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UNISIN Falcri Silcea – Gruppo Unicredit
Una scelta di autonomia & libertà
Rubrica sindacale on line
Confsal Confsal
a cura delle
RSA
Sindacali Unisin
SOMMARIO
Il Mobbing Aziendale
A proposito della pressione commerciale … e il mobbing aziendale…? - pag. n. 2
Le cause del mobbing; Conseguenze del mobbing – pag. n. 3
Gli effetti del mobbing: effetti in ambito familiare, sociale e sulla salute - pag. n. 4
Incubo mobbing dopo la maternità, casi in aumento – pag. n. 5
Tipologie e parametri del mobbing: dall’alto, dal basso, strategico (bossing), tra pari
(orizzontale) - pag. n. 5 - doppio mobbing – pag. n. 6
I sette parametri identificativi del mobbing: l’ambiente lavorativo, la frequenza, la durata -
pag. n. 6 - il tipo di azioni; pag. n. 7 - il dislivello tra protagonisti, l’andamento a fase
successive – pag. n. 8; l’intento persecutorio – pag. n. 9
Un lavoratore stressato perde la sua produttività; un mobber consapevole tende a sprecare
la maggior parte delle ore lavorative - pag. n. 10
La formazione sul mobbing è prevenzione – pag. n. 12
RUBRICA Sindacale on line: Il Mobbing Aziendale
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A PROPOSITO DELLA PRESSIONE COMMERCIALE…
…E IL MOBBING AZIENDALE…?
Il mobbing è una situazione lavorativa di conflittualità sistematica, persistente, in cui una o
più persone vengono fatte oggetto di azioni ad alto contenuto persecutorio da parte di uno
o più aggressori in posizione superiore, inferiore o di parità, con lo scopo di causare alla
vittima danni di vario tipo e gravità. Il fenomeno del mobbing, recente dal punto di vista
giuridico, sta assumendo sempre maggiore interesse, per le sue possibili, gravi, conseguenze
sulla salute psicofisica dei lavoratori. L'ordinamento giuridico italiano, non si è tuttavia
ancora dotato di una disciplina specifica in materia, lasciando alla giurisprudenza il
compito di garantire una tutela efficace ai lavoratori vittime del fenomeno. Come noto il
termine mobbing, significa «attaccare», «accerchiare», ma quale sia il termine che si usa,
resta il contenuto che si concreta in un atteggiamento da parte del datore o dei colleghi
inteso a vessare, umiliare, screditare, un lavoratore.
Il mobbing poi può concretarsi non solo in atti illegittimi (ad esempio demansionamento o
svuotamento delle mansioni) ma anche in atti che in sé e per sé sono legittimi (controlli
sull'attività lavorativa, ripetute visite fiscali), ma che assumono profili di illegittimità
laddove inseriti nel contesto di un atteggiamento vessatorio complessivo.
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Le Cause del Mobbing Alla base dello sviluppo del fenomeno ci possono essere
molti fattori, ecco alcuni esempi:
conflitti prolungati
gestione scorretta di un cambiamento aziendale in atto
gestione del personale inadeguata
carenze dei sistemi informativi
incomprensioni relative ai contenuti della comunicazione
conflitti relazionali irrisolti
organizzazione del lavoro insufficiente o disfunzionale (sottocarico, sovraccarico,
scarsa autonomia del dipendente…).
Ottenimento budget a tutti i costi
In assenza di una specifica disciplina del mobbing, la giurisprudenza è ricorsa all'art. 2087
c.c., secondo cui l'imprenditore è tenuto ad adottare nell'esercizio dell'impresa le misure
che, secondo la particolarità del lavoro, l'esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare
l'integrità fisica ma anche la personalità morale dei prestatori di lavoro.
Conseguenza del mobbing La giurisprudenza poi ha fatto riferimento all'art. 32,
comma 1 Cost., secondo cui la Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto
dell'individuo e interesse della collettività. Partendo da queste norme generali a tutela della
salute dei lavoratori, la giurisprudenza ha individuato una serie di comportamenti tipici che
caratterizzano il mobbing: • trasferimenti ingiustificati del dipendente;
• emarginazione o isolamento del lavoratore;
• dequalificazione, demansionamento e svuotamento delle mansioni;
• sottrazione di compiti e responsabilità caratteristiche delle mansioni con eventuale
assegnazione ad altri dipendenti;
• continuo sovraccarico di lavoro;
• richiami continui e ingiustificati;
• molestie sessuali.
