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Il periodico di informazione ambientale a cura dell'ASS.FOR.ONLUS
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Ne[ numero 22 (marzo 2004) deL Notiziario ForestaLe Vi abbiamo proposto, per eser-citarvi in attesa del concorso, 256 quiz con risposta muLtip[a.NeL numero 23 (ottobre 2004) abbìamo pubblicato Le risposte che, in parte erano sba-glìate. Rìpubbtichiamo di seguito quelle giuste, riviste e corrette.
La risposta giusta è A)
nei quiz no: 3 - 5 - 6 - 7 - 8 - 9 - 10 - 1,2 - 1,4 - L6 - 17 -18 - 19 -20 - 24 -26 - 27 - 28 - 29 - 30 - 31 - 33 - 34 - 41. - 44 - 46 - 47 - 49 - 52 - 53 - 54 -57 - 58 - 59 -60 - 61 - 64 - 71, -73 -75 -77 - 82 - 87 - 1.32 - 133 - 138 - 139
- 1.47 - 1.48 - 150 - L51, - 1,52 - 163 - 1,66 - 1,67 - 1,69 - 170 - 171, - 175 - 176
- 177 - 180 - 18L - 1,84 - 1,87 (no, ci vogliono almeno ].50 metri) - 190 - 1,95 -198 - 200 - 202 - 203 - 204 - 209 - 21,2 - 21,5 - 221, - 223 - 226 - 229 - 241, -244 - 245 - 246 - 247 - 249 - 250 - 251, - 253 - 256.
La risposta giusta è b)
nei quiz no: 1 - 2 - 1.1. - 1.3 - 1.5 - 21, - 22 - 25 - 32 - 35- 36 - 37 - 40 - 45 -50 - 55 - 56 - 62 - 65 - 66 - 67 - 68 - 70 - 72 - 74 - 76 -80 - 83 - 84 - 92 -93 - 98 - 105 - 1,1,2 - 1,16 - 1,1,9 - 1,31, - 1,44 - 1,45 - 1,46 - 1,51, - 153 - 1,54 - 1.57
- 1.64 - 1,73 - 176 - 177 - 178 - 179 - 1,92 - 193 - 196 - 188 - 189 - 192 - 1,93
- 196 - 1.97 - 206 - 21.0 -21.3 - 21,4 - 21,6 - 217 -225 -233 - 234- 235 - 237
- 238 - 240 - 243 - 252 - 254 - 255.
La risposta giusta è C)
nei quiz n": 4 - 23 -38 - 39 - 42 - 43 - 48 - 51, - 63 - 69 - 78 - 79 - 81,- 85 -86 - 88 - 89 - 90 - 91. - 94 - 95 - 96 - 97 -99 - 100 - 101 - 1,02- 103 - 1,04 -106 - 1.07 - 108 - 109 - 110 - 11,1 - 1,1.3 - 1,1,4 - 1,1,5 - 1,17 - 119 - 120 - 1.21. -1.22 - 1.23 - 124 - 1.25 - 1.26 - 1,27 - 1,28 - 1,29 - 130 - 1,34 - 135 - 1.36 - 1,37 -140 - 1.41. - 142 - 1.43 - 1.49 * 1,51, - 1,55 - 1,56 - 159 - 159 - 160 - 1,61, - 1,62 -165 - 168 - 1.72 - 174 - 175 - 176 - 185 - 191, - 1,94 - 1gg - 201, - 205 - 207 -208 - 21,1. - 21.8 - 21,9 - 220 - 222 - 224 - 227 - 228 - 230 - 231, - 232 - 236 -239-242-248.
(per alcune domande ta risposta giusta può essere più di una)
Editoriaiedi Salvatore Scriva
Compleanno Forestali: a chent'annosldi Claudio Cugusi
Cosi si salvano i boschi sardidi Antonello MeIe
Ali contro il fuocodi Riccardo Medved
Basi elicotteristiche
Realizzata la Base operativa antincendi a Bosadi Giorgio Onorato Cicalò e Raffaele 0rrù
Dicembre 2004: Alluvione in Ogliastra
Dove arrivano le acque del Supramontedi Francesco Murgia, Salvatore Cabras, Laura Sanna
Fauna di Sardegna.Un nuovo Libro di Gianni Sirigu
Dactylorhyza elata,di Cesario Giotta, Marcello Piccitto, Walter Rossi
La raccolta delle bacche di mirtodi Roberto Balìa
LaSardegnaeiMiceneidi Bruno Uda
A un anno dalla morte di Giorgio Marrasdi lgnazio Berria
ItinerariDa Santa Maria Navarrese al Monte Spada
Kalarighesdi Federico Nurchi, Pasquale Carroni
Il signor Kukidi Amilcare Loverci
Una vita tra i motoridi Giulia Antinori
Scuola Forestale
159" anniversario della costituzionedellAmministrazione forestale della Sardegna
Poesie: Autunno - Incendidi Augusto Boi
In copertìna:
Uno sparviero al['abbeverata.Foto di G. Sirigu
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notiziario forestate i,"24 - Z*Aa
+r*-t+i* +iìi 2004 è stato un anno
?; it devastante Per la
Ì;, ,É nostra Regione. Incendii;i É e alluvioni hanno non
r**lititi i*;*solo provocato danniincalcolabili al nostro patrimonionaturale, ma anche ucciso vittimeinnocenti.Quello che è successo ii 26 dicem-
bre 2004 - nel sud est asiatico -non può farci rimanere impassibili.Siamo sconvolti dalle decine dimigliaia di persone uccise e altret-tante rimaste senza più una fami-glia, senza una casa: persone, sole
con la toro disperazione.
In quest'anno, altre gravi catastro-fi hanno coinvolto il nostro Piane-
ta: le attuvioni in Bangladesh, gliuragani in Florida, i terremoti inAlgeria e Turchia, solo per ricorda-re i più gravi. Più di 20 mila perso-
ne - e prima dello Tsunami nel Sud-
Est Asiatico - sono morte a causa dicatastrofi naturali.Forse, questi eventi cosi grandi non
dipendono solamente dalle follie
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provocate dalUuomo che continua a produrre sempre nuovi e pericolosiinquinamenti, dai gas serra aile scorie nucleari, a disboscare selvaggia-mente aree sempre più estese del nostro pianeta e a costruire troppo vici-no ai letti dei fiumi o in riva al mare.
La nostra Terra potrebbe essere un paradiso terrestre, se ognuno di noi si sof-fermasse per un attimo a capire quanto è importante t'opera del "Forestale".
Forse, alla luce di queste tragedie, molti si soffermeranno a rivalutare Uim-portanza delle sistemazioni idraulico-forestaii e del vincolo idrogeologicoche i forestali sono chiamati a far osservare.
notiziario forestale n"2+ - 2a05
&§sffila##'
associazione Assfor, che
raggruppa ta quasi tota-lità delie guardie fore-
sta[i sarde, compie diecianni in questo fine set-
timana. Uno dice: non è mica unaricorrenza da segnare nel catenda-
rio o da speltarsi te mani. E invece,
a pensarci bene, non è cosi. Perché
se la stragrande maggioranza deiSardi non conosce lAssfor è colpa
del disattento circo mediatico. Non
degli agenti forestali. Giudichino ilettori i meriti di questa associazio-
ne, che in due lustri ha lavorato intutta l'Isola sul fronte della preven-
zione degli incendi e del recupero
ambientale. Delia formazione, inbuona sostanza, di una coscienza
civile ambientale senza tutti quegli"ismi" che spesso ottengono ilrisuttato contrario: buttarla in poli-tica, disorientare o, peggio, allon-tanare. Tra te iniziative messe inpiedi dat gruppo guidato da Salva-
tore Scriva, ce ne sono due cariche
di simbologia e di valori. La prima
è del maggio 2003, quando ad
Arborea Ie guardie forestali lancia-rono la proposta di un piano per
l'ambiente dell'Isola. Dei nostripolitici nemmeno Uombra o quasi.
Al tavolo c'era sottanto l'ex asses-
sore altAgricoltura, FelicettoContu. Risultato: quel piano, quei
consigli messi insieme dai forestaliper prevenire, per difendere e tute-lare non li ha raccolti nessuno.
Come se non fosse utile sentire ilparere di chi ha studiato prima di
partare. E soprattutto conosce larealtà delle stazioni forestali e dei
nostri territori vigiiati. Il secondo
episodio è altrettanto edificante,anche se il finale è positivo. Con la
cottaborazione del Comune di 0rgo-
solo, lAssfor ha ricostruito il diora-ma del Supramonte. 0ssia il quadro
compteto della flora e della fauna,
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esposto in mostra permanente nelpaese di Graziano Mesina e di tantialtri. In quet panorama meraviglio-
so manca almeno un animale: itgipeto, rapace fortissimo, gran
divoratore di carcasse, che si consi-
dera misteriosamente estinto da
una ventina d'anni. LllspettoreCapo del Corpo Forestale UmbertoGraziano ha suggerito una campa-
gna per reintrodurre il gipeto suigraniti del Supramonte, con Uaiuto
della Provincia di Nuoro. Ci riuscirà
lAssfor, ma ii solo fatto di provarci
merita gli auguri: a chent'annos.(da "I1 Giornale di Sardegna". 19/12/2004)
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notiziario forestale no24 - 2005
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1970 Susme[', prendendo spunto dal contenuto di un nume-
ro speciale della prestigiosa "Revue forestière francaise", dedi-
cato ai progresso tecnico in selvicoltura, si è chiesto: "dove va
la selvicoltura?" e ne ha auspicato una impostazione naturali-stica attraverso il potenziamento della ricerca di biologia ed
ecologia. "In definitiva - scrive Susmel - il legno è stato e potrà essere
ancora sostituito da altri materiali, ma nulla potrà sostituire il bosco netle
proprie funzioni sociali". Dopo oltre trent'anni questi ed altri concetti di"archeologia forestale" sono ancora più vatidi alla luce delle nuove acqui-
sizioni scientifiche sul sistema foresta e Ia sua gestione attraverso la sei-
vicoltura che è "l'arte di coltivare i boschi". A maggiore chiarimento diquanto si esporrà, è utite riportare iI pensiero det De Phiiippis'sulla selvi-
coltura naturalistica, "pet la quale il bosco non è un semplice insieme difusti iegnosi, ma una complessa e viva entità biotogica, in equilibrio dina-
mico col suo ambiente fisico, dota-ta di un limitato grado di tolleran-za per gli interventi esterni e per-
ciò suscettibile solo di usi che ne
assicurino anche ia rinnovazione e
la continuità nel tempo.Poiché a noi corre l'obbligo di rife-rirci alla Sardegna, dobbiamovedere se, come e quando questi
principi sono stati assimilati dalla sensibilità "forestale" degli isolani. Nel-
l'arte di coltivare i boschi si riconoscono, grosso modo, tre filoni, tuttiimportanti: la selvicoltura del governo (gesilone) dei boschi; la selvicoltu-
ra delta creazione di nuovi boschi e della ricostituzione di quelli mal ridot-ti; l'arboricoltura da tegno, attività tegata essenzialmente alla produzione
Iegnosa anche al fine di ridurre Ia pressione sulle formazioni naturali.La storia forestale della Sardegna, di origine per altro recente, non contie-
ne paragrafi dedicati al "governo" dei boschi. Nelle poche descrizioni dei
visitatori occasionali delUlsola il bosco non compare proprio e quando se
notiziario forestai.e n"24 - 2005
ne fa cenno non è come strutturafunzionale a qualcosa che non fosse
il pascolamento del bestiame rude.
La Carta de Logu dArborea, secolo
XIV', non fa riferimento al bosco
nemmeno negli "ordinamenti sul
fuoco" nei quali sono riportate lepesanti sanzioni contro gli incen-diari. Beccuo, con riferimento alperiodo compreso nei secoli XVIII e
XIX, ci informa che le "selve ghian-difere, relegate nei saltus, erano
fustaie quercine e alberature sparse
nei pascoli e nelle macchie, riserva-te al pascolo del bestiame rude
tenuto in branchi; non erano desti-nate aI taglio, con esclusione dellepiante secche (era vietato il taglio a
capitozza e ammesso lo sgamollo).
I boschi cedui erano le formazionimiste di sclerofilie sempreverdi, con
specie quercine sparse nella compa-gine, destinate all'approwigiona-mento di legna da ardere e carbone.
Circa lo stato delle foreste, vale ilquadro che ne fa un documento diAnonimo del 1800u nel quale riferi-sce che "s'abbruciano tutto di e
s'incendiano i boschi e le tenute diterreno imboschito, e non di rado
anche le selve intere, si taglianofuor di regola e fuor di tempo glialberi, e non si sostituisce mai, si
sradicano e si svellono le piante acapriccio, e senz'alcun ritegno,badando soltanto a godere di unautitità presente e non pensando allaposterità, ed ai bisogni futuri".Dopo lo strazio fatto nelle foreste
sarde durante i secoli bui, agli inizidel 1900 si incomincia a prendere
coscienza della situazione, attraver-so gli scritti di qualche attentoIspettore del Reale Corpo delle Fore-
ste. Ecco alcuni giudizi dovuti alla
penna del Venerosiu. La Provincia diSassari, che comprende una parte
della futura Provincia di Nuoro, con
una superficie di 1.067.500 ettari,vantava una superficie boscata(compresi i sughereti e qualche
fustaia molto rada) di 48.800 ettari,pari al 4,5% della superficie territo-riale. Quali le cause del diboscamen-
to? "Sono soprattutto gli incendi ed
iI pascolo sregolato, specialmente iIpascolo delle capre". "Si dice che ilbestiame pascente, col ripulire ilterreno dalla bassa fratta, salva laforesta dal fuoco; senza pensare che
esso mangia anche le tenere pianti-ne nate da seme". E ancora: "questo
infatti è il quadro più caratteristicodei boschi che ancora rimangono inSardegna: una popolazione di vec-
chi che si estingue per mancanza diprogenie". I pascoli alberati che
soprawivono in quegli anni "nonsono che una fase intermedia diquesta lenta estinzione: antichiboschi degradati pascolati conti-nuamente, senza traccia di novella-me, dove le piante madri decrepite
e cadenti vanno sempre più dira-dandosi, per dar luogo finalmenteaI pascolo nudo. e più spesso ad unpascolo da capre, o addirittura ad
una sterile landa". Pensando airimedi Venerosi ammette che con-
seryazione vuol dire essenzialmente
difesa dalte due awersità maggiori:gli incendi ed il pascolo sregolato.Purtroppo le regole del buon gover-
no del bosco penetravano con moltadifficottà e lentezza. Un'aitra tappaimportante di questo percorso è
stato il convegno nazionale del
sughero tenuto a Sassari nel 1934'icui atti contengono una raccolta discritti di autorevoli studiosi della
selvicoltura applicata alla coltiva-
natiziario forestale r,."24 - 2AA:
zione della Quercia da sughero (Pavari, De Mori ed attri). Gti effetti di tuttociò sul recupero delle foreste naturali sono stati irrilevanti. Ma è dopo la
seconda guera mondiale, dal 1950, che la selvicoltura delta scuola fioren-tina penetra diffusamente nell'Isola come effetto di una distribuzione ter-ritoriale più numerosa ed equilibrata di tecnici iaureati del Corpo Foresta-
le dello Stato. Veicoli di questa nuova selvicoltura sono stati gli uominicon il loro bagaglio di cultura professionale e la letteratura tecnica divul-gata dailAccademia Italiana di Scienze Forestali e dalle Università di Firen-
ze e Padova, eminenti centri di ricerca sulle discipline forestali. Memora-
bile e fondamentale la "summa" degli studi prodotta nel congresso nazio-nale di Selvicoltura di Firenze del 1954'. Il Corpo Forestale in Sardegna si
è applicato per diffondere Ie fondamentali regole della selvicoltura finaliz-zate ad una gestione delle aree forestali che fosse rispettosa della rinno-vabi[tà dei soprassuoli in ambienti in cui era ormai radicata da secoli unaconsuetudine (su connottu).
