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§ 3.1 Premessa
Con l’avvento del nuovo regime imperiale divenne fondamentale non
soltanto definire il ruolo del princeps, ma anche chiarire quali fossero lo
status e le funzioni delle figure femminili a lui legate.
Numerosi furono i privilegi e gli onori riconosciuti alle donne della domus
con lo scopo di creare e diffondere una loro ben precisa immagine pubblica.
Questo perché, concetto fondamentale nella tradizione romana, era quello di
famiglia e tale continuava ad essere: non a caso Augusto, aveva promosso
una legislazione finalizzata ad una rigenerazione sociale e morale, nonché al
ripristino degli antichi valori del mos maiorum.
L’imperatore era sì al vertice dello Stato ma, con la nuova politica del
potere ereditario, diventava altresì fondamentale la moglie che lo affiancava,
madre del suo futuro successore al trono.
Era la donna a permettere che vi fosse continuità generazionale e che non
venisse interrotta la divina discendenza imperiale.
In linea con la prospettiva di esaltare e celebrare l’intero nucleo familiare
del princeps erano le numerose rappresentazioni iconografiche presenti non
solo nell’Urbs ma disseminate in tutti i possedimenti facenti parte
dell’Impero. Esse erano l’espressione tangibile della posizione prestigiosa e
di riguardo dei membri della famiglia imperiale.
Nel seguente capitolo, mio intento è quello di fornire un ulteriore ritratto
di Agrippina, diverso da quello tramandato dalla storiografia antica o da
quello che lei stessa aveva tentato di lasciare ai posteri attraverso la stesura
di un libro di memorie.
In questo caso quella che emerge è l’immagine “ufficiale” del personaggio,
ossia quella che di lei voleva essere promossa e diffusa, probabilmente non
corrispondente alla realtà.
Interessante a tale proposito è la tesi di Ittai Gradel contenuta in “Agrippina
1
Life and Legend”1. Lo scrittore riflette sull’episodio tramandatoci dalle fonti
classiche dell’attentato ai danni di Agrippina svoltosi a Baia: gli assassini
non avrebbero riconosciuto l’imperatrice, colpendo infatti mortalmente la
sua compagna di navigazione Acerronia. Le identità delle due donne
vennero scambiate. Gradel si chiede come questo sia stato possibile dal
momento che l’immagine di Agrippina era di pubblico dominio in quanto
veicolata da monete e statue all’interno di tutto l’Impero.
Ciò avvalora la supposizione secondo la quale l’immagine pubblica del
personaggio non corrispondesse all’originale poiché, se così non fosse,
l’episodio inerente ad Acerronia non troverebbe giustificazioni valide.
E’ dunque molto probabile che quanto pervenutoci di Agrippina sia
un’immagine fasulla. Dai reperti di natura numismatica e statuaria risulta
infatti un’immagine volutamente idealizzata, fortemente celebrativa e
fittizia.
E non è un caso quindi che, in virtù di una politica basata sulla ricerca di
legittimazione e consensi e su mirate operazioni propagandistiche,
Agrippina abbia potuto, anche da sé, nobilitare liberamente la propria
persona mediante apparizioni pubbliche ben studiate e concertate, delle vere
e proprie esaltazioni della magnificenza da lei rappresentata sia in quanto
discendente di avi insigni, sia in quanto moglie del princeps e Augusta:
Agrippina innalzava anche il prestigio proprio: si recava in Campidoglio sopra un cocchio di cerimonia, onore concesso in antico ai sacerdoti ed alle immagini degli dèi. Ciò accresceva il rispetto verso la donna, che, nata da un comandante supremo, era stata sorella e consorte e madre di uomini saliti al sommo della potenza2.
1 Gradel I., Agrippina life and legend, in MOLTENSEN M. – NIELSEN A.M. (curr.), Agrippina Minor. Life and Afterlife, Copenaghen, 20072 Tacito, Annales, XII, 42, 2.
2
§ 3.2 L’effigie di Agrippina nella monetazione dell’età di Gaio
Al tempo del principato di Caligola la zecca di Roma emise, per volontà
dell’imperatore, un sesterzio3 raffigurante sul rovescio le tre sorelle
Agrippina, Drusilla e Giulia Livilla presentate come le tre Grazie4 (Fig.1).
