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MODULO A NOZIONI FONDAMENTALI di TECNICA AERONAUTICA
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UNITA’ 2 L’AEROPLANO e LE SUE PARTI pag. A/35
2.5 La fusoliera
La fusoliera è il corpo vero e proprio dell’aereo e come tale deve assolvere molteplici funzioni tra le
quali alloggiare la cabina di pilotaggio, il carico utile e gran parte degli impianti di bordo. Inoltre deve
costituire l’elemento strutturale che collega le ali con gli organi di stabilità e controllo posti sugli impennaggi
di cosa. Se assolve solo alla prima funzione è detta carlinga altrimenti è detta trave di coda.
Longitudinalmente la fusoliera di un velivolo da
trasporto può essere considerata un corpo
fusiforme costituito da un tratto centrale di forma
cilindrica che separa una parte prodiera a forma
ogivale (forebody) e una poppiera (afterbody).
La parte anteriore viene modificata per permettere l’installazione della cabina di pilotaggio, mentre la forma
di quella posteriore dipende dall’esigenze di accessibilità e di carico del materiale da trasportare e dalla
necessità di far assumere al velivolo gli angoli di seduta ottimali nelle fasi di decollo e atterraggio.
Dal punto di vista aerodinamico, essendo la fusoliera un corpo fusiforme, un parametro molto importante, in
fase di progettazione e dimensionamento, è il “rapporto di finezza” o “finezza” ovvero il rapporto tra la
lunghezza complessiva L ed il diametro D della più
grande sezione trasversale della fusoliera. L’inverso della
finezza, ovvero il rapporto (Dmax/L), è noto come
snellezza della fusoliera. A titolo di esempio nella
tabella accanto vengono riportati i valori di finezza e
snellezza relativi ad alcuni velivoli commerciali.
La finezza è un parametro aerodinamico fondamentale in
quanto è legata al coefficiente di resistenza della
fusoliera. Quest’ultimo può dirsi composto da due fattori: il primo è la resistenza d’attrito legata al superficie
bagnata del corpo, e che quindi cresce con la lunghezza L, il secondo è la resistenza di pressione ( o di
forma) che è invece legata all’area massima della sezione trasversale, e che pertanto aumenta all’aumentare
del diametro D della sezione. Dal bilancio tra la
resistenza di forma e quella di attrito è possibile
individuare un valore ottimo della finezza che
minimizza la resistenza. Tuttavia le moderne fusoliere,
per motivi di carattere strutturale legati all’ingombro
minimo necessario, hanno un rapporto di finezza
maggiore di quello di ottimo (vedi grafico a lato)
Velivolo D/L
snellezza
L/D
finezza
DC-9 0,096 10,416
DC-8 0,076 13,158
DC-10 0,072 13,888
Boeing 707 0,074 13,513
Boeing 747 0,086 11,627
Concorde 0,046 21,739
MODULO A NOZIONI FONDAMENTALI di TECNICA AERONAUTICA
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UNITA’ 2 L’AEROPLANO e le SUE PARTI pag. A/36
Forma e dimensioni della fusoliera variano a seconda della categoria di appartenenza del velivolo, nonché
delle prestazioni richieste. Le sezioni trasversali più usate negli aerei civili sono le seguenti:
• Sezione rettangolare o rettangolare con cappottatura a calotta, ormai in disuso (fig. a e b) ;
• Sezione ovalizzata, impiegata per piccoli aerei da trasporto persone (fig. c);
• Sezione a lobi circolari, usato nei grossi aerei da trasporto (fig. e);
• Sezione circolare, ottima sotto ogni aspetto è la più comune (fig. d);
Trasversalmente la forma della sezione della fusoliera
deve obbedire a diverse ragione, la più importante delle
quali è quella di alloggiare il carico utile, per cui un
volta che lo si è determinato, si cerca di alloggiarlo
utilizzando la minima sezione frontale.
Inoltre poiché per i velivoli operanti ad alta quota le
fusoliere devono essere pressurizzate, si ricorre ad una
sezione circolare [in fig. la (1)], che facendo lavorare il
fasciame a trazione e non a flessione permette di
assorbire la pressurizzazione nel modo meno gravoso.
Nel caso dei velivoli civili, la sezione più diffusa oltre a
quella circolare e quella lobata [in fig. la (2)]. Ad essa si ricorre, ad esempio, quando la capacità della stiva
della sez. circolare (1) è insufficiente, e quindi anziché ricorrere alla sezione circolare di raggio maggiore (3),
si può utilizzare la sezione lobata (2) che a parità di carico è sicuramente più conveniente dal punto di vista
della resistenza aerodinamica. La sezione lobata (2) rispetto a quella circolare (1) presenta oltre che un
maggiore capacità per unità di lunghezza anche un miglioramento dell’aerodinamica dell’intersezione ala-
fusoliera, per contro richiede pavimenti lavoranti, quindi più pesanti e di difficile costruzione ed è più gravoso
l’assorbimento dei carichi legati alla pressurizzazione.
