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Aarons Edward S. - 1956 - Evaso in Attesa Di Linciaggio - Aarons Edward S

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EDWARD S. AARONSEVASO IN ATTESA DI

LINCIAGGIO(Point Of Peril, 1956)

CAPITOLO I

Era buio quando Webbe arrivò

alla fabbrica di conserve alimentaridi Prince John. Lasciò la macchinanello spiazzo retrostante il vecchioedificio in mattoni rossi e attraversòil tratto di terreno sabbioso indirezione del gruppo d'uomini chestavano discutendo animatamente.

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Un po' più in là c'erano gliattracchi, le barche per la pesca delleostriche e la macchia scura escintillante della Chesapeake Bay. Lariva opposta del Maryland eraavvolta nella foschia di quella caldasera estiva.

Webbe vide che Dig Trury non eracon gli uomini riuniti vicino alpontile e si avviò verso l'ingressodegli uffici sul retro della fabbrica.Era un uomo tarchiato e sullatrentina, con folti capelli neri eun'andatura aggressiva. Teneva lelabbra fortemente serrate. Uno degli

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uomini lo vide e lo chiamò: «Ehi,Davey». Webbe si fermò e raggiunsegli altri presso il dock. Fra ipescatori d'ostriche e i dipendentidella fabbrica si notavano numerosiagenti dello sceriffo. Le loro faccenon erano amichevoli.

Un funzionario di nome Fannettdisse: «Avete sentito cos'hacombinato vostro fratello da questeparti, Davey?»

Webbe annuì. «Sì, ho sentito. Eroin redazione, al Call.»

Guardò le macchine della poliziaparcheggiate vicino all'ingresso degli

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uffici. «Joe Oliver è rimasto feritogravemente?»

«Potrebbe lasciarci la pelle.»«È stato Rory a sparargli?»«Sì, gli ha sparato lui e s'è portato

via tutti i quattrini delle paghe»,l'informò Fannett, con una punta dicompiacimento nella voce.«Quarantamila dollari.»

«Come ha fatto a scappare?»«È accaduto tutto dieci o venti

minuti dopo che lo lasciaste voiquesta sera. Evidentemente Roryincominciava ad averne abbastanzadei vostri articoli, Davey. Si è

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impadronito della pistola delsecondino ed è venuto diritto qui.Abbiamo ritrovato la rivoltellaproprio ora: l'ha perduta mentrescappava dopo aver sparato alcontabile.» Fannett non sorrideva.«Rory è sempre stato un buondetenuto finché non tornaste voi daNew York e non vi associaste conM e r l Ga nno n alla direzione delCall.»

«Io sono nato a Prince John»,ribatté Webbe. «E anche Rory. Tuttisanno che gli è stata inflitta unacondanna troppo dura per ciò che ha

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fatto.»«La legge non la pensa così, ma

forse voi credete che il vostrogiornale sia più furbo e piùimportante della legge, non è vero?Ho sentito dire che quando uscirà lanuova edizione del J o u r n a l vidovrete rimangiare tutto quello cheavete sostenuto finora.»

Webbe lanciò uno sguardo agliocchi ostili che l'osservavano, uncerchio stretto di facce dure eabbronzate, che sembravano trarreuna sorta di perverso piacere daquanto stava accadendo. Rimpianse

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di essere venuto lì. Poi chiese:«Dov'è Dig?»

«Dentro.Webbe girò le spalle al dock e si

avviò verso la porta contrassegnatadalla scritta UFFICIO DELPERSONALE. L'antipatia di quegliuomini era quasi tangibile. «Hail'impressione di camminare con icoltelli che ti si infilano nellaschiena», pensò Webbe.

Lo sceriffo D i g Trury e alcuniagenti stavano parlando con gliimpiegati della fabbrica quandoWebbe entrò. Erano raggruppati

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intorno a una cassaforte aperta.Numerose sedie erano statecapovolte e il lungo passaggio fra ledue file di scrivanie apparivadisseminato di documenti.

Trury vide entrare Webbe. Gliandò incontro prendendolo per unbraccio e guidandolo verso unpiccolo ufficio vicino. Trury era unuomo sottile, con i capelli grigi e unafaccia stanca ma intelligente. Portavauna cravatta nera piuttosto stretta euna giacca di lino, pure nera e lustraper l'uso. Chiuse la porta a vetrismerigliati e gli rivolse la parola con

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una pronuncia leggermentestrascicata, tipica della costaorientale. «Sedetevi, Davey. Sapetequel che è accaduto, vero?»

«Sarebbe meglio che me lospiegaste», rispose Webbe, senzasedersi. «Non cercate di tirare colpibassi, Dig. Mi avete convocato quiufficialmente perché sono il fratellodi Rory, o più semplicemente peraiutarmi a scrivere la verità sulPrince John Call?»

«Ufficialmente. Eravate con Rorymezz'ora fa, giusto?»

«Sì, in prigione.»

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«Aveva intenzione di scappare?»«Come posso saperlo?»«Credevo vi avesse accennato

qualcosa.»«Mi stupite, Dig.»«Non posso evitarlo. Ho bisogno

dei fatti. Voi e il vostro giornaleavete strombazzato ai quattro ventiche Rory fu vittima degli attacchigiornalistici di Luke Kittinger e deisuoi collaboratori quando vennecondannato tre mesi fa. Allora voieravate a Saigon occupato a scriverequegli articoli che vi fecero vincereil Premio P ul i tze r , e inoltre

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lavoravate per Kittinger, allora. Quelche non sapevate, però, è che Rory sel'intendeva con la moglie di Luke.Non potete biasimarlo, quindi, peravergli dato addosso e per esserestato duro con lui. Ho la sensazioneche non sarebbe accaduto nulla ditutto questo stasera se voi non fostetornato qui ad attizzare il fuoco.»

«Non è vero», ribatté Webbe.«Eppure non posso fare a meno di

dirvelo. Siete stato voi a mettere intesta l'idea della fuga a quel vostrodannato fratello. Forse non l'avetefatto deliberatamente, ma è così.»

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«Non sono affatto d'accordo.»«Allora non sapevate che aveva

intenzione di fuggire?»«No, ovviamente», rispose Webbe.«Conoscete Rory meglio di

chiunque altro e meglio di chiunquealtro, voi due, conoscete questepaludi e queste spiagge. Dove puòessersi nascosto?»

«Non lo so.»«Volete collaborare con noi,

vero?»«Certo.» Webbe esitò. «Non è

facile per me, Dig. So che Rory è unoscapestrato, ma non posso credere

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che abbia fatto una cosa simile.» Siavvicinò alla finestra. Se Roryavesse pazientato, pensò Webbe, ilCall sarebbe probabilmente riuscitoa fargli ottenere la revisione delprocesso. Rory gli era sembratotranquillo quando poco prima gliaveva portato le sigarette e avevanoscambiato qualche parola. Ma ormaiera finita, qualsiasi sforzo sarebbestato vano. Non lo poteva più aiutare.Disse: «Avete idea del perché Roryvenne diritto qui quando fuggì dallaprigione?»

«Per i quattrini. Aveva predisposto

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tutto.»«Non ci credo. Forse venne qui

per vedere la sua ragazza, OpalHaynes. Lavora in fabbrica. Vennequi per vedere lei e trovò le bustepaga.»

«Può darsi.»«Avete già organizzato i posti di

blocco?»«Più fitti dei nodi di una rete. Se

sapete dov'è, Davey, è meglio che gliconsigliate di costituirsi prima cheaccada qualche altro guaio. S'èradunata una gran folla intorno alPalazzo di Giustizia. Sono anni che

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non si verifica un fatto simile aPrince John. In parte avetecontribuito anche voi col vostrogiornale, e quel che mi meraviglia èche Merl Gannon vi abbia permessodi farlo.»

«Rory non è né un pazzo né uncriminale», protestò Webbe. «Non èmai riuscito a discolparsi per via diKittinger. C'è qualche altro motivoper il quale desideravate parlarmi,Dig?»

«Ci rivedremo domani quandosapremo se Joe Oliver vivrà o no.»

Webbe si girò verso la porta.

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«Come sono andate le cose,comunque?»

«Nessuno lo sa con precisione.Oliver è un tipo piuttosto timido, maha tenuto testa a Rory per cercare disalvare gli stipendi. Ne è seguita unazuffa; Oliver è rimasto ferito e Roryse l'è data a gambe, questo è quanto.»

«Dove ha trovato la pistola Rory?»«Non si sa. Ma ce l'aveva e se n'è

servito. Sapete che Luke Kittinger sitrova qui nella sua residenza estivaper il weekend?»

«Sì», rispose Webbe.«Allora potete immaginare cosa

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scriverà dopo quanto è accaduto.Esce dopodomani il primo numerodel suo nuovo giornale, non è vero?»fece Trury rispondendo a se stessocon un cenno del capo. «Chissà chetitoli! Se la folla davanti al Palazzodi Giustizia promette male stasera,diventerà ancora più minacciosaquando avrà letto gli articoli diKittinger. Sta a voi decidere,Davey.»

«Smettetela di ripetere questafrase!» ribatté Webbe inferocito.«Non mi tengo Rory nel taschino.»

«Sarebbe meglio che ce lo teneste.

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È vostro fratello. Trovatelo, per ilsuo bene, e fate in fretta.»

* * *

I riflettori illuminavano il

parcheggio sul dietro della fabbricaquando Webbe l'attraversò, ma ingiro non si vedeva nessuno. Sistrofinò una guancia e sentì sotto ilpalmo i peli ruvidi del mento. Lanotte era calda e tranquilla. Nell'ariac'era l'odore acre dell'acqua salatadelle paludi e dei pini ed egli guardòla macchia scura e scintillante della

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baia. Un gran fracasso si fece udirein quel momento dalla fabbrica doveavevano ripreso a lavorare. Webberisalì in macchina e si allontanò.

Superò due strade non asfaltate cheriportavano alla spiaggia ed imboccòla terza, lasciando sobbalzaredolcemente la macchina lungo ilsentiero fiancheggiato dai grandi piniche formavano un tunnel scuro.

La vita non finisce mai di stupirti,pensò.

Anche con Stella era stato così.Aveva sposato Luke mentre Webbesi trovava dall'altra parte del mondo.

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E non contenta di questo, avevatrascorso l'estate qui a Prince John,nella residenza estiva di Luke, doveaveva scoperto Rory. Rory nonsapeva ancora che Stella era stata untempo la fidanzata di suo fratello.

La macchina passò rumorosamentesu un ponticello di legno e i fari diWebbe illuminarono un bivio.L'acqua della palude luccicavaparticolarmente in quel punto dove lalaguna si confondeva con la costasommersa della baia.

Scelse il sentiero alla sua sinistrae si inoltrò con difficoltà nel fitto

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sottobosco.Forse essere tornato a Prince John

era stato un errore, pensò Webbe.Era un'ironia che ci fosse tornatocomunque, dopo che Stella l'avevapiantato. Ma anche se Rory fossestato più cauto e la gelosia di Lukenon avesse condotto alla scopertadella loro tresca, sarebbe venutougualmente. Non era facile tener testaa Kittinger. Una notte Rory erarimasto coinvolto in una rissa dipescatori ubriachi che avevanomalmenato e rapinato il benzinaio diuna stazione di servizio di Salisbury.

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Webbe aveva appreso queste notiziedi seconda mano, quand'era tornatodall'Oriente. Ma nel frattempoKittinger, con i titoli a carattericubitali del suo giornale, aveva datoinizio a una vera e propria cacciaall'uomo nei confronti di Rory,sfogando così la sua gelosia eprendendosi la rivincita. QuandoRory era stato catturato, sobrio econfuso, la corte l'aveva giudicatocolpevole e gli aveva affibbiatoquindici anni.

Webbe fermò la macchina e l'ecodel motore si spense lentamente fra i

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pini. Le rane gracidavano e i grillistridevano nella notte, e egli udì lasirena di una nave che stavapassando nel canale, diretta aBaltimora. Poi gli giunse all'orecchioil vivace richiamo di un uccellonotturno appollaiato su un abetemorto, lì vicino, e capì di essere neiguai, come gli aveva detto Dig Trury.Accese una sigaretta, ma sapeva divecchio e dopo la prima boccata lagettò via.

Era logico che prima o poi Rory,con il suo carattere impulsivo,l'avrebbe cacciato nei pasticci. La

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difficoltà principale, al momento, eracostituita da Kittinger e da suamoglie. Henry Paul Plumm gli avevaspesso ripetuto che Luke, con il suopotere, era in grado di fare qualunquecosa, ma niente di quel che faceva sipoteva definire morale. Henry Paulera un brillante ubriacone cheparlava di ideali, con i qualicontagiava Webbe. Abbozzò unsorriso amaro. Henry si occupavaancora della rubrica stereotipata,riecheggiante la filosofia dell'uomodi massa di Luke, mentre lui era qui abattersi con tutte le sue forze e con

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tutte le sue possibilità per tenere altolo stendardo del Prince John Call.

Webbe attese, ascoltando i rumoridella notte intorno a lui, poi scesedall'automobile e si avviò lungo ilsentiero. Un ponte di legnoattraversava un ruscello, lento, che sisnodava come un nero serpenteattraverso la palude. Al di là, lastrada era percorribile soltanto apiedi e si restringeva talmente che aun certo punto si trovò prigionierodegli alberi di nocciolo che silevavano su entrambi i lati. Lezanzare continuavano a ronzargli

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intorno mentre percorreva il viottoloche portava a un tratto di spiaggiacoperta lungo la baia. Sull'acquascura, a circa un miglio di distanza,lungo la rotta seguita dalle navi, sivedevano tremolare delle luci.

Nella boscaglia, ai margini dellaspiaggia sabbiosa, c'era una baraccasemidistrutta dalle intemperie. Dietrole finestre rovinate non brillavanessuna luce. Webbe ascoltò il calmomormorio della marea e il battito delsuo polso, poi si avviò verso labaracca.

Bussò alla porta ma non ottenne

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risposta.Chiamò ripetutamente Rory per

nome, chiamò di nuovo, un poco piùforte. Poiché non rispose nessuno,spalancò la porta e entrò al buio. Cifu un rapido movimento su un latodella casupola e quindi gli venneafferrato un braccio e torto indietro.Qualcosa lo colpì alla nuca ed eglicadde in ginocchio, con il bracciosempre girato indietro e alzato versol'alto.

«Rory, aspetta», gridò.«Davey?»«Lasciami andare il braccio.»

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«Sei solo?»«Sì.»Rory allentò la stretta e Webbe si

strofinò il polso, rialzandosi. C'erauno strano profumo nell'aria. Rorynascondeva con la propria immaginela macchia d'acqua illuminata dalchiaro di luna al di là della porta. Siudirono dei passi affrettati e quindiWebbe scorse una ragazza accanto alfratello.

«Salve, Opal», disse.Era giovane, svelta e graziosa, con

i capelli d'un biondo scuro tagliaticorti. Aveva due grandi occhi e una

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bocca piena. Indossava una gonna dilana grigia con un'alta cintura che lestringeva la vita sottile e un golfinoleggero che rivelava il suo corposodo e femminile.

Sorrise. «Davey, avresti fattomeglio a tenertene fuori.»

«Sono venuto per aiutarvi.»«Non abbiamo bisogno di aiuto.

Non saresti dovuto venire.»«Hai parlato alla polizia di questo

nascondiglio?» gli chiese Rory.«Non ancora.»Non era più stato lì da tanto tempo.

Non si era aspettato di trovare la

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capanna ancora in piedi, ma invecec'era. Ritornò indietro negli anni e siricordò delle splendide giornatedella sua giovinezza quando d'estatesi recavano a pescare e a nuotare inquel luogo segreto. I sogni eranoormai svaniti e anche i ragazzi.

Webbe disse: «Hai fatto unacorbelleria, Rory, a scappare».

Rory era alto un metro e settanta,con un aspetto ossuto, e aveva cinqueanni meno di Webbe. Portava unacamicia di cotone azzurro e un paiodi pantaloni di tela, stinti, trattenutida una cintura di cuoio con una

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grossa fibbia di metallo. I folticapelli neri gli ricadevano sullafronte piatta. Teneva il bracciosinistro alzato come se gli facessemale, e Webbe notò che intorno aesso, all'altezza del gomito, avevauna rozza fasciatura macchiata disangue.

«Hai bisogno di un medico», glidisse tranquillamente Webbe.

«Sto benissimo.» Rory sorrise.Aveva la voce pesante per lastanchezza e per il bere. Si rivolsealla ragazza. «L'unica corbelleria cheho commesso è stata quella di venire

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da te, baby, in fabbrica.»«Sono felice che tu l'abbia fatto»,

rispose Opal, osservando Webbe.«E di prendere quel denaro»,

aggiunse Rory.«Era lì, no? Perché non

prenderlo?» ribatté la ragazza.«Come speri di potertela cavaresenza quattrini?» Aveva una vocegutturale e c'era qualcosa diselvaggio nel suo modo di scuotere icapelli. «Hai bisogno di soldi, Rory,perché è certo che tuo fratello non tiaiuterà a procurartene.»

Webbe adesso credeva di sapere

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com'erano andate le cose. Rorydoveva essersi recato in fabbrica,dopo essere scappato dalla prigione,per vedere la sua ragazza, ecco tutto.Ciò semplificava i fatti. Opal Haynesaveva un'aria insolente e stizzita.

«Tesoro», insisté, «non dar retta aDavid. Come ha fatto, fra l'altro, avenire qui, se mi avevi assicuratoche nessuno conosceva questoposto?»

«Mi ero dimenticato di Davey.Lascialo parlare, per favore.Sentiamo cosa vuole.»

«Voglio che tu ti costituisca prima

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che sia troppo tardi.»Opal scoppiò in una risata.«Niente da fare, mio caro», ribatté

Rory.«Quale altra alternativa ti

rimane?» insisté Webbe. «Lo sceriffoe la polizia di stato hanno formatoposti di blocco un po' dappertutto.Non te ne puoi andare.»

«Non ho intenzione di andarmene.Non subito, in ogni modo. C'è unacosa che devo fare prima, devovedere Luke Kittinger.»

«Sei sicuro che non è Stella chevuoi vedere?»

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«Quella sgualdrina», mormoròOpal, a denti stretti e con gli occhisfavillanti. «Sono io la ragazza diRory. Lui ama me, non quella donnavolubile. Non è così, tesoro?»

Rory sorrise. «Taci Opal . Senti,Davey, non credere che non abbiaapprezzato ciò che hai fatto per mecol giornale. Avrei aspettato se nonmi si fosse presentataquest'occasione.»

«Perché vuoi vedere LukeKittinger?»

«Per ucciderlo, magari», risposecalmo Rory.

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«Non pensarci nemmeno, Rory.»Opal scoppiò di nuovo a ridere.«Ci sto pensando, invece»,

continuò Rory, sorridendo, con identi che gli brillavano anche seWebbe sentiva il pericolo dietro ilsuo viso abbronzato. «Quando avròvisto Luke, me ne andrò per sempre.Non tornerò mai più a Prince John.»

«Dove hai preso la pistola con laquale hai sparato a Joe Oliver?»

«L'ho trovata.»«E hai trovato anche la chiave

della tua cella?»«Fai troppe domande, Davey.»

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«Sono nei guai. Ero venuto da te inprigione e ero riuscito a convincereM e r l Ga nno n a organizzare unacampagna per farti ottenere la libertàcondizionata. Ora D i g Trury pensache ti abbia aiutato a scappare. Vienie costituisciti senza altrediscussioni.»

«Non dargli retta, Rory», mormoròOpal.

La faccia meditabonda di Rory eracome una macchia scura al chiaro diluna. «Ti giuro, Davey, non ho potutofare altrimenti con Oliver.»

«Non ce l'hai più la pistola,

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vero?»«No, ma ne troverò un'altra.»«Torna dallo sceriffo con me.»O p a l si morsicò il labbro

inferiore. «Rory, tesoro, se tornerailaggiù, quella folla ti lincerà. E poi,non vorrai restituire tutti questiquattrini. Io sono la tua ragazza,Rory. E voglio soltanto il tuo bene.»

Webbe non la guardò. Osservavainvece Rory che oscillava sullasoglia. Non avrebbe potuto usciredalla baracca se non l'avesse lasciatopassare. Poi Rory sorrise, bello esprezzante nella pallida luce.

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«Davey, mi dispiace che tu siafinito nei pasticci per causa mia, manon posso tornare in quella cella perquindici anni solo perché mi sonoubriacato una sera e perché la moglied i Luke voleva fare l'amore con me.Hai intenzione di dire allo sceriffodove sono?»

«Sì», rispose Webbe.O p a l si appoggiò a una sedia.

«Non lasciar andar via David», dissein fretta. «Non permettergli di andarealla polizia.»

«Lasciami passare», scattò Webbe,rivolgendosi a Rory.

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Rory stava davanti a lui al pari diun toro, con la testa bassa e le spalleleggermente piegate in avanti. Ma sulsuo viso si leggeva l'incertezza.Improvvisamente Rory scosse il capoe si fece da parte. Qualcosa si mossenell'oscurità e con la codadell'occhio, Webbe vide Op a l cheafferrava la sedia e la scagliavadavanti a sé. Udì il suo urlo di rabbiae il grido di Rory; quindi la sedia locolpì e lui cadde a terra. In ginocchioe con le mani sul pavimento, scrollòil capo e strinse le dita attorno ad unpiolo della sedia finita in pezzi. Rory

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gridò qualcosa alla ragazza, ma luinon poté afferrare le parole. Nonaveva importanza. Cercò di rialzarsida terra, ma non ci riuscì.

«Non prendertela», disse Rory.«Sei stupido e testardo», ansimò

Webbe.«Non sono stato io; è stata Opal.»«Vuoi tornare laggiù con me,

dunque?»«Non è possibile, Davey.»Webbe si alzò e si girò verso di lui

con il piolo della sedia in mano, mamancò il colpo e Rory afferrò unamano della ragazza e uscì all'indietro

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insieme a lei.Li chiamò, ma quando raggiunse la

porta della capanna, era solo.

CAPITOLO II A mezzogiorno Webbe entrò nella

redazione del Prince John Call. Eracaldo e umido, e teneva la giacca sulbraccio mentre saliva le scale cheportavano all'ufficio situato sopra lasala stampa. Si chiedeva cosaavrebbe raccontato di lì a poco aM e r l Ga nno n. Anche per Merlsarebbe stato un duro colpo, benché

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lui non c'entrasse per nulla. Webbescaraventò la giacca su una sedia e sisedette alla scrivania. Il telefonosquillò immediatamente. Era Merl.

«David?»«Sì, vengo subito.»«Rimani dove sei. Abbiamo avuto

un'infinità di telefonate.»Webbe si avvicinò al refrigeratore

dell'acqua e bevve avidamente. Ilcielo a oriente appariva leggermentecoperto di nubi. Dalla sua finestrapoteva scorgere una buona parte diPrince John che si affacciava sulfiume e l'ampia distesa della baia di

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Chesapeake proprio al di là dellaCommercial Building. Sentiva ilrumore delle macchine chestampavano l'edizione della sera efacevano tremare il pavimento. Ilgiornale, quel giorno, si sarebbeassottigliato di due pagine. E ilgiorno dopo sarebbe stato ancor piùridotto. Non avrebbe potutosopravvivere a lungo. Fissò unapetroliera che stava scendendolentamente da Annapolis e poi si giròquando Merl Gannon entrò nellastanza.

Gannon era un uomo piuttosto

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magro, sulla sessantina, con i capelligrigi e un viso smorto. Avevafondato il Call insieme al padre diWebbe e aveva rilevato il capitaledei suoi genitori quand'erano morti,permettendo poi a Webbe diriacquistare la sua metà per una cifrairrisoria. Indossava un abito dipesante seta blu con una camicia dalcollo inamidato e una cravatta afarfalla pure blu. Il caldo nonsembrava dargli noia. Una fila dimatite appena temperate spuntavanoperfettamente allineate dal taschinodella sua giacca.

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«Hai bisogno di raderti, David.»« M i s o n fatto la barba questa

mattina prima di colazione», risposeWebbe. «È il mio tipo di barba.»

«Non dirmi che sei stato alCommercial Club senza giacca.»

«Ti prego, Merl.» Webbe trasse unprofondo sospiro di sconforto.«Domani uscirà la nuova edizioned e l Journal . Sono vent'anni chedormono, ma adesso si sonoimprovvisamente risvegliati ed hannointenzione di darci una pedata e ditoglierci di mezzo.»

«Hai saputo chi ci sta dietro?»

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Webbe lo guardò storto. «Un certoSmith che fa da prestanome e checonsidera un giornale al pari di unatassa da pagare. Questo è quanto mihanno raccontato, ma il personaleappartiene tutto all'agenzia diKittinger. E tu fai da vittimainnocente, Merl. Sono quarant'anniche pubblichi uno dei migliorigiornali del paese, e ecco che arrivoio e ti combino questo guaio.»

«Non dire sciocchezze», lointerruppe prontamente Gannon.

«È vero, invece. Se Luke ridà vitaa l Journal, è semplicemente per via

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di me e di Rory. È perché io mivantavo di Prince John che lui si èsentito in dovere di comprarsi qui lasua residenza estiva, e ora vorrebberovinarmi per costringermi arientrare nella sua agenzia. Tutto pervia del Premio Pulitzer, lo sai. Nonvoleva che smettessi di lavorare conHenry Plumm.» Webbe trasse unaltro profondo sospiro. «A propositodelle telefonate che mi dici, Merl?»

«Mi sono informato dallacentralinista», rispose Gannon. «Seierano di Stella Kittinger chechiamava dai Three Fingers. Molto

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urgenti. Vuole parlare con tepersonalmente, David. Ho fattorispondere dalla segretaria che erivia per lavoro.»

«Bene, continua su questa linea.»«È una gran bella donna!»«Non voglio vederla, non voglio

parlarle. Né oggi, né domani, némai.»

«Sembra quasi che tu la tema»,commentò Gannon. «Non concluderainiente, evitandola.»

Webbe alzò vivacemente losguardo, ma il volto di Merl eraimpersonale e composto come la fila

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di matite appuntite che gli spuntavanodal taschino della giacca.

«Chi ha telefonato ancora?»«Abbiamo ricevuto tre

annullamenti di inserzioni», risposeG a nno n , «compresa quella deiGrandi Magazzini di Gort Messinger.I l Journal, a quanto pare, ci stafacendo le scarpe. Se continua così,faremo presto acqua.»

«Vuoi dire che affonderemo», locorresse Webbe. «Sarebbe meglioche andassi a parlare io con Gort.»

«Dubito che riuscirai a farglicambiare idea. L'ultima chiamata era

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d i D i g Trury, a proposito di tuofratello. Vuole che lo richiamiimmediatamente.» Gannon esitò sullaporta. «Quando la signora Kittingerritelefonerà, le devo far rispondereche non sei ancora tornato?»

«Falle dire che sono moltooccupato.»

«Preferirei che la vedessi e chechiudessi l'incidente, David.»

«Ti ripeto che non vogliovederla», ribatté Webb e . «Eravamoamici quando lavoravamo entrambinell'agenzia di Luke a New York.Quando lei lo sposò, la nostra

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amicizia finì. Quando poi si mise aflirtare con Rory, tanto per divertirsi,la seppellì.»

Si riavvicinò alla finestra,cercando di decidere il da farsi. Ameno che Merl non riuscisse a farfronte all'annullamento delleinserzioni pubblicitarie, potevanoconsiderarsi finiti. Aveva lasensazione che le cose stesseroprecipitando. Prese il telefono echiamò Dig Trury.

La voce strascicata di Trury eraprofonda e stanca. «La baracca dovemi avete mandato questa mattina era

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disabitata.»«Ve l'avevo detto», replicò

Webbe.«Dopo di allora Rory non ha più

tentato di rimettersi in contatto convoi?»

«No.»«Strana faccenda quella di Joe

Oliver», continuò Trury. «Ieri serapensavo che si sarebbe ripreso, maadesso incomincio a esserepreoccupato. Dai titoli del giornaled i Luke si direbbe che Oliver è inpunto di morte.»

Webbe era sbigottito. «Che c'entra

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Luke con lui?»«Vedete, ho parlato con Oliver ieri

sera all'ospedale mentre il coronergli toglieva il proiettile e l'horimandato a casa perché volevarimanere con sua moglie. Questamattina mi sono sentito rispondereche non c'era più e che si trovavanella villa di Kittinger ai ThreeFingers. Pare che Kittinger si siarecato da Oliver di persona e chel'abbia convinto di essere feritograve. Se l'è quindi portato via ed hachiamato il suo medico personale daNew York. Conoscete Oliver,

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Davey. Kittinger gli deve aver messoaddosso una paura da morire eprobabilmente Ollie è veramenteconvinto di essere in fin di vita.»

Webbe commentò amaramente:«L u k e sta dunque traendo nuovivantaggi dalle disgrazie di Rory.»

«A quanto pare, sì. E da quel chemi avete riferito ieri sera, penso cheL u k e farebbe meglio a stare inguardia. Rory è come un animaleselvaggio e potrebbe raggiungerel'isola di Kittinger in qualsiasimomento ormai, se non è già lì.»

«L u k e è preoccupato?»; «Gira

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armato», rispose stancamente losceriffo. «Sentite, Davey, mi spiaceper ieri sera, ma ero molto nervoso.»

«Avete cercato di mettervi incontatto con Oliver a casa di Luke?»

«Non sono ammesse le visite.Ordine del medico», grugnì Trury.«Io sono soltanto un piccolopoliziotto di provincia, Webbe, comevoi avete scelto di essere giornalistadi una piccola città. Non ci si puòmettere contro un uomo comeKittinger.»

Webbe era furioso. «Voletedunque dire che Luke può permettersi

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di agire come vuole?»«Io faccio quel che posso.»«Lo so, Dig. Mi spiace.»Webbe riattaccò. Le nuvole sopra

la baia erano più fitte adesso.Avrebbe piovuto presto. Si strinsenelle spalle e si avviò verso l'ufficiodi Merl. G a n n o n stava giustoposando il telefono.

«David, ha appena richiamato lasignora Kittinger.»

«Non mi importa», risposerabbiosamente Webbe. Poi fece unapausa. «No, aspetta. Se dovesseritelefonare, falle dire che mi recherò

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da loro nel pomeriggio. Voglioscambiare due parole con Luke.»

Gannon si accarezzò il cravattino afarfalla. «Non penso tocchi a teparlargli. A dire il vero avevodeciso di andare io stesso dal signorKittinger questo pomeriggio, fra lealtre cose. Prima, però, vogliorecarmi a Ogulee...»

«Perché?»«David, tu sei stato via per molto

tempo. Tu e Rory siete come due figliper me, ma io credo di conoscere tuofratello meglio di te. E ritengo dipoter trovare il modo d'aiutarlo. Mi

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recherò da Kittinger dopo, prima dipranzo, probabilmente. Può darsi cheriesca a convincerlo di rinunciare,una buona volta, a divulgare notizieallarmistiche per Prince John e aperseguitare Rory.»

«È proprio quello che intendo fareio», disse Webbe. «Non so qualeasso tu abbia nella manica, Merl, malascia che ci vada io a parlare conLuke.»

«Ho già preso appuntamento perquesta sera», gli rispose Gannon,sorridendo mestamente mentreprendeva il suo cappello grigio.

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«Bisogna che telefoni a Lucy. Daquando siamo sposati, so chedesidera sapere dove mi trovo inqualsiasi momento. E nonpreoccuparti per me, David.Kittinger non mi fa paura. Se nonriuscirò nel mio intento, vorrà direche decideremo altrimenti.»

Webbe l'osservò allontanarsi,chiedendosi perché si sentisse tantopreoccupato.

La sua macchina si trovava nelposteggio dietro il palazzo delgiornale e Cal Trotter era in piediaccanto alla decapottabile azzurra.

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Webbe non aveva più rivisto Trotterda quando aveva lasciato l'agenzia diLuke. Ora ignorò la sua mano tesa.

«Che cosa fai qui?»«Sono in missione amichevole,

Webbe. Non prendetevela così.»«Sei in missione per Luke?»«Diciamo di sì.»«Di a Luke che gli parlerò quando

mi sentirò di farlo.»Trotter sorrise. Era un pezzo

d'uomo dai capelli giallastri, tagliatia spazzola. Indossava una giacca dilana a quadretti, pantaloni di flanellae un costoso paio di scarpe inglesi.

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Aveva un aspetto elegante. Era ilfedele schiavo di Luke, il suo uomodi fiducia che gli pilotava l'aereopersonale e si aggirava per l'agenziacome un'ombra sinistra. Subivaspesso le ire di Luke, a detta deipresenti, benché una volta, quando unpazzo si era infilatonell'appartamento di Kittinger,armato di pistola, Cal Trotter gli sifosse parato davanti per salvargli lavita. In quel momento non si spostòper lasciar risalire Webbe inmacchina.

«Forse non è stato L u k e a

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mandarmi», aggiunse. «Io faccio unpo' di tutto, lo sapete. E ricevo ordinianche dalla sua nuova moglie. Sieteancora innamorato di lei?»

«Tieni chiusa quella tua bocca dicloro», gli disse Webbe.

Gli occhi di Trotter eranominacciosi. «Sono qui in qualità diamico. Ma se la volete metterealtrimenti, ditelo pure.»

«Tu non sei amico di nessuno»,ribatté Webbe. «Togliti dai piedi.»

«Stella vuole vedervi. I vostrireciproci sentimenti non sono affarimiei, ma nel caso temiate che vada a

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riferire a Luke i vostri precedenti conStella, tranquillizzatevi. Ho fattorapporto, d'accordo, sapete com'èfatto Luke, vuole il dossier completodi chiunque lavori per lui o delleragazze che ha intenzione di sposare.Ma questo me lo sono tenuto perme.»

«Ti avrebbe fatto saltare sel'avesse saputo.»

«Ma non lo sa. E non lo saprà ameno che non siate voi a dirglielo,ma non credo che vogliate render lavita difficile a Stella. Quel cheaccadde fra Stella e vostro fratello fu

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una cosa da poco. Furono soltanto unpo' incauti, ecco tutto.» Trotterridacchiò. «Rory è un maledettocretino. Qualsiasi uomo con dattornoun diavolo di donna come quellaOpal dovrebbe stare in guardia. Hoincontrato Opal una volta. Deliziosa.Ho detto a Stella di stare attenta.Quella ragazza non ha limiti.» Trotters'interruppe di nuovo con un sorrisosardonico. «Penso che proviateancora qualcosa per Stella e allorapermettetemi di darvi un consiglio.Statele lontano. Mi ha mandato adirvi che se non andrete voi, verrà

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qui lei. Stasera. Ma se siete ingamba, non tenete conto del miomessaggio. Statele lontano.»

