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§ 3.1 Premessa Con l’avvento del nuovo regime imperiale divenne fondamentale non soltanto definire il ruolo del princeps, ma anche chiarire quali fossero lo status e le funzioni delle figure femminili a lui legate. Numerosi furono i privilegi e gli onori riconosciuti alle donne della domus con lo scopo di creare e diffondere una loro ben precisa immagine pubblica. Questo perché, concetto fondamentale nella tradizione romana, era quello di famiglia e tale continuava ad essere: non a caso Augusto, aveva promosso una legislazione finalizzata ad una rigenerazione sociale e morale, nonché al ripristino degli antichi valori del mos maiorum. L’imperatore era sì al vertice dello Stato ma, con la nuova politica del potere ereditario, diventava altresì fondamentale la moglie che lo affiancava, madre del suo futuro successore al trono. Era la donna a permettere che vi fosse continuità generazionale e che non venisse interrotta la divina discendenza imperiale. In linea con la prospettiva di esaltare e celebrare l’intero nucleo familiare del princeps erano le numerose rappresentazioni iconografiche presenti non solo nell’Urbs ma disseminate in tutti i 1

3. Il Ritratto Iconografico Di Agrippina

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Page 1: 3. Il Ritratto Iconografico Di Agrippina

§ 3.1 Premessa

Con l’avvento del nuovo regime imperiale divenne fondamentale non

soltanto definire il ruolo del princeps, ma anche chiarire quali fossero lo

status e le funzioni delle figure femminili a lui legate.

Numerosi furono i privilegi e gli onori riconosciuti alle donne della domus

con lo scopo di creare e diffondere una loro ben precisa immagine pubblica.

Questo perché, concetto fondamentale nella tradizione romana, era quello di

famiglia e tale continuava ad essere: non a caso Augusto, aveva promosso

una legislazione finalizzata ad una rigenerazione sociale e morale, nonché al

ripristino degli antichi valori del mos maiorum.

L’imperatore era sì al vertice dello Stato ma, con la nuova politica del

potere ereditario, diventava altresì fondamentale la moglie che lo affiancava,

madre del suo futuro successore al trono.

Era la donna a permettere che vi fosse continuità generazionale e che non

venisse interrotta la divina discendenza imperiale.

In linea con la prospettiva di esaltare e celebrare l’intero nucleo familiare

del princeps erano le numerose rappresentazioni iconografiche presenti non

solo nell’Urbs ma disseminate in tutti i possedimenti facenti parte

dell’Impero. Esse erano l’espressione tangibile della posizione prestigiosa e

di riguardo dei membri della famiglia imperiale.

Nel seguente capitolo, mio intento è quello di fornire un ulteriore ritratto

di Agrippina, diverso da quello tramandato dalla storiografia antica o da

quello che lei stessa aveva tentato di lasciare ai posteri attraverso la stesura

di un libro di memorie.

In questo caso quella che emerge è l’immagine “ufficiale” del personaggio,

ossia quella che di lei voleva essere promossa e diffusa, probabilmente non

corrispondente alla realtà.

Interessante a tale proposito è la tesi di Ittai Gradel contenuta in “Agrippina

1

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Life and Legend”1. Lo scrittore riflette sull’episodio tramandatoci dalle fonti

classiche dell’attentato ai danni di Agrippina svoltosi a Baia: gli assassini

non avrebbero riconosciuto l’imperatrice, colpendo infatti mortalmente la

sua compagna di navigazione Acerronia. Le identità delle due donne

vennero scambiate. Gradel si chiede come questo sia stato possibile dal

momento che l’immagine di Agrippina era di pubblico dominio in quanto

veicolata da monete e statue all’interno di tutto l’Impero.

Ciò avvalora la supposizione secondo la quale l’immagine pubblica del

personaggio non corrispondesse all’originale poiché, se così non fosse,

l’episodio inerente ad Acerronia non troverebbe giustificazioni valide.

E’ dunque molto probabile che quanto pervenutoci di Agrippina sia

un’immagine fasulla. Dai reperti di natura numismatica e statuaria risulta

infatti un’immagine volutamente idealizzata, fortemente celebrativa e

fittizia.