Tutto quello che gira attorno al mobbing, per un azienda, si può rivelare una grande spesa
in termini energie, risorse e costi.
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Un ambiente lavorativo che adotta il terrorismo psicologico come politica a lungo andare
risente della lesione della salute dei lavoratori, questo danno che si crea va ad influenzare sia
la quantità che la qualità del lavoro svolto.
Gli Effetti del Mobbing Le azioni vessatorie perpetrate dai mobbers producono una
serie di effetti che interessano principalmente l’ambito familiare, quello sociale e la salute
delle vittime
Effetti in ambito familiare
Lamentele per salute;
Spese sanitarie;
Disinteresse ed insofferenza per i legami e le responsabilità familiari;
Peggioramento delle prestazioni scolastiche dei figli;
Attacchi di ira, violenza, litigi;
Problemi coniugali (fino al divorzio).
Effetti in ambito sociale
Evitamento degli incontri sociali;
Disimpegno sociale;
Attacchi di ira, violenza, litigi;
Perdita di rapporti di amicizia;
Incapacità a fare progetti;
Difficoltà a qualificarsi per altri lavori;
Perdita di guadagno.
Effetti sulla salute
I lavoratori sottoposti a violenza psicologica presentano inoltre un alto rischio di sviluppare
disturbi d’ansia e di umore, con gli effetti tipici del disturbo post - traumatico da stress come:
Fenomeni di iperallerta;
pensiero ossessivamente concentrato sui problemi di lavoro con incubi, flashback,
ecc.;
fenomeni di evitamento, ovvero comportamenti tesi ad evitare ogni circostanza che
ricordi il problema;
disturbi di ansia, depressivi e dissociativi;
disturbi dell’adattamento.
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Il mobbing, infine, può avere effetti in grado di causare disturbi clinici psicopatologici,
psicosomatici e comportamentali
Incubo mobbing dopo la maternità, casi in aumento - Prima lo svuotamento di mansioni, improvviso e allo stesso tempo
crudele. Poi un vero e proprio isolamento, con la scoperta di
essere stata subito “rimpiazzata” da un’altra. Una vera e propria
piaga, che continua ad allargarsi in particolare in questi tempi di
crisi. Dove le vittime sono soprattutto le donne che, dopo la
maternità (e quindi il periodo di assenza), vengono letteralmente
“scaricate”, con tanto di invito a farsi da parte.
Tipologie e parametri del mobbing
Esistono diverse tipologie di mobbing che appaiono ben distinte e definite tra loro nella
teoria, mentre nella pratica tale confine non è sempre così netto. Le principali tipologie
mobbing dall’alto; con questo termine si intendono le molestie esercitate da parte di
un vessatore che si trova in una posizione di superiorità rispetto alla vittima come per
esempio un dirigente, un capo reparto, un capoufficio, un collega di anzianità o di
mansioni superiori. Un tipico esempio di mobbing verticale è l’abuso di potere.
mobbing dal basso; come il precedente, si basa sulla disparità di potere nella relazione
gerarchica. Questa forma di mobbing si differenzia da quella discendente in quanto è
il subordinato, o comunque chi detiene un potere minore (singolo o gruppo di
persone), a mettere in atto una serie di vessazioni a danno di un superiore;
mobbing strategico (bossing); questo termine viene definito come una forma di
terrorismo psicologico che viene programmato dall’azienda stessa o dai vertici
dirigenziali ai danni di dipendenti divenuti in qualche modo “scomodi” e che, quindi,
si vogliono eliminare. Ciò che caratterizza il bossing è la sua manifestazione su scala
aziendale (ibidem);
mobbing tra pari (orizzontale); questa forma viene esercitata da colleghi di pari livello
con lo scopo di procurare fastidi a una persona o di bloccargli la carriera, ad esempio
per motivi di gelosia e rivalità. Le azioni più frequentemente attuate sono di natura
sociocomunicativa, volte all’isolamento della persona vessata dal gruppo e al blocco
delle informazioni;
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* doppio mobbing, avviene quando la famiglia, dopo un certo periodo di sopportazione
e comprensione, non riesce più a contenere il malessere del proprio familiare vessato
e lo priva del proprio sostegno. La famiglia per istinto di sopravvivenza allontana la
persona poiché essa è diventata una minaccia per l’integrità e la salute del nucleo
familiare. Questo processo è inconscio: infatti nessun componente della famiglia si
renderà conto di aver smesso di sostenere il proprio caro. Quest’ultimo, a questo punto,
si trova praticamente accerchiato poiché perde la valvola di sfogo rappresentata dalla
famiglia.
