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(25 a.C.) autore del De re coquinaria (234 - 149 a.C ... · Sgocciola e frulla con qualche cucchiaio del brodo di cottura, mezzo cucchiaino di pepe macinato fine e un pizzicone di

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(25 a.C.) autore del De re coquinaria (X libri sull’arte culinaria in Roma)

(234 - 149 a.C.) autore del De agri cultura (riporta piatti rustici)

(116 - 27 a.C.) autore del De re rustica (ricettario)

(I secolo d.C. ) autore del De re rustica (cibi e usanze sociali)

I Romani a tavola

Documenti elaborati dal prof. Mario Bruselli

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Molti romani facevano la spesa al mercato. Ogni settimana contadini e

pescatori si recavano in città per vendere frutta, verdura, pesce e carne.

Al mercato i cittadini potevano persino comprare gli schiavi che venivano

trattati come oggetti.

Nelle famiglie più ricche gli schiavi passavano la maggior parte del tempo

in cucina a preparare il cibo per i padroni. Ogni schiavo era specializzato

in un piatto diverso.

I Romani a tavola

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1^ colazione (molto più tarda)

Pranzo di mezzogiorno, frugale e frettoloso come quello moderno

Il pasto principale (dopo le ore 16) Poteva durare fino a tre ore.

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Per le famiglie ricche avere degli ospiti a cena era un’occasione importante.

Si servivano tre portate: l’antipasto che consisteva in insalate, crostacei e

uova, seguito da vino dolcificato con miele. La portata principale poteva

essere composta da sette piatti. Si mangiava con le mani. Gli schiavi

servivano il cibo e pulivano le dita degli ospiti tra una portata e l’altra.

I commensali stavano sdraiati su divani

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hydra

stannos

vasi

skyphos

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“Il banchetto di Eliogabalo” di Alma Tadema

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Terrina Lucreziana Pulisci cipolle pallacane (getta il loro verde), taglia in terrina. Moderato liquame, olio e acqua. Mentre cuoce, disponi in mezzo pesce salato crudo. Ma quando sarà quasi cotta col pesce salato, spargi 1 cucchiaione di miele, poco di aceto e di mosto cotto. Assaggia. Se sarà sciocco, aggiungi liquame, se salato, miele moderato. E spargi di corona vaccina, e che bolla.

Interpretazione

Zuppa di cipollotti secondo Lucrezio Pulisci 500 g di cipollotti, gettando il verde ma lasciando qualche centimetro di foglia sopra il bulbo. Metti in una pirofila 1 cucchiaio di salsa di soia, 1 cucchiaino di pasta d'acciughe (ljquame), 3 cucchiai d'olio e mezzo bicchiere d'acqua; mescola e scalda. Taglia i cipollotti in 2 per il lungo e disponili ordinatamente nella pirofila. Porta all'ebollizione e a metà cottura aggiungi 2-5 filetti di aringa affumicata, tagliati a strisce per traverso. Disponi le strisce di aringa in modo decorativo tra un cipollotto e l'altro. Non mescolare mai: per distribuire il sugo scuoti e inclina la pirofila. Prima della cottura completa, sciogli 2 cucchiai di miele in 2 cucchiai di Marsala secco e versa su cipolle e aringhe. Se dolce all'assaggio, correggi con altra salsa di soia e pasta d'acciughe (liquame), se salato con un po' di miele.Spargi di santoreggia e fa' bollire. Servi tiepido.

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"(Pesce) salato senza (Pesce)

salato." Cuoci fegato, pesta, e metti pepe o liquame o sale. Aggiungi olio. Fegato di lepre o di capretto o di agnello o di pollo; e se vorrai, formerai un pesce in uno stampino. Aggiungi olio verde sopra.

Interpretazione

Pesce di fegato Cuoci 250 gr. di fegati misti, di pollo, vitello e agnello nel minimo d'acqua o di brodo leggermente salato. Sgocciola e frulla con qualche cucchiaio del brodo di cottura, mezzo cucchiaino di pepe macinato fine e un pizzicone di sale. Aggiungi da 2 a 10 cucchiai d'olio, a seconda della consistenza che vuoi ottenere. Ungi con strutto uno stampo a forma di pesce e pressa la purea di fegato nello stampo senza lasciare aria. Se deve essere conservato a lungo, copri e cuoci coperto mezz'ora in forno a 110°C oppure a bagnomaria. Tieni in frigorifero. Scalda lo stampo per rovesciare il pesce su un piatto di portata. Irrora con olio verde e filetti prima di servire.

