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3 SETTEMBRE-DICEMBRE - Cassa Forense

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Page 1: 3 SETTEMBRE-DICEMBRE - Cassa Forense

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Page 3: 3 SETTEMBRE-DICEMBRE - Cassa Forense

SOMMARIO

193

EDITORIALE

195 I nuovi istituti di welfare attivo ................................................... di Nunzio Luciano

PREVIDENZA

196 Ricongiunzione, totalizzazione e cumulo: analogie e differenze ..................................................................... di Michele Proietti

201 La tutela previdenziale dei magistrati onorari .............................. di Paola Ilarioni

203 La tutela pensionistica nel pubblico impiego tra armonizzazione e spending review ............................... di Pasquale Passalacqua

208 La “portata” della privatizzazione delle casse previdenziali dei liberi professionisti............................... di Guido Canavesi

212 Le prestazioni previdenziali per i liberi professionisti ......................................................... di Monica Napolitano

216 La solidarietà nelle prestazioni erogate dalle Casse di previdenza ex d.lgs. n. 103 del 1996 .................... di Alessandro Giuliani

220 La costituzione del rapporto previdenziale dei liberi professionisti ........................................................................ di Davide Losi

224 Salute al Top… .................................................................... di Immacolata Troianiello

226 Rilevanza processuale del ricorso in sede amministrativa ........................................ di Marcello Bella e Sabrina Salvati

228 “Abolizione” del contributo integrativo minimo ............. di Divinangelo D’Alesio

230 Avvocati senza frontiere .................................................................. di Debora Felici

AVVOCATURA

233 La tipizzazione degli illeciti disciplinari (la storia e il codice deontologico) ................................................. di Remo Danovi

239 Brevi note sulle società tra avvocati .......................................... di Michele Salazar

242 Le società tra avvocati: una nuova chance per i professionisti o per gli imprenditori? ..................................... di Giorgio Azzalini

244 Di alcuni problemi passati e recenti dell’Avvocatura ............... di Roberto Aloisio

248 Minori e Social Media ....................................................................... di Rita Perchiazzi

250 Un anno di giurisprudenza “PCT” della Suprema Corte ........... di Maurizio Reale

257 Il ruolo dell’avvocato nell’era delle tecnologie digitali di comunicazione ................................................................ di Donatella Cerè

259 Equo compenso, the never ending story ............................ di Domenico Monterisi

265 Genericità estrinseca ed intrinseca dei motivi al vaglio delle Sezioni Unite ....................................................... di Clotilde Criscuolo

268 Chi ha paura del “semplificato”? Sul senso del processo civile, e sullo sterile balletto dei riti ...................................................... di Dario Seminara

GIURISPRUDENZA

272 Corte di Cassazione, Sezione Lavoro 16 Novembre 2017, n. 27224 ........................ di Marcello Bella e Ludovica Dickmann

275 Corte di Appello di Milano, Sezione Lavoro 6 Luglio 2017, n. 1303 .................................. di Marcello Bella e Ludovica Dickmann

RECENSIONI

280 Giovanni Ziccardi-Pierluigi Perri Tecnologia e diritto. Fondamenti d’informatica per il giurista, Giuffrè, Milano 2017 ... a cura di Leonardo Carbone

281 Guido Canavesi, La previdenza dei liberi professionisti dalla privatizzazione alla riforma Fornero, Giappichelli, Torino 2017 ........ a cura di Leonardo Carbone

282 INDICE ANNUALE ANNO 2017 ........................... a cura di Leonardo Carbone

Comitato di Redazione“La Previdenza Forense”

Presidente:Avv. Nunzio Luciano

Direttore Onorario:Avv. Dario Donella

Direttore Responsabile:Avv. Leonardo Carbone

Consiglieri di rappresentanza:Avv. Giuseppe La Rosa Monaco

Avv. Immacolata Troianiello

Componenti:Avv. Manuela BacciAvv. Donatella CerèAvv. Divinangelo D’AlesioAvv. Michelina GrilloAvv. Ida GrimaldiAvv. Dario LolliAvv. Domenico MonterisiAvv. Beniamino PalamoneAvv. Salvatore SpanoAvv. Valeriano Vasarri

Direzione e Redazione:Via Ennio Quirino Visconti, 8

00193 Roma

tel. 06/36205665 fax 06/36212901

Editore:Cassa Nazionale di Previdenzae Assistenza Forense

Via Ennio Quirino Visconti, 800193 Roma

Segreteria del Comitatodi Redazione:Dott.ssa Franca Martellonetel. 06 36205271

Registrazione del Tribunale di Roma18.4.1978 n. 17230Tiratura 63.000 copieISSN 1827-7373

Pubblicitàa cura di Cassa Forense

Stampa Arti Grafiche Boccia S.p.AVia Tiberio Claudio Felice, 7

84131 Salerno

Numero chiuso in redazione il mese di

dicembre 2017

Finito di stampare il mese di gennaio 2018

Poste Italiane S.p.A. - Spedizione

in Abbonamento postale - 70%

Aut. GIPA/C/PD/i7/2012

In copertina:

Basilica della Santa Casa di Loreto (AN)

3 ⁄ 2017(settembre-dicembre)

Page 4: 3 SETTEMBRE-DICEMBRE - Cassa Forense

LA PREVIDENZA FORENSE

Poche ore prima di andare in stampa, siamo stati rag-giunti dalla triste notizia della scomparsa di Mauriziode Tilla.Difficile tracciare il ricordo di un uomo poliedrico etanto istrione come Maurizio.È stato un grande Avvocato, fine giurista, appassionatoprotagonista della politica forense. La sua strada nelmondo della politica forense è iniziata al Consigliodell’Ordine Forense di Napoli, dove, dopo essere statoeletto come consigliere nel 1976, ha successivamente ri-coperto la carica di segretario nel biennio 1984/1985 edi Presidente nel biennio 1992/1993.Ha presieduto la Cassa Forense dal 1997 al 2007, ren-dendosi protagonista e artefice della rivoluzione infor-matica e telematica della stessa; ha avuto idee ed intui-zioni sempre all’avanguardia, quali ad esempio la “crea-zione” della polizza sanitaria per tutti gli iscritti alla Cas-sa Forense ed ai loro familiari, e la polizza per la respon-sabilità civile in un periodo in cui nessuno ne parlava.È stato anche al vertice della Federazione degli OrdiniForensi d’Europa, e dal 1998 al 2010 dell’Adepp (Asso-ciazione degli Enti previdenziali dei professionisti ita-liani), intuendo l’importanza dell’associazionismo nelmondo delle Casse di previdenza dei liberi professioni-sti; per ultimo la “creazione” dell’A.N.A.I. (associazionenazionale avvocati italiani).Intensa anche l’attività politico-forense alla guida del-l’Organismo Unitario dell’Avvocatura  dal 2008 al 2012;resteranno indimenticabili le sue battaglie contro il de-creto Bersani e la media conciliazione, quest’ultima cul-minata con la dichiarazione di incostituzionalità pro-nunciata dalla Consulta. I suoi saggi giuridici in tema di condominio e diritto im-mobiliare restano un prezioso punto di riferimento. Impegnato nel sociale, è stato autore con il Prof. Umber-to Veronesi, di cui era amico, e con Lucio Militerni, ditesti sul tema del fine vita, del testamento biologico esulle cellule staminali.Ricorderemo sempre il suo sorriso, la sua umanità e lapassione con cui ha vissuto in prima linea a tutela dellaprofessione che ha tanto amato.

Ciao Maurizio

194 A metà estate è venuto a mancare Marco Ubertini, avvo-cato del Foro di Verbania, Consigliere dell’Ordine degliAvvocati di Verbania dal 1976 al 1989 e Presidente dal1994 al 2000.Delegato all’ Organismo Unitario dell’Avvocatura per ilPiemonte e la Valle d’Aosta dal 2000 al 2004, aveva l’in-carico di responsabile del Centro documentazione e ve-rifica dati dell’organizzazione Giudiziaria.Si ricorda di lui il lavoro coraggioso svolto presso OUAcon l’elaborazione dei dati per i tre controrapporti(2003/2005/2006) presentati dall’Organismo al Comi-tato dei Ministri del Consiglio d’Europa di Strasburgo.Da pragmatico piemontese non ha esitato ad insegnareche la dignità della professione si misura anche con lacapacità reddituale, decorso almeno un decennio dal-l’esordio professionale, ma sempre con rispetto per legiovani generazioni di cui anelava un forte sviluppo. Delegato alla Cassa Forense dal 2005 al 2012, è statoPresidente dell’Ente dal 2009 al 2011.Sotto la sua presidenza in Cassa Forense veniva affron-tata la seconda grande riforma previdenziale, quella va-rata nel 2010, che andava profondamente ad inciderela struttura pensionistica degli avvocati.

Ciao Marco

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3⁄ 2017 SETTEMBRE– DICEMBRE

195

EDITO

RIALE

Cassa Forense ha messo a regi-me i nuovi istituti di welfare at-tivo previsti nel Regolamentodell’Assistenza, affiancando alletradizionali provvidenze per in-fortunio e malattia o per stato dibisogno eccezionale, nuove mi-sure volte al sostegno alla salute,alla famiglia e alla professione.Nel corso del 2017 il Consigliodi Amministrazione ha indettoil bando per l’erogazione di pre-stiti con agevolazioni di accessoal credito in favore di avvocatiiscritti under 35 e n. 13 bandiper l’assistenza. Tutti i bandi so-no stati pubblicati, unitamentealla modulistica, nell’appositaarea dedicata del sito web www.cassaforense.it e sul portale delsito dedicato al welfare. Per al-cuni bandi è stata prevista lamodalità di trasmissione delladomanda on line, per tutti glialtri la domanda deve essere in-viata via PEC, o in due casi, an-che a mezzo raccomandata a/r.A fianco un prospetto conte-nente i bandi deliberati, con ladata di pubblicazione e il ter-mine di scadenza per l’inviodella domanda e la modalità ditrasmissione.

I nuovi istituti di welfare attivo

di Nunzio Luciano

Per i bandi scaduti nel 2017, so-no pervenute 6.179 domande dicontributo per asilo nido e/o scuole materne, 1051 richie-ste di contributi per famiglie mono-genitoriali, 934 do-mande di contributi per famiglie numerose e 829 richie-ste di contributi in favore di iscritti con figli al primo annodi scuola secondaria superiore. Per i prestiti agevolatiper iscritti infra-trentacinquenni per spese di avviamentodello studio professionale sono pervenute 455 domande.Molte domande di partecipazione da parte degli iscritti

stanno pervenendo per i bandi la cui scadenza è fissataper il 16 gennaio 2018, a cui si aggiungono i bandi n.12/2017 e 13/2017, con termine di scadenza fissato alleore 12:00 del prossimo 28 febbraio, destinati agli ordiniforensi, alle associazioni forensi riconosciute maggior-mente rappresentative e loro articolazioni territoriali eai comitati pari opportunità istituti presso i predetti or-dini o associazioni.

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ZALA PREVIDENZA FORENSE

Come è noto l’Ordinamento pensionistico italiano si ècaratterizzato, nel tempo, per una molteplicità di ge-stioni, amministrate da una pluralità di Enti, sia di na-tura pubblica che privata.La struttura pluralistica del sistema previdenziale com-porta la possibilità per il lavoratore di maturare distintiperiodi assicurativi presso diverse gestioni assoggettatead altrettante diverse regole, sia contributive, sia di etàpensionabile e di sistema di calcolo delle prestazioni ero-gate.Da qui l’esigenza avvertita dal legislatore di intervenirecon norme primarie per creare istituti che consentanodi unificare i vari segmenti contributivi al fine di per-mettere al soggetto interessato di accedere ad un unicotrattamento pensionistico.Esigenza tanto più avvertita in un’epoca in cui l’alter-nanza delle carriere e un’ampia mobilità nel mondo dellavoro sono diventati fenomeni sempre più frequenti,con conseguente frammentazione dei periodi contribu-tivi maturati presso le varie gestioni.Per soddisfare questa esigenza di unificare la posizioneprevidenziale tesa al conseguimento di un’unica pen-sione, esistono oggi tre diversi strumenti introdotti, intempi diversi, dal legislatore: la c.d. “ricongiunzioneonerosa” (leggi 29/1979 e 45/1990); la c.d. “totalizza-zione” (D.lgs. 42/2006 e successive modificazioni) e, daultimo, il “cumulo gratuito” introdotto dalla l. 228/2012ed esteso alle Casse professionali dalla l. 232/2016.Ora che anche quest’ultimo istituto stà trovando una suacompiuta disciplina sia attraverso alcuni chiarimenti Mi-nisteriali sia attraverso la circolare n. 140/2017 dell’INPSe gli analoghi interventi chiarificatori di molte Casse, èpossibile iniziare a delineare le differenze sistematichetra i tre istituti.Cominciamo col dire che l’unico strumento che può es-sere utilizzato dal lavoratore in costanza di iscrizione maprima della maturazione dell’età pensionabile, è la ri-congiunzione. Sia la totalizzazione sia il cumulo, vice-versa, possono essere richiesti solo alla maturazionedell’età pensionabile (che, peraltro, è diversa tra i dueistituti). Questa caratteristica non è di poco conto e fasi che, a parere di chi scrive, la ricongiunzione onerosaresterà ancora il principale strumento utilizzato da chivoglia riunificare diversi periodi contributivi. Poter ri-

congiungere immediatamente la propria posizione pre-videnziale mette al riparo, infatti, da interventi legislativi(sempre possibili in materia pensionistica) che possanomodificare le caratteristiche sia del cumulo sia della to-talizzazione prima che il soggetto, raggiunta l’età pen-sionabile, possa concretamente avvalersene.A questo, va aggiunto che solo la ricongiunzione one-rosa prevede un vero e proprio trasferimento materialedella contribuzione versata da un Ente all’altro mentre,sia per la totalizzazione sia per il cumulo, il trasferi-mento è solo figurativo e i contributi restano accreditatipresso l’Ente dove sono stati versati.In conseguenza di ciò la ricongiunzione onerosa con-sente di definire con (relativa) certezza anche le regolepensionistiche che saranno applicate in sede di pensio-namento, che sono quelle dell’ultimo Ente di iscrizione(dove, appunto, è avvenuta la ricongiunzione), sia purecon le modifiche normative che, nelle more del raggiun-gimento dell’età pensionabile, possono intervenire.Il problema della ricongiunzione, però, è che, appunto,prevede un “onere” a carico del lavoratore che può esse-re più o meno elevato a seconda dell’entità della contri-buzione versata nel primo Ente, dell’età in cui è presen-tata la richiesta e da altri fattori regolamentari specifici.In buona sostanza, e senza scendere in eccessivi tecni-cismi, resta a carico del lavoratore la c.d. “riserva mate-matica” del maggior onere pensionistico che farà capoall’Ente di ultima iscrizione. In alcuni casi tale onere puòessere pari a zero o a somme poco rilevanti ma in altricasi l’operazione di ricongiunzione può, effettivamente,rivelarsi “eccessivamente onerosa”. Per questo motivo illegislatore italiano, anche su sollecitazione della CorteCostituzionale (sentenza n. 61/1999) ha introdottonell’ordinamento previdenziale l’istituto della “totaliz-zazione” meno conveniente sotto il profilo pensionisticoma totalmente gratuito per il lavoratore. Il principio ispiratore della totalizzazione consiste nelfatto che i periodi contributivi maturati presso le variegestioni restano “congelati” fino al raggiungimento del-l’età pensionabile per dare vita, poi, ad un unico tratta-mento pensionistico che verrà erogato materialmentedall’INPS ma previa provvista, pro quota, da parte ditutti gli Enti interessati.Il legislatore, nell’introdurre questo nuovo istituto si è

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Ricongiunzione, totalizzazionee cumulo: analogie e differenze

di Michele Proietti

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ZA

3⁄ 2017 SETTEMBRE– DICEMBRE

anche posto due fondamentali problemi:1. I requisiti di accesso;2. Il sistema di calcolo della prestazione.Per quanto riguarda il primo aspetto si è fissata l’età pen-sionabile con totalizzazione a 65 anni + 7 mesi (fino al2018) con almeno 20 anni di anzianità contributiva.

Per quanto riguarda il secondo aspetto si è stabilito cheogni gestione proceda con un sistema di calcolo di tipocontributivo, sia pure con un algoritmo per gli iscrittialle Casse professionali che avvicina il calcolo contribu-tivo a quello retributivo in presenza di una significativaanzianità di iscrizione maturata presso la Cassa.Va, però, aggiunto, che successivi interventi legislativihanno introdotto anche il c.d. meccanismo delle “fine-stre di accesso” spostando (fino al 2018) la materialeerogazione della pensione in totalizzazione di 18 mesirispetto ai 65 anni e 7 mesi previsti per la decorrenzagiuridica.Nel quadro normativo fin qui descritto si inserisce,anche per i liberi professionisti, dal 1°/01/2017, il nuovoistituto del “cumulo gratuito” che, per molti versi, è as-similabile alla totalizzazione.Nell’introdurre tale ultimo istituto, anch’esso gratuito eanch’esso attivabile solo al momento del pensiona-mento, il legislatore, però, non si è posto due problemifondamentali, considerato il variegato panorama previ-denziale italiano. Sono gli stessi due problemi che, vi-ceversa, erano stati risolti, bene o male, nella disciplinadettata per la totalizzazione: requisiti di accesso e si-stema di calcolo delle prestazioni.Per i requisiti di accesso della pensione di vecchiaia incumulo, si fa riferimento, da un lato, ai requisiti della“legge Fornero” (66 anni e 7 mesi di età) e dall’altro airequisiti di età e di anzianità contributiva più elevati traquelli previsti dagli Enti interessati (cfr. commi 239 e241 della l. 228/2012 così come modificata dalla l.232/2016). Per quanto riguarda, poi, il sistema di cal-colo della pensione in cumulo, il riferimento, ancor piùgenerico, è alle “regole di calcolo previste da ciascun or-dinamento” (cfr. comma 245 della medesima legge).Fatta questa doverosa premessa che chiarisce anche imotivi che hanno determinato ritardi nell’applicazionedell’istituto, e alla luce delle circolari emesse, sia da

Cassa Forense (vedi testo allegato) che dall’INPS (n. 140del 12/10/2017) va precisato che il diritto al trattamentodi pensione di vecchiaia mediante cumulo, pur nella lo-gica dell’istituto “a formazione progressiva” suggerita dalMinistero del Lavoro, si perfeziona in presenza dei re-quisiti anagrafici e di contribuzione più elevati tra quelliprevisti dai rispettivi ordinamenti. Nel caso, pertanto,di cumulo con periodi di contribuzione in un Ente chepreveda un’età di pensionamento più bassa di quella diCassa Forense (es. INPS), la quota di pensione di com-petenza dell’Ente di previdenza degli Avvocati potrà es-sere erogata solo a decorrere dal compimento dell’etàprevista dall’art. 2, comma 1 del vigente Regolamentodelle Prestazioni (68 anni fino al 31/12/2018, 69 dal1°/1/2019 al 31/12/2020 e 70 dal 1°/1/2021) e semprechè sussistano i requisiti minimi di contribuzione di cuiall’art. 24, commi 6 e 7 della legge 214/2011 (20 annicomplessivi). Resta inteso che, fino al perfezionamento dei requisitidi cui all’art. 2, comma 1 del vigente Regolamento dellePrestazioni, il richiedente il cumulo dovrà mantenerel’iscrizione all’Albo e continuare a contribuire con le ali-quote ordinarie, come iscritto Cassa, indipendentemen-te dalla eventuale liquidazione della quota di accontoda parte dell’INPS. Il cumulo può essere utilizzato anche per l’ammissionea pensione anticipata ma, in questo caso, occorrerà ma-turare i requisiti di anzianità contributiva previsti dalcomma 10 dell’articolo 24 della legge n. 214/2011, ade-guati agli incrementi della speranza di vita, ai sensi dilegge (42 anni e 10 mesi per gli uomini, 41 anni e 10mesi per le donne, indipendentemente dall’età anagra-fica).L’istituto del cumulo, pertanto, non può essere utilizzatoper accedere alla pensione anticipata con i requisiti dietà e anzianità contributiva di cui all’art. 2, comma 2 delRegolamento delle Prestazioni di Cassa Forense. Pari-menti, l’istituto del cumulo non è utilizzabile per il con-seguimento della pensione di anzianità prevista dall’art.7, comma 1 del Regolamento delle Prestazioni di CassaForense.Va precisato, inoltre, che le quote di pensione liquidateda Cassa Forense in regime di cumulo non sono sog-gette all’integrazione al minimo di cui all’art. 5 del Re-

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ZALA PREVIDENZA FORENSE

golamento delle Prestazioni, salvo quanto previsto dalpunto 5.2 della circolare INPS n. 140 del 12 ottobre2017, con riferimento all’intero trattamento pensioni-stico.Per quanto riguarda, infine, l’iter procedurale delle do-mande di pensione mediante cumulo e il pagamento deitrattamenti pensionistici, dovrà essere stipulata appositaconvenzione con l’INPS, che conserva la funzione diEnte liquidatore, in analogia a quanto già avviene per latotalizzazione.

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Testo della circolare approvata dal Consiglio di Am-ministrazione nella seduta del 26/10/2017

Circolare n. 2/2017

Oggetto:Cumulo dei periodi assicurativi non coincidenti ai sensi del-l’art. 1, comma 239 e seguenti della legge 24 dicembre 2012n. 228 come modificata dalla legge 11 dicembre 2016 n. 232.

Facendo seguito alla propria circolare n. 1/2017, ema-nata in data 10 febbraio 2017, e dopo una serie di con-fronti con l’INPS e le altre Casse professionali, anche insede Ministeriale, Cassa Forense ritiene doveroso fornirele seguenti indicazioni ai propri iscritti in ordine all’ap-plicazione della nuova normativa in materia di cumulo,estesa, dal 1° gennaio 2017, anche alle Casse professio-nali. Ciò in conformità ad uno specifico parere pro-ve-ritate richiesto dall’Ente ad un autorevole studioso dellamateria e tenuto conto delle determinazioni che sonostate adottate dall’INPS, per quanto di sua competenza,con la circolare n. 140 del 12/10/2017.

• LE PRESTAZIONI IN REGIME DI CUMULOCumulo dei periodi ai fini del diritto alla pensione divecchiaia (articolo 1, commi 239 e 241, L. 228/2012,come modificato dalla L. 232/2016).Il cumulo dei periodi assicurativi non coincidenti perl’accesso alla pensione di vecchiaia può essere richiestoanche qualora l’iscritto abbia maturato il diritto auto-nomo al trattamento pensionistico in una delle gestioniinteressate. Tuttavia, la facoltà di cumulo può essere

esercitata solo nel caso in cui il richiedente non sia giàtitolare di trattamento pensionistico diretto presso unadelle predette gestioni.Il diritto al trattamento di pensione di vecchiaia, ai sensidel combinato disposto dei commi 239 e 241 dell’arti-colo 1 della legge n. 228 del 2012, come da ultimo mo-dificati, pur nella logica dell’istituto “a formazioneprogressiva” suggerita dal Ministero del Lavoro, si per-feziona in presenza dei requisiti anagrafici e di contri-buzione più elevati tra quelli previsti dai rispettiviordinamenti che disciplinano le gestioni interessate al-l’esercizio della facoltà di cui al comma 239. Nel caso,pertanto, di cumulo con periodi di contribuzione in unEnte che preveda un’età di pensionamento più bassa (es.INPS), la quota di pensione di competenza di Cassa Fo-rense potrà essere erogata solo a decorrere dal compi-mento dell’età prevista dall’art. 2, comma 1 del vigenteRegolamento delle Prestazioni (68 anni fino al31/12/2018, 69 dal 1°/1/2019 al 31/12/2020 e 70 dal1°/1/2021) e semprechè sussistano i requisiti minimi dicontribuzione di cui all’art. 24, commi 6 e 7 della legge214/2011 (20 anni complessivi).Con riferimento alla decorrenza della quota di pensionedi vecchiaia in cumulo a carico di Cassa Forense si pre-cisa che essa è fissata al primo giorno del mese succes-sivo a quello di maturazione dei requisiti previstidall’art. 2, comma 1 del vigente Regolamento delle Pre-stazioni; in alternativa, su richiesta dell’interessato, dalprimo giorno del mese successivo a quello nel quale èstata presentata la domanda, se successiva alla matura-zione dei requisiti.La decorrenza della quota di pensione di competenza diCassa Forense non potrà, in ogni caso, essere anterioreal 1°/2/2017.Per quanto riguarda la quota di pensione di competenzadell’INPS si rimanda a quanto previsto nella citata cir-colare del predetto istituto n. 140/2017.Resta inteso che fino al perfezionamento dei requisiti dicui all’art. 2, comma 1 del vigente Regolamento dellePrestazioni, il richiedente il cumulo dovrà mantenerel’iscrizione all’Albo e continuare a contribuire con le ali-quote ordinarie, come iscritto Cassa, indipendente-mente dalla eventuale liquidazione della quota diacconto da parte dell’INPS.

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Cumulo dei periodi ai fini del diritto alla pensione an-ticipata (articolo l, comma 239, L. 228/2012, come mo-dificato dalla L. 232/2016).Il cumulo dei periodi assicurativi non coincidenti al finedell’accesso alla pensione anticipata può essere richiestoanche qualora l’iscritto abbia maturato il diritto auto-nomo al trattamento pensionistico in una delle gestioniinteressate. Tuttavia, la facoltà di cumulo può essereesercitata solo nel caso in cui il richiedente non sia giàtitolare di trattamento pensionistico diretto presso unadelle predette gestioni.Il diritto al trattamento di pensione anticipata si conse-gue esclusivamente con i requisiti di anzianità contri-butiva previsti dal comma 10 dell’articolo 24 della leggen. 214/2011, adeguati agli incrementi della speranza divita, ai sensi di legge.L’istituto del cumulo, pertanto, non può essere utilizzatoper accedere alla pensione anticipata con i requisiti dietà e anzianità contributiva di cui all’art. 2, comma 2 delRegolamento delle Prestazioni di Cassa Forense. Pari-menti, l’istituto del cumulo non è utilizzabile per il con-seguimento della pensione di anzianità prevista dall’art.7, comma 1 del Regolamento delle Prestazioni di CassaForense.

Di seguito la tabella dei requisiti per l’ammissione a pen-sione anticipata mediante cumulo.

*Requisito da adeguare alla speranza di vita ai sensi dell’ar-ticolo 12 del decreto legge n. 78 del 2010, convertito, conmodificazioni, dalla legge n. 122 del 2010.

La pensione anticipata in regime di cumulo, in presenzadei requisiti richiesti, decorre dal primo giorno del mesesuccessivo a quello di presentazione della domanda e,comunque, non prima del 1° febbraio 2017 con riferi-mento alla quota di pensione di competenza della CassaForense. Si precisa che questa tipologia di pensione incumulo non richiede la cancellazione dagli Albi profes-sionali Forensi.

Cumulo dei periodi ai fini della pensione di inabilità(articolo 1, commi 239 e 242, L. 228/2012 come modi-ficato dalla L. 232/2016).Il diritto alla pensione di inabilità è conseguito in con-formità a quanto disposto dall’articolo 2, comma 2, deldecreto legislativo 2 febbraio 2006, n. 42 in tema di to-talizzazione.Il diritto alla pensione di inabilità, pertanto, matura sullabase dei requisiti di iscrizione e di contribuzione previstinella gestione previdenziale nella quale il richiedente èiscritto al momento del verificarsi dello stato inabilitante(nel caso di iscritto a Cassa Forense 5 anni - cfr. art. 9del Regolamento delle Prestazioni).Per gli iscritti a Cassa Forense è inoltre richiesto l’ulte-riore requisito dell’iscrizione da data anteriore al com-pimento del 40° anno di età computando, a tal fine, iperiodi maturati presso tutte le gestioni interessate. L’ac-certamento della sussistenza del requisito sanitario deveessere effettuato dall’Ente di ultima iscrizione.La decorrenza della pensione di inabilità, in presenza ditutti i requisiti richiesti, è fissata al primo del mese suc-cessivo alla presentazione della domanda ma la quotadi competenza di Cassa Forense non potrà avere decor-renza anteriore al 1°/2/2017.L’istituto del cumulo non può essere utilizzato per con-seguire il diritto alla pensione di invalidità.

Cumulo ai fini del diritto alla pensione ai superstiti(articolo 1, comma 242, L. 228/2012 come modificatodalla L. 232/2016).La facoltà di cumulo può essere esercitata per la liqui-dazione della pensione indiretta ai familiari superstiti diun iscritto a Cassa Forense deceduto a partire dal 1°gennaio 2017, anche nel caso in cui il de cuius risultassein possesso dei requisiti per il diritto autonomo al trat-tamento pensionistico in una delle gestioni previdenzialidi cui al già citato comma 239.Il diritto alla pensione indiretta si consegue in base airequisiti di iscrizione e di contribuzione previsti nellaforma pensionistica nella quale il dante causa era iscrittoal momento della morte e, quindi, per quanto riguardagli iscritti a Cassa Forense, almeno 10 anni di iscrizionee contribuzione (cfr. art. 12 del Regolamento delle Pre-stazioni).

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Anno Donne Donne

Dal 2017 al 2018 42 anni e 10 mesi 41 anni e 10 mesi

Dal 2019 al 2020 42 anni e 10 mesi* 41 anni e 10 mesi*

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Ai fini del perfezionamento dei predetti requisiti rilevala sommatoria dei periodi di iscrizione e contribuzionenon coincidenti risultanti presso tutte le gestioni previ-denziali ove il dante causa sia stato iscritto.Resta fermo che la titolarità in capo al dante causa di untrattamento pensionistico diretto a carico di una dellegestioni di cui al citato comma 239, tra le quali la CassaForense, preclude l’esercizio della facoltà di cumulo daparte dei superstiti.Per gli iscritti a Cassa Forense è inoltre richiesto l’ulte-riore requisito dell’iscrizione da data anteriore al com-pimento del 40° anno di età computando, a tal fine, iperiodi maturati presso tutte le gestioni interessate. Ladecorrenza della pensione indiretta, in presenza di tuttii requisiti richiesti, è fissata al primo del mese successivoil decesso del dante causa ma la quota di competenza diCassa Forense non potrà avere decorrenza anteriore al1 °/2/2017.Si precisa che le quote di pensione diretta erogate daCassa Forense mediante cumulo sono reversibili con lemodalità e nei limiti di cui all’art. 12 del Regolamentodelle Prestazioni.

• CALCOLO DELLA PENSIONE IN REGIME DICUMULOCome già indicato nella nostra circolare n. 1/2017 del10 febbraio 2017, la quota di trattamento pensionisticoa carico di Cassa Forense è determinato in rapporto aiperiodi di iscrizione e contribuzione maturati presso laCassa stessa secondo le regole di calcolo previste dagliartt. 3, 4 e 8 del Regolamento delle Prestazioni.Si precisa che, ai fini della misura del trattamento pen-sionistico pro-quota, di competenza di Cassa Forense,vengono presi in considerazione tutti i periodi di iscri-zione e contribuzione accreditati nella singola gestioneprevidenziale, indipendentemente dallo loro eventualecoincidenza con altri periodi accreditati presso altre ge-stioni.Per quanto riguarda le modalità di calcolo delle presta-zioni pro-quota di competenza di Cassa Forense, in rap-porto ai corrispondenti periodi di iscrizione maturatipresso l’Ente, si farà riferimento alle regole seguenti:a) per coloro che, mediante l’istituto del cumulo, rag-

giungano l’anzianità contributiva complessiva previ-

sta per la maturazione del diritto a pensione di vec-chiaia (33 anni nel 2017, 34 anni dal 2019 e 35 annidal 2021 in poi) si procederà al calcolo retributivoprevisto dall’art. 3, dall’art. 4, commi 1, 2, 4 e 7 edall’art. 6 del regolamento delle prestazioni previden-ziali;

b) per coloro che, mediante l’istituto del cumulo, rag-giungano una anzianità contributiva complessiva in-feriore a 33 anni (34 dal 2019 e 35 dal 2021) siprocederà al calcolo con il sistema contributivo (art.8, 1° e 2° comma del regolamento delle prestazioni).

Le quote di pensione liquidate da Cassa Forense in re-gime di cumulo non sono soggette all’integrazione al mi-nimo di cui all’art. 5 del Regolamento delle Prestazioni,salvo quanto previsto dal punto 5.2 della circolare INPSn. 140 del 12 ottobre 2017.Si rammenta che, ai fini del perfezionamento dell’anzia-nità contributiva utile per il diritto alle prestazioni pen-sionistiche conseguibili in regime di cumulo, la contri-buzione accreditata per periodi coincidenti deve essereconteggiata una volta sola.

********Per quanto concerne la conversione dei periodi di iscri-zione ai fini del cumulo si rinvia al punto 4 della circo-lare INPS n. 140/2017.Resta fermo quanto stabilito nella nostra precedente cir-colare 1/2017 con riferimento alle domande di ricon-giunzione o di totalizzazione non ancora definite.Per quanto riguarda, infine, l’iter procedurale delle do-mande di pensione mediante cumulo e il pagamento deitrattamenti pensionistici, si rimanda ad apposita con-venzione che verrà stipulata con l’INPS, che conserva lafunzione di Ente liquidatore, in analogia a quanto av-viene per la totalizzazione.Alla luce delle presenti disposizioni tutte le domande dipensione mediante cumulo gia pervenute, sarannoistruite dagli uffici dell’Ente e trasmesse all’INPS per ilseguito di competenza, salvo rinuncia dell’interessato.

Il Direttore GeneraleDott. Michele Proietti

Roma, 26 ottobre 2017

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201Il d.lgs. 13 luglio 2017 n. 116, “Riforma organica dellamagistratura onoraria e altre disposizioni sui giudici dipace, nonchè disciplina transitoria relativa ai magistrationorari in servizio, a norma della legge 28 aprile 2016,n. 57” ha ridisegnato la magistratura onoraria, preve-dendo – a regime – solo le figure del “giudice onorariodi pace” (già giudici onorari di pace e giudici onorari ditribunale) e del “vice procuratore onorario”.La riforma nel ridefinire il nuovo status di magistratoonorario ha, altresì, introdotto le modalità di accesso, ladurata dell’incarico e le indennità spettanti.In ragione della natura onoraria dell’incarico questo nonpuò essere superiore a due quadrienni con previsione dicessazione comunque al compimento del 65° anno di età.L’incarico – che comporta un impegno complessivo nonsuperiore a due giorni la settimana e che deve, pertanto,essere svolto compatibilmente con le attività lavorativee professionali – non determina in alcun caso rapportodi pubblico impiego.La configurabilità di un rapporto di pubblico impiegoè, infatti, esplicitamente esclusa dalla legge delega (28aprile 2016 n. 57) che attribuisce rilievo alla tempora-neità dell’incarico.In particolare l’art 26 del d. Lgs. n. 116/2017 che ap-porta modifiche al testo unico delle imposte sui redditiprevede che le indennità corrisposte ai giudici onoraridi pace e ai vice procuratori onorari non sono più ricon-ducibili ai redditi assimilati a quelli di lavoro dipendentema siano da ricondurre ai redditi di lavoro autonomo. La illustrazione della disciplina della tutela previdenzialedei magistrati onorari non può che essere limitata allefigure del “giudice onorario di pace” e del “vice procu-ratore onorario”. L’art. 25 del d.lgs. n. 116/2017, ha disciplinato, infatti,la tutela previdenziale ed assistenziale dei giudici ono-rari di pace e vice procuratori onorari.Tale disciplina prevede una differente tutela previden-ziale a secondo dell’iscrizione o meno del magistratoonorario agli albi forensi.Infatti, è previsto per i magistrati onorari l’iscrizione:- in via ordinaria, alla gestione separata Inps di cui al-

l’art. 2, comma 26, l.n.335 del 1995;- in alternativa alla Cassa forense se i magistrati onorari

sono iscritti in un albo forense.

Iscrizione magistrati onorari, non iscritti agli albi,alla gestione separata Inps.L’art. 25, comma 2, del d.lgs. n.116 del 2017 prevedeespressamente l’iscrizione dei giudici di pace e vice procu-ratori onorari, non iscritti agli albi, alla gestione separataInps di cui alla l. n. 335 del 1995, fondo pensionisticodestinato ad erogare, in generale, le assicurazioni socialiobbligatorie per i lavoratori c.d. atipici, autonomi conpartita iva o parasubordinati.L’obbligo di versamento dei contributi previdenziali allagestione separata Inps, con aliquota diversa a secondadella posizione dell’assicuratoa (ovvero soggetti non as-sicurati presso altre forme pensionistiche obbligatorie,soggetti titolari di pensione o provvisti di altra tutelapensionistica obbligatoria), è a carico dello stesso. Infatti, in ordine al soggetto cui fa carico il pagamentodella contribuzione previdenziale per il magistrato ono-rario, occorre evidenziare il disposto dell’art. 23, comma2, del d.lgs. n. 116/2017, il quale statuisce che ai magi-strati onorari è corrisposta un’indennità annuale lordain misura fissa, pari ad € 16.140,00 comprensiva deglioneri previdenziali ed assistenziali. Il compenso erogato è,quindi, comprensivo anche degli oneri previdenziali edassistenziali e, quindi la contribuzione non può che es-sere a carico del magistrato onorario.Iscrizione alla Cassa forense per i magistrati onorariiscritti agli albi forensi.I magistrati onorari (giudice di pace e vice procuratore),iscritti agli albi forensi, in base al comma 4 dell’art. 25del d.lgs. n. 116 del 2017, sono obbligatoriamenteiscritti alla cassa forense, ai sensi dell’art. 21, commi 8 e9, della l. n. 247/2012, norma che prevede l’iscrizioneobbligatoria alla Cassa forense (ed il pagamento di unacontribuzione minima) per tutti gli iscritti agli albi.Trovano, infatti, applicazione nei loro confronti, tutte ledisposizioni di cui al menzionato regolamento di attua-zione dell’art. 21, commi 8 e 9 della legge n. 247/2012,con conseguente obbligo del versamento sia del contri-buto soggettivo che integrativo (comprese le agevolazio-ni contributive previste per i primi anni di iscrizione).Tale regolamento prevede espressamente all’art. 1, com-ma 5 che i contributi soggettivi e integrativi siano calco-lati anche sulle indennità derivanti dall’incarico di giu-dice onorario, fermo in ogni caso l’obbligo a corrispon-

La tutela previdenzialedei magistrati onorari

di Paola Ilarioni

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202 dere i contributi minimi.Ai fini della determinazione del contributo soggettivo (dal2017 nella misura del 14,5%) dovuto, il reddito da lavo-ro autonomo va sommato alle indennità percepite conl’esercizio della funzione onoraria, fermo restando l’ob-bligo di corrispondere, se di importo inferiore, il con-tributo minimo soggettivo, mentre per la determinazio-ne del contributo integrativo (4%) si tiene conto del volu-me d’affari derivante dalla professione forense e delle in-dennità percepite per la funzione onoraria, fermo restan-do l’obbligo di corrispondere, se di importo inferiore, ilcontributo minimo integrativo con le modalità e nellamisura prevista per tutti gli iscritti alla Cassa Forense.Con riferimento al contributo integrativo minimo, oc-corre evidenziare che il Comitato dei Delegati di CassaForense, nella seduta del 29 settembre 2017, ha delibe-rato, limitatamente al quinquennio 2018/2022, l’eso-nero dal pagamento del contributo minimo integrativoa tutti gli iscritti alla Cassa Forense (delibera sottopostaall’approvazione dei Ministeri vigilanti); sarà, comun-que, dovuto il contributo integrativo nella misura del4% sull’effettivo volume di affari Iva dichiarato (con ilmod. 5). La contribuzione soggettiva e integrativa è totalmente acarico del magistrato onorario iscritto alla Cassa Fo-rense.L’iscrizione alla Cassa se da un lato comporta un obbligocontributivo dall’altro determina il diritto ad erogazioniprevidenziali quale la pensione di vecchiaia o di anzia-nità, oltre della tutela della maternità della invalidità einabilità, senza sottacere delle erogazioni assistenzialiper bisogno, per malattia, per infortunio ecc. e alla frui-zione dei nuovi benefici offerti da un ricco sistema diwelfare attivo.

La tutela previdenziale dei magistrati onorari

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2031. Evoluzione e caratteri peculiari del sotto-sistemadelle pensioni nel pubblico impiego l’andamento aclessidra dei rapporti tra il settore privato e quellopubblico.Seguendo il tema enucleabile dal titolo della relazione,la linea interpretativa prescelta nel vaglio dell’evoluzionee delle possibili prospettive del sistema delle pensioniper i dipendenti pubblici è quella dell’analisi dei muta-menti avvenuti, avendo presente, ove possibile, l’im-patto di due forze, che, nella maggior parte dei casi, sisono rivelate contrapposte. Si tratta, da un lato, dellaprospettiva dell’armonizzazione del sistema previsto peri pubblici dipendenti a quello disegnato per i lavoratoriprivati e, dall’altro, di quella della cd. spending review,entrambe determinanti, come vedremo, un rilevante im-patto nei tortuosi percorsi di evoluzione del sistemapensionistico per i pubblici dipendenti.Le diversificazioni strutturali e congiunturali del sistemapensionistico italiano relative ai due settori dell’impiegoprivato e dell’impiego pubblico hanno radici lontane.Nel nostro Paese, è proprio in relazione al settore delpubblico che nasce un primo sistema organico di tutelapensionistica obbligatoria: ab initio mediante il recepi-mento della legge sabauda 14 aprile 1864, n. 1731 (pergli impiegati civili dello Stato) e, poi, attraverso il r.d.21 febbraio 1895 n. 70 (Approvazione del testo unicodelle leggi sulle pensioni civili e militari in esecuzionedella l. 15 giugno 1893, n. 279).Poi, nel corso degli anni abbiamo assistito, anche a causadi una forte pressione sindacale, progressivamente a unprocesso di avvicinamento-armonizzazione del sistemadelle pensioni per i dipendenti privati a quelle per ilpubblico impiego, nella direzione di ampliamento delletutele, anche attraverso l’introduzione di più favorevolirequisiti di accesso ai trattamenti pensionistici. Tale pro-cesso raggiunse il suo apice attraverso la l. n. 153 del1969, che, recependo l’impostazione originaria dellepensioni per i pubblici dipendenti sulla pensione comeretribuzione differita, introdusse per tutti il sistema cd.“retributivo” di calcolo della pensione, nonché la pen-

sione di anzianità, legata non alla vecchiaia anagrafica,ma, appunto, all’anzianità contributiva.In seguito, la materia pensionistica sul versante dell’im-piego pubblico è stata riordinata dal d.P.R. 29 dicembre1973, n. 1092 (Testo Unico delle norme sul trattamentodi quiescenza dei dipendenti civili e militari dello Stato).La stagione della privatizzazione del rapporto di im-piego pubblico aperta all’inizio degli anni ‘90 comportò,poi, un forte impulso alle trasformazioni della previ-denza dei pubblici impiegati, segnando una decisa in-versione di tendenza, giacché, da quel momento il pro-cesso di armonizzazione è stato teso all’avvicinamentoanche del settore delle pensioni per i dipendenti pub-blici a quello dei dipendenti privati. Successivamente,attraverso la legge Dini di riforma pensionistica del 1995(l. n. 335) il legislatore si prefiggeva di nuovo l’obiettivodell’armonizzazione dei due sistemi. L’armonizzazioneha ivi toccato la determinazione della base contributivae della base pensionabile nel settore pubblico, dispo-nendo l’applicazione delle regole vigenti nel settore pri-vato, pur nella permanenza di alcune peculiarità. Sebbene la strada dell’armonizzazione vada considerataun registro permanente da orami oltre vent’anni, ciò nontoglie che permangano differenze diremmo “di sistema”,che a questo punto sono riemerse La perdurante diffe-renza, rimarcata dagli interventi recenti del legislatore,ruota sul concetto di indisponibilità dell’età pensioni-stica per i dipendenti del pubblico impiego. Invero, inquest’ambito, a differenza del settore privato, dove sonofissati dalla legge i soli requisiti di accesso (minimi) allapensione - il datore di lavoro e il lavoratore godono diuna libertà “condizionata” nel decidere il momento del-l’accesso alla pensione. Così la regola generale per cuial compimento della prevista età massima consegue ne-cessariamente l’estinzione del rapporto di lavoro, è stataritenuta espressione delle peculiarità del settore comeespresse dall’art. 97 Cost.La differenziazione dei regimi è risultata accentuata dalleriforme pensionistiche più recenti, a partire dalla Rifor-ma Monti-Fornero del 2011, che, dunque, può essere

La tutela pensionistica nel pubblicoimpiego tra armonizzazione espending review*

di Pasquale Passalacqua

*Il saggio riproduce, i passaggi salienti della relazione svolta al Convegno “Previdenza sociale, vincoli di bilancio, andamentidemografici: un diritto in cambiamento?”, Macerata 8-9 giugno 2017. Una versione più ampia dello stesso, con l’aggiuntaanche dei riferimenti bibliografici, è in corso di pubblicazione nella “Rivista del Diritto della Sicurezza Sociale”, n. 4 del 2017.

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La tutela pensionistica nel pubblico impiego tra armonizzazione e spending review

considerata come sopra ricordato, per certi versi ulte-riore tappa del processo di armonizzazione, ma, al con-tempo, prima tappa di una nuova fase di diversificazio-ne dei percorsi. Invero, attraverso l’innalzamento dell’etàper il pensionamento di vecchiaia al di sopra dei 65 an-ni, esteso anche al settore pubblico, ma, al contempo,mediante la conferma dei limiti ordinamentali per lapermanenza in servizio sul versante del pubblico im-piego, si è prodotta una divaricazione tra le due che noncoincidono più, tanto che in caso di maturazione dei re-quisiti di accesso alla pensione anticipata (succedaneadi quella di anzianità), nonché del raggiungimento dellimite ordinamentale, il dipendente pubblico deve esserecollocato in pensione, anche se non ha ancora raggiuntoi limiti anagrafici per la pensione di vecchiaia.