MODULO A NOZIONI FONDAMENTALI di TECNICA AERONAUTICA
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UNITA’ 2 L’AEROPLANO e le SUE PARTI pag. A/37
Tuttavia in alcuni casi come per i grossi velivoli da trasporto si sacrificano le condizioni dettate dalla
pressurizzazione e si dispongono i passeggeri su più piani secondo diverse architetture:
Nel caso di piccoli velivoli e di quelli militari non esistono regole generali per la forma trasversale della
fusoliera, non essendovi le stringenti motivazioni del carico utile, e pertanto essa è determinata
essenzialmente da motivi di ingombro e può assumere le forme più svariate.
Dal punto di vista costruttivo, le fusoliere si possono distinguere in tre grosse categorie a seconda degli
elementi che costituiscono la struttura resistente della fusoliera:
⇒ Fusoliere a traliccio o reticolari (in acciaio utilizzata negli aerei leggeri ed ultraleggeri);
⇒ Fusoliere a guscio;
⇒ Fusoliere a semiguscio.
Nel caso delle strutture a guscio e semiguscio, la sezione di una fusoliera è costituita da elementi
longitudinali detti correnti aventi la funzione di assorbire gli sforzi indetti dalle flessioni, da elementi
trasversali dette ordinate aventi la funzioni sia di appoggio per i correnti che di forma, e dal rivestimento
che oltre alla funzione propria ha anche quella di assorbire le sollecitazioni di torsione e quelle generate dalla
pressurizzazione. Uno dei problemi nel dimensionamento della fusoliera, è quello generato dalla presenza
delle aperture (oblò, portelli,..). Infatti una struttura sottile in presenza di aperture riduce notevolmente la
propria rigidezza torsionale e pertanto nel calcolo delle aperture occorrerà prevedere opportuni rinforzi
interni, realizzati con elementi profilati che costituiscono un vero e proprio telaio intorno all’apertura stessa.
I componenti e le diverse tipologie strutturali della fusoliera saranno trattati in dettaglio nel successivo
modulo G “Analisi strutturale della fusoliera”.
MODULO A NOZIONI FONDAMENTALI di TECNICA AERONAUTICA
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UNITA’ 2 L’AEROPLANO e le SUE PARTI pag. A/38
2.6 Organi di stabilizzazione e controllo
Nei velivoli ad architettura classica, gli organi di stabilizzazione e controllo sono costituiti:
� dal piano di coda orizzontale (detto anche
impennaggio orizzontale), che provvede ad assicurare
la stabilità e la manovrabilità del velivolo intorno
all’asse di beccheggio. In particolare esso si compone
di una parte mobile, detta equilibratore o elevatore, e
di una fissa detta stabilizzatore. In alcune
configurazioni l’intera superficie orizzontale è tutta
mobile ed in tal caso si parla di stabilatore.
� dal piano di coda verticale (detto anche impennaggio verticale), che provvede ad assicurare la stabilità
e la manovrabilità del velivolo intorno all’asse di imbardata. In particolare esso si compone di una
parte mobile, detta timone di direzione, e di una fissa detta deriva.
� dagli alettoni che, situati all’estremità alari per aver il maggior braccio rispetto all’asse longitudinale,
comandano il movimento di rollio.
MODULO A NOZIONI FONDAMENTALI di TECNICA AERONAUTICA
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UNITA’ 2 L’AEROPLANO e le SUE PARTI pag. A/39
ORGANO di CONTROLLO COMPOSIZIONE COMPITI
IMPENNAGGIO ORIZZONTALE
Stabilizzatore (parte fissa) Stabilità longitudinale (beccheggio)
Equilibratore o elevatore
(parte mobile)
Comanda il movimento di beccheggio tramite
la barra ( o volantino) azionata dal pilota
longitudinalmente. Quando la barra viene
spinta in avanti, l’equilibratore si abbassa e il
velivolo picchia, se viene tirata verso il petto,
l’equilibratore si solleva e il velivolo cabra.
IMPENNAGGIO VERTICALE Deriva (parte fissa) Stabilità direzionale (imbardata)
Timone
(parte mobile)
Comanda il movimento di imbardata tramite la
pedaliera azionata dal pilota. In particolare se il
pilota abbassa il pedale destro, il timone ruota
verso destra, nasce un momento di imbardata
che fa ruotare il velivolo intero a destra.