E non è un caso quindi che, in virtù di una politica basata sulla ricerca di

legittimazione e consensi e su mirate operazioni propagandistiche,

Agrippina abbia potuto, anche da sé, nobilitare liberamente la propria

persona mediante apparizioni pubbliche ben studiate e concertate, delle vere

e proprie esaltazioni della magnificenza da lei rappresentata sia in quanto

discendente di avi insigni, sia in quanto moglie del princeps e Augusta:

Agrippina innalzava anche il prestigio proprio: si recava in Campidoglio sopra un cocchio di cerimonia, onore concesso in antico ai sacerdoti ed alle immagini degli dèi. Ciò accresceva il rispetto verso la donna, che, nata da un comandante supremo, era stata sorella e consorte e madre di uomini saliti al sommo della potenza2.

1 Gradel I., Agrippina life and legend, in MOLTENSEN M. – NIELSEN A.M. (curr.), Agrippina Minor. Life and Afterlife, Copenaghen, 20072 Tacito, Annales, XII, 42, 2.

2

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§ 3.2 L’effigie di Agrippina nella monetazione dell’età di Gaio

Al tempo del principato di Caligola la zecca di Roma emise, per volontà

dell’imperatore, un sesterzio3 raffigurante sul rovescio le tre sorelle

Agrippina, Drusilla e Giulia Livilla presentate come le tre Grazie4 (Fig.1).

L’emissione in oggetto venne coniata nel 37-38 d.C.

Figura 1

Si tratta di una moneta non comune: uno dei primi casi in cui delle donne

ancora in vita venivano esplicitamente nominate e rappresentate su

un'emissione ufficiale coniata nella capitale. Anche la presenza di figure

intere nella moneta costituisce una peculiarità poiché generalmente

venivano raffigurati solo dei busti.

Tutte e tre le sorelle sono dotate di cornucopia5: esso era un attributo proprio

3 Il sesterzio era una moneta utilizzata nell’antica Roma il cui nome derivava da quello che era il suo valore originale: in latino semis-tertius significa « metà del terzo » e infatti inizialmente tale moneta valeva 2 assi e mezzo. Era realizzato in argento durante la repubblica. Quando divenne l’unità monetaria dell’età imperiale venne coniato in oricalco, una lega simile all'ottone.

4 Divinità della bellezza legate al culto della natura e della gioia data dalla contemplazione di essa.5 La cornucopia è il corno dell’abbondanza, l’emblema della fertilità e del complesso di beni necessari alla vita umana. La leggenda voleva che essendosi spezzato uno dei corni della capra Amaltea che nutriva il piccolo Giove, il corno fosse riempito di frutti, circondato di fronde, e donato da Giove alle ninfe. Per i Romani essa acquistò un'importanza di primo piano ed era solita essere raffigurata come attributo di divinità allegoriche cui si attribuisse un senso o un augurio di prosperità, di fertilità e anche di felicità pubblica.

3

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di molte divinità benefiche - in primis di Copia6- e simbolo dell’abbondanza

e della prosperità. Ognuna delle tre è poi ulteriormente caratterizzata da un

secondo elemento: nel caso di Agrippina Minore, l’oggetto della nostra

trattazione, essa appare appoggiata ad una colonna, tiene le gambe

incrociate e ha una posizione rilassata.

In lei riconosciamo la Securitas, dea romana, personificazione di uno stato

di quiete e privo di preoccupazioni, allegoricamente la sicurezza propria

dell’Impero. Con tale moneta quindi Caligola innanzitutto onora le sue

sorelle e in secondo luogo vuole creare una ben precisa immagine della sua

famiglia. Ciò appare coerente con il tentativo messo in atto dal princeps di

conferire al governo romano una forte impronta teocratica, sulla base del

modello delle monarchie ellenistiche.

Agrippina in particolare, non solo incarna l’ideale di donna feconda ma

rappresenta anche un punto saldo negli equilibri politici del principato.

Di lì a poco però essa verrà condannata all’esilio dallo stesso fratello il

quale aveva visto in lei una complice nella congiura ordita a sue spese.

§ 3.3 Agrippina e Claudio nelle monete: la moglie imperatrice

Negli ultimi quattro anni di vita di Claudio (50-54 d.C.), la moglie

Agrippina compare regolarmente nel conio ufficiale, sia nelle monete in oro

sia in quelle in argento. A tale periodo risale un aureo7 il quale presenta sul

dritto la testa laureata dell’imperatore accompagnata dalla legenda TI

CLAUD CAESAR AUG GERM P M TRIB POT PP, mentre sul rovescio il

busto di Agrippina racchiuso dalla scritta AGRIPPINAE AUGUSTAE

(Fig.2). La donna di fatti nel 50 d.C. era stata insignita del titolo onorifico di

Augusta da parte del Claudio. L’iscrizione conferma l’eccezionalità

dell’evento, un unicum nella storia: Agrippina fu la prima a ricevere il titolo

6 Divinità romana, personificazione dell’abbondanza, identificata con la capra Amaltea e fornita del corno dell’abbondanza.