2. Il nuovo registro della spending review “anomala”nei più recenti interventi del legislatore: l’abolizionedell’istituto del trattenimento in servizio, il prepen-sionamento “forzato” e i limiti alla prosecuzione delrapportoSe, come notato, tratto di persistente peculiarità nel ver-sante del pubblico impiego è rappresentato dall’indispo-nibilità dell’età pensionistica, allora sul piano sistematicoappaiono coerenti gli interventi del legislatore degli ul-timi anni, tesi a rimarcarne la valenza.In questa linea sembra messa in ombra la prospettivadell’armonizzazione, in favore di quella della cd. spen-ding review, qui, tuttavia, declinata in modo peculiare,laddove volta a ridurre le spese per il personale nellepubbliche amministrazioni. A ben vedere, invero ci tro-viamo di fronte a una sua variante “anomala”, in quantoi costi del personale dalle pubbliche amministrazionivengono ribaltati sulle casse dell’INPS. In questi casi, allora, affiora e si afferma un’ulteriore ratiodi interventi del genere: quella di favorire il ricambiogenerazionale, ovvero l’ingresso di lavoratori giovanianche nel pubblico impiego, quali nuovi assunti, che,peraltro, a parità di mansioni vengono a costare menoalle casse dello Stato.Così, lo stesso legislatore è intervenuto a bloccare la pos-sibilità per i pubblici dipendenti di accedere alla prose-cuzione volontaria del rapporto di lavoro fino a settantaanni, oltre la maturazione dell’età pensionabile, previsto

dalla Legge Monti-Fornero del 2011. Ciò è avvenuto at-traverso una norma di interpretazione autentica di quel-la normativa per i dipendenti delle pubbliche ammini-strazioni, per i quali “il limite ordinamentale, previstodai singoli settori di appartenenza per il collocamento ariposo d’ufficio e vigente alla data di entrata in vigoredel decreto-legge stesso, non è modificato dall’elevazio-ne dei requisiti anagrafici previsti per la pensione di vec-chiaia e costituisce il limite non superabile, se non peril trattenimento in servizio o per consentire all’interessa-to di conseguire la prima decorrenza utile della pensioneove essa non sia immediata, al raggiungimento del qualel’amministrazione deve far cessare il rapporto di lavoroo di impiego se il lavoratore ha conseguito, a qualsiasititolo, i requisiti per il diritto a pensione”. Come si puònotare, la prosecuzione del rapporto oltre l’età per il col-locamento a riposo è consentita al pubblico dipendente,e, quindi, imposta al datore di lavoro pubblico, solo peril numero di anni necessario a maturare il requisito con-tributivo minimo per l’accesso alla pensione. Tuttavia,tale possibilità trova il limite del compimento dei 70 an-ni, al quale si applica comunque l’adeguamento alla spe-ranza di vita, tanto che ad oggi si è giunti al limite di 70anni e sette mesi.Successivamente, nel 2014 il legislatore ha procedutoall’abrogazione delle norme che regolavano l’istituto deltrattenimento in servizio per due anni, a loro volta piùvolte modificate nel recente passato. Occorre osservareche in origine quell’istituto fu introdotto “con finalità dicontenimento della spesa pubblica in ordine ai tratta-menti di previdenza e di quiescenza” (Corte cost., 4 giu-gno 1997, n. 162). Esigenze di spending review sono sta-te, dunque, alla base tanto della sua introduzione chedel suo smantellamento, qui nella sua nuova variante dicontenimento della spesa del personale, anche in fun-zione di favorire il ricambio generazionale. A questa pro-spettiva ha fornito pieno riscontro la Consulta, allorchéha ritenuto infondata la questione di legittimità costitu-zionale della normativa che ha abrogato l’istituto deltrattenimento in servizio, ribadendo la legittima finalitàdella stessa, in quanto “costituisce un primo intervento,peraltro puntuale e circoscritto, di un processo laborio-so, destinato a dipanarsi in un arco temporale più lungo,volto a realizzare il ricambio generazionale nel settore”

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205(Corte cost. 10 giugno 2016, n. 133).Inoltre, attraverso il medesimo provvedimento legisla-tivo si è attribuita alle pubbliche amministrazioni la fa-coltà di procedere alla risoluzione del rapporto di lavorodei pubblici dipendenti che abbiamo raggiunto, primadell’età anagrafica prevista per il collocamento a riposo,i requisiti contributivi per l’accesso alla pensione antici-pata. Questa rappresenta, ad oggi, l’ultima versione del-l’istituto, che in precedenza già prevedeva la possibilitàdi risolvere il rapporto di lavoro dei dipendenti pubblicicon 40 anni di contributi, ma senza necessità di motiva-zione, mentre ora ribadisce tale possibilità, ma solo inquanto sorretta da motivazione, insieme alla verifica delraggiungimento del requisito contributivo per il conse-guimento della pensione anticipata (art. 1, quinto com-ma d.l. 24 giugno 2014, n. 90, convertito dalla l. 11 ago-sto 2014, n. 114, che ha novellato l’art. 72, undicesimocomma, d.l. n. 112 del 2008). La suddetta motivazioneva riferita alle esigenze organizzative e ai criteri di sceltaapplicati e deve avvenire senza pregiudizio per la fun-zionale erogazione dei servizi; in ogni caso, la risoluzio-ne del rapporto di lavoro non può essere disposta primadel raggiungimento di un’età anagrafica che possa dareluogo a riduzione percentuale ai sensi di quanto dispo-sto dall’art. 24, decimo comma, d.l. n. 201 del 2011 (v.Circ. Funz. pubbl. n. 2, 19 febbraio 2015, punto 3.1).Tali penalizzazioni, tuttavia, non operano per i soggettiche maturino i requisiti per la pensione anticipata primadel 31 dicembre 2017, sicché entro questa data si potràprescindere dall’età anagrafica del dipendente. Peraltro,occorre sul punto ricordare una normativa precedentee ancora vigente, la quale dispone che la decisione deldatore di lavoro pubblico di procedere alla risoluzionedel rapporto di impiego nelle suddette ipotesi “non ne-cessita di ulteriore motivazione, qualora l’amministrazio-ne interessata abbia preventivamente determinato in viagenerale appositi criteri di applicativi con atto generaledi organizzazione interna, sottoposto al visto dei com-petenti organi di controllo” (art. 16, undicesimo comma,d.l. 6 luglio 2011, n. 98, rubricato Contenimento dellespese in materia di impiego pubblico, convertito, conmodificazioni, dalla l. 15 luglio 2011, n. 111).Dal quadro descritto si può desumere, dunque, che larisoluzione obbligatoria del rapporto di lavoro del di-

pendente pubblico è imposta dalla legge al datore di la-voro nei confronti di coloro che hanno maturato i requi-siti per la pensione di vecchiaia ovvero il diritto alla pen-sione anticipata, avendo raggiunto l’età limite ordina-mentale; invece, si ha risoluzione rimessa alla discrezio-nalità dell’amministrazione per coloro che hanno matu-rato il solo diritto alla pensione anticipata secondo i re-quisiti di accesso prescritti dalla legge.3. La compatibilità di tali interventi sul piano dellanormativa antidiscriminatoria di fonte comunitariae sul piano costituzionaleQuesti ultimi interventi del legislatore, animati da unaspending review che abbiamo definito “anomala”, si sonoprestati a diffuse critiche sotto diversi profili. A noi, in-vece, sembra possibile una lettura nel senso della lorotenuta, sia sul versante della compatibilità comunitariasia sul piano costituzionale. Sotto il primo profilo, si è prospettata una possibile vio-lazione della normativa antidiscriminatoria di fonte co-munitaria, in quanto gli stessi avrebbero determinatouna illegittima situazione di disparità tra diverse catego-rie di lavoratori (pubblici e privati). Tuttavia, occorreconsiderare che la direttiva comunitaria di riferimentodel 2000 consente in ogni caso agli Stati membri di pre-vedere alcune forme di disparità di trattamento fondatesull’età nel caso in cui queste sia oggettivamente e ragio-nevolmente giustificate da una finalità legittima, “qualela politica del lavoro, del mercato del lavoro o della for-mazione professionale”, e purché i mezzi per il conse-guimento di tale finalità siano appropriati e necessari.Tra le ipotesi specifiche possibili vengono espressamenteannoverate le “condizioni speciali di accesso all’occupa-zione e alla formazione professionale, di occupazione edi lavoro, comprese le condizioni di licenziamento e diretribuzione, per i giovani, i lavoratori anziani e i lavora-tori con persone a carico, onde favorire l’inserimentoprofessionale o assicurare la protezione degli stessi” (art.6, n. 1, dir. 2000/78). Inoltre, la stessa direttiva lasciaimpregiudicate le disposizioni nazionali che stabilisconol’età pensionabile (Considerando n. 14, dir. 2000/78).Su tali basi non paiono, invero, emergere problemi dicompatibilità comunitaria di un simile assetto. Comeconfermato di recente dalla stessa Corte costituzionale(Corte cost. n. 133 del 2016), la finalità del ricambio

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La tutela pensionistica nel pubblico impiego tra armonizzazione e spending review

generazionale rientrano tra le legittime finalità di politicadel lavoro di cui alla dir. 2000/78/Ce, sulla scia del-l’orientamento già espresso dalla Corte di Giustizia, cheha riconosciuto ampi margini alla discrezionalità dei le-gislatori nazionali. La giurisprudenza comunitaria ha in-vero, in sintesi, a più riprese ritenuto compatibili sulpiano comunitario normative nazionali che proponeva-no disparità di trattamento sul piano dell’età di pensio-namento orientate alla promozione dell’occupazione,anche in vista dell’avvicendamento generazionale, chesuperano il test di proporzionalità anche in quanto nonarrecano un “pregiudizio eccessivo” ai lavoratori pen-sionabili, giacché questi vengono a godere di un redditosostitutivo, costituito appunto dal trattamento pensio-nistico (V., ad es., Corte giust. 12 ottobre 2010, C-45/09,Rosenbladt, punto 62; Corte giust. 16 ottobre 2007, cau-sa C-411/05, Palacios de la Villa, punti 53, 65 e 66; Cortegiust. 12 gennaio 2010, C-841/08, Petersen, punti 68 e77; Corte giust. 18 novembre 2010, C-250/09 e C-268/09, Georgiev, punto 45; Corte giust. 21 luglio 2011, C-159/10 e C-160/10, Fuchs e Köhler, punti 49-50; Cortegiust. 5 luglio 2012, C-141/11, Hörnfeldt, punto 29). Ilgiudice comunitario ha in tal modo dimostrato, a nostroavviso, buon senso e pragmaticità nell’attenzione ancheimplicita alla salute finanziaria dei singoli Stati membri.Peraltro, da studi recenti è dato apprendere che in un’in-dagine svolta sui 27 Stati membri di allora, ben 24 con-templano il pensionamento obbligatorio nel settore pub-blico, mentre sono solo 6 quelli che lo prevedono nelsettore privato.Non mancano, tuttavia, ulteriori dubbi sulla tenuta dimisure del genere, sul presupposto di una loro mancan-za di proporzionalità, in quanto i costi si riverserebberosul sistema previdenziale, in mancanza di risparmi dispesa significativi, mentre una reale incidenza sul turn-over a favore dell’ingresso di nuove generazioni di lavo-ratori non vi sarebbe o sarebbe riscontrabile in misuranon significativa. A tali obiezioni pare possibile replicareosservando che l’obiettivo del ricambio generazionale,come la Corte costituzionale ha ritenuto di recente nellapronuncia già sopra citata, va considerato “un processolaborioso, destinato a dipanarsi in un arco temporalepiù lungo”. Come dire “meglio poco che nulla”. Allo stesso tempo, spostandoci sul piano del diritto in-

terno, non ci pare riscontrabile alcun profilo di possibileviolazione del principio di eguaglianza di cui all’art. 3Cost., per palese difformità con la normativa dispostaper i dipendenti del settore privato.Non riesco a riscontrare una privazione della facoltà discelta a danno del dipendente pubblico né una sua fru-strazione di un diritto costituzionalmente garantito, peril fatto che al raggiungimento dei requisiti contribuitiviutili per la pensione anticipata possa essere risolto il rap-porto. La scelta del legislatore pare legittima, in quantodai principi costituzionali si può, a mio avviso, dedurrela tutela della vecchiaia, ma non la garanzia del diritto aproseguire nel rapporto di lavoro fino all’età anagraficaprevista dal legislatore ordinario per il raggiungimentodella pensione di vecchiaia. Se nel settore privato l’ac-cesso alla pensione di vecchiaia determina la recedibilitàad nutum del rapporto di lavoro e, invece, l’accesso altrattamento di anzianità resta una facoltà del lavoratore,nell’ambito dell’impiego pubblico la diversa scelta dellegislatore va ritenuta legittima e ragionevole, proprioin quanto volta alla riduzione della spesa, anche nellaprospettiva del ricambio generazionale, nell’ambito diun settore connotato da proprie peculiarità.

4. Una possibile sintesi: l’armonizzazione intermit-tente nella prospettiva del ricambio generazionale fi-nanziariamente condizionato nel bilanciamento deivalori costituzionaliA questo punto occorre chiedersi se i provvedimentisussumibili nel disegno della spending review abbianorappresentato ostacoli al processo di armonizzazione trapensioni per i dipendenti privati e pensioni per i dipen-denti pubblici. Questo di certo è avvenuto, come abbia-mo notato nell’excursus proposto e continuerà probabil-mente ad avvenire, e, anzi, che la spending review, qualeformula riassuntiva di ogni manifestazione normativavolta al contenimento della spesa pubblica, sia venuta,in caso di contrasto più o meno evidente, a prevaleresulla direttiva dell’armonizzazione appare considerazio-ne fin troppo scontata, su cui tuttavia, qualche conside-razione può essere svolta.Se ne deve, pertanto, dedurre che proprio l’andamentointermittente del processo di armonizzazione rappre-senti, al momento, una costante del sistema. Peraltro,

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val la pena sempre di ricordare che il termine, derivantedalla musica, indica con-sonanza tra note di per sé co-munque necessariamente diverse, altrimenti si assiste-rebbe al fenomeno dell’unisono, oppure con singole no-te in sequenza si realizzerebbe la melodia. Al contempo, un generale ostacolo all’incerta armoniz-zazione è rappresentato dalle pressanti ineludibili esi-genze di riduzione della spesa pubblica. Oggi questaprospettiva viene per certi versi alimentata, in particola-re nel pubblico impiego, dalla pressante esigenza del ri-cambio generazionale, che conduce alla declinazioneanomala della spending review nella direzione della ridu-zione degli organici. Va a questo punto rimarcato sul piano generale – nellascia di quanto già osservato in precedenza in merito allacompatibilità costituzionale degli ultimi interventi dellegislatore sull’età pensionistica – come anche tali inte-ressi che si combinano con altri nell’ambito della tutelapensionistica sul versante del pubblico impiego debba-no trovare il loro equilibrio nel bilanciamento dei valoricostituzionali. Se il punto imprescindibile di partenza resta per entram-bi i versanti (impiego pubblico e impiego privato) quellodell’art. 38 Cost., posto ad archetipo del nostro sistemaprevidenziale, nel quale tuttavia il diritto alla pensionedi vecchiaia ivi contemplato pare possa essere riconside-rato in chiave di maggiore flessibilità, anche nella pro-spettiva di suo utilizzo quale strumento di salvaguardiadella sostenibilità del sistema pensionistico.Inoltre, volgendo, poi, lo sguardo ad altre norme costi-tuzionali, la descritta linea di intervento del legislatoreoggi trova un esplicito appiglio costituzionale anche nel-la nuova formulazione dell’art. 97 Cost., per cui “Lepubbliche amministrazioni, in coerenza con l’ordina-mento dell’Unione europea, assicurano l’equilibrio deibilanci e la sostenibilità del debito pubblico”.Il connesso tema del ricambio generazionale, volto a fa-vorire l’ingresso delle nuove generazioni nel mondo dellavoro può trovare peraltro, a nostro avviso, un altro ri-scontro costituzionale nell’art. 4, primo comma, dellaCostituzione sul diritto al lavoro e sui conseguenti “com-piti” della Repubblica per renderlo effettivo. In definitiva, per restare al focus prescelto, la prospettivadel ricambio generazionale resta forte sia sul piano gene-

razionale del dibattito giuslavoristico sia sul piano socio-politico, in quanto funzionale a creare quegli sbocchioccupazionali di cui tutto il sistema viene a beneficiare,a partire dal settore dell’istruzione, anche universitaria.Tale finalità pare possa essere la chiave per rendere soste-nibile politiche di spending review così finalizzate, atte a fa-vorire il pensionamento dei dipendenti della PA. Se, inve-ce, al di là dei proclami, interventi del genere non venga-no accompagnati, anche parzialmente, da nuove assun-zioni, è prima di tutto sul piano politico più che giu-ridico il rischio che vengano alla lunga a infrangersi.

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La “portata” della privatizzazionedelle casse previdenziali dei liberiprofessionisti

di Guido Canavesi

1. Qual è il senso o la portata della “privatizzazione” dellecasse previdenziali dei liberi professionisti?La domanda non è peregrina se si considera la continui-tà riscontrabile tra il d.lgs. n. 509/1994 e gli orientamen-ti della giurisprudenza costituzionale sulla previdenzalibero professionale ante privatizzazione. L’autofinanziamento, infatti, era considerato regola dei re-gimi previdenziali, col corollario della «necessità di man-tenere l’equilibrio finanziario dell’ente», approntandol’idonea provvista di mezzi mediante la percezione dicontributi (Corte cost. n. 527/1987). Peraltro, nel silen-zio della legge non era precluso un finanziamento delloStato, inteso quale deroga a quella regola, perciò da li-mitare «a casi giustificati da particolari condizioni equa-mente selezionate» ovvero casi eccezionali o di caratterestraordinario (Corte cost. n. 78/1995). L’autofinanzia-mento, inoltre, è un modo d’essere della dimensione en-docategoriale della tutela apprestata; una dimensione chepermane anche dopo il superamento, a seguito delle ri-forme legislative degli anni ‘80, dell’originario tratto mu-tualistico, in favore di quello solidaristico o, secondo al-tro orientamento, dell’ibridazione tra i due (Corte cost.nn. 132 e 133/1984). Ancora, quella dimensione portacon sé l’autonomia delle singole casse non solo dall’assi-curazione generale obbligatoria per i lavoratori subor-dinati, ma anche tra le stesse (Corte cost. n. 368/1988;n. 119/1997). Donde, non solo l’incomparabilità sul pia-no dell’eguaglianza delle diverse soluzioni normativepreviste per situazioni identiche, ma finanche l’incomu-nicabilità tra i differenti regimi libero professionali, soloformalmente superata da una ricongiunzione che la leg-ge 5 marzo 1990, n. 45, previde «onerosa in misura taleda esporre l’assicurato al rischio di rimanere sprovvistodi qualsiasi tutela previdenziale», al punto da far ritenereimposta dai principi costituzionali l’alternativa del di-ritto alla totalizzazione (Corte Cost n. 61/1999).

2. In questo quadro, a voler rispondere alla domanda d’aper-tura, è opportuno soffermarsi sul significato del divieto di«finanziamenti pubblici diretti o indiretti» – con l’eccezionedegli «sgravi e (del)la fiscalizzazione degli oneri sociali» -,sancita dal d.lgs. n. 509/1994.Nella giurisprudenza amministrativa, infatti, si riscon-trano orientamenti contrastanti circa la configurabilità

come “finanziamento indiretto” dell’obbligo legale diiscrizione e contribuzione alla cassa. In realtà, la solu-zione positiva è tutta e soltanto costruita sulla natura le-gislativa della fonte di quell’obbligo, per tal ragione affer-mandosi che essa distoglierebbe risorse «dal cumulo diquelle generali»1. Rispetto a questo argomento, costitui-scono soltanto gracili premesse di supporto la configura-zione “tributaria” del contributo, richiamata unitamen-te al superamento della mutualità in favore della solida-rietà nel sistema previdenziale2. Altra giurisprudenza haritenuto «che ci si trovi di fronte a contribuzioni (pre-lievi) normativamente imposti a soggetti privati per fina-lità di pubblico interesse, il che non sembra assimilabilead un “sistema di finanziamento pubblico”», ed esclusola distrazione delle somme dalla destinazione a fini ge-nerali, «posto che non è dato comprendere quale sareb-be la destinazione “generale”, e da quale norma impo-sta» (Cons. Stato, sez. IV, 4 giugno 2015, n. 2756).In effetti, è da escludere che le casse di previdenza deiliberi professionisti godano di un indiretto finanziamen-to pubblico. Intanto, non regge la premessa sulla naturatributaria della contribuzione. Sia la dottrina sia la giu-risprudenza costituzionale se non l’escludono del tuttone svalutano comunque l’effettivo rilievo3. Ancora di re-cente, la Consulta ha ribadito che il contributo di soli-darietà «non è configurabile… come tributo non essen-do acquisito allo Stato, né destinato alla fiscalità genera-le» ed invece prelevato direttamente dagli enti previden-ziali e da questi trattenuto «con specifiche finalità soli-daristiche endo-previdenziali» (Corte cost. n. 173/2016e già n. 187/1986). Il tratto solidaristico, inoltre, dicepoco, perché l’obbligatorietà ex lege dell’iscrizione edella contribuzione già c’erano nel modello assicurativo.

1 Cons. Stato, sez. VI, 28 novembre 2012, n. 6014, in Riv. dir.sic. soc., 2013, p. 221, con nota di S. CALzOLAIO, Le casse pre-videnziali sono amministrazioni pubbliche (anche se non ce lochiede l’Europa); TAR Lazio, Sez. III, 18 giugno 2013, n. 6103.2 Cons. Stato, sez. VI, 23 gennaio 2006, n. 182, in Giur. it.,2006, p. 1522; TAR Lazio, Sez. III bis, 4 agosto 2010, n.30034, in Foro amm. TAR, 2010, 2495.3 R. Pessi, Lezioni di diritto della previdenza sociale, Padova,2014, 241 ss.; M. PERSIANI, L’irragionevole confusione tra prelievofiscale e solidarietà previdenziale, in Arg. dir. lav., 2013, 942 ss.

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209Del resto, la stessa legge del 1994 mostra di non consi-derare finanziamento pubblico indiretto la contribuzio-ne previdenziale, quando tiene fermo l’obbligo contribu-tivo e al contempo sancisce il divieto di finanziamentipubblici (art. 1, co. 4). Mentre, se è la legge a prevederela prestazione patrimoniale, è, però, dubbio che l’obbli-gazione contributiva sussista in concreto e sia esigibilefintanto che le singole casse non provvedano a specifi-carne la misura e le modalità d’adempimento, medianteprovvedimenti regolamentari.

3. Il legislatore, peraltro, ha anche richiesto che la gestioneeconomico-finanziaria assicuri «l’equilibrio di bilancio» e lastabilità cinquantennale delle gestioni (art. 24, comma 24,d.l. n. 201/2011), disponendone nel caso di irreversibile di-savanzo economico-finanziario la liquidazione. E la Corte costituzionale non ha avuto dubbi nell’esclu-dere «un intervento a carico della solidarietà generale»e nel farlo discendere dalla «stessa scelta di trasformaregli enti, in quanto implicita nella premessa che nega ilfinanziamento pubblico o altri ausili pubblici di carat-tere finanziario» (Corte n. 248/1997 ed ora n.7/2017).Insomma, la trasformazione in persone giuridiche di di-ritto privato è tramite alla positiva formalizzazione dellaregola dell’autofinanziamento, del tutto incompatibilecon la natura pubblica e strumentale degli enti previ-denziali. Come dire che quella regola diviene prescritti-va fino ad escludere la possibilità, ammessa in preceden-za dalla giurisprudenza costituzionale, di deroghe legi-slative. Anzi, di recente la Consulta ha incardinato que-sta scelta nello stesso sistema costituzionale ritenendoche l’art. 38 non pone vincoli alla libertà del legislatoredi scegliere «tra sistemi previdenziali di tipo mutualisti-co – come sarebbe quello dei liberi professionisti – e si-stemi di tipo solidaristico», cosicché, una volta scelta laprima soluzione, «il relativo assetto organizzativo e fi-nanziario deve essere preservato in modo coerente conl’assunto dell’autosufficienza economica, dell’equilibriodella gestione e del vincolo di destinazione tra contributie prestazioni» (Corte cost. n. 7/2017).

4. La privatizzazione ha aperto delicate questioni in ordineall’autonomia normativa degli enti in questione.Al riguardo, esclusa la qualificazione delle casse come

“amministrazioni pubbliche” (Corte cost. n. 7/2017), pa-re delinearsi la coesistenza in capo alle casse di un dupli-ce profilo di quell’autonomia, l’uno pubblico, attinentealle funzioni, l’altro privato, con riguardo alla struttura.Senza mettere in dubbio l’esistenza di una capacità nor-mativa, la giurisprudenza sembra imboccare strade dif-ferenziate quanto al suo fondamento. Alcune sentenzeescludono la giurisdizione dei giudici amministrativi«per tutto ciò che riguarda l’organizzazione interna» del-l’ente, invece, «soggetta alle norme di diritto comune»,lo Statuto e il Codice civile» (Cons. Stato n. 6014/2012;TAR Lazio, Sez. III bis, n. 3704/2012; TAR Lazio, Sez.III bis, n. 2169/2013; Cons. Stato n. 4882/2014). Altresembrano ricondurla tout court all’autonomia gestiona-le, organizzativa e contabile di cui all’art. 2, comma 1,d. lgs. n. 509/1994  (Cass. n. 11626/2016; Cass. n.11748/2016). Altre ancora ritengono sussistente unapotestà autorganizzatoria, «propria di tutte le figure sog-gettive complesse esistenti nel nostro ordinamento siadi diritto privato che di diritto pubblico» e nella quale«rientra quella regolamentare …consistente nella capa-cità di darsi delle regole per il funzionamento della pro-pria attività» (TAR Lazio, Sez. III bis, n. 6321/2013).La differenza tra queste posizioni s’apprezza sul pianodella natura degli atti di esercizio dell’autonomia regola-mentare. Secondo il primo orientamento sussiste un po-tere regolamentare di diritto tanto pubblico quanto pri-vato, rispettivamente in relazione alle “funzioni” o alla“struttura” dell’ente. La seconda posizione nulla dicesulla natura di quel potere, mentre l’ultima postula l’in-compatibilità tra la soggettività di diritto privato e l’eser-cizio di poteri pubblicistici, dimenticando che è ormaipacificamente ammesso l’esercizio privato di pubblichefunzioni e pubblici servizi, con profili dell’attività disci-plinati dal diritto pubblico ed altri dal diritto privato4.

4 In generale, F. DE LEONARDIS, Esercizio privato di pubbliche fun-zioni e pubblici servizi, in S. CASSESE (diritto da), Dizionario didiritto pubblico, vol. II, Milano, 2006, pp. 2296 ss.; G. NAPOLI-TANO, Pubblico e privato nel diritto amministrativo, Milano,2003. Con riferimento alle casse di previdenza, M. SPINOzzI,Previdenza obbligatoria e soggetti privati esercenti pubbliche fun-zioni, in Foro amm. CdS, 2006, pp. 1964 ss.

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La “portata” della privatizzazione delle casseprevidenziali dei liberi professionisti

La prima, invece, s’armonizza sia con l’approdo dottri-nale sia con l’insegnamento della Corte costituzionale etrova ulteriore conferma nella possibilità di «adottareprovvedimenti» a vario contenuto, attribuita alle casseda specifiche disposizioni di legge e considerata dallagiurisprudenza quale «potere autoritativo, esercitato conatti sostanzialmente amministrativi» (Cons. Stato, sez.VI, n. 3005/2004).

5. L’ulteriore passaggio investe il rapporto di tale potere conla fonte legislativa, sia del regime di previdenza libero pro-fessionale sia del sistema pensionistico dei lavoratori privati.Su quest’ultimo fronte, è stata la giurisprudenza a forni-re di recente utili indicazioni.Per un verso, rispetto all’obbligo per le forme previden-ziali gestite dall’INPGI di coordinarsi «con le norme cheregolano il regime delle prestazioni e dei contributi delleforme di previdenza sociale obbligatoria, sia generali chesostitutive» (art. 76, co. 4, l. n. 388/2000), ha affermatoche la necessità di un coordinamento «pur costituendoun limite ..., è di per sé stessa ...la negazione d’una diret-ta e necessaria efficacia delle norme di previdenza socia-le nell’ordinamento dell’Istituto» e, piuttosto,è «afferma-zione d’un autonomo potere di adeguare le norme stessealle interne esigenze, ed in particolare alle esigenze dibilancio», con la «possibilità che tale potere ...sia eserci-tato in modo non integralmente conforme alle normedella previdenza sociale obbligatoria» (Cass. n. 11023/2006; Cass. n. 12208/2011; Cass. n. 838/2016. Contra,Cass. n. 6680/2002). Ora, considerato che l’esigenza diun coordinamento per l’INPGI si lega alla tutela dei gior-nalisti con contratto di lavoro subordinato, la soluzionegiurisprudenziale s’impone a maggior ragione per i re-gimi dei liberi professionisti.In secondo luogo, secondo le Sezioni Unite della Cassa-zione, a rendere applicabile l’art. 24, comma 4, d.l. n.201/2011 alle casse privatizzate «sarebbe stata necessa-ria una espressa disposizione derogatoria», dovendosialtrimenti escludere «una commistione» tra i due si-stemi previdenziali, considerati i diversi principi orga-nizzativi, in un caso «fissati direttamente dalla legge»,nell’altro «rimessi ai rispettivi statuti e regolamenti».

6. Quanto alla disciplina legale della previdenza libero pro-fessionale già prima del 1994 era riconosciuta agli enti pub-blici previdenziali una potestà regolamentare o “autoregola-mentare”, sprovvista,peraltro, di capacità derogatoria rispet-to alle fonti istitutive o ad altre fonti legislative (Cons. Stato,sez. VI, n. 887/2009; Cass., Sez. Un., n. 13289/2005).Nel segno della continuità pubblicistica l’identica pote-stà si potrebbe considerare “transitata” in capo ai nuovisoggetti. A questa impostazione, accede una parte dellagiurisprudenza per la quale il d.lgs. n. 509/1994 «non(ha) attribuito agli enti privatizzati il potere di incideresulla disciplina sostanziale di tali assicurazioni, né sullanormativa in materia di contributi e prestazioni, salvi ipoteri di cui essi, eventualmente, già disponessero sullabase della normativa preesistente» (Cass. n. 7010/2005;Cass. n. 10005/2016; Cass. n. 10238/2016).L’attuale distinzione tra struttura e funzioni, però, incri-na la linearità di questa impostazione sia perché la fontestatutaria si sostituisce alla fonte legislativa, per gli aspet-ti strutturali (Corte cost. n. 15/1999), sia perché la rego-la dell’autofinanziamento richiede di attribuire agli entii poteri e gli strumenti necessari a realizzare l’interessepubblico perseguito.A questa esigenza ha voluto rispondere l’art. 3, comma12, legge n. 335/1995. Tuttavia, la nota querelle sullasua interpretazione ha lasciato in ombra aspetti ulterioridella questione delle fonti di disciplina.È stato sostenuto che la derogabilità della fonte legislati-va da parte dello statuto e dei regolamenti, anzi, la confi-gurabilità di «un’ipotesi di delegificazione» e, perfino,di «una vera e propria ipotesi di destatalizzazione» sareb-be ricavabile dal d.lgs. n. 509/1994. Che l’autonomianormativa sia presupposta dalla fonte primaria istitutivaè reso ora palese dal carattere necessario che la modificadel 2006 imputa ai provvedimenti di cui l’art. 3, comma12, richiede l’adozione. E la scomparsa dal testo vigentedi qualsiasi riferimento alle misure o all’oggetto deiprovvedimenti pare estendere l’ambito di intervento,mentre il pro rata non costituisce più un limite invali-cabile e si coniuga con i criteri di gradualità e equità fragenerazioni, dei quali, peraltro, l’avverbio “comunque”chiarisce il valore più generale, non limitato alle «anzia-nità già maturate».Inoltre, nel recuperare la tesi della sostanziale delegifica-

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211zione della materia la Corte costituzionale (Corte cost.n. 254/2016) ne ha rinvenuto il fondamento non solonel d.lgs. n. 509/1994, ma perfino nell’art. 3, comma12, legge n. 335/1995. Vero è che proprio l’essere un re-golamento delegificante sottrae l’atto censurato alla co-gnizione della Corte, tuttavia, la soluzione prospettataha il merito di coniugare armonicamente la relazione trafonte legislativa e regolamenti delle casse, in termini dicedevolezza della prima. Essa, inoltre, trova ulteriorelinfa ove la si legga insieme al ricordato approdo giuri-sprudenziale sulla “separatezza” dei sistemi previdenzialied al fatto che dal 1° gennaio 2007 «l’autonomia rego-lamentare degli enti non incontra più i limiti posti dalvecchio testo…, ma quelli, meno rigidi, del nuovo te-sto», dell’art. 3, comma 12, legge n. 335/1995 (Cass. n.8847/2011; per un accenno alla potestà normativa dellecasse in termini di delegificazione, Cass. n. 7568/2017).Peraltro, se quest’ultima pare la soluzione più adeguataa dar conto della specificità del regime previdenziale deiliberi professionisti disegnato dalla legge del 1994, man-ca comunque un chiaro suggello legislativo, mentre nonva nascosto che l’onda lunga della rigida interpretazionedel pro rata giunga a lambire ambiti a sé estranei, comeil contributo di solidarietà.

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212 In tema di prestazioni previdenziali dei liberi professio-nisti bisogna distinguere le Casse previdenziali delle vec-chie gestioni nate con il D.lgs. 30 giugno 1994, n. 509e le nuove nate a seguito dell’emanazione del D.lgs. 10febbraio 1996, n. 103.Del primo gruppo fanno parte: gli avvocati, i dottoricommercialisti, gli ingegneri e gli architetti, i farmacisti,i geometri, i ragionieri, i veterinari, i giornalisti, i medici,i consulenti del lavoro e i notai.Del secondo gruppo, nato con il D.lgs. n. 103/1996, inattuazione della Riforma Dini che aveva autorizzatol’istituzione di nuove casse per offrire una copertura pre-videnziale anche a categorie che fino ad allora ne eranoprive, fanno parte: gli infermieri, i periti agrari e indu-striali, gli agrotecnici, i psicologi e biologi nonché unacassa pluricategoriale a cui sono iscritti i chimici, gli at-tuari, i dottori agronomi e forestali e i geologi.La nostra attenzione è qui rivolta alle vecchie e storichegestioni nate nel 1994, mentre per le nuove gestioni cilimitiamo a dire che il calcolo della pensione degli iscrit-ti avviene esclusivamente con il sistema contributivo,cioè la misura dell’assegno dipende dall’entità dei con-tributi versati.Dopo l’emanazione del d.l. 6 dicembre 2011, n. 201,convertito in legge 22 dicembre 2011, n. 214, cosiddet-to Decreto salva Italia, le Casse di previdenza dei liberiprofessionisti hanno provveduto a modificare i propriregolamenti previdenziali. I tratti comuni della riformadei regolamenti previdenziali delle Casse dei liberi pro-fessionisti vertono in primis nel passaggio da un sistemaretributivo di calcolo delle prestazioni previdenziali a unsistema di tipo contributivo, con la formula del pro rata,per assicurare l’equilibrio strutturale dei conti finanziaridi lungo periodo. Va premesso che l’art. 3, comma 12,legge 8 agosto 1995, n. 335, in funzione dell’obiettivodi assicurare equilibrio di bilancio e stabilità delle ge-stioni previdenziali, permette agli enti privatizzati, di cuifanno parte le Casse dei liberi professionisti, di variaregli elementi costitutivi del rapporto obbligatorio che lilega agli assicurati, ma non permette agli stessi di sot-trarsi agli adempimenti, riducendo l’ammontare delleprestazioni previdenziali. Per cui nella legge n. 335/1995il principio del pro rata assume carattere generale e trovaapplicazione anche in riferimento alle modifiche in pejus

dei criteri di calcolo della quota pensionistica e non giàunicamente con riguardo alla salvaguardia del criterioretributivo rispetto al criterio contributivo introdottodalla normativa delle Casse. Successivamente, l’art. 1,comma 763, legge 27 dicembre 2006, n. 296 prevedeche le Casse dei liberi professionisti emettano i provve-dimenti necessari per la salvaguardia dell’equilibrio fi-nanziario di lungo periodo avendo presente, e non piùrispettando in modo assoluto, come doveva essere perle pensioni liquidate prima del 2007, il principio del prorata in relazione alle anzianità già maturate, con salvezzaquindi degli atti e delle delibere in materia previdenzialegià adottate dagli enti medesimi e approvate dai ministerivigilanti prima della data di entrata in vigore della leggen. 296/2006. Atti e delibere che, in forza della disposi-zione di interpretazione autentica introdotta con l’art. 1,comma 488, legge 27 dicembre 2013, n. 147 (legge distabilità 2014) si intendono legittimi ed efficaci a condi-zione che siano finalizzati ad assicurare l’equilibrio fi-nanziario di lungo termine. Pertanto la tutela dell’affida-mento sorto nei soggetti assicurati e già pensionati vamantenuta solo con riferimento alle pensioni liquidateprima del 1° gennaio 2007, come stabilito dalla stessaCorte di Cassazione.1 In merito a questo principio delpro rata vi è una copiosa giurisprudenza (in particolarerispetto alla Cassa dei ragionieri commercialisti2) che sfo-cia in due sentenze della Cassazione a sezioni unite3, cheaffermano che le Casse di previdenza privata devonosolo aver presente, senza rispettare in maniera rigida, ilprincipio del pro rata e questo vale per i trattamenti pen-sionistici maturati dal 1° gennaio 2007. Per la Corte diCassazione prospettare una disparità di trattamento trapensionati prima e dopo il 2007 non ha carattere discri-minatorio se c’è uno scopo legittimo e una ragionevolegiustificazione. Quindi, a partire dal 2007 provvedimen-ti di variazione delle aliquote contributive, di riparatra-mentazione delle aliquote contributive e ogni altro crite-rio di determinazione del trattamento pensionistico pos-

Le prestazioni previdenzialiper i liberi professionisti

di Monica Napolitano

1 Cass. 12 agosto 2014, n. 17892 in www.iusexplorer.it.2 Vedi, ad esempio, Cass. 22 aprile 2016, n. 8179 e n. 8178;Cass. 13 novembre 2014, n. 24221 in www.iusexplorer.it.3 Cass. sez. un. 8 settembre 2015, n. 17742 e Cass. sez. un.16 settembre 2015, n. 18136 in www.iusexplorer.it.

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213sono essere applicati anche se prevedono trattamentipeggiori nei confronti dei pensionati purché con ciò siassicuri l’equilibrio finanziario di lungo termine. Altra riforma che interessa la modifica del sistema pen-sionistico del liberi professionisti è il progressivo innal-zamento dell’età anagrafica richiesta per aver diritto allapensione di vecchiaia (requisito anagrafico elevato dal1° gennaio 2014 di tre mesi per ogni anno, come nel ca-so degli architetti e ingegneri oppure di un anno ogni 3 so-lari, come avviene per i consulenti del lavoro). Di pari pas-so vengono aumentati anche gli anni di iscrizione e con-tribuzione alle Casse necessari per aver diritto alla pensio-ne di vecchiaia (di sei mesi per ogni anno, come avvieneper gli architetti e ingegneri, oppure di un anno ogni 2solari per i consulenti del lavoro) e la tendenza generaleè nel senso di prescindere dal requisito di anzianità con-tributiva se si raggiunge un’età anagrafica di 70 anni. Per quanto riguarda, invece, l’importo della pensione, ilcalcolo è complesso perché esso è composto da duequote, una determinata con il sistema di calcolo retri-butivo e l’altra con il sistema di calcolo contributivo. Altro tratto comune nella riforma dei regolamenti pre-videnziali di alcune casse dei liberi professionisti è lascomparsa della pensione di anzianità con questo nomee la sostituzione di essa con la dicitura “pensione di vec-chiaia anticipata” (vedi dottori commercialisti, consu-lenti del lavoro, ragionieri commercialisti). Per alcune Casse di liberi professionisti sono poi previsteprestazioni supplementari ogni ulteriori cinque anni diiscrizione e contribuzione alla Cassa per coloro che, do-po la decorrenza della pensione di vecchiaia, continuinol’esercizio della professione (vedi architetti e ingegneri,dottori commercialisti, farmacisti, consulenti del lavoro,dove però il supplemento è previsto dopo 3 anni diiscrizione e contribuzione alla Cassa, successivi alla de-correnza del trattamento pensionistico).Accennato ad alcuni tratti comuni alla varie Casse deiliberi professionisti, dopo la riforma dei loro regolamentiprevidenziali, è interessante esaminare, in particolare, leprestazioni previdenziali erogate dalle Casse dei dottoricommercialisti e dei consulenti del lavoro.Per quanto riguarda i dottori commercialisti, la Cassaeroga le seguenti prestazioni: pensione di vecchiaia,pensione di vecchiaia anticipata, pensione unica contri-

butiva, pensione di inabilità, pensione di invalidità epensione ai superstiti.Il regolamento di disciplina delle funzioni di previdenza,previgente alle modifiche al regolamento approvate pri-ma nel 2013 e poi nel 2017, prevedeva che la pensionedi vecchiaia venisse corrisposta qualora si fossero veri-ficate le seguenti condizioni: compimento del 65° annodi età, dopo almeno 30 anni di effettiva iscrizione e con-tribuzione o compimento del 70° anno di età, dopo al-meno 25 anni di effettiva iscrizione e contribuzione. Lamisura della pensione di vecchiaia, a seguito delle rifor-me entrate in vigore dal 1° gennaio 2017, viene ora de-terminata secondo le seguenti modalità: i periodi di an-zianità contributiva maturati sino al 31 dicembre 2003danno titolo ad una quota di pensione annua calcolatacon il metodo reddituale, mentre quelli maturati dal 1°gennaio 2004 ad una quota di pensione annua calcolatacon il metodo contributivo. L’ammontare della quota an-nuale di pensione, per i periodi di anzianità contributivamaturati fino al 31 dicembre 2003, è pari, per ogni annodi anzianità contributiva, al 2% della media calcolata suiredditi professionali riferiti ai 25 anni di contribuzioneutili ai fini pensionistici antecedenti al 1° gennaio 2004,rivalutati. Qualora il numero di anni sia inferiore a 25la media è calcolata sui redditi riferiti a tale minore pe-riodo. Per gli anni di anzianità contributiva 2002 e 2003il coefficiente del 2% è ridotto all’1,75%. L’importo dellapensione annua, per le anzianità contributive maturatedal 1° gennaio 20044, è calcolato moltiplicando il mon-tante contributivo individuale per un coefficiente di tra-sformazione (indicato nella tabella B, allegata al rego-lamento) corrispondente all’età anagrafica dell’iscritto almomento del pensionamento (ad esempio con 65 annidi età il coefficiente è pari a 5,266). Per tener conto dellefrazioni di anno corrispondenti all’età dell’iscritto al mo-mento del pensionamento, il coefficiente di trasforma-zione è adeguato con un incremento pari al prodotto diun dodicesimo della differenza tra il coefficiente di tra-sformazione dell’età immediatamente superiore e il co-efficiente dell’età inferiore a quella dell’iscritto per ilnumero di mesi interi pari alla frazione di anno.

4 Art. 26, regolamento unitario in materia di previdenza e as-sistenza.

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ZALA PREVIDENZA FORENSE

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Le prestazioni previdenziali per i liberi professionisti

Il montante contributivo individuale al 31 dicembre diciascun anno è dato dalla somma:a) della contribuzione versata negli anni di preiscrizione,

rivalutata su base composta al 31 dicembre di ciascunanno al tasso annuo di capitalizzazione;

b) della contribuzione soggettiva dovuta e versata finoal 31 dicembre dell’anno precedente, incrementatadell’ammontare derivante dall’applicazione alla baseimponibile della differenza tra l’aliquota di computoe l’aliquota di finanziamento, rivalutata su base com-posta al 31 dicembre di ciascuna anno al tasso annuodi capitalizzazione;

c) della contribuzione soggettiva dovuta e versata nellostesso anno, incrementata dell’ammontare derivantedall’applicazione alla base imponibile della eventualedifferenza tra l’aliquota di computo e l’aliquota di fi-nanziamento;

d) della contribuzione versata o trasferita fino al 31 di-cembre dell’anno precedente a titolo di ripristino, ri-congiunzione e riscatto, rivalutata su base compostaal 31 dicembre di ciascun anno al tasso annuo di ca-pitalizzazione;

e) della contribuzione versata e trasferita nello stessoanno a titolo di ripristino, ricongiunzione e riscatto;

f) di un ammontare di quota parte del contributo inte-grativo.

L’importo della pensione di vecchiaia è perequato a fartempo dal 1° gennaio di ogni anno in proporzione alle va-riazioni dell’indice nazionale annuo dei prezzi al consumoper le famiglie di impiegati e operai calcolato dall’ISTAT5. Al dottore commercialista che prosegua o riprenda l’at-tività professionale per almeno un quinquennio succes-sivo alla pensione di vecchiaia è riconosciuto un supple-mento di pensione e la decorrenza è fissata dal 1° gen-naio dell’anno successivo alla maturazione di ciascunquinquennio.La pensione di vecchiaia anticipata, prima delle modifi-che al regolamento previdenziale avvenute nel 2013,aveva il nome di pensione di anzianità e veniva corri-sposta all’avente diritto che avesse compiuto almeno 35anni di iscrizione e contribuzione alla Cassa, indipen-dentemente dal compimento di un’età prestabilita ed eraincompatibile con il mantenimento della iscrizione aqualsiasi albo professionale o elenco di lavoratori auto-

nomi e con qualsiasi attività di lavoro dipendente.La pensione di vecchiaia anticipata ora, a seguito delle ul-time modifiche al regolamento previdenziale entrate invigore dal 1° gennaio 2017, viene corrisposta a coloro chepossano far valere un periodo di anzianità contributivaalla Cassa precedente il 1° gennaio 2004 e abbiano matu-rato alternativamente i seguenti requisiti6: 61 anni di etàanagrafica, dopo almeno 38 anni di anzianità contributivaoppure 40 anni di anzianità contributiva, indipendente-mente dall’età. L’importo della pensione di vecchiaia anti-cipata è perequato a far tempo dal 1° gennaio di ogni an-no in proporzione alle variazioni dell’indice nazionale an-nuo dei prezzi al consumo per le famiglie di impiegati eoperai calcolato dall’ISTAT7. Al dottore commercialistache prosegua o riprenda l’attività professionale per alme-no un quinquennio successivo alla pensione di vecchiaiaanticipata è riconosciuto un supplemento di pensione.La pensione unica contributiva8 viene invece ricono-sciuta a coloro che possano far valere un periodo di an-zianità contributiva alla Cassa esclusivamente dal 1°gennaio 2004 ed è corrisposta a coloro che abbiano ma-turato 62 anni di età dopo almeno 5 anni di anzianitàcontributiva. Al dottore commercialista che prosegua oriprenda l’attività professionale per almeno un quin-quennio successivo alla pensione unica contributiva èriconosciuto sempre un supplemento di pensione.Quanto alle prestazioni previdenziali erogate dalla Cassadei consulenti del lavoro, esse sono: pensione di vec-chiaia, pensione di vecchiaia anticipata, pensione di ina-bilità e di invalidità, pensione ai superstiti. La pensione di vecchiaia, a decorrere dalla data in en-trata in vigore del nuovo regolamento previdenziale9,quindi dal 1° gennaio 2013, viene corrisposta a coloroche abbiano maturato i seguenti requisiti: 66 anni di etàe almeno 5 anni di iscrizione e contribuzione all’ente,

5 Art. 27, regolamento unitario in materia di previdenza e assistenza.6 Art. 32, regolamento unitario in materia di previdenza e assistenza.7 Art. 27, regolamento unitario in materia di previdenza e assistenza.8 Art. 33, regolamento unitario in materia di previdenza e assistenza.9 Regolamento approvato dai ministeri vigilanti con nota del9 novembre 2012, entrato in vigore dal 1° gennaio 2013 e ul-teriori modifiche approvate dai ministeri vigilanti con notadel 15 novembre 2013.

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215sempreché la misura della pensione spettante non siainferiore a cinque volte l’importo del contributo sogget-tivo minimo a carico degli iscritti nell’anno di matura-zione del diritto10. La misura minima della pensione nonè richiesta per coloro che abbiano maturato il 70° annodi età. Il requisito anagrafico, a decorrere dall’entrata invigore del regolamento, viene poi aumentato di un annoogni tre solari fino al raggiungimento del 70° anno dietà. Con riferimento alle anzianità contributive maturatea decorrere dall’entrata in vigore del regolamento, laquota di pensione annua corrispondente a tali anzianitàè calcolata secondo il sistema contributivo, moltiplican-do il montante individuale dei contributi soggettivi ver-sati, nonché delle somme corrisposte a titolo di riscatto,di ricongiunzione e contribuzione volontaria per un co-efficiente di trasformazione11, relativo all’età dell’iscrittoal momento del pensionamento. Per tener conto dellefrazioni di anno rispetto all’età dell’iscritto al momentodel pensionamento, il coefficiente di trasformazione vie-ne adeguato con un incremento pari al prodotto tra undodicesimo della differenza tra il coefficiente di trasfor-mazione dell’età immediatamente superiore e il coeffi-ciente dell’età inferiore a quella dell’iscritto ed il numerodei mesi. Invece, per gli iscritti che possano far valereperiodi di contribuzione antecedenti l’entrata in vigoredel nuovo regolamento, la pensione calcolata con il me-todo contributivo viene maggiorata di tanti trentesimiquanti sono gli anni di anzianità contributiva fino al 31dicembre 2009 e dal 1° gennaio 2010 al 31 dicembredell’anno precedente quello dell’entrata in vigore del re-golamento delle pensioni base in misura fissa, come sta-bilite dalla previgente normativa12. La misura della pen-sione, come sopra determinata, viene poi aumentata infunzione dei versamenti per contribuzione integrativa.Gli importi delle pensioni erogate dall’ente sono poi ri-valutati13 annualmente in base alla variazione dell’indicenazionale generale annuo dei prezzi al consumo per lefamiglie di operai e impiegati calcolato dall’ISTAT e larivalutazione è annualmente deliberata dal consiglio diamministrazione dell’ente. Per i primi cinque anni a de-correre dall’entrata in vigore del regolamento la rivalu-tazione è applicata annualmente nella seguente misura:100% per l’importo di pensione sino ai due terzi delcontributo soggettivo minimo (di cui all’art. 37, comma

2, del regolamento); 75% per la parte eccedente il limitepredetto. Coloro che, dopo il conseguimento della pen-sione di vecchiaia, continuino l’esercizio della profes-sione hanno diritto ad un supplemento della pensione14,da erogare al compimento di ogni triennio in base aicontributi soggettivi ed integrativi versati nel periodocalcolato a partire dal 1° gennaio dell’anno successivo aquello di decorrenza del trattamento pensionistico.La pensione di vecchiaia anticipata, a decorrere dalla da-ta di entrata in vigore del regolamento, è riconosciuta acoloro che siano in possesso dei seguenti requisiti15: 60anni di età e abbiano maturato almeno 36 anni di effet-tiva iscrizione e contribuzione all’ente, compresa l’an-zianità derivante da ricongiunzione o riscatto. A decor-rere dall’entrata in vigore del regolamento, fermo restan-do il requisito anagrafico predetto, quello di iscrizionee contribuzione è aumentato di un anno ogni due solarifino a quaranta anni e occorre che il professionista si siacancellato dall’albo dei consulenti del lavoro, ma solo seabbia una anzianità contributiva e di iscrizione inferiorea 40 anni; in questi casi la pensione decorre dal mesesuccessivo a quello di cancellazione. Dunque, fermo re-stando il requisito anagrafico dei 60 anni, dal 2021 lapensione di vecchiaia anticipata è riconosciuta con 40anni di iscrizione e contribuzione all’ente, senza obbligodi cancellazione dall’albo. La misura della pensione divecchiaia anticipata è determinata nello stesso modoprevisto per la pensione di vecchiaia. Coloro che, dopoil conseguimento della pensione di vecchiaia anticipata,continuino l’esercizio della professione hanno diritto adun supplemento della pensione stessa.

10 Come determinato ai sensi dell’art. 37 del presente regolamento.11Di cui alla tabella A della legge 8 agosto 1995, n. 335 e suc-cessive modificazioni e integrazioni.12 recisamente per gli anni di iscrizione maturati fino al 31 di-cembre 2009 euro 8733 e per gli anni dal 1° gennaio 2010 al31 dicembre dell’anno precedente quello di entrata in vigoredel regolamento euro 9000. Detti importi sono soggetti a ri-valutazione sulla base del tasso annuo di inflazione monetariarilevato dall’ISTAT nell’anno precedente quello da rivalutare,fino all’anno di pensionamento.13 Art. 24, regolamento di previdenza e assistenza.14 Art. 7, regolamento di previdenza e assistenza.15 Art. 6, regolamento di previdenza e assistenza.