ALETTONI
Coppia di elementi mobili
simmetrici rispetto all’ala e
che si muovono in modo
asincrono
Comandano il movimento di rollio tramite la
barra ( o volantino) azionata trasversalmente
dal pilota. In particolare se si sposa la barra alla
destra del pilota, l’alettone sinistro si abbassa
(la semiala si solleva) mentre quello destro si
solleva (la semiala si abbassa). Nasce un
momento che fa virare il velivolo verso destra.
La necessità dell’impennaggio orizzontale nasce dal fatto che, se il velivolo fosse costituito solo dall’ala
e dalla fusoliera, non risulterebbe equilibrato al beccheggio. Infatti la portanza del velivolo parziale (Lw)
applicata nel centro pressione (C.P.) non è baricentrica. Il C.P. è generalmente arretrato rispetto al
baricentro G alle basse incidenze (Fig. a) ed avanzato alle
alte incidenze (Fig. b). Ciò significa che si genera un
momento a picchiare MY nel primo caso ed un momento a
cabrare nel secondo. Nasce quindi l’esigenza di disporre di
una seconda superficie portante in coda (piano orizzontale)
che genera un momento uguale ed opposto a quello
squilibrante del velivolo parziale (senza coda). Si comprende
quindi il perché, nel volo orizzontale uniforme, il piano di
coda deve essere deportante se il baricentro è in avanti (Fig.
a) e portante nel caso opposto (Fig. b).
MODULO A NOZIONI FONDAMENTALI di TECNICA AERONAUTICA
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UNITA’ 2 L’AEROPLANO e le SUE PARTI pag. A/40
La necessità dell’impennaggio verticale nasce invece dall’esigenza di garantire la stabilità direzionale del
velivolo. Ad esempio quando il velivolo è investito da una raffica laterale, il piano di coda verticale produce
una forza aerodinamica, detta devianza, che rispetto al baricentro genera un momento di imbardata che
tende ad annullare la perturbazione. Il timone di direzione viene azionato dal pilota attraverso la pedaliera
per garantire la manovrabilità direzionale.
Per quando riguarda la disposizione dei piani di coda, oltre alla configurazione classica, con il piano
orizzontale installato nell’estremità posteriore della fusoliera alla base della deriva, è possibile avere tante
altre soluzioni di seguito raffigurate.
Nell’ impennaggio a croce, il piano orizzontale è situato ad altezze intermedie rispetto a quello
verticale mentre nell’ impennaggio a T i piani orizzontali sono siti all’estremità superiore della deriva. Si
possono avere anche soluzioni in cui la superficie verticale anziché essere unica e costituita da più derive.
Chiaramente la scelta del tipo di configurazione dipende da diversi fattori, tra i quali le sollecitazioni di
flessione e torsione che le forze aerodinamiche generate dai piani di coda esercitano sulla fusoliera.
MODULO A NOZIONI FONDAMENTALI di TECNICA AERONAUTICA
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UNITA’ 2 L’AEROPLANO e le SUE PARTI pag. A/41
Ad esempio si ha tutto l’interesse a fare in modo che l’impennaggio verticale sia il più basso possibile
per non indurre grosse torsioni sulla fusoliera, d’altro conto la deriva non può essere troppo bassa per non
creare problemi di contatto con il terreno al decollo. Per quanto riguarda la posizione dell’impennaggio
orizzontale possiamo notare che mentre la configurazione T, ha il vantaggio rispetto a quella classica, di
tenere i piani di coda lontano dalle scie di ali e motori (la si trova, ad esempio, in quegli aeromobili che
hanno i motori installati nella parte posteriore della fusoliera come l’MD 80), presenta tuttavia
l’inconveniente, che in condizioni di stallo il piano di coda può essere messo in ombra aerodinamica e
l’equilibratore non riesce più a garantire il momento necessario per riportare il velivolo in condizioni normali,
e inoltre, dal punto di vista strutturale, essa risulta più pesante di quella classica, in quanto gli sforzi agenti
sulla parte orizzontale si scaricano completamente su quella verticale prima di raggiungere la fusoliera.
Una soluzione alternativa e interessante e quella in cui i piani sono posizionati non più a valle dell’ala ma
si trovano a monte. Tale configurazione è nota con il nome di canard ed
è spesso impiegata nel caso di velivoli con ala a delta nei quali il compito
degli equilibratori è assolto da superfici disposte a fianco degli alettoni,
dotate di movimento simmetrico, chiamate elevoni.
