultimi criminali nazisti, i traffici di uomini e di rifiuti tossici. I migranti in fuga da guerra e povertà e la storia dei loro figli, nati e cresciuti in Italia senza avere la cittadinanza. Poi la criminalità organizzata con le infiltrazioni della camorra nell’Agro Pontino, i festini con i padrini a Napoli, la sacra corona unita e le donne vittime della ‘ndrangheta. Arrivano dalla sponda sud del Mediterraneo come dalle carceri italiane, dalla Russia e dall’Afghanistan come dal Veneto con i suoi capannoni fantasma, i primi 21 video finalisti della diciottesima edizione del Premio giornalistico televisivo Ilaria Alpi, in programma dal 6 all’8 settembre a Riccione. “Scegliere i finalisti è stato un lavoro faticoso, perché la qualità va di anno in anno migliorando” spiega Luca Ajroldi, una vita alla Rai come inviato di guerra, caporedattore agli esteri e vicedirettore del Tg2, quindi direttore del tg di Tmc e della testata online Il Journal, da sempre nella giuria del Premio Ilaria Alpi fino a diventarne il vicepresidente. “Nelle redazioni, e forse un po’ di merito è anche nostro – continua –, è cresciuta la voglia di fare giornalismo, di fare inchiesta a tutto tondo, di spostarsi e investire per raccontare vicende nascoste, con tassi di rischio non indifferenti”.

I video finalisti portano la firma di volti noti delle tv nazionali e dei network internazionali, ma anche di giovani cronisti di web-tv e di emittenti locali. Tutti saranno presenti a Riccione durante la tre giorni del Premio dedicato alla reporter della Rai uccisa nel 1994 a Mogadiscio insieme all’operatore Miran Hrovatin. “Si annulla sempre più il gap tra servizi fatti per il web, per una tv locale o per un’emittente nazionale – aggiunge Ajroldi – e questo è senz’altro un fatto positivo. È un vantaggio per i cittadini che sono più informati, lo è magari un po’ meno per noi della giuria, che abbiamo discusso, e non poco, per scegliere i 21 finalisti tra i 300 video in concorso”.

I video finalistiSono otto le categorie del Premio Ilaria Alpi, i cui vincitori saranno proclamati la sera dell’8 settembre al Palacongressi di Riccione.

Per il premio al miglior servizio da tg sono stati selezionati Giulio De Gennaro del Tg5, autore di una Caccia ai nazisti che ci conclude con un’intervista a Werner Bruss, il responsabile dell’eccidio di sant’Anna di Stazzema, Michele Cagiano De Azevedo di Sky Tg24, che ha invece filmato Il corpo di Gheddafi esposto al mercato di Misurata, mentre Marco Clementi ed Enrico Bellano del Tg1 in L’amazzone di Gheddafi raccontano storie di violenza e di umanità nei giorni della caduta del Rais.

Tre i giornalisti in gara anche per il premio al miglior reportage breve (sotto i quindici minuti). Luca Bertazzoni di Servizio pubblico con il suo Un treno lungo la notte: sedici ore da Crotone a Milano, quattro cambi e i pendolari che sfogano la loro rabbia contro gli extracomunitari,

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75“colpevoli” di affollare le carrozze. Fabbriche dismesse e piccoli artigiani che resistono sono i protagonisti di Veneto Spoon River di Alessio Lasta della trasmissione Rai L’ultima parola. Emilio Casalini di Report compie invece uno Spazzatour: il viaggio andata e ritorno dei rifiuti tossici, che partono dall’Italia, in Cina vengono lavorati e utilizzati nella fabbricazione di giocattoli, che tornano “nelle mani dei nostri figli”.

Giovani di seconda generazione, il carcere e le donne “acidate” nei servizi finalisti del premio al miglior reportage italiano lungo. Fred Kuwornu di Babel tv con 18 Ius Soli affronta il tema del diritto di cittadinanza per chi è nato e cresciuto in Italia da genitori immigrati. La vita di detenuti e agenti all’interno dei penitenziari italiani in Fratelli e sorelle di Barbara Cupisti di Doc 3. Anna Migotto, Valentina Loiero e Sabina Fedeli di Terra! Con Voci mai spente e la storia delle donne che si sono ribellate alla ‘ndrangheta a costo della vita.