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ZALA PREVIDENZA FORENSE

216 1. La privatizzazione delle Casse di previdenza dei liberiprofessionisti tra novità e criticità.A partire dai primi anni Novanta una parola, in partico-lare, ha cominciato a pervadere ogni discorso politico,economico o giuridico, tanto da essere ripetuta come unmantra e da entrare nel linguaggio comune, quale chiaveper la soluzione di ogni problema: la privatizzazione.Evidentemente tale termine è la trasposizione “in posi-tivo” dell’attacco ideologico e normativo sferrato controlo Stato e più in generale contro tutto ciò che è pubblico,inteso come sinonimo di dispendioso, inefficace, ultro-neo, sulla base di assunti a tutt’oggi indimostrati chehanno confuso il principio con le sue modalità di attua-zione. Con troppa leggerezza, forse, si è smantellato unsistema che, pur con distorsioni (legate all’accidentalità,non all’essenza del sistema di previdenza) garantiva ef-fettività di tutele, per sostituirlo con un altro che inveceappare strutturalmente non del tutto adatto ad assicu-rare livelli essenziali e diffusi di sicurezza sociale.È in questo quadro che si inserisce il fenomeno dellac.d. privatizzazione delle Casse di previdenza dei liberiprofessionisti, che a partire dal d.lgs. n. 509 del 1994ha disposto la trasformazione in persone giuridiche pri-vate di enti gestori di forme obbligatorie di previdenzae assistenza, coinvolgendo gran parte dei settori profes-sionali: dagli avvocati e dottori commercialisti ai geome-tri, ingegneri e architetti; dai notai, ragionieri e periticommerciali agli agenti e rappresentanti di commercioe consulenti del lavoro; dai medici, farmacisti e veterina-ri agli impiegati dell’agricoltura, delle imprese di spedi-zione e agenzie marittime, fino ad arrivare ai dirigenti

delle aziende industriali e ai giornalisti. Sebbene il Consiglio di Stato con la sentenza n. 6014del 28 novembre 2012 abbia confermato la giurispru-denza ormai consolidata secondo la quale «la privatiz-zazione ha lasciato immutato il carattere pubblicisticodell’attività istituzionale di previdenza e assistenza svoltadagli enti, che conservano una funzione strettamentecorrelata all’interesse pubblico», così che la trasforma-zione operata dal d.lgs. n. 509/1994 rappresenterebbeun’innovazione di carattere eminentemente organizzati-vo, ciò evidentemente ha permesso alle Casse categorialimaggiori spazi di autonomia sotto il profilo patrimonialee organizzativo, dotandole degli strumenti più flessibilidel diritto privato1. D’altra parte la privatizzazione delle Casse ha anche san-cito la definitiva fuoriuscita delle suddette gestioni dal-l’ambito della previdenza pubblica in senso stretto ovve-ro “garantita dallo Stato”, così che se è vero che il sistemasi fonda sulla corretta partecipazione degli iscritti2, dal-l’altro tale meccanismo sconta un importante vulnus sot-to il profilo della effettività della tutela previdenziale afronte di situazioni di dissesto economico, per le qualinon esiste più un ente pubblico di ultima istanza chegarantisca le prestazione3.Il sistema di tutela previdenziale è reso poi ancora piùcritico dall’ esclusione dell’operatività, nell’ambito delleprevidenze categoriali dei liberi professionisti, come piùin generale di tutti i lavoratori autonomi, del meccanismodi automaticità delle prestazioni4, che rimane appannag-gio del lavoro subordinato e, grazie ad una giurisprudenzaacquisitiva, parasubordinato5, per la particolare confi-

La solidarietà nelle prestazioni erogate dalle Casse di previdenzaex d.lgs. n. 103 del 1996

di Alessandro Giuliani

1 Analizza gli elementi di commistione tra diritto pubblico eprivato nella disciplina relativa alle Casse di previdenza cate-goriale, L. Carbone, Profili privatistici e pubblicistici degli entiprevidenziali categoriali dei liberi professionisti, in Foro it.,2006, I, c. 203 ss.2 Cfr. L. Carbone, La tutela previdenziale dei liberi professio-nisti, Utet, Torino, 1998, p. 112 ss.3 Rileva come a differenza di altri regimi previdenziali, comead es. l’Inps, le casse categoriali dei liberi professionisti non ri-cevono alcun contributo da parte dello Stato né dalla colletti-vità in generale, L. Carbone, L’obbligazione contributiva nellaprevidenza dei liberi professionisti, in Prev. for., 2017, 1, p. 7.4 Cfr. Corte cost. 1 luglio 1986 n. 201, in Foro it., 1986, I, 2973;Cass. 24 marzo 2005, n. 6340, in Foro it., Rep. 2005, voce Pro-fessioni intellettuali, n. 291; Cass. 15 maggio 2003, n. 7602,

in Foro it., 2004, I, 198; Cass. 1 luglio 2002, n. 9525, in Foroit., Rep. 2002, voce Professioni intellettuali, n. 205; Cass. 2 feb-braio 2001, n. 1460, in Foro it., 2001, I, 1165; Pret. Palermo4 luglio 1987, in Foro it., 1988, I, 879.5 Cfr. G. Canavesi, L’automaticità delle prestazioni previdenzialiper i lavoratori a progetto. Dalla giurisprudenza un segnale im-portante ma insufficiente, in Riv. it. Dir. Lav., 2014, II, p. 439ss.; M. D’Onghia, Automaticità delle prestazioni e lavoro para-subordinato: un eloquente riconoscimento giurisprudenziale,in Arg. Dir. Lav., 2014, p. 1114; F. Olivelli, Sull’applicabilità delprincipio di automaticità delle prestazioni anche ai collaboratoria progetto, in Giur. it., 2014, p. 2803 ss. In senso fortementecritico v. C. A. Nicolini, Ma davvero I collaboratori continuativie coordinati possono invocare il principio di automaticità delleprestazioni?, in Riv. Dir. Sic. Soc., 2014, 2, p. 287 ss.

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217gurazione dell’obbligazione contributiva, gravante suldatore di lavoro ovvero sul committente e non già sul-l’assicurato.La privatizzazione delle forme di gestione della previ-denza dei liberi professionisti non fa però venire menoil fondamento del sistema di protezione che continua aperseguire un interesse pubblico e ha la propria basefondante nell’art. 38 Cost., così che l’assicurazione so-ciale del professionista è comunque obbligatoria inquanto imposta dalla legge e il fine pubblico della tutelanon può dipendere dalla volontà del soggetto privato6.

2. Solidarietà di categoria e “pluralismo” previdenziale.Attraverso la privatizzazione degli enti categoriali di pre-videnza ha avuto luogo il passaggio dalla solidarietà in-tesa come latu sensu generale, interna alla categoria mapur sempre collegata ad una visione generale ai sensidell’art. 2 Cost., ad una solidarietà eminentemente cate-goriale, sebbene in una versione “plastica”7 per effettodella quale si mantiene il ruolo funzionale alla redistri-buzione economico finanziaria dei gettiti all’interno del-la società civile, in una prospettiva che collega prove-nienza e destinazione del gettito8.Nell’ambito di questa tendenza il d.lgs. n. 103 del 1996ha attuato la delega conferita dall’art. 2, comma 25, del-la legge n. 335 del 1995, assicurando copertura previ-denziale obbligatoria ai soggetti che svolgono attivitàautonoma di libera professione senza vincolo di subor-dinazione, il cui esercizio è condizionato all’iscrizionein appositi albi o elenchi e che in precedenza non ave-vano enti di previdenza specificamente dedicati. D’altra parte, le norme di cui a tale decreto si applicanoanche ai soggetti, appartenenti alle categorie professio-nali che esercitano attività libero-professionale, ancorchécontemporaneamente svolgano attività di lavoro dipen-dente, a riprova della pervasività della nuova disciplina. In particolare l’art. 3 del citato decreto ha disposto chegli enti esponenziali a livello nazionale degli enti abilitati

alla tenuta di albi od elenchi provvedano a deliberarealternativamente la partecipazione all’ente pluricatego-riale di diritto privato secondo il modello delineato dald.lgs. 30 giugno 1994, n. 509, in cui convergano anchealtre categorie; la costituzione di un ente di categoria,sempre di diritto privato; l’inclusione della categoriaprofessionale per la quale essi sono istituiti, in una delleforme di previdenza obbligatorie già esistenti per altracategoria professionale similare, per analogia delle pre-stazioni e del settore professionale, l’inclusione della ca-tegoria nella forma di previdenza obbligatoria di cuiall’art. 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 3359.Si tratta a ben vedere di un sistema normativo caratte-rizzato in linea teorica da una certa frammentazione,sennonché, dall’analisi delle disposizioni regolamentarirelative alle prestazioni previdenziali erogate dalle cc.dd.Casse di nuova generazione, emerge innanzitutto unatendenziale uniformità delle forme giuridiche utilizzate(fondazioni) pur nella permanenza del carattere pubbli-cistico delle funzioni esercitate, del carattere contribu-tivo del sistema di calcolo delle prestazioni previdenzia-li, nonché delle previsioni relative ai trattamenti e ai re-lativi requisiti.La diversificazione delle discipline emerge anche sottoaltro profilo, a seconda che dall’iscrizione all’albo o elen-co professionale sorga automaticamente o meno l’obbli-go di iscriversi all’ente di previdenza e all’adempimentodelle relative obbligazioni contributive oppure no. Per tale via può ampliarsi ovvero ridursi sia l’ambito sog-gettivo dei professionisti obbligati a contribuire alle ge-stioni di categoria sia quello dei beneficiari in astrattodelle prestazioni, pur con una tendenza abbastanza con-solidata a vincolare all’anzianità contributiva e assicura-tiva la sussistenza del diritto ai trattamenti.A fronte di una determinazione e quantificazione degliobblighi contributivi che fa riferimento pur sempre alleesigenze interne di tenuta dei conti delle singole gestionicategoriali, nell’ottica di garantire l’equilibrio di bilancio,

6 Corte cost. 18 luglio 1997, n. 248, in Foro it., 1997, I, 2012.7 Si esprime così M. Cinelli, La Corte Costituzionale fa il puntosui contributi di solidarietà, in Prev. for., 2017, 1, p. 6.8 Sottolinea lo stretto legame che lega i canali di entrata e diuscita delle risorse A. Occhino, I diritti sociali dell’interpreta-zione costituzionale, in Riv. Dir. Sic. Soc., 2017, p. 3.

9 Sono stati così istituiti gli enti di previdenza relativi ai Biologi(ENPAB), agli Infermieri (ENPAPI), agli psicologi (ENPAP), aiperiti industriali anche laureati (EPPI), agli agrotecnici e peritiagrari - gestione separata (ENPAIA), ai dottori agronomi, dot-tori forestali, attuari, chimici e geologi (EPAP).

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218 pena l’azionamento di meccanismi di commissariamen-to e, nei casi più gravi, di successiva messa in liquidazio-ne, le tipologie di prestazioni erogate previste nei casidi vecchiaia, invalidità, inabilità e superstiti, sono garan-tite da tutte le gestioni, ai sensi dell’art. 2 c. 1 d.lgs. n.103/1996. D’altro canto, acquisita anche in questo ambito, ai sensidel successivo comma 2 del medesimo articolo, la sceltaper il sistema di calcolo contributivo della prestazione,la pensione di vecchiaia richiede sempre la sussistenzadel requisito anagrafico e quello contributivo-assicura-tivo, sebbene sia riconosciuta (fatta eccezione per gliiscritti all’ENPAPI) la facoltà di anticipare il diritto altrattamento al compimento dei cinquantasette anni, afronte del versamento di quaranta anni di contributi10,nel qual caso viene utilizzato il coefficiente di trasforma-zione tabellare relativo ai cinquantasette anni.In ipotesi di fruizione di detto trattamento è comunquefatta salva la possibilità di proseguire l’attività professio-nale, sebbene sia dovuta una contribuzione previdenzia-le integrativa, che dà poi titolo ad un supplemento dipensione. Si tratta di una previsione finalizzata ad incen-tivare la permanenza al lavoro di chi, pur avendo rag-giunto i requisiti per godere del diritto alla prestazionedi vecchiaia, sia ancora in grado di svolgere l’attività pro-fessionale.Non sfugge però che il meccanismo di corrispettività tracontribuzione integrativa e prestazione integrativa, so-prattutto se riferito a iscritti con redditi alti o medio-alti,che oltretutto continuano a svolgere la propria attività equindi a percepire reddito, risulti invero troppo sbilan-ciato a favore di un meccanismo assicurativo, e non pa-rimenti attento ad una logica di solidarietà tra iscritti ein particolar modo tra generazioni, che conoscono livellireddituali eccessivamente sperequati. Tale aspetto, se può considerarsi un inevitabile corollariodell’opzione per il sistema di calcolo contributivo, sa-

rebbe invero emendabile con previsioni regolamentariattente ad una tutela previdenziale più inclusiva, che adesempio diversifichi una quota contributiva integrativada una quota contributiva “di solidarietà” a vantaggiodegli iscritti in maggiore difficoltà. Anche la nozione di invalidità fatta propria dai regola-menti ai fini dell’erogazione delle prestazioni, senza dub-bio mutuataria della definizione legislativa, è uniformetra le diverse gestioni e presuppone la riduzione a menodi un terzo della capacità all’esercizio della professionein modo continuativo per infermità o difetto fisico o men-tale, sopravvenuti dopo la iscrizione; a tale elemento me-dico-legale viene poi accompagnato il requisito del ver-samento di cinque annualità di effettiva contribuzionedelle quali almeno tre nel quinquennio precedente ladomanda di assegno, sebbene si deroghi ragionevolmen-te al requisito assicurativo e di iscrizione nel caso in cuil’invalidità sia causata da infortunio. D’altra parte il diritto alla pensione di inabilità viene ri-conosciuto dalle varie Casse all’iscritto a prescindere dalrequisito anagrafico laddove ricorra la permanente e to-tale incapacità all’esercizio della professione, a causa dimalattia o infortunio sopravvenuti all’iscrizione, a condi-zione che l’evento si sia verificato e la domanda sia statapresentata in costanza di iscrizione all’Ente e risultino ver-sate cinque annualità di effettiva contribuzione delle qualialmeno tre nel quinquennio precedente la domanda. Invero, i regolamenti dell’EPPI e dell’EPAP, con una scel-ta orientata ad una maggiore protezione delle situazionidi bisogno, prevedono come non necessario il requisitoassicurativo in fattispecie di inabilità cagionate da eventiimprovvisi e violenti, mentre nei regolamenti dell’EN-PAPI e dell’ENPAB si prevede che qualora il richiedentemuoia prima dell’effettuazione degli accertamenti clinici,l’inabilità possa essere accertata attraverso adeguata do-cumentazione medica e il provvedimento di ammissionealla pensione di inabilità a favore del de cuius possa es-sere adottato anche ai fini della reversibilità della pen-sione stessa a favore dei superstiti aventi diritto.Infine, la reversibilità dei trattamenti è prevista dai re-golamenti di tutte le gestioni “di nuova generazione”, atutela dei superstiti che perdano a causa del decessodell’iscritto una fonte reddituale fondamentale o comun-que importante, sebbene non possa tacersi la tendenza

La solidarietà nelle prestazioni erogate dalleCasse di previdenza ex d.lgs. n. 103 del 1996

10 Cinque anni per gli iscritti all’EPPI, ai quali il diritto allapensione anticipata è riconosciuto, previa cessazione dell’at-tività professionale, qualora abbiano compiuto il cinquanta-settesimo anno di età e versato almeno cinque anni dicontribuzione effettiva, purché l’importo della pensione nonsia inferiore a 1,2 volte l’importo dell’assegno sociale di cuialla l. n. 335/1995.

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219dei regolamenti di alcune gestioni (ENPAPI, ENPAP, EN-PAIA) ad accentuare il carattere sinallagmatico tra con-tribuzione e prestazioni, con la previsione che, nel casoin cui non sussistano i requisiti contributivi ed assicu-rativi per l’erogazione della pensione ai superstiti, questiultimi abbiano diritto alla restituzione dei contributisoggettivi versati.

3. Assicurazione sociale e solidarietà: la necessità di attuarela Costituzione A ben vedere, quindi, la tendenza che sembra potersicogliere sotto il profilo delle prestazioni previdenzialierogate dalle gestioni considerate è quella al progressivoaffievolimento del principio solidaristico tra generazionie tra iscritti, con un’accentuazione, più forte in alcuneCasse che in altre, di meccanismi ispirati a logiche distretta sinallagmaticità piuttosto che di inclusività dellatutela previdenziale. Sullo sfondo rimane una criticità che come tale è desti-nata ad investire tutti i sistemi previdenziali i cui tratta-menti sono fondati su sistemi di calcolo contributivo, difronte ad un quinquennio sostanzialmente ininterrottodi crescita ora negativa ora “zero” (o poco più) per il no-stro Paese, sia sotto il profilo della riduzione delle atti-vità di gestione (essendo i montanti versati rivalutati contassi legati a PIL negativi), sia sotto il profilo del decre-mento delle prestazioni previdenziali, che risentono pergli stessi motivi del decremento dei montanti contribu-tivi utili ai fini del calcolo delle prestazioni.Appare quindi ineludibile, nella prospettiva di attualiz-zazione dei precetti costituzionali, un’opzione diversa,

legata a meccanismi di vera solidarietà tra iscritti, chenella progressiva razionalizzazione e unificazione dellegestioni previdenziali potrebbe trovare un elemento pro-pulsivo e ordinatore, così che sia data corretta applica-zione all’art. 38 Cost.11 che attua la “solidarietà naziona-le” sancendo il diritto alla previsione ed assicurazionedei mezzi adeguati alle esigenze di vita12.Questa formula, evidentemente, finalizza la tutela pre-videnziale obbligatoria alla soddisfazione di tali esi-genze, invero uguali per tutti a prescindere dal reddito,che sono altra cosa rispetto alla garanzia dei “tenori divita”, esigenza per la quale l’ordinamento prevede livellidi protezione diversi e strumenti più adatti nelle previ-denze complementari e integrative, nonché più in ge-nerale nelle assicurazioni private13. La solidarietà è chiamata dalla Costituzione a legare lepersone, le formazioni sociali e i pubblici poteri14 se-condo la nozione di cittadinanza sociale industriosa, inbase ad un criterio distributivo di obblighi secondo laricchezza e redistributivo di diritti secondo il bisognodi ciascuno15: questo appare dunque il percorso più ido-neo a garantire l’eguaglianza sostanziale. Ovviamente si tratta di un principio da rendere attualenell’ambito di una realtà economica sempre più carat-terizzata da un pervasivo sviluppo tecnologico, checoinvolge tutti i settori produttivi e che tende a slegareprogressivamente lavoro e reddito, così rendendo inveronon più eludibile fornire soluzioni alla domanda di ga-ranzia di livelli di vita dignitosa per tutti, in una pro-spettiva che deve unire sempre più previdenza, assi-stenza e fiscalità generale16.

11 Per una ampia panoramica delle posizioni dottrinarie su taledisposizione si rimanda a P. Olivelli, La costituzione e la sicu-rezza sociale, Giuffrè, Milano, 1988. 12 In tal senso rimane fondamentale l’insegnamento di M. Per-siani, Livelli delle prestazioni previdenziali economiche, prin-cipio di solidarietà, interesse pubblico alla realizzazione dellatutela previdenziale, in Giur. Cost., 1972, p. 1495 ss.13 Per una trattazione di respiro europeo sul tema si rimanda aL. Carbone, Previdenza integrativa dei professionisti in Eu-ropa, in Prev. Forense, 2011, p. 160. Con particolare riferi-mento alle prospettive relative agli avvocati, v. M. Cinelli, Ruolie prospettive della previdenza complementare forense, Con-vegno di studio sul tema “La previdenza complementare fo-

rense”, Grado 11-12 settembre 1997.14 Cfr. F. Giuffrè, La solidarietà nell’ordinamento costituzionale,Giuffrè, Milano, 2002, p. 208.15 Si esprime condivisibilmente in questi termini A. Di Stasi,Ammortizzatori sociali e solidarietà post industriale, Giappi-chelli, Torino, 2013, p. 213.16 Come ricorda J. E. Stiglitz, La grande frattura. La disugua-glianza e i modi per sconfiggerla, Einaudi, Torino, 2014, p. 8,«Di fatto, la crisi non è stata il frutto di un volere divino, comeun diluvio o un terremoto che capita un’unica volta in un se-colo. È stata una cosa che ci siamo procurati da soli: al paridella nostra smisurata disuguaglianza, è stata il risultato dellenostre politiche e della nostra politica».

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220 Al fine di esaminare compiutamente la fase di costitu-zione del rapporto previdenziale dei liberi professionisti,occorre premettere che, nel sistema dell’assicurazionegenerale obbligatoria, il rapporto giuridico previdenzialesi costituisce automaticamente all’atto stesso del verifi-carsi della situazione di fatto che giustifica l’instaurazio-ne dell’obbligo contributivo (M. CINELLI, Diritto dellaprevidenza sociale, Torino, 2012, p. 19), ossia all’atto del-lo svolgimento di fatto di un’attività lavorativa, la quale,rispetto al suddetto rapporto giuridico previdenziale, èda considerarsi il presupposto, l’occasione (M. CINELLI,op. cit., p. 285).Analoghi requisiti funzionali e strutturali sono riscon-trabili anche con riferimento al rapporto giuridico previ-denziale dei liberi professionisti, il quale, in via generale,si costituisce automaticamente al verificarsi dalle condi-zioni previste dai singoli ordinamenti, come espressionedell’indisponibilità e dell’obbligatorietà della tutela as-sicurativa e della funzione pubblicistica della stessa.La disciplina della fase della costituzione del rapportogiuridico previdenziale dei liberi professionisti ha risen-tito significativamente della privatizzazione dei singoliEnti previdenziali, avvenuta ad opera del d.lgs. 30 giu-gno 1994, n. 509, e dell’autonomia normativa di cui gliEnti stessi godono, sia pure nei limiti posti dal dettatocostituzionale e dalla legislazione ordinaria (in partico-lare, dalla legge 8 agosto 1995, n. 335).Il conseguente pluralismo previdenziale (accentuato dal-l’impatto del d.lgs. 10 febbraio 1996, n. 103) costituiscesenz’altro espressione della volontà del legislatore, cheha ritenuto di non perseguire la strada dell’unificazionedei regimi previdenziali dei liberi professionisti, optandoper la conservazione di sistemi previdenziali autonomi,ma complessivamente armonizzati ed improntati a prin-cipi analoghi (L. CARBONE, La previdenza degli avvocati,Milano, 2010, p. 4).Nonostante le significative differenze tuttora esistenti trale discipline statutarie e regolamentari degli Enti previ-denziali privatizzati con riferimento ai requisiti per l’iscri-zione agli stessi, si deve fare presente che la dottrina,tentando di individuare delle categorie per mezzo dellequali descrivere e distinguere le differenze normativeposte in essere dalle suddette discipline, ha operato unadistinzione tra gli Enti previdenziali che prevedevano,

per l’insorgenza dell’obbligo di iscrizione, la sussistenzasia del requisito dell’iscrizione all’Albo professionale siadell’esercizio della libera professione con carattere dicontinuità e quelli che richiedevano il solo requisito del-l’iscrizione all’Albo professionale. (Cfr. L. CARBONE, L’ac-cesso al sistema previdenziale dei liberi professionisti, in Foroit., 1994, I, c. 115).Tale distinzione può essere considerata tuttora valida;ciò, sebbene, soprattutto negli ultimi anni, si sia assistitoa profondi e frequenti rinnovamenti delle discipline sta-tutarie e regolamentari degli Enti previdenziali privatiz-zati, alla riforma di alcuni ordini professionali nonchéad una radicale trasformazione del generale ordinamen-to previdenziale italiano.Tanto chiarito, si osserva che centrale importanza vieneassunta dalla Cassa Nazionale di Previdenza ed Assisten-za Forense, la quale, per mezzo della “Nuova disciplinadell’ordinamento della professione forense”, ispirata da esi-genze di semplificazione e di coordinamento, ha previ-sto che, ai fini dell’iscrizione, non sia più necessario ilrequisito dell’esercizio continuativo della professione,bastando la semplice iscrizione all’Albo professionale, alricorrere della quale il rapporto giuridico previdenzialesorge automaticamente, senza bisogno di alcuna mani-festazione di volontà da parte del professionista, il qualeè esentato anche dall’obbligo di presentazione della do-manda, venendo l’iscrizione alla Cassa deliberata d’uffi-cio dalla Giunta Esecutiva non appena sia pervenuta lacomunicazione dell’iscrizione ad opera dell’Albo di ap-partenenza (A commento della Riforma, L. CARBONE, Laprevidenza forense dopo la nuova legge professionale, in Riv.dir. sic. soc., 2013, pp. 779 ss.).Si deve però osservare che il requisito dell’esercizio con-tinuativo della professione, pur non essendo più unodei requisiti espressamente previsti per l’accesso alla pre-videnza forense, non è stato del tutto espunto dal rela-tivo ordinamento.Ed infatti, la legge n. 247/2012, all’art. 21, prevede chela permanenza dell’iscrizione all’Albo sia subordinata al-l’esercizio della professione in modo effettivo, continua-tivo, abituale e prevalente, secondo modalità da discipli-nare mediante apposito Regolamento, con esclusione diogni riferimento al reddito professionale (cfr. L. CARBO-NE, Nuova “sinergia” fra ordinamento professionale ed or-

La costituzione del rapporto previdenziale dei liberi professionisti

di Davide Losi

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221dinamento previdenziale, in Prev. forense, 2013, I, p. 5).Di conseguenza, pur dovendosi precisare che l’obbligodi iscrizione alla Cassa Forense non è più collegato allaproduzione di una determinata soglia minima di redditoprofessionale, si deve parimenti osservare che l’iscrizio-ne alla Cassa Forense resta preclusa per tutti coloro chenon svolgono la professione in modo effettivo continua-tivo abituale e prevalente, essendo per tali soggetti pre-clusa la permanenza dell’iscrizione all’Albo, requisitocostitutivo dell’iscrizione all’Ente previdenziale.La scelta di collegare l’obbligatorietà dell’iscrizione al-l’Ente previdenziale per tutti i professionisti iscritti agliAlbi professionali non è però universalmente accolta datutte le forme previdenziali dei liberi professionisti che,come detto, mantengono ed esercitano la loro autono-mia normativa. Rinviando l’approfondimento delle sin-gole normative emanate dai vari Enti previdenziali adun’altra sede, può essere utile, a dimostrazione della va-rietà delle soluzioni adottate dai suddetti Enti, richia-mare la disciplina di INARCASSA – Cassa Nazionale diPrevidenza ed Assistenza per gli Ingegneri ed ArchitettiLiberi Professionisti, il cui Statuto di disciplina, nellostabilire che l’obbligo di iscrizione sussista nei confrontidi tutti gli ingegneri ed architetti che esercitino la liberaprofessione con carattere di continuità ed ad essi esclusi-vamente riservata, prevede che il requisito della conti-nuità professionale ricorra nei confronti di tutti i profes-sionisti che, contestualmente, siano iscritti all’Albo pro-fessionale, siano in possesso di una partita IVA e nonsiano iscritti ad altra forma di previdenza obbligatoriain dipendenza dello svolgimento di un rapporto di lavo-ro subordinato o di altra attività esercitata e, quindi, fi-nisce per escludere dai propri ruoli tutti coloro che svol-gono altra attività lavorativa in dipendenza della qualesono iscritti ad altra forma di previdenza obbligatoria(circostanza invero piuttosto comune tra tali tipologiedi professionisti).

Tanto chiarito, è doveroso evidenziare non solo che laquestione dell’iscrizione agli Enti previdenziali privatiz-zati è strettamente connessa con le questioni relative al-l’iscrizione agli Albi professionali ed all’esercizio dellaprofessione, ma anche che, tuttora, non sono stati anco-ra interamente risolti i problemi di coordinamento tra

gli ordinamenti professionali ed i rispettivi ordinamentiprevidenziali (M. CICCIù, A. VOLkOVA, Casse professionali:iscrizione, contribuzione e reddito imponibile, in Lav. prev.oggi, 2010, 10, pp. 1019 ss.).Ed infatti, come è possibile verificare dall’esame dellediscipline dei singoli Enti previdenziali, solamente po-che categorie professionali prevedono dei requisiti uni-formi per l’accesso alla professione e per l’accesso allaprevidenza.Le ragioni per cui gli Enti previdenziali privatizzati per-sistano nella scelta di non rendere omogenei i propri cri-teri di accesso rispetto a quelli dell’ordinamento profes-sionale non sono molto chiare.Si è sostenuto che tale disorganicità derivi dalla diversitàdella ratio della normativa previdenziale, finalizzata agarantire prestazioni previdenziali al ricorrere di deter-minati eventi ritenuti meritevoli di tutela, rispetto allaratio della normativa professionale, invece finalizzata agarantire ai terzi una adeguata preparazione professio-nale degli iscritti agli Albi (L. CARBONE, L’accesso al si-stema previdenziale dei liberi professionisti, cit.).In ogni caso, l’uniformità tra la normativa professionalee quella previdenziale vigente in ordine ai requisiti diaccesso appare rispondere a meritevoli esigenze di tuteladella professione nonché ad istanze di equità (L. CAR-BONE, L’accesso al sistema previdenziale dei liberi professio-nisti, cit.). Ed infatti, la circostanza che i professionistiiscritti negli appositi Albi possano svolgere le medesimeattività, ma siano assoggettati ad obblighi contributivi eprevidenziali del tutto diversi (anche nel quantum) soloperché alcuni Enti previdenziali precludono l’iscrizionead alcuni di loro, potrebbe contrastare con le esigenzedi tutela della concorrenza, particolarmente tutelate dal-l’ordinamento europeo, nonché, più in generale, finan-che con il principio di uguaglianza.

Certamente, uno dei vantaggi che deriverebbe dall’ar-monizzazione tra la disciplina dell’accesso alla previ-denza categoriale e quella dell’ordinamento professiona-le è rappresentato dalla possibilità dell’eliminazione incapo al professionista su cui ricada l’obbligo di iscrizioneall’Ente previdenziale dell’obbligo di presentazione delladomanda di iscrizione all’Ente stesso.La circostanza che la domanda di iscrizione non sia un

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222 requisito costitutivo non è priva di effetti, determinandoconseguenze soprattutto in materia di prescrizione dellacontribuzione dovuta agli Enti previdenziali, la quale,in tal caso, non decorre dalla data della domanda, privaappunto di valore costitutivo, né si sospende sino a chetale domanda non venga presentata (Cass. 24 novembre2007, n. 24910, in Foro it., 2008, I, c. 817), bensì, comedetto, dal momento in cui si verificano le condizionipreviste dalla normativa prevista dall’Ente per l’insor-genza dell’obbligo di iscrizione.

Occorre inoltre osservare che gran parte dei regolamentie degli Statuti emanati nell’esercizio dell’autonomia nor-mativa conferita dal Legislatore agli Enti previdenzialiprivatizzati prevedono, ai fini della regolarità e legittimi-tà dell’iscrizione, la circostanza che l’attività professiona-le venga svolta in maniera continuativa (S. BERNARDI,Previdenza dei professionisti e continuità professionale, inLavoro e prev., 1982, p. 843).Come è evidente, però, il concetto di “continuità del-l’esercizio professionale” non è univocamente definibile,essendo soggetta ad interpretazioni necessariamente di-verse a seconda della tipologia di professione in esame.È quindi logico che la definizione del requisito dellacontinuità professionale venga rimessa ai singoli ordina-menti previdenziali, i quali, tramite le proprie fonti nor-mative, fissano i parametri in base ai quali qualificarel’esercizio della professione quale continuativo, even-tualmente adattandoli alle mutate esigenze economichee professionali (Al riguardo, merita di essere citato il re-cente orientamento della giurisprudenza di legittimitàsecondo cui «il concetto di “esercizio della professione” deveessere inteso in senso dinamico e non statico in quanto è in-negabile che l’evoluzione imposta dalle accentuate dinamichedella odierna realtà economica-sociale ha portato inevitabil-mente all’estensione dell’ambito proprio dell’attività profes-sionale di ciascuna categoria sì che in essa vanno comprese,altresì, tutte quelle attività che, comunque, abbiano un nessocon la specifica cultura tecnica della singola professione» e,quindi, non solamente quelle riservate alla categoria di ap-partenenza; cfr., ex plurimis, Cass. 15 aprile 2013, n. 9076,in http://www.mefop.it/casse-giurisprudenza?from=10).La presenza della continuità dell’esercizio della profes-sione quale requisito costitutivo dell’obbligo di iscrizio-

ne comporta che l’Ente previdenziale non solo abbia ilpotere di fissare i parametri entro i quali ritenere inte-grato il suddetto requisito, ma abbia anche il potere diprocedere alla verifica della concreta sussistenza di dettiparametri e, nel caso di esito negativo della verifica, diannullare l’anzianità contributiva maturata in assenzadel requisito della continuità.L’esercizio di tale potere può essere foriero di contenzio-si, soprattutto perché l’annullamento a posteriori delleannualità contributive può incidere non solo sull’im-porto del trattamento pensionistico, futuro o in corso dierogazione, ma finanche sull’an del trattamento stesso.

L’analisi della fase della costituzione del rapporto giuri-dico previdenziale non può prescindere, poi, dall’analisidella questione delle incompatibilità professionali.Ciò, in quanto costituisce un principio previdenzialeconsolidato quello in virtù del quale l’attività giuridica-mente rilevante per l’accesso alla tutela previdenziale siasolo quella svolta legittimamente nell’osservanza dellenorme dell’ordinamento professionale di categoria.Al fine di impedire che vengano riconosciute valide an-zianità contributive maturate in situazione di incompati-bilità professionale, gli Enti previdenziali privatizzati sisono quindi attribuiti il potere di verificare autonoma-mente la sussistenza o meno della condizione di incom-patibilità.Al riguardo, ci si è domandati se tale autonomo poteredi verifica, con conseguente potere di annullare even-tuali periodi contributivi svolti in condizioni di incom-patibilità, possa essere esercitato dagli Enti previdenzialiprivatizzati anche nel caso in cui tale potere non sia statopreventivamente esercitato dal competente ordine pro-fessionale.La questione ha dato luogo ad un interessante conten-zioso, con riferimento al quale, recentemente, la Cortedi Cassazione ha mutato il proprio orientamento ed af-fermato che la Cassa ha il potere di annullare periodicontributivi durante i quali la professione sia stata svoltain condizione di incompatibilità anche se tale condizio-ne non sia stata preventivamente accertata e sanzionatadal competente Ordine professionale. Ciò, in quanto ilpotere di indagine attribuito alla Cassa dalla normativavigente avrebbe ad oggetto non solamente il fatto storico

La costituzione del rapporto previdenzialedei liberi professionisti

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223dell’esercizio della professione, ma anche, implicitamen-te e necessariamente, la sua legittimità (Cass. 13 novem-bre 2013, n. 25526, in Mass. giust. civ., 2013).

In conclusione, si osserva che dall’analisi delle proble-matiche connesse alla costituzione del rapporto giuridi-co previdenziale dei liberi professionisti emerge un qua-dro articolato e complesso.Se, da un lato, l’autonomia normativa conferita dal Le-gislatore agli Enti previdenziali privatizzati ha consenti-to, anche nella disciplina della costituzione del rapportoprevidenziale, di tenere in adeguata considerazione lespecificità di ciascuna professione, dall’altro lato, è in-negabile che l’esercizio di tale autonomia normativa ab-bia ingenerato alcune problematiche in termini di cer-tezza del diritto.Infatti, le incertezze e le controversie relative ai requisiticostitutivi dell’obbligo di iscrizione incidono diretta-mente sulla definizione dell’ambito soggettivo della cate-goria professionale e, per conseguenza, sulla definizionedella categoria stessa nonché sul tipo di tutela previden-ziale e, in particolare, pensionistica, di cui ciascuna ca-tegoria professionale può disporre.Per questo motivo, le eventuali future riforme degli or-dinamenti previdenziali dei liberi professionisti tende-ranno ad orientarsi nel senso di rendere il più possibilechiare, nonché difficilmente eludibili, le norme in ma-teria di accesso alla tutela previdenziale categoriale, conconseguente modulazione della tutela previdenzialestessa.Sembra potersi affermare che tale obiettivo possa esserepiù agevolmente raggiunto se perseguito attraverso l’ar-monizzazione con la disciplina dell’ordinamento profes-sionale.Ciò, in quanto un’adeguata tutela previdenziale non ri-sponde solamente alle meritevoli istanze costituziona-lizzate nell’art. 38, comma 2, Cost., ma costituisce unadelle maggiori forme di tutela proprio dell’esercizio del-l’attività professionale.Del resto, lo svolgimento della libera professione attuala propria ratio e solennizza la dignità del professionistaanche perché costituisce un approdo sicuro per il con-seguimento di una tutela previdenziale effettiva, al mo-mento del collocamento in quiescenza.

Con specifico riferimento alla questione dell’accesso alsistema previdenziale, poi, l’armonizzazione in esamepotrebbe consentire alla disciplina previdenziale di uni-formarsi in maniera flessibile alle esigenze di tutela dellacategoria professionale, introducendo discipline che, adesempio, estendano ovvero contengano l’accesso allaprevidenza categoriale non solo a seconda delle neces-sità di equilibrio finanziario dell’Ente, ma, soprattutto,a seconda delle specifiche istanze di rafforzamento eprotezione della categoria professionale.

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224 Il regolamento sull’assistenza, varato circa un anno fa,ha previsto l’intervento della Cassa Forense in aree di-verse da quelle nelle quali sino ad ora l’Ente era inter-venuto.Uno dei campi ove l’interesse degli utenti si è mostratoparticolarmente vivo, sin dal momento in cui Cassa Fo-rense stipulò la Polizza sanitaria collettiva, è quello re-lativo alla tutela della salute.Riflettere sull’importanza di una copertura sanitaria piùampia, anche alla luce della “benevola” considerazioneche gli avvocati hanno da dedicare pochissimo tempo aloro stessi e che la vita media si allunga di anno in anno,ha spinto Cassa Forense ad immaginare strumenti velocied economici per aiutare i propri iscritti nell’ambitodella diagnostica delle visite specialistiche e delle cureodontoiatriche. I dati dei numeri sulla sanità pubblica evidenziano in-fatti un trend in aumento della spesa privata accompa-gnata da diverse criticità per i cittadini:- aumento della spesa privata per visite specialistiche

ed esami diagnostici legata ai crescenti tempi di attesapresso il Sistema Sanitario Pubblico;

- spesa per cure odontoiatriche quasi interamente acarico del cittadino per un totale di € 8 miliardi nel2016;

- difficoltà per il cittadino di individuare la struttura piùidonea alle proprie esigenze in termini di qualità, prez-zo e attesa.

Secondo il rapporto Censis, nel 2016 la spesa sanitariaprivata ha superato i € 35 miliardi; la seguente slidemostra la suddivisione in macro categorie:

Palese che l’aumento di giorni di attesa presso il SistemaSanitario Pubblico è correlato con l’aumento progressivodella spesa privata; nella seguente slide degli esempi ditempi giorni di attesa per prestazioni ad alta frequenza:

Di conseguenza è sempre più alto il numero di cittadiniche ricorrono a strutture private pagando di tasca pro-pria le cure per beneficiare di un accesso più rapido alleprestazioni.Come detto di particolare impatto sulle famiglie italianeè poi la spesa per prestazioni mediche odontoiatriche.Anche in questo caso i dati mostrano un trend di au-mento della spesa purtroppo non più solo legata ad unnormale peggioramento della salute orale in età adulta.

Quanto esposto ha indotto Cassa Forense a valutare lapossibilità di utilizzare un network sanitario ed una piat-taforma telematica per consentire il facile accesso agliavvocati a visite specialistiche e diagnostiche private.È stato cosi stipulato un accordo con una società consi-derata valida come punto di riferimento nel mercato del-l’assistenza, per consentire ai propri iscritti ed ai relativi

Salute al Top…

di Immacolata Troianiello

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225nuclei familiari l’accesso al network “ONEnet.”La scelta ha privilegiato chi ha garantito la maggiore retesanitaria convenzionata, con circa 10.000 strutture loca-lizzate in tutte le province italiane. La capillarità è statainfatti uno degli elementi di maggior rilievo da prenderein considerazione per assicurare a tutto il territorio na-zionale un’omogenea presenza.Altro elemento preso in considerazione è stata la qualitàdelle strutture convenzionate ed il minor costo possibiledella prestazione.La società ha difatti articolato la convenzione preve-dendo l’applicazione di tariffe particolarmente agevolatepresso le migliori strutture ospedaliere, ambulatoriali,fisioterapiche e odontoiatriche.Il connubio tra qualità, risparmio, capillarità e facilità diaccesso alle cure è stato il punto focale esaminato daCassa Forense per i propri assistiti.In questo senso, la collaborazione scaturente è tesa aconsentire a tutti gli iscritti di poter risparmiare sulleindagini diagnostiche, sulle cure dentarie e sulle visitespecialistiche.L’auspicio è quindi di visitare il sito di Cassa Forense perscoprire i dettagli di questa nuova iniziativa pensata pergarantire la migliori cure ai migliori prezzi di mercato.Verrà messo inoltre a disposizione un sito internet edun numero di assistenza dedicato per consentire l’indi-viduazione delle strutture più idonee alle proprie esi-genze e facilitare l’accesso alle cure. Vi raccomandiamo quindi di verificare sempre chela vostra struttura, centro odontoiatrico o medico difiducia siano convenzionati per poter beneficiare deivantaggi offerti senza dover cambiare i vostri puntidi riferimento in ambito sanitario.Buona salute!

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ZALA PREVIDENZA FORENSE

226 L’art. 443 c.p.c. dispone che la domanda relativa allecontroversie indicate al precedente articolo 442 c.p.c.relative alle materie della previdenza ed assistenza ob-bligatorie, non è procedibile se prima non siano esauritii procedimenti prescritti dalle leggi speciali per la com-posizione in sede amministrativa oppure non siano de-corsi i termini fissati per il compimento degli stessi pro-cedimenti ovvero siano, comunque, decorsi 180 giornidalla data in cui è stato proposto il ricorso amministrati-vo. Il secondo comma dello stesso art. 443 c.p.c. stabi-lisce altresì che il giudice, nella prima udienza di discus-sione, rileva l’improcedibilità e sospende il giudizio fis-sando un termine perentorio di sessanta giorni per lapresentazione del ricorso in sede amministrativa e il pro-cesso deve essere riassunto a cura dell’attore (rectius: ri-corrente) nel termine altrettanto perentorio di 180 gior-ni decorrente dalla cessazione della causa della sospen-sione (art. 443, comma 3, c.p.c.).Il riferimento ai procedimenti amministrativi per le con-troversie in materia previdenziale è dovuto alla circo-stanza che la normativa speciale che disciplina i singoliistituti o enti previdenziali attribuisce all’ente medesimoil potere di emanare atti amministrativi a seguito di undeterminato iter procedimentale e, inoltre, tali atti oprovvedimenti sono impugnabili nella stessa sede am-ministrativa. La ratio alla base di tale normativa consistenell’obiettivo prefissosi dal legislatore di rendere piùagevole la definizione in via amministrativa di una ver-tenza, evitando alla parte processualmente meno forte(l’iscritto all’ente previdenziale) l’onere di ricorrere allagiustizia per risolvere problematiche che potrebbero es-sere definite con un riesame della vicenda sempre a li-vello amministrativo.Da questo punto di vista, quindi, l’art. 443 c.p.c., va in-tegrato con gli artt.7 e 8 della legge n. 533/1973, i qualiriguardano direttamente le procedure amministrative inesame; l’art. 7 introduce il meccanismo del silenzio-ri-fiuto nel procedimento anteriore alla pronuncia dell’enteprevidenziale. Esso, stabilisce, infatti, che la richiesta al-l’istituto si intende respinta quando siano trascorsi 120giorni dalla data di presentazione senza che l’istituto me-desimo si sia pronunciato.Il silenzio-rifiuto equivale, in questo caso, ad un prov-vedimento negativo impugnabile nella sede amministra-

tiva secondo quanto stabiliscono le leggi speciali.L’art. 8, poi, stabilisce che nelle procedure amministrati-ve di cui sopra non si tiene conto dei vizi, delle preclu-sioni e delle decadenze verificatesi. La regolamentazione fino ad ora citata viene completatadal disposto dell’art.148 delle disposizioni di attuazioneinerenti del c.p.c., che abroga tutte le disposizioni con-tenute nelle leggi speciali che, in materia di previdenzaed assistenza obbligatorie, in difformità da quanto sta-tuito nell’art. 443 c.p.c., condizionano la proponibilitàdella domanda giudiziaria al previo esperimento deiprocedimenti amministrativi contenziosi.Analogamente, la giurisprudenza della Cassazione è con-corde nel ritenere che nelle controversie previdenzialirichiedenti il previo esperimento del procedimento am-ministrativo in osservanza delle disposizioni di cui agliartt. 443 e ss. c.p.c., la mancanza di quest’ultimo rendeimprocedibile la domanda giudiziale per carenza tem-poranea di giurisdizione ed è rilevabile d’ufficio in qual-siasi stato e grado del giudizio, salva la formazione delgiudicato interno espresso (Cass., Sez. lav., n. 24013/2004).Ed ancora, quando il giudice rileva detta improcedibi-lità, sospende il giudizio e fissa per l’attore un termineperentorio di sessanta giorni per proporre ricorso gerar-chico avanti il competente ufficio amministrativo (Cass.,Sez. lav., n. 9150/2003).Alla stregua di quanto sopra illustrato, risulta necessarioa questo punto passare all’analisi della normativa pro-pria della Cassa Forense che disciplina il contenziosoprevidenziale, con particolare riferimento alla previsionedei ricorsi amministrativi.Orbene, l’art. 12 della legge n. 6/1952 prescrive il re-clamo avverso le deliberazioni della Giunta Esecutivadella Cassa in materia di iscrizioni o di liquidazione del-le pensioni e il Regolamento generale disciplina i ricorsiamministrativi all’art. 29 ed è rubricato “reclami avversodeliberazioni della Giunta”.Inoltre, nello Statuto della Cassa, l’art. 23 stabilisce che:“contro le deliberazioni della Giunta in materia di iscrizionee di cancellazione, di erogazione di prestazioni e di restitu-zione di contributi è ammesso reclamo, nel termine di unmese dalla comunicazione, al Consiglio di Amministra-zione…”.

Rilevanza processuale del ricorso insede amministrativa

di Marcello Bella e Sabrina Salvati

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227Orbene, vertendosi in tema di diritto soggettivi, soccorrequindi la previsione dell’art. 443 c.p.c. che rende la do-manda giudiziale improcedibile se non è preceduta dalricorso in sede amministrativa.In tal senso, la Corte d’Appello di Reggio Calabria, consentenza del 1° marzo 2011, n. 243, in un giudizioavente ad oggetto la richiesta di ripetizione di contributida parte di un iscritto, ha affermato che la previsione dicui all’art. 29 dello Statuto disciplina la possibilità dipromuovere reclamo avverso le deliberazioni adottatedalla Giunta e, pertanto, i reclami devono essere inoltratiall’organo competente (rectius: il Consiglio di Ammini-strazione). Nella fattispecie, non essendo stata fornitaprova dell’inoltro del reclamo, la Corte d’Appello ha ac-colto l’impugnazione e, per l’effetto, ha dichiarato im-proponibile la domanda giudiziaria dell’iscritto, in osser-vanza delle disposizioni di cui all’art. 443 c.p.c.

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ZALA PREVIDENZA FORENSE

228 I mutamenti, sempre più rapidi e profondi nel mondodel lavoro, postulano una maggiore flessibilità del si-stema previdenziale, che non deve ostacolare il cambia-mento ma, piuttosto, seguire ed aiutare la ricerca dimigliori e più adeguate soluzioni nei diversi periodi checaratterizzano la vita lavorativa.Il Comitato dei Delegati, conscio di tali principi ed esi-genze, provvede ad un costante e continuo monitorag-gio di tutti i fenomeni ed i dati che interessano l’Avvo-catura, dalla valutazione dei quali prende spunto peradeguare e modificare il sistema in base alle nuove esi-genze.Gli ultimi dati a disposizione della Cassa - al 31.12.2016- evidenziano che oltre 43.000 iscritti sono al di sottodella soglia di volume di affari (€ 17.750,00 per il 2016)per il quale è previsto il contributo minimo integrativo,esclusi i beneficiari delle esenzioni già previste che ri-guardano anche i pensionati di vecchiaia dall’anno suc-cessivo alla decorrenza della pensione.Prima di entrare nel merito del provvedimento, comun-que, deve tenersi conto che il sistema previdenziale vi-gente prevede (oltre a quello di maternità) due tipologiedi contributi a carico degli avvocati iscritti a Cassa Fo-rense: il contributo soggettivo, già fissato in misura del14% e aumentato dal 2017 al 14,5% sul reddito profes-sionale netto dichiarato (aliquota ridotta al 3% per laparte di reddito eccedente i 98.050,00 euro, “tetto” pre-visto, con riferimento all’anno 2017), e il contributo in-tegrativo fissato in misura del 4% sul volume di affariIVA dichiarato e ripetibile nei confronti del cliente me-diante esposizione in fattura.Per entrambe le tipologie di contributi è previsto un“minimo”, comunque dovuto, che ammonta ad €2.815,00 per il contributo soggettivo e ad € 710,00 peril contributo integrativo, sempre con riferimento all’an-no 2017, indipendentemente dall’entità del reddito evolume di affari dichiarati dal professionista. Il differentepresupposto giuridico dei due contributi (il primo to-talmente a carico dell’avvocato e il secondo a carico delcliente) ha indotto il Comitato dei Delegati ad una ri-flessione sugli oneri eccessivi determinati dal carico deicontributi minimi, dovuti da un elevato numero diiscritti in conseguenza dell’immediato obbligo di iscri-zione alla Cassa introdotto dalla L. n. 247/2012.