Tale soluzione presenta il grosso vantaggio di una riduzione della
superficie alare, in quanto le alette canard contribuiscono alla portanza
globale del velivolo, ma a differenza di un configurazione classica con il
piano in coda, rimane il problema legato alla instabilità intrinseca di un
sistema siffatto. Per tali motivi si è pensato ad una configurazione mista
con alette nella parte anteriore e piani orizzontali in coda.
Un esempio di tale configurazione è il velivolo P180 “Avanti” costruito dalla Piaggio Aero Industries).
Il Piaggio P180 Avanti è un aereo da trasporto executive da 6 - 9 passeggeri che è
attualmente l'unico aereo al mondo disegnato, sviluppato e certificato con una
configurazione a tre superfici portanti e prodotto in serie. La configurazione a tre
superfici alari ad elevato allungamento permette non solo una ripartizione ottimale
della portanza necessaria al velivolo ed una significativa riduzione della resistenza
indotta, ma comporta anche efficienze complessive maggiori dovute alla ridotta
deportanza che i piani di coda devono generare per bilanciare il momento
aerodinamico. Inoltre la configurazione propulsiva con eliche spingenti, garantisce
bassi livelli di rumorosità in cabina grazie al posizionamento dei dischi di rotazione
a valle delle zone abitate, tuttavia, genera un'impronta sonora inconfondibilmente
"acuta" all'esterno, a causa dell'interferenza aerodinamica degli scarichi motore
con le eliche stesse. Il velivolo viene spesso portato ad esempio come
configurazione canard, ma la dizione per il P-180 è assolutamente impropria, in
quanto l'ala anteriore pur dotata di flap è sprovvista di superfici mobili di controllo.
Queste ultime sono infatti convenzionali, ripartite tra ala principale e
stabilizzatore/equilibratore.
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UNITA’ 2 L’AEROPLANO e le SUE PARTI pag. A/42
2.7 Organi per l’involo e l’atterraggio.
Gli organi per l’involo e l’atterraggio sono tutti quei dispositivi che consentono al velivolo di decollare
e atterrare. Nel caso di velivoli “terrestri” essi sono costituiti dai carrelli di atterraggio, normalmente composti
da ruote fissate ad ammortizzatori, ma possono anche essere utilizzati sci per operazioni su superfici nevose
o ghiacciate oppure galleggianti per operazioni su superfici acquose, come nel caso degli idrovolanti.
Il carrello di atterraggio deve inoltre
consentire le manovre a terra del velivolo e assorbire
gli urti all’atterraggio. Ovviamente non avendo nessun
compito durante la fase di volo deve essere il più
leggero possibile e non deve danneggiare dal punto di
vista della resistenza aerodinamica.
I carrelli possono essere di tipo fisso oppure
retrattile. Nel primo caso il carrello è fissato sotto
la fusoliera o le ali dell'aereo penalizzando molto dal
punto di vista della resistenza aerodinamica. Per
contro risulta meno pesante e non richiede il livello di
manutenzione necessario per i carrelli retrattili. Viene di solito impiegato negli aerei di piccole dimensioni
perché nella maggior parte dei casi i vantaggi in termini di prestazioni non giustificano il peso, i costi e la
complessità maggiore. Inoltre il pilota non rischia
inutilmente di atterrare con il carrello retratto. Al
contrario i velivoli di una certa dimensione hanno
ormai tutti il carrello retrattile nella fusoliera o nelle
ali dell'aereo. Tale soluzione pur essendo di
maggiore difficoltà costruttiva, ingombrante e
pesante, consente tuttavia una maggiore pulizia
aerodinamica e consente di migliorare
notevolmente le prestazioni soprattutto in termini di
velocità di volo.
Per quanto riguarda la disposizione delle ruote, si possono avere le seguenti configurazioni:
1. carrello biciclo;
2. carrello triciclo con ruotino posteriore (configurazione classica);
3 carrello triciclo con ruotino anteriore.
Carrello triciclo fisso di un Cessna 172
Carrello retrattile fuori in atterraggio
MODULO A NOZIONI FONDAMENTALI di TECNICA AERONAUTICA
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UNITA’ 2 L’AEROPLANO e le SUE PARTI pag. A/43
E’ costituito essenzialmente da due ruote poste in linea, come
quelle della bicicletta, una sotto la fusoliera, poco avanti al
baricentro, e l'altra in coda. Tale configurazione è tipica degli alianti
e dei piccoli motoalianti, ma anche di alcuni prototipi di
aereo/razzo dove occorre ridurre al minimo l' ingombro causato dal
vano carrello. Non soffre di particolari problemi nelle manovre al
suolo, ma aiuta invece a mantenere la direzione in decollo ed
atterraggio, anche in presenza di vento traverso
E’ costituito da due sole ruote principali poste anteriormente
sotto la fusoliera o sotto le ali, poco avanti al baricentro e da un
ruotino di coda o da un pattino in coda. Tale configurazione era
molto usata fino agli anni trenta da cui l’aggettivo di “classica”. Il
vantaggio di questo tipo di carrello è che permette l'atterraggio e
il decollo anche da piste semi-preparate o comunque non in
condizioni ottimali: questo perché la ruota anteriore dei carrelli
tricicli non è molto resistente, al contrario della robustezza
dovuta al fatto di usare due sole ruote. Inoltre questo sistema
tiene l'elica lontana da eventuali terreni accidentati.