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Conchicla commodiana

Cuoci i piselli. Quando avranno schiumato, pesta pepe, ligustico, aneto, cipolla secca, bagna con liquame, emulsiona con vino e liquame. Metti in tegame affinchè si imbeva. Poi sciogli 4 uova, metti in 1 sestario di piselli, mescola, metti in (pentola) Cumana, poni sul fuoco, affinchè si rapprenda, e servi.

Interpretazione

Conchiglione di piselli secondo Commodo

Ammolla in acqua per una notte 250 g di piselli secchi. Lava in diverse acque e cuoci nel minimo d'acqua; quando schiumano, togli dal fuoco. Polverizza 6 grani di pepe, altrettanto di ligustico , 1 cucchiaio di aneto secco e 2 cipollotti freschi senza il loro verde (o 1 cipolla mezzana); riprendi con 3 cucchiai di salsa di soia e 3 cucchiaini di pasta d'acciughe (liquame), emulsiona con un altro cucchiaio di salsa di soia, 1 cucchiaino di pasta d'acciughe (liquame) e 4 cucchiai di Marsala secco. Scalda a fuoco dolce, mescolando e togli dal fuoco prima dell'ebollizione. Sgocciola i piselli; batti la salsa con 4 uova, mescola con i piselli sgocciolati e rimetti sul fuoco in una pentola bassa a fondo spesso finchè il tutto è rappreso.

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Piatto di acciughe senza acciughe

Fai a pezzettini polpe di pesce arrosto o lesso così abbondantemente, da poter riempire la terrina che vuoi. Pesta pepe e poco di ruta, copri di liquame quanto basta e d'olio moderato, e mescola nella terrina con le polpe, e così anche uova crude rotte, affinchè diventi un corpo solo. Sopra disponi leggermente ortiche marine, in modo che non si mescolino con le uova. Metti sul vapore, in modo che non possano andare con le uova e quando saranno secche, spargi sopra di pepe tritato e servi. alla mensa nessuno riconoscerà quel che mangia.

Interpretazione Terrina di acciughe senza acciughe

Riduci a pezzi di 1 cm avanzi di pesce arrostito o lessato, quanto basta a riempire una terrina. Polverizza 5 grani di pepe e 5 foglie di ruta, riprendi e frusta con 2 cucchiai di salsa di soia, 2 cucchiaini di pasta d'acciughe (liquame), 2 cucchiai d'olio e 2 uova intere. Versa nella terrina, mescola con cura e copri di alghe in modo che non affondino. Cuoci a vapore fino a che rapprende; spargi di pepe prima di servire.

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Antipasto da versare Cuoci nel brodo piccole bietole bianche, porri fatti riposare, sedani, bulbi (sono i Bunium Bulbocastanum), chiocciole scottate, ventrigli di polli, uccelletti e polpette. Ungi bene una padella e coprine il fondo con foglie di malva in modo che rimanga un po di spazio, mescola e trita i bulbi rovesciati, le prugne di Damasco, le chiocciole, le polpette e le piccole lucaniche; mescola con la Salsa, con olio, con vino, con aceto e poni a bollire. Quando bolliranno trita del pepe, dei ligustico, dello zenzero, poco piretro; mescola e versa nel tegame e fai bollire nella padella. Rompi molte uova e uniscili col sugo del mortaio Agita e getta il tutto nella padella. Mentre cuoce trita del pepe, del ligustico, dello zenzero, poco piretro Mentre versi aggiungi Salsa acida di vino.

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Antipasto di erbe

Condisci i bulbi con salsa, olio e vino. Quando saranno cotti aggiungici fegato di maiale e delle galline, dei piedini e degli uccelletti tagliati. Metti a cuocere tutte queste cose. Quando bolliranno, trita del pepe, del ligustico, bagna con la Salsa, col vino, col passito perché sia dolce, bagna ancora col suo stesso sugo e rovescialo sui bulbi; quando bollirà lega con amido.

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Antipasto di zucchine farcite Taglia sottilmente le zucche sul fianco con un tassello lunga e svuotale e mettile a scottare in acqua fredda. Farai il ripieno così: trita dei pepe, del ligustico, dell'origano, bagna con la Salsa, trita le cervella scottate, rompi le uova crude e fai tutt'uno; tempererai con la Salsa. Le zucche di, cui, sopra, scottate, riempile con quel ripieno e richiudi col tassello e inseriscilo bene. Fai così la salsa acida di vino: trita del pepe e del ligustico, bagna con vino e Salsa, tempera col passito, mettici poco olio nel tegame e fai in modo che bolla. Quando bollirà addensa con amido e versa sulle zucche fritte la salsa acida di vino e cospargi di pepe. Servi.

