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Unioni chiodate e bullonate 1 5. UNIONI SALDATE Il collegamento per saldatura si basa sul principio di creare la continuità tra due pezzi da unire mediante fusione. Vantaggi: - minor costo rispetto alla bullonatura - strutture più monolitiche e continue - semplicità e minor ingombro dell’unione - minor peso della struttura Svantaggi: - maestranze più specializzate - necessità di controlli in superficie e in profondità - apporto di calore con conseguenti stati di coazione - possibile presenza di cricche Per la difficoltà della loro esecuzione in opera le istruzioni CNR consigliano di studiare il progetto in modo tale da limitare la loro realizzazione al di fuori delle officine e da evitare la concentrazione di saldature in zone ristrette. Nella saldatura “ossiacetilenica” la fusione del materiale è prodotto dalla combustione dell’acetilene (C 2 H 2 ) con l’ossigeno (temperatura della fiamma 3100°). Il materiale di apporto per il collegamento è formato da una bacchetta metallica che viene fusa assieme al materiale base. E’ il primo procedimento industriale, oggi in disuso. Il metodo maggiormente utilizzato in tutte le applicazioni delle strutture in acciaio è la “saldatura ad arco”. La sorgente termica è costituita dall’arco elettrico che, scoccando tra l’elettrodo, manovrato dal saldatore mediante la pinza porta-elettrodi, ed il materiale base, sviluppa il calore che provoca la rapida fusione sia del materiale di base che dell’elettrodo. L’elettrodo è costituito da una bacchetta cilindrica (lunga 350-450 mm) con un rivestimento la cui fusione genera tra l’altro del gas per la protezione della zona in cui scocca l’arco e del bagno. Il materiale di rivestimento dell’elettrodo, di peso specifico minore, tende a galleggiare sul cordone di saldatura ed ha la funzione di ridurre l’ossidazione e la rapidità di raffreddamento. In funzione dei componenti del rivestimento si hanno elettrodi “basici”, “acidi” e “cellulosici” da impiegarsi per varie condizioni (UNI 5132). Durante una passata di saldatura, la profondità dello strato fuso si chiama “penetrazione della saldatura”. Per ogni passata è necessario rimuovere lo strato di scoria. Il materiale di apporto ha in genere una composizione un po’ diversa dal materiale base e nella zona fusa i due materiali sono mescolati tra loro. Fig. 1.5

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Unioni chiodate e bullonate 1

5. UNIONI SALDATE Il collegamento per saldatura si basa sul principio di creare la continuità tra due pezzi da unire mediante fusione. Vantaggi: - minor costo rispetto alla bullonatura - strutture più monolitiche e continue - semplicità e minor ingombro dell’unione - minor peso della struttura Svantaggi: - maestranze più specializzate - necessità di controlli in superficie e in profondità - apporto di calore con conseguenti stati di coazione - possibile presenza di cricche Per la difficoltà della loro esecuzione in opera le istruzioni CNR consigliano di studiare il progetto in modo tale da limitare la loro realizzazione al di fuori delle officine e da evitare la concentrazione di saldature in zone ristrette. Nella saldatura “ossiacetilenica” la fusione del materiale è prodotto dalla combustione dell’acetilene (C2H2) con l’ossigeno (temperatura della fiamma 3100°). Il materiale di apporto per il collegamento è formato da una bacchetta metallica che viene fusa assieme al materiale base. E’ il primo procedimento industriale, oggi in disuso. Il metodo maggiormente utilizzato in tutte le applicazioni delle strutture in acciaio è la “saldatura ad arco”.