L’assetto “a cabrare" che assumono gli aerei con carrello classico quando sono a terra comporta una minore
corsa di decollo rispetto ai tricicli perché l'ala si trova già ad un angolo di attacco abbastanza alto. La difficoltà
maggiore però sta nel fatto che il baricentro si trova dietro il carrello principale, e questo comporta alcuni
problemi. Ad esempio in atterraggio, se l'aereo tocca terra un po' bruscamente e a velocità elevata, a causa
della posizione del baricentro la coda si abbassa, aumenta l'angolo di incidenza, e l'aereo riprende a volare, come
se rimbalzasse. È quindi importante atterrare alla velocità minima di sostentamento e inoltre le frenate troppo
brusche rischiano di far capovolgere l'aereo frontalmente.
E’ costituito da una ruota anteriore posta di solito sotto il muso e da due
o più ruote poste leggermente dietro il centro di gravità dell'aereo, sotto
la fusoliera o sotto le ali. In alcuni modelli il carrello anteriore è in grado di
sterzare per facilitare il rullaggio e le operazioni a terra. Con questo tipo di
carrello è impossibile che l'aereo si cappotti, si può quindi frenare più
energicamente riducendo le corse di atterraggio. Inoltre le manovre a
terra sono più agevoli grazie alla maggiore visibilità e al ruotino anteriore
e i velivoli sono un po' meno vulnerabili al vento di traverso. La maggior
parte dei velivoli da trasporto di oggi sono dotati di carrello triciclo
retrattile. I piccoli monomotori da turismo invece ne hanno uno fisso.
Gli aerei che atterrano con un alto angolo di attacco sono spesso dotati
anche di un ruotino di coda per evitare che la coda tocchi la pista
MODULO A NOZIONI FONDAMENTALI di TECNICA AERONAUTICA
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UNITA’ 2 L’AEROPLANO e le SUE PARTI pag. A/44
Un altro vantaggio del carrello triciclo con ruotino anteriore si ottiene in termini di stabilità nelle manovre
curve. Infatti, nel caso di un carrello triciclo con ruotino posteriore negli spostamenti al suolo, se per una
folata di vento o per qualunque
motivo l'aereo inizia a girare, la forza
centrifuga porta il baricentro verso
l'esterno restringendo sempre di più
il raggio di curvatura, con il rischio, a
velocità elevate, di ribaltare l'aereo.
Quindi gli aerei che utilizzano questo
tipo di carrello sono molto sensibili al
vento laterale. Nella configurazione
con ruotino anteriore la posizione del
baricentro rende molto più stabile l'aereo nei movimenti al suolo, perché tende a raddrizzare le curve
troppo strette, e non permette che l'aereo rimbalzi all'atterraggio.
Il numero delle ruote che compongono il carrello è funzione del peso massimo al decollo del
velivolo e dell’area di contatto tra pneumatici e suolo. Le crescenti dimensioni degli aerei con il
conseguente aumento di peso richiedono un numero maggiore di ruote. Ad esempio l'Airbus A340-500
dispone di un terzo carrello posizionato al centro della
fusoliera; il Boeing 747 invece dispone di cinque carrelli: uno
sotto il muso e gli altri quattro, ognuno da quattro ruote, sotto
la fusoliera e le ali.
La tendenza moderna è quella di dotare i carrelli di un
numero maggiore di ruote ma di minori dimensioni in modo da
avere, a parità di area di contatto pneumatici-suolo, un
vantaggio in termini di peso, anche se tale soluzione comporta
una maggiore complicazione costruttiva.
Infine il carrello anteriore è dotato quasi sempre di un
compasso che permette l’orientamento della ruota, mentre quello principale è dotato di freni, che ormai
sono esclusivamente a disco semplice o multiplo.
MODULO A NOZIONI FONDAMENTALI di TECNICA AERONAUTICA
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UNITA’ 2 L’AEROPLANO e le SUE PARTI pag. A/45
2.8 Cenni sul tipo e sulla disposizione dei propulsori aeronautici.
La scelta e la disposizione del gruppo propulsore è, dopo l’ala, uno degli elementi che ha notevole
ripercussione sull’architettura generale del velivolo.