“Non è raro che la vicenda sfoci in modo tragico”.
Affinché si possa riconoscere ed inquadrare correttamente una
situazione come mobbing è necessario che siano presenti
contemporaneamente 7 parametri identificativi. Questi criteri
fondamentali sono i seguenti:
1. L’ambiente lavorativo. Per poter parlare di mobbing il contesto in cui deve svilupparsi
il conflitto deve essere di tipo professionale.
2. La frequenza. Le azioni ostili devono verificarsi almeno alcune volte al mese. Alle
volte, però, possono presentarsi situazioni particolari come “sasso nello stagno”: in tal
caso, infatti, una singola azione (per esempio un grave demansionamento o un
trasferimento in un ufficio o reparto, lontano da casa o difficile da raggiungere) ha
delle conseguenze che vengono percepite a lungo termine e che si ripercuotono
quotidianamente sulla persona che le subisce. La circostanza del “sasso nello stagno”
si verifica, però, solo nel caso in cui l’azione principale è accompagnata o seguita da
almeno altre due azioni di supporto di carattere differente, attuate da soggetti diversi,
e riscontrate almeno alcune volte al mese.
3. La durata. Per poter definire un’azione come mobbing il conflitto deve protrarsi per
almeno 6 mesi. E’ possibile che duri anche un tempo inferiore (almeno 3): in questo
caso si parla di “quick mobbing”. Il quick mobbing, però, si verifica solo se gli attacchi
sono quotidiani e le azioni poste in essere rientrano in almeno 2 delle categorie
previste dal “LIPT Ege” (Leymann Inventory of Psychological Terrorismo, esso è un
questionario anonimo, messo a punto all’inizio degli anni ’90. Attualmente è lo
strumento più usato in Europa per la rilevazione del Mobbing.
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4. Il tipo di azioni raggruppate in 5 categorie:
Attacchi ai contatti umani e alla possibilità di
comunicare (per esempio: ricevere biasimi e
rimproveri, essere continuamente interrotti mentre si
parla, subire continue critiche alle proprie prestazioni o
riguardo alla propria vita privata, ricevere minacce
verbali o intimidazioni anonime al telefono);
isolamento sistematico (ad esempio: nessuno parla con il soggetto, oppure
questo viene spostato in un luogo di lavoro isolato dagli altri, o ancora, ci si
comporta come se non esistesse e viene data disposizione di non parlare con la
persona);
cambiamento di mansioni lavorative (per esempio: vengono affidati lavori
senza senso o non viene fornito alcuna mansione da svolgere; in alternativa,
vengono imposti incarichi nocivi per la salute, oppure compiti che sono molto
al di sotto delle capacità del soggetto, umilianti o sempre diversi);
attacchi alla reputazione (ad esempio: parlare alle spalle della vittima e far
circolare voci su di lei, ridicolizzandola agli occhi degli altri; oppure fare
pressioni sul soggetto per sottoporlo a visita psichiatrica, imitarlo nei suoi
movimenti o nel suo modo di parlare, schernirlo per la sua provenienza);
violenza e/o minacce di violenza (per esempio: il lavoratore viene minacciato di
violenza fisica, spintonato oppure subisce azioni di violenza fisica grave,
vengono danneggiati la sua casa o il suo posto di lavoro).
Le azioni che possono essere definite di mobbing sono tali se rientrano in almeno due
di queste 5 categorie del LIPT (Leymann Inventory of Psychological Terror);
l’eccezione è rappresentata, come sottolineato in precedenza, da una situazione
riconducibile al fenomeno del “sasso nello stagno” per il quale è sufficiente
concretizzare una singola azione seguita da almeno altre due di supporto appartenenti
ad una categoria diversa dalla prima.
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5. Il dislivello tra protagonisti. Il vessatore, a
prescindere dalla sua posizione nella scala gerarchica
rispetto al mobbizzato, gode di una grande autostima, è
aggressivo, e psicologicamente forte. In molti lo sostengono
e credono in lui e non ha alcuna paura di perdere il suo posto
di lavoro; inoltre è sempre presente sul luogo di lavoro e si
ritiene superiore agli altri. La persona vessata, invece, è
psicologicamente debole, sta sulla difensiva ed ha una scarsa autostima. Teme
continuamente di venire demansionata o di perdere il lavoro; gli altri la ritengono
vittima di manie di persecuzione. Il senso di inferiorità percepito dalla persona la
spinge ad assentarsi spesso dal lavoro, peggiorando così la propria condizione.