«Vattene.» Webbe scivolònell'interno della macchina mentreCal Trotter si faceva da parte.«Senti, piuttosto. Luke tiene ancorasegregato Joe Oliver a casa sua?»

Trotter sorrise. «Sì, e gli offre unaperfetta assistenza medica.»

«Cos'ha intenzione di combinare?Vuole inventare qualche altrafrottola?»

« P e r L u k e non fa differenza»,rispose Trotter. «Non l'ha perdonata

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a vostro fratello.» Nella calda lucedel sole la sua faccia assomigliava aquella di un satiro. «Luke è convintoche voi sappiate dove si nasconde evorrebbe esserne a conoscenza anchelui.»

Webbe mise in moto la macchina esi allontanò. Non valeva la pena disfogare i propri nervi su Cal Trotter.

Un'automobile verde con la targaNew York si staccò dal marciapiedequando uscì dal posteggio. A bordoc'erano due uomini. Webbe giròdeliberatamente attorno a un isolatoperiferico, ma la macchina continuò a

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seguirlo. Lo pedinavanosfacciatamente. Infilò una stradasecondaria, si fermò davanti a unchiosco di hamburger e consumò unarapida colazione; quindi tornò suipropri passi. La macchina verde glistava appiccicata come una moscafastidiosa.

Il granaio di Joe Newcomb sitrovava a due miglia dalla stradaprincipale, lungo un sentierosabbioso che si snodava fra gli alberidi cedro e di pino in direzione delfiume. I tuoni rumoreggiavano sullabaia mentre Webbe percorreva

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quella strada di campagna. Nell'ariac'era come un caldo silenzio e unsenso di aspettativa quandoposteggiò dietro la costruzione grigiae scese dall'automobile. Fra lemacchine presenti, riconobbe quelledi alcuni fra i più noti soci delCommercial Club di Prince John.C'era lì all'incirca la metà dei piùimportanti inserzionisti del Call.

Lanciò un'occhiata al viottolo chescompariva nella boscaglia, nessunsegno della macchina verde. Si girò eentrò nella baracca.

La scena era curiosa. Non si

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trattava affatto d'un granaio ma diun'arena. L'atmosfera, densa di fumodi sigaretta, era interrotta dalmovimento e dal mormorio di voci.Nel centro della grande stanza c'eraun ring di circa sette metri dilarghezza, con una staccionata dilegno tutt'attorno e una doppia fila diposti a sedere all'esterno. Quasi tuttele sedie erano occupate. Un gallo dacombattimento, morto, giaceva inmezzo all'arena. Uno degliorganizzatori si stava allontanandocol vincitore dell'ultimacompetizione, un enorme gallo

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domestico dominicano. Lo speroned'acciaio legato al calcagno eracoperto di liquido rosso.

Webbe girò attorno al ring,rispondendo con un cenno del capoagli uomini d'affari e ai pescatori chelo salutavano. I suoi occhi siadattarono lentamente a quellafumosa oscurità e vide che avevanogià avuto luogo quattro combattimentie che un quinto stava perincominciare. Lanciò un'occhiatadistratta al rituale che si svolgevasull'arena: la pesatura e la rostraturadei galli. I suoi occhi grigi passarono

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velocemente in rassegna i posti asedere e scoprirono Gort Messingerin un angolo del granaio, circondatoda alcuni membri del CommercialClub. L'aveva quasi raggiunto,quando Big Mary lo fermò.

«Webbe, potrei parlarti unmomento?»

Egli si arrestò. «Avevo giustointenzione di parlarti anch'io.»

«A proposito di Rory?»«E di tua sorella Opal.»La ragazza, dall'aspetto florido,

indossava una camicia bianca dauomo e un paio di pantaloni di cotone

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che le stavano comodi sui fianchipronunciati. Il suo viso era moltoabbronzato per tutte le ore chetrascorreva in barca sulla baia.Webbe aveva sentito numerosi esalaci commenti a proposito di BigMary che, da quel che si diceva, sioccupava di affari del tutto diversiquando la sera attraccava con la suabarca al pontile di Ogulee Creek, maa lui quella ragazzona biondapiaceva. Dall'arena giunseimprovviso il rumore di uno sbattered'ali; i due galli incominciavano aazzuffarsi e un mormorio corse tra la

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folla che occupava il granaio. Webbeosservava la ragazza che fissava,ammirata, il massacro che sisvolgeva sul ring.

«Perché sei venuto a scocciareproprio me per Opal e Rory?» chieseinfine.

«Perché sai che è con lui. Dovesono adesso?»

«Non lo so e non me ne importa»,rispose ermeticamente. «Comunque,questo non è posto per parlare. Vienialla mia barca stanotte, Webbe.»

Si voltò per raccogliere la vincitadi una scommessa e Webbe girò

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attorno all'arena per raggiungere GortMessinger. Dopo cinque minuti capìche il suo viaggio era stato inutile.Gort non ne voleva sapere dirinunciare a cancellare l'inserzioned a l Ca l l . La sua mente in quelmomento era sull'arena, dove gliorganizzatori erano rientrati, uno, conun enorme Whitehackle di Messinger,e l'altro con un dominicano,appartenente al Maggiore Granger. Idue uccelli stavano per essererostrati. Avevano entrambi lunghiuncini ai calcagni, speroni di circasette centimetri, e le sottili sciabole

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d'acciaio brillavano perversamentenella luce fumosa.

Un urlo proveniente daglispettatori attirò il suo sguardosull'arena. Il dominicano vacillò, conun occhio rivolto verso l'alto e ilpetto macchiato di sangue. Nonvoleva combattere. Gli organizzatoriguardarono Granger per il permessoe si arrampicarono sul ring dovepiazzarono i due galli, petto a petto,nel cerchio coperto dalle stuoie. IlWhitehackle di Messinger volò inavanti con uno sbattere d'aliselvaggio e con le piccole sciabole

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rosse di sangue.L'altro indietreggiò, barcollando.

Si muoveva verso la staccionata dilegno con passo incerto, come sefosse stato ubriaco; poiimprovvisamente cadde di lato erimase immobile.

Webbe si girò e si aprì un varcofra la folla verso l'uscita dellabaracca.

CAPITOLO III

Incominciò a piovere. Webbe tirò

su la capote nera e s'infilò a marcia

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indietro nel sentiero che siricongiungeva alla strada asfaltata adue miglia da lì. Si mise a pioverepiù forte e egli azionò i tergicristallo.Per circa mezzo miglio la stradaserpeggiava fra alture e ponticelliche si stendevano sui canali formatidalla marea lungo la costa. Boschettidi noccioli e di pini si levavano suentrambi i lati e egli intravide la baiasoltanto per poco.

Quando scorse la macchina verdeche gli sbarrava la strada, sussultò.Se n'era completamente scordato. Unponte attraversava il canale, gonfio

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di pioggia, davanti a lui, el'automobile stava messa di traversosulla riva opposta. Webbe si fermòcon le ruote che stridevano sulle assibagnate. I due uomini a bordo dellamacchina verde scesero con tuttocomodo. La pioggia picchiettavadolcemente sul terreno e l'acqua delcanale mormorava sotto il pontequando Webbe s'incamminò verso diloro con aria impaziente.

«Ehi, voi due, non vi sembra diavermi pedinato abbastanza? Cosadiavolo volete?» chiese.

«Ti abbiamo aspettato proprio per

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mostrartelo.»Si rese d'un tratto conto di essere

completamente solo in quel luogodeserto. I due uomini avevano sceltoquel puntò perché si trovava a mezzavia fra il granaio e l'autostrada e nonc'erano case per oltre un miglio.Sapeva cosa sarebbe accaduto.

Erano entrambi sconosciuti aPrince John. Indossavano abitieccessivamente vistosi e le lorofacce sembravano chiazze bianchesotto la pioggia.

Uno di essi ridacchiò e l'altrodisse: «Sei David Webbe, non è

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vero?»«Cosa diavolo volete?»«Si tratta di un tuo amico. Di un

tale che stai cercando. Di tuofratello.» L'uomo più alto guardò ilcompagno che ridacchiava. «E vabene, attacca. Ma attento a nonlasciargli troppi segni.»

Attraversarono spavaldamente lostretto ponticello. Webbe si sentivamartellare il polso. Arretrò d'unpasso, sfiorando la sponda, e videl'acqua melmosa che scorreva velocenel canale, con la pioggia cheformava un disegno in superficie.

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Schivò il primo colpo, ma ilsecondo avversario lo percosse allatesta e egli cadde in ginocchio. Lapesante scarpa dell'uomo si arcuòper colpirlo alle costole, ma luiriuscì a gettarsi di lato. Con unrapido movimento in avanti, conficcòviolentemente una spalla nellostomaco del primo attaccante,respingendolo indietro con un gridodi dolore. Poi Webbe si abbassò esferrò un sinistro al secondoavversario, servendosi del parapettodel ponte come di una leva, mentre siscagliava contro di lui. Qualcosa

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risuonò sulle assi, proprio nelmomento in cui la sua spalla andavaa sbattere contro l'uomo. Una pistola.Webbe la scaraventò con un calcionell'acqua ma sentì, improvviso, unforte dolore all'orecchio, e cadde aterra. Cercò di rialzarsi, ma uno deidue gli sferrò un altro calcio e luirotolò verso il parapetto del ponte,colpendo l'avversario al ginocchio.Fu ripagato da un grido di dolore.Sbatté violentemente con la schienacontro la sponda del ponte mentrecercava di rialzarsi. Uno degliaggressori gli girò cautamente

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attorno, zoppicando. Webbe nonaveva spazio sufficiente permuoversi. Alla fine il più alto deidue alzò un ginocchio contro di lui e,mentre si piegava in avanti, il suocompagno lo colpì alla gola. Ilmondo incominciò a giraglivorticosamente intorno. Egli sentìche i piedi scivolavano giù dalle assie si lasciò cadere nel vuoto.

Era affondato di circa tre metrinell'acqua e il gelo servì arisvegliarlo. Risalì, ma inciampòlungo l'argine e cadde in ginocchio.Sopra di lui i due uomini lo tenevano

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d'occhio. Webbe barcollò sotto ilponte e le teste sparirono. Le rive delcanale erano scoscese e, più in giù,c'era il buio assoluto. I suoiavversari si separarono e sceserolungo l'argine, tenendosi uno al disopra e l'altro al di sotto del ponte.

Webbe li fissava col respiroaffannoso.

«E va bene», ansimò. «Che aveteda dirmi di Rory?»

«Ti è bastato?» gli chiese il piùalto.

Webbe si toccò la boccasanguinante. «Avete raggiunto lo

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scopo.»«Dove si nasconde tuo fratello?»«Non lo so», rispose. «Se siete

stati ingaggiati dal Journal...»«No.»«Sono io che faccio le domande.

Sappiamo che hai visto Rory Webbeieri sera. Dicci dove si nasconde enoi ti lasceremo in pace. Comportatiin maniera intelligente, capito?»

«Non so dov'è Rory», risposeWebbe.

Stava in piedi nell'acqua gelata chegli turbinava attorno alle ginocchia,con la schiena rivolta verso l'arcata

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del ponte. Si. udivano soltanto ilticchettio della pioggia che battevasulle assi, il mormorio dell'acqua delcanale e lo stridulo squittio di unoscoiattolo. Guardò intensamente i dueuomini, sentendosi invadere dall'ira edallo sdegno. Si sarebbe ricordatodelle loro facce se li avesse rivisti.

«Webbe», disse uno dei due, «mistai ascoltando?»

«Vai all'inferno», rispose. Si piegòin avanti, poi si raddrizzò, dando unurtone al più piccolo e facendoloruzzolare in acqua. Il suo compagnobalzò giù dal ponte e puntò la pistola.

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Webbe cercò di fargliela cadere dimano, non ci riuscì e notando lagelida espressione di morte dipintasulla sua faccia, si tuffò in avanti nelcanale. Il colpo andò a vuoto mentresotto il ponte esplodevano leraffiche.

Uscì da sotto le assi,arrampicandosi lungo l'argine. Lapistola riecheggiò di nuovo e ilproiettile sollevò un po' di fango aqualche centimetro dalla sua manochiusa. Si gettò disperatamente al dilà della cima, correndo in direzionedella macchina. L'uomo più alto si

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parò in mezzo alla strada e Webbecambiò direzione, immergendosinella boscaglia, con i cespugli chegli sferzavano il volto e gli abiti.Non seguirono altri spari. Udì legrida dei suoi inseguitori e piegò adestra, muovendosi con cautela.Sentiva in bocca un caldo e salatosapore di sangue.

Dopo un momento rivide il ponteattraverso il fogliame gocciolante dipioggia. Uno degli uomini stava inpiedi accanto alla macchina, battendoin ritirata.

Camminò per dieci minuti,

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fermandosi di quando in quando adascoltare. Pioveva a dirotto. Le ranegracidavano negli acquitrini. Scorseil fulgido bagliore di un cardinaleappollaiato fra i rami di pino, poi udìil rumore del traffico eimprovvisamente sbucò sulla stradaprincipale.

Un chiosco ristorante si ergeva apochi metri di distanza sull'altro latodella via. Al di là c'erano un tratto diterreno uniforme e un braccio dimare scintillante. Una strada rialzataattraversava la piccola baia,sparendo alla vista, ed egli capì che

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si trattava della striscia di terra chesi congiungeva alla Three FingersIsland d o v e Luke Kittinger avevacostruito la sua residenza estiva.Webbe s'incamminò in direzione delchiosco.

Davanti a esso c'era posteggiatauna macchina nera col bollo dicircolazione di New York. Webbeesitò, immaginando che aspettodoveva avere con gli abiti abrandelli e la faccia sanguinante.Pensava che la macchina fosse vuota,ma prima di dirigersi verso ilristorante, guardò nell'interno e

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scorse un uomo sdraiato sul sedileposteriore e beatamenteaddormentato. Era Henry PaulPlumm, il giornalista numero unodell'agenzia di stampa di Kittinger.

La macchina puzzava di liquorerovesciato e di vomito. La testa diPlumm ciondolava mollemente suicuscini grigi. Le sue guance flaccideerano lucide e grigiastre nella tetraoscurità pomeridiana e i suoi radicapelli ispidi, sul craniolentigginoso, assomigliavano a tanticiuffi di paglia. L'odore nauseantesconvolse lo stomaco di Webbe che

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si ritirò dal finestrino quando videuscire una ragazza dal chiosco con unbicchiere di caffè in mano.

Ella sobbalzò, riconoscendolo.«David!»

Sorridere gli faceva male. «Salve,Hilda.»

«Da dove sbuchi? E cosa diavoloti è successo?»

Le indicò il boschetto di pini. «Èuna lunga storia. Ma cos'ha HenryPaul?»

Ella lo guardò, ansiosa. HildaBrewster era la segretaria di Plumm.Indossava un impermeabile marrone

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e un berretto blu. Era alta, slanciata econ un aspetto da purosangue, e untempo, prima che subentrasse Stella,Webbe aveva provato una notevolesimpatia per lei. Aveva lunghicapelli color rame e due occhi grigi eintelligenti che lo soppesavanosorpresi.

«David, hai un aspetto orribile.»«Mi sento malissimo, infatti», le

rispose, sorridendo, nonostante leecchimosi. «Mi fa piacere rivederti,Hilda. Ma dimmi, cos'è accaduto aHenry Paul?»

«Siamo alle solite. È ubriaco. Non

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sapevo che si fosse portato labottiglia. È da questa mattina alledieci che viaggiamo: convocazioneurgente di Luke . Ma non possoportarlo a casa sua in questecondizioni. Ho cercato invano difargli smaltire la sbornia.»

«Lasciami provare», le disseWebbe. «Sono vecchio di questecose.»

«A dire il vero, avresti bisognoanche tu di qualche attenzione»,insisté Hilda. «Cosa ti è successo?»

«Mi sento meglio.» Si piegò sullamacchina. «Henry!»

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Lo schiaffeggiò in volto. Plummgemette e si tirò indietro. Loschiaffeggiò di nuovo. Il respiro gliusciva gorgogliante dalle labbradischiuse. Una delle sue scarpeinglesi da quaranta dollari giacevaabbandonata sul pavimento dellamacchina. E il cappello floscio difelpa stava appallottolato sotto l'altropiede. Una bottiglia vuota da pocoprezzo era posata sul sedile. Webberipensò al ricco ufficio di Plumm ealla sua notorietà. Il fatto che lui,quale suo braccio destro, avessescritto almeno una metà degli articoli

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di Plumm contava assai poco nellaraffinata atmosfera del suo studio dimogano, situato nella torre diKittinger. Si ritrasse di colpo e Hildagli suggerì: «È meglio che lo beva tuquesto caffè, David».

«Grazie.» Gli tremavano le mani,prendendo il bicchiere di carta. «Aquanto pare fai sempre dainfermiera-segretaria a Henry Paul.»

«Non posso lasciarlo», gli risposesemplicemente. «Da quando te ne seiandato, è peggiorato molto. HenryPaul non fa che ripetermi quanto tusia fortunato a essere ancora

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abbastanza giovane per ricominciaretutto daccapo. Gli sei mancato molto,David.»

Il caffè sapeva di cicoria, ma eracaldo. Adesso scendeva unapioggerellina fitta e sottile. C'era unforte odore di fango che saliva dallapalude vicina, e dall'automobileproveniva il rumore del russare diPlumm.

«E a te, Hilda», le chiese, «sonomancato?»

Arrossì lievemente. «Sei moltoindiscreto.»

Accartocciò il bicchiere del caffè

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e lo buttò via. «Torno subito.»Entrò nel ristorante, ignorando il

barista che fissava, allarmato, il suoabbigliamento e si girò verso iltelefono a gettoni appeso al muro. Uncartello sopra il banconereclamizzava le ostriche diChicanteague. Webbe chiamò DigTrury in tribunale e riferì allosceriffo di essere stato malmenato dadue teppisti.

«Desidererei», gli disse Webbe,«che uno dei vostri uomini andasse aritirarmi la macchina in Newcomb'sLane e me la riportasse a casa, Dig.

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Vi chiedo troppo?»«Nient'affatto. Strano che vi

abbiano assalito a quel modo!»«Mi stavo appunto chiedendo se

Rory, in prigione, non ha strettoamicizia con qualche malvivente»,gli rispose Webbe.

«No, se ne stava quasi sempre perconto suo. Ma vedrò di farliacciuffare. Intanto ci occuperemodella macchina.»

Webbe lo ringraziò e appese. Laporta a vetri sbatté quando uscì dalchiosco e tornò alla macchina diPlumm. «Sali», disse a Hilda. «Gli

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faremo passare la sbornia a casamia.»

Il bungalow di Webbe era lostesso dove per anni si erano recati isuoi genitori a trascorrervi l'estate edove Rory aveva abitato, solo,durante il periodo in cui Webbe erarimasto a New York. C'era unapiccola spiaggia sabbiosa e unadarsena, vecchiotta, nella qualeWebbe teneva legata la barca.Webbe aiutò Plumm a entrare, lo fecesedere sul divano, poi guardò Hildache osservava il rustico arredamentoe il caminetto con evidente

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compiacimento.«È dunque questo il posto di cui mi

parlavi con tanta nostalgia a NewYork?» mormorò. «Ora capiscoperché.»

Per una buona mezz'ora fecerocamminare Henry Paul avanti eindietro e gli fecero bere del caffècaldo. Webbe tuttavia incominciò asentirsi esausto ancor prima chePlumm fosse del tutto sobrio. Quandoritenne opportuno lasciarlo, si recòin camera da letto, si svestì e si feceuna doccia. L'acqua scrosciante glialleviò la sofferenza e gli rilassò i

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nervi. Notò un leggero gonfioreall'angolo della bocca e una dolorosaescoriazione sopra l'orecchio, ma peril resto incominciava a sentirsimeglio. S'infilò una vecchia vestagliadi flanella e entrò scalzo nellaluminosa cucina che dava sullaspiaggia. Hilda stava preparando delcaffè fresco. Erano soltanto le tre delpomeriggio e aveva smesso dipiovere. La ragazza era estremamentegraziosa. Si era tolta l'impermeabilee indossava un abito di jersey grigiocon una cintura di pelle rossa attornoalla vita sottile. La stoffa leggera le

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aderiva morbidamente ai fianchi. Eraalta quasi quanto Webbe e i suoicapelli rosso tiziano erano folti elucidi.

«Sei molto buono a aiutare cosìHenry Paul», disse.

«Devo molto a Henry. Mi hainsegnato a essere un giornalistaonesto.»

«Anche se lui non lo è?»Webbe era irritato. La lealtà di

Hilda per cose che andavano oltre ilsuo lavoro non gli era gradita. Glifaceva piacere averla rivista manello stesso tempo risvegliava in lui

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ricordi che preferiva rimanesserosepolti.

«David, sei veramente felice qui?»«Certo. È qui che voglio vivere.»«Vicino a Stella?» gli chiese

tranquillamente.«Senti, so che non approvavi i

miei sentimenti per Stella, ma tuttoquesto risale a prima che lei sisposasse con Luke. Mi piantò in assoe ormai ho superato la crisi.»

«Davvero?»Si sentiva di nuovo contrariato.

«Hilda, non metterti a fare la mammacon me come la fai con Henry. Non

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mi va.»«Non l'hai ancora rivista?»«No, ma ho intenzione di vedere

Luke.»«Sarà un duro colpo per te,

David.»«Perché dici questo?»«Te lo spiegherà Henry Paul. Mai

come ora ti potrà insegnare qualcosadi importante sulla vita del giornale,ritengo.»

La seguì di nuovo in salotto.Plumm sedeva in poltrona e sistrofinava di quando in quando lafaccia, passandosi la lingua sulla

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bocca cascante. Aveva un bruttoaspetto, ma sotto le sopraccigliabrizzolate, i suoi occhi erano dinuovo vivi e cinici. Finì di bere ilcaffè e sorrise a Webbe.

«Salve, piccolo eroe.»«Come vi sentite?» gli chiese

Webbe.«Non meglio di quanto meriti. È

l'ambizione che mi ha rovinato,David. Non commettere gli errori delvecchio Henry Paul. Non berequando hai un appuntamento con unbastardo come Luke, e, soprattutto,non cercare scarafaggi sotto le

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tappezzerie.»«Non prendetevela tanto, Henry.»«Oh, non me la prendo affatto. Ora

faccio parte anch'io della massa.Sono il portavoce di Luke . Hol'orecchio del pubblico e tuttivogliono servirsi del mio megafonoper gridarci dentro. Io faccio soltantoeco alle idee vischiose che Lukeforgia nella sua sporca mente. Nonho più opinioni mie, David.»

«Un tempo non era così», feceWebbe.

«Ma ora sì. Ho fatto fiasco. Nonriesco a evitare la pressione di Luke.

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Ti invidio. Tu non hai altri cavalierisul tuo cavallo. Non ancora,perlomeno.»

«Cosa volete dire?»«Non hai sentito?» Plumm sorrise.

«Luke ha intenzione di rovinarti.»«Non è detto che vinca sempre»,

mormorò Webbe.La voce di Plumm era gentile.

«David, i giorni dei miracoli sonopassati. Non pensare di poteremulare il tuo omonimo biblico. Tivuoi mettere contro Golia con unafionda, ma i Golia di oggi hannoordigni esplosivi, mitragliatrici e

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solidi conti in banca. Non puoiuscirne vittorioso.»

Webbe guardò Hilda ma lei nonricambiò il suo sguardo. Sapeva cheHenry Plumm stava dicendo la verità.

«Mi spiace», continuò Plumm.«Ma pensavo di dovertelo dire.Kittinger vuole mettere le mani sulCall Deve comandare lui, ovunque sitrovi. E inoltre vuole che tu torni alavorare nella sua agenzia. Sei unapromessa come giornalista. Hai vintou n P ul i tze r . Pensa di potertiaddestrare al genere di giornalismoche intende lui.»

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«Non lavorerò mai più per lui»,dichiarò Webbe.

«Non troverai altri impieghiquando il Call fallirà.»

«Non fallirà.»«Davide contro Golia», commentò

calmo Plumm. «Ma i giorni deimiracoli sono finiti. E sonoperfettamente sobrio quando ti dicoche la tua unica speranza è che Roryfaccia fuori Luke. E se non lo faràRory, può darsi che lo faccia io.»

«Siete ubriaco», ribatté Webbe,rauco. «O siete imbecille.»

«Sì, sono imbecille. E codardo. O

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avrei piantato tutto e me ne sareiandato assai prima.»

«Henry, vi prego», mormoròHilda.

«Mi spiace, cara. Meglio cheandiamo adesso.» Plumm si alzòbarcollando e guardò Webbe. «Nonfare colpi di testa. Forse fra pochigiorni troverò qualche pietra per latua fionda, David.»

CAPITOLO IV

Alle quattro arrivò un agente con

la macchina di Webbe e se ne tornò

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via con l'automobile della poliziache l'aveva seguito. Webbe andò adare una occhiata alla barca cheteneva nel dock. Immaginava Rorynascosto in qualche antro buio lungola costa paludosa, che fuggiva comeun animale braccato. Rory,moralmente, non aveva subito danno,o almeno non ancora. Eppure Webbenon ne era così sicuro e avrebbedesiderato conoscere meglio suofratello quando, da ragazzi, eranocresciuti insieme circondati dalleamorevoli cure di Merl e LucyGannon. Troppo tardi ormai, pensò.

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Ritornato in casa, si cambiò d'abito,ma fu solo mentre stava cercandodella biancheria pulita che si accorseche la pistola era sparita.

Era una Browning 38, un ricordodi Saigon che solitamente teneva nelprimo cassetto del comò. Non neavrebbe notato l'assenza se fossemancato anche il fodero. Ma invecela fondina di cuoio giaceva vuota epiatta fra i suoi indumenti. Webberipensò immediatamente a HenryPlumm e alle sue dolorose parole.Rovistò dappertutto alla ricerca dellarivoltella, ma non la trovò da nessuna

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parte. Qualcuno aveva frugatovelocemente e efficacemente per lacasa, ma lui sapeva che non potevatrattarsi di Plumm. Doveva esserestato Rory.

* * *

La grande casa vittoriana di Merl

Gannon si trovava alla periferiadella città e era circondata da un belprato verde che scendeva dolcementefino alle rive del Prince John River.Uno stretto viale carrozzabileportava al cancello stagliato nel

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muro di mattoni rossi e girava sottoun vecchio portone. Il piccolo fiumeappariva sereno e grigio sotto ilbasso cielo pomeridiano.

La villa si ergeva fra i salici sullariva del fiume. Webbe attraversò laveranda che dava sul davanti e trovòLucy Gannon, intenta a innaffiare isuoi vasi di begonie. Era una donninaaggraziata e dai movimenti rapidi.Quando lo vide, posòimmediatamente l'innaffiatoio.

«David», gli chiese subito, «c'èqualcosa che non va?»

«No, naturalmente», le rispose,

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baciandola su una guancia. Aveva lapelle profumata come quella di unbambino appena cosparso diborotalco. «Merl è già tornato acasa?»

«No, e incomincio a esserepreoccupata.» Quella nota disconforto nella voce era del tuttoinsolita in lei. Le guardò le mani chesembravano voler raccogliere dinuovo l'innaffiatoio ma che invecelasciò ricadere lungo i fianchi.Fissandolo negli occhi, aggiunse:«Cosa sta accadendo esattamente,David?»

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«Perché? È successo qualcosa a...»«No, non è successo niente, a dire

il vero. Forse è sciocco da parte mia,ma il fatto è che non so dove si trovaMerl.»

«È andato a parlare con Kittinger.Non ti ha avvertita?»

«Me l'ha detto quando è tornato acasa a colazione», rispose LucyGannon. «Ma ora non so dov'è, e ingenere mi avverte sempre. Pensi chesia ridicola a preoccuparmi così,David?»

«Non stare in ansia. Vedrai chesarà qui fra poco»

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«Dovrebbe essere già tornato. Miaveva promesso di portarmi alWomen's Club stasera.» Fece unapausa, incerta. «Merl era sconvoltoquando se ne andò. Per vari motivi.Voleva recarsi a Ogulee a smentirecerte dicerie su Rory e la signoraKittinger. Non mi va che si metta afare il detective in questo modo,David. Ti ha per caso detto cosaaveva intenzione di fare?»

«No. Gliel'ho chiesto, maevidentemente in quel momento nonvoleva discuterne.»

«Bene, inoltre mi ha accennato alla

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questione del J o u r n a l e delleinserzioni annullate a causa delletariffe ridotte offerte agli interessati.Era molto arrabbiato e mi ha dettoche voleva avere una chiarificazionecon Kittinger.» Qualcosa oscurò ilsuo sguardo. «David, non è maiarrivato da Kittinger.» Era stupefatto.«Ne sei sicura?»

«Ho telefonato personalmente. Ilsignor Kittinger è stato piuttostosgarbato. Mi ha risposto che Merlnon era lì e che non aveva altro daaggiungere.»

Webbe si sentì pervadere da un

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brivido di paura.Lucy Gannon continuò: «Per forza

mi preoccupo. Merl mi telefonasempre da quando ho avuto quellostupido attacco di cuore alcuni annifa». Abbozzò un sorriso. «Crede chenon capisca perché lo fa. Il fatto èche vuole essere certo che io sappiadove raggiungerlo in qualsiasimomento. Ma da quando si è recato aOgulee, non ha più richiamato e, aquanto pare, non ha visto il signorKittinger.» Aveva la voce incrinata.«Sento che è successo qualcosa,David. Qualcosa di terribile.»

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* * *

Una lunga strada ricurva si

snodava come un filone lungo lapiccola insenatura che si univa allaThree Fingers Island. Kittinger eraproprietario di tutta l'isola, lunga tremiglia, ma benché ci fossero altrecase, nessuna era abitata all'infuoridella sua. Al termine della stradarialzata, il sentiero si inoltrava fraboschetti di salici e di querce e siinterrompeva davanti a una sbarradove c'era un cartello su cui si

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leggeva che il campo era adibitoall'atterraggio di aerei privati.Webbe aprì il cancello e attraversò iltratto di terreno con la macchinamentre calava l'oscurità. Un granaioin fondo al campo era statotrasformato in hangar. Le porte eranochiuse e in giro non si vedevanessuno.

La casa era di tipo coloniale, conun ampio portico, secondo l'usanzadel Sud e un viale fiancheggiato daalberi di quercia, dove si trovava unaportineria in muratura che sembravaabbandonata. La villa stava su un

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poggio sovrastante la baia e avevauna darsena coperta per le barche euna spiaggia di sabbia bianca.Webbe parcheggiò nel viale a formacircolare e ripensò a Stella,provando un fremito di eccitazione.

Nessuno gli andò incontro quandos'incamminò sotto il portico e,allorché la sua scampanellata nonebbe risposta, aprì la porta a vetri eentrò nella luminosa anticamerabianca e azzurra. Dalla scalinata aspirale davanti a lui scendeva lamusica di una radio.

Webbe salì, seguendo il suono

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della musica.La radio lo condusse a una piccola

stanza situata nell'ala estrema didestra. Un ometto calvo, con un paiodi occhiali bordati di corno, stavaseduto sul letto e ascoltava la radiocon un sorriso incerto sulle labbra.Un carrello di mogano coperto daipiatti della colazione stava di fiancoal letto. L'uomo indossava unapesante vestaglia marrone che glilasciava scoperto il petto magro e lafasciatura di un bianco smaglianteattorno al torace. Webbe entrò infretta e chiuse la porta. L'uomo lo

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fissò, attonito.«Salve! Che succede?»«Alzate la radio», gli ordinò

Webbe.«Perché? Non capisco.»«Alzatela, Oliver», ripeté.Oliver alzò il volume. «Ci siamo

già conosciuti?»«Non qui», rispose Webbe. «Come

vi sentite?»«Bene. Mi sento bene. Siete un

medico anche voi?»«No», gli rispose. «Quanto vi

passa Kittinger perché facciate laparte del malato grave, Oliver?»

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«Ehi, pensavo che soltanto io e ilsignor Kittinger ne fossimo aconoscenza. Siete un suo amico?»

«No. Sono David Webbe delCall.»

La faccia dell'uomo si contrasse inuno spasimo di terrore.«Andatevene», l'investì.«Andatevene da qui!»

«Non prima che tu abbia risposto aalcune domande, Oliver.»

«Non ho niente di dirvi! Nessunoha il permesso di vedermi! Quelpazzo d'un vostro fratello mi hasparato e il signor Kittinger mi ha

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gentilmente portato qui dove mi hafatto curare dal suo medicopersonale, non c'è altro.»

«Mi sembri perfettamente rimesso.Il proiettile ti ha appena sfiorato.»

Gli occhi di Oliver apparivanoenormi dietro gli occhiali bordati dicorno. Gli tremava la bocca. «Nonho fatto niente di male. Forse Rorynon mi voleva sparare, voglio direche ci siamo messi a lottare perafferrare la pistola e poi...»

«Temo che tu ti sia lasciatotrascinare da Kittinger in unafaccenda che ti darà parecchio filo

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da torcere, Oliver.»«Non voglio guai. E non voglio

che scriviate di me sul vostrogiornale.»

«Non hai scelta», gli disse Webb.«Se non te ne andrai da qui entrostasera, sul Ca l l di domani verràstampata la vera versione dei fatti.»

«Non potete fare una cosa simile!Accidenti, la gente penserebbe...»

«Esatto», l'incalzò Webbe. «Sta ate decidere.»

Una porta sbatté al pianterreno eegli s'irrigidì. Poi una voce chiamòlungo le scale.

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«Dave? Dave, sei tu?»Era Stella Kittinger.Webbe guardò l'ometto calvo

seduto sul letto. «Non dimenticarti,Oliver. Fuori di qui entro stasera.»

Oliver annuì, muto e angosciato, eWebbe scese al piano di sotto.

Stella gli andò incontronell'anticamera centrale, sorridente, econ la mano tesa. Fu un momentodifficile. Le sue dita erano gelide eleggere e egli rimase nuovamentecolpito dai suoi capelli biondo-platino che le incorniciavano l'ovaledel viso. Era più bella che mai. I

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suoi occhi scuri avevano i riflessidell'ambra e egli si sentì mancare ilfiato, suo malgrado. Indossava unagonna bianca e una camicetta di setaverde che metteva in risalto il coloredorato della sua pelle. Aveva unavoce molto profonda, come donna, eegli notò che quando sorrise letremarono gli angoli della bocca.