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Antipasto di pesche

Pulisci e togli il nocciolo a pesche duracine e precoci, mettile nell'acqua fredda e disponile nella padella. Trita del pepe, della menta secca, bagna con Salsa, aggiungi miele, passito, vino e aceto. Versa il tutto in padella sulle pesche; mettici poco olio e fai cuocere a fuoco lento. Quando bollirà, lega con amido, cospargi di pepe e servi.

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Piatto quotidiano

Prendi pezzi cotti di poppa di scrofa e carni cotte di pesci e di polli. Spezzetta bene ogni cosa. Prepara una padella di rame; prendi delle uova, schiacciale in una pentola e sbattile. Metti nel mortaio del pepe, del ligustico e lavorali; bagna con salsa, col vino, col passito; con poco olio, getta nella pentola e metti a cuocere. Quando bollirà lega con l'amido. Getta nel sugo le carni tritate che hai preparato. Stendi una doppia sfoglia nella padella di rame e riempila di romaiolate di polpa. Cospargi d'olio. Fai strati di pasta. Quanti strati avrai, fai tanti strati di trito. Spiana col matterello una . sfoglia e, tagliata con un piatto, gettala sulla superficie del pasticcio. Copri di pepe e porta in tavola.

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Piatto di formaggio e di pesce salato

Cuocilo nell'olio dopo averlo pulito delle lische e tritato. In una padella fai sciogliere delle cervella scottate, la polpa dei pesci, dei fegatini di pollo, delle uova sode; del formaggio molle riscaldato. Trita in padella del pepe, del ligustico, dell'origano, delle bacche di ruta con vino melato e con, olio. Metti a fuoco lento finché cuociano. Legherai con uova crude, coprirai di cumino spezzettato e porterai in tavola.

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Piatto di sgombri e cervella

Friggi delle uova sode, scotta e snerva delle cervella, cuoci dei ventrigli di pollo. Trita tutto eccetto il pesce e gettali in una padella, mettendo nel mezzo del salame cotto. Trita del pesce, del ligustico, cospargi di passito per render dolce. Versa della peperata nella padella; fai bollire. Quando bollirà mescola con un ramo di ruta e lega con amido.

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Braciuole ostiensi

(a quei tempi Ostia si trovava alla foce del Tevere) Segna le braciole fino alla cotenna in modo che lì rimangano attaccate. Trita dei pepe, dei ligustico, dell'aneto, del cumino, del silfio una bacca di alloro; bagna con Salsa e lavora. Versa, poi, in un tegame rettangolare il tutto con le braciuole. Quando avranno riposato nel condimento per due o tre giorni, tirale fuori. infilzale con gli stecchi ad X e mettile in forno Quando saranno cotte, separerai le braciuole che avevi segnato e le coprirai di Pepe, di ligustico le bagnerai di Salsa e di poco passito perché diventino dolci. Quando il tutto bollirà, lega il sugo con l'amido. Versa sulle braciuole e porta in tavola.

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Braciole apiciane.

Disossa le braciuole, piegale in rotondo, infilale con gli stecchi e mettile in forno. Poi falle indurire e levale in modo che trasudino l'umidità, seccale sulla gratella a fuoco lento in modo che non brucino. Trita del pepe, del ligustico, del cipero (Cyperus Rotundus) e del cumino stempera con la Salsa e del passito. Metti le braciuole nel tegame con questa salsa. Quando saranno cotte levale e asciugale senza salsa. Cospargi di pepe e portale in tavola. Se saranno grasse, quando le infilzerai, toglierai la cotenna. Si possono fare delle braciuole anche dall'addome.

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Piatto di formaggio

Prendi del latte quanto pensi ne contenga la padella, temperalo col miele come si fa col formaggio; cinque uova per 600 g di latte. Se la padella ne conterrà minor quantità ne metterai tre. Sciogli nel latte in modo da fame un solo impasta. Versa nella cumana e cuoci a fuoco lento. Quando il tutto si sarà ritirato cospargi di pepe e servi.