Premesso che una macchina a sostentazione dinamica (aerodina) può avanzare in volo orizzontale
solo grazie alla spinta del propulsore installato, tutti i propulsori funzionano secondo lo stesso principio fisico
che consiste nel prelevare una certa quantità di aria e accelerarla, pertanto la spinta che ne deriva sarà tanto
più grande quanto più grande è la massa di aria interessata e quanto più grande è la differenza tra velocità
di efflusso e quella di volo. Per tale motivo i propulsori aeronautici si dividono in due grandi famiglie a
seconda che venga utilizzata o meno l’aria esterna:
⇒ ESOREATTORI;
⇒ ENDOREATTORI o MOTORI A RAZZO (che portano con se il combustibile ed il comburente).
Gli esoreattori, a seconda delle modalità con cui si ottiene la spinta, si suddividono a loro volta in:
⇒ MOTOELICHE;
⇒ TURBOGETTI;
ESOREATTORI ⇒ TURBOELICHE O TURBOPROP.
⇒ TURBOFAN o TURBOGETTO a DOPPIO FLUSSO;
⇒ AUTOREATTORI e PULSOREATTORI.
In particolare parleremo di propulsori a reazione indiretta se l’aria viene accelerata con un dispositivo
esterno al motore (elica), di propulsori a reazione diretta quando il fluido è elaborato all’interno del motore.
Senza entrare nella descrizione di
ciascun tipo di propulsore, peraltro
oggetto di altro corso, ci limitiamo qui a
ricapitolare il campo di utilizzo di
ciascuno di essi, poiché, in campo
aeronautico, ogni propulsore viene
scelto in base alle specifiche prestazioni
in termini di velocità e quota di volo.
Quello che necessariamente accomuna tutti i tipi di propulsione è che essi devono rispondere a specifiche
tecniche molto più restrittive rispetto ai motori per autotrazione in termini di affidabilità, peso limitato,
ingombro e impatto ambientale (rumore).
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UNITA’ 2 L’AEROPLANO e le SUE PARTI pag. A/46
MOTOELICHE
Campo di
utilizzo
Piccoli velivoli della aviazione generale
Caratteristiche
e limiti
Basse velocità (max 500 Km/h) e quote di volo
inferiori agli 8.000m a causa delle perdite di
rendimento volumetrico con la quota. E’ il tipo di
propulsore più economico alle basse velocità.
TURBOGETTI o TURBOJET
Campo di
utilizzo
Ormai è utilizzato solo in aviazione militare, in
campo civile è stato soppiantato dai più economici
e ecologici turbofan.
Caratteristiche
e limiti
È l’unico propulsore che permette di garantire una
sufficiente spinta nell’alto supersonico fino a
velocità di 2.500 Km/h (M=2,2) e quote di volo fino
a 25.000 m.
TURBOELICHE o TURBOPROP
Campo di
utilizzo
Velivoli da trasporto cose e/o passeggeri di medie
dimensioni (es. trasporto regionale)
Caratteristiche
e limiti
Permette di estendere i limiti dell’elica a velocità di
circa 750 Km/h e quote di volo di 12.000 m. I piccoli
turboelica sono molto diffusi grazie ai bassi costi di
realizzo, gestione e manutenzione, alla lunga vita
operativa e alla grande affidabilità.
TURBOFAN
Campo di
utilizzo
Aviazione civile a medio e lungo raggio.
Caratteristiche
e limiti
Regimi di volo compresi tra l’alto subsonico ed il
basso supersonico. Presenta una rumorosità più
bassa e dei consumi ridotti rispetto al turbogetto.
Nell’alto supersonico i turbofan non garantiscono
più la spinta necessaria e si deve necessariamente
ricorrere ai turbojet.
La sostanziale differenza tra i motori ad elica e quelli a getto é che mentre i primi vengono classificati per
potenza, i secondi vengono classificati per spinta (per poter paragonare le prestazioni basta moltiplicare la
spinta del turbogetto per la velocità del velivolo per ottenere la potenza). Inoltre il comportamento alle basse
velocità dei velivoli ad elica è molto migliore, in quanto mantengono un maggior esubero di potenza
disponibile, il che garantisce grandi condizioni di sicurezza in quei casi in cui si manifestano imprevisti nelle
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UNITA’ 2 L’AEROPLANO e le SUE PARTI pag. A/47
fasi di decollo o atterraggio, fasi nelle quali statisticamente si verificano la maggior parte degli incidenti.