0ccorreva andare oltre la concezione del taglio mso con "riserve" anche
nelle fustaie quercine poste in situazioni che, per motivi di assetto idro-geologico e di convenienza economica (Quercia da sughero), non ammet-
tevano il governo a ceduo matricinato; oppure convincere Uutenza che
esercitare il pascolamento dopo una utilizzazione, o un'operazione di recu-
pero strutturale e funzionale, era la premessa per la distruzione di unsoprassuolo; o cercare di conciliare le esigenze della proprietà del bosco
che aspirava ad utilizzare la massa legnosa, con quelle del pastore che,
nelle stagioni di precarietà, aveva llurgenza di alimentare il gregge tutti igiorni. Anche Iesercizio dell'Uso civico ha contribuito ad uno sfruttamen-
to dei boschi pubbtici con effetti devastanti sugli assetti interni: struttu-ra, composizione, densità, rinnovazione, con ripercussioni negative anche
agli effetti della difesa dei suoli. Uniche eccezioni, in questo disordine, le
Foreste demaniali la cui gestione è awenuta nel rispetto delle regole delta
selvicoltura. II tentativo di coinvolgere gli Enti locali, proprietari di este-
se aree forestali, in una gestione su base assestamentale, anche con pianisommari, non ha avuto esito. Il lavoro da compiere è ancora immane: non
è ammessa l'improwisazione mentre è indispensabile il possesso di baga-
glio tecnico di alto profilo e di quel minimo di "arte" che deriva dalllespe-
rienza. 0ccorre, infine, una nuova "legge forestale" che dia sicurezza, per-
ché oggi il disagio deriva anche da una selvicoitura subordinata, non a
valutazioni professionali degli specialisti ma, spesso, a decisioni di opera-
tori del diritto e di altre figure non professionali come conseguenza del-
l'applicazione di norme come quelle della cosiddetta "legge Galasso",
nebulose e infondate.Nuove correnti di pensiero percorono [Europa diffondendo una nuova filo-sofia della foresta e delle sue funzioni nella biosfera alle quali dà un gran-
de contributo anche la scuola italiana. La Sardegna non sembra coglierne
il messaggio: i giovani addetti ai lavori sembrano distratti da altre occupa-
zioni. Il rischio è che lo spazio venga occupato da altre figure professio-
notiziario forestate n"24 - 2005
nali attraverso l'inserimento nei centri da dove dovrebbero promanare lenuove regole dell'ecologia forestale e della seivicoltura sistemica. Ed è ilrischio paventato, in termini più generali, da Giacomini' quando ammetteche "l'ecologia sta rischiando, specie nelle sue appiicazioni, di divenireuna prassi comune, nel senso che chiunque può improwisarsi ecologo eche quatsiasi volontarismo può assumere troppo facilmente le sembianze e
le funzioni di un "organo competente". Il Personale del Corpo deve conser-vare essenzialmente la caratterizzazione che giustifica la sua denominazio-ne di "forestale", curando lo studio e I'aggiornamento nelle discipline pro-prie della selvicoltura, delìjassestamento, della difesa del suolo e di quellecomplementari ad esse.
Le prime opere estensive delle sistemazioni idraulico-forestali in Sardegna
furono awiate negli anni dal 1901 aL1.9'14, con scarsi risuitati, nelia Fore-
sta Demaniale del Campidano, con semine di specie quercine e di coniferemediterranee. Uiniziativa di alcuni Ispettori del Reale Corpo delle forestedette origine ad una certa sperimentazione in campo sulla preparazionedel terreno a gradoni e piazzole (Montanari, 1913 e Sala, 1914) e sullasemina a spaglio in terreno sodo con zappatura superficiale ed eliminazio-ne degli arbusti (Allegretti, 1,91,9,1.924)'0. Nel L924 risultano rimboschitiL70 ettari nella Foresta Demaniale del Campidano e 60 ettari nella F. D. diMontimannu (Villacidro). Le prove sperimentali di fattibiUtà furono porta-te avanti dal Pavari che ne condensò i principi in "Esperienze ed indaginisulla tecnica del rimboschimento neile regioni a clima caldo arido",,. Suc-cessivamente, e in maniera episodica, si intervenne nei litorati di Alghero,Siniscola, Arborea, Pula, nel Goceano, e sul Monte Ortobene (Nuoro) negtianni 1935-1939. Nel primo mezzo secolo furono realizzati in Sardegna rim-boschimenti, discontinui nel tempo, su 1.4.697 ettari (0,61 % della super-ficie territoriale), con una media di circa 300 ettari all'anno". Dai primianni'50 è stata impostata e realizzata, a cura dei Corpo Forestale delloStato e deilAzienda delle Foreste Demaniali, col supporto finanziario dellaCassa per il Mezzogiorno, una brillante e costante attività di recupero di
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territori scarsamente produttivi. I programmi ed i progetti esecutiviafferenti a ciascun cantiere miravano ad attuare una trascurata difesa
del suoio, con opere estensive di sistemazione idraulico-forestale, sullabase di principi contenuti nella "legge forestale" del 1923 e nella "legge
a favore dei territori montani" del 1952. Non rimboschimenti tout-court, quindi, ma finaiizzati a scopi sistematori tendenti alla regima-
zione dei deflussi idrici superficiali, secondo una logica antica che indi-vidua nelle sistemazioni montane i presupposti delta bonifica integraledel bacino imbrifero. Furono introdotti ed applicati, dai giovani Ispet-
tori formatisi nelle scuole di Firenze e Padova, i principi elaborati nel
vasto capitolo della selvicoltura dei rimboschimenti e della ricostituzio-ne dei boschi dagradati che erano stati compendiati nel 1961 nel con-
gresso nazionale sui rimboschimenti di Firenze".
Con la cessazione dell'attività della Cassa per il Mezzogiorno, i finan-ziamenti trovarono continuità a cura dellAssessorato regionale dellaDifesa dellAmbiente. Al 1990 furono rcalizzati interventi di rimboschi-mento e ricostituzione boschiva su 136.452 ettari, che rappresentano
11 5,66 % deila superficie dell'Isola, con una media di 1.533 ettarialUanno'.. Alcune schede presentate nel 1996, a Nuoro, da Legambien-
te alla tavola rotonda su "problemi e prospettive del settore forestalein Sardegna", riportano questa situazione. La superficie totale di inter-vento è di Ha 171.874, cosi distribuita: il Corpo Forestale opera su Ha
51,.054 di terreni in temporanea occupazione in base alla "legge fore-stale" del 1923; llAzienda delle Foreste Demaniali interviene nell'ambi-
to dei 1,20.820 ettari, parte di proprietà della Regione Sarda, parte
avuti in concessione da Comuni e dall'Ersat. Dal 1935 fino agli anni'60il Corpo Forestale dello Stato ha realizzato 11..391. ettari di rimboschi-menti litoranei lungo L60 chilometri di coste, con una media di 360
ettari all'anno'u. Sono state messe in atto sofisticate e costose tecni-che di preparazione dei suoli sabbiosi e salsi con impiego di specie par-
ticolarmente resistenti aIIe difficili condizioni edafiche e climatiche.
Questi soprassuo[ artificiaii, dopo il 1970, sono statioggetto di grande interesse sotto il profilo turistico e
ricreativo, con una pressione umana talvolta eccessiva e
disordinata per la soprawivenza di strutture dagli equi-libri delicati e precari. Contemporaneamente il Corpo
Forestale, fino alla fine degli anni'60, ha attivato 231
"cantieri scuola" di rimboschimento finanziati dal Mini-stero dei Lavoro e dalla Previdenza Sociale (legge 26a /1949) atlo scopo di limitare i disagi della disoccupazio-
ne. La superficie rimboschita è stata di 3.498 ettari'6.
Gli ultimi cinquant'anni del secolo XX hanno registra-to un'attività intensa nel campo dei rimboschimenticon finalità essenzialmente sistematorie pur nellacostante carenza di personale tecnico laureato, ciò
che non ha consentito di portare avanti programmi diricerca sul campo miranti a verificare llimpiego di spe-
cie arboree e arbustive nei diversi ambienti e di valu-tare talune soluzioni sistematorie adottate in partico-lari condizioni di suoli aridi con giacitura inclinata. Le
finalità sociali dei lavori, che negli uttimi 25 anni ave-vano assunto importanza rilevante, quasi prevalente,non consentiva di progettare impianti a carattere spe-
rimentale per l'impossibitità di concentrarsi sugliaspetti qualificanti della progettazione esecutiva didettaglio e di seguirne le fasi evolutive attraverso laraccotta ed elaborazione di dati sperimentali a causa
dell'assillo di una progettazione a cadenza annuate e
di una conduzione dei lavori, anche in termini ammi-nistrativi, opprimente. Llattenzione dei pochi tecniciera assorbita dalla gestione del personale e della com-ponente amministrativa e finanziaria dei lavori.
DaI gennaio del 2000 lAzienda delle Foreste Demania-
li è stata soppressa e la gestione delle Foreste Dema-
niali e dei cantieri delle sistemazioni idraulico-foresta-li è stata affidata alUEnte Foreste. Dopo quattro annivorremmo conoscere quale selvicoltura venga pratica-
ta in queste migiiaia di ettari di territori che compren-
dono anche i "gioielli di famiglia" che la nostra gene-
razione aveva ereditato e cercato di conservare in con-
dizioni di floridezza e di recuperare, quando deperien-ti: Settefratelli, Campidano, Pula, Montimannu, Mon-
tarbu, Montes, Fiorentini, Anela, Monte Pisano, Monte
0lÌa, Sos Littos-sas Tumbas, Monte Lerno, solo per
citare le Foreste Demaniali originarie, avute in dono
dailo Stato. Per interesse di carattere professionale
(abbiamo trascorso parte della nostra esistenza a stu-diare e percorere i boschi detla Sardegna) gradiremmo
conoscere i programmi, i progetti esecutivi dei lavorinei cantieri (se esistenti), i piani di gestione dell'atti-vità vivaistica, i piani di gestione delle foreste natura-li, i ritmi annuali di rimboschimento e delle ricostitu-zioni boschive e quanto altro possa essere utile cono-
scere sulla setvicottura applicatanei territori amministrati. Vige unermetismo innaturale che nonsiamo riusciti a penetrare.
Uarboricoltura da legno è duratauna tunga stagione, dalla metàdegli anni Sessanta fino agli anni0ttanta, durante la quale si sono
confrontate due scuole di pensiero.
A chi sosteneva llopportunità che
in Sardegna si estendesse la colti-vazione delle specie conifere(Abete rosso, Pino radiato) e latifo-glie (Pioppo, Eucalipto), a rapidoaccrescimento", si opponevanovatutazioni sui timiti ctimatici,legati alta ormai nota "infedeltà"detle precipitazioni nell'Isola, limi-ti che avrebbero impedito i[ mani-festarsi della auspicata rapidità diaccrescimento su cui si fondava tacertezza di incrementi medi diriiievo. I dati esternati da qualche
attivo partecipante al congresso diCagliari del 1967", sono stati sotto-posti a verifica attraverso l'esame
della [etteratura sull'argomento,compresa una pubblicazione dellaF.A.O. del 1962" sulta possibitità didiffusione det Pino radiato netmondo. Talune affermazioni, a suo
tempo, avevano provocato il com-
mento ironico dei professor Giorda-
no, tecnologo del tegno, in questi
termini'o: "LiAmministrazione fore-state esiste ed opera da circa L00
anni, insigni maestri italiani e stra-nieri hanno percorso l'Isola in tuttii sensi esprimendo le loro vedutesulle possibilità di rimboschimentocon varie specie, ma tutto ciò
dowebbe contar nutla, e le teoriesopra le zone climatiche sarebbero
assolutamente da rigettare soltantoperché in Sardegna esiste un pez-
zetto di viale nel quate sono statiimpiantati e vivono tuttora degliAbeti rossi?" Il Corpo Forestate ha
creato delte parcelle sperimentali diPino radiato nei diversi cantieri,soprattutto in aree con un regime
delle precipitazioni favorevole e su
suoli profondi, di buona fertilità,traendo da tutto ciò utili indicazio-ni perché le piantagioni non fosse-
ro generalizzate e per ridimensio-nare molte ottimistiche previsioni.
Tuttavia impianti furono realizzatida privati sostenuti da cospicuifinanziamenti della Cassa per ilMezzogiorno e della Regione Sarda.
Il risultato è stato assotutamente
negativo anche perché queste
deboli strutture artificiali hannosubito patologie che ne hanno ulte-riormente compromesso la resisten-za e l'efficienza.I malinconici residui di strutturedeteriorate e di piante deperitedovrebbero avere insegnato a nonripetere l'errore. In seivicolturaanche i risultati negativi hanno unvatore positivo di ammonimento.La prassi corretta insegna di effet-tuare sempre, preliminarmente, ma
dando loro il giusto credito, le
accurate analisi che suggeriscono
l'ecologia forestale e Ia selvicolturaspeciale.
Per concludere, riteniamo che laselvicoltura non sia soto un'opinio-ne, ma il presupposto teorico-prati-co della soprawivenza del nostropatrimonio forestale perché impedi-
sce che venga lasciato al libero arbi-trio di speculatori e faccendieri per
usi impropri e, comunque, non coe-
renti con te leggi dellecologia e
della biologia.
biblio gr afia consigliata
L Susmel L., Dove va la selvicoltura?, Montie Boschi n" 2,1970.2 De Philippis A., Setvicoltura e ambiente.Accad. Ital. di Sc. Forestali, Firenze 1991.
3 Eteonora d1rborea-La Carta de Logu, a cura
di M. Brigagtia, "la Biblioteca de La Nuova
Sardegna", 2003.4 Beccu E., Tra cronaca e storia le vicende detpatrimonio boschivo della Sardegna, DeLfino
Editore, Sassari 2000.
5 ldem.6 Venerosi N., Aspetti del problema forestale
del Capo di sopra, Tip. Gatlizzi, Sassari 1925.
7 M.W.. Atti deì. Convegno Nazionale delsughero, fipografia Gallizzi, Sassari, maggio1934.8 AA.W., Atti del Congresso Nazionale tli sel-vicoltura. Accademia Italiana di ScienzeForestali, Firenze 1954.
9 Giacomini V., Romani V., Uomini e Parchi,
Franco Angeli Editore, Milano 2002.
10'.Morelli A,; La tecni. ea dei,rimbosdrimentià ';in Sardegna, Tip. Coppini, Firenze 1962.
ll,,Payar-i A.;: Esperienaq ed indqgini 'rsultatèCiiiead ]rinùo$ettiEé. ::1$ej§,:reg,r_o$1:,a
clima caldo arido, estntto det Bullettin de la
ii;:::É,=r; ino agli anni '70, ia lotta agli incendi boschivi nel nostro paese-;: ""veniva condotta con mezzi rudimentali senza una strategia di.,i,i-...';;-+ lotta e prevenzione. Questo stato di cose consentiva al fuoco di
:;, percorrere enormi superfici, distruggendo un patrimonio foresta-':,,i.,:.t le di grande importanza paesaggistica e di difesa del suolo, prima
che gli uomini preposti alla lotta potessero aver ragione deli'evento. Inquegli anni i'opinione pubblica iniziò a prendere coscienza delle proble-matiche ambientali ed in modo particolare del problema degli incendi.Accadde un episodio, allorché in una località dell'arco alpino, nella pro-vincia di Trento, un incendio minacciava boschi secolari di straordinariabeltezza. Il presidente di quella provincia chiese direttamente al Diparti-mento delta Protezione Civile Francese se poteva mettere a disposizioneuno strano aereo antincendio chiamato Canadair, quasi del tutto scono-sciuto in Italia, che poteva rifornirsi d'acqua direttamente sulle superficiacquee.
La Francia, molto gentilmente mise a disposizione due velivoli che inpoche ore posero fine a queil'incendio. IJepisodio non passò inosservato,e la notizia finÌ sui giornali dell'epoca, sollecitando i nostri governantialla creazione anche in Italia di una componente aerea per La lotta agliincendi boschivi.
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Whtmdailo Gs.ffi. 2t05
l-.,, e,,,-",,,,,t -, ----,, ",,CORPO FORES'AIE DI YIGIUNZA AMAIENIAÉ ICFVAI
La Regione Sarda, da sempre terra martoriata dal fuoco, manifestò imme-diatamente un forte interesse verso il nuovo strumento di lotta, orientan-dosi, per motivi economici, verso i velivoli ad ala rotante. Così, in modopionieristico, iniziarono ad operare i primi elicotteri antincendio, decol-lando da eliporti improwisati in vecchi aeroporti militari dimessi, e se ledimensioni delltncendio richiedevano una permanenza sul teatro operati-vo più lunga dell'autonomia del velivolo, il carburante veniva trasportatoin toco con le campagnole.
Da quegli anni ai nostri giorni, nelL'utilizzo del mezzo aereo nella lotta alfuoco, sono stati compiuti passi da gigante, passando dai 300litri d'acqua
trasportati dallAB 206 ai 9000litri sganciabili dai giganteschi ELITANKER.
0ggi ta Sardegna può contare su una rete efficiente d'awistamento. di unpronto ed efficiente sistema di lotta a terra, che con il loro contributoconsentono di limitare le superfici percorse dal fuoco ed i danni conse-guenti ad un sempre troppo elevato numero di incendi. Ma la più efficien-te ed organizzata componente aerea di lotta al fuoco sarà destinata allin-successo se l'opera di spegnimento dal cielo non sarà proseguita dall'umi-le, duro e accurato tavoro di bonifica eseguito dalle squadre a terra. Ren-
dendo quanto mai valido quelllassioma secondo ii quale: "Llaviazione
determina l'esito di una battaglia, ma è la fanteria che vince la guerra".
In questo istante il nostro ricordo è rivotto ai Caduti: Uomini del Corpo
Forestale, Piloti, Motoristi, Votontari, morti o gravemente feriti nelUadem-
pimento del dovere, ai semplici cittadini, uomini, donne, bambini, splen-dide vite spezzate in assolati pomeriggi d'estate dalla lucida fotlia degtiincendiari.Il loro ricordo deve spronarci a non abbassare la guardia, a non desistere,a non lasciarci prendere dal senso della sconfitta dopo una dura giornatasul fuoco, ma a trovare ogni strumento, ogni soluzione atta a difendere ilnostro patrimonio naturale, immensa e unica ricchezza della nostra Terra.
notiziario forestale n"24 - 2ù05 13
ffi.,.$,*rlsièìidgna:.Slr e
iniziatodelle basi elicotteristiche."Da quando sono nate hanno allegge-
rito il lavoro, le fatiche e le difficoltàdei nostri uomini, - racconta AntonioPodda, ex direttore del corpo foresta-
Ie a cagliari - hanno reso più efficien-te la lotta contro gli incendi boschivi
di chi, ogni giorno, deve combattere ilfuoco. Tutto è diventato più veloce e
oggi spegnere un incendio è moltopiù semplice"."Prima che sorgessero le basi alcune
zone non si potevano raggiungere -continua Podda - ora, invece le mete
impossibili sono quasi del tutto scom-
parse".