«Ho visto il tuo vecchio macininoe quasi non ci volevo credere. Chegioia rivederti!»

«Sono venuto per parlare conLuke.»

«Certo. Entra qui dove potremo

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scambiare due chiacchiere.»Le sue mani fredde lo spinsero

verso una biblioteca di forma ovale.Un caminetto di mattoni era infissonella parete semicircolare dellastanza decorata in blu e oro.Numerose bottiglie di liquorestavano allineate su un tavolino dalpiano di pelle.

«Sei splendida, Stella. È passatomolto tempo.»

«Più di un anno. Ti sonomancata?»

«Certo», rispose. «Per tutto iltempo che sono rimasto in Vietnam.»

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«Eppure avevamo fatto un patto,no?»

«Non proprio un patto.»«Un accordo, diciamo. Diventiamo

sensibili proprio ora?»«Non mi sento molto sensibile.»Stella era la segretaria di Luke ai

tempi in cui Webbe pensava ancorache potessero sposarsi. Notò ilmedesimo movimento orgoglioso earrogante del suo capo, la stessaespressione di indipendenza nei suoisplendidi occhi color ambra. Era unadonna di grande volontà e fermezza.Come moglie di Luke Kittinger si era

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adesso creata una nicchia sicura fragli alti ranghi della società. Il fattoche fosse la quarta di una serie dimogli per via delle quali Luke avevafatto parlare di sé, non significavaniente per lei. Si era servita delle suedoti naturali, una intelligenza freddae calcolatrice e un viso e una figurache attiravano immediatamentel'attenzione, per raggiungere il suoscopo. In quel momento si ricordòdelle notti trascorse nel suoappartamento quando lei era soltantoStella Smith e stentò a credere chequel che era accaduto potesse essere

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vero.«Anch'io, tesoro», disse

sorridendo, «non mi sento moltosensibile. Vieni, beviamo qualcosa alfuturo. Ti aspetta un grande futuro,sai.»

«Davvero?»«Luke ti vuole parlare. Ha in serbo

una sorpresa.»«Dubito che sia piacevole. Voglio

soltanto chiedergli del mio socio,Merl Gannon. Non è stato qui questopomeriggio?»

Scosse il capo. «Trotter ha dato lagiornata di libertà al personale e io

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sono appena rientrata. Dovraichiederlo a Luke.»

Bevvero in silenzio e con ariastranamente solenne. Il Bourbon andògiù dolcemente, sciogliendo il nodoalla gola di Webbe. Egli notò dinuovo la pienezza del labbroinferiore di Stella e si rammentòdella sua bocca. Si sovvenne di ogniparticolare intimo che l'aveva legatoa lei e di cui si era scordato. Posò ilbicchiere.

«Stella, perché l'hai fatto?» lechiese d'un tratto.

«Sai benissimo perché ho sposato

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Luke. Ne abbiamo discusso moltevolte.»

«Non credevo facessi sul serio.Pensavo mi amassi.»

«Questo non ha niente a che vederecon l'amore», rispose calma.

«Ma dicevi che avresti atteso chetornassi dall'Asia...»

«Mi spiace di averti fatto del male,David. So che mi ritieni fredda,calcolatrice e ambiziosa. Ebbeneforse lo sono. Ma tu mi amavi anchequando ti dicevo che non mi sareimai accontentata di rimanere lasignorina Stella, e basta. Anch'io ti

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amavo allora e ora sto soloesercitando un mio privilegio didonna.»

«Per cambiare idea?» le chiesebruscamente.

«Affatto, tesoro. Ti ho pensatospesso.»

«Non sei soddisfatta di Luke o diciò che hai fatto a Rory?»

«Ti prego», sussurrò. «È stato unerrore. Pensavo di esseresufficientemente forte da potersopportare tutto, ma fu allora chescoprii delle tre mogli precedenti diLuke. Non voglio neppure parlartene,

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David. C'è sotto molto di più diquanto non riesca a digerire. Roryfu... mi offrì un momento dievasione.» Stella tremò leggermente.«Fu anche questo un errore. Nonvolevo certamente competere conquella dannata ragazza di Rory. Nonvoglio essere odiata come mi odiaOpal.» Trasse un profondo sospiro.«Ho chiesto a Luke il divorzio, sai.Ma ora si diverte a sfidarmi e non milascerà mai andare.»

Gli era vicinissima. Egli lerovesciò il capo all'indietro e videche aveva gli occhi pieni di lacrime.

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«È stato dunque così terribile,Stella?»

«Assai peggio di quanto tu nonpossa immaginare. Mi sbagliavotalmente. Volevo tutto ciò che ilmondo mi poteva offrire e pensavoche nessun prezzo fosse troppo alto.Pensavo che Luke potesse darmi tuttociò che desideravo, ma in fondo iodesideravo soltanto te. Se avessipotuto avere te e tutto questo...» Gliaccarezzò la bocca. «David, non haidimenticato, vero? L'ho capito nelmomento stesso in cui ti ho visto. Miami, David?»

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«Non lo so», rispose Webbe.Voleva respingerla ma non poteva.

Quando la bocca di lei incontrò lasua, il suo bacio fu appassionato eviolento e egli non riuscì a pensareche al fatto di averla di nuovo con sé.

«Ti appartengo», mormorò. «Hosbagliato e so quanto male ti ho fatto,tesoro. Ma cercherò di rimediare. Ilpiù presto possibile.»

Le tolse le braccia d'attorno e perun momento lei gli rimase appesa.«Devo andare a parlare con Luke»,disse Webbe. «Subito.»

Era allarmata. «Non gli dirai

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sciocchezze...»«Si tratta di affari. È per questo

che sono venuto.»«Certo», ribatté in fretta. «Questo

non è il momento di fare discussioni.Ti vedrò domani, da solo.»

«No», le rispose Webbe.«Offrimi almeno una possibilità,

tesoro. Ho talmente tante cose dadirti...» S'interruppe e i suoi occhi amandorla si fecero più grandi,reticenti, luminosi.

«Che c'è?»«Tesoro, la porta è aperta.»Egli si girò a guardare, sentendosi

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come un imbecille. Non c'eranessuno. La porta dell'anticamera erasocchiusa, ma in giro non si vedevaanima viva. Osservò lo stranosorriso che piegava la bocca diStella.

«Non ci ha visti nessuno.»«Non possiamo correre rischi,

amore», mormorò. «Vai a vedere. Hopaura.»

Era fin troppo calma. Giratosi,attraversò la biblioteca e spalancò laporta dell'anticamera. Non videniente. S'incamminò in direzionedelle scale. Era diventato buio fuori

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e qualcuno aveva acceso le luci.Guardò dall'altra parte, versol'entrata principale.

Cal Trotter stava lì, immobile, mala sua faccia dura e piacente non glidiceva assolutamente nulla. Il caneda guardia, pensò.

Trotter tirò una boccata dallasigaretta e girò il capo mentre Webbesi avvicinava. Lasciò cadere lasigaretta sul pavimento e la calpestòcon le pesanti suole di gomma chescricchiolarono leggermente. Avevaun tono di voce pacato.

«Vi avevo avvertito», disse.

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«Sono venuto per parlare conLuke.»

«E siete andato diritto da suamoglie, eh?»

Webbe colpì l'uomo con tutta lafuria che aveva in corpo. Trotterbarcollò all'indietro contro il pilastrodecorato che incorniciava la porta ecadde, con il sangue che glisgocciolava dal labbro spaccato.Webbe stava ancora in punta dipiedi, scosso dalla rabbia. Gli occhidi Trotter si rischiararono, poidivennero improvvisamente cattivi, ela sua bocca percossa si schiuse in

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un sorriso sardonico. Non si alzò, masi lasciò scivolare sul pavimento dimarmo mentre la sua mano traeva ditasca una piccola pistola che puntavacontro Webbe.

«Forse questo è il miglior modoper sistemare le cose», sussurrò.

Webbe balzò in avanti perafferrare la pistola ma udì un debolegrido acuto provenire dal fondo dellacasa. Anche Trotter l'udì. Abbassòl'arma mentre Webbe cercava dicontrollarsi. Il grido fu seguitodall'urlo di dolore e di terrore di unuomo e quindi si sentì un rumore di

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passi.Giratosi, Webbe corse attraverso

la casa in direzione del grido.

CAPITOLO V L'ala nord della casa era formata

da una serie di ampliamenti aggiuntial corpo centrale fin dai tempi delcolonialismo. Webbe si fermòdavanti alla grande cucina. Dietro alui si levò la voce di Trotter chestava parlando con Stella. Webbeproseguì attraverso un passaggio e sifermò sulla soglia di un salotto.

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Nella stanza c'erano Kittinger, Hildae Henry Plumm. Quest'ultimo stavaallungato in una poltrona dietro unapiccola scrivania ovale sulla qualeerano posate una macchina perscrivere portatile e una lampadaverde. Il pavimento era disseminatodi fogli dattiloscritti. I capelli a ciuffidi Plumm sembravano ancora più indisordine del solito e la sua facciaappariva paonazza. Alcuni segnibianchi lasciati dalle dita di unamano erano evidenti sulla sua pellerossa e chiazzata.

Hilda Brewster sedeva su un

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divanetto appoggiato alla pareteopposta, con il viso che rifletteva larepulsione ogni volta che Luke siavvicinava all'uomo ubriaco.

La voce di Kittinger tremava dirabbia: «Vi avevo detto quel chesarebbe accaduto se aveste cercatodi fare il furbo, Plumm. Vi avevofornito la linea da seguire, ma voi,nel vostro scritto, avetedeliberatamente distorto i fatti».

«Ho scritto soltanto la verità»,mormorò Henry.

«La verità è quella che dico io!»gridò Luke. «Non state giocando al

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conferenziere quando scrivete perme. Voi dovete scrivere quello chevi dico io. Chiaro?»

Henry Paul si fece piccolo piccolosulla sua sedia. «No, non lo farò.»

Kittinger lo schiaffeggiò,sbattendogli indietro la testa. Poi locolpì di nuovo e Plumm finì sulpavimento. Aveva il nasosanguinante e una profonda ferita allaguancia. Mentre Plumm finiva a terra,Kittinger gli sferrò un calcio. Hildagridò e saltò su dal divano. Webbepiombò addosso a Luke, facendogliperdere l'equilibrio. Kittinger finì

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contro il muro e vacillò con losguardo vacuo. Plumm si rialzò atentoni dal pavimento. Webbe siabbassò mentre Luke ruotava versodi lui, poi tentò di stringergli aifianchi le braccia che stavano percolpirlo.

«Piantatela!» ansimò.La forza di Lu k e era enorme.

Webbe ricevette una gomitata nelpetto e venne scaraventato contro lascrivania. Istantaneamente Luke glipiombò addosso. Webbe sferrò undestro potente nello stomacodell'uomo e un altro mentre Kittinger

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si fermava, vacillando. Gli sisbiancò il volto. Barcollò in avanticome se volesse continuare a lottare,quindi si fermò mentre nei suoi occhichiari si leggeva la sorpresa.

«Webbe?» mormorò a denti stretti.«Non prendetevela», ansimò

quest'ultimo.Un gemito soffocato di pena e di

umiliazione si levò dal pavimento.Era Henry Paul Plumm che stavapiangendo. Hi lda era inginocchiataaccanto a lui e gli teneva la testa.

«Avete fatto una cosa disgustosa,Luke», disse Webbe.

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«Era maledettamente ubriaco.»«E incapace di difendersi», ribatté

Webbe.«Se l'è meritato. Ha scritto

qualcosa che gli avevo assolutamenteproibito di prendere inconsiderazione. Pensava di farlostampare prima che io ne venissi aconoscenza.»

«Riguardava Rory? E Oliver?»Kittinger lo squadrò attentamente.

«Tenetevene fuori, Webbe.»«Farò tutto il possibile per aiutare

Rory e domani uscirà la vera storiadi Oliver.»

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Kittinger balzò in avanti, poi cercòdi controllarsi quando vide Trotterprecipitarsi nella stanza. Costui feceper lanciarsi su Webbe, ma Luke loprevenne: «Lasciate perdere, Cal».

«Tutto a posto, signore?»«Chi vi ha detto di dare la libera

uscita al personale questopomeriggio?»

«È giovedì», rispose Trotter. «È dinormale amministrazione.»

«Vi avevo detto che desideroavere tutti a mia disposizione, finchéRory Webbe è d'attorno, no? Noncercate scuse! Fuori di qui!»

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Trotter guardò Plumm e Hilda conun vago sorriso sulle labbra, poi uscìvelocemente dalla stanza. Kittinger sirivolse a Webbe: «Noi duedobbiamo fare un discorsino.Seguitemi».

Senza attendere risposta, uscì,maestoso, dal salotto, e Webbelanciò uno sguardo a Plumm. Questiaveva smesso di piangere, ma Hildalo sosteneva ancora come se fossestato un bambino. Con dolcezza glidisse: «Sta meglio, David. Vai pure.Fra breve si riprenderà».

«Cosa aveva cercato di fare?»

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«Quello che ha detto Luke . MaHenry aveva bevuto troppo e si èdimenticato di nascondere la copiadel dattiloscritto quando L u k e èpiombato qui. È stato orribile.»

Webbe rientrò nella biblioteca blue oro dove era stato con Stella pocoprima. Kittinger teneva la schienagirata verso il caminetto e studiavaWebbe con la sua faccia pesante egrossolana. Aveva i capelli folti eneri e Webbe colse nei suoi occhichiari la medesima vacuaespressione che aveva già notatomentre stava maltrattando Henry

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Plumm.L'uomo personificava la ricchezza

e il potere. Era nato fra i lussi diNewport e Palm Beach, fra le gare dipolo e le corse automobilistiche.Aveva ereditato un mondo nel qualeaveva potere di vita e di morte sumigliaia di persone a seconda delsuo capriccio.

La prima moglie di Kittinger avevaottenuto il divorzio dopo due mesi dimatrimonio e era sparita. La secondaera finita in una casa di cura. Laterza, una giovane debuttante, si erauccisa lanciandosi dal terrazzo

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dell'attico di Luke mentre avveniva ilcambiamento di turno di lavoro. Eraaccaduto un anno addietro e Webbelo ricordava perfettamente. Eral'unica volta in cui aveva messopiede nell'appartamento di Luke.

Si chiamava Evelyn Warden e erauna ragazza piccola e timida, la cuifragile bellezza non si adattavacertamente alla vita tumultuosa dellatorre. Le poche volte che Webbel'aveva incontrata, aveva notatol'espressione smarrita dei suoi occhi.

Era sposata soltanto da tre mesiquando si era uccisa, e Webbe fu uno

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dei pochi a vederla cadere mentreguardava fuori della finestra del suoufficio. Per una volta si permise diprendere precipitosamentel'ascensore di Luke e con MacFee eHenry Paul salì nell'attico. Benchéfosse un luminoso pomeriggio estivo,trovarono tutte le tende tirate evennero accolti dal riverbero dellaluce artificiale e da una catasta dimobili rotti. Quando lo trovarono,Kittinger era ripugnante, ubriaco ecompletamente nudo. Avevanumerosi graffi sanguinanti sul viso esul petto, ma scoppiò a ridere loro in

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faccia dalla sua poltrona, con la voceche rimbombava attraverso la stanzasconquassata. Poi la sua risata sispense e i suoi occhi seminascosti sifecero minacciosi.

«Cosa fate qui?»MacFee tentò di spiegarglielo,

balbettando. Tentò di dirgli che suamoglie era precipitata dalla finestra eche era rimasta uccisa, ma Kittingerrimase impassibile. «Lo so. Nonavete il permesso di salire qui,nessuno di voi.»

«Signor Kittinger», ripreseMacFee, «mi pare che non abbiate

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compreso quel che vi ho detto.Vostra moglie è morta. È...»

Kittinger urlò e scaraventò unabottiglia addosso a MacFee. Questiera un piccolo uomo, uno dei tantianalisti finanziari della società e labottiglia lo colpì al di sopra degliocchiali. Cadde a terra, la sua facciasi trasformò in una maschera disangue, e Webbe respinseviolentemente Kittinger nellapoltrona.

«Maledetto idiota!» esclamòWebbe. «Non vorrete che la poliziavi trovi così?»

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In seguito si chiese perché l'avesseprotetto. Quella volta le sue paroleebbero un effetto rilassante suKittinger, tanto che Webbe potélasciarlo. Luke lo aveva guardato conocchi inflessibili.

«Grazie. Vi chiamate Webbe, nonè vero?»

Webbe rimase sorpreso di esserestato riconosciuto. «Sì.»

«Evelyn si è lanciata dal muro delterrazzo», disse Kittinger. «Eramalata e aveva bevuto troppo. Èquesto che direte alla polizia. Si èbuttata prima che io potessi

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fermarla.»«Cercaste di farlo, Luke?» gli

chiese seccamente Webbe.Kittinger l'ignorò e Webbe uscì sul

terrazzo per guardare la stradasottostante. Non riusciva a pensareche all'indifferenza dimostrata daLuke di fronte all'improvvisa mortedella ragazza. Cercò di immaginarequel che era accaduto prima che silanciasse nel vuoto, ma non ci riuscì.Capì che non l'avrebbe mai saputo,come nessun altro, d'altronde.

Sei mesi dopo, Kittinger sposavaStella Smith...

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Webbe guardò Kittinger in quelmomento, ritornando bruscamente alpresente. Luke gli indicò una sedia.

«Sedetevi, Webbe. Mi fa piacereche siate venuto. Siete sveglio eintelligente, e sono sicuro che vidimostrerete ragionevole.»

«A che proposito?» gli domandòWebbe. «Se sono qui è unicamenteperché pare che il mio socio siasparito. Avrebbe dovuto vedervioggi.»

«Oh! Mi ha appunto telefonato suamoglie.» Kittinger annuì. «Non l'hovisto e non è venuto, da quel che mi

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risulta. In ogni modo tratterò soltantocon voi, Webbe. Sono pronto aessere generoso. So che avete scrittovoi la maggior parte degli articoli diPlumm e desidero offrirvi l'interacolonna, con il vostro nome, percinquecento dollari alla settimana.Tre anni di contratto.»

«No, grazie.»«Ditemi che cifra volete!»«Non sono in vendita.»La testa di Kittinger si sporse in

avanti oltre le sue spalle massicce.«Vi posso rovinare, lo sapete? Ilvostro partner pensava forse di

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venire qui a convincermi dirinunciare alla pubblicazione delJournal? Non mi interessano glieditori di provincia. Sono indietro dicent'anni. Non c'è posto nel mondoper cose che rappresenta il Call. Enon lo tollero. È necessario ricorrerealla massa media per inculcareun'idea nella testa della gente, incontinuazione: è questo che dàrisultati. Le cose devono esseresemplici e chiare per John Doe. Voie il vostro socio credete che esistanoancora tutte le sfumature di grigio frai due estremi di una domanda.

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Ebbene, oggi non c'è tempo perprenderle in considerazione. Oggiesistono soltanto il bianco e il nero.Io eliminerò il Call, Webbe. Offriròdi fare inserzioni gratis, se ci saròcostretto. Ma lo eliminerò!» Kittingeraveva il viso paonazzo.

«Grazie per l'avvertimento»,mormorò Webbe con voce pacata.

«So come servirmi di voi, Webbe.Non dispero di riavervi con me. Enon sono preoccupato nemmeno perquesta faccenda di vostro fratello.Gli appianerò le cose, glieleaggiusterò, se insisterete. E inoltre so

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tutto di voi e di Stella, ma possoaggiustare anche questo e...»Kittinger fece una pausa, sorridendo:«Vi sorprende che sappia cosaprovate per mia moglie?»

«Potrebbe sorprenderemaggiormente Trotter», gli suggerìWebbe.

«Stella e io siamo fatti della stessapasta. Se non l'avete ancora capito,allora siete più sciocco di quanto nonabbiate dimostrato finora.»

Webbe cercò di frenare la propriaira. «Avete parlato chiaro, Luke.Niente da fare. Siete sicuro che

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G a n n o n non è stato qui nelpomeriggio?»

Kittinger fece un gestod'impazienza. «Non l'ho visto e nonlo voglio vedere. In ogni modofacevo sul serio poco fa quando vi hoofferto di aiutare Rory. Ammetto diessere stato duro con lui quando hosaputo che se l'intendeva con Stella,ma ora ho capito che non è statacolpa sua, ma di mia moglie. Nienterancori, dunque. Potrei accordarmicon la polizia e potrei trovargli unbuon avvocato per il processo. Sesapete dov'è, è meglio che me lo

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diciate.»«È per questo che mi avete fatto

malmenare da quei due delinquentioggi pomeriggio?» chiese Webbe.«Per sapere dove si tiene nascostoRory?»

Kittinger aggrottò la fronte. «Qualidelinquenti?»

Un improvviso rumore di vetriinfranti sopraggiunse dalla finestraalle spalle di Webbe e fu seguito daun colpo di pistola. Schegge di vetropiovvero sul pavimento. Webbe sigirò di scatto, poi si voltò di nuovoverso Kittinger che fissava a bocca

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aperta la finestra in frantumi. Il suoviso era terrorizzato e ogni segno dibrutalità era sparito. Emise unpiccolo gemito e si accasciò sulpavimento.

CAPITOLO VI

Webbe si lanciò in mezzo alla

stanza verso l'uomo accasciato aterra. Gli occhi di L u k e eranoassenti. Lungo il cranio c'era unastrisciolina sottilissima di sangue. Ilproiettile l'aveva appena sfiorato.Webbe si raddrizzò e fissò il segno

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nel pannello di legno sopra ilcaminetto dove si era infilata lapallottola. Sentì gridare dal fondodella casa e corse verso il vestibolo.Non si vedeva nessuno. Girò a destrae si precipitò oltre la porta a vetri eattraverso l'ampia veranda.

La notte era completamente buia.Trattenne un profondo sospiro e siorientò con il riferimento delladistesa scintillante della baia.L'ampio prato che scendeva verso laspiaggia e il riparo per le barcheapparivano deserti alla luce dellestelle. Una brezza leggera sussurrava

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fra il fogliame. Si guardò indietro evide Stella attraversare il suo campovisivo al di là della finestra dellabiblioteca, seguita da HildaB r e w s t e r , e egli si chieseimmediatamente dove potesse esserePlumm. Poi si mosse verso il foltocespuglio di forsythia da cui ritenevafosse partito il colpo.

Un gemito soffocato al di là dellasiepe lo fece raggelare. Cal Trotterstava sdraiato lì con la pistola posatasull'erba a pochi centimetri didistanza. Webbe si piegò perprenderla, ma Trotter si sollevò

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pesantemente e ci piazzò sopra lamano prima che lui potesseimpadronirsene. Le parole dell'uomoerano confuse e indistinte.

«Rory, l'ha colpito lui, èscappato...»

«Rory?» chiese Webbe.«Un giovane, con un paio di

pantaloni di tela.» Trotter si alzòbarcollando e stringendo la pistola.«Ha indugiato, è per questo.Cercatelo. Acciuffatelo.» Seguì unapausa. Poi: «Come sta Luke?»

«È svenuto», rispose cupo Webbe.«Ma il proiettile l'ha preso di

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striscio.»Si girò e s'incamminò lungo il

sentiero ghiaioso che scendevatortuosamente attraverso il prato indirezione della spiaggia. Quando sivoltò, vide che Trotter stavatornando a passi incerti verso lacasa.

La spiaggia era immersa nellastessa profonda oscurità cheavvolgeva l'ampia distesa della baia.Un fitto sottobosco incominciavadove finivano i prati. Webbe sifermò vicino al riparo per le barche,poi salì su per una scaletta di legno

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fino al balcone che correvatutt'attorno al capanno. La brezzaproveniente dal mare era calda eumida. Allorché si girò di nuovo perguardare la casa che sorgeva sulpoggio, vide che le finestresplendevano ora di un giallo intensonell'oscurità. Ebbe improvvisamentela sensazione di non essere solo inquel luogo. Tese l'orecchio allamarea che batteva contro i pilastriche sostenevano la costruzione.

«Rory?» chiamò piano.Non udì niente all'infuori dello

sciacquio dell'acqua e del lento

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sollevarsi delle onde. Si spinse inavanti e in quel momento gli giunseun rumore di passi proveniente dadietro l'angolo dell'edificio. La nottesembrò all'improvviso più fitta e piùbuia. Quando superò l'angolo delbalcone, scorse una ragazza con unimpermeabile e un berretto. Il suoviso era una macchia bianca nel buiomentre guardava impaurita dietro disé. Sussurrò qualcosa e apparve unuomo, sbucato da chissà dove, che siprecipitò su Webbe con inauditaferocia.

Non riuscì a evitare il primo

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colpo. Webbe gridò e si girò peraccovacciarsi a terra, ma ilpassaggio era troppo stretto e andò asbattere contro la ringhiera biancaprima di potersi scansare. Scivolòsulle assi bagnate e cadde, fissandola pistola che stava per colpirlo.

«Rory, aspetta!» ansimò.Webbe si girò rapidamente

all'imprecazione di Rory e conficcòla spalla nello stomaco del fratello,mandandolo a sbattere contro laparete del capannone con taleviolenza che le finestrescricchiolarono. Con l'agilità di un

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gatto gigante, Rory gli strinse unbraccio attorno al collo e alla gola.

Webbe tentò di far leva sullaspranga più bassa della ringhiera,poi arcuò il corpo per inchiodareRory contro il muro. Non riusciva arespirare. La pressione che glischiacciava la gola era implacabile.Si sentiva un terribile ronzio alleorecchie e le sue dita strinserol'avambraccio che lo strangolava.Poi udì la voce profonda e intensa diOpal:

«Rory, tesoro, smettila! Dobbiamoandarcene da qui!»

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Webbe incominciò a scivolare inun'oscurità minacciosa man mano cheRory allentava la stretta. Le gambenon lo reggevano più e egli cadde inginocchio, appoggiandosi al muro.L'aria gli sibilava penosamenteattraverso la gola e trasse unprofondo respiro. La voce di Rory loraggiunse ancora nel buio della suacoscienza.

«Davey! Come stai?»Webbe annuì, strofinandosi la

gola. Sentì di nuovo la voce rauca diOpal che incitava Rory a sbrigarsi.

«Fra poco arriverà qualcuno.»

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Respirava a fatica. Uno stranosorriso le illuminava a sprazzi ilvolto. La sua figura appariva piùpiena sotto l'attillato golfino giallo.«Non posso rimanere qui, Rory. Tiprego, andiamocene!»

Rory sorrise. «L'hai sentita,Davey. Cosa verrei a fare con te?»

Webbe tentò di parlare. Facevafatica a emettere le parole attraversola gola martoriata. «Dammi la pistolae vieni con me.»

«A fare?»«A costituirti. Dallo sceriffo

Trury. Ho appena parlato con Oliver

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e se è lui che ti preoccupa, nonpensarci più. Non verrai condannatoper omicidio. Si è completamenteripreso.»

«Lo so», rispose Rory.«Allora, continuando così, non

farai che peggiorare le cose. Seistato stupido a tentare di sparare aKittinger poco fa.»

«Non sono stato io», rispose Rorycon voce strozzata. «Non sono statoio a sparare. Io e Opal siamo rimastinascosti qui per tutto il tempo.»

«E allora chi è stato?»Rory non rispose. Il suo corpo

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massiccio era teso come quello di unanimale pronto a scattare.

Non si udiva provenire ancoranessun rumore di allarme dalla casaprincipale. Webbe lanciò un'occhiataa Opal e notò la borsa di pelle chestringeva a sé. La teneva stretta comese non avesse voluto separarsenemai. Rory sembrava sul punto dicedere al panico e Webbe ebbel'impressione che fosse successoqualcosa che gli sfuggiva.

«Rory, ti devi costituire, non locapisci?»

«Mi dispiace, Davey.»

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Senza preavviso gli sferrò unpugno violento. Webbe per un istanteprovò un vago sgomento prima divenir sopraffatto da un'esplosione didolore, poi piombò attraverso laringhiera del balcone e cadde nelvuoto.

La superficie gelata dell'acqua sirichiuse sopra di lui. Sfregò con leginocchia contro il basso fondale erotolò di fianco, con la menteannebbiata. Riuscì a puntare i piedisul fondo e a raddrizzarsi nell'acquascura. Aspirò profondamente,malgrado il dolore lancinante alle

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costole e si girò per guardare laspiaggia.

Una parte di ringhiera delcapannone penzolava nell'acqua nelpunto in cui era precipitato lui. Nonsi vedeva nessuno. Gli parve disentir correre Rory e la ragazza lungola spiaggia, ma non ne fu sicuro.L'acqua era abbastanza bassa dapermettergli di rimanere in piedi e silasciò galleggiare. La notte sembravamuoversi cupamente attorno a lui.Qualcosa apparve a pochi metri didistanza e si allontanò; vide che erauna barca a remi sommersa. Non fece

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nessuno sforzo per avvicinarsi.Quando riacquistò un po' di forze,

cercò di raggiungere il tratto dispiaggia luccicante sotto il capanno.Un brivido lo percorse in tutto ilcorpo. Cadde, raggiungendo la riva,con le dita che stringevano i ciottolibagnati. Cercò di tirarsi in piedi,studiando la spiaggia e il capanno,ma Rory e la sua ragazza se n'eranoandati. Alcuni passi veloci si stavanoavvicinando lungo il sentieroghiaioso che attraversava il prato eegli colse il bagliore di una torcia.Dal buio vide spuntare Hilda

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Brewster che correva verso di lui.«Webbe? Sei tu?»Si fermò davanti a lui. «Ho sentito

un grido e Trotter mi ha detto che eriandato a cercare Rory... Tu...» lemancò la voce, mentre lo illuminava.«Santo cielo, cosa ti è successoquesta volta?»

«Sta diventando un'abitudine»,rispose cupo Webbe.

«Ma la tua faccia! È stato HenryPaul?» «Perché avrebbe dovutoessere Henry Paul?» «Si ècomportato in maniera molto stranadopo che tu e L u k e vi siete

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allontanati. Trotter dice che è statoRory a sparare. Stanno telefonandoa l l o sceriffo per organizzare unacaccia all'uomo. È stato tuo fratello,Webbe?»

Esitò. «Senti, sarebbe meglio chetrovassi Plumm.» Trasse un profondosospiro. Avrebbe voluto avere leidee un po' più chiare. «Non credosia stato Rory a tentare di far fuoriLuke . Era terrorizzato quando loscoprii qui, ma non credo sia statolui. Hilda, mi devi aiutare. Non direa nessuno di Rory. Lo conosco e noncredo sia stato lui. Dimentica di

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avermi visto. D'accordo?»Annuì, riluttante. «Se lo vuoi tu.»Fissò il riparo per le barche, poi

prese la torcia e la puntò verso ipiloni sottostanti. Da quel puntovantaggioso poteva avere una visionecompleta della parte inferiore dellacostruzione. Era stato qualcosa, lìdentro, più che nella casa principalea aver terrorizzato Rory. La mareaavvolgeva i pilastri. C'erano qualcherottame, qualche vecchio pezzo dilegno e alcuni arnesi da giardinoabbandonati. Poi notò qualcosa discuro e di bianco fra le assi vicino

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alla spiaggia. Gli mancò il fiato.«Che c'è?» sussurrò Hilda.«Rimani dove sei», le ordinò.Si infilò rapidamente sotto il

capanno e sì avvicinò all'oggetto.Quindi si fermò, accovacciandosi eprovando un improvviso attacco dinausea.

Addossato alla paratia di fondo,c'era il corpo di un uomo. La torciailluminò il volto immobile, giratoverso di lui. I capelli grigi brillaronoargentei nel raggio luminoso. Webbericonobbe il familiare abito blu el'elegante cravattino.

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Scorse anche le ferite d'arma dataglio che aveva al petto e alla gola.

Il morto era Merl Gannon.

CAPITOLO VII Webbe si svegliò alle dieci. Era

una giornata calda e luminosa. Sceselentamente dal letto, sussultando nelsentirsi tanto indolenzito. La baia diCheasepeake sfavillava dolcementesotto la brezza leggera, provenienteda oriente.

Guardò la barca legata allabanchina e la piccola spiaggia

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sabbiosa, ma non le trovò familiari.Gli sembrava di essere ancora

sull'isola di Three Fingers, occupatoa battere la boscaglia insieme agliuomini di Di g Trury e ossessionatodalla crudeltà di Luke Kittinger chesi era unito alla caccia con lasperanza di poter soddisfare la suabrama di sangue. Non avevanotrovato né Rory né la ragazza.Quando alle tre del mattino avevanomesso fine alle ricerche, Di g Truryaveva parlato chiaro. «Rory è unavecchia volpe e si sarà cacciato inqualche buco noto soltanto a lui. Non

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ci rimane che aspettare e acciuffarloquando uscirà dal suo nascondiglio,ovunque esso sia.»

Webbe si strofinò una mano su unaguancia e strizzò gli occhi davantialla luce abbagliante della baia. Ungabbiano si calò improvvisamentesull'acqua in cerca di preda. Ripensòa Lucy Gannon e alla breve visita chele aveva fatto la sera prima. Avevaaccolto la notizia con calmaapparente, ma lui aveva incaricatouna vicina di rimanerle accanto neiprossimi giorni. Ovviamente non leaveva raccontato tutti i particolari,

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non le aveva detto cioè di come Merlfosse morto poco prima di un'oraaddietro e di come il suo corpo fossestato schiacciato contro il capannonedall'assassino, preoccupato dicelarlo almeno temporaneamente.

L u k e era stato come semprevolgare e arrogante. Webbe feceinvolontariamente una smorfia,ricordando la scena disgustosa.Secondo Kittinger era tuttochiarissimo. Gannon si era recato aiThree Fingers per spiare, esaltato dauna promessa o da un sospetto ormaisepolto nel suo cervello. Non si era

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avvicinato alla casa principale. Erarimasto in attesa di qualcosa. Invecedi recarsi a parlare immediatamentecon Luke, come sua intenzione, avevaevitato la villa e si era trattenuto neipressi del riparo per le barche. Siera quindi imbattuto in Rory,nascosto lì in attesa del calar dellanotte per poter attentare alla vita diKittinger. In un momento di panico,Rory aveva pugnalato il vecchio e neaveva frettolosamente nascosto ilcorpo. Era tutto semplice. «Ma ionon ci credo», pensò Webbe.