In considerazione di ciò, con il regolamento di attuazio-ne dell’art. 21, comma 8 e 9, della 1. n. 247/2012 sonostate ampliate le agevolazioni per i giovani neo iscritti,prevedendo: in caso di decorrenza dell’iscrizione da dataanteriore al 35° anno di età, la riduzione al 50% del con-tributo minimo soggettivo per i primi 6 anni di iscri-zione; l’esonero dal versamento del contributo integrati-vo minimo per i primi 5 anni di iscrizione e, solo in casodi decorrenza dell’iscrizione da data anteriore al 350anno di età, la sua ulteriore riduzione al 50% per i suc-cessivi 4 anni.Nonostante tali agevolazioni, la grave crisi economicache ha coinvolto tutte le professioni, e in particolarel’Avvocatura, ha fatto si che il numero degli iscritti conbassi redditi si sia notevolmente incrementato, andandoben oltre i tempi del fisiologico start-up della profes-sione. Il fenomeno si riflette ovviamente, anche sul con-tributo soggettivo, con la sostanziale differenza che laprevisione di un contributo soggettivo minimo trova ilsuo presupposto in una norma regolamentare che con-templa l’istituto dell’integrazione al minimo della pen-sione, a salvaguardia del principio dell’adeguatezza delleprestazioni e del necessario grado di copertura dellestesse. Il contributo integrativo minimo, viceversa, perquesta moltitudine di iscritti a basso reddito, si palesacome una ulteriore forma di contribuzione che, ovvia-mente, non può essere riversata sul cliente se non neilimiti dell’effettivo fatturato, così determinando un one-re aggiuntivo a carico dell’iscritto, contrariamente allaratio di tale contributo. Gli studi di modifica regolamen-tare portati avanti in numerose riunioni dalla Commis-sione Previdenza, per i motivi sopra esposti, si sonoconcentrati sulla possibile abolizione, definitiva o tem-poranea, del contributo minimo integrativo; intervento,questo, idoneo a dare respiro alle fasce più disagiatedell’Avvocatura.La modifica peraltro, comportando un minor gettitocontributivo per l’Ente, doveva essere conciliata con lanecessità. di garantire la sostenibilità di lungo periodoimposta dalla legge.A tal fine gli uffici attuariali interni hanno effettuato spe-cifici e approfonditi studi su entrambe le ipotesi di in-tervento.Il Comitato dei Delegati, esaminati i lavori della Com-

“Abolizione” del contributointegrativo minimo

di Divinangelo D’Alesio

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missione, si è orientato verso l’adozione di un provve-dimento “transitorio” che prevede l’abolizione del con-tributo integrativo minimo per un arco temporalecontenuto in cinque anni (2018/2022), al termine delquale riesaminare la disposizione alla luce dei nuovi bi-lanci tecnici, dell’andamento dei redditi della categoria,dell’entrata a regime della riforma previdenziale, dell’in-cidenza sulla gestione di nuovi istituti recentementeintro- dotti quali il “cumulo gratuito” e le “società consoci di solo capitale”.La scelta prudenziale, adottata ad ampia maggioranza,soddisfa le esigenze di agevolare la fascia più debole del-l’Avvocatura e nel contempo salvaguarda la possibilitàdi monitorare gli effetti economici del provvedimentosugli equilibri di lungo periodo della Cassa al fine diconfermare o meno con maggiori dati disponibili, glistudi già effettuati circa la compatibilità di un eventualeintervento di natura permanente con gli equilibri attua-riali di lungo periodo.Il provvedimento di abolizione temporanea viene peral-tro a coincidere con l’aumento dell’aliquota del contri-buto soggettivo dal 14% al 14,5%, che sarà calcolato suiredditi del 2017 e verrà percepito in sede di dichiara-zione dei redditi 2018 (mod. 5/2018). Un ulteriore au-mento dell’aliquota al 15% è previsto dal 2021.Sulla base dei dati disponibili un tale provvedimentotemporaneo non avrebbe, peraltro, alcun effetto sul sal-do previdenziale, che diverrebbe negativo, per la primavolta, sempre nel 2046, per un importo identico a quel-lo risultante a normativa vigente (€ -72.330,00) edavrebbe solo un lieve effetto negativo sul patrimonioche, sempre nel 2046, sarebbe di € 70.423.658,00 - cioèdi circa 281.621,00 euro in meno rispetto a quello pre-visto a normativa vigente.Appare opportuno ribadire che il provvedimento deli-berato, pur essendo rivolto a tutti gli iscritti, comporteràun effettivo beneficio economico solo per coloro che di-chiarano un volume d’affari inferiore ad € 17.750,00(con riferimento all’anno 2018) e che non sono già eso-nerati in virtù delle norme oggi vigenti e richiamate inpremessa.Questi ultimi, infatti, verseranno solo il contributo inte-grativo calcolato sul loro effettivo volume di affari.Mentre nulla cambia per gli iscritti che producono un

volume di affari superiore ad € 17.750,00, i quali ver-seranno l’anno successivo, in autoliquidazione, un im-porto per contributo integrativo, calcolato con l’aliquotadel 4%, uguale a quello che avrebbero pagato con l’at-tuale normativa, sotto forma di acconto (contributo inte-grativo minimo) e saldo (differenza in autoliquidazione).Si tratta, comunque, di un provvedimento molto attesodalla categoria ed utile ad alleviare il carico contributivodegli iscritti con minore reddito, costituiti in particolareda donne. Il dato statistico, riferito alle ultime dichiara-zioni disponibili evidenzia, infatti, una platea di possibilibeneficiari stimabile in circa 43.000 soggetti, di cui circa24.000 di sesso femminile.Il Comitato dei Delegati ha provveduto anche a coordi-nare il provvedimento temporaneo con gli istituti del ri-scatto e del recupero di anni figurativi per chi si iscriveoltre il 40° anno di età (art. 4, comma 4 del Regolamen-to del riscatto e art. 4, comma 1 del Regolamento di at-tuazione art. 211. n. 247/2012). Per tali istituti, infatti,è previsto un onere minimo rapportato, per ogni annodi beneficio, ai contributi minimi soggettivo ed integra-tivo dovuti per l’anno della domanda.Per evitare ulteriori oneri a carico della Cassa e disparitàdi trattamento con chi ha beneficiato in passato dei me-desimi istituti, è stato introdotto uno specifico articoloche prevede l’applicazione, ai fini del calcolo, del con-tributo integrativo minimo del 2017 (€ 710,00 - dasommare al contributo minimo soggettivo anno per an-no vigente), per tutte le istanze che saranno inoltrate nelquinquennio 2018/2022.Ora si attendono le valutazioni dei Ministeri Vigilantiche debbono esprimere il loro parere, ed in caso positi-vo, il contributo integrativo minimo non sarà dovutoper il quinquennio 2018/2022.

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LA PREVIDENZA FORENSE

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Avvocati senza frontiere

di Debora Felici

Nell’epoca della globalizzazione, le attività economichee lavorative si muovono oltre lo spazio dei territori na-zionali, specialmente nell’ambito dell’Unione Europea,caratterizzata dal principio della libera circolazione dilavoro e lavoratori. Anche gli avvocati europei sono sempre più “professio-nisti in movimento”. Dal report statistico del 2016 pub-blicato da CCBE – The Council of Bars and Law Socie-ties of Europe, sappiamo che nell’anno 2015 (all’11 mar-zo 2015) vi erano in Italia n. 4.521 avvocati registraticon il titolo professionale del paese di provenienza e pre-cisamente1:

Nello stesso Report risultano i seguenti dati sul numerodi avvocati italiani negli Stati UE:

La CCBE Identity CardPer agevolare la mobilità professionale degli avvocati al-l’interno dell’UE, già da molti anni il Consiglio Nazio-nale Forense ha stipulato l’accordo di licenza col CCBE– Council of Bars and Law Societes of Europe per l’emis-sione delle CCBE Identity Card, ovvero le tessere di ri-conoscimento dell’Avvocato Europeo, che:- facilitano l’accesso agli organi giudiziari ed alle istitu-

zioni per gli avvocati che sono attivi al di fuori dellapropria giurisdizione;

- identificano il titolare della carta nelle lingue ufficialidel CCBE come avvocato abilitato in uno degli StatiMembri;

- consentono il riconoscimento immediato della quali-fica professionale presso la Corte Europea di Giustiziaed il Tribunale di Primo Grado nonché presso le Cortidegli Stati membri (ivi comprese, ovviamente, le Cortidel paese di origine del titolare della card).

Le card non vengono emesse direttamente dal CCBE madal Consiglio Nazionale Forense grazie ad un contrattodi licenza che può concordare accordi quadro con iConsigli dell’Ordine circondariali.Con il supporto della Commissione Europea, il CCBEsta lavorando a diversi progetti per l’Avvocatura euro-pea, quali, per esempio, il progetto Find a Lawyer (ovve-ro il portale di ricerca dell’avvocato europeo) e, nell’am-bito del progetto di E-Justice, il progetto E-Codex (perla sperimentazione di un processo telematico europeonegli ambiti civile e penale) e Penal-Net (comunicazionisicure tra Avvocati penalisti).

Il progetto “European Lawyers in Lesvos” Il progetto “European Lawyers in Lesvos” - “Avvocati perLesbo – Assistenza legale” è organizzato dal CCBE e dalDAV – German Bar Association per inviare avvocati eu-ropei nell’isola greca di Lesbo a supporto dell’avvocaturagreca nell’assistenza legale ai migranti e richiedenti asilo.Anche il Consiglio Nazionale Forense, per l’Italia, haaderito all’iniziativa. La ricerca è aperta e volta a reperireavvocati che aderiscano al progetto per missioni di circatre settimane, cfr. http://www.europeanlawyersinlesvos.eu/how-to-become-a-volunteer-lawyer).

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231Finora sono stati selezionati 96 avvocati volontari pro-venienti da 15 diversi paesi (Grecia, Francia, Belgio, Re-pubblica Ceca, Spagna, Paesi Bassi, Germania, Danimar-ca, Islanda, Lituania, Svizzera, Italia, Irlanda, Polonia eRegno Unito) ed è stata fornita assistenza legale a più di3.300 persone provenienti da 55 diversi paesi (princi-palmente da Siria, Afghanistan, Iraq, Iran, Eritrea eAfrica occidentale ma anche Pakistan, Bangladesh,Yemen, Etiopia e Africa del nord).I paesi di provenienza degli avvocati europei parteci-panti al progetto alla data del 31 ottobre 20172:

Le persone assistite con il progetto alla data del 31 otto-bre 20173:

Il coordinamento dei regimi di sicurezza sociale inUE – Il Certificato relativo alla legislazione di sicu-rezza sociale applicabile all’interessato (Documentoportatile A1)L’Unione europea prevede regole comuni per tutelare idiritti previdenziali dei cittadini che si spostano all’in-terno dell’Europa. La politica di coordinamento dei re-gimi di sicurezza sociale non mira a sostituire i sisteminazionali con uno europeo, perché tutti i paesi sono li-beri di decidere chi assicurare nell’ambito della loro le-gislazione, quali prestazioni erogare e a quali condizioni.Sono quattro i principi fondamentali in materia4:- Si è coperti dalla legislazione di un paese alla volta, per

cui i contributi vanno versati in un solo paese. La de-

2 Fonte: http://www.europeanlawyersinlesvos.eu/project-re-ports

3 Fonte: http://www.europeanlawyersinlesvos.eu/project-re-ports4 http://ec.europa.eu

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LA PREVIDENZA FORENSE

232 cisione sulla legislazione applicabile spetta agli entiprevidenziali e non al cittadino interessato.

- Gli stranieri hanno gli stessi diritti e doveri dei cittadinidel paese in cui sono assicurati. Si tratta del cosiddettoprincipio della parità di trattamento o non discrimina-zione.

- Quando si richiede una prestazione, vengono even-tualmente presi in considerazione i precedenti periodidi assicurazione, lavoro o soggiorno in altri paesi.

- Se si ha diritto ad una prestazione in denaro da unpaese, in genere la si riceve anche se si vive in un altropaese. È il cosiddetto principio della esportabilità.

Il 1° maggio 2010 è entrata in vigore una nuova norma-tiva sul coordinamento dei regimi di sicurezza sociale(regolamenti n. 883/2004 e n. 987/2009). L’INPS – Isti-tuto Nazionale Previdenza Sociale ha predisposto i mo-delli per il rilascio del certificato di legislazione applica-bile (A1), aggiornato con le novità introdotte in materiadai regolamenti citati. Il predetto certificato deve essere rilasciato, secondoquanto previsto dalla normativa comunitaria, nel casoin cui il lavoratore - dipendente o autonomo - si rechitemporaneamente a lavorare in uno Stato membrodell’Ue, diverso da quello di provenienza o nell’ipotesidi svolgimento dell’attività lavorativa in più Stati mem-bri (lavoro contemporaneo).

Le norme previdenziali forensi in materia di lavoroall’esteroAnche in caso di svolgimento della professione in altroStato UE, l’avvocato è tenuto ad inviare le comunica-zioni reddituali alla Cassa: “gli avvocati che esercitanola professione all’estero hanno l’obbligo di inviare le pre-scritte comunicazioni se conservano l’iscrizione in un Al-bo italiano e devono indicare solo la parte, se esistente,di reddito o di volume d’affari soggetta a tassazione inItalia” (art. 10 comma 9 Regolamento dei Contributi).L’Italia, come molti paesi europei, ha adottato il cosid-detto “principio della tassazione mondiale” (World WideTaxation Principle), in base al quale tutti i cittadini ita-liani che lavorano all’estero e che non sono iscritti all’A.I.R.E. (Anagrafe degli Italiani Residenti all’Estero) so-no fiscalmente residenti in Italia e devono ogni annopresentare la dichiarazione e pagare le imposte sui red-

diti ovunque prodotti (art. 165 del TUIR – Testo Unicodelle Imposte sui Redditi - D.P.R. n. 917/86). Pertanto,il cittadino che lavora all’estero, mantenendo la residenzaitaliana, ha comunque l’obbligo di pagare le imposte inItalia anche sui redditi prodotti all’estero, salvo che sia di-versamente indicato da disposizioni contenute nelle Con-venzioni internazionali contro le doppie imposizioni. Indettaglio, la legislazione fiscale individua i requisiti in ba-se ai quali le persone si considerano residenti in Italia.In merito al regime previdenziale del reddito professiona-le prodotto in altro Stato UE dall’avvocato italiano, l’art.1, comma 6 del Regolamento di Attuazione dell’art. 21 del-la L. n. 247/2012 che: “per gli iscritti ad un Albo forenseche esercitino l’attività professionale in modo concor-rente o esclusivo in un altro Stato Membro dell’UnioneEuropea, si applicano i Regolamenti Comunitari n. 883del 29/4/2004 e n. 987 del 16/9/2009 per la determina-zione della legislazione previdenziale applicabile”.Il principio generale dettato dalla normativa comunitariaprevede che una persona che esercita un’attività subor-dinata o autonoma in uno Stato membro è soggetta allalegislazione di tale Stato membro. Si deroga nel caso incui il lavoro svolto all’estero sia di durata prevedibil-mente non superiore ai 24 mesi, nel qual caso il lavora-tore autonomo resta soggetto alla disciplina del paese diprovenienza, purché in questo svolga “abitualmente”un’attività di lavoro autonomo e purché l’attività che vaa svolgere all’estero sia “affine” a quella già svolta nelpaese di provenienza.Fuori da questa ipotesi, e cioè in tutti i casi in cui un la-voratore eserciti abitualmente un’attività lavorativa au-tonoma in due o più Stati membri, si applica la legisla-zione del paese di residenza del lavoratore, se il lavora-tore autonomo esercita una parte sostanziale della suaattività in tale Stato, oppure la legislazione dello Statomembro nel quale si trova il centro di interessi delle at-tività del lavoratore, se quest’ultimo non risiede in unodegli Stato membri nei quali esercita una parte sostan-ziale delle sue attività.Sulla complessa normativa comunitaria in materia e, inparticolare, sull’interpretazione delle definizioni giuri-diche contenute nelle direttive richiamate, si rinvia al-l’articolo nel numero 2/2014 di questa Rivista (LeonardoCarbone – La previdenza dell’avvocato “europeo”).

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La tipizzazione degli illeciti disciplinari (la storia e il codicedeontologico)

di Remo Danovi

1. Il principio della tipizzazione.Il problema della tipizzazione dei comportamenti e delleregole si è posto per la prima volta per i compilatori delCodice Napoleonico.Già allora, infatti, venivano sollevate eccezioni nei con-fronti di chi meritoriamente si accingeva alla prima co-dificazione del diritto: eccezioni che J.E.Portalis, nelpresentare i lavori della Commissione incaricata dellaredazione del codice, nel suo Discours préliminaire avevaespresso in questi termini: «prevedere tutto è uno scopodi impossibile raggiungimento: sarebbe dunque un er-rore pensare che possa esistere un corpo di leggi che ab-bia in anticipo provveduto a tutti i casi possibili: un co-dice è appena perfezionato che già mille questioni inat-tese vengono a presentarsi al magistrato».Era in discussione, dunque, la stessa opportunità dellacodificazione, ma proprio Portalis superò ogni difficoltàaffermando che i codici “si fanno” con il tempo (secondola sua celebre espressione), tenuto conto che il compitodella legge «è quello di fissare, attraverso ampie prospet-tive, le massime generali del diritto, di stabilire principifecondi di conseguenze, e non di scendere nei dettaglidelle questioni che possono nascere su ciascuna materia.Sta al magistrato e al giureconsulto, penetrati nello spi-rito generale delle leggi, di dirigerne l’applicazione».Nel codice deontologico napoleonico furono così intro-dotti gli artt. 4 e 5, per cui il giudice non può esimersicomunque dal giudicare per insufficienza o oscurità del-la legge, e le lacune possono essere normalmente colma-te con l’interpretazione o l’analogia o con l’introduzionesuccessiva di nuove norme. Né sarebbe intollerabilel’esistenza di ipotesi non previste (sarebbe anzi un costosopportabile), di fronte al vantaggio di una normativaspecifica e tassativa1.

In tal modo, con l’obbligo per il magistrato di decidereogni caso sottoposto al suo esame, e con il possibile uti-lizzo della interpretazione o della analogia, era di fattoassicurata la completezza del codice per tutti i prevedi-bili (e imprevedibili) comportamenti dei vari soggettiinteressati. Codificazione e tipizzazione delle regole hanno dunqueiniziato un cammino comune; e tuttavia è doveroso direche la tipizzazione delle regole non risponde soltanto auna esigenza formale, per dare completezza all’ordina-mento, ma è soprattutto un valore sostanziale perché as-sicura il rispetto del principio di legalità (nullum crimen-sine lege). È questo un principio fondamentale nel dirittopenale, ma è anche un regola necessaria in ogni sistema,quando l’esigenza garantista di contestare all’incolpatole sole violazioni previste dall’ordinamento (presuppostoper infliggere una predeterminata sanzione) impone lanecessità di applicare tale principio a tutti i comporta-menti sottoposti a valutazione giudiziaria, e quindi an-che agli illeciti disciplinari.

2. La storia e il codice deontologico forense del 1997.Quando questi problemi si sono presentati nell’ambitoforense (a far tempo dagli anni 1970 - 1980), non vi eraancora la codificazione deontologica per gli illeciti di-sciplinari, ma vi era solo il vecchio art. 38 della leggeprofessionale del 1933 che sanzionava la responsabilitàdegli avvocati «per abusi e mancanze nell’esercizio dellaprofessione» o comunque per fatti commessi «non con-formi alla dignità e al decoro».Tale formulazione era del tutto insufficiente, come ab-biamo ripetutamente sottolineato2, eppure giustificatadalla Cassazione, che era intervenuta sul punto risol-vendo il problema nel solo modo possibile, e cioè affer-

1 In tale senso sono i primi articoli del codice napoleonico(art. 4: il giudice che rifiuterà di giudicare adducendo a pre-testo il silenzio, l’oscurità o l’insufficienza della legge potrà es-sere perseguito come colpevole di denegata giustizia), alcontempo essendo proibito ai giudici di decidere in forma ge-nerale (art. 5: è vietato ai giudici di pronunciarsi in via di di-sposizione generale e regolamentare nelle cause loro sotto-poste). Di qui la completezza dell’ordinamento.Il Discours préliminaire accompagna il codice che è stato pro-mulgato il 21 marzo 1804. Si dice che Napoleone abbia par-

tecipato a 57 sedute sulle 102 che il Consiglio di Stato ebbe adedicare ai lavori.Su tutto si vedano anche i riferimenti nel nostro articolo Di-ritto e deontologia, in Rass. forense, 1985, 471, e in Saggi sulladeontologia e professione forense, Milano, 1987, 40. 2 Si veda ad esempio, il nostro scritto Il fondamento della potestàdisciplinare nell’ordinamento deontologico, in Corriere giurid.,1988, 763, e nel volume L’indipendenza dell’avvocato, Milano,1990, 23.

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mando che il principio di legalità non si applica alle san-zioni disciplinari. Ciò con una prima fondamentale de-cisione del 1974, secondo la quale il giudice disciplinarenon è obbligato a rispettare il principio della tassativitàpoiché il precetto deontologico «anche se inespresso oespresso in forma generale è rilevato obiettivamente dallacoscienza sociale e dall’etica professionale in un dato mo-mento storico»3.D’altro lato, non si potevano ritenere estensibili al dirittodisciplinare i principi del diritto penale, poiché «il prin-cipio di stretta tipicità dell’illecito proprio del diritto pe-nale non trova applicazione nella materia disciplinareforense, nell’ambito della quale non è prevista una tassativaelencazione dei comportamenti illeciti non conformi, ma soloquella dei doveri professionali»4. Era dunque formalmentegiustificata la mancanza di una specificazione degli ille-citi (tutto rientrando nella previsione contenuta nell’art.38 della vecchia legge professionale), e in tal senso la

giurisprudenza disciplinare del tempo ha sempre re-spinto le varie eccezioni proposte, giudicando la variega-ta casistica sottoposta al suo esame senza alcuna esita-zione o limitazione5. Ciò tuttavia non ha impedito di tenere in evidenza ilproblema6 e di riprenderlo in considerazione, con estre-ma chiarezza, nel momento in cui si è presentata l’occa-sione di procedere alla codificazione ufficiale delle rego-le deontologiche, con la nomina a tal fine della relativaCommissione, il 23 novembre 1995. La Commissioneincaricata ha infatti formulato le norme deontologiche cer-cando di operare una sintesi tra la necessità di indicarei principi generali e al contempo di tipizzare i compor-tamenti costituenti violazioni deontologiche. Così, lesingole regole deontologiche sono state accompagnate (ovepossibile o necessario) da specifici canoni complementari(indicanti i comportamenti nell’ambito di ciascuna rego-la), e l’astrattezza dei principi è stata temperata dalla ti-

3 Cass., sez. un., 25 novembre 1974, n. 3810, nella motiva-zione, in Foro it., 1975, I, 33, e in Giust. civ., 1975, I, 390. Ilprincipio è ripreso anche in tutta la giurisprudenza successiva(così ad esempio, molto dettagliatamente, Cass. sez. un., 6giugno 2012, n. 8225).Sul punto si veda anche diffusamente l’introduzione al nostroCodice deontologico forense, Milano, 1984, 5, e il nostro Corso diordinamento forense e deontologia, Milano, 1989 (1°ediz.), 228,in cui abbiamo sottolineato l’opportunità di superare la peti-zione di principio della Cassazione. Infatti, «approfittando delfatto che la giurisprudenza attuale si indirizza verso una inter-pretazione di salvaguardia, è bene sottolineare la necessità di addi-venire al più presto alla tipizzazione degli illeciti disciplinari(cioè alla codificazione), per la legittimità e costituzionalità delsistema e per la stessa tutela dei diritti degli incolpati, oltrechéper la formazione di un comune senso etico professionale, in-dispensabile per la stessa crescita culturale della categoria».4 Così, ad esempio, Cass., sez. un., 16 dicembre 2013, n.27996. In effetti, la giurisprudenza ha sempre sottolineato ladiversità tra le norme disciplinari e le norme penali e in talsenso si è espressa anche la dottrina osservando, curiosamen-te, che il diritto disciplinare è “un droit pénal au petit pied”:l’espressione è di F. Delpérée, Le droit disciplinaire. Unité ou di-versité, in Rev. trim. droits de l’homme, 1995, 341 e 345.Su queste problematiche si vedano anche i nostri scritti L’or-dinamento disciplinare attuale: profili di incostituzionalità, in Saggisulla deontologia e professione forense, Milano 1987, 57; Il pro-

cedimento disciplinare e il giusto processo, in Rass. forense, 2003,15, e nel volume Deontologia e giustizia, Milano, 2003, 103.5 Gli stessi problemi si sono posti nell’ambito dell’ordinamentogiudiziario, quando si è discusso sul codice deontologico deimagistrati.Proprio a quel tempo si riferiscono gli interventi più signifi-cativi. Così, ad esempio, si veda G. FICI, La tipizzazione degliilleciti disciplinari, in Quaderni della giustizia, 1984, n. 35, 18;G. FICI, In tema di tipicizzazione degli illeciti disciplinari dei ma-gistrati, in Giust. civ., 981, I, 2171 (nota a Corte cost. 8 giugno1981, n. 100). Per G. FICI, l’esistenza di una norma di chiusu-ra finisce per contraddire alla funzione garantista. In questo dibattito si era inserito poi il Ministro G.M. FLICk,nella audizione della Commissione giustizia della Camera il20 giugno 1996, per cui «l’obiettivo è quello di perseguire invia prioritaria il superamento dell’assoluta carenza di tipicitàdell’illecito disciplinare quale delineato dalla normativa vi-gente» (pag. 13 Atti parlamentari).6 È quanto abbiamo fatto nella codificazione che abbiamo pro-posto nel 1984, integrando la formulazione dei principi e deicomportamenti con tutta la giurisprudenza rilevata.Si veda in tal senso il nostro Codice deontologico forense, Milano,1984, e la segnalazione di G. GORLA, Note a margine di un“codice deontologico forense”, in Giust. civ., 1984, II, 500, chesottolinea il circolo che si crea con la individuazione delle re-gole astratte e la deduzione delle stesse dai casi concreti decisidalla giurisprudenza.

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235picizzazione dei comportamenti (i canoni complementari,appunto, indicati con i numeri romani), che individua-vano le fattispecie concrete più ricorrenti7. Tale è statodunque il Codice deontologico emanato dal C.N.F. il 7aprile 1997, sottoposto poi al Congresso di Trieste8. Inesso, per eliminare ogni possibile lacuna, è stata intro-dotta anche una norma di chiusura o di salvaguardia finale(art. 60) che sanziona ogni altra ipotesi di inosservanzadelle regole professionali9.È a tutti chiaro che l’esistenza di una norma di chiusura(o di salvaguardia) indebolisce la valenza garantista chevorrebbe perseguiti soltanto i comportamenti specifica-mente tipizzati, ma è anche vero che la possibile esten-sione dei principi generali non può rappresentare un’al-terazione nella valutazione dei comportamenti da osser-vare, tenuto conto anche del controllo giurisdizionaleda parte del Consiglio nazionale forense e poi della Cas-sazione a sezioni unite10.

3. La nuova legge professionale (2012) e il nuovo co-dice deontologico (2014).Questa essendo la situazione, la nuova legge professio-nale (n. 247 del 2012) si è posta necessariamente il pro-blema della tipizzazione degli illeciti disciplinari e delleconseguenti sanzioni, ed è intervenuta con una specificadisposizione stabilendo che le norme racchiuse nel Co-dice deontologico «per quanto possibile, devono essere ca-ratterizzate dall’osservanza del principio della tipizzazionedella condotta e devono contenere l’espressa indicazione dellasanzione applicabile» (art. 3.3 l.p.f.)11.La legge dunque ha definito il quadro di riferimento e ilnuovo codice deontologico approvato dal C.N.F., entra-to in vigore il 16 dicembre 2014, si è adeguato indivi-duando le specifiche condotte da osservare e le relativesanzioni.Tutti gli articoli del codice, infatti, indicano specificicomportamenti e per ciascuno di essi è indicata la rela-tiva sanzione, ad eccezione degli articoli da 1 a 22, che

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7 Tutti i lavori preliminari e preparatori della Commissione in-caricata della redazione del Codice sono pubblicati sulla Rass.forense del 1996 e 1997. La distinzione tra rules e canons, ethi-cal considerations e disciplinaryr ules, è propria dei codici sta-tunitensi (le Model Rules e il Model Code).In un commento di allora, G. ALPA, Appunti sul progetto di co-dice deontologico degli avvocati italiani, in Giur. it., 1996, IV, 393,precisava che «non è materialmente possibile (anzi, sarebbesconsigliabile) individuare il maggior numero di fattispecie»,poiché le disposizioni devono essere ampie ed elastiche, «talicioè da adattarsi all’evolvere delle circostanze e delle esigenzeespresse dalla società civile e, nel caso, dall’attività forense».8 Il codice è stato appunto emanato dal C.N.F. il 7 aprile 1997e, successivamente alla sua approvazione, nel Congresso diTrieste del 1997 è stato “recepito” dall’Assemblea generale(vedi la mozione finale in Rass. forense, 1997, 945: «l’assem-blea raccomanda ai Consigli dell’ordine la rigorosa applica-zione dei principi fondamentali della deontologia anche cometipizzati dal Codice deontologico del Consiglio nazionale fo-rense solennemente presentato al Congresso per garantire illivello professionale della categoria»).9 L’art. 60 del (vecchio) codice deontologico del 1997 preci-sava che «le disposizioni specifiche di questo codice costitui-scono esemplificazioni dei comportamenti più ricorrenti e nonlimitano l’ambito di applicazione dei principi generali espres-si». Con ciò non potevano esservi dubbi sulla “chiusura” della

normativa e sulla completezza della codificazione. Si veda ilcommento sull’art. 60 nel nostro Il Codice deontologico forense,Milano, 2006, 3° ed, 839. Come è noto, nell’ambito del pro-cesso disciplinare dei notai è considerata norma “di chiusura”la disposizione dell’art. 147, lett. a, legge notarile, che rappre-senta una previsione a forma libera. 10 Quanto alle sanzioni, all’atto pratico si era riconosciutal’inopportunità di indicare le specifiche sanzioni, perché ciòavrebbe finito per costituire un sistema rigido, con sanzioniimposte in modo automatico e quasi di diritto (mentre è notala censura di incostituzionalità di questo tipo di sistema, do-vendo le sanzioni essere applicate secondo un principio diproporzione e di adeguatezza con riferimento al caso con-creto). Si era quindi ritenuta sufficiente una disposizione dicarattere generale, quale quella prevista nell’art. 2 (vecchio)c.d.f., che consentiva comunque di graduare le sanzioni se-condo la gravità dei fatti e le altre situazioni indicate. 11 Originariamente il testo di legge prevedeva la “stretta osser-vanza” del principio della tipizzazione. Successivamente laprevisione legislativa è cambiata, per tener conto dei rilieviparlamentari e quindi «per evitare che il richiamo al principiodi tassatività dell’illecito disciplinare possa ingessare eccessi-vamente l’autonomia deontologica, che proprio per sua naturadeve poter accompagnare l’evoluzione della professione inmodo dinamico». È stata quindi adottata la formula “perquanto possibile”.

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comprendono i principi generali. Per questi ultimi, in-fatti, non vi sono sanzioni e vi è semplicemente una nor-ma di richiamo (l’art. 20, con la rubrica Responsabilitàdisciplinare), che rinvia agli illeciti tipizzati nei successiviarticoli. Questa norma dispone infatti che «la violazionedei doveri di cui ai precedenti articoli costituisce illecito di-sciplinare perseguibile nelle ipotesi previste nei titoli II, III,IV, V, VI, di questo codice».È evidente l’insufficienza e l’inopportunità di tale dispo-sizione, poiché essa attesta che, per i compilatori del Co-dice deontologico, l’elencazione dei doveri generali aiquali è tenuto l’avvocato ha un mero intento enunciativoo esemplificativo, dal momento che tutte le possibili vio-lazioni sono perseguibili soltanto nelle ipotesi previstenei titoli successivi.Abbiamo quindi vivamente criticato questa impostazio-ne, che escludeva l’estensibilità dei principi generali aicomportamenti non tipizzati, e abbiamo espresso il ti-more che potessero rimanere gravi comportamenti im-puniti12. L’esclusione disposta dall’art. 20, infatti, ren-deva non recuperabili i principi generali, e ciò nono-stante il fatto che fosse invocata (nella Relazione illustra-tiva al codice deontologico) una norma di chiusura chesarebbe stata quella contenuta nella legge professionale(art. 3.2), con “l’inserzione” di essa nell’art. 9 del codicedeontologico13.Abbiamo anche sottolineato il fatto che la tipizzazionenon doveva essere concepita come un dogma, ma dovevaessere realizzata per quanto possibile, come prescritto, te-

nuto conto anche dei nuovi profili di illecito disciplinaredisposti dal legislatore senza l’indicazione di alcuna spe-cifica sanzione14.E abbiamo infine rilevato che, nello stesso Codice deon-tologico attuale, esistono disposizioni “aperte”, cioè nontipizzate, come ad esempio l’art. 63 (Rapporti con i terzi),per cui l’avvocato deve comportarsi in modo da noncompromettere la dignità della professione e l’affida-mento dei terzi; o l’art. 61.1 (Arbitrato), per cui l’avvoca-to deve improntare il proprio comportamento a probitàe correttezza; o l’art. 71.1 (Dovere di collaborazione), percui l’avvocato deve collaborare con le Istituzioni nel ri-spetto del dovere di verità; o l’art. 69.1 (Elezioni e rap-porti con le Istituzioni forensi), per cui l’avvocato deveadempiere l’incarico con diligenza, indipendenza e im-parzialità; e altro ancora.Insomma, si vuol dire che il richiamo ai principi generalinon avrebbe dovuto essere soltanto enunciativo comepalesato dall’art. 20.

4. Le prime applicazioni pratiche (2015-2017).In effetti, nelle prime applicazioni delle norme deonto-logiche da parte delle singole Commissioni distrettualidi disciplina (C.D.D.) e del C.N.F. il problema è apparsoevidente quando alcune gravi violazioni si sono realisti-camente palesate come difficilmente riconducibili ai sin-goli comportamenti tipizzati.Il caso più rilevante è quello giudicato dal Consigliodell’ordine di Torino (che ha inflitto la radiazione) e poi

12 Si veda al riguarda il nostro Il nuovo codice deontologico fo-rense, Commentario, Milano 2014, 145, con la conclusione che«tale impostazione dovrà evidentemente essere valutata all’attopratico, essendo augurabile che non rimangano comporta-menti impuniti». Nello stesso senso abbiamo rilevato che «og-gettivamente non sembra che la formulazione adottata sia lapiù idonea per dare completezza al sistema e anzi la disposi-zione sembra ridurre la stessa rilevanza dei principi» (Il nuovocodice deontologico forense, in Prev. forense, 2014, 152). 13 Così è nella Relazione illustrativa al codice deontologico,che mette in evidenza l’espressione contenuta nella legge pro-fessionale (art. 3) che impone l’osservanza del principio dellatipizzazione della condotta “per quanto possibile”, aggiungendoche la norma di chiusura è costituita dall’art. 3.2 l.p.f., ovesono elencati i doveri, a loro volta inseriti nell’art. 9 del codice.

Il raccordo sarebbe poi operato dall’art. 20.Nello stesso senso si è espresso G. ALPA, Un modello “misto”di regole deontologiche per comportamenti corretti degli avvocati,in Guida al diritto, 2013, n. 31, 25, che ricorda i problemi dellatipicità o atipicità dell’illecito civile (con riferimento, ad esem-pio, alla clausola generale dell’art. 2043 c.c.) e analizza lastruttura del vecchio codice (con i principi, la clausola gene-rale dell’art. 60 e i canoni complementari), nonché del codiceattuale (discendente dalla nuova legge professionale), conclu-dendo che si tratta di un sistema misto tipizzato per quantopossibile, ma ricostruibile anche «sulla base della norma di chiu-sura che è contenuta nella legge forense medesima (articolo 3,comma 2)».14 Così, nel nostro Il nuovo codice deontologico forense, Commen-tario, Milano, 2014, 20.

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237dal Consiglio nazionale forense (che ha inflitto la so-spensione per 3 anni: decisione n. 137 del 18 settembre2015) e riguarda un avvocato condannato penalmenteper il reato di traffico e detenzione illecita di sostanzestupefacenti. L’unica norma richiamabile del codice de-ontologico è l’art. 4.2 (per cui «l’avvocato cui sia impu-tabile un comportamento non colposo che abbia violatola legge penale è sottoposto a procedimento disciplinare,salva in questa sede ogni autonoma valutazione sul fattocommesso»), ma tale articolo è senza sanzione e l’art.20 non autorizza l’estensione dei principi generali, comeabbiamo già rilevato15.Così, con una lunga e dettagliata motivazione il C.N.F.ha richiamato i principi della legge professionale (art.3.3, art. 51.1, art. 17.1 lett. h) e del codice deontologico(art. 4.2, art. 20, art. 21) e ha affermato che il sistema«viene governato dall’insieme delle sopra richiamatenorme, primarie e secondarie», che «sono idonee a con-sentire la coesistenza nell’ambito disciplinare della ma-trice tipica con quella atipica». Considerata poi la strettaconnessione tra procedimento penale e procedimentodisciplinare, la decisione del C.N.F. richiama il principioaffermato ripetutamente dalla Cassazione, secondo il

quale «in tema di illeciti disciplinari, stante la stretta af-finità delle situazioni, deve valere il principio affermatoin tema di norme penali incriminatrici a forma libera,per le quali la predeterminazione e il criterio dell’incol-pazione viene validamente affidato a concetti diffusi egeneralmente compresi nella collettività in cui il giudicedisciplinare opera». E quanto infine alla sanzione, lemodalità indicate negli artt. 21 e 22 c.d.f. permettonodi determinarne la misura, con irrogazione della relativapena disciplinare.A questa prima decisione sono seguite numerose altreche hanno affermato i medesimi principi, in relazioneai vari comportamenti sottoposti a giudizio (false comu-nicazioni, mediazione immobiliare, proposizione diazioni inammissibili, espressioni offensive e minatorie,corruzione in atti giudiziari e altro)16.Anche la Cassazione ha confermato la legittimità delleargomentazioni, richiamando l’art. 3.3 della legge 247/2012 e l’art. 9 c.d.f., con la possibilità quindi di conte-stare l’illecito «anche sulla base della citata norma dichiusura»17.Insomma, la giurisprudenza disciplinare ha dovuto ri-chiamare i principi generali affermati dalla legge e pre-

15 In effetti, abbiamo fatto presente (Il nuovo codice deontologicoforense, Commentario, Milano, 2014, 80), che l’art. 4.2 (l’avvo-cato è sottoposto a procedimento per violazione della legge pe-nale, non colposa) non riguarda propriamente la volontarietàdella condotta ma la mancanza di probità dipendente dalla vio-lazione dolosa della legge penale, e quindi avrebbe potuto es-sere ricompreso in altro contesto, con una specifica sanzione. 16 Le varie decisioni sono state massimate con la formulazionedei seguenti principi (Consiglio nazionale forense, 3 maggio2016, n. 112): «il nuovo Codice Deontologico Forense è infor-mato al principio della tipizzazione della condotta disciplinar-mente rilevante, “per quanto possibile” (art. 3, co. 3, L. 247/2012), poiché la variegata e potenzialmente illimitata casisticadi tutti i comportamenti (anche nella vita privata) costituentiillecito disciplinare non ne consente una individuazione detta-gliata, tassativa e non meramente semplificativa. Conseguente-mente, la mancata “descrizione” di uno o più comportamentie della relativa sanzione non genera l’immunità, ma imponel’applicazione dell’art. 21 del nuovo CDF secondo il quale: i)oggetto della valutazione degli Organi giudicanti deve essereil comportamento complessivo dell’incolpato; ii) le sanzionidebbono essere adeguate e proporzionate alla violazione de-

ontologica commessa, e vanno quindi scelte ed inflitte fraquelle previste dal successivo art. 22». E ancora: «il nuovoCodice Deontologico è tuttora ispirato al principio già affer-mato in tema di norme penali incriminatrici a forma libera,per le quali la predeterminazione e il criterio dell’incolpazioneviene validamente affidato a concetti diffusi (id est principi,criteri), generalmente compresi nella collettività in cui il giu-dice opera, i quali sono utilizzati per classificare, stabilizzaree sanzionare quei comportamenti illeciti non espressamenteprevisti».17 Così Cass., sez. un., 18 luglio 2017, n. 17720, per cui «ilnuovo Codice Deontologico Forense è informato al principiodella tipizzazione della condotta disciplinarmente rilevante edelle relative sanzioni, “per quanto possibile” (art. 3, co. 3, l.247/2012)... Conseguentemente… è possibile contestare l’il-lecito anche sulla base della citata norma di chiusura, secondocui la professione forense deve essere esercitata con indipen-denza, lealtà, probità, dignità, decoro, diligenza e competenza,tenendo conto del rilievo sociale e della difesa e rispettando iprincipi della corretta e leale concorrenza».Nello stesso senso Cass., sez. un., 11 luglio 2017, n. 17115,che ha rigettato l’istanza di sospensiva proposta.

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238 cisati dal Codice deontologico (nel titolo I), per poterragionevolmente sanzionare tutti i comportamenti ille-citi riscontrati.

5. Le modifiche proposte all’art. 20 c.d.f. (deliberaC.N.F. 22 settembre 2017). Tenuto conto di queste decisioni, opportunamente ilConsiglio nazionale forense è ora intervenuto per elimi-nare in radice ogni possibile discussione, e ciò ha fattocon una delibera del 22 settembre 2017 con cui viene ra-dicalmente modificato l’art. 20 del codice deontologico18.Nella Relazione che accompagna tale proposta di modi-fica (anche per consentire ai Consigli dell’ordine diesprimere il parere richiesto al riguardo, secondo il me-todo della consultazione previsto dall’art. 35, comma 1,lett. d legge 247/2012), si spiega chiaramente la norma-tiva esistente, e la volontà di «rafforzare… l’incontesta-bile principio» che impone di sanzionare ogni violazio-ne della legge e delle regole di condotta, tenuto contodella sostanziale preesistenza della “norma di chiusura”(che obiettivamente la formulazione precedente tendevaa escludere).Di fatto, ora, la formulazione proposta dell’art. 20 è mol-to precisa e sicuramente utile per superare le problema-tiche emerse. Il nuovo testo dell’art. 20 è infatti nei se-guenti termini: «La violazione dei doveri e delle regoledi condotta di cui ai precedenti articoli e, comunque,tutte le infrazioni ai doveri e alle regole di condotta im-posti dalla legge o dalla deontologia costituiscono illecitidisciplinari ex art. 51 c. 1 l. n. 247/2012. Tali violazioni,

ove riconducibili alle ipotesi tipizzate ai titoli II, III, IV,V, VI del C.D., comportano l’applicazione delle sanzionidisciplinari ivi espressamente previste; ove non ricon-ducibili comportano l’applicazione delle sanzioni disci-plinari di cui agli artt. 52 lett. c e art. 53 l. n. 247/2012,da individuarsi e da determinarsi, quanto alla loro enti-tà, sulla base dei criteri di cui agli artt. 21 e 22 del Co-dice Deontologico».È dunque evidente che il problema della tipizzazione hatrovato una sua risoluzione, come era auspicabile (senzaproblemi per i giudizi in corso), e ciò permette di rivalu-tare formalmente tutti i principi enunciati, ma può esse-re anche occasione per rinnovare l’attenzione sull’assettogenerale del codice che potrebbe avere maggiore organi-cità, coerenza e precisione.Vi sono infatti i principi generali da riformulare (senzainutili duplicazioni e recuperando, ad esempio, ancheil dovere di verità); vi sono i divieti ripetuti in alcuni ca-si con differenti sanzioni che potrebbero essere ripresiin esame, e vi sono le disposizioni che meriterebberouna semplificazione (come il dovere di riservatezza dellacorrispondenza)19. Un approfondimento generale potrebbe poi riguardareanche le modalità con cui vengono assunte le decisionidisciplinari (senza o con modesta attività istruttoria), eugualmente l’introduzione di concetti (ad esempio la“suitas”, quale elemento soggettivo sufficiente dell’illecitodisciplinare), che sembrano estranei alle tradizionali de-finizioni20.Insomma, molto può essere ancora fatto.

La tipizzazione degli illeciti disciplinari(la storia e il codice deontologico)

18 Con la proposta di modifica dell’art. 20 il C.N.F. è interve-nuto anche sull’art. 27, in ossequio alle nuove disposizioni nor-mative intervenute. Tra i doveri di informazione alla parteassistita, infatti, è fatto carico all’avvocato di dare indicazionisui costi della prestazione (preventivo) e sulla possibilità di av-valersi della negoziazione assistita. Come abbiamo detto, leproposte sono state sottoposte ai Consigli dell’ordine per la de-finitiva approvazione.19 Si veda il nostro commento in Il nuovo codice deontologico fo-rense, Commentario, Milano, 2014, in ogni capitolo relativa-mente ai vari titoli (pagg. 79-81, 158-160, 259, 290-291,391-392, 417).Si veda anche La riservatezza della corrispondenza: una propostadi modifica, in Corriere giurid., 2016, 648.

20 Tra le tantissime decisioni, si veda ad esempio Consiglio naz.forense, 3 luglio 2017, n. 79, per cui «ai fini della sussistenzadell’illecito disciplinare è sufficiente la volontarietà del com-portamento dell’incolpato, e, quindi, sotto il profilo soggettivo,è sufficiente la “suitas” della condotta intesa come volontà con-sapevole dell’atto che si compie, dovendo la coscienza e volon-tà essere interpretata in rapporto alla possibilità di esercitaresul proprio comportamento un controllo finalistico e, quindi,dominarlo. L’evitabilità della condotta, pertanto, delinea la so-glia minima della sua attribuibilità al soggetto, intesa come ap-partenenza della condotta al soggetto stesso, a nulla rilevandola ritenuta sussistenza da parte del professionista di una causadi giustificazione o non punibilità».

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2391. Premessa – 2. Le modifiche in tema di associazionitra avvocati. – 3. Le modifiche in tema di società tra av-vocati. – 4. La disciplina dell’esercizio professionale informa societaria. – 5. L’esigenza di norme attuative. – 6.Il regime fiscale. – 7. Il regime previdenziale. – 8.L’esclusione dal fallimento. – 9. Il regime disciplinare.

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1. Con un’operazione di ortopedia giuridica, non inu-suale nel nostro sistema di produzione normativa, l’art.1, comma 141 della legge 4 agosto 2017 n. 124 (leggeannuale per il mercato e la concorrenza) ha introdottomodifiche alla legge 31 dicembre 2012, n. 247, recante“Nuova disciplina dell’ordinamento della professione fo-rense”, pubblicata nella G.U. 18 gennaio 2013, n. 15.L’operazione ha riguardato gli artt. 4 e 5 dell’ordina-mento forense, rispettivamente in materia di “Associa-zioni tra avvocati e multidisciplinari” (art. 4) e di “Eser-cizio della professione forense in forma societaria” (art.5), nonché l’art. 13 in tema di conferimento dell’incaricoe compenso (al comma 5 sono state eliminate le parole“a richiesta”).

2. Per quanto riguarda l’art. 4 sono state soppresse siale parole “Gli associati hanno domicilio professionalenella sede dell’associazione” (comma 3, quinto periodo);sia l’intero comma 4: “L’avvocato può essere associato aduna sola associazione”. A seguito di siffatte modifichesoppressive gli associati hanno domicilio professionalesecondo le disposizioni dell’art. 7 della legge 247/2012,di regola coincidente con il luogo in cui svolgono la pro-fessione in modo prevalente; e ad essi è data facoltà dipartecipare a più associazioni, senza alcun limite.

3. L’art. 1, comma 141, della L. 124/2017 ha inserito,nella L. 247/2012, dopo l’art. 4, l’art. 4-bis sotto la ru-brica Esercizio della professione forense in forma societaria,con il quale è stato espressamente abrogato l’art. 5, ru-bricato “Delega al Governo per la disciplina dell’eserci-zio della professione forense in forma societaria” e vienedettata una disciplina ex novo di detto esercizio, prescin-dendosi dai criteri e principi direttivi contenuti nella de-lega al Governo di cui all’abrogato articolo 5, delega che,come è noto, il Governo aveva fatto decadere omettendo

di darvi esecuzione nel termine semestrale assegnatoglidal Parlamento.

4. L’art. 4-bis dispone che l’esercizio della professione fo-rense in forma societaria è consentito a società di per-sone, a società di capitali o a società cooperative iscrittein un’apposita sezione speciale dell’albo tenuto dall’Or-dine territoriale nella cui circoscrizione ha sede la stessasocietà. La novità riguarda l’estensione dell’esercizio pro-fessionale alle società di capitali e alle società cooperativeperché alle società di persone (nella forma tuttavia dellasola società in nome collettivo) detto esercizio era giàconsentito dal D. Lvo n. 96/2001 (emanato in attuazionedella direttiva 98/5/CE volta a facilitare l’esercizio per-manente della professione di avvocato in uno Statomembro diverso da quello in cui è stata acquisita la qua-lifica professionale) il quale aveva dettato una completadisciplina della materia. Detto articolo, nel disporre alcomma 1 che l’esercizio della professione forense informa societaria è consentito a società di persone, a so-cietà di capitali e a società cooperative iscritte in un’ap-posita sezione speciale dell’albo, estende, quanto allaprima tipologia, il riferimento alla società semplice e allasocietà in accomandita semplice, e, quanto alle altre, aimodelli disciplinati dal codice civile. Lo stesso articolo,al comma 2, lettera a) amplia, tuttavia, nelle società dipersone, i requisiti soggettivi dei soci, disponendo chegli stessi, per almeno due terzi del capitale sociale e deidiritti di voto, devono essere avvocati iscritti all’albo, ov-vero avvocati iscritti all’albo o professionisti iscritti inalbi di altre professioni. Deve quindi ritenersi superatada tale ampliamento la limitazione della partecipazionealla società di persone ai soli soci avvocati fissata nell’art.1, comma 1, del citato D. Lvo 96/2006.

5. A differenza della L. 10 novembre 2011, n. 183, sullesocietà tra professionisti, che aveva demandato la pro-pria esecuzione ad un apposito regolamento (emanatodal Ministro della giustizia di concerto col Ministro dellosviluppo economico l’8 febbraio 2013 col n. 34 ed en-trato in vigore il 21 aprile successivo), l’art. 4-bis, di cuistiamo discutendo, nulla al riguardo dispone, nono-stante la palese laconicità del proprio testo, limitato adaffermazioni di principio e ad indicazioni di carattere

Brevi note sulle società tra avvocati

di Michele Salazar

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Brevi note sulle società tra avvocati

generale e quindi insufficiente sul piano operativo. Or-bene, poiché nella materia in esame non può farsi rife-rimento al regolamento emanato per l’esecuzione di unalegge precedente (e cioè della legge n. 183/2011), deveprevedersi che il Governo adotterà apposite norme re-golamentari, ai sensi dell’art. 17 L. 23 agosto 1988, n.400, per colmare le lacune che in atto l’art. 4-bis pre-senta (si pensi, ad esempio, ai requisiti specifici per l’am-missione alla società dei soci non professionisti). Va quiricordato che il Governo può emanare anche regola-menti per disciplinare le materie in cui manchi la disci-plina da parte di leggi e di atti aventi forza di legge,sempre che non si tratti di materie comunque riservatealla legge (lett. c) art. cit.)1.

6. L’art. 5 della L. 247/12 aveva opportunamente indi-cato, nella delega al Governo per la disciplina dell’eser-cizio della professione forense in forma societaria, tra glialtri, i seguenti principi e criteri direttivi: qualificare iredditi prodotti dalla società tra avvocati quali redditi dilavoro autonomo anche ai fini previdenziali, ai sensi delcapo V del titolo I del testo unico delle imposte sui red-diti, di cui al Decreto del Presidente della Repubblica22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni;stabilire che l’esercizio della professione forense in formasocietaria non costituisce attività di impresa e che, con-seguentemente, la società tra avvocati non è soggetta alfallimento e alle procedure concorsuali diverse da quelledi composizione delle crisi di sovraindebitamento. Sif-fatti principi non hanno trovato attuazione – come si ègià detto – da parte del Governo destinatario della de-lega, né sono transitati nella legge annuale per il mercatoe la concorrenza, lasciando così insoluti i problemi cheessi miravano a risolvere. Deve quindi domandarsi, allostato della legislazione vigente, come vanno qualificati,ai fini fiscali e ai fini previdenziali, i redditi delle societàtra avvocati; e se l’esercizio della professione forense informa societaria sia escluso dal fallimento e dalle proce-dure concorsuali diverse da quelle di composizionedelle crisi di sovraindebitamento.La risposta al primo quesito è tutt’altro che agevole per-ché, in mancanza di specifica disposizione che qualifichii redditi prodotti dalle società tra avvocati quali redditidi lavoro autonomo2, potrebbero trovare applicazione le

norme sul reddito d’impresa, il quale è tassato per “com-petenza”, senza ritenuta. Ne deriva, in tale ipotesi, chela tassazione ha ad oggetto l’utile di esercizio (ricavimeno costi) risultante dal bilancio, il quale viene assog-gettato all’IRES e all’IRAP. L’utile netto, e cioè l’utile cheresidua dopo la tassazione, è distribuito ai soci in pro-porzione alla loro partecipazione societaria e secondo leprevisioni e gli accordi fissati nell’atto costitutivo o nellostatuto (o nei patti parasociali). Questa costruzione puòtuttavia essere superata in forza del rilievo che nelle so-cietà tra avvocati l’oggetto sociale è l’esecuzione in co-mune da parte dei soci in via esclusiva dell’attivitàprofessionale di lavoro autonomo. Anche se nell’art. 4-bis non v’è un espresso riferimento all’oggetto sociale, siricava dal testo dello stesso articolo (e dalla sua rubrica)che l’oggetto sociale esclusivo è “l’esercizio della profes-sione forense” e quindi necessariamente un’attività di la-voro autonomo secondo la disciplina del codice civile(artt. 2229 e ss.) e della legge professionale (art. 2, c. 1).Il che trova conferma nel comma 3, dove si precisa che“anche nel caso di esercizio della professione forense informa societaria resta fermo il principio della personalitàdella prestazione professionale”; con l’ulteriore specifi-cazione che “l’incarico può essere svolto soltanto dai sociprofessionisti in possesso dei requisiti necessari per losvolgimento della specifica prestazione professionale ri-chiesta dal cliente”.

