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MENSILE DEL SANTUARIO DELL’AMORE MISERICORDIOSO COLLEVALENZA ANNO LVIII 8 febbraio, Festa Liturgica della Beata Speranza di Gesù

8 febbraio, Festa Liturgica della Beata Speranza di Gesù · bevanda; essi sono gli strumenti di cui Gesù si serve e davanti a Lui piut-tosto che sfigurare acquisteranno la loro

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MENSILE DEL SANTUARIO

DELL’AMORE MISERICORDIOSO

COLLEVALENZAANNO LVIII

8 febbraio, Festa Liturgica della Beata Speranza di Gesù

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SOMMARIO

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L’AMORE MISERICORDIOSORIVISTA MENSILE - ANNO LVIII

GENNAIO • 1

P. Mario Gialletti

Marina Berardi

Edizioni L'Amore Misericordioso

06059 Collevalenza (Pg)Tel. 075.89581 - Fax 075.8958228Autorizzazione:Trib. Perugia n. 275, 1-12-1959

LitografTodi s.r.l. - Todi

€ 15,00 / Estero € 25,00C/C Postale 1011516133

A.P. art. 2 comma 20/CLegge 662/96 - Filiale Perugia

I dati personali di ogni abbonato alla no-stra rivista “L’Amore Misericordioso” nonsaranno oggetto di comunicazione o dif-fusione a terzi.Per essi ogni abbonato potrà richiedere,in qualsiasi momento, modifiche, aggior-namenti, integrazioni o cancellazione, ri-volgendosi al responsabile dei datipres so l’amministrazione della rivista.

www.collevalenza.itVisita anche tu l’home page

rinnovata del sito del SantuarioSono sempre più quelli che vi trovanonotizie, informazioni, scritti dellabeata Madre Speranza, e molto ma-teriale di studio e di meditazione.

4-8 febbraio Festa Liturgica della Beata Speranza di Gesùpresiede il Card. SCHÖMBORN

a pag 32

DAGLI SCRITTI DI MADRE SPERANZA

ATTUALITÀ

LA PAROLA DEI PADRI

PASTORALE FAMILIARE

L’ACQUA DELL’AMORE MISERICORDIOSO 22

COME DIVENTARE MISERICORDIOSI (5)

LA LETTERA

STUDI

ESPERIENZE

Il Santuario di Madre Speranza a Collevalenza

DAL SANTUARIO DI COLLEVALENZA

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L’Amore Misericordioso - gennaio 2017 1

Non potete immaginare quanto soffro sentendo qualcuno lamentar-si delle prove a cui è soggetto. Ciò vuol dire che avete dimenticatoche la vita di una religiosa è vita di lotta e solo lottando otterremo

la corona di gloria che il Buon Gesù ci ha pre parato.

Dimenticano anche che un’Ancella dell’Amore Misericordioso deve affron-tare con serenità le prove, le calunnie e le contrarietà di questa vita sicurache tale è il cammino che ci porta alla gloria dei santi alla quale dobbiamotendere continuamente, ricordando che le prove anche se ci domano eumiliano, ci insegnano a separare la paglia dal grano, le cose preziose daquelle inutili e ci illuminano perché conosciamo la vita futura e evitiamoquanto non piace a Dio.

Ricordiamoci che le tribolazioni sono la via al cielo e se ciò è vero perchérifiutiamo la sofferenza? Che diremmo di un uomo a cui è data un’enormericchezza per farlo uscire dalla sua povertà e questi la rifiutasse dicendoche preferisce restare povero? È un pazzo. Rifiutando la sofferenza com-mettiamo tale pazzia. Dobbiamo ricordarci che siamo poveri, molto poveridi beni spirituali.

Madre Speranza di Gesù Alhama Valera nata il30 settembre 1893 a Santomera morta in Col-levalenza l'8 febbraio 1983 Fondatrice delle An-celle e dei Figli dell'Amore Misericordioso e delSantuario di Collevalenza.

È in corso il Processo canonico per la sua cano-nizzazione;� il 23 aprile 2002 la Chiesa l'ha dichiarata ve-

nerabile; � il 5 luglio 2013 è stato riconosciuto il miracolo

ottenuto per sua intercessione;� il 31 maggio 2014 è stata proclamata beata.� la festa liturgica si celebra il giorno 8 febbraio.

Come comportarsinelle prove

dagli scritti di madre speranzaa cura di P. Mario Gialletti fam �

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L’Amore Misericordioso - gennaio 20172

dagli scritti di madre speranza

Siamo peccatori e pieni di debiti da pagare o in questa o nell’altra vita.Mercanti che debbono raddoppiare i talenti ricevuti con l’oro purissimodella carità e delle virtù. Siamo poveri esiliati, schiacciati da mille necessi-tà e miserie materiali e spirituali. Gesù che conosce la nostra viltà e debo-lezza ha messo nelle nostre mani un preziosissimo tesoro, una sorgenteinesauribile di meriti con cui arricchirci e pagare i nostri debiti; ma noi cipermettiamo di rifiutare questo inestimabile tesoro.

Non dimentichiamo quali ricchezze spirituali ci procurano le tribolazioni ecapiremo che invece di rifiutarle o temerle le cercheremo. Ma perché? Cosasono le tribolazioni? Le tribolazioni sono una misericordiosa visita del BuonGesù, una prova d’amore che ci dimostra il nostro Buon Padre. Ri cordiamoanche che Gesù quanto più ama una persona tanto più la prova. Egli sferzae corregge i figli che più ama. Quale figlio non è punito dal padre?

Poco tempo fa ho sentito qualcuna che diceva: “Perché Gesù permette leprove?”. Perché la tribolazione ci fa ricorrere a Lui. Gesù si serve delle tri-bolazioni per attirare a sé le anime consacrate, che dimentiche della lorovocazione e dei doveri del proprio stato si lasciano sedurre dalle cose diquesto mondo alle quali avevano rinunciato.

Sapete bene che gli amici più cari di Gesù sono i poveri, i perseguitati, gliafflitti, perché sono quelli che più gli assomigliano. Infatti essi vivono emuoiono abbracciati alla propria croce. E noi consacrate rifiuteremo lacroce? Le tribolazioni ci scoraggeranno?

No! Al contrario! Ne ringrazieremo il buon Gesù e aiuteremo le nostre so-relle ad accoglierle con gioia, o almeno con buona volontà, pazienza econformità alla volontà di Dio, insegnando loro quale bisogno ha il cristia-no di tali virtù per la propria salvezza; inoltre la pazienza nelle prove cifortifica e ci fa acquistare tutte le virtù.

Insegneremo loro ciò che non dobbiamo mai dimenticare: è più meritoriosoffrire con pazienza che risuscitare i morti e compiere altri miracoli. Ri-cordando anche che se il mondo chiama miseri gli afflitti, i calunniati, ipoveri, i tribolati… Gesù li chiama felici e beati perché li ha scelti per Sé.

Fortezza

Poco tempo fa qualcuna mi ha chiesto: perché il bene è così osteggiato? Eperché anche la nostra attività, con la quale vogliamo fare del bene eserci-tando la carità, viene trattata in tal modo?

Certo il bene o quanto si riferisce alla gloria di Dio deve per forza avere ilmarchio della contraddizione e spesso questa viene proprio da dove uma-namente parlando dovremmo aspettarci l’aiuto. Ma è necessario si realizzila volontà di Dio.

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L’Amore Misericordioso - gennaio 2017

dagli scritti di madre speranza

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Allora non preoccupiamoci perché se lavoriamo per amore di Gesù e perla sua gloria i frutti verranno quando la provvidenza vorrà. Quanto piùcrescono le sofferenze tanto più aumenteranno i risultati. Ma quando sa-ranno esaurite le risorse umane e crederete di non aver fatto niente, nontemete perché – lo ripeto – se questa opera la vuole Gesù non dobbiamoscoraggiarci e tanto meno fuggire nella lotta: è questo infatti il momentoemergerà l’azione soprannaturale della grazia.

Non dimenticate che per portare aventi questa lotta dobbiamo essere fortie non scoraggiarci, ma pensare che se Gesù ce lo chiede non dobbiamo ab-bandonare il lavoro, anzi dobbiamo impiegare tutte le energie per vincerele difficoltà e sofferen ze che Egli permetterà per il nostro bene.