Arrivano dal canale di Sicilia e dall’est Europa i video in finale per il miglior reportage internazionale. The Price of Sex di Mimi Chakarova per The Documentary Channel è un lungometraggio sulle giovani donne dell’est vittime del traffico sessuale. The Nigerian Connection di Chiara Caprio, Juliana Ruhfus e Orlando von Einsiedel di Al Jazeera English svela la violenza delle gang mafiose che gestiscono i traffici umani dal continente africano. È una storia di immigrazione e disperazione anche quella di Mare deserto a opera di Emiliano Bos e Paul Nicol della Radiotelevisione svizzera: un gommone alla deriva per 15 giorni, 63 morti e l’indifferenza delle forze Nato di pattuglia sul Mediterraneo.

Puglia protagonista della categoria miglior servizio di televisioni locali e regionali, con due dei tre servizi in finale prodotti dalla salentina Telerama. Sono quelli di Danilo Lupo che racconta La rivolta dei migranti e le minacce dei caporali, chiedendosi “dov’è lo Stato a Nardò”, mentre la collega Lucia Portolano con Mesagne e la Scu si lancia sulle tracce della sacra corona unita. Spazio anche al Piemonte, con Daniela Giacometti di Telesubalpina e il suo Amianto Balangero Italia: dal processo celebrato a Torino ai vertici della Eternit al dramma dei luoghi in cui si continua a morire, un viaggio per capire se e come sia cambiata la cultura del rispetto del lavoro e dell’ambiente.

Nasce invece quest’anno la sezione dedicata al miglior servizio delle web tv. In lizza per il premio Attilio Bolzoni che nell’inchiesta di Repubblica.it I nuovi signori di Sabaudia racconta le infiltrazioni camorristiche nell’economia, nel turismo e nella politica dell’Agro Pontino. La camorra al centro anche di Napoli, Il bacio del padrino di Claudio Pappaianni e Andrea Postiglione del sito dell’Espresso: durante la Festa dei Gigli nel quartiere Barra, i boss arrivano su una Rolls Royce bianca, in un tripudio di palloncini, musica e applausi. Si torna al dramma del sovraffollamento delle carceri con Just(ice) in Italy di Valentina Ascione e Simone Sapienza di Fainotizia.it: la miseria e la solitudine di chi è stipato in pochi metri quadri, oltre i limiti della legalità costituzionale.

Sono invece inediti, e il vincitore si guadagnerà la messa in onda su Rai 3 e Rainews, i video in corsa per il premio IA Doc Rai. Franco Fracassi con Blue Ghost mostra le due facce dell’Afghanistan, con le donne che contemporaneamente sono la risorsa del Paese e le uniche vittime di una società corrotta e violenta. In Kome un palloncino Massimiliano Cocozza racconta l’eroica lotta delle persone affette dalle malattie neoplastiche, dopo aver vissuto per nove mesi a fianco di una malata terminale. È girato in Russia Giornalisti in prima linea di Giorgio Fornoni, con le minacce e le violenze ai danni di reporter “con la schiena dritta”.Saranno noti nelle prossime settimane, infine, i finalisti delle ultime due sezioni, il premio Miran Hrovatin (riservato ai telecineoperatori) e il premio della critica, le cui giurie devono riunirsi.La cerimonia di premiazione e tutti gli appuntamenti del Premio Ilaria Alpi rientrano nei festeggiamenti di Riccione 90 e sono a ingresso libero. Il programma completo sarà a breve disponibile sul sito www.premioilariaalpi.it.

Il Premio Ilaria Alpi, organizzato dall’Associazione Ilaria Alpi, è promosso da Regione Emilia-Romagna, Provincia di Rimini e Comune di Riccione.