6. L’andamento a fasi successive. È il risultato della rielaborazione e
contestualizzazione per l’Italia del precedente modello a quattro fasi.
Descrizione delle seguenti 6 fasi, attraverso le quali si articolano gli episodi di “terrore
psicologico nei posti di lavoro”:
la prefase o condizione zero. La conflittualità è una delle caratteristiche del
contesto lavorativo italiano che si manifesta più frequentemente e alla quale
solo pochi ambienti di lavoro si sottraggono. Di conseguenza, il livello
“fisiologico” di conflitto nell’ambito lavorativo italiano non può essere
utilizzato come elemento basilare per la rilevazione del mobbing, dal momento
che è normalmente presente ed è accettato da tutti senza essere considerato
pericoloso. Non si può, però, nascondere che il perenne clima di ostilità
rappresenta comunque un terreno fertile per lo sviluppo del mobbing. Si parla,
in tali situazioni, di conflitto generalizzato nel quale tutti sono contro tutti,
senza che venga identificata una vittima definita. In questo contesto, manca
ancora la volontà di distruggere, essendo presente solo il desiderio di elevarsi
sugli altri;
la fase I (conflitto mirato). In questa fase del mobbing, la prima, viene
individuata una vittima verso la quale si indirizza la conflittualità generale. Le
vessazioni non sono più latenti e non sono solo circoscritte all’ambito
lavorativo ma iniziano ad interferire anche nella sfera privata della persona;
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la fase II (inizio del mobbing). Le continue prepotenze da parte del vessatore
non causano, ancora sintomi o malattie di tipo psicosomatico, ma creano un
senso di disagio e di fastidio in chi li subisce. La vittima percepisce un
inasprimento delle relazioni con i colleghi ed è quindi spinta ad interrogarsi su
tale cambiamento;
la fase III (comparsa dei primi sintomi psicosomatici). Questa fase è molto
delicata perché si inserisce tra l’inizio del mobbing e la sua manifestazione in
pubblico. La persona inizia a rivelare problemi di salute e tale condizione può
prolungarsi nel tempo;
la fase IV (errori e abusi dell’amministrazione). È la fase in cui il mobbing
diviene pubblico e viene favorito anche da errori di valutazione commessi da
parte degli uffici o dai servizi addetti alla gestione del personale;
la fase V (serio aggravamento della salute psicofisica). La persona inizia a
soffrire di forme depressive più o meno gravi, curate con psicofarmaci, che
tuttavia si rivelano essere palliative, in quanto il problema sul lavoro permane
e si aggrava;
la fase VI (esclusione dal mondo del lavoro). È l’ultima fase del mobbing e
consiste nell’allontanamento della persona dal luogo di lavoro, che si può
manifestare attraverso le dimissioni volontarie, il licenziamento o il ricorso al
prepensionamento.
7. L’intento persecutorio. “Perché si possa parlare di mobbing, ci deve essere da parte
dell’aggressore un chiaro scopo negativo nei confronti della vittima”. E’ utile
chiedersi se i presunti mobber si comporterebbero nello stesso modo con un’altra
persona nella medesima posizione della vittima. Se la risposta è affermativa allora si
può escludere che si tratti di mobbing, in quanto verrebbe meno l’elemento
fondamentale costituito dall’intento persecutorio.
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Un lavoratore stressato perde la sua produttività
Sentendosi minacciato dall’ambiente di lavoro, un dipendente,
presterà meno attenzione alla mansione che sta svolgendo essendo
distratto dalle continue vessazioni e dal terrore di commettere
errori che istighino il mobber.
Si concentrerà poi sul capire i motivi delle continue ingiustizie perdendo la motivazione che
in origine era lo stimolo per svolgere al meglio la mansione che gli è assegnata. L’azienda,
in questo caso, soffre delle mancanze lavorative della vittima oltre che delle assenze per
malattia, che in alcuni casi vanno ad aumentare significativamente.
Un mobber consapevole tende a sprecare la maggior parte delle ore lavorative, e delle
sue energie, tormentando le sue vittime o cercando nuovi metodi per umiliare e rendere
pubblica l’umiliazione inflitta. Per lui, la mansione che svolge in azienda, assume un
importanza secondaria e dà invece assoluta priorità alla “mobizzazione” dell’obbiettivo. Il
conseguente spreco di queste risorse pesa sull’azienda che versa uno stipendio ad una
persona che non svolge il proprio lavoro ma impiega le sue competenze a creare conflitti non
produttivi.