Non critichiamo o lamentiamoci mai contro chi ci presenta questa amarabevanda; essi sono gli strumenti di cui Gesù si serve e davanti a Lui piut-tosto che sfigurare acquisteranno la loro ricompensa. Non dimentichiamoche un angelo presentò tutto questo allo stesso Gesù e rimase puro comeprima. Preoccupiamoci di non far passare giorno senza aver pregato, conpassione, per quanti crediamo ci abbiano ferito. (El pan 5, 147-160

14 Gliel’ho detto più volte, ma vedo che gli costa molto sottostare, in tante cose, aduna povera religiosa, ignorante e senza tanta cultura come lui. Rendendomi conto di ciò,con grandissimo sforzo, gli riferisco ciò che Gesù mi dice, ma vedo che lui non lo pubblicacome gli viene riferito. La stessa cosa ha fatto con alcuni particolari della novena che hadivulgato in America, Francia e Spagna.

15 Padre, mi perdoni, per non averle detto prima tali cose; temevo che il mio desideriodi riferirle tutto ciò non fosse sincero, ma misto ad amor proprio e con lo scopo che lei di-cesse bruscamente: “ basta, smetti di collaborare con questo padre”. Questa infatti sa-rebbe la cosa che più gradirei, specialmente dopo che la marchesa di Almaguer mi ha fat-to sapere che non si può più lavorare nel diffondere la dottrina dell’Amore Misericordio-so, perché è una novità che la Chiesa non approva. Padre, mi perdoni per averle nascostotanto a lungo queste cose. Le chiedo di non proibirmi di proseguire questo lavoro nono-stante la minaccia del fallimento, perchè se ciò dovesse accadere, non rivelerò mai chi mispingeva a farlo.

16 19 febbraio 1928 Oggi, la marchesa di Almaguer mi comunica che devono es-sere ritirate le immagini dell’Amore Misericordioso da tutte le chiese e che i Domenicanile hanno già tolte; si devono ritirare anche tutte le immagini in possesso delle famiglie.

... dal Diario di Madre Speranza ... 6

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Con la pubblicazione dellalettera apostolica Miseri-cordia et misera si può

rintracciare il filo comune diuna trama che tiene assiemel’Evangelii gaudium e l’Amorislaetitia e che rimanda a quel-l’intuizione di Paolo VI, ripresapiù volte anche da GiovanniPaolo II, di costruire una nuova«civiltà dell’amore».

Montini utilizzò per la primavolta questa espressione nellaPentecoste del 1970 e ne deli-neò alcuni caratteri durante l’o-melia di Natale dell’anno santodel 1975. «Non l’odio, non lacontesa, non l’avarizia sarà lasua dialettica» disse in quellanotte che chiudeva il giubileo,ma la «civiltà dell’amore prevar-rà nell’affanno delle implacabililotte sociali, e darà al mondo lasognata trasfigurazione dell’u-manità finalmente cristiana».

In queste parole nessun buoni-smo ma, al contrario, oltre al-l’eredità di Maritain sull’uma-nesimo cristiano, una profondaconsapevolezza dei rischi cheattanagliavano la vita quotidia-na dell’uomo secolarizzato,sempre più costretto in un’esi-

stenza mercificata, individuali-sta e nichilista. La costruzionedi questa civiltà, in cui l’amoree la giustizia si completano e sisorreggono a vicenda, non èdunque separabile dall’annun-cio salvifico di Cristo che assu-me pertanto un’inequivocabiledimensione sociale.

Giovanni Paolo II sviluppò ulte-riormente questa intuizionemontiniana affermando, nellaDives in misericordia, essenzial-mente tre concetti: innanzitut-to, che l’amore rivelato dal Cri-sto trovava «la più concretaespressione nei riguardi di colo-ro che soffrono», dei «poveri»,degli «oppressi» e dei «pecca-tori»; in secondo luogo, che so-lo «l’autentica misericordia» èla «fonte più profonda dellagiustizia»; e, infine, che la giu-stizia trova il suo compimentomassimo in quella forma altissi-ma di amore che è il perdono: ilquale «non è mai indulgenzaverso il male» ma al contrarioattesta «che nel mondo è pre-sente l’amore più potente delpeccato».

Oggi queste intuizioni trovano,con la lettera Misericordia et

La dimensione social

A t t u a l i t àCard. Gualtiero Bassetti

Nel documento conclusivodell’anno santo

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a t t u a l i t à

e della misericordia

misera, una nuova declinazione che sifonda, sostanzialmente, sulla necessi-tà urgente di costruire concretamenteuna «cultura della misericordia» che,come ben si capisce, non può essere

banalizzata da una superficiale lettu-ra del perdono inteso come sanato-ria, ma deve basarsi, come ha scrittoil Papa, su cinque capisaldi: la «risco-perta dell’incontro con gli altri», la«preghiera assidua», la «docile aper-tura all’azione dello Spirito», la «fa-miliarità con la vita dei santi» e «la vi-cinanza concreta ai poveri».

Al centro di tutto si pone il binomioamore e riconciliazione così benesemplificato dall’incontro tra Gesù el’adultera.

Come non coglierne la portata evan-gelizzatrice che oggi, più che mai, siriferisce a platee sterminate di uominie donne in tutto il mondo, lontanissi-mi da ogni riferimento spirituale esofferenti per un peccato di cui nonriescono più a percepire il senso? Uo-mini e donne a cui non è possibilemettere il vestitino del buon cristianose prima non si va alla radice della lo-ro sofferenza esistenziale: la rottura,tutta umana, di quel rapporto d’amo-re che lega ogni essere umano alcreatore.

L’affermazione di questa «cultura del-la misericordia» ha dunque, inevita-bilmente, un «carattere sociale» cheesige, come ha scritto Francesco, «dinon rimanere inerti e di scacciare l’in-

differenza e l’ipocrisia» del mondocontemporaneo. Un’indifferenza eun’ipocrisia che si manifestano, senzaalcun dubbio, nei confronti dei poverie dello scandalo che essi rappresenta-

no per la stanca e invecchiata societàopulenta. Per questo ha un’importan-za cruciale la decisione di istituire lagiornata mondiale dei poveri che, nelcalendario liturgico, anticiperà la so-lennità di Nostro Signore Gesù Cristore dell’universo. Una giornata che po-trà essere una preziosa occasione per-ché ci aiuterà a riflettere su come da-re spazio «alla fantasia della miseri-cordia» per poter costruire «tantenuove opere, frutto della grazia».

Opere che, per esempio, mise in attoGiorgio La Pira quando si trovò difronte, come sindaco di Firenze, ildramma degli sfrattati: famiglie conbambini senza più una casa. Non ri-uscendo a trovare una soluzione perquesti disperati, La Pira riuscì ad avva-lersi di una vecchia legge che dava lapossibilità di requisire delle case inuti-lizzate in presenza di gravissimi moti-vi. Davanti a un ammutolito consigliocomunale, disse: «C’è qui in giuoco lasostanza stessa della grazia e dell’E-vangelo! Se c’è uno che soffre io houn dovere preciso: intervenire in tuttii modi con tutti gli accorgimenti chel’amore suggerisce e che la legge for-nisce, perché quella sofferenza sia odiminuita o lenita. Altra norma dicondotta per un Sindaco in genere eper un Sindaco cristiano in ispecienon c’è!».

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Perciò san Paolo dicedel Cristo: «In Cristosi trovano nascostitutti i tesori dellasapienza e dellascienza» (Col 2, 3) neiquali l’anima nonpuò penetrare, seprima non passa perle strettezze dellasofferenza internaed esterna.

Per quanto siano molti i miste-ri e le meraviglie scoperte daisanti dottori e intese dalle

anime sante nel presente stato divita, tuttavia ne è rimasta da dire eda capire la maggior parte e quindic’è ancora molto da approfondire inCristo. Questi infatti è come unaminiera ricca di immense vene di

la parola dei padrisan Giovanni della Croce, sacerdote

(Dal «Cantico spirituale» di san Giovanni della Croce, sacerdote. Strofe 36-37)

La conoscenza delmistero nascosto inCristo Gesù

L’Amore Misericordioso - gennaio 20176

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tesori, dei quali, per quanto si vadaa fondo, non si trova la fine; anzi inciascuna cavità si scoprono nuovifiloni di ricchezze.

Perciò san Paolo dice del Cristo: «InCristo si trovano nascosti tutti i te-sori della sapienza e della scienza»(Col 2, 3) nei quali l’anima non può

penetrare, se prima non passaper le strettezze della soffe-renza interna ed esterna. In-fatti a quel poco che è possibi-le sapere in questa vita deimisteri di Cristo, non si puògiungere senza aver soffertomolto, aver ricevuto da Dionumerose grazie intellettualie sensibili e senza aver fattoprecedere un lungo eserciziospirituale, poiché tutte questegrazie sono più imperfettedella sapienza dei misteri diCristo, per la quale servono disemplice disposizione.

