Upload
trandan
View
223
Download
0
Embed Size (px)
Citation preview
mensile di informazione in distribuzione gratuita
n. 78
L’EDUCATOREBALILLA VILLApag. 10
LA STORIADEL PAREGGIOpag. 14
LA RIVOLUZIONEDEI DEHORSpag. 18
A TERAMONEVICA... ANCHE FUORI STAGIONE
SOMM
ARIO 3 Condemned to Agony
4 A Teramo nevica... anche fuori stagione 6 The show must not go on 8 Teramo Culturale 9 La filosofia del pusher a Teramo 10 L’educatore Balilla Lilla della Zippilli 11 Dodicesimo trofeo Il Diamante 12 Scaglie di parmigiano 14 La storia del pareggio 15 Afrore di topa 16 Teatro romano 18 La rivoluzione dei dehors 19 L’oggetto del desiderio 20 Ausl Teramo 22 In Giro - Masseri 24 Musica 25 Coldiretti informa 26 Dura lex Sed lex 28 Calcio 29 Note linguistiche 30 Basket
Direttore Responsabile: Biagio TrimarelliRedattore Capo: Maurizio Di Biagio
Hanno collaborato: Mimmo Attanasii, Raffaello Betti, Donatella Cerasani, Luca Cialini, Maurizio Di Biagio, Maria Gabriella Di Flaviano, Elvio Fortuna, Carmine Goderecci, Amilcare Lauria, Bebè Martorelli, Fausto Napolitani, Silvio Paolini Merlo, Antonio Parnanzone, Sergio Scacchia, Zapoj Tovaris, Carla Trippini.
Gli articoli firmati sono da intendersi come libera espressionedi chi scrive e non impegnano in alcun modo né la Redazionené l’Editore. Non è consentita la riproduzione, anche soloparziale, sia degli articoli che delle foto.
Ideazione grafica ed impaginazione: Antonio Campanella
Periodico Edito da “Teramani”, di Marisa Di MarcoVia Carlo Forti, 41/43 - 64100 - Teramo - Tel 0861.250930per l’Associazione Culturale Project S. Gabriele
Organo Ufficiale di informazionedell’Associazione Culturale Project S. GabrieleVia Carlo Forti, 41/43 - 64100 - Teramo - Tel 0861.250930
Registro stampa Tribunale di Teramo n. 1/04 del 8.1.2004Stampa Bieffe - Recanati
Per la pubblicità: Tel. 0861 250930347.4338004 - 333.8298738
Teramani è distribuito in proprio
www.teramani.infoè possibile scaricare il pdf di questo e degli altri numeri dal sito web
n. 78
Gli angeli della paura, del dolore e
della morte in piedi al mio fianco
dal giorno in cui sono nato. Come
un’emozione improvvisa,
l’immagine può girare
a testa in giù sui nostri
sensi e diventare un’icona
dell’ansia umana. “L’urlo”
di Edvard Munch fu
trafugato il 22 Agosto
2004 dal Munchmuseet
di Oslo.
I media norvegesi
iniziarono da subito
a riferire di negoziati
segreti per la restituzione
dei dipinti frapporsi tra
uomini dell’intelligence e David Toska, un
criminale considerato la mente di una
delle rapine più eclatanti in Norvegia.
Immancabile il monitoraggio dell’FBI
sulla black list delle opere d’arte più
ricercate e ancora disperse, riassunta in
tre dipinti di Rembrandt, un Vermeer, un
Manet e Degas sottratti pare nel 1990 al
“Isabella Stewart Gardner Museum” di
Boston e un Cézanne rubato nel 1999
in Inghilterra, all’Ashmolean Museum di
Londra. All’elenco, andrebbe aggiunto
e subito depennato il furto verificatosi
poco tempo fa in una sperduta provincia
nel sud dell’Europa. Due anfore di degno
valore sottratte alla presidenza di un ente
locale inutile per il governo che vorrebbe
abolirlo e un dipinto di pregevole fattura
raffigurante l’immagine di un anziano
uomo con cappello a
falde larghe.
Anche in questa
occasione, la stampa
locale si è data da fare
impaginando editoriali
e articoli d’arrembaggio
riuscendo a intimorire
e dissuadere dai loro
intenti i ladri datisi
alla fuga dopo avere
abbandonato ogni
speranza di farla franca,
braccati da un segugio
della carta stampata. La refurtiva è stata
prontamente recuperata dalle forze
dell’ordine. E senza scomodare i servizi
segreti. La penna di un direttore di giornale
è bastata a dare eco a una battuta di
Humphrey Bogart.
“Questa è la stampa, bellezza.
E non ci puoi fare niente”. n
3Furti eccellenti
Condemned to Agonypavidi ladruncoli
diMimmoAttanasi
La bamba4n.78
A Teramonevica... anche fuori stagione
diMaurizioDi Biagio [email protected]
ATTUAL
ITÀ
La coca all’ombra del campanile
Negli ultimi 12 mesi sono, 9.300 i Teramani che sono venuti a
contatto con la coca per la prima volta – nell’arco di una vita
sono invece 20.295 che l’hanno almeno provata una volta.
Sono innumerevoli i nomi che in gergo definiscono la cocaina: solo
altre poche realtà, perlopiù di natura sessuale, posseggono tutti questi
appellativi. E come le migliaia di dialetti cui siamo abituati in Italia per ogni
zona geografica, anche questo tipo di droga ha la sua versione. I nomi più
diffusi nello slang sono: coke, svelta, neve, bianca, soffio, polvere di stelle e
polvere d’angelo, piscia di gatto, barella, merce, bamba, dinamite, granita,
bonza, bagna, sciusta, pallino, scaglia di pesce, flacke, fiocco, vitamina C,
latte. E come tutte le cose che posseggono tutte queste denominazioni
può far male, molto male. Purtroppo c’è da segnalare in provincia di Teramo
l’aumento del numero di chi si avvicina a questo tipo di droga per la prima
volta, un dato in controtendenza con quello nazionale malgrado poi i con-
sumi delle sostanze stupefacenti più in generale abbiano fatto registrare
un leggero calo anche nel nostro territorio, vuoi per gli strali della crisi, vuoi
anche per una serrata attività di controllo da parte delle forze dell’ordine.
Il responsabile del Sert della Asl di Teramo, Valerio Profeta, rende noto che
il numero di Teramani che si è avvicinato per la prima volta alla coca negli
ultimi 12 mesi è di 9.300 persone circa, pari al 2,5% della popolazione della
nostra provincia che secondo il dato Istat 2010 è di 312.239 abitanti, contro
l’1,5 della stima nazionale. Mentre 20.295 Teramani (il 6,5%) hanno avuto a
che fare con la sostanza bianca almeno una volta nella loro vita. La Asl di
Circonvallazione Ragusa sta producendo questionari diretti alla popolazio-
ne studentesca per comprendere appieno la portata del fenomeno nelle
scuole. Di sicuro è allarme coca: “Negli ultimi 12mesi – segnala Profeta - nel
nostro territorio il consumo di coca sta crescendo, una moda anche questa
però incongrua, c’è da stare molto attenti perché la cocaina dà la falsa
percezione di essere una droga gestibile, ma non è affatto così”. Aumenta
anche il numero di persone che si rivolgono ai servizi pubblici per le tossi-
codipendenze, così come crescono i consumatori occasionali. È inferiore
invece il numero di Teramani che si avvicina per la prima volta (negli ultimi
12 mesi) all’eroina: lo 0,3% (in tutta la vita il dato è dell’1,5%). L’età media
dei consumatori “si è abbassata a 15 anni, con punte di 13 e addirittura di
11”, aumenta pericolosamente il consumo via internet attraverso la droga-
fai-da-te. Negli ultimi tre anni il numero di chi è ricorso al Sert si è attestato
sui 700 pazienti annui, che rappresentano il 50% della cifra complessiva dei
tossicodipendenti teramani. Tra il Sert di Nereto, quello di Giulianova e di
Teramo, il numero di pazienti assistiti raggiunge quota 2.100. Aumenta l’età
degli ultraquarantenni che iniziano a presentare tragiche patologie connes-
se al loro stato, assieme alla spiacevole sorpresa di trovare più spesso i loro
figli in cura nella struttura della Asl.
“A 15 anni – lancia l’allarme Profeta - i nostri giovani iniziano già a fumare
eroina e soprattutto cocaina, che come capacità tossicomanica non ha pari.
Il mercato locale della droga è incentivato da prezzi che potremmo definire
low cost: 25-30 euro a dose per 250 mg di cocaina ed eroina, somme
facilmente reperibili per via di nonni e zii compiacenti”. In ribasso il mercato
delle pasticche e dell’ecstasy “che hanno rappresentato più un passaggio
generazionale verso droghe più eccitanti; d’altronde il fenomeno è studiato
e veicolato da veri e propri spin doctor”. “Al Sert ci si arriva sempre troppo
tardi”, questa è l’amara constatazione di Profeta, “quando molti preferi-
scono approcciare il problema in cliniche private”. Una moda da tenere
sott’occhio e monitorare è quella degli smart shop e dei sexy shop, attività
commerciali che propinano sostanze a rischio come legali (biodroghe e
tisane), contenenti invece i principi attivi di efedrine e anfetamine, “che fu-
mate in un certo modo hanno un potere allucinogeno”. La Asl di Teramo, in
collaborazione con Dipartimento nazionale antidroga, consegnerà in Abruz-
zo 12 mila questionari per monitorare il fenomeno a livello regionale. n
S i stringe il cuore a vedere un ragazzo morire giocando.
Certo, la morte è sempre una brutta bestia, ma quando infierisce
su un corpo giovane e, per di più, si manifesta a tradimento sul
tappeto d’erba che, almeno per noi italiani, è il simbolo della
vita... allora si fa ancor più fatica ad
accettarne le condizioni.
Lo sport è vita, gioco, divertimento,
salute psico-fisica, armonia e gioia. E
quel prato uniforme e soffice è talmente
l’emblema di tutto ciò, che ci sembra
impossibile che vi possa attecchire l’er-
baccia. Eppure arriva anche lì, la morte,
in un sabato qualunque di un campio-
nato qualunque. Si prende un giovane
gladiatore e se lo porta via.
Cattiva. Cattivissima. Perfida. Crudele.
E ingiusta.
Ma quale morte può sembrare giusta, a
noi che crediamo solo alla certezza della vita? A noi che non abbiamo
il conforto della fede nell’aldilà? A noi che polemici lo siamo fin dalla
nascita e che ci riserviamo sempre il beneficio del dubbio? A noi che
poi andiamo a ricercare su Internet se si poteva fare qualcosa in più per
evitare la tragedia? A noi che poi sco-
priamo che le visite mediche sportive
sono sì obbligatorie, ma che in realtà
poi, in molte regioni l’indice di evasione
si attesta intorno al 40%?
Insomma noi, si sa, siamo quelli con la
puzza sotto il naso, quelli che la critica
fa parte del nostro DNA e non ci pos-
siamo fare niente, quelli a cui non basta
sapere che l’Italia è all’avanguardia per
quanto riguarda la medicina sportiva.