La sorgente termica è costituita dall’arco elettrico che, scoccando tra l’elettrodo, manovrato dal saldatore mediante la pinza porta-elettrodi, ed il materiale base, sviluppa il calore che provoca la rapida fusione sia del materiale di base che dell’elettrodo. L’elettrodo è costituito da una bacchetta cilindrica (lunga 350-450 mm) con un rivestimento la cui fusione genera tra l’altro del gas per la protezione della zona in cui scocca l’arco e del bagno. Il materiale di rivestimento dell’elettrodo, di peso specifico minore, tende a galleggiare sul cordone di saldatura ed ha la funzione di ridurre l’ossidazione e la rapidità di raffreddamento. In funzione dei componenti del rivestimento si hanno elettrodi “basici”, “acidi” e “cellulosici” da impiegarsi per varie condizioni (UNI 5132). Durante una passata di saldatura, la profondità dello strato fuso si chiama “penetrazione della saldatura”. Per ogni passata è necessario rimuovere lo strato di scoria. Il materiale di apporto ha in genere una composizione un po’ diversa dal materiale base e nella zona fusa i due materiali sono mescolati tra loro.

Fig. 1.5

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5.1 Difetti della saldatura Le diverse passate producono cicli termici con elevata velocità di raffreddamento, che portano ad effetti simili alla tempera con zone ad elevata durezza che possono originare delle cricche a freddo. Le cricche a freddo possono essere ridotte preriscaldando il materiale base. Altra causa di cricche è dovuta alla presenza di impurezze nella zona fusa.

Oltre alle cricche altri difetti sono le “soffiature” (inclusioni di gas all’interno del cordone), cavità localizzate, mancanze di penetrazione e di fusione al vertice degli smussi e al cuore.

Il mezzo più comune per rilevare i difetti interni di una saldatura è l’esame radiografico con raggi X o raggi gamma (i difetti appaiono come macchie più scure) Altri metodi di esame sono gli ultrasuoni (riflessione delle onde), l’esame magnetoscopico (crea un campo magnetico e impiega polveri magnetizzabili), liquidi penetranti (penetrano nelle cricche e vengono evidenziate da un liquido rivelatore successivamente applicato dopo un’accurata pulizia). Il raffreddamento produce altri fenomeni: - la deformazione dei pezzi saldati

- l’insorgere di stati di tensione dovuti alle deformazioni termiche impedite (tensioni residue)

Fig. 2.5

Fig. 3.5

Fig. 4.5

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Unioni chiodate e bullonate 3

5.2 Classificazione delle saldature Le saldature si classificano in funzione: - della posizione (fig. 6.5a)

• saldature in piano • saldature frontali • saldature in verticale • saldature sopratesta (quando le passate sono effettuate su un piano sopra la testa dell’operatore)

- della posizione reciproca dei pezzi (fig. 6.5b) - nei giunti testa a testa le smussature devono creare un vano accessibile su tutto lo spessore, le saldature si distinguono in funzione della preparazione dei lembi (fig. 6.5 c) - della sezione finale del cordone (fig. 6.5 e)

• piana • concava • convessa

- della direzione delle forze agenti (fig. 6.5 f) • laterali • frontali • obliqui

Fig. 5.5

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Esistono due classi di qualità per le saldature: - saldature di I classe: i giunti devono essere eseguiti con particolare accortezza e in grado di soddisfare ai controlli

radiografici richiesti dalla UNI 7278 - giunti di II classe: soddisfano condizioni meno severe (UNI 7278) In ogni caso è richiesta l’eliminazione di ogni difetto al vertice prima di effettuare passate successive. I giunti a completa penetrazione realizzano la effettiva continuità tra le parti collegate. I cordoni frontali, laterali e d’angolo determinano una deviazione e una concentrazione delle isostatiche che costituiscono punti di innesco per le rotture a fatica.

Fig. 6.5

Fig. 7.5

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5.3 Calcolo della resistenza delle saldature Ai fini delle verifiche di resistenza le Norme fanno riferimento a due categorie: - giunti a completa penetrazione - giunti con cordoni d’angolo

Fig. 8.5

Fig. 9.5

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5.3.1 Giunti testa a testa od a T a completa penetrazione

Per sollecitazioni composte deve risultare:

≤+−+= ⊥⊥2

//2

//2

id 3τσσσσσ dove:

⊥σ è la tensione di trazione o compressione normale alla sezione longitudinale della saldatura //σ è la tensione di trazione o compressione parallela all’asse della saldatura

τ è la tensione tangenziale nella sezione longitudinale della saldatura.