7. Il compenso riscosso dal socio avvocato, ancorchépossa essere qualificato dalla società come “dividendo”,costituisce comunque, secondo quanto già precisato,reddito professionale assoggettabile quindi ai fini previ-denziali sia al contributo soggettivo, sia al contributo in-tegrativo (4%) da parte della Cassa Forense, stante l’ob-

1 La materia fiscale e la materia previdenziale, per l’aspetto re-lativo ai versamenti dei contributi da parte dei lavoratori, sonocoperte da riserva di legge ai sensi dell’art. 23 della Costitu-zione. Il regolamento attuativo della L. 183/2011, infatti, nonse ne occupa.2 Si veda, ad es., il comma 7 dell’art. 4 della L. 247/2012: “Iredditi delle associazioni tra avvocati sono determinati se-condo i criteri di cassa, come per i professionisti che eserci-tano la professione in modo individuale”.

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241bligatorietà dell’iscrizione alla stessa del socio avvocato.È pacifico infatti che l’imprescindibile contestuale iscri-zione all’albo e alla Cassa del socio avvocato dà luogoagli obblighi e ai diritti previsti dalle disposizioni in ma-teria previdenziale. In ragione di detta contestualità, checostituisce il perno dell’attuale sistema previdenziale fo-rense, il reddito professionale, vale a dire il reddito pro-dotto dal lavoro autonomo degli avvocati, è attratto –senza deroghe (art. 21, c. 10 L.247/2012)3 né distorsioni– all’interno di detto sistema, quale che sia la forma, in-dividuale, associata4 o societaria usata per l’eserciziodella professione forense. Il vigente regime previdenziale– strutturato dalla legge (art. 21, c. 8 e 10, L. 247/2012)come obbligatorio ed esclusivo – deve trovare quindiapplicazione indifferentemente per tutti gli avvocatiiscritti all’albo professionale e contestualmente allaCassa Forense. La ricerca dei meccanismi di contabiliz-zazione e impositivi necessari al funzionamento unitariodel sistema così strutturato è rimessa ovviamente alleautorità competenti che dovranno muoversi in questadirezione nell’ottica della inderogabilità del regime diiscrizione obbligatoria degli avvocati alla Cassa di pre-videnza forense, istituito dall’art. 21 della legge profes-sionale, che ha “blindato” il regime medesimo sotto ogniprofilo escludendo qualsiasi altra forma di previdenza.Le soluzioni non sono semplici a causa dell’attuale vuotonormativo, che tuttavia potrà essere colmato recupe-rando per un verso i principi che il Parlamento avevadettato nell’abrogato art. 5 della L. 247/2012 e per altroverso attingendo alle disposizioni contenute nel D. Lvon. 96/2001, nella legge professionale (art. 2, c. 1, art. 4,c. 3; e soprattutto art. 21, c. 8, 9 e 10 e relativo regola-mento di attuazione)5.Un primo passo in questa direzione può vedersi nellarecentissima legge di bilancio che ha disposto (al comma6-bis aggiunto all’art. 4-bis della l. 247/2012) l’obbligoa carico della società tra avvocati della maggiorazionepercentuale relativa al contributo integrativo su tutti icorrispettivi rientranti nel volume d’affari ai fini IVA,precisando che tale importo è riversato annualmente allaCassa nazionale di previdenza e assistenza forense. Ilsuccessivo art. 6-ter prevede, inoltre, l’emanazione entroun anno di un apposito regolamento per garantire l’at-tuazione del comma 6-bis.

8. Al secondo quesito sopra formulato può rispondersiche la società tra avvocati non è soggetta a fallimento(rectius: a “liquidazione giudiziale”, secondo la nuovaterminologia suggerita dall’art. 2, c. 1. lett. a) della legge19 ottobre 2017, n. 155). A questa conclusione si giun-ge in virtù dell’applicazione analogica alla fattispecie(analogia legis) dell’art. 16, c. 3, del D. Lvo n. 96/2001(“La società tra avvocati non è soggetta al fallimento”),il quale, ancorché dettato per la società di persone, puòestendersi a tutte le società ammissibili, stante l’identitàdella materia (esercizio di attività professionale svolta informa societaria).

9. Il comma 6 dell’art. 4-bis dispone che le società traavvocati “sono in ogni caso tenute al rispetto del codicedeontologico forense e sono soggette alla competenzadisciplinare dell’ordine di appartenenza”. La disposi-zione riproduce quasi testualmente la formula contenutanel comma 2, lettera h) dell’abrogato art. 5 della L. 247/2012. Il principio ivi affermato non è nuovo, essendostato introdotto, come è noto, nel nostro ordinamento,per la società in nome collettivo, dall’art. 30 del D. Lvon. 96/2001, la cui disciplina deve ritenersi ora applica-bile, in difetto di diverse specifiche disposizioni, a tuttii modelli di società tra avvocati. D’altra parte il principiotrovasi già trasfuso nell’art. 8 (facente parte dei principigenerali) del vigente codice deontologico forense pub-blicato nella G.U. n. 241 del 16 ottobre 2014.

3 Non è ammessa l’iscrizione ad alcuna altra forma di previ-denza se non su base volontaria e non alternativa alla Cassanazionale forense.4 Si noti che l’art. 4, c. 2, della L. 247/2012, a proposito delleassociazioni tra avvocati, dispone testualmente che “l’attivitàprofessionale svolta degli avvocati dà luogo agli obblighi e aidiritti previsti dalle disposizioni in materia previdenziale”.5 Il CNF ha istituito un’apposita commissione di studio alfine di elaborare proposte concrete.

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242 Dal 29 agosto scorso è in vigore la “Legge annuale per ilmercato e la concorrenza”, meglio nota col numero 124/2017, la quale all’art. 1, comma 141 lett. b) introduceun novità “siderale” nella professione: permette, infatti,di includere nelle società legali soggetti che non eserci-tino la professione forense introducendo l’art. 4 bis nellalegge 247/2012, che permette agli avvocati di esercitarela professione tramite una loro società nella quale alcunisoci saranno estranei all’avvocatura.La norma pare quindi costruita “a favore degli avvocati”,ritenendo che rendere partecipi soggetti non avvocati alnostro mestiere sia una chance.Da qui la nostra analisi verte sul capire quali siano gliavvocati che vorranno fare società con estranei e chi pos-sano essere costoro.Per capire quale sarà lo scenario che ci attende, l’analisideve partire dal nostro interno: avere un industriale co-me nostro socio, quando sino ad oggi è stato solo un no-stro “cliente”, non è uno stimolo immediato, tanto piùin una categoria ove il fenomeno associativo è marginale.Questa prima difficoltà emerge analizzando la “qualitàorganizzativa” dei nostri studi la cui segmentazione in-dividua 5 grandi categorie di studi:1.- gli studi INTERNAZIONALI ovvero quelle aggrega-zioni di matrice Uk/USA avvezze alle tecniche di marke-ting, alla comunicazione, ove i giovani legali operano conforte pressione sui risultati personali e la struttura è or-ganizzata con precisi percorsi di carriera legati alla capa-cità di produrre profitti legati alle proprie performance.2.- i BIG NAZIONALI studi italiani che hanno una opiù sedi all’estero e sistemi di remunerazione “misti”, svi-luppati attorno a dei professionisti di successo ed orga-nizzati in forma imprenditoriale3.- le BOUTIQUE: studi fortemente focalizzati su un’uni-ca, o comunque su poche aree di specializzazione, spessocon un’unica sede ma con visibilità a livello nazionale. Illoro vantaggio competitivo è rappresentato dal rapportodiretto cliente/socio oltre che da una elevata personaliz-zazione del servizio, tendenzialmente con scarsa pre-senza di giovani e dimensioni prevalentemente ridotte.4.- i LOCALI: avvocati questi con un forte radicamento ter-ritoriale, quasi sempre “multi-practice”, caratterizzati da unacura del cliente molto attenta: potremmo definirli come“quelli che fanno la colazione al bar della piazza centrale”!

5.- i LIBERI (PROFESSIONISTI) ovvero quegli avvo-cati che lavorano spesso da soli, o con la “vecchia” segre-taria, per i quali è sempre più complesso sopravvivere;spesso sono neo-mamme o fuoriusciti da una esperienzaformativa poco attenta che diventano poi il riferimentoper le domiciliazioni.In questo scenario, chi saprà davvero cogliere l’oppor-tunità offerta dal nuovo art. 4 bis nella legge 247/2012 a.- gli “avvocati-imprenditori” cercheranno sociÈ difficile che la chance offerta dalla L. 124/2017 possaessere colta dai liberi professionisti e dagli avvocati loca-li: è arduo anche pensare che qualche “extraneus” aspiriad associarsi in micro imprese, descritte nella recente ri-cerca “Osservatorio professionisti e innovazione digitale”della School of Management del Politecnico di Milanodel 2017, come quel “61% che realizza un fatturato infe-riore a 100 mila euro, con un portafoglio di circa 70 clienti”,opera nella forma giuridica individuale diffusa per il 73%…ove in media lavorano tre professionisti, con due tra dipen-denti e praticanti”.Nessuno aspira a divenire socio di micro imprese, noninnovative ed operanti in un mercato saturo.L’opportunità è invece evidente per quelle “boutique” o“big nazionali” che sapranno trasformarsi in “avvocati-imprenditori”, soggetti istintivamente predestinati ad es-sere partner dell’impresa nel creare società miste.Del resto costoro sono quei soggetti che già oggi – senzapossedere soci imprenditori – gestiscono lo studio informa di impresa e che ora dovranno affinare la capacitàdi tollerare il confronto con il “diverso”.Se infatti le nuove società dovranno essere rappresentateda avvocati – iscritti all’albo – per almeno i due terzi delcapitale sociale e dei diritti di voto, agli “avvocati impren-ditori” si chiederà non tanto di essere “specializzati” inuna materia o nell’altra, quanto di essere in grado di va-lorizzare la presenza del socio imprenditore, che da lorosi attenderà l’industrializzazione del proprio servizio.Percorsi di facile industrializzazione degli studi sonoipotizzabili ogni qual volta esistano strutture “distributi-ve del prodotto legale” tramite i canali delle stesse asso-ciande imprese: circostanza che potrà determinare lamoltiplicazione delle possibilità di incontro con le esi-genze di soggetti che oggi “cercano” un avvocato e chedomani potranno “incontrarlo” in luoghi connessi ad at-

Le società tra avvocati: una nuovachance per i professionisti o per gliimprenditori?

di Giorgio Azzalini

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243tività d’imprese già organizzate nel territorio.Si pensi ed imprese dedicate ad altri servizi, piuttostoche ad enti esponenziali, a sindacati od altri soggetti conrappresentanze distribuite nel territorio, che possonodivenire interlocutori naturalmente coinvolgibili dall’av-vocato imprenditore verso il comune obiettivo di convo-gliare clientela nello studio, magari grazie all’accorpa-mento di uno specifico prodotto legale nell’ambito diuna rete distributiva esistente.Che si tratti di banche piuttosto che assicurazioni, il ma-trimonio sarà un’intesa destinata a spazzare via molti traquanti lavorano oggi in modo artigianale, forti di rela-zioni sociali ancorate alla sola reputazione personalepiuttosto che a nicchie di competenza: senza prevederesventure per nessuno, la possibilità che agli avvocati ar-tigiani accada quanto oggi si verifica per le agenzie im-mobiliari piuttosto che per i dentisti è ipotesi tutt’altroche remota.b.- le imprese li aiuteranno a crescereLa norma è stata scritta a nostra garanzia prevedendoun limite alla quota di partecipazione dell’imprenditore:limite teso a garantire la qualità del prodotto legale e chedi fatto ci permetterà di essere noi a sceglierci i soci giu-sti per crescere.L’opportunità va colta quando valorizza la qualità delnostro servizio – fattore chiave nella professione – inmodo armonico con gli elementi che sono i tipici plu-svalori delle organizzazione imprenditoriali.Se infatti nel marketing industriale le 4 P (product, price,place and promotion) hanno visto sempre maggiore atten-zione alle due ultime caratteristiche, per gli avvocati illoro prodotto (ovvero la loro scienza) è stato sempre ilcardine del successo, che solo di recente è stato accom-pagnato dall’uso del prezzo come ulteriore elemento va-lutativo (anche se questo stimolo è troppo spesso usatospesso in modo suicida, proprio per la mancanza diesperienza imprenditoriale nella sua gestione)Ora la presenza del socio imprenditore nelle nuove so-cietà comporterà l’avvento di nuovi modelli d’approccioalla clientela: di certo la leva del “place” – ovvero delladistribuzione territoriale – diverrà un aspetto importan-tissimo nello sviluppo delle nuove aggregazioni.Pensiamo, ad esempio, ad uno studio specializzato intematiche risarcitorie assorbito in una rete di agenzie as-

sicurative: un mix questo che sarebbe in grado di sov-vertire equilibri immutabili da anni.c.- due modelli “organizzativi”: “profit oriented” e “legaloriented”La partecipazione in forma societaria degli imprenditori– anche se in misura massima pari ad un terzo del capi-tale e dei diritti di voto – farà diventare gli avvocati “par-tner” in modi diversi.Un primo, che definiamo di “profit oriented”, teso al finedi ottimizzazione del business aziendale dei soci, per-metterà la costituzione di studi con un obiettivo mera-mente economico: la società servirà a far ridurre i costilegali alle aziende nelle quali oggi il conto economicopresenta tale voce di spesa come molto onerosa.Questo sarà il caso di società tra avvocati e grandi im-prese, tendenzialmente nei settori bancario ed assicura-tivo, nelle quali il socio impresa sarà simile a quei clientiche già oggi esasperano le condizioni economiche a pro-prio favore.Il secondo, che definiamo di “legal oriented”, teso invecea trasformare gli studi in vere e proprie attività “impren-ditoriali”, darà luogo alla nascita di studi professionali“industriali”, indipendentemente dal fatto scelgano diposizionarsi come generalisti piuttosto che specialisti.All’avvocato rimane la scelta del proprio destino: chi sifarà attrarre dal fascino del profitto avrà un modo im-mediato ed efficace per finanziarsi ma rischierà poi difinire nella stessa condizione di quanti oggi operano, difatto, “dipendenti delle banche”.Chi invece, proprio perché “imprenditore nell’intimo”pur se avvocato nel mestiere, avrà una grande chance neldivenire impresa.Per gli avvocati che continuano ad avere un approccioartigianale alla professione, rendendosi versatili ad ogniesigenza prospettata dal cliente, questa riforma rischiadi dare il colpo di grazia: per gli altri sapere sfruttare almeglio il rafforzamento delle “reti” è un invito alla mo-dernizzazione.Per quanti sapranno essere “avvocati-imprenditori” la ri-forma è e sarà lo stimolo verso un processo di innova-zione, sempre però essendo consapevoli che ogni sociolimita la propria libertà che un cliente – invece – rispetta.Libertà questa che per gli avvocati è una prerogativa acui sarà difficile che sappiano e vogliano rinunciare.

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244 La crisi economica e finanziaria che sta attraversando ilPaese appare drammatica per gli Avvocati di tutt’Italia(da Nord a Sud), che si dibattono in una spirale criticasenza fine, checché ne pensino le Istituzioni che talvoltacitano indici di crescita e di aumento del lavoro.Le sacche di povertà (insopportabili, perché pari a4.800.000 unità di cittadini), la disoccupazione giova-nile (insopportabilissima, perché pari al 34,7%) e l’as-senza della circolazione finanziaria all’interno della clas-se borghese medio/alta (divenuta medio/bassa) si river-berano sui redditi degli Avvocati, i quali lamentano co-ralmente non solo che il lavoro professionale si è ridotto(e non di poco), ma che (quelli che nel diritto romanosi chiamavano) i Clientes non corrispondono gli onoraridovuti o perché non possono (e qui si manifesta il valoredella solidarietà dell’Avvocato) o perché non vogliono(ostentando simulatamente di “non potere”).Anche l’introduzione dell’obbligo del contratto suglionorari, a ben vedere, se da un lato dà certezze sui futuripagamenti, si rivela anche come atto di sfiducia dellalegge nel ruolo dell’avvocato che ab immemorabili godevadi riconosciuta autorevolezza e che concordava semprecon l’assistito l’acconto, l’integrazione del fondo per l’at-tività in itinere e il saldo, alla fine della causa o dell’atti-vità stragiudiziale.Di fronte a numeri che dovrebbero destare allarme so-ciale – sappiamo che gli Avvocati hanno raggiunto le312.663 unità e che gli iscritti all’Albo delle MagistratureSuperiori si aggirano intorno al numero di 52.000 – ri-tengo che il nuovo Parlamento dovrebbe pensare di pro-cedere nell’arco di due o tre mesi – sentiti il CNF e leAssociazioni Forensi (AIGA, Sindacati, etc.) – a vararedue riforme non procrastinabili:a) la prima costituita dal ripristino dei minimi di Tariffa,

perché l’abrogazione degli stessi ha mercificato la pro-fessione (al massimo ribasso) e ha mortificato soprat-tutto i giovani Avvocati;

b) la seconda rappresentata dall’ormai necessitata pro-grammazione dell’accesso all’Albo, che ha portato ainumeri sopra cennati, riducendo i redditi medi degliAvvocati, i quali ultimi vengono oggi considerati dal-l’Agenzia delle Entrate tra i contribuenti più fedeli(rientranti cioè nei parametri costruiti dal Fisco).

Sul punto a), a mio sommesso avviso, non possiamo

aver più fiducia nei proclami sull’“equo compenso”: orabisogna metter mano a norme concrete, e tali sono quel-le, oltre ai minimi inderogabili, relative alla Tariffa ordi-naria che non può arrestarsi al limitare dello scaglionedi € 500.000 (oltre il quale è il Giudice a determinarediscrezionalmente il surplus di onorario). Insomma, leTariffe devono essere proposte dal nostro CNF e poi sot-toposte al vaglio del Ministero della Giustizia, la cui di-screzionalità è di natura tecnica e dunque sindacabiledinanzi alla giurisdizione amministrativa.Sul punto b) rilevo che il ceto forense si stia progressi-vamente depauperando, perché – per una legge econo-mica – man mano che aumenta l’offerta (oltre 312 milaavvocati e circa 52 mila “cassazionisti”), diminuisce ladomanda.Su queste basi di economia dei valori, non mi pare visiano dubbi che a programmare il numero annuale del-l’accesso all’Albo debba provvedere motivatamente ilCNF (sentite le componenti delle Associazioni forensi),che proporrà al Ministero competente il numero di ac-cesso all’Albo.

***Qui mi preme compiere un salto (sia pure all’internodelle riforme) sul versante deontologico, che è l’asse por-tante dell’Etica dell’Avvocatura. Da quando fu varato ilCodice deontologico (scritto), i risultati di correttezzadella condotta degli Avvocati si sono grandemente espan-si, posto che le regole etiche non sono rimaste appan-naggio di una cerchia limitata di grandi ed esperti Av-vocati, ma sono state rese ostensibili ai più, soprattuttoai giovani Avvocati (di cui l’AIGA ha la maggiore rap-presentatività) che all’inizio della professione ignorano(com’è naturale che sia) i canoni deontologici.Orbene, il discorso, su questo versante, va contenuto neiminimi termini, anche per la limitatezza della mia per-sonale conoscenza (di un tema dai confini molto vasti).Parto perciò dal “nuovo” Preambolo del Codice deon-tologico a mente del quale si legge che:«1. L’avvocato tutela, in ogni sede, il diritto alla libertà, l’in-violabilità e l’effettività della difesa, assicurando, nel pro-cesso, la regolarità del giudizio e del contraddittorio».«2. L’avvocato, nell’esercizio del suo ministero, vigila sullaconformità delle leggi ai principi della Costituzione e del-l’Ordinamento dell’Unione Europea e sul rispetto dei mede-

Di alcuni problemi passati e recentidell’Avvocatura

di Roberto G. Aloisio

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245simi principi, nonché di quelli della Convenzione per la sal-vaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali,a tutela e nell’interesse della parte assistita».«3. Le norme deontologiche sono essenziali per la realizza-zione e la tutela dell’affidamento della collettività e dellaclientela, della correttezza dei comportamenti, della qualitàed efficacia della prestazione professionale».A me pare che questa nuova formulazione del Pream-bolo presti il fianco a critiche plurime non foss’altro per-ché il diritto non si risolve nel complessivo arredo delle“leggi scritte”, ma è il risultato del processo interpretativoche guarda alla norma come punto di partenza di inda-gine ermeneutica in chiave teleologica (la teleologia deivalori, primo fra tutti la giustizia).(1)

Condivido perciò toto corde le parole di Danilo Castel-lano (Ordinario di Filosofia del diritto presso l’Univer-sità degli Studi di Udine) che, in un recente articolo (daltitolo “Etica e metodo della professione forense. La riformadel codice deontologico: un’occasione per riflettere”, in Cul-tura e diritti, a cura della Scuola Superiore dell’Avvoca-tura, Pisa, 2014, pp. 103-109), secondo cui «leggendo ilPreambolo del Codice deontologico forense, attualmente invigore, si ha la chiara impressione della confusione dottrinalenella quale sono incorsi e tuttora versano anche coloro chesono stati e sono chiamati ad affrontare il problema della re-golamentazione deontologica. I motivi di questa confusione possono essere sintetizzati – mipare – nei seguenti quattro punti:- accettano (almeno implicitamente) un’etica deontologica erespingono l’etica teleologica. La norma positiva, cioè, diven-ta fonte e (convenzionale) fondamento della stessa deonto-logia.- assumono l’ordinamento giuridico positivo come condizione

del diritto, anziché fare del diritto la condizione dell’ordi-namento.

- ritengono di poter risolvere la crisi degli ordinamenti giu-ridici positivi ricorrendo a categorie che hanno significatopolisenso e di cui ignorano (o fingono di ignorare) la porta-ta problematica. Per esempio, fanno ricorso ai diritti umaniche, come storicamente affermati, rappresentano una cau-sa determinante della dissoluzione dello stesso concetto diordinamento, come credo di aver dimostrato con il mio la-voro Razionalismo e diritti umani (Giappichelli, Torino2003).

- invocano la giustizia ma lasciano incerta la sua individua-zione. I Preamboli sono, a questo proposito, legati alla dot-trina secondo la quale la giustizia è sola legalità anche sedalla loro lettura traspare l’insufficienza di questa teoria.

Il problema, quindi, dell’etica nella professione forense ri-chiederebbe, soprattutto di fronte a questi errori, equivoci edincertezze, di problematizzare radicalmente la questione. Indifetto di un chiarimento di fondo relativo ai determinantitemi che rappresentano le premesse della deontologia pro-fessionale, si continuerà a lasciare nell’incertezza l’uomo, ilgiurista e l’operatore giuridico. In altre parole lo si lasceràin balia di se stesso. La deontologia rischia, così, di diventarestrumento per l’etica della situazione e rischia di essere in-vocata per l’affermazione e la pratica del nichilismo etico egiuridico».Dinanzi al chiaro e incisivo ragionamento del Filosofo,mi vien da credere che la riforma non meriti particolareplauso e che, forse, meglio sarebbe stato l’originario te-sto del Preambolo, il cui lessico desidero qui di seguitoricordare:«L’avvocato esercita la propria attività in piena libertà, au-tonomia ed indipendenza, per tutelare i diritti e gli interessidella persona, assicurando la conoscenza delle leggi e con-tribuendo in tal modo all’attuazione dell’ordinamento per ifini della giustizia.Nell’esercizio della sua funzione, l’avvocato vigila sulla con-formità delle leggi ai principi della Costituzione, nel rispettodella Convenzione per la salvaguardia dei diritti umani edell’Ordinamento comunitario; garantisce il diritto alla li-bertà e sicurezza e l’inviolabilità della difesa; assicura la re-golarità del giudizio e del contraddittorio.Le norme deontologiche sono essenziali per la realizzazionee la tutela di questi valori».Sull’antico testo dovremmo tutti convenire e, se così nonfosse, perché non chiedere al Prof. Danilo Castellano diredigerne uno nuovo da sottoporre all’attenzione delCNF, che, a sua volta, dovrebbe confrontarsi con gli Or-dini territoriali e le Associazioni forensi per condivi-derne il lessico valoriale?È in sostanza sui “valori” che il giurista deve costruire ilsistema del diritto, all’un tempo ordinante e ordinato,in una circolarità olistica che parte dall’esperienza percostruire l’ordinamento giuridico (sempre in fieri).

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246 NotaIl tema dei valori nel mondo del diritto è di vastità nonmisurabile né compendiabile. Sul tema del passaggiodella norma al diritto, v. le pagine di N. Lipari, Le cate-gorie del diritto civile, Giuffrè, 2017, che a pag. 25 segnalail “modo d’essere del diritto come esperienza che, nella cir-colarità del suo movimento, impone un incessante rinvio trasoggettiva capacità di riflessione e materialità oggettiva sucui riflettere”.Sul metodo c.d. assiomatico, si sofferma Ferrajoli (Prin-cipia iuris, Teoria del diritto e della democrazia, Editori La-terza, Bari, 2007 che spiega a pag. 52 che tale metodolo-gia consiste in quattro operazioni; a) stipulazione di re-gole di formazione del linguaggio teorico; b) stipula-zione di pochi “concetti primi”, detti “postulati”; c) defi-nizione dei concetti “derivati” (dai “postulati”); d) deri-vazione delle restanti proposizioni della teoria dei po-stulati e/o definizioni.Il riferimento ai “valori del diritto” è contenuto in varieopere di Alpa (lungo sarebbe l’elenco, data la sapientenatura prolifica dell’Autore), il quale, a titolo meramenteesemplificativo, non solo mette in evidenza, in sede diteoria generale del diritto, le cc.dd. clausole generali(pag. 85), ma richiama, e costruisce in concreto, il con-tenuto dei valori della solidarietà (pagg. 89 e ss.), dellabuona fede (pag. 105), della “coscienza sociale” (pagg. 113e ss.) (in L’Arte del giudicare, Laterza, 1996, ivi). Di Alpa,v. anche, La certezza del diritto nell’età dell’incertezza, Edi-toriale scientifica, 2006, passim, in particolare, pagg.35-55).I valori emergono dal ricco volume di Gentili, Il dirittocome discorso, di cui si segnalano le parti su “Diritto pri-vato e cultura”(pagg. 129-134), Scienza giuridica e pras-si forense (pagg. 139-180). Di questa opera, mi piacericordare il passaggio secondo cui “i principi da soli nonrisolvono alcun problema perché si limitano ad avvalorareuna prospettiva, senza avere però l’attitudine a collegare aduna fattispecie determinata una conseguenza definita (pag.41 op. cit.)”. Vedasi, infine, il postulato (argomentato)della giustizia come valore fondante del giudizio, perché– scrive Gentili – il diritto è esposto al rischio del falli-mento come criterio di giustizia sostanziale, «perché sela giurisprudenza ha un compito critico, e non consta-tativo, da sola la libertà di giudizio (mia sottolineatura),

consentita dalla vaghezza delle norme e dalla comples-sità del sistema legale può assicurare al privati conten-denti inattese vittorie e ingiustificate sconfitte» (pag. 351op. cit.).E come non citare sul tema dei valori del e nel diritto lostorico Paolo Grossi, L’Europa del diritto, Laterza, 2010,in particolare pagg. 219-255, epagg. 254-255. Dellostesso Autore, Nobiltà del diritto, Giuffrè, 2008, pagg. 47-79 su Giorgio La Pira; pagg. 81-102 su Riccardo Ore-stano; pagg. 189-213 su Angelo Falzea; pagg. 217-267su François Gény; pagg. 415-444 su Filippo Vassalli;pagg. 445-504 su Tullio Ascarelli.E per concludere sul versante del diritto come “valore”si deve far capo – last butnotleast – ad uno dei grandiMaestri del ‘900 (ed oltre la soglia del secondo millen-nio), Angelo Falzea che nella sua Voce, Efficacia giuridica(in Enc. Dir., vol. XIV, Giuffrè, Milano, 1963) annette aldiritto struttura e funzione assiologiche (v. pagg. 449-464 sulle quattro concezioni del diritto come valore). Alriguardo Paolo Grossi afferma che, in Falzea «dimensioneculturale, dimensione teoretica e dimensione tecnica (intendodire tecnico-giuridica) sono sempre presenti a sorreggere l’im-pazienza intellettuale dello scienziato e non sono mai sepa-rabili» (Grossi, Nobiltà del diritto, cit., pag. 189).Su di un versanteopposto, si colloca uno fra i pensatorie giuristi più raffinati e acuti del XXI secolo, che ri-sponde al nome di Natalino Irti il quale – con la sua ope-ra (Nichilismo giuridico, Bari, Laterza, 2004) – ha toltodal disincanto e dai sogni (o sonni?) il pensiero del di-ritto come valore. Si legge in Irti: «se nichilismo è – comescrive Severino (in La tendenza fondamentale del nostrotempo) – la persuasione che le cose – uomini, piante, stelle,cielo, terra, pensieri, oggetti, suoni, forme, città – sono nien-te; appunto perché è la persuasione che le cose escono dalniente e vi ritornano»; se questo è nichilismo, allora il posi-tivismo giuridico, nel significato più preciso e rigoroso, vi siriconosce appieno.La definizione del nichilismo è insieme definizione del posi-tivismo giuridico, per il quale le norme sono emanate modi-ficate derogate dalla volontà. Il potere degli uomini le fauscire dal niente e ve le ricaccia per sempre.» (op. cit., pagg.95-96).E ancor più innanzi nel tempo (Il diritto nell’età della tec-nica, Editoriale scientifica, 2007) Irti rileva che «il diritto

Di alcuni problemi passati e recenti dell’Avvocatura

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247[…omissis…] è una tra le forme di volontà di potenza: nonsi esercita e svolge sulle cose o sulla natura animale o vege-tale, ma sulla volontà stessa dell’uomo. Il diritto vuole chealtri voglia in un certo modo, è volontà dominatrice di un’al-tra volontà, alla quale impone uno specifico contenuto […omissis…]. C’è qualcosa di terribile e di empio: mentre le al-tre forme di tecnica si rivolgono alla natura […omissis…]qui, nel diritto, la volontà mira a determinare il contenutodel volere stesso» (Irti, op. ult. cit., pag. 17).Serpeggia nella bella prosa di Irti, il lessico nietzschianodella “volontà di potenza”, dominatrice del mondo e sul-l’uomo.Diversamente da quanto si pensi – e ciò lo pensavo an-ch’io – Nietzsche non proclamava l’uomo supino allavolontà propria o di altri, ma era immerso nel mondodei valori (positivi e negati), valori che dirigono le azionie le condotte, le quali ultime sono sottomesse ai primi.Le sue opere parlano sempre di morale umana: Al di làdel bene e del male (1886), Genealogia della morale (1887),Crepuscolo degli idoli (1888), L’Anticristo (1888); mal’opera che più disvela questo altro volto di Nietzsche ècostituita dallo zarathustra, composto – come lui diceva– a seimila piedi al di sopra del bene e del male.Per cogliere l’essenza contenutistica della zarathustra,C.G. Jung ha dovuto articolare centinaia di Seminari psi-coanalitici per giungere, tra i tanti risultati conseguiti, acatturare l’intenzione di N.: «quella di dare avvio all’enan-tiodromia, di dare all’umanità ciò di cui essa manca, ciò chegli uomini odiano, temono o disprezzano, ciò che i saggihanno perduto, la loro follia, e di restituire ai poveri la lororicchezza» (C.G. Jung, Lo Zarathustra di Nietzsche, Semi-nario tenuto nel 1934-39, a cura di J. Jarret, vol. I, BollatiBoringhieri, Torino, 2011, pag. 23).Quello di N. è «un enorme sistema di pensiero senza laforma concettuale del pensiero», una descrizione degli ar-chetipi, che altro non sono che nuclei valoriali che orien-tano e imprimono la loro forza sull’«uomo consapevole,che vive con intensità e tragedia il conflitto e la sofferenza»,senza i quali la coscienza regredisce sino a scomparire.N. sondò amarissimamente il proprio inconscio ed ebbeun solo privilegio: «il nostro inconscio è in qualche modoin anticipo rispetto ai nostri occhi e ha una qualche nozionedelle cose che saranno, poiché è dal passato più remoto cheviene creato il futuro» (C. G. Jung, op. cit., pag. 49).

Quel che voglio dire alla fine – per uscire da un sì com-plesso discorso con umiltà e in punta di penna – è cheil nichilismo, se è giuridico (o di altra specie), ha già af-ferrato l’uomo, in tutte le sue componenti (corpo, ani-ma, cuore e mente) e dunque se il nulla conduce al nul-la, cerchiamo almeno di non soffrire troppo, rassegnan-doci all’ineluttabile, quale che sia il pieno o il vuoto cheraccoglierà le nostre spoglie.

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Nel 1999, il pedagogista indiano Sugata Mitra1 condusseun esperimento denominato “Hole in the wall”: egli in-stallò un computer, dotato di connessione ad internet,in un muro di un sobborgo di Nuova Dheli, popolatoda bambini non scolarizzati e senza alcuna conoscenzadi inglese né sull’uso del pc; dopo qualche tempo, con-statò che i ragazzi avevano imparato autonomamente adutilizzarlo, conoscevano un certo numero di vocaboli ininglese, sapevano registrare i loro brani musicali preferi-ti, avevano appreso alcune nozioni di matematica. Al tema del rapporto dei minori con internet e con i so-cial media l’Unione Nazionale Camere Minorili ha vo-luto dedicare il proprio Congresso nazionale, svoltosi aRoma nei giorni del 10 e 11 novembre scorsi.Il web è paragonabile ad una moderna arena, circondatada spalti occupati da milioni di spettatori, nella qualescendiamo per primi noi adulti, attratti da questo facilepalcoscenico in cui possiamo dare sfogo al nostro nar-cisismo, quando non ai nostri peggiori istinti. Ma questaarena, senza confini e senza regole del gioco, spesso fini-sce per inghiottire anche giovani e giovanissimi, ai qualinoi stessi, a ben vedere, abbiamo consegnato un cellu-lare quando ancora usavano il triciclo. Ma, mentre noiadulti abbiamo sviluppato il nostro pensiero critico inun contesto di relazioni umane e di contatti personali, inativi digitali formano il proprio modo di pensare e diagire attraverso un continuo confronto con la realtà vir-tuale. Al fine di comprendere il fenomeno e accompagnare iminori, siano essi nostri figli, figli dei nostri clienti ovve-ro i nostri clienti essi stessi, verso un uso consapevole eresponsabile delle nuove tecnologie, diviene necessariocambiare il nostro approccio rispetto alla materia, par-tendo da alcune considerazioni. In primo luogo, occorre rifuggire dalla convinzione cheil mondo del web e dei social media possa essere sempli-cemente classificato come “realtà virtuale”. I minori, inparticolare, vivono il rapporto fra mondo reale e mondo

virtuale in maniera completamente differente, senza per-cepire alcuna linea di demarcazione. La loro quotidianitàsi dipana attraverso contesti virtuali, che diventano illuogo dove fare nuove amicizie, costruire relazioni, at-tingere informazioni, apprendere, dare libero sfogo allacreatività. Come ha messo in evidenza, nell’ambito delcongresso, Filomena Albano, Garante nazionale per i di-ritti dell’infanzia e dell’adolescenza, il virtuale diventareale ed entra prepotentemente nel bagaglio esperien-ziale e culturale di ognuno di noi, e soprattutto dei piùgiovani.Un ulteriore elemento da prendere in considerazione èquello della “desiderabilità” del web: Giuseppe Busia,segretario generale dell’Autorità Garante per la protezio-ne dei dati personali, ha correttamente sottolineato chei nuovi strumenti informatici costituiscono oggi una ri-sorsa imprescindibile, uno strumento che semplifica lanostra esistenza ed offre enormi possibilità. Peraltro, co-me dimostrano diversi studi pedagogici, anche sul pianoeducativo, internet e i social possono rappresentare unarisorsa potente. Le nuove tecnologie non possono, dunque, essere de-monizzate, ma vanno comprese ed adoperate con intel-ligenza, abbandonando ogni retroguardia culturale checi impedisce di apprezzarne le potenzialità. D’altro canto, però, occorre essere coscienti dei numero-si pericoli insiti in questi nuovi strumenti. In primo luo-go, il web cattura una quantità enorme di informazionipersonali, che volontariamente o involontariamente gliutenti immettono in rete: è sufficiente consultare il sitodi una compagnia aerea per essere destinatari di pub-blicità di viaggi favolosi, proprio verso la destinazioneche abbiamo selezionato. Ed ancora, il giovane che guar-da un video su YouTube sarà bombardato di pubblicitàdi prodotti per la sua età, oppure sarà guidato a scegliereil prossimo video secondo i suggerimenti dello stessosocial. In tal modo, il web condiziona e orienta le nostrescelte ed in particolare quelle dei più giovani, meno at-trezzati a vagliare con spirito critico, determinando unasorta di omologazione ad uno standard che sfugge al no-stro controllo. Ma la rete nasconde un’altra insidia, rappresentata dallapossibilità di mantenere il proprio anonimato o di creareuna falsa identità: ciò permette di muoversi con la liber-

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1 Mitra Sugata, Ritu Dangwal, Shiffon Chatterjee, Swati Jha,Ravinder S. Bisht and Preeti kapur (2005), “Acquisition ofComputer Literacy on Shared Public Computers: Children and the“Hole in the wall,” Australasian Journal of Educational Te-chnology, 21(3), 407–426

Minori e Social Media

di Rita Perchiazzi

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249tà più estrema e senza alcun limite, ma, al contempo,consente di porre in essere qualunque illecito celandola propria identità. Ecco che il web può diventare ancheluogo di adescamenti, di aggressioni, di bullismo, di isti-gazioni alla violenza o all’autolesionismo. Le cronachedi tutti i giorni raccontano di minorenni adescate sullechat, di immagini intime diffuse sui social, di giochi pe-ricolosi e violenti, o di giochi che conducono progressi-vamente al suicidio, e così via in un crescendo di aberra-zioni sempre più inquietanti. È evidente che i giovani siano facili vittime di tali com-portamenti, sia per una fragilità connaturata alla minoreetà, che spesso non consente loro di percepire la peri-colosità di alcune situazioni, sia per una loro maggiorepropensione ad autoesporsi, a vivere e “condividere” lapropria vita sui social. Altre volte, invece, i ragazzi assu-mono la veste di autori degli illeciti, rilevanti sia sul pia-no civile che sul piano penale: le statistiche dei Tribunaliper i Minorenni evidenziano un aumento delle condotterientranti nel cyberbullismo ed, in generale, dei reaticommessi dai minori attraverso l’uso dei social; occorrepoi interrogarsi su quali siano le responsabilità connesseall’effetto emulativo che alcuni video generano nei mi-nori, istigandoli a condotte violente o a gesti tali da met-tere a repentaglio l’incolumità di loro stessi o degli altri. Come, dunque, intervenire per evitare le trappole dellarete? Le sollecitazioni emerse nell’ambito del congressodel 10 novembre portano a concludere che la sfida sigioca sul piano educativo. Se internet e i social sono,per loro stessa natura, difficilmente controllabili, alloraun sistema basato sulla repressione delle condotte illeci-te appare inefficace ad apprestare una adeguata tuteladei soggetti più vulnerabili. Occorre, dunque, puntarealla prevenzione, promuovendo da un canto un progres-so culturale, dall’altro un’alleanza educativa con i mino-ri. I due percorsi appaiono come due facce della stessamedaglia: gli adulti dovrebbero, infatti, partire dalla con-siderazione che i social siano oramai strumenti utili eimprescindibili, piuttosto che tentare di impedirne o li-mitarne l’utilizzo da parte dei più giovani. In tal modo,le nuove tecnologie possono avvicinare le generazioni,nella misura in cui gli adulti siano capaci di predisporsi,sul piano pedagogico, ad un mutuo apprendimento.La capacità degli educatori di mettersi in relazione su

un piano democratico, capacità che è resa necessaria,del resto, dal nuovo concetto di “responsabilità genito-riale”, è la chiave di accesso per sensibilizzare gli adole-scenti ad un uso consapevole degli strumenti informati-vi. L’avv. Busia ha parlato, in questo senso, di “autodifesadigitale”, alla quale noi adulti dobbiamo addestrare i mi-nori, rendendoli compartecipi delle strategie da adot-tare.

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250 Se l’anno 2014 verrà ricordato, nel processo civile, perl’obbligo del deposito telematico di alcuni atti, quelloche ormai volge al termine verrà sicuramente ricordatoper alcune decisioni, in tema di processo telematicoemanate soprattutto dalla Corte di Cassazione.Notifiche PEC, modalità di firma digitale utilizzata perla sottoscrizione degli atti, attestazioni di conformità,tempo delle notificazioni, sono solo alcuni dei “temi”sui quali, nel corrente anno, si è dovuta confrontare epronunciare la Suprema Corte e, a dire il vero, non sem-pre ciò ha fatto dimostrando perfetta conoscenza dellanormativa di riferimento.Nonostante il trascorrere degli anni, la normativa delprocesso telematico continua a rimanere, per molti deiprotagonisti del processo, una stradacolma di insidie e,in quanto tale, difficile da percorrere.Tra le diverse pronunce, ritengo meritevoli di essere por-tate all’attenzione quelle che si sono distinte sia per l’ori-ginalità delle questioni trattate, sia per il contenuto delledecisioni, purtroppo non sempre condivisibili:

Cassazione civile, Sezione VI - 2, ordinanza n. 6657del 15 marzo 2017Cassazione civile, Sezione III, sentenza n. 17048 del11 luglio 2017 Cassazione civile, Sezione VI - 3, ordinanza n. 20672del 31 agosto 2017Cassazione civile, Sezione III, sentenza n. 21915 del21 settembre 2017Cassazione civile, Sezione VI - 3, ordinanza n. 22320del 25 settembre 2017

1) Cassazione civile, Sezione VI - 2, ordinanza n.6657 del 15 marzo 2017La Cassazione, con l’ordinanza n. 6657 del 15 marzo2017,non avendo il ricorrente assolto all’onere di quan-to indicato dall’art. 369 c.p.c. comma 2, n. 2, ha dichia-rato improcedibile il ricorso in quantola copia dellasentenza allegata dal ricorrente, sebbene recasse in calcela relazione di notifica effettuata PEC, era priva di atte-stazione di conformità all’originale.L’articolo 369 c.p.c. comma 2 n. 2 prevede che, unita-mente al ricorso per Cassazione, il ricorrente debba de-positare “copia autentica della sentenza o della decisio-

ne impugnata con la relazione di notificazione, se que-sta è avvenuta, tranne che nei casi di cui ai due articoli pre-cedenti; oppure copia autentica dei provvedimenti dai qualirisulta il conflitto nei casi di cui ai numeri 1 e 2 dell’articolo362”.Non avendo il ricorrente assolto all’onere di quanto in-dicato dalla citata norma, la Suprema Corte dichiara im-procedibile il ricorso in quanto, nel caso di specie, la co-pia della sentenza, sebbene recasse in calce la relazionedi notifica a mezzo PEC, era priva di attestazione di con-formità al suo originale.La pronuncia è rilevante e degna di nota posto che, perla prima volta, il mancato rispetto di quanto previstodall’art. 369 c.p.c. comma 2 n. 2, viene rilevato in unanotifica effettuata in proprio tramite posta elettronicacertificata, regolata dalla legge n. 53/94 che, nel suo im-pianto però, non conferisce al difensore che subisce lanotifica, potere di certificazione quando quest’ultimo,non potendo effettuare il deposito telematico del file informato .eml o .msg, debba dare la relativa prova me-diante il deposito cartaceo del suo contenuto.Nel caso di specie però la Corte di Cassazione ritienedoversi applicare quanto previsto dall’articolo 9 comma1 ter della legge n. 53/94; tale norma però, si riferisce esi applica alla notifica tramite PEC effettuata dal difen-sore mentre è più difficile ritenere che possa, pacifica-mente e senza ombra di dubbio, riferirsi anche a quelleipotesi in cui il difensore, avendo “subito” la notifica tra-mite PEC, debba dare la prova di averla ricevuta consi-derando che, ad esempio, tale comma prevede comun-que che si applichi il procedimento indicato nel comma1 bis mediante deposito cartaceo delle ricevute di accet-tazione e consegna quando è palese che, in caso di noti-fica non effettuata ma “subita”, è possibile depositare ilsolo messaggio PEC ricevuto con gli allegati in esso con-tenuti.Sotto il profilo esclusivamente normativo è, quindi, pos-sibile sostenere che, per il difensore che “subisce” la no-tifica tramite PEC, il legislatore si sia “dimenticato” dipredisporre apposita norma contenente il potere di at-testare la conformità della notifica PEC subita quandola relativa prova può essere fornita solo mediante depo-sito cartaceo, rendendo quindi di fatto impossibile ot-temperare a quanto richiesto dall’articolo 369 c.p.c.

