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a vantaggio dei grillini è da folli irre- sponsabili! Invece di scherzare con il fuoco, quindi, sarebbe bene che si desse mano alla nuova legge eletto- rale! questa e nelle precedenti legislature, il fenomeno della transumanza par- lamentare dalle opposizioni alla maggioranza è stato ampio e massic- cio. Escludere che si possa rinnovare ziani incominciano ad accarezzare l’idea che un anno di ingovernabilità segnato da un eventuale governo mi- noritario guidato dal grillino Luigi Di Maio potrebbe essere lo stru- mento migliore per convincere gli italiani della fatuità dell’alternativa costituita dai Cinque Stelle e della necessità di tornare, nelle inevitabili elezioni anticipate del 2019, a pun- tare sull’unico leader e premier in circolazione in Italia, cioè Matteo Renzi. Il calcolo è furbetto. Ma ha un di- fetto. Non tiene conto che il giorno in cui il Movimento Cinque Stelle dovesse diventare il partito di mag- gioranza relativa con il compito di formare il governo, il suo carro po- trebbe diventare improvvisamente zeppo di inattesi ed entusiasti soste- nitori. Non va dimenticato che, in Direttore ARTURO DIACONALE Giovedì 30 Marzo 2017 Fondato nel 1847 - Anno XXII N. 62 - Euro 0,50 DL353/2003 (conv. in L 27/02/04 n. 46) art.1 comma 1 DCB - Roma / Tariffa ROC Poste Italiane Spa Spedizione in Abb. postale QUOTIDIANO LIbERALE pER LE gARANzIE, LE RIfORmE ED I DIRITTI UmANI delle Libertà RAPONI A PAGINA 7 “Il segreto della vita” e il Nobel mancato di Rosalind Franklin CULTURA POLLI A PAGINA 2 Brexit, l’Europa nella curva della storia: la prova del fuoco per l’Ue POLITICA KERN A PAGINA 5 Elezioni francesi: rivoluzione populista o status quo? ESTERI CAPONE A PAGINA 4 Tornano i servi della gleba grazie all’accordo De Masi-Grillo POLITICA - LAVORO giungere il quaranta per cento e nes- suna coalizione di maggioranza è realizzabile, neppure quella fanta- siosa fondata su una impossibile al- leanza tra Movimento Cinque Stelle e Lega. Sulla carta, ovviamente, c’è anche l’ipotesi della somma nume- rica di tutti i partiti del centrodestra con quello che rimarrà del Partito Democratico di Matteo Renzi. Ma questa sorta di unione sacra contro il grillismo è, prima ancora che ir- realizzabile, ridicola. Dunque, senza una legge eletto- rale adeguata, l’ingovernabilità è certa. Il ché, però, in alcuni ambienti del centrosinistra, in particolare quelli vicini all’ex premier Matteo Renzi, sembra essere un’eventualità niente affatto disprezzabile. Consa- pevoli che il loro ritorno al governo è quasi sicuramente precluso, i ren- A qualcuno piace ingovernabile U na doppia singolare convinzione si va diffondendo all’interno della maggioranza di governo. Quella che la prossima legislatura sarà segnata dall’ingovernabilità e quella che tutto sommato questa prospettiva non sarebbe affatto un male. Sulla convinzione circa la sempre più probabile ingovernabilità della prossima legislatura c’è ben poco da dire. Tranne l’osservazione che se non si affronta il tema della nuova legge elettorale e si consente che alle prossime elezioni si vada con il pro- porzionale ritagliato dalla Consulta sul vecchio Italicum, la futura ingo- vernabilità non solo è probabile ma diventa assolutamente inevitabile. Nessun partito è in grado di rag- di ARTURO DIACONALE BASINI A PAGINA 3 I nuovi mutanti: attenti al “GrilloRenzi” PRIMO PIANO Il governatore della Puglia, ascoltato come testimone nell’inchiesta sfociata nell’arresto di Alfredo Romeo per tangenti, conferma in Procura di aver ricevuto sms dall’ex sottosegretario alla Presidenza del Consiglio che lo rassicurava sul conto dell’imprenditore Carlo Russo Consip, Emiliano contro Lotti e Renzi

A qualcuno piace ingovernabile - Opinione · Renzi, sembra essere un’eventualità niente affatto disprezzabile. Consa-pevoli che il loro ritorno al governo è quasi sicuramente

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Page 1: A qualcuno piace ingovernabile - Opinione · Renzi, sembra essere un’eventualità niente affatto disprezzabile. Consa-pevoli che il loro ritorno al governo è quasi sicuramente

a vantaggio dei grillini è da folli irre-sponsabili! Invece di scherzare con ilfuoco, quindi, sarebbe bene che sidesse mano alla nuova legge eletto-rale!

questa e nelle precedenti legislature,il fenomeno della transumanza par-lamentare dalle opposizioni allamaggioranza è stato ampio e massic-cio. Escludere che si possa rinnovareziani incominciano ad accarezzare

l’idea che un anno di ingovernabilitàsegnato da un eventuale governo mi-noritario guidato dal grillino LuigiDi Maio potrebbe essere lo stru-mento migliore per convincere gliitaliani della fatuità dell’alternativacostituita dai Cinque Stelle e dellanecessità di tornare, nelle inevitabilielezioni anticipate del 2019, a pun-tare sull’unico leader e premier incircolazione in Italia, cioè MatteoRenzi.

Il calcolo è furbetto. Ma ha un di-fetto. Non tiene conto che il giornoin cui il Movimento Cinque Stelledovesse diventare il partito di mag-gioranza relativa con il compito diformare il governo, il suo carro po-trebbe diventare improvvisamentezeppo di inattesi ed entusiasti soste-nitori. Non va dimenticato che, in

Direttore ARTURO DIACONALE Giovedì 30 Marzo 2017Fondato nel 1847 - Anno XXII N. 62 - Euro 0,50

DL353/2003 (conv. in L 27/02/04 n. 46) art.1 comma 1

DCB - Roma / Tariffa ROC Poste Italiane Spa Spedizione in Abb. postale QUOTIDIANO LIbERALE pER LE gARANzIE, LE RIfORmE ED I DIRITTI UmANI

delle Libertà

RAPONI A PAGINA 7

“Il segreto della vita”

e il Nobel mancato

di Rosalind Franklin

CULTURA

POLLI A PAGINA 2

Brexit, l’Europa nella curva della storia:

la prova del fuoco per l’Ue

POLITICA

KERN A PAGINA 5

Elezioni francesi:

rivoluzione populista

o status quo?

ESTERI

CAPONE A PAGINA 4

Tornano i servi della gleba

grazie all’accordo

De Masi-Grillo

POLITICA - LAVORO

giungere il quaranta per cento e nes-suna coalizione di maggioranza èrealizzabile, neppure quella fanta-siosa fondata su una impossibile al-leanza tra Movimento Cinque Stellee Lega. Sulla carta, ovviamente, c’èanche l’ipotesi della somma nume-rica di tutti i partiti del centrodestracon quello che rimarrà del PartitoDemocratico di Matteo Renzi. Maquesta sorta di unione sacra controil grillismo è, prima ancora che ir-realizzabile, ridicola.

Dunque, senza una legge eletto-rale adeguata, l’ingovernabilità ècerta. Il ché, però, in alcuni ambientidel centrosinistra, in particolarequelli vicini all’ex premier MatteoRenzi, sembra essere un’eventualitàniente affatto disprezzabile. Consa-pevoli che il loro ritorno al governoè quasi sicuramente precluso, i ren-

A qualcuno piace ingovernabile

Una doppia singolare convinzionesi va diffondendo all’interno

della maggioranza di governo.Quella che la prossima legislaturasarà segnata dall’ingovernabilità equella che tutto sommato questaprospettiva non sarebbe affatto unmale.