7 Moneta d’oro romana.

4

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nonostante fosse ancora vivo il marito. Non sono attestati casi precedenti ad

esso.

Figura 2

Osservando la moneta attentamente possiamo notare alcuni dettagli: i capelli

di Agrippina sono raccolti in una treccia da cui si dipartono soltanto due

riccioli che rimangono liberamente sciolti sul suo collo. In capo è posta una

corona di spighe dalla quale pende un lungo laccio verso il basso.

Probabilmente si tratta dell’infula, ovvero di una benda di stoffa indossata

dalle sacerdotesse, essendo difatti Agrippina al tempo già Vestale8.

Medesima effigie, ma non più sul rovescio, bensì sul dritto, è

rappresentata su un sesterzio, collocabile nello stesso arco temporale della

moneta precedentemente analizzata. Differente è però la dicitura che

accompagna l’immagine: AGRIPPINA AUG GERMANICI F CAESARIS

AUG. Sul rovescio in questo caso è rappresentato il carpentum, carro

trainato da buoi: si trattava di un mezzo di trasporto privilegiato e riservato a

personaggi nobili e illustri.

Agrippina nel primo esempio di moneta appare come una seconda regnante,

affiancatasi al marito nella gestione del potere; ma già nel secondo tipo di

coniazione la donna compare sola a sottolineare come l’Impero, nonostante

ufficialmente fosse retto da Claudio, fosse ormai nelle sue mani. Era lei a

8 Sacerdotessa che faceva parte del collegio sacro addetto al culto della dea Vesta e alla custodia del fuoco sacro e del focolare domestico e pubblico, ossia della famiglia e dello stato.

5

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gestirlo, donna scaltra e astuta che era riuscita addirittura a superare il

marito nell’esercizio del potere. E la moneta ne è una prova concreta. A

Roma circolavano monete interamente dedicate a lei a dimostrare il fatto

che tutto il popolo e persino le autorità riconoscessero il suo ruolo.

§ 3.4 Agrippina nella monetazione neroniana: dalla co-reggenza alla

damnatio memoriae

Una volta divenuto imperatore , Nerone dimostrò un certo ossequio nei

confronti della madre. Egli, ancora diciassettenne, accettò in un primo

momento di buon grado il sostegno di Agrippina. Quest’ultima fu una vera e

propria coreggente del figlio e tale appare nelle monete.

Figura 3

Estremamente significativa di questo rapporto di parità risulta essere la

scelta tipologica dei ritratti affrontati (54 d.C.). Assai emblematica è inoltre

l’iscrizione presente sul dritto ovvero AGRIPP AUG DIVI CLAUD

NERONIS CAES MATER la quale sembrerebbe, secondo alcuni studi,

dettata da scelte ideologiche ben precise: il primo termine della scritta,

Agrippina, e l’ultimo, mater, rappresentano rispettivamente il nome e il

ruolo del personaggio ed è significativo che siano contigui l’uno rispetto

all’altro, in virtù dell’andamento circolare della legenda. Il messaggio

espresso è ben chiaro: Agrippina è una donna estremamente autorevole in

quanto vedova dell’imperatore deificato Claudio e madre del nuovo

6

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reggente Nerone. Le informazioni inerenti alla sua persona quindi sono

poste in primo piano e hanno la precedenza rispetto a quelle del figlio, le

quali effettivamente vengono registrate sul rovescio e quindi relegate a uno

spazio di secondaria importanza. Su questa faccia della moneta troviamo per

l’appunto inciso : NERONI CLAUD DIVI F CAES AUG GERM IMP TR

P. Ma vi è un’altra considerazione molto importante da fare in merito alle

iscrizioni contenute in questa moneta: la legenda dedicata ad Augusta è

interamente declinata al nominativo, mentre quella di Nerone è al dativo.

Ciò implica che, nonostante i busti siano rappresentati affrontati, è in realtà

Agrippina a dominare la scena e a prevaricare sul figlio al quale infatti è

lasciato spazio soltanto per una dedica (questo spiega il ricorso al caso

dativo). Ma questo tipo di moneta venne battuto solo per poche settimane.

