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Corso di Fisica - UdA 1 Elettricità e Magnetismo Facoltà di Medicina e Chirurgia Corso di Laurea in Medicina e Chirurgia Corso di Fisica

8 - Elettromagnetismo_2012

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Elettricità e Magnetismo

Facoltà di Medicina e Chirurgia Corso di Laurea in Medicina e Chirurgia

Corso di Fisica

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Parte I - Elettrostatica: Carica elettrica

Fin dai tempi antichi si conoscevano le proprietà dell’ambra (elektron) che, una volta strofinata con un panno, acquistava la proprietà di attrarre pezzetti di carta o di foglie. Con il processo di strofinio si dotava un oggetto di una carica elettrica.

In realtà l’esperienza mostra che esistono due tipi di cariche elettriche che caratterizzano due diversi tipi di materiali, quali ad esempio il vetro e la plastica, quando venivano strofinati. Questi due tipi di cariche vennero definite da Franklin come cariche elettriche positive (vetro) e negative (plastica).

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Conservazione della carica elettrica

In realtà già Franklin capì che se con lo strofinio un corpo acquista o cede delle cariche elettriche, queste si trasferiscono da o su un altro corpo. La considerazione che le cariche elettriche sono di due opposte polarità e possono essere separate ma in modo tale che la somma algebrica rimanga sempre zero costituisce la legge di conservazione della carica elettrica.

Disco 16 – video 22 – Electrostatic rod and cloth

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Conduttori, isolanti

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Con la conoscenza della struttura atomica, agli inizi del XX secolo, si comprese che la natura bipolare delle cariche elettriche nasce a livello atomico, e che in realtà la possibilità di spostare gli elettroni (cariche negative) meno legati ai rispettivi nuclei di certe sostanze permette di creare delle situazioni di carica sbilanciata in un verso o nell’altro. Proprio in virtù della differente forza di legame che vincola gli elettroni ai nuclei, si distinguono in natura due categorie di materiali che hanno differenti proprietà elettriche: i conduttori, tipicamente metalli, con gli elettroni più esterni poco legati o liberi o di conduzione, e gli isolanti, con elettroni molto legati.

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Elettrizzazione per contatto e per induzione

Caratteristica dei conduttori è la possibilità di trasferire cariche elettriche per contatto, ovvero di produrre un spostamento di cariche su un secondo conduttore per induzione. Questi fenomeni si possono verificare con l’elettroscopio a foglie.

Disco 16 – video 25 – Conductors and insulators

Disco 17 – video 1 – Electrostatic induction

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Legge di Coulomb

Q1 r

FE FE Q2

FE = K Q1Q2/r2

La costante elettrostatica K viene comunemente espressa in funzione

della costante dielettrica del vuoto 0,

K = 1/40

Verso la fine del XVIII secolo, Coulomb formulò empiricamente la sua legge che regolava i fenomeni di attrazione e repulsione tra cariche elettriche: due cariche elettriche si attraggono o si respingono con una forza che è proporzionale al prodotto delle due cariche e inversamente proporzionale al quadrato della loro distanza. Le forze hanno la direzione della congiungente i centri delle due cariche (forze centrali) ed il verso è attrattivo o repulsivo a seconda che le cariche siano di segno opposto o dello stesso segno.

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Il Coulomb e la carica dell’elettrone

L’unità di misura della carica elettrica nel SI è il coulomb (C), ed il valore della costante K è:

K ≈ 9.0 109 Nm2/C2

Tuttavia la carica di 1C è enorme, soprattutto se si confronta con la carica elettrica elementare dell’elettrone (che in un certo senso rappresenta una quantizzazione della carica elettrica):

e = 1.602 10-19 C

Si osserva sperimentalmente che il valore della forza che si esercita tra due cariche dipende dal mezzo interposto tra le cariche stesse: è massimo nel vuoto ma diminuisce via via che si inserisce tra le cariche un mezzo sempre più isolante. In generale occorre considerare una costante dielettrica del mezzo che è legata a quella del vuoto dalla

relazione ε = εrε0, con εr – costante dielettrica relativa al vuoto -

sempre maggiore di 1 e di conseguenza ε sempre maggiore di ε0.

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Legge di Coulomb e legge di gravitazione universale

Come già detto in precedenza, la Legge di Coulomb ha una notevole analogia con quella di gravitazione universale. Vi sono tuttavia alcune differenze importanti:

• La forza elettrostatica può essere sia attrattiva che repulsiva, a seconda del segno delle due cariche, mentre la forza di gravitazione è sempre attrattiva;

• La forza elettrostatica dipende dal mezzo in cui sono situate le due

cariche (ε è specifico di un particolare mezzo), mentre la forza gravitazionale è sempre la stessa (G0 è una costante universale);

• La scala di interesse delle due forze è assai diversa (la forza gravitazionale ha la sua massima espressione in ambito cosmologico).