Il grande esubero di potenza permette infatti di percorrere rampe più ripide consentendo una rapida ripresa
dell'aereo nel caso, ad esempio, di un "lungo" in atterraggio. Nella successive figure sono raffrontati i
diagrammi delle prestazioni di velivoli ad elica e velivoli a getto.
Le curve indicate con PA rappresentano le potenze fornite dal motore, le curve indicate con PR le potenze
necessarie al sostentamento del velivolo. Si vede che alle basse velocità il velivolo ad elica, diagramma (a),
mantiene un esubero di potenza nettamente maggiore del velivolo a getto, diagramma (b), a parità di curva
delle potenze necessarie. Ciò spiega l’utilizzo della propulsione ad elica nei collegamenti in ambito regionale,
dove i velivoli non raggiungono mai quote particolarmente elevate, dato il breve tempo di volo, per cui non è
necessario utilizzare velivoli a getto, che rendono meglio se utilizzati ad alte quote. La brevità delle tratte
rende inoltre trascurabile il risparmio di tempo dovuto alla maggiore velocità del velivolo a getto.
Dornier 328 equipaggiato con motore turbofan
Dornier 328 equipaggiato con motore turboprop
Esistono aerei utilizzati per l’aviazione civile che vengono prodotti con i due sistemi di propulsione, ad elica e a getto. Un esempio può essere il DORNIER 328. La versione “Jet” è propulsa da due turbofan Pratt & Whitney Canada PWC 306B da 2722 kg di spinta unitaria, mentre la versione “turboprop” da due Pratt & Whitney Model PW 119B, ciascuno dei quali genera una potenza al decollo di 2.180 cavalli sull'albero, con eliche Hartzell esapala in materiale composito. La versione equipaggiata da motori turbofan presenta un consumo orario leggermente più alto a fronte di una velocità di crociera del 20% più elevata. Il motivo principale sta nel fatto che, garantendo il motore a getto una forte spinta fino a quote elevate, il velivolo così propulso può volare a quote operative maggiori rispetto al turboprop, incontrando una minore resistenza aerodinamica e volando a velocità maggiori.
MODULO A NOZIONI FONDAMENTALI di TECNICA AERONAUTICA
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UNITA’ 2 L’AEROPLANO e le SUE PARTI pag. A/48
Boeing 737 equipaggiato con motore turbojet
Boeing 737 equipaggiato con motore turbofan
Nelle immagini sopra viene invece riportato un Boeing 737, nelle due versioni, equipaggiate, rispettivamente con motore turbo-jet e con motore turbofan. Si nota un’importante differenza fra i due motori, cioè la maggiore area frontale del turbofan rispetto al turbo jet, che comporta certamente un incremento di resistenza del velivolo e un peggiore comportamento negli assetti deviati. Tuttavia per le velocità di esercizio e per le prestazioni richieste ai velivoli per l’aviazione civile, questo aspetto è considerato trascurabile rispetto ai vantaggi in termini di consumo e impatto ambientale.
Dopo la scelta del tipo di propulsore, il secondo problema che il progettista è chiamato a risolvere è la
scelta del numero dei motori e la loro disposizione sul velivolo. Chiaramente la scelta del numero di
propulsori prima di tutto dipende dalla tipologia di velivolo, poi è legata alle spinte o potenze disponibili e
infine a considerazioni di sicurezza e affidabilità.
Rimanendo nel caso dell’aviazione civile possiamo avere:
♦ MONOMOTORE a ELICA: è il caso di un unico propulsore (motoelica) che può essere installato o in
configurazione classica, cioè con elica trattiva, oppure essere montato nella parte posteriore della
fusoliera e quindi in configurazione propulsiva. La soluzione classica con elica trattiva è vantaggiosa
dal punto di vista del centramento del velivolo, mentre quella con elica propulsiva è vantaggiosa in
termini di visibilità e di resistenze passive.
♦ BIMOTORE a ELICA: La configurazione classica prevede due motori con elica trattiva collocati in
gondole sotto l’ala o portati direttamente dall’ala.
♦ BIMOTORE a GETTO: Nel caso dei velivoli a getto oltre alla configurazione classica di due motori in
gondole sub-alari, vi è la possibilità di installarli nella parte posteriore della fusoliera mediante
appositi piloni. Quest’ultima configurazione (utilizzata ad esempio per il velivolo MD 80) consente di
avere diversi vantaggi tra i quali:
• ala aerodinamicamente pulita;
• basso rumore in cabina;
• minore altezza da terra della fusoliera;
• ridotti rischi di ingestione di corpi estranei
da parte dei turbogetti;
• Trascurabili effetti di imbardata nel caso di piantata di uno dei propulsori.
