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ASSOCIAZIONE GRANELLO DI SENAPE Giuliano Testa Dalla parte degli ultimi Identità e pedagogia del Granello di Senape

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ASSOCIAZIONE GRANELLO DI SENAPE

Giuliano Testa

Dalla parte degli ultimi

Identità e pedagogia del Granello di Senape

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IDENTITÀ

LA PREMESSA

Credo che sia fondamentale fare una premessa prima di addentrarci nella scoperta della Identità e della Pedagogia del Granello di Senape. Ho voluto cominciare questo libretto con il racconto della storia del GdS non per una mera considerazione di opportunità cronologica, tanto meno per una semplice scelta letteraria. È stata una scelta necessaria, dettata dalla presa di coscienza di ciò che realmente costituisce e nutre l’Identità dell’Associazione. Infatti con il passar degli anni siamo diventati sempre più consapevoli che l’Identità del Granello di Senape deriva integralmente e totalmente dalla sua storia, una storia non scritta dalla casualità, tanto meno da una allegra incoscienza, anche se, a dire il vero, una buona dose di incoscienza non è mai mancata a chi ha operato fin dal suo inizio nell’associazione. Per fortuna!!! Quando noi del Granello parliamo di storia, non intendiamo una semplice successione di fatti senza legame tra di loro, o addirittura contraddittori e senza senso. Anche se non è certamente il momento di fare un trattato sul significato di storia, e d’altra parte non mancano libri e studi al riguardo, mi pare però importante precisare alcune cose. Per storia vogliamo intendere le azioni e gli avvenimenti attraverso i quali si esprime la coscienza dell’uomo/donna, perché è sempre e soltanto attraverso le azioni che compiamo e gli avvenimenti che accadono che si esprime la coscienza dell’uomo/donna. Nello stesso tempo affermiamo che le azioni assumono una valenza ed un senso molto più grande di quello che gli ha dato colui che le ha compiute perché anche senza volere vengono messe a disposizione dell’interpretazione di tutti coloro che, direttamente o indirettamente, le vengono a conoscere, e così diventano esperienza per tutti, anche per chi non le ha vissute direttamente. Perciò il significato della storia, anche quella strettamente individuale, è sempre molto più grande della consapevolezza che ne possiamo avere, sia personale che comunitaria. Infatti, approfondendo il senso “nascosto” dei fatti posti e degli avvenimenti vissuti dai singoli e dalle comunità, possiamo scoprire, un po’ alla volta, l’identità personale e di popolo. In definitiva possiamo affermare che l’Identità del Granello di Senape è costituita dalla sua storia, è illuminata dalla sua storia, è guidata dalla sua storia, e cambia attraverso la sua storia: la storia di tutti e la storia di ciascuno. Non una “ortodossia” fissata per sempre, dunque, ma una “ortoprassi” in continuo cammino.

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CENNI ALLA STORIA Infatti l’Associazione non è nata attorno ad un tavolino. Non è nata da riflessioni e analisi profonde e dettagliate. Non è il frutto della decisione di alcune persone e della conseguente programmazione di azioni, progetti e metodi. Il Granello di Senape ha avuto inizio e si è sviluppata attorno all’esperienza mia personale e di chi ha condiviso insieme a me fin dall’inizio della sua fondazione, più o meno consapevolmente, il cammino dell’associazione. È lungo questo cammino e grazie a questo progredire che l’Identità del Granello di Senape si è andata via via formando, chiarendo, evolvendo.

Quando l’11 novembre del 1988 partii per la mia prima missione in Niger, la sola cosa che chiesi ai 98 amici sparsi un po’ dappertutto in Italia, fu quella di condividere con me la missione che la mia congregazione, la congregazione di don Orione, mi aveva affidato. Quindi i primi incontri ed i primi progetti in Niger e anche le prime difficoltà. Poi dal 1989 al 1993 l’incredibile uragano di iniziative in Costa d’Avorio: adozioni a distanza, scuole materne, centri sanitari, piccole cooperative ed altre iniziative economiche. Poi il rientro in Italia nell’estate del ’93; vedere che rapidamente cresceva il numero di coloro che si lasciavano coinvolgere; riflettere sugli errori e sulle conferme e accorgermi che tutte le attività in Costa d’Avorio avevano nettamente preceduto ogni forma di riflessione sull’Identità e sulla Pedagogia. Anzi, non si era ancora sentito il bisogno di costituirsi in associazione, non si era nemmeno sentito il bisogno di formalizzare alcun progetto. Bastava l’amicizia ed il lavoro forsennato di qualcuno a mandare avanti il tutto. L’assemblea annuale fra gli amici serviva solo a dare un quadro più esatto della situazione, ma soprattutto a rinforzare questo legame forte di cui mi sentivo responsabile essendo stato il motore e il collante. Poi nel 1994… il Rwanda con il suo dramma infinito. Nel 1995 parto per Bukavu, in Congo, dove passo 14 mesi con i profughi rwandesi.

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Anche qui progetti mirati: il Centro per handicappati, la casa famiglia di universitari burundesi, le iniziative economiche in due campi profughi. Sempre nel 1995, quasi accidentalmente, il Granello di Senape diventa Associazione. Fine 1996: la tragica e definitiva fuga dei rifugiati nelle foreste congolesi, verso Kisangani. L’inevitabile mio ritorno in Italia con il cuore e lo spirito spezzati, ma una apertura ed un orizzonte sconosciuti fino a un anno prima: quanti scappano dai paesi poveri e vivono difficoltà enormi in Italia! Ed ecco, nel 1998, l’acquisto della Cascina in Bra, provincia di Cuneo che dà accoglienza agli immigrati, e con loro creiamo una comunità. Nel 1998 inizia la storia del Granello di Senape in Rwanda. Nel 1999 il progetto per le prostitute nigeriane, sempre in Bra. Nel 2000 il Granello di Senape del Rwanda germina anche in Congo, nella regione del Kivu. Poi, nel 2002, si sbarca in Madagascar. Poi, finalmente… la pausa. Una lunga pausa per assestare tutto questo terremoto continuo. Una lunga pausa per riflettere su chi siamo, dove andiamo e come camminiamo. E quindi l’acquisizione di una coscienza accresciuta. Il senso di responsabilità è sempre più lucido e acuto. La cura dell’organizzazione diventa più attenta e determinata. Ma la volontà di difendere la semplicità, la spontaneità e la sobrietà costituirono da subito il nostro patrimonio inestimabile, insieme all’impegno costante a riflettere all’interno di tutti questi avvenimenti, a capire il loro nesso, il loro senso, la loro portata di bene e di speranza ed il loro carico di rischi e di errori. Così il continuo far emergere il meglio nelle decisioni prese e nelle azioni intraprese e contemporaneamente il coraggio e la gioia di scoprire quanto di nebuloso, contraddittorio e a volte pericoloso si nascondesse in tutto questo procedere. Per noi, dunque la storia è stata e sarà il “luogo” dove l’Associazione non solo vive, ma si scopre e continua a scoprirsi, si è costituita e continua a costituirsi. LA STORIA È LA PRASSI La storia dunque, come abbiamo appena detto, non è il semplice susseguirsi di fatti o esperienze. Non è l’insieme o la totalità di tutto ciò che il singolo o la comunità vive. La storia è nello stesso tempo senso di ciò che accade e ciò che dà senso a ciò che accade. La storia è l’intrecciarsi ed il saldarsi di azione e riflessione che formano la coscienza. In altre parole la storia è prassi. Alla parola prassi noi non attribuiamo il senso che gli si dà comunemente (agire secondo prassi, è prassi comune). Con la parola prassi – πράχις in greco, noi intendiamo il risultato di una azione che, penetrata e vivificata dalla successiva riflessione, potrà diventare una “azione nuova”. La riflessione consegna alla coscienza della persona un’azione resa più chiara nei suoi aspetti positivi e in quelli negativi, per cui la stessa azione potrà essere modificata dal risultato della riflessione. Ecco che si crea una nuova azione che verrà a sua volta penetrata e vivificata da una ulteriore riflessione, e così via. Con pazienza e con metodo. Con intelligenza e coraggio. Con lucidità e determinazione. In breve: azione + riflessione = prassi = nuova azione + nuova riflessione = nuova prassi, ecc. Per questo possiamo affermare che la storia è costruita e costituita dalla prassi e mediante la prassi. La natura stessa dell’Associazione è costituita dalla sua prassi, ed è verificata dalla sua prassi.

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La prassi, dunque, è il cammino del Granello di Senape, un cammino radicato nel passato, un cammino che nel presente procede verso la meta, verso il sogno, verso l’Utopia; l’Utopia nel senso più profondo e veritiero: il motore, il senso indistruttibile ed imperituro della vita dell’uomo/donna, della comunità, dell’umanità. Infatti per il GdS l’unica meta degna dell’uomo/donna, in quanto essere abitato dall’infinito e sempre teso verso l’infinito, è l’Utopia che ci spinge ad un continuo e consapevole sforzo per costruire la società, il mondo, la Storia fondati e costituiti da verità, giustizia, fraternità. L’Utopia, perciò, rimane sempre davanti a noi, sempre attuabile e mai realizzata, sempre a portata di mano e irraggiungibile. Ma questa meta, questo sogno, questa Utopia nella dura realtà della situazione concreta è offuscata da dubbi, falsi traguardi, errori. Diventa allora più che mai necessario renderla più chiara e raggiungibile tramite una prassi costante, rigorosa, onesta. La storia così intesa è anche l’unico luogo concreto, il solo mezzo possibile, che può rivelare al Granello di Senape se l’Utopia che stiamo costruendo è veramente quella per cui stiamo lottando, se è veramente il Sogno che stiamo tentando di realizzare e per cui stiamo spendendo le nostre risorse e alcuni la propria esistenza. Quindi è dalla sua storia che il Granello di Senape scopre e acquisisce la sua Identità. La storia del Granello di Senape è stata certamente nutrita dalla mia storia e dalla storia dei suoi fondatori. Ma è anche la storia di ciascuno dei suoi membri, singoli o comunità o popoli, che nutre e chiarisce sempre meglio la sua Identità, un’Identità in continuo approfondimento, in continua revisione e definizione. Una Identità che si alimenta costantemente della sua origine e delle situazioni che si succedono, con gli occhi dell’intelligenza e della saggezza puntati verso il Sogno, verso l’Utopia, per la quale viviamo e verso cui camminiamo e che sempre ci deve illuminare, animare e sorreggere.

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LA RADICE DELL’IDENTITA’ E DELL’UTOPIA DEL GdS Qual è la storia che è alla radice del Granello di Senape? Quella che ha guidato i primi passi e che ne ha disegnato gli orizzonti? La storia che ha alimentato la sua prassi e che ne ha confermato, corretto i valori e i metodi? La storia che ha individuato l’Utopia da costruire, il Sogno da realizzare? Ho spiegato come la mia storia e quella di coloro che fin dall’inizio hanno collaborato con me sia la radice da cui ha origine il Granello di Senape e quindi la sua Identità. Perciò è necessario farvi conoscere bene ciò che ha dato e dà senso alla mia storia, sia per capire il GdS nella sua evoluzione, sia perché voi continuiate ad attingere alla mia stessa sorgente. Penso infatti che la conoscenza di ciò che dà senso a questa storia è garanzia che a costituire l’Identità dell’Associazione sarà sempre e soltanto la storia di tutti e di ciascuno, la cultura e la religione di ogni singolo, di ogni comunità e di ogni popolo che si mettano in cammino verso questa meta, questo Sogno che io ho posto come fine ultimo del mio operare e del mio vivere. Ciò che ha dato e dà senso alla mia storia è L’UTOPIA DI UOMO E DI SOCIETA CHE MANO A MANO SI SCOPRE NELLA

ESPERIENZA STORICA DI GESU DI NAZARETH CONOSCIUTA NEI VANGELI,

INTERPRETATA E CONDIVISA NELLA TEOLOGIA DELLA LIBERAZIONE, VISSUTA

NEL COINVOLGIMENTO AMOROSO E SOLIDALE, NELLA STORIA DEI POVERI E

DEGLI ESCLUSI. È questa utopia che mi ha indicato e che mi indica la meta. È questa utopia che ha costituito e costituisce il costante punto di riferimento per ogni mia analisi e confronto dell’adeguatezza di azioni, strumenti, mezzi e metodi per costruirla È l’esperienza umana di Gesù di Nazareth, sono le sue parole, i suoi gesti, le sue relazioni, il suo stile di vita, i suoi ideali, le sue speranze, le sue lotte, le sue amicizie, il suo progetto, la sua morte ed il perché della sua morte. Ecco: per capire l’origine, l’anima e la meta del GdS bisognerà che conosciate e partiate da questa realtà. Partendo infatti da questa realtà ci si aprirà sempre di più alla libertà e alla dignità di ciascuno e di tutti, proprio quella libertà che insegnò e visse Gesù di Nazareth. Partendo infatti da questa realtà diventerà sempre più indispensabile rispettare e imparare dalla storia di ciascuno e dalla storia di ogni popolo, a qualunque religione o cultura appartenga, proprio come insegnò e visse Gesù di Nazareth. Partendo infatti da questa realtà l’uomo/donna, inteso come persona in comunità nel creato diventerà sempre più l’unico centro di interesse del vivere e dell’agire dell’Associazione e di ogni suo membro, come lo fu per Gesù di Nazareth e per la sua comunità. Questa “radice” continuerà ad obbligare il Granello di Senape ad aprirsi a tutte le altre culture, e così l’albero nato dal Granello di Senape potrà dare vita a tanti altri alberi, con frutti diversi, ma armoniosi e complementari, che potranno nutrire persone e popoli i più diversi e i più disparati. Questa è l’esperienza che ho vissuto, che comunico e che voglio continuare condividere. Ho posto fin dall’inizio come sorgente e orizzonte del Granello di Senape l’Utopia di uomo/donna e di società che andavo via via scoprendo nella esperienza storica di Gesù di Nazareth attraverso lo studio appassionato degli autori della teologia della liberazione e della pedagogia degli oppressi. Approfondendo i Vangeli e cercando di viverli in maniera radicale, facendo di Gesù di Nazareth il compagno fedele dei miei sogni e delle mie lotte, ho capito e sperimentato che questa Utopia non poteva appartenere in esclusiva né ad una particolare fede religiosa né ad una sola cultura o civiltà.

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Per questo ho creduto necessario che si ribadisse il concetto di laicità anche nello statuto dell’Associazione. L’Utopia di uomo/donna e di società appartiene all’uomo/donna e all’umanità tutta intera in quanto tali, e non per gentile concessione di qualcuno a qualcun altro, fosse anche una religione. Questa Utopia è intima ad ogni popolo, cultura, religione o civiltà. Indipendentemente dalla fede e dalla cultura, da qualunque fede e da qualunque cultura, l’uomo/donna è uomo e donna in ogni popolo e in ogni umanità, abitato dall’infinito ed in costante e controverso cammino verso l’infinito. Penetrando sempre più nella storia di Gesù di Nazareth e da essa lasciandomi penetrare e guidare, insieme all’associazione ho scoperto e vissuto, con sempre maggiore chiarezza e convinzione, che non esistono altre barriere, steccati, divisioni tra gli uomini, donne, popoli, culture e religioni se non quelle costruite da noi stessi. Ogni uomo, ogni donna, ogni popolo, ogni cultura ed ogni religione sono necessari l’uno all’altro sia per chiarire e capire sempre meglio l’Utopia necessaria alla nuova umanità e al nuovo mondo, sia per trovare mezzi e metodi sempre più adeguati a costruirla. L’incontro con popoli diversi in Africa e nei Balcani; le relazioni intense con uomini e donne e comunità di religione tradizionale, cattolica, protestante, musulmana; la collaborazione con uomini e donne orgogliosi della loro laicità e della loro estraneità a qualunque fede; la lettura di libri o articoli scritti con la sete di solidarietà, giustizia e fraternità, tutto questo ha contribuito in maniera determinante a nutrire e precisare, di giorno in giorno, l’Identità dell’Associazione. Tutto questo, e quant’altro simile a questo accadrà, dovrà ancora e sempre nutrirla e precisarla anche nel futuro. Questa è la storia del GdS fin dai suoi albori. Questa, e solo questa, potrà continuare ad essere la sua storia, se l’Associazione vorrà rimanere fedele alla sua Identità e continuare a renderla sempre più bella, più grande, più autenticamente umana.