Dunque ci documentiamo e scopriamo
che, come al solito, l’Italia in tema di
prevenzione è molto carente. Scopria-
mo che, in realtà, molti sono i limiti della visita d’idoneità. Ad esempio
che, contrariamente alla credenza comune, un elettrocardiogramma da
sforzo non mette al riparo, né indica un cuore a rischio d’infarto. Che
sicuramente sarebbe più utile eseguire anche un esame del sangue
completo, oltre alla spirometria. Che la visita medica per attività sportive
non agonistiche viene effettuata di norma dal medico di base il quale ri-
La riflessioneSOC
IETÀ
lascia il certificato di “stato di buona salute” e molto spesso lo fa anche
senza visitare il paziente. Che tale certificato può farlo anche un altro
medico, che magari non conosce neanche l’anamnesi del paziente.
In parole povere un certificato rilasciato... sulla fiducia.
“Il soggetto sulla base della visita medica da me effettuata risulta in
stato di buona salute e non presenta controindicazioni in atto alla
pratica di attività sportive non agonistiche”, questa è la formula magica
che autorizza migliaia di ragazzini e altrettanti sportivi amatoriali over a
scendere in campo. Tanto poi la responsabilità giuridica ricade sul Pre-
sidente della squadra! Egli è infatti il responsabile in caso di patologie e
danni provocati dalla mancata verifica dell’idoneità del soggetto.
Allargando il discorso poi ci viene spontaneo chiederci: è obbligatoria la
visita medica sportiva per tutte le categorie giovanili (under 14, under
16, under 18) di sport minori? E scopriamo che in teoria è obbliga-
toria, ma in pratica no. Tradotto in soldoni: il campionato inizia, una
miriade di gambette scheletriche inizia a correre, altrettante braccia si
elevano contro un muro e nessuno controlla se realmente lo possono
fare. L’arbitro fischia e i piccoli sportivi
scendono in campo autorizzati solo da
un pezzo di carta. Fortunatamente c’è
qualche mamma che ci tiene alla salute
del proprio figlio e lo porta al centro di
medicina sportiva dichiarando che vuole
“volontariamente” sottoporre il proprio
ragazzo alla visita.
E io, che sono ignorante in materia, per
non saper né leggere né scrivere mi
pongo ancora un’altra domanda: all’inizio
della gara l’arbitro, oltre a controllare i
documenti di riconoscimento, verifica
anche la validità dei certificati medici?
Mi piacerebbe avere una risposta dagli addetti ai lavori. Magari mi
sbaglio, anzi, sarei felice di sbagliarmi. In definitiva per attuare una
vera prevenzione e tutela sanitaria nello sport sarebbe auspicabile una
maggiore responsabilità da parte delle Federazioni e degli Enti di Pro-
mozione Sportiva nel permettere l’iscrizione a campionati e tornei solo
a quegli atleti in possesso del certificato d’idoneità rilasciato in seguito a
un’accurata visita sportiva. Sarebbe sufficiente intensificare i controlli e
permettere visite mediche a costi più ridotti.
In ogni caso, quando uscirà questo articolo, sarà stata sicuramente
accertata la causa della morte di Piermario Morosini e forse saranno già
resi pubblici dei risvolti per il momento ignoti.
Ma qui, oggi, mi premeva mettere a fuoco due punti:
Punto 1: La prevenzione è di vitale importanza. In tutti i campi.
Punto 2: È la prima volta che in Italia muore un giocatore durante una par-
tita e il carrozzone-calcio si ferma. In altre occasioni il calcio si era fermato,
ma era stato solo per una questione di ordine pubblico. Oggi invece, do-
menica 15 aprile, si chiudono gli stadi per la scomparsa di un ragazzo che
difendeva i colori della sua maglia e per rispetto al dolore di chi lo amava.
In una giornata triste come questa, dunque, l’unica buona notizia è che lo
spettacolo non sempre deve andare avanti. A volte deve fermarsi.
Ultima domanda: si può arrestare un cuore di 26 anni facendo sport?
Risposta: NON SI PUÒ.
Ultimissima: si può fare di più perché ciò non accada?
SI DEVE. n
6diCarlaTrippini [email protected]
The show must NOT go on
n.78
In una giornata triste come questa, dunque, l’unica buona notizia è che lo spettacolo non sempre deve
andare avanti. A volte deve fermarsi.
64021 Giulianova (Te) c.so Garibaldi, 6564100 Teramo (Te) via Vincenzo Irelli, 31 - c/o Obiettivo CasaTel: 085 8001111 - 085 8007651 Fax: 085 [email protected] - www.juliaservizi.it
Il risparmio sul gas metano.JULIA SERVIZI PIÙgestione vendita gas metano
È arrivata la tuanuova vicina di casa.
Risparmia subito il 10%sulla bolletta del gas metano.
Era il 2008 quando un gruppo di teramani
di diversa occupazione, animati da
Francesco Visciotti e Donatella Di Bat-
tista, Anna Iaconi e Massimo Micaletti,
davano vita a un gruppo di ricerca finalizzato,
come scrive Visciotti, a «un modello di socialità
alternativo», nel quale «non è il gruppo il punto
di arrivo ma l’individuo, un individuo che non
abbia più bisogno di nessun comandamento
esterno per il suo agire». Il gruppo, nel tempo,
è passato da una fase di otium intellettuale,
nella quale tutte le attività pratiche sono state
«ridotte al minimo allo scopo di lasciare il mas-
simo di tempo per lo studio, l’arte, la ricerca
e la socialità», a una di entusiastico fervore
operativo, avviando a Poggio delle Rose una
serie di applicazioni col metodo dell’agricoltura
omeodinamica, promuovendo seminari sul
tema, e acquistando un terreno di tre ettari in
zona Villa Ripa. I vantaggi del metodo omeo-
patico in medicina sono noti: meno invasivo,
meno costoso, minori controindicazioni.
Ebbene, trasferiti alla biologia agroalimentare,
possono dirsi analoghi a quelli dell’omeodi-
namica: ecologica, sostenibile, minimamente
energivora. Per questo tipo di applicazioni i
nostri si basano sui risultati ottenuti dall’Istituto
internazionale di ricerca “Eureka”, con sede in
provincia di Udine. Basta tuttavia spostarsi sul
sito “Arca della Vita” animato dal proprio men-
tore, Enzo Nastati, per comprendere da dove
queste ricerche abbiano origine. I riferimenti
non sono alle tecniche dell’omeopatia, al
lungo percorso che ha portato al suo parziale
riconoscimento in sede sperimentale, o alle
vistose contraddizioni del metodo nel suo
Teramo culturaleCUL
TURA
impiego terapeutico. Il riferimento è alle sacre
scritture, al mistero del Golgota, e a concetti di
difficile se non impossibile decifrazione come
“ecologicità spirituale”, “processo escarnati-
vo”, “tecnologie morali” e così via. Nel forum
relativo all’Istituto, il vaso di Pandora esplode
in tutta la sua nebulosità misterica: “nuova
agricoltura cristica”, “indicazioni su ciò che
sta avvenendo nei Mondi Spirituali”, “l’Uomo
come Religione degli Dei”, e, in testa a tutto,
l’antroposofia di Rudolf Steiner.
Cos’è l’antroposofia? Essa è, in definitiva, una
forma estrema di idealismo umanistico, ovvero
un’esaltazione dell’uomo come luogo del divi-
no, come sintesi del carattere spirituale di tutto
l’universo. Steiner, croato di origini austriache
attivo in Svizzera, è stato una curiosa figura
di santone laico, di tuttologo né scienziato né
filosofo, che ha esteso praticamente a ogni
campo del sapere questo suo antropomorfi-
smo panteistico, elaborando una filosofia di
tipo teosofico che, senza dirsi confessionista
in senso catechistico, attinge a piene mani
dalla letteratura evangelica. Tra le molte
iniziative varate subito dopo la prima guerra
mondiale, assieme a scuole, cliniche mediche
e centri per disabili, si realizzarono aziende
agricole “biodinamiche”, dove lo sviluppo delle
colture veniva assoggettato a quello delle
forze cosmiche. Malgrado gli aspetti bizzarri,
8diSilvioPaolini Merlo [email protected]
n.78
Gli Steineriani di Poggio delle Rosedall’antroposofia all’omeodinamica, passando per l’occulto
l’influsso esercitato sul futurismo russo come
sui pionieri della danza moderna fu note-
vole, specie grazie a quell’euritmia, sorta di
“linguaggio visibile”, sviluppata da Steiner a
scopo sia artistico che terapeutico, tendente
a fondere il linguaggio della musica e della
poesia con quello del corpo. Il tutto finalizzato
al recupero di un’unità spirituale tra l’io (appa-
rente e transitorio) e il tutto divino (unica realtà
sostanziale), individuato in non meglio definite
“forze vitali”. Tratti comuni di questo genere di
esoterismo sono, oltre a una esplicita avversio-
ne per le scienze positive, una drastica forma
di antimodernismo.
L’esoterismo, anch’esso, è un fenomeno
assai antico. Esoteristi lo furono i pitagorici, in
vario modo Dante e Shakespeare, Mazzini e
Yeats, numerosi artisti da Raffaello Sanzio a
esponenti del cosiddetto “romanticismo nero”
come Dante Gabriele Rossetti, nella cui pittura
abbondano simbologie pregne di rimandi
iniziatici e alchemici. Il comune denominato-
re di tutte queste correnti, che dagli antichi
misteri giunge alla filosofia New Age, è quello
di abbattere i limiti del pensiero, spingersi oltre
le barriere della carne, anelare
alla perfetta sintesi con il
cosmo. In una parola, vincere la
morte liberandosi dalle catene
della contingenza esistenzia-
le. Illusione grande quanto il
mondo, quanto la storia intera
dell’uomo. Ma l’errore è chiaro:
il ciclo vita/morte non si spezza,
perché è esso stesso fonte di
vita. Il sapere non è e non potrà
mai essere solo dello spirito,
perché di nessuno “spirito” può
parlarsi prima e indipenden-
temente dallo spazio-tempo nel quale vive.
Tutte queste filosofie parascientifiche, quando
non antiscientifiche e ciecamente irrazionali,
proseguono la scia del mito di Faust, e restano
vittima di un dualismo manicheo, ingenuo
quanto sterile: che la ragione sia l’opposto del-
la sapienza, che il bene sia l’opposto del male,
che le cose del mondo contrastino con quelle
dell’anima, che la storia sia il contrario del valo-
re e via di questo passo. Lo scoglio su cui tutte
queste visioni si infrangono è che lo scopo del
conoscere non può essere l’annullamento del
pensiero, che il senso della filosofia non coinci-
derà mai con la sua abdicazione, che il bene, e
l’amore stesso, non sono mai possesso di una
qualsivoglia certezza ma ricerca senza fine. n
Teramo in modalità pusher. Sono diversi i segnali di un ambiente
cittadino che detta i tempi per le emergenze da far scoppiare di
volta in volta così da soddisfare certi appetiti perlopiù di amici di am-
ministratori. In genere si comincia creando il bisogno, la necessità,
come appunto fa un pusher con la sua vittima avviandola al mondo della
droga, in un legame profondo e melmoso di dipendenza psichica e dun-
que monetaria. Che ne so, basta rivestire le vie attorno ad un parcheggio
a pagamento di stupide ed inservibili (in quel sito) piste ciclopedonali per
creare il bisogno disperato di un parcheggio, e il gioco è fatto. A mezzo-
giorno in punto dove lo trovi un pertugio tra le lamiere dei Suv a Teramo?