Si era appena rasato e stava

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facendo la doccia quando udìsbattere la porta principale. S'infilòun paio di pantaloni di gabardine blue attraversò il lungo soggiorno. Entròin cucina e si fermò sulla soglia.

«Che fai qui?» chiese severamente.Stella Kittinger si voltò e sorrise,

con in mano una spatola.«Ho sentito il rumore della doccia

e ho pensato di prepararti lacolazione.» Ruppe alcune uova inuna casseruola. «Non tenermi ilbroncio. Come le vuoi?»

Sembrava far parte della luce delmattino con i suoi splendidi capelli

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biondi e gli occhi color ambra.Indossava un vestitino cortissimo aspina di pesce bianco che le lasciavascoperte le lunghe gambe affusolate.Un braccialetto d'oro le tintinnava alpolso. Era splendida e a Webbe simozzò il fiato in gola.

«Niente bacio per la cuoca questamattina?» fece, imbronciata.

«Non dovresti essere qui», dissecalmo.

«Ma non potevo aspettare divederti.»

«Non qui», insisté.Ella inarcò un sopracciglio,

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divertita. «Paura, tesoro?»«Non mi va. O non voglio»,

rispose. «Non è rimasto niente franoi e lo sappiamo tutt'e due. Quel chenon so è perché ti ostini a recitarequesta commedia.»

«Tesoro, sei sconvolto per quelche è successo ieri sera. Per via delpovero Merl.»

«Sì, sono sconvolto», ammise cupoWebbe. «Non è stato Rory aucciderlo.»

I suoi occhi sembravano colordell'oro alla luce del sole. Si morseil labbro inferiore. «Come puoi

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esserne tanto certo, Davey?»«Rory non avrebbe mai ucciso

Merl Gannon, per nessuna ragione almondo.»

«Ma ieri sera hai riferito allapolizia che eri certo che Rory sapevache il corpo era nascosto sotto lacasa.»

«Non ho ancora una risposta perquesto», ribatté Webbe. «Perché seivenuta qui, Stella? Voglio saperlo.»

«Per vederti, per parlarti, persapere che cosa provi.»

«Luke sa che sei qui?»Aggrottò la fronte. «Sei stato

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sciocco a litigare con lui ieri sera.Hai visto la prima edizione delJournal questa mattina? Fa apparireil tuo articolo come opera di undilettante.» Ridacchiò. «PoveroDavid. Su, dagli un'occhiata. Ne houna copia in macchina. La colazionesarà pronta in un batter d'occhio.»

Webbe uscì. Il caldo stavacalando, tuttavia i sedili di cuoioverde della Cadillac decapottabileverde cedro di Stella scottavano altatto, quando raccolse il giornalepiegato in quattro.

Il Journal aveva ripreso vita.

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Webbe diede una scorsa ai titoliche spronavano alla cattura di Rory.Lesse solo qualche riga dell'articolo.L'intestazione era sufficiente. Sel'incitamento trovava eco a PrinceJohn, allora era meglio che Rory sela desse a gambe, e il più in frettapossibile. Webbe accartocciò ilgiornale e tornò nel bungalow.

Stella aveva preparato la tavolavicino alla finestra. Aveva un sorrisodivertito. «Non prendertela tanto,tesoro. Ormai dovresti aver capitoche genere di giornale piacepubblicare a Luke.»

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«Non è vero niente», protestòWebbe con voce roca.

«Ho attraversato la città, venendoqui. L'edizione è già in vendita.Scoprirai che è inutile metterti controLuke in questo modo.»

«Non ho altra scelta.» Poi guardòla sua figura dorata. «Non è così?»

Lei. si limitò a sorridere.«Non è così, Stella?» ripeté.«Dipende se mi ami ancora o

meno, David.»«Non ha niente a che vedere con

questo.» Non riusciva a leggerlenegli occhi. «Stella, sei sicura di non

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aver visto Merl Gannon ieri sera?»«Sono rimasta in città tutto il

giorno. Capisco che non è ilmomento di parlare di noi. Seitroppo sconvolto per Rory e perMerl Gannon. David, conosci quellacasetta sulla spiaggia che s'eracostruita l'architetto, a norddell'isola, prima che L u k e larilevasse? Incontriamoci lì nelpomeriggio. E non scrollare il capo,ti prego. È importante. Ho da dirti unsacco di cose, e forse vale la penache ascolti.»

«Ti rendi conto che Luke sa tutto di

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noi?»Scoppiò a ridere. «Certo, gliel'ho

detto io.»«Perché?»«Una sera in cui si comportò

particolarmente male, persi ilcontrollo di me stessa. Volevoferirlo; così gli dissi perché l'avevosposato e come avevo predispostotutto. Gli dissi anche che tu eri il solouomo che avessi mai amato e cheamerò sempre.»

«Ma non mi ami», concluseWebbe. «Se mi avessi voluto bene,non avresti mai sposato Luke.»

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«Te lo dimostrerò», disse piano.«Te lo proverò. Incontriamoci questopomeriggio, David. Alle tre. Ti amo.Te lo giuro.»

Le sue mani gli attirarono il visoverso il suo. La sua bocca era caldae irresistibile.

Webbe udì un rumore proveniredalla soglia e spinse da parte Stella.Hilda Brewster stava impietrita sullaporta con gli occhi sbarrati e il visopallidissimo. La luce del soleilluminava i suoi capelli color ramee egli udì la morbida risata di Stellaquando disse: «Hilda...»

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Senza una parola, ella si girò ecorse via. I suoi passi risuonaronosulla passerella di legno che portavaal viale carrozzabile e dopo unattimo sentì la macchina mettersi inmoto e partire rumorosamente. Sigirò verso Stella che stavaraccogliendo la borsetta dicoccodrillo bianca. «Che cosa leavrà preso?»

«Tesoro, la signorina Brewster èuna sciocca. È gelosa, naturalmente.»

«Gelosa?»«Di me, caro.» Sorrise e accarezzò

il viso di Webbe. «Sei così ottuso,

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David. Devo andare adesso. Nondimenticarti, alle tre.»

La osservò partire a bordo dellaCadillac verde. Sentiva ancora la suabocca sulla sua. Si versò un'altratazza di caffè nero. Non spirava unalito di vento sulla superficiecristallina della baia. Gli alberi disicomoro vicino al bungalowapparivano grigi e senza vita nellacalura intensa. Webbe rabbrividì.Stella riusciva ancora a fargliquell'effetto.

Telefonò al Cal l e parlò con lasignorina Honeyman, segretaria di

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Gannon d a vent'anni e le diede leistruzioni per il necrologio in ricordodi Merl Gannon. La voce allarmatadella signorina Honeyman glidomandò se aveva visto il Journal.Le rispose di sì e aggiunse chesarebbe andato in ufficio prima dimezzogiorno, poi riattaccò.

* * *

Il tribunale era un grande edificio

in muratura del 1880, situato difronte al parco, nel centro della città.L'ufficio di D i g Trury aveva una

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parete di finestre a volta, tutteimpolverate e sui davanzali tubavanonumerosi piccioni. Il piccoloventilatore smuoveva l'aria pesantedella stanza, rendendo Webbemaggiormente consapevole del grancaldo.

«Sono a vostra disposizione fra unminuto, Davey», disse Trury. Losceriffo aveva l'aria di non averchiuso occhio. Indossava la suasolita cravatta nera, la camiciabianca dal collo alto e la giacca dilino. Webbe si accomodò in un'ampiapoltrona di quercia e guardò l'altro

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uomo presente nello studio, FredYates, un secondino della prigione.Yates era un ometto grassottello, conle mani paffute e il naso schiacciato.La sua faccia tonda brillava disudore e i suoi occhi roteavano infretta come se volessero sfuggire alglaciale interesse dello sceriffo.Trury stava dicendo:

«Senti Fred, togliti dalla testa cheio ce l'abbia con te. Sei l'unico chemi può aiutare e desidero che turisponda a alcune domande. RoryWebbe è fuggito dalla cella inmaniera piuttosto insolita, e io voglio

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sapere cos'è accaduto».«Non è accaduto niente, Dig»,

rispose Yates, agitando le manigrassocce in segno di protesta. «Noncapisco perché sospettiate che siaavvenuto qualcosa di strano. Rory èun tipo svelto, come ammettete voistesso. Nessuna prigione riuscirà maia tenerlo rinchiuso.»

«Ma come ha fatto a scappare?»«Non lo so, ovviamente. Deve

aver trovato la chiave da qualcheparte. Forse gliel'ha fatta avere OpalHaynes. Andava spesso a trovarlo.»Gli occhi di Fred Yates sfiorarono

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Webbe. «A parte l'editore, quipresente, Rory non riceveva altrevisite.»

«Ti manca qualche chiave?» glichiese Trury.

«No, signore.»«Non te n'è mancata nessuna

neppure per breve tempo la settimanascorsa?»

« No , Di g. Ve lo giuro, non socome ha fatto a fuggire», si difeseYates debolmente. «Abbiamoaccompagnato all'uscita il signorWebbe, qui presente, e poi, durante ilgiro di controllo, abbiamo trovato la

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cella di Rory aperta. Si è dissoltocome un fil di fumo.»

Trury si esprimeva con forzatapazienza. «Eppure qualcuno halasciato scappare Rory. Webbesostiene di non saperne niente e tudici la stessa cosa, ma io insisto persapere come sono andate le cose.»

«Non ha senso, ecco tutto, Dig.»Trury sospirò. «E va bene, Fred, ci

vediamo domani.»Il grasso secondino uscì

dall'ufficio, risollevato. Trury allentòil cinturone della pistola. Webbeaccese due sigarette e gliene allungò

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una.«Non sono stato io a dar la chiave

a mio fratello», dissetranquillamente, «se è questo chepensate.»

«Io non penso niente; stosemplicemente brancolando nelbuio», gli rispose Trury. «Abbiamocercato Rory e la ragazza per tutta lanotte e Kittinger mi ha dato parecchiofilo da torcere. L'unica cosa che nonè andata storta finora è con JoeOliver. E dobbiamo ringraziare voiper questo. Joe è tornato a casa dasua moglie, ma è terribilmente

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avvilito. In ogni modo dice che sisente meglio.» Trury sorrise.«Questo, però, non aiuta molto vostrofratello dal momento che il Journall'ha condannato per l'uccisione diMerl Gannon.»

«Faranno molta pressione su divoi, Dig.»

«Hanno già incominciato. Ilsenatore Holmes mi ha telefonatoquesta mattina presto. Vuole che siagisca. Ordine e Legge. Sapetecom'è.»

Webbe annuì. «Niente di nuovo suGannon?»

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«Abbiamo ritrovato la suamacchina. Era finita fuori in fondoalla massicciata, da questa partedell'isola. È precipitata in acqua dacirca quattro metri. Ho mandato arecuperarla, ma non credo ci aiuteràmolto.» Gli occhi stanchi di Truryscrutavano Webbe attentamente.«Non vi arrabbiate, Davey, ma sonocostretto a chiedervelo. Dopo Roryvoi conoscete quest'isola meglio dichiunque altro a Prince John. Vi cirecavate spesso a giocare. Avetedunque idea di dove possanascondersi Rory in questo

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momento?»«No.»«Secondo voi, allora, dove

potrebbe essere, Davey?»Webbe si alzò. «Non credo che ve

lo dirò, Dig. Merl Gannon era comeun secondo padre per me, e io, più divoi, desidero che l'assassino vengacondannato. Ma non voglio vederpenzolare Rory da un lampione conla folla urlante e inferocita disotto.»

Trury era irritato. «Nessuno glimetterà un dito addosso. Vi do la miaparola!»

«Non mi sento di rischiare», gli

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rispose Webbe, ostinato.«Allora sapete dove si nasconde?»«Penso di poterlo trovare», gli

disse.

CAPITOLO VIII Webbe era contrariato quando

lasciò l'ufficio dello sceriffo. Sapevadi essere sospettato per la fuga diRory. Nessuno lo seguì, comunque,quando girò attorno al piccolo parcoe tornò alla redazione del Call. Eraquasi mezzogiorno. Ventiquattr'oreprima Merl Gannon l'aveva pregato

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di non rammaricarsi per quanto stavaaccadendo al loro giornale. AdessoMerl era morto.

La signora Honeyman gli andòincontro quando salì di sopra. Avevagli occhi rossi e gonfi:

«Signor Webbe, scusate, ma cosadobbiamo fare?»

«Pubblichiamo il giornale come alsolito, Cos'altro possiamo fare?» Leaccarezzò le spalle ossute. «Dite insala stampa di tenermi quattrocolonne libere per l'articolocommemorativo.»

«Sì, signor Webbe.» Poi,

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allontanandosi, aggiunse: «C'è unsignore nel vostro ufficio, pare cheabbia scritto anche lui l'articolo difondo. Mi ha detto che lavorava convoi a New York».

«Henry Paul Plumm?»«Sì, signore. Mi pare, be', è un po'

strano.»«Sarà ubriaco.»Spalancò la porta e attraversò

l'ufficio di Merl Gannon collegatocol suo. Fra poco avrebbe dovutorovistare nella sua scrivania e fra isuoi documenti per incarico di Lucy,ma ancora non si sentiva di farlo.

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Henry Paul Plumm sedeva dietro lascrivania e fissava cupamente lamacchina per scrivere. Una bottigliavuota di bourbon, illuminata dallaluce del sole, era posata sul pianodel tavolo. Accanto a essa c'era unacopia aperta del Journal, e quandoWebbe chiuse la porta alle suespalle, Plumm alzò lo sguardo con unsorriso stentato.

«Che fate qui, Henry?» gli chieseWebbe.

«Credo di aver avuto voglia divedere e di sentire l'odore di unavera redazione. L'onestà che si

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respira qui dentro quasi quasi tisoffoca.»

«Henry, dovete smettere di bere!»Plumm abbozzò un altro sorriso.

«È un lubrificante per gli ingranaggiarrugginiti della mia coscienza. Ti hopreparato l'articolo commemorativo.So che non te ne servirai perchépreferisci scriverlo tu, ma vogliomostrarti come dovrebbe essere.»Bruscamente la sua voce mutò e,distogliendo lo sguardo da Webbe,fissò la foschia che avvolgeva labaia al di là della finestra. «Dimmidi ieri sera, David. Mi disprezzi?»

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«No, Henry, non vi disprezzo.»«È stato uno spettacolo poco

edificante per te.»«Scordatevene, Henry.»«Non posso. Avrei dovuto

ucciderlo.»«Avete tentato di farlo?» gli chiese

Webbe.«Cosa?»«Avete tentato di uccidere Luke

ieri sera?»«Può darsi.»«Siete stato voi a sparare a Luke?»«Può darsi.»«Sì o no?»

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«Ero ubriaco.»«Ci avete provato?»«Può darsi.»Webbe ci rinunciò. Plumm si alzò

dalla poltrona e posòmeticolosamente la bottiglia dibourbon nel centro del cestino deirifiuti di Webbe. Poi raccolse i foglidattiloscritti e li fece a pezzi. Lilasciò svolazzare in direzione delcestino, ma i più finirono sulpavimento. Webbe l'osservava.

«David?»«Ho molte cose da fare oggi,

Henry. E sono tutte spiacevoli. Ma

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vorrei portarle a termine.»«Devi cercare pietre per la tua

fionda, David?»«Probabilmente.»«Non preoccuparti. Non ne avrai

più bisogno.»«Non parlate da sciocco.»«Perché no?» chiese Plumm. «Ti

potrei togliere di mezzo LukeKittinger e questo risolverebbe il tuoproblema principale.»

Plumm trasse un profondo sospiro.«O può darsi che lo faccia qualcunaltro», aggiunse.

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* * * Mentre lavorava Webbe sentiva il

telefono squillare costantementenella camera accanto. Di quando inquando udiva la voce della signorinaHoneyman che rispondeva aimessaggi di condoglianza. Non sicurò dello scritto di Plumm finito nelcestino. Questo era un lavoro chetoccava a lui.

Il suo articolo era una sfida apertanei confronti di Kittinger, un appelloalla ragione e alla calma di frontealle scene d'isterismo provocate

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dalle pubblicazioni di Luke . Nonpensava di poter andare lontano, nédi poter salvare il Call dalla rovina,ma doveva tentare.

Lanciò uno sguardo alla cittadinadi Prince John e per un attimo l'odiò.Un'estate, mentre si trovava lì con igenitori, erano avvenuti dei guai conun cittadino fuggito di prigione. Lafolla voleva impadronirsene e nellapiazza si erano radunate numerosemacchine, con le torce accese. Anchelui e Rory si erano uniti alla folla pervedere cosa stesse succedendo:l'eccitazione, il selvaggio pulsare

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della gente urlante e il prigioniero liavevano molto colpiti.

Si era sentito male fra i cespugli,dopo, e così pure Rory. Si rammentòdella calma vergognosa della città edella tensione della gente durata alungo dopo l'accaduto. Ora potevasuccedere lo stesso a Rory.

Webbe raccolse il suo articolo escese in sala stampa. Poi tornò acasa. Il suo bungalow era tranquillo edeserto quando parcheggiò sotto glialberi di sicomoro e entrò. Fece unadoccia fresca che gli procurò unmomentaneo sollievo dal caldo

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torrido che opprimeva la spiaggia.Si preparò la colazione e mangiò,

ripensando a Fred Yates. Dopo averlavato i piatti, si recò nella darsena eslegò la barca.

* * *

Il motore ausiliario spingeva la

piccola imbarcazione sull'acquacristallina. Lo sforzo singhiozzantedei due cilindri riecheggiava lungo ilbasso litorale e un volo di corvi silevò da terra, nero, contro il cieloinfuocato del pomeriggio. Oltre al

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pulsare del motore si udiva il rumoredi un altro mezzo e Webbe alzò losguardo dalla barra del timone. UnBeechcraft a due motori, dipinto diun giallo smagliante, stavasorvolando a bassa quota lasuperficie della baia e si dirigevaverso di lui. Era l'aereo privato diKittinger, ma non riusciva a vederechi lo pilotava. L'apparecchio passò,aumentando di velocità, a pochissimadistanza dall'albero della suaimbarcazione e quindi si sollevò aldi sopra dei vecchi pini checrescevano a pelo d'acqua. Webbe

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rimase ad ascoltare il rombo delmotore che si spegneva, mentre ilvelivolo rallentava preparandosiall'atterraggio sull'isola di ThreeFingers. Spense a sua volta il motoree la barca avanzò dolcemente perforza d'inerzia.

Nel silenzio poteva udire ilcinguettio degli uccelli nel vicinosottobosco e il morbido gorgogliaredell'acqua attorno alla prora.

Uno stretto canale si aprìimprovvisamente davanti a lui.Spostò il timone e l'imbarcazionescivolò nella piccola baia al di là del

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passaggio. La prua raschiòleggermente sul fondo sabbioso anord della piccola insenatura. Eglibalzò giù, buttò l'ancora nella sabbiae rimase immobile, immerso nelsilenzio, nel calore e nella segretezzadi quel luogo calmo e appartato. Labarca rimaneva nascosta dalle grossequerce e dagli aceri striminziti che silevavano lungo la riva. Webbe siaddentrò di qualche metro nellaboscaglia, girando attornoall'insenatura. Le zanzare si levaronoa nugoli, sciamanti e fastidiose.Qualcosa si mosse davanti a lui e

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vide un lampo color marron bruciato.Sapeva di non aver fatto rumore,avvicinandosi, perché l'aereo sopradi lui aveva attutito il rombo delmotore. Quando si trovò nell'internodella piccola baia, cercò la casa.

Sembrava più vecchia e piùpiccola di quanto la ricordasse, conle assicelle di copertura sconnessedalle intemperie. Si ergeva vicinoall'acqua, fra un fitto groviglio diarbusti che la nascondevanoperfettamente. Webbe udì un tonfonell'acqua, seguito dal suono di unavoce femminile e da una risata. I suoi

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occhi distinsero un sentiero ombrosoe coperto di erbacce che correvalungo la riva di un ruscello chesfociava nell'insenatura. Quando sigirò a guardare la barca, non riuscì avederla. Il fogliame rigoglioso lanascondeva completamente. La casasi ergeva su palafitte, al di sopradell'acqua, e da com'era inclinata,Webbe si chiese come non fossecrollata da tempo. Il tonfo che avevaudito era stato provocato da qualcunoche si era tuffato dalla verandainclinata che sporgeva sull'acqua. Siricordò dei tempi in cui lui e Rory

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andavano a tuffarsi lì, in quel luogosegreto e tutto per loro.

Si tenne nascosto fra gli alberi,vicino al piccolo ruscello,osservando la ragazza nuda chenuotava nell'acqua.

Opal.Si muoveva con lunghe e morbide

bracciate, il corpo pallido e ricurvo,occasionalmente illuminato dallestrisce di luce e di ombra che sialternavano sulla superficietranquilla. Si immerse di nuovo equando tornò a galla, rise, scuotendoi capelli biondi e bagnati. Dalla

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vecchia casa non proveniva nessunsegno di vita. Webbe uscì alloscoperto.

«Opal», chiamò.La ragazza aprì la bocca come se

volesse gridare, ma non le uscìnessun suono. Sul suo viso passòun'ombra di paura, e poi di rabbia.Guardò di colpo verso la casa.

«Opal, ti devo parlare.»Ella camminava nell'acqua,

tenendosi nel mezzo della baia.«Sono solo», continuò Webbe.

«Vai a metterti addosso qualcosa. Tiaspetterò qui.»

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La ragazza sparì alla vista,nuotando, e girò sull'altro lato dellacasa. Poi riapparve nell'acqua,trascinandosi dietro un asciugamanogiallo. Nuotò direttamente indirezione di Webbe e uscì,avvolgendosi l'asciugamano attornoal corpo con voluta lentezza. La suabocca era piegata in un causticosorriso mentre lui posava lo sguardosul suo viso.

«Quando capirai che Rory nonvuole nessun aiuto da te? E poi comehai fatto a trovare questo posto?»

«Rory e io ci venivamo spesso da

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ragazzi. Avevo il sospetto che fossequi, ecco tutto. Sotto la veranda lamarea ha scavato un buco profondo,come una caverna. C'è ancora?»

Era spaventata. «Sì.»«È lì che vi siete nascosti tu e

Rory ieri sera quando la polizia haperlustrato l'isola?»

«Sì. Sei tanto ansioso di fartiuccidere, signor Webbe?»

«Perché dici questo?»«Ma sei tu che imbrogli le cose!

Che arrivi qui in questo modo!»«Sono solo e non ho detto a

nessuno che sarei venuto.»

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«Ebbene, a che cosa staimirando?» gli chiese Opal.

«Voglio parlare con lui. Voglioaiutarlo. E voglio che tu mi dia unamano. Sei innamorata di lui, non èvero?»

Sorrise. «Sono la sua donna.»«Allora desideri il meglio per

Rory, no?»I suoi occhi erano guardinghi.

«Quello che Rory decide, per me vabenissimo. Ci apparteniamo. Siamodella stessa razza, signor Webbe. Ame non importa più nulla di quellaStella Kittinger. Ormai è tornato da

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me. E nessuno me lo porterà più via,capito?»

«Lascia che gli parli allora, Opal.»S'infilò le dita sottili fra i corti

capelli bagnati e sorridendo disse:«Sei molto abile ma completamentepazzo».

«È in casa Rory?»Rise. «È esattamente dietro di te.»Webbe udì Rory dire: «È un bene

che tu sia venuto solo, David.Incomincio ad averne quasiabbastanza di questa storia. Se nonfossi stato solo, credo che ti avreimesso fuori combattimento una volta

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per tutte».

CAPITOLO IX Gli occhi scuri di Rory apparivano

infossati nel suo bel viso e il doloregli aveva scavato delle rugheprofonde che dalle narici gliarrivavano fino agli angoli dellabocca delicata. I suoi capelli nerierano in disordine e aveva addossoun forte odore di sudore e di fango.Portava ancora i pantaloni di telablu, la camicia di cotone e ilcinturone di pelle con la fibbia di

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metallo. Teneva la pistola di Webbenella mano sana e non c'era amicizianel suo sguardo quando si volseverso il fratello. Poi fece un cennocol capo ad Opal.

«Controlla se è armato, tesoro.»«Accidenti, Rory. Fidati della mia

parola.»O p a l lasciò ricadere a terra

l'asciugamano mentre perquisivaWebbe. Negli occhi di Rory sileggeva la crudeltà e il disappunto.Era cambiato, ma Webbe non avevavoluto crederci. O p a l sembravadivertirsi a camminare nuda davanti

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ai due uomini e Rory le lanciò d'untratto un'occhiata minacciosa.

«Torna in casa a vestirti, Opal.Saprei ben io che fare di unasgualdrina come te.»

«Non chiamarmi sgualdrina!»«E allora smettila di comportarti

come tua sorella e cerca di esseredecente.»

«Va bene, vado», ubbidì laragazza.

Attraversò pigramente la spiaggiabagnata dal sole in direzione dellavecchia casa. Webbe resistéall'impulso di guardarla.

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Lo sguardo di Rory era amaro epieno di disprezzo. Il ruscelloaccanto a loro gorgogliavadolcemente.

«Sapevi che ero qui, dunque?» glichiese calmo Rory.

«Sapevo che non potevi averlasciato l'isola con tutti i posti diblocco istituiti dallo sceriffo. Questo

è stato il primo luogo che mi èvenuto in mente.»

«Perché non sei venuto con lapolizia, allora?»

«Volevo parlarti, prima», risposeWebbe. «Non hai scampo, Rory. Ti

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prenderanno prestissimo, oggi stessomagari. E se ti prenderanno saràspaventoso. Tutti sono convinti chesei stato tu a uccidere Merl.»

«Accidenti, sai che non è vero»,protestò Rory.

«Non so più niente, ormai.»Il giovanotto dai capelli scuri

guardò verso la parte di baiascintillante, visibile da lì. Un pescebalzò in superficie e si rituffònell'acqua calma. L'aria era umida epesante. Webbe si sentiva bagnato disudore.

Rory continuò: «Senti, io non

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volevo che accadesse nulla di tuttoquesto. Non avevo intenzione disparare a quell'Oliver. Mi sonolimitato a andare in fabbrica pervedere Opal ! Non so cosa mi hapreso in quel momento. C'era lì tuttoquel denaro e me ne sonoimpossessato, ecco tutto».

«Per farne che?»«Non potevo rimanere in quella

prigione un minuto di più. Ancoraquattordici anni, mi dissero.Quattordici anni in quella cella,Davey. Solo perché a Kittinger eravenuto in mente di imbastire una

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bella storia su di me. Ho riflettuto alungo, Davey. E quando mi è capitatal'occasione, l'ho colta al volo.Quando ho visto tutto quel denaro infabbrica, l'ho preso.»

«E sei venuto qui per fare i conticon Luke, non è così?»

«Sì, volevo ucciderlo», mormoròRory.

«E ora non più?»«Ora voglio soltanto andarmene.

Non so cosa sta succedendo. Non soniente di Merl. È sempre stato moltobuono con noi. Non gli avrei maifatto del male, anche se ne avessi

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avuto motivo. Io voglio soltantoandarmene da qui.»

«E come credi di poterlo fare?» glidomandò Webbe.

«Pensavo di potermi serviredell'aereo di Kittinger. Possoobbligare Trotter a pilotarlo per me.Con questa», disse Rory, alzando lapistola e sorridendo, bieco. «Èl'unico modo che mi rimane perpotermi allontanare il più in frettapossibile.»

«Scappare non servirà che apeggiorare le cose, Rory.»

«Vuoi che mi costituisca? Che

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Kittinger mi spari addosso come a uncane rabbioso? O che la folla diPrince John mi linci?»

«No», rispose Webbe. «Nonvoglio niente di tutto questo. Fidati dime. Se la polizia ti prenderà ora, nonsarà facile, lo so. Ma...»

«Non mentirmi», l'interruppe Rory.«Non sto mentendo. Ti potrei

nascondere da qualche parte finchénon avrò fatto un patto con Dig Trury.È la tua unica via di scampo, Rory.»

Rory non rispose. Webbe osservòOpal attraversare il ruscello e venireverso di loro. Si era infilata una

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gonna a quadretti e una camicia dauomo azzurra e i suoi capelli biondibrillavano umidi alla calda luce delsole. Sentiva che Rory era vigile, alpari di un animale.

Guardò di nuovo Opa l . Si erafermata con il corpo teso come sefosse in ascolto. Rory aggrottò lafronte.

«Opal?»«Stai zitto», disse piano.Lo sguardo di Rory errò sulla

boscaglia. Gli si erano tirate le cordedel collo, rispondendo a un impulsoprimitivo. Anche Webbe tese

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l'orecchio e dapprima non sentì nulla.Il ruscello riempiva l'aria tranquillacon il suo pigro gorgoglio. Poi udìl'acuto e distante abbaiare dei cani.

Rory aspirò profondamente e sigirò verso Webbe, passandosi lalingua sulle labbra e agitando lapistola.

«Hai detto allo sceriffo dovepoteva trovarmi, Davey?»

«No», rispose Webbe.Il rumore dei cani si fece più

distinto. Opa l corse verso di lorolungo la spiaggetta ciottolosa, conuna espressione terrorizzata sul

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volto. Rory emise un suono gutturalee si girò a guardare il sentiero chepenetrava nell'entroterra. Non sivedeva niente. Attraverso il foltodegli alberi, Webbe distinse il romboirregolare di una macchina el'occasionale grido di un uomo.

«Ti hanno visto venire qui,Davey?» gli chiese Rory con vocerauca.

«L'aereo ha visto la barca»,rispose Webbe, prendendo unarapida decisione. «Tu e Opalbuttatevi in acqua.» Incominciò astrascicare i piedi sulla sabbia

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ruvida, muovendosi rapidamente. «Icani non vi sentiranno in acqua.Potete tornare nella caverna sotto ilportico?»

«Certo, ma non servirà a niente selascerò qui te a informarli, Davey.»

«Non avete scelta», risposeduramente. «Se mi hanno vistodall'aereo, sanno che sono già qui.Deciditi, Rory.»

Il viso di Op a l era cadaverico.«Su, Rory, dobbiamo tentare», glidisse, incalzante.

«E va bene», fece Rory, fissandoWebbe rabbiosamente. «Ricordati,

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Davey, tengo la pistola puntata.Cerca di non commettere passifalsi.»

Rory entrò faticosamentenell'acqua, seguito da Opal. Webberiprese a calpestare la sabbia percancellare le loro impronte, e risalìlungo il ruscello. Rory e la ragazzaavanzarono a guado nell'acqua,finché non arrivò loro ai fianchi, poisi tuffarono e sparirono fra le ombrescure del sottoportico. L'increspaturalasciata dal loro passaggio sidissolse sulla spiaggia ciottolosa.

Webbe attese, guardando verso il

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sentiero che si snodava fra i boschi.Un grosso cane danese apparìimprovvisamente fra il fogliame, conla bocca spalancata e i denti che glibrillavano nelle gengive rosse eavide. Nello scorgere Webbe sullaspiaggia, emise un latrato di trionfo.Un altro cane, poi un altro ancora,apparvero dopo di lui.

Unita, la muta di cani si girò dallasua parte e gli si precipitò contro.

Il danese si sollevò da terra con.un balzo poderoso e le faucispalancate. Webbe si abbassò, ma ilcorpo pesante dell'animale lo colpì

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alla spalla, facendolo cadere inginocchio. Vide il cane librarsi amezz'aria per ridiscendere sopra dilui. Gridò, ma l'urlo gli si fermònella gola. Un altro cane gli balzòaddosso e gli afferrò la manica dellacamicia, strappandogliela. Il daneselo caricò nuovamente. Webbe diresseil pugno verso la testa dell'animale,colpendogli le fauci con le nocche.La muta gli si avventò contro un'altravolta e lo fece vacillare indietro conla forza della propria mole e egligridò di nuovo, terrorizzato. Finì inacqua e ciò impedì ai cani di

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muoversi liberamente e di attaccarlo.Poi, al disopra del tumulto dellebestie si udì lo squillo acuto di unfischietto. I cani si ritrassero.Webbe, con l'acqua che gli arrivavaalla vita, guardò verso la spiaggia.

Numerosi uomini stavano saltandogiù da una jeep che avevano spintonella boscaglia fino all'imboccaturadella piccola baia. Altri stavanogiungendo di corsa dal sentiero,armati di pistoloni e di fucili dac a c c i a . D i g Trury richiamò glianimali, fischiando di nuovo, e essisi ritirarono, riluttanti, dal punto in

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cui Webbe emergeva dall'acqua.«Venite fuori di lì», gli gridò lo

sceriffo.Webbe guardò lentamente il

ruscello fino alla spiaggia. Glitremavano le gambe e faceva fatica arespirare. I cani lo circondarono,ringhiando, ma non effettuarono altriattacchi. Guardò verso la jeep e videL u k e che ne scendeva in quelmomento.

«Cosa diavolo state facendo qui,Webbe? Questi cani avrebberopotuto ammazzarvi», gridò. «Nonsapete che stiamo perlustrando

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l'isola?»«No, non lo sapevo», rispose

Webbe.«Cal vi ha visto dall'aereo. Perché

siete venuto qui?» gli chieseKittinger, sospettoso. «Vostrofratello si trova in quella casa?»

«Guardate da voi», gli risposeWebbe.

Kittinger era imbronciato. La suafaccia rossa e grassoccia si volse dinuovo verso la casa semidiroccatache si piegava sull'acqua. Indossavauna camicia kaki macchiata disudore, pantaloni da cavallerizzo e

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lucidi stivali inglesi. Una Colt 45dall'impugnatura d'avorio gli battevasulla coscia.

«I vostri uomini hanno giàperquisito la casa, sceriffo?»domandò.

Trury guardò Webbe con occhi chenon erano né amici né nemici. «Statebene, Davey?»

«Sì, grazie.»«Come mai siete approdato qui?»«Avevo un sospetto, nient'altro.»«Pensavate di trovare Rory in

questa casa?»«Sì, pensavo che potesse esserci,

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ma non sono ancora entrato.»Kittinger disse, impaziente:

«Sceriffo, stiamo perdendo tempo».«Rory non andrà lontano, signor

Kittinger. Sarebbe meglio lasciarfare ai miei uomini. Sanno quel chefanno.»

La voce di Kittinger era dura.«Volete affermare che io non lo so?»

«Volevo soltanto dire che nonstiamo giocando. Rory Webbe puòessere pericoloso. Permettete che siaio a dare gli ordini.»

«Non c'è necessità d'essereinsolenti.»

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«Non intendo esserlo.»«Questo luogo è di mia proprietà,

è la mia isola.»«E noi stiamo inseguendo un

nemico pubblico, o almeno è cosìche l'ha definito il vostro giornalequesta mattina, signor Kittinger.»