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IL SENAPE METAFORA DELL’IDENTITA’ E DELL’UTOPIA DEL GdS Con l’andar del tempo e lo sforzo di approfondimento che ho vissuto in associazione, non senza stupore mi sono accorto che c’è un altro “maestro” da cui imparare, un maestro umile, nascosto, affatto imponente, sconosciuto ai più: la vita del seme e della pianta del senape. È sorprendente vedere come nella Storia del Senape ci sia la maggior parte delle caratteristiche dell’Identità dell’Associazione. Naturalmente il linguaggio qui usato è simbolico, altamente simbolico. Ma io credo fermamente, contro una società esclusivamente razionale, al valore del simbolo. Una società privata della forza e del mistero del linguaggio simbolico è molto meno umana, meno aperta, meno disposta alla vita, alla vita come “dono”.

1. In ogni seme c’è il germe della vita Non è il privilegio di qualche seme in particolare avere in sé il germe della vita, poiché certamente ogni seme, anche il più piccolo, ne è in possesso. Il seme non è debitore con nessuno, se non con la pianta che gli ha dato la vita e con la vita stessa contenuta in esso che attende di esplodere. Ognuno di essi ha in sé l’opportunità di poterla esplicitare ed anche la responsabilità. La vita del senape è in ogni seme per la sua stessa natura di essere seme, ma la vita può nascere e svilupparsi solo quando il seme si apre con fiducia e totalmente, senza trattenere nulla per sé. Se rimane chiuso, se non si apre totalmente, ma trattiene qualcosa per sé, allora il senape non potrà mai nascere.

2. Il seme del senape è talmente minuscolo che se rimane solo non può dar vita alla pianta

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Il seme del senape è estremamente piccolo, anzi, come dice la parabola del Vangelo, è il più piccolo dei semi sulla terra. Quindi non può realizzarsi da solo. Questa piccolezza lo costringe ad avere bisogno degli altri semi. Infatti, perché nasca una pianta di senape è necessario che alcuni semi cadano insieme, restino insieme e collaborino intimamente, donandosi uno all’altro pienamente, fiduciosamente. Per poter fare questo è necessario che ogni seme prenda coscienza della propria piccolezza. Quando infatti si è mossi da questa coscienza, allora ci si sente insufficienti ad agire da soli. Si sviluppa il senso del bisogno dell’altro e si perde la paura di aprirsi e di donarsi. Non ci si sente più padroni della vita, ma servitori e collaboratori. Insomma, solo “sentirsi piccolo e stimarsi come tale” rende il seme degno di essere tale e apre le porte alla nascita ed alla crescita della vita.

3. Ogni seme deve aprirsi agli altri semi e collaborare intimamente con loro Abbiamo appena visto che solo quei semi che riescono ad aprirsi agli altri semi, ad unirsi a loro e a collaborare con loro riescono a dare vita alla pianta del senape e contemporaneamente, a vivere in pienezza la propria dignità di semi. Ora questa apertura, questa unione e questa collaborazione non possono essere temporanee o parziali, altrimenti la pianta ne soffrirebbe o addirittura ne morirebbe; l’unione deve essere totale e definitiva. Si potrebbe affermare che è proprio questa apertura, questa unione e questa collaborazione con gli altri semi a costituire l’identità di ogni singolo seme. Anzi, certamente ne determina il suo stesso esistere. Infatti, qualora si verificasse che un seme non si aprisse e non si unisse agli altri e si rifiutasse di collaborare con loro, esso sarebbe votato alla morte. Cesserebbe di essere seme. Solo “costituendosi in gruppo ed esprimendosi in gruppo” questi semi potranno dare vita ad una pianta. Solo così potranno essere se stessi “in piena dignità”.

4. La pianta nasce e cresce in una precisa zolla Perché la pianta possa nascere e crescere, non basta che i semi cadano insieme, che si aprano, si uniscano e collaborino. Essi hanno anche bisogno di cadere in una stessa zolla, e proprio in quella zolla. Questa zolla ha caratteristiche sue, caratteristiche che non appartengono a nessun’altra zolla, nemmeno alle altre dello stesso terreno. È quella zolla lì che li accoglie e che li protegge. È quella zolla lì che li alimenta, e li alimenta esattamente con quegli elementi che le appartengono, che sono suoi e che mette a disposizione dei semi senza riserve. Senza dubbio sono i semi che danno vita alla pianta, ma è altrettanto vero che è la zolla che permette ai semi di vivere e di fruttificare. La zolla non dà la vita al seme, ma la alimenta costantemente e continuerà ad alimentarla per sempre. È quella zolla concreta (situazione concreta), che fornisce tutti quegli elementi che permettono ai semi e alla pianta di vivere e di continuare a vivere. Possiamo quindi affermare che la zolla, quella zolla, è la mediatrice necessaria ed insostituibile per la vita di quei semi e di quella pianta. Quella zolla è la situazione concreta in cui i semi possono sviluppare il loro essere senape.

5. La zolla ha bisogno del terreno circostante Ma la zolla, che accoglie e nutre con i suoi minerali i granelli del senape, si impoverirebbe ed esaurirebbe ben presto le sue risorse se non ricevesse, a sua volta, l’aiuto e il nutrimento dal terreno circostante. La zolla infatti viene costantemente reintegrata dal terreno circostante dei minerali utilizzati dalla pianta. Essa è naturalmente aperta, anzi, in piena osmosi con le zolle vicine. Questo, però, non sarebbe ancora sufficiente.

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La zolla naturalmente aperta permette alle radici della pianta di uscire e di andare a nutrirsi anche nelle zolle circostanti. Se si chiudesse la pianta presto morirebbe. Ancora una volta è grazie a questa apertura che la vita ha la possibilità di nascere e di crescere. Anzi, potremmo addirittura affermare che ne è la condizione necessaria, costitutiva. E anche questa apertura è senza dubbio una bellissima metafora della necessità di una coscienza chiara ed umile della propria piccolezza e del bisogno dell’altro.

6. Per nascere e crescere il senape ha bisogno anche della pioggia, del vento, del sole Perché dai semi possa nascere la pianta e perché la pianta possa crescere, e crescere bene, quella zolla, pur con tutti i suoi minerali, pur se aiutata e nutrita dal terreno circostante, non è e non può essere sufficiente. I semi rimarrebbero soffocati e morirebbero se non ci fossero la pioggia che scioglie i minerali e permette la “osmosi” tra le varie zolle del terreno. Se non ci fosse il vento che permette al terreno, e soprattutto alla pianta di respirare. Se non ci fosse il sole che dà il calore necessario e sufficiente. Ma la pioggia, il vento, il sole sono elementi che non appartengono a quella zolla, a quel terreno, a quella regione. Non sono nemmeno necessariamente legati a quel territorio e a quella zolla. Sono necessari, assolutamente necessari, ma non appartengono a loro. Essi sono liberi, assolutamente liberi da ogni legame e costrizione. Ed è proprio questa libertà che permette loro di donarsi a tutti. Infatti pur non appartenendo a nessuno, pur venendo da lontano, e non si sa nemmeno da dove, riescono a contribuire in maniera determinante alla vita di ogni singolo seme, di ogni singola pianta. Permettono alla terra, ad ogni zolla, di diventare capaci di dare la vita. Noi sappiamo molto bene cosa accade o cosa accadrebbe se la pioggia, o il sole, o il vento venissero a mancare.

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7. Ogni parte della pianta ha una funzione distinta ma essenziale al bene comune Fin dall’inizio ogni più piccola parte del seme, e poi della pianta, vive ed opera esclusivamente in funzione della pianta. La pianta è il bene comune per cui ogni seme ed ogni pur minima parte della pianta opera. Si può certamente dire che la pianta è il fine stesso per cui ogni seme e ogni parte della pianta esiste. E si può ancora dire che per poter esprimere appieno la propria identità, il proprio essere seme, radice, corteccia, etc, ognuno deve operare sempre ed esclusivamente per il bene dell’intera pianta. Anche la cura di se stesso è in funzione del bene della pianta, anzi, più una singola parte è se stessa e sviluppa se stessa, più l’intera pianta ne trae beneficio. Non c’è una cellula o una parte che non collabori con le altre, che non viva in funzione delle altre, che non abbia come scopo il solo bene comune che è costituito dalla pianta. Se una cellula non ne fosse più capace vorrebbe dire che essa è malata, e può diventare pericolosa per la stessa pianta, e quindi o viene espulsa dalla pianta stessa, o viene asportata dal contadino, o la pianta rischia di ammalarsi La pianta è costituita dall’insieme delle sue parti e da ognuna di esse, e per vivere e crescere bene ha bisogno che ognuna svolga il suo compito specifico senza confusioni o scambi, senza demandare nulla e senza nulla accaparrarsi. Ciascuna con la sua responsabilità specifica, “personale”.

8. Ogni parte della pianta, anche la più piccola è senape a pieno titolo

Anche se con funzioni diverse e più o meno necessarie, le radici e le foglie, il tronco e i rami, i fiori ed i frutti, tutto è senape, senape a pieno diritto.

Non tutte le funzioni hanno la stessa importanza, certamente. Nessuno può dubitare che la radice ed il tronco sono più necessari dei singoli rami. È chiaro che i rami portanti sono più importanti dei piccoli, anche perché li sostengono e sono il canale del loro alimento. E’ naturale pensare che le foglie che rimangono sull’albero per tanto tempo contribuiscano alla vita della pianta più di quelle foglie che cadono dopo qualche giorno. Ma nonostante questo, nessuno può negare che ogni rametto, ogni fiore, ogni foglia, ogni frutto sono a pieno titolo senape, come lo sono le radici, il tronco, i rami portanti. Insomma, la funzione è diversa ma la dignità è uguale, anzi, più la parte della pianta ha una funzione è importante, più è al servizio della vita di tutte le parti della pianta, a partire dalle più piccole e, si potrebbe dire, marginali.

9. Lasciar cadere i propri semi perché possano nascere altre piante Innanzitutto è importante dire che la pianta del senape ricalca il senso della “piccolezza” proprio come il seme. Infatti il massimo dell’altezza che una pianta di senape può raggiungere è di quattro metri e poco più, un niente di fronte ai veri alberi. Ma è soprattutto interessante notare come l’azione più importante che il senape compie sembra essere quella di moltiplicarsi. Ogni pianta, infatti, lascia cadere attorno a se i semi in maniera talmente abbondante che, come succede per le canne, il senape si moltiplica facilmente e rapidamente. Sembra quasi che per la pianta del senape la gioia più grande non sia produrre il frutto, ma moltiplicarsi, dare vita ad altre piante. È come se il senape non potesse e non sapesse vivere da solo. È come se dare vita ad altre piante fosse la sua vera natura. È come se “fare famiglia” fosse il suo principale scopo. È come se non potesse raggiungere il suo scopo se non costituendo un gruppo, una comunità.

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10. Intrecciandosi con quelle vicine diventa più forte

Le piante del senape si moltiplicano stando molto vicine una all’altra, tanto vicine che i rami, di per se deboli, diventano più forti sostenendosi l’un l’altro. Il loro stare vicino assume così il senso di aiutarsi una con l’altra, un aiutarsi, però, senza mai sopraffarsi, senza mai un dominatore ed un dominato. La loro forza, dunque, viene da questo moltiplicarsi e da questo unirsi e collaborare, rimanendo piccoli e confidando sugli altri, senza paura o diffidenza alcuna. Grazie a questo il senape può, come dicono le parabole del Vangelo, dare soccorso e ombra a un numero incredibile di uccelli. Questo moltiplicarsi non è un semplice essere di più, un inutile diventare tanti, ma è uno stare insieme in funzione di altri, uno stare insieme per servire i vari bisogni degli uccelli che in loro trovano riposo, ombra, casa.

11. Ogni uccello arriva e la pianta lo soccorre

Il senape non ha un servizio programmato per accogliere gli uccelli che arrivano, e non discute con loro sulle modalità o i tempi del servizio. Il senape si contenta di mettere a disposizione tutto ciò che è e quello che ha. Sono gli uccelli stessi a decidere come servirsene, a seconda dei loro reali bisogni. Quando hanno bisogno di riposarsi la utilizzano per questo. Quando sentono il bisogno di un po’ di ombra si nascondono tra le sue foglie, cinguettando e spostandosi continuamente in piena gioia e libertà. Se giudicano il senape capace di sostenerli costruiscono il nido dove vogliono. E quando gli uccelli decidono di andarsene, il senape non sta lì a chiedere un pur tenue grazie, ma è felice di aver reso un servizio, umile che sia. Ed è felice di vedere gli uccelli andarsene per piroettare nel cielo o per volare lontano, ebbri della loro libertà. Una libertà a cui, anche se minimamente, anche il senape ha contribuito.

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LE CARATTERISTICHE DELL’IDENTITÀ GDS RISIEDONO NELLA SUA UTOPIA PREMESSA Da quanto detto fino ad ora risulta chiaro che le caratteristiche dell’Identità del Granello di Senape derivano strettamente dall’Utopia di uomo/donna e di società di cui abbiamo parlato: una Utopia che nasce e cresce nella sua storia e nella storia dei suoi membri. Una Utopia che simbolicamente si realizza nella storia del seme e della pianta del senape, come abbiamo visto nel capitolo predente. Il Granello di Senape, perciò, per sua natura è impegnato a vivere, pensare ed agire (tutto ciò costituisce la sua prassi) esclusivamente per realizzare l’Utopia. Per il Granello di Senape non dovranno mai esistere “progetti in quanto progetti o attività in quanto attività”, ma solo progetti e attività come strumenti in funzione della Utopia da costruire. Ciò che veramente conta non è se il progetto è bello e fatto bene, ma soprattutto se è efficace al raggiungimento degli scopi suggeriti dall’Utopia, dal Sogno Gds. L’Utopia e la sua costruzione dovrà essere il costante criterio di verifica del progetto e delle attività, nella loro interezza e nei loro particolari. Ora provo ad illustrare l’Utopia del Granello di Senape. Certamente sarà impossibile comunicare il turbinio di sentimenti, ricordi e speranze che questo suscita in me, ma cercherò di farlo brevemente e chiaramente. Divido l’argomento in tre parti: UTOPIA DI UOMO/DONNA, e cioè l’uomo e la donna come li sogno ; UTOPIA DI SOCIETÀ, e cioè il mio sogno di società umana; UTOPIA DI GRANELLO DI SENAPE, e cioè l’Associazione del mio sogno. 1. UTOPIA DI UOMO/DONNA L’uomo/donna che vuole impegnarsi a vivere e realizzare l’Utopia GdS nel suo vivere quotidiano deve sforzarsi di interiorizzare i seguenti sentimenti e concetti e crescere confrontandosi costantemente con essi:

� L’occhio di misericordia E’ l’atteggiamento da cui parte ogni analisi, ogni giudizio e decisione all’interno del GdS. Avere l’occhio di misericordia, che possiamo chiamare anche “benevolenza”, non sfocia assolutamente in un “buonismo” di bassa lega. La benevolenza, la misericordia, è un sentimento forte, e per i forti. La benevolenza è il sentimento che ci nutre e ci accoglie fin dalla nostra concezione. Tutto il corpo della madre è in azione benevola o di misericordia verso il nuovo arrivato, si mette totalmente al suo servizio con impegno ed organizzazione, fin dal suo concepimento. Per assumere un occhio di misericordia, per diventare radicalmente benevoli, bisogna impegnarsi ad un lavoro costante su te stesso che spesso ti porta anche a prendere decisioni che, a prima vista, non rispondono al tuo interesse personale. La benevolenza, o misericordia, è il sentimento che ci porta a guardare chiunque, in ogni situazione, con amore per il solo fatto di essere uomo o donna. Questo sguardo benevolo, questo sguardo di misericordia è la chiave che spiega la vita di Gesù di Nazareth, il suo insegnamento ed i suoi sentimenti. L’occhio di misericordia permette di partire sempre in maniera positiva, soprattutto nei casi in cui si devono prendere decisioni che possono essere forti o dolorose, perché non si ferma alla superficie di chi ti sta di fronte, ma lo penetra nel profondo della sua inalienabile dignità. L’occhio di misericordia elimina ogni rischio di pregiudizio, annulla ogni possibile ostacolo o barriera e permette di dialogare e di agire in tutta onestà, sempre per il bene comune. L’occhio di misericordia permette a chiunque di scoprire che chi ti sta di fronte è altro da te stesso, un altro necessario alla propria felicità e al proprio esistere.