La prima base per elicotteri nacque a
Farcana, nel monte 0rtobene. nel
1,972. Un'idea "rubata" agti StatiUniti, in particolare alla California,
dove già da tempo, il mezzo aereo,
oltre che come mezzo di soccorso, si
impiegava per combattere gli incendi
consentendo di raggiungere in manie-
ra più veloce i luoghi colpiti."I mezzi aerei permettono di attacca-
re il fuoco in maniera diversa - spie-
ga Podda - hanno dei secchielli appe-
t4 motiziarào forestale n"24 - 2005
[acqua è, mlscetata' ion prodotti, chi-
mici che ritardano la combustione
sottraendo ossigeno dalUatmosfera".
Attualmente esistono dieci basi eli-
cotteristiche: Marganai, Pula, Villasal-
to, Fenosu, Sorgono, San Cosimo,
Bosa, Anela, A1à dei Sardi e Limbara.
'All'interno della base lavorano:
motoristi, piloti e forestali che si por-
tano in maniera diretta sul fronte del
fuoco oppure guidano te altre squadre
- continua Podda -. Gli elicotteri,inoltre, possono servire per usi diver-
si come coordinare dallalto gli inter-venti degli uomini e dei mezzi a terra."Le basi sono diventate uno strumen-
to di cui non si può fure a meno, a cui
non si può rinunciare - spiega Podda
- Iintervento dall'alto facilita 1o spe-
gnimento del fuoco riducendo i rischi
degli interventi a terra.""Esistono moltissimi aerei cisterne
usati per questo scopo, tlG222 eYEr-
cules possono essere un esempio -conclude Podda - ma a differenza del-
[elicottero hanno bisogno di più spa-
zio per atterrare. Un altro caso inte-ressante da esaminare potrebbe esse-
Cul scaricano la benna
owiamente senza atterrare, in Hove-
ring: cosi si chiama il procedimento
che permette di spegnere un incendio
a due o tre metri da terra facendo
risparmiare tanto tempo".
Oggi l'intervento del[eticottero, ha
una priorità assoluta e indiscussa,
non solo nel caso di vasti incendi ma
anche quando llntervento via terra
sia stia dimostrando inefficace. Si
migliora giorno per giorno, ta priorità
rimane sempre quella di arrivare nel
luogo dell'incendio quanto prima, e
per far questo si migliorano sempre
gli strumenti. Lo stesso elicottero ha
subito detle modifiche: la benna che
conteneva 500 litri d'acqua non esiste
più. Al suo posto vengono usati dei
serbatoi ventrali, posti sotto Ia pancia
del[elicottero, dotati di una specie diproboscide, un aspiratore, che si riem-pie quando il mezzo è ancora in volo.È in grado di far cadere [acqua in due
momenti separati e in due puntidiversi.
Reatizzata [a baseoperativa antincendia Bosa
o. cura di Giorgio ùnorato Cìcalò e Raffaele 0rrù
ffi ono stati ultimati a cura del
\Corpo Forestale e di V.A., i lavo-
#ri di ristrutturazione di un vec-
chio fabbricato sito in agro di Bosa,
in iocalità Santa Maria. Si tratta di
un edificio costituito da due corpi di
fabbrica, ii più vecchio risalente pro-
babilmente alla seconda metà del
1800, it secondo che è adiacente al
primo è di epoca più recente proba-
bilmente dei primi decenni del 1900.
La sua destinazione originaria era
quella di casa colonica, proprietà
detla famiglia "Pischedda" che donò
nei primi det Novecento casa e terre-
ni contigui al comune di Bosa per
redizzare una Scuola Agraria.
Nel[edificio menzionato nacque lasuddetta scuota che, ristrutturatanegli anni '50 (esiste in proposito
una documentazione fotografica di
cui si ailegano alcune immagini),
venne definitivamente abbandonata
nel 1970 in quanto fu costruita più a
vatle la nuova Scuola Agraria chia-
mata oggi I.P.A.S.
Uintero stabile si trovava in uno
stato di totale abbandono, fortemen-
te degradato per via delle numerose
infiltrazioni d'acqua dovute alla
copertura fatiscente ed in alcunipunti del tutto mancante, che
rischia di crolì.are. Le strutture por-
tanti sono in muratura tradizionale
con etementi lapidei squadrati agli
spigoli del[edificio.Uintervento di "restauro" sulla parte
più vecchia delledificio, (vedi rela-
zione tecnica del[Tng. G.0. Cicalò,
progettista e direttore dei lavori) è
"rivolto ad assicurare [organismo
edilizio e ad assicurare Ia funziona-
lità mediante un insieme sistematico
di opere che nel rispetto degli ele-
menti tipologici, formali e struttura-li delllorganismo stesso, ne consen-
tano una destinazione d'uso con essa
compatibite. Tale intervento com-
prende ii consolidamento, ii ripristi-no, il rinnovo degli elementi costitu-
tivi delledificio, l'inserimento degli
etementi accessori e degli impiantirichiesti daile esigenze dell'uso."
Oltre alIetisuperficie di Bosa è stata
ristrutturata la Base eiicotteristica di
Villasalto, che comprende la sistema-
zione esterna della Base: recinzione,
costruzione di un vascone di accu-
mulo acqua, lavori di ridistribuzionedegli ambienti interni, impianti,sostituzione infissi ecc., Uesterno del
fubbricato sarà coibentato e verrà
costruita una parete ventilata per
eliminare i disagi dovuti al grande
caldo estivo.
Sono terminati i lavori per il primo
lotto della Base elicotteristica di Sor-
gono che comprende la strada dac-
cesso alla elisuperficie, ta costruzio-ne della piastra per Uatterraggio
degli elicotteri, i muragiioni di con-
tenimento ecc.
notiziari.o forestale n'24 - 2005 15
Altuvione in0gtiastra e Baronia:cosa hanno fattoi forestali sardi
partire dalla sera del 6dicembre una violentaalluvione ha colpitol'0gliastra e in partico-lar modo Villagrande
Strisaili dove si sono registrateanche due vittime. Assunta Bidottidi 69 anni e la nipotina di 3 anni,Francesca, sono state travolte e
trascinate via dalla furia dell'acquache aveva invaso Ia loro casa.
Le abbondanti pre-
cipitazioni che
sono proseguite per
diversi giorni,hanno creato smot-
tamenti, frane, conproblemi ai collega-menti viari e telefo-nici, allagamenti diterreni e case, crol-ti di edifici e ponti.I primi soccorsi da
parte del Corpo
Forestale sonogiunti a Villagrande
neila serata del 6,
intorno alle 19.30,grazie all'allarmelanciato dall'Ispet-torato Forestale diLanusei, che haimmediatamenteallertato iI persona-
le di tutte le stazio-ni del territorio.Le pattuglie della Forestale, con-giuntamente agli uomini della Pro-tezione Civile, hanno effettuato un
16 motiuiario forestate n'24 - 2e05
Fotoservizio:I[ giornate di Sardegna
,i:
monitoraggio della viabilità e dei
corsi d'acqua, presidiando le zone
ad alto rischio per l'incolumità dellepersone. La Direzione Generale del
Corpo Forestale per il tramite della
Sala Operativa regionale ha attivatonella notte le autocolonne mobili diprotezione civile dei Dipartimentidi Cagliari, Oristano e Nuoro. Le
guardie e i sottufficiali forestali con
l'ausilio delle autobotti, hanno ini-ziato da subito a svuotare cantine,garage e case allagate, nelf imme-diato si è anche cercato di sgombra-re le strade da materiali e detritiche le rendevano intransitabili.Si possono quantificare in ottre 600
gli interventi d'emergenza in cui iforestali hanno prestato la ioroopera, in particolare per assisterepersone in difficottà, soccorrereailevatori e persone isolate in cam-pagna, svuotare dall'acqua e dalfango locali allagati, prowedereagli approwigionamenti alimenta-ri, supportare gti interventi sanita-ri delle Asl, recuperare il bestiamee rifornirlo di mangime, recuperare
tl
e smaltire le carcasse degli animalimorti.Dal centro della Sardegna l'atlarme
maLtempo si è spostato nei giornisuccessivi anche a Galtelli in Baro-
nia, dove il fiume Cedrino, a causa
delle piogge incessanti e abbondan-
ti, è uscito dagli argini. Per gliuomini del Corpo Forestale e diVigilanza Ambientale si è cosi aper-
to un nuovo fronte d'emergenza.
La mobilitazione del Corpo Foresta-
Ie non ha conosciuto soste sia neigiorni dell'emergenza sia immedia-tamente dopo, con Le operazioni direcupero e monitoraggio del territo-rio, che ha visti impiegati comples-
sivamente 500 uomini e 200 mezzi.In Consiglio Regionale nei dibattitosull'emergenza alluvione in Sarde-
gna è stato coniato l'appellativo di
"Formichine Verdi" per ricordare i'o-pera che i Forestali sardi hanno pre-
stato per soccorrere le popolazionicolpite dall'alluvione. Effettivamen-te di fronte a certe catastrofi non sipuò far altro che imitare le laborio-se formichine per cercare di rende-re un minimo aiuto che i forestali, ivolontari, i vigiti del fuoco e tutti iSardi in vario modo hanno dato
contribuendo con varie forme disolidarietà. Per ii futuro, per evita-re di essere catpestati come piccole
formiche, laboriose ma inermi, dob-
biamo cercare di intervenire nel ter-ritorio osservando e rispettando le"leggi della natura", leggi per lequali tanti anni fa qualcuno pensò
dt organizzare una struttura che
ancora oggi risponde al nome diCorpo Forestaie.
§mwe mrr§w&m& &e esq&§§de§, §wpsem&rx&eTntrnrìrrzinna
ilattività degii speleologi isolaninegli ultimi anni si è concentratain modo particolare sul Supramon-
te: queste campagne di ricerca ipo-gea sono state condotte attraversoimportanti esplorazioni e ricerche
scientifiche nel reticolo di gallerie
sotterranee che s'incuneano all'in-terno di questa vasta area carbona-
tica. Tra le tante esperienze assu-
me notevole importanza ii contri-buto alla ricostruzione dell'idroto-gia carsica della porzione occiden-
tale di questo massiccio calcareo,
una delle più interessanti nelpanorama speleologico italiano,effettuata sul complesso carsico diSa Rutta'e S'Edera - Su Gologone.
Le frammentarie conoscenze delsistema ipogeo in esame erano già
state supportate da alcune ipotesidi lavoro, elaborate sulla base dei
risultati di una precedente espe-
rienza di tracciamento geochimico
effettuato sulle acque di Sa Rutta'e S'Edera. Tale indagine, effettuatacon l'immissione di un coloranteatossico (fluoresceina sodica) nelcircuito sotterraneo, aveva già per-
messo di individuare, nell'estateL999, le principali direzioni dideflusso idrico ipogeo e determina-to la concentrazione dei deflussipresso Ie sorgenti di Su Gologone.
Le acque superficiali, provenientianche dal bacino imbrifero che si
diparte sui rilievi scistosi e graniti-ci deile pendici settentrionali delmassiccio del Gennargentu, s'infil-trano alf interno del Supramonte su
una superficie complessiva di circa
(Tav. 1):
Struttura geologica dell'area in esame
16L,5 Kmq (Tav. 1): i principalipunti idrovori sono localizzati incorrispondenza del contatto calcari
mesozoici - basamento cristallinopaleozoico che, dalla piana di Fen-
nau, si estende verso ovest finoall'inghiottitoio di Sa Funga'e sAb-
ba. ubicato lungo [aiveo del Flumi-neddu. Questi punti d'infiltrazionealimentano, saltando per via sotter-ranea la tinea di drenaggio superfi-ciale dei canyon di Gorroppu, queilo
che risutta, allo stato attuale delle
conoscenze, come it più lungo tra i
nn*iri:ria fnracfela t\o)/, - )nll^ ,O
(Foto 1): Preparativi prima dell'ingresso
a Sa Rutta'e S'Edera
sistemi carsici italiani sottoposti a
tracciamento e compreso tra unaben definita area di assorbimento ed
una determinata risorgente.
Un secondo progmmma di studioawiato dalla Federazione Speleolo-
gica Sarda, stilato sulla base delle
esperienze precedenti, si è posto
come obiettivo di ricerca quello difornire indicazioni più precise circa
le caratteristiche geometriche e lepotenzialità d'immagazzinamentoipogeo dell'acquifero carsico che ali-menta le sorgenti di Su Gologone.
Tale lavoro, reahzzato a partire dallaprimavera 2002, è parte integrantedelle attività organizzate dalia Fede-
razione Speleologica Sarda in occa-
sione della Prima Giornata Naziona-
le della Speleologia, manifestazionepromossa in collaborazione con laSocietà Speleologica Italiana e iIComitato Italiano '2002 - AnnoInternazionale delle Montagne",sotto llegida dell'0NU e della FAO.
h:cluadramento qeotr"oEico
Il sistema carsico compreso tra Sa
Rutta'e S'Edera e le sorgenti di Su
Gologone si sviluppa nell'areasupramontana ricadente nei comu-
ni di Urzulei, Orgosolo, Oliena e
Dorgali. Questo territorio è costi-tuito da una placca calcarea impo-stata su rocce sedimentarie ascrivi-bili alta successione marina meso-
zoica della Sardegna 0rientale,potente oltre 600 metri e poggiatasul basamento cristallino Paleozoi-
co. Quest'ultimo, costantemente
20 motiziario fErestale n'24 - 2CC5
inclinato verso NE, è costituito da
rocce poco permeabili di naturametamorfica e granitoide (Tav. 1).
La copertura carbonatica è compre-
sa tra due importanti sistemi difaglie: ad est è localizzabile quello
di Urzulei-0ddoene, le cui linee didiscontinuità si dipartono in dire-zione nord-sud mentre a nord èimpostata la faglia di San Giovanni,
orientata in direzione est-ovest e
sigillata da colate basaltiche Plio-Pleistoceniche.
La tettonica che ha interessato 1'a-
rea d'indagine ha fratturato lacopertura carbonatica seguendo
uno stile caratterizzato da accavat-
lamenti, sistemi di pieghe e faglieche costituiscono altrettante viepreferenziali allo scorrimento idricosotterraneo.La morfologia estremamente variaed aspra del Supramonte è quindi ilrisultato delUinterazione tra strut-ture geologiche ed azioni erosive
morfodinamiche che hanno agitoesternamente ed internamente alta
compagine rocciosa dando luogoalla formazione di una rete inter-connessa di condotte ipogee.
I dati della prima esperienza
La prima colorazione delle acque diSa Rutta'e S'Edera fu programmata
a seguito di un'iniziativa autonoma
di alcuni gruppi isolani, i quali
effettuarono la ricerca nel giugno
1999 in collaborazione con la Fede-
razione Speleoiogica Sarda, che
finanziò l'acquisto del tracciante. Il
calendario delle operazioni prevede-
va, in primo luogo, il posizionamen-
to d'appositi fluocaptori nelle prin-cipali sorgenti e il prelievo di cam-pioni d'acqua per ie preliminariprove "in bianco". I punti presi inesame per il monitoraggio furonoindividuati nella Grotta G. Sardu,
nel Supramonte di Urzulei, e nelleemergenze sorgentizie di Su Golo-
gone e Gorropu. Il recapito sorgen-
tizio di San Pantaleo non fu moni-torato perché sommerso dalle acque
del bacino artificiale sul Cedrino.
La fluoresceina fu immessa nelleacque del sistema carsico sotterra-neo, in quantità pari a 10 kg, ad
una quota di circa 750 m s.t.m. (-200 m rispetto Ia quota dell'ingres-so), laddove iI collettore principale
di Sa Rutta'e S'Edera riceve l'appor-to dell'inghiottitoio di Sa Funga 'e
SAbba. In quest'occasione Ia porta-ta del torrente fu stimata in circa
60 l/s. II tracciamento geochimico
si svolse in un periodo di magra, ilche spiega bene il lungo tempo dirisposta alle sorgenti (76 giorni) e
la bassa velocità di transito del
colorante nel sistema ipogeo (circa
300 metri al giorno). Tra tutti i cap-
tori analizzati, risultarono positivisolo quelli provenienti dalla risor-gente di Su Gologone, che assorbi-
rono il tracciante dopo che quest'ul-
timo aveva percorso un tragitto sot-terraneo, stimato in linea d'aria,pari a circa 21 km. I dati ricavati nelcorso di questa esperienza non sono
stati tali da permettere di stimare la
diluizione del tracciante nell'acqui-fero, né di valutare eventuali perdite laterali del sistema.