L’emissione in oggetto venne coniata nel 37-38 d.C.
Figura 1
Si tratta di una moneta non comune: uno dei primi casi in cui delle donne
ancora in vita venivano esplicitamente nominate e rappresentate su
un'emissione ufficiale coniata nella capitale. Anche la presenza di figure
intere nella moneta costituisce una peculiarità poiché generalmente
venivano raffigurati solo dei busti.
Tutte e tre le sorelle sono dotate di cornucopia5: esso era un attributo proprio
3 Il sesterzio era una moneta utilizzata nell’antica Roma il cui nome derivava da quello che era il suo valore originale: in latino semis-tertius significa « metà del terzo » e infatti inizialmente tale moneta valeva 2 assi e mezzo. Era realizzato in argento durante la repubblica. Quando divenne l’unità monetaria dell’età imperiale venne coniato in oricalco, una lega simile all'ottone.
4 Divinità della bellezza legate al culto della natura e della gioia data dalla contemplazione di essa.5 La cornucopia è il corno dell’abbondanza, l’emblema della fertilità e del complesso di beni necessari alla vita umana. La leggenda voleva che essendosi spezzato uno dei corni della capra Amaltea che nutriva il piccolo Giove, il corno fosse riempito di frutti, circondato di fronde, e donato da Giove alle ninfe. Per i Romani essa acquistò un'importanza di primo piano ed era solita essere raffigurata come attributo di divinità allegoriche cui si attribuisse un senso o un augurio di prosperità, di fertilità e anche di felicità pubblica.
3
di molte divinità benefiche - in primis di Copia6- e simbolo dell’abbondanza
e della prosperità. Ognuna delle tre è poi ulteriormente caratterizzata da un
secondo elemento: nel caso di Agrippina Minore, l’oggetto della nostra
trattazione, essa appare appoggiata ad una colonna, tiene le gambe
incrociate e ha una posizione rilassata.
In lei riconosciamo la Securitas, dea romana, personificazione di uno stato
di quiete e privo di preoccupazioni, allegoricamente la sicurezza propria
dell’Impero. Con tale moneta quindi Caligola innanzitutto onora le sue
sorelle e in secondo luogo vuole creare una ben precisa immagine della sua
famiglia. Ciò appare coerente con il tentativo messo in atto dal princeps di
conferire al governo romano una forte impronta teocratica, sulla base del
modello delle monarchie ellenistiche.
Agrippina in particolare, non solo incarna l’ideale di donna feconda ma
rappresenta anche un punto saldo negli equilibri politici del principato.
Di lì a poco però essa verrà condannata all’esilio dallo stesso fratello il
quale aveva visto in lei una complice nella congiura ordita a sue spese.
§ 3.3 Agrippina e Claudio nelle monete: la moglie imperatrice
Negli ultimi quattro anni di vita di Claudio (50-54 d.C.), la moglie
Agrippina compare regolarmente nel conio ufficiale, sia nelle monete in oro
sia in quelle in argento. A tale periodo risale un aureo7 il quale presenta sul
dritto la testa laureata dell’imperatore accompagnata dalla legenda TI
CLAUD CAESAR AUG GERM P M TRIB POT PP, mentre sul rovescio il
busto di Agrippina racchiuso dalla scritta AGRIPPINAE AUGUSTAE
(Fig.2). La donna di fatti nel 50 d.C. era stata insignita del titolo onorifico di
Augusta da parte del Claudio. L’iscrizione conferma l’eccezionalità
dell’evento, un unicum nella storia: Agrippina fu la prima a ricevere il titolo
6 Divinità romana, personificazione dell’abbondanza, identificata con la capra Amaltea e fornita del corno dell’abbondanza.
7 Moneta d’oro romana.
4
nonostante fosse ancora vivo il marito. Non sono attestati casi precedenti ad
esso.
Figura 2
Osservando la moneta attentamente possiamo notare alcuni dettagli: i capelli
di Agrippina sono raccolti in una treccia da cui si dipartono soltanto due
riccioli che rimangono liberamente sciolti sul suo collo. In capo è posta una
corona di spighe dalla quale pende un lungo laccio verso il basso.
Probabilmente si tratta dell’infula, ovvero di una benda di stoffa indossata
dalle sacerdotesse, essendo difatti Agrippina al tempo già Vestale8.