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� L’altro come “altro” Dire che ogni uomo e ogni donna sono “altro” significa affermare che la dignità, la libertà, la responsabilità è contemporaneamente personale e comunitaria. È affermare che nessuno ha il diritto di sottomettere qualcun altro e di servirsene per il proprio interesse. Nessuno, se e quando prende sul serio il proprio essere uomo/donna, può vivere da solo, perché l’altro è sempre e comunque di fronte a te, indipendentemente da te; è quell’interrogativo che mette perennemente in discussione la propria identità e la propria dignità, e le libera dall’angusto confine dello mero e sterile interesse personale. Se ogni uomo e ogni donna sono “altro”, essi appartengono solo a se stessi, sono irriducibili a qualunque potere, umano o divino che sia. E se ognuno di noi è “altro”, allora non solo ciascuno ha il diritto di poter costruire e sviluppare la propria persona, le proprie qualità, ma ha anche il dovere di collaborare perché ciò possa accadere anche per gli altri. Se ognuno è “altro”, allora il rispetto verso ciascuno e verso tutti non è semplicemente un dovere, ma è il sentimento che nasce e cresce in ogni relazione. Se ognuno è “altro”, allora significa che la dignità è intima e inalienabile. Se ognuno è “altro”, allora la propria dignità di uomo/donna è essenzialmente irriducibile a qualunque tentativo di possedere o di opprimere. Se ognuno è “altro”, la propria dignità dipende strettamente e contemporaneamente dalla crescita personale e dalla crescita degli altri, coscienti che la piena realizzazione di se stessi potrà accadere solo quando anche “l’altro” potrà, tramite la mia collaborazione, realizzarsi pienamente.

� cosciente Naturalmente riuscire a vedere e sentire chiunque ci sia di fronte come “altro” non è la cosa più semplice e naturale di questo mondo, non è scontato. È un principio ed un sentire che sono frutto di un lavoro, di un cammino personale e comunitario fatto di riflessione e di azioni giuste. C’è bisogno di un lungo e talvolta tenace lavoro per liberare la propria coscienza, perché solo da una coscienza liberata nasce una maggiore consapevolezza. È infatti la coscienza che distingue l’uomo/donna dal resto del creato. È grazie alla coscienza, che l’uomo/donna diventa capace di trasformare l’ambiente circostante adattandolo a se, rendendolo partecipe della propria storia, dando vita non ad una semplice serie di accadimenti, ma ad una vera e propria “storia”. Sappiamo però che la coscienza viene influenzata fin dal seno materno. La mamma, il papà, la famiglia, poi l’ambiente, la cultura, la religione, la tradizione, la scuola, la mentalità corrente, i mass media: tutto influisce sulla coscienza. Tutto questo può avere una influenza positiva o negativa a seconda se liberano la coscienza della persona, se l’aiutano a diventare adulta ed autonoma, oppure se la legano a concetti e valori esterni ad essa, o addirittura contrari alla libertà e alla dignità umana. Per essere davvero coscienti bisogna sapere bene dove si vuole arrivare ed utilizzare i mezzi consoni ed efficaci per arrivarci, e la dignità dell’uomo/donna dipende strettamente dalla dignità della meta che ci si prefigge. Per questo c’è bisogno di liberare la coscienza dai vuoti e spesso distruttivi sogni di cui spesso dono vittime a causa della propaganda, della tradizione, della paura. Dalla liberazione e dalla crescita della coscienza dipende la liberazione e la crescita della dignità dell’uomo/donna.

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� libero La naturale conseguenza della liberazione e della crescita della coscienza è che ogni uomo e ogni donna diventano sempre più liberi. La dignità si manifesta proprio nella continua crescita della libertà: libertà di coscienza, di pensiero, di religione, di decisione. Più si conquistano spazi di libertà, più si diventa uomo/donna. La libertà consiste innanzitutto nella consapevolezza di ciò che è bene e di ciò che è male, di ciò che fa crescere e di ciò che indebolisce l’umanità che c’è in ciascuno e, di conseguenza, nella capacità di decidere coerentemente per ciò che è più degno per l’uomo e per la società. Quindi per il GdS l’uomo/donna ideale è quello che vive in una consapevole e costante azione di liberazione dalle catene sociali, economiche, culturali, religiose e politiche che oscurano, feriscono o annientano la dignità personale e comunitaria e nella costante volontà che essa cresca e maturi. La libertà consiste nel cammino cosciente e paziente teso a costruire, insieme con tutti gli altri, un’umanità nuova ed una politica liberata e liberante, una religione liberata e liberante, una cultura liberata e liberante, un’economia liberata e liberante.

� responsabile e corresponsabile La libertà di cui abbiamo parlato sopra non è la falsa libertà di poter fare qualunque cosa, ma e’ quella libertà che rende l’individuo consapevolmente responsabile del proprio cammino di umanizzazione di se stesso, della società e dell’ambiente. Di fronte all’essere e al divenire mio e della società, la responsabilità di renderli sempre più degni dell’uomo/donna è personale, è mia, soltanto ed unicamente mia: non la posso delegare a nessuno. Ma è ovvio che non può esistere una pur minima responsabilità senza la libertà, come non può esistere la pur minima libertà senza un acuto senso della responsabilità nei confronti di se stesso, degli altri, della vita. Questa responsabilità appartiene a tutti, è diritto e dovere di tutti, è uguale per tutti. Per questo la responsabilità individuale è, contemporaneamente e necessariamente, responsabilità sociale : è corresponsabilità. Io sono e divento sempre più “uomo/donna” se sono capace di assumere questa responsabilità e di viverla di conseguenza insieme agli altri. Come già detto, il concetto ed il sentimento dell’altro verificano continuamente la responsabilità assunta o tralasciata, vissuta o abbandonata, perché l’altro, che lo si voglia o no, è sempre di fronte a noi come un punto interrogativo sul mio comportamento, sul mio favorire o ritardare il cammino dell’umanità verso la sua piena realizzazione

� in ascolto Quando l’incontro con un’altra persona diventa l’incontro con l’altro, il primo ed inevitabile atteggiamento è quello dell’ascolto. Un ascolto attento, rispettoso, desideroso di capire fino in fondo “l’altro”, quello che “l’altro” è, quello che “l’altro” pensa, quello che l’altro ha da dire perché lo si ritiene importante, arricchente, necessario alla propria e comune crescita. Ma il primo “altro”, il più irriducibile ai miei schemi e al mio possesso, quello che si staglia davanti a me con spietata nitidezza per chiedermi conto della mia responsabilità nei suoi confronti è il povero, il piccolo, è l’escluso. A loro è stato tolto persino il diritto alla parola. Loro sono i senza voce costretti a lasciar parlare il dolore e lo smarrimento, a lasciar urlare la sete di giustizia e di verità.

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Queste parole e queste urla che riempiono il silenzio della storia, di ogni storia, l’uomo/donna GdS deve saperle ascoltare, con atteggiamento di profonda umiltà, guidato dallo sguardo benevolo e di misericordia. Analizzando la storia di Gesù di Nazareth si rimane letteralmente sconcertati dalla sua scandalosa libertà, dalla disponibilità e capacità di ascoltare tutti: ricchi e poveri, potenti e deboli, religiosi e peccatori. Ma ancor più sconcertati si rimane nel costatare che questa libertà, disponibilità, capacità di ascolto gli deriva dalla sua evidente e provocatoria predilezione per i disprezzati (la donna samaritana, l’indemoniato di Gerasa, la donna Cananea, il pubblicano Zaccheo), per quelli che, secondo la legge di Mosè erano stati condannati a morte, quindi senza più diritto di parola e di vita(la donna adultera, il buon ladrone). L’uomo/donna GdS, dunque, sa che la propria capacità di mettersi in ascolto è misurata dalla intensità e sincerità con ci si mette all’ascolto dei poveri, i più veri ed efficaci maestri di vita.

� In dialogo Ma l’ascolto di uno solo non può fondare una vera relazione umana. Perché l’ascolto sia proficuo deve essere reciproco. Dall’ascolto reciproco nasce il dialogo vero. Quando reciprocamente ci si pone in atteggiamento di ascolto profondo e rispettoso, allora, si può arrivare al dialogo liberante e costruttivo. L’Utopia del Granello ci guida ad un uomo/donna capaci di dialogare rispettosamente con chiunque. Il dialogo vero richiede sincerità di espressione chiara e totale della propria idea, capacità di ascoltare fino in fondo l’idea dell’altro, senza alcun interesse di far prevalere un’ idea o l’altra, senza paura di mettere in gioco il proprio prestigio o la propria reputazione, ma solo e sempre con l’interesse verso la verità e il bene comune. Non ha alcuna importanza che si faccia come dico io o che si faccia come dici tu; l’unica cosa che conta è il maggior bene comune ricercato insieme. Il dialogo vero, perciò, è ricerca sincera e amorevole di che cosa costituisca il maggior bene comune o della persona che si ha davanti, e di come lo si possa raggiungere meglio insieme.

� Dalla parte degli ultimi Come abbiamo visto sopra, “l’altro” con cui confrontarsi e con cui dialogare, l’altro da rispettare e valorizzare è soprattutto e innanzitutto il piccolo, il povero, l’emarginato, quello che per la mentalità comune conta zero o meno di zero. Per colui che sceglie il cammino GdS i poveri, gli ultimi devono piano piano diventare il punto di partenza della riflessione e dell’azione, la prassi, il termine di paragone con cui confrontare il proprio stile di vita, le proprie scelte politiche, religiose, economiche. In qualunque occasione e di fronte a chiunque la nostra preferenza non può non andare agli ultimi, indipendentemente dal dalla loro storia e dal loro comportamento, anche se sempre tesi a proporre un cammino di liberazione e valorizzazione della propria dignità personale e sociale. Il Granello di Senape crede, insieme ai teologi e ai filosofi della Liberazione, insieme a tanti scrittori, pensatori e politici di ogni continente, che la storia, quella vera, quella che attraversa i secoli e costruisce l’umanità, è quella costruita dagli ultimi, da coloro di cui non si sente la voce, da coloro a cui è stato rubato il diritto alla parola. È dal basso che si costruisce la storia, le sue fondamenta, il suo percorso, ed è a questa storia che l’uomo/donna GdS vuole partecipare e contribuire.

� piccolo Ciascuno di noi rispetto all’infinito che ci abita e alla coerente e cosciente ricerca di fargli spazio è infinitamente inadeguato.

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L’uomo/donna GdS è consapevole della propria piccolezza, del proprio limite; sa di avere assoluto bisogno degli altri. Sa che la collaborazione degli altri non è strategica o utile, ma necessaria. La coscienza del proprio limite diventa una occasione preziosissima di apertura, di valorizzare se stessi valorizzando gli altri. Valorizzare le piccole cose, tutte quelle piccole cose di cui è ricco il nostro vivere quotidiano, ci porta a saper utilizzare mezzi e strumenti piccoli, adeguati ai piccoli e ai poveri con cui abbiamo scelto di lavorare. Questo ci porta anche a praticare quella politica dei piccoli passi che è una caratteristica fondamentale della prassi del Granello di Senape. Il piccolo è il valore di partenza che coinvolge tutto il pensiero e l’azione GdS.

� sociale In ogni individuo risiede la massima dignità, ma ognuno può diventare uomo/donna di una comunità solo con una comunità. Il massimo del bene individuale lo si può raggiungere esclusivamente nel massimo del bene comunitario. Ci sembra assurdo lavorare per il bene comune non tenendo conto del bene personale, ed il suo contrario. Non esiste un cammino di umanizzazione vera dell’individuo se non è inserito in un cammino di umanizzazione della comunità e dell’ambiente, e l’umanizzazione inizia e si concretizza nel mondo delle relazioni. Le relazioni davvero umane possono umanizzare una famiglia, una comunità, un popolo e le relazioni umane tra comunità possono dare vita ad una società giusta e fraterna. Le relazioni umane tra popoli possono eliminare oppressione, miseria, violenza. Le relazioni davvero umane possono salvaguardare l’ambiente come bene prezioso per se stessi e per le generazioni future.

� solidale E’ il caso di soffermarsi a spiegare cosa significa solidarietà. E’ ben altro dalla beneficenza o dalla generosità. L’essere solidale è colui che crede che il bene comune parta dal bene degli ultimi e dei più deboli, è colui che pensa che la comunità degli uomini è tale solo quando gli abissi che separano vergognosamente gli “ultimi” dai “primi” diminuiscono e spariscono. L’essere solidale non fa beneficenza ai poveri, non diventa generoso con i poveri, ma si mette

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al loro fianco, dialoga con loro senza pregiudizi, con loro crea le condizioni per un autonomo cammino di liberazione, lasciando che siano loro stessi i veri protagonisti;

� sobrio

Per essere sociale e solidale l’uomo/donna deve necessariamente vivere con sobrietà. Come riusciamo a vedere l’altro detentore dei diritti fondamentali se dissipiamo i beni e le risorse che di per sé sono di tutti? Come facciamo a consumare risorse ben oltre i nostri bisogni, mentre “l’altro” non arriva nemmeno a soddisfare i bisogni primari? Come fa l’essere sociale a coprirsi di futilità, quasi sempre dannose, mentre la gran parte dell’umanità non possiede nemmeno lo stretto necessario? L’uomo/donna solidale sa che il suo tenore superiore di vita è reso possibile solo da una iniqua distribuzione delle ricchezze. Non si può non essere sobri se si vuole davvero vivere ed esprimere la propria dignità. Quando si diventa consapevoli dell’atroce ingiustizia per cui i ricchi diventano sempre più ricchi a danno dei più poveri che per questo diventano sempre più poveri, si diventa per forza sobri. Quando si prende coscienza che le abbondanti ricchezze sono rapinate al bene comune dei popoli, per alimentare i privilegi di pochi, non si può non vivere sobriamente. La sobrietà, insomma, è un atto di giustizia, un riconoscimento dei diritti degli altri, per un serio e coerente cammino di liberazione.

� unico centro di interesse Per noi del GdS ogni uomo e ogni donna, ogni comunità e ogni popolo è al centro di ogni attenzione e di ogni interesse, iniziando dai più piccoli, dai più poveri, dagli oppressi, dagli emarginati. Il GdS opera affinché ogni politica, cultura, tradizione, religione, economia, ponga al centro dell’interesse l’uomo, la donna, le loro comunità, con tutta la dignità che si portano appresso. E quando esse non promuovono la dignità di ciascuno, nella dignità della comunità, del popolo e dell’ambiente, esse sono oppressive, sono necrofile, sono disumanizzanti. Operare per il cambiamento è dunque necessario ed urgente, ovunque, con la massima lucidità e determinazione. Per questo il GdS e tutti i suoi membri si sentono impegnati in un costante e faticoso cammino di liberazione di se stessi e della società. Costruire la nuova umanità in cui l’uomo/donna diventi il centro della storia è il più grande servizio che il Granello di Senape è chiamato ad offrire.

2. UTOPIA DI SOCIETÀ Non può esserci Utopia di uomo/donna senza un’Utopia di società, una società:

� giusta Il Granello di Senape si impegna a costruire una società in cui regni la giustizia, quella vera, quella che parta dal rispetto e dalla valorizzazione di ciascuno a cominciare dai più piccoli e poveri. La giustizia è tale quando ogni uomo e ogni donna vengono messi nelle condizioni di vivere una vita degna, umana all’interno della propria comunità, del proprio popolo, della propria cultura e religione. La giustizia è tale quando viene eliminato ogni genere di privilegio e ogni genere di esclusione, quando nessuno è sopra nessuno e nessuno è sotto nessuno.

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La società è giusta quando è costantemente ed efficacemente impegnata in un cammino di liberazione degli strati più poveri, più disagiati, per portare il popolo ad essere realmente popolo. La società è giusta quando riconosce che il malessere di una persona è un malessere sociale da risolvere. Quando anche il mondo della cultura, la religione, la politica, l’economia si impegnano a risolvere. Ciascuno nel suo ambito e in armonia con gli altri verso lo stesso fine.