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Dolci casalinghi: Dolce di datteri

Prendi palmule o datteri. Togli il nocciolo e riempili con un trito di noci o di

pinoli o di pepe. Salali all'esterno, friggili nel miele cotto e porta in tavola. Dolce di sedano

Raschia bei sedani e mettili nel latte. Quando si saranno imbevuti mettili nel

forno in modo che non si secchino. Levali caldi e cospargili di miele, pungili perché si imbevano. Cospargi di pepe e servi.

Dolce di pane siligine

Spezza del pane di siligine cui avrai tolto la corteccia e fanne grandi pezzi.

Bagna col latte, friggi nell'olio rinvoltali nel miele e porta in tavola. Dolce di pepe e pinoli

Trita pepe, pinoli, miele, ruta e mescola col passito. Cuoci nel latte e con una sfoglia di pane. Cuoci quando tutto si sarà rappreso con poche uova. Bagna nel miele e porta in tavola coperto di pepe.

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Dolce di farina fritta

Prendi fior di farina e cuocila in acqua calda in modo da fame una pasta calda poi distendila in padella. Quando si sarà raffreddata tagliala a forma di dolci e friggila nel migliore olio caldo. Toglila, bagnala di miele, cospargila di pepe e porta in tavola. Farai meglio se userai latte invece di acqua. Piatto dolce di noci e pinoli: Prendi pinoli e noci, puliscili e abbrustoliscili, mescolali con miele, pepe e Salsa, latte, uova e poco vino puro e olio.

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Composizione di vino aromatico speciale (Conditi paradoxi compositio)

Siano versati in un vaso di bronzo un quarto di vino e due cucchiai

di miele, in modo che, mentre il miele bolle, il vino diminuisca di volume.

Scaldalo a fuoco lento di legna secca, mescola il tutto con un bastoncino finché prenderà il bollore; quando comincerà a salire trattienilo versando altro vino; quando lo avrai tolto dal fuoco, sarà diminuito di volume. Una volta freddo fallo scaldare di nuovo. Ripeti per altre due volte. Il giorno dopo lo schiumerai. Aggiungi, allora, 120 g di pepe, poco pistacchio, cannella e zafferano, cinque ossi arrostiti di datteri; trita cinque datteri che dal giorno prima avrai messi nel vino per farli ammorbidire. Fatto questo versa due litri circa di vino giovane.

La cottura sarà perfetta quando avrai consumato circa un chilo e mezzo, di carbone.

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Vino Rosato e violato (Rosatum et violatum)

(Si usa la Rosa Gallica e la Viola Odorata): (per questo vino) rosato fai cosi: cuci in un sacchettino di lino dei petali di rose ben asciutte dalla rugiada e senza l'unghia bianca. Copri tutto di vino per sette giorni. Togli le rose dal vino e sostituiscile con altre rose fresche sempre nel sacchettino. Falle riposare per altri sette giorni. Togli le rose. Ripeti l'operazione una terza volta e togli le rose. Cola il vino e quando lo vorrai bere aggiungici del miele rosato. Allo stesso modo farai il vino violato che stempererai nel miele. Se vuoi fare il rosato senza le rose procedi così: metti in un piccolo contenitore di foglie di palma (Chamaerops Humilis) delle foglie verdi di limone che porrai in un barilotto dì mosto prima che fermenti e toglilo dopo quaranta giorni. Se sarà necessario aggiungici, del miele e usa quel vino come rosato.

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Non ut edam vivo sed ut vivam edo. (Quintiliano)

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I Romani erano abituati a mangiare tre volte al giorno, proprio come noi. Al

mattino, appena alzati, facevano una leggerissima colazione, chiamata

ientaculum a base di panis insieme col mel o casecus.

A metà giornata c’era il prandium, che era anch’esso un pasto piuttosto

spicciativo, per il quale non ci si metteva neppure a tavola e, come disse il filosofo

Seneca, maestro e vittima dell’imperatore Nerone, “non c’era neanche bisogno di

lavarsi le mani”. Durante il prandium si consumavano in genere le pietanze

avanzate nella cena del giorno precedente.

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Il pasto principale della giornata del Romano era infatti la cena,

che si consumava verso il tramonto del sole con una certa calma

e solennità: attorno a una mensa erano disposti tre letti quasi a

ferro di cavallo e su di essi stavano adagiati gli adulti rivolti verso

la mensa; su di essa erano posti i cibi, che ogni commensale

prendeva con le mani.