5.3.2 Giunti a cordoni d’angolo

Per il calcolo delle tensioni derivanti da azioni di trazione o compressione normali all’asse della saldatura o da azioni di taglio secondo detto asse, deve essere considerata come sezione resistente la sezione di gola del cordone di saldatura; ai fini del calcolo essa ha come lunghezza L quella intera del cordone, purchè questo non abbia estremità palesemente mancanti o difettose, e come larghezza a l’altezza del triangolo iscritto nella sezione trasversale del cordone (fig. 11. 5) Eventuali tensioni σ// di tazione o di compressione presenti nella sezione trasversale del cordone, inteso come parte della sezione resistente della membratura, non devono essere prese in considerazione ai fini della verifica del cordone stesso.

Fig. 10.5

fd (I classe)

0.85 fd (II classe)

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Fig. 11.5 Il calcolo convenzionale delle tensioni deve essere eseguito ribaltando su uno dei lati del cordone la sezione di gola. La tensione risultante dalle azioni esterne sulla sezione di gola deve essere scomposta secondo tre direzioni ortogonali nelle componenti di modulo //,, τστ ⊥⊥ come indicato in Fig. 12.5. Per la verifica i valori assoluti delle componenti di tensione //e, τστ ⊥⊥ devono soddisfare le seguenti limitazioni allo stato limiye ultimo:

≤++ ⊥⊥2

//22 τστ

≤+ ⊥⊥ στ

5.4 Unioni per contatto E’ ammesso l’impiego di unioni per contatto nel caso di membrature semplicemente compresse, purchè, con adeguata lavorazione meccanica, venga ssicurato il combaciamento delle superfici del giunto.

Fig. 12.5

0,85 fd per l’acciaio Fe 3600,70 fd per l’acciaio Fe 430 ed Fe 510

fd per l’acciaio Fe 3600,85 fd per l’acciaio Fe 430 ed Fe 510

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5.5 Effetti delle sollecitazioni

5.5.1 Sollecitazione di trazione Le sollecitazioni si calcolano in modo diverso a seconda del tipo di saldatura: - cordoni laterali

La4F

La21

2F

// ==τ

- cordoni frontali

σ┴ = τ┴ = La2F

- cordoni inclinati: F è scomposto in N e V: N = F senθ ; V = F cosθ

Se la sezione di gola viene ribaltata nel piano verticale si ha:

σ┴ =La2N

La2V

// =τ

- combinazione di cordoni d’angolo frontali e laterali: i cordoni frontali possono risultare meno duttili di quelli laterali, pertanto non è sempre lecito sommare i loro contributi. La sperimentazione dimostra che la resistenza globale è minore della somma delle resistenze dei vari cordoni frontali e laterali. E’ prudenziale quindi affidare l’intero carico a uno solo dei due tipi di cordone. Se ciò non è possibile è opportuno che sia rispettata la condizione: (Ballio)

a60L ≤∑ dove L è la lunghezza dei vari cordoni ed a l’altezza di gola

Fig. 13.5

Fig. 14.5

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5.5.2 Sollecitazione di flessione e taglio Anche qui ci sono diversi casi a seconda del tipo di saldatura: - cordone frontale e longitudinale

FLMFV ==

σ┴max = 22 ahFL3

2ah61

MWM

=

Per il taglio non si tiene conto della distribuzione reale delle τ, ma viene considerata uniformemente distribuita nella sezione di gola:

ah2F

// =τ

- cordoni frontali trasversali: questo collegamento ha scarsa capacità di sopportare sforzi di taglio (fig. 17.5):

M = a×b×h×σ┴ σ┴ =abhFL

per il taglio si ha:

τ┴ = ba2F

Fig.15.5

Fig. 16.5

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- combinazione di cordoni frontali, longitudinali e trasversali: si prenda come esempio un collegamento di una trave ad I con una colonna (fig. 18.5). Si assume che lo sforzo di taglio sia sopportato dai cordoni dell’anima (τ// = cost) e che il momento sia assorbito dai cordoni sia delle ali che dell’anima (è anche possibile affidare ai soli cordoni delle ali gli effetti del momento). Per cui si ha nei cordoni A, B, C:

33// La2

F=τ

σ┴max = WM

I punti più sollecitati sono i cordoni esterni delle ali “A” e le estremità dei cordoni dell’anima “C”.