Le conseguenze del mobbing si ripercuotono sulla persona, sull’azienda e sulla collettività
sulla persona, che subisce un danno:
psicologico
economico
Il primo tipo di danno, sub 1, comprende tutte le occasioni in cui la vittima viene
incessantemente umiliata, offesa, isolata anche per quel che concerne la sfera privata) . Il suo
lavoro viene deprezzato, continuamente disapprovato o addirittura sabotato, svuotato dei
contenuti e privato degli strumenti per essere svolto (cosiddetta “sindrome della scrivania
vuota”). Il suo ruolo viene declassato e le sue competenze messe in discussione. In questa
categoria rientrano anche le continue azioni sanzionatorie, spesso pretestuose, che la vittima
subisce attraverso un uso eccessivo di visite fiscali o di idoneità, di contestazioni disciplinari,
di trasferimenti imposti in sedi lontane, di rifiuti di accordare permessi e/o ferie e
trasferimenti richiesti.
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La seconda specie di danno, sub 2, è costituito da spese di tipo sanitario, di tipo legale e
dovute alle diminuzione della capacità di guadagno, l’aumento dei giorni di assenza dal
lavoro, la dequalificazione e l’eventuale perdita del posto di lavoro.
sull’azienda. L’azienda viene sensibilmente danneggiata registrando cali di
produttività nei settori coinvolti. Inoltre quando il mobbing viene reiterato e non si
tutelano le vittime, esso può provocare, nel lungo periodo, dei danni permanenti alle
aziende che lo esercitano. Il clima lavorativo risente del terrorismo psicologico che va
a ledere la qualità della vita dei dipendenti; questo aspetto è un indicatore di una cattiva
gestione delle risorse umane e rappresenta un costo aggiuntivo a carico dell’azienda.
I costi del mobbing sono connessi alle azioni irregolari che la persona vessata subisce,
alle spese di tipo legale, alla diminuzione dei profitti (causata da un lato dal
molestatore che impiega parte del proprio tempo lavorativo a vessare i colleghi, e
dall’altra dovuta al calo della motivazione di chi subisce), alla perdita di risorse umane
e, infine, all’aumento dei costi di formazione (dovuti alla necessità di assumere nuovo
personale in sostituzione di quello allontanato).
sulla collettività e sui contribuenti. I costi del mobbing, difatti, gravano anche sul
Sistema Sanitario Nazionale (sotto forma per esempio di spese farmacologiche,
interventi di Pronto soccorso o ricoveri ospedalieri) e sugli Enti previdenziali (in
termini di uscite finanziarie per l’assenza del lavoratore, causate da malattie comparse
in concomitanza e/o come conseguenza della situazione di mobbing). Inoltre sono
associate ai problemi suddetti anche la perdita di lavoratori potenzialmente produttivi,
il reinserimento di questi ultimi nel contesto lavorativo e le problematiche inerenti al
coinvolgimento dei familiari e di altri soggetti.
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La formazione sul mobbing è prevenzione
Tutte le situazioni che ledono la qualità della vita dei dipendenti sono un forte indicatore di
cattiva gestione delle risorse umane e portano alla creazione di un ambiente di lavoro in
cui, purtroppo, la pratica del mobbing viene tollerata (questo, in Italia, accade sempre più
spesso in moltissime aziende con il rischio che diventi routine quotidiana). Per questo motivo
andrebbero affrontati, con dei corsi di formazione dedicati, tutti quegli argomenti e quelle
tecniche che servono a riconoscere immediatamente i segnali di un’azione di mobbing.
Impiegare delle persone o professionisti per sensibilizzare sulle cause e gli effetti del
mobbing, attraverso corsi di formazione, è importantissimo, in quanto questi percorsi sono
atti a eliminare o quantomeno prevenire, e quindi limitare, gli effetti catastrofici di questo
fenomeno. Buona prassi sarebbe preventivare corsi di questo genere nel budget aziendale
(gli aggiornamenti dovrebbero avere una cadenza annuale) per recepire gli approfondimenti
degli studi in materia e conoscere le migliori strategie di prevenzione per stroncare sul
nascere qualunque tipo di azione lesiva.
Se un’azienda investe correttamente su questi temi potrebbe limitare i costi
del mobbing alla sola prevenzione.
Mobbing