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Elemento essenziale della nutrizione romana era la puls di cereali

bolliti:spesso anche il pane veniva bollito in acqua o in lac. Secondo la

possibilità e le stagioni, alla puls di cereali in granelli si mescolavano altri

cibi, quali l’ovum, formaggio e specialmente legumi e vegetali vari. Fra i

vegetali largo uso si faceva della malva nutriente e diuretica, del caulis

mangiato crudo con acetum o bollito in acqua salata con oleum, ma

solamente dai più ricchi, giacchè nel mondo antico l’olio di oliva costava

sempre piuttosto caro. Tra i legumi quelli più usati erano la faba, il cicer e

la lenticula.

Ortaggi. Riproduzione

grafica con ravanelli,

carote e rape. Pittura

parietale. Pompei, Casa di

Giulia Felice, 79 d.C.

Museo Archeologico

Nazionale, Napoli.

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I romani apprezzavano i sapori acuti e dolciastri insieme:

facevano uso assai frequente di mel e di alium e di cepe:

piaceva moltissimo il pane condito con una salsa ottenuta

facendo macerare l’aglio in una mistura di olio ed aceto.

Molto apprezzato era anche ogni genere di liquamen: tra i

liquamina più ricercati vi era il garum e lo hallex che si

ottenevano facendo una poltiglia di pesci e crostacei, con le

loro interiora e tutto, che poi veniva lasciata fermentare al sole.

Contenitore per garum. Mosaico.

Pompei, 79 d.C. Deposito degli

Scavi di Pompei, Napoli.

Garum

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Il GARUM era una salsa di pesce utilizzata per condire tutti i cibi: le verdure, la carne e

persino la frutta. Già Plinio il vecchio lodava questa salsa definendola “marciume di

cose putrefatte”. In pratica, il garum era il prodotto della fermentazione del pesce sotto

sale, un bagno di salamoia piuttosto concentrato, tanto da far galleggiare l’uovo.

Generalmente si utilizzavano le acciughe ma anche pesci più pregiati come le

spigole.Il gari flos (fiore del garum) rappresentava il primo liquido filtrato, quello più

puro e costoso, riservato solo a ricchi ghiottoni.Il residuo che restava dopo la

filtrazione veniva usato come condimento per i meno abbienti.

Garum

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Durante il I secolo a.C. il garum fu chiamato liquamen, termine oggi

spregiativo.

Apicio, il famoso cuoco romano che ne ha lasciato la ricetta:

“ si prendono pesci grossi come salmoni, anguille, sardine: quindi a tali pesci

si uniscono sale, erbe aromatiche secche come l’aneto, la menta, il levistico, il

puleggio, il serpillo. Di queste erbe si deponga un primo strato sul fondo di

un grande vaso. Si faccia quindi un altro strato di pesci interi se piccoli, a

pezzi se grossi. Si copra con uno spesso strato di sale e si ripeta l’operazione

dei tre strati fino a quando il vaso sia colmo. Si chiuda il vaso e si lasci

macerare per sette giorni. Poi per altri venti giorni si rimesti il miscuglio.

Allora si raccolga il liquido che cola”.

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Vera ghiotteria per tutti i palati, il garum resistette alla caduta dell’ Impero

Romano: mille anni dopo la tragedia di Pompei, Bisanzio avrebbe

continuato ad impazzire per esso.

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Nell’ alimentazione antica il pane era poco usato , si

mangiava per lo più secco e veniva intinto nel vino o nel puls

cioè una specie di polenta per dargli più sapore. Si usava

anche un lievito fatto con mosto d’ uva detto criscito

Pane e fichi. Pittura

parietale. Ercolano,

79 d.C. Museo

Archeologico

Nazionale, Napoli.

Pane- Museo Boscoreale

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A partire dal II secolo a.C. i contatti con le civiltà greche-ellenistiche cambiarono

l’alimentazione dei romani. I consumi non furono più frugali e austeri come prima

e sempre più venne consumata la carne, soprattutto quella del maiale.

L’essiccatura, l’affumicatura e la salatura erano usate per conservare più la carne.

I romani gradivano particolarmente le mammelle della scrofa ripiene: tale ripieno

era chiamato cinghiale troiano.

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Anche il pesce entrò tardi nell’alimentazione romana. I romani allevavano i

pesci nei vivaria, cioè vivai di pesci e di molluschi lungo i fiumi o nei mari. I

romani utilizzavano il pesce per preparare il garum.

Pesci e seppia. Pittura parietale.Area vesuviana,

79d.C. Museo Archeologico Nazionale, Napoli.