Medesima effigie, ma non più sul rovescio, bensì sul dritto, è
rappresentata su un sesterzio, collocabile nello stesso arco temporale della
moneta precedentemente analizzata. Differente è però la dicitura che
accompagna l’immagine: AGRIPPINA AUG GERMANICI F CAESARIS
AUG. Sul rovescio in questo caso è rappresentato il carpentum, carro
trainato da buoi: si trattava di un mezzo di trasporto privilegiato e riservato a
personaggi nobili e illustri.
Agrippina nel primo esempio di moneta appare come una seconda regnante,
affiancatasi al marito nella gestione del potere; ma già nel secondo tipo di
coniazione la donna compare sola a sottolineare come l’Impero, nonostante
ufficialmente fosse retto da Claudio, fosse ormai nelle sue mani. Era lei a
8 Sacerdotessa che faceva parte del collegio sacro addetto al culto della dea Vesta e alla custodia del fuoco sacro e del focolare domestico e pubblico, ossia della famiglia e dello stato.
5
gestirlo, donna scaltra e astuta che era riuscita addirittura a superare il
marito nell’esercizio del potere. E la moneta ne è una prova concreta. A
Roma circolavano monete interamente dedicate a lei a dimostrare il fatto
che tutto il popolo e persino le autorità riconoscessero il suo ruolo.
§ 3.4 Agrippina nella monetazione neroniana: dalla co-reggenza alla
damnatio memoriae
Una volta divenuto imperatore , Nerone dimostrò un certo ossequio nei
confronti della madre. Egli, ancora diciassettenne, accettò in un primo
momento di buon grado il sostegno di Agrippina. Quest’ultima fu una vera e
propria coreggente del figlio e tale appare nelle monete.
Figura 3
Estremamente significativa di questo rapporto di parità risulta essere la
scelta tipologica dei ritratti affrontati (54 d.C.). Assai emblematica è inoltre
l’iscrizione presente sul dritto ovvero AGRIPP AUG DIVI CLAUD
NERONIS CAES MATER la quale sembrerebbe, secondo alcuni studi,
dettata da scelte ideologiche ben precise: il primo termine della scritta,
Agrippina, e l’ultimo, mater, rappresentano rispettivamente il nome e il
ruolo del personaggio ed è significativo che siano contigui l’uno rispetto
all’altro, in virtù dell’andamento circolare della legenda. Il messaggio
espresso è ben chiaro: Agrippina è una donna estremamente autorevole in
quanto vedova dell’imperatore deificato Claudio e madre del nuovo
6
reggente Nerone. Le informazioni inerenti alla sua persona quindi sono
poste in primo piano e hanno la precedenza rispetto a quelle del figlio, le
quali effettivamente vengono registrate sul rovescio e quindi relegate a uno
spazio di secondaria importanza. Su questa faccia della moneta troviamo per
l’appunto inciso : NERONI CLAUD DIVI F CAES AUG GERM IMP TR
P. Ma vi è un’altra considerazione molto importante da fare in merito alle
iscrizioni contenute in questa moneta: la legenda dedicata ad Augusta è
interamente declinata al nominativo, mentre quella di Nerone è al dativo.
Ciò implica che, nonostante i busti siano rappresentati affrontati, è in realtà
Agrippina a dominare la scena e a prevaricare sul figlio al quale infatti è
lasciato spazio soltanto per una dedica (questo spiega il ricorso al caso
dativo). Ma questo tipo di moneta venne battuto solo per poche settimane.
Venne poi rimpiazzato da una nuova tipologia: la testa di Nerone è
sovrapposta a quella di Agrippina; il profilo di lei è quindi posto in secondo
piano. Inoltre il nome e il titolo di lui vengono collocati sul dritto (NERO
CLAUD DIVI F CAES AUG GERM IMP TR P COS), mentre quelli di lei
sono ora relegati sul rovescio (AGRIPP AUG DIVI CLAUD NERONIS
CAES MATER). Sempre su quest’ultimo lato è raffigurata una quadriga
trainata da elefanti, sulla quale vi sono due statue identificabili con Augusto
e Claudio divinizzati (Fig.4). Ancora in questa fase Agrippina governava
per conto del giovane ed inesperto Nerone.