Confrontiamo i moduli della FE e della FG tra protone ed elettrone:

FE = K e2/r2 FG = G0 memp/r2

da cui, dividendo membro a membro, otteniamo:

FE/FG = K e2/G0 memp ≈ 2.3 1039

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Campo elettrico

Perché si possa definire la forza elettrica tra due cariche occorre conoscere il valore di tutte e due le cariche. Si può supporre, tuttavia, che la presenza di una carica elettrica in un punto dello spazio modifichi la situazione preesistente creando un campo elettrico che si estende al di fuori della carica e permea tutto lo spazio (Faraday). Se nel punto P, situato ad una certa distanza da Q, carica generatrice del campo, poniamo una carica di prova positiva molto piccola q, questa risentirà di una forza FE data dalla legge di Coulomb (in a, b, c, avrà le intensità, le direzioni e i versi come in figura). Se definiamo allora il campo elettrico E come una forza per unità di carica, otteniamo il modulo di E direttamente dall’espressione di FE dividendo per q (positiva e tanto piccola da non perturbare lo spazio circostante a Q):

E = FE/q = K qQ/qr2 = K Q/r2 = (1/40) Q/r2

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Considerazioni sul Campo Elettrico

Il campo elettrico E, così definito, si misura in N/C.

E’ una grandezza vettoriale che dipende solo dalla carica Q generatrice del campo stesso (ma non dalla carica infinitesima positiva di prova q).

Direzione e verso di E coincidono con quello di FE, in quanto la carica di prova q è positiva.

Se il campo elettrico E generato da una sorgente Q è noto, la forza che agisce su un’altra carica Q’ posta in un qualunque punto P del campo sarà:

FE’ = Q’ E

e avrà come modulo Q’E, come direzione la direzione di E e come verso quello di E se Q’ è positiva e verso opposto se Q’ è negativa.

I campi elettrici generati da più cariche (così come la forza elettrostatica) si sommano vettorialmente (principio di sovrapposizione).

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Linee di forza del campo elettrico Da quanto detto si può rappresentare graficamente il vettore campo elettrico con delle frecce poste in vari punti del campo stesso. E’ più conveniente, tuttavia, visualizzalo mediante una serie di linee che indicano la direzione del campo. Tali linee godono delle seguenti proprietà:

• rappresentano l’orientamento del campo elettrico risultante di più cariche elettriche,

• escono dalle cariche positive ed entrano nelle cariche negative,

• la tangente in ogni punto di una linea indica la direzione del campo elettrico risultante in quel punto,

• Più ravvicinate sono le linee più intenso è il campo elettrico in quella zona di spazio.

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Linee di forza del campo elettrico

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Disco 17 – video 10 – Electric field

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Proprietà del campo elettrico nei conduttori

I conduttori godono di alcune proprietà che riguardano il campo elettrico quando ci si trovi in condizioni di equilibrio (elettrostatica).

1) Il campo elettrico all’interno di un conduttore è nullo. Infatti se il conduttore è pieno e gli vengono date delle cariche Q, queste si dispongono sulla sua superficie per effetto della repulsione coulombiana, fino a che si raggiunge una situazione di equilibrio e non ci sono più forze agenti sulle cariche stesse. Quindi all’equilibrio è dimostrata l’affermazione fatta sopra, che vale ovviamente anche per i conduttori cavi. In più vale anche, di conseguenza, l’ulteriore affermazione:

2) Le cariche elettriche si distribuiscono sulla superficie di un conduttore.

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Proprietà del campo elettrico nei conduttori (2) 3) Se una carica è circondata da un guscio sferico,

il campo elettrico esiste fuori dal guscio ma dentro è nullo. Questa affermazione si dimostra ricordando il principio dell’induzione elettrostatica.

4) Il campo elettrico è sempre perpendicolare alla superficie di un conduttore. Infatti, se così non fosse, vi sarebbe una componente di E, e quindi di FE, tangente alla superficie che farebbe muovere le cariche. Da questo deriva infine la proprietà:

5) il campo elettrico fra due lamine conduttrici piane e parallele cariche uniformemente è uniforme. La distribuzione uniforme della carica garantisce tale asserzione. Le linee di forza escono dalla lamina carica positivamente.

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Teorema di Gauss

Il Teorema di Gauss lega la carica elettrica al campo elettrico

introducendo una grandezza scalare Φ(E), detta flusso del vettore campo elettrico. Il flusso di E rispetto alla superficie A è definito come:

Φ(E) = A (E ● n) = A E n cosθ = AEcosθ = AE τ

dove n è il vettore normale alla superficie di modulo unitario (versore).

Il flusso del campo elettrico dà anche una stima del numero di linee di forza concatenate alla superficie di area A.