Sulla convinzione circa la semprepiù probabile ingovernabilità dellaprossima legislatura c’è ben poco dadire. Tranne l’osservazione che senon si affronta il tema della nuovalegge elettorale e si consente che alleprossime elezioni si vada con il pro-porzionale ritagliato dalla Consultasul vecchio Italicum, la futura ingo-vernabilità non solo è probabile madiventa assolutamente inevitabile.Nessun partito è in grado di rag-

di ARTURO DIACONALE

BASINI A PAGINA 3

I nuovi mutanti:

attenti al “GrilloRenzi”

PRIMO PIANO

Il governatore della Puglia, ascoltato come testimonenell’inchiesta sfociata nell’arresto di Alfredo Romeoper tangenti, conferma in Procura di aver ricevuto sms dall’ex sottosegretario alla Presidenza del Consiglio che lo rassicurava sul contodell’imprenditoreCarlo Russo

Consip, Emiliano contro Lotti e Renzi

Page 2: A qualcuno piace ingovernabile - Opinione · Renzi, sembra essere un’eventualità niente affatto disprezzabile. Consa-pevoli che il loro ritorno al governo è quasi sicuramente

Il cammino dell’Europa affrontauna curva della storia, un mo-

mento decisivo dal quale dipenderàil suo futuro e quello delle genera-zioni dei giovani cittadini europei. Èuna “prova del fuoco” che potrà for-giare la nascita di un’Europa nuovao, viceversa, portare l’Unione a unaprogressiva e veloce decadenza, forsea un’implosione senza ritorno. Sicu-ramente niente potrà mai più esserecome prima.

Dopo decenni di allargamenti, dicrescita continua del numero deiPaesi membri, di sguardi rivolti al fu-turo, per la prima volta l’Unione eu-ropea “perde i pezzi”, per la primavolta un Paese non chiede di entrare,ma chiede di uscire. E non è un Paesequalsiasi. Con tutte le sue contraddi-zioni, le sue gelosie nazionali, le sue,a volte irritanti, esigenze di autono-mia, la Gran Bretagna è stata uno deigrandi protagonisti della Storia co-munitaria, uno dei Paesi ispiratori diquei principi e valori che sono allabase della costruzione europea. Lasua scelta di abbandonare è il sin-tomo più forte ed evidente dellagrave malattia che affligge l’Europada molti anni. È una malattia fatta diperdita di coraggio, di incapacità diavere un’idea comune del futuro,della mancanza di leadership e di vi-sione, della mancanzadella volontà di costruireinsieme politiche condi-vise di fronte alle grandisfide di inizio millennio.Queste sfide sono davantiai nostri occhi ognigiorno: una crisi econo-mica interminabile, il ter-rorismo di ispirazioneislamica che nasce anchenelle periferie abbando-nate e isolate delle nostremetropoli, le nuove migra-zioni di milioni di bam-bini, donne e uomini chefuggono dalle guerre edalle tragedie che si svi-luppano ai nostri confini,le diseguaglianze econo-miche e le ingiustizie so-ciali crescenti di unaglobalizzazione gestitamolto male, l’arrivo allaCasa Bianca di DonaldTrump con un rivolgi-mento totale delle politi-che americane degli ultimi

decenni, la controversa politica por-tata avanti da Vladimir Putin.

Le risposte dell’Ue a tutto questosono state deboli e insufficienti,spesso incomprensibili per i cittadinieuropei che, sempre più, rifiutanoquesta Europa e si rifugiano nei mo-vimenti e nei partiti che l’Europa el’Euro vogliono combattere. L’addiodi Londra, che si consumerà presu-mibilmente in un negoziato duro espietato, segna un tornante cupo edifficile nella storia europea. Ma, pa-radossalmente, dal fondo in cui èprecipitata, l’Europa ha una possibi-lità importante di risalire se i leadereuropei sapranno comprendere i se-gnali che la Storia sta lanciando conchiarezza. Quando, se non ora? Ilmomento è adesso perché mai l’Eu-ropa è stata così sola di fronte allesfide globali. Le alleanze con gli Usa

e la Russia sono difficili ecomplesse anche se auspica-bili.

I 27, orfani di Londra, do-vranno contare solo su stessi.Non sarà facile perché le divi-sioni interne continuano a es-sere enormi. Il recente summitdi Roma lascia però spazio aqualche timida speranza.L’Unione europea ha fatto unesercizio di recupero dellamemoria importante e ha se-gnato la strada, quella diun’Ue a più velocità congruppi di Paesi pionieri chepotranno sviluppare singoleiniziative senza l’irrealizza-bile esigenza di procederetutti insieme, ma lasciandosempre la porta aperta a chivorrà partecipare. Questo èl’unico futuro possibile persalvare l’Ue. Ma ci vorràtutto quello che è mancatoin questi anni: coraggio,forza, determinazione, vo-lontà politica. “È un mo-mento storico, non si tornaindietro”, ha detto ieri allaCamera dei Comuni la pre-mier britannica TheresaMay. Almeno su questo, nonsi può che essere d’accordocon lei.

di StEfANO POLLI

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2 L’OPINIONE delle Libertà giovedì 30 marzo 2017Politica

Brexit, l’Europa nella curva della storia: la prova del fuoco per l’Ue tra rilancio e fallimento

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Strani animali i “Grillorenzi”. Pro-dotti da un’ibridazione di un’eso-

tica varietà di grilli carnivora conun’antica specie collettivista mutante(Pci, Pds, Ds, Pd, Dp), hanno carat-teristiche ancora instabili, potendopresentare sembianze più pronun-ciate dell’una o dell’altra specie ori-ginaria e un colore che oscilla dalrosso vivo (anche rosso antico neiDp) al rosa shocking avanspettacolo.Hanno in comune una vistosa codavelenosa che cercano di nasconderee che perciò spesso si pestano traloro, oltre a una smodata e aggres-siva fame di contribuenti, di cui sonoghiottissimi.

Organizzati gerarchicamente inpiramide totalitaria, con al vertice unGrillorenzi regino, indiscusso e indi-scutibile, sono volentieri cannibalitra loro, ma solo se in mancanza dicontribuenti presenti, che vorace-mente prediligono e che fermano conle loro pinze chiamate tasse e divo-rano dopo averli fatti votare. Tutti ri-gorosamente mancini, attaccanosempre da sinistra, secondo una tec-nica ben collaudata basata sul lorocamaleontismo. Il Grillorenzi soma-ticamente più grillino spaventa il cit-tadino al passeggio che, persfuggirgli, finisce in braccio al Gril-lorenzi più renziano che se lo pappae viceversa se è invece il renziano atendere la trappola, disgusta tal-mente il passante che fugge in boccaal grillino. Gli uni definiscono il pro-cesso “crescita spensierata”, gli altri“decrescita felice”, ma si tratta sem-pre di un processo digestivo fiscale eburocratico. L’unica cosa che li spa-venta è se li chiami comunisti, nonperché gliene freghi realmente an-cora qualcosa, ma perché tiene lon-tano il contribuente-elettore, chediventa così più difficilmente tassa-bile. L’altra cosa che li atterrisce è sefai vedere, nonostante il diverso ca-rapace che indossano, che sono in re-altà molto simili (anzi uguali) e cosìcompiono diverse mute, cambiandospesso l’involucro esterno. Difatti,venuto meno il gioco delle parti traloro, diventerebbe più difficile pren-

dere voti, perché basati essenzial-mente sul disgusto o sulla paura cheprovocano gli uni rispetto agli altri,mentre se riconosciuti finalmente es-senzialmente uguali dovrebbero pren-der voti in positivo per meriti eprogrammi; cosa non facile, anzi quasial limite dell’impossibilità per loro.