Venne poi rimpiazzato da una nuova tipologia: la testa di Nerone è

sovrapposta a quella di Agrippina; il profilo di lei è quindi posto in secondo

piano. Inoltre il nome e il titolo di lui vengono collocati sul dritto (NERO

CLAUD DIVI F CAES AUG GERM IMP TR P COS), mentre quelli di lei

sono ora relegati sul rovescio (AGRIPP AUG DIVI CLAUD NERONIS

CAES MATER). Sempre su quest’ultimo lato è raffigurata una quadriga

trainata da elefanti, sulla quale vi sono due statue identificabili con Augusto

e Claudio divinizzati (Fig.4). Ancora in questa fase Agrippina governava

per conto del giovane ed inesperto Nerone.

Anche queste monete comunque vennero emesse solo per un breve periodo.

Figura 4

7

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Dopodiché infatti Agrippina scomparve del tutto dal conio imperiale, dopo

esservi stata presente in maniera regolare e più o meno predominante a

partire dal 50 d.C. Questo accadde poiché Nerone, che pur inizialmente

promosse l’immagine della madre, risolse infine di cancellarla in quanto

diventata una presenza scomoda. Non è chiaro se l’iniziativa di limitare la

prominenza di Agrippina sia sorta spontaneamente da parte del giovane

imperatore o se sia giunta da parte dei suoi consiglieri Seneca e Burro. Resta

il fatto che il declino di Agrippina era un fatto inevitabile: in una società

dove le donne erano escluse dalle cariche pubbliche e generalmente viste

con diffidenza, la sua posizione non sarebbe potuta durare a lungo.

§ 3.5 Il caso dell’Agrippina orante nella statuaria antica

Sul colle Celio, a Roma, fu rinvenuta una statua (risalente al 54-55 d.C.)

raffigurante Agrippina orante in occasione di scavi iniziati in quest’area nel

corso dell’Ottocento per il progetto di costruzione dell’Ospedale militare.

La statua non era però pervenuta integra, ma estremamente frammentata

(sono stati recuperati ben 41 pezzi) e per di più acefala. Fondamentale fu la

brillante intuizione di Roberta Belli Pasqua che riconobbe la testa mancante

in quella di Agrippina Minore della Ny Carlsberg Glyptotek di Copenaghen,

di cui si ignorano però le circostanze del ritrovamento. La conferma

avvenne con il montaggio delle parti, perfettamente corrispondenti (Fig.5).

La scultura venne scoperta all’interno del muro di una grande abside,

propria di un santuario di Roma, probabilmente il tempio del divo Claudio.

L’opera è estremamente imponente, alta ben 212 cm, notevolmente al di

sopra di una statura naturale. E in effetti ciò che si vuole sottolineare è

l’aspetto divino e sacrale del personaggio. A conferire ulteriore dignità al

soggetto raffigurato è il materiale utilizzato: si tratta di grovacca, un raro e

prezioso materiale proveniente dall’Egitto.

L’imperatrice è rappresentata nella tipologia dell’orante - offerente:

entrambe le braccia sono piegate in avanti e sollevate verso l’alto in atto di

devozione e di preghiera. Inoltre ella indossa il velo che richiama il concetto

8

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di pietas, ovvero

l’atteggiamento di rispetto e il

sentimento di amore rivolti

nei confronti del defunto

marito. Generalmente la

peculiare iconografia

dell’orante era riservata alle

donne della famiglia imperiale

alle quali era stata conferita

una specifica nomina

religiosa. E infatti ad Agrippina - già

Vestale onoraria per volontà di Caligola –

era stato conferito il massimo onore

sacerdotale da parte del Senato dopo la

morte di Claudio. E questo perché non

appena l’imperatore morì venne

divinizzato, sempre per volontà del

Senato. La moglie dunque divenne

officiante del collegio sacerdotale

formatosi per la venerazione del divus.

Il culto nato attorno alla figura di Claudio fu un fatto più che eccezionale,

dal momento che, prima di lui, soltanto Augusto aveva ricevuto simili onori.

Agrippina non era semplice sacerdotessa di tale culto, bensì flaminica,

motivo per il quale ella godeva di straordinarie prerogative come il farsi

accompagnare da due littori, i quali pubblicamente rappresentavano il suo

imperium9. Gli onori tributati ad Agrippina sono perfettamente in linea con

la politica di esaltazione della coppia imperiale e in generale dinastica

avviata da Claudio sin dalle nozze del 49 d.C. L’imperatore aveva voluto,

mediante la celebrazione pubblica della moglie perpetrata attraverso una

9 I littori erano ufficiali subalterni, generalmente liberti stipendiati, al servizio di sacerdoti, imperatrici e magistrati, dei quali rappresentavano pubblicamente l'imperium per mezzo dell'insegna del fascio, dalla quale quindi non potevano separarsi.