Il Teorema di Gauss stabilisce che il flusso totale del campo elettrico uscente da una qualunque superficie chiusa è pari alla carica totale netta Q racchiusa entro la superficie

divisa per la costante dielettrica 0.

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Superficie sferica Dimostriamo la relazione:

ΦT(E) = Q/ 0

nel caso di una superficie sferica di raggio r contenente al suo interno la carica Q. In questo caso si ha che il flusso attraverso la superficie elementare ΔA è dato da:

ΔA

E ΔΦ(E) = ΔA Ecosθ = ΔA E

essendo θ = 0. Il campo prodotto da una carica puntiforme è:

E = (1/40) Q/r2

Avremo:

ΔΦ(E) = ΔA (1/40) Q/r2

ed il flusso totale sarà:

ΦT(E) = 4r2 (1/40) Q/r2 = Q/0

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Energia Potenziale elettrostatica

Alta

En. Pot.

Bassa

En. Pot.

Consideriamo una carica elettrica q posta nel punto b all’interno dello spazio racchiuso tra due lamine conduttrici piane e parallele cariche come in figura. Se q è lasciata libera di muoversi le forze del campo la sposteranno da b ad a, per effetto della repulsione coulombiana, compiendo il lavoro Fd, dove F è la forza costante (E è uniforme) e d è pari alla distanza tra le lamine. Se la posizione finale fosse invece il

punto c, il lavoro sarebbe comunque Fd, in quanto lungo il tratto ac la forza è perpendicolare allo spostamento. Concludiamo che, almeno nel caso di campo elettrico uniforme, la forza elettrostatica è conservativa. Definiamo una energia potenziale elettrostatica U, tale che: Wab = (Wa – Wb) = (Ub-Ua) sia pari al lavoro fatto cambiato di segno. Notiamo che in b la carica è ferma, mentre in a avrà la massima velocità (e la sua En. Pot. si è trasformata in En. Cin.). Quindi la sua En. Pot. U è diminuita.

+

c

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Potenziale elettrico Analogamente a quanto fatto per il campo elettrico a partire dalla forza, definiamo il potenziale elettrico V come l’energia potenziale per unità di carica, V = U/q, e di questa grandezza, come avveniva per l’energia potenziale, ci interessano solo le variazioni, ovvero le differenze di potenziale fra due punti: Vba = (Vb – Va) = Uba/q

Il potenziale si misura in volt = joule/coulomb, in onore di Alessandro Volta che inventò la batteria elettrica. Notiamo che Uba = qVba, quindi una carica via via più grande acquisterà una En. Pot. sempre maggiore a

parità di potenziale. Se osserviamo la figura, l’analogo meccanico ci fa capire meglio il concetto di potenziale. Un sasso di massa m ed uno di massa doppia, alla stessa altezza h, hanno En. Pot. grav. mgh e 2mgh, rispettivamente. Così una carica 2Q possiede una Uba doppia della carica Q, a fronte di una differenza di potenziale Vba.

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Potenziale e campo elettrico, superfici equipotenziali

La relazione tra potenziale e campo elettrico si ottiene ricordando che:

qV = U = -Fd = -qEd

Da cui ricaviamo: V = Ed ovvero E = V/d

Quindi il campo elettrico si può misurare anche in volt/metro (V/m). Notiamo che le relazioni scritte sopra sono state ricavate nel caso di campo elettrico E uniforme.

Se, come in meccanica, definiamo superfici equipotenziali quelle superfici che contengono tutti i punti allo stesso potenziale, avremo che nel caso delle lastre conduttrici piane e parallele le sup. equipotenziali sono dei piani paralleli alle lastre, ed il campo sarà sempre perpendicolare ad esse.

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Potenziale elettrico dovuto a cariche puntiformi

+

Q q+

b a

rb ra

Nel caso di una carica puntiforme, il potenziale a distanza r da una carica Q si definisce come: V = K Q/r

ponendo a zero il potenziale a distanza infinita. Notiamo che il potenziale diminuisce con la distanza e non con il suo quadrato.

In questo caso la forza non è costante e dovremmo calcolare il lavoro per mezzo di un integrazione. Tuttavia, sulla base di quanto detto nel caso di E uniforme, possiamo scrivere:

Uba = qVba = q(KQ/rb – KQ/ra) = K qQ(1/rb – 1/ra)

ovvero, in generale: U = K qQ/r

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Capacità elettrica

Due lastre conduttrici piane e parallele di area A poste a distanza molto piccola d rispetto alle dimensioni delle lastre stesse costituiscono un condensatore, ovvero un dispositivo in grado di immagazzinare carica elettrica e quindi, come vedremo, energia. Se si collega il condensatore ad una batteria si ha inizialmente uno spostamento di cariche elettriche che si accumulano simmetricamente sulle due armature, fino al

raggiungimento di una situazione di equilibrio in cui si osserva che la carica totale Q accumulata è proporzionale alla differenza di potenziale V:

Q = CV

La costante di proporzionalità C si chiama capacità del condensatore e la sua unità di misura è il farad (1F = 1C/1V)

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Capacità del condensatore

La capacità del condensatore dipende solo dalle sue caratteristiche geometriche e dal particolare mezzo interposto tra le due armature. In particolare si osserva che la capacità è:

1) proporzionale all’area A delle armature

2) inversamente proporzionale alla distanza d tra le armature

Nel caso di un condensatore piano con il vuoto tra le armature avremo:

C = 0 A/d Dove 0 è la costante dielettrica del vuoto. Per aumentare la capacità si può inserire un dielettrico tra le armature. In questo caso la capacità

diventa C = A/d, dove = r0 > 0, essendo sempre r > 1. Quindi, in

definitiva: C = A/d

da cui segue anche che: V = Q/C = Q d/ A

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Energia immagazzinata in un condensatore

Possiamo calcolare l’energia immagazzinata in un condensatore ricordando che il lavoro fatto per aggiungere una piccola quantità di carica Δq sulle armature quando il potenziale è V è pari a ΔW = V Δq; se all’inizio la differenza di potenziale tra le armature è 0 e alla fine sarà Vf, il potenziale medio rispetto al quale si è aggiunta la carica Δq è pari a (½ Vf), (analogamente al caso dell’energia potenziale della molla).

Si avrà dunque, a condensatore carico, con una carica totale Q distribuita, un lavoro totale:

W = Q ½ Vf = ½ QV = ½ CV2

che rappresenta anche l’energia immagazzinata nel condensatore

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Se ora ci ricordiamo che V = Ed, e che C = 0(A/d), potremo scrivere: U = ½ CV2 = ½ (0 A/d) (E2d2) = ½ 0 E2Ad e poiché Ad è il volume tra le armature dove esiste il campo elettrico, avremo che la densità di energia D immagazzinata in un volume V è pari a: ½ 0 E2

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Capacità del condensatore

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Disco 18 – video 19 – Parallel plate capacitor

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Polarizzazione del dielettrico

E’’

E’

E

Il motivo per cui la capacità aumenta inserendo il dielettrico tra le armature risiede nel fatto che le molecole del dielettrico si polarizzano per effetto del campo E prodotto dalla distribuzione di cariche Q. In conseguenza di tale effetto si manifesta un campo elettrico E’ all’interno del dielettrico in verso opposto ad E. In definitiva il campo elettrico E’’ = (E – E’) risultante è minore di E, pur essendovi sulle armature la carica Q.

Al campo E’’ corrisponde la differenza di potenziale

V’’ = E’’d < V = Ed

e in definitiva avremo:

C’’ = Q/V’’ > C

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Parte II- Correnti elettriche: Intensità di corrente

Applicando una differenza di potenziale agli estremi di un conduttore, mediante una batteria, si applica un campo elettrico agli elettroni liberi o di conduzione all’interno del conduttore stesso e quindi una forza che mette in movimento gli elettroni. Questo flusso prende il nome di corrente elettrica e concerne lo spostamento di cariche negative. Tuttavia, per convenzione, si considera il moto di cariche positive, e quindi di verso opposto a quello degli elettroni. L’intensità di corrente I è definita come la quantità di carica ΔQ che attraversa una qualunque sezione del conduttore nell’intervallo di tempo Δt: I = ΔQ/Δt

I si misura in ampere (1A = 1C/1s)

+ -

V

E

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Resistenza elettrica e Leggi di Ohm Aumentando la differenza di potenziale agli estremi del conduttore si osserva che la corrente varia in conseguenza e che il fattore di proporzionalità è caratteristico di quel conduttore. Sulla base di queste osservazioni sperimentali Ohm enunciò le due leggi che portano il suo nome. Definito il fattore di proporzionalità tra tensione V e corrente I come la resistenza elettrica R di quel conduttore, la prima legge di Ohm dice che:

ΔV = V = RI ovvero I = V/R ovvero R = V/I

L’unità di misura della resistenza è l’ohm (1Ω = 1V/1A).