E tanto per usare la clava, un vigile che pedissequamente firmi un po’ di
verbali da quelle parti, può solo far bene, può alimentare la catena della
dipendenza. Suppergiù lo stesso vile e oltraggioso stratagemma che si
9La riflessione [email protected]
n.78
diZapoj Tovaris
La filosofia del pusher a Teramo
sta applicando di questi tempi dalle parti dell’ospedale Mazzini di Teramo,
per sostenere un’opera, un project financing, odioso alla maggior parte
dell’utenza. Il pusher di professione, di quelli tosti, non guarda in faccia a
nessuno, che gliene ne frega poi se una figlia non può far scendere sua
madre invalida e claudicante perché non c’è uno-dico-uno parcheggio
non a pagamento nei pressi. Nelle banlieu delle metropolitane il senso del
disprezzo per tutte le categorie umane è sinonimo di coraggio e forza.
Birilli, recinzioni, parcheggi riservati, perfino un ridicolo e sterminato
divieto di sosta prima dell’imbocco del parcheggio, creano il bisogno che
dovrà essere soddisfatto da un parcheggio multipiano. Ma l’emergenza
omnia da poter soddisfare con qualche opera di qualche amico di un
qualche amministratore è senza dubbio quella dei rifiuti. Qui i pusher
sono a decine e sono dei veri professionisti sparsi un po’ qua un po’ là,
in enti sovraordinati, spesso poco ordinati, qualche volta un po’ distratti.
Sono pusher con i tablet in mano, che controllano organismi, in grado di
inventarsi panzanate così su due piedi tanto di codici e codicilli sono in
pochi a masticare. E possono affermare senza tema di smentite che ad
esempio quel parcheggio si può realizzare in centro storico perché c’è
una specie di leggina numero vattelappesca che prevede l’iter, altrimenti
si perdono i fondi o capita qualche catastrofe in Nepal, tanto per essere
un po’ buddista con le ali della farfalla sbattute a New York e del relativo
acquazzone non so dove. Eh sì, pusher si nasce. Pur tuttavia creare il biso-
gno di un inceneritore è semplice: basta far comprendere alla gente che
è l’ultima ratio a disposizione, l’asso nella manica, che dopo le discariche
fatte saturare e scoppiare, resti davvero l’unica alternativa valida prima
della napoletizzazione della città, un evento più volte evocato come si
faceva una volta con la peste bubbonica, tanto le immagini dei rifiuti
sul marciapiedi all’ombra del Vesuvio le abbiamo viste tutti. Teramo è in
modalità pusher. Quale sarà la prossima emergenza? n
ATTUAL
ITÀ
Il Villa è un uomo di lettere ed è venuto
alla poesia senza fretta. Così lo descriveva
il professor Giovanni Pischedda, libero
docente di letteratura italiana, che ebbe
a fi rmare una recensione del fu Balilla Villa,
preside alla scuola Zippilli, oggi lo si chiama di-
rigente scolastico, in un fumoso e tecnicistico
appellativo che ne testimonia pure l’asprezza e
l’algido distacco dei tempi che corriamo. Presi-
de, maestro, bidello: nomi secchi di un passato
che amava i sapori semplici e che aborriva
le articolate fi nzioni, quando il sapere era in
mano a pochi e trasfonderlo restava sempre
un po’ un’arte e molto altro. Missione, quando
all’educatore si affi davano i fi gli, cecamente,
e se questi sbagliavano, non si ricorreva con
sprezzante sussiego ad organismi come il Tar
ma si aggiungevano botte a botte, rigate a
rigate, perché il maestro era colui che coltivava
la fi amma sacra della conoscenza ed aveva
sempre ragione.
Balilla Villa nacque in un giorno d’Agosto del
1908, “di passaggio” come racconta suo fi glio
Giuseppe nella città dell’Aquila, dove suo
nonno, primo violino nella locale orchestra,
non voleva assolutamente che il suo piccolo
apprendesse nozioni di musica, perché questa
non dava da mangiare. Cosicché non restava
che nascondersi da qualche parte, negli anfrat-
ti più reconditi e lugubri di casa perché a Balilla
Ricordo di un presideCUL
TURA
non giungessero i refoli scombinati e magici
delle sette note e ne fosse attratto. Sarebbe
stata una vera iattura: gli sarebbero state
spalancate le porte della miseria nera.
Perché, vi chiederete, questo nome? Semplice,
suo padre Giuseppe era a quel tempo attratto
dalla fi gura “patriottica e rivoluzionaria” di
Giovan Battista Perasso, detto “il Balilla”, il ra-
gazzino che nel 1746 scagliò una pietra contro
dei militari asburgici, che in quel periodo inva-
devano la sua Genova, accendendo con quel
gesto la miccia che diede luogo alla sommos-
sa. E non immaginerete mai che nome diede
all’altro fi glio! Masaniello.
Ma a questo punto vi chiederete: perché mai
scrivere della vita di un preside? Balilla Villa in
vita ha incarnato i panni di un uomo che ha co-
struito quest’Italia, la presa per mano dal buio
di una guerra e l’ha tirata fuori dalla melma
in cui si era fi ccata, ha ricostruito soprattutto
una moralità ed un’etica riconsegnandola a chi
l’aveva smarrita nello schula bula di anni che
si vogliono rimuovere dalle coscienze. E per
di più, nella sua vita di sempre, a suo modo
è stato un grande uomo. D’altronde come
milioni di altri uomini che nel Dopoguerra
hanno lanciato una ciambella di salvataggio a
quest’universo Italia ora sott’assedio di spread,
corruzione e vigliaccheria. Un inno a coloro
che allora mostravano rettitudine, quella sorta
di timido approccio alle cose, tipico di chi ha
10n.78
L’Educatore Balilla Villa della ZippilliRivoluzionario per nome
vissuto appieno gli orrori di una guerra cruenta
e infame. In vita, Ballilla Villa è stato un preside,
un poeta e un gran camminatore, più volte ha
traversato a piedi il massiccio del Gran Sasso
da Ovest a Est. Come già accennato fu preside
alla scuola media Zippilli tra il ‘59 e il ’75, anno
in cui morì, ed è ancora ricordato da molti,
soprattutto da ex alunni per il suo trasmettere
la fi gura di fermo educatore, ma al contempo
per la sua estrema sensibilità che lo portava
a condividere i problemi di molti ragazzi, con
estrema scioltezza. “L’aspetto – ricorda suo
fi glio Giuseppe - poteva apparire sulle prime un
po’ burbero ma aveva l’animo della dolcezza
e sapeva fare il suo mestiere, spesso regalava
agli alunni libri come forma di incentivo e
gratifi cazione, se vogliamo anticipando anche
nuovi modelli didattici”.
Il preside in vita compiva lunghe passeggiate
per la città, spesso tenendo per mano suo fi glio
perché, tra il Teatro romano e il duomo, impa-
rasse la storia che emanava la città di Teramo.
Mai presa la patente, Villa si ritrovava ad usare
i mezzi pubblici con la santa
abnegazione di quel tempo. Di
sera oltre che a comporre ottimi
versi, si dilettava col dizionario in
mano a leggere gli autori russi,
francesi e spagnoli, direttamente
nella loro lingua originale. In vita
dunque anche un ottimo poeta.
Scrisse Pischedda: “La sua è una
posizione psicologica che sta
fra quella del nostro Ottocento
provinciale e quella del Deca-
dentismo europeizzante, trova il
bisogno di accostarsi ai maudits ma n’è ad un
certo punto trattenuto da un sostanziale pu-
dore abruzzese”. Nelle sue liriche si rincorrono
spesso emigranti e guerre, campi di concentra-
mento e aerei. Un immaginario che solo i nostri
padri e nonni potevano possedere. Nel canto
Il Pilota, tratto dalla sua raccolta Canti Silvaroli,
della vita e della morte, il preside scriveva così:
E’ passato un pilota nel cielo/con le membra
d’acciaio:/solo l’anima era sua/ e volava con lei
oltre le nubi/. Un po’ Ungaretti, un po’ – come
scrive lo stesso Pischedda – “pessimista”,
Balilla Villa intonava in vita una lenta mestizia
nel narrare gli anni bui dell’anima italiana ma
con il coraggio unico dei nostri padri che hanno
costruito un meraviglioso Paese. Questo è il
tempo che milioni di Balilla Villa si rianimino e
riprendano per mano quest’Italia. Perché è così,
e perché è anche un po’ scritto nel destino. n
diMaurizioDi Biagio [email protected]
Da sinistra: Prof. Camillo Betto, Prof. Lina Negro, Prof. Cervini Cerulli Giulia, Prof. Balilla Villa, Prof. Giorgio Caruso
Domenica 15 aprile la città di Teramo ha ospitato presso il pa-
lazzetto dello sport di San Nicolò al Tordino la gara nazionale di
ballo “12° TROFEO IL DIAMANTE”. Anche il sole, che secondo le
previsioni meteo avrebbe dovuto essere assente, ha brillato fino
al tardo pomeriggio sulla nostra cittadina per cedere il posto alla nebbia
e alla pioggerella proprio in concomitanza con la conclusione dell’even-
to, come se anche al cielo fosse dispiaciuto spegnere i riflettori su una
così bella manifestazione. Per la dodicesima volta il maestro Antonio Di
Lorenzo, il quale, con la sua abnegazione e professionalità aveva già reso
questo trofeo fra i più importanti nel circuito FIDS, ha vinto la sua battaglia
portando sul palcoscenico teramano più di trecento coppie di ballerini e
quasi cinquanta gruppi di danze coreografiche. Oltre ad un nutrito nume-
11Tempo liberoEVE
n.78
il ballo è per tutte le stagioni
ro di amatori, hanno calcato la pista coppie di livello internazionale che
hanno lasciato il numerosissimo pubblico a bocca aperta.
La gara è riuscita a soddisfare tutti i gusti degli amati del ballo, poiché ha
spaziato dal liscio unificato alle danze standard e dai caldi ritmi latini alle
sensuali e sfrenate danze caraibiche, per terminare con l’allegria dei così
detti balli di gruppo. I colori degli abiti, veramente eleganti, hanno fatto da
degna cornice alle musiche meravigliose che hanno saturato l’ambiente
susseguendosi condotte da una grandiosa regia. Il pregio maggiore, e
questo è il grande merito del maestro Antonio Di Lorenzo, è stato quello
di dimostrare fattualmente la magica funzione socializzante del ballo, che
riesce ad avvicinare ad un’arte sublime ogni ceto della società, e quel che
è veramente importante, permette la fruizione di una pratica sportiva a
persone di tutte le età, infatti in pista hanno dato vita alla competizione
bambini in età prescolare e coppie di ultrasettantenni.
E’ doveroso dire che al successo della manifestazione hanno contribuito
le istituzioni teramane che hanno messo a disposizione una validissima
struttura, la Croce Rossa Italiana che ha assicurato l’assistenza sanitaria,
la Protezione Civile che con numerosi uomini ha garantito la sicurezza, e
per ultimi, ma certamente non ultimi per il grandissimo impegno profuso,
alcuni allievi della scuola di ballo “IL DIAMANTE” che hanno curato la
gestione dell’intera gara dedicandosi in particolar modo all’accoglienza
degli atleti venuti da tutte le regioni italiane. Considerato il successo della
manifestazione, ci si deve augurare che il prossimo anno, al fine di poter
organizzare un evento ancora più grande, il tessuto produttivo del nostro
territorio diventi più sensibile di quanto non lo sia già stato, supportando
con mezzi più consistenti chi ha il merito di mostrare quanto sia grande
l’anima e la cultura di Teramo. n
diFausto Napolitani
XII Trofeo Il Diamante
Rammento ai più distratti che davanti alla morte si è tutti uguali.