L’unico modo per difendersi èdunque quello di riconoscerli comeappartenenti alla stessa specie di Gril-lorenzi e cercare di evitarli entrambi,anzitutto perché, in mancanza di elet-tori-contribuenti, riprendono subitoa mangiarsi tra di loro diminuendocosì di numero e poi perché, se con-finati a sinistra, sono ben lontani daquella maggioranza che solo deglisprovveduti di destra potrebbero re-galargli.

In realtà, Matteo Renzi è la sini-stra che si finge moderata per attiraregli spaventati antigrillini di destra eBeppe Grillo la sinistra che si fingeantisistema per attirare gli imbestia-liti sempre di destra. È il gioco delleparti la sola cosa che permette lorodi sperare di vincere, in un Paese cheè maggioritariamente di centrodestra

e per fare questo devono convincerciche la divisione tra destra e sinistranon c’è più. Il che non è vero, non èaffatto vero, anzi al contrario è laprincipale divisione che sopravviveun po’ in tutto il mondo anche al dilà di nazioni, etnie e religioni diverse.

Pigliamo una delle cose più tipi-camente di destra: la diminuzionedelle imposte (e della loro esagerataprogressività); come farebbero i gril-lorenzi a diminuirle se è nelle impo-ste che fanno il nido e prosperano,un po’ come lo scarabeo stercorarionel suo elemento prediletto; comepotrebbero dare il reddito di cittadi-nanza anche ai nullafacenti senza letasse dei lavoratori o accogliere acentinaia di migliaia i cari clandestinisenza le tasse, sempre dei lavoratori ?Pigliamo la giustizia, che a conti fattivede un po’ di garantismo ormai soloa destra, che differenza c’è, a parte illinguaggio sboccato oppure capziosoe il tono di voce, tra manettari ren-zogrillini o grillorenzini, o ancora lemolte importanti scelte di fondo cheli vedono uniti fingendo di non es-serlo? E che dire della democrazia in-

terna, che sembra un’incattivita rie-dizione twitteriana o parrocchiale (otwitteriana-parrocchiale) del centra-lismo democratico, che di volta involta identifica gli “antipartito” neivari D’Alema o nei poveri Pizzarotti,da rottamare assolutamente su or-dine del Grillorenzi regino?

E intanto a destra, storditi daigrandi mezzi di informazione chenon hanno più grandi borghesi a di-rigerli, molti, troppi elettori fanno agara per meritarsi l’appellativo invoga all’epoca di Scelba, Guareschi edel cardinal Ottaviani: quello di utiliidioti (U.I.). Ah, ma io voto solo perprotesta, fanno gli U.I. del tipo“Grill”, come se si potesse votare perun partito del 30 per cento allostesso modo che per una singolaIlona Staller; difendiamo le istitu-zioni, dicono quelli del tipo “Renz”,come se istituzioni che ci vedono cit-tadini senza più diritti, nei confrontidei comuni espropriatori, delle pro-cure o del fisco, fossero istituzioni dadifendere. Ma scusa, allora a Romatra Roberto Giachetti e VirginiaRaggi per chi dovevo votare? Maproprio per nessuno, grullo (grullo,non grillo), dovevi restare a casasenza farti complice della distruzionedella casa comune, restare libero perpartecipare, quando sarà possibile, auna reale alternativa, non contri-buire a edificare le tane dei grillo-renzi. Oh, se poi Grillo ti piace, se tici identifichi, vota pure, ma non civenire a dire (e soprattutto non direa te stesso) che lo fai per protesta; lofai perché sotto sotto ti piace, anchese ti vergogni a dirlo, mentre Renzinon è la rottamazione del sistema, néla difesa della democrazia, ma la di-fesa furbetta (fin che gli riesce) di unsistema autoritario, anche se gom-moso, in cui trovare una colloca-zione qualunque, un posticino. Dice,ma così non rispetti gli elettori. Nien-t’affatto, io rispetto moltissimo glielettori, se uno è grillorenzino fa be-nissimo a votarli; io dico che gli altri

fanno male a farlo, quelli che vota-vano Silvio Berlusconi e GinfrancoFini, semplicemente perché loro vo-levano tutt’altre cose rispetto ai gril-lorenzi.

Non è questione di uomini, pur sefondamentali, è questione di pro-grammi e di visione della società. Sesei un grillorenzi e ti piace l’alveare èuna cosa, se non ti piace, anzi ti piacela casetta autonoma e una vita indi-pendente senza troppi che ti cammi-nino sui piedi è un’altra. Salvini,Meloni, Toti, i liberali di De luca, iconservatori di Fitto e Capezzone, i“sovranisti” di Alemanno, i monar-chici dell’Umi di Sacchi, ma anche isempreverdi Berlusconi e Fini e chipiù ne ha più ne metta, sono tuttiuna scelta non di sinistra, adatta, se-condo gusto, per chi di sinistra non è,mentre per tutti costoro sono i gril-lorenzi che non vanno bene. Affatto.Poco importa che il grillorenzi sianella sua fase (renziana) di bruco sci-voloso che scava gallerie nei fruttirovinandoli, o in quella di insetto(grillino) che ronza, morde e fa av-vizzire, sempre di una specie a caricodel cittadino/contribuente si tratta.

Perfino i radicali dovrebbero diffi-dare dei grillorenzi, perché alla finfine si tratta pur sempre di un orga-nismo geneticamente modificato, unOgm di cui è stato artificialmente au-mentato l’appetito partitocratico eche sta in agguato in ogni dove, sottoi sassi, nei sottoscala, nelle cantine enegli armadi, ma anche nelle reda-zioni dei giornali, nelle case editrici,nei teatri, nei consigli di amministra-zione, nelle banche (e anche in qual-che parrocchia). Prudenza ediffidenza ci vuole, perché se lo co-nosci lo eviti, anche se si finge tutto eil contrario di tutto. Insomma cheuno sia verde lega, viola radicale,nero come la notte, tricolore comeuna caprese col basilico o blu savoia,non deve mai dimenticare che il gril-lorenzi è rosso, solo rosso. E anchebrutto a vedersi.

3l’opinione delle libertàPrimo Piano

di giuseppe BAsini

giovedì 30 marzo 2017

I nuovi mutanti: attenti al “GrilloRenzi”

Leaders del continente per il rin-novo dei Trattati di Roma. “Io

ero impossibilitata, sei andato ancheper me, grazie”.

Emma Bonino si è fatta portavocedella tradizione federalista di MarcoPannella e di Altiero Spinelli. Inecce-pibile e – io posso dirlo – doverosa.Come doveroso l’invito da lei rivoltoal Partito Democratico perché nondimentichi certa sua politica euro-pea. Anche qui, tutto bene? Non pro-prio; qui converrà ricordare – e ioposso farlo – che l’europeismo il Pdnon lo ha iscritto nel suo Dna. Anzi.Ricordo bene quando il federalismospinelliano era visto come il fumonegli occhi dall’intero Pci, prono inun’obbedienza cominformista per laquale “Europa” era parola quasi im-pronunciabile, sinonimo di servili-smo nei confronti dell’America e delsuo capitalismo.

Noi, giovani e sparuti militanti delMovimento Federalista Europeo, cisentivamo assediati nelle stanze se-mideserte della sede di Piazza Fon-tana di Trevi e sommersi dalla mareadell’antiamericanismo delle sinistre edel Pci in particolare. Enrico Berlin-guer avviò più tardi una politica diavvicinamento all’Europa, arrivandoanche a far eleggere Spinelli al Parla-mento europeo. Magari, un po’ insordina, se non proprio di nascosto.Ancora più tardi, le classi politicheitaliane sdoganarono l’Europa e ac-cettarono anche l’Euro. Ma non misembra che abbiano elaborato una“cultura”, se non saldamente federa-lista, almeno onestamente europea.Nello scrosciare degli applausi alla

riunione dei leader dell’Ue abbiamoavvertito se non ipocrisia quantomeno la dissonanza di un’adesionepuramente formale, nessuna auten-tica partecipazione (beninteso, a si-nistra come nell’intero perimetro diquanti oggi si professano europeisti).