5.5.3 Sollecitazione di torsione, flessione e taglio Metodo semplificato del “momento polare” Si ribaltano le sezioni di gola sul piano di giunzione dei pezzi, si considera come centro di rotazione il baricentro G di tali sezioni ribaltate e si calcola il momento d’inerzia polare I0 rispetto a G. Per effetto della torsione la tensione tangenziale massima agisce nel punto più distante da G e vale:

0

maxmax I

Tr=τ

Scomponendo τmax nella direzione parallela ed ortogonale all’asse della saldatura si ottengono τ// e τ┴. Nel caso di due cordoni paralleli si ha:

Momento Torcente = L×a×τ//×(h+a)

Fig. 17.5

Fig. 18.5

Fig. 19.5

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Unioni chiodate e bullonate 11

Studiamo i tre casi principali: - Cordoni laterali:

Il momento torcente nelle saldature vale M = F×e La forza di taglio vale F

LahFe

// =τ τ┴ La2F

=

- Cordoni frontali:

Il momento torcente nelle saldature vale M = V×e e la relativa τ’// = zLaFe

La forza di taglio vale F e la relative τ’’// La2F

=

Da cui τ// = τ’// + τ’’//

- Due cordoni laterali e due frontali:

L’effetto del taglio è fatto assorbire dai cordoni frontali (verticali) e il momento è equilibrato dalle due coppie generate dai cordoni. Per il momento si ha:

F×e = a1L1Lτ’// + a2L2hτ’//

τ’// hLaLLaFe

2211 +=

( la τ// dovuta alla torsione è uguale nei due cordoni).

Fig. 20.5

Fig. 21.5

Fig.22.5

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Per il taglio si ha: τ’’// 11aL

2F

=

Quindi sui cordoni laterali (orizzontali) τ// = τ’// sul cordone frontale (verticale) più sollecitato τ// = τ’// + τ’’// Questa ripartizione ha il vantaggio di equilibrare le azioni esterne con solo τ//. Altre ripartizioni sono possibili (ad esempio facendo riferimento al metodo del momento polare).

- Nel caso di tre cordoni (2 orizzontali e 1 verticale) il momento è equilibrato dai due cordoni orizzontali, il cordone verticale equilibra il taglio (il momento è calcolato rispetto al cordone verticale).

- Sezioni a cassone:

Se il profilo a cassone è saldato lungo tutto il perimetro le tensioni tangenziali possono essere calcolate con la formula di Bredt:

Aa2M t

// =τ

dove A è l’area delimitata dagli assi dei cordoni di saldatura rispetto al baricentro delle saldature

G

A

a

Fig. 23.5

Fig. 24.5

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Composizione strutturale

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6. COLLEGAMENTI Le giunzioni tra membrature possono essere interamente saldate o bullonate, oppure in parte saldate ed in parte bullonate. In base a ciò si può fare una prima distinzione tra collegamenti in base alla sua reversibilità: - sistemi scioglibili: bulloni, perni - sistemi non scioglibili: chiodi, saldature, adesivi Lo sforzo del progettista è quello di realizzare collegamenti semplici al fine di ridurre i dettagli costruttivi che incidono sul costo della giunzione e che non sono determinanti nel comportamento della giunzione. Dal punto di vista statico i collegamenti si dividono in: - articolazioni: permettono spostamenti mutui tra i pezzi collegati - giunti a parziale ripristino: consentono di trasmettere da un elemento strutturale all’altro solo una parte delle componenti di sollecitazione resistenti (M, N, T, Mt) che ha l’elemento strutturale più debole - giunti a completo ripristino: permettono di trasferire da un elemento all’altro tutte le risorse di resistenza e quindi non devono essere considerati punti di debolezza Per i giunti a parziale e completo ripristino è importante valutare la “duttilità” cioè la capacità di deformarsi in campo plastico senza giungere al collasso. La duttilità del giunto condiziona la duttilità di insieme della struttura.