La dipendenza di R dallo specifico conduttore e dalle sue caratteristiche geometriche viene esplicitata dalla seconda legge di Ohm:

R = ρ L/A

dove L è la lunghezza del conduttore, A l’area della sua sezione e la costante di proporzionalità ρ è detta resistività del conduttore e dipende dal particolare materiale usato (unità di misura di ρ è Ω . m)

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Velocità degli elettroni in un conduttore

A livello atomico si può pensare che gli elettroni in un conduttore si comportino come le molecole di un gas, con un moto caotico a velocità molto elevata e frequenti urti con gli atomi del filo. In presenza di un campo elettrico dovuto alla d.d.p. applicata agli estremi del filo gli elettroni si muovono verso il polo positivo ma, a causa delle collisioni con gli atomi, essi raggiungono una velocità costante, molto minore della velocità media che caratterizza il loro moto caotico, detta velocità di deriva vd. Il valore di vd è in genere estremamente piccolo (decimi o centesimi di mm/s, il che corrisponde a migliaia di secondi per percorrere un metro di conduttore!). Ma questo non significa che per accendere una lampadina occorre attendere un tempo così lungo: infatti gli elettroni in un filo vanno visti come le molecole di acqua in un tubo: quando si apre il rubinetto una piccola quantità di acqua immessa ad un estremo questa farà fuoriuscire quasi immediatamente acqua all’estremità opposta!

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Corso di Fisica - UdA 29

Circuiti elettrici

Nella figura a destra è indicato lo schema di un circuito elettrico comprendente una batteria e una resistenza. La d.d.p. ai capi della resistenza si dice pure caduta di potenziale. Le resistenze possono essere combinate in due diverse configurazioni: in serie ed in parallelo.

Resistenze in serie

La corrente i attraversa le tre resistenze, per cui

V1 = I R1 V2 = I R2 V3 = I R3

(il termine Vi = IRi si chiama caduta di potenziale)

Poiché deve anche essere rispettata la relazione

V = V1 + V2 + V3 = I (R1 + R2 + R3) = I RSeq

Si avrà in definitiva: RSeq = R1 + R2 + R3

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Corso di Fisica - UdA 30

Circuiti elettrici

Resistenze in parallelo

In questo caso la corrente I si divide nei tre rami del circuito mentre la caduta di potenziale ai capi delle tre resistenze è la stessa. Si avrà:

I1 = V/R1 I2 = V/R2 I3 = V/R3

mentre: I1 +I2 +I3 = V/R1 + V/R2 + V/R3 = V(1/R1 + 1/R2 + 1/R3)

D’altra parte potremo scrivere:

I = V/RPeq

e quindi:

1/RPeq = 1/R1 + 1/R2 + 1/R3

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Leggi di Kirchhoff

Corso di Fisica - UdA 31

1. La somma algebrica delle correnti entranti in, e uscenti da, un nodo è uguale a zero

2. La somma algebrica delle cadute di potenziale e della d.d.p. della batteria in una maglia è uguale a zero

Disco 18 – video 2 – Sum of IR drops

Disco 17 – video 27 – Conservation of currents

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Corso di Fisica - UdA 32

Potenza elettrica ed Effetto Joule

La potenza è per definizione la rapidità con cui viene svolto un lavoro. Anche in questo caso avremo che:

P = L/t = QV/t = IV

L’unità di misura della potenza è sempre il watt (1W = 1J/1s).

Se consideriamo questa energia nell’unità di tempo trasformata in una resistenza R, possiamo riscrivere la definizione di potenza mediante la legge di Ohm:

P = IV = I(IR) = I2R = (V/R)V = V2/R

Questa è la potenza dissipata in un dispositivo per Effetto Joule.

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Potenza elettrica ed Effetto Joule

Corso di Fisica - UdA 33

Disco 18 – video 6 – I2R losses

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Corso di Fisica - UdA 34

Forza elettromotrice di una batteria

Per far circolare una corrente in un circuito serve un generatore di d.d.p., ovvero una batteria. Quando gli elettroni scorrono all’interno della batteria incontrano una resistenza r, detta resistenza interna, che ha l’effetto di diminuire la d.d.p. Vab effettivamente disponibile ai capi della resistenza di carico R. La d.d.p. a circuito aperto si chiama forza elettromotrice della batteria E (f.e.m.) ed è sempre maggiore di Vab, in

accordo con la relazione:

Vab = E – Ir

La resistenza interna è dovuta al fatto che le cariche devono scorrere nell’elettrolita tra gli elettrodi della batteria e vi è sempre qualche ostacolo ad un flusso completamente libero.

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Corso di Fisica - UdA 35

Parte III - Elettromagnetismo

I fenomeni magnetici, benché noti fin dall’antichità, furono interpretati solo nel XIX secolo, quando fu chiaro che in realtà essi erano strettamente correlati con il moto delle cariche elettriche. Il termine magnetismo trae origine dalla regione dell’Asia Minore Magnesia (oggi in Turchia) dove si trovavano le cosiddette pietre calamite o magneti. Questi materiali, che poi sono essenzialmente Ferro, Cobalto, Nickel e loro leghe, e sono detti ferromagnetici, godono di alcune importanti proprietà:

• sono sempre caratterizzati da due

poli di polarità opposta, uno negativo (SUD) e uno positivo (NORD); poli della stessa polarità si respingono, di polarità opposta si attraggono;