Bene, comunque, Emma e il suonostalgico richiamo, ma nessuna fi-ducia che la nostalgia possa avviareuna seria mobilitazione sul terrenopropriamente politico: in Italia -come nel resto dell’Eurozona, deiPaesi che hanno sottoscritto il rin-novo dei Trattati del 1957. Ed Emmastessa dovrebbe ricordare che questamia preoccupazione è di lunga data.Anni fa, mi pare su “La Stampa”, ap-parve un suo intervento che tratteg-giava l’identikit di una “federazioneleggera” come punto di riferimentoin un dibattito che vedeva parecchiacontrarietà verso quel “Superstato”con cui si demonizzava il federalismoeuropeo. Naturalmente, gli opposi-tori dell’ipotetico Leviatano avevanotorto, e mostravano di non aver ri-flettuto e di non essere un minimo in-formati sul sistema, i meccanismi diquegli Stati Uniti d’America che sonoil modello primo e insuperabile di unefficiente, equilibrato e non invasivosistema federale. Ma la “Federazioneleggera” di Emma non prese maicorpo, rimase una vaga e astrattaevocazione. A quei tempi, in ambitiradicali si evocava continuamenteSpinelli, la Ventotene del Manifesto,ma in realtà neanche lì si fece un

serio passo per tentare di costituireun piccolo, ma saldo nucleo di mili-tanti federalisti sul modello di quelcircolo del “Coccodrillo” che colla-borò attivamente con Spinelli perproporre un’alternativa al Maa-stricht di Delors.

Non sono un catastrofista o unoscettico, non credo che la recenteconferenza romana sui Trattati diRoma sia stata una vacua, inutile ce-rimonia. I Paesi dell’Unione, pur ri-luttanti e forse anche un po’ ipocriti,hanno tuttavia riaffermato alcuniprincipi di fondo, che una qualchecredibilità la mantengono; non solosul piano morale e storico, ma anchesu quello pienamente politico: sonotutti consapevoli che una Europa di-

sgregata cadrebbe in balia delle duepotenze confinanti, l’America trum-piana e la Russia putiniana.

Insomma, sul piano delle istitu-zioni e dei governi non tutto è per-duto o da buttar via. Quel che mancaè piuttosto il “soggetto politico” in-terprete e promotore di una costantee pressante iniziativa europea, anzifederale. Questa mancanza è il miocruccio, più volte manifestato a Pan-nella, che mi contestava rivendi-cando a sé e ai radicali quel ruolo.Ma questo “soggetto” non possiamocontinuare a cercarlo nelle aree go-vernative o vicine. Non amo la reto-rica di coloro che invocano lapolitica “dal basso”, però un minimodi base sociale, di spinta popolare se

non “di massa” occorre sempre. Dopola sconfitta del progetto Ced (ComunitàEuropea di Difesa), Spinelli promossela nascita del “Congresso del PopoloEuropeo”, ispirandosi al modello del“Congresso del Popolo” indiano. L’am-bizioso progetto fallì: mancava, ap-punto, il “popolo europeo”.

Però oggi qualcosa sembra esserecambiato. Nella Francia sciovinista elepenista, Emmanuel Macron si ècandidato alla Presidenza della Re-pubblica sollevando, contro MarineLe Pen, la bandiera dell’Europa eraccogliendo un seguito rispettabile.Potrebbe persino, dicono i sondaggi,farcela. Certo, la sua Europa non èquella di Ventotene, e dietro fa capo-lino la immancabile Francia, se nonla sua “grandeur”. Però, perché noncogliere l’occasione, perché non con-cedergli un pizzico di fiducia? Se ilconsenso su di lui si rafforzasse, se isuoi sostenitori (meglio se prove-nienti da diversi Paesi) gli presentas-sero motivazioni più stringenti, forsesi potrebbe mettere in moto un’ondapersuasiva e forte; magari sarebbel’abbozzo di un vero “popolo euro-peo”.

Fantasticherie? Utopie? Può darsi.Ma allora non sprechiamoci ad ap-plaudire Andrea Orlando, con le suestriminzite comparsate di piazza.Forse sarebbe perfino comprensibileil pavido silenzio di chi preferisce re-stare alla finestra o nascondere latesta, come uno struzzo, dinanzi allastoria che incalza.

Per l’Europa? Meglio Macron che Orlandodi Angiolo BAndinelli

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Parlare oggi di disoccupazione, di gio-vani, di ricollocamento e quant’altro,

significa scandagliare le dinamiche chehanno generato le paradossali forme di so-pravvivenza umana nel nostro Paese (l’esi-stenza alla ragionier Ugo Fantozzi iniziaad essere invidiata).

Da circa un decennio gli imprenditoripiù “svegli” continuano a ripeterci che nonc’è più l’opportunità di remunerare il la-voro in Italia, che gli italiani dovrebberolavorare gratis per almeno 15 anni perchési possa rilanciare impresa e occupazione.Parallelamente, gli stessi imprenditori sifanno paladini del “made in Italy” nell’in-tero pianeta: salvo poi produrre merci inPaesi del Quarto Mondo che permettonolo sfruttamento schiavistico della mano-dopera, quindi far transitare le produzionimanifatturiere dall’Italia solo per appicci-carci l’etichetta “made in Italy”. Tuttaroba cinese, indiana e indocinese che in-vade il mondo dopo un breve passaggiodal Belpaese. Tutto possibile grazie allaglobalizzazione, alle ricette di politica do-ganale inventate negli anni Novanta. Oggici accorgiamo che quelle scelte sono soloservite ad abbassare la qualità della vita inItalia (anzi, in tutta Europa). Soprattuttoche le garanzie per chi lavora sono tornateai livelli di fine Ottocento, e con buonapace di certi sociologi che invitano a “la-vorare gratis se si è giovani occidentali”,ma soprattutto ad “accettare di buongrado l’esclusione sociale se non si vuolerischiare la deriva terroristica”.

Da venti a sessant’anni si fatica ad in-tegrarsi nel mercato del lavoro, perché lapolitica ha partorito norme che favori-scono lo sfruttamento dei non garantiti.Anche l’ultima disamina dell’Istat fa die-trofront, ammettendo che il tasso di di-soccupazione giovanile continua acrescere in Italia, e che chi perde un lavorodopo i 35 anni è già non più reinseribile.

Lo scenario italiano non ce lo stiamoinventando noi, lo raccontano anche LaraMaestripieri (ricercatrice di “Spazio La-

voro”) e Roberto Rizza (sociologo del-l’Università di Bologna) nel volume “Gio-vani al lavoro: i numeri della crisi”. Unapenalizzazione che si concretizza princi-palmente nel livello di disoccupazione einattività più alto d’Europa, e soprattuttoche la maggiore competenza non è più avantaggio dei percorsi professionali. Ri-cordate la storia dell’ingegnere nucleareche vent’anni fa lavorava in un McDonal-d’s di Torino? Oggi la Rete ci ha rivelatoche s’accontenta di fare il pony express e,di tanto in tanto, di arrotondare dando le-zioni private di matematica. Questo è il si-stema paese su cui ha messo la firma ilministro Giuliano Poletti: l’uomo dellecoop che ha solo assicurato un alto red-dito al proprio figliolo come ai protetti daisuoi amici.

Addirittura gli studiosi di tutta Europaosservano l’Italia per raccontare il feno-meno dei “Neet” (categoria comparsanelle statistiche Eurostat e che significa“Not in Employment, Education or Trai-ning”): uomini e donne che non lavorano

né studiano, perché èstato detto loro chesono ormai fuori dal“sistema sociale”.Sorge il dubbio chequesti studi europeiservano per dimo-strare che gli italianisono un popolo dinullafacenti che vivealle spalle dell’Unioneeuropea.