� solidale La società solidale è quella che attraverso comportamenti, leggi e opportunità offerte sa mettersi al fianco degli ultimi senza altisonanti clamori, sforzi propagandati, o tenui iniziative che hanno il sapore di “quelle cose” che si debbono fare per atto di beneficenza. Si creerebbero soltanto forme di dipendenza.. La solidarietà invece è riconoscere il diritto di ciascuno a vivere in maniera degna e autonoma, diritto che ogni società deve non solo rispettare, ma favorire, creando le condizioni perché questo avvenga. Sapersi mettere accanto agli ultimi, anzi, avere proprio la loro sete di giustizia e percorrere il loro cammino di liberazione è essenziale per una società che afferma la giustizia come suo elemento fondante. La società solidale è quella che facendosi piccola coi piccoli e debole coi deboli, riesce a porre nei suoi interventi la massima attenzione per utilizzare metodi e strumenti adeguati a loro, coerenti con il concetto di solidarietà sopra espresso;

� fraterna La fraternità è un sentimento che deriva dalla consapevolezza che tutti e ciascuno “ci apparteniamo”, che l’idea di “famiglia umana” non solo non è astratta o sentimentalista ma è essenziale allo sviluppo corretto di ciascuno e di tutti. Nessuno può diventare uomo/donna da solo. L’umanità che vive in ciascuno di noi per crescere ha bisogno di riceverla dagli altri e di comunicarla agli altri, per diventare ricchezza comune, e questo può accadere solo in un sistema di relazioni fraterne. Una società fraterna è affettuosamente e delicatamente attenta ai bisogni e alle speranze di ciascuno, soprattutto dei più deboli. Una società fraterna conosce il perdono e ne fa uno strumento necessario di crescita. La società fraterna ama e ricerca la verità, ben sapendo che solo rapporti fondati sulla verità possono essere rapporti fraterni. Caratteristica della fraternità è la ricerca costante del bene comune, sentire che il bene proprio è tale solo nel bene e con il bene degli altri. Per questo una società fraterna fa della condivisione di ogni bene, non solo economico, la sua prassi abituale. Insomma, una società fraterna è quella che, con leggi di giustizia ed atti di solidarietà, costruisce la civiltà dell’amore;

� pluralista Proprio perché ogni essere umano ha in se tutta la dignità di uomo/donna, tutta la dignità e la responsabilità di “essere altro”, la società non può non essere pluralista. Ogni tentativo di massificazione, di omologazione uccide la dignità umana alla sua radice. Una società veramente umana è quella impegnata a creare le condizioni perché tutti e ciascuno possano esprimere al meglio le loro peculiarità, in piena libertà e autonomia, sempre radicati e unificati nel proprio “essere sociali”.

Il rispetto e la valorizzazione di ogni diversità, di ogni cultura, di ogni religione sono tratti fondanti e fondamentali della società sognata e voluta dall’Associazione.

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Questo è possibile solo se nella società vige la cultura del dialogo, cultura che si fonda sulla capacità di ascolto dell’altro. Solo una società in cui ognuno si senta cittadino rispettato e a casa sua, dovunque e con chiunque, è una società umana.

3. UTOPIA DI GRANELLO DI SENAPE Credo che valga la pena riconfermare il fatto che l’Identità del GdS è una Identità in movimento, una Identità che cresce e si precisa grazie al costante confronto con la “sua radice fondamentale” e con le sue molteplici e attuali radici, una identità alimentata dalla storia di ogni persona, comunità e popolo che entrano nella vita e nei progetti del GdS. Il Granello di Senape cercherà sempre di esprimere le caratteristiche di questa Utopia nella vita associativa, nelle più piccole e semplici attività, anche nel suo stesso organizzarsi, negli strumenti e nei mezzi che vengono usati e nella vita personale dei soci. Per essere fedele alla sua storia, per comunicarla e farla crescere, per continuare con sempre maggiore efficacia e senso di responsabilità a costruire con i più piccoli e deboli l’Utopia di Uomo/Donna e di una Società diversi, più umani, più liberi, il GdS deve:

� sentire ogni uomo e donna, ogni comunità e popolo, come “altro” In ogni sua relazione, in qualunque luogo o con ogni popolo, sia il membro GdS che l’Associazione, dovranno sempre rammentare il concetto che costituisce il fondamento dell’Identità GdS ossia che ognuno è “altro”. Questo, naturalmente, comporta un conseguente carico di rispetto e di responsabilità sia negli atteggiamenti che nelle azioni o per meglio dire, nella prassi. E’ il comportamento personale dei membri del GdS che dovrà testimoniare cosa per noi significa che ogni persona è “altro”. Ma l’Associazione dovrà fare molta attenzione affinché ogni iniziativa o progetto, in tutte le sue componenti, siano guidati sempre da questo principio;

� non identificarsi con nessuna cultura, religione, partito Abbiamo già detto che il Granello di Senape fonda le sue radici nella mia storia, in quella dei primi membri dell’Associazione, come in quella degli ultimi arrivati, e come queste storie continuino a diventare radice necessaria e costruttiva per la vita ed il futuro dell’Associazione. Ma anche ogni azione, parola, scritto, storia di ogni uomo che lotti e soffra per la dignità e la libertà umana e per il bene comune, anche questo diventa radice essenziale per il GdS. Non è necessario per il Granello di Senape identificarsi in una cultura, religione o partito, perché per sua natura è aperta a tutte le culture, religioni e partiti che operano in favore della Utopia di uomo/donna e di società in cui noi crediamo. Nello stesso tempo, però, il Granello di Senape è un’associazione profondamente politica e profondamente spirituale, laddove spirituale significa credere che ogni uomo e ogni donna sono individualmente e comunitariamente al di sopra di ogni altro valore materiale, ben al di là di ogni particolarismo culturale, religioso o politico, e che quindi costituiscono l’unico centro di ogni interesse;

� essere la casa di tutti e di ciascuno Ciò che ci unisce in una unica casa ed in una unica famiglia è l’Utopia di uomo/donna e di società. Il Granello di Senape vuole essere sempre più e sempre meglio la “casa di tutti”. Nel GdS ciascuno si deve sentire non solo a suo agio, accolto e valorizzato, ma deve anche sperimentare profondamente che la sua storia viene accolta e vissuta come ricchezza dell’associazione intera e come contributo importante alla crescita della sua identità. Tutti debbono avere la possibilità di poter approfondire, attraverso l’associazione, la propria diversità culturale e religiosa, affinché venga messa al servizio del cammino di liberazione di ogni uomo e di ogni donna.

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� credere nella unità e nella collaborazione

Se la diversità è un fattore di ricchezza del Granello di Senape, l’unità ne è la massima espressione e tutta l’azione del GdS deve essenzialmente mirare a creare l’unità. L’unità di cui parliamo non è una unificazione massificante e alienante; è un’unità che nasce dalla collaborazione, si nutre della collaborazione e crea collaborazione. Io l’ho appreso direttamente dall’insegnamento e dalla storia di Gesù di Nazareth ed anche dalla storia del GdS. Anche il senape mi ha fatto da guida. Chi può negare che la pianta del senape è unita, anzi “una”? Chi può negare che ogni parte della pianta collabora, secondo la sua particolarità al bene e all’unità della unica pianta? E se tutti e ciascuno trovassimo la nostra realizzazione a collaborare alla crescita dell’unica umanità a cui apparteniamo, non avremmo una società assolutamente diversa? Questo il Granello di Senape lo applica nella realizzazione delle attività e dei progetti; io auspico che coloro che vivono ogni giorno la vita dell’associazione lo applichino anche nella vita quotidiana. Prendendo allora spunto dalla pianta, possiamo dire che: 1. la radice la identifichiamo con coloro che della spiritualità e dell’Utopia del Gds fanno la

luce e la forza della loro vita: diventano soci e testimoni, costruiscono e vivono gruppi e comunità, utilizzano il loro tempo libero per far crescere le attività dell’associazione, diffondono la spiritualità, partono come volontari internazionali;

2. il tronco sono quelli che diventando soci e lavorando in gruppo, portano avanti le attività e i progetti del GdS, anche se non a tempo pieno, cercano di vivere profondamente la spiritualità e diffondono nel territorio la conoscenza della spiritualità e delle attività del GdS;

3. i rami portanti li possiamo identificare con coloro che diventano soci dell’associazione, partecipano alla vita e alle attività dei gruppi, collaborano regolarmente alle varie attività e ne promuovono la conoscenza;

4. i ramoscelli sono quanti aderiscono ai vari progetti con il loro aiuto economico, diventano soci, fanno l’adozione a distanza, inviano offerte regolari, leggono regolarmente la nostra rivista, partecipano agli ideali del GdS e saltuariamente collaborano a qualche attività;

5. le foglie sono tutti coloro che ci seguono con simpatia, che ci incoraggiano, che leggono il nostro giornale, che fanno una pur piccola offerta, che diventano adottanti anche se non ne approfondiscono il significato;

6. i frutti invece sono il progressivo cambiamento del nostro stile di vita, sono i gruppi e le comunità GdS che nascono, i progetti ed i benèfici cambiamenti che questi portano nella vita e nell’ambiente d’azione, sono le attività di rete che segnano le lotte per la giustizia e la verità, sono la diffusione del nostro Sogno tramite l’informazione e la formazione, sono le coscientizzazioni e le sensibilizzazioni che avvengono tramite noi.

7. le altre piante le identifichiamo in tutti i nuovi membri e i gruppi che nascono in Italia e all’estero, e che insieme formano la grande foresta dove “tutti gli uccelli”, a partire da noi stessi, trovano rifugio, conforto, riposo;

� attivare e moltiplicare le responsabilità

In questa paranoica e schizofrenica società dei consumi,. in questo particolare parossistico momento in cui il neo liberismo si impone all’intera umanità con tutte le forze, i mezzi militari, economici, politici, mediatici, religiosi. il povero, soprattutto, è “l’altro”. Il fatto che ogni persona, e soprattutto il povero, sia “altro”, significa che lui per primo detiene il massimo della dignità umana e gli inalienabili diritti che ne conseguono. Far crescere questa dignità è il cammino quotidiano di chi ha interesse a diventare uomo/donna ed è il cammino della nostra associazione, affinché anche il povero percorra la strada della crescita della dignità, che lo fa diventare sempre più cittadino del mondo, con senso di responsabilità

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personale e desiderio di umanizzare la propria vita e il proprio ambiente, una responsabilità che non deve delegare a nessuno, mai.

Il Granello di Senape vuole creare le condizioni perché ciascuno possa crescere nel senso di responsabilità. A questo scopo, nell’organizzazione interna e nelle varie attività e progetti, decentriamo le responsabilità organizzative e gestionali. Anche i poveri del mondo che fanno parte della nostra associazione e lavorano nei nostri progetti, essendo contemporaneamente destinatari e interpreti, conoscono questa assunzione di responsabilità. Così la spiritualità e le attività dell’associazione diventano responsabilità di tutti, anche dei poveri, e se ne fa esperienza, non solo a livello emozionale o per senso di appartenenza, ma perché la si vive direttamente. Perciò sia a livello generale che territoriale, sia a livello di Gruppi GdS, che nella organizzazione e nelle attività e progetti, la moltiplicazione e la molteplicità delle responsabilità si esprime nell’agire ovunque in piccoli gruppi, che nella loro grande e operativa autonomia, agiscono costantemente in rete;

� Pensare, agire ed esprimersi in gruppo o in comunità Il gruppo è il modo naturale e primordiale di esprimersi del Granello e di quanti vi aderiscono. Come abbiamo visto la stessa pianta del senape non nasce se non da un lavoro di gruppo di molteplici semi. Di per se, quindi, ogni attività dell’Associazione è portata avanti da gruppi di lavoro. Ma c’è molto di più. Pensare e agire in gruppo, per i membri del Granello di Senape, non potrà mai limitarsi alla pura funzionalità dell’attività, ma è auspicabile che penetri e orienti ogni ambito della vita quotidiana: la famiglia, il lavoro, il tempo libero. Questo cammino di impegno per la costruzione della Utopia di uomo/donna e di società ci deve spingere a far vivere anche nelle Comunità GdS la gioia di condividere problemi e speranze intime, gioie e dolori profondi, a orientare il quotidiano e le scelte più importanti; allora l’Identità del Granello diventerà guida e criterio di verifica costante anche del nostro stile di vita;

� essere essenzialmente territoriale ed operatore di cambiamento Come può il Granello di Senape, una volta che è presente in numero consistente e in una forma adeguata, non interessarsi delle situazioni di dolore e di ingiustizia presenti in quel territorio? Come può non comunicare e testimoniare, proprio là dove si trova, l’Utopia che lo anima? Come può non lottare contro una mentalità ed uno stile di vita antiumano fatto di divisioni e di esclusioni, privilegi e ingiustizie? È come se più semi di giustizia, di verità e di solidarietà cadessero insieme nello stesso terreno: la pianta che nasce, se i semi sono sani e pieni di vita, non potrà che essere una pianta che porta frutti di giustizia, di verità, di solidarietà, proprio là dove nasce e a disposizione di chi vi abita intorno. Se l’adesione al Granello è convinta, inevitabilmente si forma il gruppo e con la politica dei piccoli passi si comincia ad intervenire sulle problematiche del territorio. Inevitabilmente ci si coinvolge al cambiamento del proprio territorio, pur minimo che sia, affinché diventi più accogliente, più umano, più relazionale. Inevitabilmente si entra in rete con le autorità locali, con gli organismi e le associazioni che operano in tal senso; così si diventa veramente cittadini del proprio territorio, non solo in termini anagrafici.

� partecipare ai problemi, alle speranze e alle lotte dei poveri e degli oppressi

Cittadini del proprio territorio, quindi, e cittadini del mondo. Le piante di senape vivono di “sole, acqua, vento” che provengono anche da paesi e continenti lontani.

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Fuori dalla metafora, nessun gruppo e membro GdS, se vuole vivere davvero fino in fondo lo spirito dell’Associazione, non può fare a meno di interessarsi del cammino di lotta per la giustizia e la verità che i poveri e gli oppressi perseguono in ogni regione del mondo. Lotte più o meno organizzate. Lotte più o meno silenziose o pubblicizzate. Le angosce e le sofferenze, le oppressioni di cui sono vittime i poveri del mondo… le speranze, i successi e le liberazioni di cui essi sono protagonisti… sono anche nostri, tanto più se i media se ne disinteressano, tanto più se i potenti del mondo se ne dimenticano! Sono talmente anche nostri, da rendere prioritario rafforzare e radicare la nostra presenza innovatrice dove già esiste, in quelle regioni del sud del mondo, depredate ed impoverite. Questa partecipazione deve spingerci a diffonderci ovunque l’oppressione, la guerra e la ingiustizia schiacciano le popolazioni sotto pesi insopportabili; laddove la criminale civiltà dei consumi e liberista diffonde come veleno dolce e saporito, il vuoto morale e civile, il disastro economico e ambientale. Vogliamo unirci a coloro che conducono queste battaglie anche a distanza, con il nostro stile di vita: comprare con oculatezza e risparmiare, non sprecare e riutilizzare. Vogliamo testimoniare la nostra solidarietà investendo in danaro e risorse per affiancare le popolazioni locali alle comunità di volontari. Vogliamo operare sempre più in rete, non solo con quelle associazioni o organismi che già lo fanno, sia in Italia che nei paesi dove operiamo, ma ci adoperiamo perché nascano là dove non ci sono ancora. Cercheremo di fare sempre più attenzione a quali fonti di informazione attingiamo, alla provenienza di ciò che compriamo, dove collochiamo i nostri risparmi e come li investiamo. Cercheremo perciò di prendere parte attiva a tutte quelle iniziative in campo economico e politico che perseguono una economia ed una politica giusta ed equa;

� essere in costante confronto con la storia GdS, quella di ogni suo membro e quella degli altri per una identità sempre più precisa, ampia e profonda Un cammino ha sempre in sé il punto di partenza ed il suo perché, una meta verso cui tende ed il suo perché. Questo cammino continuo dell’identità del GdS, come ogni cammino ha bisogno di tappe e di verifiche continue. Ogni tappa entra a far parte costitutiva della storia. E’ fondamentale durante questo cammino scoprire e valorizzare tutti i maestri che mano a mano si incontrano: persone, culture, religioni, scrittori, esperienze positive, fallimenti. Ogni religione e corrente filosofico/letteraria dovranno, dal momento dell’incontro, diventare per noi ricchezza comune, allargarci gli orizzonti, permetterci di chiarire ancor di più metodi e finalità del GdS, perchè ogni membro ha il diritto/dovere di contribuire all’approfondimento e alla precisazione dell’Identità. Tutti sono importanti, anzi necessari, proprio perché il Granello di Senape è un cammino in cui accade la liberazione della dignità dell’uomo/donna e dei più poveri. Questo può avvenire solo se viviamo la nostra storia in quanto futuro misterioso “Altro” che arriva per essere umanizzato;

� essere in cammino con i poveri per una liberazione integrale Come detto sopra, il Granello di Senape partecipa coscientemente ed attivamente alle sofferenze, alle speranze ed alle lotte degli ultimi della terra e di tutti coloro che si uniscono per costruire un mondo più giusto, più fraterno, più solidale. E’ necessario che ogni membro attivo dell’Associazione sia sempre più cosciente di questo e faccia della propria vita il luogo dove accade la liberazione e con cui la testimonia. Bisogna impiegare la massima cura perché ogni nostro progetto ed attività cerchi di favorire la liberazione integrale della persona, una liberazione culturale, religiosa, politica, economica.