Gli altri agenti li osservavano consorrisi furtivi. Kittinger si strinsenelle spalle. «Mi ricorderò delvostro comportamento, sceriffo. Maper il momento siete voi checomandate.»

«Grazie», rispose Truryseccamente. «Andiamo.»

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Webbe attese sulla spiaggia,mentre Trury e Kittinger guidavanogli uomini verso la vecchia casasgangherata. Si muovevano veloci,ma cauti, con le pistole pronte. Igabbiani gridavano sullo strettocanale dove la marea formava unflusso costante di corrente.

Kittinger attraversò il portico espalancò la porta con un calcio. Losceriffo lo spinse bruscamente daparte e entrò per primo. Webbe udìdei rumori attutiti proveniredall'interno. A ogni istante siaspettava di sentire un grido di

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esultanza e il colpo della pistola cheavrebbe finito Rory. Stava sotto ilsole e aspettava.

Di g Trury uscì per primo. Il suovolto magro non gli diceva nulla.Uno degli agenti si piegò oltre laringhiera del portico e sputò deltabacco nell'acqua. Un altro scesesulla spiaggia e si chinò sulla sabbiaper scrutare l'oscurità al disotto delportico. Rimase a studiare le ombreper un'eternità. Poi chiese qualcosa aTrury e tornarono tutti dove sitrovava Webbe.

«E va bene, Davey», disse Trury.

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«Dov'è?»«Non lo so», rispose Webbe.«Non lo sapete, o non lo volete

dire?»«Non lo so, e basta.»«Non fate lo stupido, Davey. Ve

l'ho detto. Avete la mia promessapersonale che farò tutto quanto misarà possibile per aiutare Rory. Nonè sufficiente?»

«No, Dig.»I cani annusavano, instancabili, le

impronte lasciate dai piedi di Webbesulla spiaggia. Cercò di nonguardarli. Trury guardava dall'altra

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parte della insenatura. «D'accordo,Davey», disse lo sceriffo. «Portatevia la vostra barca. Subito, e nontornate più qui.»

Webbe annuì. Giratosi, siallontanò dagli agenti in piedi sullariva. Quando ebbe quasi raggiunto lasua barca, nascosta dagli alberi, udìpartire la jeep. Tirò su l'ancora dallasabbia e liberò la barca, poi, aguado, la raggiunse e vi saltò dentro.Mentre metteva in moto il motoausiliario, scorse Trury che aspettavasulla spiaggia.

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* * * Webbe si diresse a nord,

sull'acqua trasparente, e approdò alriparo per le barche di Kittinger acirca un miglio di distanza. Erano ledue del pomeriggio. L'aria eraimmobile. In giro non si vedevanessuno.

Legò saldamente la barca e fissòcon curiosità la ringhiera spezzatadove Rory l'aveva attaccato la seraprecedente. Poi entrò nel capannone.Passare dall'abbagliante luce delsole all'atmosfera umida e oscura che

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vi trovò, lo fece rabbrividire. Unpiccolo motoscafo lucido galleggiavasotto il riparo coperto insieme a und i n g h y. Gli accessori cromatimandavano a tratti rapidi eimprovvisi bagliori sull'acquatranquilla. Una rampa di scale dilegno portava all'appartamentosuperiore dove una porta chiusa achiave gli sbarrò il cammino. Tentòdi aprirla ma, non riuscendovi, uscìdi nuovo all'aperto.

La casa appariva d'un biancoabbagliante sul poggio sovrastante labaia. La spiaggia era deserta. Risalì

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il sentiero attraverso il prato e entrònell'edificio dalla porta di servizio.

In cucina trovò Hilda Brewster. Lacolazione era stata disposta su unoscaldavivande d'ottone e era tenutapronta per quando avesserodesiderato servirsene. Il pavimentodella cucina era di piastrelle rosse e,oltre ai rilucenti apparecchi elettrici,c'era una vecchia cucina a carbone diferro nero e di nickel. Le finestre siaprivano su una terrazza che davasulla spiaggia e Webbe capì cheHilda doveva averlo tenuto d'occhiomentre si avvicinava alla riva.

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Indossava un copricostume diciniglia bianco dal quale spuntavanole lunghe gambe affusolate eabbronzate. Un nastro azzurro letratteneva i capelli rosso tiziano e uncostume da bagno, pure azzurro, glirivelò sorprendentemente unastupenda figura allorché ella si volsea fissarlo, con sguardo tutt'altro cheamichevole, mentre prendeva postosullo sgabello accanto al suo.

«Bene, sei venuto a fare la pacecon Luke?» gli chiese. «O per vederedi nuovo Stella?»

«Per nessuno dei due», rispose

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Webbe.«Cosa ti ha detto Stella di me

questa mattina?»«Niente.»«Non ti ha per caso detto qualcosa

a proposito dei sentimenti che nutroper te?»

«Hilda, smettila.»«Devi proprio venire qui a casa di

Luke per incontrarla?»«E va bene, la devo vedere di

nuovo», rispose Webbe. «La vedròancora una volta e questa saràl'ultima.»

«Non ti credo.»

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«Lo vorrei tanto.»«Quel che credo non può fare

differenza. Non ho intenzione diinterferire», dichiarò Hilda. «Ma nonriesco a fingere che non mi importi.»

«Ne sono felice», disse Webbe.«Perché conti molto per me.»

Si chiese perché non le avesse maiprestato eccessiva attenzione. PoiHilda disse: «Ti prego, David, nonparliamone più».

«Mi credi che questa sarà l'ultimavolta che vedrò Stella?»

«Voglio farlo», rispose calma.«Più di ogni altra cosa al mondo.»

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«Bene.»Si inoltrò, solo, attraverso la casa

silenziosa e uscì dalla portaprincipale. Seguì il viale, oltre ilcancello in muratura, poi girò adestra lungo un sentiero cheattraversava l'isola fino al campo diatterraggio privato di Luke. Ripensòa quanto aveva detto e provatodurante la sua conversazione conHilda e si sentì meglio.

Affrettò il passo.L'aereo giallo era parcheggiato

davanti al granaio che fungeva dahangar.

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Al di là del campo la stradapiegava a nord e la seguì, accaldato,osservando uno stormo di corviappollaiati su alcuni pini. Ilsottobosco si andava assottigliandofinché non raggiunse una zonadell'isola particolarmente bassa esabbiosa.

Il luogo che cercava si trovava incima a un promontorio lambito dallamarea che dominava un'ampia curvadella baia e la spiaggia. Un modernobungalow con tettoia stavaabbracciato a quel tratto di terrenomalsicuro, esposto al vento gelido e

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al sole intenso. Questo era il luogodove Stella gli aveva datoappuntamento per le tre.

La sua decapottabile verde non erain vista, né scorse nessun altromentre avanzava nella sabbia indirezione della casetta. La portaprincipale dava sulla baia. Non erachiusa a chiave.

La stanza era arredata con divani etappeti di stuoia. C'erano un grancamino in pietra in un angolo ealcune vetrate che lasciavanopenetrare la luce violenta del soleche si rifletteva sul. pavimento a

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mattonelle. Pesanti tendaggischermavano le finestre che siaprivano a oriente. Webbe si girò aguardare la spiaggia attraverso laporta aperta. Lontano, sulla baia, unabarca a vela si piegava alla brezzache risparmiava l'entroterra e unaboa rossa dondolava fra le onde aqualche centinaio di metri dallaspiaggia. Vedeva tutto chiaramente edistintamente.

Si girò di nuovo e chiamò:«Stella».

Non ottenne risposta.Udì un debole scalpiccio

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proveniente dalla stanza attigua. Ilrumore non si ripeté. Si avvicinò albar e l'aprì, trovando un notevoleassortimento di bottiglie di liquore;poi spalancò l'armadio a muro, a latodel caminetto. La prima sezione eravuota. Nell'altra trovò invecenumerosi accappatoi, sandali daicolori sgargianti, un succinto costumeda bagno da donna e una borsetta ditela azzurra. Appartenevano a Stella?C'erano anche un accappatoio e unpaio di sandali da uomo.

Si aprì la porta della camera daletto e comparve Henry Paul Plumm,

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diretto verso l'uscita. Webbe siprecipitò in mezzo alla stanza,afferrò Plumm per un braccio e lofece ruotare su se stesso. Plummcadde, rimbalzando, su uno deigrandi divani.

«Che significa tutto questo?»chiese Webbe. «Da dove venite?»

Il respiro di Plumm era ridotto a undebole sibilo. Aveva il viso copertodi sudore. Deglutì. Poi disse:«Vattene da qui, David».

«Che c'è? Siete nei guai?»«In un mare di guai. Non sono stato

io, ma nessuno mi crederà.»

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«A che fare?»«O chi crederà a te, se è per

questo?»Webbe sentì una punta di terrore

alla gola. «Rimanete dove siete,Henry.»

«Non fare lo sciocco. Vieni viacon me.»

«Rimanete lì.» Webbe balzò inavanti, poi si arrestò. Plummstringeva in mano un piccolorevolver. «Che fate con quellapistola, Henry?»

«Non lo so.»«Dove l'avete trovata?»

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«L'ho raccolta.»«Datemela», gli ordinò Webbe.Plumm gliel'allungò. Tremava

violentemente. Webbe soppesòl'arma nella mano. «Rimanete lì»,ripeté.

Era arrivato fin sulla soglia dellacamera da letto, allorché Plumm sialzò e corse verso la portad'ingresso. Stringendosi nelle spalle,Webbe entrò nella stanza.

Le tende erano tirate alle finestre el'aria era calda e pesante. Era unanormale camera da letto, arredata piùper il giorno che per la notte, benché

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lui avesse supposto che la casa fossestata abbandonata dopo che Kittingerl'aveva rilevata dal proprietarioprecedente. Webbe si rese conto chestava ancora stringendo la pistolasottratta a Plumm e la scaraventò sulletto. Poi s'inoltrò nella stanza.Allora vide il cadavere allungato frail letto e le finestre.

Luke Kittinger era stato colpito abruciapelo in pieno viso.

CAPITOLO X

Avrebbe voluto uscire

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immediatamente dalla stanza emettersi a correre come Plumm. Matrasse un profondo sospiro e si sforzòdi rimanere dov'era e di guardare ilcadavere.

Da come Kittinger era caduto, ilproiettile doveva averlo colpitomentre stava seduto sul bordo delletto. La sua mano pesante einanellata doveva aver tenuto strettoun angolo del cuscino mentre venivacolto dagli spasimi della morte.Indossava ancora la camicia kaki, ipantaloni da cavallerizzo e i lucidistivali inglesi. La Colt

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dall'impugnatura d'avorio era infilatanel fodero. La pallottola gli erapenetrata proprio al disotto dellozigomo sinistro. In giro non c'eramolto sangue.

Webbe rimase lì, fermo, aascoltare il pulsare ritmico delle sueorecchie. Guardò l'orologio e videche erano le tre precise. Incominciò aindietreggiare lentamente fin fuoridalla stanza.

Udì una macchina sopraggiungerelungo la spiaggia e balzò allafinestra. Era la decapottabile verde.Guidava Stella. Attraversò il tratto

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sabbioso, posteggiò davanti allaporta e scese.

«Puntualissima», l'accolse Webbe.«Grazie, tesoro.» Si alzò in punta

di piedi per baciarlo, gli accarezzòuna guancia e gli si appoggiòleggermente addosso. «Ho cercato difare in fretta.»

«Non sei arrivata in tempo lostesso», replicò Webbe.

«È tanto che mi aspetti, amore?»La sua voce era normale. Nulla era

mutato nel suo aspetto. Poi chiese:«Qualcosa che non va? Hai un'ariacosì strana!»

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«Sì.»«Che c'è, David?»«Meglio che guardi da te», le

rispose.La lasciò entrare per prima nella

stanza. Lei esitò, ma non rivelòriluttanza o alcunché che mostrasseche era in qualche modo preparata aquanto avrebbe visto. Webbe studiòil viso dorato di Stella mentrespalancava la bocca e sbarrava gliocchi. Ascoltò il gridolino che leuscì dalla gola serrata e osservò ilmodo in cui levò la mano, quasi avoler allontanare la vista del corpo

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di suo marito. Tutto regolare. Ne eraconvinto.

Quando incominciò a scivolare sulpavimento, l'afferrò per la vita e,sostenendola, la costrinse a tornarein salotto. Ascoltò il tono sconvoltodelle domande sussurrate a fior dilabbra, senza però riuscire adistinguere le parole.

«Scusa, Stella. Non stavoriflettendo. Quando sono arrivatoqui, l'ho trovato a quel modo.»

«Davvero?» mormorò.«Sì.»Ella rabbrividì, ma ormai non

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aveva più bisogno di essere sorrettae egli le tolse il braccio dattorno.«Dammi qualcosa da bere, perfavore.»

Trovò del bourbon e due bicchierinel bar e li riempì velocemente. Leirimase sulla soglia a fissare laspiaggia e la baia, con le dita unitedavanti a sé. Webbe non riusciva acapire l'espressione della sua faccia.

«È stato Rory, vero?» stavadicendo. «Dobbiamo avvertire lapolizia. È stato Rory a ucciderlo.»

«Non credo», rispose Webbe.«Ma chi altri avrebbe potuto

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farlo?»L'esitazione di Webbe fu fatale.

Vide la strana espressione del suovolto mentre si allontanava da lui diun passo. «David, non sarai...»

«Mio Dio, no!» si difeseaspramente, con voce alterata. «Nonpensarci neppure, Stella.»

«Ma tu eri qui con lui...»«Era già morto quando sono

arrivato.»«E ti odiava. Voleva rovinarti.

Aveva detto a tutti, questa mattina,che non si sarebbe dato pace finchénon avesse distrutto il tuo giornale e

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tutto quanto ti apparteneva.»«Stella...»«Avete litigato, David? Ci stava

aspettando quando sei arrivato qui?Doveva averci scoperto. Forse èstato Cal Trotter, forse l'ha mandatoqui Cal. Se Luke ti ha spinto asparargli...»

Webbe la schiaffeggiò. Ella sbarrògli occhi e si ritrasse, aggrappandosialla porta. Aveva lo sguardoimpaurito e la bocca contratta. Egli sisentiva male.

Le passò accanto e uscì al sole.Mosse qualche passo, poi si sedette,

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stringendosi le ginocchia e fissandosenza espressione la baia luminosa.Si sentiva gelare, nonostante il calorecocente del sole. Guardò l'acqua e igabbiani.

Stella uscì dal bungalow e gli siavvicinò sulla sabbia. Aveva unacintura di pelle blu attorno all'abitodi lino e un foulard di Paisley intesta. Era bella. Sembravaimpossibile che Luke Kittinger fosseormai cadavere nella casa alle suespalle. Si piegò e baciò Webbe suuna guancia.

«Scusa, tesoro. Non mi rendevo

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conto... Ma non mi dispiace che siaaccaduto. Lo odiavo. Non posso chesentirmi sollevata al pensiero che siamorto.»

Webbe alzò lo sguardo su di lei.«Ti senti di tornare a casa?»

«Cosa diremo alla polizia?»«La verità.»«Sì, me la sento.»Riattraversarono la spiaggia in

direzione della macchina.«David, sono libera adesso.»«Non ancora.»«Fra poco. Tutto ciò che era di

Luke , sarà mio. Case, macchine,

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giornali, tutto. E io lo darò a te.»«No, grazie», le rispose brusco.«Non vuoi?»«Non so cosa voglio.»«Ma tu vuoi me, non è vero? Tanto

da aver rischiato di fare quel che haifatto.»

«Stella, te l'ho già detto. Io...»«Non litighiamo proprio ora.

Dobbiamo aiutarci. Quanto èaccaduto non poteva venir evitato.Ne usciremo benissimo. Il denaropuò comprare ogni cosa. Il denaro diLuke è mio, ormai, e io lo spenderòfino all'ultimo centesimo, se ci sarò

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costretta, per sistemare le cose. Losceriffo non pianterà grane. Locompreremo.»

«Non credo», ribatté Webbe.«L'hai fatto per autodifesa»,

insisté. «Lo corromperò.»Erano arrivati all'automobile.

Webbe vide le chiavette infilate nelcruscotto e disse: «Guida tu, Stella».

Ella si girò a guardare un'ultimavolta il basso edificio rosso. «Nonmi piace lasciarlo così. L'odiavo, mame lo ricorderò per sempre allungatosul pavimento, e non lo voglioricordare a quel modo.»

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«Andiamo», l'incitò Webbe.Guardò al di là della macchina

verso la strada che sbucava daiboschi e attraversava la spiaggia.Una jeep era spuntata dalla macchiae stava avanzando faticosamentenella sabbia verso di loro. Al volantec'era Cal Trotter, e Hilda Brewstersedeva accanto a lui.

«Rendez-vous generale»,commentò cupo Webbe. «Ci sarà unavera assemblea di stato nel tuonascondiglio, di cui nessuno avrebbedovuto conoscere l'esistenza.»

La jeep attraversò la spiaggia e si

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fermò dietro la macchina di Stella,bloccando loro la strada. Cal Trottersaltò a terra. Hilda sedeva, rigida,sul sedile anteriore, il voltopal l idissimo. I suoi occhi simuovevano da Webbe a Stella eviceversa..

Webbe si girò per guardare in visoTrotter e questi disse bruscamente:«Che succede qui?»

«Perché pensate che stiasuccedendo qualcosa?»

«È venuto Luke , non è vero?»disse Trotter rivolgendosi a Stellacon il viso arrogante,

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improvvisamente ansioso. «Statebene?»

«Sì, Cal.»«Cos'è successo?»«Te lo può dire Webbe», rispose

Stella.«Dentro», aggiunse Webbe.Trotter indossava una giacca di

gabardine sulla camicia aperta, e lateneva tanto scostata da lasciarintravedere a Webbe la fondina dellapistola. Stella si mosse verso laCadillac e Cal Trotter raggiunse lacasa e vi entrò.

Hilda Brewster scese dalla jeep e

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rimase accanto a Webbe. Aveva lavoce bassa.

«David, devi andartene da qui.»«Perché?»«Luke è tornato a casa come una

furia. Trotter lo stava aspettando perriferirgli del tuo appuntamento conStella, Non so come l'avessescoperto, ma Luke venne direttamentequi e da allora ho vissuto nelterrore.»

«Luke è morto.»«È morto?»«L'ho trovato così. Non so chi sia

stato, ma Henry Paul era qui quando

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sono arrivato.»«Ma Henry non avrebbe...»«Mi aveva detto che non avrei

avuto più bisogno di pietre per lamia fionda.»

Webbe si sentiva intontito, comese avesse ricevuto un colpo basso.Trotter era ancora nella casa. GuardòStella sulla macchina: il suo voltoera freddo e distaccato. Sembravatrepidante per il ritorno di Trotter.

Prima Rory, pensò Webbe. Eadesso io. David Webbe, il caproespiatorio. Vide che Hilda lo stavaosservando in maniera strana e si

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ricordò di come Stella l'avessegiudicato immediatamente colpevole.

Cal Trotter sbucò dalla casa etornò verso la macchina. Aveva lagiacca aperta.

«E va bene, Webbe. Andiamodallo sceriffo.»

«Perché?» chiese Hilda. «Cos'hafatto David?»

«Ha ucciso Luke», scattò Trotter,guardando Stella. «Mi parechiarissimo. Non è vero, Stella?»

«Non ne sono sicura», rispose leifreddamente. «Ho trovato lì Webbe,m a Luke era già morto. C'era una

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pistola sul letto...»«Ce l'ho io adesso», disse Trotter.

«Venite Webbe.»Una nota di profonda

soddisfazione animava la sua vocementre estraeva il revolver dalfodero. Quel gesto liberòcompletamente Webbe dal panico esi girò di scatto. Col taglio dellamano colpì il polso di Trotter e glifece cadere la pistola nella sabbia.Trotter imprecò e entrambi sipiegarono, lottando, per impadronirsidell'arma. Trotter era come un gattoselvaggio, agile e svelto, e riuscì a

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afferrare la rivoltella per primo.Webbe notò il suo sguardo disoddisfazione e capì, all'improvviso,che l'impulso che lo aveva spinto aresistere, aveva giocato a favore diTrotter. Costui infatti volevaucciderlo: era innamorato di Stella ela voleva per sé adesso che Luke erastato eliminato. Era tutto chiarissimoe molto semplice.

Tentò di nuovo di impadronirsidell'arma, l'afferrò per la canna e lagirò. Il revolver si inceppò mentreTrotter sparava un colpo nellasabbia. L'uomo cercò di liberarsi,

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con gli occhi infossati chesprizzavano odio e i denti luccicanti.Webbe piantò un tacco dietro ilpiede di Trotter e glielo girò. Trottersi piegò in avanti con un gemito,finendo lungo e disteso nella sabbia.Webbe colpì col piede il polso diTrotter e gli fece saltar via di manola pistola. Trotter si alzò, ma Webbefu pronto a infilargli un ginocchiosotto la guancia. Cal si lasciò caderepesantemente indietro, con gli occhifiammeggianti, mentre Webbe, con uncalcio, tirava la pistola lontano.L'arma lampeggiò nel sole e finì in un

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boschetto.«David», mormorò Hilda, «non sei

stato tu a uccidere Luke, vero?»«Non ho ucciso nessuno.» Fissò

duramente Stella e si diresse verso lajeep.

Stella saltò giù dalla macchina ecorse verso Trotter.

Le ruote della jeep slittarono sullasabbia, poi si mossero e la macchinasobbalzò in avanti sulla stradatracciata che portava nell'entroterra.H i l d a gridò all'improvviso peravvertirlo.

Giratosi, Webbe scorse Trotter

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appoggiato a un gomito mentre Stellafrugava nel boschetto alla ricercadella pistola. Stella si rialzò conl'arma in mano e tornò di corsa versoTrotter, gridandogli qualcosa. Gliinfilò la rivoltella in mano e l'uomosi alzò. L'imboccatura scintillò e ilparabrezza della macchina si incrinòe finì in frantumi. Webbe premettel'acceleratore, piegandosi in avanti.Un secondo proiettile graffiò ilcofano. La distanza che lo separavadal sottobosco sembrava infinita.Seguirono altri due spari prima cheraggiungesse la siepe.

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L'ultimo colpo fece sobbalzare lajeep e la fece rallentare mentre unagomma anteriore si sgonfiava con unsibilo.

Vide il luccicare di un'altramacchina che sopraggiungevaattraverso la boscaglia e poi distinsel'auto aperta dello sceriffo con abordo quattro agenti. La jeep slittòfuori strada, finendo in mezzo agliarbusti, mentre lui si lasciavascivolare giù a peso morto. Cadde suuna spalla, rotolò e quindi si rialzòcorrendo.

Trotter gridò e egli si volse e vide

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la macchina dello sceriffo che sifermava accanto alla jeepimpantanata. Gli uomini scesero aventaglio dietro a lui. Trotter corseloro incontro, gridando. Anche Hildacorreva.

Egli si tuffò a testa in giù nellaboscaglia. Il colpo di un fucile dacaccia riecheggiò alle sue spalle, poiun altro.

Il fogliame si richiuse attorno alsuo corpo, lacerandogli viso e abiti.L'aria gli fischiava calda neipolmoni. Era attanagliato dal panico,ma si dominò. Si ritrovò in una

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radura, la percorse a tutta velocità esi lanciò in un'area più fitta d'alberidove la vegetazione marina era peròmeno compatta, permettendogli dimuoversi con minor difficoltà. Piegòa destra attraverso il sentiero che sisnodava parallelo alla spiaggia econtinuò a correre.

Gradatamente i rumoridell'inseguimento svanirono dietro dilui.

CAPITOLO XI

Il sole era quasi calato quando

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raggiunse la strada rialzata cheportava sulla terraferma. La baia fral'isola e la costa opposta apparivalimpida e fresca nella luce dellasera. In lontananza udì loscoppiettare sordo del motore di unabarca, ma non riuscì a scorgerla. Glidolevano tutti i muscoli del corpo ele escoriazioni del viso e dellebraccia gli bruciavano terribilmente.

Un raggio di luce lampeggiò sulparabrezza di una automobileposteggiata in fondo alla stradarialzata. Vide due uomini appoggiatial parapetto bianco. Una jeep passò

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lungo la strada vicino a lui el'attraversò per andarsi a fermareaccanto alla macchina posteggiata.Gli occupanti si rivolsero ai dueuomini e proseguirono. Webberimase immobile dietro i cespugliche lo nascondevano. Fuggiredall'isola era impossibile.

Allontanatosi dalla strada, sispinse nell'interno finché nonraggiunse un folto d'alberi. Si sdraiòsullo stomaco per riposarsi,sentendosi un po' più sollevato,mentre attendeva che scendesse lanotte.

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La sua mente tornò a meditaresull'insistenza dimostrata da Stellanel sostenere che era stato lui auccidere Luk e e su come avevaaiutato Trotter a riconquistare lapistola. Si ricordò degli abiti dauomo visti nell'armadio delbungalow e fu d'un tratto sicuro chequegli abiti appartenevano a Trotter.Vedeva Stella nella sua giusta luceormai: una donna fredda e spietata,consumata dall'ambizione diricchezza e di potere che eradiventata una forma di ossessione.Non era da escludersi, pensò, che

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fosse stata lei stessa a uccidere Luke.Quando il sole tramontò, sentì il

gelido morso del vento e ilsottobosco attorno a lui si riempì diombre. Il corpo gli dolevadappertutto. Un ultimo raggio di lucecolorì d'arancio il cielo e svanì.Infilò una mano in tasca per prendereuna sigaretta, e l'accese, consapevoledella fame e della sete che lotormentavano.

Sentiva le macchine passarevelocemente lungo la strada, con ifari che fendevano l'oscurità. Allafine si alzò, tirò una lunga boccata,

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schiacciò il mozzicone di sigarettasotto il tacco della scarpa, e uscì dalsuo riparo fra gli alberi.

Si stava alzando la luna quando siavvicinò alla spiaggia checircondava la casa abbandonata doveaveva trovato Rory e Opal. Apparivadeserta. Trovò soltanto un poliziottoquando arrivò allo stretto ponticellodi legno che attraversava il ruscello.

L'uomo stava sdraiato appena oltrela spiaggia, seminascosto dalleombre color ebano e argentee dellaboscaglia. Per poco non incespicòfra le sue gambe. Arretrò d'un passo

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e vide il capo dell'uomo alzarsileggermente, il viso pallidissimo eterrorizzato. L'agente aveva mani epiedi legati e era imbavagliato. Nonaveva la pistola. Webbes'inginocchiò accanto a lui.

«È stato Rory a legarvi?» glichiese.

L'agente annuì violentemente.«Vi era stato ordinato di rimanere

qui a sorvegliare il luogo?»Seguirono altri cenni ansiosi del

capo e un suono soffocato dipreghiera da dietro il bavaglio.Webbe si raddrizzò senza toccarlo e

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passò al di là del ruscello. Nessunogli intimò di fermarsi.

S'arrestò davanti alla casailluminata dalla luna e chiamò piano:«Rory?»

Gli rispose soltanto lo sciacquìotranquillo dell'acqua. Sulle finestre sirifletteva il luccicante cielo notturno.Webbe s'incamminò sotto il portico eraggiunse la porta. Toccò la manigliae udì una roca e divertita risata.

«Non muoverti, David. Ci haiimpiegato parecchio.»

Webbe si girò verso le ombre infondo al portico. «Mi stavate

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aspettando?»« Ce r to . O p a l ha ascoltato il

notiziario trasmesso dalla suaradiolina portatile e così abbiamoappreso la novità. Mi stupisci,Davey, sei sempre stato un cittadinorigido e osservante.» Rory si mosse eil suo profilo si fece più distinto.Stava allungato su una sedia adondolo sconquassata, col bracciostretto al petto. Nell'altra manoteneva la Browning 38 che eraappartenuta a Webbe.

Dietro a lui, c'era Opal, silenziosa,scalza, indomita e provocante.

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«Non ho ucciso io Luke», dichiaròWebbe.

O p a l posò una mano sottile eabbronzata sulla spalla di Rory.«Non stai meglio di noi adesso»,disse.

Rory rise, piano e amaramente.«Sei stato coinvolto senza saperlo,vero, Davey?» La sua risata sitrasformò in un accesso convulso ditosse e egli si piegò in avanti sullapoltrona, stringendosi nelle spalle.Gli occhi di Webbe sfiorarono ilvolto di O p a l nell'oscurità,cogliendone, con una certa sorpresa,

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l'espressione intelligente. Rory smisedi tossire e ansimò: «Benvenuto nelnostro club, Davey».

«Ho bisogno di aiuto», lo incalzòWebbe. «Non possiamo rimanere alungo su quest'isola. Qualcuno verràa dare il cambio al poliziotto cheavete imbavagliato e allora ciscopriranno.»

«Ce ne saremo andati per allora»,sentenziò Rory.

«Quando ve ne andrete, verrò convoi.»

«Davey, tu potrai dir loro la veritàe loro ti crederanno. Ma per me è

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finita. Non mi posso avvicinare allapista aerea, ormai; non ho probabilitàdi scampo. Non puoi venire con me.Io dovrò andarmene lontano il più infretta possibile.»

Opal aprì bocca per la secondavolta. «Rory, tesoro, forse lui cipotrà aiutare. Tu stai male.»

«Non sto male», ribatté Rory. «Èsolo il braccio che mi duole.»

«Hai la febbre», insisté la ragazza.«Sei svenuto e sono due ore che te nestai seduto in questa poltrona. Nondirmi che non ti senti male. Il braccioè infettato e hai bisogno di aiuto.»

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«Sto benissimo, te l'ho detto.»Rory si agitò sulla sedia e un fortuitoraggio di luna illuminò la pistola cheteneva in grembo. Nel silenzioassoluto, Webbe udì il suo respiroaffannoso. Rory disse: «Dimmi laverità, Davey. Ti conosco meglio diquanto pensi. Hai ucciso tu Luke?»

«No», rispose Webbe.«Chi è stato allora?»«Tu sei venuto con questo scopo,

non è vero?»«Forse, ma sei riuscito a

dissuadermi. Non che faccia moltadifferenza, ma ti posso giurare che

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non l'ho fatto fuori io Luke. Se lomeritava e approvo chi l'haeliminato, ma non sono stato io. Ionon mi sono neppure avvicinato aquella casa.»

«Come fai a sapere dove è statoucciso?»

«L'ha sentito Opal alla radio. Nonmi interessa se sei stato tu o meno.Sono pronto a aiutarti senza faredomande. Navighiamo sulla stessabarca ormai. Ma non mi va che tupensi che sia io il colpevole, se tidico che non è vero. Se è così,vattene.»

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Rory si alzò, sospinto dallaveemenza delle sue parole, barcollòe finì contro la ringhiera del portico.Opal lanciò un gridolino di paura,mentre Webbe l'afferrava in tempoprima che precipitasse nell'acquascura. Il corpo di Rory era pesantequando gli cadde fra le braccia.Webbe l'adagiò sul pavimento delportico. Aveva il respiro affannoso ei suoi occhi luccicavano nella lucedelle stelle. La voce era un rantoloincerto e roco.

«Forse non sto bene», ammise.«Hai bisogno di un medico»,

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dichiarò Webbe.«Mary ne condurrà qui uno.»«Verrà qui?»«Sì.»«Come fa a sapere dove vi

trovate?»«Opal si è messa in contatto con

lei. Si è recata in quel bungalow inriva al mare, a nord dell'isola, e le hatelefonato.»

Webbe si girò di scatto verso laragazza che arretrò leggermente.«Quando sei andata lì?»

«Oggi pomeriggio. Non mi ha vistanessuno», bisbigliò.

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«Quando, esattamente.»«Non lo so.»C'era Luke Kittinger quando ti sei

servita del telefono?»«Non lo so. Non ho guardato.»«Non mentirmi, Opal.»«Non sto mentendo», s'inquietò.

«Non mento mai!»«L'hai trovato morto, non è vero?»«Sì», bisbigliò improvvisamente.

«Voglio dire che non era ancoramorto ma stava per morire.»

«Per morire?»«Sì.»«Gli hai parlato?»

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«Non poteva più parlare.»«C'era lì qualcun altro?»«No, naturalmente. Non avrei

telefonato se ci fosse statoqualcuno.»

«Dov'era la pistola?» chieseWebbe. «L'hai vista?»

Annuì, scuotendo i corti capelli.«Sul pavimento vicino alla suamano.»

«L'hai toccata?»Scrollò il capo. «Ti giuro, mi sono

limitata a telefonare e a dareun'occhiata in giro. Era arredato cosìbene.» S'interruppe. «Quando Rory

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mi piantò per Stella Kittinger, pensaiche fosse perché lei aveva tante bellecose, tutto quel denaro e tutti quegliabiti. Avrei potuto essere anch'iocome Stella. Meglio, anzi. Moltomeglio.» S'interruppe di nuovo,sorpresa d'aver parlato tanto.«Comunque quando sono entrata inquella stanza per guardarel'arredamento e il resto, e ho trovatoKittinger, me la sono data a gambe esono tornata qui.»

«Lasciala in pace, Davey. Opal ècosì gelosa di Stella, che laucciderebbe. Ma non sta mentendo.»

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Il viso di Rory era coperto di sudore.Rise, alzò la pistola e puntòl'imboccatura gelida sotto il mento diWebbe. «Comportati bene, ragazzo.Intesi?»

«Quello che voglio è andarmeneda quest'isola», dichiarò Webbe.

«E poi?»«Me ne starò per conto mio,

Rory», rispose.Rory abbassò l'arma. O p a l con

voce tremante disse: «Penso chesarebbe meglio berci sopra».

«Sono d'accordo», assentì Webbe.

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* * * La barca per la pesca delle

ostriche avanzava, scivolandosilenziosa nella piccola baia. Unsottile strato di nubi aveva offuscatoil chiarore lunare. La barca siavvicinò alla riva senza fare rumore.Rory dormiva sotto il portico. Opalaveva rovistato casa e cantina eaveva scovato due bottiglie diliquore, una fetta stantia di pane e unpo' di carne del mezzogiorno. Webbedivorò ogni cosa con voracità e illiquore gli fece bene. Si sentiva

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meglio, aveva la mente più chiara.Per due volte durante l'ora

precedente avevano udito lemacchine passare lungo la strada chedall'insenatura portavanell'entroterra, ma non si eranofermate. Stavano cercando ancheWebbe adesso, oltre a Rory e aldenaro della fabbrica. Webbe finì labottiglia di bourbon. Le macchinecontinuavano a passare e quando labarca approdò, era notevolmenteubriaco.