Insomma, utili adavvalorare le teoriedel plenipotenziarioUe Jeroen Dijssel-bloem, che ha soste-

nuto d’aver scoperto attraverso Facebookcome gli italiani non pensino ad altro che“a divertirsi con donne e feste”. Ma oggiquanti italiani conoscete che se la spas-sano? Sorge il dubbio che si mettano inpiedi queste leggende metropolitane perbloccare ulteriormente la crescita del Paesee, soprattutto, per legarlo ancor più connormative europee stringenti (roba dastrozzini professionali). E la politica tutta,in buona compagnia del governo, evita dirispondere. Dando a bere che l’italianomedio avrebbe la coda di paglia, che sa-rebbe un disoccupato gozzovigliante.

Certo, il mercato del lavoro è inaspritodalle disuguaglianze intergenerazionali el’esclusione sociale entra come i cavoli amerenda in tutti i dibattiti, ma l’agendapolitica del Paese è impegnata su altrifronti. A pochi dirigenti italiani (forse anessuno) interessa che tra un decennio l’80per cento della popolazione potrebbe gra-vitare nell’esclusione sociale, soprattuttoche gli eserciti servirebbero solo per difen-dere il potere dai derelitti, dagli indigenti.

Fantascienza? Fino a un decennio fa si rac-contava ai giovani che l’ingresso nelmondo lavoro (e nell’Era post-industriale)andava inquadrato nell’ottica di una pre-minenza del lavoro intellettuale, come de-stino ineluttabile dell’economia moderna.Oggi nessun politico sembra abbia suffi-cienti parole (o coraggio) per ammettereche il 60 per cento della popolazione nonè più inseribile lavorativamente.

Sembra non regga più nemmeno lastoria dell’investimento congiunto in poli-tiche educative e industriali, per generareda un lato risorse formate in modo ade-guato e dall’altro domanda di lavoro al-tamente qualificato. Lo Stato ha persinoabdicato al proprio ruolo nell’investi-mento sociale, reputando giusto tagliareorizzontalmente risorse dalla cultura allaformazione: la ricetta “meno laureati, piùlavoro per tutti” ci porterà a una societàsul modello della periferia in-diana con tanti poveri dispostia lavorare per poco o nulla. Inquesta direzione vanno tutte leleggi nazionali che recepisconola “sharing economy” (lavoroin affitto), tanto caldeggiatadall’Unione europea: in praticavogliono trasformare tutta laforza lavoro in milioni di sciu-scià, che come in una pellicolain bianco e nero sortiscono daituguri pregando di lavoric-chiare un po’ qua e un po’ là.

In questa direzione vannoanche le proposte del Movi-mento Cinque Stelle, che haplaudito le proposte del socio-logo Domenico De Masi, il teo-rizzatore del “Lavorare gratis,lavorare tutti: il futuro è dei di-

soccupati”. “Ad oggi il Movimento Cin-que Stelle sembra il più adatto per un pro-getto di questo tipo. Che potrebbe ancheavere ricadute importanti in termini divoti, visto che in Italia ci sono 3,1 milionidi disoccupati - ha dichiarato De Masi -Bisogna redistribuire il lavoro che già esi-ste. È inutile pretendere il lavoro per i di-soccupati se gli occupati fanno glistraordinari, sono sempre disponibili,anche nel week-end, e si fermano in uffi-cio ogni giorno oltre l’orario di lavorosenza essere per questo retribuiti. Bisognaredistribuire il lavoro, riducendo gli orari.Passando magari dalle 40 alle 36 ore set-timanali. In questo modo non avremmodisoccupati. Ma è difficile da applicare:oggi chi ha il lavoro non lo vuole certomollare”.

De Masi, certo dell’appoggio dei gril-lini, pensa a leggi che decurtino il lavoropagato a chi lo ha per contratto, per poiappaltarlo gratis ai disoccupati. Siamo ca-duti dalla padella nella brace: l’Italia go-vernata da Beppe Grillo potrebbe essereun Paese fatto di buoni pasto e buoni ve-stiario, dove solo poca gente metterebbein bella mostra il proprio capo “made inItaly”.

4 L’opinione delle Libertà Politica - Lavoro giovedì 30 marzo 2017

Tornano i servi della gleba grazie all’accordo De Masi-Grillo

di RuggieRo Capone

Page 5: A qualcuno piace ingovernabile - Opinione · Renzi, sembra essere un’eventualità niente affatto disprezzabile. Consa-pevoli che il loro ritorno al governo è quasi sicuramente

zione eccessiva”. Egli ha affermato: “LaMerkel e la società tedesca nel suo com-plesso hanno esemplificato i nostri comunivalori europei. Hanno salvato la nostra di-gnità collettiva accettando, accogliendo ededucando i rifugiati in difficoltà”.

In un comizio del 4 febbraio a Lione,Macron ha deriso l’impegno del presi-dente americano Donald Trump di co-struire un muro al confine con il Messico:“Io non voglio costruire un muro. Possoassicurarvi che non ci sarà alcun muro nelmio programma. Ricordate la linea Ma-ginot?” egli ha detto, riferendosi al com-plesso di fortificazioni realizzato dallaFrancia negli anni Trenta per scoraggiarel’invasione da parte della Germania.

Il terrorismo islamico: Macron ha as-serito che la soluzione al terrorismo jiha-dista è più federalismo europeo: “Ilterrorismo vuole distruggere l’Europa.Dobbiamo creare rapidamente un’Europasovrana che sia in grado di proteggerci daipericoli esterni, al fine di garantire una mi-gliore sicurezza interna. Abbiamo anchebisogno di superare la riluttanza nazionalee creare un comune sistema di intelligenceeuropeo che consentirà un’efficace cacciadi criminali e terroristi”.

L’Islam: Macron ha dichiarato che lapolitica di sicurezza francese ha preso in-giustamente di mira i musulmani e “la lai-cità non deve essere brandita comeun’arma per combattere l’Islam”. Nelcorso di un comizio organizzato a ottobrea Montpellier, egli ha respinto l’afferma-zione che “la Francia ha un problema conl’Islam”. Piuttosto, Macron ha chiosato:“Nessuna religione è un problema inFrancia. Perché, se lo Stato è neutro, che èil cuore stesso della laicità, noi abbiamo ildovere di permettere a tutti di professarela propria religione con dignità”. Egli hainoltre ribadito che lo Stato islamico nonè islamico: “Il problema non è l’Islam, macerti comportamenti che vengono definiti

religiosi e poi imposti alle persone che pro-fessano quella religione”.

La difesa nazionale: Macron appoggiala Nato e si è impegnato ad aumentare laspesa per la difesa francese per raggiun-gere l’obiettivo del 2 per cento del Pil entroil 2025 – obiettivo concordato da tutti imembri della Nato nel 2006. Allo stessotempo, Macron crede nella necessità dicreare una capacità di difesa europea “au-tonoma”, conosciuta anche come esercitoeuropeo, il che duplicherebbe le capacitàmilitari già esistenti in seno alla Nato.

Un sondaggio Ifop per il “Journal duDimanche” del 18 marzo ha rilevato chegli elettori francesi sono divisi in “dueblocchi quasi uguali” sull’onestà e l’abilitàdi Macron a governare. Secondo il son-daggio, solo il 46 per cento dei francesi ri-tiene che egli sarà “in grado di garantire lasicurezza del popolo francese”. Più dellametà (il 52 per cento) degli intervistati hadetto di essere “preoccupata” per Macron,mentre il 52 per cento ha dichiarato di du-bitare della sua onestà. In un’intervista allaBmf Tv, Laurence Haïm, una giornalistadi Canal+ che è stata accreditata alla CasaBianca e che di recente si è unita alla squa-dra di Macron, ha definito quest’ultimocome “l’Obama francese”. E ha aggiunto:“Penso che nel mondo di oggi abbiamobisogno di rinnovamento, da qualcunoche sia giovane e che non è un politico.Egli vuole fare la rivoluzione democra-tica”.