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La liberazione integrale è possibile solo se ognuno se ne fa responsabile primario e attivo. Perché questo accada il rispetto e la valorizzazione delle diverse culture e tradizioni diventa fondamentale. Questo rispetto deve guidare ogni decisone dell’Associazione; ogni progetto ed ogni attività tenga conto dei ritmi dei destinatari che devono essere anche protagonisti fin dal nascere del progetto, anzi, fin dal formarsi dell’idea del progetto. Il Granello di Senape deve sempre più diventare un semplice “compagno di cammino” di quei poveri che decidono il cammino di liberazione. Per questo la crescita della consapevolezza e della responsabilità personale e comunitaria sono ormai i punti fondamentali di ogni progetto GdS, anche di quelli più specifici. Sempre per questo il GdS pone la massima attenzione anche alla crescita spirituale e religiosa delle persone e dei popoli che ne esprimano il desiderio;

� vivere tra i poveri con risorse e strumenti il più sobri possibile per essere pienamente solidali con la comunità e rispettosi dell’ambiente in cui agisce Ogni aspetto e azione del Granello di Senape deve testimoniare l’Utopia che lo anima, perciò la scelta dei mezzi e degli strumenti utilizzati nei progetti, nelle attività e nelle relazioni debbono essere costantemente confrontati con l’Utopia stessa. Ora è chiaro, come abbiamo visto sopra, che la sobrietà nei mezzi e negli strumenti è una necessaria forma di rispetto per i poveri e gli esclusi, ed è allo stesso tempo necessaria a costruire il Sogno Gds. Non si può pensare di camminare con i poveri scalzi e con i piedi gonfi, affiancandoli seduti in comode macchine. Non si può pensare di condividere il dolore degli affamati ritornando da lauti pranzi. Agire con le proprie forze e trovare le proprie risorse è caratteristica essenziale della dignità e dell’autonomia dei popoli. Ovunque il GdS si troverà ad agire, insieme alle popolazioni che partecipano al progetto e che fanno parte esse stesse del GdS, saprà che è necessario che i popoli per essere autonomi devono diventare protagonisti del progetto ed essere valorizzati nelle proprie forze e nelle proprie risorse.

CONCLUSIONE L’UTOPIA DI UN MONDO NUOVO: SORGENTE, CAMMINO E META DI OGNI “PRASSI” L’Utopia di uomo/donna e di società del Granello di Senape è l’anima, la vita, l’ispirazione dell’Associazione, dei suoi membri e dei suoi progetti.

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Lo deve essere in ogni momento, in ogni passaggio ed in ogni situazione. La prassi, come abbiamo visto sopra, deve diventare il modo normale di agire del GdS. La prassi, correttamente intesa ed intensamente e coraggiosamente vissuta è la strada, il metodo scelto dal Granello per realizzare il “sogno”, la “Utopia”. La prassi implica necessariamente fatica, revisione, cambiamenti a volte coraggiosi. La prassi esige un impiego costante di energia, di intelligenza, di chiarezza, e quindi esige un punto di riferimento ed un orizzonte certi, verso cui andare, nseppur irraggiungibili. Infatti, ogni volta che si opera un cambiamento umanizzante, l’Utopia viene realizzata, ma allo stesso tempo arretra, poiché attende per realizzarsi un altro cambiamento e così via, quasi un gioco d’amore eterno. Questo noi lo sappiamo e questo noi vogliamo, senza stancarci mai. Perché sappiamo che questo percorso infinito è il cammino della vita, che produce amore, giustizia, verità.

PEDAGOGIA

PARTE PRIMA: PRINCIPI FONDPARTE PRIMA: PRINCIPI FONDPARTE PRIMA: PRINCIPI FONDPARTE PRIMA: PRINCIPI FONDAMENTALIAMENTALIAMENTALIAMENTALI

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PREMESSA

La pedagogia ci guida e ci insegna a compiere le nostre scelte e a individuare gli strumenti da utilizzare per raggiungere l’Utopia.

Questa parte dell’opuscolo è frutto di una riflessione teorica basata sui testi della pedagogia

dell’oppresso di Paulo Freire e dei teologi della liberazione, e soprattutto sulla riflessione scaturita dalla nostra esperienza. Una riflessione sulle difficoltà incontrate e sulle cocenti e dolorose sconfitte. Ma anche una riflessione che è stata il frutto di scoperte, di gioie intense sperimentate nei momenti di comunione tra di noi e soprattutto con i poveri e gli oppressi, con cui faticosamente tentiamo un cammino di liberazione. Ma iniziamo dalla fine, dal punto di arrivo, cioè dalla dignità umana, la dignità dell’uomo/donna in una comunità, sapendo che per noi l’arrivo è sempre una nuova partenza secondo il metodo della prassi.

LA DIGNITÀ UMANA COME ORIZZONTE/UTOPIA Cerchero’ di esplicitare tutta la ricchezza conquistata con la nostra riflessione e la nostra azione, ossia con la nostra πράχις – prassi, attraverso queste tre affermazioni:

a) L’Utopia che il Granello di Senape cerca di realizzare in ogni momento, in ogni luogo della sua storia è la dignità umana, nella sua interezza e nella sua pienezza.

b) L’Origine e l’Orizzonte di ogni riflessione del Granello di Senape è la dignità umana, nella sua interezza e nella sua pienezza.

c) Il Luogo da cui parte e verso cui tende ogni attività del Granello di Senape, di qualunque

genere essa sia, è la dignità umana, nella sua interezza e nella sua pienezza.

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Ma che cosa e’ la dignità umana, nella sua interezza e nella sua pienezza? considerato il peso, la profondità e la vastità delle tre affermazioni. Non è certamente il caso di fare qui un trattato sulla dignità umana. Mi limitero’ a sottolineare alcuni aspetti che per il GdS risultano essenziali ed irrinunciabili.

1. Per chi crede nel Dio Creatore e Padre di tutti popoli, la dignità umana di ciascuno e di tutti è quella di figlio di Dio, luogo e tempo in cui la presenza di Dio è chiamata ed ha il diritto a rivelarsi.

2. La dignità umana appartiene radicalmente ad ogni uomo e ad ogni donna, in qualunque

continente viva, a qualunque popolo, cultura, religione appartenga.

3. Nello stesso tempo la dignità umana nasce, si radica e si sviluppa in una comunità. 4. La dignità umana ha come destino e come compito la costruzione di una umanità fraterna,

giusta e solidale.

5. La dignità umana per essere piena deve essere integrale, e cioè deve comprendere tutti gli

aspetti della vita umana: corporei, economici, sociali, morali, religiosi. culturali. 6. L’unica possibile mediazione che può rivelare e autenticare il realizzarsi della dignità umana è

il mondo, l’ambiente, la situazione concreta nel suo cambiamento costante, cambiamento che può avvenire solo in un cammino di umanizzazione per il bene personale e comune.

7. Umanizzazione dell’ambiente significa lotta per trasformarlo perché possa offrire, ai singoli e

alla comunità, opportunità a raggiungere maggiore libertà, maggiore rispetto, maggiore armonia, maggiore giustizia, maggiore verità.

Ogni uomo, ogni donna, ogni popolo hanno il diritto di usufruire delle condizioni migliori per

sviluppare la propria coscienza e vivere la propria vita in piena dignità e libertà. Ciascuno, ogni comunità e ogni autorità, ha la responsabilità di lavorare perché il proprio ambiente e la propria cultura, le proprie leggi e la propria religione testimonino e contribuiscano a questo cammino di umanizzazione, in un clima schietto e sincero di accoglienza, di fraternità e di solidarietà, in cui le diversità siano vissute come fonte di bellezza e di arricchimento reciproco. L’ALTRO IN QUANTO “ALTRO”: RESPONSABILITÀ E CORRESPONSABILITÀ Come per l’Identità, il principio fondamentale da cui la pedagogia del GdS muove, è la profonda convinzione che ogni uomo e ogni donna è l’altro, un altro che si pone di fronte a me, a noi nella sua alterità, nella sua costituzionale irriducibilità. L’altro per essere e svilupparsi ha bisogno di me, di noi, altrimenti non esisterebbe come altro, ma solo come parte, importante o meno, di me di noi, o di un fantomatico e ideologico tutt’uno. Quando l’altro è un uomo o una donna offeso, calpestato, annientato nel suo essere uomo/donna, la mia responsabilità nei suoi confronti diventa evidente, stringente, cogente: l’altro e’ come se mi gridasse: “Caino, Caino, dov’è tuo fratello?”. Noi del GdS crediamo che questa responsabilità sia essenziale e costitutiva dell’essere uomo/donna, e di ogni società. Crediamo che sia personale e non delegabile. Che sia prioritaria in ogni societa’.

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Gesù di Nazareth, Gandhi, Che Guevara e tantissimi altri famosi o sconosciuti ci hanno esortato a vivere questa responsabilità con coerenza e passione, anche quando ci sembrano a rischio quelli che chiamiamo i nostri interessi personali, anche quando possa essere a rischio la nostra stessa vita. Noi crediamo che una società potrà chiamarsi “umana” quando la cultura, la religione, la organizzazione e le leggi saranno il motore e l’espressione di questa responsabilità. Il senso di corresponsabilità ci spinge ad unirci a tutti gli altri uomini e organizzazioni che cercano sinceramente di costruire il nostro “Sogno”, il sogno dell’uomo nuovo, il sogno di una società–umanità finalmente fraterna, giusta e solidale, in cui ognuno costituisca la sponda ideale per la realizzazione piena di tutti e di ciascuno. LA PEDAGOGIA DEL CAMBIAMENTO PER REALIZZARE L’UTOPIA La Pedagogia che animerà e guiderà il Granello di Senape sara’ sempre una Pedagogia che permetta di camminare costantemente con i più poveri e gli oppressi, con “l’Altro”, che li aiuti a diventare i protagonisti del duro cammino di costruzione dell’Utopia di uomo/donna e di società che abbiamo delineato nell’Identità. Non solo. Mossi dalla convinzione che è la Storia il luogo dove gli eventi testimoniano e verificano la verità, il Granello di Senape sarà costantemente impegnato ad una verifica costante della sua Pedagogia, per renderla sempre più adeguata alla sua Identità e sempre più efficace nell’opera di umanizzazione delle persone, della società, dell’ambiente. Per questo applicherà con attenzione e rigore il metodo della πράχις-prassi. Guidera’ e animera’ ogni azione e ogni progetto dal suo nascere al suo realizzarsi, in una verifica continua. Ma questa pedagogia deve anche essere l’anima, l’ispiratrice della vita personale di quei “Granelli” che credono fermamente nella Utopia GdS e che davvero vogliono costruirla. Diversamente in essi si verificherebbe una frattura esistenziale, una evidente schizofrenia: mentre si collabora con l’Associazione per un cambiamento umanizzante della società e dell’ambiente, non si fa altrettanto per la propria persona ed il proprio modo di esistere, diventando evidentemente contraddittori. Vale costruire il “Sogno GdS” seppure in un faticoso cammino dai risultati spesso alterni, partecipi in prima persona di questo cammino, parte integrante e fondamentale dell’opera di cambiamento, testimoni autentici dei piccoli o grandi risultati. Questo vale soprattutto per chi, nel GdS, assume incarichi di responsabilità che mettono in gioco il volto, l’Identità dell’Associazione. Questo, ancora di più, vale per chi opera con le persone, le comunità e i popoli impoveriti ed oppressi. PRINCIPIO PEDAGOGICO FONDANTE Questo è il Principio Pedagogico Fondante del Granello di Senape: Noi siamo certi, anche contro ogni apparenza storica, che l’oppresso solo può capire e costruire l’uomo libero e la società giusta e solidale, perché l’oppresso solo, sperimenta fino in fondo l’annullamento della libertà e le conseguenze drammatiche dell’ingiustizia e dello sfruttamento.

Stando a quanto detto fino ad ora, il “motto” fondamentale della Pedagogia del Granello di Senape e quindi, della propria azione, diventa la prassi di liberazione delle comunità e dei popoli oppressi. Le analisi e riflessioni che sui cammini e le lotte di liberazione fanno i pensatori e gli scrittori diventano per noi essenziali. Tra di essi citiamo i teologi della liberazione, i seguaci della pedagogia degli oppressi di Paulo Freire, gli interpreti del teatro dell’oppresso di Augusto Boãl. Su questa linea diventano nostri amati maestri tanti studiosi e scienziati che in ogni parte del mondo, assetati di giustizia e verità, scrivono immergendosi con amore e rabbia nelle viscere dei popoli feriti e umiliati e che accompagnano il loro anelito di libertà e dignità soffrendo e lottando con loro.

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Per cui non ci può essere autentico Granello di Senape senza una continua informazione e riflessione sulle lotte di liberazione, per lo più silenziose o meglio, “silenziate”, che ovunque i poveri e gli oppressi portano avanti. Sono queste lotte di liberazione, il testo base su cui il Granello di Senape come Associazione e come individui, studia e confronta il proprio stile di vita e di intervento, il proprio metodo e le proprie scelte.

Lasciamo che il cammino di liberazione dei popoli oppressi ed impoveriti metta costantemente in discussione la nostra identità e la nostra pedagogia, le nostre azioni e i progetti. Lasciamo che alimenti la Storia dell’Associazione, e che si materializzi il processo di umanizzazione della società e dell’ambiente attraverso la πράχις - prassi liberatrice dei poveri e di chi con loro condivide la sete di giustizia e di verità, di amore e di solidarietà.

PARTE SECONDA: PEDAGOGIA DELLA PERSONAPARTE SECONDA: PEDAGOGIA DELLA PERSONAPARTE SECONDA: PEDAGOGIA DELLA PERSONAPARTE SECONDA: PEDAGOGIA DELLA PERSONA

PREMESSA

La pedagogia GdS è prima di tutto “pedagogia della persona”. Il primo luogo dove dobbiamo applicare la Pedagogia GdS per un cambiamento che miri alla costante realizzazione dell’Utopia, è la persona umana: sono io, siamo noi, noi come Granello, noi come membri di una comunità e di un popolo, noi cittadini di uno stato. Bevendo al nostro pozzo, come direbbe Gustavo Gutierrez, uno dei fondatori della teologia della liberazione, imparando, cioè, dalla nostra stessa Storia, individuale e comunitaria, impareremo che non si può cambiare il mondo, la società, le regole, se prima non cambia l’individuo, la persona, noi stessi, io stesso.

Il mondo umano, la società umana, l’ambiente umano sono costituite dal rapporto tra le persone e dal rapporto delle persone con il proprio ambiente. Il mondo di cui io, noi facciamo parte è il mondo con cui io, noi intrecciamo relazioni. Sono la natura e la qualità di queste relazioni che indirizzano il cambiamento della società e dell’ambiente verso l’umanizzazione o la disumanizzazione.