Il recente tracciamento5a Rutta'e S'Edera - §u Gologone
Accertata Ia comunicazione idrolo-gica diretta tra il torrente sotterra-neo di Sa Rutta'e S'Edera e la riser-va idrica che alimenta Su Gologone,
rimaneva ancom da indagare sullacaratterizzazione geometrica deibacino idrogeologico che alimentaquesta sorgente.A partire dalllaprile 2002, quindi, laFederazione Speieologica Sarda hapromosso una nuova campagna distudio, con il supporto del Diparti-
mento Georisorse e Territorio delPolitecnico di Torino: grazie allapreziosa collaborazione del profes-
sore Bartolomeo Vigna, infatti, è
stato possibile disporre di un'appa-recchiatura d'analisi modernissima,
con il cui utilizzo si sono potutecompiere importantissime determi-nazioni su i volumi idrici contenutinel bacino ipogeo celato sotto l'al-topiano carsico det Supramonte,monitorando costantemente iI pas-
saggio del tracciante nelle acque
della sorgente di Su Gologone.Anche in occasione di questo trac-ciamento geochimico si è deciso diimpiegare Ia fluoresceina sodica,utilizzandone una quantità note-volmente inferiore rispetto allaprecedente analisi.IJappuntamento per dar seguito allafase operativa è stato fissato per il1o maggio 2002, nella piana di Fen-
nau (foto L): accompagnati da alcu-ni operatori video, una folta squa-
dra di speleologi diluisce 5000 g ditracciante nel torrente sotterraneodi Sa Rutta'e S'Edera che presenta.
nelloccasione, una portata doppiarispetto all'esperienza condotta nel1.999 (foto 2). Nella settimanaseguente vengono predisposti i con-trolli ai recapiti: i punti monitoraticon fluocaptore sono la risorgentedi Gorropu e il lago terminale dellaGrotta di Su Bentu. La risorgente diSu Gologone è stata costantementetenuta sotto osseryazione, a partiredal 23 maggio, per mezzo di unfluorimetro a campionamento auto-matico, collocato nella vasca dicarico dell'impianto acquedottisticogestito dal Consorzio Govossai. Ilsofisticato strumento, capace dimisurare anche bassissime concen-trazioni di colorante (<0,02 ppb),
consta di una sonda di ritevazioneimmersa collegata ad un acquisitoredi dati tarato per memorizzare ilvalore della fluorimetria delllacquaogni 4'. I valori accumulati sono
stati successivamente trasferiti ad
un computer con l'ausilio di un par-
ticolare software.La prima segnalazione di positività,strumentale e visiva, è stata ese-
guita il 25 maggio, 24 giorni dopof immissione. A partire da questa
data si è proweduto ad effettuareanche un prelievo sistematico dicampioni d'acqua dalla sorgente diSu Gologone, al fine di eseguirealcune verifiche di laboratorio. Iprimi dati raccolti in questa analisiconsentono di stabilire una strettainterdipendenza tra l'aumento deltaportata at momento delUimmissio-ne, passata dai 60 /s stimati nelcorso det primo tracciamento a
circa 120 /s, e le abbondanti preci-pitazioni occorse nelle settimanesuccessive all'immissione. Tale
situazione ha avuto come conse-guenza Uincremento della velocitàdi transito deila fluorescina, stima-ta in 850 metri al giorno, e la ridu-zione di un terzo del tempo minimodi residenza del colorante entro lecondotte carsiche. Nel corso dell'a-nalisi anche il captore posizionatonella Grotta di Su Bentu ha regi-strato il passaggio della fluorescei-na mentre al 16 luglio, data in cuiè stato rimosso il fluorimetro dall'e-mergenza di Su Gologone, quelloposizionato presso la sorgente diGorropu risultava ancora negativo.
Analisi dei dati fluoriinetriciUelaborazione dei dati di concen-trazione acquisiti presso la sorgen-te di Su Gologone e la loro succes-
notiziario forestale no24 - 2005 27
SORGENTE DI SU GOLOGONEVariazione temporale della concetrazione in fluoresceina
r3nge temporalai23loilA2 ore 12.00 - 03107102 ore 09.04
§ 6.tooottLOtFEEe
,=66.=EO:(r^EE"coofoÉ 4
O-N«)IO(0I\(DOONrrll)oststcrF§@.i-rfFNNNO6
rt(lror\og)oost6@NO(r)@6)N(DO)N1l'0m§tlfrflolor.)@ro(ÉlN
Tempi progressivi (in ore)
aoooN('rtrI}1\OtlNo.vtoN6000)oo)
- Curva di rilascio della fluoresceina
(Figura 1): Curva concentrazione d.i fluoresceina - tempo nelle acque della sorgente di Su Gologone
siva restituzione grafica hanno per-messo di ricostruire le modalità didiffusione del colorante immessonell'acquifero carsico.Nella curva concentrazione-tempo(Figura 1), si evidenzia che l'au-mento di concentrazione del trac-ciante, cosi come quello della suc-cessiva regressione, sono stati gra-
duali nel tempo e contraddistintidall'assenza di valori di picco. Inol-tre, ta costante registrazione di ele-vate diluizioni del colorante esctu-de che ta fluorescina possa avere
interessato solo ridotti volumi d'ac-
qua immagazzinata nelle condottecarsiche.
Le oltre 14.000 misure di concen-trazione registrate dal fluorimetrodal26/05 al03/07 hanno permes-
so, inoltre, di compiere importantistime quantitative sui volumi d'ac-qua interessati e sulla modalità ditransito del colorante all'internodel sistema idrico sotterraneo che
alimenta le sorgenti di Su Gologone.
Partendo dai dati analitici di par-tenza, ossia dai 5000 g di fluore-sceina sodica iniettati presso Sa
Rutta'e S'Edera e da una valutazio-
ne della portata sorgiva variabile,nel periodo di osservazione, tra 500
e 400 l/sec, è stato possibile com-piere una prima stima delle caratte-ristiche geometriche delllacquiferonel quate è transitato il cotorante.It volume d'acqua colorato transita-to a Su Gologone fiaill26/05/02 edil 02/06/02 è stato di 1.417.008m3. In corrispondenza di taleperiodo sono transitati in sorgentecirca 2490 g di colorante, a frontedi una quantità ancora presente neicircuiti idrici sotterranei pari a
251.0 g. Nel complesso il volume
(Figura 2): tfltimo tratto della cutya concentrazione - tempo.tanalisi di questo tratto di curva definisce il tempo di esaurimento del tracciante nei condotti carsici
1,5
1,4
1,3
't,2
1,1§^=! 4ocL
Ei o,e
6: 0.8
È § ot,T
Efi 0,6
EÉ o.so:oÉ 0,4
0,3
0,2
0,1
0
SORGENTE DI §U GOLOGONEBest Fitting dell'allineamento dei puntidi coda
range temporale:,2iloil02 ore 20.08 - 03107102 ore 09.04 - Curva di rilascio della fluoresceina
- Lineare (Curva di rilascio della fluoresceina)
C)O)lOFétO(o(t('trllFNc)c)Tlltb(O@È@@006@€cro@(I)iDÉ i* (:, t\ ct o)€OfrlèoF-@aDo6latro6
Tempi progressivi (in ore)
€t€(3('6€
COMUNE
Acquaimmessa in
ret€(.1000 mc)
Popolazione'e§dèntè {rS98)
Ricettivitàconvenzionale
§tima dellaricettività
"sommersa"(dati P.U.P.)
Acqua immessain rete /ahitante
{us)
Totale acguaerogata
(*1000 mc)
Acquadispersa
(.1000 mc)
Acquadispersa/
Acquaerogala/abitante
(ug)*(dati P.U.P.) tw
DORGALI 1016 4173 2497 20000 340,580 639 ?17 37,1 214,2
GALTELLI 252 2397 l6 288,031 130 122 48,4 {48,6
IRGOLI 252 2304 299,658 112 140 55,6 133,2
LOCULI 63 536 322,020 38 25 39,7 194,2
OLIENI\ 694 77A6 345 1000 246,739 433 261 37,6 153,9
ONIFAI 76 772 17 269,714 46 30 39,5 163,2
OROSEI 734 5746 5393 ,5000 349,975 424 310 202,2
rorfur l3o8?lzreal't-----'--- |
illffi §im[&§§§E[E§§rl§§§§§eta§t
1i8i§§§iì:iit:t:i:
t§fretRK§ii
arai :§§&ro:::ai::ii
::ìiii*g§&i}:a
iir:.tit:.:.i3ilN&:::ala,ia il...§ '§t§r§§r§tr
:tr:::::,,::,tlllii:iltia,li:ii ::ii::§§t::l,i
(Tabella 1): Dati d'analisi sui fabbisogni idrici nei comuni
d'acqua interessato dal colorante èstimabile in circa 19.865.658, per iquali si è calcolato un tempo diresidenza di utteriori 388 giorni(Figura 2).
Dai risultati sopra esposti emerge,
quindi, un assetto idrogeologicodell'area in esame caratterizzato da
idrostrutture attive, localizzabiti ai
bordi delle assise carbonatiche, che
drenano il Supramonte da sud verso
nord. Questa sede di condotti carsi-
ci risultano direttamente collegatiad una fitta rete di fratturazionicarsificate e tra loro interconnesse,
ubicate sotto il Supramonte di Otie-
na ed Orgosolo e la valle di Lanait-
to, che costituisce Uimmenso baci-
no d'alimentazione deile sorgenti diSu Gologone.
Considerazioni conclusive
I1 lavoro condotto dalla Federazione
Speleologica Sarda ha permesso diottenere, per ta prima volta, datioggettivi sulla geometria del siste-ma idrogeotogico del Supramonte,
awalorati da un'analisi strumenta-le ed un riscontro diretto sul colle-gamento tra le estreme propaggini
meridionali dell'altipiano carbona-
tico e la sua parte più settentriona-le. I valori stimati consentono,inoltre, di valutare Ie potenzialitàdel sistema idrico ipogeo in un'otti-ca di razionalizzazione detle risorse
idriche disponibili per un'ampiafascia di territorio, quale quella
occupata dalle Baronie. Attualmen-te, infatti, sono disponibili nella
riserva regolatrice del sistema instudio, volumi idrici sufficienti per
approwigionare, nel periodo esti-
vo, circa 90.000 persone, 15.000 inpiù rispetto ai picchi d'utenza sti-mabili nell'area di pertinenza(Tabella 1).
Va inoltre ricordato l'aspetto quali-tativo della riserva idrica studiata:
Uelevata qualità delle acque in usci-
ta da Su Gologone già da più entiprecedentemente accertata, trovariscontri scientifici diretti nelle
osservazioni sulie zone di alimenta-zione superficiali e sotterrane inpossesso dei vari gruppi che opera-
no sul Supramonte. Grazie alle
indagini eseguite nel corso dell'at-tività speleologica, è possibile
affermare che l'area di ricarica del
sistema idrico ipogeo è attualmen-te una tra quelle meno contamina-te della Sardegna. Ciò è da porre inrelazione ad una bassissima presen-
za antropica e ad una completaassenza di attività produttive,eccezion fatta per quelle tradizio-nali (pastorizia) e dei cantieri diforestazione. È quindi auspicabile
che eventuali interventi futurisiano attuati secondo seri canoni dituteta del territorio. Compito non
facile per gli organi preposti ma
assolvibile con una attenta e scru-
polosa attività di programmazione
e controllo.
posti a valle della Sorgente di Su Gologone
Va infine rimarcata l'importanzadello studio svolto sotto l'aspettodivulgativo e di sensibilizzazionedelta società nei confronti di que-
sto tipo di probtematiche che, aper-
tamente accettate in coincidenza
delte crisi idriche, sono presto
dimenticate quando le stesse si
leniscono o vengono meno.
nstiziari.o forestate n"Zrl - ?005 23
Fauna di Sardegna,di Gianni SiriguZonza Editoripagine 224; euro 28,00
(allegato aI volume, il Notiziario Forestale. n. 23, 0ttobre Z0O4)
ryw % Centro Comunale dArte e Cultura
ffi ffi "Lazzaretto" di Cagliari ha ospitato,
ffi ffi nell'ottobre scorso la presentazione
ffi ffi del nuovo e interessante libro Fauna& fuai Sardegna, del fotografo naturali-sta Gianni Sirigu. Larealizzazione di questo volu-me, edito dalla Zonza Editori, contribuisce a
sostenere il "Progetto Gipeto", un'importante ini-ziativa deItASS.F0R (Associazione Corpo Foresta-le della Sardegna) a favore del reinserimento inSardegna del Gipeto, l'awoltoio degli agnelli arischio estinzione.Con Fauna di Sardegna Gianni Sirigu è alla suaterza pubblicazione, dopo i precedenti Ambientinaturati deta Sardegna e Rapaci di Sardegna.La sua passione per la natura Io ha portato a
osservare e documentare con la macchina foto-grafica oltre 100 specie diverse, custodite net suo
24 :rctixi*ri* f*rcstal* n'14 - I3*i
Un nuovolibro di
Gianni Sirigu
archivio che supera ormai le diecimiia immagini.«Lo scopo di questo lavoro di carattere divulgativo -dice l'autore - è quello di far conoscere, attraverso
numerose immagini, le specie faunistiche più rappre-
sentative presenti in Sardegna. È un iibro di semplice
interpretazione scientifica ma ricco di immagini inedi-te in grado di mostrare la varietà del mondo faunisticosardo. Llesposizione delle classi di vertebrati non segue
l'ordine scientifico legato alla scala evolutiva - cioèpesci, anfibi, rettili, uccelli e mammiferi - ma si apre
con gli uccelli, che è la classe numericamente più rap-
presentata, e prosegue con i mammiferi, gli anfibi einfine i rettili. Ho tralasciato invece Ia fauna marina.Nell'anaiizzare le diverse specie di animali - continuaSirigu - ho preferito dare risalto, a quelle che eviden-
ziano maggiormente Ie particolarità faunistiche dei
sistema sardo-corso>>.
Nel 2004 Gianni Sirigu aveva allestito, sempre al "Laz-
zaretto" di Cagliari, una mostra intitolata "Sulle ali del
vento" in cui esponeva te più belle immagini sul regno
animate della Sardegna, catturate dal suo obiettivo nel
corso degli anni.
rn pruCon le fispostéai quizdedicatiai paltecipantial concotso perAgente Forestale
Alla presentazione del volume di Gianni Sirigu è intervenuto anche HarrySalamon, naturalista del "Foundation for the Conservation of the Bearded
Vulture" (Fondazione Internazionale per la conservazione del Gipeto), fon-datore delljOasi naturaiistica di SantAlessio (Pavia), dove si possono osser-
vare, tra le altre specie, esemplari di falchi pellegrini, upupe, gheppi, tuf-fetti, scoiattoli europei, il cavallo di Przewalskij. cicogne bianche. U0asi è
inserita nella suggestiva cornice del castello medievale di SantAlessio. (Per
informazioni sulle visite, tel. 0382/941,39; www.oasisantalessio.com;
info @ oasisantalessio. com).
notiziarlo forestate n'24. - 2005 25
Analisi della sifitazione attuale di Dactylorhyza elata, rtco-gnizione degli eventi rtguardanti lfunico sito italiano pre-sente in Sardegna. e presentazione di proposte di conserya-zione per il futuro.
Introduzione
Dactylorhiza elata (Poir.) 5o6 è unaspecie a distribuzione mediterra-neo-atlantica sud-occidentale, che
vive in ambienti umidi e soleggiati.Si sogliono distinguere due sotto-specie, sul cui valore sistematiconon vi è però accordo tra i variAutori (Nelson 1976; Nieschalk &
Nieschalk 1,972). La sottospecieelata, caratterizzata da fiori piùpiccoti con sperone saccato-cilindri-co, è presente solo nellAfrica set-
tentrionale (Tunisia, Algeria,Marocco), mentre D. etata subsp.
sesquipedalis (Wiltd.) 5o6 (fig. 1) è
distribuita nelt'Europa sud occiden-
La situazione più critica si registrain Italia dove esiste un'unica, esi-gua popolazione nella Sardegna
centro-orientaie. Nel nostro Paese
D. elata è certamente una delle spe-
cie più rare, se non addirittura lapiù rara in assotuto (Rossi 2002).
Il" territorio
I pochi esemptari italiani vivono su
una limitata superficie della Sarde-
gna centro orientale. Qui il paesag-
gio è caratterizzato da formazionirocciose denominate "Tacchi", che
sono residui lembi più o meno ampi
di antichi tavolati cafcarei e dolomi-tici. Possono essere pianeggianti o
Probtemi di conseruazione diDactylorhyza elata in Sardegna
tale (Penisota Iberica, Francia sud-
occidentate, Corsica e Sardegna).Nella Penisola Iberica ed in Francia
l'orchidea in questione è relativa-mente diffusa e talvolta abbondan-
te (Benito Ayuso & Tabuenca Marra-
co 2000; Tyteca 1997; Tyteca &Gathoye 2000), mentre in Corsica
trova rifugio in un numero limitatodi tocaiità in ambienti più o meno
fortemente minacciati (Lambinon2001); net nord della Spagna ed invarie locaiità francesi D. elata si
ibrida con altre entità dello stesso
genere e con lo stesso numero cro-mosomico (2n:80).
26 notiziario forestaie n'24 - 2005
irregolarmente ondulati e sono con-
tornati da pareti verticali lungheanche diversi chilometri.Le bancate calcaree, che possono
raggiungere spessori di 150-200
metri, poggiano su scisti pateozoici
ed hanno avuto origine da un pro-
cesso di sedimentazione marinarisalente al periodo giurassico.