Semmai, è il check-in che fa la differenza. Consapevoli e incon-
sapevoli, in fila per varcare le soglie dell’infinito, oltrepassare
il gate d’imbarco. C’è quello che se lo sentiva, l’altro colto di
sorpresa e pure chi si chiama finalmente libero da un peso insosteni-
bile. I bagagli della vita. Scatole vuote, scatole cinesi per i politici. Fatti
a pezzi dalla vecchiaia, inorriditi dalla malattia.
Qualcuno attaccato alla canna del gas. L’ossigeno per gli spiccioli di
vita resi in resto in una stanza d’ospedale, al metano della cucina per
chi ha deciso di farla finita con le bollette. Se spingersi oltre, in queste
frasi, valesse a dire di essere già morti almeno una volta, l’immagi-
nario non impedirebbe comunque una caricatura, il disegno satirico,
parodie, la salace rappresentazione dell’aldilà.
Un binario morto, un tunnel con la luce in fondo. Schiere di vergini in
attesa del dipartito, angeli con la lira che strimpellano nelle orecchie
del caro estinto durante l’ascensione. Forconi roventi impugnati come
giavellotti da diavoli cornuti con la coda a freccetta da puntatore di
mouse. Luoghi comuni? Icone della fantasia? E che dire allora dei capi
di stato che siedono da pari a pari, attorno a un tavolo di mediazione,
a decidere dei destini del mondo, con Barack Obama da una parte
e dall’altra gente che se ne va in giro vestita come il mago Otelma,
una fascia rosso porpora al posto della cintura? E poi si dileggiano
gli Ayatollah, le donne di altri mondi nascoste dai maschi nelle vesti
Cose di questo mondo
monacali con l’optional della mascherina per le mosche sugli occhi.
Paura, angoscia, inquietudine. Il volto chino, le parole mirate in alto a
cercare la quiete nell’Onnipotente.
A pensarci bene, basterebbe anche soltanto un potente. “Laborare est
orare”, lavorare è pregare. E se preghiera ci vuole, al santo in paradiso
bisogna raccomandarsi. E qualcuno ha voluto elucubrare una chiosa
da antologia: “Non c’è nulla di male a raccomandare chi è meritevo-
le!”. Ed ecco servite e pronte all’uso, le aziende partecipate. I bilanci,
una provvidenziale manna dal cielo.
Società create per risolvere problemi che in qualche caso si scopre
non dispongano degli strumenti professionali necessari. (http://www.
corteconti.it/export/sites/portalecdc/_documenti/rassegna_stampa/pdf/2012/201203/
2012033021305840.pdf) Il presidente di una regione italiana ci è andato di
lama sottile: “...l’incapacità di assolvere al ruolo della società in house
Abruzzo engineering, che ha avuto sino a 265 dipendenti, assunti
perlopiù in maniera clientelare e senza un reale know how.” (http://
robertogalullo.blog.ilsole24ore.com/2012/01/la-regione-abruzzo-paga-due-volte-i-conti-
tra-pescara-e-laquila-andirivieni-di-politici-e-dirigenti.html)
Cassintegrati stagionati 15mesi come pezzi di parmigiano del
discount; granelli di quella zavorra che i “palloni gonfiati” che ci gover-
nano gettano via per rimanere a galla nell’aria.
Una inutile disuguaglianza immeritata, arbitraria; svantaggiati dalla di-
stribuzione delle dotazioni iniziali, naturali e sociali. Nascere intelligenti
o no, ricchi o
poveri non è un
merito, si tratta
solo di essere
più fortunati
o meno. Un
granello di
zavorra nato
inutile, usufrui-
bile da qualcun
altro, per essere
buttato quando
serve.
Scaglie di parmi-
giano. n
12n.78
Scaglie di parmigianoche male c’è a raccomandare
SATIRA
diMimmoAttanasi [email protected]
La determinazione, l’attenzione, l’idea di creare un prodotto di qualità non erano solo delle promesse. Oggi tutto questo è re-altà. Non siamo “rimasti alla finestra”, ma in questi anni abbiamo cercato di più, abbiamo sviluppato nuovi progetti, perché, la nostra crescita, l’abbiamo affidata ad una qualità sempre mag-giore. Abbiamo migliorato la nostra produzione, il grado di ef-ficienza nella realizzazione dei nostri infissi, e la soddisfazione dei nostri clienti, sempre maggiori, è la conferma che abbiamo sempre operato con professionalità e serietà. Il privato, l’impresa di costruzione, i nostri rivenditori costantemente accompagnati nell’evoluzione del nostro mondo affinché non smettessero di parlare di noi... bene naturalmente!
NON SIAMO “RIMASTI ALLA FINESTRA”
Via Piane - Zona Artigianale 64046 - Montorio al Vomano (Te)Tel. 0861/598493fax 0861/500134 [email protected]
INFISSI IN ALLUMINIO - ALLUMINIO/LEGNO - PVC - PERSIANE IN ALLUMINIO - PORTONCINI
Ci ha pensato Zapoj Tovariš a
rilanciare su un dirigente di
una grande azienda pubblica e
le proprie scelte manageriali.
Scelte legittime ma criticabili dai
contribuenti. E ci mancherebbe altro!
Perché il direttore generale di un ente
come la ASL, per la comunicazione isti-
tuzionale, ha destinato circa “ottomila
euro” a un solo mezzo di informazione,
scegliendo a parità di offerta ma ad un
prezzo di molto inferiore, di spendere
di più? Può darsi che abbia creduto
di preferire la qualità. Sarebbe una
risposta esauriente. Forse il manager,
nella politica della propria gestione della cosa pubblica, ritiene e
a buon diritto non opportuno dare spiegazioni a chi paga le tasse
e il suo stipendio? Sarebbe gentile se rispondesse alla domanda.
Nell’editoriale numero 76 di Teramani,
l’incappucciato si è rifiutato di legitti-
mare tesi diffamatorie dei professioni-
sti del discredito sui conti della sanità
abruzzese. Nonostante il pareggio nei
rendiconto, i detrattori sono riusciti lo
stesso a ricamare critiche sul tavolo di
monitoraggio interministeriale, che ha
certificato, per l’anno 2011, un avanzo
di bilancio pari a 61 milioni di euro.
Per la prima volta, nella storia della
Regione, la contabilità del settore
chiude in attivo. Il più duro è Alfonso
Mascitelli, segretario regionale
dell’Idv, che denuncia la mancanza di
trasparenza, alludendo alla possibi-
lità che nelle pieghe del bilancio si
nascondano artifici contabili.
(http://www.iltempo.it/abruzzo/2012/04/06/1333208-conti_attivo_
dopo_anni_abruzzo_canaglia.shtml)
Questi gli equilibrismi verbali dei politici. Passiamo ora ai fatti.
“Poche operazioni e urologia perde 2,5 milioni di euro”, una locan-
Sanità
dina del quotidiano La Città. A leggerla tutta, si scopre che anche la
prostata ha un prezzo. Chissà se c’è in giro qualcuno disposto a finire
sotto i ferri per creare reddito a una azienda?! Meglio trattenerla di
notte la pipì, per non dare nell’occhio. Non si sa mai. E bene fanno
quelli che scappano ad Ancona. 100 km. non sono la fine del mondo
se si pensa ai clown al Salesi, che si prendono cura dei bambini e poi
alle Torrette; è lì che quando un primario chiede scusa per avere fat-
to aspettare un paziente ci si rende conto che da quelle parti è pro-
prio un altro mondo. Da noi, li devi inseguire nei corridoi dei reparti e
se li catturi si gonfiano come l’omino della Michelin a sottolineare la
differenza fra un povero nessuno e un luminare spento di modestia e
in molti casi nominato da un politico. Marche, Lazio, Emilia Romagna
e Lombardia sono le regioni più frequentate dagli abruzzesi che
hanno bisogno di ricoveri per prestazioni
mediche e chirurgiche d’eccellenza.
(http://www.consiglio.regione.abruzzo.
it/rassegna-notizie/cure-fuori-regione-
costi-aumentati-di-20-volte)
Lontano da analisi scambiate nei labo-
ratori a illudere ammalati inconsapevoli
e precipitarne altri nella paranoia. Fra
termometri sballati e turni incompleti a
causa di budget insufficienti.
Colecistectomia laparotomica, degenza
totale. La media nazionale, 10 giorni. In
Abruzzo, 11. (http://www.ilsole24ore.
com/pdf2010/SoleOnLine5/_Ogget-
ti_Correlati/Documenti/Notizie/2012/03/
pdf-patologie-valadita-strutture/migliori-
peggiori/colecistectomia-laparotomica-degenza-totale.pdf)
Per la colecistectomia laparoscopica, degenza totale media nazio-
nale 4 giorni, in Abruzzo 8. (http://www.ilsole24ore.com/pdf2010/
SoleOnLine5/_Oggetti_Correlati/Documenti/Notizie/2012/03/pdf-
patologie-valadita-strutture/migliori-peggiori/colecistectomia-laparo-
scopica-degenza-totale.pdf)
Proporzione di colecistectomie laparoscopiche con degenza post-
operatoria entro 4 giorni, media nazionale 56.2%; 0.76 in provincia
di Pescara e 0.62 in provincia dell’Aquila. (http://www.ilsole24ore.
com/pdf2010/SoleOnLine5/_Oggetti_Correlati/Documenti/Noti-
zie/2012/03/pdf-patologie-valadita-strutture/migliori-peggiori/
proporzione-colecistectomie-laparoscopiche-con-degenza-post-
entro-4-giorni.pdf)
Infarto miocardico acuto senza esecuzione di PTCA, mortalità a 30
giorni dal ricovero, media nazionale 18.4%, in Abruzzo, a Teramo
40.55%. (http://www.ilsole24ore.com/pdf2010/SoleOnLine5/_Ogget-
ti_Correlati/Documenti/Notizie/2012/03/pdf-patologie-valadita-strut-
ture/migliori-peggiori/infarto-miocardico-acuto-senza-esecuzione-
PTCA.pdf)
Ictus, mortalità a 30 giorni dal ricovero: media nazionale 9.94%. In
provincia di Pescara 1.96% e il 21.79% in provincia di Teramo. (http://
www.ilsole24ore.com/pdf2010/SoleOnLine5/_Oggetti_Correlati/
Documenti/Notizie/2012/03/pdf-patologie-valadita-strutture/migliori-
peggiori/ictus-mortalita-30-gg-da-ricovero.pdf)
Se X sta per pareggio,
la sua prospettiva geometrica non è vincente... †
14n.78
La storia del pareggio...con migliori servizi
SATIRA
diMimmoAttanasi [email protected]
...analisi scambiate nei laboratori a
illudere ammalati inconsapevoli e precipitarne altri
nella paranoia. Fra termometri sballati e turni incompleti a causa di budget
insufficienti.