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Noi siamo le sorgenti e gli autori di queste relazioni. Noi dunque, e solo noi, possiamo essere, o meglio diventare, la fonte e gli autori del cambiamento. Questo, perciò, ha come conseguenza che io, che noi dobbiamo diventare il primo soggetto/oggetto dello sforzo di cambiamento. Come potranno mai cambiare le relazioni tra di noi se noi stessi non cambiamo? Come possiamo costruire un mondo dalle relazioni diverse se non cambiamo le relazioni tra di noi? Per operare come Granello bisogna prima cercare di “essere Granello”. Perché il Granello operi come Granello bisogna che noi stessi diventiamo Granello: come individui, come gruppi, come comunità, come Associazione. Ci aiuteranno questi atteggiamenti:

� L’OCCHIO BENEVOLO E DI MISERICORDIA Tutti siamo d’accordo nell’affermare che la cosa più importante nella vita di un uomo e di una donna è amare ed essere amati. Tutti sappiamo che la vita dipende dall’amore, nasce dall’amore, e per chi crede, finisce nell’amore. Però constatiamo che troppo spesso l’amore viene messo in secondo piano, preferendo la ricchezza, l’orgoglio, attanagliati dalla paura di soffrire e di vivere coerentemente quanto l’amore esigerebbe. Tutti abbiamo sperimentato, sia da bambini che da adulti, il piacere o il dispiacere che produce in noi quando veniamo guardati con occhi di amore o con indifferenza, o peggio ancora, con odio. Tutti sappiamo che il meglio di noi stessi lo diamo quando siamo incoraggiati, quando ci sentiamo capiti, quando siamo guardati con occhio amorevole. Tutti abbiamo gustato la dolcezza e la forza incredibile che produce il perdono reciproco e sapere di essere accolti con i nostri limiti.

Per questo il Granello di Senape crede che la benevolenza, la misericordia sia il sentimento necessario per un comportamento davvero umano ed umanizzante. Senza la benevolenza, la misericordia, qualunque relazione partirebbe da una posizione non pienamente né profondamente umana. La benevolenza non e’ un atteggiamento buonista o remissivo, anzi! Per avere l’Occhio

benevolo e misericordioso bisogna avere coraggio, pazienza, intelligenza, padronanza di se. Per avere un Occhio benevolo e di misericordia bisogna avere la costanza di cercare sempre la soluzione positiva. Per avere l’Occhio benevolo e di Misericordia bisogna avere la certezza che nell’altro c’è una ricchezza da scoprire, che è necessaria anche per la propria crescita. La benevolenza e la Misericordia è l’unico modo di guardare chiunque altro senza alcuna pregiudiziale se non quello di una prioritaria simpatia. La benevolenza è l’unico atteggiamento che mi permette di pormi di fronte a chiunque altro in ascolto semplice e positivo. La benevolenza e la misericordia è l’unico modo per poter creare quello Spazio Pedagogico così necessario al dialogo costruttivo.

� LO SPAZIO PEDAGOGICO

Lo spazio pedagogico consiste semplicemente nel lasciare che le parole ed il pensiero di colui con il quale si sta dialogando fluiscano interamente verso di noi, senza nessun ostacolo da parte nostra. Spazio pedagogico significa porre l’atteggiamento di ascolto positivo come pregiudiziale del dialogo.

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Lo spazio pedagogico permette all’altro di esprimere la sua idea interamente e di sentirsi accolto e ascoltato per quello che dice effettivamente, e non in base a pregiudizi o precedenti. Per creare lo spazio pedagogico bisogna guardare l’altro con occhio benevolo e di

misericordia, ma anche possedere una grande capacità di distaccarsi dalla persona che si ha di fronte, per concentrarsi positivamente su quanto essa sta dicendo.

� L’ASCOLTO Colui che si mette di fronte all’Altro con Occhio benevolo e di Misericordia e che sa creare lo spazio pedagogico, inevitabilmente inizia la sua relazione con un atteggiamento di ascolto, l’ascolto dell’Altro in quanto “Altro”. Non un ascolto qualunque, semplicemente attento. Un ascolto dell’altro come “Altro” implica la messa in gioco delle mie certezze, dei miei parametri, del mio stile di vita quotidiano, del mio attuale essere uomo o essere donna. L’ascolto che deve caratterizzare il rapporto del GdS con gli altri, deve essere permanente, totale, fondante ed esistenziale.

1. Permanente, perché il mio essere pienamente uomo/donna ed il mio poterlo diventare sempre di più, dipende da questo atteggiamento di ascolto. Dunque, se voglio essere coerente non posso essere in ascolto ad intermittenza. Non posso esserlo a volte sì e a volte no a seconda delle occasioni che vivo o delle persone che ho di fronte a me. Questo significherebbe che una parte della mia persona non partecipa al cammino di umanizzazione di me stesso. Sarebbe un caso di schizofrenia. 2. Totale • per scoprire se nel nostro pensare, decidere, agire, esistano atteggiamenti e metodi

caratteristici dell’oppressore, così da poter lavorare per liberarsene; • l’ascolto delle voci del povero e dell’oppresso e di chi ne condivide le lotte e le speranze,

per poter capire con più chiarezza e poter con-(i)struire con più efficacia ed onestà il loro e nostro sogno, il sogno, appunto, di un Uomo/Donna e di una umanità liberi e degni;

• l’ascolto dell’ambiente, affinché la storia, la geografia, la cultura, le leggi e le tradizioni della comunità in cui si vive e con cui si agisce sia sempre fondamentale per ogni riflessione, decisione e revisione che riguardi la nostra e la loro vita.

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3. Fondante, perché il mio stesso essere “Altro” si fonda sul riconoscere come tale, e cioè come “Altro da me” chi mi sta davanti, e nel dargli la possibilità di manifestarlo. Se il mio ascolto mi fa aprire in piena libertà, se il mio ascolto da’ la possibilità all’altro di manifestarsi completamente così come egli è e non come io penso o voglia che sia, solo allora questo incontro accade, allora il mio stesso essere “Altro”, il mio essere uomo/donna accade senza menomazioni.

4. Esistenziale, quando l’ascolto diventa una stile di vita e si realizza nell’esperienza giornaliera, nutriamo e diamo sempre maggiore consistenza alla nostra crescita umana. Mano a mano che acquistiamo questa capacità possiamo rompere i limiti delle nostre certezze e delle nostre ignoranze, possiamo allargare gli orizzonti del nostro pensare e del nostro agire.

IL CAMMINO LUOGO E METODO DEL CAMBIAMENTO Nell’ottica di realizzare l’utopia del GdS capita che si possano compiere fughe in avanti, o pensare che stiamo proponendo grandi ma impossibili ideali. La sfiducia e lo scoraggiamento si impadroniscono allora anche di chi davvero ce la mette tutta, anche di chi ha il coraggio di investirsi totalmente in quest’avventura. Allora dobbiamo trovare l’anello di congiunzione tra la realtà, dura, imprevedibile, complessa e la teoria affascinante, che potrebbe, però risultare irraggiungibile. La paura di perseguire l’impossibile è naturale. Se il sogno sembra troppo lontano e irraggiungibile spesso la sconfitta è l’inevitabile e naturale epilogo dell’avventura. Possiamo evitare che questo accada? La risposta è molto semplice, molto naturale, alla portata di chiunque. La risposta è nella consapevolezza che questo cambiamento non può accadere che in un cammino. Anzi, possiamo affermare che è proprio il cammino in quanto cammino il vero, unico e possibile luogo e metodo del cambiamento, luogo e metodo della progressiva e mai esaustiva realizzazione dell’utopia. In effetti la stessa parola metodo significa proprio questo. Essa deriva dal greco “µέτα οιδός”, che significa “nel - attraverso - al di là del cammino”. Dalla teoria alla pratica, dalla pratica alla teoria è il faticoso, quotidiano cammino di liberazione che siamo chiamati a percorre quando decidiamo di “diventare uomo/donna” e di costruire una comunità di uomini/donne. Il cammino, per essere vero e autentico, deve tenere conto della: • Situazione e storia personale.

Non vi può essere un cammino uguale per tutti, né in senso fisico, né in senso culturale, né in senso morale. Chi ha praticato la montagna ha sicuramente sperimentato il fatto che lo stesso sentiero, la stessa strada, con la stessa lunghezza e la stessa pendenza, ciascuno li affronta, li percorre e li patisce in maniera diversissima. Influiscono il proprio stato di salute, ed anche lo spirito e le circostanze. Influisce il fatto che si cammini da soli o in compagnia, e con chi si cammina. Influiscono le motivazioni e gli obiettivi. Se questo vale per una cammino fisico, ancor di più vale per un cammino che coinvolga lo stile di vita, le scelte, la costruzione di una Utopia. Qui entrano in ballo la propria storia, l’educazione ricevuta, i sentimenti, l’ambiente circostante e i suoi condizionamenti, la profondità delle convinzioni, il proprio credo, e così via. È indubbio che ciascuno che intraprenda questo cammino di cambiamento per costruire l’Utopia di uomo/donna, nella propria persona e nel proprio territorio, fa sempre i conti con

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se stesso, tiene nella giusta considerazione i propri limiti e il peso della propria storia e del proprio inconscio. Se il metodo e la politica dei piccoli passi è fondamentale per le attività ed i progetti del Granello di Senape, tanto più lo è nel cammino di liberazione di se stessi;

• Situazione e storia dell’altro.

Sappiamo quanto sia duro mettersi in cammino e perseguirlo e quanto sia raro che accada, vale anche per ogni altro con cui entriamo in relazione. La consapevolezza della varietà meravigliosamente misteriosa dei cammini personali, ci fa essere con gli altri estremamente delicati, capaci di attenzione e di comprensione. Evitiamo inutili e dannosi pregiudizi. Evitiamo di guardare tutti alla stessa maniera, di parificare una situazione all’altra, di aspettarci da tutti gli stessi risultati negli stessi tempi. E rendiamo modificabili gli obiettivi e le tappe da noi stabiliti. Non quantifichiamo l’impegno e la riuscita del cammino dell’altro solo dal numero e dalla consistenza dei risultati. Una cosa è certa. Se riuscissimo ad assumere metodologicamente lo stile di vedere l’altro come una persona

in cammino vorrebbe dire che siamo già nel cammino di liberazione, stiamo superando i limiti che ci chiudono in noi stessi e stiamo abbattendo i muri che ci separano dagli altri; siamo vicini a conquistare nuovi spazi di comprensione e siamo capaci di volgere lo sguardo pieno di benevolenza e di misericordia;

• Situazione e storia dell’ambiente circostante.

In una “Pedagogia del Cammino” l’ambiente circostante, naturalmente, gioca un ruolo fondamentale. Diventa allora necessario dotarsi, per quanto possibile, degli strumenti culturali e scientifici che ci permettano di conoscere la storia, le tradizioni e le leggi, saper leggere la situazione e il territorio con le sue difficoltà e le potenzialità, saper valutare l’influenza della natura e della economia locale sulle persone e sulla comunità.

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Noi crediamo, come detto tante volte, che il mondo è l’unico intermediario tra l’uomo e la verità, per questo non si può entrare in una relazione onesta e sincera con qualcuno, senza tenere conto del mondo in cui vive, un mondo sempre complesso e condizionante. Questa “pedagogia dell’ambiente” come tutta la “pedagogia del cammino”, ci invita, anzi, ci obbliga ad un atteggiamento di profonda e sincera umiltà, a guardare l’altro sempre e comunque con un occhio di misericordia.

PARTE TERZA: PEDAGOGIA DELL’INTERVENTOPARTE TERZA: PEDAGOGIA DELL’INTERVENTOPARTE TERZA: PEDAGOGIA DELL’INTERVENTOPARTE TERZA: PEDAGOGIA DELL’INTERVENTO

PREMESSA

La Pedagogia dell’Intervento ci permetta di agire, dovunque e con chiunque, in maniera coerente ed efficace. Il mondo, come abbiamo ripetuto varie volte, è l’unico mediatore di verità. È la situazione reale che viviamo, e come la viviamo, l’unica possibilità per verificare se crediamo veramente o no in quello che diciamo, se siamo coerenti o no con quello in cui affermiamo di credere. Per cui la parola autentica che il Granello di Senape pronuncia e verificabile sempre è il suo comportamento, il suo intervento, il suo progetto. Ogni intervento e ogni progetto, come il comportamento personale dei suoi membri, per essere autenticamente GdS e coerente con la sua Identità e Pedagogia dovrà sempre partire dai principi che sotto elenchiamo, principi che dovranno essere attuati in tutto il percorso dell’intervento: dallo studio del territorio alla analisi, dalla progettazione all’attuazione dell’intervento, dalla verifica dell’intervento alla possibile sua conclusione. 1. PRINCIPI DI AUTENTICITÀ E COERENZA

1.1 SCOPO FONDAMENTALE: L’UOMO/DONNA COME PERSONA IN CAMMINO VERSO LA PIENA DIGNITÀ IN UNA COMUNITÀ

Lo scopo fondamentale di ogni intervento o progetto GdS, è sempre la persona che ha il pieno diritto e la piena responsabilità di camminare verso la sua liberazione piena, per una piena umanizzazione, umanizzazione che può accadere solo in e con una comunità. Bisogna allora che il Granello di Senape, sempre e ovunque, accetti l’immane fatica di non agire mai sulla massa e con la massa, ma di porre una estrema attenzione affinchè ogni persona, per quello che è e per quello che può, possa usufruire delle condizioni migliori per mettersi in cammino. Nello stesso tempo, e con la stessa attenzione, ogni azione deve mirare al bene comune e coinvolgere la comunità. L’intervento o il progetto devono essere già nella loro ideazione e struttura, una scuola di comunità, uno strumento di formazione alla responsabilizzazione verso il bene comune.

1.2 IL GRUPPO

Il Gruppo, la Comunità sono, è evidente, la migliore e più coerente espressione della Identità e della nostra Pedagogia. Essi non solo costituiscono la migliore maniera per vivere lo spirito dell’Associazione, ma ne sono anche un prioritario strumento di azione. Pur nella assoluta consapevolezza della necessità del cammino sempre personale è innegabile che ogni membro del Granello dovrebbe tendere, più prima che poi, a trovarsi in gruppo e a lavorare in gruppo. Il lavoro di gruppo è una caratteristica essenziale della presenza del Granello sul luogo, con un determinato progetto. Solo in casi eccezionali o di pura emergenza si potrà concepire un

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intervento che non sia preparato e condotto da un gruppo, ma questo, sempre provvisoriamente.

1.3 PARTIRE DAGLI ULTIMI Gli ultimi, e gli ultimi tra gli ultimi, debbono essere i beneficiari ed i protagonisti di ogni intervento GdS, qualunque sia la dimensione e la durata. Con essi, nel pieno rispetto della cultura e delle tradizioni locali, il GdS fa l’analisi dei bisogni, la progettazione, la messa in opera e la revisione. In alcune culture e secondo molte tradizioni gli ultimi non contano. In troppe comunità le decisioni le prendono sempre e comunque “i grandi”. In troppi luoghi i potenti si arrogano addirittura il diritto di pensare al posto dei “deboli”. In troppi casi ai piccoli e agli oppressi è addirittura negata la possibilità della parola. E questo, purtroppo, anche tra i poveri stessi, anche tra gli stessi oppressi. Basta pensare alle donne. Basta pensare ai portatori di handicap. Ebbene nelle regioni dove i poveri e gli oppressi non contano il Granello di Senape, dovrà fare in modo che i poveri più poveri fin dall’inizio siano della partita, siano coinvolti alla pari degli altri per poi, piano piano, diventare i protagonisti. Infatti, come già affermato, siamo più che convinti che la vera Storia, quella che attraversa i tempi e realizza passo passo l’Utopia, può partire solo dal basso, può realizzarsi solo se si pensa e si opera dal basso.

1.4 SVILUPPO DELLA COSCIENZA ED EDUCAZIONE POPOLARE DI PAULO

FREIRE In ogni intervento o progetto, di qualunque genere esso sia, il GdS mira innanzitutto allo sviluppo responsabile della coscienza di tutti coloro che operano nel progetto. Coscienza personale e coscienza comunitaria. Coscienza forte del proprio insostituibile ruolo per la costruzione e la crescita del bene comune. Coscienza che solo nel bene comune può esistere e sviluppare realmente e armonicamente il bene personale e familiare, comunitario. La formazione come risveglio della coscienza deve essere la priorità assoluta nei progetti GdS: risveglio della coscienza personale e della coscienza comunitaria. Bisogna avere spirito e modalità che aiutino questa e-ducazione che in latino significa appunto “aiutare ad emergere – condurre alla luce”. Anche le varie fasi del progetto, ogni sua struttura organizzativa e le risorse utilizzate debbono essere educative, pedagogiche. Per questo il Granello di Senape si riconosce pienamente nella pedagogia problematica di Paulo Freire, la pedagogia degli oppressi o pedagogia problematica. Il suo insegnamento è uno strumento utile e importante per noi del GdS, necessario. Indispensabile. Questa scelta diventa un legame esclusivo? Certamente no! Infatti questa pedagogia annulla di per se il rischio di una qualsiasi chiusura, esigendo per sua natura la continua messa in discussione di se stessa e dei suoi risultati, la costante apertura ad ogni stimolo “altro”, anche avverso od ostile. Il Granello di Senape dovrà sempre dare vita ad una vera e propria educazione popolare secondo lo stile di Paulo Freire. Per questo uno dei principali strumenti di azione saranno proprio le equipes di educazione popolare da costruirsi in ogni paese per ogni progetto.