Un anno di giurisprudenza “PCT”della Suprema Corte

di Maurizio Reale

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251comma 2, n. 2; è evidente la presenza di un vuoto nor-mativo al quale peròè necessario porre rimedio (in attesache intervenga il legislatore) soprattutto nei casi in cui,dal mancato deposito della copia autentica del provve-dimento o dell’atto, possa derivare l’improcedibilitàdell’azione.Si ritiene, pertanto, che nel caso di specie non possa es-sere negata una interpretazione estensiva dell’articolo 9comma 1 ter della legge n. 53/94 attraverso la quale da-re, al difensore che l’ha “subita”, la possibilità di stampa-re il messaggio PEC della notifica e di ciò che in essa ècontenuto al fine di poterne allegare copia dichiarataconforme all’originale informatico senza dimenticare al-tresì di suggerire e raccomandare di depositare, su sup-porto informatico (CD o DVD) il file in formato .eml o.msg contenente la notifica.Ove così non fosse si dovrebbe, per assurdo, ammettereche a fronte di una sentenza o un provvedimento noti-ficato tramite PEC il ricorrente, in mancanza di normae di potere tale da consentirgli di assolvere all’onere indi-cato dall’articolo 369 c.p.c. comma 2 n. 2, sempre e co-munque vedrebbe il proprio ricorso dichiarato impro-cedibile così come disposto dalla Corte di Cassazionecon l’ordinanza n. 6657 - depositata il 15 marzo 2017ma ciò sarebbe in aperto e palese contrasto con quantodisposto dall’art. 111 della Costituzione.L’ordinanza del marzo 2017 veniva poi sostanzialmenteconfermata dalla Sezione Terza della Suprema Cortecon la decisione n. 17450 depositata il 14 luglio2017 ma, quasi voler a complicare una situazione giàabbastanza complessa, intervenivano nuovamente sullaquestione gli Ermellini con la pronuncia n. 26520 del9 novembre 2017 i quali non solo dichiarano impro-cedibile il ricorso per Cassazione ai sensi dell’art. 369c.p.c., comma 2, n. 2, non risultando agli atti del giudi-zio il deposito della copia autentica della decisione im-pugnata con la relazione di notificazione ma dettanoanche, per il difensore destinatario della notifica PEC,una nuova modalità per attestare la conformità dellasentenza e della relata che, di fatto, smentisce sia quellaindicata dalla Sezione Sesta con la decisione n. 6657 del15 marzo 2017 sia quella indicata dalla stessa SezioneTerza con la decisione n. 17450 del 14 luglio 2017; sipassa quindi dall’interpretazione estensiva dell’art. 9

comma 1 ter della L. 53/94 ad un nuova modalità nonprevista da nessuna norma. Nel dettare tale nuova (assurda) modalità, il Collegioperò lascia trasparire, con disarmante evidenza, la man-cata conoscenza di alcuni fondamentali elementi di in-formatica giuridica, quale ad esempio, la differenza traoriginale informatico, duplicato informatico e copia in-formatica; infatti, dopo aver precisato che “il grado dimerito … si è svolto nelle forme del processo civile te-lematico (PCT), mentre nel giudizio di cassazione ildeposito ex art. 369 c.p.c. non può che avere ad oggettodocumenti in formato analogico (cartaceo), poichè l’ap-plicabilità della disciplina del processo telematico nelgrado di legittimità è limitata alle sole comunicazionie notificazioni da parte delle cancellerie delle sezionicivili”, ritengono che debba applicarsi “il D.L. 18 otto-bre 2012, n. 179, art. 16-bis, comma 9-bis convertito,con modificazioni, dalla L. 17 dicembre 2012, n. 221,e successive modificazioni” il quale prevede che “il di-fensore può estrarre copia analogica degli atti proces-suali e dei provvedimenti giudiziari redatti in formatodigitale, attestandone personalmente la conformitàdella copia al corrispondente atto contenuto nel fasci-colo informatico. Le copie così realizzate, munite dellapredetta attestazione di conformità, equivalgono al-l’originale”.Fatta questa premessa e precisazione, la Cassazione ri-tiene che “l’onere imposto dall’art. 369 c.p.c. dovevaessere adempiuto mediante il deposito di una copia car-tacea della sentenza impugnata, asseverata dallo stes-so difensore dei ricorrenti come conforme all’originaledigitale presente nel fascicolo informatico” in quantoil “D.L. n. 179 del 2012, art. 16-bis, comma 9-bis, pre-scrive che il difensore deve attestare la conformità dellecopie analogiche ai corrispondenti atti contenuti nel fa-scicolo informatico” con la conseguenza che “qualorala sentenza che si intende impugnare venga notificataal ricorrente a mezzo di posta elettronica certificata(PEC), l’attestazione di conformità dovrà comunqueessere apposta sulla copia analogica (stampa cartacea)tratta dall’originale digitale contenuto nel fascicolo in-formatico e non sulla copia notificata telematicamente”in considerazione del fatto che “soltanto le copie ana-logiche estratte dal fascicolo informatico e munite

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252 dell’attestazione di conformità, equivalgono all’origi-nale (art. 16-bis, comma bis, cit.)”.Secondo la Cassazione, quindi, in caso di notifica PECdel provvedimento impugnato, quest’ultimo, per assol-vere a quanto richiesto dall’art. 369 c.p.c, dovrebbe es-sere estratto dal difensore dal fascicolo informatico delprocedimento, stampato e poi dichiarato conforme aisensi dell’art. 6 bis comma 9 bis DL 179/12 in quantosolo le copie cartacee estratte dal fascicolo informaticoe munite di attestazione di conformità sarebbero equi-valenti all’originale dal quale sono state estrapolate.Per la conformità della relata di notifica (ma solo perquesta) invece la Cassazione ritiene che, sempre al finedi ottemperare a quanto disposto dall’art. 369 c.p.c., ildifensore possa stamparla dalla PEC ricevuta e attestarnela conformità, unitamente al messaggio PEC ricevuto, aisensi dell’art. 9 comma 1 ter della legge n. 53/94.Secondo tale decisione il difensore potrà dar seguito aquanto richiesto dall’articolo 369 c.p.c. solo se provve-derà a stampare:- dal fascicolo informatico la sentenza, attestando laconformità della stampa cartacea a quanto presente nelfascicolo informatico ai sensi dell’art. 16 bis comma 9bis DL 179/12 e,- dalla PEC di notifica, il messaggio PEC ricevuto ela relata di notifica, attestando la conformità di ambe-due ai sensi dell’art. 9 comma 1 ter della legge n. 53/94.La pronuncia appare quanto meno “bizzarra” posto che,secondo la Cassazione, il difensore, per depositare lacopia conforme della sentenza impugnata, dovrebbeestrarla dal fascicolo informatico ma non anche dallaPEC ricevuta in quanto, solo estraendola dal fascicoloinformatico potrebbe attestarne la conformità posto che“se il difensore apponesse l’attestazione di conformitàsulla copia del provvedimento che gli è stata notificata,anzichè sull’originale scaricato dal PCT, egli atteste-rebbe la conformità di una “copia della copia”, anzichèdella copia estratta direttamente dall’originale”, conciò affermando che, in caso di notifica della sentenza, ildestinatario potrebbe separare, ai fini del deposito, ilprovvedimento e la relata considerando che il primo do-vrebbe essere estratto dal fascicolo informatico; ad av-viso di chi scrive, invece, l’art. 369 c.p.c. n. 2 comma 2sembrerebbe disporre il contrario e quindi che oggetto

del deposito, in caso di notifica del provvedimento im-pugnato, debba essere la sentenza e la relata così comenotificata (con qualsiasi mezzo) al destinatario.La Cassazione comunque sbaglia in quanto ignora chealla PEC di notifica poteva essere stato allegato il dupli-cato informatico della sentenza che, così come dispostodal Codice dell’Amministrazione Digitale, ha lo stessovalore e la stessa efficacia giuridica dell’originale infor-matico dal quale è tratto; in siffatta ipotesi, il destinatariodella notifica, avvalendosi dell’interpretazione estensivadell’art. 9 comma 1 ter della legge n. 53/94 (così comeaffermato dalla Corte con le decisioni n. 6657 del 15marzo 2017 e n. 17450 del 14 luglio 2017), potrebbe,legittimamente, stampare e dichiarare conforme all’ori-ginale sia il messaggio PEC sia gli allegati contenuti e,tra questi, anche la sentenza!Da tale errata impostazione la Cassazione trae il se-guente (errato) principio di diritto:“Fintanto che il processo civile telematico non sarà at-tivato anche presso la Corte di cassazione, ai fini del-l’osservanza dell’art. 369 c.p.c., il difensore del ricor-rente, che ha l’onere di depositare la copia conformeall’originale del provvedimento impugnato, qualoranon abbia disponibilità della copia con attestazione diconformità rilasciata dalla cancelleria, deve estrarreuna copia analogica dall’originale digitale presente nelfascicolo informatico e attestare con propria sottoscri-zione autografa la conformità dell’una all’altro, aisensi del D.L. n. 179 del 2012, art. 16-bis, comma 9-bis, non soddisfacendo invece le condizioni di legge l’at-testazione di conformità apposta direttamente sullacopia del provvedimento eventualmente notificato conmodalità telematiche”.In attesa dell’intervento del legislatore il quale, nono-stante sollecitato dall’Avvocatura sin dal 2014, ad ogginon ha compreso come importante sarebbe il suo inter-vento introducendo apposita norma contenente la mo-dalità con la quale il difensore possa ottemperare aquanto richiesto dall’articolo 369 c.p.c. comma 2, n. 2.,non posso che suggerire alle Colleghe e ai Colleghi diprocedere assecondando, adottando, le due modalità di-sposte dalla Cassazione con la decisione n. 26520 del 9novembre 2017 e con quella del 15 marzo 2017 n. 6657e quindi:

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2531) stampare il messaggio PEC ricevuto2) stampare tutti gli allegati della PEC (sentenza e

relata di notifica)3) attestare la conformità del messaggio PEC, della

relata e della sentenza a quelli presenti nella PECdalla quale sono stati stampati, ai sensi dell’art.23 comma 1 CAD

4) entrare nel fascicolo informatico del procedi-mento nel quale è stata emessa la sentenza notifi-cata

5) stampare la sentenza6) attestare la conformità della sentenza estratta dal

fascicolo informatico e stampata, ai sensi dell’art.16 bis comma 9 bis DL 179/12

Suggerisco altresì di:7) salvare in formato .eml o .msg la PEC della noti-

fica ricevuta su CD o DVD.Depositare, al momento dell’iscrizione a ruolo delricorso, quanto indicato nei precedenti punti da 1 a3 e da 5 a 7.

2) Cassazione civile, Sezione III, sentenza n. 17048del 11 luglio 2017 Non dobbiamo dimenticare che, da giugno 2014, a se-guito della formale introduzione del così detto “domi-cilio digitale” se il destinatario della notifica ha omessodi eleggere domicilio nel comune in cui ha sede l’ufficiogiudiziario innanzi al quale pende la controversia, nonè più possibile effettuarele notificazioni presso la can-celleria dell’ufficio giudiziario davanti al quale pende lacausa, dovendo in questi casi effettuarsi obbligatoria-mente la notifica tramite PEC a meno che l’indirizzo diposta elettronica certificata non sia accessibile per causeimputabili al destinatario.È proprio in applicazione di tale principio, introdottodal decreto legge n. 90/2014 (modifica dell’art. 16 sexiesdel decreto legge n. 179/2012) che la Corte, con la deci-sione n. 17048 del 11 luglio 2017 ha ritenuto nulla lanotifica della sentenza d’appello eseguita presso la can-celleria della Corte d’Appello posto che la stessa dovevaessere notificata alla PEC del destinatario risultante dalREGINDE o da INIPEC non potendo più procedersi, insiffatta ipotesi, ai sensi dell’articolo 82 del R.D. n.37/1934.

Ancor prima del legislatore, intervenuto nel giugno2014, erano state le Sezioni Unite con la sentenza n.10143 del 20/06/2012 ad osservare che, a partire dalladata di entrata in vigore delle modifiche degli artt. 125e 366 c.p.c., apportate dalla legge 12 novembre 2011,n. 183, art. 25, esigenze di coerenza sistematica e d’in-terpretazione costituzionalmente orientata inducevanoa ritenere che, nel mutato contesto normativo, alla do-miciliazione ex lege presso la cancelleria dell’autoritàgiudiziaria innanzi alla quale era in corso il giudizio, aisensi del R.D. n. 37 del 1934, art. 82, potesse farsi luogosoltanto ove il difensore, non adempiendo all’obbligoprescritto dall’art. 125 c.p.c. per gli atti di parte e dal-l’art. 366 c.p.c. specificamente per il giudizio di cassa-zione, non avesse indicato l’indirizzo di posta elettronicacertificata comunicato al proprio ordine.Bisogna però aggiungere che, successive pronunce dellaCassazione,avevano poi ridimensionato il rilievo del do-micilio digitale se è vero che, sia con la sentenza n.25215 del 27/11/2014 sia con l’ordinanza n. 2133 del03/02/2016 veniva affermato che solo l’indicazione dellaPEC senza ulteriori specificazioni da parte del difensorefosse idonea a far scattare l’obbligo del notificante di uti-lizzare la notificazione telematica ma che non poteva af-fermarsi altrettanto nell’ipotesi in cui l’indirizzo di postaelettronica fosse stato indicato nell’atto per le sole co-municazioni di cancelleria.Ricordiamoci quindi che, se il destinatario della notificanon ha eletto domicilio nel comune in cui ha sede l’uf-ficio giudiziario innanzi al quale pende la causa, il di-fensore dovrà, ad esempio, notificare la relativa sentenza(ai fini della decorrenza del termine breve) non in can-celleria ma alla PEC del destinatario risultante dai pub-blici elenchi e quindi da INIPEC o dal REGINDE.Residua, tuttavia, un ristretto margine di applicazionedel R.D. n. 37 del 1934, art. 82. Si tratta del caso in cuil’uso della PEC è impossibile per causa non imputabileal destinatario. In tale ipotesi, le comunicazioni dellacancelleria e le notificazioni degli atti vanno effettuatenelle forme ordinarie, ai sensi degli artt. 136 e seguentic.p.c.

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3) Cassazione civile, Sezione VI - 3, ordinanza n.20672 del 31 agosto 2017Prima di passare al contenuto dell’ordinanza n. 20672emessa dalla Corte il 31 agosto 2017, è di fondamentaleimportanza ricordare alle Colleghe e Colleghi che, nelprocesso civile, l’atto processuale sotto forma di docu-mento informatico deve essere sottoscritto con firma di-gitale e che, tale sottoscrizione è da ritenersi assoluta-mente valida ed efficace per legge, sia che venga appostanella modalità CAdES (alla fine del processo di firma,alla estensione del file verrà aggiunta anche quella .p7m)sia quella PAdES (alla fine del processo di firma nonverrà aggiunta, nel file, nessuna ulteriore estensione).La premessa è opportuna, se non doverosa, consideran-do che, nell’ordinanza in esame, erroneamente, la Sezio-ne VI riconosce come validamente sottoscritto in digitalesolo quel file che presenti l’estensione .p7m e non anchequello che presenti una “semplice” .pdf.Gli Ermellini, infatti, insistono sulla circostanza per laquale solo il file con estensione .p7m sarebbe un file fir-mato digitalmente, così facendo ritenendo (erronea-mente) che, sia nel processo civile telematico che nellenotifiche PEC effettuate ai sensi della legge n. 53/1994,soltanto la firmadigitale CAdES (che, è bene ripeterlo,aggiunge al file l’estensione .p7m) sia consentita; nes-sun riferimento e attenzione viene rivolta alle altre tipo-logie di firme digitali ammesse nel nostro ordinamentodalla vigente normativa ossia la firma PAdES e la firmaXAdES, ignorate molto probabilmente solo perché i filecosì firmati non aggiungono estensione alcuna a quelladei rispettivi file .pdf e .xml; ignorare l’esistenza di talitipologie di firme è grave e non poco perché consenteal Collegio di qualificare come non firmati digitalmentei file con la sola estensione .pdf allegati alla notifica PEC,da ciò ritenere che la notifica non sia regolare e possaquindi qualificarsi nulla e, in tale ipotesi, valutare l’esi-stenza dei presupposti ed eventuali limiti per l’applica-bilità del principio di sanatoria dell’atto nullo in caso diraggiungimento dello scopo.E dire che nella ricostruzione normativa, è la stessaCassazione a fare riferimento alla firmaPAdES: “aisensi del capoverso di tale disposizione, per quel che qui puòrilevare, è stabilito poi che «La struttura del documento fir-mato è PAdES-BES (o PAdES Part 3) o CAdES-BES; il cer-

tificato di firma è inserito nella busta crittografica; ...nel casodel formato CAdES il file generato si presenta con un’unicaestensione p7m», mentre le definizioni degli acronimi PAdESe CAdES si rinvengono alle lett. z) ed y) del precedente art.2 del detto provvedimento DGSIA...”; peccato che poi, in-vece di chiedersi quale fosse la differenza tra firma digi-tale PAdES e CAdES, ritenga “...indispensabile l’esten-sione «p7m», a garanzia dell’autenticità del file...”.Dall’analisi di quanto impresso in un foglio di carta, ilCollegio ritiene di poter affermare con certezza assolutache i file allegati alla PEC, con la quale è stato notificatoil controricorso, non sono firmati digitalmente, acco-gliendo inspiegabilmente l’eccezione sollevata dal ricor-rente, a meno che quest’ultimo, a sostegno della stessa,non abbia posto ulteriori e determinanti elementi sotta-ciuti in sede di esposizione dalla Suprema Corte.

4) Cassazione civile, Sezione III, sentenza n. 21915del 21 settembre 2017Il codice di procedura civile, in punto di notifica, di-spone, con l’art. 147, che le notificazioni non possonofarsi prima delle ore 7 e dopo le ore 21; l’articolo 45bis del decreto legge n. 90/14 (che ha introdotto l’art.16 septies al decreto legge n. 179/12) dispone altresì cheil contenuto del 147 c.p.c.si applica anche alle notifichetramite PEC L. 53/94.Nel caso di specie, il difensore notifica tramite PEC ri-corso per cassazione avverso la decisione della Corte diAppello di L’Aquila, nell’ultimo giorno utile, ricadenteil 25 ottobre 2011 ma, come rilevato dal Collegio dalladocumentazione in atti, l’attività notificatoria inizia soloalle ore 23,47 dell’indicato giorno.Il Collegio, molto probabilmente, è in grado di attestarecon certezza l’avvio del processo notificatorio ad operadel difensore, attraverso la visione della ricevuta di ac-cettazione della notifica PEC posto che, nei procedimen-ti dinanzi ai quali non è possibile dare la prova della no-tifica PEC mediante deposito telematico delle ricevutedi accettazione e consegna in formato .eml o .msg, cosìcome disposto dall’articolo 9 comma 1 bis legge n.53/94, la prova della notifica deve essere data mediantela stampa e successivo deposito della ricevuta di accet-tazione, della ricevuta di consegna e di quanto allegatoalla PEC con attestazione di conformità effettuata ai

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255sensi dell’art. 23 comma 1 decreto legislativo n. 82/2005 (codice dell’amministrazione digitale).La Corte, in applicazione dell’articolo 147 c.p.c. ritieneche la notifica, avendo il difensore iniziato l’attività dinotifica PEC solo dopo l’orario stabilito dalla citata nor-ma,si sia perfezionata solo alle ore 7 del giorno succes-sivo e quindi a termine per l’impugnazione irrimediabil-mente decorso.Il Collegio però rileva anche che:1) si era già pronunciata su questione analoga a quellain esame con la sentenza n. 8886 del 2016 e, in quellaoccasione, aveva espresso il seguente principio di di-ritto: “il D.L. n. 179 del 2012, art. 16 septiesconv. conmo-dif. dalla L. n. 221 del 2012, non prevede la scissione trail momento di perfezionamento della notifica per il notifi-cante ed il tempo di perfezionamento della notifica per il de-stinatario, espressamente disposta, invece, ad altri fini,dall’art. 16 quater stesso D.L. (Nella specie, la S.C. ha rite-nuto quindi tardiva la notifica del ricorso per cassazione af-fermando che si era perfezionata, sia per il notificante cheper il notificato, il giorno successivo a quello di scadenza deltermine per l’impugnazione, poichè eseguita dopo le ore 21di quest’ultimo giorno)”.2) ritiene che non si possa più prescindere dal conside-rare “…principio generale di diritto vivente il principio dellascissione degli effetti delle notifiche tra notificante e destina-tario della notifica…” e ciò, soprattutto, stante il princi-pio elaborato dalla Corte costituzionale, fatto proprio edaffermato anche dalla Suprema Corte in numerose de-cisioni, in virtù del quale “…le garanzie di conoscibilitàdell’atto da parte del destinatario della notificazione debbonocoordinarsi con l’interesse del notificante a non vedersi ad-debitare l’esito intempestivo del procedimento notificatorioper la parte sottratta alla sua disponibilità…”.3) è ormai consacrato, nel processo civile, tra le normegenerali sulle notificazione degli atti, il principio se-condo il quale deve distinguersi il momento in cui lanotifica si deve considerare perfezionata per il notifi-cante da quello in cui essa si perfeziona per il destinata-rio, con la conseguenza, che, “…alla luce di tale principio,le norme in tema di notificazioni di atti processuali vannointerpretate, senza necessità di ulteriori interventi da partedel giudice delle leggi, nel senso (costituzionalmente, ap-punto, adeguato) che la notificazione si perfeziona nei con-

fronti del notificante al momento della consegna dell’attoall’ufficiale giudiziario”.In riferimento all’art. 147 c.p.c., però, aggiunge la Su-prema Corte che “…il principio della scissione degli effettidella notificazione per il notificante e per il destinatario nonopera perchè siamo al di fuori delle ipotesi a tutela delle qualiesso è stato creato. Il principio non ha ragione di operare,infatti, laddove la legge espressamente disciplina i tempi peril corretto ed efficace svolgimento di una attività (a tutela deldiverso interesse, rafforzato dalle possibilità tecniche offertedalla notifiche telematiche, di non costringere i professionistialla continua verifica, a qualsiasi ora del giorno e della notte,dell’arrivo di atti processuali), qualora, come nella specie, èlo stesso notificante che ha iniziato a compiere l’attività at-tività notificatoria quando il margine di tempo a sua dispo-sizione si era già consumato. Il ricorso è pertanto inammis-sibile…”.Sul punto, la Corte di Appello di Milano, Sezione I ci-vile, perviene a conclusioni completamente diversedaquelle della Suprema Corte al punto che, con l’ordinan-za del 16 ottobre 2017, interessa della vicenda la CorteCostituzionale, ritenendo sussistente la questione di le-gittimità costituzionale dell’art. 16-septies, l. n. 221/2012sotto i seguenti profili: a) per violazione dell’art. 3 Costituzione, in quanto si-tuazioni differenti vengono trattate dal legislatore in mo-do ingiustificatamente uguale o simile; b)per violazione dell’art. 3 Costituzione, sotto il profilodell’irragionevolezza dell’art. 16-septies, che estende iltermine previsto dall’art. 147 c.p.c. alle notifiche a mez-zo PEC senza tener conto della differente natura delmezzo di notificazione; c) per violazione degli artt. 24 e 111 Costituzione, inquanto, nel caso di notifica effettuata a mezzo PEC, laprevisione di un limite irragionevole alle notifiche l’ul-timo giorno utile per proporre appello comporta unagrave limitazione del diritto di difesa del notificante.

5) Cassazione civile, Sezione VI - 3, ordinanza n.22320 del 25 settembre 2017Può la mancanza di idonei strumenti tecnologici avererilevanza e giustificare la mancata conoscenza del con-tenuto dell’atto ove questo sia stato notificato tramitePEC e non tramite UNEP o ufficio postale?

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256 A tale doglianza risponde, ad avviso dello scrivente inmaniera ineccepibile, la Cassazione con l’ordinanza n.22320 del 25 settembre 2017.Il ricorrente lamenta la violazione di legge in riferimentoagli articoli 3 e 24 della Costituzione, sostenendo che aldestinatario della notifica non potesse essere imputatalamancata lettura dei documenti informaticisottoscritti di-gitalmente con firma in CAdES (firma che aggiunge alfile l’estensione p7m), postochequest’ultimo non erainpossesso degli strumenti per poterla visualizzare corret-tamente. Viene addirittura prospettata una disparità ditrattamento con le notifiche tradizionali tramite UNEPo in proprio tramite ufficio postaleconsiderando che,queste ultime, a differenza di quelle telematiche, sareb-bero immediatamente percepibili, leggibili e conoscibilidal destinatario non richiedendo, quindi, nessuna do-tazione “…di specifici strumenti o programmi di lettura odecodifica…”; viene altresì negata l’esistenza di qualun-que normativa che imponga al destinatario dell’atto dimunirsi di un programma di lettura di file firmati digi-talmente in CADES il quale, a dire del ricorrente, com-porterebbe anche il dover far fronte a oneri particolari,così violando apertamente gli articoli 3 e 24 della Co-stituzione.La Corte ritiene manifestamente infondata la questionein quanto, l’insieme delle disposizioni, anche tecnichee di rango secondario, ha reso legittimo l’utilizzo deglistrumenti informatici sia per la realizzazione dell’attoche per la sua notifica e da ciò ne deriva il correlato one-re per il destinatario di essere dotato di adeguate compe-tenze e idonei strumenti attraverso i quali poter “leg-gere” il contenuto delle notifiche PEC ove le stesse sianoeseguite “…in conformità con le specifiche tecniche postedalla stessa normativa…” rappresentando la notifica PECuna naturale evoluzione della disciplina delle notifica-zioni tradizionali.Del pari infondata anche la seconda questione con laquale il ricorrente ipotizza la sussistenza della violazionedell’articolo 88 del codice di procedura civile e con essala presenza di un comportamento contrario ai doveri dilealtà e probità; il Collegio non è pero dello stesso av-viso e, con motivazione assolutamente condivisibile, af-ferma che “non può integrare violazione dei doveri di lealtàe probità una condotta che si è mantenuta nel pieno rispetto

della normativa, anche solo di rango regolamentare, in temadi notificazione telematica degli atti del processo, quando adessa è poi corrisposto il mancato assolvimento di un precisoonere di autodotazione di strumenti di decodifica o letturaidonei a mettere in grado il professionista di interagire con ilsistema di notifiche telematiche di atti processuali nativi in-formatici reso legittimo dalla normativa primaria e da quellasecondaria ad essa complementare e da essa espressamentea tanto abilitata: tale pieno rispetto essendo stato accertatodal giudice del merito e non essendo stato oggetto di validaimpugnazione neppure in questa sede”.

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Il ruolo dell’avvocato nell’eradelle tecnologie digitali dicomunicazione

di Donatella Cerè

L’evento “Sicurezza e linguaggio dell’odio”, promosso dalConsiglio Nazionale Forense sotto gli auspici della Pre-sidenza Italiana del G7, ha coinvolto le avvocature diCanada, Francia, Germania, Gran Bretagna, Stati Unitie Italia, ed ha avuto come obiettivo quello di concorrerea rafforzare una strategia sovranazionale che, nel rispettodei diritti di espressione, dell’anonimato e della privacy,consenta di contrastare le minacce alla dignità personalee alla sicurezza che derivano dalle false informazioni edall’incitamento all’odio, alla discriminazione razziale,religiosa e di genere.L’iniziativa rientra tra gli obiettivi dell’Agenda ONU2030 per lo Sviluppo Sostenibile che promuove societàpacifiche e inclusive tramite l’accesso universale alla giu-stizia e alla tutela dei diritti.Come già dichiarato dal Presidente del CNF, Andrea Ma-scherin, questo incontro è stato un evento di assolutarilevanza, sia per il tema trattato, sia per il percorso chelo ha preparato. Per la prima volta, infatti, le avvocaturedei Paesi del G7 hanno collaborato al fine di affrontarea livello internazionale un problema fondamentale comequello del proliferare del linguaggio dell’odio su Inter-net, con l’intento di coniugare le necessarie sanzioni conle libertà fondamentali di pensiero, parola ed espres-sione.Il primo incontro internazionale tra i rappresentantidelle avvocature di Canada, Francia, Germania, Giappo-ne, Gran Bretagna, Italia e Stati Uniti è stato articolatoin 3 sessioni di lavoro e preceduto dalla presentazioneda parte dei vertici delle Avvocature dei quadri norma-tivi vigenti nei 7 Paesi. Importanti esperti di diritto, ita-liani e internazionali, hanno discusso insieme alle Avvo-cature le linee guida per rafforzare la collaborazione alivello internazionale che, nel rispetto dei diritti alla li-bertà di espressione e di opinione e dei diritti all’anoni-mato e alla privacy, consentano di adottare forme di col-laborazione tra i sistemi giuridici contro le informazionifalse e lesive della persona derivanti dall’incitamentoall’odio e alla discriminazione.Per l’importanza dell’argomento trattato sono interve-nuti nel corso di questo incontro anche importanti rap-presentati delle nostre Istituzioni, tra i quali: la Sottose-gretaria alla Presidenza del Consiglio Maria Elena Bo-schi, la Presidente della Camera Laura Boldrini e il Mi-

nistro della Giustizia Andrea Orlando.L’evento ha affrontato anche il tema dell’educazione allalegalità, come elemento fondante della cittadinanza re-sponsabile, mettendo a confronto l’esperienza dei 7 Pae-si nell’adozione di strumenti e metodologie innovativeper la formazione di competenze legate ai valori dellaconvivenza civile nell’era delle tecnologie digitali di co-municazione.Si ritiene, infatti, che la professione legale dovrebbe uti-lizzare la propria posizione privilegiata per contrastarela fomentazione della paura, condividendo le proprieconoscenze con i concittadini e insistendo sul rispettodei diritti di fronte alla critica popolare.Purtroppo in una società sviluppata e tecnologicamenteavanzata come la nostra, troppi sono gli episodi di vio-lenza che si riscontrano quotidianamente nelle piatta-forme online, sia che si tratti di incoraggiamento al ter-rorismo, al linguaggio dell’odio, sia al materiale di abusosessuale sui minori, o alle violazioni dei diritti di pro-prietà intellettuale. L’evoluzione di Internet in un sistema integrato di serviziche permeano e orientano l’individuo favorendo una co-municazione istantanea, intuitiva e con una portata dis-seminativa superiore ai tradizionali mass-media, condu-ce alla necessità di individuare regole efficaci e conformiall’equilibrio tra diritti fondamentali e valori propri deimoderni Stati democratici.Ciò ha portato l’Unione Europea a prendere in conside-razione misure legislative per armonizzare le piattaformecome Facebook, Twitter e Google, cercando di rimuove-re contenuti illegali e di frenare l’incitamento alla vio-lenza di qualsiasi genere. Il Consiglio Nazionale Forense, istituzione indipendentedi rappresentanza dell’intera classe forense italiana, sot-tolinea l’importanza di adottare politiche di collabora-zione di carattere internazionale tra tutti i soggetti por-tatori di interessi, sia sotto il profilo della prevenzione,che del contrasto alla circolazione sui social media dimessaggi inneggianti all’odio e alla violenza, rivendican-do con forza il ruolo cruciale dell’Avvocatura quale pun-to di bilanciamento tra la difesa degli interessi individua-li e l’amministrazione della giustizia. L’Avvocatura può rafforzare il proprio compito di pro-pulsore del dialogo internazionale, quale interlocutore

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258 qualificato e promotore di istanze e tutele idonee a con-trastare le minacce alla dignità ed ai diritti fondamentalidella persona, nel rispetto della libertà d’espressione edi opinione.Il Consiglio Nazionale Forense intende discutere con irappresentanti delle Avvocature dei Paesi del G7 del-l’adozione di attività consultive, di studio e formazione,al fine di incoraggiare la promozione di strategie ade-guate e coordinate di protezione dell’utente, nel generalequadro di rafforzamento del ruolo strategico degli Av-vocati nella governance di Internet.Le nostre differenze culturali e di status non costituisco-no un ostacolo per la nostra comunità di valori e diobiettivi nella prospettiva della difesa dei diritti fonda-mentali. Oggi gli avvocati hanno una responsabilità speciale nelcampo del rispetto dei diritti fondamentali per quantoriguarda l’uso degli strumenti informatici e d’internet. L’innovazione continua esige il riconoscimento di dirittinuovi e, per la loro effettiva attuazione, l’accesso ad ungiudice indipendente. Quando la giurisprudenza cambia per adattarsi alle esi-genze nuove, essa risponde alle sollecitazioni degli av-vocati che hanno suggerito ai giudici, attraverso le do-mande da loro introdotte, le buone decisioni. Innanzitutto, gli avvocati devono progredire sviluppan-do la conoscenza della legge in questa materia e le buo-ne pratiche. La professione forense è un interlocutorequalificato del legislatore per la creazione di strumentigiuridici nuovi affinché la legge non accumuli alcun ri-tardo e, anzi, anticipi il futuro prevedibile. L’incontro del G7 tenutosi a Roma ha fatto sì che tutti iPaesi che vi hanno preso parte siano stati accomunatida un sentimento di grande dovere degli avvocati dicontribuire attivamente, attraverso il diritto ed i valoriche difendiamo, a salvare il mondo dalla dittatura delprogresso tecnologico. Affinché questo contributo sia concreto e fruttuoso, oc-corre dar seguito a questa riunione in forza di una coo-perazione in un mondo in via di globalizzazione. Il Consiglio Nazionale Forense intende quindi eviden-ziare che l’aspirazione di ogni essere umano alla sicu-rezza e al segreto dei propri dati personali è antica, male minacce sono nuove e i mezzi per farvi fronte possono

essere inventati giorno dopo giorno solo con un impe-gno di livello internazionale.

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259Quello dell’equo compenso è uno dei temi più dibattutidall’Avvocatura italiana nell’ultimo anno.A partire dalMinistro Orlando, passando per il Pres. del CNF AndreaMascherin, i componenti dell’OCF, in primis il suo co-ordinatore Antonio Rosa, fino ad arrivare a parlamentaridi tutti gli schieramenti, molteplici sono stati gli inter-venti sulla stampa o in comunicati ufficiali ed ogni voltasembrava che fosse ormai raggiunto il traguardo di unalegge, che disciplinasse la materia ed introducesse di-sposizioni utili ad evitare che al professionista in genereed all’avvocato in particolare, fossero liquidati compensinon decorosi, soprattutto quando dall’altra parte c’è uncontraente forte, quali possono essere banche, compa-gnie di assicurazioni ovvero Enti locali e Pubbliche Am-ministrazioni in genere. In questo quadro non sono mancate pronunzie dellagiustizia amministrativa - come quella clamorosa delConsiglio di Stato del 3 ottobre 2017, che ha sancito lalegittimità di un bando di gara che prevedeva la gratuitàdell’attività dei professionisti - che hanno reso ancor piùaspro il dibattito e sentito alla categoria professionale ilproblema.Ed allora cerchiamo di comprendere quando e per qualeragione nasce l’esigenza di regolamentare i compensi deiprofessionisti e l’evoluzione giuridica che ne è seguita.Dobbiamo andare indietro alla c.d. legge Bersani – quel-la passata alla storia per le lenzuolate – in materia diconcorrenza e liberalizzazioni.Parliamo del decreto legge n. 223 del 4 luglio 2006,convertito con modificazioni nella legge 4 agosto 2006,n. 248, che dispose l’abrogazione delle disposizioni le-gislative e regolamentari che prevedono la fissazione ditariffe obbligatorie fisse o minime per le attività profes-sionali o intellettuali: in altre parole, venne statuito cheper le prestazioni eseguite successivamente al decretolegge (vecchio ormai di oltre dieci anni) si potesse de-rogare ai minimi tariffari.Tale innovazione aprì un acceso dibattito nella classe fo-rense: da un lato, infatti, la possibilità di derogare ai mi-nimi tariffari fu vista come opportunità di maggiore con-correnza; dall’altro lato, i sostenitori della inderogabilitàdei minimi ebbero a sottolineare come la facoltà di scen-dere al di sotto di un limite minimo fissato ex lege avreb-be consentito a contraenti “forti” di imporre condizioni

particolarmente sfavorevoli al professionista per l’affida-mento dell’incarico. Col senno di poi, si può dire che avevano ragione i se-condi, perché dal giorno dopo l’entrata in vigore dellalegge, banche e compagnie assicurative in primis ebberoad imporre – spesso anche con effetti retroattivi – con-venzioni-capestro con cui stabilivano (e tuttora stabili-scono) agli avvocati compensi risicati, spesso non di-gnitosi, e clausole chiaramente vessatorie, come quelleche consentono alla parte assistita di incamerare le spesedi giudizio liquidate dal giudice in caso di esito vitto-rioso del giudizio e di riversarne al proprio difensore so-lo la minor parte oggetto di convenzione. Per non parla-re dell’onere di anticipare spese vive, ovvero di conce-dere dilazioni di pagamento a diversi mesi dal compi-mento delle attività.Fra le giustificazioni che vennero in qualche modo pro-palate per giustificare l’abolizione dei minimi, non man-cò il mantra: “perché così vuole l’Europa”. Affermazionegenerica ed errata!La Corte di Giustizia Europea, infatti, nella sentenza n.94 del 5 dicembre 2006 aveva affermato che una limita-zione al principio di libera prestazione dei servizi pro-fessionali può essere consentita allorché ragioni impera-tive di interesse pubblico la giustifichino: ragioni checon riferimento alla inderogabilità dei minimi alla tariffadegli avvocati vengono individuate nell’esigenza di ga-rantire la qualità della prestazione professionale a tuteladei consumatori e la buona amministrazione della giu-stizia. Sussistendo questi obiettivi, l’obbligatorietà deiminimi può essere giustificata allorché sussista il rischioche, per le caratteristiche del mercato, la concorrenza alribasso sull’offerta economica tra operatori possa pre-giudicare la qualità della prestazione.Tali principi sono stati ripetutamente affermati succes-sivamente dalla Corte anche di recente (Cfr.: CorteGiust. UE, Sent. del 23/11/2017, in causa C_4217/16 eC_428/16).Il problema non si poneva – e in realtà mai si è posto –per i casi in cui fra le parti non si fosse raggiunta un’inte-sa preventiva o nel corso dell’attività professionale sul-l’entità dei compensi, perché in quel caso sarebbe statonecessario il ricorso alla liquidazione giudiziale, cheavrebbe dovuto tenere conto delle tariffe e, a partire dal

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di Domenico Monterisi

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2012, dei parametri vigenti, oltre che dei principi gene-rali di cui all’art. 2233 c.c., che nel disciplinare il com-penso dell’opera professionale, al secondo comma, pre-vede che “in ogni caso la misura del compenso deve essereadeguata all’importanza dell’opera e al decoro della profes-sione”.La questione del compenso professionale visse un ulte-riore e deflagrante capitolo con il D.L. n. 1 del 24/1/2012, con il quale il Governo dei tecnici, guidato da Ma-rio Monti, dispose con l’art. 9, l’abolizione tout courtdelle tariffe professionali e la previsione, contenuta nelsecondo comma, dell’emanazione attraverso decreti mi-nisteriali di “parametri” utili a determinare il compensodei professionisti.Le voci di dissenso, che si alzarono nel mondo profes-sionale intero e in particolare in quello dell’avvocatura,non consentirono di evitare la conversione in legge deldecreto, ed all’entrata in vigore del medesimo seguì unperiodo di incertezze, perché le tariffe vennero abrogatecon effetto immediato, i decreti ministeriali non eranoancora stati emanati, per cui per un consistente periododi tempo, non si comprendeva quali fossero i criteri coni quali persino le liquidazioni giudiziali dovessero essereeseguite. Solo la persistenza dell’art. 2233 c.c. e l’acume di alcuniilluminati magistrati, che, in conseguenza del vuoto nor-mativo creatosi, ritennero fondatamente di poter ancorafar riferimento alle tariffe benché abrogate, risolsero inqualche modo il problema, anche se non mancarono or-dinanze di rimessione della questione di costituzionalitàalla Consulta.I primi parametri vennero finalmente emanati con de-creto del Ministro della Giustizia n. 140/2012 che ap-proda in G.U. soltanto ad agosto del 2012.L’emanazione del decreto non calma gli animi. Anzi! I professionisti in generale e gli avvocati, in particolare,vedono contrarsi i compensi rispetto alle ultime tariffeministeriali approvate, risalenti addirittura al 2004 equindi da tempo in attesa di un robusto adeguamentoai costi della vita; per altro verso, vedono accorparsi infasi le attività disciplinate dai parametri. Il che, se da unlato faciliterà, anche nel rapporto con il cliente, la de-terminazione del compenso, rispetto alla farraginosità edifficile intelligibilità del sistema tariffario, dall’altro lato,

rischierà di lasciare scoperta la remunerazione di molteattività e di creare quindi disparità di trattamento fraprocedimenti semplici e procedimenti complessi che ve-dono la partecipazione di numerose parti, lo svolgimen-to di attività istruttorie particolarmente laboriose, la ste-sura di atti e memorie in misura superiore rispetto aquella standard.Resta, poi, la piena derogabilità dei parametri, che, a dif-ferenza del passato, non vincolano neppure il giudice insede di liquidazione giudiziale, visto che il settimo com-ma dell’art. 1 del citato d.m. prevede espressamente che“in nessun caso le soglie numeriche indicate, anche a mezzodi percentuale, sia nei minimi che nei massimi, per la liqui-dazione del compenso, nel presente decreto e nelle tabelle al-legate, sono vincolanti per la liquidazione stessa”.Quello che abbiamo descritto è, dunque, l’habitat giuri-dico-politico, in cui inizia a germogliare l’esigenza sem-pre più sentita nel mondo delle libere professioni e diquella forense in particolare, di riparare i guasti provo-cati dal distorto tentativo di introdurre elementi di con-correnza al ribasso nell’offerta dell’opera professionale,quasi che l’esplosione del numero degli iscritti agli albinon fosse di per sé un indice dell’elevata concorrenzia-lità del sistema.Dopo che in molti congressi nazionali, successivi al2006, vengono formulate, senza successo, mozioni cheimpegnano CNF e OUA a farsi portavoce nei confrontidel potere politico e dell’esecutivo dell’esigenza di ripri-stinare i minimi di tariffa, è in sede di Organismo Uni-tario dell’Avvocatura, che si inizia a parlare più concreta-mente di “equo compenso”.Più esattamente l’assemblea del Organismo in data 17-18/12/2015 approva una delibera, con la quale si chiedeal Ministero di Giustizia, di porre in essere ogni neces-saria iniziativa, anche innanzi tutte le sedi competentied opportune, per la modifica dell’art. 2233 c.c., conl’inserimento di un IV comma del seguente tenore:“Sono nulli tutti i patti nei quali il compenso sia manifesta-mente sproporzionato all’opera prestata ai sensi del commaII. Criteri di valutazione della sproporzione del compensosono costituiti dai parametri ministeriali applicabili alle pro-fessioni regolamentate nel sistema ordinistico. È altresì nullaqualsiasi pattuizione che stabilisca per il professionista uncompenso inferiore a quanto liquidato dall’organo giurisdi-

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261zionale, con diritto del cliente di trattenere la parte liquidataeccedente, ovvero precluda al professionista di pretendere ac-conti nel corso della prestazione o che gli imponga l’antici-pazione di spese per conto del cliente. La nullità non opera nei rapporti professionali disciplinatidal codice del consumo”.Una previsione che, incidendo sull’art. 2233 c.c. è de-stinata ad influire sui compensi di tutti i prestatori diopera professionale e non solo sulla categoria forense.Alla delibera dell’OUA fa seguito la presentazione nelfebbraio 2016 di un ddl a firma del Senatore Astorre,che assume il n. 2249.Una proposta di legge di analogo contenuto viene pre-sentata nel successivo maggio, ancora al Senato dal Se-natore Romano (n. 2281).Ma anche alla Camera vengono presentati ddl di conte-nuto simile: il n. 3745 a firma Sgambato e il n. 3854 afirma Chiarelli.L’Avvocatura mostra inizialmente indifferenza verso laproposta dell’OUA, che evidentemente paga un mo-mento di lontananza, se non di vero e proprio contrasto,con la rappresentanza istituzionale e di freddezza neirapporti con il Ministero di Giustizia.E, tuttavia, l’argomento viene presto affrontato anche dalCNF e dall’Agorà degli Ordini, che nel giugno 2016 ela-bora a sua volta, come si legge nella newsletter del CNF,“una proposta di legge sull’equo compenso con solidi agganciordinamentali che va nella direzione imboccata dal Governodi riconoscere uno “statuto” del lavoratore autonomo, conl’approvazione del disegno di legge presto all’esame del Par-lamento. L’iniziativa – prosegue la nota del CNF – rap-presenta un punto di riferimento importante per tutte leprofessioni ordinistiche e segna un necessario riequilibrio neirapporti tra operatori economici, impendendo situazioni chein certi casi possiamo definire, senza mezzi termini, di pre-varicazione”. Sul punto, si registra una forte convergenza con il Mi-nistro Orlando, che convoca il 14 luglio 2016 una primariunione presso il Ministero della Giustizia con i refe-renti del Consiglio Nazionale.Ma è al Congresso Nazionale Forense che si tiene a Ri-mini fra il 6 e l’8 ottobre 2016, che il Presidente Masche-rin e il Ministro Orlando, nei rispettivi interventi, torna-no con forza sull’argomento, con formale assunzione da

parte del Ministro di un serio impegno a fare proprie leiniziative parlamentari e a presentare quindi un disegnodi legge governativo sull’equo compenso.Il traguardo sembra quindi ormai a portata di mano.Ma le sorprese non finiscono, perché, mentre ferve l’atti-vità parlamentare, con altre proposte di legge – ad esem-pio quella a firma del senatore Sacconi, che mira adestendere la previsione dell’equo compenso a tutte le ca-tegorie professionali e non solo a quella forense, e l’altraa firma dell’Onorevole Berretta – del ddl di impulso go-vernativo si perdono le tracce, malgrado il Ministro, inogni occasione pubblica, ribadisca il suo impegno a lot-tare contro le forze, che evidentemente contrastano l’iterdel ddl persino in seno al Consiglio dei Ministri.Nel frattempo, anche il neonato Organismo Congres-suale Forense, a guida di Antonio Rosa, inizia a spingereper l’approvazione della legge sull’equo compenso e de-libera – non senza qualche dissapore e contrasto interno– l’adesione alla manifestazione che viene organizzata aRoma il 13 maggio 2017 dai professionisti del Lazio, mache ha una risonanza nazionale perché coinvolge tuttele categorie professionali, unite dall’hashtag #noiprofes-sionisti.Architetti, ingegneri, avvocati, medici, notai, veterinari,dentisti marciano tutti insieme da Piazza Esedra fino aPiazza San Giovanni, per richiamare l’attenzione delleistituzioni sulla necessità di introdurre i minimi tariffari. In questo quadro, desta particolare sorpresa la dichiara-zione del Ministro Orlando, che in un incontro elettoralea Portici il 4 giugno 2017, afferma: “c’è una proletarizza-zione dell’avvocatura che preoccupa, non possiamo consen-tire che tante giovani intelligenze, dopo anni di studio,debbano soggiacere ai prezzi fissati da banche e assicura-zioni, spesso offensivi per la loro professionalità. Anche perquesto ho deciso di promuovere una raccolta di firme perchéentro la fine della legislatura si approvi una legge sull’equocompenso da riconoscere ai professionisti”.Fa specie, dunque, che il Ministro della Giustizia de-nunci pubblicamente la sua difficoltà a far approvare inConsiglio dei Ministri un ddl di iniziativa governativa,tanto da dover ricorrere allo strumento della raccoltadelle firme.Per superare l’impasse, anche il CNF ci mette il suo im-pegno, e non a caso il Pres. Mascherin incontra il 17/7/

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262 2017 il Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio,On.le Maria Elena Boschi, per accelerare l’iter di appro-vazione del ddl sull’equo compenso, dapprima in senoal Consiglio dei Ministri e poi in Parlamento. L’incontro si chiude positivamente, come riportano i re-soconti ricavabili dalla newsletter del CNF: «Nel corsodel colloquio ho rappresentato alla sottosegretaria l’impor-tanza del fatto che il Governo in questo scorcio di legislaturadia seguito alla approvazione della legge sull’equo compensoproposta dal ministro Orlando e condivisa dall’allora presi-dente del consiglio e attuale segretario del PD Matteo Renzi»spiega il presidente del Cnf. «Ho sottolineato – aggiungeMascherin – come l’approvazione rapida della normativasarebbe prima di tutto un segnale culturale di rispetto per lafunzione dell’avvocato a cui una politica matura ed indipen-dente da logiche esasperatamente mercatiste non dovrebbesottrarsi».Mascherin aggiunge di essere rimasto più che positiva-mente colpito dalla convinta adesione al progetto di leg-ge da parte della Sottosegretaria Boschi, che ha garantitol’impegno della Presidenza del Consiglio per una tem-pestiva calendarizzazione del testo in Consiglio dei Mi-nistri. «L’idea che mi sono fatto – riferisce Mascherin – èche la sottosegretaria Boschi opererà realmente con celerità.Sono pertanto ottimista e penso che il testo di legge possafare un passo in avanti fondamentale verso il traguardo fi-nale».L’incontro fra Mascherin e la Ministra rappresenta sicura-mente un punto di svolta, perché di lì a poco, per l’esat-tezza nella riunione del 7/8/2017, il Consiglio dei Mini-stri vara finalmente il ddl Orlando sull’equo compenso,che poi viene presentato alla Camera il successivo 29agosto 2017.Nel testo del ddl, tuttavia, non mancano le sorprese.Come si legge nella relazione introduttiva del medesimo:“Le disposizioni (che lo compongono) sono volte a riequili-brare le relazioni contrattuali tra professionisti legali e clienti«forti», quali banche, assicurazioni, imprese non rientrantinelle categorie delle microimprese o delle piccole o medie im-prese: in particolare, l’articolato è volto a eliminare gli effettinegativi di alcune clausole vessatorie esistenti nelle conven-zioni stipulate, le quali possono comportare la corresponsionedi un compenso non equo al professionista interessato e, mi-rano, contestualmente, a tutelare la classe forense, profes-

sione vigilata dal Ministero della giustizia, in virtù della si-tuazione di particolare debolezza e vulnerabilità contrattualeal ricorrere delle precise condizioni individuate dalla legge.L’intervento legislativo mira ad evitare una concorrenza di-storta sul mercato in presenza di situazioni di abuso da partedei soggetti «forti», atteso il numero estremamente elevatodi avvocati operanti sul territorio italiano, con rischio di pre-stazioni professionali tendenti al ribasso che potrebbero cau-sare un peggioramento di qualità”.Il provvedimento dunque riguarda soltanto gli avvocatie non gli altri professionisti; è destinato ad applicarsinon a tutti i committenti, ma soltanto ai c.d. contraentiforti: banche, compagnie assicuratrici e grandi imprese.Non si applica, invece, al cliente privato, ma soprattuttonon si applica alle pubbliche amministrazioni, che rap-presentano sempre più una fetta rilevante della commit-tenza e che, come si è visto in numerosi bandi sottopostiall’esame della giustizia amministrativa, da tempo preve-dono incarichi professionali assegnati al massimo ribas-so che sviliscono il compenso per l’opera professionalefino ad arrivare persino alla totale gratuità della presta-zione.Non si fanno aspettare, dunque, le critiche al ddl gover-nativo da parte delle altre categorie professionali diversedall’Avvocatura, che spingono invece per l’approvazionedel ddl Sacconi, e neppure da parte della stessa Avvoca-tura. In OCF, in particolare, si mostra preferenza per il ddlBerretta, che, per un verso, riguarda le prestazioni resenell’ambito di tutte le professioni regolamentate e co-munque perché riguarda tutti i tipi di committenti senzaeccezioni.In Commissione Giustizia al Senato, il ddl di iniziativagovernativa viene accorpato a quello Berretta ed gli altrisimili precedentemente presentati ed è quello lo schemache viene preferito, con buona pace di quanti ambivanoad un’estensione dell’equo compenso a tutti i professio-nisti iscritti agli albi regolamentati ed a tutti i tipi diclienti.Ancor peggio va in sede di presentazione ed approva-zione di emendamenti, perché viene approvato un emen-damento all’art. 2, che nel prevedere la nullità delle clau-sole vessatorie, esclude la nullità medesima qualora leclausole “siano state oggetto di specifica trattativa e appro-

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263vazione”. Viene poi introdotto l’art. 2-bis, che stabilisceche “l’azione diretta alla dichiarazione di nullità di una opiù clausole delle convenzioni di cui all’articolo 1 è proposta,a pena di decadenza, entro 24 mesi dalla data di sottoscri-zione delle convenzioni medesime”.Va da sé che per ottenere tutela l’avvocato dovrebbe: a)evitare di sottoscrivere contratti in cui si dia atto che lapattuizione – quand’anche vessatoria – sia stata fruttodi trattativa e accettazione; b) esercitare azione giudizia-ria entro 24 mesi dalla sottoscrizione della convenzione,il che determinerebbe evidentemente la cessazione delrapporto professionale e quindi una tutela completa-mente annacquata e facilmente aggirabile dal contraenteforte.Resta, poi, l’applicazione della legge soltanto nei con-fronti dei c.d. contraenti forti, con esclusione della P.A.Sul punto si registrano reazioni differenziate. Il CNF sottolinea l’importanza dell’introduzione delprincipio dell’equo compenso nel nostro ordinamentoattraverso una legge dello Stato, indipendentemente dal-la scarsa attitudine della legge in corso di approvazionead offrire una tutela adeguata al professionista.Di diverso tipo sono le reazioni delle associazioni, conANF che, piuttosto che insistere per una normativa intema di equo compenso, che in ogni caso riguarderebbeuna platea molto limitata di professionisti (anche in senoalla stessa avvocatura), suggerisce con il suo SegretarioNazionale Pansini l’opportunità di puntare piuttosto sulJob’s Act sul lavoro autonomo (legge 22.5.2017, n. 81)che, all’art. 3, comma 4, con il richiamo all’art. 9 dellalegge 18 giugno 1998, n. 192 (disciplina della subforni-tura nelle attività produttive), in materia di abuso di di-pendenza economica, prevede forme di tutela in favoredi tutti i professionisti (e non solo di alcuni), includeanche i rapporti con le pubbliche amministrazioni (vi-ceversa escluse dal ddl Orlando), contiene rimedi inibi-tori e risarcitori a favore dei professionisti e ammettel’irrogabilità di sanzioni amministrative a carico del con-traente forte. “Dopo la legge n. 81 del 2017 – concludePansini – ci saremmo aspettati l’impegno della politica perl’integrazione e il rafforzamento della disposizione del Job’sAct volta a riconoscere l’equilibrio contrattuale in tema diprestazioni rese da tutti i professionisti; assistiamo invece adiscussioni sterili sulla pelle dei professionisti e del ceto medio

del nostro Paese”Ancora più critiche le voci che si alzano da parte delMovimento Forense, che senza mezzi termini parla di“iniquo compenso” e di MGA, che pure aveva partecipatoalla manifestazione romana del maggio 2017, rivendi-cando un’applicazione dell’art. 36 della Costituzioneanche ai lavoratori autonomi come i professionisti.Neppure l’OCF è particolarmente lieto del testo appro-vato in Commissione ed esterna tutta la sua delusionecon un duro comunicato stampa dal titolo inequivoca-bile: “Un brutto imbroglio il ddl sull’equo compenso: solouna affermazione di principio, tra l’altro negoziabile”.Nel testo del comunicato, si legge: “l’aver affermato ilprincipio ma nello stesso tempo aver riconosciuto che è ne-goziabile con una trattativa individuale e una specifica ac-cettazione vanifica, di fatto, il principio del diritto al giustoed equo compenso”.Criticata dall’OCF anche l’introduzione di un breve ter-mine di decadenza dell’azione e la decisione di non in-cludere gli enti pubblici con la conseguente legittimazio-ne del “dumping di Stato” sui professionisti. “Incompren-sibile pertanto – continua Rosa – l’entusiasmo intorno aquesta legge che cambia tutto per non cambiare nulla. È l’en-nesima occasione persa dalla politica per dare un segnale dirispetto e concreta tutela verso le libere professioni. Franca-mente ci attendevamo di più e meglio o che, quantomeno,venisse rispettato l’impianto originario del disegno di leggepresentato dall’on Berretta che è stato stravolto e indebolitodall’azione governativa. Cui prodest tutto questo? non certoagli avvocati e, in particolare, ai giovani avvocati”. Le sorprese non finiscono, perché il testo del ddl sul-l’equo compenso – o meglio una sua parte – entra ina-spettatamente nel testo della legge di bilancio in corsodi approvazione alla Camera.Il Ministro Orlando manifesta tutto il suo entusiasmoper il risultato raggiunto con un video postato sulla suapagina facebook. Ma non è ancora l’ultimo capitolo dellastoria infinita dell’equo compenso, perché dopo neppu-re 24 ore dalla pubblicazione del video, una nuova doc-cia fredda: il Presidente del Senato Grasso, attenendosial parere espresso dalla Commissione Bilancio del Se-nato, su proposta del Presidente, il senatore del PD Toni-ni, stralcia del testo della manovra le norme in tema diequo compenso, trattandosi di norme “ordinamentali”

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264 con contenuti estranei al testo della manovra medesima.Il Dubbio, organo di stampa del CNF, non manca di cri-ticare tale decisione, evidenziando come la stessa Com-missione abbia invece lasciato passare altre norme –queste addirittura favorevoli al mondo bancario – senzapreoccuparsi di verificarne la natura ordinamentale, pu-re segnalata da una senatrice leghista. Inoltre il quoti-diano diretto da Sansonetti, segnala che, invitato a moti-vare la natura ordinamentale delle norme sull’equo com-penso, il Presidente Tonini abbia glissato.Certo fa discutere e sorprende che la bocciatura del testosia maturata all’interno dello stesso PD, anche se ad ope-ra di un fedele esponente renziano, come Tonini, che hamesso in seria difficoltà il Ministro Orlando, che, comedetto, solo il giorno prima aveva gioito su facebook perun risultato ormai raggiunto.Ma, ancora una volta, l’ultimo capitolo non è scritto.L’impegno del Ministro Orlando si traduce in un risulta-to positivo. Il testo del ddl sull’equo compenso vienetraslato, grazie ad un maxi emendamento dello stessogoverno, nel testo della legge di conversione del c.d. de-creto fiscale (d.l.16 ottobre 2017, n. 148). A ciò si aggiungono importanti novità perché nel testoviene estesa l’applicabilità dell’equo compenso a tutte leprofessioni ordinistiche. Inoltre, anche se in forma unpo’ equivoca, viene previsto che anche le pubbliche am-ministrazioni debbono “garantire” l’applicazione deiprincipi dell’equo compenso. La legge di conversione, con il suddetto emendamento,veniva definitivamente approvata dalla Camera il 30/11/2017, per cui l’equo compenso è diventato legge delloStato.Lo stesso giorno della sua approvazione, tuttavia, nelcorso di una nuova assemblea di #noiprofessionsiti te-nutasi presso il Teatro Brancaccio a Roma, il Presidentedella commissione Bilancio della Camera, On.le France-sco Boccia, annunciava che si trattava solo del primopasso e che presto sarebbero state approvate modifichemigliorative.E la promessa è stata mantenuta.La legge di bilancio approvata definitivamente il 23 di-cembre 2017 porta in sé, infatti, alcune rilevanti modi-fiche all’equo compenso, quelle maggiormente invocateanche da quella parte di Avvocatura, che non aveva esi-

tato a definire “annacquato” o addirittura “iniquo” il te-sto approvato.Grazie ad una modifica dell’art. 13 bis della L. 247/2012proposta dall’On.le De Girolamo, che si distinguerà an-che per un altro emendamento alla legge di bilancio, poitrasformatosi in legge, in tema di legittimo impedimentoper le donne in maternità e gravidanza.Le novità riguardano l’abrogazione della previsione se-condo cui la vessatorietà delle clausole indicate dall’art.13 bis sarebbe venuta meno se le stesse fossero state og-getto di specifica trattativa e approvazione.Inoltre viene espressamente previsto che si consideraequo il compenso “quando risulta proporzionato allaquantità e alla qualità del lavoro svolto, nonché al con-tenuto e alle caratteristiche della prestazione legale, econforme ai parametri previsti dal regolamento di cui aldecreto del Ministro della giustizia adottato ai sensidell’articolo 13, comma 6 della L. 247/12”. Nella prece-dente versione della norma era infatti previsto più blan-damente di “tener conto” dei parametri, mentre oggi sichiede la piena conformità ai medesimi.Ma sicuramente la novità di maggior rilievo è data dal-l’abrogazione del comma nove dell’art. 13 bis, che pre-vedeva la possibilità di far valere la nullità delle conven-zioni e/o delle clausole vessatorie in un brevissimo ter-mine decadenziale di due anni dalla loro sottoscrizione.Oggi nessun limite temporale per un’eventuale impu-gnazione.In conclusione, si può senz’altro affermare che se il nuo-vo equo compenso non ripristina sic et simpliciter l’in-tangibilità dei minimi di tariffa, spazzati via dalle len-zuolate Bersani… ci siamo andati parecchio vicino.