Anche queste monete comunque vennero emesse solo per un breve periodo.
Figura 4
7
Dopodiché infatti Agrippina scomparve del tutto dal conio imperiale, dopo
esservi stata presente in maniera regolare e più o meno predominante a
partire dal 50 d.C. Questo accadde poiché Nerone, che pur inizialmente
promosse l’immagine della madre, risolse infine di cancellarla in quanto
diventata una presenza scomoda. Non è chiaro se l’iniziativa di limitare la
prominenza di Agrippina sia sorta spontaneamente da parte del giovane
imperatore o se sia giunta da parte dei suoi consiglieri Seneca e Burro. Resta
il fatto che il declino di Agrippina era un fatto inevitabile: in una società
dove le donne erano escluse dalle cariche pubbliche e generalmente viste
con diffidenza, la sua posizione non sarebbe potuta durare a lungo.
§ 3.5 Il caso dell’Agrippina orante nella statuaria antica
Sul colle Celio, a Roma, fu rinvenuta una statua (risalente al 54-55 d.C.)
raffigurante Agrippina orante in occasione di scavi iniziati in quest’area nel
corso dell’Ottocento per il progetto di costruzione dell’Ospedale militare.
La statua non era però pervenuta integra, ma estremamente frammentata
(sono stati recuperati ben 41 pezzi) e per di più acefala. Fondamentale fu la
brillante intuizione di Roberta Belli Pasqua che riconobbe la testa mancante
in quella di Agrippina Minore della Ny Carlsberg Glyptotek di Copenaghen,
di cui si ignorano però le circostanze del ritrovamento. La conferma
avvenne con il montaggio delle parti, perfettamente corrispondenti (Fig.5).
La scultura venne scoperta all’interno del muro di una grande abside,
propria di un santuario di Roma, probabilmente il tempio del divo Claudio.
L’opera è estremamente imponente, alta ben 212 cm, notevolmente al di
sopra di una statura naturale. E in effetti ciò che si vuole sottolineare è
l’aspetto divino e sacrale del personaggio. A conferire ulteriore dignità al
soggetto raffigurato è il materiale utilizzato: si tratta di grovacca, un raro e
prezioso materiale proveniente dall’Egitto.
L’imperatrice è rappresentata nella tipologia dell’orante - offerente:
entrambe le braccia sono piegate in avanti e sollevate verso l’alto in atto di
devozione e di preghiera. Inoltre ella indossa il velo che richiama il concetto
8
di pietas, ovvero
l’atteggiamento di rispetto e il
sentimento di amore rivolti
nei confronti del defunto
marito. Generalmente la
peculiare iconografia
dell’orante era riservata alle
donne della famiglia imperiale
alle quali era stata conferita
una specifica nomina
religiosa. E infatti ad Agrippina - già
Vestale onoraria per volontà di Caligola –
era stato conferito il massimo onore
sacerdotale da parte del Senato dopo la
morte di Claudio. E questo perché non
appena l’imperatore morì venne
divinizzato, sempre per volontà del
Senato. La moglie dunque divenne
officiante del collegio sacerdotale
formatosi per la venerazione del divus.
Il culto nato attorno alla figura di Claudio fu un fatto più che eccezionale,
dal momento che, prima di lui, soltanto Augusto aveva ricevuto simili onori.
Agrippina non era semplice sacerdotessa di tale culto, bensì flaminica,
motivo per il quale ella godeva di straordinarie prerogative come il farsi
accompagnare da due littori, i quali pubblicamente rappresentavano il suo
imperium9. Gli onori tributati ad Agrippina sono perfettamente in linea con
la politica di esaltazione della coppia imperiale e in generale dinastica
avviata da Claudio sin dalle nozze del 49 d.C. L’imperatore aveva voluto,
mediante la celebrazione pubblica della moglie perpetrata attraverso una
9 I littori erano ufficiali subalterni, generalmente liberti stipendiati, al servizio di sacerdoti, imperatrici e magistrati, dei quali rappresentavano pubblicamente l'imperium per mezzo dell'insegna del fascio, dalla quale quindi non potevano separarsi.
9
Figura 5
propaganda ben studiata, dare dignità anche a se stesso e legittimare la
propria reggenza agli occhi del popolo romano poiché egli era consapevole
del prestigio di cui la donna godeva in virtù della famiglia di appartenenza.