15Trappole
diMimmoAttanasi [email protected]
SATIRA
n.78
Afrore di topadove vanno i nostri soldini
quelli di rame si sa che se li fregano subito, e si domanda: “Ma che cazza a é?”.
E nel mentre dell’istanza interrogativa, se la tapina si abbassa con il tronco la-
sciando intravvedere le vergogne deretane, la trappola funziona. I marpioni con
i Ray-Ban sulla punta del naso e il sorrisetto da coglionazzo, di quelli che hanno
capito tutto della vita e ti snobbano se ti acchiappano che ti giri dall’altra parte
per l’imbarazzo, davanti a un culo scoperto e una buca per
tope, sarebbero pronti a giustificare tutte le spese pazze di
danari pubblici per marchingegni inutili, abbandonati sul sel-
ciato. Però, anche le tope si sono attrezzate: una ruota oliata
e il divertimento è assicurato. Alla faccia dei contribuenti. Non
è un caso se la storiella dell’alba all’indomani di un’eventuale
catastrofe nucleare racconti di un nuovo giorno atomico vis-
suto solo da una specie animale superstite: la topa. Facciamocene una ragione.
E se proprio si deve dichiarare una guerra, lasciamola fare a chi se n’è occupato
con successo. Nessuno può dire di conoscere a fondo l’universo parallelo
delle tope. E i cornuti lo sanno. La soluzione è quella di affidarsi alle agenzie di
marketing. Non bisogna fare altro che adattare la campagna interattiva lanciata
con buon risultato altrove al nuovo contesto urbano infestato. Se un professio-
nista del settore promette di fare sparire tutte le tope, lo farà davvero. E non
solo sulla carta. Non sarebbe straordinario se le industrie alimentari potessero
farci avvertire gli aromi delle loro leccornie? Giusto per farsi venire l’acquolina
in bocca mentre si aspetta l’autobus. Premi un bottone e senti il calore di una
sfornata. E quale sarà secondo voi la fragranza? Be’, per il momento i creativi
delle agenzie specializzate hanno pensato bene di verificare che la soluzione
funzionasse alla perfezione. Vana l’accortezza.
Quale predatore non rizzerebbe l’antenna se pervaso dall’afrore di topa? n
Inconsueta la strategia della Guerrilla Marketing per
informare il pubblico della nona edizione della Gay Parade
of San Paulo in Brasile. Un messaggio decisamente auto ironico ripercorre
con leggerezza uno dei luoghi comuni legati all’omosessualità: lo scherzo
della saponetta. Incuriositi dai colori sgargianti del gadget sparso a terra, nel
curvarsi per raccattare la saponetta, ci si informa sulla Gay Parade.
La bizzarria della Guerrilla Mktg della Ogilvy & Mather di San Paulo si è meritata
la medaglia d’oro nella categoria outdoor al 6th International Festival of Adver-
tising in Portuguese Language. Altre le realtà esposte ai mari e ai monti, di genti
con il viso solcato dagli aratri della pudicizia, virtù da esibire sempre e comun-
que a prescindere. La durezza del maschio e il candore della femmina, nuda
proprietà nell’immaginario dei veri uomini, renderebbero difficoltoso l’inchino a
90° per il sesso forte, sperato per quello debole. Ed è così che dev’essere anda-
ta la questione delle trappole per tope. Una la vede lì per terra, in quegli angoli
schifosi della città, tra uno sputo con le bollicine e un raschio ingiallito, la scatola
grigia con due buchi ai lati, legata a un canale di plastica della grondaia, perché
L’unica cosa che la storia insegna è che
non insegna niente. Altrimenti perché
costruire contrafforti bianchi e di dubbio
gusto su un vecchio palazzo che insiste
sul sito più archeologico di Teramo, il Teatro
romano? Perché dunque rafforzare vecchi
preconcetti che vogliono l’orribile sfregio come
una fi rma di nuovi privilegi cittadini? Perché
giocare sugli equivoci sin dall’inizio di questa
storiaccia per fare i propri comodi? Sulla vicen-
da s’incastona la recente denuncia del leader
radicale Marco Pannella e del presidente di Teramo Nostra Piero Chiarini
che hanno chiesto alla Procura di Teramo di indagare sui fatti. L’esposto
presentato dai due intende chiarire se con la realizzazione di un
contrafforte, assieme alla relativa conservazione in loco di due edifi ci,
si sia recato un danneggiamento al patrimonio archeologico, storico o
artistico nazionale di un bene di rilevanza nazionale che doveva essere
tutelato in ben altri modi. Sono stati interessati della vicenda anche il
presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, e il ministro per i beni
culturali, Lorenzo Ornaghi.
Nella denuncia si rileva il “vero e proprio scempio” portato al Teatro
romano realizzando nel sito dei contrafforti che - per il legale dell’asso-
Teatro romano [email protected]
Le pietre rotolanti del teatro romanoe i suoi contrafforti
diMaurizioDi Biagio
Pannelladenuncia i fatti
ciazione, Vincenzo Di Nanna – nulla hanno a che fare con una plausibile
natura provvisoria dell’opera, anche in virtù di nuove fi nestre e solai
ripristinati in quel palazzo Adamoli che fu acquisito dall’amministrazione
regionale per 1,3 milioni di euro perché si abbattesse”. Nell’intenzione
del legale Di Nanna rientra l’esatta ricostruzione delle vicende, “an-
che di quei passaggi strani che hanno visto il mancato esercizio del
diritto di prelazione sul caseggiato in questione, l’esborso dunque
del milione e 300 mila euro quando invece se ne potevano spen-
dere solo 460: qui non si tratta di un vandalo che prende a martel-
late l’opera ma ciò che mi preoccupa è invece l’incuria, la sciatteria,
la negligenza degli amministratori pubblici”. Gli antichi romani, è la
chiosa del legale, non costruivano con il cemento le loro meravigliose
opere. Di Nanna infi ne chiede al sindaco Brucchi e al governatore Chiodi:
“Cosa avete intenzione di fare per tutelare questo bene?”.
Il radicale Renato Ciminà accusa tutta la classe politica abruzzese “bra-
va a lottare per le poltrone ma non ad occupar-
si del Teatro romano, se non per distruggerlo”,
ribadisce che i reperti archeologici, le pietre
che giunsero dalle cave di Civitella, non deb-
bano essere spostati dal sito e che su queste
vicende riscontra il conformismo che “giunge
sia da destra che da sinistra e che fa rifl ettere”:
“Finora sono stati spesi 7 miliardi delle vecchie
lire, andate a vedere cosa è stato fatto” è la sua
amara considerazione. “Ho sentito che l’asses-
sore Agostinelli voleva mettere le ruspe e le gru
nel sito archeologico: probabilmente con questi
mezzi hanno intenzione di fare altro”.
Per il presidente di Teramo Nostra, Piero Chiarini “ci si ritrova al punto
di partenza, visto lo scempio ripristinato da quest’amministrazione: in-
dubbiamente ci sono ancora delle mire sul sito, uno scandalo che grida
vendetta”. Se la prende con quelle forze economiche che “tengono in
ostaggio la città, non facendola crescere” e con il soprintendente Pes-
sina “che in un certo qual modo aveva le spalle coperte”. Poi con tutti
e due (anche con Magani) “perché non avrebbero impedito lo scempio”
e più in generale con il pressapochismo di coloro che non hanno voluto
fare il recupero”. Ringrazia i cittadini che invece 90% sono dalla loro
parte “tranne quei 7-8 affaristi” chiaramente che remano contro. n
ATTUAL
ITÀ16
n.78
Gazebo e sobrietà18n.78
La rivoluzione dei dehors
diMaurizioDi Biagio www.mauriziodibiagio.blogspot.com
ATTUAL
ITÀ
Giorni contati per la Teramo-
suk dei gazeboni, dei dehors
che scimmiottano baite alpi-
ne, degli ombrelloni da mare
con i marchi della birra sui lembi
della stoffa e delle sedie di plastica
bianche sparse lungo le vie della
nostra città. Un oltraggio al buon
gusto e alla decenza che si è protrat-
to fin troppo a lungo sotto i nostri
occhi ormai violentanti da una sfilza
di brutture: da quella politica, all’e-
conomica, passando appunto per i
tavolini, l’ultima smorfia del nostro
personale Medioevo in cui purtroppo
ci siamo ricacciati. Il sindaco Brucchi
ha detto stop e ha varato un regolamento che provvederà a ristabilire
un po’ di ordine tra le strutture più o meno impattanti rianimando il
respiro architettonico della città.
Un regolamento, che metterà ordine anche a chioschi ed edicole, è
stato varato sebbene a colpi di emendamenti da parte della stes-
sa maggioranza, ed emanato con tempi fin troppo stretti “perché i
commercianti – ricorda Manola Di Pasquale del Pd – possano mettere
in pratica i nuovi indirizzi comunali”. Ma in sintesi cosa prevedono le
nuove norme? Nel centro storico di Teramo (e delle frazioni) e lungo i
due corsi cittadini è previsto il collocamento di strutture solo legge-
re; fuori le mura e nelle zone non centrali delle frazioni sono previsti
chioschi e dehors chiusi. Al contempo, perché si possano armonizzare
le strutture con il resto dell’ambiente circostante, il Comune di Teramo
ha contemplato anche la presentazione da parte di privati di progetti
d’ambito. Nel recente passato si è criticato molto la larghezza di alcuni
gazebo: d’ora in poi le dimensioni lungo il Corso non potranno superare
i limiti di 12 mq e dovranno essere sistemati sul lato sinistro ma non
sopra i marciapiedi, questo per non impedire sia il passaggio dei mezzi
di soccorso (un criterio che in verità dovrebbe essere applicato anche
al mercato del sabato) che per i pedoni; la norma non è valida in caso
di Ztl. I dehors sui marciapiedi dovranno rispettare una distanza di 1,5
metri dalle mura.
Quelli chiusi invece dovranno avere una dimensione che va da un mini-
mo di 9 mq a un massimo del doppio della superficie interna dell’eser-
cizio, entro il limite di 60 mq. I chioschi potranno avere un’estensione
massima di 60 mq e non potranno essere installate tende. Chiaramente
nella rivoluzione estetica brucchiana saranno banditi tavolini e sedie di
plastica con annessa pubblicità. Sul versante edicole, invece, il regola-
mento conferma lo spostamento di quelle di Porta Reale, Sant’Antonio
e Piazza Orsini perché addossate su monumenti storici.
Chiaramente la Cosap (il canone di occupazione del suolo pubblico)
rimarrà invariata mentre le autorizzazioni avranno durata di tre anni
massimo per dehors leggeri e chioschi, con rinnovo possibile di anno
in anno, e di cinque anni per le strutture chiuse, con rinnovi triennali.
Che il regolamento sia ancora da ritoccare lo afferma la stessa con-
sigliera comunale del Pd, Manola Di Pasquale: è d’accordo sul fatto
che Teramo da tempo necessitava di questo tipo di rivisitazione, “però
l’onere della spesa non deve sempre
ricadere sui commercianti”. Nel
regolamento approvato, infatti, si
obbliga i detentori di spazi pubblici
occupati ad adeguare l’arredo e
l’estetica dello spazio alle nuove nor-
me, avendo però tempi molto brevi,
tre mesi per quelli aperti ed un anno
per quelli chiusi. “Una dilazione dei
tempi di adeguamento – prosegue
l’avvocato - avrebbe potuto dare agli
esercenti un maggior respiro, visto
anche il periodo di crisi che stanno
vivendo”.