E allora cosa spinge l’ascesa politica diMacron? L’analista francese Pascal-Em-manuel Gobry spiega: “Il miglior modo divedere Macron è considerarlo un anti-LePen o, per estendere i limiti della logica an-cora di più, un ‘populista dall’alto’. Se laLe Pen è l’anti-sistema, Macron è l’incar-nazione dell’establishment francese, unlaureato dell’Ena, la scuola nazionale pub-blica amministrazione che forma le élitesdel Paese, e membro dell’ispezione delle

Finanze, il corpo più prestigioso della pub-blica amministrazione. La sua unica espe-rienza nel settore privato è stata quella dibanchiere d’affari. Malgrado ciò, Macronsi lagna della retorica populista. La suacandidatura, egli dice, mira a distruggereun sistema corrotto (pur essendo appog-giato dalla stragrande maggioranza del-l’establishment francese). Sarebbe un po’disdicevole dire che le parti che il sistemache Macron vuole eliminare sono demo-cratiche; vedere lo strenuo sostegno da luiespresso all’Unione europea in un Paeseche nei sondaggi dice di rifiutarla. Macronsostiene varie riforme che prevedono in-terventi di liberalizzazione e la politica del-l’accoglienza dei migranti di AngelaMerkel. Egli è ovviamente un social-libe-rale. In un Paese che prende la culturamolto sul serio, Macron ha affermato che‘non esiste’ una cultura francese, anzi, esi-stono molte culture con cui i francesi com-piono una sorta di sintesi. I suoi maggiorifinanziatori sembrano essere esiliati fiscaliresidenti a Londra e a Bruxelles. In altreparole, Macron è l’immagine riflessa delriallineamento politico che sta trasfor-mando la politica occidentale. Se l’assor-tito gruppo di populisti – Trump, Le Pen –sono i candidati di chi ci ha rimesso acausa della globalizzazione, allora Macronè il candidato dei vincitori. In entrambi icasi, si rendono obsolete le vecchie divi-sioni tra destra e sinistra. Se la bolla Ma-cron non scoppierà, questo potrebbesignificare il riallineamento, non solo dellapolitica francese, ma della politica occi-dentale in generale, passando dalla divi-sione tra destra e sinistra, che ha definitola politica occidentale a partire dalla Ri-voluzione francese, a una divisione tra ilpopolo e le élites”.

Marine Le Pen è d’accordo. Nel corsodi un comizio a Lione, il 5 febbraio, la lea-der del Fn ha detto: “I vecchi dibattiti de-stra-sinistra hanno fatto il loro tempo. Le

primarie hanno mostrato che i dibattitisulla laicità o l’immigrazione, come puresulla globalizzazione o sulla deregolamen-tazione generalizzata, costituiscono unadivisione fondamentale e trasversale. Ladivisione non è più tra la sinistra e la de-stra, ma tra globalisti e patrioti. Il crollodei partiti tradizionali e la scomparsa si-stematica di quasi tutti i loro leader stannoa indicare che è iniziata una grande ri-composizione politica”.

Durante lo stesso comizio, Marine LePen ha lanciato un attacco su due fronti:alla globalizzazione e all’Islam radicale.Ha anche promesso agli elettori francesiun referendum sulla permanenza dellaFrancia nell’Unione europea per “permet-terci di recuperare le nostre quattro so-vranità: monetaria, economica, legislativae territoriale”.

La leader del Front National ha poicontinuato a dire esattamente cosa è ingioco per la Francia in questa elezione: “Intutto e per tutto, questa elezione presiden-ziale non è come le altre. Il suo esito de-terminerà il futuro della Francia comenazione libera e la nostra esistenza comepopolo. Dopo decenni di errori e codar-dia, siamo a un bivio. Lo dico in tutta se-rietà: la scelta che dobbiamo compiere inquesta elezione è una scelta di civiltà. Ladomanda è semplice e crudele: i nostri figlivivranno in un Paese libero, indipendente,democratico? Potranno ancora essere ingrado di fare riferimento al nostro sistemadi valori? Avranno lo stesso stile di vita cheabbiamo avuto noi e i nostri genitoriprima di noi? I nostri figli e i figli dei no-stri figli, avranno ancora un lavoro, unostipendio decente, la possibilità di costruireun patrimonio, creare una famiglia in unambiente sicuro, diventare proprietari, es-sere adeguatamente curati, invecchiarecon dignità? I nostri figli avranno i nostristessi diritti? Vivranno secondo i nostri ri-ferimenti culturali, i nostri valori di civiltà,

il nostro stile di vita e parleranno ancora lanostra lingua, il francese, che si sta disin-tegrando sotto i colpi dei leader politiciche dilapidano questo tesoro nazionale –ad esempio, scegliendo uno slogan in in-glese per promuovere la candidatura diParigi per ospitare i Giochi olimpici del2024? Avranno il diritto di rivendicare lacultura francese quando certi candidatialle presidenziali, inorgogliti della lorostessa testa vuota, spiegano che essa nonesiste? Faccio questa domanda importanteperché, a differenza dei nostri avversari,non mi interessa solo il patrimonio mate-riale dei francesi, ma voglio difendereanche il nostro capitale immateriale. Que-sto capitale immateriale non ha prezzoperché questo patrimonio è insostituibile.In realtà, io difendo i muri portanti dellanostra società”.

La scelta degli elettori francesi è chiara:Marine Le Pen è la candidata anti-sistemadel cambiamento e Macron è il candidatopro-sistema dello status quo. La Le Penoffre agli elettori un’opportunità storica dirivalutare le relazioni con l’Unione euro-pea, riaffermare la sovranità nazionale earrestare i flussi migratori di massa dalmondo musulmano. Al contrario, Macronoffre agli elettori un rafforzamento del fe-deralismo europeo, un ulteriore trasferi-mento della sovranità nazionale all’Ue euna maggiore multiculturalizzazione dellasocietà francese. Se i sondaggi sono indica-tivi, gli elettori francesi sembrano esserepiù a loro agio con lo status quo. La rivo-luzione populista che è iniziata nel giugno2016, quando gli elettori britannici hannodeciso di lasciare l’Unione europea, e ha at-traversato l’Atlantico, nel novembre 2016,quando gli americani hanno eletto DonaldTrump come presidente degli Stati Uniti,non si diffonderà in Francia nel 2017.

(*) Gatestone InstituteTraduzione a cura di Angelita La Spada

5L’oPInIone delle Libertàgiovedì 30 marzo 2017 Esteri

La corsa alle elezioni presidenziali fran-cesi è partita ufficialmente il 18 marzo,

quando il Consiglio costituzionale ha an-nunciato che saranno undici i candidatiche si contenderanno la poltrona più altadi Francia. Le presidenziali francesi sonoseguite con attenzione nel Paese d’Oltralpee altrove come un segnale del malcontentopopolare nei confronti dei partiti tradi-zione e dell’Unione europea, come pureper il multiculturalismo e la persistente mi-grazione di massa dal mondo musul-mano.

Il primo turno delle elezioni si terrà il23 aprile. Se nessun candidato otterrà lamaggioranza assoluta, i primi due vinci-tori si sfideranno al ballottaggio del 7maggio. Se si tenessero oggi le elezioni, ilcandidato indipendente “progressista”Emmanuel Macron, che non ha mai rico-perto alcuna carica elettiva, sarebbe ilprossimo presidente della Francia, se-condo diversi sondaggi di opinione.