MODULO A NOZIONI FONDAMENTALI di TECNICA AERONAUTICA
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UNITA’ 2 L’AEROPLANO e le SUE PARTI pag. A/49
mentre la configurazione classica, con due motori sub-alari, è preferibile poiché presenta:
• vantaggi in termini di centramento;
• migliore rendimento delle prese d’aria;
• libertà di progettazione degli impennaggi verticali;
• semplicità e leggerezza delle installazioni di alimentazione e regolazione.
Nel caso in cui è necessario aumentare il numero dei motori si può ricorrere a un TRIREATTORE o un
QUADRIREATTORE. Per i grossi velivoli da trasporto la
formula del trireattore (nella figura a lato un DC 10) è
legata sia all’esigenza di avere grosse autonomie sia una
maggiore spinta in fase di decollo poiché spesso gli
aeroporti, situati vicinissimo al centro delle città, sono
dotati di piste corte. Chiaramente nel caso di modeste
percorrenze e piste sufficientemente lunghe un
trireattore appare sovradimensionato non solo rispetto all’esigenza di crociera ma anche rispetto a quelle di
decollo ed è ragionevole ricorrere a un bireattore.
Quando abbiamo a che fare con velivoli di grossi dimensioni necessariamente occorre utilizzare quattro
propulsori. Il più grande velivolo fin ad oggi costruito
per il trasporto passeggeri è l’AIRBUS A380. Si tratta
di un gigante di 560 tonnellate che nella versione più
capiente può trasportare fino a 656 passeggeri.
Da quando è cominciata la progettazione di questo
velivolo le case motoristiche hanno cercato di
produrre il motore adatto. Ad esempio General Elettric
e Pratt & Whittney hanno creato un consorzio
producendo il motore GP7200, un turbofan da 32
tonnellate di spinta al decollo, mentre la Rolls-Royce ha prodotto il Trent 900, anch’esso da 32 tonnellate di
spinta. La scelta di quale motore montare viene, in genere, fatta dalla compagnia aerea che acquista
l’aeromobile, secondo criteri legati alle possibilità di effettuare le manutenzioni. L’A380 ne monterà quattro
rispondendo al criterio secondo il quale, la spinta disponibile in caso di avaria di un motore, deve essere di
circa il 20% del peso dell’aeromobile, ed effettivamente tre motori da 32 tonnellate cad. forniscono le 100
tonnellate richieste.
MODULO A NOZIONI FONDAMENTALI di TECNICA AERONAUTICA
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UNITA’ 2 L’AEROPLANO e le SUE PARTI pag. A/50
Nelle immagini sopra il propulsore sito presso l’ITIS “G.C. Falco” di Capua (CE)
.................... il turbogetto GENERAL ELETRIC J79-GE
Il turboreattore J79-GE, propulsore dello storico velivolo
F 104, veniva costruito, su licenza della ditta General
Eletric Aircraft, dalla divisione aeronautica della ex
AERITALIA. Si tratta di un reattore monoalbero del tipo "A
FLUSSO ASSIALE" provvisto di un compressore assiale a
17 stadi, una camera di combustione tubo anulare con 10
tubi di fiamma, una turbina a tre stadi e un post-
bruciatore. Funzionando a regime "MILITARY" (massima
spinta senza post-bruciatore) esso forniva una spinta di
circa 10.000 lbs, pari a 4.540 kg mentre in massima post-
combustione forniva una spinta di circa 15.800 lbs,
equivalenti a 7.180 kg. In particolare sul velivolo F 104
versione “G” era installato il turboreattore J79-GE-11B.
Successivamente con l'avvento della versione “S” si è
scelto di equipaggiare gli F 104 con il più potente J79-GE
19. Quest'ultima versione, caratterizzata da un 15% di
spinta in più, è stata rivista nella turbina e nell'ugello, ed
è quella utilizzata sugli ultimi F-104 ASA e ASA-M.
Peso del motore base 3210 lbs [1.458 kg] Spinta NORMAL (99% RPM) 11870 lbs [ 5.389 kg]
Peso del condotto di scarico 625 lbs [282 kg] Spinta MILITARY (100% RPM) 11870 lbs [ 5.389 kg]
Peso totale 3835 lbs [1.740 kg] MINIMO AFTERBURNER 15300 lbs [6.946 kg]
Temperatura di ingresso in turbina
993°c MASSIMO AFTERBURNER 17900 lbs [8.126 kg]
Temperatura di uscita dalla turbina
670° ± 8°c
Portata d’aria 170 lb/sec
Consumo specifico di crociera 0,84 -1,20
kg/(kgspinta x h)
Consumo specifico con postbruciatore
1,96 kg/(kgspinta x h)
Rapporto di compressione 12.7 : 1