Disco 19 – video 1 – Magnetic attraction/repulsion

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Corso di Fisica - UdA 36

Magneti

• Se si divide in due parti un magnete, otteniamo due nuovi magneti con due polarità ciascuno: i poli magnetici non si possono separare. La spiegazione di questo fenomeno venne solo dopo la comprensione della struttura atomica;

Disco 19 – video 5 – Broken magnet

• Un magnete molto piccolo e libero di girare attorno ad un asse (bussola), si orienta secondo delle linee di forza che caratterizzano sia lo spazio circostante un magnete che il suo interno: le linee di forza escono dal polo positivo ed entrano in quello negativo, e sono linee continue che passano anche all’interno del magnete.

Disco 19 – video 4

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Corso di Fisica - UdA 37

Campo magnetico terrestre – Proprietà magnetiche della materia

L’uso della bussola permette di identificare e tracciare il campo magnetico terrestre: la Terra, infatti, grazie al suo nucleo composto essenzialmente di metalli quali Ferro, Cobalto e Nickel, si comporta come un gigantesco magnete il cui polo nord è situato vicino al polo sud geografico ed il sud vicino al polo nord geografico. I materiali esistenti in natura possono essere classificati, a seconda delle loro proprietà magnetiche, in tre tipi fondamentali:

• ferromagnetici, che sono in grado di generare un campo magnetico proprio;

• paramagnetici, che non producono un proprio campo ma si magnetizzano quando sono immersi in un campo esterno;

• diamagnetici, che non producono un campo proprio e non si magnetizzano quando sono immersi in un campo esterno.

Disco 19 – video 3

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Corso di Fisica - UdA 38

Campi magnetici prodotti da correnti elettriche

Il concetto di forza magnetica che si esercita tra i poli dei magneti o sull’ago di una bussola è stato introdotto empiricamente. Un passo avanti verso una sua definizione completa venne fatto quando si scoprì che un filo conduttore percorso da corrente produce un campo magnetico (Örsted, 1820).

Oersted osservò che una corrente I, scorrendo in un filo rettilineo molto lungo (al punto che si può considerare infinito), genera un campo magnetico, in grado di esercitare una forza su della limatura di ferro posta su un piano perpendicolare al filo. Le linee di forza di tale campo si si possono misurare con l’ausilio di una bussola.

Disco 19 – video 9 – prima parte

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Corso di Fisica - UdA 39

Campo magnetico prodotto da un filo rettilineo percorso da corrente

Le linee di forza di tale campo sono delle circonferenze concentriche con il filo, perpendicolari ad esso ed orientate secondo la regola della mano destra. Alternativamente, un osservatore parallelo al filo ed orientato nella direzione della corrente, vede le linee di forza orientate in senso antiorario.

Il vettore campo magnetico si chiama induzione magnetica B. Potremo tuttavia definire il modulo di B solo dopo aver definito la forza magnetica

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Campo magnetico prodotto da un filo rettilineo percorso da corrente

Corso di Fisica - UdA 40

Disco 19 – video 7 – Right hand rule

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Campo magnetico prodotto da una spira circolare percorsa da corrente: principio di equivalenza di Ampére

B

I

B

Nel caso di una spira conduttrice circolare percorsa da corrente le linee di forza sono illustrate nella figura: la direzione ed il verso di B si ottengono al solito mediante la regola della mano destra. Osservando la distribuzione e l’orientamento delle linee di forza, appare evidente l’analogia con il caso di un magnete. Anzi il fisico francese Ampére stabilì la perfetta equivalenza tra il campo generato da una piccola spira percorsa da corrente ed un piccolissimo magnete (ago di una bussola). Questa affermazione, che prende il nome di principio di equivalenza di Ampére, trova la sua spiegazione profonda nella struttura atomica della materia

Disco 19 – video 9 – seconda parte

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Corso di Fisica - UdA 42

Forza magnetica su un filo percorso da corrente

Per definire in modo completo B (modulo), facciamo ricorso alla forza che un campo magnetico esercita su un filo percorso da corrente. Se una corrente elettrica esercita una forza su un magnete (i.e. l’ago di una bussola), per il terzo principio della dinamica ci aspettiamo che sia vero anche il viceversa. Infatti Oersted dimostrò che un campo magnetico esercita una forza su un filo conduttore percorso da corrente. In particolare la forza è sempre perpendicolare alla direzione della velocità v delle cariche che scorrono nel filo e di B ed il suo verso è dato ancora una volta dalla regola della mano destra.