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76Premio miglior reportage italiano breveUN TRENO LUNGO UNA NOTTE di Luca BertazzoniServizio pubblico, Multipiattaforma (Tv locali, Cielo, SkyTg24 Eventi)VENETO SPOON RIVER di Alessio LastaL’ultimaparola, Rai 2SPAZZATOUR di Emilio CasaliniReport, Rai 3Premio miglior reportage italiano lungo18 IUS SOLI di Fred KuwornuBabel tv, SkyFRATELLI E SORELLE di Barbara CupistiDoc 3, Rai 3VOCI MAI SPENTE di Anna Migotto, Valentina Loiero, Sabina FedeliTerra! Canale 5Premio miglior reportage internazionaleMARE DESERTO di Emiliano Bos e Paul NicolFalò, RSI- Radiotelevisione svizzeraTHE PRICE OF SEX di Mimi ChakarovaHer Take, The Documentary ChannelTHE NIGERIAN CONNECTION di Chiara Caprio, Juliana Ruhfus, O. von EinsiedelPeople & Power, Al Jazeera EnglishPremio miglior servizio delle webtvJUST(ICE) IN ITALY di Valentina Ascione e Simone SapienzaFaiNotiziaI NUOVI SIGNORI DI SABAUDIA di Attilio BolzoniRepubblica.it (Repubblicatv - Re Le Inchieste)NAPOLI, IL BACIO DEL PADRINO di Claudio Pappaianni e Andrea Postiglioneespresso.itPremio miglior servizio delle tv locali e regionaliLA RIVOLTA DEI MIGRANTI, LE MINACCE DEI CAPORALI, DOV’E’ LO STATO A NARDO’ di Danilo LupoTelerama, speciale TRnewsAMIANTO BALANGERO ITALIA di Daniela GiacomettiLinea D’ombra, TelesubalpinaMESAGNE E LA SCU di Lucia PortolanoTelerama, L'indianoPremio miglior servizio da tgCACCIA AI NAZISTI: WERNER BRUSS di Giulio De Gennaro (Tg5)IL CORPO DI GHEDDAFI di Michele Cagiano De Azevedo (Sky Tg24)L’AMAZZONE DI GHEDDAFI di Marco Clementi e Enrico Bellano (Tg 1)Premio IA DOC - RAI BLUE GHOST di Franco FracassiKOME UN PALLONCINO di Massimiliano CocozzaGIORNALISTI IN PRIMA LINEA di Giorgio Fornoni

segnalato da Pier Paolo Olivieri

Anonymous ART of Revolution

“libera la tua mente”

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77La Bolivia mette al bando la Coca Cola

a cura di Luisa Barbieriliberamente tratto da Boli Bolivia Bans Coca Cola To Honor Mayan “End of Capitalism” via Bans Coca Cola To Honor Mayan “End of Capitalism”

La Bolivia ha annunciato che entro la fine dell'anno in corso metterà al bando la Coca Cola Company

La ragione ? celebrare la “fine del capitalismo” e rendere onore al nuovo ciclo del Calendario Maya. (1)

Nel maggio u.s. il sindaco Bloomberg mise al bando le porzioni giganti (big-size) delle bevande zuccherate e/o gassate in sintonia con il progetto, caldamente supportato dalla Casa Bianca, di fare guerra all'obesità (2). Oggi parrebbe che una guerra, ancora più determinata e carica di significati, alle bevande zuccherate, come la Coca Cola, sia stata intrapresa dalle massime cariche istituzionali in Bolivia. In particolare il ministro boliviano degli Affari Esteri, David Choquehuanca, ha detto che la Coca-Cola Company sarà espulsa dal Paese il 21 dicembre, in corrispondenza della data che il Calendario Maya indica quale inizio di un nuovo ciclo.

Il motivo ? celebrare la "fine del capitalismo".

Secondo quanto afferma il Ministro boliviano, il 21 dicembre 2012 rappresenterà la fine degli egoismi, delle divisioni; il 21 dicembre rappresenterà la fine della Coca Cola e l'inizio della mocochinche (una bevanda locale al gusto di pesca). "I pianeti si allineeranno, dopo 26.000 anni. É la fine del capitalismo e l'inizio del comunitarismo".La data tanto discussa e, per certi versi, temuta, che si evince dal calendario Maya, in Bolivia verrà celebrata organizzando innumerevoli eventi che si svolgeranno all'epoca del solstizio d'estate dell'emisfero australe sull'Isla del Sol, una delle isole più grandi nel Lago Titicaca.

Non è la prima volta che una grande azienda americana si è trovata in disgrazia su suolo boliviano, già agli inizi del 2000 McDonald's dovette chiudere i battenti, in quanto in perdita in termini di profitti.Il fallimento del gigante del fast-food è stato raccontato nel documentario “ Perché McDonald's è fallito in Bolivia? ” (3). Il film, pur mostrandosi un po' fazioso, racconta una sua storia in merito, facendo riferimento a sondaggi, nonché ad esperti, quali nutrizionisti, sociologi e storici, ed arrivando alla conclusione che il problema non era da

ricercarsi nel Big Mac, ma che la causa reale era da riferirsi al condizionamento culturale volto a boicottare le aziende americane nei Paesi dell'America latina.

Il consumo di prodotti Coca-Cola è triplicato in Bolivia dal 2001, così come è aumentata notevolmente in tutti i paesi latino-americani, tanto che anche il leader venezuelano Hugo Chavez ha invitato i suoi cittadini a bere Uvita, un succo d'uva prodotto da una azienda statale, invece della Coca-Cola. Sia Cuba che la Corea del Nord sono a tutt'oggi in cordata con la Bolivia a contrastare il consumo della bevanda.