Inoltre alla consigliera non va giù
il fatto che chi possiede un dehors
debba pagare la stessa Cosap di
chi ne ha uno coperto “che può
utilizzare tutto l’anno con possibilità economiche molto elevate”. “E poi
per un’equità anche tributaria sarebbe stato logico e giusto prevedere
la stessa durata per i due tipi”.
Conclude l’assessore all’Urbanistica del Comune di Teramo, Massimo
Tassoni: “Abbiamo prestato un’attenzione particolare a questo nuovo
regolamento perché conosciamo l’importanza che riveste per gli opera-
tori del settore e dei loro sacrifici economici, alla fine nessuno sarà pe-
nalizzato: i privati potranno anche apportare delle migliorie all’interno
dei Progetti d’ambito che realizzeremo in un secondo momento”. n
Stop ai gazeboni
I l quarzo si trova in diverse
forme e colori.
Come gemme si usano: il
Cristallo di rocca, l’Ametista,
il Quarzo citrino, il Quarzo affu-
micato, il Calcedonio, l’Agata,
il Diaspro, il Quarzo latteo,il
Quarzo rosa.
Il Cristallo di rocca per esempio,
è un Quarzo con inclusioni di
sottili aghi di tormalina o di rutilo. Essi formano spesso interessanti
composizioni che uno specialista sa valorizzare con un buon taglio.
Talvolta sottili fessure e screpolature attraversano il Quarzo crean-
do un gioco vivacissimo di colori.
Questa varietà si chiama Quarzo Iris o arcobaleno.
Spesso in queste fessure del Quarzo sono penetrati
degli ossidi di manganese o di ferro che hanno dato
origine a figure simili a cespugli e ad alberi.
Esse vengono dette dentriti che in grego significa
albero e sono sempre di colore bruno,nero o grigio
scuro. I giacimenti più importanti di quarzi con inclu-
sioni si trovano in India,Brasile e Madagascar,come
pure per esempio
il Quarzo Ialino si
trova sotto forma
di cristalli incolori
e limpidi come
l’acqua.
Rispetto ad
altre gemme
non trova molto
apprezzamento in
commercio,anche
se i gruppi
cristallici più belli
sono effetto di
attenzione da
parte dei collezio-
nisti. n
n.78
19L’oggetto del desiderioPRE
ZIOSITÀ Il Quarzo
diCarmine Goderecci di Oro e Argento
“quello che per te non vuoi, ad altri puoi fare”
A.A.A. cercasi disperatamente medico. Al Mazzini
di Teramo la mancanza dei sanitari mette a
rischio il normale espletamento delle funzioni
lavorative: mancano anche infermieri e ane-
stesisti: “Una follia” ammette Piero Romanelli, chirurgo
e assessore comunale. Pur tuttavia la Asl di Teramo ha
voluto dare un segnale verso l’annosa questione della
carenza dei medici con l’assunzione di 4 medici ortope-
dici, altrettanti della disciplina di ostetricia, 5 internisti,
due medici di chirurgia generale e altri che interessano
scienza dell’alimentazione, chirurgia generale, medicina legale, chirurgia
vascolare e oftalmologia. Una ventina di sanitari in tutto che dovrebbero
mettere una pezza sia ad un’effettiva e diffusa carenza tra i nosocomi
della provincia che, secondo il chirurgo e assessore Piero Romanelli “ad
una ripartizione mal congeniata, almeno nel Mazzini di Teramo, che ha
causato nel tempo gravi insuffi cienze, soprattutto tra gli anestesisti, la cui
mancanza nelle sale operatorie ha provocato fi nora l’ingrossarsi delle liste
Sanità [email protected]
I medici mancano, i servizi precipitano
diMaurizioDi Biagio
Ausl Teramodi attesa, dunque mobilità passiva, e il protrarsi di quel salto di qualità
auspicato da tanti”. Prendendo in esame i vari reparti del nosocomio
teramano risulta che cardiologia non avrebbe problemi di effettivi, come
d’altronde radiologia e medicina generale, mentre il vulnus si riscontra
maggiormente in chirurgia. In ortopedia i nuovi arrivi molto probabilmente
non saranno suffi cienti a coprire i vuoti, per tutta una serie di incombenze
cui sono sottoposti i sanitari che di devono districare tra emergenza,
pronto soccorso e riabilitazione. Per ostetricia e ginecologia i 4 nuovi
medici dovrebbero riempire il surplus di lavoro cui si ritrova il reparto per
la chiusura di alcuni punti nascita sul territorio, anche se,
in effetti, la stessa mobilità avrebbe dovuto provvedere
a ristabilire l’equilibrio perso. Infi ne, Romanelli sottolinea
anche un’altra emergenza: quella degli infermieri, il cui
numero non è ancora suffi ciente per una struttura come
quella teramana. “Da rilevare il fenomeno dell’imbosca-
mento in alcune strutture come in quella di medicina del
territorio”. Una buona notizia per la sanità giunge però
dall’arrivo in provincia di Teramo delle Uccp (Unità Com-
plesse di Cure Primarie), strutture che, perseguendo la
fi losofi a della trasformazione della medicina territoriale,
apporteranno soluzioni alternative anche al pronto soccorso, che sarà
alleggerito di codici bianchi e verdi e quindi dell’imbuto che giornalmente
si forma soprattutto al Mazzini. Entreranno in funzione entro la fi ne di
quest’estate a Teramo. “È un’evoluzione molto importante della medicina
di base – spiega Valerio Profeta, direttore del Coordinamento dell’as-
sistenza sanitaria territoriale –; una forma innovativa di ospedale del
territorio che porterà la medicina più vicina al paziente”. n
ATTUAL
ITÀ20
n.78
SI CAMBIA CANALEDAL 7 AL 17 MAGGIO 2012
L’ABRUZZO PASSA AL DIGITALE
La storia del nostro paese è fatta di
ricchezze dimenticate o non valoriz-
zate. Tra questi tesori paesaggistici
e culturali, ci sono sicuramente i
borghi, molti dei quali in abbandono.
Sono insediamenti abitativi risalenti al me-
dioevo, che hanno costituito la struttura
portante della distribuzione demografica
del nostro paese almeno fino agli anni
immediatamente successivi alla seconda
guerra mondiale.
In quei tempi è cominciato, per vari motivi,
il progressivo svuotamento di alcuni pic-
coli abitati: la necessità di trovare lavoro
altrove, infrastrutture che privilegiavano
sempre più le città che andavano ingran-
dendosi, cause naturali, hanno portato,
progressivamente, allo svuotamento totale
di alcuni di questi borghi.
Le chiamano “Ghost cities”, quelle città o
quei paesi abbandonati a causa di eventi
naturali, come alluvioni, terremoti o per-
ché la principale o unica fonte di reddito e
di lavoro scompare.
Sono famose le “ghost town del far west
americano” o quelle dell’entro terra au-
straliane, ricche di un particolare fascino,
ma anche in Italia ce ne sono molte e
alcune amministrazioni, insieme a privati
si stanno attivando per salvarle o, addirit-
tura, ridare loro nuova vita.
La più alta concentrazione di questi borghi
la troviamo nel sud del nostro paese, so-
prattutto in Basilicata ma anche nelle aree
più interne delle Marche e della Toscana e
in alcune zone della Liguria. Bisogna dire
che questo tipo di problema non riguarda
solo l’Italia: in Europa sono in particolare
la Spagna e L’Irlanda ha far registrare un
fenomeno simile.
Anche in Abruzzo e in particolare nel
teramano, non mancano i paesi fantasma,
semi dimenticati da una diffusa incuria
culturale e da profonde mutazioni sociali
ed economiche per intere comunità.
Questo, non solo nelle remote zone dei
monti Gemelli o della Laga con i vari Mar-
tese, Tavolero, Settecerri, Laturo, Serra, ma
anche in zone insospettabili, molto vicine
a insediamenti cittadini.
È il caso, ad esempio, di Faraone Vecchio
non lontano dalla popolosa Sant’Egidio
alla Vibrata, di Frunti a pochi chilometri da
Teramo, della parte alta di Villa Brozzi a
qualche passo da Montorio al Vomano e di
Masseri, sulla collina sopra la città d’arte
di Campli.
Di quest’ultimo borgo, rimangono pochi
monconi di case. È scomparsa anche la
sua storia peraltro interessante, caratte-
rizzata soprattutto dalla presenza della fa-
coltosa famiglia Palma. La piccola chiesa,
la scuola, erano infatti di loro proprietà,
lascito antico del ricchissimo casato da
cui nacque il famoso storico teramano,
Niccola e il maggiore dell’Esercito, Ottavio,
che sulle montagne teramane ha speso la
sua vita nel dare la caccia ai briganti.
Masseri, infatti, nella seconda parte del
1500 aveva ospitato milizie spagnole che
si trovavano nella nostra terra per combat-
tere il dilagante fenomeno del brigantag-
gio e visse proprio nel periodo tra il ‘600
e il ‘700, un relativo benessere grazie ad
una intensa vita pastorale e agricola dei
suoi abitanti. Il luogo vide pian piano già
dall’800, un continuo decadere a causa
delle tante tasse imposte dall’unione dei
due comuni grandi di Campli e Teramo.
Le case di Masseri vennero in gran parte
squarciate dal terremoto del 1950 ed eb-
bero il colpo di grazia in una frana di pochi
anni dopo che decretò la fine del paese e
la fuga dei suoi abitanti.
Sonia Celii Jotterand è una bella donna
In giroLUO
GHI22
diSergioScacchia [email protected]
n.78
e geografiedell’abbandono
Masseri
23
che oggi risiede in Svizzera. Le sue origini,
le sue radici più intime risiedono nel ricor-
do di Masseri.
Il nonno andò a vivere in questo sperduto
borgo teramano, per amore.
La suocera, Giovanna Romantini, si era
sposata lì vivendoci tutta la sua esistenza.
Il giovane marito nel ’40 fu fatto prigionie-
ro in Libia, trattenuto in Inghilterra fino al
1946, quando conobbe, tornando in paese
il figlio che aveva già sei anni. Era il padre
di Sonia.
Allora, ricorda la nostra amica, erano so-
lamente diciotto le famiglie, prete incluso
aggiunge ridendo.
C’erano i Bianconi, i Baldassarri, i bisnonni
Paolizzi, i Pucci, i De Santis. Molti si ricor-
dano per i loro soprannomi, perché a quei
tempi, tutti ne avevano. I De Santis erano i
benestanti della comunità.
Dalle mura di Masseri rimaste in piedi,
ancora si capisce l’antico frazionamento in
tre nuclei di case ben distinte con le sue
vie di accesso, con la parte alta del paese,
n.78
quella “nuova” e la centrale e la bassa
sicuramente riconducibili a periodi più
remoti.
Sarebbe, credo, interessante predisporre
azioni che possano ridare vita a questo
luogo e ai tanti altri che hanno avuto
come fulcro la creazione di comunità.
Grazie all’intervento di architetti sensi-
bili si potrebbero creare progetti per il
recupero e per ridare ossigeno ai paesi,
movimentare ma soprattutto trasforma-
re questi borghi in veri e propri “labora-
tori” integrati con il territorio.