Il "Taccu" che dà ospitalità allanostra popotazione ricade neicomuni di Osini, Ulassai, Gairo ed
Ussassai e si estende su una super-
ficie di circa 22 Km2. La sua quota
media si aggira intorno agli 800
metri mentre i bordi del "catino"
Fig. 1 : Particolare dell'infiorescenza
di Dactylorhiza elata, 6 giugno 200j.
possono raggiungere e superare i1000 m di quota.Ilaspetto idrografico è strettamentelegato ai caratteri geologici del ter-ritorio ed alla sua morfotogia. Gti
strati acquiferi si presentano fessu-
rati ed hanno permeabilità elevata.
Poiché poggiano su formazioniimpermeabili di natura scistosa,generano un gran numero di sorgen-
ti di diversa portata, alcune situateintorno alla base dei versanti del"Taccu" ed altre sull'altopiano.Queste ultime sono quelle che piùci interessano, perché sono loro che
maggiormente contribuiscono a
definire il reticolo idrografico disuperficie. Questo tende a conver-gere verso il fondo del "catino"dove sono concentrate tutte lemaggiori sorgenti. Molte di lorosono perenni ed hanno portate
considerevoli, tanto che in tempipassati e recenti sono state captatee convogliate ai centri abitati.La loro presenza genera ruscelli che
per il loro regime poco impetuoso
invadono sovente piccole superfici,
con ristagni di sottili strati d'acqua
facilmente riconoscibili perché coper-
ti da vegetazione erbacea palustre.
È questo Uhabitat in cui si trova D.
elata, che soprawive solo dove l'ac-qua permane tutto Uanno o pergran parte di esso.
Le trasformazioni
Abbiamo provato ad immaginare lasituazione ambientale dell'altopia-no prima delte manomissioni opera-
te dalt'uomo, soprattutto nellaseconda metà del secolo appena
trascorso. Per far questo, abbiamo
ricercato notizie, testimonianze e
fatti che ci hanno consentito diricostruire lloriginario stato di quei
luoghi.Il fenomeno che ha maggiormente
attirato la nostra attenzione è quel-
1o det rilevante ridimensionamentodetle superfici umide ed acquitrino-se, legato soprattutto aila captazio-ne delle acque sorgive per l'alimen-tazione degli acquedotti. La prima
opera di questo tipo risale al 1959
mentre Uultima è in fase di realiz-zazione. A queste si sono aggiuntele pratiche di rimboschimento,awiate nell'anno 1,952 e tuttora incorso, che hanno interessato lealtre residue zone umide, spesso
con interventi poco rispettosi del
loro valore ecoiogico ed ambientale.
In un tempo relativamente breve, larealtzzazione di affossature per itdrenaggio delle acque e la messa a
dimora di impianti boschivi con
specie igrofite, capaci di elevatitivelli di traspirazione, hanno por-tato ad un progressivo prosciuga-
mento detla maggior parte degliambienti umidi.I dati in nostro possesso e soprat-tutto Iesame detle vecchie carte
topografiche, ci suggeriscono unastima di circa 25 ettari di superficieacquitrinosa ancora presenti neglianni attorno al 1950 e distribuitisul territorio a macchia di teopardo.
0ggi, purtroppo, rimangono pochilembi residui, la cui consistenza è
misurabile nelt'ordine di poche
decine di metri quadrati.
Il biotopo
Si tratta di una ristrettissima area
posta a circa 800 m di quota, lungole sponde di un ruscello ed in pros-
simità di una sorgente perenne
(fis.:).II fatto più grave ed al contempopiù recente risale al 2000, quando iltuogo dove vegeta il piccolo popola-mento di D. elata è stato oggetto diuna radicate trasformazione, che ha
stravolto il precedente e già preca-
rio equilibrio (fi9. 2). I lavori, ese-
guiti grazie ad un finanziamentopubblico, avevano come scopo quel-lo di attrezzare il sito a fini turisti-ci e ricreativi.In quetlloccasione, grossi mezzi mec-
canici hanno prima eliminato ta
vegetazione presente e poi rimodel-
notiziario forestale n"24 - 2005 27
LdLU LUrlrPtgLcr.il.ltrrrLtr rt Ltrrrtrrlu Ptrr
drenarne drasticamente le acque. IIpopolamento, già esiguo, è stato intale maniera ulteriormente ridottodi circa un terzo dei suoi esemplari.Fortunatamente una parte del bioto-po è rimasta esclusa da questi inter-venti, ma anch'essa soffre le conse-
guenze di azioni che lentamentecontinuano a modificare fisionomiaed equilibri delia stazione.
Una di queste è it progressivo
ombreggiamento del sito, determi-nato dallo sviluppo di piante di altofusto non autoctone messe a dimo-ra nel corso delle pratiche d'imbo-schimento. Inottre, pochi anni fa,
una sorgente che ancora oggi con-
tribuisce a rifornire di acqua ilposto è stata interrata per alcunimetri ed il leggero pendio sul quate
essa scorreva liberamente come unvelo è oggi privato del prezioso ele-
mento. In uttimo, [allestimento diun'area da picnic nelle vicinanze ha
apportato un ulteriore fattore didisturbo, accentuando i rischi che
queste rare orchidee già sopporta-
vano.Più di una volta, infatti,abbiamo potuto constatare che
di Dactylorhiza elata erano finitenel mazzo di fiori raccolti dai gitan-ti e poi abbandonati sul terreno.Dopo un lungo periodo di siccitàquest'anno (2003) le precipitazionisono rientrate nella norma, con
effetti positivi sugli equilibri del
biotopo.A questa buona notizia si affiancaperò quella di un fatto nuovo e del
tutto imprevisto: un gruppo dimaiali è stato lasciato pascolare
nella zona abusivamente e senza
atcuna custodia da parte del pro-
prietario. Ne è conseguito che lavegetazione e to strato superficialedel terreno sono stati pesantemen-
te sconvolti in più punti, provocan-
do [a scomparsa di atcune orchidee.
Per questi motivi, nonostante lepiante siano regolarmente frequen-tate da impollinatori, grazie aiquali vi è sempre un'abbondanteproduzione di capsule, il numero diesemplari della nostra popolazione
è andato man mano riducendosi:dei 30 individui segnalati nel '91
(Giotta & Piccitto 1,991), oggi ne
contiamo soltanto una ventina.
1 ULetd e uurl§ervdzr.u{re
Siamo rimasti a lungo net dubbio su
cosa fare per tutelare il piccolo
popolamento sardo di D. elata. La
questione principaie che ci siamo
posti è stata se fosse meglio attira-re Iattenzione su questa rara orchi-dea tentando di sensibilizzare Y opi-nione pubblica e gli amministratorisul pericolo di una sua scomparsa
dali'Italia, oppure proteggere ipochi esemplari rimasti con unacortina di silenzio. In passato
abbiamo privilegiato questa seconda
tattica, anche a causa dei deludentirisultati dei contatti avuti con auto-rità e figure professionali pubbliche.
Abbiamo nel contempo effettuatoalcuni tentativi di disseminazione
artificiale per favorire Ia crescitanumerica, prelevando piccole quan-
tità dei numerosissimi semi prodot-
ti naturalmente e distribuendolinelle vicinanze deilattuale ristrettaarea di crescita. A causa della len-lezza con cui le orchidee si svilup-pano, i risultati di queste operazio-
ni saranno visibili solo nel lungoperiodo; se non proprio fiduciosi,
nutriamo almeno qualche speranza
in proposito nonostante nel trien-nio 2000-2002 te precipitazioni inquesta parte della Sardegna abbiano
toccato valori medi inferiori aI 50%
rispetto a quelli del ventennio pre-
cedente.
Un intervento più drastico è stato
effettuato nel 2001 grazie all'inte-ressamento di un sensibile funzio-nario forestale, che ha permesso iltagtio di un limitato numero di
essenze arboree non autoctone che
causavano un eccessivo ombreggia-
mento ed un impoverimento idricodel sito; in quella stessa occasione
è stata anche messa in opera una
recinzione metallica che ha separa-
to l'attigua area di picnic da ungruppo di orchidee facilmenteaccessibile. In quello stesso anno,
contraddistinto anch'esso da fortesiccità, si è proweduto a "soccorre-
re" it sito con llapporto di diversimetri cubi di acqua a mezzo diautobotti nel periodo antecedente
la fioritura delle orchidee.
La constatazione che il popolamen-
to di D. eì.ata è ormai talmente pic-
colo e concentrato che un solo
maiale brado potrebbe farto scom-
parire in pochi minuti, come ineffetti sarebbe potuto accadere, ci
ha convinto ad "uscire allo scoper-
to" per proporre interventi più dra-
stici e duraturi.Va innanzi tutto conservato quelpoco che è rimasto delUarea acqui-
trinosa, che costituisce I'habitatdetla specie, e programmare unrecupero almeno parziale detlo
stato originario det tuogo. Per que-
sta operazione vanno eliminatealcune opere minori che hanno
alterato la distribuzione e ta circo-
lazione delllacqua; va inoltre elimi-
nato un piccolo numero di essenze
arboree non autoctone che causano
ombreggiamento e prosciugamento
del suolo (fenomeni questi destina-
ti ad aumentare con la crescita
degii alberi).La disseminazione artificiate dei
semi non solo va proseguita, ma
andrebbe estesa ad aree con carat-
teristiche ecologiche simili a quelle
del sito originario; questo non solo
per aumentare la consistenza
numerica dellorchidea, ma anche
per timitarne la vulnerabilità derivante dall'essere limitata ad un solo
sito. A questo proposito sarebbe
motto utite una moltiplicazioneartificiale con tecniche di laborato-
rio ormai consolidate e già utilizza-te altrove in casi anatoghi.Riteniamo utile anche un inseri-
mento di Dactylorhiza elata tra lepiante tutelate a livetlo tegistativo:
cosa che potrebbe facilitare, ed inqualche modo sollecitare, misure disalvaguardia da parte delie autoritàed ii reperimento dei fondi necessa-
ri a questo scopo. Questo è statogià fatto nella vicina Corsica dove
dal 1986 D. etata è protetta da una
legge che ne vieta la distruzione, iltaglio, l'asportazione di singoleparti, Uestirpazione, il commercio,
ìjuso, la vendita o ìlacquisto dipiante intere o di loro parti, assicu-
rando in questo modo, sia pure
indirettamente, anche ta protezio-
ne dei siti dove cresce.
Un elemento che potrebbe risultare
favorevole alla realizzazione di alcu-
ne delle misure di protezione sopra
suggerite è l'esproprio dell'area,
attualmente in corso, che è cosÌ
prossima a diventare di proprietà
pubbtica. Inoltre, it sito ricade
all'interno di un perimetro di imbo-
schimento a cura della pubblica
amministrazione. Questi elementi
risutteranno positivi solo se gliAmministratori locali saranno sensi-
bilizzati sut fatto che it piccolo
popolamento sardo di D. elata costi-
tuisce un elemento importante det
patrimonio naturalistico italiano.
notizi.ario forestale n'24 - 2005rt
r\"itl,
a anni ia maggior partedelle industrie isolaneproduttdci di liquore dimirto si rivolgono allagente comune, con
inserzioni a tutta pagina sulle prin-cipali testate sarde, al fine di repe-rire quantitativi sempre maggiori dibacche di mirto, la profumata pian-ta che cresce rigogliosa lungo Ie
siepi, i terreni incolti e quelli rico-perti di macchia mediterranea.
La raccolta ed il pagamento (a chi-togrammo) delle preziose bacche
vengono organizzati in modo itine-rante da personale appositamenteincaricato dalle stesse ditte private,previo awiso agli utenti dei giorni,orari delle soste e punti di raccoltaampiamente pubblicizzati.Il lavoro di raccoita viene fatto conappositi strumenti, pettini conte-nenti chiodi fissati su dei supportidi iegno, simili ai rastrelli che ven-gono utilizzati per la raccolta delleolive; tali pettini vengono "passati"
su tutta ia pianta danneggiandone irami e strappando le foglie.I soliti furbi recidono i rami dellapianta e prowedono alla raccolta
delle bacche al rientro a casa, stan-dosene comodamente seduti vicinoal caminetto.Inoltre, la massiccia predazionedelle bacche non permette Ia ripro-
30 noti;ia:i* fcrestalc i-,' r'4 ?:::i1-
duzione della pianta tanto che già,
a distanza di un decennio, se ne
nota una notevole riduzione nelnumero.
La raccolta delle bacche di mirtodovrebbe perciò essere regolamenta-
ta non solo nelle aree soggette a
vincolo idrogeologico o paesaggisti-
co ma anche al di fuori di esse, e
quindi in tutte le formazioni a mac-
chia e lungo le siepi sparse nelle
campagne. Dovrebbe essere ammes-
sa la sola raccolta a mani nude, pre-
vio nulla osta scritto del proprieta-rio del terreno sul quale insistono lepiante e dietro attorizzazione della
Stazione Forestale competente per
territorio, di un ridotto quantitati-vo di bacche (massimo gr. 500 perpianta matura e comunque lascian-do almeno la metà delle bacche
sulla pianta) con esclusione dell'uso
di ogni sorta di strumento al fine dievitare il taglio, Iasporto dei ramied il danneggiamento detla pianta.Sarebbe auspicabile che le medesi-me ditte prowedessero a dotarsi dipropri impianti piantumati a mirto,ricavabili anche in terreni di scarsa
consistenza ed altrimenti improdut-tivi.La revisione delle Prescrizioni diMassima e di Polizia Forestale offrel'opportunità per disciplinare final-mente la materia.
Laraccolta
deltebacche
PROMOZIONE SPEGIALEDELLA ASS.FOR.PER TUTTI GLI ASSOGIATI
LaAss.For. propone ai suoi associati alcuni interessanti volumi sullavegetazione della Sardegna, ad un prezzo vantaggioso.
Ai soci verrà infatti praticato uno sconto eccezionale sul prezzo di
copeftina per l'acquisto dei seguenti volumi:
notiziario forestale n"24 - 2005 31
La Sardegnae i Micenei
L'ingres so alla cisterna dell'acqua
dell'acropoli di Micene
uando i micenei siespansero nel Mediterra-neo, intorno al 1500
a.C., sbarcarono anchenella Sardegna nuragica.
Le maggiori testimonianze te
abbiamo nel nuraghe Antigòri diSarròch, dove sono stati rinvenutiframmenti di ceramica grigia che
ricordano quella trovata alf internodi una casa troiana. Altri frammen-ti, colorati di rosso, bruno o nero,sono decorati con disegni di con-chiglie, spirali e semicerchi concen-trici. Oltre ad essere oggetti d'im-portazione, forse venivano prodottida ceramisti micenei che vivevanonel nuraghe. All'interno del nura-ghe c'è una piccoia stanza espostaa nord nella quale, oltre ad una pic-cola ascia bipenne in piombo, unoggetto magico, è stato rinvenutoun ripiano di terra, nel lato ovest,che forse fungeva da altare, rico-perto di lastre di pietra, ed unafigura umana stilizzata. Questastanza sacra poteva essere usata siadai nuragici che dai micenei per
celebrare i loro riti, dimostrandociche i rapporti fra le due civiltàdovevano essere di carattere com-merciale, considerando il fatto che
il nuraghe Antigòri è situato all'e-stremità meridionale del Sulcis,una zona già da allora sfruttata per
le sue miniere di mineraii metalli-feri. D'aitronde il litorale ai piedidella collina dove è situato il nura-ghe, offre un buon approdo protet-to dal maestrale, ed è probabileche, in direzione della raffineriadella SARAS, esistesse un portoutilizzato per gli scambi marittimifra i nuragici metallurghi e altripopoli marinari.Altre testimonianze micenee sono
La Grecia Micenea intorno aI 1450 a.C.
32 xrstixiario forestale n"24 - 2C05
state rinvenute nel nuraghe Nastasi di Tertenia (un
frammento dipinto ed un pezzo di lingotto a forma dipette di bue), in quello di Barumini e nel territorio di
Orosei. Non sappiamo se tutti i lingotti a forma di pelle
di bue siano stati importati o se alcuni siano statilavorati da manodopera numgica sotto ta guida dimetallurghi ciprioti. A sostegno di questa ipotesiabbiamo le daghe rinvenute ad Ottana, le molle da
fuoco di Siniscola, il vaso tripode bronzeo di Su Benat-
zu. Alcuni di questi pani di bronzo presentano incisidei "marchi di fabbrica" (una P stilizzata, un'ascia
bipenne ed un tridente) che ritroviamo anche su vasi
rinvenuti a Lipari, di origine cipriota. Se ne deduce
che anche questi grossi pani potrebbero venire da
Cipro o da Creta, visto che un grande ripostiglio diquesti lingotti è stato trovato in un palazzo dell'isola,
in quel tempo controllata dai micenei. Considerato che
hanno tutti circa lo stesso peso e la stessa forma, è
stato ipotizzato che potessero essere utilizzati come
"moneta" negli scambi commerciali.
I micenei si spinsero fino in Inghilterra, per procurar-
si 1o stagno da fondere col rame per ottenere il bron-
zo. Riguardo gli scambi commerciali con quest'isola
abbiamo diverse prove (l'incisione, su un trilite di Sto-
nehenge, di una spada micenea, diversi grani di colla-
na in ambra ed un vaso d'oro) che la tecnica costrut-tiva delle volte a tholos dei nuraghi, cioè iI soffitto che
si restringe verso I'alto, sia stata importata da quel
popolo, malgrado alcune ieggende dicano che iI crete-
se Dèdalo, fuggito dalUisola nella quale era rinchiuso
con Icaro, approdò in Sardegna ed insegnò ai nuragici
a perfezionare le loro costruzioni, in cambio delllospi-
talità ricevuta. In effetti alcuni pozzi nuragici e latomba reale del tesoro di Atreo sono molto simili come
forma. Inoltre in greco antico i nuraghi venivano chia-
mati dedaléi, forse dal nome del progettista? Le testi-monianze archeologiche micenee in Sardegna si inter-rompono con la fine di quella civiltà.