É curioso che la Bolivia abbia deciso di contrastare la Coca Cola sul suo territorio, considerando che uno degli ingredienti della bibita si dice venga estratto dalle foglie di coca delle quali il Paese è produttore, anche se la Coca Cola si rifiuta di confermare, accampando il diritto di tutela della formula segreta.

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78Le vendite di foglie di coca sono un grande business in Bolivia, pari al 2% del PIL del Paese, (circa 270 milioni dollari all'anno), rappresenta il 14% di tutte le vendite agricole; inoltre, le foglie di coca sono legalmente vendute nei mercati all'ingrosso in alcune città boliviana, esiste anche un coca-bar a La Paz.La decisione di mettere al bando la Coca Cola è arrivata proprio nel momento in cui il Paese si sta impegnando a legalizzare il consumo di foglie di coca, che sono notoriamente trattate clandestinamente in cocaina, e dichiarate narcotico illegale dalle Nazioni Unite nel 1961, insieme alla cocaina, all'oppio e alla morfina, a dispetto del fatto che il suo consumo è parte di una tradizione secolare, una tradizione fortemente radicata nelle credenze di parecchi gruppi indigeni.

Secondo l'opinione del Presidente Morales, in realtà "né gli USA, né gli altri Paesi capitalisti hanno una buona ragione per mantenere il divieto di consumo di foglia di coca", quasi emergesse più il pregiudizio, con conseguente affronto alle tradizioni boliviane, piuttosto che la ferma volontà di sconfiggere il narcotraffico.

Un blog boliviano, “Nada nos Libra de Escorpio, offre un'ulteriore interpretazione circa la messa al bando della Coca Cola, facendo riferimento ai danni che la bibita, incredibilmente ricca di zuccheri, procura alla salute.

«El veneno es asi" ("questo è il veleno") è scritto in una foto che ritrae una bottiglia di Coca Cola sulla quale è impresso un teschio.

Ben consapevoli del fascino sprigionato dai costumi occidentali, compresa la dieta che inesorabilmente comprende questa bevanda, altri paesi latino-americani, incluso il Brasile, si stanno adoperando, con l'ausilio di politiche di governo, a conservare, se non a fare riemergere, le tradizioni, soprattutto in ambito alimentare. La messa al bando della Coca Cola da parte della Bolivia, al di là di ogni congettura, sicuramente sta sortendo l'effetto di invitare tutti a pensare ad alimenti, quali per l'appunto, la Coca Cola, ad approfondire un po' il tema tanto, forse, da liberarcene, anche se rimane difficilissimo pensare che si potrebbe arrivare ad essere “Coke free”.

Note di approfondimento:

� Bolivia Bans Coca Cola To Honor Mayan “End of Capitalism” by Kristina Chew 5/08/12 http://www.care2.com/causes/bolivia-will-ban-coca-cola-to-honor-mayan-end-of-capitalism.html

� http://www.nytimes.com/2012/05/31/nyregion/bloomberg-plans-a-ban-on-large-sugared-drinks.html? pagewanted=all

� http://www.youtube.com/watch?v=S9rUce9mfNY

� http://www.forbes.com/sites/andersonantunes/2012/08/01/bolivia-set-to-banish-coca-cola-to-mark-mayan- end-of-capitalism/

� http://www.taringa.net/posts/salud-bienestar/14068669/Coca-Cola_-Un-Veneno-Refrescante-_Mejora-Tu- Salud_.html - Coca Cola: Un Veneno Refrescante [Mejorá Tu Salud]

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Anonymous ART of Revolution

Il sito ufficiale della squadra italiana impegnata nei giochi olimpici di Londra 2012

Olimpiadi di Londra 2012boxer australiano aborigeno provoca agitazione

Il giovane boxer australiano Damien Hooper, di origine indigena, ha rischiato una punizione per essere entrato nell'arena olimpica di pugilato indossando una maglietta con i colori della bandiera aborigena. "Sono un ragazzo aborigeno che rappresenta la sua cultura e la sua gente qui ai Giochi Olimpici", ha replicato il boxer. Hooper non è il primo atleta australiano di origini indigene che sventola i colori

della bandiera aborigena. Un'atleta australiana leggendaria, Cathy Freeman, nel 1994 celebrò la sua vittoria nei 200 metri nel corso dei Commonwealth Games sventolando sia i colori australiani, che quelli aborigeni.