Potrebbe essere una sorta di valorizza-
zione a fini di turismo consapevole. n
Cronologicamente parlando, assistiamo ad un vero e proprio even-
to musicale che ha lasciato davvero il segno nella storia del rock e
della musica in generale. Da prima troviamo un genere chiamato
freakbeat, praticamente la controparte del garage rock (di matrice
americana), di matrice europea.
Infatti nasce intorno al ‘66/’67 ed è, a dispetto del Garage Rock, più
aggressivo, istintivo, con “innovazioni” sonore che per il tempo, non
dimentichiamoci che in quel periodo si udivano le chitarre docili dei
Beatles e il rock irriverente dei Rolling Stones, erano quasi impossibili.
Dunque riff di chitarra più taglienti e veloci, uso sconsiderato di distor-
sione ed effetti come fl anger e fuzz, voce distorta ed effettata con
phaser. Insomma siamo praticamente davanti al pioniere, assieme al
Garage Rock, di quello che poi diventerà Rock Psichedelico.
Tra gli esponenti più conosciuti del Freakbeat cito i Move, Creation e
Sorrow, ma anche nomi illustri che ne sono stati infl uenzati (ovviamente
inglesi) come The Who. Ed eccoci in breve tempo di fronte ad un genere
che rispetto al fratello Freakbeat, vedrà luce in fretta e non sarà diffi cile
farci caso… perché dico questo? Perché se con il Jazz troviamo l’eroina e
la cocaina, con il rock psichedelico troviamo lsd, acidi in genere, mescali-
na ed allucinogeni, artefi ci di composizioni musicali che paradossalmente,
sono diventati dei capolavori assoluti. E come non citare un gruppo che,
soprattutto nelle prima parte, ha contribuito nell’espansione di questo ge-
nere? Pink Floyd! Ovviamente parliamo di un genere che trova spunto un
po’ qui, e un po’ la, ma è l’uso di elettronica, effetti di chitarra come delay
e phaser e uso di synth e tastiere a caratterizzarlo. Anche gruppi come
Beatles, Doors possono far parte del calderone psichedelico, questo
genere muta di artista in artista ed è appunto per questo che il suo “ciclo
vitale” in realtà, non è mai fi nito, non
ostante con il tempo, all’uso di droghe si
è sostituita l’uso dell’immaginazione! n
Parliamo di una Band(speciale)COVENContinuo con il mio piccolo percorso
verso quelle band che hanno lasciato un
segno, ma che non tutti lo sanno. Se nel numero precedente ho parlato
dei Black Widow, padri ispiratori dei Black Sabbath, oggi parlo dei Coven,
che ancor prima dei Black Widow, si fecero fautori di un genere rock,
psichedelico e fuori dal comune. I Coven nascono agli inizi degli anni ’60
da un’idea del chitarrista Chris Neilsen, a cui si unirono Rick Durrett/John
Hobbs alle tastiere, Steve Ross alla batteria. Inizialmente la band propone
un rock semplice di matrice americana, ma è con l’avvento della cantante
e presenza di spicco di Jinx Dawson che entra nella band intorno al ’65,
a cambiare radicalmente l’attitudine e la musica dei Coven. Non a caso,
questa era la band preferita di Charles Manson. Il primo album porta
il titolo “sign of the horns”. Ovviamente la band si fa “portavoce” di un
certo tipo di rock, con chiari e osannati riferimenti esoterici, la canzone
più conosciuta è indubbiamente “black sabbath”, da cui la band inglese
prenderà ispirazione non solo dal fi lm con Boris Carloff. Non ostante la
loro attitudine esoterica, o anche defi nita satanica, la band vende molti di-
schi e si ritrova nella Top 40 Hit americana. Lasciando il lato esoterico, mu-
sicalmente la band ha dato spunto a tante altre in seguito, una fra tutte
sicuramente la voce potente e suadente di Jinx Dawson, in un periodo di
fermento e soprattutto in un periodi dove non era tanto “strano” trovare
band con cantanti femminili, o vere e proprie soliste (vedi Janis Joplin),
ma è stata anche una band molto varia nello stile, non ostante la vena
psichedelica è praticamente onnipresente. Il successo comunque arriva
nel ’69 e fi no al ’75 la band è in attività, si scioglie nel gennaio del ’75, un
periodo positivo ma che scema pian piano. È sul fi nire del 2007 che la
Dawson annuncia il ritorno della band con “fi nish what they started” e un
tour nel 2008. Paradossalmente, non ostante la loro attitudine esoterica, il
loro primo video venne prodotto dalla Disney Pictures. n
Parliamo di MusicaMU
SICA24 [email protected]
n.78
diLucaCialini
Freakbeat &rock psichedelico
I prossimi rincari dei prezzi degli alimentari del 5 per cento sono
spinti da tasse e benzina che fanno impennare i costi di produzio-
ne. E’ quanto afferma la Coldiretti di Teramo nel commentare le
previsioni dell’Osservatorio Prezzi e
Mercati di Indis-Unioncamere che stima per
i prossimi mesi un adeguamento dei listini
dei generi alimentari con il costo di pasta,
riso e cereali da colazione che potrebbero
salire del 5 per cento.
Il ritocco verso l’alto è annunciato dopo
che i prezzi dei prodotti alimentari sono
25Coldiretti informa
diRaffaelloBetti Direttore Coldiretti Teramo
ECONOM
IA aumentati secondo l’Istat a marzo del
2,8 per cento rispetto allo stesso mese
dello scorso anno, una percentuale al di
sotto dell’infl azione (+3,3 per cento) che
hanno dunque contribuito a frenare.
A pesare nei prossimi mesi è l’aumento
del carico fi scale ma anche il record
raggiunto dal prezzo dei carburanti in un
Paese come l`Italia dove l’88 per cento
dei trasporti commerciali avviene per
strada. A subire gli effetti dell’aumento
dei costi energetici è l’intero sistema
agroalimentare, produzione, trasforma-
zione e distribuzione, dove si stima che
i costi di trasporto e della logistica siano
circa un terzo del totale. L’effetto valanga determinato dall’aumento del
costo dei carburanti sulla spesa è particolarmente evidente anche per la
crescente dipendenza dell’Italia per l’alimentazione dall’estero da dove
arrivano quasi la metà dei cibi consumati. Una situazione che espone
l’Italia alle conseguenze dell’accresciuta volatilità dei mercati internazio-
nali sotto la spinta delle speculazioni.
Si conferma dunque la necessità di investire sul sistema produttivo
agricolo nazionale che peraltro sta svolgendo con grandi diffi coltà
una funzione defl attiva con un calo dei prezzi alla produzione agricola
dell’1,4 per cento a febbraio rispetto allo scorso anno, con un ribasso
record del 6,3% per le coltivazioni, secondo le rilevazioni Ismea. n
n.78
in arrivo nuovi aumenti fi no al 5%
Generialimentari
La Corte costituzionale con la
sentenza n. 78 del 5 aprile 2012
si è pronunciata in merito alla
legittimità costituzionale dell’art. 2, comma 61, del decreto-legge 29
dicembre 2010, n. 225 (Proroga di termini previsti da disposizioni legislati-
ve e di interventi urgenti in materia tributaria e di sostegno alle imprese e
alle famiglie), convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2011,
n. 10. Con tale norma, meglio nota al pubblico con decreto salva banche,
il passato governo tentò di tutelare il sistema creditizio ( ma sarebbe più
equo dire le banche italiane) minacciate da migliaia di risparmiatori che
avevano promosso azioni per il recupero di somme pagate per interessi
anatocistici, ritenuti ormai illeciti dalla Corte di Cassazione con due
storiche decisioni del 1999. Occorre premettere che uno dei problemi più
ardui da risolvere in giurisprudenza è quello concernente la individuazione
del momento da cui inizia a decorrere il termine ( di prescrizione) entro
il quale il risparmiatore può far valere il proprio diritto al rimborso delle
somme indebitamente versate all’ente creditizio. Sino alla sentenza resa
dalla Sezioni riunite della cassazione del 2010, si contrapponevano due
orientamenti: il primo, secondo il quale il termine della ripetizione decorre
dalle singole annotazioni sul conto corrente. In pratica, supponendo che la
durata di un conto sia di trenta e più anni, il risparmiatore poteva ripetere
le somme indebitamente corrisposte solo sino a dieci anni prima dalla
richiesta. Il secondo orientamento giurisprudenziale, più favorevole ai
risparmiatori, partendo dalla premessa secondo la quale il conto corrente
Dura Lex Sed Lex26a cura diAmilcare Lauria Elvio Fortuna avvocati associati
n.78
(si spera)
è un fatto giuridico unitario, le annotazioni sul conto non avendo capacità
solutoria, non valgono a far decorrere la prescrizione, che, invece, inizia a
decorrere solo con la chiusura del conto corrente. Dunque, secondo tale
prospettiva, è assolutamente indifferente la durata del conto, poiché il
momento rilevante è la data della chiusura del conto medesimo in cui si
fissa il saldo finale. La Cassazione è poi intervenuta a sezioni riunite con la
decisione 24418 del 2010, dirimendo il contrasto giurisprudenziale con la
distinzione secondo la quale per capire se l’annotazione sul conto abbia
efficacia solutoria o non, bisogna avere riguardo al fatto se la rimessa fatta
dal cliente sia entro il fido concesso dalla banca o extra fido. Solo nella
prima ipotesi la rimessa, non avendo efficacia solutoria ma meramente
ripristinatoria del fido garantito dalla banca, non varrebbe a far decorrere
la prescrizione con la conseguenza che il dies a quo, ( ossia il momento
da cui inizia a decorrere la prescrizione) va individuato con la chiusura del
conto corrente. Nell’altra ipotesi, ossia quando il cliente rientra nel fido con
la rimessa, questa va considerata un pagamento vero e proprio e dunque
è dalla relativa annotazione sul conto che scatta il termine prescrizionale.
Come detto, con la norma cosiddetta salva banche, il passato governo era
intervenuto sulla questione modificando retroattivamente la disciplina sulla
prescrizione. La norma in esame testualmente disponeva: In ordine alle
operazioni bancarie regolate in conto corrente l’articolo 2935 del codice civile
si interpreta nel senso che la prescrizione relativa ai diritti nascenti dall’an-
notazione in conto inizia a decorrere dal giorno dell’annotazione stessa. In
ogni caso non si fa luogo alla restituzione degli importi già versati alla data di
entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto.
Ebbene questa disposizione, denunciata da svariati Tribunali italiani, è
stata esaminata dalla Corte costituzionale che l’ha cancellata dall’or-
dinamento ritenendola costituzionalmente illegittima per due ragioni.
La prima, perché non si vede per quale motivo il Governo abbia posto
una deroga all’art. 2935 del codice civile ( che disciplina in via generale
l’istituto della prescrizione) fornendo una interpretazione autentica che,
avendo efficacia retroattiva, è ammissibile, ma a condizione di ragioni
particolari che qui non si intravedono. La seconda è che tale norma,
ponendosi in contrasto con i principi della Corte europea dei diritti
dell’uomo, quali la preminenza del diritto o il concetto di processo equo,
si concretizza in una evidente asimmetria tra due parti controvertenti (
ossia le banche e i risparmiatori) privilegiando, senza una valida ragione
di interesse generale una parte a scapito dell’altra. n
Anatocismo: verdetto finale
L a voglia di Lega Pro, mai sopita
anche nei momenti di maggiore dif-
ficoltà. Il fascino del professionismo,
del calcio che conta è irresistibile e
per alcuni non vale alcun’altra competizio-
ne di livello inferiore.