9

Figura 5

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propaganda ben studiata, dare dignità anche a se stesso e legittimare la

propria reggenza agli occhi del popolo romano poiché egli era consapevole

del prestigio di cui la donna godeva in virtù della famiglia di appartenenza.

A testimonianza di tale autorevolezza è eloquente il messaggio espresso

dalla Gemma Claudia (Fig.6), prezioso cammeo donato ad Agrippina e

Claudio in occasione delle loro nozze: in essa sono rappresentate due

cornucopie, simbolo della prosperità e del benessere dell’Impero,

inquadranti l’aquila romana10 che rivolge il suo sguardo a sinistra, verso

l’imperatore Claudio. Proprio sul medesimo lato si trova anche la moglie

Agrippina, effigiata come le dee della fertilità

Tyche e Cerere, poiché porta sul capo la corona turrita e una ghirlanda di

papaveri e spighe. Simmetricamente sono posti i busti di Germanico e

Agrippina Maggiore, genitori di Agrippina Minore, anche loro adornati con

oggetti recanti una ben determinata ideologia: Germanico, così come

Claudio, porta in capo la corona di quercia11, mentre Agrippina Maggiore

l’elmo coronato di alloro, attributo della Virtus e il diadema imperiale. Lo

stesso gioiello ornamentale lo indossa anche l’Agrippina orante: esso era un

attributo proprio della donna di corte, ma Agrippina fu la prima ad essere

rappresentata in questo modo quando era ancora in vita.

§ 3.6 Altri ritrovamenti di statue di Agrippina Minore nelle province

dell’Impero

10 L'Aquila nella storia romana fu il simbolo della legione romana (e dell'esercito romano) dalla tarda età repubblicana fino alla fine dell'Impero, quale attributo sacro a Giove Capitolino.11 La corona di quercia (o corona civica) era una corona utilizzata come onorificenza della Repubblica e dell'Impero romano, spettante a chi avesse salvato la vita a un cittadino romano. L'ottenimento di questa corona era un grande onore, ed era conseguentemente regolato da condizioni restrittive:[5] per ottenere la corona il soldato doveva salvare un cittadino romano[6] in battaglia, uccidere il nemico e mantenere la posizione occupata fino alla fine della battaglia.

10

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L’intento di promuovere una precisa immagine della famiglia imperiale,

ovvero quella di una dinastia sacra, foriera delle più elevate virtù morali e

pertanto legittimata nella reggenza, risulta evidente anche nelle province

dell’Impero. Il tempo non è riuscito a cancellare i segni di quella che fu una

propaganda mirata e assai incisiva, realizzata attraverso il ricorso ad

un’iconografia concernente la sfera del culto, del mito, del cerimoniale

religioso e civile. La comunicazione basata sulle immagini si rivelò, nella

sua immediatezza e semplicità di fruizione, una strategia vincente.

Non vi era un’area dell’Impero in cui il popolo non fosse a contatto con la

copiosa presenza di effigi, fortemente idealizzate e allegoriche, dei detentori

del potere. I sovrani letteralmente bombardavano i propri sudditi di

messaggi volti ad ottenere consensi ed appoggi.

Significativi a tale proposito furono i ritrovamenti archeologici avvenuti

negli scavi del 1979, presso Afrodisia, antica città dell’Asia Minore. Proprio

in quest’area vennero scoperti i resti del Sebasteion, un imponente edificio

dedicato al culto di Augusto. Oltre alle sue rovine, sono state rinvenute delle

statue raffiguranti

personaggi di spicco della

dinastia giulio-claudia.

Assai rilevante è il

bassorilievo, datato tra il 50

e il 54 d.C., con le figure

intere di Agrippina Minore

e Claudio (Fig.7). Attorno

alla coppia imperiale

aleggia un’aura eroica e

divina. Le scelte

iconografiche sottolineano

ciò: Claudio è seminudo,

come un divus e Agrippina,

11

Figura 7

Page 12: 3. Il Ritratto Iconografico Di Agrippina

portatrice di spighe di grano, è personificazione della dea Demetra12. Il gesto

che lega i due personaggi, la stretta di mano, è emblematico: esso

simboleggia la concordia e la lealtà esistente tra la coppia, garanzia di

sicurezza per una buon governo dello Stato. Alla luce della biografia di

Agrippina, risulta evidente che quanto espresso dal reperto sia ben lontano

dalla realtà. Il rapporto tra i due coniugi fu tutt’altro che pacifico. Tale

mistificazione rientra appunto nell’ottica della propaganda.