Women's Rights News

Londra 2012 – Finalmente e per la prima volta nella storia tutte le squadre presentano atleti

di sesso femminile

La judoka della Nazionale araba Shaherkani, parteciperà alle Olimpiadi indossando un velo islamico più comodo dell’hijab, disegnato

appositamente per evitare disagi nei movimenti e rischi di infortuni per l’atleta e per le sue avversarie.

Il Medagliere di Londra 2012dal Corriere dello Sport

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80Londra,

le “Olimpiadi più ecologiche di tutti i tempi” hanno sponsor inquinanti

Da Blogeko.iljournal.it

Siete davanti al televisore per guardare la cerimonia d’inaugurazione delle Olimpiadi di Londra? Le Olimpiadi che gli organizzatori definiscono “le più ecologiche di tutti i tempi”?

Dolente di darvi una delusione, c’è sotto del greenwashing, quel fenomeno per cui le imprese assumono sembianze ecologiche prive di sostanza reale. Fra gli sponsor dell’evento ci sono infatti la Bp, quella della marea nera nel Golfo del Messico che è inoltre cointeressata allo sfruttamento delle sabbie bituminose del Canada. La Dow Chemical, che ha acquistato l’Union Carbide da cui uscì la grande nube tossica di Bhopal in India. La Rio Tinto, proprietaria di una miniera a cielo aperto negli Usa accusata di violazione delle leggi sull’inquinamento atmosferico.Sorvolo sui costi stratosferici e stralievitati delle Olimpiadi londinesi: soldi che a parer mio potevano essere spesi in modo migliore. Di impianti olimpici ormai è pieno il mondo (le prime Olimpiadi dell’età moderna furono nel 1896 ad Atene), basterebbe riciclare… Ma veniamo agli sponsor.Essi ovviamente (e non solo i tre in questione) hanno sborsato fior di quattrini per riverberare sulla propria immagine l’ombra verde delle Olimpiadi londinesi.Un bel articolo del quotidiano britannico Independent, già all’inizio di aprile, ha fatto il punto della questione, dando voce anche al Greenwash Gold, l’associazione che ha passato al setaccio le gesta degli sponsor londinesi sollevando il problema. English Al Jazeera ha approfondito in particolare la questione della miniera.La Bp mette a disposizione il carburante per i 5.000 veicoli coinvolti a vario titolo nell’organizzazione. Dow, una multinazionale della chimica, si occupa del telo da 41 milioni di sterline che avviluppa lo stadio, dell’erba artificiale (!) per i campi da hockey e dell’isolamento termico di alcuni tetti. La Rio Tinto fornisce la materia prima per le medaglie.Oltre a tutto il resto, il gruppo Greenwash Gold rimprovera a Bp di non versare con sufficiente

sollecitudine i risarcimenti alle persone danneggiate dal disastro nel Golfo del Messico, e a Dow di non volersi far carico dell’eredità di inquinamento lasciata dietro di sé dalla Union Carbide. Ma nell’occhio del ciclone c’è soprattutto la Rio Tinto, che secondo Greenwash Gold merita la medaglia d’oro del greenwashing.La miniera di Kennecott posseduta da Rio Tinto nello Utah, dalla quale viene il 99% della materia prima per le medaglie è – si dice – il più grande buco a cielo aperto scavato dall’uomo: 3,22 chilometri di ampiezza e 1,2 di profondità. Sotto una veduta, sembra un paesaggio lunare: e fosse solo questo il problema…

Su questa miniera, situata a poche decine di chilometri da Salt Lake City, pende una causa giudiziaria per l’accusa (smentita dalla proprietà) di violazione delle leggi sull’inquinamento atmosferico per via soprattutto delle polveri che si levano dallo scavo. La portavoce di un comitato di madri che lottano contro la miniera ha dichiarato all’Independent che ad essa è attribuibile il 30% circa delle 1000-2000 morti annuali dovute all’inquinamento nello Utah.

Approfondimenti:

� Greenwash Gold (la foto piccola è tratta da un filmato presente sulla sua home page)

� Sull’Independent le “Olimpiadi più verdi di sempre” accusate di badare solo agli affari

� Su English Al Jazeera il grande greenwashing olimpico

� La foto grande è di Flickr

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Mamme allo specchioQuesto volantino è stato distribuito dalla polizia texana. Dopo gli ultimi, ma non unici, avvenimenti locali che vedono coinvolti adolescenti sarebbe bene distribuirlo anche qui, in Italia.