Nel prossimo numero "La Sardegna NuTagica".
nctiz§avi* f*rcstale n"24 - 2005 33
a sera del 26 gennaio 2003
llOgliastra apprese la dolo-rosa notizia della morte
,del coilega Giorgio Marras.
Dinamico e sempre disponibile contutti, Giorgio era nato a Sorgono il13 febbraio del 1963. Si era laurea-to nel 1989 in Scienze Forestali,nella facoltà di Firenze con una tesisui "Caratteri vegetazionali deicastagneti della Sardegna centrale".Superato il con-corso per "Uffi-ciali forestali",il 29 marzo del
1999, prese ser-
vizio nellilspet-torato Riparti-mentale delle
Foreste di Lanu-
sei. Oltre allaDirezione deilavori del can-tiere forestaledi Gairo, gtivenne affidatol'incarico di "Ispettore di zona"nelle giurisdizioni delle Stazioniforestali di Lanusei ed Ulassai. Suc-
cessivamente, con la riorganiz zazio -
ne del lavoro, ebbe il coordinamen-to del settore Antincendi e la giuri-sdizione della Stazione di Baunei.Le difficoltà di tutti i giorni, neltavoro d'ufficio e di campagna, loportarono a migtiorare sempre più iIrapporto con i coileghi.I risultati si evidenziarono con unsensibile progresso in tutti i settorinei quali il Servizio è articolato:oltre al raggiungimento degli obiet-tivi istituzionali, ciò consenti allT-spettorato di Lanusei, primo in Sar-
degna, di fare attività di formazione
ed aggiornamento di tutto il perso-
34 motiziario forestate n'24 - 2005
nale forestale in servizio.Uattività di realizzazione del corso,
che fu intensa per tutti, vide anche
liimpegno del collega Marras. InquelL'occasione, dove ogni ufficialeaveva sviluppato una materia di stu-dio, Giorgio, coordinatore del setto-re Antincendi, aveva curato l'argo-mento "lotta agli incendi".Nel suo lavoro si è sempre impe-gnato con gran serietà, competen-za e dedizione, riscuotendo la
stima di colle-ghi e cittadini.Ma un crudele
destino gli ha
stroncato la vitaquando, ormai"forestatefatto", dava
lustro al Corpo e
metteva la sua
professionalitàal servizio della
sua terra, laSardegna.
In occasione
dell'anniversario della sua morte, icolleghi det Servizio di Lanusei, inlinea con te migliori tradizioni delCorpo che non dimentica di onorare
i suoi Figli, ricordano in Giorgio Mar-
ras, il brillante ufficiale, l'uomoprobo e di grande rettitudine, I'ami-co sincero.
Con quest'animo chiedono all'Assfor
di voler cortesemente pubblicarequeste righe sulle pagine del notizia-rio, perché tutta la famigtia foresta-
le sarda ricordi ed onori questo gio-
vane ufficiale.In questo modo si awà un'ulterioretestimonianza del suo operato di cuile amate figlie e la stimata moglie,
cui era intensamente legato, possano
andare orgogliose.
It ricordodei
cotteghi
d#/#
Bà' :§,;'
N'avaffs§e''§a[ Monte §§'a
1 :r..ì ì":-il: lir]]l:rr :.rr.l r ì--,,.i1-..
La Località prende il nome dalla chie-
sa di S. Maria Navarrese, edificata nei
primi decenni delUXi sec., da una
figlia del re di Navarra a memoria di
uno scampato naufragio. Sulla sini-
stra si erge un monte che scende a
picco sul mare a forma di camPanile,
dellaltezza di 60 metri circa denomi-
nato "Forrola".
Gli antichi marinai si servivano di
questo monte per orientarsi nella
navigazione e come distanza dal
porto di Cagliari e dalle diverse rade
circostanti la costa. Il suo nome, inetà preistorica. era'Aguglia" o 'Agu-
gtastra". Il Lamarmora fa derivare da
questo nome la regione "Ogliastra".
Nella zona si notano numerosi nura-
ghi dei quali uno caratteristico inregione "Coeserra", di forma triango-
lare forse unico in Sardegna.
II 17 Agosto del 1982, con Lelio Zon-
chello e Domenico Soru, siamo parti-
ti a cavallo da S. Maria per arrivare,
dopo tre giorni, a Monte SPada sul
Gennargentu. Salivamo con pruden-
za, i cavalli tenuti a freno scuoteva-
no in continuazione la testa e aveva-
,,1, no tanta voglia di camminare e di,,1 ', correre.,:,::Le località montane che avremmo
,1,'', attraversato erano abitate da pastori.
. ''' Lo*uni chiamavano queste zone
'fBarbàrie", (ora Barbagia), con chia-
,,: ,'r9 riferimento al temperamento
:" rosse di Arbatax e iI mare azzurro del
"i+;,,,ji.boschi con ancora attaccata sulle
{$ll;È*tj,.,,.,.'
*'-rìii;.i.*,ti"
liri.t) 35
fogtie la rugiada delia notte. Il miocavallo Vinossa sfidava al passo ilcavallo Danito e la cavalla Sara, mon-tati rispettivamente da Letio e daDomenico. Nei boschi c'era vita e
insieme quiete. Il percorso era circon-dato da folte foreste dove abbonda-
vano mufloni, volpi, pernici e cin-ghiali.
Monte 0rosei (a 1000 metrisui livelic, dei mare)
Raggiunto il monte "0rosei", a 1.000
mt sul livello del mare, ci siamo siste-mati tra i boschi per l'addiaccio. Asaiutarci il Sindaco di Urzulei il quale
ci ha offerto una coiazione al sacco a
base di prosciutto di cinghiaie, for-maggio e carne di capra arrosto.Al calar deila sera s'udiva il tintinniodelle capre al pascolo e il grido di ungiovane mandriano.
Durante la notte ci raggiunse unuomo magro, una faccia ispida e unalunga barba bianca. Le ciglia aggrot-tate tradivano Uaria dell'uomo buono:"un uomo sceso dalle aspre monta-gne natie,... e negti occhi una primi-tiva, perfezione animalesca." (G.
Detedda). Con il suo bastone dilegno, parve votersi far largo e minac-ciarci. Lo salutammo e lo invitammoa cenare con noi. Questo pastore"eremita", sospettoso, diffidava dinoi tutti e in particotare deila mac-
china fotografica. Dopo diversi giri eraggiri intorno a noi, dopo aver
ammirato e apprezzato i nostri caval-
li, ci salutò... con un "bèèè"... quasi
un belato, simile alla voce di unacapra! Era un uomo strano.Mancava dal suo paese (Baunei), da
oltre trenfanni, viveva solo tra lemontagne ma non faceva del male a
nessuno. Lo fotografammo e gli
36 nstiuiario forestate n'24 - 2005
offrimmo del cibo e del vino e dopopochi istanti si atlontanò.Ricordo ancora il suo viso tagliato e
la sua lunga barba bianca. Nei dintor-ni lo chiamavano su "Babu Mannu".
Viveva solo su quetle montagne ecome casa una capanna di frasche
sperduta tra le querce millenarie.Delle rocce, dicono, avesse il cuore edelle volpi la furbizia. Figura di altritempi. Awolto nel suo gabano d'or-bace a due teli, passo passo, curvosul suo bastone si allontanò senza unsaluto. Si era fatta sera e la notteavanzava. Le capre ritirate una dietroUaltra nelle mandre del[ovile cessaro-
no di scampanellare i loro campanac-
ci. I cinghiali uscivano dai loronascondigli. Uoscurità, il siienzio,rendeva ancora più cupa la nottata.I cavalli, a poca distanza da noi, con-sumavano il fieno e una ricca biada.
I1 mistero della notte era completo, ilbosco rombava per un leggero venti-cello che arrivava da ponente, il fra-gore di un torrente ti dava Ia sensa-
zione che intorno a te roteassero isuoni di una giostra.
Is Gruttas (Urzulei)
II 18 Agosto abbiamo ripreso it viag-gio per Funtanabona, sul Supramon-
te di Orgosolo.
Quando la voce di Lelio annunciavaI'ora per la partenza il sole sorgeva
come una palla di fuoco dal mare diArbatax. futto intorno la frescura deimattino e il profumo di timo e di mir-titlo. I1 cielo era azztxro e in alto gtiuccelli, con il toro volo, vibravano insilenzio. Durante il viaggio pensavo
allamico cavallo. Per gli appassionatinon resta mai nei piccoli angoli: per
la sua forza, per il suo coraggio, perla sua generosità e per la sua bellez-
za molti poeti, scdttori e scultori con
le loro opere, hanno arricchito ta cul-
tura equestre. Ermanno Ferrero
(scrittore degli anni'30), tegato atla
natura e at cavallo cosi scrisse: "... un
Iibro per chi ama i cavalti, ma non
soltanto. Perché il cavalto è parte del
simbolismo psichico dellfuomo, parte
quindi, anche se meno nota, di
tutti... con il cavallo dunque come
compagno, amico, mistero".
0mero amava i cavalii, Senofonte
amava i cavalli, Virgilio amava icavalli, anche i profeti amavano icavalli, anche Marco Polo amava icavalti, anche Ariosto amava i caval-
Ii, anche Don Chisciotte amava icaval[, anche gli indiani amano icavalli, anche Hemingway amava icavalli, anche Tolstoy, anche ArthurMilier amavano i cavalli. Anche iaDea Francesca ama la cavalla araba
Gitana. E i santi a cavatlo? S. Costan-
tino, S. Gavino, S. Giuliano. E i tantimonumenti? Vitt. E. II, Marcaurelio,
il cavallo di Troia, i cavalli a dondolo,
il cavallo rampante della Fenari e icavalli mitologici di Zefiro.
Dall'alto passo de "Sas Gruttas" vede-
vamo una strada ripida raggiungere
labitato di Urzulei, un paese comple-
tamente isolato e rinomato per lasetvaggina e per iI buon vino. Un
paese ricco di leggende. Le persone
anziane raccontano: " tra te monta-
gne circostanti vivevano i "Serafini a
cava[o" (gli angeli), capaci di scio-
gliere la neve e rinverdire i pascoli
aridi del Gennargentu"!
II nostro viaggio continuava sulla
cresta del monte. Dal massiccio carsi-
co, "Punta Is Gruttas", al "Monte
Fumai", nel Supramonte di Orgosolo,
ci separavano tre, quatt/ore di caval-
lo. Il pranzo era previsto a Televai da
Francesco Mesina, capraro.
mstiziaxio forestale n'24 - 2{lC5 37
Urzulei. GoIa di Gorroppu
Lo vedevamo a distanza mentre era
dedito alla mungitura delle sue
capre. Ci venne subito incontro per
salutarci. Versò il latte munto in unrecipiente rustico e lo conservò in unarmadio scavato in un tronco diquercia miltenaria che, tra le altre
funzioni, serviva come deposito per
alimenti e utensili vari. Il pmnzo era
a base di arrosti: capra e maiatetto. Ci
fece osservare che ta carne di capra
nel mese di Agosto è tenera perché inquel mese la capra non beve acqua
per llassenza di pioggia. Cicciu Mesi-
na era considerato it principe det suo
monte, non vi em persona che non loconoscesse. Non vi era passante che
non gustasse il suo formaggio, sa
frue, (gioddu acido). Prima che calas-
se [oscurità abbiamo ripreso il viag-gio per Funtana Bona. Dallaltoammiravamo la valtata de "Badu
Osti", il guado del Diavolo, così deno-
minato per le innumerevoti disawen-ture occorse ai nostri pastori transu-
manti. Dal Rio flumineddu sativa unventice[o con un alito di fresco, cari-
co di un forte profumo di timo e dilentischio. I cavalli puntavano verso
il canale. La discesa era ripida e sas-
sosa. A piedi tenevamo solidamente
la mano stretta sulla cavezza. Scen-
devamo verso it fiume per guadarlo e
dirigerci verso it Monte Fumai."Buono Danilo" gli sussurrava Lelio,
dandogli un colpetto affettuoso sul
morbido mantello biondo. A poco apoco ta discesa si fece meno intensa.
Ci lasciammo alle spatle Televai, pun-tando in direzione del Monte Fumaiper Funtana Bona. Ricordo Danito,
cavatlo forte, docile, versatite e
straordinario, disinvolto, furbo e
coraggioso. Omero nel suo poema
(Iliade), gii awebbe risewato questi
versi:
38 notiziario forestale n"24 - 2AA5
"Vedi Danilo, se fai tanto ad andar
cosi forteinvitando i cavalli al coraggio,
nessuno più riuscirà a prenderti,
a sorpassarti:neppure se guadasse,
dietro a te, il famoso Arione di Adra-
sto,
un corsiero velocissimo,
di stirpe divina, potràraggiungerti."
Ricordo Danilo, tanti anni fa, algatoppo sfrenato, quando Lelio par-
tecipò alt"Ardia" di Sedilo, unafamosa gara equestre, per ricordare lavittoria di Costantino su Massenzio
sconfitto a ponte Mitvio (312). Tra ta
polvere, gli spari e le urla della gente.
Lelio su Danilo sfrecciava come una
saetta, contribuendo cosÌ alta riusci-
ta di questa storica corsa.
Monte Fumai - S. Giovanni(Supramonte di 0rgosolo)
Venendo su dal greto del fiume lasalita era ripida. Faceva caldo e icavalli schiumavano di sudore e dibava. Danilo puntava gli anteriori,tirava, con Ia sua grossa mole, il peso
di Lelio e ie vettovagtie.Eravamo in sella da quasi due ore
quando ci apparve il maestoso monte
Fumai. futt'intorno piante di leccio,
di agrifogtio, tassi, ginepri, corbezzo-
li e peonie. Una meraviglia, un pae-
saggio naturalistico incantevole. IIMonte S. Giovanni è uno spettacola-
re torrione calcareo. Con i suoi 1.300
metri di altezza sul livello del mare
costituisce il "taccÒ" più emergente
di tutto il Supramonte. Dopo aver
attraversato la gola alta de "Su Gor-
roppu", zona impenetrabile, siamo
giunti in località S. Giovanni, famosa
Urzulei
per gli scontri molto spesso cruenti
tra i banditi e le forze dellordine.
tlimpervietà del territorio, Iattivitàdell,e bande armate, Iostittà deita
gente vanificava ogni iniziativa inte-
sa a portare benessere in quelte cam-
pagne.
Giancarlo Sorgia (storico), scrisse:
"Una fonte certamente non sosPetta
è quetla che ci pewiene dai docu-
menti del Tribunale del SantUffizio
di Sardegna. In un rapporto redatto
alla fine del Cinquecento proprio dal
capo delllnquisizione isolana, viene
detto esplicitamente che non era
possibite effettuare Ie prescritte visi-
te canoniche... in quanto quelle
regioni erano considerate assotuta-
mente pericolose".
Altre storie del Monte Fumai perven-
nero da Giovanni Tomainu, noto gior-
nalista. Con la sua intervista rilascia-
ta a Giuseppe Fiori per il suo libro La
società del malessere (ed. Laterza),
raccontava: "da poco era finita la
guern, e cominciava la Pace, se non
risulta ironico dire cosi Per quet
periodo a 0rgosolo, quando io sono
nato, iI 13 maggio det 1945... Stava-
mo altora a Monte Fumai, soPra Fun-
tanabona... È un luogo di crepacci e
pareti a picco, tante spelonche fre-
sche, celle frigorifere per carne ruba-
ta, (e persone sequestrate dai bandi-
ti, n.d.a.). Uiniziazione è stata dura.
Prima regola del pastore, non teme-
re il buio, tempesta o ladro, né
anime del Purgatorio, e sin da picco-
lo dey'essere abituato. Ricordo laprima volta che, bambino di otto
anni, mi obbligarono a uscire al
buio, c'erano lampi e scariche di
tuono, dovevo fare tre volte il giro
dellovile gridando parole di sfida al
Maligno, provocatorie, questa for-
muia ripetuta ostitmente, a Pienipotmoni, senza incrinature di voce:
Irbirriolàu mannu, tiramiche a tiche
tiro", (cioè anima vieni pure a tirar-mi, io trascinerò te)... A una venti-
na di metri dat nostro, era l'ovile dei
Mesina. Per non stare soli di notte,
Graziano, tre anni più grande di me,
e Pietro Tuffu, ci riunivamo spesso
nelta baracca dell'uno e del[altro.Era un divertimento: Graziano Mesi-
na aveva molte abiiità, e lo ammira-
vo. Nessun attro sapeva far fischiare
te pietre come quando tirava lui.Andavamo a un fiumiciattolo, rio
Maheddu, e Ii pancia a terra sutla
riva, era capace di pescare con lemani. Avevamo un branco di maiali,
Graziano li custodiva. SPesso, Perqualche cosa non andata secondo iIverso giusto, le buscava sode, anche
non avendone colpa."