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I romani erano grandi consumatori di uova, latte e formaggi. Le uova si

consumavano sode o strapazzate alla cuoque e al piatto o fritte. L’ uovo

apriva la cena romana cioè come antipasto. Già Orazio asseriva che la

cena doveva iniziare con l’ uovo alle mele. Frase latina: Ab ovo usque ad

mela. Il latte veniva considerato come il cibo più sostanzioso specialmente

quello di pecora veniva usato anche quello di capra cavalla e asina.

Uova, selvaggina, frutta e vasellame.

Pittura parietale. Pompei, Casa di Giulia

Felice, 79 d.C. Museo Archeologico

Nazionale, Napoli.

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Grande uso si faceva del formaggio. Il latte veniva coagulato con succo di fieni

rigurgitato da giovani ruminanti non ancora svezzati; Il caglio veniva scolato in cesti di

giunchi( fiscellae ) ancora oggi utilizzati. Il formaggio da usare veniva essiccato e

salato; quello da conservare veniva pressato e messo al sole per nove giorni e

aromatizzato con pepe, pinoli e vino. Il formaggio si consumava durante lo jentacolum

e il prandium mentre a cena si preferivano i formaggi freschi.

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Le origini dell’olivo e del suo olio sono state tramandate dai miti e dalle

leggende. L’olivo, pianta sacra per millenni ha simboleggiato sempre

l’abbondanza, la pace, la vita che si rinnova. L’olio d’oliva si dimostrò un

alimento importantissimo per gli uomini, ma anche un medicamento e come

fonte di luce.

Frantoio

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Il vino greco era considerato il migliore del mondo. La fabbricazione del

vino era molto diversa da quella odierna perché la fermentazione nei tini

non era sempre praticata e comunque mai per un tempo sufficiente.

Ciò rendeva la conservazione del vino abbastanza difficile. Un espediente

diffuso era quello di mescolare il mosto con acqua di mare per renderlo più

amabile e anche perché secondo alcuni aiutava la digestione e

l’evacuazione.

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Per rendere il vino più aromatico si aggiungevano timo, menta, cannella o

miele. L’aggiunta di farina di orzo e cacio permetteva di ottenere una

pozione afrodisiaca, almeno a quanto si legge su una coppa rinvenuta ad

Ischia:”Chiunque beve a questa coppa subito sarà preso dal desiderio di

Afrodite dalla bella corona”.

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I vini greci principalmente quelli rossi dovevano essere molto

alcolici, con gradazioni superiori ai 15°, talvolta 18°. Non

meraviglia quindi l’usanza di tagliarli con acqua o miscelarli con

vini meno forti. Il vino destinato al consumo immediato era posto

in otri fatti con pelli di capra o di maiale; quello destinato

all’esportazione era versato in grandi contenitori di terracotta, i

famosi pitroi che potevano contenere centinaia di litri e poi in

anfore d’argilla le cui pareti interne erano spalmate in pece.

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Le anse delle anfore erano marcate con il nome del mercante o del produttore a

garanzia della qualità. Il povero contadino si accontentava di un vinello leggero

ottenuto con gli scarti della vinaccia.

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Nell’ antica Roma esistevano già dei locali dove mangiare e bere vino, simili

ai nostri bar, si chiamavano taverne o anche popine. L’ ambiente era molto

grande e c’erano vari tavoli dove la gente poteva mangiare seduta.

All’entrata c’era il tipico bancone ad L. Il lato più corto della L si affacciava

sulla strada.

Ercolano - Termopolio

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Nello spessore del bancone c’era una vasca con dell’acqua che fungeva nel

lavandino. Una condotta alimentava con un rivolo d’acqua questo lavandino

gigantesco. Ai marini del bancone c’era quasi sempre un braciere dove

veniva arrostita la carne e il pesce. Sul bancone c’ erano dei buchi dove

venivano posizionate le anfore contenenti i cibi.

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Le taverne dell’Antica Roma erano

fumose e spesso sudice, ma qualche

piccolo intrattenimento lo offrivano alla

clientela. Gli avventori, cioè amatori,

crapuloni e giocatori d’azzardo,

trovavano in questi locali l’ambiente più

adatto per le loro esigenze. Certo questi

non erano locali di gran classe, non ci si

poteva stare sdraiare su comodi lettini

per mangiare e bere, bisognava

sistemarsi su seggiole. Erano

frequentate da bevitori notturni,

giocatori di dadi, teppisti malandrini e

ubriaconi attaccabrighe. Dopo la cena

veniva il momento della “commissatio”

la bevuta rituale sotto la guida di un rex

bibendi, questo fine serata era

accompagnato da giochini e indovinelli.

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