Oh, se l’anima riuscisse a ca-pire che non si può giungere

nel folto delle ricchezze e della sa-pienza di Dio, se non entrando do-ve più numerose sono le sofferenzedi ogni genere riponendovi la suaconsolazione e il suo desiderio! Co-me chi desidera veramente la sa-pienza divina, in primo luogo bra-ma di entrare veramente nellospessore della croce!

Per questo san Paolo ammoniva idiscepoli di Efeso che non venisse-ro meno nelle tribolazioni, ma stes-sero forti e radicati e fondati nellacarità, e così potessero comprende-re con tutti i santi quale sia l’am-piezza, la lunghezza, l’altezza e laprofondità e conoscere l’amore diCristo che sorpassa ogni conoscen-za per essere ricolmi di tutta la pie-nezza di Dio (cfr. Ef 4, 17). Per ac-cedere alle ricchezze della sapienzadivina la porta è la croce. Si trattadi una porta stretta nella quale po-chi desiderano entrare, mentre so-no molti coloro che amano i dilettia cui si giunge per suo mezzo.

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la parola dei padri

“Dio stima di più in te l'inclinazioneall'aridità e alla sofferenza per amorsuo, che tutte le meditazioni, le visioni ele consolazioni spirituali che tu possaavere”.

san Giovanni della Croce

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pastorale familiareMarina Berardi

ABetlemme, nel cenacolo e sulGolgota l’amore potrbbe appa-rire insensato: nascosto nella

debolezza di un Bambino che nasce inuna grotta, nel vino e in un pezzo dipane e nel fallimento di un Uomo cro-cifisso, sfigurato dall’odio e dal rifiutodell’umanità. Sono questi i due luoghiin cui il Padre misericordioso ha sceltodi manifestare la divinità del suo UnicoFiglio, la piena rivelazione dell’Amore.Gesù stesso, nello scegliere la mangia-toia e la croce, ci indica le profondeesigenze del dono di sé e sgombera ilcampo da ogni eventuale illusione:l’amore vero si prova nel crogiuolo, re-sta proprio quando si fa croce. Ciò che appare allora irragionevole èvoler eludere il confronto con le inevi-tabili prove del fuoco che la vita,spesso in modo imprevisto e inaspet-tato, ci chiede di attraversare. Para-dossalmente, proprio la sofferenza e ildolore finiscono per fare da discrimi-nante, separando la bigiotteria dal-l’oro puro: un amore taroccato si li-quefa’ e si squaglia - in tutti i sensi! -mentre quello autentico brilla e ri-splende proprio grazie al buio.Come non vedere le tenebre in cui èavvolto questo nostro tempo! Perquesto immagino che oggi Gesù ab-bia scelto di manifestare la potenzadell’a more nascendo fra le macerie la-

sciate dai terremoti, dal terrorismo,dalle tante povertà; fra le macerie delnostro peccato, delle nostre relazioniferite, della nostra pretesa di esorciz-zare la paura eliminando il diverso.Madre Speranza ha percorso con de-cisione e passione la strada tracciatada Gesù: prendere su di sé il doloredell’altro, essere “un abisso senzafondo, capace di assumere e annien-tare tutte le malvagità dei fratelli” (ElPan 2, 73). Infatti, una volta compre-so che “la scienza dell’amore si ap-prende nel dolore”, che quanto più sisoffre tanto più si ama, lei non haavuto altro desiderio che frequentarequesta scuola: “Tu dici, Gesù, che se

La potenzadell’Amore

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L’Amore Misericordioso - gennaio 2017

l’amore non soffre e non si sacrificanon è amore; che insegnamento, Diomio! Adesso mi rendo conto perché

il tuo amore è così forte ed è fuocoche brucia e consuma. Hai soffertotanto!” (El Pan 18, 703). Parafrasando un altro dei suoiscritti, anche noi potremmo interro-

garci sulla crescita e la qualità delnostro amore nello scorrere degli an-

ni: All’inizio [del fidanzamento], a“Betlemme”, questo Bambino

era il tesoro più prezioso, e du-rante gli anni tranquilli di Na-zareth, [dei primi anni di ma-trimonio], si era felici accantoa Lui. Più tardi però sono arri-

vate le prove, le tentazioni, lesofferenze, l’orto degli ulivi e il

Calvario, e allora? Siamo rimastifedeli a Dio, Sposo e Signore? L’ab-biamo seguito accompagnandolo co-me la santissima Madre? Gli siamofedeli? (cf. El Pan 7, 412).Il messaggio è di una semplicità di-sarmante quanto esigente: un amorecosì non lo si improvvisa lo si sceglie;è frutto di un paziente esercizio dipreghiera, fortezza, fedeltà, rinunciadi sé, abnegazione, umiltà, fiduciosoabbandono, ascolto della vita e del-l’altro... Gesù stesso, a Nazareth, hatrascorso lunghi anni di vita ordina-ria, dove è cresciuto in sapienza, etàe grazia, esercitandosi non solo nel-l’arte del falegname ma anche inquella dell’amore, imparata da Mariae da Giuseppe.Anche per la Vergine Maria gli eventisono stati l’occasione per crescere inuna “fedeltà materna” che in Lei si èfatta eroismo: Giunta per Gesù l’oradella passione, Maria, in piedi, rima-ne accanto al letto di morte del Figlio

amatissimo. È lì il suo posto di mam-ma. È vero, purtroppo, che non puòfar nulla per alleviare le pene del Fi-glio, ma vuole mostrare apertamen-te, con la sua presenza, che è tuttasua. La santissima Vergine rimane ac-canto al Figlio, amato ora comequando da bambino le sorrideva. Èstato ed è l’unico amore, fedele finoalla morte (cf. El Pan 7, 408-411).

A questo punto, desidero condividereuna storia dei nostri giorni che ha si-lenziosamente gridato con la vita lapotenza di un amore che si fa dedi-zione, che è più forte della morte edè sempre all’opera, anche ora che, al-meno umanamente, sembra non cisia più motivo per sognare.È la storia di due carissimi amici, Giu-seppe ed Anna, con i quali abbiamopercorso lunghi tratti di strada, insie-me a tante altre coppie e famiglie: iti-nerari per fidanzati, giornate di spiri-tualità, convegni, capodanno in fami-glia, consultorio familiare, momentidi fraternità, di sofferenza e di intimi-tà nella loro casa. Spesso ci accade di rileggere la storiadella nostra vita a partire da un even-to che la segna, la cambia, la apre adun senso ulteriore. Per questo motivovorrei iniziare con l’ultimo atto terrenodella vita di Anna. Lo faccio con alcunipassaggi stralciati dall’omelia del Ve-scovo di Arezzo, Mons. Riccardo Fon-tana, che ha presieduto le esequienella cappella dell’ospe dale Santa Ma-ria della Misericordia di Perugia: “Noisiamo qui a raccontarci gli uni gli altrila storia di un laicato umbro splenden-te, la storia del Concilio Vaticano II ca-lato in una realtà che ha fatto storia.Anna e Giuseppe hanno avviato, in-

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pastorale familiare

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sieme ad altri, facendo comunità - laChiesa è comunità! - la Pastorale fa-miliare nella nostra regione. Non hanno avuto figli propri, mahanno avuto figli a centinaia perchéhanno aiutato, hanno generato amo-re attorno a loro, ovunque sono an-dati, sempre, facendo questo pendo-lo grazioso tra la chiesa perugina e lachiesa spoletina su a Monteleone, te-nendo viva continuamente la pre-ghiera quotidiana vissuta con unagrande intensità.Sono tanti coloro che possono testi-moniare come in que-sto ospedale o nellenostre otto Chiese so-relle Giuseppe ed Annaabbiano portato la spe-ranza…Oggi, con un po’ di la-crime agli occhi, è arri-vato il momento dicongedarci da Annacon un arrivederci, sevolete, un addio pienodi riconoscenza! Nongià per quello che i no-stri fratelli coniugi han-no fatto insieme di ser-vizio alle nostre Chiese,ma per la gioia di esse-re gli amici di Gesù.

Attorno a questo altare stasera ci so-no un bel gruppo di amici di Gesù,perché ognuno di noi ha qualcosa daraccontare, da dire anche ai più giova-ni. Forse tocca a noi, la generazioneche ha visto tante primavere, raccon-tare e dire: “Coraggio” a chi si trovanella tribolazione di una scelta; in unacultura liquida che non sa come dareil verso, noi abbiamo avuto la graziadella fede. Una fede forte come lemontagne dove Anna aspetterà la Ri-surrezione,… ma la sua anima è giàaccanto al Signore e siamo sicuri che

pregherà non solo per ilsuo Giuseppe ma ancheper tutti noi che abbia-mo avuto la grazia diincontrarla, conoscerla,condividere con leil’esperienza della vita. Nella celebrazione eu-caristica noi anticipiamoil nostro credo, la nostrastoria. Sappiamo di po-terci fidare di Gesù e con questo atto salu-tiamo la nostra sorellache ha semplicementeamato, senza chiasso,entrando in punta dipiedi…”.