A testimonianza di tale autorevolezza è eloquente il messaggio espresso
dalla Gemma Claudia (Fig.6), prezioso cammeo donato ad Agrippina e
Claudio in occasione delle loro nozze: in essa sono rappresentate due
cornucopie, simbolo della prosperità e del benessere dell’Impero,
inquadranti l’aquila romana10 che rivolge il suo sguardo a sinistra, verso
l’imperatore Claudio. Proprio sul medesimo lato si trova anche la moglie
Agrippina, effigiata come le dee della fertilità
Tyche e Cerere, poiché porta sul capo la corona turrita e una ghirlanda di
papaveri e spighe. Simmetricamente sono posti i busti di Germanico e
Agrippina Maggiore, genitori di Agrippina Minore, anche loro adornati con
oggetti recanti una ben determinata ideologia: Germanico, così come
Claudio, porta in capo la corona di quercia11, mentre Agrippina Maggiore
l’elmo coronato di alloro, attributo della Virtus e il diadema imperiale. Lo
stesso gioiello ornamentale lo indossa anche l’Agrippina orante: esso era un
attributo proprio della donna di corte, ma Agrippina fu la prima ad essere
rappresentata in questo modo quando era ancora in vita.
§ 3.6 Altri ritrovamenti di statue di Agrippina Minore nelle province
dell’Impero
10 L'Aquila nella storia romana fu il simbolo della legione romana (e dell'esercito romano) dalla tarda età repubblicana fino alla fine dell'Impero, quale attributo sacro a Giove Capitolino.11 La corona di quercia (o corona civica) era una corona utilizzata come onorificenza della Repubblica e dell'Impero romano, spettante a chi avesse salvato la vita a un cittadino romano. L'ottenimento di questa corona era un grande onore, ed era conseguentemente regolato da condizioni restrittive:[5] per ottenere la corona il soldato doveva salvare un cittadino romano[6] in battaglia, uccidere il nemico e mantenere la posizione occupata fino alla fine della battaglia.
10
L’intento di promuovere una precisa immagine della famiglia imperiale,
ovvero quella di una dinastia sacra, foriera delle più elevate virtù morali e
pertanto legittimata nella reggenza, risulta evidente anche nelle province
dell’Impero. Il tempo non è riuscito a cancellare i segni di quella che fu una
propaganda mirata e assai incisiva, realizzata attraverso il ricorso ad
un’iconografia concernente la sfera del culto, del mito, del cerimoniale
religioso e civile. La comunicazione basata sulle immagini si rivelò, nella
sua immediatezza e semplicità di fruizione, una strategia vincente.
Non vi era un’area dell’Impero in cui il popolo non fosse a contatto con la
copiosa presenza di effigi, fortemente idealizzate e allegoriche, dei detentori
del potere. I sovrani letteralmente bombardavano i propri sudditi di
messaggi volti ad ottenere consensi ed appoggi.
Significativi a tale proposito furono i ritrovamenti archeologici avvenuti
negli scavi del 1979, presso Afrodisia, antica città dell’Asia Minore. Proprio
in quest’area vennero scoperti i resti del Sebasteion, un imponente edificio
dedicato al culto di Augusto. Oltre alle sue rovine, sono state rinvenute delle
statue raffiguranti
personaggi di spicco della
dinastia giulio-claudia.
Assai rilevante è il
bassorilievo, datato tra il 50
e il 54 d.C., con le figure
intere di Agrippina Minore
e Claudio (Fig.7). Attorno
alla coppia imperiale
aleggia un’aura eroica e
divina. Le scelte
iconografiche sottolineano
ciò: Claudio è seminudo,
come un divus e Agrippina,
11
Figura 7
portatrice di spighe di grano, è personificazione della dea Demetra12. Il gesto
che lega i due personaggi, la stretta di mano, è emblematico: esso
simboleggia la concordia e la lealtà esistente tra la coppia, garanzia di
sicurezza per una buon governo dello Stato. Alla luce della biografia di
Agrippina, risulta evidente che quanto espresso dal reperto sia ben lontano
dalla realtà. Il rapporto tra i due coniugi fu tutt’altro che pacifico. Tale
mistificazione rientra appunto nell’ottica della propaganda.