1.5 IL CAMBIAMENTO COME SFIDA

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Noi del Granello di Senape abbiamo deciso di non accettare più, in nessun modo, una società, una umanità in cui i privilegi di alcuni schiaccino ed umilino l’esistenza e la dignità di altri, pochi o tanti che siano. E noi sappiamo che oggi sono vergognosamente troppi. Non ci mettiamo qui ad elencare cifre e percentuali spaventosamente crudeli. Diciamo solamente che questa situazione costituisce per noi del GdS una vera e propria sfida. Una sfida alla nostra personale e associativa dignità di uomo/donna e di umanità. L’esistenza degli ultimi, spesso così drammatica, e soprattutto l’esistenza degli ultimi tra gli ultimi, rende vivissimo e cogente accettare la sfida al cambiamento che la situazione reale di molte regioni e di molti popoli ci lanciano, anzi il più delle volte ce la sbattono in faccia con inaudita crudezza e violenza. Queste situazioni, devono diventare per noi una sfida al cambiamento, perché è necessario sempre un cambiamento, per una maggiore umanizzazione della persona, della comunità, dell’ambiente! Nei paesi poveri come nei paesi ricchi. Vedere la situazione come una sfida non è così comune. Anzi! Sia la povertà che la ricchezza possono addormentare le coscienze, anche se in maniera diversa. Il potere, politico o religioso o economico che sia, tende sempre a narcotizzare le coscienze con tutti i mezzi a disposizione. La sfida diventa chiara quando cresce la consapevolezza e la coscienza di esseri in situazione che vivono in una comunità. Mano a mano che la coscienza si libera dai falsi sogni e dalle illusioni, dalle paure e dall’ignoranza, dal fatalismo e dall’indifferenza, si fa strada la consapevolezza profonda che la situazione, drammatica, costituisce per ciascuno e per tutti una sfida: accettarla e subirla così com’è, oppure lavorare e lottare per renderla più umana?

1.6 PROTAGONISTI COSCIENTI ED EFFICACI

Applicando il principio fondamentale della Pedagogia GdS, ogni intervento ed ogni progetto deve tendere a fare in modo che tutti coloro che vi partecipano siano protagonisti coscienti ed efficaci. Questo fin dall’inizio, fin dalla analisi dei bisogni, dalla progettazione, per poi proseguire ad ogni fase del progetto, riguardo ogni decisione, sia pratica che strategica. Ogni progetto deve quindi, essere organizzato e strutturato in maniera tale che questo avvenga in modo evidente e appropriato. Per questo bisogna puntare tantissimo ad una formazione permanente che abbia come scopo la piena e competente responsabilizzazione dei protagonisti. Bisogna anche avere la capacità ed il coraggio di analizzare costantemente sia lo sviluppo del progetto che la sua organizzazione, perché ogni passo e ogni struttura, organizzativa o logistica, siano luogo e frutto di partecipazione e responsabilizzazione di tutti e di ciascuno.

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1.7 ORGANIZZAZIONE GDS-PICCOLI GRUPPI

Il Granello di Senape ha sviluppato un tipo di organizzazione sua propria, naturalmente sempre aperta al confronto e al miglioramento. Questa organizzazione si fonda sulla costituzione di piccoli gruppi. Questo, per ora, viene realizzato soprattutto all’estero tra le popolazioni impoverite, ma è chiaro che anche altrove si deve tendere a questo. I piccoli gruppi vanno da un minimo di sei ad un massimo di 12 membri. Ciascuno di essi ha un regolamento interno, una cassa comune costituita dai propri risparmi, responsabilità a rotazione, formazione umana e specifica, permanente. Questo, infatti, ci sembra il tipo di organizzazione dove meglio vengono salvaguardate e sviluppate la democrazia, la responsabilizzazione personale e comunitaria, la collaborazione, l’efficacia dell’azione, il servizio al territorio. Naturalmente, i piccoli gruppi devono formare una rete tra di loro, salvaguardando il massimo di autonomia di iniziativa e di regolamento interno. L’Associazione dovrà sempre più identificarsi in questa rete, una rete che valorizzi sia l’unità che l’autonomia responsabile. Questo tipo di organizzazione non è un punto di arrivo dell’azione GdS, ma un punto di partenza, la base su cui costruire l’intervento.

1.8 FORMAZIONE E COMPETENZA

Per rispetto nei confronti di tutti coloro che partecipano ai nostri progetti, per rispetto nei confronti degli ultimi ogni progetto deve essere studiato con impegno e saggezza massima, in tutti i suoi aspetti: rischi, risorse, possibilità. Ed ogni progetto deve essere condotto con la maggiore competenza possibile. Per questo il GdS cura con particolare attenzione la formazione.

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Una formazione generale e specifica. Una formazione che faccia crescere la coscienza e la competenza in tutti e in ciascuno, a seconda delle necessita’ dei singoli e dell’esigenza dello stesso progetto. È opportuno, qui, ricordare il ruolo di guida che per il Granello ha la storia concreta e la concreta situazione. La formazione non dovrà mai fare a meno della semplicità e umanità cordiale che deve sempre e ovunque caratterizzare i membri e l’azione del GdS. La formazione deve dare una competenza che non corra il rischio del tecnicismo e del professionalismo, gia’ troppo forte nella nostra società occidentale, e deve insegnare un’efficienza che non prevalga sulla efficacità.

1.9 TERRITORIALITÀ

Potremmo definire la territorialità come il naturale ambiente e l’ambito in cui il Granello di Senape nasce, cresce, agisce. Per territorialità intendiamo che si lavori col territorio. Vanno coinvolte, fin dall’inizio, le varie autorità locali, sia tradizionali che istituzionali e religiose. Per qualunque iniziativa o progetto abbiamo il dovere di esigere dalle autorità competenti che esse intervengano con tutti i mezzi previsti dalla tradizione o dalla legge a cui la comunità e i cittadini hanno diritto. Territorialità significa anche che tutte le strutture, organizzative o logistiche, siano il più possibile popolari, ossia gestite, non dal GdS, ma dalla popolazione. Solo dove strettamente necessario e richiesto, il Granello di Senape potrà supplire alla gestione, senza mai divenire proprietario di alcunché. Questo per evitare che le strutture diventino statali, in quei luoghi dove lo stato esautora la partecipazione popolare. Questo vale, naturalmente, anche riguardo alle autorità tradizionali o religiose.

1.10 COLLABORAZIONE E AZIONE DI RETE

Come abbiamo accennato poco sopra, il nostro lavoro deve svolgersi in rete. Partecipare a reti già esistenti di associazioni, Ong o altre realtà esistenti deve costituire una strategia, e non una azione tra le altre. Una strategia che ci deve accompagnare fin dall’inizio e per tutto il percorso. Una strategia da cui dovrebbe nascere qualunque progetto o almeno, le ipotesi di sviluppo e gli ulteriori interventi. Naturalmente, laddove questa rete manchi, la sua creazione deve diventare una delle preoccupazioni e uno degli obiettivi prioritari ed urgenti. La convinzione che ci deve spingere a questo è il fatto che per natura e vocazione, vogliamo essere noi del Granello di Senape a collaborare con la popolazione locale e le sue organizzazioni, con le autorità e le altre realtà del posto. Non ci deve nemmeno sfiorare la mente che dobbiamo aspettare che siano gli altri a dover collaborare con noi.

1.11 METODOLOGIA DEI PICCOLI PASSI VERSO ORIZZONTI IMMENSI Il Granello di Senape sposa per sempre, nel bene e nel male, la metodologia del piccolo. I Piccoli come protagonisti. Progetti magari estesi, anche grandi, ma costituiti da piccole e varie realtà. Piccoli passi come metodologia vincolante. Piccoli mezzi che siano alla portata dei più poveri. Pensare piccolo e pensare con e come i piccoli. Tutto questo piccolo, che investe, naturalmente anche altri aspetti che non abbiamo elencato, deve rimanere tale, se vogliamo che gli orizzonti verso cui tendiamo, quegli orizzonti che ci illuminano e ci guidano, rimangano non solo grandi, ma immensi.

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Quando l’orizzonte è immenso, quando ci appare troppo grande da non poterlo catturare con un solo sguardo; troppo lontano per decidere da subito di intraprendere un qualsiasi cammino, allora dovra’ affiorare la saggezza dei piccoli passi. Con i piccoli passi, infatti, non c’è il rischio di perdersi, di sbagliare mèta, di stancarsi in fretta. Con i piccoli passi c’è sempre il tempo ed il modo di fermarsi, di riflettere, di cambiare. La Pedagogia dei piccoli passi esige un orizzonte immenso, infinito. L’unico orizzonte riconosciuto dal Granello di Senape è appunto, l’immensa, infinita Utopia di una umanità finalmente liberata dalle oppressioni, dalle ingiustizie, dalle menzogne di false dottrine ed ideali. L’immensa ed infinita Utopia di una umanità liberata dalla fame, dalla sete, dalla miseria, dalla violenza, da ogni guerra. L’immensa ed infinita Utopia di una umanità in cui tutti abbiano una casa, un lavoro, la possibilità di curarsi, in cui i bambini possano vivere il loro diritto allo studio, al gioco, al futuro, alla vita. L’Utopia di una umanità finalmente libera, fraterna, solidale. Questa è l’Utopia di Gesù di Nazareth e di tanti milioni di uomini e di donne, famosi o sconosciuti, che per questa Utopia hanno vissuto e lottato, magari anche senza saperlo, anche soltanto sopravvivendo alla semplice, monotona e durissima vita quotidiana. Per quanto mi riguarda questa è l’Utopia stessa del Dio Padre di tutti gli uomini e di tutti i popoli dove è radicata la nascita del Granello di Senape. E’ l’immensa ed infinita Utopia che viene dalla immensità di Dio, che della immensità di Dio partecipa e che verso l’immensità di Dio ci conduce.

1.12 RITORNO EDUCATIVO Altro punto fondamentale della Pedagogia dell’Intervento è il “ritorno educativo” di ogni intervento o progetto. Per ritorno educativo si intende che ogni intervento o progetto deve costituire un arricchimento per l’intero movimento, sia tecnico che culturale che motivazionale. Per questo ogni progetto deve essere condiviso, per quanto possibile, da tutto il movimento, e fin dall’inizio. Per questo i volontari, internazionali e non, debbono innanzitutto sentirsi e vivere solidali con la popolazione locale, e poi diventare una preziosa fonte di informazione e formazione per tutta l’Associazione. Ogni responsabile o volontario deve diventare un polo comunicativo in collaborazione con il Consiglio Direttivo, ponendo in atto tutta una strategia di informazione, animazione, formazione che si rende necessaria e utile, utilizzando gli strumenti che l’Associazione ha a disposizione e inventandone dei nuovi.

PARTE QUARTA: PEDAGOGIA DEI MEZZIPARTE QUARTA: PEDAGOGIA DEI MEZZIPARTE QUARTA: PEDAGOGIA DEI MEZZIPARTE QUARTA: PEDAGOGIA DEI MEZZI

PREMESSA Secondo quanto abbiamo detto varie volte, anche gli strumenti e i mezzi che usiamo rivelano la nostra vera Identità e la Pedagogia, quelle che veramente applichiamo, non quella che dichiariamo o che scriviamo. Siamo ben consapevoli che questo richiede una vigilanza ed una revisione costante e faticosa. Alle volte porta a scelte incerte. Altre volte a scelte anche dolorose e che apparentemente ritardano, se non addirittura danneggiano, quel bene comune che cerchiamo. Siamo anche ben coscienti che quasi mai esiste il tutto bianco o il tutto nero.

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Perciò un discernimento onesto e serio è sempre necessario, anche quando sembra non valerne la pena. Questa parte ha un particolare rilievo per il settore internazionale, per i nostri interventi nei paesi e nelle popolazioni impoverite ed oppresse. Elenchiamo i mezzi più importanti.

1. NONVIOLENZA

Il primo e più importante mezzo che il Granello di Senape dovrà obbligatoriamente utilizzare è la nonviolenza. Non è qui il luogo per esaminare i vari e complessi aspetti della nonviolenza. Sull’argomento sono stati scritti molti libri, e continuamente vengono organizzate conferenze, corsi di preparazione, convegni. Quello che conta è che per noi del Granello di Senape la nonviolenza è un atteggiamento ed un metodo (ossia strada da percorrere) di resistenza e di lotta da utilizzare sempre, in ogni circostanza, anche le più pericolose. A costo di rimetterci pesantemente. Se infatti il fine ultimo è essere uomo/donna in piena dignità e quindi, costruire cammini che portino sempre e comunque alla piena dignità, non potremo mai, nemmeno minimamente, utilizzare uno strumento che ferisca questa dignità, che possa deviare questo cammino, anche minimamente, anche momentaneamente. Gesù di Nazareth fu condannato e ammazzato sulla croce, per essersi fatto voce nonviolenta dei senza voce. Gandhi fu assassinato perché credeva nella possibilità di una convivenza nonviolenta tra popoli e religioni diverse. Marthin Luter King fu assassinato perché ha credette nella nonviolenza come strumento fondamentale nella difesa dei diritti delle minoranze. Questi sono i nostri maestri. Come nostri maestri e maestre sono i milioni e milioni di oppressi, umiliati e ignorati che in ogni parte del mondo, soprattutto nel mondo sfruttato e impoverito sostengono il peso della miseria, soprattutto le donne, le madri che ogni giorno, in silenzio e nella più reale nonviolenza sopportano il supplizio inferto dal nostro stile di vita, dal nostro dissennato benessere basato sul consumismo e sullo spreco. Professare la nonviolenza a partire dal rapporto interpersonale, familiare, comunitario per arrivare ad utilizzare i mezzi nonviolenti e la nonviolenza come forma di lotta politica ed economica è il solo strumento capace di sovvertire il sistema di relazioni interpersonali e sociali, perverso e criminale che ci sta distruggendo.

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2. EDUCAZIONE POPOLARE

La Educazione Popolare è un altro mezzo che utilizziamo; elemento capitale nella Pedagogia di Paulo Freire, nasce dalla nonviolenza e produce nonviolenza. La Educazione Popolare, proprio per essere tale, deve avere come protagonista la popolazione locale, e non può essere demandata ad un gruppo di specialisti. Certamente gli specialisti sono necessari, ma esclusivamente per mettere in moto il movimento di Educazione Popolare, per creare le giuste ed adeguate competenze, per costituire, su indicazione della comunità, le varie équipes di cui il territorio ed il progetto avranno bisogno. Per questo è assolutamente necessario una attenta e prolungata analisi del territorio. Per questo è sempre necessario monitorare continuamente il livello di partecipazione e l’eventuale livello di esclusione della gente.

3. SOBRIETÀ La sobrietà, sia nella vita personale che nei di mezzi da utilizzare, è chiaramente essenziale per il GdS. La sobrietà, oltre che alla Identità, è indissolubilmente legata alla nonviolenza. La delicatezza di non frapporre nessuna barriera tra noi e gli altri è una forma altissima di nonviolenza. E noi sappiamo che i beni sono uno strumento temibile di divisione quando non sono distribuiti equamente. Le divisioni sociali quasi sempre nascono dalla disuguaglianza della quantità dei mezzi a disposizione, mezzi necessari o superflui che siano. In molte lingue africane la parola che si usa per indicare un bianco è ricco, e questo è emblematico. La sobrietà non è privarsi di qualcosa, ma eliminare ciò che ci potrebbe dividere dagli altri e scegliere di vivere solidali, vivere gli altri come parte di noi stessi.