Un sondaggio Bva-Orange diffuso il 18marzo ha mostrato che Marine Le Pen, laleader del Front National, partito anti-si-stema, vincerebbe al primo turno con il 26per cento dei voti, seguita da Macron conil 25 per cento delle preferenze. Il conser-vatore François Fillon è al terzo posto(19,5 per cento), seguito dal candidatodella gauche socialista Benoît Hamon(12,5 per cento) e da Jean-Luc Mélen-

chon, capofila della sinistra radicale (12per cento).

Per la prima volta, i due partiti istitu-zionali, il Partito socialista e i Repubbli-cani del centrodestra, sarebbero eliminatial primo turno. Al secondo turno, Ma-cron, un globalista 39enne, europeista epro-Islam, sconfiggerebbe Marine Le Pen,48 anni, nazionalista, antieuropeista eanti-Islam, con ampio margine (tra 62 e38 per cento), secondo il sondaggio. Ma-cron, un ex banchiere d’affari, è stato con-sigliere dell’uscente presidente socialistaHollande, uno dei presidenti più impopo-lari della storia della Francia moderna.Membro di lunga data del Partito sociali-sta, Macron è stato per due anni ministrodell’Economia del governo Hollande, finoall’agosto del 2016, quando si è dimessoper lanciare la sua campagna presidenzialeper “trasformare la Francia”. Macron, lacui base elettorale è costituita da giovani eprogressisti dei centri urbani, ha cercato diposizionarsi nel centro politico, tra i so-cialisti e i conservatori. Alla sua ascesa ra-pidissima ha dato impulso uno scandaloriguardante Fillon – che è indagato perchéaccusato di aver utilizzato il denaro pub-blico per distribuire alla moglie e ai figlipiù di un milione di euro (1,1 milioni didollari) come remunerazione per impieghifittizi – e la decisione dei socialisti di met-tere in campo Hamon, un candidato nonplausibile che ha promesso di corrispon-dere a tutti i cittadini francesi al di sopra

dei 18 anni, indipendentemente dal fattoche abbiano un impiego, un reddito men-sile garantito dal governo di 750 euro(800 dollari). Il costo annuale sostenutodai contribuenti sarebbe di 400 miliardi dieuro (430 miliardi di dollari). A titolo diconfronto, il bilancio della difesa francese2017 ammonta a 32,7 miliardi di euro (40miliardi di dollari).

L’ascesa di Macron arriva fra accre-sciute preoccupazioni in merito alla sicu-rezza. Più di 230 persone sono rimasteuccise nel corso di attacchi compiuti inFrancia da radicali islamici negli ultimidue anni. L’ultimo attacco, del 18 marzo,è stato perpetrato da un 39enne jihadistafranco-tunisino che ha dichiarato di voler“morire per Allah” ed è stato ucciso dopoaver tentato di rubare l’arma a un soldatoall’aeroporto di Parigi-Orly. Subito dopol’assalto, Marine Le Pen ha accusato Ma-cron e il resto dell’establishment politicofrancese di “vigliaccheria dinanzi al fon-damentalismo islamico”.

In quello che sembra essere un tenta-tivo di potenziare le credenziali della sicu-rezza nazionale, il 18 marzo Macron haannunciato una proposta sorprendenteper ristabilire la leva obbligatoria. Egli haparlato di una leva militare di un mese peruomini e donne di età compresa tra i 18 ei 21 anni. “Voglio che ogni giovane fran-cese possa sperimentate la vita militare,per quanto breve - ha detto Macron - Sitratta di un importante progetto di società,

un vero e proprio progetto repubblicano,che deve permettere alla nostra democra-zia di essere più unita e di aumentare la re-silienza della nostra società”. Macron, seeletto, diventerebbe il primo presidentenella storia della Francia moderna a nonaver fatto il servizio militare.

Gli osservatori dicono che la propostadel servizio di leva – che copia quella diMarine Le Pen di reintrodurre il serviziomilitare obbligatorio per un periodo di al-meno tre mesi – è un tentativo di toglierevoti alla Le Pen e a Fillon, i cui programmielettorali invocano una forte difesa nazio-nale. La proposta di Macron, che richie-derà una spesa iniziale di circa 15 miliardidi euro (16 miliardi di dollari) e altri 3 mi-liardi di euro (3,2 miliardi di dollari)l’anno di mantenimento, ha suscitatoscherno a causa del costo esorbitante e deldubbio contributo offerto alla sicurezzanazionale. Il quotidiano “Le Monde” harammentato ai suoi lettori che la Franciaspende una cifra simile (3 miliardi di eurol’anno) per la deterrenza nucleare. Il por-tavoce di Fillon, Luc Chatel, ha definito laproposta “assurda e irrealistica” e ha ag-giunto: “O si tratta di una misura volta alimitare il fenomeno dell’abbandono sco-lastico, e questo non è il compito del-l’esercito, oppure è addestramento per ladifesa della Francia, e un mese è illusorio,è un campo scout”.

Tra le altre posizioni politiche di Ma-cron figurano:

Il federalismo europeo: Macron ha in-vocato più volte un’Unione europea piùforte. Nel corso di un comizio elettoraleorganizzato a Lille il 14 gennaio, egli hadetto: “L’Europa siamo noi. Bruxellessiamo noi. L’abbiamo voluta e ne ab-biamo bisogno. Abbiamo bisogno del-l’Europa. Perché l’Europa ci rende piùgrandi. Perché l’Europa ci rende più forti”.

La moneta unica europea: in un di-scorso del 10 gennaio, tenuto alla Hum-boldt University, a Berlino, Macron,parlando un impeccabile inglese, ha di-chiarato: “La verità è che dobbiamo rico-noscere tutti che l’euro non è completo eche non può durare senza grandi riforme.L’euro, sulla base delle sue regole, non hadato all’Europa una piena sovranità inter-nazionale contro il dollaro. E non ha for-nito all’Europa neanche una convergenzanaturale tra i diversi Stati membri. L’euroè come un marco tedesco debole, lo statusquo è sinonimo, nell’arco di 10 anni, dismantellamento dell’euro”.

La crisi migratoria: Macron ha piùvolte elogiato la politica migratoria delleporte aperte della cancelliera tedesca An-gela Merkel, che ha permesso a più di duemilioni di migranti per lo più musulmanidi entrare in Germania dal gennaio del2015.

In un’intervista dell’1 gennaio 2017 aSüddeutsche Zeitung, Macron ha accu-sato i detrattori della politica migratoriadella Merkel di “deplorevole semplifica-

Elezioni francesi: rivoluzione populista o status quo?di Soeren Kern (*)

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Mentre al Palazzo delle Esposi-zioni a Roma si sta svolgendo

una mostra sul Dna, lo spettacolo“Rosalind Franklin - il segreto dellavita” di Anna Ziegler - con la stessatematica, in concomitanza e a pochipassi di distanza - va in scena al Tea-tro Eliseo (che lo ha prodotto) finoal 16 aprile. Rivolgiamo alcune do-mande al regista/attore, Filippo Dini.

Che esperienza è stata quella diRosalind Franklin?

Meravigliosa. È stata una grandedonna, ma anche una grande scien-ziata, perché è arrivata a fare la sco-perta sicuramente più importante delsecolo scorso, forse la più imponente,grandiosa, di tutta la storia del-l’umanità, ovvero la struttura delDna, la molecola più piccola che dàvita a tutto il nostro essere e ci con-nota in quanto esseri umani. È unavicenda estremamente controversa,poiché lei riuscì - con grande diffi-coltà e abilità - a fotografare ai raggix il filamento del Dna, deducendoche fosse una doppia elica. Quellafoto le fu scippata dai suoi colleghi, estiamo parlando di un mondo estre-mamente maschilista: una storiadegli anni Cinquanta, e purtropposembra scritta oggi. Essi, in fretta efuria, costruirono il modello del Dnae diventarono famosi. A tutt’oggi, neilibri di testo, studiamo che questascoperta si deve a James Watson eFrancis Crick, e magari si fa solo uncenno a Rosalind Franklin, che in-vece fu la diretta responsabile. Leimorì di cancro a 37 anni, proprio perun’eccessiva esposizione ai raggi x,che erano lo strumento della sua ri-cerca. Watson e Crick invece vinseroil premio Nobel.