(continua)

L’Amore Misericordioso - gennaio 201710

pastorale familiare

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L’Amore Misericordioso - gennaio 2017

PREGHIERA AFFETTIVA

Come dice Madre Speranza, questa continua ricerca di noi stessi spiega il motivo dei nostridiverbi, dei turbamenti che ci assalgono e di gran parte dei torti e delle offese più o meno

dolorose che ci scambiamo. Accorgersi di ricercare prima di tutto se stessi così tenacemente e in ogni azione, anche quellaapparentemente più santa, è una grazia concessa alla preghiera assidua, non una capacitànaturale.

“Solo dopo aver provato qualcosa della grandezza di Dio e della pienezza che proviene dal suoamore e dalla sua gloria, l’anima comincia realmente a capire la vacuità della propriasoddisfazione egoistica. E’ a questo punto che comprende cosa sia il vuoto e ne sperimental’abisso e il peso. Se tutto quello che facciamo nella nostra vita non contribuisce in qualche modo a farci amarela gloria di Dio, non serve, è tutto inutile”. (El pan8, 180-81)

Così, quando Dio concede una tale grazia, sarà bene darsi da fare per cambiare. Madre Speranza suggerisce di formare in noi con pazienza e perseveranza, giorno dopo giorno,poiché si tratta di una vera e propria “rivoluzione copernicana”, l’abitudine a vedere, amare ecercare la gloria di Dio prima di sé.

“L’abitudine quanto più è radicata, tanto meno si percepisce; così abbiamo tanto radicatal’abitudine di agire per noi stesse che neppure l’avvertiamo. Pertanto dobbiamo sforzarci diformare in noi un’abitudine della stessa intensità per la gloria di Dio”. (El pan 8, 234)

“Come vedete, quello che dobbiamo fare è una trasformazione completa: capovolgere il nostromodo di pensare, i nostri affetti e azioni; modificare profondamente e radicalmente la nostramaniera eccessivamente umana di vedere, amare e operare. Acquisire idee nuove e un nuovo comportamento in tutto. Spogliarci dell’uomo vecchio con lesue azioni e rivestirci del nuovo. E’ necessario vivere, amare, cercare e vedere Dio in ogni cosae quando vivere, amare, cercare e vedere Dio in ogni cosa si sarà ben radicato come priorità neinostri pensieri, al di sopra di ogni nostro affetto e alla base di tutte le nostre azioni, potremo diredi essere giunte alla perfezione tanto ambita”. (El pan8, 237-38)

L’orazione affettiva deve proseguire per il cammino dell’amore, che costantemente deve uscireda sé.

Maria Antonietta Sansone

Gesù, Fonte di vita, fa’ che gustando di Te, io non abbia altra sete che di Te

Un ulteriore simbolo attribuito all’acqua è quello utilizzato dai Maestri di spirito per parlaredella preghiera, che può zampillare e dissetare all’improvviso senza fatica, per puro dono di Dioo come ricompensa ad una lunga, faticosa e perseverante ricerca. Come l’acqua la preghieraè dono e insieme conquista, e poiché non si può improvvisare e necessita di tutta la nostracollaborazione, proveremo a imparare a pregare alla scuola di Madre Speranza

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Acqua dell’Amore Misericordioso

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Come diventare MisericordiosiP. Aurelio Pérez fam

Concluso da poco il Giubileo straordinario della misericordia, penso sia im-portante sottolineare un criterio che appare molto evidente nei quattro at-teggiamenti indicati da Gesù per imparare ad essere misericordiosi:

Non giudicate e non sarete giudicati,non condannate e non sarete condannati,perdonate e vi sarà perdonato,date e vi sarà dato.

Gesù mette in evidenza la cosiddetta “regola d’oro”, che lo Spirito di Dio hasparso nella migliore saggezza di tutte le culture: “E come volete che gli uominifacciano a voi, così anche voi fate a loro” (Lc 6, 31). Anche se, dopo aver enun-ciato questo criterio di saggezza universale, immediatamente lo supera con un’al-tra legge, o meglio con la stessa legge portata a compimento, secondo quantoafferma: “non sono venuto ad abolire ma a dare pieno compimento” (Mt 5, 17).La versione di Matteo sottolinea questo compimento della regola d’oro: “Tuttoquanto volere che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro: questa infatti

La reciprocità e la gratuitàdell’amore

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è la Legge e i Profeti” (Mt7, 12). Dall’insieme ci sem-bra di capire che per Gesùil compimento non è tantosulla linea della reciprocità,ma su quella della gratuità.Andiamo per passi.

La regola d’oro ela reciprocità

La vita è un’eco o unospecchio:

Ciò che tu doni ti ritorna.Ciò che semini lo raccogli.Ciò che dai lo ricevi.Quello che vedi negli altri,nel bene e nel male, esisteanche in te.Questa regola d’oro èun valore morale fonda-mentale che “si riferisce al-l’equilibrio in un sistemainterattivo tale che ciascu-na parte ha diritti e doveri;la norma secondaria dellacomplementarità affermache i diritti di ciascuno so-no un dovere per l’altro”1.

Essenzialmente si tratta di un codice etico fondamentale in base al quale ciascunoha diritto a un trattamento giusto e il dovere e la responsabilità di assicurare lagiustizia agli altri. Il valore della reciprocità tra individui è il fondamento della di-gnità, della convivenza pacifica, della giustizia, del rispetto. La reciprocità è anchealla base del moderno concetto dei diritti umani.

Ogni ingiustizia avrebbe origine da qualche precisa violazione del principio direciprocità tra individui. La reciprocità è l’unica regola universalmente accettata,pur con notevoli varianti.

1 Marc H. Bornstein, Handbook of Parenting, Lawrence Erlbaum Associates, 2002, p. 5, ISBN 978-0-8058-3782-7. Cfr anche: William E. Paden, Interpreting the Sacred: Ways of Viewing Religion, Beacon Press, 2003,pp. 131-132, ISBN 978-0-8070-7705-4.

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Studi

La saggezza profonda di que-sta regola universale consiste nelfatto che ci vede coinvolti in primapersona come metro di misura.Perché se il metro è esterno a noipossiamo trovare qualche scappa-toia, ma se il metro è in noi stessinon possiamo sfuggire. Se io ma-nifesto aggressività, ostilità, omancanza di rispetto o paura difronte a un’altra persona, nonpreferirei forse che lei reagissecon amore, perdono, fiducia, an-ziché pagarmi con la stessa mone-ta?

La regola d’oro ha radici inmolte culture diverse. Importantifilosofi e personaggi religiosi l’-hanno formulata in modi diversi.Spesso si distingue fra la sua for-ma positiva (“Fai agli altri quelloche vorresti fosse fatto a te”) equella negativa (“Non fare agli al-tri quello che non vorresti fossefatto a te”), meno esigente e per-ciò chiamata da qualcuno “regola

d’argento”. Un elemento chiave della regola è che colui che cerca di vivere in ba-se ad essa dovrebbe trattare con rispetto tutte le persone e non solo i membridella propria comunità di appartenenza o i propri affini, come purtroppo spessoavviene.

La troviamo nell’ebraismo, espressa prevalentemente nella forma negativa. 2

Anche la filosofia greca antica la esprime nella stessa forma negativa:“Non fare al tuo vicino quello che ti offenderebbe se fatto da lui”3

“Evita di fare quello che rimprovereresti agli altri di fare”4

“Non fare agli altri ciò che ti riempirebbe di ira se fatto a te dagli altri”5

“Ciò che tu eviteresti di sopportare per te, cerca di non imporlo agli altri”6

2 cf Tb 4, 15, lettera d’Aristea, Targum di Lv 19,18, Hillel, Filone di Alessandria, ecc. Di questa regola il rabbinoHillel dice: “questa è tutta la Torah. Il resto è commento. Va’ e studia.” (Talmud Babilonese, Shabbath 31 a). 3 Pittaco, Frammenti 10.3.4 Diogene Laerzio, “Vite di eminenti filosofi”, I,36.5 Isocrate, “Nicocle”, 6.6 Epitteto, “Enchiridion”.