6.1 Articolazioni Le articolazioni si suddividono in: - Articolazioni a perno:

a. a piatto lavorato b. a piatto rinforzato con due guance saldate c. cerniera complessa

Il calcolo comporta problemi di contatto tra le superfici e lo studio della diffusione degli sforzi nelle piastre.

- Articolazioni per contatto: si distinguono in due tipi: d. il contatto avviene tra superfici di cui almeno una è curva (fig. 2.6. a, b)

Fig. 1.6

Fig. 2.6

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Composizione strutturale

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e. il contatto avviene tra una piastra ed un piatto di coltello

f. articolazioni in materiale sintetico:

Tra le piastre metalliche viene interposto uno strato di gomma (neoprene). Esso permette scorrimenti e rotazioni tra i due elementi. Per realizzare articolazioni con piccolo attrito si può impiegare uno strato di teflon.

Fig. 4.6

Fig. 3.6

Fig. 5.6

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Composizione strutturale

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Le pressioni di contatto, calcolate mediante le formule di Hertz, devono risultare: - per contatto lineare σl ≤ 4 fd - per contatto puntuale σp ≤ 5,5 fd Le formule delle pressioni di contatto sono riportate nella norma CNR-UNI 10011 (5.6.2) Nel caso in cui la localizzazione della reazione d’appoggio venga ottenuta mediante piastre piane la pressione media di contatto superficiale deve risultare σs ≤ 1,35 fd

6.2 Giunti tesi Possono essere con saldatura a completa penetrazione (fig. 6.6.a) o con coprigiunti saldati (fig. b) o bullonati (fig. c). Nella figura d, e, f invece le giunzioni di profilati avvengono tramite fazzoletti.

Gli elementi tesi possono essere collegati mediante giunti flangiati (Fig. 7.6)

I possibili meccanismi di rottura sono descritti nella Fig. 8.6.

Fig. 6.6

Fig. 7.6

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Composizione strutturale

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caso a: la flangia ha deformazioni flessionali piccole rispetto alla deformazione dei bulloni che saranno pertanto sollecitati dallo sforzo N = F/2 e la flangia dovrà sopportare il momento M2

caso b, c: lo sforzo nei bulloni sarà N = F/2 + Q e la flangia sarà sollecitata dai momenti M1 ed M2.

Nei collegamenti con coprigiunti tra due profilati, è opportuno distribuire le varie unioni in modo da deviare il meno possibile il flusso delle tensioni. Esempi di profilati tesi:

Particolare attenzione va posta con i profilati a L ed a C.

6.3 Giunti compressi Quando i collegamenti interessano profili d’anima di sezione uguale o poco diversa i giunti sono semplici e possono essere saldati a completa penetrazione (b), bullonati (c), per contatto bullonati (d) o per contatto saldati (e).

Fig. 8.6

Fig. 9.6

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Composizione strutturale

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Se le sezioni delle membrature collegate sono di dimensioni diverse bisogna interporre una piastra di adeguato spessore (proporzionale a quello degli elementi da collegare). Il giunto può così risultare saldato di testa (g), con cordoni d’angolo (h), a contatto (i). In caso di variazioni di sezione importanti occorrono opportuni accorgimenti (m,n).

6.4 Giunti di base Riguardano il collegamento tra acciaio e calcestruzzo, tipico è il giunto di base delle colonne. Il collegamento può essere compresso, pressoinflesso con sforzo tagliante oppure anche teso. I problemi del giunto di base sono:

g. la verifica delle dimensioni geometriche in pianta della piastra h. il dimensionamento dei tirafondi di ancoraggio i. la trasmissione delle azioni taglianti 6.4.1 Base

La pianta di base è calcolata in funzione dello sforzo normale e del momento flettente. La sezione deve essere considerata reagente solo a compressione e si può ammettere una distribuzione lineare delle tensioni.

Fig. 10.6

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Composizione strutturale

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Per la resistenza del calcestruzzo si fa riferimento alle regole del cemento armato. Per la regolazione in altezza degli elementi metallici è sempre necessario lasciare una tolleranza in elevazione dell’ordine di 5 cm che successivamente verrà riempita di malta espansiva. La piastra di base può essere irrigidita con costolature.