Ouelle montagne furono fatali Per
Grazianeddu. Tomainu prese un'al-
tra strada e si fece onore. Detestava
i giovani del suo paese (0rgosolo)
che, senza lavoro, senza un soldo intasca, viaggiavano in automobile:"Da dove Li tolgono, questi sotdi?
Chi lo sa non lo dice".
Giovanni M. Tomainu, giornalista
affermato, lavora attualmente a Mila-
no presso lAgenzia Giornalistica Ita-
lia, (AGI). Uultima votta lo incontrai
nella sede dellAssociazione della
notiziario forestate n"24 - 2A05 39
Stampa milanese, in occasione di una
conferenza che tenne il Presidente
della Giunta Regionale, 0n. Mario
Melis, ai soci del Circoto dei Sardi. Fu
un vero piacere per entrambi incon-trarci e rievocare episodi della nostra
terra.
Lasciamoci alle spalle il ricordo ango-
sciante dei sequestri e dei sequestra-
tori e godiamoci questo incredibilealtopiano mesozoico, dellera prima-
ria, con le bellezze naturali del
Supramonte.
l{a-----..---* ----*.. l: R---^ - -i -i
È nel territorio del Comune di 0rgo-
solo la Foresta Demaniaie denomina-
ta "Funtana Bona", una località ricca
di foreste di alto fusto, di rinomatabellezza. Il tasso, l'agrifoglio, iI gine-
pro e la roverella sono le essenze
forestali spontanee. Una bella pinetafa da cornice alla Caserma dei Fore-
stali i quali erano fuori sul piazzale
ad aspettarci e ptaudire per il nostro
viaggio e per iI nostro coraggio. Fun-
40 notieiaric lu:estaie '.' ì.L ri'.i'.;
tanabona è un luogo di grande inte-resse ambientale, turistico e cultura-le. Sentivamo mormomre dotcemen-
te, sotto gti zoccoti dei cavalli, il tor-rente che dà origine al fiume Cedri-
no. Uaria era tranquilla, una grande
dolcezza leniva la forza selvaggia
della natura. Lelio e Domenico, assie-
me a me, soddisfatti per le difficoltàsuperate e contenti per il viaggio.
Quella sera, ospiti dei forestati, assa-
ponmmo il piacere del ietto. Aicavalli riseruammo una scuderizza-
zione di tutto rispetto e della buona
biada.
:\4rllr,,::a i'i' i*ia - i.f:feì:':: "
h& **"&* L"* * ! *
:.:*irY ,)§&r""r{1 , 1
II 19 Agosto riprendiamo il viaggioper Monte Spada, ultima tappa.Attraversiamo Mandra de Caia, aquota 1.400 metri sul livello del mare
e il passo di Correboi.
Percorrevamo la campagna da circa
un'ora, eravamo allietati dal panora-
ma, dai vetusti nuraghi e dai ciclopi
ci massi granitici. Dai sentieri anti-stanti sbucarono allimprowiso degli
uomini a cavallo. Erano cavalieri diFonni, nostri amici, venuti per salu-
tarci e, tutti in gruppo, raggiungere
Monte Spada e festeggiare la nostra
impresa. Eravamo moito contenti per
questo incontro. La distanza che ci
separava per Monte Spada era diappena cinque ore. Nel percorso
molte strettoie. A Mandra de Caia
vedevamo cofiere verso la vetta unbranco di mufloni. I nostri amici diFonni correvano in gruppo come deiprovetti cavalierizzi da circo. Dopo iIpasso di Correboi una piccola sosta
per consumare una colazione alsacco. Giunti a Monte Spada, ad
attenderci altri amici venuti per l'oc-
casione da Cagliari e da Gavoi. AIlavista di tutta questa gente ci veniva
vogta di gridare e salutare tutti con
grida di gioia. I1 nostro viaggio di tregiorni a cavallo, in una sera fresca diAgosto, si era concluso felicemente
sul Gennargentu, il monte più alto
della Sardegna.
Ka[ax"§ghe§
', ' "KALARIGHES-Associazione Naturalistica della Planargia". I soci','', fondatori, noti per il loro impegno nel campo della tutela
, '. ambientale, sono: Pasquale Carroni, Saverio Biddau, Fofo Cam-' ".. '.:' pus, Federico Nurchi, Pepe Peratta, Francesco Longu. Uassocia-
zione, che non ha scopi di lucro, svolge un articolato lavoro di studio e
ricerca naturalistica nel territorio della Planargia, che per importanza e
valori ambientali si colloca ai primissimi posti in Italia ed Europa. Attra-
verso gli accurati monitoraggi, sulle specie faunistiche e botaniche di
maggiore rilievo, approfondendo anche gli straordinari aspetti geomorfo-
logici e storico antropologici, l'associazione si prefigge l'obiettivo della
Ioro valorizzazione e protezione. Saranno attuati una serie di contatti con
tutte le Istituzioni dello Stato, politiche e non, che sono preposte al con-
trollo e alla tutela ambientale, per awiare insieme una costruttiva e dure-
vole collaborazione. La stessa apertura sarà rivolta a tutte le Associazioni
naturalistiche, venatorie, degli alievatori, degli agricoltori, dei pescatori e
degli operatori turistici che in questo territorio sono plesenti e operanti.
0gni soluzione proposta, anche dai singoli cittadini, sarà analizzata con
cura pur di raggiungere sintonia d'intenti con l'obiettivo della tutela e
della valorizzazione ambientale, in modo che l'uomo possa svolgere il pro-
prio ruolo e le proprie attività in totale armonia con i delicati equitibri
della natura. Uassociazione si rivolgerà con particotare at-tenzione al
mondo della scuola e dei giovani, organizzerà conferenze, mostre e dibat-
titi inerenti le attività svoite per promuovere e diffondere l'educazione e
la sensibilizzazione attraverso ta conoscenza. Lo straordinario teriitoriodella Sardegna, pel l'altissimo vatore naturalistico che racchiude, attira
ogni anno migliaia di visitatori da tutta l'Europa, §uscitando un certo
orgoglio nei Sardi. Affinché questo possa durare nel tempo, non devo-
no mai venir meno I'impegno e l'attenzione costanti da parte
di ogni cittadino consapevole delllmmenso tesoro che la
natura ci ha donato. Trascurare la tutela ambien.
tale implicherebbe danni incalcolabiti e
probabiimente irreversibi-
47
li per la fragile economia delllsoiache deve basarsi sulla conservazio-ne attiva delle risorse naturali.Conservazione quindi non fine a se
stessa, ma inserita in un contestodi valorizzazione e cura. Tutelaambientaie, quindi, alla base diogni programma e progetto attualee futuro, per il raggiungimento diuno sviluppo armonico e durevolein perfetta sintonia contutte le altre politicheeconomiche nel bacino delMediterraneo.
Una delle principaii atti-vità delUassociazione è iImonitoraggio scientificodella colonia di AwoltoioGrifone e dellAquila Reale
presenti nel territorio diBosa e la sorveglianza deisiti di nidificazione spesso
oggetto di disturbo.La popolazione di Grifonenella Sardegna Nord Occi-
dentale si era stabilizzataattorno al L985; successi-
vamente dal 1987 in poi ilnumero di coppie nidifi-canti e di giovani involatiè andato leggermenteaumentando nel corsodegli anni anche a seguitodel ritascio di esemplarispagnoli e francesi. Intorno ai 1995
il numero totale superava probabil-mente i 100-110 esemplari, conoltre 30 coppie territoriali. I datinon possono essere più precisi per-
ché, nonostante le dimensioni dellaspecie e le abbondanti deiezioniche facilitano l'individuazione diun sito occupato, vi è la tendenzadi alcune coppie alla nidificazioneisolata (non in colonia), perciò
alcune coppie sfuggono ai normali
42 nstiziario forestale n"24 - 2005
controlli. Intorno al 1,997 c'è statoil recupero di 14 esemplari decedu-
ti per awelenamento, considerandoche molti altri esemplari uccisi dalveleno possono essere stati occul-tati da vegetazione o caduti in luo-ghi remoti. In considerazione diquesto, il numero reale degli esem-plari awelenati è più del doppio. Inquegli anni, 1997-1998. il numero
plari. I fattori limitanti che condi-zionano il successo riproduttivosono di tipo antropico: escursioni-smo e caccia fotografica in prossi-
mità delle colonie di nidificazione.Sono stati da noi rimossi, con lacollaborazione del Corpo Forestale
di Bosa, alcuni capanni ubicati infalesia e distanti pochi metri da
nidi di Grifone e Aquiia Reale cau-
di coppie territoriati si era circadimezzato. Dal 1999 si è registratoun graduaie miglioramento conqualche coppia territoriale in più.Nell'anno riproduttivo appena tra-scorso (2003) delle circa 25 coppieterritoriali, 20 hanno costruito ilnido ma solo L0 di queste hannoportato a termine la nidificazionecon 10 juvenilis regolarmente invo-lati. Attualmente si stima unapopolazione di circa 80-85 esem-
sandone l'abbandono e la perdita diuova e piccoli. C'è da segnatare unfelice ritorno dellAquila Reale,
dopo che le ultime coppie eranostate perseguitate con fucilate neinidi intorno al1,975. Attualmente ilterritorio di Bosa è frequentato daquattro coppie (tre adulte e unanon ancora in età riproduttiva) duedelle quali stanziali e nidificanticon due giovani invoiati, uno per
coppia, nel 2003.
It signor Kukiar del "signore" ad un cane
può apparire una bizzarria,forse una originalità, ma
anche una normale espres-
sione classificabile nellagenerale tendenza degti uomini per iquali iI loro cane è sempre "il più" ditutti.Net caso di Kuki (nella fattispecie,
direbbe un uomo di legge) tali conside-
razioni cadrebbero in mille frantumi sol
che si avesse avuta la fortuna di cono-
scere dawero il cane di cui parliamo.
Kuki era un signore e basta. Proprio talepeculiarità, tanto inusuale, giustifica lapresenza di una pagina a lui dedicata inuna rivista fatta da forestali e non, per
forestali e non, ma rivolta a tutti coloro
che amano Iambiente come la flora e lafauna che lo compongono.
Kuki non poteva vantare alti Ugnaggi,
era un meticcio, un bastardino nato incampagna da una cagnetta che accom-
pagnava le pecore aI pascolo. Precisia-
mo: le accompagnava tutti i santi gior-
ni da mane a sera, escluso il sabato. Cin-
quanfanni dopo la rovinosa caduta del
fascismo, quetla cagnetta aveva ripristinato il sabato fascista. Gerarchi e gerar-
chetti del ventennio dedicavano il saba-
to aI partito, la cagnetta si dedicava
interamente a due amici per la pelle,
due coniugi che avevano acquistato unterreno di fronte allo stazzo dove leiviveva e vi trascorrevano giusto il saba-
to quando non avevano vincoli di lavo-
ro. Era cosi nata una tale amicizia da
convincere la cagnetta che non so quali
obblighi di ospitalità, quali doveri dibuon vicinato le impedivano di assolve-
re ai suoi compiti di vigilanza del greg-
ge per dedicarsi esclusivamente ai due
agricoltori settimanali. È bene sgombra-
re subito il campo da ipotesi di interes-
se personale: la cagnetta non accettava
nulla dai suoi amici e continuava a con-
sumare la zuppa presso la famiglia diappartenenza.I padroni mai riuscirono a far rimanere
la cagnetta con le pecore: il sabato lacagnetta le abbandonava per essere pre-
sente all'arrivo degU amici da Cagliari. I
padroni non poterono che concludere
che, col nostro arrivo (perché noi erava-
mo gli amici preditetti detla cagna),
avevano perso per un giorno alla setti-mana un cane ed un figlio: anche que-
sti, che aveva 7 anni, si trasferiva con
armi e bagagli (teggi giocattoli) nella
nostra aziendina e rientrava in famiglia
solo dopo ta nostra partenza serale.
Qualche anno dopo il grande evento
della scelta fascista, la cagna partorì Iasua brava cucciolata; attese il nostro
arrivo e ne fece di cotte e di crude per
farsi seguire a presentarci i suoi cuccio-
li. Era un bel gesto ma ci colpÌ anche ilfatto che uno dei neonati, quello nero
con chiazza bianca, non tanto quet
giorno quanto nelle successive visite,
Ietteralmente ci adottò. Non è facile tro-vare altro termine per descrivere una
vera e propria scelta che precedette per-
sino la rituale offerta dei padroni. Negli
stazzi infatti le cucciolate si susseguiva-
no con discreta frequenza e da sempre
si usava distribuire i cuccioli a vicini e
conoscenti.
Non avevamo alcuna intenzione di pren-
derci un cane in casa anche se abitava-
mo al terzo piano di Via Belìini e dispo-
nevamo di un terrazzo grande quanto
llappartamento. Ma per almeno un paio
di mesi, appena arrivati alla nostra cam-
pagna, ci raggiungeva, assieme alla
mamma, il cucciolo nero che restava con
noi per tutta la giornata cosicché un belgiorno il "corteggiamento" si concluse
con la sua adozione: gli ponemmo nome
Kuki ed entrò a far parte della nostra
famiglia.futti i cuccioti che si insediano in una
nuova casa debbono attraversare nor-
malmente dei preliminari d'obbligo,quali conoscere le aree a loro riservate e
quelle alle quali non debbono accedere;
dove poter svolgere le loro esigenze
fisiologiche (che paroloni! fare i loro
bisognini); dove e quando consumare Ia
zuppa... insomma quelle regole fonda-
mentali che determineranno una ordi-
nata convivenza tra animali di specie
diverse.Per Kuki non occorsero lezioni di addo-
mesticamento; già dal secondo giorno
assimilò tali regole e non mancò mai diossewarle. La stessa cosa, pressoché
identica, si ripeté anni dopo quando
cambiammo domicilio andando a vivere
in un ambiente completamente diverso:
casa e giardino.
Ma intravedere in Kuki un signore 1o si
deve ad una somma di comportamentisicuramente non comuni, ad atteggia-
menti particolari, al suo differenziarsi,giorno dopo giorno, dagli altri cani.
- Quando veniva chiamato a consumare
la zuppa, Kuki non si buttava sulla sco-
della con quel simpatico "ardore" fame-
Iico che caratterizza la specie. Accorre-
va al richiamo mai correndo, sempre
camminando quasi con un tocco di ele-
ganza, annusava ta zuppa, tornava
verso i padroni ad esprimere iI suo gra-
zie (sic... ringraziava effettivamente),poi si accostava con sussiego alla sco-
della e consumava la zuppa - non esa-
gero - come se si trovasse essere umano
in un pranzo di gala, in un ristorante acinque stelle o poco meno.
- Aveva un modo tutto speciale (che lo
avesse brevettato?) di ricevere gli amici
dei padroni:abbaiava a perdifiato quando si accosta-
vano al portone, seguiva ta salita della-scensore al 3o piano reclinando la testa
da un lato all'altro per meglio cogliere ilparlare o i rumori, tentando di indivi-duarli, quindi arretrava assistendoall'ingresso degli ospiti per verificare iltipo di accogtienza; i saluti cordiati,
affettuosi, confidenziali 1o spingevano
ad awicinarsi scodinzolando in attesa
notiriario forestate n"24 - 2005 43
di una catezza: diamine, erano veriamici dei padroni, Io erano anche suoi.Poi se ne stava in disparte, non distur-bava in atcun modo e solo a[ momentodel congedo ritornava sulla scena perporgere i suoi saluti.Un giorno arrivò di buon mattino unamico d'infanzia col quale non ci siincontrava da trentacinque anni. Kuki siaccostò con curiosità ma festeggiando asuo modo ìjawenimento, partecipò aIbenvenuto dei padroni ma per tutto ilgiorno si ritirò in un cantuccio osser-
vando con vero interesse i padroni che
scambiavano con l'amico ritrovato itanti ricordi del passato e le vicende deltrentennio. Rimase a debita distanzaanche durante il pranzo, difficilmenteindifferente ai buoni odori di pietanzespeciali ma senza mostrare alcun segno.