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La troviamo ugualmente nell’Islam, nell’Induismo, nel Buddismo7, nel Taoi-smo, nel Zoroastrismo, fino al punto che tale regola è fatta propria dalla “Dichia-razione per un’etica mondiale”, firmata inizialmente da 143 leader di diverse re-ligioni e comunità spirituali nel 1993. 8

Il “compimento della legge” e la gratuità dell’amoreAbbiamo visto che nei vangeli di Matteo (7,12; 22,36-40) e di Luca (6,31;

10,27) Gesù esorta ripetutamente ad applicare la regola d’oro nella sua formu-lazione positiva, quella più esigente, come già è presente nel Levitico (19, 18):“Amerai il tuo prossimo come te stesso”.

Ma il compimento della Legge, portato da Gesù, appare soprattutto nel van-gelo di Luca e in quello di Giovanni. Paolo affermerà che “pieno compimentodella legge è l’amore” (Rom 13, 8-10).

Nel vangelo di Luca Gesù chiede di amare i propri nemici (Lc 6,27-38; cf Mt5,44), e qui siamo di fronte a un compimento e una novità assoluta. La misuradell’amore, ora, non è più soltanto l’uomo (fa’ agli altri quello che vorresti fosse fat-to a te), ma è Dio stesso. Gesù in altre parole ci sta dicendo: non prendere te stessocome metro, anche se pre-so sul serio è un criteriomolto esigente9, ma pren-di Dio stesso come criteriodi misura: “Siate misericor-diosi come il Padre vostro èmisericordioso” (Lc 6, 36).

Di solito, il principiodella reciprocità viene af-fermato e accettato senzaun tentativo di giustificar-lo e di dargli un fonda-mento; al massimo si met-te in evidenza il vantaggiocomune, che ricade, diconseguenza, anche sucolui che lo pratica.

7 È interessante nel Buddismo il legame tra regola d’oro e felicità:“Colui che mentre cerca la felicità, opprime con la violenza altri esseri che pure desiderano la felicità, non rag-giungerà la felicità per questo.” (Dhammapada 10. Violence)“Se vuoi che gli altri siano felici, pratica la compassione. Se vuoi essere felice, pratica la compassione.” (DalaiLama, Quotes from the Dalai Lama, brainyquote.com. URL consultato il 14 ottobre 2007).8 Towards a Global Ethic (An Initial Declaration) ReligiousTolerance.org. Cf Per un’etica mondiale weltethos.org.9 S. Kierkegaard afferma, in proposito, che nessun nemico lega così fortemente il suo avversario, come il co-mandamento “ama il prossimo tuo come te stesso” lega il nostro egoismo naturale: tutto ciò che faresti per telo devi fare per l’altro.

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Gesù, invece, manifesta qual è il fondamento del pieno compimento della leg-ge che è l’amore: è Dio stesso, il Padre celeste, ed è Gesù stesso, che incarnandoil volto del Padre può dire: “Amatevi gli uni gli altri come io vi ho amato, questoè il mio comandamento”. In questo modo Gesù stesso si propone come il criteriodella misura, e invita chi lo segue ad andare oltre la regola d’oro e ad amare glialtri più di se stessi, non esitando a dare la propria vita per loro come lui ha fattoper noi (cf Gv 15, 9-17). E tale misura dell’amore rivela anche un’altra novità:mentre nell’Antico Testamento l’amore sembrava limitato ai membri del propriopopolo (cf Lev 19, 18), nel Nuovo Testamento si manifesta l’universalità della sal-vezza e dell’amore (cf At 10, 34-35).

Quindi la gratuitàsupera il criterio dellareciprocità dell’amore ene fonda l’universalità.In base a che cosa? Inbase all’amore di Diostesso, che ha fattol’uomo, ogni uomo, “anostra immagine, se-condo la nostra somi-glianza” (Gn 1, 26).Questo è un dato crea-turale, quindi universa-le, riguarda tutti gli uo-mini, precede la sceltadel popolo dell’Allean-za e della stessa Chie-sa. Ogni uomo è ama-

to da Dio, e in lui si riflette l’immagine e somiglianza di Dio stesso. Ecco perchéGesù afferma di valutare ciò che viene fatto agli altri, anche ai nemici, come sevenisse fatto a lui stesso (cf Mt 25, 40).

La dimensione della reciprocità dell’amore, presente nella saggezza universale,non è assolutamente da sottovalutare, tanto è che Gesù stesso la pone come cri-terio nei quattro atteggiamenti che concretizzano il diventare misericordiosi comeil Padre. Con una particolare insistenza sulla reciprocità del perdono, che vienesottolineata oltre che in questo passaggio, anche nell’insegnamento del PadreNostro (cf Mt 6,14) e nella parabola del servo spietato (cf Mt 18, 35).

Questa esigenza non si può dunque bypassare. Eppure Gesù fa capire che, do-po aver adempiuto a questa reciprocità, la via dell’amore ha un traguardo più al-to, proprio per essere “figli dell’Altissimo, perché egli è benevolo verso gli ingratie i malvagi” (Lc 6, 35). Se la reciprocità obbedisce a un criterio di giustizia distri-butiva, la gratuità, attingendo al cuore stesso di Dio, ci introduce nell’esperienzadi quella pienezza di giustizia che finalmente si identifica con la misericordia.

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Studi

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La lettera �

Carissimo,

ho trovato, un giorno, Collevalenza, la terra dove una piccola suora,Madre Speranza, annunziava l’amore, la misericordia di un Dio “come senon possa essere felice senza di noi”.

Stupore, domanda, preghiera. Ne è nato un libro “Ho incontrato mioPadre” (ultima edizione 1999) che qualcuno chiamò “Un libro diverso sul-la paternità di Dio”.

Cosa poteva esserci di “diverso”? Solo una esperienza, la famiglia, ilmio essere padre di quattro figli, con tutte le speranze, le trepidazioni, isogni, la sofferenza, la paura.

Mi dicevo: se davvero Dio esistesse, se fosse davvero Padre. Ed era l’in-contro, la scoperta, il brivido di una felicità che mi rimandava ad una fe-de. Se noi, padri, così incapaci di amare, non diamo scorpioni ai nostrifigli, quanto più Dio darà bellezza, pane, futuro ai suoi figli!

Ecco, quel libro “diverso” era, così, un parlare da padre a Padre, unmisurare il mio limite con l’infinita, inesausta, gratuita, paziente, ac-condiscendenza di un Dio gettato nel solco dei figli. Cominciavo a do-mandarmi alcune cose. Se questo è vero, se davvero ci crediamo, comefacciamo a non impazzire?

Stupore e rischio. Un Dio che si è fatto carne e sangue, che è rimastocon il Figlio nella vita dei suoi figli.

Un Dio che si gioca la sua reputazione di Padre nel nostro amore,chiamati a volere, a lottare con i fratelli, a sognare nel vento e nel fuo-co dello Spirito.

Sì, la fede nel Padre rivoluziona tutto, ci provoca a tutte le conse-guenze:

– che noi siamo figli di Dio e, perciò, abbiamo come cognome Dio;– che a Dio importa molto, moltissimo, la felicità dei figli, come se

non possa essere felice senza di loro;– che abbiamo la responsabilità dei fratelli, dello scarto dei poveri,

nei quali Egli vive, extracomunitario, estraneo, senza permesso di sog-giorno, non amato, che chiede aiuto.

Sì, la fede nel Padre, stupore e rischio!

NINO BARRACO

Nel nome del Padre

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Ed eccoci al terzo comandamentocon il quale si chiude la prima ta-vola della Legge data da Dio a

Mosè sul monte Sinai: “Ricordati disantificare le feste” (Es 20,8 e Dt 5,16).Il conoscere e l’analizzare questo co-mandamento ci serve sia per compren-derne il suo significato originario, cosìcome risuonava presso il popolod’Israele, sia per la sua attuazione pernoi cristiani oggi. Il comandamento di santificare “il saba-to” per il popolo ebreo era collegato alracconto della creazione: “Ricordati delgiorno del sabato per santificarlo. Seigiorni lavorerai e farai ogni tuo lavoro;ma il settimo giorno è il sabato in onoredel Signore, tuo Dio. Non farai alcun la-voro, né tu né tuo figlio né tua figlia, néil tuo schiavo né la tua schiava, né il tuobestiame né il forestiero che dimorapresso di te. Perché in sei giorni il Signo-re ha fatto il cielo e la terra e il mare e

quanto è in essi, ma si è riposato il set-timo giorno. Perciò il Signore ha bene-detto il giorno di sabato e lo ha consa-crato”(Es 20, 8-11).Proviamo a cogliere alcuni significatiprofondi che scaturiscono da questoterzo comandamento. Non solo gli uomini, ma anche gli ani-mali devono terminare la settimana dilavoro con un giorno di riposo. Questocomandamento impone di fatto undoppio obbligo: quello di lavorare du-rante i giorni di lavoro e quello di ripo-sare il giorno di sabato. Si imponeun’alternanza di lavoro e riposo. Il set-timo giorno è il sabato in onore del Si-gnore.Questa richiesta del riposo del sabatova collegata con il riposo di Dio. Anchel’uomo nel settimo giorno deve cessaredal suo lavoro, così da prendere parteal riposo di Dio. Il comandamento vuolefarci prendere coscienza di questo.