Fig. 11.6

Fig. 12.6

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Composizione strutturale

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6.4.2 Tirafondi I tirafondi possono essere suddivisi in:

- tirafondi annegati nel getto (a) - tirafondi ad uncino (c) - tirafondi a martello (d)

6.4.3 Equilibrio del taglio

Le azioni taglianti possono essere equilibrate: - mediante tirafondi, che in questo caso devono essere verificati come bulloni - per attrito col calcestruzzo, assumendo un coefficiente di attrito dell’ordine di µ = 0.4 (deve quindi risultare

taglio diviso sforzo normale pari a 0.4) - mediante dispositivi opportuni (ad esempio incastrando il profilo nel calcestruzzo).

Fig. 13.6

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Composizione strutturale

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6.5 Giunti inflessi I giunti inflessi possono trovarsi in sezioni della trave oppure alle estremità. Possono essere a completo ripristino o a parziale ripristino.

6.5.1 Giunti intermedi

Nella fig. 14.6 sono riportati alcuni esempi di giunti intermedi: a) giunto realizzato con cordoni di testa, è a completo ripristino sia per il momento che per il taglio b) le ali sono saldate testa a testa e l’anima è collegata con coprigiunti bullonati c) analogo a b) ma i coprigiunti sono saldati d) giunto tutto bullonato e) collegamento flangiato (può essere a completo o parziale ripristino) f) collegamento con coprigiunto bullonato nell’anima (parziale ripristino) 6.5.2 Giunti di estremità Nella figura 15.6 sono riportati alcuni esempi di giunti di estremità:

a) giunto saldato ripristina completamente la resistenza flessionale e tagliante delle travi collegate b) per evitare le saldature in opera di a) si saldano alla trave principale dei “moncherini” che vengono

poi collegati con giunti bullonati c) analogo a b) d) l’azione nella flangia inferiore si trasmette per contatto, mentre quella di trazione è affidata al

coprigiunto bullonato, anche il taglio è affidato al coprigiunto bullonato e) a differenza del giunto d) il taglio non è trasferito con un collegamento d’anima, la trave appoggia su

una sedia realizzata con due angolari bullonati sulla trave principale.

Fig. 14.6

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Composizione strutturale

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Fig.15.6

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Composizione strutturale

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Nella figura sono riportati altri giunti a parziale ripristino

f) giunto flangiato g) attacco bullonato con squadrette realizzate con angolari (si tiene conto della sola azione tagliante). Il

giunto simula una cerniera h) come il giunto g) però saldato

dal giunto i) al n) sono tutte varianti, si comportano come cerniere.

- Nei giunti con coprigiunto a totale ripristino flessionale il flettente deve essere suddiviso tra ali e d anima, l’anima deve assorbire il taglio - Nel caso di giunti a parziale ripristino flessionale si attribuisce ai coprigiunti delle ali tutto il flettente ed a quelli dell’anima il taglio - Nei giunti flangiati il taglio viene trasmesso da tutti i bulloni, il flettente è equilibrato dai bulloni tesi

e dalla zona compressa della flangia

Fig. 17.6

Fig. 16.6

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Composizione strutturale

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6.5.3 Giunti a squadretta

Sono a parziale ripristino e permettono la rotazione della trave collegata. Il calcolo del collegamento deve tenere conto delle due eccentricità e1 ed e2.

I bulloni che collegano l’anima della trave secondaria alle due facce 1 delle squadrette sono soggette al taglio V = R ed al momento torcente T1 = Ve1. Questi inducono una componente verticale V1 = V/2 e una componente orizzontale H1 = Ve1/h1 che impegnano su due sezioni i bulloni con la loro risultante:

21

211 HVR +=

I bulloni che collegano le facce 2 di ognuna delle squadrette all’anima della trave principale sono soggetti al taglio V/2 e al momento torcente T2 = (V/2)e2. Questi inducono una componente verticale V2 = V/4 ed una

orizzontale H2 =1

2

he

2V che impegnano su una sola sezione i bulloni con la loro risultante:

22

222 HVR +=

6.6 Giunti trave-colonna I giunti trave-colonna sono tipicamente sede di cerniere plastiche in un eventuale meccanismo di collasso della struttura. I nodi possono essere:

- a completo ripristino - a completo ripristino delle sole capacità flessionali - a parziale ripristino con sufficiente capacità di rotazione Nella figura 19.6 sono riportati alcuni esempi di giunti trave- colonna: a) giunto a completo ripristino, interamente saldato. Sono presenti irrigidimenti b) giunto saldato, senza irrigidimenti. Può risultare insufficiente la capacità di rotazione c) giunto flangiato con irrigidimenti d) i coprigiunti sono saldati alla colonna e bullonati alle ali delle travi. L’anima è collegata con giunti a

squadretta e) la squadretta del punto d) è sostituita da un appoggio a sedia e il coprigiunto in zona compressa da

un giunto per contatto f) per agevolare il trasporto si possono realizzare coprigiunti bullonati sia alla trave che alla colonna come nel caso f)

Fig. 18.6

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Composizione strutturale

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6.6.1 Giunti pendolari

Sono nodi che possono essere assimilati a una cerniera (trasmettono momenti flettenti limitati)

a) trave continua con giunti flangiati delle colonne b) attacco a squadretta c) attacco a squadretta d) attacco flangiato e) appoggio a sedia. Deve sempre essere presente la squadretta collegante l’anima o l’ala superiore della

trave per prevenire il ribaltamento f) variante del giunto a sedia g) variante del giunto a sedia h) attacco trave - colonna dove convergono diagonali di controvento

Fig. 19.6

Fig. 20.6

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Composizione strutturale

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6.6.2 Possibili cedimenti della colonna

a) In corrispondenza del lembo compresso l’anima può cedere per snervamento o per fenomeni di

instabilità locale b) in corrispondenza del lembo teso l’ala può inflettersi o l’anima può staccarsi dall’ala c) il pannello compreso tra due irrigidimenti può cedere per eccesso di taglio

6.7 Travi reticolari piane Nella forma più semplice sono composte da aste corrente e aste di parete. L’adozione di coppie di profilati collegati tra di loro con imbottiture o calastrelli mediante i fazzoletti dei nodi

Fig. 21.6

Fig. 21.6

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Composizione strutturale

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Tendenza attuale è quella di realizzare reticoli semplici con il minor numero di nodi e preferenza per le travi con i correnti paralleli o ad andamento trapezio. Nel caso di travi reticolari semplicemente appoggiate, conviene assumere l’altezza della trave pari a 1/8 ÷ 1/10 della luce, al fine di limitare l’entità delle frecce. Se la trave è continua l’altezza può essere ridotta fino a 1/16 della luce. Si possono assumere le seguenti ipotesi:

- le aste sono vincolate ai nodi con cerniere senza attrito - le aste sono rettilinee e le loro linee d’asse passano per i centri delle cerniere - le linee baricentriche delle bullonature e delle saldature a cordone d’angolo coincidono con le linee

d’asse delle aste - le forze agenti sono applicate ai nodi

Con queste ipotesi le aste sono soggette esclusivamente a sforzo normale. E’ frequente tuttavia il caso di giunzioni in cui il baricentro degli elementi di connessione (chiodi o bulloni) non si trovi sull’asse dell’asta. Nei casi in cui l’eccentricità sia elevata, bisogna tenere conto della flessione secondaria che si produce.

I bulloni dovranno assorbire l’azione tagliante T1 parallela all’asse dell’asta e quella T2 p

Ne= congruenti

all’eccentricità e. Le prime travi reticolari saldate si distinguevano da quelle chiodate solo per la sostituzione delle saldature ai chiodi. La successiva eliminazione di elementi intermedi di unione ha permesso di conseguire riduzioni di peso e minori costi. Nella composizione delle aste di corrente si cerca di ottenere sviluppi laterali adeguati all’attacco delle aste di parete senza fazzoletti intermedi.

Di uso abbastanza corrente sono i tubi quadri e rettangolari che permettono un elevato rendimento, determinante per il minor costo. Per i nodi una volta venivano usati i fazzoletti, attualmente è preferibile l’attacco diretto mediante saldatura.

Fig. 22.6

Fig. 23.6

Fig. 24.6