Affianco alla coppia imperiale appare una terza figura: si tratta di un corpo

togato ma acefalo, fatto che impedisce una precisa individuazione del

soggetto rappresentato. Lo storico Gradel reputa plausibile individuare in

questo terzo elemento l’incarnazione o del popolo romano o del Senato,

ovvero in un’unica figura di tutti coloro che hanno legittimato e quindi

permesso ad Agrippina e Claudio di regnare.

Un altro bassorilievo

proveniente dal medesimo

edificio è quello che vede

protagonisti Agrippina e

Nerone, datato 55 d.C. (Fig.8).

Il giovane princeps ci viene

presentato in abiti militari,

come un generale, fatto

alquanto particolare dal

momento che Nerone non

aveva alcuna esperienza

militare né molto interesse a

riguardo. In più la madre viene immortalata nell’atto di porre sul capo del

figlio una corona. Questa iconografia apertamente segnala

il ruolo che Agrippina ebbe nel permettere al figlio di acquisire le cariche 12 Antichissima divinità materna della Terra.

12

Figura 8

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delle quali venne insignito. Nonostante questa fosse in effetti la vera storia

dietro l’ascesa politica di Nerone, è fatto alquanto eccezionale che questa

informazione venisse divulgata e diventasse di pubblico dominio. Questa

invero screditava Nerone, lo faceva apparire con un debole, privo di

iniziativa, vincolato nelle sue scelte dalla madre. Quest’immagine rischiava

di compromettere seriamente l’idea di autorevolezza che invece si addiceva

a un imperatore degno di tale nome. Di contro emergeva un’immagine

positiva di Agrippina: una donna abile, amorevole che si prodigava per il

bene del figlio e del popolo. Ella difatti, viene rappresentata oltre che

recante la corona con cui cinge il capo del figlio, anche una cornucopia,

come già visto, simbolo di prosperità e abbondanza.

Affianco all’immagine dell’Agrippina donna di potere, moglie e madre di

imperatori, anche nell’ambito delle province viene promossa l’effigie di

Agrippina sacerdotessa. Oltre alla sfera politica infatti Agrippina curava

anche quella religiosa.

Nell’area dell’Altis, antico recinto sacro situato a Olimpia, in Grecia, è stata

ritrovata una statua di Agrippina annoverabile nella tipologia dell’orante

(Fig.9).

Ma questa statua, rispetto a quella analoga ritrovata sul colle Celio a Roma,

potrebbe essere cronologicamente

anteriore, collocabile in un periodo

precedente al matrimonio con Claudio13.

La donna infatti non indossa il diadema,

attributo delle imperatrici romane. Porta

però in capo un velo (anziché l’infula) ed

è rappresentata come officiante se non del

culto del marito, di qualche altra divinità

locale.

13 Riporto l’ipotesi di Mette Moltesen contenuta in “Agrippina Minor in the MonteMartini: the statue type”.

13

Figura 9

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§ 3.7 Conclusione

Il ritratto iconografico di Agrippina, sulla base dei reperti analizzati,

risulta duplice: la donna appare sia nelle vesti di imperatrice sia di

sacerdotessa. Da un lato risulta una donna forte, saggia, decisa e abile,

fondamentale guida dello Stato; dall’altro una donna devota, rispettosa,

amorevole e fedele, quindi portatrice delle somme virtù romane.

Certamente questa figura impeccabile era tutt’altro che fedele alla realtà.

Agrippina, finché mantenne il potere, riuscì a controllare il modo in cui

veniva pubblicamente rappresentata: le statue e le monete che la ritraevano

avrebbero creato l’idea e l’opinione che il popolo avrebbe avuto di lei,

quindi non potevano non riprodurre un’immagine marcatamente idealizzata

e totalmente positiva.

Agrippina venne assurta come exemplum di sorella virtuosa, di moglie

fedele e leale, di madre amorevole e protettiva. Pur non potendo sapere con

certezza quanto l’immagine divulgata si discostasse dalla verità, resta il fatto

che essa sembrò essere assai comoda sia ad Agrippina stessa, la quale

veniva in tal modo nobilitata, sia agli imperatori Caligola, Claudio e

Nerone, i quali variamente sfruttarono il prestigio della donna a proprio

vantaggio, chi per conservare chi per assumere la massima carica dello

Stato.

14