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Sac. Angelo Spilla

I COMANDAMENTI (4)Ricordati di santificar

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Prima ancora di accennare al culto chesi deve rendere a Dio, c’è l’idea fonda-mentale che il settimo giorno Dio ce lodà per offrirci un regolare tempo di ri-poso. Si tratta di un giorno messo anostra disposizione, un tempo di liber-tà, perché potessimo respirare.Israele deve prendere coscienza di es-sere stato schiavo in Egitto ed è statoliberato dalla mano potente di Dio. InEgitto non poteva riposare a causa

della schiavitù in cui si trovava. Ora, li-berato da Dio, deve far partecipe glialtri della liberazione che gli ha rega-lato Dio. Ma c’è anche qualcosa di più.Fino a che viveva in terra stranieraIsraele non poteva confessare più lasua fede dirigendosi al tempio e offrir-vi i sacrifici. Adesso osservando il sa-bato, non passa settimana senza ricor-darsi di Dio.Ma leggiamo questo comandamentonell’ottica cristiana. È un invito a fareun raffronto su come viviamo la do-menica, il giorno del Signore. Sappiamo come i primi cristiani comin-ciarono a prolungare il culto del saba-to alle prime ore del mattino successi-vo, per commemorare la resurrezionedi Gesù e la riunione degli apostoli do-ve egli gli apparve per la prima volta.Alla fine del 1° sec., i cristiani consa-crarono alle cerimonie e al riposo l’in-tero primo giorno della settimana,mantenendo il rito del sabato, “l’otta-vo giorno”. Con la diffusione del cri-stianesimo si limitò alla sola domenica

il giorno di festa. La verità spiritualedel sabato biblico si compie così nelladomenica cristiana, giorno della resur-rezione di Cristo, ”giorno del Signore”per eccellenza. In questo comandamento chiediamociquale significato assume la domenicacristiana; cosa ci richiama questo terzocomandamento, soprattutto oggi?È bene ricordare cosa ci dice San Gio-vanni Paolo II nella Lettera ApostolicaDies Domini del 1998. La festa dev’es-sere per il cristiano “giorno del Signore,di Cristo, della Chiesa, dell’uomo egiorno dei giorni”. Questa è la dome-nica. L’uomo rischia di lasciarsi travolge-re dagli impegni e di consumare tutto ilproprio tempo, cioè tutta la vita, nellediverse attività, dimenticandosi di Dio.Con questo comandamento Dio do-manda all’uomo di lasciargli spazio nelproprio tempo, cioè nella propria vita,e invita a rendere sacro il tempo, rico-noscendo Dio come centro dell’esi-stenza.Ecco perché dobbiamo richiamare ilvalore della domenica. E continuiamoa chiamarla con il suo giusto nome,anziché week-end (“fine settimane”),

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cioè porzione di giorni monotoni eidentici.Pensiamo alle tante domeniche a cui icristiani non danno più il loro giusto si-gnificato. Ci si dedica o all’eccessivocontinuo lavoro o alla semplice asten-sione dalle occupazioni ordinarie, allapratica degli hobby o giornate da tra-scorrere ai grandi centri commerciali.Come deve essere invece vissuta la do-menica? È il giorno in cui Dio ci chiededi prendere parte al suo riposo, ma èanche il tempo santo che appartiene anoi e a Dio. Ciò che è santo è anche sa-lutare. Diventa, quindi, rimedio controla frenesia del vivere moderno, riacqui-stiamo la calma. È il giorno santo per-ché dinanzi alle deformazioni prodottein noi dalle ferite di ogni giorno, venia-mo riportati nella condizione a cui Dioci ha destinati. È anche il “giorno sa-cro”, il giorno cioè in cui partecipiamoalla santa Eucarestia domenicale; è ilgiorno riservato all’incontro specialecon il Signore morto e risorto, momen-

to di forte intimità con Cristo e la suaChiesa, sua sposa che siamo noi.L’obbligo di partecipare alla Messa do-menicale si comprende alla luce diquella profonda esperienza spiritualee religiosa. È tempo per Dio, per co-glierne la presenza e mettersi in ascol-to. Ma la domenica è anche il tempoda dedicare di più alla famiglia, pertornare a gustare la bellezza dello sta-re insieme e l’intimità degli affetti; è iltempo per la comunità, per riscoprirela solidarietà, occasione e stimolo perapprofondire rapporti fraterni e socialiall’insegna della gratuità, dell’amiciziae dell’attenzione soprattutto per chi èsolo, ammalato o anziano.Santificare la festa è quindi santificaresè stessi, sostare per contemplare Dio,giorno del Signore per celebrare la pa-squa della settimana, occasione privi-legiata per stare in famiglia, tempoprezioso per vivere l’impegno della ca-rità. Un tempo privilegiato per un as-saggio di eternità.

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Alfonso Maria Fusco nacquead Angri, popolosa cittadi-na della diocesi di Nocera

Inferiore-Sarno, nella provincia diSalerno, il 23 marzo del 1839. Giu-seppina Schiavone stringe al pettoil piccolo Alfonso Maria, papàAniello lo guarda dolcemente. Oc-chi umidi e cuore grato. È il 23marzo: la primavera è finalmentearrivata anche nella loro casa. I co-niugi Fusco hanno atteso il suo sor-riso per quattro lunghissimi anni.L’anno prima da Angri erano andatia Pagani, dove sono custodite le re-liquie di Sant’Alfonso Maria de Li-guori, a pregare sulla sua tomba.Quel giorno il Redentorista France-sco Saverio Pecorelli disse loro:«Avrete un figlio maschio, lo chiame-

rete Alfonso, sarà sacerdote e farà lavita del Beato Alfonso».Viene iscritto al piccolo clero dellachiesa collegiata di San GiovanniBattista, in Angri. Fin d’allora co-minciò a maturare in lui il proposi-to di consacrarsi all’assistenza del-l’infanzia povera e abbandonata. Ilbambino ha un carattere mite, sen-sibile alla preghiera e attento ai po-veri. La mamma, un giorno, lo sor-prende mentre rovista nel cassetto

Alfonso d’Errico

esperienze

Un testimone fedeledell’Amore Misericordioso:S. Alfonso Maria Fusco

Un ricordo di Sant’AlfonsoMaria Fusco, Fondatore dellaCongregazione delle Suore diSan Giovanni Battista, eCanonizzato da PapaFrancesco lo scorso 16 ottobre

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L’Amore Misericordioso - gennaio 201722

Esperienze

della biancheria: il suo amico Vin-cenzino ha la febbre alta e non haneppure un paio di lenzuola percambiare il letto. In un’altra occa-sione, con un metro in mano, Al-fonso misura le pareti di casa percapire quanti bambini poveri puòospitare.A sette anni riceve la Prima Comu-nione e, subito dopo, anche la Cre-sima. A undici anni manifesta aigenitori la volontà di diventare sa-cerdote: il 5 novembre 1850 «spon-taneamente e soltanto col desiderio diservire Dio e la Chiesa» come eglistesso dichiara molto tempo dopo,entra nel Seminario Vescovile diNocera dei Pagani. Verrà ordinatosacerdote il 29 maggio 1863 dall’Ar-civescovo di Salerno Mons. AntonioSalamone.Fu un traguardo e allo stesso tem-po un punto di partenza. La quer-cia ha bisogno di irrobustirsi per fa-re fronte all’impeto dei venti e al-l’assalto delle tempeste e don Al-fonso mostrò grande zelo per la sal-vezza delle anime, dedicandosi in-fatti completamente alle opere delsacro ministero. Specie alle confes-sioni degli uomini e degli infermi,alla predicazione assidua della pa-rola di Dio, alla istruzione religiosadei fanciulli e dei giovani, alle sa-cre funzioni con canto.