Opal diede uno scrollone a Roryper svegliarlo. «C'è qui mia sorella»,

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disse.La barca approdò senza luci:

un'ombra che scivolava nel buiosulla superficie tranquilla. Laprofondità in quel punto erasufficiente per arrivare direttamenteal portico, e mentre si avvicinava,Webbe scorse Big Mary al timone.Parò la prua col piede e afferrò lacorda che la ragazza gli lanciava, poiudì la sua esclamazione di sorpresa.

«Che cosa fa qui, Opal?»Opal ridacchiò, incerta.«I poliziotti stanno dando la caccia

anche a lui.»

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Big Mary guardò Webbe conpalese ostilità. «Vieni con noi?»

«Io andrò fino al Fisher Point eraggiungerò la riva a nuoto», larassicurò Webbe.

«Non mi va. I poliziotti titroveranno e tu ci tradirai.»

«Parli troppo», la rimproveròRory. «Piantala e dammi una mano.»

La ragazza guardò Rory piùattentamente. «Che cos'hai?»

«Il braccio», rispose Rory. «Èrotto. Adesso facciamo muoverequesta vecchia carcassa.»

Big Mary continuava a guardare

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Webbe, contrariata. «Non mi va, loripeto. Se stesse a me, io...»

Rory la colpì forte sulla bocca. Laragazza mise un piede in fallo e finìsul ponte a gambe larghe.

«Adesso vuoi tenere la boccachiusa?» gracchiò Rory. Poirivolgendosi a Webbe: «Dammi unamano per salire sulla barca, Davey».

Big Mary si tirò in piedi. «E iquattrini? Dove sono?»

Rory si fermò con tutto il peso delcorpo addosso alla spalla di Webbe.Guardò Opal. «Cos'avresti intenzionedi fare?»

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Opal si scusò in fretta: «Tesoro,pensavo che sarebbe stato più sicurolasciarli nascosti qui».

«In modo che tu e tua sorellapossiate tornare a prenderveli?»

«No, Rory, te lo giuro. Avevosoltanto pensato», s'interruppe.«Vado a prenderli, Rory, sepreferisci.»

«Sì, preferisco», risposeamaramente. «E portali qui tutti!»

O p a l si arrampicò oltre laringhiera del portico e sparìnell'interno della casa. La barcacigolava contro le palificazioni di

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sostegno della baracca. Il rumore diuna macchina lontana vibrò nellanotte silenziosa, e Rory si appoggiòpiù pesantemente alla spalla diWebbe. Big Mary si sistemò altimone e accese il motore dellabarca. Esso produceva un suonogorgogliante e soffocato nella notte.O p a l ritornò con passo veloce,stringendo una piccola borsa di cuoioscuro. Rory gliela strappò di mano,ispezionò la chiusura e la soppesòcautamente. Opal si difese: «Non l'hotoccata, tesoro, te lo giuro. Pensavosemplicemente che sarebbe stato

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meglio lasciarla qui».«Lo immagino», disse Rory e

rivolgendosi a Webbe: «Sali».La barca era già in movimento

quando Webbe l'aiutò a scendere itre scalini che portavano in cabina.Rory lasciò cadere la borsa su unadelle cuccette e si sedette. «Torna sulponte, Davey. Quando vedrai FisherPoint, raggiungilo a nuoto, a menoche tu non cambi idea e che nonvoglia venire con me.»

«Dove hai intenzione di andare?»gli chiese Webbe.

«Dove quarantamila dollari mi

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permetteranno d'arrivare.»«Non sarà mai sufficientemente

lontano.»«Devo tentare. Non ci tengo a

farmi tirare il collo da quellamarmaglia di Prince John.»

Webbe tornò sul ponte. Big Maryera appoggiata al timone e stavadirigendo la barca verso il mareaperto. Opal sedeva accanto a lei ele bisbigliava qualcosa. Webbeavanzò e si sedette su un angolo deltetto della cabina, osservando l'isolache scivolava via dietro di loro.

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CAPITOLO XII Sotto la pallida luna, il bungalow

di Webbe appariva fresco e sicuro.Ascoltò le rane e le cicale chestridevano nella palude lungo laspiaggia, ma non udì altro. Proseguì,completamente esausto. Il ventofreddo, proveniente dal nord, lo fecerabbrividire negli abiti bagnati.Cinquanta metri più in là, vide unamacchina parcheggiata dietro ilbungalow.

Si tenne fra le erbacce checosteggiavano la strada finché non

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riconobbe l'automobile di Henry PaulPlumm. Uscì al chiaro di luna eattraversò il viale per controllare.Dentro non c'era nessuno. Le finestredella casa che davano sul retro eranobuie. I suoi piedi scricchiolarono sulterreno quando girò attorno allacostruzione per raggiungere ilpassaggio di legno che dal dockportava all'entrata. La porta non erachiusa a chiave. Entrò.

Qualcosa si mosse nell'oscurità eegli si precipitò verso l'ombraindistinta e la trascinò sul divanoaccanto alla finestra. Le sue mani

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riconobbero il corpo di una ragazzache si dimenava per liberarsi dallastretta, e egli disse con voce calmama decisa:

«Stai ferma. Non ti agitare».«David?»«Non fare rumore.» Era Hilda

Brewster. La lasciò libera e siritrasse, barcollando sulle gambe. Ilchiaro di luna che entrava dallafinestra le accarezzava i capelli,facendoli apparire più scuri. «C'èqualcun altro con te?» le chiese.

«No, sono venuta sola.»«A fare?»

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«Non lo so. Non sapevo cos'altrofare. Non sapevo dove andare e mi èvenuto in mente questo posto. Cosìsono venuta qui. Ti aspettavo.»

«Perché pensavi che sareivenuto?» le chiese Webbe.

«Non so dove saresti potuto andarealtrimenti. Ti stanno cercandodappertutto.»

«E arriveranno presto anche qui»,concluse lui. Cercò di buttarla inridere. «Ogni volta che ciincontriamo, Hi l d a , sono sempregocciolante.»

«Non preoccuparti. Sono già stati

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qui e se ne sono andati.»La fissò attentamente.«Chi è stato qui?»«Due uomini.»Gli descrisse i due malviventi che

l'avevano malmenato in Newcomb'sLane il giorno prima. Se ne stavanoandando proprio mentre lei arrivava,e aveva quindi cercato di evitarli.Webbe approvò e andò in cucina.Versò due bicchieri di rum e tornò insalotto.

«Beviamoci sopra», disse.Il rum gli arrivò dritto nello

stomaco e fu come un'esplosione,

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morbida e silenziosa, che servì ariscaldarlo. Hi lda lo guardava conocchi sbarrati.

«Cambiati subito», disse. «Nonperdere tempo.»

«Sì.»«Perché mi guardi così?» gli

chiese.«È come se non ti avessi mai vista

prima.»Ella distolse lo sguardo. «Non

farlo.»«Guardarti mi fa bene. Se hai

fiducia in me, forse riuscirò acavarmi da quest'impiccio.»

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«Non ho mai dubitato di te,David.»

«Dimmi la verità. Perché seivenuta qui?»

«Volevo aiutarti. Stare con te.»Webbe le si inginocchiò davanti

mentre lei si sedeva in poltrona, poile infilò un dito sotto il mento e lealzò il capo per guardarla in viso.Sentiva il vento fra gli alberi disicomoro, le rane, le cicale e ilmorbido sciacquio dell'acqua sullaspiaggia vicina. Un orologio da navebatté tre colpi. Erano le nove emezzo. Tutto era tranquillo e buio

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nella casa.Guardò il volto di Hilda. Era più

bella di quanto avesse mai sognato.Seguì con il dito il segno lasciatodalle lacrime sulle sue guance. Poi sialzò e la baciò. Le sue labbra eranocalde e morbide.

«Vado a cambiarmi», disse calmo.«Sbrigati.»S'infilò una camicia di flanella

grigia e un paio di pantaloni scuri. Simise anche delle calze asciutte edelle scarpe da ginnastica blu cheusava per andare in barca. Teneva isoldi in un cassetto del comò e li

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contò al chiaro di luna. Trentasettedollari. Prese chiavi e portafogliodagli abiti bagnati, un pacchetto disigarette nuovo e tornò in salotto.Hilda non c'era più.

Era fuori, sulla spiaggia, sotto laluna, e vicino alla macchina diPlumm. Sentendolo arrivare, si girò.

«David, perché mi hai baciata?»«Lo desideravo», rispose con

semplicità.«O perché ero qui?»«No, c'è di più. Molto di più.»«Quando l'hai scoperto?»«Oggi», rispose. Non fidandosi di

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proseguire, cambiò bruscamenteargomento. «Hai la macchina diHenry. Ma lui dov'è?»

«Non lo sa nessuno. Non è piùtornato in quella casa. Credevo fossequi, ma non c'è traccia di lui,invece.»

Webbe le narrò del suo incontrocon Plumm nel bungalow sullaspiaggia. «Non so se sia stato HenryPaul a uccidere Luke», disse.«Comunque, credo di sapere dov'è,ma è meglio che tu non venga.»

«Non ti lascerò più, ormai», glirispose Hilda.

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«Potrebbe essere pericoloso.»«Me ne infischio.»Salì in macchina accanto a lei e si

diresse verso Prince John,respirando più facilmente mentrepercorreva le strade cittadine. PrinceJohn sembrava stranamente deserta.Quando girò attorno alla piazza delTribunale, scorse un gruppo d'uominiin piedi sui gradini di marmo.Stavano discutendo animatamente euno di essi gridò qualcosa con aria disfida e agitò il pugno in direzionedell'edificio. Hi lda li osservava asua volta.

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«Cosa sta succedendo laggiù?»«È l'inizio», le rispose Webbe.«Di cosa?»«Del linciaggio mio e di Rory.»«Forse faresti meglio a allontanarti

dalla città, David.»«Non riuscirei a superare i posti di

blocco.»La piazza del Tribunale era alle

loro spalle. «Sono convinti che siaRory l'assassino di Merl.» Vide cheHilda stava rabbrividendo «Che c'èora?»

«Luke. È stato il suo giornale aprovocare tutto questo.»

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Webbe parcheggiò la grossacilindrata dietro l'edificio del Call. Ilposteggio era deserto e soltantosopra l'ingresso della sala stampabrillava un lampione. Quando scesedalla macchina di Plumm, si diresseverso un'entrata laterale. Nel suoufficio, al secondo piano, c'era unaluce tenue. Hilda gli era alle spallequando entrò e salì lentamente lescale. L'odore familiare d'inchiostro,di metallo e di stampa gli accarezzòle narici e per un attimo fu come seMerl fosse stato ancora vivo e nelsuo ufficio. Aprì la porta e vide

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Henry Plumm dietro la scrivania.Sopra c'era posata una bottiglia

nuova di bourbon, ancora chiusa esigillata, e Plumm apparivaperfettamente sobrio.

«Salve, David, Hilda.»«Dove siete stato?» gli chiese

Webbe.«Qui, per la maggior parte del

tempo.»«E prima?»«A passeggiare e a pensare. Sai

che ti stanno dando la caccia,David?»

«Lo so», rispose Webbe.

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Hi l da prese posto in una dellepoltrone di quercia e fissò il diplomadi Webbe appeso al muro. Webbevide che Henry Paul aveva scritto unaltro articolo di fondo. Si avvicinòalla scrivania e gli diederapidamente una scorsa mentrePlumm si appoggiava allo schienaledella sedia, fumando una sigaretta.

«Buono», commentò Webbe.Plumm annuì. «L'articolo di

domani. Un appello alla ragione.»«Lo stamperemo, se permettete.»Plumm appariva soddisfatto.

«Dovrai pagarmi, però. Adesso

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lavoro per te.»«Davvero?»«Sempre se mi vuoi.»«Henry, avete ucciso voi Luke?»

gli chiese calmo Webbe.«No, non sono stato io.»«Perché siete fuggito, allora?»«Ero spaventato. Mi spavento

facilmente in questi giorni.»Webbe annuì.«Hai ragione, lo so», mormorò

Plumm.«A che proposito?»«A proposito del bere. Ho messo

qui la bottiglia proprio per non

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toccarla, e non lo farò, perché nonricordo cos'è successo in quelbungalow sulla spiaggia, David. Nonricordo come ci sono arrivato, néaltro, finché non sei venuto tu e nonmi hai trovato con la pistola in manoche fissavo il cadavere di Luke.

Nessuno fiatò.«Quindi non so se ho ucciso io

Luke o no», proseguì Plumm.«Siete certo di non ricordare?» gli

domandò Webbe.«Non ci riesco. Ci ho provato.

Probabilmente avevo intenzione diucciderlo dopo che mi aveva

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schiaffeggiato ieri sera. Il guaio è chepiù bevevo, più ci pensavo, ma poi ètutto avvolto nella nebbia».

Webbe strizzò gli occhi. VideH i l d a alzarsi, avvicinarsi allafinestra e guardare fuori. Indossavaun vestito alla marinara con cinturadi pelle gialla intorno alla vitasottile. Webbe indugiò volutamentecon lo sguardo sulla linea dei suoifianchi e su quella delle sue lunghegambe perfette. Quando l'impulso diprendere a schiaffi Henry Paul siacquietò, si volse nuovamente dallasua parte.

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«Cercate di ricordare», ripetétranquillo. «Fate con calma, Henry.Meglio che rimaniate qui stasera.Potete dormire sul divano dell'ufficiodi Gannon.»

«David, pensi che sia stato io?»Webbe si girò per uscire.«È quello che vorrei sapere.»

CAPITOLO XIII Non erano ancora le dieci quando

la macchina di grossa cilindrata girònel viale coperto di conchiglie dellacasa vittoriana che sorgeva sulla riva

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del Prince John River. I salicipiangenti formavano come unamuraglia scura lungo il fiume. Webbescivolò giù dalla macchina e si tennenascosto per qualche secondo, con lacamicia scura e i pantaloni neri, resiinvisibili dalle fronde bisbigliantidegli alberi. Poi si diresse verso laveranda e entrò dalla portaprincipale.

C'era la luce accesa nella stanza asinistra della hall che Merl Gannonaveva trasformato in suo studiopersonale. Entrò nel raggio di luce esi fermò sulla soglia.

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Lucy Gannon rimase con la tazza ditè a mezz'aria, poi la posòdolcemente. La sua figura minuta eraeretta e composta nella poltrona stileQueen Ann vicino al fuoco, e difronte alla scrivania di Merl.Indossava un abito nero privo diornamenti e i suoi capelli erano piùbianchi e più belli di come Webbe liricordasse.

«Davey?» mormorò.«Sei sola?»Annuì. La sua voce era flebile,

fragile come una tazzina diporcellana. «Ti sembra prudente

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andare in giro così, Davey?»«No, non lo è», ammise Webbe.«Tu e Rory», continuò Lucy,

«quando eravate ragazzi...»S'interruppe e scosse il capo. «Noncapisco. Non riesco a afferrarequanto è accaduto. Adesso danno lacaccia anche a te, solo perché haicercato di aiutare Rory.»

«Vorrei che fosse solo perquesto», ribatté Webbe.

«Come ti posso aiutare, Davey?»Esitò. «Voglio la pistola di Merl.»«Per farne che?»«È nella scrivania, vero?»

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«Non toccarla, ti prego.»Aveva quasi raggiunto la

scrivania, quando si girò a guardarla.Si stava versando dell'altro tè dalservizio posato sul basso tavolino dimogano davanti al camino. Il suoviso non gli diceva niente.

«Scusa, Lucy. Ma ne ho bisogno.»«Non commettere l'errore di Rory,

Davey», gli rispose calma. «Sai cheè stato qui ieri? Mi ha detto che tiaveva preso la rivoltella, e adessoguarda cosa gli è successo.»

Webbe era sbalordito. «Rory èstato qui?»

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«Sì, certo. E mi ha ancheraccontato come è riuscito a evaderedalla prigione. Sembra che la portadella cella non fosse stata chiusa achiave dopo la tua visita di quellasera.»

«Allora si è limitato a uscire?»«Così pare.» Lucy sorrise

debolmente. «È cambiato. Non siesprimeva come il ragazzo checonoscevo. Non capisco cosa gli èsuccesso, ma mi ha detto che avrebbedovuto fuggire e spero che non sifermi più.»

«Gli hai chiesto di Merl?»

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«Non è stato Rory a ucciderlo.Nessuno aveva una ragione per farlo.Tutti volevano bene a Merl, non èvero?»

«Sì», ammise Webbe. «Tutti glivolevano bene, ma qualcuno l'haassassinato.»

«Vorrei sapere perché», mormoròLucy.

«E la pistola, Lucy?»«No.»Fece una pausa. Poi: «Ti prego,

Lucy, aiutami. Telefona a Dig Trury echiedi se è in tribunale. Se non c'è,prova a casa sua. Digli che andrai da

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lui fra un quarto d'ora».Non fece domande. «D'accordo»,

si limitò a rispondere.Si alzò e uscì dalla stanza. Webbe

accese una sigaretta e attese. Lucytornò, muovendosi a passi veloci esicuri. «Rimarrà in casa fino alledieci e mezzo. Voleva venire lui quiper risparmiarmi il disturbo, ma hoinsistito per andarci io. Volevasapere perché e gli ho risposto chegliel'avrei detto quando fossi statalì.»

Webbe si alzò. «Grazie, Lucy.Finisci il tuo tè.»

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«Vai a parlare con lo sceriffo?»«Sì.»«Non farlo, Davey. È convinto che

tu abbia ucciso Luke Kittinger.»«Lo so.»«Non andarci.»«Grazie di tutto, Lucy.»La baciò su una guancia e uscì.

* * * D i g Trury viveva in un piccolo

cottage sul fiume a mezzo migliodalla casa di Gannon. Era scapolo ebadava alla casa da sé, senza l'aiuto

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di nessuno. Webbe disse a Hilda difermare la macchina in un sentiero abreve distanza dal cottage. La baciòe le sue labbra erano ardenti.

«Ti prego, fai in fretta», mormorò.«Ti amo.»«È proprio il momento per

scoprirlo.»«Qualsiasi momento può essere

buono.»«Sì, è vero. Torna presto.»Si allontanò mescolandosi alle

ombre. La casa di Trury era vicinaalla riva del fiume e egli vide unapiccola barca legata all'attracco

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infisso nel muro. La macchina diTrury era posteggiata di fronte alcottage grigio, rivestito in legno, euna lampada di vetro verde brillavadietro la finestra principale. Webbegirò pian piano attorno all'edificio,trovò la porta di servizio aperta eentrò nella cucina buia. La vocedello sceriffo chiese: «Siete voi,Lucy?» Webbe rinunciò all'idea dipenetrare di soppiatto e entrò subitonel soggiorno dello sceriffo.

«Che mi venga un colpo!» esclamòTrury.

Giratosi, si precipitò verso la

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scrivania e Webbe vide la pistolaposata sopra.

Ma Webbe spiccò un salto, afferròl'arma e arretrò fin sulla soglia.

«Mi spiace, D i g . Volevosemplicemente parlarvi.»

«Non ho niente da dirvi, se non dirimettere giù la rivoltella e dicostituirvi.»

«Non ho più niente da perdereormai, no?»

«Non fate il cretino, Davey.»«Sedetevi.»Trury si sedette nella poltrona

dietro la scrivania, il viso minuto

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improvvisamente grigiastro e stanco.La sua cravatta nera non appariva piùtanto elegante e la camicia bianca dalcollo alto era tutta macchiata di fangomentre la giacca di lino era sporca espiegazzata.

«Vi sto ascoltando», disse.«Mi conoscete fin da quando son

nato», incominciò Webbe. «Sapeteche darei qualsiasi cosa per far lucesulla morte di Merl Gannon.»

«È per l'uccisione di LukeKittinger che siete ricercato», ribattéTrury.

«Non l'ho ucciso io.»

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«È tanto tempo che faccio losceriffo, Davey. E ho visto un saccodi gente commettere dellesciocchezze quando una donna faperdere loro la testa.»

«È finita fra me e Stella.»«Lei ha dato una versione diversa.

Sostiene di essere ancora innamoratadi voi. Ha detto che ricorrerà agliavvocati di suo marito per farviliberare.»

«È dunque tanto sicura che abbiaucciso io Luke?»

«È arrivata per prima sul luogo.Dopo di voi. Quindi dovrebbe

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saperlo.»«Ci sono state altre persone, Dig»,

gli disse Webbe. «Ritengo didovervelo dire, dopo tutto.» Glinarrò di come avesse trovato Rory eOpal, e di come Opal si fosse recatanel bungalow e avesse scoperto LukeKittinger morente. Gli disse anchequel che sapeva di Henry PaulPlumm. Non gli rivelò, però, che inquel momento Plumm dormiva negliuffici del C a l l . Continuò,chiedendogli notizie dei duedelinquenti che l'avevano assalito eTrury ammise di non esser riuscito a

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scoprire nessun indizio sulla loroidentità e sui loro scopi. «Tuttaquesta gente aveva validi motivi peruccidere Luke. Non dico che sia statouno di loro, perché potrebbero ancheessere stati Cal Trotter o Stella.»

Il viso di Trury avevaun'espressione dura. «Non mi aveterivelato niente di nuovo. Venire quicon una lista di candidati, nonmigliora la vostra situazione. Voirimanete sempre in testa alla lista.Può darsi che ci abbiate tenutovolutamente nascosto il nascondigliodi Rory per confondere le carte

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mentre eliminavate Luke. Una voltatoltolo di mezzo, il vostro giornaleavrà più probabilità di sopravviveree, a quanto pare, vi potrete prendereanche la vedova, quando più logradirete. Vi parlo chiaramente,Davey. Io le cose le vedo così.»

Webbe soppesò nella mano lapistola di Trury. Si sentiva un buconello stomaco. «Non lo penserete sulserio, vero, Dig?»

«Sì, invece.»«Se avessi messo di mezzo Rory,

avreste pensato che mi servivo di luiper confondervi le idee.»

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«Esatto.»«E allora con Merl Gannon come

la mettiamo? Chi l'ha pugnalato?»«Abbiamo trovato il coltello»,

rispose Trury. «Sulla spiaggia pocolontano dal riparo per le barche. Unnormale coltello da caccia, come sene trovano in tutti i negozi di articolisportivi. Anche i pescatori d'ostricheusano coltelli simili. E così pureRory. Ne ha sempre avuto uno consé. Una bella impugnatura. Di osso.La marea l'ha ripulito ben bene e l'harispinto sulla sabbia.»

Lo sceriffo trasse un profondo

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sospiro:«Ci sto studiando sopra, ma lo farò

meglio quando vi avrò rinchiuso inuna cella, fuori dai piedi del tutto.»

Trury si alzò dietro la scrivania eavanzò verso Webbe:

«Ridatemi la pistola. Non mivorrete sparare!»

«Rimanete dove siete», gli ordinòWebbe.

Lo sceriffo si avvicinòmaggiormente attraverso la stanza.Webbe sentiva il sudore colarglilungo il corpo e poi Trury gli teseuna mano per farsi restituire l'arma.

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Webbe l'alzò bruscamente el'impugnatura colpì la guancia dellosceriffo.

Le mani di Trury annasparono perqualche secondo nell'aria, poi eglicadde all'indietro. Webbeincominciò a colpirlo di nuovo,inferocito, finché non si accorse cheera svenuto. Allora lo sollevò fra lebraccia. Il suo corpo erasorprendentemente sottile e leggero.L'adagiò nella poltrona dietro lascrivania e gli controllò il polso e ilrespiro. Erano perfetti. Sarebberinvenuto di lì a pochi minuti.

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Webbe si raddrizzò e posò lapistola dello sceriffo sulla scrivania.Poi a voce alta, disse: «Mi spiace,Dig».

Quindi voltò le spalle all'uomoprivo di sensi e tornò da Hilda.

CAPITOLO XIV

Webbe osservò Hilda uscire dalla

farmacia, scarsamente illuminata, eavviarsi lungo il marciapiede dimattoni rossi verso l'automobile. Nonera sicuro di niente a eccezione deisuoi sentimenti per Hi l d a mentre

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l'osservava muoversi con grazialungo la strada buia e alberata.Voleva per lei tutto ciò che di meglioaveva trovato a Prince John, tutta latranquilla sicurezza di quellestaccionate bianche, dei viottoli invecchi mattoni e delle case ricopertein legno che stavano lì lungo lastrada fin da quando Prince John erastata eretta.

H i l d a salì in macchina. «Erasull'elenco telefonico, come aveviprevisto.»

«Nessuno ha fatto attenzione a te lìdentro?»

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Sorrise nell'oscuritàdell'automobile. «Il proprietario hadetto che dovevo essere nuova diPrince John perché non mi aveva mainotata.»

«È perché sei carina», le disseWebbe.

«Lui non l'ha detto.»«Dove abita Fred Yates?»«Al n. 12 di Commercial Street. È

lontano da qui?»«Dall'altra parte del mondo»,

scherzò Webbe. «È dall'altra partedella via. È bene che tu gli diaun'occhiata.»

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La Commercial Street si stendevalungo il fiume nella parte più bassadella città. Fin dai giorni della guerracivile, il traffico marittimo di PrinceJohn era diminuito a tal punto chenon rimaneva ormai che l'ombra diun ricordo a rammentare l'uso per ilquale le banchine e i pontiliabbandonati erano stati costruiti.Rimanevano ancora la maggior partedei dock e dei capannoni, ma solopoche barche per la pesca delleostriche si muovevano adesso, comeincerti intrusi, fra i fabbricati simili afantasmi. C'era una nebbiolina sottile

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sul fiume quando Webbe imboccò lastrada ciottolosa e rallentò pertrovare il n. 12.

La casa di Fred Yates era unpiccolo bungalow situato in unospiazzo pieno d'erbacce, delimitatoda una parte dalla strada e dall'altradal muro frangiflutti. Attorno c'erauna staccionata, mezza scrostata, e aldi là si vedeva una fila di biancheriastesa a asciugare, tutta inzaccherata,che svolazzava nel vento piuttostoforte e pungente della notte chesaliva dalla palude.

Webbe aprì il cancello tagliato

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nella staccionata e precedette Hildafino alla porta d'ingresso. Bussò.Nell'interno c'erano le luci accese,ma sul vialetto sabbioso non sivedeva nessuna macchina.

In uno dei bungalow vicini si udìgridare minaccioso un uomo, cheperò venne subito ricambiatodall'invettiva stridula di una donna.

Webbe bussò di nuovo, più fortequesta volta.

Venne ad aprire una donna cheguardò Webbe e Hilda al di là dellaporta a rete tenuta chiusa da unacatena. «Che volete?» chiese.

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«Siete la signora Yates?»«Sì, cosa volete?»«È in casa Fred?»«No, non c'è.»«Credete che rientri fra poco?»«Non m'importa se quel

disgraziato rientra o no.»«Sapete dove posso trovarlo,

signora Yates?»«Venite da parte dello sceriffo?»«No.»«Non mi sembrate una faccia

nuova. Vi devo aver già visto daqualche parte.»

«Abito in città», rispose Webbe.

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«Possiamo entrare?»«Perché no?» rispose la donna. Si

strinse nelle spalle e aprì la porta arete, facendosi da parte per lasciarlientrare. La donna rise guardandoHilda e disse: «Un po' di confusione,eh? Ma se non metteranno a postoloro, io certo non lo farò.»

La casa puzzava di cucina stantia,di pesce e di palude. Hilda si sedettein una poltrona di mohair imbottita.Nel centro della stanza c'era untavolino di quercia rotondo. Unastriscia ricamata era stata spinta ditraverso e il resto della superficie

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era coperto da carte da giocosparpagliate, da tre tazze da caffè edue posaceneri straripanti a ricordodi Washington. Tre lattine di birravuote erano posate anch'esse inmezzo al resto. Webbe guardò iltavolino. «Avete avuto compagnia,signora Yates?»

«Da tre giorni, signore. Se nestavano qui per la casa a giocare acarte, a bere birra e a chiacchierare.E quel cretino di un Fred, tutto pienodi grandi idee, se ne stava semprecon loro. E quelli si sono rivinti tuttii cento dollari che avevano pagato

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per il vitto e per l'alloggio, giocandoa poker. Maledetto scemo!»

«Erano amici di Fred?»«Non lo so. Pagavano bene. Cosa

diavolo volete voi e questaragazza?»

«Vogliamo parlare con Fred.»«Non sarete mica un poliziotto?»«No, non sono un poliziotto»,

rispose Webbe«Forse siete un amico di Rayke e

Troy?»«Forse.»«Non ci sono nemmeno loro

adesso. È la terza volta che se ne

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vanno in tre giorni. È un sollievoavere la casa tutta per me. Credonodi essere dei pezzi grossi. Io lidefinirei altrimenti. Volete un po' dibirra?»

«No, grazie», sorrise Webbe.«Dunque Rayke si è rivinto tutti iquattrini?»

La signora Yates sbuffòrumorosamente e si sedette altavolino, con le gambe tese davanti asé. La sua bocca aveva una piegaa ma r a . I capelli grigio topo lericadevano disordinatamente sulcollo. «Fred con tutto il suo cianciare

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ecco che si mette a giocare a cartecon quei due drittoni e quelli nonfanno che prenderlo in giro senza chelui neanche se ne accorga. Quandogli dico di piantarla di fare il cretino,mi piglia a schiaffi e mi dice chetutto si aggiusterà e che diventeremoricchi.»

«Ricchi?»La donna sospirò: «Era soltanto un

bel sogno, signore».«Credo di conoscere Rayke e

Troy.» Webbe le descrisse i duemalviventi che l'avevano assalito inNewcomb's Lane. La signora Yates

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annuì stancamente.«Proprio loro», disse. «Sono

rimasti qui per tre giorni, ci hannomangiato di traverso mezza casa,hanno insudiciato dappertutto e poiFred si fa persino mangiare iquattrini della pensione, giocando apoker. Dovrei proprio piantarlo,ecco cosa dovrei fare.»

«Avete detto che sono rimasti quiper tre giorni?»

«Mi sono parsi tre anni, ma forsenon torneranno.»

«Come li ha conosciuti Fred?»Si strinse di nuovo nelle spalle. «E

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che ne so. Fa tutto parte del suopiano per arricchirsi in fretta. Non fache ripetere che ce ne andremo daquesto sudiciume con un sacco diquattrini per incominciare una nuovavita. Sono fanfaronate che nonsignificano nulla.»

«Quando si aspetta di esserericompensato?»

Ridacchiò. «Stasera». Poiaggiunse: «Siete un bel ficcanaso,eh? Non mi pare che mi abbiate dettocome vi chiamate o come si chiamala signorina.»

«Sono un amico di Rayke», rispose

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Webbe.«Non sembrate affatto suo amico.»«Ci occupiamo dello stesso

lavoro.»«Eppure io vi ho già visto da

qualche parte.»«Sono in città da qualche giorno.»«Vi ho conosciuto prima.» La

signora Yates lo guardò sospettosa,poi si raddrizzò, trasse un sospiro esi alzò dalla sedia. «Ebbene non fanessuna differenza per me. Tanto nonci ricaveremo niente, lo conoscobene quel cretino d'un Fred. Sietesicuro di non volere una birra?»

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«Vorrei trovare Fred il più prestopossibile.»

Aveva assunto un'aria furba.«Forse siete voi l'uomo che devepagarlo?»

«Può darsi.»«Potreste pagare me. È lo stesso

pagare me o Fred. Così sarò certache non li perderà tutti giocando apoker.»

«Devo vedere Fred», insistéWebbe.

La donna barcollò contro il tavoloe Webbe capì all'improvviso chedoveva aver bevuto parecchio. La

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signora Yates sorrise a Hilda.«Volete una birra, cara?» ripeté.

Webbe disse di nuovo: «Fred.Dov'è?»

«Ha ricevuto una telefonata»,rispose la signora Yates. «Un paio diminuti fa. È andato ai Three Fingers.Alla portineria, mi pare abbia detto.Crede che io non lo sappia, ma houdito gli ordini chiaramente.Chiunque avrebbe potuto sentire. Èper via di come Fred tiene ilricevitore all'orecchio. Ha paura deimicrobi.» Ridacchiò di nuovo.«Sempre a vantarsi per nascondere la

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paura. Lui crede che io non capisca.»«Se Fred tornasse, volete dirgli di

aspettarmi qui?»«Certo. Come vi chiamate?»«Fred lo sa», rispose Webbe.L'odore di fango che saliva dal

fiume sembrava fresco e salutaredopo i dieci minuti trascorsi in casadi Fred Yates.

* * *

Erano le undici quando Webbe

attraccò all'imbarcadero di BigMary. L'Ogulee Creek fluiva come un

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lento serpente nero nel suo corsopaludoso, pallido sotto la coltre dinubi che nascondeva la luna.

La strada terminava in una radurache confinava con la baia, e l'odoredi fango della palude era forte erancido quando scese con Hildadalla macchina. Vide la baracca diBig Mary che si piegava vicinoall'acqua e al di là, sul mare, infondo a un fragile e stretto molo,c'era lo scafo bianco della sua barcaper la pesca delle ostriche.

Un'aria di tranquilla desolazionesovrastava il luogo. Nessuna luce era

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visibile. Webbe esitò per unmomento sul sentiero sabbioso checonduceva alla baracca e alla barca.Poi vide la vecchia Ford Modello Aposteggiata sull'altro lato della casae si avviò da quella parte percontrollare il radiatore. Era ancoracaldo.

Udì l'improvviso sussulto di Hildae si girò. Big Mary stava in piedi fralui e il passaggio in legno cheportava all'imbarcadero e stringevaun fucile da caccia fra le manigrassocce.

«Stai fermo, Webbe.»

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Nella luce tetra, la sua figura eraalta e imponente, con il petto ampio,i larghi fianchi e le tozze gambe cherisaltavano chiaramente sotto lagonna di cotone. Aveva i folti capellibiondi legati stretti con un nastro, mala sua faccia appariva stranamentealterata quando Webbe la fissò.

«D'accordo», le rispose. «Rory èancora qui?»

«Non si muoverà per un pezzo.»«Perché? Cos'è successo?»«È via con la testa. Ecco cos'è

successo. Bisogna trovargli unmedico e in fretta o finirà col

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lasciarci la pelle.»«Che cosa hai fatto al viso? Ti ha

picchiata?»«E se anche fosse?»«Ha ancora il denaro con sé?»

chiese Webbe.«Non sono affari tuoi.»«Voglio parlargli», dichiarò

Webbe.Big Mary gli sbarrò il cammino.