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Anche l’acquisto del nostro materiale di lavoro, anche quello necessario, deve sempre essere guidato dalla sobrietà e dalla semplicità. Anche nelle strutture e nella logistica si deve evitare di creare una differenza tra la condizione di vita e di lavoro di coloro che partecipano all’intervento o al progetto e quella della popolazione circostante. Questo vale anche nella scelta delle sedi che il Granello acquista, costruisce o affitta. La sobrietà deve guidare necessariamente anche lo stile di vita dei volontari, nazionali o internazionali; anche il loro rimborso spese deve essere “sobrio”. Questo vale soprattutto per i volontari internazionali, è evidente. Sarebbe infatti almeno “strano” che dopo tutto quello che diciamo e dichiariamo e scriviamo ci fosse una differenza di retribuzione tra l’équipe locale, da trattare come gli altri lavoratori del posto, e il volontario internazionale, solo perché “straniero”. Certamente non bisogna mettere a rischio la sua salute, fisica e psichica. Certamente bisogna tener conto delle sue eventuali spese in Italia, come mutuo, o affitto, o altro. Certamente bisogna pensare alla futura difficoltà di trovar lavoro al suo ritorno in Italia. Tutto questo fa parte della attenzione alla persona che il Granello di Senape ha. Ma tutto questo va affrontato e risolto partendo dal fatto che la sobrietà è uno dei mezzi più importanti dell’Associazione per vivere in solidarietà con i più poveri ed emarginati.

4. RISORSE In ogni intervento o progetto il GdS tenterà innanzitutto di utilizzare le risorse economiche ed umane del territorio dove si svolge l’intervento. Solo in questa maniera, infatti, si possono valorizzare la dignità e le competenze della popolazione locale. Solo in questa maniera essi potranno essere protagonisti veri del progetto. Così lo sviluppo potrà essere sviluppo autentico, vera crescita umana, economica e sociale. Come fa infatti, ad esistere sviluppo e crescita se non si sviluppa e non cresce qualcosa di tuo? pronto per crescere se gli si dà l’opportunità, evitando di utilizzare lo sviluppo degli altri. Questo non deve certo pregiudicare il diritto alla conoscenza ed al progresso economico, sociale e scientifico. Resta però il fatto che ogni sviluppo e crescita devono restare subordinati al valore della persona e del bene comune ed essere esclusivamente al loro servizio. Questo conferma ancora una volta che la politica dei piccoli passi è quella più efficace e adeguata, perché è l’unica a misura di uomo e di donna, di qualunque popolo e cultura. Da qui è nato uno degli slogan più usati dal GdS nei paesi africani: con la propria intelligenza, con le proprie forze, con le proprie risorse. Utilizzare le competenze locali, le forze e le risorse locali è assolutamente prioritario. Mai portare da fuori quello che si può trovare in loco. Mai utilizzare qualcosa al di sopra delle capacità tecniche che si trovano in loco. Mai accettare che qualcuno diventi dipendente di altri a causa delle risorse e degli strumenti utilizzati. Per questo il Granello di Senape ha eliminato dal suo vocabolario le espressioni aiutare, fare del bene, essere benefattori. Noi cerchiamo di evitare accuratamente ogni forma di assistenzialismo, anche nei piccoli gesti, come regali ai bambini adottati, somme di denaro anche piccole inviate a parte. E cerchiamo di non creare mai e in nessun modo differenze, tra coloro che partecipano ai nostri progetti e la gente del posto. Insomma, se le condizioni di vita di coloro che partecipano ai nostri progetti migliorano, mai deve accadere attraverso gli aiuti esterni, ma sempre e solo per il lavoro e l’impegno, l’organizzazione e la collaborazione, utilizzando la loro intelligenza e le loro risorse.

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In questa maniera si può diventare esempio e traino per gli altri, anche per i più piccoli e deboli che ancora non si lasciano coinvolgere.

PARTE QUINTA: CAMPI DI INTERVENTOPARTE QUINTA: CAMPI DI INTERVENTOPARTE QUINTA: CAMPI DI INTERVENTOPARTE QUINTA: CAMPI DI INTERVENTO

PREMESSA

Come abbiamo visto, l’orizzonte dentro il quale il GdS vuole vivere e intervenire è l’uomo/donna nella sua piena dignità di persona che vive in una comunità. Ma, come abbiamo ripetuto più volte, non l’uomo/donna in generale, ma l’uomo/donna concreto, e soprattutto l’uomo/donna oppresso. Questa scelta fondamentale è una vera e propria scelta di campo, cosciente e operativa quando si opera nel mondo degli oppressi. Lottando per il loro diritto alla dignità, alla libertà, alla diversità, alla giustizia e alla verità, si lotta anche per liberare le persone e le loro comunità dai sogni e dagli incubi dell’imperialismo liberale e consumistico. Questa scelta deve guidare l’Associazione, perché il mondo degli oppressori è scintillante e subdolo, con una forza comunicativa e pubblicitaria enorme. Qui è più che mai necessario raccogliere la sfida del cambiamento. Cambiare mentalità. Cambiare stile di vita. Cambiare sistema economico e politico. Questi cambiamenti sono strettamente legati l’uno all’altro. Da questi cambiamenti dipende la riuscita della lotta per costruire il mondo migliore a partire dai poveri. Una lotta a prima vista impossibile, tanto più che chi e’ abituato a vivere nel mondo degli oppressori spesso non ne è cosciente e ci si trova bene, narcotizzato nella coscienza e nella

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intelligenza. Lotta impossibile solo a prima vista, perché il successo che il GdS si propone è quello ottenuto con i piccoli passi, attraverso piccoli successi, piccoli cambiamenti: personali, comunitari, ambientali e non il successo epocale tutto e subito definitivamente;

1. INTEGRALITÀ DELL’UOMO/DONNA Anche nel mondo degli oppressi, laddove i problemi di sopravvivenza sono troppo spesso drammatici, il Granello di Senape si occupa dell’uomo/donna integrale, e cioè di ogni aspetto della vita: economico, sanitario, culturale e spirituale, in un ordine di priorità al solo servizio di tutto l’uomo/donna. La piena dignità può essere perseguita solo in una piena armonia di tutte le componenti umane, ed è questa armonia che il Granello vuole perseguire. In ogni intervento o progetto si cercherà sempre di dare il massimo spazio all’opera di informazione, sensibilizzazione, coscientizzazione e responsabilizzazione, perché questo cammino armonico diventi sempre più chiaro, condiviso, partecipato, comunitario.

2. GLI ULTIMI

Nei paesi economicamente più sviluppati il Granello di Senape è chiamato ad occuparsi soprattutto degli ultimi tra gli ultimi: immigrati, prostitute, barboni, “dipendenti” di vario genere. Anche in questo caso, esattamente come nei paesi impoveriti, qualunque forma d’intervento deve volere non solo la difesa e l’attuazione dei diritti fondamentali: il cibo, la casa, il lavoro, ma anche e soprattutto la crescita in ciascuno dell’ideale uomo/donna che è l’anima e il fine del GdS.

3. CULTURA Mettendosi al fianco degli ultimi il Granello di Senape privilegia gli interventi ed i progetti che favoriscano il diritto allo studio dei bambini, soprattutto nei paesi impoveriti. Qui infatti, i bambini, in maniera vergognosa sono costretti a lavorare già dalla più tenera età, molti non sono mai entrati in una aula scolastica; molti sono costretti a lasciare la scuola troppo presto per l’impossibilità di poter continuare. In questi paesi, il GdS si occupa anche del recupero delle tradizioni e della loro valorizzazione: miti e favole che si stanno velocemente perdendo; musiche e danze tradizionali che se non si inabissano nell’oblio più totale, cadono nel limbo impotente e triste del folklore. Un impegno costante del Granello di Senape dovrà essere quello di favorire l’incontro delle culture. Nei paesi occidentali, invece, insieme all’impegno, prioritario anche qui, per i più poveri, l’Associazione deve impegnarsi a fondo per cambiare la mentalità distruttiva caratteristica della società liberista e consumistica: individualismo, indifferenza, competizione, spreco, vuoto esistenziale, superficialità, mito del divertimento, ecc. La lotta costante e determinata per la cultura dell’amore, della sobrietà, della comunione è il punto di partenza di ogni atteggiamento e di ogni iniziativa del Granello di Senape.

4. SANITÀ Nei paesi impoveriti. Sappiamo tutti, e molto bene, come il diritto alla salute sia negato a centinaia e centinaia di milioni di famiglie. Sappiamo tutti, e molto bene, che parlare ad interi paesi e continenti di diritto alla salute sia un insulto, un volgare e provocatorio insulto.

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Ma anche qui il GdS agisce secondo le proprie caratteristiche, cercando di restituire alla comunità la responsabilità della propria salute. Quindi, abbiamo avviato opere di prevenzione e di educazione sanitaria completa, creando la figura di Agenti Sanitari Volontari scelti dalle comunità, o dai piccoli gruppi, che operano in una organizzazione sanitaria di base in cui anche le autorità tradizionali, o comunque locali, devono espletare il loro ruolo. Questo, naturalmente, affiancato al lavoro quotidiano delle cure mediche per la salute di tutti, soprattutto di coloro che non potrebbero mai curarsi, perche’ crediamo che la salute debba essere alla misura delle tasche dei più poveri. Nei paesi occidentali. Oltre ad un impegno per i più poveri, anche qui è necessario un impegno per riportare la salute nelle mani della gente e non solamente dei dottori o degli ospedali. Ma l’azione più importante che svolgiamo nei paesi occidentali è quella di far crescere il senso di solidarietà e di giustizia verso il diritto alla salute dei popoli e dei continenti poveri, inserendosi nelle azioni di rete al riguardo.

5. ECONOMIA

Il nostro impegno nelle comunità di paesi impoveriti è quello di creare le condizioni per una autonomia economica locale basata sulle forze, sulle risorse, sulla responsabilizzante organizzazione degli abitanti. A livello generale, invece, il nostro impegno è per uno stile di vita che traduca nel quotidiano il senso di giustizia e di solidarietà che ci anima, in una lotta serrata a quelle economie che arricchiscono una piccola minoranza in maniera spropositata e criminale, strangolano per fame, sete e malattie interi popoli ed interi continenti, oltre ad un numero sempre crescente di “interni al sistema”. Anche nella organizzazione delle iniziative economiche lottiamo contro gli elementi necrofili di questa economia liberale: l’individualismo, la competizione, l’arricchimento personale, l’indifferenza verso le condizioni degli altri, il danaro come scopo primo e sopra tutto il resto. Anche nella raccolta di fondi il Granello di Senape farà molta attenzione a seguire in ogni occasione i principi, senza arrivare ad un estremismo controproducente, privilegiando soprattutto la raccolta fondi popolare.

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6. POLITICA SOCIALE Questo è un altro campo importantissimo in cui il Granello di Senape è chiamato ad impegnarsi con tutte le forze e tutti i mezzi adatti e coerenti: la giustizia sociale e l’integrazione sociale. Lavoriamo per il rispetto della multiculturalità e la valorizzazione delle minoranze e delle differenze. Per la condivisione dei beni e la collaborazione, come metodo costante di vita e lavoro. Per la responsabilizzazione e il coinvolgimento di tutti e di ciascuno riguardo al bene comune. Per la politica e la religione al servizio di tutti a partire dai piu’ poveri. Per l’affermazione dei diritti fondamentali della persona e dei popoli. Siamo per la globalizzazione della solidarietà e la fine dei privilegi. Questi, sono i valori in cui crediamo e per cui il Granello vive e lotta, vive e lotta tra i più poveri e con i più poveri e gli emarginati.

7. INFORMAZIONE

Strategicamente l’informazione è uno dei campi d’intervento più importanti. Tutto ciò che è utile e che possiamo fare deve essere attivato: rivista, sito internet, conferenze e dibattiti, e così via. Pur nella semplicità e sobrietà di mezzi a nostra disposizione e nella consapevolezza che l’apparato informativo e comunicativo rappresenta per noi solo un costo economico, ma culturalmente ed umanamente anche un investimento redditizio, dobbiamo dispiegare tutte le energie e la fantasia di cui disponiamo, senza paura di dover alle volte osare. Fantasia e determinazione sono necessari per poter contrastare la valanga di menzogne, di mezze verità usate come strategia della disinformazione; per contrastare la censura più assurda di ciò che potrebbe nuocere al sistema.

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Abbiamo il dovere morale di tentare tutto pur di affermare la verità, di diradare la nebbia che ci avvolge e che ci costringe a pensare come “vogliono” che pensiamo. Abbiamo il dovere di diffondere informazioni di pace per contrastare il diffondersi di un mentalità di guerra e di violenza che è sotto gli occhi di tutti. E questo dovere ci spinge anche a far tutto con la più grande trasparenza e professionalità.

8. FORMAZIONE

Di questo campo di intervento abbiamo parlato tantissimo, per cui qui ribadiamo solo la sua capitale importanza. Un campo, questo come il precedente della informazione, in cui il Granello di Senape è chiamato ad investire anche risorse importanti pur di mettere a disposizione dei membri, per le necessità di volta in volta emergenti, una formazione adeguata ed efficace.

9. TRACCE E CAMMINI DI PACE

Crediamo sia davvero bello e giusto terminare questo piccolo lavoro affermando che tutto l’operato del GdS ha come obiettivo lasciare tracce di pace e costruire cammini di pace; Lo stile di vita di quei membri che con coraggio e coerenza vorranno testimoniare la spiritualità profonda dell’Associazione ha come obiettivo lasciare tracce di pace e costruire cammini di pace. Le Tracce di pace sono i gesti quotidiani di accoglienza, di perdono, sono la gioia del dono, dello stupore che crea l’armonia del bene comune. I Cammini di pace debbono essere pensati e vissuti, con pazienza ed umiltà, insieme agli ultimi, agli esclusi, a coloro a cui non solo è stato depredato il futuro, ma anche il diritto di pensarlo e di sognarlo. A questo riguardo tante cose abbiamo detto e affermato, con forza e con gioia, con coraggio e lucidità, e tante altre potremmo ancora dirne, ma vogliamo ribadire che: - non c’è pace senza partire dagli ultimi, se non è costruita dagli ultimi e con gli ultimi; - non c’è pace se ad ogni uomo, ad ogni donna, ad ogni popolo non siano garantiti tutti i diritti fondamentali ad una vita degna; - non c’è pace se questo cambiamento radicale non viene pensato e realizzato da tutti e da ciascuno: tutti e ciascuno coinvolti, tutti e ciascuno responsabili; - non c’è pace se non vengono rispettate, apprezzate e valorizzate la cultura e le risorse di ogni popolo e di ciascuno persona; - non c’è pace senza la globalizzazione trasparente della verità, della solidarietà, della giustizia sociale ed economica; - non c’è pace se non in una società fondata su relazioni stabilmente e creativamente nonviolente; - non c’è pace senza il rispetto dell’ambiente, un rispetto che esprime consapevolezza

che la terra con la sue ricchezze ed i suoi frutti: l’energia, l’aria, l’acqua sono un dono che abbiamo ricevuto e che siamo chiamati a restituire alle generazioni future in condizioni migliori.

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CONCLUSIONE Quante altre affermazioni potremmo aggiungere a questo elenco? Ma sarebbe troppo lungo… Il Granello di Senape ha lo scopo di esistere per lasciare tracce di pace e costruire cammini di pace; sempre, dovunque, comunque, con tutti gli uomini e tutte le donne che vorranno farsi compagni di questa meravigliosa avventura. È un sogno questo? Certo che lo è! È una Utopia questa? Certo che lo è! È il Sogno del Granello di Senape. È l’Utopia del Granello di Senape. Paura di non farcela? No! Assolutamente no!!!

Siamo animati dall’orgoglio di avere il coraggio di lottare; dalla coscienza che il lungo cammino si compie a piccoli passi: a volte veloci, a volte lenti, in compagnia, o anche da soli. I frutti di questo cammino a volte sono abbondanti, a volte sono scarsi, a volte non ci sono; a volte sono dolci, a volte sono senza sapore o amari. Questo noi lo sappiamo! Ma questo noi vogliamo. Ci saranno alcune pause inevitabili, certamente; ci saranno anche alcune cadute, a volte inesplicabili, a volte dolorose. Questo lo sappiamo, e nonostante questo noi continuiamo a combattere. Combattiamo per un sogno? Lottiamo per una Utopia? Certamente si, perché siamo animati da questa lucida consapevolezza

SOLTANTO CHI È CAPACE DI SOGNARE CAMMINA CON I PIEDI PER TERRA;

CHI NON SA PIÙ SOGNARE, I PIEDI CE LI HA GIÀ SOTTO TERRA !