Il confessionale: cattedra di misericordia

Don Alfonso si distingue fra il cle-ro della Collegiata di San Giovanni

Battista di Angri per lo zelo e l’assi-duità nel servizio liturgico. Il con-fessionale diventa il luogo preferi-to del suo ministero. A margine diun testo di teologia morale appun-ta le qualità necessarie per confes-sare: «Carità di padre, carità che nonrifiuta mai nessuno, carità che acco-glie ed incoraggia». La sua predica-zione è semplice e incisiva: «Dio ciconcede tutta una vita a nostro uso,noi non daremo a Lui generosamentemezz’ora per cantarne e celebrarneindegnamente le lodi?». Sull’esempiodi San Giovanni Bosco, apostolodei giovani, e con il quale tennecorrispondenza epistolare, don Al-fonso Maria Fusco aprì un oratoriosotto la protezione di San LuigiGonzaga. Da ciò il nome di “luigini”dato a coloro che egli educava assi-duamente nel Campo religioso e ci-vile. Ovunque si poteva fare del benedon Fusco era presente, convintoche «le anime constano a Gesù Cristoe bisogna salvarle», come era solitoripetere. Anno 1865. Don Alfonsoha 26 anni e da due è sacerdote. AdAngri vi sono solo scuole private,una grande povertà e tanti bambiniaffidati alla strada. Il giovane sacer-dote, nella casa paterna, impiantauna vera e propria scuola per fan-ciulli poveri a cui aggiunge un do-poscuola e un oratorio. Compra li-bri, scarpe, calzoni, ha le taschesempre piene di caramelle e con-fetti. Ma i ragazzi fanno troppochiasso per i vicini e i superiori in-vitano il sacerdote a chiudere la

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Esperienze

scuola. Don Alfonso obbedisce.Quest’opera è il germe di un desi-derio più grande che egli custodi-sce nel cuore. Quando era ancorain Seminario, infatti, una notte ilgiovane Alfonso aveva sognato Ge-sù che gli chiese di fondare un Isti-tuto di Suore che avrebbe dovutochiamare del Nazareno e un orfa-notrofio maschile e femminile. «Ilsuolo è già pronto, non hai che dafabbricare» gli disse il Signore.Passano gli anni e in tanti eventidon Alfonso crede di scorgere i se-gni per l’inizio della sua opera. Mal’ora della Provvidenza scocca solonel 1877 quando incontra Maddale-na Caputo. Sono passati quattordicianni dall’ordinazione sacerdotale.Nel 1866, quando il colera imper-versò su tutta la Campania, don Al-fonso si prodigò in ogni modo percurare gli ammalati. La malattiacolpì anche lui, ma fu risparmiatodalla morte.Nel 1868 fu nominato sacrista dellacollegiata e l’anno seguente entrònella Congregazione dei sacerdotiMissionari “Nocerini”, che seguì invarie missioni rurali con notevolefrutto spirituale per quanti aveva-no la possibilità di ascoltarlo e diavvicinarlo.

Uomo di disponibilità

Dio è fedele alle sue promesse ed èanche generoso. Il mondo, infatti èpieno di sacerdoti santi che prolun-gano nei secoli la presenza di Gesù

«il Pastore grande delle pecore» (Ebr.13, 20). Essi sono un dono per tutti,per quelli che credono per quelliche dicono di non credere. Don Al-fonso Maria Fusco un prete straor-dinario che visse una intensa unio-ne con Dio, senza mai perdere icontatti con il suo popolo, che capìed aiutò con la concretezza dell’a-more cristiano, trasformato in com-passione e servizio.Ebbe un sogno: fare del bene perfi-no con la sua ombra. Ci riuscì e sitrasformò in una centrale propulsi-va di carità dinamica, silenziosa einfaticabile. Dio, la Madonna, leanime, i poveri, le suore furono isuoi tesori. Capì e aiutò soprattuttole bambine e i bambini che no ave-vano prospettive. Nel 1873 fu pro-mosso mansionario, cioè cantoredel capitolo dei sacerdoti della stes-sa chiesa: ufficio che ritenne finoal 1897, quando diventò canonico.Nelle sue diverse occupazioni, donAlfonso non cessò mai di essereprete vero, pastore di anime, inna-morato di Cristo e della Chiesa,amico dei piccoli e dei poveri, mo-dello a tutti per la sua semplicitàevangelica, la fede limpida e robu-sta, la carità aperta, intraprendentee inesauribile, per l’assoluta pover-tà e la lieta obbedienza. Fu uomo dipreghiera, di sacrificio, di peniten-za, di totale disponibilità a Dio eagli uomini, che volle servire senzachiedere nulla, percorrendo, talvol-ta, gli aspri sentieri della solitudinee dell’incomprensione.

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Fondatore delle suore Battistine

Quell’esigenza profonda di solida-rietà e di carità, che nel 1866 l’ave-va portato ad assistere i colerosi fi-no al rischio della propria vita, do-po tentativi non riusciti e tra nonpoche difficoltà, poté finalmenteconcretizzarsi con la collaborazionedi Maddalena Caputo e di altrequattro giovani, nella fondazionedella “Congregazione delle Suore diSan Giovanni Battista” (1878), allaquale assegnò lo scopo di provve-dere alla educazione e all’istruzio-ne delle bambine orfane e bisogno-se. Il 16 luglio del 1880 mons. Am-mirante, vescovo della Diocesi diNocera dei Pagani, giunge all’istitu-to per dare conferma e inizio uffi-ciale all’Istituto. Sei postulanti rice-vono dalle sue mani l’abito religio-so. La prima è Maddalena Caputo,che prende il nome di suor Croci-fissa, e diventa la prima SuperioraGenerale della Congregazione. IlVescovo assegna il nome all’Istitu-to: Suore Battistine del Nazareno.Battistine in onore di San GiovanniBattista, protettore di Angri; del Na-zareno perché seguaci di Cristo. Iltitolo, dopo la prima visita apostoli-ca del 1910, fu cambiato in Congre-gazione delle Suore di San Giovan-ni Battista.Dieci anni dopo la sua fondazionel’Istituto delle Suore di San Giovan-ni Battista conta cinquanta suore epiù di cento postulanti. Fondata laCongregazione, il proposito di faredel bene ai fanciulli e alla gioventù

maschile riaffiora prepotente nelcuore di don Alfonso. Ha cin-quant’anni e la vista di tanti ragazziabbandonati ai pericoli della stradao dediti al vizio è una spina che glipenetra nell’anima. Il 29 settembre1889 realizza il sogno di una casaper orfani. Intanto il sacerdote or-ganizza laboratori di calzoleria, fa-legnameria e tipografia, per inse-gnare un mestiere ai piccoli.L’orfanotrofio diventa così unascuola per artigianelli. I laboratorisono frequentati da artigiani e gio-vani apprendisti. Uomini maturiche bisogna rieducare alla praticacristiana. Sono istituite le scuoleserali per gli analfabeti e la dome-nica i laboratori diventano circoli eoratori festivi. Commoventi sono lePrime Comunioni di giovani ven-tenni, pazientemente e personal-mente preparati da don Alfonso.L’Istituto allargò rapidamente i suoispazi ed orizzonti sia in Italia cheall’estero, pur tra difficoltà, avversi-tà, tribolazioni e ingiurie. Don Al-fonso sopportò tutto e vinse con lapreghiera, con la pazienza, con lafortezza e con la fiducia nell’iuto di-vino. Il 2 agosto del 1888 l’Ordina-rio di Nocera approvò le regole del-la Congregazione da lui fondata. Fino al termine dei suoi giorni,fu il padre, l’anima, la guida mite eforte delle sue suore. Sulle suespalle portò il peso non solo dellaloro formazione spirituale, ma an-che quello di reperire i mezzi ne-cessari per la vita e la crescita dellaCongregazione.

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Esperienze

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Don Alfonso nella sua vita terrenaha accettato prove a volte molto du-re, manifestando una completa uni-formità alla volontà di Dio, un’eroi-ca obbedienza ai superiori e unasmisurata fiducia nella DivinaProvvidenza.Ha saputo accogliere con fede ladecisione del Vescovo diocesano,mons. Saverio Vitagliano, di esseredeposto, per accuse inconsistenti,dal compito di direttore dell’Istitu-to; il rifiuto, da parte delle sue stes-se figlie, di aprirgli la porta dellacasa di via Germanico a Roma, peruna ventata di separatismo e perfi-no le parole del Cardinale Respighi,Vicario di Roma: «Avete fondato del-le suore brave che fanno il loro dove-re. Ora ritiratevi!».