Disco 20 - video 1 – jumping wire

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Forza magnetica su un filo percorso da corrente

Corso di Fisica - UdA 43

Per quanto riguarda il modulo si trova che esso è proporzionale alla corrente I, alla lunghezza l della parte di filo immersa nel campo magnetico (uniforme), al campo magnetico B. F dipende anche dall’angolo θ tra la corrente e il campo:

F = Il B sinθ

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Definizione del campo magnetico B

In base alla relazione precedente che ci fornisce il valore della forza magnetica, possiamo anche ricavare la definizione del modulo di B. Infatti, considerando il caso di forza massima, ovvero quando l’angolo tra velocità e campo è pari a 90°, possiamo scrivere che:

B = F/Il

L’unità di misura del campo magnetico è il tesla e, ovviamente, avremo che 1T = 1N/(1A.1m).

Un’altra unità ancora molto usata, benché appartenga al sistema cgs, è il gauss, con la relazione 1G = 10-4T

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Forza magnetica su cariche elettriche in movimento

Se il campo magnetico esercita una forza su un filo percorso da corrente, che non è altro che un flusso di cariche elettriche nel filo, è naturale che il campo eserciti una forza su una singola carica in movimento con velocità v attraverso il campo stesso: se N cariche q passano in un punto del filo nel tempo t, avremo come risultato una corrente I = Nq/t. Se t è il tempo impiegato da una carica q per percorrere un tratto l all’interno di B, avremo l = vt. Allora la forza sulle N cariche è:

F = IlB sinθ = (Nq/t)(vt)Bsinθ,

v

q

F

θ

F B

v

e la forza su una carica è: F = qvB sinθ

La direzione e il verso di F si ottengono, al solito, con la regola della mano destra. Possiamo anche sinteticamente definire la forza magnetica, o Forza di Lorentz, come il prodotto vettore della velocità per il campo, moltiplicato per la carica q, ovvero: F = q (v x B)

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Traiettoria di una particella carica in un campo magnetico uniforme

+

+

q+

B

Consideriamo una carica positiva q che rimanga intrappolata all’interno di un campo magnetico B uniforme, diretto perpendicolarmente al piano della figura e uscente da esso. La carica descriverà un’orbita circolare, e la forza di Lorentz, sempre perpendicolare al piano di v e B, fornirà la necessaria forza centripeta. Ne segue che la forza magnetica non compie mai lavoro. Calcoliamo il raggio dell’orbita per una particella di massa m e carica q+. Avremo:

C r

F = qvB, ma anche Fc = mv2/r

e quindi qvB = mv2/r da cui

r = mv/qB

Poiché a masse diverse corrispondono raggi diversi, questo fenomeno può essere usato per separare ioni di masse diverse (spettrometro di massa).

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Legge di Ampere

Ampere stabilì una relazione generale tra la corrente che scorre in un filo di forma qualsiasi e il campo magnetico prodotto attorno ad esso. Prendiamo un qualunque percorso chiuso intorno ad un tratto di filo, e dividiamolo in tanti piccoli segmenti di lunghezza Δl, tali che per tutta la lunghezza Δl la componente B// del campo magnetico B si possa considerare costante. Vale allora la relazione, detta Legge di Ampere:

ΣB// Δl= μ0I

dove la sommatoria va fatta su un cammino chiuso, I è la corrente totale passante attraverso la superficie identificata dal cammino chiuso e μ0 è una costante, detta permeabilità magnetica del vuoto, e vale: μ0 = 4π 10-7 T.m/A

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Campo magnetico generato da varie configurazioni di conduttori percorsi da corrente

Tramite la legge di Ampere possiamo calcolare il campo prodotto da un filo rettilineo: in questo caso B è sempre parallelo agli elementi dl della circonferenza, per cui avremo:

B(Δl1 + Δl2 + ….+ Δln) = B (2πr) = μ0I

e quindi B = μ0I/2πr

Nel caso di una spira percorsa da corrente il campo magnetico generato al centro vale:

B = μ0I/2r

Infine nel caso di un solenoide, unica configurazione di corrente che permette di generare un campo magnetico uniforme (al suo interno), il campo vale:

B = μ0nI

dove n è il numero di spire per unità di lunghezza.

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Forza tra due fili percorsi da corrente

Poiché quando un filo è percorso da corrente si genera un campo magnetico, e quando un filo è immerso in un campo magnetico risente di una forza, ne consegue che tra due fili paralleli, posti a distanza L, percorsi da corrente si eserciterà reciprocamente una forza. Avremo: B1 = μ0I1/2πL

La forza per unità di lunghezza risentita dal filo percorso dalla corrente I2 per effetto del campo B1 è:

F/l = I2B1 e pertanto:

F/l = μ0I1I2/2πL

Ricordando che il verso della forza si determina con la regola della mano destra, si nota che la forza è attrattiva se I1 e I2 sono concordi, repulsiva nel caso contrario.