Affianco alla coppia imperiale appare una terza figura: si tratta di un corpo
togato ma acefalo, fatto che impedisce una precisa individuazione del
soggetto rappresentato. Lo storico Gradel reputa plausibile individuare in
questo terzo elemento l’incarnazione o del popolo romano o del Senato,
ovvero in un’unica figura di tutti coloro che hanno legittimato e quindi
permesso ad Agrippina e Claudio di regnare.
Un altro bassorilievo
proveniente dal medesimo
edificio è quello che vede
protagonisti Agrippina e
Nerone, datato 55 d.C. (Fig.8).
Il giovane princeps ci viene
presentato in abiti militari,
come un generale, fatto
alquanto particolare dal
momento che Nerone non
aveva alcuna esperienza
militare né molto interesse a
riguardo. In più la madre viene immortalata nell’atto di porre sul capo del
figlio una corona. Questa iconografia apertamente segnala
il ruolo che Agrippina ebbe nel permettere al figlio di acquisire le cariche 12 Antichissima divinità materna della Terra.
12
Figura 8
delle quali venne insignito. Nonostante questa fosse in effetti la vera storia
dietro l’ascesa politica di Nerone, è fatto alquanto eccezionale che questa
informazione venisse divulgata e diventasse di pubblico dominio. Questa
invero screditava Nerone, lo faceva apparire con un debole, privo di
iniziativa, vincolato nelle sue scelte dalla madre. Quest’immagine rischiava
di compromettere seriamente l’idea di autorevolezza che invece si addiceva
a un imperatore degno di tale nome. Di contro emergeva un’immagine
positiva di Agrippina: una donna abile, amorevole che si prodigava per il
bene del figlio e del popolo. Ella difatti, viene rappresentata oltre che
recante la corona con cui cinge il capo del figlio, anche una cornucopia,
come già visto, simbolo di prosperità e abbondanza.
Affianco all’immagine dell’Agrippina donna di potere, moglie e madre di
imperatori, anche nell’ambito delle province viene promossa l’effigie di
Agrippina sacerdotessa. Oltre alla sfera politica infatti Agrippina curava
anche quella religiosa.
Nell’area dell’Altis, antico recinto sacro situato a Olimpia, in Grecia, è stata
ritrovata una statua di Agrippina annoverabile nella tipologia dell’orante
(Fig.9).
Ma questa statua, rispetto a quella analoga ritrovata sul colle Celio a Roma,
potrebbe essere cronologicamente
anteriore, collocabile in un periodo
precedente al matrimonio con Claudio13.
La donna infatti non indossa il diadema,
attributo delle imperatrici romane. Porta
però in capo un velo (anziché l’infula) ed
è rappresentata come officiante se non del
culto del marito, di qualche altra divinità
locale.
13 Riporto l’ipotesi di Mette Moltesen contenuta in “Agrippina Minor in the MonteMartini: the statue type”.
13
Figura 9
§ 3.7 Conclusione
Il ritratto iconografico di Agrippina, sulla base dei reperti analizzati,
risulta duplice: la donna appare sia nelle vesti di imperatrice sia di
sacerdotessa. Da un lato risulta una donna forte, saggia, decisa e abile,
fondamentale guida dello Stato; dall’altro una donna devota, rispettosa,
amorevole e fedele, quindi portatrice delle somme virtù romane.
Certamente questa figura impeccabile era tutt’altro che fedele alla realtà.
Agrippina, finché mantenne il potere, riuscì a controllare il modo in cui
veniva pubblicamente rappresentata: le statue e le monete che la ritraevano
avrebbero creato l’idea e l’opinione che il popolo avrebbe avuto di lei,
quindi non potevano non riprodurre un’immagine marcatamente idealizzata
e totalmente positiva.
Agrippina venne assurta come exemplum di sorella virtuosa, di moglie
fedele e leale, di madre amorevole e protettiva. Pur non potendo sapere con
certezza quanto l’immagine divulgata si discostasse dalla verità, resta il fatto
che essa sembrò essere assai comoda sia ad Agrippina stessa, la quale
veniva in tal modo nobilitata, sia agli imperatori Caligola, Claudio e
Nerone, i quali variamente sfruttarono il prestigio della donna a proprio
vantaggio, chi per conservare chi per assumere la massima carica dello
Stato.
14