Don Alfonso Maria Fusco si spensepiamente, così com’era vissuto, il 6febbraio del 1910, ad Angri dove ilsuo corpo riposa, circondato dallaspeciale venerazione della sua fami-glia religiosa, nata dal suo cuore esegno vivente del suo grande amoreper i piccoli ed i poveri. Le sue ulti-me parole, rivolgendosi alle suorefurono: «Vogliatevi bene io vi ricorderòe dal Cielo pregherò sempre per voi».Fu beatificato il 7 ottobre del 2001da Giovanni Paolo II, mentre PapaFrancesco, lo scorso 16 ottobre loha proclamato Santo. Oggi la Con-gregazione è presente nel mondointero e la santità del Fondatoreedifica e ispira con le sue virtù ge-nerazioni di consacrate e di giovanidi ogni cultura e nazione.

L’Amore Misericordioso - gennaio 2017 25

Esperienze

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za Un raggio di luceFiltra dai vetri coloratiDella chiesa superiore:Limpida, calda e rassicuranteL’iride armoniosaPervade con gioiaGli intimi spaziFino agli abissi più nascostiIn cui giace il sepolcro.

“Abbà, Papà mio,misericordia mia,mio tesoro, mia vita,mio amore, mio tutto!”

Nell’aria ferma della criptail silenzio misura i nostri passiche scivolano leggeriverso l’onda pietrificataposta sul fondo.

Dove tu sei ancora fra di noiviva, radice nella rocciain una penombra serena di pace,per sempre fissa nell’acqua puradella tua fonte.Nata da seme mortohai spaccato la pietraper ridare la vitaa una pianta ora carica di frutto.

Un tesoro preziosoprotetto con curanell’intreccio sotterraneotra colonne portantie cunicoli serpeggianti nelle viscere,da là sottoirradia tutta l’energia dell’universo.

Qui, viandanteabbandona con fiduciail tuo cuoreal soffio vitale dell’amore e del perdono.

Augusto Finesi

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P. Ireneo Martín fam

Dicembre 2016

Messaggio per la giornata della pace

DAL SANTUARIO DI COLLEVALENZADAL SANTUARIO DI COLLEVALENZA

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DAL SANTUARIO DI COL L E VA L ENZA

Associazione nazionale Marinai d’Italia

L’Immacolata

L’Avvento-Natale

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DAL SANTUARIO DI COL L E VA L ENZA

DDaa RRoommaa CCoommppaaggnniiaa ddii GGeessùù GGiiuusseeppppee ee MMaarriiaa

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L’incontro dei volontari

Concerto di Natale del coro “Madre Speranza”

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Natale con Madre Speranza

“Capodanno in Famiglia”

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Alcuni eventiGruppi

DAL SANTUARIO DI COL L E VA L ENZADAL SANTUARIO DI COL L E VA L ENZA

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Domenica 5 febbraio: Ore 09.30 Lodi... Conferenza sul tema “Misericordia e anti-mi-

sericordia nel mondo” di Sua Em. il CardinaleCristoph Schömborn, Arcivescovo di Vienna

Ore 11.30 S. Messa Solenne presiede Sua Em. il CardinaleSchömborn. Canta il Coro Madre Speranza di Colle-valenza-Todi

Ore 17.30 S. Messa presiede Mons. Domenico Cancian fam Vescovo di Città di Castel lo. Canta il Coro della Basilica

Martedì 7 febbraio: Ore 21.15 Veglia di preghiera nel ricordo di Madre Speranza

MERCOLEDÌ 8 FEBBRAIOFesta liturgica della Beata Speranza di GesùOre 08.00 S. Messa del pio transito in Cripta presiede

P. Aurelio Pérez Superiore generale fam (34° Anni-versario della sua nascita al Cielo)

Ore 11.00 Testimoni oculari raccontano Madre Speranza...

Ore 17.00 S. Messa presiede P. Giovanni Ferrotti fam

Venerdì 3 febbraio: Ore 18.00 S. Rosario e Vespri solenni al Santuario

Sabato 4 febbraio: Ore 09.30 Auditorium: Lodi... Saluto dei due Su-

periori generali P. Aurelio Pèrez fame M. Speranza Montecchiani eam

Ore 10.00 Testimoni oculari raccontanoMadre Speranza...

Ore 12.00 S. Messa del Pellegrino presiede P. Ireneo Martìn fam

Ore 15.30 Liturgia delle Acque P. Roberto Donatelli fam

Ore 17.30 S. Messa presiede Mons. BenedettoTuzia, Ve scovo di Or vieto-Todi. Canta la Missa Syllabica di Arvo Pärtl’ODICòN Vocal Quartet (Perugia)

Ore 21.15 CONCERTO in onore della Beata Speranza di Gesù dell’ODICòN VocalQuartet

Santuario dell’Amore MisericordiosoCollevalenza - 8 febbraio 2017

Beata Speranza

di Gesù

“Madre Speranza e il suo messaggio profetico”

info: www.collevalenza.it - Tel. 075 89581 - 075 8958282

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PER Collevalenzada Roma Staz. Tiburtina 7,00 Ditta Sulga ferialeda Roma Staz. Tiburtina 8,15 Ditta Sulga festivo

da Roma Staz. Tiburtina 14,00 Ditta Sulga ferialeDitta Sulga - Fermata a Todi Pian di Porto festivo

da Roma Staz. Tiburtina 16,00 Ditta Sulga - Fermata al Bivio paese Collevalenza ferialeda Fiumicino 16,30 Ditta Sulga - Fermata a Todi Pian di Porto festivoda Fiumicino 17,00 Ditta Sulga - Fermata a Todi Pian di Porto ferialeda Napoli 8,15 Ditta Sulga - a richiesta - su Prenotazio ne* giornalieroda Pompei 7,15 Ditta Sulga - a richiesta - su Prenotazio ne* giornalieroda Roma Staz. Tiburtina 18,00 Ditta Sulga - Fermata a Todi Pian di Porto festivoda Roma Staz. Tiburtina 18,30 Ditta Sulga -Fermata a Todi Pian di Porto feriale

DA Collevalenzaper Roma Staz. Tiburtina 7,40 Dal bivio paese Collevalenza ferialeper Roma Staz. Tiburtina 14,45 Dal Centro informazioni - Fermata a richiesta - Prenotazio ne* ferialeper Roma Staz. Tiburtina 15,20 Dal Centro informazioni - Fermata a richiesta - Prenotazione * festivoper Napoli - Pompei 14,45 FERIALI (Navetta)

15,20 FESTIVI (Pullman di linea) ( ) giornaliero

per Roma - Fiumicino 8,10 Da Todi Pian di Porto festivoper Roma - Fiumicino 8,40 Da Todi Pian di Porto ferialeper Roma - Fiumicino 9,10 Da Todi Pian di Porto festivoper Roma - Fiumicino 9,40 Da Todi Pian di Porto feriale

* Le prenotazioni vanno effettuate al n. verde 800.099661 entrol’ultimo giorno feriale antecedente la parten za (entro le 19.00)

Dal Centro informazioni - Fermata a richiesta - Preno tazione*

2017 iniziative a Collevalenza

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8 febbraio Festa Liturgica dellaBeata Speraza di Gesù

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Orari e Attività del Santuario

Orari e Attività del Santuario

Come arrivare a

Dall’autostrada del Sole:per chi viene da NORD: uscire al Casello di VALDICHIANA e prose-

guire per Perugia, Ponte San Giovanni, Todi, Collevalenza;per chi viene da SUD: uscire al Casello di ORTE e proseguire (sulla

linea di Perugia) per Sangemini, Acquasparta, Collevalenza.

Con il pullman:Vedi orari sullo specchietto “SERVIZI DI PULLMAN” sulla pagina

precedente (III di Copertina)

In trenola rete delle Ferrovie dello Stato è collegata con la rete ferroviariadella Centrale Umbra: Sansepolcro – Terni.

SANTUARIO AMORE MISERICORDIOSO - COLLEVALENZAhttp://www.collevalenza.it

Centralino Telefonico 075-8958.1Conto Corrente Postale 11819067

Tel.: 075-895 82 82 - Fax: 075-895 82 83E-mail: [email protected]

TELEFONI – FAX – E-MAIL– CASA del PELLEGRINO

075-8958.1 - [email protected]

– ATTIVITÀ GIOVANILE VOCAZIONALE075-8958.209 - 075-8958.291

E-mail: [email protected] - http://www.giovaniamoremisericordioso.it

– POSTULAZIONE CAUSA DI CANONIZZAZIONE DI MADRE SPERANZA075-8958.1 -

Accoglienza dei sacerdoti diocesani a Collevalenza:1. Presso la Comunità FAM del Santuario, per i sacerdoti che vogliono trascorrere qualche

giorno in comunità (referente il Superiore della Comunità del Santuario).2. Presso la Comunità di Accoglienza sacerdotale dei FAM, per i sacerdoti diocesani anziani,

in modo residenziale (referente il Superiore della Comunità di Accoglienza).