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Genericità estrinseca ed intrinsecadei motivi al vaglio delleSezioni Unite

di Clotilde Criscuolo

Nella vicenda oggetto della sentenza n. 8825 del 2017delle SSUU, l’imputato veniva condannato per il reatodi furto aggravato alla pena di tre mesi di reclusione.Con l’atto di appello la difesa dell’imputato lamentavache il tribunale, nel quantificare la pena, avesse postocome pena base una condanna elevata ed eccessiva inconsiderazione delle modalità del fatto. La Corte di Ap-pello di Bologna dichiarava l’appello inammissibile poi-ché le richieste risultavano “palesemente deficitarie” siain riferimento agli elementi oggettivi di valutazione, siaper assenza di profili di criticità.La difesa ricorreva per Cassazione evidenziando l’ecces-sività della pena nonostante la derubricazione del reatoe la mancata concessione delle attenuanti generiche inregime di prevalenza sulle aggravanti e deducendo che,non era necessaria una “esposizione lunga prolissa emaggiormente specifica”.La questione di diritto per la quale il ricorso è stato ri-messo alle SSUU è: “Se e a quali condizioni il difetto dispecificità dei motivi di appello comporti l’inammissi-bilità dell’impugnazione”.La sentenza opera una differenza tra genericità intrinsecadei motivi di appello e genericità estrinseca.Il concetto di genericità è l’opposto di specificità.I motivi di appello per poter superare il preliminare va-glio di ammissibilità devono essere caratterizzati da spe-cificità intrinseca e da specificità estrinseca.Il motivo è fornito di specificità estrinseca quando conesso l’avvocato contesta, censura, critica il ragionamentodel giudice di primo grado; cioè quando nell’appello ildifensore non si limita ad introdurre un proprio ragio-namento tendente all’assoluzione ma preliminarmentecensura le argomentazioni logico-giuridiche del primogiudice.Il difensore se non vuole incorrere nella declaratoria diinammissibilità del motivo, deve avere cura di “attac-care” la sentenza di primo grado demolendo il ragiona-mento del primo giudice e solo dopo, da un punto divista logico-giuridico, può e deve introdurre le proprieargomentazioni difensive.Il contrasto verteva sulla necessità o meno di valutarecon minor rigore la specificità dei motivi di appello ri-spetto a quelli di Ricorso per Cassazione.Argomento questo, alquanto complesso perché riguarda

l’ampiezza del filtro costituito dalla declaratoria di inam-missibilità delle impugnazioni previsto dall’art. 591 co.2c.p.p. (il giudice dell’impugnazione, anche d’ ufficio, di-chiara con ordinanza l’inammissibilità e dispone l’ese-cuzione del provvedimento impugnato).Declaratoria che il giudice deve emettere qualora l’attoimpugnatorio difetti di uno dei requisiti individuati dal-l’art.581 c.p.p.Il dibattito attiene non alla specificità intrinseca in quan-to risulta pacifica l’inammissibilità degli appelli fondatisu considerazioni generiche o astratte o, comunque nonpertinenti al caso concreto, ma alla specificità estrinsecache verte sulla correlazione fra i motivi e le ragioni difatto o di diritto su cui si basa la sentenza impugnata.Sostanzialmente sono due gli orientamenti che si con-trappongono:Un primo indirizzo afferma la necessità di valutare il re-quisito della specificità dei motivi di appello in terminimeno stringenti rispetto al corrispondente scrutinio deimotivi di ricorso per Cassazione.Questo orientamento fonda il proprio assunto richia-mando sia il principio del favor impugnationis (in virtùdel quale in sede di appello l’esigenza di specificità delmotivo di gravame può essere valutata con minore ri-gore rispetto al giudizio di legittimità), sia valorizzandola diversa struttura del giudizio di appello rispetto aquello di legittimità, con particolare riferimento alla dif-ferente funzione rispettivamente svolta dai motivi di ri-corso nell’individuazione di poteri cognitivi e decisoridel giudice dell’impugnazione.Un secondo orientamento più restrittivo afferma invecela sostanziale omogeneità della valutazione della speci-ficità estrinseca dei motivi di appello e dei motivi di ri-corso per Cassazione.La piena equiparazione tra appello e ricorso per cassa-zione, quanto alla specificità dei motivi, è stata indivi-duata nella natura dell’appello che non costituisce unnuovo giudizio ma uno strumento di controllo o di cen-sura su specifici punti e per specifiche ragioni, della de-cisione impugnata con la conseguenza che l’impugna-zione deve esplicarsi attraverso una critica specifica mi-rata e necessariamente puntuale della decisione impu-gnata.Dunque le esigenze di specificità dei motivi non sono

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attenuate in appello pur essendo l’oggetto del giudizioesteso alla rivalutazione del fatto.Ad avviso del secondo orientamento, poiché l’appello èuna impugnazione devolutiva, tale rivalutazione può edeve avvenire nei limiti di quanto la parte appellante halegittimamente sottoposto al giudice di appello con imotivi di impugnazione che servono sia a circoscriverel’ambito dei poteri del giudice sia ad evitare iniziativemeramente dilatorie.Le SSUU hanno condiviso questo secondo orientamentopiù restrittivo in quanto ritenuto più coerente con il datonormativo che assimila sostanzialmente l’appello e il ri-corso per cassazione. Il principio di specificità dell’ap-pello enunciato dall’art 581 comma 1 lettera c c.p.p.,non opera infatti alcuna distinzione fra appello e ricorsoper cassazione cosi come il principio devolutivo fissatodall’art 597 co 1 c.p.p.Quindi la specificità dei motivi di appello, non differisceda quella prevista dei motivi di ricorso per Cassazione.Quindi nell’analisi delle Sezioni Unite, i due mezzi diimpugnazione pur essendo diversi tra loro, hanno in co-mune le regole che ne consentono l’ammissibilità.Alla base del ragionamento delle Sezioni Unite, sta l’af-fermazione secondo cui se è vero che l’inammissibilitàha un volto unico nel sistema delle impugnazioni, alloraanche per l’appello l’enunciazione e l’argomentazione dirilievi critici relativi alle ragioni di fatto o di diritto postea fondamento della sentenza impugnata, rappresentanoun passaggio obbligato.Non si può prescindere però da un dato e cioè dal fattoche al di là del ragionamento delle Sezioni Unite, esistecomunque una differenza tra generica inammissibilitàdell’impugnazione (591 c.p.p.) e l’inammissibilità deiricorsi per cassazione (610 c.p.p.)Mentre ai sensi dell’art 591 si prevede una proceduracamerale de plano, l’art 610 impone la camera di consi-glio non partecipata; inoltre se l’inammissibilità vienedichiarata dal giudice di seconde cure, la relativa ordi-nanza sarà ricorribile in cassazione (art 591 co 3 c.p.p.)mentre se la pronuncia viene emessa dall’apposita se-zione di corte di cassazione, non ci può essere critica.Inoltre, in appello il giudice conosce i punti della deci-sione ai quali si riferiscono i motivi che quindi sarebberopotenzialmente irrilevanti; in cassazione invece, contano

solo i motivi e su di essi insiste il giudizio di legittimità.A parere dei giudici, il contrasto giurisprudenziale og-getto del giudizio trova fondamento nell’indubbia ten-sione esistente tra il principio di specificità dell’impu-gnazione di cui all’art. 581 co1 lett. c c.p.p. che nonopera alcuna differenziazione tra l’appello ed il ricorsoper cassazione ed il principio devolutivo di cui all’art.597 co 1 c.p.p., secondo cui la cognizione del giudicedi secondo grado non è limitata ai motivi proposti, masi estende ai punti della decisione a cui essi si riferi-scono.La riferibilità della specificità estrinseca all’appello, oltreche al ricorso per cassazione, si fonda, secondo la Supre-ma Corte su basi solide letterali e sistematiche.La Corte puntualizza che la lettura del combinato di-sposto degli artt. 581 co 1 lett. c e 591 co 1 lett. c e 597co 1 c.p.p., laddove si precisa che l’appello attribuisceal giudice la cognizione del procedimento limitatamenteai punti della sentenza a cui si riferiscono i motivi pro-posti, non può essere letto nel senso che ai fini del giu-dizio di ammissibilità, i motivi debbano riferirsi ai puntidella decisione. La locuzione “si riferiscono” deve infattiessere interpretata alla luce del contenuto dell’art 581,per cui essa non può che significare che i motivi indica-no specificamente le ragioni di diritto e gli elementi difatto che sorreggono ogni richiesta, in relazione ai puntidella sentenza.Quindi sulla base di ciò, si impone una prima fase ne-cessaria, di delibazione della ammissibilità che ha peroggetto le verifiche imposte dall’art 591 c.p.p., ed unaseconda fase successiva ed eventuale di valutazione delmerito.Per cui la plena cognitio del giudice di appello viene inrilievo solo se questo sia stato legittimamente investitodi quei poteri attraverso una impugnazione rispettosadelle previsioni dell’art. 581 c.p.p.È ben vero che per avere piena cognizione (entro i con-fini del devolutum), il secondo giudice deve essere legit-timamente investito dei propri poteri e ciò avviene solodopo aver superato il vaglio di ammissibilità dell’appel-lo, Però [BELLUTA] ragionando così, si finisce per pro-vare troppo: non si può credere che al variare dell’inten-sità dei criteri ammissivi, non muti anche la consistenzareale della devoluzione, né si può immaginare che l’as-

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Genericità estrinseca ed intrinseca dei motivial vaglio delle Sezioni Unite

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267setto concreto della devoluzione non abbia alcuna in-fluenza sul filtro ammissivo.Quindi esiste indubbiamente una correlazione tra am-missibilità, devoluzione e cognizione ma questa non èesclusivamente da rinvenire nella specificità dei motivi.Si ritrova invece nell’oggetto del giudizio tipico del mez-zo di impugnazione preso in considerazione.È rispetto ad esso che i tre momenti assumono una in-fluenza uniforme influenzandosi a vicenda.Di certo l’appello non può considerarsi sganciato dalprimo grado a dai suoi esiti, ma è noto che l’elasticitàdel principio devolutivo è tale da permettere anche quelnuovo giudizio che le SSUU ritengono irreale.Confinare l’appello a mero strumento di controllo dellasentenza impugnata, appare riduttivo: la devoluzioneattraverso una critica per punti della decisione di primecure investe il merito rendendo il secondo giudice neiconfini del devoluto, un nuovo giudice dell’imputa-zione.I motivi dell’appello sono lo strumento con il quale l’ap-pellante conduce la cognizione del secondo giudice, sulmerito.La richiesta di specificità quindi trova ragion d’esseresolo proporzionalmente all’esigenza di chiarire in qualipunti la sentenza di primo grado dovrebbe essere rifor-mata.

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268 Esattezza. Rapidità. Leggerezza: tre delle magistrali Le-zioni Americane di Calvino1 in lontananza risuonano,sempre attuali, in questo periodo di (aspri, quanto gra-tuiti) contrasti sulla (urgente, quanto necessaria) riformadel rito civile.Allo stato, una folta rappresentanza di avvocati (e magi-strati) sembra essersi opposta con successo all’estensioneimmediata del rito sommario di cognizione ai procedi-menti civili di competenza del giudice monocratico, im-pedendone così l’assurgere a nuovo “rito ordinario –semplificato” di cognizione. È stata vera gloria?La risposta al quesito impone un passo indietro, alla lucedelle citate lezioni americane, ritenendosi Italo CalvinoMaestro non solo di letteratura, ma del pensiero.

Esattezza“Esattezza è un disegno dell’opera ben definito e calcolato”. Il disegno del processo civile, – attraverso il quale siattua il diritto sostanziale –, deve dar luogo alla cosa giu-dicata, pur raggiunta sulla base di una verità formale2. Considerazione questa non ovvia, stante la costante – eprevalente – attenzione dal Legislatore prestata al giu-dizio cautelare: ciò che – a parità di uomini e risorse –all’evidenza rallenta il raggiungimento dell’obiettivo delgiudicato. Dubbi si nutrono, ad esempio, sulla necessitàdel doppio grado del giudizio cautelare. Analogamente,a molti errata è parsa l’innovazione3 della reclamabilitàalla Corte di Appello dei provvedimenti presidenziali intema di separazione personale (peraltro ex art. 709 u.c.c.p.c. sempre modificabili o revocabili dal giudice istrut-tore per fatti nuovi sopravvenuti).Da analogo strabismo ci pare affetto il Legislatore dellanovella l. 98/13, cui si deve: 1) L’art. 185 bis c.p.c., cheprevede la proposta di conciliazione del giudice primadell’esaurimento dell’istruzione: il giudice all’evidenzanon potendo esser allora in grado di formulare una seriaproposta conciliativa, che, se avanzata, non potrà checoincidere con una ipotesi salomonica, a metà tra le op-poste tesi: con danno evidentemente per la parte che,più correttamente, non aveva nel libello “alzato il tiro”...Essendo quindi imprecisa la proposta conciliativa, pura fronte del Proponente, non si raggiungerà il risultato.Superfluo è il dire che il soggetto proponente la conci-

liazione dovrebbe esser terzo rispetto al Giudice4. 2) Eancora peggiore ci pare il nuovo art. 5/2 D.Lg.vo 28/10,laddove dà al Giudice, anche in appello, il potere di di-sporre l’esperimento del procedimento di mediazionecome condizione di procedibilità della domanda giudi-ziale. Un vero e proprio lancio della palla in tribuna, inspregio del diritto dell’attore di ottenere presto il dic-tum!

RapiditàLa rapidità di cui parla Calvino è quella del pensiero,che non si risolve in una semplice corsa contro il tempo.Anzi, a volte il tentativo di risparmiare tempo (ad esem-pio, un tentativo di mediazione o conciliazione che a nessunointeressa, perché più volte ma invano tentate dai legali) puòsolo farlo perdere. È stato sul punto acutamente osservato5 che tanto piùla conciliazione costituisce utile alternativa al processotanto meno essa interferisce con lo stesso, comunqueescludendosi che il suo tentativo costituisca condizionedi procedibilità. E ciò perché solo una conciliazione li-bera e spontanea può compensare l’inappagamento del-l’interiore “aspirazione a sapere il giusto” che è presentenell’animo umano. E il novellato II comma dell’art. 111

1 Italo Calvino: Lezioni americane. Sei proposte per il pros-simo millennio. (Mondadori -2000).2 Bene Cass. civ. S.U. 03.05.05 n. 9098 distingue il fine delprocesso civile da quello penale: “E del tutto ragionevole latutela attribuita, nel processo civile, al fondamentale interesse(generale non meno che delle parti) alla stabilità del giudicato,pur raggiunta sulla base di una verità formale, con misure piùincisive sugli interessi dei privati, che non nel processo penale,là dove ai plurimi interessi, anzitutto dell’imputato ma nonsecondariamente generali, e, quindi, all’accertamento della ve-rità sostanziale, non possono non essere riconosciute rilevanzaed incidenza prevalenti e determinanti”.3 Nuovo quarto comma dell’art. 708 c.p.c. aggiunto dall’art.2 l. 8 febbraio 2006, n. 54.4 Sul punto, amplius, M.F.Ghirga, Strumenti alternativi di ri-soluzione della lite: fuga dal processo o dal diritto? in Riv. dir.Proc. 2009, p. 357.5 Così Biavati, Conciliazione strutturata e politiche della Giu-stizia, in Riv.trim.dir e proc.civ. 2005 p. 805.

Chi ha paura del “semplificato”?Sul senso del processo civile,e sullo sterile balletto dei riti

di Dario Seminara

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269della Costituzione riconosce appunto al cittadino il di-ritto ad un processo celere, definito a sua richiesta daun giudice terzo e imparziale, con provvedimento defi-nitivo e motivato.

LeggerezzaQuanto all’opposizione leggerezza-peso, oltre 30 annifa Calvino, sostenendo le ragioni della leggerezza, scri-veva: “Oggi ogni ramo della scienza sembra ci voglia dimo-strare che il mondo si regge su entità sottilissime: come imessaggi del DNA, gli impulsi dei neuroni, i quarks, i neu-trini vaganti nello spazio dall’inizio dei tempi... Poi, l’infor-matica. È vero che il software non potrebbe esercitare i poteridella sua leggerezza se non mediante la pesantezza del har-dware; ma è il software che comanda, che agisce sul mondoesterno e sulle macchine, le quali esistono solo in funzionedel software, si evolvono in modo d’elaborare programmisempre più complessi…”Decenni prima del processo telematico, Calvino carat-terizzava la sua opera come una “progressiva sottrazionedi peso”…Lungi dall’appesantire il processo, necessita quindi sem-plificare e ridurre i riti.

Chi ha paura del rito semplificato?Nel cuore e nel cervello le lezioni americane, entriamoalfine nell’argomento donde partimmo.Il procedimento sommario di cognizione è stato intro-dotto con la L. n. 69/2009, recante Disposizioni per losviluppo economico, la semplificazione, la competitività non-ché in materia di processo civile, e inserito agli artt. 702bis, ter e quater, capo III bis, titolo I, libro IV del codicedi procedura civile. La ratio di tale rito è stata – ed è – quella di fornire unostrumento alternativo al rito ordinario di cognizione e,rispetto a quest’ultimo, sensibilmente più snello e celere.(Basti pensare sul punto allo scambio, non sempre necessa-rio, delle memorie ex art. 183 c.p.c., che di per sé comportauna perdita di tempo di quasi tre mesi. A non dire dei ter-mini, di ulteriori giorni 80, dopo la precisazione delle con-clusioni). Ed effettivamente in ciò il Legislatore è riuscito:detto strumento, infatti, molto bene si presta a ridurre,non di poco, i tempi e pure i costi del giudizio graziealla sua istruzione sommaria e alle sue ridotte formalità.

Non ogni giudizio necessita, infatti, di piena istruzionee del rigido rispetto dei formalismi posti a garanzia del con-traddittorio. Da qui la possibilità che il giudice, omessaogni formalità non essenziale al contraddittorio, proceda nelmodo che ritenga più opportuno agli atti di istruzione rile-vanti in relazione all’oggetto del provvedimento richiesto. Diversamente, ove le difese svolte dalle parti richiedanoun’istruzione non sommaria, il giudice, ferme la compe-tenza e l’ammissibilità della domanda, dispone il muta-mento del rito da sommario a ordinario; mentre se è l’even-tuale domanda riconvenzionale a richiedere un’istruzio-ne non sommaria, ne dispone la separazione. In ciò si sostanzia, pel vero, la garanzia per le parti –seppur rimessa alla discrezionalità del giudice monocra-tico – di ri-avere un processo a cognizione piena allorchénon vi siano i presupposti per una cognizione somma-ria, o meglio, semplificata. Si è detto “ri-avere” perché ilrito sommario di cognizione è divenuto non più solo al-ternativo e quindi facoltativo, bensì obbligatorio in di-verse tipologie di controversie.Il Legislatore, infatti, nel proseguire il progetto di sem-plificazione e snellimento delle regole del processo, in-trapreso con la citata L. n. 69/2009, sì da ridurne tempie costi, è nuovamente intervenuto nel 2011 con il D.Lgs.n. 150 recante disposizioni sulla c.d. semplificazione deiriti. Ciò in attuazione della delega conferita al Governodall’art. 54 della predetta L. n. 69/2009 finalizzata allaeliminazione delle difficoltà e dei disagi derivanti dal-l’eccessiva proliferazione dei modelli processuali, previ-sti e disciplinati dalla normativa speciale.Pertanto, come noto, il D.Lgs. n. 150/2011 ha sancitola riconducibilità dei procedimenti civili contenziosi aitre modelli processuali previsti e disciplinati dal codicedi procedura civile:

1) il rito relativo alle controversie in materia di lavoro; 2) il rito sommario di cognizione; 3) il rito ordinario di cognizione.

Il primo è stato adottato per quei procedimenti nei qualisono prevalenti i caratteri della concentrazione delle at-tività processuali ovvero sono previsti ampi poteri diistruzione d’ufficio; il secondo per quei procedimenti caratterizzati dallasommarietà e semplificazione della trattazione o del-l’istruzione della causa;

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il terzo, in via residuale, per alcuni procedimenti nonaventi le caratteristiche dei primi due.Evidenti sono i benefici di detto intervento, soprattuttoper gli addetti ai lavori che possono ora più facilmenteindividuare il rito e la disciplina applicabile a fattispecieprima regolate in modo confuso e frastagliato da normespeciali. Come altrettanto evidente è l’intento del Legi-slatore di adottare con preferenza modelli processualipiù snelli e celeri rispetto al procedimento di cognizioneordinario, non a caso posto a regolare alcune fattispeciein via del tutto residuale.Segni di una società che va sempre più di fretta, con in-teressi, vicende e rapporti patrimoniali e personali chenon possono attendere le lungaggini processuali, e ri-spetto ai quali il processo ordinario di cognizione, conle sue attuali caratteristiche, risulta sempre meno adattoe anacronistico. Da qui la necessità delle riforme: per semplificare, ab-breviare e rendere al contempo più efficiente la mac-china della giustizia. (Esemplare applicazione delle nuoveistanze, l’art. 8/3 della L. 08.03.17 n. 24, intesa come L.Gelli, che prevede, a seguito del fallimento della concilia-zione, il ricorso cui all’art. 702 bis ss. c.p.c., come procedi-mento tipo nell’importantissimo settore della responsabilitàsanitaria).È in quest’ottica che il Ministro della Giustizia Orlando,di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze,proseguendo il progetto di semplificazione, snellimentoed efficienza del processo civile intrapreso prima con laL. n. 69/2009 e poi con il D. Lgs. 150/2011, ha varatoil disegno di legge n. 2284, dal titolo “Delega al Governorecante disposizioni per l’efficienza del processo civile”, ap-provato dalla Camera dei deputati il 10.03.16 e in attoal vaglio del Senato. Col quale disegno il legislatore intende realizzare unariforma organica del processo civile secondo parametridi maggiore efficienza e specializzazione: ciò dovrebberealizzarsi con la previsione dell’ampliamento delle com-petenze delle esistenti sezioni specializzate in materia diimpresa (da rinominarsi “sezioni specializzate per l’im-presa e il mercato”); dell’istituzione delle sezioni specia-lizzate per la persona, la famiglia e i minori (con conte-stuale soppressione del tribunale per i minorenni); dellariforma del procedimento volto alla declaratoria di

inammissibilità dell’appello e della decorrenza dei ter-mini ad impugnare; della revisione della disciplina delgiudizio camerale dinanzi alla Corte di Cassazione; del-l’introduzione di nuove regole per l’esecuzione forzata,del potenziamento dell’arbitrato…Insomma, un progetto di riforma a tutto tondo che lima,perfeziona e rinnova. Ma la vera novità sta indubbia-mente nella previsione del collocamento del procedi-mento sommario di cognizione, rinominato “rito sem-plificato di cognizione di primo grado” nell’ambitodel libro secondo del codice di procedura civile, dispo-nendone l’obbligatorietà per le cause in cui il tribunalegiudica in composizione monocratica; il giudizio ordi-nario di cognizione rimanendo, invece, obbligatorio perle cause in cui il tribunale giudica in composizione col-legiale (art. 50 bis c.p.c.). Con esclusione, tuttavia, delpotere del giudice di disporre il passaggio al rito ordi-nario nel primo caso e al rito semplificato di cognizionenel secondo. In attesa che il predetto disegno di legge venisse appro-vato da parte del Senato, sul cui banco langue da oltreun anno, nello scorso novembre veniva proposto unemendamento alla manovra fiscale 2018 – di fonte par-lamentare ma avallato dal Ministero della Giustizia e daPalazzo Chigi –, col quale si prevedeva l’estensione delrito sommario di cognizione a tutte le cause di compe-tenza del giudice monocratico. In altre parole, si sarebbe voluto introdurre – per il tra-mite della legge finanziaria – parte di quel progetto diriforma di cui si è detto sopra. Non è, peraltro, un casoche, fra tutte le novità ivi previste, oggetto dell’emenda-mento sia stata proprio la previsione del rito sommariodi cognizione quale rito ordinario dei giudizi decisi dalgiudice monocratico. Ciò a riprova, evidentemente, della spinta verso l’intro-duzione di un modello processuale più snello e celereche divenisse regola per tutti i procedimenti di primogrado di competenza del giudice unico.Tuttavia, a dispetto delle attese, contro l’inserimento didetto emendamento nella manovra fiscale per il 2018 sisono mobilitate forze dell’Avvocatura e della Magistra-tura, con motivazioni e ragioni differenti ma univochenel senso di rappresentare una preoccupazione per laprospettata riforma.

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In particolare, il Consiglio Nazionale Forense, con unanota indirizzata al Guardasigilli e pubblicata in un co-municato stampa del 27.11.17, ha rappresentato la ri-schiosità dell’emendamento in quanto la sua approva-zione avrebbe imposto alle parti un “processo con regoleaffidate alle imprevedibili scelte del giudice, secondo unoschema che, se può forse in linea di pura teoria andare beneper le cause più semplici, mette seriamente a repentaglio idiritti di chi si affida alla giurisdizione e che non è in gradodi prevedere le difese delle altre parti e gli sviluppi della litee che di conseguenza ha necessità di cadenze certe per inte-grare e adeguare le proprie difese”.Anche l’Organismo Congressuale Forense ha manifesta-to la propria contrarietà all’emendamento ritenendo cheesso fosse “sbagliato nella forma e nella sostanza”, e nonavrebbe risolto i problemi della giustizia, né in termini di du-rata né in termini di efficienza.Dello stesso avviso l’Associazione dei Magistrati, che hamanifestato la propria contrarietà sottolineando comela  riforma “non avrebbe favorito l’efficienza del proces-so perché non opera sull’arretrato esistente” e che essa avreb-be portato alla nascita di “prassi applicative diversificate consicure ricadute negative in termini di garanzia dei diritti deicittadini, di conflittualità tra le parti ed aumento delle con-troversie interpretative, le quali andrebbero a ripercuotersisulle Corti d’appello, già in affanno”…Le aspre critiche hanno, pertanto, portato il Governo afare marcia indietro e a ritirare l’emendamento. Parte dell’Avvocatura ha festeggiato…Ma siamo proprio noi avvocati che da decenni lamen-tiamo e denunciamo le lungaggini del processo civileitaliano: e non a torto se guardiamo ai non lontani mo-delli processuali e sistemi giudiziari di diversi paesi eu-ropei, dove i giudizi sono molto più brevi e vi è certa-mente garanzia di efficienza e tutela dei diritti. Né certo può seriamente sostenersi che il processo “sem-plificato” in parola vulneri il diritto alla difesa. Il pro-cesso c.d. del lavoro (peraltro già applicabile ex art. 447bis c.p.c. alle controversie in materia di locazione, co-modato etc.) non è certo “più garantista” del processosemplificato: e non risultano doglianze dei giuslavoristi.Anzi, in quel processo non è prevista espressamente lafacoltà del giudice di fissare termini per precisare o mo-dificare domande, e indicare prove e produrre docu-

menti. Donde il processo semplificato ben può definirsiil giusto compromesso tra il processo c.d. del lavoro e ilprocesso di cognizione ordinario.A nostro avviso abbiamo noi avvocati perso un’occa-sione: quella di avere subito un modello processuale piùsnello e meno formale.

Conclusioni:Partendo dal normale presupposto della lesione, guar-diamo quindi alla giurisdizione come attuazione dei di-ritti in via secondaria e sostitutiva, in vista della cosagiudicata. In coerenza, risulteranno eccentrici, e dovran-no respingersi, tentativi di mediazione e/o conciliazioneinterferenti con la giurisdizione.Fondamentale risulterà la rapidità con cui si raggiungeràil giudicato, contrastandosi con veemenza la contrappo-sta idea di rafforzare il giudizio cautelare, o i c.dd. prov-vedimenti cautelari a strumentalità attenuata.Esattezza quindi del celere percorso e dell’obiettivo: daperseguirsi con leggerezza. Giammai un nuovo processo(esemplare, in senso negativo, il c.d. nuovo rito societario:nato ex d.lg. 5/03 / morto ex d.lg. 69/09): ma anzi una ri-duzione dei riti. Il rito semplificato ben prestandosi asostituire, nel tempo, gli altri due. Less is more!

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272 CORTE DI CASSAZIONE, SEZIONE LAVORO 16 NOVEMBRE 2017, N. 27224 Rel. Calafiore - omissis c. Cassa Nazionale di Previdenzae Assistenza Forense (Avv. Carbone)

Avvocato – Indennità di maternità – Divieto di cu-mulo dell’indennità di maternità spettante alle libereprofessioniste con altri trattamenti di maternità

Non sono cumulabili le prestazioni da parte di più enti pre-videnziali per lo stesso evento.

FATTI DELLA CAUSAL’avvocata Omissis, iscritta all’Albo degli avvocati edanche insegnante scolastico di ruolo part-time, lamen-tava avanti il Giudice del lavoro di Arezzo il rigetto delladomanda di corresponsione da parte della Cassa forensedell’indennità di maternità, a seguito del parto avvenutoil 15 settembre 2004, motivato dalla circostanza che taleindennità era già stata erogata dall’INPDAP in virtù delrapporto di lavoro con il M.I.U.R. Il Tribunale accoglieva integralmente la domanda e laCorte d’appello di Firenze, con sentenza del 5.5.2011,accoglieva l’appello proposto dalla Cassa limitatamentealla condanna al pagamento degli accessori sul creditomediante il cumulo di interessi e rivalutazione. La Corte territoriale rilevava che il D.Lgs. n. 151 del2001, art. 71 nel richiedere all’Iscritta alla Cassa di di-chiarare l’inesistenza di altro trattamento per maternitànon intendeva di certo escludere la possibilità di un cu-mulo delle prestazioni o che la prestazione non dovesseessere concessa alla lavoratrice che avesse percepito iltrattamento da parte di altro Ente in virtù di altro rap-porto di lavoro autonomo o dipendente; la Corte ag-giungeva che questa era l’unica interpretazione ammissi-bile sul piano costituzionale giacché la Corte costituzio-nale aveva posto in evidenza la necessità di garantire allagestante la massima sicurezza economica e tale fine, incaso di impiego part-time, legittimava una doppia ero-gazione. Per la cassazione di tale decisione propone ri-corso la Cassa con unico motivo illustrato da memoria.Omissis ha depositato procura speciale.

MOTIVI DELLA DECISIONE1. Con unico ed articolato motivo si deduce la viola-zione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 151 del 2001,artt. 70 e 71 giacché tali disposizioni, ad avviso dellaCassa ricorrente, implicano necessariamente Il divietodi cumulo tra prestazioni, come dimostrano sia l’obbligodi autocertificare il non godimento di altro trattamentoper lo stesso titolo, che la peculiare modalità di calcolodell’indennità prevista per le libere professioniste con laprevisione di una soglia minima e massima non compa-tibile con la contemporanea erogazione di ulteriori pre-stazioni di maternità e l’insussistenza di una garanziacostituzionale spinta sino al mantenimento dell’interoreddito durante il periodo di astensione obbligatoria;dunque, l’interpretazione offerta dalla Corte territorialedelle norme prima ricordate si manifesta non coerentecon le indicazioni della Corte di cassazione e della Cortedelle leggi. L’interpretazione offerta dalla Corte territo-riale della normativa in materia, ad avviso della ricor-rente, è pure in contrasto con la formulazione letteraledel citato D.Lgs. del 2001, art. 71 che non consente allaCassa di erogare il trattamento di maternità allorché lalavoratrice abbia già goduto per lo stesso titolo di untrattamento a carico di altro ente previdenziale come nelcaso di specie, avendo omissis già ottenuto la provvi-denza in parola dall’INPDAP in virtù di un rapporto dilavoro part-time nel comparto scuola.2. Il motivo, come già affermato da questa Corte con lesentenze nn. 15072 e 15731/2013, appare fondato epertanto va accolto. Il thema decidendum è la retta in-terpretazione del O.Lgs. n. 151 del 2001, art. 71 checosì recita al comma 1; l’indennità di cui all’art. 70 ècorrisposta, indipendentemente dall’effettiva astensionedell’attività dalla competente cassa dell’interessata par-tire dal compimento del sesto mese di gravidanza edentro il termine perentorio di 180 gg. dal parto. Al com-ma 2 si aggiunge “la domanda, in carta libera, deve es-sere corredata da certificato medico comprovante la datadi inizio della gravidanza e quella presunta del parto,nonché dalla dichiarazione redatta ai sensi del D.P.R. 28dicembre 2000, n. 445 attestante l’inesistenza del dirittoalle indennità di maternità di cui al Capo 2 ed al Capo11”. Ora, alla luce delle due norme, il diritto in parolapuò essere richiesto a condizione che la lavoratrice ne

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273faccia domanda, documenti idoneamente lo stato di gra-vidanza e la data presunta del parto ed attesti con di-chiarazione ad hoc l’inesistenza di altro trattamento dimaternità come lavoratrice pubblica o autonoma. Sitratta, sotto quest’ultimo profilo, di un requisito essen-ziale per l’erogazione della prestazione posto che l’art.71 dispone che la domanda “deve essere corredata”: lafinalità della norma è in piena evidenza quella di evitareil cumulo di prestazioni da parte di più enti previden-ziali per lo stesso evento e cioè la situazione di mater-nità, come peraltro previsto anche per altre prestazionidi natura assistenziale o previdenziale.La formulazione della norma appare del tutto chiara edunivoca e non consente una interpretazione diversa dal-l’Impossibilità di godere del trattamento previsto dal-l’art. 70 nel caso in cui la richiedente goda già di unaprestazione di altro ente in quanto, diversamente opi-nando, la disposizione sarebbe inutiliter data e nonavrebbe alcuna utilità; l’argomento per cui l’art. 70 nonimplicherebbe alcun divieto di cumulo tra prestazionierogate da più enti per lo stesso titolo è privo di pregioin quanto l’art. 70 definisce i termini della prestazione,mentre l’art. 71 regola in dettaglio le condizioni di ero-gazione tra le quali, in particolare, che si documenti -attraverso una autocertificazione - l’insussistenza di pre-stazioni per la maternità già concessi in virtù di diversirapporti assicurativi. 4. Infine non possono condividersi i dubbi di legittimitàcostituzionale della norma in discorso, una volta inter-pretata alla luce del suo univoco significato letterale esistematico, In relazione all’art. 3 Cost. e art. 31 Cost.,comma 2, (ed anche in riferimento agli artt. 32 e 37Cost.), posto che la giurisprudenza costituzionale haprecisato che l’indennità di maternità “serve ad assicu-rare alla madre lavoratrice la possibilità di vivere questafase della sua esistenza senza una radicale riduzione deltenore di vita che il suo lavoro le ha consentito di rag-giungere e ad evitare che alla maternità si ricolleghi unastato di bisogno economico” (Corte cast. nn. 1/1987, n.276/88, n. 332/88, n. 61/91, n. 132/91, n, 423/95; n.3/98), ma che l’orientamento della Corte delle leggi cosìcome ricostruito nello stesso provvedimento impugnatoparla di una “radicale” riduzione del tenore dello vita,nonché di uno stato di bisogno, situazioni che quindi

certamente non coincidono automaticamente con unadeterminazione dell’Indennità in una misura ridotta ri-spetto alla precedente retribuzione goduta prima dellostato di gravidanza. Lo stesso concetto di “tenore di vita”(cfr. sentenza n. 3/1998) non è sovrapponibile a quellodi livello retributivo goduto in senso stretto, essendo va-lutabile nel suo complesso e tenuto conto di plurimi ele-menti di giudizio. 5. Peraltro, non è neppure automaticamente estensibileal caso in esame la giurisprudenza formatasi In gran par-te in ordine alle prestazioni di maternità godute in rela-zione ad una singola professione o ad un singolo rappor-to di lavoro autonomo o subordinato, poiché, nel pre-sente giudizio, si discute del vantato cumulo tra presta-zioni per maternità provenienti da enti diversi per tipo-logie di lavoro diverso (professionale e di dipendenzapubblica).6. Si deve anche ricordare che questa Corte, in relazioneproprio all’indennità di maternità dovuta alle libere pro-fessioniste, ha osservato che la determinazione del siste-ma indennitario “rientra nella discrezionalità del legi-slatore che è libero di modulare diversamente nel tempoe a seconda delle categorie di lavoratrici madri, il livellodi tutela della maternità con misure di sostegno legate afattori di variabilità incidenti ora sulla salvaguardia dellivello di reddito delle fruitrici dell’indennità ora ad esi-genze di bilancio, tenuto conto dell’incidenza quantita-tiva delle erogazioni che, per quanto riguarda la profes-sione legale, è mutata rispetto ai primi anni di applica-zione della legge” (Cass. n. 22023/2010).L’evoluzione della medesima normativa in esame per ef-fetto della legge n. 289/2003 mostra peraltro, essendostata introdotta una misura massima per le l’indennitàdi maternità in favore delle libere professioniste, la man-canza di correlazione stretta tra livelli retributivi goduti(e contributi erogati) e la misura della prestazione di ma-ternità. Infine, la considerazione per cui la lavoratricein concreto abbia subito una riduzione molto sensibiledel tenore di vita precedentemente goduto in quanto haottenuto la sola prestazione a carico dell’INPDAP in re-lazione ad un rapporto part-time, non appare risolutivaper decidere la presente controversia in quanto ciò è av-venuto per scelta della stessa ricorrente che non ha op-tato per il trattamento offerto dalla Cassa, ma per quello

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dell’ente di previdenza pubblico, senza quindi usufruiredegli ingenti (secondo la difesa della lavoratrice) contri-buti professionali versati. Ma questa conseguenza è statoil frutto di una decisione della stessa lavoratrice che -secondo la decisione impugnata - ha presentato do-manda alla Cassa dopo aver già ottenuto il trattamentoINPDAP e quindi senza una preventiva informazionesulla normativa del settore che avrebbe, con ogni pro-babilità, evitato questa penalizzante soluzione.

Nota

La Corte di Cassazione, con la sentenza in commento,conferma quanto già affermato precedentemente nellesentenze nn. 15072 e 15731 del 2013 in merito al di-vieto di cumulo tra più indennità di maternità. Infatti, l’articolo 71 del decreto legislativo n. 151 del2001, al secondo comma, stabilisce che la domanda diindennità di maternità da parte di una libera professio-nista deve essere corredata, tra le altre, “dalla dichiara-zione redatta ai sensi del D.P.R. 445/2000, attestantel’inesistenza del diritto alle indennità di maternità di cuial Capo 2 ed al Capo 11” e con ciò implicitamente san-cisce l’incompatibilità tra l’indennità in questione edogni altro trattamento previdenziale di maternità perce-pito da enti diversi per tipologie di lavoro diverso (pro-fessionale e di dipendenza pubblica, ove consentito dal-la normativa vigente in tema di incompatibilità). Già precedentemente la Corte di Appello di Roma, nellasentenza n. 3781 del 2011, aveva ritenuto, infatti, chela previsione, statuita dall’art 71 del succitato decretolegislativo, di un obbligo in capo alla professionista diautocertificare l’inesistenza del diritto a percepire l’in-dennità di maternità quale lavoratrice dipendente pub-blica o autonoma non può rivestire altro significato chequello di escludere il diritto della lavoratrice libera pro-fessionista a percepire l’indennità dalla Cassa Forense,ove sia già titolare di altro trattamento di maternità. È quindi evidente che il predetto articolo 71, del d.lgs. n.151/2001, al comma 2, di fatto, non fa altro che vietare ilcumulo tra più indennità di maternità, poiché, altri-menti, non risulterebbe comprensibile la motivazione perla quale il legislatore richiede espressamente che le libereprofessioniste rendano la summenzionata dichiarazione.

Infine, la Corte di Cassazione ha sottolineato, come giàprecedentemente fatto, che “la determinazione del si-stema indennitario rientra nella discrezionalità del legi-slatore che è libero di modulare diversamente nel tempoe a seconda delle categorie di lavoratrici madri, il livellodi tutela della maternità” (Cass., n. 22023/2010) e chela considerazione per cui la lavoratrice in concreto possasubire una riduzione molto sensibile del tenore di vitaprecedentemente goduto a causa della percezione di unasola prestazione di indennità di maternità posta a caricodel solo INPDAP in relazione ad un rapporto part-time,non appare risolutivo in quanto solo “frutto di una de-cisione della stessa lavoratrice”.In conclusione, non può che condividersi l’orientamen-to della Suprema Corte che dichiara adeguata l’interpre-tazione della Cassa Forense di non accogliere la richiestadi indennità di maternità in caso di percezione dellastessa anche da altro ente previdenziale, giustificata an-che dalla richiesta, come sopra detto, di autocertifica-zione da parte della professionista, richiesta questa che,diversamente, non avrebbe alcuna motivazione.

Marcello Bella e Ludovica Dickmann

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275CORTE DI APPELLO DI MILANO, SEZIONE LAVORO 6 LUGLIO 2017, N. 1303 Est. Picciau - omissis c. Cassa Nazionale di Previdenza eAssistenza Forense (Avv. Giorgio Segnana)

Previdenza e assistenza - Cassa Forense -Autonomianormativa esercizio del potere regolamentare

Nell’ambito del processo di privatizzazione degli enti di pre-videnza ed assistenza previsto dalla legge delega n. 537/1993e proseguito con il decreto legislativo n. 509/1994, si è avutauna “sostanziale delegificazione” della disciplina del rappor-to contributivo e del rapporto previdenziale, con la possibi-lità, in virtù dell’autonomia degli enti previdenziali privatiz-zati, di derogare a disposizioni di legge in funzione dell’obiet-tivo di assicurare l’equilibrio di bilancio e la stabilità dellerelative gestioni.