Poi guardando Hilda, disse: «Cosa tiè venuto in mente di portare anchelei?»

«Sta con me», le rispose Webbe.«E questo è quanto.»

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«Non riuscirai a acchiapparenemmeno un centesimo di queldenaro. Io e Opal abbiamo le nostreidee in proposito.»

«Non lo voglio», dichiarò Webbe.«Sono venuto soltanto per parlargli.»

Big Mary abbassò un poco ilfucile. «Penso che non ci sia alcunmale. È in casa. Ma attento, perché èfuori di sé. Si tiene i quattrini nelletto.»

Webbe le passò accanto e sidiresse sotto il portico cadente dellabaracca. Mentre oltrepassava lasoglia, udì l'imprecazione di Rory e

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lo strillo rabbioso di O p a l . Laragazza stava indietreggiando versola porta e si mise le mani sui fianchisottili. Il suo viso si torse in unasmorfia di sdegno.

«Sei tornato, dunque?»«Che succede?»«Niente. Perché sei tornato,

Webbe?»«Voglio vedere Rory.»C'era un'unica stanza con una stufa

al kerosene, alcune lampadeanch'esse al kerosene che pendevanodalla catena appesa al soffitto acassettoni, un paio di mobili rustici e

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una tenda di cotone appesa a un ferroche divideva il locale a metà. L'ariaera terribilmente viziata.

Rory lo chiamò in quel momentoda dietro la tenda. «Sei tu, Webbe?»

«Sì.»«Vieni qui.»«Fra un minuto», gli rispose. Sia

lui che H i l d a s egui r ono Opalall'aperto e le rimasero accantopresso l'imbarcadero. «Cosa avevipredisposto di fare, Opal?»

La sua voce era opaca.«Speravamo di poter attraversare labaia fino al molo che si trova presso

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Annapolis. Mary conosce la costacome il palmo della sua mano. Rorypensava che con i quarantamiladollari della fabbrica, avremmopotuto cavarcela, dopo. Parlava difuggire in Messico.»

«Ma cosa non ha funzionato?»«Be'», disse desolata, «sta così

male che non si può muovere. Perònon è tanto facilone da perdere divista i quattrini.»

«Non conoscete un medico di cuivi possiate fidare?»

«Non conosciamo nessuno»,rispose amaramente la ragazza.

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«Così tutto quel denaro non gliservirà a niente.»

«Lascia perdere il denaro. La cosamigliore che tu e Big Mary possiatefare, è andarvene da qui e rimanerelontane.»

«E lasciare Rory? Che razza difratello sei?»

«Tu non ti preoccupi per Rory. Tuvuoi soltanto i quattrini.»

«Se muore, qualcuno se liacchiapperà», fece Opal.

«Appartengono alla fabbrica», lerispose Webbe. «E devono essererestituiti.»

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Gli occhi della ragazzafiammeggiarono nella luce opaca eWebbe vide che si stava inumidendole labbra con la lingua. Il suo visoassomigliava a quello di un bambinoviziato. «Se qualcuno avrà mai queldenaro», ribatté decisa, «quelqualcuno sarò io. Rory l'ha preso perme. Mi ha promesso tanti bei vestitidi seta, scarpe nuove e tutti icappellini che avrei desiderato. Hadetto che faremo una vita da signori.»

«E adesso Rory sta morendo»,commentò calmo Webbe.

Opal guardò prima a destra poi a

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sinistra, quindi si fissò i piedi. «Nonposso farci nulla.»

«Non vuoi aiutarlo?»«Certo. Io voglio ciò che vuole

lui.» Alzò lo sguardo e respinse unciuffo di capelli dalla fronte. I suoiocchi avevano uno sguardoprovocatorio.

«Potresti convincerlo acostituirsi», l'incalzò Webbe.«Potresti aiutarlo a tirarsi fuori daquest'imbroglio e a rimettersi sullaretta via...»

«Non predicare», scattò. «Io eRory siamo diversi. Le regole di vita

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che funzionano per te, per noi nonvalgono niente. Io farò tutto quelloche vorrà Rory.»

«Chiama un medico, Opal.»«No», rispose risentita. «No, se

questo lo costringerà a costituirsi.»«Opal», continuò pazientemente

Webbe. «È stato Rory a uccidere?»La sua faccia rosa si contorse.

«Credi che te lo direi, se losapessi?»

«Lo sai?»«No. Non sono rimasta sempre con

lui. Ci siamo incontrati direttamentesull'isola la notte in cui Merl venne

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ucciso. Forse fu lui, forse no. Non miimporta.»

Si udirono dei borbottii incoerentiprovenire dall'interno della baracca,un miscuglio di gemiti e diimprecazioni. O p a l piegò la suatestolina di lato e rise amaramente dirabbia. «Fa così ogni volta che sicerca di sottrargli la borsa dei soldi.Diventa come un gatto selvatico e timinaccia col fucile.»

«Meglio che tu rimanga qui»,consigliò Webbe a Hilda.

Entrò nella baracca e spinse daparte la tenda. Vide Rory sdraiato sul

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grande letto in angolo. C'era unapiccola finestra con la rete e da essapenetrava il chiaro di luna. Ilmutamento in Rory era strabiliante.Le sue guance non rasate e di un bluscuro facevano apparire i suoilineamenti ancor più scarni; i dentigli luccicavano bianchissimi e gliocchi neri si erano trasformati in duepozze profonde di dolore e disospetto quando Webbe si avvicinòal letto. Addossata al muro, vicinoalla sua spalla, c'era la famosa borsadi cuoio che Webbe aveva già notatoin precedenza.

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«Perché sei tornato questa volta?»«Dovevo parlarti.»«Non c'è altro da dire. Sono

arrivato in fondo, Davey.»«Rory, tu sei malato.»«Sì, sono terribilmente malato.»«Lasciami chiamare un medico.

Potrei rivolgermi a D i g Trury.Penserebbero loro a curarti, primache sia troppo tardi.»

«No, Davey.»Webbe si sedette su una seggiolina

di legno vicino alla finestra.Attraverso i vetri intravide il pontilee il nastro scuro dell'Ogulee Creek.

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Vide Big Mary dirigersi decisamenteverso la barca con i grossi fianchiondeggianti. La seguiva Opal. Hildainvece non era visibile dalla finestra.Guardò l'uomo malato sul letto.

«Rory, devi aiutarmi. Vogliosapere la verità. Se riesco a chiarirele cose, per domattina ci saremo toltitutt'e due da quest'imbroglio.»

«Cosa vuoi sapere?» chiese Rory.«Devo sapere con esattezza come

hai fatto a fuggire dalla prigione,dopo che me n'ero andato.»

«Che differenza può fare?»«Non te lo sei ancora immaginato,

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Rory?»Gli occhi scuri di suo fratello

luccicarono. I suoi denti brillaronoquando si passò la lingua sulla boccaarida e girò il capo da parte a parte.«Dove sono andate O p a l e BigMary?»

«Non pensare alle ragazze.Rispondi, Rory.»

«Non riesco a concentrarmi. Ho latesta che scoppia.»

«È la febbre», disse Webbe. «Sodi Fred Yates, Rory. Ha lasciato laporta della tua cella aperta. Chi l'hapagato per farlo?»

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«Non lo so.»«Non sei stato tu? O Stella? O

Luke Kittinger?»Rory rise e incominciò a tossire

senza riuscire a fermarsi, poi siappoggiò all'indietro con il mentopuntato verso il soffitto. Il suorespiro era pesante e affaticato.

«Nessuno di loro», mormorò.«Non so chi sia stato.»

«E la pistola che avevi quando tirecasti alla fabbrica di Prince John,dove l'hai trovata?»

«Sulla scrivania di Yates, dovehanno inizio le celle. Sembrava fosse

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lì a aspettarmi.»«È appunto quanto è accaduto,

Rory. Non capisci?»«No. Pensavo si trattasse soltanto

di un caso, di un colpo di fortuna.»«No. Sono convinto che qualcuno

ha pagato Fred Yates per lasciartiscappare in modo da poterti imputarela morte di Kittinger. La persona cheha pagato Fred Yates è la stessa cheha ucciso Luke.»

«Non riesco più a pensare. Dovesono le ragazze?»

«In barca.»«Sento che Big Mary sta tornando.

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Vattene Davey.»Webbe rimase seduto sulla sua

sedia vicino alla finestra. Non avevasentito niente, ma dopo un momentoBig Mary entrò nella stanza. Sotto unbraccio teneva infilato un fucile dacaccia. Nel suo atteggiamento c'eraqualcosa di duro e di inflessibile.

«Rory, vado a cercare un medicoche ti curi.»

Rory rimase immobile, con gliocchi chiusi.

«Mi senti?» chiese la ragazza. «Hobisogno di un po' di soldi per andarea chiamare il vecchio dottor Parsons.

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E ce ne vorranno parecchi per farglitenere la bocca chiusa. Li prendodalla tua borsa.»

L'uomo sul letto taceva. Webbeincominciò a alzarsi, chiedendosi seRory non fosse svenuto. Big Marygirò velocemente attorno al letto eallungò un braccio per prendere laborsa di pelle nera. Vi posò soprauna mano e Webbe vide Rory apriregli occhi e sorridere. Poi piegò unagamba e sferrò un calcio violentonello stomaco della ragazza. Maryrimase senza fiato e con un gemitocadde all'indietro, andando a sbattere

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contro la parete. Quindi si girò percercare a tastoni il fucile vicino allaporta. Webbe balzò in avanti e lospinse da parte. Il volto di Big Maryera d'un pallore cadaverico. Siteneva lo stomaco stretto conentrambe le mani e scivolò con lespalle contro il muro. Rory rideva:«Non riuscirai a mettere le mani suquesti quattrini finché io sarò almondo».

Il respiro di Big Mary era unpenoso ansimare: «Peggio per te! Tela sei voluta!»

«Maledetta vacca!» ruggì Rory. Il

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suo bel volto scuro brillava disudore mentre si alzava sul letto, mala Browning era ferma nella suamano sana. «È soltanto questo cheavete in mente, tu e Opal. L'idea diquel denaro vi tormenta talmente chenon resistete più. Non lo volete percercarmi un dottore, ma solo pertirarvi fuori da quest'imbroglio.»

Webbe aiutò la ragazza a alzarsi.Respirava con difficoltà. «Mi haifatto male, Rory», disse.

«Meglio che torni in barca, Mary»,le consigliò Webbe.

Uscì, aggrappandosi allo stipite

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della porta. Webbe, seguendola, videche Big Mary lasciava il passaggiodi legno e girava attorno allabaracca. Si fermò per prenderequalcosa contro la parete in fondo equindi tornò stringendo in mano unoggetto: un'accetta. Webbe siprecipitò verso di lei, ma lei riuscì ascansarlo e corse nella baracca.Webbe le conficcò una spalla nellaschiena un istante dopo che l'accettaaveva abbandonato la sua mano e unistante prima che la pistolaesplodesse. Lo sparo fu assordantenell'interno della casupola. Webbe

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sentì Big Mary inciampare e egli lepassò accanto, precipitandosi versoRory, ma incespicò a sua volta inqualcosa sul pavimento e cadde. Inquel breve istante vide che il lettoera vuoto. La scure giaceva sepoltafra un ammasso di lenzuola e dicuscini che stavano al posto delcorpo di Rory.

«Rory», gridò. «Aspetta.»La pistola esplose di nuovo.

Webbe si rialzò, mentre Big Mary siprecipitava su Rory, appoggiato allaparete. I loro corpi si fusero in unalotta esasperata. All'improvviso

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Rory emise un grido di dolore escivolò sotto il peso della ragazzainferocita. Big Mary arretrò d'unpasso e incominciò a prenderlo acalci. Webbe l'afferrò e fu cometrattenere un animale selvaggio.Sentiva il calore viscido del sangueche le colava sul braccio e cercòd'immobilizzarla con il peso del suocorpo. Essa finì contro il muro,rimbalzò e raccolse la pistola,sfuggita di mano a Rory. Respirandoa fatica, puntò l'arma contro Webbe.

«Non muoverti», l'ammonì.«Abbassa quella pistola, Mary.»

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«È tanto che aspetto che crepi, cosìmi prenderò subito i quattrini.»

«Sei ferita», le disse Webbe.«Non preoccuparti per me.»Webbe s'inginocchiò accanto a

Rory, che era disteso sul pavimento,svenuto. Il sangue gli fluiva copiosodalla rozza benda che aveva albraccio. Ansimò e si agitò. Big Maryrespirava profondamente e teneva larivoltella puntata contro di loro.

«Dovrei ucciderlo», mormorò.«Piantala», fece Webbe.Opal si precipitò nella stanza e si

fermò sulla soglia, seguita da Hilda.

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Nessuna delle due fiatò. Big Mary siavvicinò al letto e prese la borsa dicuoio nero contenente il denaro. Poiraccolse la scure e tagliò i lacci dipelle finché la borsa non lasciòricadere quanto conteneva sul lettodisfatto.

Big Mary emise un grido disdegno. Webbe udì la risata cattiva edivertita di Rory alle sue spalle.

La borsa non conteneva che striscedi vecchi giornali accartocciati estracci.

CAPITOLO XV

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La voce di Big Mary era come un

lamento prolungato.«Dov'è? Dove l'hai nascosto?

L'avevi quando sei venuto qui.Peggio per te, ti ucciderò se non melo dirai.»

Rory continuava a sorridere.«Cerca, tesoro. Cerca bene. Ma nonlo troverai lo stesso.»

«Rory, amor mio, non essere cosìmeschino...» stava dicendo Opal.

«Taci.»«Che ne hai fatto?» continuò lei.«L'ho nascosto.»

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«Sì, ma dove?»«In un posto dove né tu né tua

sorella riuscirete a trovarlo se non velo dirò io.»

Opal gli fece il broncio. «Non ègiusto, Rory. Ti abbiamo sempreaiutato. Non è giusto!»

Big Mary si sedette sul letto.Sembrava sofferente, disfatta. Ilsangue le colava lungo la camicettabianca, macchiandole anche la gonnadi cotone. Webbe si avvicinò a Hildae le toccò una spalla. «Vedi ditrovare delle bende pulite.»

Hilda lo fissò come se non l'avesse

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mai visto. Poi annuì e si allontanò.O p a l corse verso Rory,appoggiandosi al muro. Webbe videBig Mary drizzarsi, il visoimprovvisamente teso e all'erta. Lasua mano scivolò verso la scureposata sul letto. O p a l stavasussurrando: «Tesoro, allora nonandremo più in Messico come miavevi promesso? Non vivremo piùcome mi avevi detto? È tanto chesogno a occhi aperti, Rory. Noi duesoli. E sarò come tu mi desideri.Vedrai. Ma non ce la caveremo, senon ci darai il denaro per aiutarti».

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Gli teneva le mani sulle spalle elentamente le mosse verso il collo.Stava un po' scostata di lato,esponendolo alla vista della sorella.La mano di Big Mary era di nuovosulla scure quando giunse il gridoterrorizzato di Hilda dal retro dellabaracca. Un colpo riecheggiò,spaventoso, nella vicina palude e fuseguito dal grido di un uomo.

«Rory, esci di lì. Rory!»Le dita di Big Mary

abbandonarono la scure come sescottasse. Opal emise un gemito e siscostò. Rory, al pari di un gatto,

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balzò in mezzo alla stanza e afferrò ilfucile. Big Mary si alzò, col voltocinereo, e si avvicinò alla finestrabuia.

«Chi c'è là fuori?» gridò.«Ehi, Mary!» le rispose un uomo

dalla palude. Poi una risata e quindiun'altra risata soffocata si levaronodall'oscurità, mentre un secondouomo gridava: «Sappiamo che sei lì,Rory Webbe! Butta la pistola earrenditi. Siamo agenti dellosceriffo».

Webbe sobbalzò, sorpreso, alsuono di quella voce: Rory imprecò

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e si mise in ginocchio accanto allafinestra mentre il suo fucileesplodeva due colpi a breveintervallo l'uno dall'altro. Webbebalzò fuori e vide Hilda rannicchiatapresso il passaggio di legno. «Staibene?» le chiese piano.

«Ho visto quegli uomini e mi sonomessa a urlare, nient'altro.»

«Quanti sono?»«Due, credo.»S'inginocchiò e la tenne stretta,

sentendo il rapido pulsare del suosangue. Niente si muoveva lungo lariva dell'Ogulee Creek. Tutto era

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silenzio cupo e profondo: perfino lerane avevano smesso di gracidare.Webbe toccò il braccio di Hilda ecorsero entrambi nella baracca.Riecheggiarono immediatamente duespari. Gettò Hilda sul pavimento e lasentì tremare mentre una finestrafiniva in frantumi con i vetri checadevano nell'interno della stanza.Dalla finestra di Rory risuonò unosparo di risposta, seguito dal gridoacuto di Opal . Webbe urlò: «Staigiù», e corse carponi verso Rory,appostato in ginocchio presso lafinestra. Adesso era Big Mary che

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teneva il fucile.«Non avete un'altra pistola?»

bisbigliò Webbe.«No.»«Non sono poliziotti.»Gli occhi di Rory scintillarono.

«No?»«Sono una coppia di energumeni

che alloggiavano in casa di FredYates, in Commercial Street. Mihanno dato una battuta proprio ieriper conoscere il luogo del tuonascondiglio. Rayke e Troy. Liconosci?»

Rory scrollò il capo. «Come

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c'entrano in tutto questo?»«Credo di saperlo, ma prima

vorrei parlare con loro. Aspetta asparare finché non li avrò colti allespalle.»

«Va bene.»Webbe si alzò e sfrecciò accanto a

Hilda senza rispondere alla domandache gli aveva rivolto a fior di labbra,e scivolò fuori dalla porta. Mossedieci passi di corsa e si appiattìnell'erba che cresceva lungo lapasserella di legno. Non accaddeniente. Carponi, corse verso la rivadel canale, poi si fermò. Uno degli

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uomini gridò qualcosa. Dall'internodella baracca non giunse nessunarisposta. Webbe attese. I due eranoinvisibili, nascosti nel fittosottobosco lungo il fiume. Si asciugòil sudore dal viso e udì il ronziodelle zanzare, a nugoli, intorno allasua testa.

Balzò in avanti, tenendosi carponie raggiunse la riva del corso d'acquaa circa venti metri dall'incrocio. Dalì poteva scorgere la macchina diPlumm dove l'aveva lasciata, ma invista non c'erano altre automobili.

Si girò a guardare la baracca, e in

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quel momento apparveimprovvisamente Big Mary,perfettamente illuminata dal chiaroredi luna, con il fucile sotto il braccio:ella si diresse verso il piccolo ponte.Webbe imprecò in silenzio a quellache doveva essere un'altra delleimprovvise manovre di Rory. Ilsilenzio regnava tutt'attorno. Poi unavoce gridò alla ragazza di gettare aterra il fucile. Webbe localizzò ilsuono dall'altra parte del ponte, manon riuscì a scorgere i due uomini.Big Mary continuò a camminare e unmomento dopo la figura di un uomo

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sbucò dai cespugli e le si piantòdavanti.

Era il più alto dei due.La pistola di Rory sparò altre due

volte dalla baracca, ma il rumoredella raffica venne attutitadall'esplosione del fucile di BigMary che faceva fuoco control'uomo. Questi si girò su sé stesso,inarcò il corpo e lasciò ricadere lapistola. Webbe si alzò e corse versoil ponte. L'altro malvivente si rizzòcon un grido di terrore e incominciòa correre fra la boscaglia. Webbe locolpì e finirono entrambi sul

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sentiero, rotolando verso il pantanovicino. Webbe sbirciò la facciaterrorizzata del suo avversario allaluce della luna, lo colpì di nuovoviolentemente e sentì la pistoladell'uomo riecheggiarglinell'orecchio. Lo percosse ancora el'uomo finì a gambe larghe fra l'erbabagnata, continuando a stringere larivoltella.

«Chi sei?» ansimò Webbe. «Raykeo Troy.»

«Joe Troy.»«Chi ti ha mandato qui? Chi ti

paga?»

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L'uomo guardò al di là della suaspalla e d'un tratto balzò in piedi eriprese a correre verso il sottobosco.Webbe vide Rory dall'altra parte delponte che cercava di rialzare BigMary. Riprese il suo inseguimento eriuscì a abbattere di nuovo Troyall'inizio della boscaglia. L'uomo sidibatteva convulsamente.

«Lasciami andare!»«Chi ti ha ingaggiato?»Troy cercò di mettersi in

ginocchio, ma Webbe lo colpì inpieno volto; poi, mentre l'uomo sigirava da una parte, lo percosse di

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nuovo.«Chi ti ha ingaggiato!» ripeté.Qualcuno chiamò Webbe dalla

baracca e egli si raddrizzò e tolse lapistola dalla mano inerte di Troy, chegiaceva svenuto. Webbe aprì ilcaricatore e vide che era vuoto;allora se l'infilò in tasca. Il silenzioche sovrastava il luogo fu rotto dalsuono di una sirena che si avvicinavae poi svaniva nella notte. Rimase lì,tremante, finché si sentì chiamare dinuovo; allora si girò verso il canale.Rory sedeva sulla riva fangosa,tenendo in grembo Big Mary. Hilda

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lo raggiunse correndo. Egli l'afferròper un braccio e si avvicinò al puntoin cui sedeva Rory con la ragazzabionda.

«Come sta?»«Le ha sparato appena l'hai

colpito. Hai sentito le sirene?» glichiese Rory.

«Provengono dal posto di bloccolungo la strada principale.»

«E stanno venendo qui, vero?»«È morta Mary?» chiese Webbe.«Non ancora.»«Rory, rimani dove sei. Lasciati

arrestare, ti prego.»

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Rory guardò il viso di Mary e lesue spalle s'incurvarono, quasi arivelare la sconfitta. I capelli scurigli ricaddero sugli occhi quandorialzò il capo per fissare Webbe.Sulle labbra aveva un amaro sorriso.

«Penso di non avere scelta. Nonandrò da nessuna parte, ormai,Davey.»

«La polizia ti procurerà un medico.Vi riprenderete tutt'e due.»

«Forse. Ma tu?»Webbe si girò e vide Opa l , in

piedi, poco lontano. Apparivaspaventata. Le sirene erano vicine

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adesso.«Sei capace di guidare la barca di

Mary, Opal?»«Credo di sì.»Rory disse: «D'accordo, Davey, è

meglio che te ne vada. Avrai bisognodi soldi: i quarantamila dollari sonosotto la cuccetta nella barca diMary». Ridacchiò. «Usali se puoi.»

Rory guardò la ragazza che avevafra le braccia. «Meglio che tisbrighi», aggiunse. «Terrò occupatala polizia il più possibile. Io e Maryspiegheremo cos'è successo qui.»

Le sirene erano molto forti ormai e

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le prime luci incominciavano atremolare al di là del sottobosco.Webbe si girò verso Hilda e annuì.

Opa l disse, ansiosa: «E pensareche il denaro era rimasto sulla barcaper tutto questo tempo! Andiamo!»

CAPITOLO XVI

Le zanzare ronzavano

incessantemente e un odore fetidosaliva dall'acqua paludosa sotto glialti salici. Webbe udiva il rumoredelle automobili, il richiamooccasionale di qualche agente che si

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trovava nella baracca di Big Mary eogni tanto coglieva il breve luccichiodi una luce attraverso il fogliame. Abordo della barca nessuno faceva ilminimo rumore. Le rane vicinegracidavano all'unisono e una voltala barca rollò leggermente quandoqualcosa finì nel canale, sparendo.

Opal scese giù e trovò i rotoli dibanconote che Rory aveva infilatosotto la cuccetta di sua sorella. Liavvolse accuratamente nella federadi un cuscino e se li tenne stretti inmano con gli occhi che sfidavanoWebbe.

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Parte del frastuono lontano siacquetò. Con l'aiuto di Hi lda e diOpal , Webbe fece uscire la barcadalla palude. Non fu facile tenerlascostata dalla riva con un unicoremo, e gli ci vollero dieci minutiprima di poter vedere davanti a sé labaia scintillante. Webbe tremava difatica.

Sull'acqua gli giungeva il ronziosoffocato di una barca a motore; egliguardò l'orologio, sorpreso diconstatare che non erano ancora leundici e mezzo. Studiò la corrente,vide che stava per sopraggiungere la

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bassa marea e si servì del remo perstaccare la barca dalla spiaggia.

Il rumore di un'altra imbarcazione,non visibile da lì, giunse da nord. Lamarea li trasportò verso la macchiascura illuminata dalle stelle checorrispondeva all'isola di LukeKittinger. Webbe decise di lasciarsitrasportare dalla corrente fin dovefosse stato possibile, piuttosto cheavviare il motore della barca. Unaluce brillò sulla strada rialzataquando vi passò una macchina direttaverso l'entroterra, ma da quel puntola torre di Kittinger non era visibile.

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Quando furono a mezza via, i denti diOpal incominciarono a scricchiolaree ella scese giù e tornò, offrendo aWebbe un bicchiere di liquorebianco e incolore versato da unabottiglia. Sia lui che Hildarifiutarono.

Si lasciarono trasportare lungol'isola larga mezzo miglio. Nonsapevano se qualcuno li stavatenendo d'occhio dalla strada, ma labarca approdò senza difficoltà.Webbe raccolse l'ancora e la gettònella sabbia, poi aiutò le due ragazzea scendere sulla spiaggia. Opal

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teneva stretta la federa del cuscino;la sua faccia aveva un'espressione disfida quando Webbe le suggerì dilasciarla a bordo per il tempo chefossero rimasti a terra.

Poi si rivolse a Hilda. «Sei sicuradi sapere cosa devi fare?»

Ella annuì. «Spero soltanto cheriesca.»

«Attenta», le disse. «Tienid'occhio Opal.»

«Preferirei non doverti lasciare.»«Non possiamo fare altrimenti»,

ribatté Webbe.»«Lo so.»

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La baciò raccomandandole dinuovo: «Stai attenta».

«E se mi chiedessero dove sonorimasta tutto questo tempo?»

«Non penso che nessuno si siaaccorto della tua sparizione a casa diKittinger. Con tutto questo trambusto.Accertati su Henry Paul e vedi cheOpal faccia ciò che deve.»

La osservò allontanarsi lungo laspiaggia in compagnia dell'altraragazza, la figura diritta nel silenzioprofondo, rischiarato dalla lucestellare. Non si girò. Opal si tenevastretto il sacchetto di quattrini.

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Quando entrambe ebbero superato ilbungalow dove Luke Kittinger erastato ucciso, Webbe si sedette alriparo di un boschetto e si accese unasigaretta.

Attese cinque minuti, dieci, poivide Opal tornare lungo la spiaggia,sola, con la sua federa. Spense lasigaretta e la tenne d'occhio.

Per qualche minuto la ragazzaarmeggiò con l'ancora, poi cercò diliberare la prua della barca dallasabbia. La corrente rendeval'impresa particolarmente difficile. Isuoi lineamenti erano tesi nello

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sforzo di spingere l'imbarcazione.Ma questa non si mosse. Alla fine cirinunciò e rimase indecisa perqualche secondo. Quindi raccolse ildenaro e incominciò a correre lungola spiaggia nella medesima direzionedi poco prima, quando si eraallontanata con Hilda.

Webbe si girò nella direzioneopposta e si allontanò fra gli alberi...

* * *

Un mormorio di voci

sopraggiungeva lungo il prato che

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scendeva verso il riparo per lebarche e lunghi raggi di luceprovenivano dalle finestre illuminatedella casa di Kittinger in cima alpoggio. Il viale e lo spiazzoantistante il garage erano rigurgitantidi macchine, molte delle qualiavevano la targa di New York.Webbe si teneva nascosto dietro unasiepe cercando di rimanere calmo.H i l d a doveva essere dentro daparecchio ormai, pensò. Non riuscivaa scorgere Opal e si augurava che sifosse recata dove le aveva detto diandare, invece di tentare qualche

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altro piano di fuga.Al di là delle finestre della grande

casa, Webbe scorgeva diversi gruppidi uomini che discutevanoanimatamente, e qua e là intravedevala divisa di qualche militare dellostato del Maryland. La morte diKittinger aveva richiamato il corpodi polizia di New York.

Girò attorno alla casa e raggiunsela portineria in fondo al viale cheportava alla pista d'atterraggio.Diverse luci si spensero nella casa,seguite dall'improvviso bagliore deifari e dal rumore dei motori lungo il

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viale. Due macchine cariche d'uominipassarono a pochi metri da doveWebbe stava schiacciato contro ilmuro freddo e grigio della portineria.

Raggiunse quindi la porta diservizio. I cardini scricchiolaronoleggermente mentre la spingeva versol'interno e entrando sentì l'odore dimuffa delle stanze rimaste a lungo indisuso. Non c'erano mobili nell oca l e . I suoi passi furtivi nonprovocarono alcun rumore mentre sispostava sul davanti della casa. Daibattenti delle finestre penetrava unpo' di luce proveniente dall'edificio

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principale al di là del viale. Le duestanze sul davanti erano vuoteanch'esse. Webbe prese la pistolache aveva sottratto a Troy ma,ricordandosi che era scarica, se lariinfilò in tasca.

Una rampa di scale portava alpiano superiore. Webbe esitò infondo a essa, scrutando l'oscurità.Qualcosa di bianco brillò a metàscala. Egli salì e lo raccolse. Era unmozzicone di sigaretta schiacciato; iltabacco sembrava fresco e morbidoallorché lo premette fra le dita.Webbe trasse un profondo sospiro e

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salì di corsa al piano superiore.Fred Yates era nella piccola stanza

sul davanti.Il chiaro di luna che filtrava

attraverso la fessura di una finestragli illuminava i piedi e le gambepiegate e metteva in luce il grossoanello d'oro a sigillo del secondino.La faccia dell'uomo sembravafluttuare come una piccola luna privadi corpo fra le ombre dell'angolodove si trovava allungato. Webbeebbe un moto di sgomento.

Era arrivato troppo tardi.Attraversò la stanza e

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s'inginocchiò presso il corpo diYates. Allora vide che l'omettopanciuto era stato pugnalato propriosotto la scapola. Le sue mani tozzeerano ancora calde quando Webbegliele toccò. Il sangue sulla schienaera umido. Sul suo viso c'eraun'espressione di sorpresa.

Webbe si raddrizzò e si allontanòdal corpo. Tremava di rabbia ed'indignazione. Ora conosceva tuttele risposte, le teneva nel palmo dellamano ma il loro peso, dal punto divista legale, non superava quello diuna piuma. Non poteva provare

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niente perché era arrivato tarditrattenendosi con Rory. Avevaperduto un'ora preziosa mentre FredYates si recava a discutere con chil'aveva pagato per lasciar fuggireRory, e al suo appuntamento con lamorte.

Webbe scese cautamente le scalebuie e si soffermò nella stanzaprincipale della portineria. Trovò iltelefono vicino alla porta di entrata,lo raccolse da terra e guardò dinuovo il grande edificio oltre lafinestra.

Il portico a colonne era fortemente

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illuminato. Un gruppo di personestava discutendo animatamentedavanti al portone d'ingresso. Unodegli uomini era Henry Paul Plumm.

Webbe riappoggiò il telefono sulpavimento e si avvicinòmaggiormente alla finestra. Plumm siera cambiato d'abito. Adessoindossava una giacca a quadri e unpaio di pantaloni di flanella. I suoicapelli, solitamente scompigliati,erano ravviati con cura, e si tenevasaldo sulle gambe. Apparivacompletamente sobrio. In quelmomento avrebbe dovuto trovarsi al

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Call, nell'ufficio di Webbe, a lottarecon la sua mente annebbiata dai fumidell'alcool che l'aveva lasciato neldubbio atroce di essere un assassino.Ora, comunque, mentre discuteva conil gruppo di gente sotto il portico,appariva completamente padrone disé.

Poi Webbe scorse Stella, con icapelli biondi che splendevano allaluce intensa dei lampioni. Accanto alei c'era Cal Trotter, alto eaggressivo, con i capelli a spazzolache gli conferivano un aspettogiovanile in contrasto con la sua

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faccia scarna e rapace. Due degliuomini con i quali stava parlando,abbandonarono il portico e risalironoin macchina, passando dopo qualcheistante davanti alla portineria. Glialtri entrarono nella casa.

Attese cinque minuti, fumando unasigaretta, poi alzò di nuovo iltelefono. Era un apparecchioantiquato con manovella ecampanello. Fece girare lamanovella due volte e ascoltò ilricevitore ronzare.

«Sì, signore,» disse una voce.«La signorina Br e w s te r, per

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favore», chiese Webbe.«Un momento, signore.»«Hilda?»Il ricevitore ronzò ancora. Era

terribilmente in ansia e incominciò asudare.

«Hilda, sei lì?» le chiese.La sua voce era calma. «Sì, sono

qui.»«Mi hai spaventato.»«Stava passando qualcuno. Stai

bene?»«Sì.»«Hai trovato Yates?»«Sì, è qui», rispose Webbe.

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«Allora non sei arrivato troppotardi?» fece. «Era...»

«Yates è morto», concluse Webbe.Silenzio. Webbe posò il ricevitore

e tornò alla finestra. La casaappariva esattamente la stessa. Ilportico era deserto. Nessuno simuoveva lungo il viale ghiaioso sottole querce. Tornò al telefono.

«Cos'è successo quando seitornata?» chiese.

«Assolutamente niente», risposeHilda. «È andato tutto come aveviprevisto. Sono tutti sconvolti,ovviamente. Hanno appreso ora

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dell'arresto di Rory. La polizia hacondotto sia lui sia la ragazzaall'ospedale di Salisbury. Così nonavranno noie dalla folla in città.»

«Bene», commentò Webbe. «Haivisto Henry Paul?»

«Non da sola. Non ne ho avutol'occasione. Ma lui mi ha vista e miha fatto un cenno col capo. Sembraperfettamente sobrio.»

«Parlagli da sola appena ti saràpossibile. Altrimenti, fra cinqueminuti, procedi pure col resto. Saidove trovarmi.»

«Sì.»

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«Ti ricordi cosa devi dire a HenryPaul?»

«Sì.»«Hilda?»«Ti amo», gli rispose lei posando

la cornetta prima che lui potesserispondere.

CAPITOLO XVII

Webbe guardò l'orologio. Era teso

e stanchissimo. Nella soffitta delgranaio l'aria era pesante, greve econtaminata dalle esalazioni dibenzina, di olio e di metallo bollente.