Avere come avversari Sambenedette-
se, Ancona, Civitanovese, Jesina e altre
squadre di rango, benché di consolidata
tradizione, non è la stessa cosa affrontarle
in campionati di second’ordine come quelli
dilettantistici. Forse perché il termine
“dilettante” racchiude in se un significato
meno impegnativo quasi a voler dire che lo
sport è frutto di un diletto praticato nelle
ore liberi da impegni lavorativi, sminuisce
l’interesse per le sfide. Il professionismo,
invece, ha un’altra valenza perché lo sport
in questo ambito assume carattere di pro-
fessione a tutti gli effetti dal punto di vista
giuridico per la qualificazione dell’attività
come lavoro dipendente.
I due ambiti calcistici, vicini come cate-
gorie, nello stesso tempo lontani come
organizzazione e adempimenti formali e
sostanziali. Gli effetti di tanto rigore in Lega
Pro e, al contrario, formalità più blande
in Serie D, crea eccessivo affollamento in
quest’ultimo comparto, mentre nella Lega
professionistica di serie C si registrano mo-
rie di società non in grado di resistere agli
eccessivi oneri. Di recente quest’ultima si
è dotata di un codice etico in conseguenza
anche dei fatti connessi agli illeciti sportivi
cui si sono resi protagonisti calciatori con
scarso senso di sportività.
Tra i numerosi punti trattati spicca quello
relativo alle “condotte economiche
che assicurino una esemplare gestione
finanziaria, tale da garantire la continuità
societaria nel contesto territoriale”. La
gestione economica finanziaria, pertanto, è
l’aspetto cardine e il cruccio dei presidenti
di società che non riescono a reggere il
peso di ferree regole anche per la forte
congiuntura in cui versa l’economia nazio-
nale che non agevola il finanziamento e la
raccolta dei fondi necessari per la gestione
dei campionati. La conseguenza degli
innumerevoli e improcrastinabili adempi-
menti fiscali e contabili cui le società sono
sottoposte, pena forti sanzioni in termini
di punti in classifica e nei casi più gravi
esclusione dai campionati, crea difficoltà
fino a mettere a rischio la continuazione
dell’attività.
Attualmente sono 77 le società affiliale alla
Lega Nazionale Calcio Professionistico, ma
non è certo che nella prossima stagione lo
stesso numero possa essere mantenuto,
tenuto conto del meccanismo delle promo-
zioni e retrocessioni. Sembra che circa 25
società abbiano forti difficoltà di gestione
che a fine anno potrebbero scomparire
dallo scenario calcistico nazionale.
Tale eventualità renderebbe difficile
applicare la riforma programmata per il
2013/14 sulla base di 60 squadre ripartite
in tre gironi. Ce chi pensa di anticiparla
alla prossima stagione 2011/12, ma non
sembra essere la soluzione più probabile.
L’orientamento è di mantenere l’assetto
attuale con due gironi ciascuno di Prima
e Seconda Divisione. Se prevarrà l’ultima
ipotesi i gironi di ciascuna Divisione po-
trebbero subire delle modifiche in termini
di consistenza variabile da 16 a 20 squadre
cadauno, la cui formazione verrebbe fatta
sulla base del numero di società che riu-
sciranno ad iscriversi ed attingendo anche
dalla Serie D mediante il ripescaggio,
piena di grosse città con forte tradizione
calcistica. In questo delicato scenario, le
Società che vorranno cimentarsi nel pro-
fessionismo dovranno assicurare integrità
di gestione sia dal punto di vista econo-
mico che finanziario, senza sottovalutare
eventuali problematiche che potranno
insorgere strada facendo. Occhio quindi ad
una sana gestione per assicurare il futuro
come giustamente recita il codice etico. Le
ambizioni devono andare di pari passo con
le reali possibilità.
Avere i piedi per terra non vuol dire immo-
bilismo quanto a programmi futuri.
Non sempre chi spende tanto rende
un buon servizio allo spettacolo e alle
ambizioni. L’oculatezza nel cercare atleti
motivati, giovani con voglia di emergere
è la chiave del successo di chi fa della
parsimonia l’elemento fondamentale delle
proprie azioni. n
Calcio28n.78
diAntonio Parnanzone [email protected]
SPORT La voglia
di Lega Pro
Il dialetto può sostituirsi alla lingua italiana?
Il dialetto è un sistema linguistico particolare, parlato da un
ristretto numero di persone, in zone geograficamente limitate.
In Italia i dialetti si suddividono in:
• DialettisettentrionaliparlatinelVeneto,inPiemonte,Liguria,
Lombardia, Emilia e nella parte settentrionale delle Marche:
• DialettitoscanisuddivisialorovoltaneidialettidiFirenze,Lucca,
Pisa, Livorno, Siena ed Arezzo;
• Dialetticentrali,parlatinelLaziosettentrionale,nell’Umbriae
nella parte centrale delle Marche;
• DialettimeridionaliparlatiinCampania,nelLaziomeridionale,in
Abruzzo, in parte della Puglia e della Lucania, nella parte meridio-
nale delle Marche, il siciliano e il calabrese;
• Dialettosardoedialettoladino,cheinrealtàsonodellelingue
romanze.
Il dialetto è una lingua che ha senz’altro una sua dignità e un suo va-
lore è, infatti, il simbolo di una tradizione passata e, proprio per que-
sto, deve essere conservato e amato. Esso ha però il grosso limite di
consentire solo ad un ristretto ambito di persone di comunicare tra
di loro. Pertanto salvaguardare i dialetti è senz’altro una operazione
Note linguistiche
a cura diMaria Gabriella Di Flaviano [email protected]
CULTUR
A culturale, non diver-
sa dalla tutela del
patrimonio artistico
di una nazione ma
pensare che essi
possano sostituirsi
alla lingua italiana
è anacronistico e
alquanto pericolo-
so. Anacronistico,
in quanto è assurdo
ripristinare delle
differenze linguistiche dannose e poco pratiche in un’epoca in cui,
in vista degli Stati Uniti d’Europa, tutti cercano di imparare l’inglese,
lingua quasi internazionale, per poter comunicare con persone di
altre nazionalità.
Pericoloso, perché volere imporre a un dialetto la funzione comu-
nicativa della lingua italiana, nasconde esagerati campanilismi e
anche un tantino di razzismo o perlomeno la convinzione che la
propria etnia sia superiore alle altre.
Il dialetto è una ricchezza quando affianca la lingua italiana.
Chi conosce i due codici è più fortunato di chi ne possiede uno
solo. Può infatti esprimersi con una gamma molto più vasta di
espressioni, attingendo ora all’uno ora all’altro dei suoi patrimoni
linguistici. Mentre chi possiede il solo codice dialettale è svantag-
giato, perché sara costretto a comunicare soltanto con persone
che lo conoscono. n
Il dialetto29n.78
Dopo la bella ed importante vittoria sul Sassari al PalaScapriano
all’8ª di ritorno, la Banca Tercas ha di nuovo accusato qualche
pausa ma solo ai fini del risultato e non di certo sul piano delle
prestazioni dei singoli giocatori e di squadra. L’allenatore Ales-
sandro Ramagli sta facendo un ottimo lavoro e questo non è una novità.
La squadra, seppure incompleta e con
i tanti problemi societari ancora da
risolvere, si esprime con buoni ritmi e
fa vedere una bella pallacanestro. Tutte
le partite sono giocate con la massima
concentrazione e tanto cuore.
Tutto lo staff tecnico s’impegna al mas-
simo durante gli allenamenti settimana-
li, per far sì che la compagine si presenti
agli appuntamenti settimanali ben pre-
parata e capace di contrastare il livello
di ogni avversario: si è visto a Pesaro
nell’affrontare una squadra molto forte
e ben organizzata, con il suo approccio nel gestire la gara ed averla
condotta nel punteggio con autorità e determinazione fino agli ultimi
istanti dell’incontro per poi cedere di schianto al ritorno degli avversari
BasketSPO
RT30
diBebèMartorelli [email protected]
n.78
Banca TercasTeramo BasketAlessandro Ramagli e i suoi ragazzistanno per raggiungere l’obiettivo primario
La squadra, seppure incompleta e con i
tanti problemi societari ancora da risolvere, si esprime con buoni ritmi e fa vedere una bella pallacanestro.
condotti da un Hickman indiavolato; si è visto anche in casa, una setti-
mana dopo, contro il forte Cantù dove i biancorossi si sono espressi su
ottimi livelli dando del filo da torcere ad una squadra costruita per fare
bene sia in Eurolega sia in campionato e solo per qualche imprecisione
ai tiri liberi e per non essere riusciti a limitare la prestazione al tiro di un
micidiale Mazzarino che i teramani hanno mancato l’appuntamento con
la vittoria che sarebbe risultata clamorosa. Ecco che, per quanto sopra
detto, il lavoro, l’impegno e la serietà dei giocatori prima o poi premiano
e che il successo ha arriso alla formazione biancorossa. Nella seconda
consecutiva gara giocata al PalaScapriano contro ªterza vittoria casa-
linga del girone di ritorno. Caserta che si è presentata a Teramo forte
nei suoi uomini cardine come Collins, Smith, Bell, Stipanovic, il sempre
valido Righetti ma con un Maresca in più che al pari di Smith è stato
l’uomo più incisivo dei campani, buon per noi che Collins si è stirato nei
minuti iniziali della partita. Di contro, la Banca Tercas ha presentato una
squadra in forma e ben diretta con tanto equilibrio nelle sue rotazioni
effettuate dal bravo Ramagli ed in aggiunta ha presentato un Polonara
gigantesco. Il giovane anconetano, formatosi nel vivaio della Teramo
Basket, ha sfoderato una prestazione sopra le righe, ben coadiuvato
dall’altro giovane Ricci. Altra conferma di questo brillante momento
si è avuto nel posticipo della 12ª giornata di ritorno a Roma dove una
Banca Tercas da applausi si è imposta con autorità e bravura. Tutta la
squadra ha girato a mille mostrando una difesa ben organizzata, gioco
fluido in attacco con pochi errori e, con ottima percentuale di realiz-
zazione soprattutto di Brown, Polonara ed Amoroso. Una vittoria che
mette entusiasmo a fa dimenticare, per il momento, una stagione piena
di problemi societari ma che fa forse vedere all’orizzonte un futuro
più roseo. Con questi due risultati utili consecutivi, la Banca Tercas, a
quattro giornate alla fine del torneo, con il turno di riposo già effettuato
e con 8 punti di vantaggio dal fanalino di coda Casale, si può dire che ha
già afferrato la salvezza per i capelli. Seppure la matematica certezza
non sia stata ancora raggiunta, la convinzione di tutto l’ambiente è che
il più è fatto e che sono rimaste quattro giornate alla fine del torneo, di
cui due da giocare al PalaScapriano contro Montegranaro e il confronto
diretto con il Casale Monferrato; due, invece, saranno giocate in campo
esterno a Milano e a Varese. Poi si potrà brindare all’importante obietti-
vo raggiunto in stagione ma con un pensiero un po’ preoccupato rivolto
alla prossima annata. n