FATTO E DIRITTOCon sentenza n. 567/2017 il Tribunale di Milano ha ri-gettato il ricorso proposto da Omissis nei confronti dellaCassa Nazionale di Previdenza ed Assistenza Forense. Omissis aveva chiesto al Tribunale:1) la riliquidazione del trattamento pensionistico di vec-chiaia con la retrodatazione a partire dal 1.3.2013, ap-plicando la percentuale di detrazione del 4,92% invecedi 5,74%; 2) la corresponsione del maggior importo mensile nellamisura di euro 1.987,27; il pagamento dei ratei dovutie non corrisposti. Il Tribunale ha ritenuto infondate le domande; ha osser-vato come il ricorrente faccia derivare dall’art. 1 dellalegge 576/1980 la inderogabilità del principio secondocui la pensione di vecchiaia decorre dal primo giornodel mese successivo al verificarsi dell’evento da cui nasceil diritto, senza che possa trovare spazio, quindi, la di-sciplina regolamentare, fonte di diritto subordinato; harilevato come tale assunto trascuri che il regolamentodella Cassa è riconducibile ad un processo di privatiz-zazione degli enti pubblici di previdenza e assistenza,realizzatosi attraverso una sostanziale delegificazione;che in conseguenza, nell’esercizio della propria autono-mia, gli enti previdenziali privatizzati sono abilitati a de-rogare o abrogare disposizioni di legge in funzione del-

l’obiettivo di assicurare l’equilibrio di bilancio e la sta-bilità delle relative gestioni. Ciò premesso, il Tribunale ha ritenuto che nella fattispe-cie la Cassa abbia correttamente applicato la disciplinaprevista dall’art. 2 e dall’art. 4, comma 8 del Regolamen-to sia ai lini della decorrenza della pensione, sia ai finidella misura della decurtazione.Ha proposto appello Omissis chiedendo, per i motivi diseguito specificati, in riforma della sentenza, l’accogli-mento della domanda. Ha resistito la Cassa chiedendo il rigetto dell’appello ela conferma della sentenza. All’udienza di discussione la causa è stata decisa comeda dispositivo in calce di cui è stata data lettura.L’appello è infondato per le considerazioni che seguono. Con un unico articolato motivo di gravame, l’appellante,richiamando pronunce giurisprudenziali in materia dipotere regolamentare in generale e di potere regolamen-tare spettante alle casse previdenziali, censura le con-clusioni interpretative del quadro normativo di riferi-mento cui è pervenuto il Tribunale. Omissis osserva in particolare come il potere di delegifi-cazione delle Casse non possa essere interpretato nelsenso di un potere assoluto di derogare ed abrogare sem-pre e comunque norme primarie.L’appellante sostiene che il potere regolamentare delleCasse non possa andare oltre la necessità di raggiungerel’obiettivo di assicurare l’equilibrio di bilancio e la sta-bilità delle rispettive gestioni; ritiene allora che già l’art.2, comma 1 del Regolamento abbia già raggiunto quellafinalità per cui non pare possibile ricomprendere in taleambito anche la postergazione prevista dall’art. 2, com-ma 2 del Regolamento.L’appellante censura inoltre la sentenza in ordine allatempistica del pensionamento, osservando come essa sifondi solo su un ragionamento ipotetico ed astratto; ri-leva di aver inoltrato la domanda di pensionamento nel-l’anno 2013 e che, quindi, lo scaglionamento rilevantesia solo quello ricompreso fra 2011 fino al 2013; osservache nel 2013 egli aveva compiuto 65 anni e che lo sca-glionamento 2011/2013 prevedeva, per andare in pen-sione in quel periodo, l’età di anni 66. In conseguenza l’appellante ritiene che il Tribunale abbiaerroneamente considerato lo scaglione 2014-2016 e

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276 conseguentemente l’età di anni 67 prevista per quel pe-riodo; che sia quindi erroneo il decremento applicatodalla Cassa - e ritenuto corretto dal Tribunale - ex art. 4comma 8 del Regolamento. In subordine omissis chiede alla Corte di “ritenere rile-vante e non manifestamente infondata la questione del-l’illegittimità costituzionale della legge 24 dicembre1993, articolo l, commi 32 e 33 e del correlato d.lgs. 30Giugno 1994 n. 509, articolo 2, nell’ipotesi nella qualesi ritenga che vadano esclusivamente interpretati nelsenso della privatizzazione degli enti pubblici di previ-denza in associazioni o fondazioni di diritto privato ab-bia attribuito, agli stessi, una illimitata autonomia, percui possono, ai sensi del comma 2 dell’art. 17 della legge1988/400, modificare e/o abrogare le leggi previgentiche disciplinavano il rapporto di lavoro previdenziale;di sottoporre al vaglio di legittimità costituzionale, incorrelazione con le nonne primarie sopra citate, il com-ma 2 dell’art. 2, prima alinea della seconda frase del Re-golamento delle prestazioni della Cassa di Previdenza eAssistenza Forense che, per chi avendo raggiunto il 65°anno di età e conseguito l’anzianità contributiva, previ-sta dal comma 1 del medesimo articolo, fa decorrere laliquidazione della pensione di vecchiaia dal mese suc-cessivo alla presentazione della domanda anziché dalprimo giorno del mese successivo all’evento (età anagra-fica e anzianità contributiva) da cui nasce il diritto allaliquidazione della predetta pensione, in violazione del-l’art. 1 della legge 576/ l 980 e del comma terzo dell’ar-ticolo I dello stesso Regolamento delle prestazioni, con-fermativo nel predetto articolo 1”.Tali censure, che possono essere trattate congiuntamentem ragione della loro connessione, non sono fondate. Appare opportuno ricordare, per quanto rilevante, ilquadro normativo in materia. L’art. 1 della legge 576/19f80 dispone: La Cassa Nazio-nale di previdenza ed assistenza per gli avvocati ed i pro-curatori corrisponde le seguenti pensioni: a) di vecchiaiab) di anzianità; e) di inabilità ed invalidità; d) ai super-stiti, di reversibilità ed indirette (comma 1); tutte le pen-sioni sono corrisposte su domanda degli aventi diritto.I trattamenti pensionistici decorrono dal primo giornodel mese successivo a quello in cui è avvenuta la pre-sentazione della domanda per le pensioni indicate alle

lettere b) e c) e dal primo giorno del mese successivo alverificarsi dell’evento, da cui nasce il diritto, per le pen-sioni indicate dalle lettere a e d. L’art. 1 comma 3 del Regolamento per le prestazioni pre-videnziali della Cassa prevede: trattamenti pensionisticidecorrono.... dal primo del mese successivo all’evento da cuinasce il diritto alla pensione per le pensioni di cui alla letteraa (pensione vecchiaia).L’art. 2 comma l del Regolamento dispone: La posizione di vecchiaia è corrisposta a coloro che abbianomaturato i seguenti requisiti: - dal 1 gennaio 2011, 66 anni di età e almeno 31 anni di ef-fettiva iscrizione e contribuzione alla Cassa; - dal 1 gennaio 2014, 67 anni di età ed almeno 32 anni dieffettiva contribuzione.L’art. 2 comma 2 del Regolamento prevede:“È facoltà dell’iscritto anticipare, rispetto a quanto previstodal comma precedente, il conseguimento del trattamentopensionistico a partire dal compimento del 65 anni di età,fermi restando i requisiti dell’anzianità contributiva di cuiai commi precedenti. In tal caso il trattamento decorre dalprimo giorno del mese successivo alla trasmissione dellaistanza, ovvero dal mese successivo al raggiungimento deirequisiti minimi previsti ove non già maturati al momentodell’invio della domanda ...”.L’art. 4, comma del Regolamento prevede:“In caso di anticipazione della pensione ai sensi del comma2 dell’art. 2, l’importo della quota base, calcolata secondo icriteri previsti dal precedente comma, verrà ridotto nella mi-sura dello 0,41 per ogni mese di anticipazione rispetto al re-quisito anagrafico previsto dall’art. 2 comma I”.

Ciò premesso, va ricordata in estrema sintesi la fattispe-cie in esame, così come risultante dalla documentazioneprodotta.L’avvocato Omissis ha compiuto 65 anni in data12.2.2013.In data 19.12.2013 egli ha presentato istanza per l’am-missione anticipata alla pensione di vecchiaia con de-correnza dal 10 Marzo 2013 ai sensi dell’art. 2 del Rego-lamento per le prestazioni previdenziali, avendo matu-rato a tal fine i requisiti dell’età anagrafica di 65 anni edell’anzianità contributiva.La Giunta Esecutiva della Cassa, nella seduta del 26

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277Marzo 2014, ha deliberato di ammettere omissis allapensione di vecchiaia a decorrere dal 1 Gennaio 2014con l’importo mensile lordo di euro 1.967,00.Ritiene la Corte che, contrariamente agli assunti dell’ap-pellante, la Cassa appellata abbia puntualmente appli-cato le disposizioni previste dal Regolamento.Ed infatti con la domanda presentata in data 19.12.2013omissis ha chiesto la pensione anticipata in forza dell’art.2 comma 2 del Regolamento.Alla data del 19 dicembre 2013 omissis era pacificamen-te in possesso dei requisiti previsti dalla norma, sia con-tributivi, sia di età, avendo egli già compiuto anni 65 il12 febbraio 2013.La Cassa ha pertanto correttamente accolto la domandacon decorrenza dal 1 Gennaio 2014 applicando la disci-plina espressamente prevista dall’art. 2, comma 2 delRegolamento prima parte (... In tal caso il trattamentodecorre dal primo giorno, del mese successivo alla tra-smissione della istanza, ovvero dal mese successivo al rag-giungimento dei requisiti minimi previsti ove non già matu-rati al momento dell’invio della domanda); nella fattispecienon è invece possibile fare riferimento alla previsionedella seconda parte della disposizione, avendo pacifica-mente omissis già raggiunto i requisiti previsti primadella presentazione della domanda.Ritiene la Corte che la Cassa abbia anche correttamenteapplicato per l’anticipazione della pensione il decre-mento del 5, 74%, considerando una anticipazione di14 mesi rispetto alla ordinaria decorrenza della pensionein applicazione dei requisiti previsti all’art. 2 comma ldel Regolamento. (...dal 1 gennaio 2011, 66 anni di etàe almeno 31 anni di effettiva iscrizione e contribuzionealla Cassa; dal 1 Gennaio 2014, 67 anni di età ed almeno32 anni di effettiva contribuzione).Va infatti rilevato che omissis ha compiuto 65 anni il12.2.2013; che in conseguenza egli rientrava nello sca-glione “dal l Gennaio 2014” per il quale è prevista, qualerequisito minimo per accedere alla pensione, l’età di an-ni 67; che l’appellante avrebbe quindi maturato il requi-sito anagrafico previsto dal comma 1 dell’art. 2 del Rego-lamento solo in data 12.2.2015, con diritto alla pen-sione dal 1 Marzo 2015. Tenuto conto di tale conclusione, la Cassa ha pertantocorrettamente ritenuto ad avviso del Collegio, che omis-

sis abbia usufruito della pensione con un anticipazionedi 14 mesi, calcolando in applicazione dell’art. 4, com-ma 8 del Regolamento (“in caso di anticipazione dellapensione ai sensi del comma 2 dell’art. 2, l’importo dellaquota base, calcolata secondo i criteri previsti dal pre-cedente comma, verrà ridotto nella misura dello 0,41per ogni mese di anticipazione rispetto al requisito ana-grafico previsto dall’art. 2 comma”) un decremento del5,74% (0,41x14).Ritiene la Corte che siano infondate le censure mossedall’appellante all’esercizio del potere regolamentare del-la Cassa. Omissis, in particolare, censura la prima parte dell’art.2 comma 2 laddove prevede la decorrenza della pensio-ne anticipata dal primo mese successivo alla presenta-zione dell’istanza; rileva, in senso contrario, che l’art. ldella legge 576/19980 prevede la decorrenza del tratta-mento pensionistico dal primo giorno del mese succes-sivo al verificarsi dell’evento. Sul punto la Corte osserva che, così come già corretta-mente rilevato dal Tribunale, nell’ambito del processodi privatizzazione degli enti di previdenza ed assistenzaprevisto dalla legge delega 537/1993 e proseguito conil d.lgs. n. 509/1994, si è avuta una “sostanziale delegi-ficazione” (l’espressione, presente nella motivazione del-la sentenza della Corte Suprema n. 24202/2009 è statapoi ripresa da Corte Costituzionale n. 254/2016) per ladisciplina del rapporto contributivo e del rapporto pre-videnziale, con la possibilità affidata all’autonomia deglienti previdenziali privatizzati di derogare a disposizionidi legge in funzione dell’obiettivo di assicurare l’equili-brio di bilancio e la stabilità delle relative gestioni.Orbene, in tale contesto normativo, omissis censura laprevisione del comma 2 dell’art. 2 comma osservandocome la funzione di assicurare l’equilibrio di bilancio siastata già assolta dal comma 1 della stessa norma e nonpossa essere quindi assolta anche alla postergazione delladecorrenza della pensione anticipata prevista dal comma2 (cfr. in particolare pagine 25 e 26 dell’atto di appello).L’assunto dell’appellante appare sul punto apodittico; insenso contrario la Corte ritiene che tutta la complessivadisciplina dell’art. 2 possa essere ricondotta alla funzio-ne di assicurare l’equilibrio del bilancio e la stabilità del-le relative gestioni.

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278 Appaiono conseguentemente manifestamente infondatee comunque non rilevanti nella fattispecie le questionidi legittimità costituzionale già sopra richiamante e dif-fusamente proposte solo in atto di appello - in relazioneall’art. 38 Cost. - degli articolo 1, commi 32 e 33 e delcorrelato d.lgs . 30 Giugno 1994 n. 509, articolo 2. Le disposizioni di legge suddette appaiono, ad avvisodel Collegio, una legittima e non irragionevole espres-sione della discrezionalità del legislatore di dettare la di-sciplina tesa ad assicurare l’autonomia degli enti previ-denziali privatizzati in funzione di assicurare l’equilibriodel bilancio e la stabilità della gestione; l’art. 2 comma2 del Regolamento appare inoltre rispettare - si ribadisce- i limiti previsti dalle disposizioni di natura primariacensurate.In conclusione, l’appello va rigettato. Le spese del grado seguono la soccombenza dell’appel-lante e sono liquidate ex D.M. 55/2014, tenuto contodel valore della causa e dell’assenza di attività istruttoria,come in dispositivo.

NotaLa Corte di Appello di Milano è stata investita di deci-dere in merito all’esercizio del potere regolamentare del-la Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza Forensee, quindi, al suo diritto di autoregolamentarsi.Il Tribunale di Milano, Sezione Lavoro, con sentenza n.567 del 28.2.2017, ha respinto il ricorso promosso daun avvocato iscritto alla Cassa Forense, accogliendo intoto le conclusioni della Cassa in merito alla legittimitàdel Regolamento delle Prestazioni e alla corretta appli-cazione, nel caso di specie, della decorrenza del tratta-mento previdenziale erogato all’avvocato. Nella fattispecie concreta, il professionista aveva inol-trato alla Cassa Forense domanda di pensione di vec-chiaia, secondo quanto previsto dall’art. 2, comma 2,del Regolamento delle Prestazioni Previdenziali, che pre-vede la facoltà di anticipare il conseguimento del tratta-mento pensionistico a partire dal compimento del 65°anno di età, nel rispetto dei requisiti di anzianità di iscri-zione e contribuzione previsti al comma 1 del medesimoarticolo. La Giunta Esecutiva della Cassa Forense, in ap-plicazione delle norme sopracitate, aveva deliberatol’ammissione alla pensione di vecchiaia dello stesso a

decorrere dal primo giorno del mese successivo alla pre-sentazione dell’istanza presentata dal professionista, cosìcome previsto dall’art. 1, comma 3, del summenzionatoRegolamento e applicando, inoltre, una riduzione del5,74%, secondo i criteri previsti dall’articolo 4, comma7, del Regolamento, pari allo 0,41% per le 14 mensilitàdi anticipo della fruizione della pensione sulla base delrequisito anagrafico rispetto alla decorrenza prevista dal-l’articolo 2, comma 1, nel caso di specie 67 anni, previ-sta per coloro che avessero maturato i requisiti dal 1gennaio 2014.Diversamente, il professionista aveva sostenuto, primadavanti al Tribunale di Milano e successivamente davan-ti la Corte di Appello di Milano, di aver diritto alla pen-sione di vecchiaia a decorrere dal primo del mese suc-cessivo al compimento del 65° anno di età, con una ri-duzione dell’importo nella misura del 4,92%, pari al-l’anticipo di 12 mensilità, ritenendo lo stesso di aver ma-turato i requisiti previsti all’articolo 2, comma 1, riferi-bili a coloro che entro la data del 31.12.2013 avessero66 anni di età.Infatti, secondo il ricorrente, il Regolamento della CassaForense doveva essere disapplicato e, anche nell’ipotesiin cui un iscritto si avvalesse della facoltà di anticipa-zione, il trattamento previdenziale, in applicazione del-l’articolo 1 della Legge 576/1980, doveva decorrere dalprimo giorno del mese successivo al verificarsi dell’even-to (compimento dell’età). Tale contestazione, che erastata solo accennata nel ricorso introduttivo del giudiziodi primo grado, veniva, invece, ampiamente articolatanell’atto di appello chiedendo, per la prima volta in que-sto grado, che venisse sottoposto al vaglio di legittimitàcostituzionale l’articolo 2, comma 2, del Regolamentodelle Prestazioni Previdenziali e che venisse ritenuta ri-levante e non manifestamente infondata la questionedell’illegittimità costituzionale della Legge n. 537 del 24dicembre 1993, articolo 1, commi 32 e 33 e del correla-to decreto legislativo n. 509 del 30 giugno 1994, artico-lo 2, rispettivamente legge delega e legge delegata sullaprivatizzazione degli enti previdenziali che, secondo illibero professionista, non avrebbero attribuito alla CassaForense alcun potere regolamentare delegificante me-diante il quale modificare e/o abrogare leggi di naturaprimaria.

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GIURISPRU

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ZA

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La Corte di Appello ha confermato la sentenza del Tri-bunale di Milano, rigettando integralmente le domandeproposte in sede di appello, ritenendo la correttezza del-l’operato della Cassa Forense, essendosi limitata ad ap-plicare le previsioni contenute nel Regolamento dellePrestazioni Previdenziale e, in merito alla questione delpotere regolamentare dell’Ente Previdenziale Forense edella piena legittimità dei regolamenti dallo stesso adot-tati, anche a modifica e/o abrogazione di norme di leggeai sensi del comma 2 dell’articolo 17 della Legge 400/1988, osserva che “così come già correttamente rilevatodal Tribunale, nell’ambito del processo di privatizzazio-ne degli enti di previdenza ed assistenza previsto dallalegge delega 537/1993 e proseguito con il d.lgs. n.509/1994, si è avuta una “sostanziale delegificazione”(l’espressione, presente nella motivazione della sentenzadella Corte Suprema n. 24202/2009, è stata poi ripresadalla Corte costituzionale n. 254/2016) per la disciplinadel rapporto contributivo e del rapporto previdenziale,con la possibilità affidata all’autonomia degli enti previ-denziali privatizzati di derogare a disposizioni di leggein funzione dell’obiettivo di assicurare l’equilibrio di bi-lancio e di stabilità delle relative gestioni”. Infatti, laCorte ha ritenuto che tutta la complessiva disciplinadell’articolo 2 può essere ricondotta alla funzione di as-sicurare l’equilibrio del bilancio e la stabilità delle rela-tive gestioni. In conclusione, nella fattispecie in esame, è stata accer-tata non solo la corretta applicazione del Regolamentodella Prestazioni Previdenziali da parte della Cassa Fo-rense, ma anche, e soprattutto, è stata ribadita l’autono-mia regolamentare dell’Ente previdenziale forense.

Marcello Bella e Ludovica Dickmann

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LA PREVIDENZA FORENSE

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Giovanni Ziccardi-Pierluigi PerriTecnologia e diritto. Fondamentid’informatica per il giuristaGiuffrè editore, 2017

A cura di Leonardo Carbone

È una approfondita TAC sull’informatica giuridica, ana-lizzata sotto ogni aspetto. È il lavoro curato per la Giuffrèeditore da ziccardi-Perri, con la collaborazione di unnutrito gruppo di studiosi (Boccaccini, Cristiano, Pal-lone, Pedrazzini, Vertua, Bianchi, Sorrentino, De Maio,Agostini, Dal Checco, Sagliocca, Farina, Ruggieri, Pa-celli, Perrone, Bergonzi, Pozzato, Alagna, Reale, Salmeri,Felcher, Gallus, Gargano, Deplano, Familiari, Massaro,Fedorova, Icardi, Micozzi, zanaboni, Martinelli, Salluce,Marrazza). Il volume contiene tutto quello che c’è da sapere in temadi informatica giuridica, e, certamente contribuirà a faresuperare al giurista in genere la “diffidenza” verso l’in-formatica giuridica. Infatti, non si può ignorare che glistrumenti informatici e telematici fino alla fine del seco-lo scorso – ma anche nei primi anni del nuovo secolo –rappresentavano per il giurista uno strumento anzi unoggetto volto a sostituire la macchina da scrivere o lecomunicazioni mediante posta ordinaria. In pochi anni,come si legge nella quarta di copertina, gli strumenti in-formatici sono diventati soggetto della professione giu-ridiche ponendo sempre più interrogativi e problemiche il futuro operatore deve conoscere e risolvere. Il vo-lume recensito, tiene conto di queste due differenti ani-me delle abilità informatiche: quella più documentale edi supporto nell’attività quotidiana, ma anche quella piùstrettamente giuridica con i temi ed i problemi oggi indiscussione nelle corti di giustizia nazionali ed interna-zionali.Certamente, per gli autori del volume, considerata la ve-locità con la quale muta il panorama tecnologico,vi è ilrischio che le nozioni illustrate diventino obsolete subitodopo la pubblicazione del volume. Ma il compito del-l’informatica giuridica è sempre stato quello di garantire,accanto a sofisticate elaborazioni teoriche, un approcciopratico che consenta al giurista di trarre un’utilità im-mediata dall’impiego dei nuovi strumenti tecnologici.L’analfabetismo digitale è ancora molto diffuso, nono-stante nelle varie facoltà di giurisprudenza (e non solo)sono ormai “fisse” le cattedre di informatica giuridica;per il consolidamento di una cultura informatica/giuri-dica è però, sempre più necessario spiegare, ribadire,schematizzare e sintetizzare i numerosi benefici che latecnologia porta all’uso personale e professionale quo-

tidiano, tenendo, però, presente che nozioni troppo det-tagliate, o strettamente legate “al presente”, si rivelinorapidamente inattuali.Il lavoro che gli autori (e sono tanti e tutti “esperti” dellamateria) del volume recensito hanno cercato di fare, co-me si legge nella prefazione del volume, è duplice: daun lato di creare dei fondamenti solidi, per il giuristache non conosce la tecnologia, o che crede di conoscerlama, in realtà, non la domina. Dall’altro, il disegnare, trale righe, dei percorsi di approfondimento che permetta-no al lettore interessato di aumentare le sue competenzeseguendo i suggerimenti bibliografici e i numerosi spun-ti di ricerca.Gli argomenti trattati nel volume sono tutti prettamenti“informatici”, ma gli autori si sono spinti anche ai dirittidell’informatica, individuando le basi di alcuni fenomenie istituti che iniziano a essere molto comuni nella vitaprofessionale. Sono stati infatti trattati i temi della sicu-rezza personale e professionale – visti i numerosi inci-denti informatici che hanno coinvolto tanti studi legali- e delle deontologia ed il comportamento responsabileda tenere in rete. Ogni argomento trattato è accompagnato da una biblio-grafia essenziale.Quando cervelli pensanti ed intelligenti fanno lega è ine-vitabile che il prodotto sia di qualità, virtù che non difet-ta nel volume recensito. È un volume che tutti gli ope-ratori del diritto – avvocati, magistrati, operatori dellagiustizia in generale, studenti e cultori della materia –non possono ignorare.

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281Alla previdenza dei liberi professionisti gli studiosi dellamateria previdenziale non hanno mai prestato partico-lare attenzione, neppure dopo la privatizzazione, nono-stante le numerose e rilevanti questioni di principio eapplicative da essa sollevate. E dal 1998, anno dell’ul-tima pubblicazione giuridica sul tema (L. Carbone, Latutela previdenziale dei liberi professionisti, UTET, Torino,1998), ad oggi, profondi mutamenti sono intervenutinella disciplina delle casse, soprattutto a seguito dellariforma Fornero del 2011, ma anche in ragione di sceltelegislative non sempre chiare e di interventi giurispru-denziali.A cercare di fare chiarezza e dare ordine al complessoquadro giuridico-normativo prova ora il volume “La pre-videnza dei liberi professionisti dalla privatizzazione allariforma Fornero”, curato dal prof. Guido Canavesi, di-rettore della Scuola di Specializzazione in Diritto sinda-cale, del lavoro e della previdenza, dell’Università diMacerata, da cinquant’anni dedicata all’insegnamentodella previdenza sociale.Alla “realizzazione” del libro recensito ha collaborato unnutrito gruppo di studiosi della materia (Carbone, Roc-co, Losi, Giglio, Spilimbergo, Surdi, Olivelli, Napoli-tano, Agliata, Giuliani), tutti della scuola di specializ-zazione dell’Univesità di Macerata, i quali hanno affron-tato un’area tematica ampia e suggestiva, assai poco fre-quentata da analoghe iniziative editoriali, eppure datempo in una fase di incalzante espanzione. Il volume consta di due parti ed abbina il tentativo diricostruzione sistematica alla presentazione critica delladisciplina, anche delle singole casse. Nella prima, al saggio introduttivo sulla portata giuridicadella privatizzazione e i poteri normativi delle casse - ri-costruiti alla luce della legislazione e della giurispruden-za –, si accompagnano gli approfondimenti sul rapportocontributivo e su quello previdenziale, con specifica at-tenzione al complesso rapporto fra iscrizione all’albo ealla relativa cassa, nonché alla disciplina della totalizza-zione e della tutela della maternità e paternità, entrambedi recente innovate. Chiudono questa parte un’attentaricostruzione dei singoli regolamenti sulla tutela dei di-ritti ed un primo tentativo ricostruttivo e di inquadra-mento delle finalità assistenziali sempre più intensamen-te assolte dalle casse.

La seconda parte offre una presentazione della norma-tiva pensionistica delle singole casse, aggiornata alle ri-levanti modifiche regolamentari introdotte a seguitodella riforma Fornero.Il volume non ha la pretesa di esaurire ogni aspetto dellatematica. Esso, piuttosto, offre un utile quadro d’insiemedella materia e al contempo rappresenta un importantebase di partenza per ulteriori approfondimenti senzadubbio richiesti dalla specificità, articolazione e pluralitàdelle fonti di disciplina della previdenza dei liberi pro-fessionisti. È un libro che non può mancare dalla biblioteca deglistudiosi della materia previdenziale, ma di tutti coloroche vogliono avvicinarsi alla previdenza dei liberi pro-fessionisti.

Guido CanavesiLa previdenza dei liberiprofessionisti dalla privatizzazionealla riforma ForneroGiappichelli, Torino, 2017A cura di Leonardo Carbone

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INDICE ANNUALE ANNO 2017A cura di Leonardo Carbone

Indice degli autoriIndice della previdenza forenseIndice dell’ordinamento forenseTabelle: cassa ed avvocati in cifreIndice della giurisprudenzaRecensioni

Indice degli autoriContiene l’elenco degli autori in ordine alfabetico, conla contestuale indicazione del titolo dello scritto, del-l’anno, numero e pagina del fascicolo.

Aloisio Roberto G.1) Di alcuni problemi passati e recenti dell’Avvocatura,2017, 3, 244, d.

Ambrosini Lorena1) La scomparsa della potestà e la responsabilità genitoriale:analisi e ricadute sul sistema, 2017, 2, 159, d.

Azzalini Giorgio1) Le società tra avvocati: una nuova chance per i professio-nisti o per gli imprenditori?, 2017, 3, 242, d.

Bacci Manuela1) Prime riflessioni sul cumulo gratuito dei periodi assicu-rativi, 2017, 1, 24, d.2) Elezioni forensi: nuove istruzioni per l’uso, 2017, 2, 147, d.

Bella Marcello1) Obbligo di iscrizione all’ente di previdenza, 2017, 1, 10, d.2) Regolarità contributiva e pensione (nota a Trib. Milano28.12.2016),2017,1, 86, g3) Trasformazione pensione di vecchiaia (nota a Trib. Na-poli 14.6.2016), 2017, 1, 90, g. 4) La… riflessione della Suprema Corte sulla società tra av-vocati, 2017, 2, 167, d.5) Il rapporto dell’avvocato con il proprio assistito: obbligodi suggerire sempre soluzioni lecite, 2017, 2, 178, d.6) Rilevanza processuale del ricorso amministrativo, 2017,3, 226, d. 7) Nota a Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, 16 Novem-bre 2017, n. 27224, 2017, 3, 272, g.8) Nota a Corte di Appello di Milano, Sezione Lavoro, 6 Lu-glio 2017, n.1303, 2017, 3, 275, g.

Cacciavillani Ivone1) Ancora sulla responsabilità processuale aggravata (art.93.3 cpc), 2017, 1, 78, d.

Camodeca Franco1) La nuova legge sulla responsabilità sanitaria, 2017, 1, 73, d.

Canavesi Guido1) La “portata” della privatizzazione delle casse previden-ziali dei liberi professionisti, 2017, 3, 208, d.

Carbone Daniela1) Aspetti previdenziali nel matrimonio e nelle unioni civili,2017, 1, 31, d.

Carbone Leonardo1) L’obbligazione contributiva nella previdenza dei liberi pro-fessionisti, 2017, 1, 7, d.2) Gratuito patrocinio e compensazione crediti-debiti degliavvocati, 2017, 1, 53, d.3) Recensione libro di Pietro Emiliani, “La costruzione deifatti nel processo del lavoro, 2017, 1, 94, d.4) Recensione libro di Francesco Giorgino, Giornalismi e so-cietà”, 2017, 1, 95, d.5) Inadempienze contributive e riflessi pensionistici, 2017,2, 125, d.6) Le competenze dell’avvocato per l’atto di precetto, 2017,2, 164, d.7) Recensione libro di Maurizio Sala “Il processo telematico.Tipi e differenze, 2017, 2, 191.8) Recensione libro di Ziccardi-Perri, “Tecnologia e diritto.Fondamenti d’informatica per il giurista, 2017, 3, 280, d.9) Recensione libro di Guido Canavesi (a cura di), La previ-denza dei liberi professionisti dalla privatizzazione alla ri-forma Fornero, 2017, 3, 281, d.10) Indici Rivista anno 2017, 3, 282, d.

Carissimi Cinzia1) Bilancio di esercizio 2016, 2017, 2, 103, d.

Cenni Maria Luisa1) Il rent to buy o meglio… “I contratti di godimento in fun-zione della successiva alienazione di immobili”, 2017, 2,169, d.

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283sicurezza sociale, 2017, 1, 46, d.

Giuliani Alessandro1) La solidarietà nelle prestazioni erogate dalle casse di pre-videnza ex d.lgs. n.103 del 1996, 2017, 3, 216, d.

Grimaldi Ida1) Convivenze, contratti di convivenza e ruolo dell’avvocato,2017, 1, 60.2) L’assegno di divorzio nei nuovi scenari giurisprudenziali,2017, 2, 154, d.

Ilarioni Paola1) Resta confermata la misura della contribuzione obbliga-toria per l’anno 2017, 2017, 1, 40, d. 2) La prima scadenza del mod. 5/2017: il versamento di lu-glio… e non solo, 2017, 2, 129, d.3) La tutela previdenziale dei magistrati onorari, 2017, 3,201, d.

Jannotta Laura1) Convention Cassa Forense, 2017, 2, 113, d.

Lo Faro Mario1) Spamming: modalità di tutela e risarcimento del danno,2017, 1, 69, d.

Lolli Dario1) Il rapporto CENSIS sull’Avvocatura, 2017, 2, 134, d.

Losi Davide1) La costituzione del rapporto previdenziale dei liberi pro-fessionisti, 2017, 3, 220, d.

Luciano Nunzio1) Il nuovo welfare forense, 2917, 1, 3, d.2) Il progetto “Wise”, 2017, 2, 98, d.3) I nuovi istituti di welfare attivo, 2017, 3, 195, d.

Mantegna Serena1) Pensione e regolarità contributiva (nota a Trib. Milano28.12.2016), 2017, 1, 86, g.

Marinelli Fabrizio1) L’avvocato Alessandro Manzoni, 2017, 1, 80, d.

Cerè Donatella1) La negoziazione assistita: una importante opportunitàper l’avvocato, 2017, 1, 66, d.2) Il nuovo tirocinio forense, 2017, 2, 151, d.3) Il ruolo dell’avvocato nell’era delle tecnologie digitali dicomunicazione, 2017, 3, 257, d.

Cerri Giovanni1) Il riscatto nella previdenza forense, 2017, 1, 21, d.

Cinelli Maurizio1) La Corte Costituzionale fa il punto sui contributi di soli-darietà, 2017, 1, 4, d.

Criscuolo Clotilde1) Genericità estrinseca ed intrinseca dei motivi al vagliodelle sezioni unite, 2017, 3, 265, d.

D’Alesio Divinangelo1) Le agevolazioni “previdenziali” degli avvocati, 2017, 2,118, d.2) “Abolizione” del contributo integrativo dal 2018 al 2022,2017, 3, 228, d.

Danovi Remo1) Il rito della giustizia nelle cerimonie dell’Anno Giudizia-rio, 2017, 1, 49, d.2) La tipizzazione degli illeciti disciplinari (la storia e il co-dice deontologico), 2017, 3, 233, d.

Dickmann Ludovica1) Commutabilità pensione di vecchiaia (nota a Trib. Na-poli 14.6.2016), 2017, 1, 90, g.2) La …riflessione della Suprema Corte sulla società tra av-vocati, 2017, 2, 167, d.3) Nota a Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, 16 Novem-bre 2017, n. 27224, 2017, 3, 272, g.4) Nota a Corte di Appello di Milano, Sezione Lavoro, 6Luglio 2017 n. 1303, 2017, 3, 275, g.

Fantini Giovanna1) Riflessioni sul Jobs Act Autonomi, 2017, 2, 131, d.

Felici Debora1) Avvocati senza frontiere, 2017, 3, 230, d.

Giubboni Stefano1) Crisi europea e coordinamento dei sistemi nazionali di

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284 Monterisi Domenico1) Equo compenso, the never ending story, 2017, 3, 259, d.

Mosca Giulia1) Profili privatistici e pubblicistici degli enti previdenzialidei liberi professionisti, 2017, 1, 36, d.

Napolitano Monica1) Le prestazioni previdenziali per i liberi professionisti,2017, 3, 212, d.

Orefice Andrea1) Il diritto all’oblio: genesi ed evoluzione di un istituto an-cora in attesa di una puntuale codificazione normativa,2017, 2, 173, d.

Orsini Giuseppe1) Il nuovo processo canonico, 2017, 1, 57, d.

Passalacqua Pasquale1) La giurisdizione della Corte dei Conti sulle pensioni pub-bliche: un ostacolo nel processo di armonizzazione?, 2017,2, 139, d.2) La tutela pensionistica nel pubblico impiego tra armoniz-zazione e spending review, 2017, 3, 203, d.

Perchiazzi Rita1) Minori e social media, 2017, 3, 248, d.

Proietti Michele1) La Carta dei Servizi, 2017, 1, 18, d.2) Ricongiunzione, totalizzazione e cumulo: analogie e dif-ferenze, 2017, 3, 196, d.

Reale Maurizio1) Un anno di giurisprudenza “PCT” della Suprema Corte,2017, 3, 250, d.

Salafia Maria1) Mediazione e gratuito patrocinio, 2017, 1, 56, d.

Salazar Michele1) Brevi note sulle società tra avvocati, 2017, 3, 239, d.

Salvati Sabrina1) Il rapporto dell’avvocato con il proprio assistito: obbligodi suggerire sempre soluzioni lecite, 2017, 2, 178, d.

2) Rilevanza processuale del ricorso in sede amministrativa,2017, 3, 226, d.

Seminara Dario1) Chi ha paura del “semplificato”? Sul senso del processocivile e sullo sterile balletto dei riti, 2017, 3, 268, d.

Surdi Luisa1) Il potere delle Casse di accertare autonomamente il re-quisito della regolare iscrizione all’Albo, 2017, 2, 121, d.

Seganti Annamaria1) Avvocati e territorio: progetti innovativi, 2017, 1, 16, d.

Spano Salvatore1) La polizza Long Term Care: funzione e finalità, 2017, 2,115, d.

Troianello Immacolata1) Avvocati e territorio: progetti innovativi, 2017, 1, 16, d. 2) Come scegliere la polizza professionale (obbligatoriadall’11 ottobre 2017), 2017, 2, 142, d.3) Salute al Top, 2017, 3, 224, d

Uzzau Roberto1) Banca dati Giuridica della Cassa Forense, 2017, 2, 127, d.

Valentini Bina1) Riflessioni sul Jobs Act Autonomi, 2017, 2, 131, d.

Vasarri Valeriano1) Origine ed evoluzione della pensione di reversibilità fo-rense, 2017, 1, 28, d.

Zaffina Nicolino1) Il patrimonio di Cassa Forense: cos’è, a cosa serve, chi locontrolla, 2917, 2, 99, d.

Zen Alvise1) Convivenze, contratti di convivenza e ruolo dell’avvocato,2017, 1, 60, d.

Indice della previdenza forenseContiene i documenti – suddivisi secondo la sottoripor-tata scansione – riguardanti la previdenza forense. Perogni documento viene riportato l’anno della rivista, il

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numero del fascicolo, la pagina, nonché la sigla “c” setrattasi di prassi amministrativa, “d” se trattasi di arti-colo, “g” se trattasi di giurisprudenza.

IscrizioneObbligazione contributiva.Prestazioni.Previdenza forense in generale.

Iscrizione1) Obbligo di iscrizione all’ente di previdenza (M. Bella),2017, 1, 10, d. 2) Il potere delle Casse di accertare autonomamente il re-quisito della regolare iscrizione all’albo (L. Surdi), 2017, 2,121, d.3) La giurisdizione della Corte dei Conti sulle pensioni pub-bliche: un ostacolo nel processo di armonizzazione? (P. Pas-salacqua), 2017, 2, 139, d.4) La costituzione del rapporto previdenziale dei liberi pro-fessionisti (D. Losi), 2017, 3, 220, d.5) Rilevanza processuale del ricorso in sede amministrativa(Bella-Salvati), 2017, 3, 226, d.

Obbligazione contributiva1) La Corte Costituzionale fa il punto sui contributi di soli-darietà (M. Cinelli), 2017, 1, 4, d.2) L’obbligazione contributiva nella previdenza dei liberiprofessionisti (L. Carbone), 2017, 1,7, d.3) Resta confermata la misura della contribuzione obbliga-toria per l’anno 2017 (P. Ilarioni), 2917, 1, 40, d.4) Le agevolazioni “previdenziali degli avvocati (D. D’Ale-sio), 2017, 2, 118, d.5) Inadempienze contributive e riflessi pensionistici (L. Car-bone), 2017, 2, 125, d.6) La prima scadenza del mod.5/2917: il versamento di lu-glio e…..non solo! (P. Ilarioni), 2017, 2, 129, d.7) Rilevanza processuale del ricorso in sede amministrativa(Bella-Salvati), 2017, 3, 226, d.8) Abolizione del contributo integrativo dal 2018 al 2022(D. D’Alesio), 2017, 3, 228, d.

Prestazioni1) Il “nuovo” riscatto nella previdenza forense (S. Spano),2015, 1, 32, d.

2) Prime riflessioni sul cumulo gratuito dei periodi assicu-rativi (M. Bacci), 2017, 1, 24, d.3) Origini ed evoluzione della pensione di reversibilità fo-rense (V. Vasarri), 2017, 1, 28, d.4) Aspetti previdenziali nel matrimonio e nelle unioni civili(D. Carbone), 2017, 1, 31, d.5) Le agevolazioni “previdenziali degli avvocati (D. D’Ale-sio), 2017, 2, 118, d.6) Ricongiunzione, totalizzazione e cumulo: analogie e dif-ferenze (M. Proietti), 2017, 3, 196, d.7) La tutela previdenziale dei magistrati onorari, (P. Ila-rioni) 2017, 3, 201, d.8) Le prestazioni previdenziali per i liberi professionisti (M.Napolitano), 2017, 3, 212, d.9) Rilevanza processuale del ricorso in sede amministrativa(Bella-Salvati), 2017, 3, 226, d.

Previdenza forense in generale.1) Il nuovo welfare forense (N. Luciano), 2017, 1, 3, d.2) Avvocati e territorio: progetti innovativi (I. Troianello-A. Seganti), 2017, 1, 16, d.3) La Carta dei Servizi (M. Proietti), 2017, 1, 18, d.4) Il riscatto nella previdenza forense (G. Cerri), 2017, 1, 21, d.5) Prime riflessioni sul cumulo gratuito dei periodi assicu-rativi (M. Bacci), 2017, 1, 24, d.6) Aspetti previdenziali nel matrimonio e nelle unioni civili(D. Carbone), 2017, 1, 31, d.7) Profili privatistici e pubblicistici degli enti previdenzialidei liberi professionisti (G. Mosca), 2017, 1, 36, d.8) Crisi europea e coordinamento dei sistemi nazionali di si-curezza sociale (S. Giubboni), 2017, 1, 46, d.9) Il progetto “WISE” (N. Luciano), 2017, 2, 98, d.10) Il patrimonio di Cassa Forense: cos’è, a cosa serve, chilo controlla (N. zaffina), 2017, 2, 99, d.11) Bilancio di esercizio 2016 (C. Carissimi), 2017, 2, 103, d.12) Convention Cassa Forense (L. Jannotta), 2017, 2, 113, d. 13) La polizza Long Term Care: funzione e finalità (S.Spano), 2017, 2, 115, d.14) Le agevolazioni “previdenziali degli avvocati (D. D’Ale-sio), 2017, 2, 118, d.15) Banca Dati Giuridica della Cassa Forense (R. Uzzau),2017, 2, 127, d.16) Riflessioni sul Jobs Act Autonomi (Fantini-Valentini),2017, 2, 131, d.

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17) La giurisdizione della Corte dei Conti sulle pensioni pub-bliche: un ostacolo nel processo di armonizzazione? (P. Pas-salacqua), 2017, 2, 139, d.18) L’assegno di divorzio nei nuovi scenari giurisprudenziali(I. Grimaldi), 29017, 2, 154, d.19) La scomparsa della potestà e la responsabilità genito-riale: analisi e ricadute sul sistema (L. Ambrosini), 2017,2, 159, d.20) I nuovi istituti di welfare attivo, (N. Luciano) 2017, 3,195, d.21) La tutela pensionistica nel pubblico impiego tra armo-nizzazione e spending review (P. Passalacqua), 2017, 3,203, d.22) La “portata” della privatizzazione delle casse previden-ziali dei liberi professionisti (G. Canavesi), 2017, 3, 208, d.23) La solidarietà nelle prestazioni erogate dalle casse diprevidenza ex d.lgs. n.103 del 1996 (A. Giuliani), 2017,3, 216, d.24) Salute al Top (I. Troianiello), 2017, 3, 224, d25) Rilevanza processuale del ricorso in sede amministrativa(Bella-Salvati), 2017, 3, 226, d.26) Avvocati senza frontiere (D. Felici), 2017, 3, 230, d.

Indice dell’ordinamento forenseContiene l’indicazione di tutti i documenti – secondo lariportata scansione – riguardanti l’Avvocatura e la Giu-stizia in generale. Per ogni documento viene riportatol’anno della rivista, il fascicolo, la pagina, nonché la sigla“c” se trattasi di prassi amministrativa, “d” se trattasi diarticolo, “g” se trattasi di giurisprudenza.

Ordinamento professionale.Amministrazione della giustizia.Deontologia procedimento disciplinare.Congressi Convegni Associazioni.

Ordinamento professionale.1) Gratuito patrocinio e compensazione crediti-debiti degliavvocati (L. Carbone), 2017, 1, 53, d.2) Mediazione e gratuito patrocinio (M. Salafia), 2017, 1,56, d.3) Convivenze,contratti di convivenza e ruolo dell’avvocato(I. Grimaldi - A. zen), 2017, 1, 60, d.4) La negoziazione assistita: una importante opportunitàper l’avvocato (D. Cerè), 2017, 1, 66, d.

5) Spamming: modalità di tutela e risarcimento del danno(M. Lo Faro), 2017, 1, 69, d.6) La nuova legge sulla responsabilità sanitaria (F. Camo-deca), 2017, 1, 73, d.7) Ancora sulla responsabilità processuale aggravata (art.96.3 cpc) (I. Cacciavillani), 2017, 1, 78, d.8) L’avvocato Alessandro Manzoni (F. Marinelli), 2017, 1,80, d.9) È nata IuslawWebRadio, la radio degli avvocati: “da Col-leghi a Colleghi”, 2017, 1, 83, c.10) Intervista all’Avv. Nunzio Andrea Russo, regista e pro-duttore del film Toghe, 2017, 1, 84, c.11) Riflessioni sul Jobs Act Autonomi (Fantini-Valentini),2017, 2, 131, d.12) Il rapporto CENSIS sull’Avvocatura (D. Lolli), 2017,2, 134, d.13) Come scegliere la polizza professionale (obbligatoriadall’11 ottobre 2017), (I. Troianello), 2017, 2, 142, d.14) Elezioni forensi: nuove istruzioni per l’uso (M. Bacci),2017, 2, 147, d.15) Il nuovo tirocinio forense (D. Cerè), 2017, 2, 151, d.16) Le competenze dell’avvocato per l’atto di precetto (L.Carbone), 2017, 2, 164, d.17) La… riflessione della Suprema Corte sulla società traavvocati (Bella-Dickmann), 2017, 2, 167, d.18) Il rent to buy o meglio… “I contratti di godimento infunzione della successiva alienazione di immobili” (M. L.Cenni), 2017, 2, 169, d.19) Il diritto all’oblio: genesi ed evoluzione di un istituto an-cora in attesa di una puntuale codificazione normativa (A.Orefice), 2017, 2, 173, d.20) Il rapporto dell’avvocato con il proprio assistito: obbligodi suggerire sempre soluzioni lecite (Bella-Salvati), 2017,2, 178, d.21) Brevi note sulle società tra avvocati (M. Salazar), 2017,3, 239, d. 22) Le società tra avvocati: una nuova chance per i professio-nisti o per gli imprenditori? (G. Azzalini), 2017, 3, 242, d.23) Di alcuni problemi passati e recenti dell’Avvocatura,(Aloisio Roberto G.), 2017, 3, 244, d. 24) Un anno di giurisprudenza “PCT” della Suprema Corte(M. Reale), 2017, 3, 250, d. 25) Il ruolo dell’avvocato nell’era delle tecnologie digitali dicomunicazione (D. Cerè), 2017, 3, 257, d.

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26) Equo compenso, the never ending story (D. Monterisi),2017, 3, 259, d.

Amministrazione della giustizia.1) Il rito della giustizia nelle cerimonie dell’Anno Giudiziario(R. Danovi), 2017, 1, 49, d.2) Gratuito patrocinio e compensazione crediti-debiti degliavvocati (L. Carbone), 2017, 1, 53, d.3) Mediazione e gratuito patrocinio (M. Salafia), 2017, 1,56, d.4) Il nuovo processo canonico (G. Orsini), 2017, 1, 57, d.5) La negoziazione assistita: una importante opportunitàper l’avvocato (D. Cerè), 2017, 1, 66, d.6) La nuova legge sulla responsabilità sanitaria (F. Camo-deca), 2017, 1, 73, d.7) La giurisdizione della Corte dei Conti sulle pensioni pub-bliche: un ostacolo nel processo di armonizzazione? (P. Pas-salacqua), 2017, 2, 139, d.8) L’assegno di divorzio nei nuovi scenari giurisprudenziali(I. Grimaldi), 29017, 2, 154, d.9) La scomparsa della potestà e la responsabilità genitoriale:analisi e ricadute sul sistema (L. Ambrosini), 2017, 2,159, d.10) Il diritto all’oblio: genesi ed evoluzione di un istituto an-cora in attesa di una puntuale codificazione normativa (A.Orefice), 2017, 2, 173, d.11) Minori e social media (R. Perchiazzi), 2017, 3, 248, d.12) Un anno di giurisprudenza “PCT” della SupremaCorte (M.Reale), 2017, 3, 250, d.13) Genericità estrinseca ed intrinseca dei motivi al vagliodelle Sezioni Unite (C. Criscuolo), 2017, 3, 265, d.14) Chi ha paura del rito “semplificato”? Sul senso del pro-cesso civile e sullo sterile balletto dei riti (D. Seminara),2017, 3, 268, d.

Deontologia – procedimento disciplinare.1) La tipizzazione degli illeciti disciplinari (la storia e il co-dice deontologico) (R. Danovi),

TABELLE: Cassa ed Avvocati in cifre1) Il patrimonio di Cassa Forense: cos’è, a cosa serve, chi locontrolla (N. zaffina), 2017, 2, 99, c.2) Bilancio di esercizio 2016 (C. Carissimi), 2017, 2, 103, c.3) Banca Dati Giuridica della Cassa Forense (R. Uzzau),

2017, 2, 127, c.4) Il rapporto CENSIS sull’Avvocatura (D. Lolli), 2017, 2,134, c.5) I nuovi istituti di welfare attivo (N. Luciano), 2017, 3,195, c.6) Circolare approvata dal Consiglio di Amministrazione n.2/2017, 2017, 3, 198, c.7) Salute al Top… (I. Troianiello), 2017, 3, 224, c.8) Avvocati senza frontiere, 2017, 3, 230, c.9) Indice Annuale della Rivista Anno 2017 (a cura di L.Carbone), 2017, 3, 282, c.

Recensioni1) Simone Pietro Emiliani, La costruzione dei fatti nel pro-cesso del lavoro (a cura di L. Carbone), 2017, 1, 94, c.2) Francesco Giorgino, Giornalismi e società (a cura di L.Carbone), 2017, 1, 95, c.3) Maurizio Sala, Il processo telematico.Tipi e differenze (acura di L. Carbone), 2017, 2, 191, c.4) Giovanni ziccardi-Pierluigi Perri, Tecnologia e diritto.Fondamenti d’informatica per il giurista (a cura di L. Car-bone), 2017, 3, 280, d.5) Guido Canavesi (a cura di), La previdenza dei liberiprofessionisti dalla privatizzazione alla riforma Fornero (acura di L. Carbone), 2017, 3, 281, c.

Indice della giurisprudenza1) Tribunale di Milano 28.12.2016 n. 3215 (Pensione –requisiti per il diritto – regolarità contributiva), 2017,1, 86, g.2) Tribunale di Napoli 14.6.2016 n. 5142 (Non com-mutabilità della pensione di vecchiaia dell’avvocato),2017, 1, 90, g.3) Tribunale di Roma 22, 5, 2917 n. 4805 (Obbligo diiscrizione alla Cassa Forense per gli iscritti all’Albo),2017, 2, 180, g4) Corte di Appello di Roma 18.4.2017 n. 539 (Rim-borsabilità dei contributi – esclusione -diritto a pensionecontributiva), 2017, 2, 191, g.5) Corte di Cassazione 16.11.2017 n. 27224 (Indennitàdi maternità da due enti – esclusione), 2017, 3, 272, g.6) Corte di Appello di Milano, Sezione Lavoro, 6 Luglio2017 n. 1303 (Autonomia normativa esercizio del po-tere regolamentare), 2017, 3, 275, g

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LA PREVIDENZA FORENSE

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Roberto Aloisio, Avvocato, Roma

Giorgio Azzalini, Avvocato, Belluno

Marcello Bella, Avvocato,Dirigente dell’Ufficio legale di Cassa Forense

Guido Canavesi, Professore Associato di Diritto del Lavoro,Università di Macerata

Leonardo Carbone, Avvocato, Ascoli Piceno,Direttore Responsabile della Rivista

Donatella Cerè, Avvocato, Roma, Componente CNF

Clotilde Criscuolo, Dottoressa, Napoli

Divinangelo D’Alesio, Avvocato, TeramoDelegato di Cassa Forense

Ludovica Dickmann, Dottoressa, Roma

Remo Danovi, Avvocato, Milano,Presidente dell’Ordine degli Avvocati di Milano

Debora Felici, Avvocato,Ufficio Stampa Comunicazione e Studi di Cassa Forense

Alessandro Giuliani, Avvocato, Ancona,Dottore di Ricerca Università di Macerata

Paola llarioni, Dirigente Servizio Normativaprevidenziale e Ricorsi di Cassa Forense

Davide Losi, Avvocato, Roma, Dottore di ricerca inLegislazione Sociale Europea presso Università di Macerata

Nunzio Luciano, Avvocato, Campobasso,Presidente di Cassa Forense

Domenico Monterisi, Avvocato, Barletta

Monica Napolitano, Dottore di ricerca in LegislazioneSociale Europea presso Università di Macerata

Pasquale Passalacqua, Avvocato, Roma, ProfessoreAssociato Università di Cassino e del Lazio Meridionale

Rita Perchiazzi, Avvocato, Lecce, Presidente dell’UnioneNazionale Camere Minorili

Michele Proietti, Direttore Generale di Cassa Forense

Maurizio Reale, Avvocato, Teramo

Michele Salazar, Avvocato, Reggio Calabria,Componente del CNF

Sabrina Salvati, Dottoressa, Roma

Dario Seminara, Avvocato, Catania

Immacolata Troianello, Avvocato, Napoli,Consigliere di Amministrazione di Cassa Forense

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