Che storia ne ha tratto Anna Ziegler?Bellissima. Lei ha scoperto questa

vicenda un po’ per caso e poi se n’èinvaghita, ovviamente. Ne ha scrittouna storia di persone che insiemecercano di scoprire quello che alloraveniva chiamato il “segreto dellavita”, e contemporaneamente espri-mono tutte le loro difficoltà di esseriumani nel collaborare e nel gestire irapporti reciproci. È un grande spac-cato umano, e forse anche un mo-mento di riflessione sui nostri limiti,incapacità, e sulla differenza sostan-ziale tra ciò che crediamo di deside-rare e ciò che invece attuiamo ognigiorno nei rapporti personali con chici circonda.

Dal testo alla messinscena, qual è

stato il lavoro e su quali elementi visiete indirizzati?

La compagnia è bellissima, sonomolto fortunato, onorato, poi i col-laboratori - dalla musica alle luci,dalle scene ai costumi - sono tuttinomi importanti del panorama ita-liano, che hanno lavorato congrande grazia e ispirazione. L’obiet-tivo era proprio quello di creareun’occasione di riflessione sul nostroquotidiano, sulla difficoltà a com-prendere, accettare i limiti di chi cista vicino e a godere della grandezza

del mondo che ci circonda, come di-ceva Rosalind. Trovare ciò che c’è dibuono intorno a noi è un allena-mento quotidiano: i personaggi dellospettacolo ci provano continuamentema, non riuscendo a collaborare,non salvaguardano neanche le ricer-che di Rosalind. Quindi, in questastoria, chi è più furbo e ambiziosovince.

Il doppio ruolo regista/attore?È una dimensione che prediligo,

perché riesco a lavorare anche dal-l’interno. Quindi, sicuramente è un

lavoro molto più faticoso, difficile,dato che ci vuole sempre un occhioattento per quanto riguarda mestesso, ma istintivamente ho ancheuno sguardo privilegiato nei con-fronti dei colleghi, e questo arricchi-sce il mio lavoro di attore. Nellaprotagonista Asia Argento ho tro-vato una collega meravigliosa, fin dalprimo giorno ha affrontato il lavorocon totale umiltà e grandissima ge-nerosità, studiando come una pazza.È stato un viaggio che abbiamo fattoinsieme, con tanta pazienza - comefaceva Rosalind - e molta attenzioneai dettagli, con profondità e delica-tezza. Insomma, il personaggio èdavvero controverso, entusiasmante,e quindi meritava tanta accuratezza.

Rispetto alla vicenda che ha vis-suto, quali sono gli aspetti della per-sonalità di Franklin che più l’hannoimpressionata?

È stata una persona con un gran carat-teraccio, aveva un’enorme difficoltà a in-teragire con i suoi colleghi. Però pensiamoche, negli anni Cin-quanta, era unadonna, ebrea, in unambiente com-pletamente ma-schilista, e in piùper andare alKing’s College aLondra le condi-zioni erano cheavrebbe potutolavorare in auto-nomia; invece,poi, quando ar-rivò il suo capo -Maurice Wilkins,da me interpre-tato - le dissesemplicementeche doveva esserela sua segretaria.Lei rispose: “Ionon sarò l’assi-stente di nes-suno”, e questa èla prima scena

dello spettacolo. La sua vita profes-sionale era estremamente difficile, al-l’epoca era rarissimo che le donnepotessero arrivare a quel livello, eciononostante lei era assai poco col-laborativa, e questo la limitò moltis-simo. Ma, dato tutto quello con cui sidoveva confrontare, probabilmenteera anche giustificata. Fatto sta chequesto generò un’impossibilità alloscambio di informazioni nelle ricer-che, e le sue erano fondamentali alloscopo, perché lei era la più grandecristallografa d’Europa, e quella di-sciplina scientifica fu la strada rite-nuta più idonea per arrivare adeterminare la struttura del Dna.

Vincent Van Gogh è stato certa-mente uno dei capisaldi dell’arte

moderna, con le sue pennellateampie e il suo stile unico e inconfon-dibile. L’artista olandese viene ripro-posto in una mostra che fuoriescedagli standard classici. “VanGogh Alive – The Expe-rience” è infatti un percorsomultisensoriale, multimedialee immersivo nella vita e nelleopere di Vincent Van Gogh.

Il percorso si focalizza sul-l’ultimo decennio del vissutodel pittore – nato a Zundertnel 1853 e morto suicida, asoli 37 anni, ad Auvers-sur-Oise nel 1890 – quello arti-sticamente più produttivo,trascorso tra i soggiorni aParigi, Arles, Saint-Rémy eAuvers-sur-Oise.

Si tratta di un’esposi-zione senza quadri, nellaquale le opere vengono proiettatesu schermi e superfici, in immaginiora molto grandi ora più piccole,accompagnate da rilassanti musichedi sottofondo e frasi dell’artista chescorrono su pannelli neri. Il progettoè nato su input di una società au-straliana che ne ha fatto una mostraitinerante (che sta riscuotendogrande successo), che si adatta di

volta in volta agli spazi espositivi chela ospitano. Giunta nella Capitale alPalazzo degli Esami di Trastevere loscorso 25 ottobre, la mostra è statarecentemente prorogata fino al pros-simo 23 aprile (a metà marzo anno-verava oltre 130mila visitatori).

Nella sua veste capitolina, la mo-stra si compone di un primo spaziointroduttivo fatto di pannelli e della

ricostruzione in scalareale della camera daletto dell’artista adArles, soggetto di unsuo celebre quadro. Ilpassaggio alla primasala è accompagnatoda un corridoio in cuisono proiettati il“Ramo di mandorloin fiore” e la “Nottestellata”. Lo spazio èperò troppo stretto elo spettatore si trovaschiacciato, troppo aridosso delle imma-gini che risultano

quindi pixelate. La prima sala offreschermi a 360 gradi dove scorrono idipinti dell’artista, animati da effetti“speciali”. La seconda sala ha invece“schermi” più piccoli, su più livelli,con proiezioni anche sul pavimentoche risultano di particolare appealsoprattutto agli occhi dei visitatoripiù piccoli.

In una zona della mostra si può

inoltre assistere a lezioni video di di-segni a mano libera e i più piccolipossono esercitarsi su apposite lava-gne. Un esperimento interessante so-prattutto per il suo caratteredivulgativo e “leggero”, adatto a unafruizione ad ampio raggio e non sol-tanto per gli addetti ai lavori. Laqualità delle immagini non è tuttaviasempre eccellente, come nel corri-doio e nella prima sala dove talvoltai particolari appaiono sgranati.

Certamente fruibile da visitatoridi ogni età ed estrazione, con la suacarrellata di circa 3mila immagini,“Van Gogh Alive” permette un’infa-rinatura su uno degli esponenti piùimportanti della storia dell’arte ma,come spesso accaduto, frutto di unariscoperta in buona sostanza po-stuma. Basti pensare che, nonostantei circa 900 dipinti e gli oltre 1000 di-segni, Van Gogh in vita riuscì a ve-dere soltanto una delle sue opere.

7l’opinionE delle libertà

di FEDErico raponi

di ElEna D’alEssanDri

giovedì 30 marzo 2017

“Van Gogh Alive”, un’esperienzamultisensoriale tra i dipinti dell’artista

Cultura

“Il segreto della vita” e il Nobel mancato

di Rosalind Franklin

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