Uamico ripartÌ la sera quando venne ariprenderlo il figlio che to aveva accom-pagnato. Giuro che non vi sono esagera-
zioni: pianse Uamico scendendo le scale
con i padroni, pianse Kuki accostandosialla macchina per llultimo saLuto. Fino a
quel momento non sapevo che i canipiangessero e quella scena rimarrà vivanel tempo.- Un familiare sopportò un male che locostrinse a letto per alcuni mesi. Kuki,quasi di prepotenza, si sistemò vicino altappeto e mai più abbandonò quel posto
se non quando vi era costretto per con-sumare i due pasti giornatieri o per
attrettante uscite. Ad ogni movimentodel paziente, sollevava la testa e scatta-va in piedi. Se quegli andava al bagno,lo accompagnava alla porta ed aspetta-va per "riportarlo" a letto. In due mesinon si concesse un gioco, un diversivo;la notte, quando veniva condotto atlasua cuccia si allontanava mai staccandolo sguardo da quel letto. E mai, in duemesi. si sentì abbaiare: il rispetto e ladedizione per la persona ammalataerano totali, assoluti.- Il padrone usava per andare al lavorouna Panda che posteggiava in un corti-le di Via Donizzetti. Appena la macchi-na si accostava allincrocio tra Via BeIIi-ni e Via Donizzetti, Kuki correva dalla
44 notiziario forestale n"24 - 20A5
padrona per annunciare l'arrivo delpadrone e per invitarla ad aprire laporta. Passavano centinaia di Panda inquella strada ma Kuki dal terzo piano e
persino dal terrazzo sowastante nonfalIì mai Iimmediato riconoscimento.- Quando si trovò a camminare con ipadroni per le strade di Cagliari, Kukiapprese pressoché immediatamente,due cose fondamentali: l'uso dei percor-
si obbtigati - strisce pedonali, marcia-piedi ma soprattutto i segnali semafori-
ci; non sono fandonie, si muoveva solocol verde, mai col rosso o col giatlo,faceva persino resistenza se io si spinge-va ad attraversare col rosso - e poi,altrettanto inspiegabilmente, non aven-dogli mai impartito un insegnamento inproposito, il bloccarsi all'ingresso deinegozi che si trattasse di ferramenta,elettricità, abbigliamento ma anche ali-mentari e macellerie.- Ci tasciò perplessi, e non poco, un epi-sodio, di per sé insignificante, ma forseindicativo di pregi caratteriali noncomuni. Ci assentammo per alcune ore,
lasciando Kuki libero di circolare solo inparte della casa, peraltro molto spazio-sa. Al ritorno scoprimmo che Kuki aveva
avuto necessità impellenti ma si era
premurato di soddisfarle al piano disopra, dentro it bagno principale.- Altrettanto indicativo di valori, certonon comuni, insiti nel suo carattere può
considerarsi un altro episodio. Quando
ci si recava in campagna, Kuki venivasempre sistemato sul lato destro delsedile posteriore, dietro iI sedile delpasseggero. Per lui quella posizione mp-presentava un punto di osservazione
ottimale per seguire tutti i movimentidel padrone che stava alla guida. Ungiorno venne con noi una conoscenteche volle occupare proprio ii posto diKuki e costrinse questi ad occupare illato opposto. Ricordo bene come e
quanto Kuki si contrappose a quellapretesa, resistette per quanto possibile
ma, dato che "l'ospite" inspiegabilmen-te si era intestardita a non darglielavinta, accettò la nuova posizione. IIviaggio fu tranquillo come sempre,
niente da segnatare per i primi chilome-tri. Normalmente, quando guido, ho l'a-bitudine di controllare il traffico allespalle, sia attraverso lo specchietto late-rale esterno che osseryando ta strada dalclassico specchio retrovisore interno.Proprio in tali fugaci controlìi avevo
modo di seguire il comportamento delcane. Notai così che Kuki, sommessa-
mente, quasi impercettibilmente e conestrema lentezza, stava spostandosi nelsedile dirigendosi verso il lato destrodello stesso. 0wiamente non ne fecicenno alcuno e continuai Ia conversa-zione con mia mogtie e con l'amica.Seguii con maggior frequenza i movi-menti di Kuki che avanzava verso lameta prefissasi a mezzo centimetro,forse a millimetri, per volta; it viaggiodurava mediamente 40 minuti, la mar-cia di Kuki durò almeno un quarto dorae come si concluse? Si ritrovò in braccioalllospite che, non avendo dimestichez-za con i cani, lanciò un grido, si scrollòdi dosso Kuki e balzò al lato opposto delsediie. Ewiva! Una nuova rivetazione:Kuki aveva in sé qualcosa, una cellula,un atomo, chissà come definirlo, diumano: chi la fa llaspetti; i diritti acqui-siti non si toccano; chi pecora si fa illupo [a mangia. Insomma, Kuki non era
solo un signore, aveva anche dei principi ben solidi acquisiti, chissà quando,
chissà come, dall'amata razza umana.Possiamo concludere il racconto su
Kuki, ridotto allosso per non riempirequalche volume. col ricordare una parti-colarità forse unica se non rara che 1o
ha caratterizzato sin dai primi mesi divita: si nascondeva per fare i suoi biso-gni; se i padroni od altri accennavanoad ossewarlo si spostava, che fosse incampagna o in terrazzo dietro le piantein vaso o nel giardino fitto di piante e
cespugli. Dove, come e quando abbiaappreso tale forma di pudicizia rimarràsempre un mistero: non si è mai capitoperché un cane abbia potuto quasi ver-gognarsi di mostrarsi agli umani in posi-
zioni così naturali.Anche questo ha determinato la sceltadi chiamare un cane "II signor Kuki".
na vita legata ai moto-
ri. È quetta di Giacomo
Piacenza, forestale inservizio all'autoreParto
di Monserrato e colle-
zionista di moto "Mondial".
"La mia passione è iniziata quand'e-
ro bambino - ricorda Piacenza -avevo tre anni e amavo stare acavalcioni su una moto rossa che
stava sempre parcheggiata davanti
al negozio".
Motti anni dopo, in un cortile
abbandonato, Giacomo ha visto una
moto che assomigliava tanto a quel-
Quando atsi unisce [a[a, però era nera. Gli ricordava la
sua infanzia, cosi si informò: "Par-
lando con iI proprietario ho scoper-
to che non solo assomigliava alla
moto dei miei ricordi, ma em Pro-prio quella, solo che negli anni era
stata riverniciata di nero", aggiun-
ge Piacenza.
Dopo averla comPrata, ad un Prezzo
molto più alto risPetto a ciò che
valeva, perché "aveva un grande
valore affettivo", ha iniziato subito
ad aggiustarla: ed ecco Iinizio di
una passione che non I'ha ancora
abbandonato.
Ora ha 24 moto "Mondial", alcune le
tiene nel cortiie della sua casa, a
Monserrato, altre a Laconi, suo
paese d'origine.125 champion, 50 cross, 160 turi-
smo, 250 sport: ai Più, forse, non
dicono niente. Ma in Giacomo Pia-
cenza e in tanti altri appassionati,
invece, risvegliano emozioni forti."Purtroppo Ie mie moto non sono
tutte funzionanti, solo dieci sono
perfettamente in grado di cammina-
re. Molte sono smontate, ci sto lavo-
rando per aggiustarle, è un lavoro
su cui riverso gran Parte delle mie
energie. Ho iniziato a lavorare sui
motori e sono diventato capofficina,
poi sono passato all'autoreParto
forestale", conclude Piacenza.
Per ciò che riguarda il restauro delle
moto di serie, la difficoltà maggiore
è legata al reperimento dei ricambi.
Infatti, a causa della diffusione
limitata delle "Mondial" da turismo,
Linteresse di chi ricostruisce arti-
gianalmente i ricambi è limitato."Mondial" è sempre stato un mar-
chio di nicchia, anche se nel suo
periodo di maggior splendore ha
avuto grandi successi. È stata laprima casa a scendere in camPo
nella classe 1.25 con motori a quat-
tro tempi. Le bialbero Mondiai vin-sero di seguito tre camPionati del
mondo: nel 1"949, nel L950 e nel
195L. Intorno agli anni'70 questa
casa è praticamente scomparsa, Per
riapparire con una superbike circa
quattro anni fa.
Seppure il marchio è oggi Poco
conosciuto, gli appassionati di que-
ste moto si sono riuniti nel "Mon-
dial club International" di cui Gia-
como Piacenza, è facile intuirio, fa
parte da anni.
xotixiari* §ersstat* n'14 - 2*Cl 45
a giunta Soru ha ormaideciso: l'ex Hotel Esit sarà
«Scuola forestale». Per
ASS.FOR., che è da anniimpegnata a promuovere
Uidea di un centro di formazione diprimo livello, è il coronamento diun grande successo. Ancora unavolta i progetti e le idee propostedalla nostra Associazione si trasfor-mano in scelte politiche importan-ti, sia per lAmministrazione Regio-nale deliberante che per le Ammini-strazioni Provinciale e Comunale diNuoro. Altri attori che beneficeran-no, in termini di rilancio funziona-le e organizzativo, di questa sceltapotitica sono le Università e ilCorpo Forestale.
II 22 febbraio del 200L, appenaconcluso il Convegno Dall'Univer-sità alla Vigitanza "Per un osserva-
torio permanente dell'ambientemediterraneo", promosso dallanostra Associazione ASS.F0R. insie-me allA.U.S.F. (Associazione Uni-versitaria Studenti Forestali diNuoro), c'era la netta sensazione diaver ottenuto, dagli autorevolidiscorsi degli 0n. Ministri interve-nuti, solo parole e nient'altro. La
caparbietà e la testardaggine diqualche Associato che, in tutti que-
sti anni, ha continuato a crederci èstata alla fine premiata.Il dibattito era incentrato su treparole chiave:
Assicurare la formazione iniziale econtinua dei dipendenti del Corpo
Forestale e di Vigilanza Ambientale,per un puntuale e rigoroso svolgi-mento delle norme regionali, stata-Ii e comunitarie;Concorrere allo sviluppo di ricer-che e studi sulla struttura e funzio-nalità degli ecosistemi forestalimediterranei;Svituppare studi e ricerche che
possano indirizzare la politica fore-stale regionale nelllattuazione diprogrammi che valorizzino le risor-se forestali ed ambientali conse-
guendo, finalità di tipo economico-produttivo, paesaggistico e di pro-tezione del territorio.
Sul['0rtobene si faràta scuola chespecializza i ranger
Atla giornata di studi erano
intervenuti. tra gli attri, ilDr. Antonello Mele, it mini-
stro dell'ambiente 0n. Wil-
ler Bordon, iI Prof. Pietrino
Deiana, i1 Prof. Roberto
Scotti, it ministro per le
Potitiche agricole 0n. Peco-
raro Scanio, it Prof. Anto-
nio Franceschini.
§x#§trffi§
HdcH$' ,l:-
stgp
46 nt:ti"ziar§.el f*restalc n"2.{. - I0e5
1 59 o anniversario dettacostitu zion e de tt'Am mi ni stra zion e
Forestale deLla Sardegna
Éffi! occasione dei&ffi e &" festeggiamenti
ffi KE in onore di San
ffi ffi ffiGiovanniGual-e e &berto tenutisi a
Lanusei it 16.10.2004, è stata
tetta net Bosco Selene una Poesiaalquanto originaie per ia quale
vate la pena di accennare [a sto-
ria che ha indotto Uautore a com-
pome i versi.
Lo spunto è stato dato da unbambino che, in occasione di una
piccola manifestazione organiz-
zata diversi anni fa dalle scuole
di Tortoli in cotlaborazione con ilCorpo Forestate di Lanusei, aveva
scritto una favola nella quate rac-
contava dellincendio di un bosco
e delle disawenture det piromane
responsabile che viene arrestato.
La cosa non em passata inosser-
vata al M.tlo Cesario Giotta che
aveva organizzato ìlincontro e
che aspettava I'occasione ProPi-zia per svilupparne i contenuti edare il giusto rilievo a questa
splendida idea.
La festa del Patrono dei Forestali
d'Italia organizzata dat Servizio
Territoriate Ispettorato Riparti-mentale del Corpo Forestale e diV.A. di Lanusei, era una buona
opportunità per far conoscere lapoesia i cui versi sono stati scrit-ti con autorevolezza e sensibilità
dall'autore Dott. Enea Beccu, già
Comandante del Corpo Forestate e
di V.A. oggi in pensione. Di
seguito vi proponiamo la versio-
ne in dialetto sardo e queita initaliano.
S'etighe sotianu
Frimma furisteri! nessi tuepasadi a s'umbra de sa fozza,
s' a intender'nu contu hasbozza,que nodid'has a fagher in tottue.So"eztù, 'ezal et pili canu,
de annos nde tenzo medas tantos,
ti conto tagrimas et piantos
dunu trist'elighe solianu,
da' terra inghiriadu brujada,
da' buscu assoladu fozzudlt,su truncu pertusu et Piludu:soe cosa presa et tassada!
Sen'erva, matta o aryoreddu,
a inghiriu pro cumpanzia,
de quercu, mudeggiu o tirÌa,tenz'anima, oghe et cherveddu!
Nisciuna ispecie 'e puzzone
s'accherat in naes trofizzadas
et frummigas nè medas nè Pagas:
cum nisciunu bivo in cumone.
Mi fuent s'enturzu et s'assile
et nidu no appo de astore,
a su meu de morte fiagore
si fuet su cane'e cuile;
a su'entu finzas so'istranzu,a s'abba meda o a buttiu,in ierru comenfin istiu,su siccore tenzo a cumpanzu.
Mi hat fertu castigu divinuet tentu no appo perdonu,
et oe, mesu lampos e tronu,solu bivo chena un'ighÌnu.Fia homin'in tempus passadu,
et abbistu et de batentia,
a cant'essit bardanas faghÌa
et unu buscu appo brujadu,
una die'entosa de istiu.A prinzipiu fit fiammighedda
mesu a su fenu in sa sedda,
a pustis impresse unu riu
I[ Leccio solitario
Fermati forestiero, atmeno tu
riposa alfombra delte foglie,
se hai voglia d'ascoltare una storia
che farai conoscere ovunque.
Sono vecchio, vecchio e canuto,
e ho tantissimi anni;
ti racconto i lamenti e i pianti
di questo leccio triste e solitario,
circondato da terra bruciata
e isolato dal bosco frondoso,
i[ tronco cavo e ricoperto da barbe,
sono come una cosa senza valore.
Sen/erba atberi o arbusti
attorno che mi facciano compagnia,
di roverella, di cisto, o di minestrone,
ho anima, voce e cervetl0.
Nessuna specie di uccelti
si afhccia sui rami contorti
e né tante né poche formiche:
non vivo con alcuno.
Mi rifuggono l'awo[toio e [a martora
e fastore qui non fa iL nido
e a[ mio odore di morte
si altontana iI cane del pastore;
mi rifugge anche i[ vento,
[a pioggia abbondante e [a pioggere[ta
e sia in inverno che in estate
mi accompagna [a siccità.
Sono stato cotpito da castigo divino
e non sono stato Perdonato
e oggi, in mezzo ai lampi e ai tuoni
vivo isolato, senza un vicino.
Ne[ tempo passato sono stato un uomo,
svegtio e baldanzoso,
compìvo numerose scorribande
e ho incendiato un bosco
'in una ventosa giornata estiva.
Att'inizio era una piccola fiamma
tra i[ fieno detla cottina,
poi un fiume T
notiziario forestate n"24 - 2005 |
de trizzas rujas et a colore,zaccheddos et zoccos de sa linna,d'aspidu fumu et de catore,
de chixina, et ind'una sinnasu inferru in terra parìat:cristianos, amasa et mattasbrujaÌant tottus que cattas;su chelu si salveit ebbia!
Su fogu si fetteit forteet curriat lestu in tottueancora lu'ido ; 'ido ue
lassaiat in palas sa morte.Lastima 'e littu! no creia...Una calarina... babbu etfizzl,betlu que fiore, unu lizztt...Mamma, ita pena!... No querìa!
Mi trimo, m'assusto a s'ammentu
oe, si addae et luntanu,in bicch"e monte o in pianubido fumu moliadu da'entu.In medas m'hant presu et ligaduet lesta cundenna est bessida,sentenzia divina et pro vidaind'un elighe m'hana mudadu:su corpu in tetteru fuste, eo !
et in naes brazzos et anca,isperdidu intr"e una tanca,in eternu pro sempere seo.
Nè lande nè rusca produo,né iinna pro fogu'e foghile,no juo pro minda o cuile;a lughe 'e su sole mi cuo,a lughe de luna m'abberzo;
d'ilgonza de su ch'appo cumpridu,de penas de su ch'appo vividuin d'onzi momentu mi ferzo.Fidi istadu mezus seguru,
et fattu su corpu a chixinache jugher pro pese raighina,si m'essera mortu deo puru!Piedade, Deus!! Torrade
a humana cust'alvure vida!App'esser in eternu semidapro d'onzi de homine edade!
Enea Beccu
48 notiziario forestale n"24 - 2005
di trecce rosse e colorate,
di scoppiettii e di esplosioni de[[a legna,
di acre fumo e di catore,
di cenere, e in un bateno
sembrava ['inferno in terra:
uomini, animali, piante,
tutti ardevano come frittelte.
Si salvò solo i[ cieto!
lincendio crebbe d'intensità
e correva ve[oce ovunque,
[o vedo ancora e vedo [à dove
si lasciava atle spal[e [a mote.
Peccato d'un bosco! Non credevo...
Una pu[edra... padre e fig[io,
betto come un fiore, un gigtio...
Mamma, che penal Non volevo!
Tremo e mi spavento oggi al ricordo,
se laggiù lontano
nelta sommità del monte o nelta pianura
intravedo de[ fumo trascinato dal vento.
In diversi m'hanno catturato e legato
e immediatamente vi è stata [a condanna,
sentenza divina
che mi ha trasformato in un [eccio:
io! i[ corpo in un rigido fusto,
braccia e gambe in rami.
sono sperduto per [eternità
a[t'interno d'una tanca, per sempre.
Non produco né scoaa, né ghiande,
né legna per iI focotare,
non sono uti[e a[[e greggi,
né come riparo, né come ovile.
Mi nascondo at[a luce de[ sote,
mi apro alta luce de[[a [una;
in ogni momento mi ferisco
per [a vergogna di ciò che ho fatto
e delte pene che ho vissuto.
Sarebbe stato meglio
che fossi morto anch'io,
i[ corpo ridotto in cenere,
piuttosto che avere per piedi de[[e radici!
Pietà, Dio! Riportate
a umana vita quesfatbero:
sarò imperituro testimone
per gti uomini d'ogni età.
fI
tt, l,tsnoIN SEBDEGNA
#XZONZA EDITORI
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