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Forza tra due fili percorsi da corrente

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Disco 19 – video 13 – Pinch wires

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Induzione elettromagnetica – correnti indotte

Dopo la scoperta di Oersted che una corrente elettrica produce un campo magnetico, quella di Lorentz che un campo magnetico produce una forza su un filo percorso da corrente, e la Legge di Ampére, si cercò di verificare se un campo magnetico potesse produrre una corrente elettrica. Faraday, intorno al 1830, usando un dispositivo come quello in figura, osservò che nel galvanometro (strumento per misurare il passaggio di corrente in un circuito) scorreva corrente solo durante l’intervallo di tempo in cui l’interruttore veniva chiuso o aperto, ma non in una situazione “statica” (ovvero, di corrente circolante).

Da questo esperimento si poteva dedurre che una corrente indotta viene prodotta da un campo magnetico variabile nel tempo.

Disco 20 – video 20 – Two coils

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Corso di Fisica - UdA 52

F.e.m. indotta

Un ulteriore esperimento dimostrò che se un magnete viene avvicinato o allontanato da una spira, si induce una corrente nel filo, mentre ciò non accade se il magnete è fermo. Notiamo che: • il verso della corrente dipende dal tipo di movimento,

• non ha importanza se è il magnete che si muove rispetto alla spira o se è la spira che si muove rispetto al magnete, ed infine,

• l’intensità della corrente dipende dalla rapidità dello spostamento.

Disco 20 – video 11 – Wire and magnet

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F.e.m. indotta – Flusso magnetico

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Se nel circuito scorre una corrente, allora è come se vi fosse un generatore di f.e.m. indotta. Per definire completamente il fenomeno dobbiamo introdurre il concetto di flusso magnetico. Analogamente a quanto fatto per il campo elettrico, definiamo il flusso magnetico Φ(B), concatenato ad una spira di area A, come:

Φ(B) = A (B ● n) = B A cosθ = B A

con n versore normale alla superficie.

n

Ricordiamo che il flusso è massimo quando B è perpendicolare alla spira, ovvero θ = 0° ed è nullo per θ = 90°, e che il flusso è proporzionale al numero di linee di forza che attraversano la spira. L’unità di misura del flusso è il weber, dove: 1Wb = 1T. 1m2.

Disco 20 – video 13 – Earth coil

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Legge di Faraday – Legge di Lenz

Possiamo quindi scrivere la Legge di Faraday:

Ei = - ΔΦ(B)/Δt

Una variazione nel tempo del flusso magnetico produce una f.e.m. indotta, che si oppone alla variazione di flusso iniziale che l’ha generata (il segno – è anche detto Legge di Lenz)

Proviamo a fare alcune considerazioni su questa legge:

• Se la bobina che concatena il flusso magnetico è composta da N spire, allora la f.e.m. indotta è N volte più grande.

• Per produrre una grande f.e.m. indotta è importante agire sulla rapidità di variazione del flusso. Questa può avvenire variando B, l’area o l’angolo θ, nel minor tempo possibile.

Disco 20 – video 12 – 10/20/40 coils with magnet

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Corso di Fisica - UdA 55

Legge Lenz e conservazione dell’energia

La Legge di Lenz in realtà non fa altro che confermare la validità del Principio di Conservazione dell’Energia. Infatti, se non ci fosse il segno negativo, ad una variazione di flusso magnetico si produrrebbe una f.e.m. e, quindi, una corrente indotta che a sua volta porterebbe ad un aumento del flusso nella stessa direzione della variazione iniziale, che a sua volta porterebbe ad una ulteriore corrente indotta che aumenterebbe di nuovo il flusso e così via. Si sarebbe realizzato il “moto perpetuo”, e si sarebbe violato il Principio di Conservazione dell’Energia!

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Correnti alternate

Grazie alla Legge di Faraday si può generare una corrente alternata. In pratica si trasforma energia meccanica, necessaria a far ruotare una spira sul proprio asse all’interno di un campo magnetico uniforme, in energia elettrica. In questo caso la variazione di flusso necessaria a produrre la f.e.m. indotta avviene facendo variare l’angolo θ, periodicamente nel tempo. Poiché la spira ruota con moto circolare uniforme, avremo che la f.e.m. indotta varia con il sinθ = sinωt.

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Potenza elettrica e valore efficace delle c.a.

P

La potenza elettrica P = I2R, dissipata in un carico resistivo, non dipende dal verso (e dal segno) di I. Per questo motivo possiamo utilizzare le correnti alternate per accendere la lampadine e per un’infinità di altri usi. Occorre però tener conto che il valor medio di E (quindi di I) non è uguale al valore massimo E0 (I0), ma che occorre considerare il valore efficace di queste quantità. Si dimostra che:

Eeff = E0/√2, Ieff = I0/√2

e

Peff = ½ I02R = ½ E02/R = ½ E0I0