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Attraverso la ringhiera delle scaleriusciva a scorgere le grandi aligialle dell'aereo fra le ombre piùscure. Le porte dell'hangar eranoaperte e il lungo campo piatto e glialberi di cedro al di là, sembravanomorbidi e argentei al chiarore lunare.Non si muoveva niente laggiù, e nonsi udiva alcun rumore all'infuoridell'affaticato ticchettio di unvecchio orologio di metallo, appesosopra il banco di lavoro alle suespalle.

Dall'altra parte del banco c'era unvecchio divano di pelle sul quale

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s e d e v a O p a l , con i rotoli dibanconote stretti al petto.

Webbe stava seduto al buiosull'ultimo gradino delle scale, con inmano la pistola scarica che avevasottratto a Troy presso il pontile.

Erano più di venti minuti cheaspettava. Finalmente qualcuno entròfurtivamente nell'hangar, con unmovimento così rapido eimpercettibile che Webbe non funemmeno certo di averlo notatoveramente. Rimase immobile. Gliparve di intravedere una macchia piùchiara dove prima vi era soltanto

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oscurità. Ma nulla si mosse.O p a l si scosse, le molle del

vecchio divano scricchiolaronolievemente, e in quel momento colseun altro guizzo all'interno dell'hangar.Si alzò senza far rumore, si appiattìcontro la parete delle scale, con lapistola scarica in mano. Il ticchettiodel vecchio orologio sembravainsopportabilmente forte nel silenzioche li circondava.

Una voce chiamò pianissimo.«Webbe?»

«Sì.»Si mosse nel momento stesso in cui

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parlò, scendendo le scale con unacorsa precipitosa che lo portò findietro l'alta coda dell'aereo,nell'oscurità assoluta che avvolgevaanche il pavimento di cementodell'hangar. Non riuscì a scorgerenessuno. Trattenne il respiro.

«Webbe?»La voce proveniva da un luogo

vicino all'elica sinistra dell'aereo:era una voce d'uomo, cauta e ansiosa.

«Rimani dove sei», gli disseWebbe.

«D'accordo.»I loro bisbigli riecheggiarono

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come sospiri sibilanti fra le altevolte del vecchio granaio. Webbeuscì dall'ombra e vide un uomo inpiedi di fianco al motore sinistro:riconobbe le spalle pesanti emuscolose e il capo stretto di CalTrotter.

Questi lo vide nello stesso istantee si girò di colpo. Webbe disse:«Abbassa la pistola, Cal».

«No.»«Abbassala.»«No.»Si misurarono l'un l'altro con le

pistole in pugno, finché non furono a

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meno di quattro metri di distanza.Trotter non poteva sapere che la suarivoltella era scarica e che era tuttoun bluff, pensò Webbe. Ma il sorrisodell'uomo era strano e ingannatore.

«H i l d a mi ha riferito che mistavate aspettando», incominciòTrotter.

«Sei venuto solo?» gli chieseWebbe.

«È quanto mi ha detto di fare.»«Ti ha anche detto il perché?»«Mi ha riferito soltanto che

avevate un patto da propormi. Macosa mi trattiene dallo spararvi

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adesso, Webbe? I poliziottifarebbero di me un eroe. Non dovreidare nessuna spiegazione.»

«Hilda ti ha spiegato tutto?»«Mi ha soltanto detto che avevate

una specie di prova da offrirmi, incambio di una vostra possibilità difuga.»

«Esatto.»«Perché dovrei venire a

compromessi con voi?» gli chieseTrotter.

«Perché sei venuto allora?»Trotter non rispose. Sembrava che

stesse ascoltando qualcosa. Era Opal

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che stava scendendo in fondo allescale come Webbe le aveva detto difare. Non era visibile dal luogo incui si trovavano i due uomini.

La testa di Trotter si girò di scattoe Webbe vide che la sua faccia, alchiaro di luna, era terrorizzata emomentaneamente incerta.

«Chi c'è?»«Una mia amica», gli rispose

Webbe.«Hilda mi ha detto che avevate

qualcosa da offrirmi», insisté Trotter.«Avresti dovuto venire qui

disarmato.»

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«Non sono un cretino, Webbe. Soche sareste felice di farmi fuori.»

Ed era vero, pensò Webbe. Larabbia lo stava consumando. Era lavista di Cal Trotter, ironico efiducioso, che lo faceva imbestialire.

«Prima di continuare», proseguìTrotter, «dovrei informarvi dellaproposta che Stella insiste a volervifare. Non so come siate riuscito aeludere la polizia fino adesso, ma virendete conto che non potetecontinuare a fuggire in eterno. Lavostra unica possibilità è dicostituirvi. Stella vi aiuterà».

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«Dicendo la verità?»«Cambierà i fatti per dimostrare

che avete dovuto uccidere Luke perautodifesa. E pagherà i miglioriavvocati disposti a patrocinare ilvostro caso.»

«E questo, se mi arrenderò econfesserò di aver sparato a Luke?»

«Sì.»«Ma non l'ho fatto», si difese

Webbe.Trotter scoppiò a ridere: «E chi vi

crederà?»«Stella mente a proposito della

morte di Luke. Ecco perché volevate

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uccidermi presso il bungalow, eperché mi avete costretto a fuggire.»

«Qual è la prova che avete?» glichiese bruscamente Trotter. «O sitratta di un bluff?»

«Non si tratta di un bluff», glirispose Webbe. «Se pensavate che lofosse, non dovevate venire qui.»

C'era silenzio assoluto nell'hangar.Webbe non riusciva neppure a udireil ticchettio dell'orologio del solaio.Il chiaro di luna illuminava la pistoladi Trotter. Non si udiva nessunrumore da parte di Opal, rannicchiatasugli scalini.

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Misurò la distanza che lo dividevadall'uomo, ma era troppo lontanoperché potesse saltargli addosso.Mossosi leggermente, si spostòvicino al grosso motore di sinistra.Trotter teneva la schiena girata versola porta dell'hangar. Apparivaspaventato e teso e si mordicchiavale labbra.

«È stata Stella a costringerti a faretutto questo?» gli disse Webbeall'improvviso. «Non sopportavi diessere un dipendente di Luke. Era unuomo che non apprezzava nessuno. Tiaveva trasformato in un robot.

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Quando ti diceva di scattare, tuscattavi.»

«Tacete!» gli ingiunse Trotter.«Ma Stella ti fece vedere le cose

diversamente, no?» continuò Webbe.«Ti mostrò un futuro diverso. Ti feceapparire tutto molto semplice. Nonpotevi resisterle. Non molti uomini ciriescono. Sei innamorato di lei,Cal?»

«Tacete», ripeté Trotter.«So com'è fatta», proseguì Webbe.«Vi avverto...» gridò Trotter.«Fu Stella a metterti in testa l'idea

di liberarti di Luke una volta per

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tutte, non è così? Aveva il tipo adattoper il trabocchetto: mio fratelloRory. Tutti sapevano che Rory avevaminacciato Luk e per ciò che gliaveva combinato. Il guaio era cheRory si trovava in galera. Così Stellaconvinse Fred Yates a lasciarloscappare. Forse disse a Yates chec'era dietro Luke. Ma fu facile. Yatesaccettò. E io sono arrivato troppotardi per salvarlo.»

«Che volete dire?»«L'ho trovato morto nella

portineria. A questo punto, tuttoricade su di lui, non è così? È venuto

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qui stasera quando si è reso contoche i quattrini che Stella gli avevapromesso non erano che bazzecole. Èvenuto per farla fuori con qualcuno,ma dal momento che Luke era morto,doveva essere stato qualcun altro aallettarlo con una ricompensa,qualora avesse lasciato scappareRory di galera. E ai Three Fingersnon poteva esserci stato nessunoaltro all'infuori di te e di Stella.»

«Continuate», fece piano Trotter.Webbe trasse un profondo sospiro.

«Molte cose, però, andarono stortefin dall'inizio. Vi aspettavate che

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Rory venisse qui subito a vendicarsid i Luke, ma invece lui si recò allafabbrica per vedere la sua ragazza etrovò il denaro. I quattrini gli feceroapparire le cose diversamente: loindussero a pensare che avrebbe fattomeglio a levare le tende subito e alasciare il paese una volta per tutte.Indugiava troppo e così decideste diprovvedere a eliminare Luke . Maecco che entra in scena MerlGannon.»

«Merl venne qui ieri per discuterecon Luke a proposito della rivalitàdei loro giornali. Lu k e però era

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assente e alla servitù era stata data lagiornata di libertà per permettervi diagire indisturbato. Merl, cheaspettava nel capanno, vi udìdiscutere con Stella a proposito dellavostra prossima mossa e, quando viimbatteste in lui, foste costretti atenerlo calmo e lo eliminaste. Merlfu il vostro primo errore perché lasua morte non rientrava in alcunmodo nel piano. Cercaste allora difarla apparire come opera di Rory,ma sapevate che non potevafunzionare. Nascondeste corpo emacchina nella speranza di poter

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dissimulare il fatto. Ma io lo scopriie vi trovaste maggiormente inguaiato,con Luke nuovamente fra i piedi.»

La voce di Trotter era rauca.«State fantasticando. Nessuno puòprovare qualcosa riguardo aGannon.»

Webbe continuò: «Non ha moltaimportanza se questo può essereprovato o no. Esistono altri elementi,come i due energumeni cheingaggiaste allo scopo di trovareRory. Avevate bisogno di avere Rorysul luogo al momento del delitto diLuke. E mandaste quei due a casa di

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Yates per tenerlo sulla corda, maYates riuscì a liberarsene e staseravenne qui, ma voi ve lo scrollaste didosso con una coltellata nellaschiena».

Trotter appariva terrorizzato.«Cosa? Cosa state dicendo?»

Webbe riprese: «In quanto a Luke,ha incominciato a dubitare fin daquesta mattina che ci fosse qualcosache non andava nella fuga di Rory.Non potevate indugiare oltrenell'ucciderlo. Così Stella mi chiesedi incontrarla nel bungalow sullaspiaggia in modo da offrirvi un'altra

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freccia per il vostro arco: se Rorynon poteva più fare da caproespiatorio, c'ero pur sempre io.

«Ma oggi in quella casa c'era unpo' troppo movimento. C'erano Opale Henry Paul Plumm. Essi sanno chenon mi trovavo presente quando Lukevenne assassinato. In quanto a Rory,non poteva essere stato lui, perché inquel momento si teneva nascosto daicani dello sceriffo. Dunque l'haiucciso tu Luke; e Stella ti ha aiutato afarlo. Si è servita di te. Ma tuttaquesta storia si ripercuote su Yates.Il suo corpo si trova ancora nella

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portineria, non hai avuto lapossibilità di nasconderlo. Quando lapolizia lo scoprirà, non ci sarannoaltre spiegazioni per quanto èsuccesso all'infuori di quella che tiho dato io.»

Webbe lanciò uno sguardo furtivoverso la parete dell'hangar alla suasinistra. La chiazza chiara che avevascorto prima non era più visibile.Udì come un leggerissimoscricchiolio e balzò in avanti mentreTrotter alzava la pistola, gliscaraventò in faccia la propria arma.Un colpo partì dal revolver di

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Trotter e il rumore assordante cheprodusse riecheggiò per tuttol'hangar. Trotter cadde contro laparte anteriore dell'aereo e avanzòcarponi sul pavimento di cemento,impugnando la rivoltella. Quindi siraddrizzò e Webbe lo colpì di nuovo,mandandolo a sbattere contro gliscalini dove O p a l era in attesa.Webbe le lanciò un'occhiata e videche stava accovacciata pronta abalzare. Aveva le labbra dischiuse,con i denti che le brillavano, e sulviso, attento alla lotta, c'era quasiun'espressione di estasi.

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Poi la pistola di Trotter sparò unaltro colpo, verso il soffitto. Webbecolpì l'uomo, affondandogli i pugninel ventre. In lui non rimaneva che lafuria, la necessità cieca di farscaturire la verità da quell'essere.Trotter si piegò in avanti, il visocontratto dal dolore e lasciò caderela pistola sul pavimento. Tentò dicolpire davanti a sé, ma Webbescansò i pugni senza quasiaccorgersene. Fece raddrizzareTrotter con un destro, vide il sanguesgorgare dal suo naso ferito, mentre identi si frantumavano sotto le sue

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nocche. Trotter urlò e caddeall'indietro, andando a sbatterecontro la ringhiera delle scale conuno strepito che si ripercosseattraverso la fragile barriera. Webbelo rimise in piedi.

«Hai ucciso tu Luke, non è vero? EStella sapeva che l'avresti fatto!»

«No!»Trotter cercò di farlo

inginocchiare, ma Webbe l'afferròper una gamba e lo fece girare difaccia. Quindi lo prese per la giaccae lo costrinse a alzarsi di nuovo.Trotter lo fissava con occhi vitrei.

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Un suono inintelligibile gli uscì dallagola. Quindi mormorò: «Aspettate.Aspettate!»

«Tu e Stella mi avete coinvoltovolutamente, vero?»

Trotter annuì. «Sì.»«Sei stato tu a uccidere Merl e

Luke. E Stella era d'accordo.»«No, fu lei a ucciderli. Aspettate»,

ansò Trotter. «Non sto mentendo.Avrei dovuto farlo io, ma lei eradivenuta impaziente. Così ucciseMerl; io ero completamenteall'oscuro dell'assassinio del vostrosocio finché non lo scopriste voi.

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Avrei dovuto far fuori io Luke, mafece lei anche questo. Non so cosa leha preso: ho paura di lei; è accadutala stessa cosa anche stasera con quelsecondino. Stella mi disse che se nesarebbe occupata...»

«Stai mentendo.»«No. È stata lei. Ha fatto tutto lei.

Ma io dovevo starle accanto,qualunque cosa intraprendesse.Avevamo deciso tutto insieme.»

«Ma il resto è vero?»«Sì. Non...»Webbe lo lasciò andare, mentre le

braccia gli dolevano per la

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stanchezza. Arretrò d'un passo echiamò: «Henry?»

La sua voce riecheggiò nelcapannone. Henry Paul Plumm sbucòdall'ombra contro la parete.

«Ho sentito, David. Ho sentitotutto. Testimonierò per te.»

Webbe guardò la faccia distrutta diTrotter. Opal scese in fretta le scale,stringendo la sua federa. Gli occhi diTrotter andarono dall'uno all'altro.La sconfitta era riflessa nel suosguardo. Plumm tossì. Un raggio diluna che si rifletteva sul campo al dilà delle porte aperte dell'hangar gli

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illuminava la testa calva. Sorrideva.Toccò il braccio di Webbe e dissequalcosa che questi non capì; poiPlumm si volse, cercando la pistolache Cal Trotter aveva lasciatocadere.

Una voce disse: «Lasciateladov'è».

Era Stella. Stava ritta sulla sogliadell'hangar e aveva in mano unarivoltella con la quale li teneva abada tutti.

CAPITOLO XVIII

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O p a l gridò e incominciò ascivolare lungo la parete in direzionedella grande porta, tenendo strettacon entrambe le mani la borsaimprovvisata, piena di denaro. Ungesto di Stella la fermò. Ma nonfermò Henry Plumm. Quando ilgiornalista si lanciò all'improvvisoverso il campo, lei riuscì a malapenaa girarsi per metà, sorpresa. Webbesi lanciò in avanti, mentre Stella sivolgeva di nuovo dalla sua parte, mala pistola l'arrestò prima che avessemosso più di due passi. Il rumoredella corsa di Plumm svanì in

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lontananza.«Chi era?» chiese Stella.«Henry Paul», rispose Webbe,

sorridendo torvo: «Ti stavamoaspettando tutti, Stella».

Gli occhi di Stella brillavanosprezzanti mentre osservava la boccae il naso sanguinanti di Cal Trotter.

«Ti ha picchiato lui, Cal?»«L'ho costretto a dire la verità»,

disse Webbe. «Plumm ha sentitotutto. E anche O p a l . Tu potraiimpedirci di parlare, ma Paul, aquest'ora, ha quasi raggiunto la casa.Le sue gambe ossute sanno ancora

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muoversi, Stella, e troveranno ilcorpo di Fred Yates nellaportineria.»

«Yates?» chiese, aggrottando lafronte.

«Tutto ricade su di te, Stella.»Ella non lo guardava. Fissava

invece Trotter e dissetranquillamente: «Perché non l'haiucciso, invece di tentare diaddossare a me tutte le colpe?»

«Ha detto che aveva delle prove»,farfugliò Trotter.

Stella ebbe uno scatto d'ira: «Seiun cretino. Più di quanto pensassi. Un

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maledetto venduto».«Deponi la pistola, Stella», le

disse Webbe.Ella si girò verso Trotter: «Avvia

l'aereo, Cal.»«Perché?»«Non fare domande stupide.

Sbrigati.»L'uomo si alzò, incerto. Si toccò la

bocca tumefatta e guardò timorosoWebbe; poi si avvicinò alle portedell'hangar e le spalancò. Per laprima volta Webbe notò la jeepposteggiata su un lato della pista.L'aria fresca della notte entrò

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nell'hangar dal campo illuminatodalla luna. Trotter si avvicinòall'aereo, salì e un momento dopo leeliche cominciarono a girare e imotori rombarono. Il frastuononell'hangar era assordante. Poidiminuì man mano che i motoririprendevano a funzionare piùlentamente. Webbe si spostò, perevitare la raffica di vento provocatadall'elica di sinistra e Stella, facendodei cenni con la pistola, gli ordinò diprecederla fuori dall'hangar.

Era più facile discutere all'aperto.Vide che il suo viso si era addolcito

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e c'era come un richiamo nei suoiocchi.

«David, perché non hai cercato diaiutarmi e di capire quello che erocostretta a fare? Pensavo mi amassi.Avremmo potuto sistemare tutto sefossimo rimasti insieme.»

«Non era questo il tuo piano»,ribatté lui. «Cosa è accaduto inquella casa che ti ha tantosconvolta?»

Ella rispose con aria sconfitta:«Henry Paul ha riferito alla poliziache si trovava nel bungalow primadel tuo arrivo. Ha detto loro che si

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era comportato da codardo nel nonconfessarlo prima, e che, dopo averriflettuto a lungo, aveva deciso cheera ingiusto nei tuoi confronti taceresolo per non venir coinvolto. Mentrediscutevano di tutto questo,considerando il fatto come una provaa tuo favore, ecco che Plummsparisce. Non sapevo più cosa fare.Trotter non tornava e io ero sicurache si trovava qui; mi aveva parlatodel messaggio riferitogli da Hilda.Quindi dovevo venire qui anch'io.Tesoro, sta a te decidere. Mi deviaiutare».

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Le tremava la bocca al chiaro diluna. Non teneva più la pistolapuntata contro di lui. Ora gli stavavicina e Webbe sentì il suo delicatoprofumo quando gli posò una manosul braccio. La respinse.

«Tesoro», ripeté, «non è troppotardi. Non avrebbe dovuto accadereniente di tutto questo. Ammetto chefummo io e Cal a favorire la fuga diRory, ma solo nella speranza che siprendesse cura di L u k e in vecenostra. Non avevamo programmatonessun assassinio. Ma Cal ha persola testa. È stato lui a uccidere

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Gannon, Luke e Fred Yates.»«Ha ammesso di essere lui

l'assassino?» le chiese Webbe.«No. Non ne avrebbe mai parlato.

E io non avrei potuto chiederglielo.Ma è stato lui. Webbe, ti prego, unavolta mi amavi! Non puoi averdimenticato cosa provammo untempo...»

«Sei stata tu a farmi dimenticare.»Aveva il respiro affannoso.

Qualcosa si mosse in fondo allamente di Webbe: provava uno stranosenso di disagio. Vide che la donnastava guardando al di là della sua

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spalla in fondo al campo.Improvvisamente ella lo colpì inpieno viso con il calcio della pistolae Webbe cadde a terra. Rotolò su sestesso, inghiottendo sangue. Mentresi rialzava, vide Stella correreindietro verso l'hangar. Trotter stavamettendo a punto il motoredell'aereo.

Webbe si sollevò in ginocchio e sipulì il volto sporco di sangue. Poiscorse Opal fuggire terrorizzata dalcapannone. Le due donne cozzaronouna contro l'altra, quando Opal uscìsul campo e la federa le sfuggì di

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mano rovesciando i rotoli dibanconote sulla pista. Alcuni venneroportati via dal vento sollevato dalleeliche. Stella per un istante rimaseimmobile, sgomenta, alla vista ditutto quel denaro e di Opal che inginocchio cercava disperatamente diriinfilarlo nella federa.

Webbe si rialzò, barcollando, evide Stella colpire O p a l con larivoltella. Mentre la ragazza cadeva,Stella raccolse i quattrini e corseverso l'apparecchio.

M a O p a l si riprese; scattò dinuovo in piedi gridando in direzione

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del velivolo. Webbe tentò ditrattenerla.

«Lasciami andare!» Si liberò dallasua stretta e corse verso la jeep.Webbe l'afferrò per un braccio,mentre ella avviava il motore dellamacchina.

«Opal!»«Si è presa i miei soldi! Prima s'è

presa Rory e adesso i quattrini che ioe Rory avremmo dovuto spendere inMessico...»

«Non puoi più fermarla, Opal.»«Togliti di mezzo», gli urlò lei.Stringeva in mano un coltello e lo

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agitò davanti a Webbe. Egli fissò perun istante senza capire, mentre ilsangue incominciava a sgorgarglidalla ferita al braccio. La jeep partì elo scaraventò da parte. Giròdapprima su se stessa, stridendosulle ruote, poi si raddrizzò e sidiresse rumorosamente lungo la pistaall'inseguimento dell'aereo.

Webbe si strappò un pezzo dicamicia e si fasciò il braccio. Eracerto che Stella e Trotter nonsarebbero andati lontani. Corseattraverso la pista, guardando Opalsulla jeep che si avvicinava sempre

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più all'aereo in movimento; poi sifermò di fronte all'hangar e si strinsecon i denti la benda che gli fasciavail braccio.

Mentre osservava la jeep, sentì chenella sua mente stava avvenendo unmutamento; che ogni cosa assumevaimprovvisamente un significatodiverso, come se un avvenimentonuovo avesse mutato la sua facoltà dipercezione.

Una nuova e incontrastataconvinzione si fece improvvisamentestrada in lui. Si sentiva male. Oraaveva intuito finalmente la verità.

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La jeep correva parallela all'aereoe Trotter aveva già sollevato la codapronto a decollare. O p a l girò lamacchina e si fermò a pochi metri didistanza dal velivolo. Più tardi,ripensandoci, Webbe fu certo cheTrotter non doveva essersi accortodell'inseguimento della ragazza.Venne colto di sorpresa e la suaprima reazione fu quella di farevirare la coda dell'aereo nello sforzodisperato di evitare la collisione.

L'apparecchio ruotò, si alzò in ariaper un istante, poi si rovesciò,slittando di lato. L'ala sinistra si

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accartocciò lentamente e il motorevenne scagliato in mezzo al campoilluminato dalla luna, evitando dipoco la jeep. Webbe incominciò acorrere prima di udire l'esplosione.

Una lingua di fuoco illuminòall'improvviso il limite della pista,mentre subito dopo vi fu una rafficadi colpi provocata dall'esplosionedella benzina. L'aereo s'inchinòanteriormente, poi cadde all'indietrocon uno strepito assordante. Mentrecorreva, Webbe vide Trotter balzarea terra e cercare poi di estrarreStella dall'abitacolo. Un'altra

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esplosione avvenne nella fusoliera.Webbe girò attorno alla jeep e tentòdi aprire lo sportello della cabina,ma una fiammata lo respinse mentreun'ondata di calore intenso gliinvestiva il viso.

Girò di corsa intorno alla coda,spingendo Trotter da parte, poi videStella legata al sedile. Tirò forte e laliberò. Cadde a terra con lei, quindisi tirò su con mani e piedi, lottandocontro il calore spaventoso dellefiamme che si levavano tutt'attorno ela trascinò nell'erba alta checresceva lungo la pista. Trotter

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giaceva lì accanto a faccia in giù.Webbe vide che Stella era viva e

respirava: le fiamme,miracolosamente, non l'avevanotoccata. Allora si diresse verso Opal,che sedeva ancora sulla jeep,appoggiata al volante, con il viso frale mani.

Webbe provò un'improvvisa eviolenta disperazione. «Opal...»

Ella lo guardò con gli occhisgomenti. «Sta bruciando! Tutto ilmio denaro è andato perduto!»

«Tutto questo per niente, Opal.Adesso dammi quel coltello.»

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La ragazza lo fissò, infilandosi unamano fra i corti capelli. Il suo viso sicontrasse stranamente. «Il coltello?»

«Lo voglio.»«Mi spiace. Io...»«Troppo tardi, ormai, Opal.

Dammelo.»Alcuni uomini venivano correndo

attraverso il campo, in direzionedelle fiamme, ma lui non vi prestòattenzione. Avrebbe voluto sedersifra le stoppie della pista e affondareil viso fra le braccia; ma non staccòlo sguardo dalla ragazza. Ella loguardava come un bambino, con gli

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occhi sbarrati e supplichevoli. UdìDig Trury gridare il suo nome.

«Voglio il coltello, Opal», ripeté.«L'hai usato anche troppo.»

Ella torse la bocca e, stringendosinelle spalle, sussurrò: «Allora sai?»

«L'ho appena scoperto.»S'infilò una mano in una calza e ne

trasse un coltello dalla lama piccolae delicata e dall'impugnatura dicorno. Glielo allungòtranquillamente, spostando losguardo verso l'aereo in fiamme.Rabbrividì.

«L'hai ucciso con questo Fred

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Yates?» le chiese Webbe.«Sì», mormorò.«E Merl Gannon?»«Li ho ammazzati io», rispose.«Perché, Opa l ? Perché Stella ti

aveva portato via Rory? Perché laodiavi?»

«Volevo ucciderla», risposeguardando lontano. L'espressione delsuo volto continuava a mutare comein uno specchio magico, ora erainfantile, ora perversa. «Volevouccidere anche Rory. Li odiavoentrambi», bisbigliò. «Un tempoamavo Rory. Sarei morta per lui. Ti

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ho detto come stavano le cose franoi. Non avevamo bisogno di ciò dicui hanno bisogno gli altri. A noibastavano le paludi, l'acqua,capisci?» Lo guardò come se fossestata all'improvviso consapevoledella sua presenza, come se cercassela sua comprensione. Si umettò lelabbra. «Smisi di amarlo quando milasciò per quella donna. A luipiacevano le cose che il suo denaropoteva comprare. E io fui cosìsciocca da pensare che, se fossidiventata ricca, mi avrebbe amata dinuovo. Ma non funzionò. Non

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avrebbe mai funzionato. Li uccisi io,e lo feci, penso, per il denaro. Maadesso è sparito, bruciato.»

«Volevi che venisse incolpatoRory di tutto questo?»

Aveva un'espressione di sfida sulvolto. «Non avrei detto una parolafinché avessi avuto la possibilità ditenermi i quattrini. Sai che significavedere il tuo uomo correre dietro auna bella donna che possiede tuttociò che tu non potrai mai avere? Ècome essere affamati e non avereabbastanza da mangiare. Rory e ioandavamo perfettamente d'accordo

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prima che Stella gli facesse perderela testa. Rory prese i soldi della dittaperché fui io a dirgli di farlo. Eraubriaco quando arrivò in fabbricadopo essere fuggito di prigione. E iogli lasciai l'illusione di essere statolui a propormi di seguirlo dopo aversparato al contabile. In quel modoavrei potuto tenere d'occhio iquattrini. Ma lui non volevaandarsene prima di aver rivisto LukeKittinger, o almeno questo fu ciò chemi disse. Quel che voleva, però, erarivedere Stella. Non riuscii a indurloa fuggire subito con me.» Trasse un

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sospiro. «Avremmo vissuto bene.»«Perché uccidesti Merl Gannon?»I suoi occhi cercarono la carcassa

in fiamme dell'apparecchio. Unafolla d'uomini si era raccolta attornoa Trotter e a Stella dall'altra partedella pista, ma Webbe continuò adoccuparsi della ragazza.

«Perché, Opal? Ti recasti lì peruccidere Stella, non è vero? Voleviucciderla perché Rory non sidecideva a fuggire con te prima diaverla rivista. E allora c'era ilpericolo che cambiasse idea, no?»

«Sì», mormorò Op a l . «In quel

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momento smisi di amarlo. Lo odiavocome odiavo lei. Rory non sa ancorache sono stata io a uccidere Gannon.Non sa niente. Merl fu un incidente.Rory si trovava sulla spiaggiaquando Gannon entrò nel capanno.Disse che era stato a Ogulee e chesapeva cos'avevo intenzione di fare.Dovevo aver parlato un po' tropposia con Mary che con certa gente diOgulee. E lui, quel pomeriggio,aveva ricucito insieme i fatti e sipreoccupava più di fermare me chedi andare a parlare con LukeKittinger. Era quasi buio e disse che

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ci aveva aspettato fino a allora. Miconsigliò di tornare subito a casa e dilasciare che Rory e Stella se lasbrigassero da soli. Ma io non avreimai accettato e allora lui miminacciò di dire loro tutto, e io louccisi. Dovevo farlo. Non potevopermettergli di parlare.»

«Poi comparve Rory?» chieseWebbe.

«Spinsi il corpo di Merl Gannonsotto il riparo poco prima chearrivasse Rory. Gli riferii che eravenuto qualcuno e che l'aveva ucciso.Lui mi credette. Rory pensava che

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fossi un po' stupida, ma io non losono.» Guardò Webbe con grandiocchi vacui. «Non lo sono affatto.»

«E con L u k e Kittinger comeandò?» le chiese.

«Avvenne la stessa cosa. Miscoprì mentre telefonavo a Mary inquella strana casa in riva al mare. Mibloccò e incominciò a picchiarmi,chiedendomi cosa stessi facendo lì,dove fosse Rory e così via. Gli dissiche Stella l'avrebbe presto ucciso;ero impazzita, ritengo. Non volevoammazzarlo, ma poi afferrai lapistola e sparai.»

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«Volevi fuggire in Messico conRory, vero?»

«Sì.»«Ma l'avresti denunciato laggiù,

non è così?»Guardò di nuovo Webbe con

sguardo assente. «L'avrei uccisolaggiù oppure mi sarei presa ildenaro e me ne sarei andata. Nonavrebbe potuto fare più niente, unavolta che fosse fuggito con me. Gliavrebbero comunque dato la cacciaper assassinio.»

«Volevi che incolpassero Rorydell'uccisione di Stella?»

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«Certo. Sarebbe stato giusto, no?L'avrei uccisa io e l'avrei fattaapparire come opera sua. Così misarei presa la rivincita con tutt'edue.»

«E con Fred Yates che accadde?»Si esprimeva come se la cosa non

la riguardasse. «Ti avevo sentitoparlare con Hi l d a e pensavo diessere coperta perché è vero cheStella e Trotter avevano intenzione dieliminarlo. Pensavo che ciò sarebbeservito a dissimulare quanto avevofatto io. Sapevo che erano coinvoltiin quella storia e che o l'uno o l'altra

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avrebbero finito con l'uccidere LukeKittinger, ma pensavo anche che, semi fossi liberata di quel piccoloverme di Yates, la polizia avrebbesicuramente accusato loro e non me.E poi Freddie non mi piaceva»,aggiunse con improvvisa veemenza.«Ha sempre tentato di mettermi lemani addosso. Mi sbavava dietro. Epoi andava da Big Mary. Mi facevaschifo.» Lo guardò brevemente. «Inogni modo ti precedetti in quella casae trovai Freddie che aspettava,piuttosto sicuro di sé, e lo sistemai.Ero convinta che se avessi avuto

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delle belle cose come Stella, avreipotuto ottenere tutto ciò che volevo.Ormai non me ne importava piùniente di Rory. Volevo solovendicarmi di loro e tenermi iquattrini. Sarebbe andato tuttobenissimo se tu avessi lasciatofuggire Rory con me in Messico,come volevo.»

Webbe alzò lo sguardo e vide DigTrury in piedi dall'altra parte dellaj e e p . O p a l incominciòimprovvisamente a piangere come unbambino. Trury girò attorno allamacchina e disse: «Come vi è venuto

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in mente che potesse trattarsi diOpal, Davey?»

«Non ci ho pensato affatto»,ammise Webbe, «finché non mi colpìcon il coltello poco fa. Il guaio erache Stella e Trotter avevanoveramente ideato gli assassinii, aeccezione di quello di Merl Gannone Opal comparve sulla scena quandoavevano già stabilito tutto, e li eseguìin vece loro. Trotter era sicuro che lacolpevole fosse Stella e Stella eraaltrettanto certa che fosse Trotter.Quando parlai loro nell'hangar eranoentrambi convinti che fosse stato

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l'altro a commettere i delitti. Quindinon potevano essere stati nessuno deidue, benché virtualmente fosserocolpevoli d'omicidio entrambi, anchese non di fatto».

«Dunque doveva essere stataOpal», concluse ampollosamenteTrury.

«Per forza.»Webbe la guardò. Assomigliava a

un piccolo animale selvaggiosoggiogato e spaventato dallatrappola che l'imprigionava. Nonc'era rimorso, rimpianto in lei.Aveva lasciato crescere la sua

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gelosia, e a causa della sua libertà edella sua amoralità, aveva agito conla sanguinosa brutalità di unselvaggio, guidata dai suoi istintinaturali. E non la si poteva biasimaredel tutto, pensò Webbe.

Ella stava osservando le fiammedell'aereo, che andavanospegnendosi: aveva le labbradischiuse, la testa piegata di lato. Ilriflesso del fuoco giocava fra iriccioli corti che le incorniciavano ilvolto e brillava sui suoi piccoli dentibianchi.

D i g Trury infilò una mano nella

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jeep e la scosse, lei si girò senzaopporre resistenza e scese accantoallo sceriffo.

Webbe si allontanò. Le fiammestavano ancora divorando la carcassadell'aereo e egli scorse Trotter checamminava fra due agenti indirezione della casa. Stella Kittingerera invece trasportata a braccia daaltri due poliziotti.

A Webbe sembrò di udire ancora alungo la voce semplice epiagnucolosa di Opal, nonostante sifosse ormai allontanato da lei.

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CAPITOLO XIX Webbe mise le gambe giù dal letto

e rimase lì seduto. Si sentivainsonnolito, non aveva riposato benee quando guardò Henry Paul, notòche questi era invece sobrio e inperfette condizioni nella brillanteluce del mattino che si riversavanella stanza attraverso le finestreaperte. Al di là scintillava la baia diChesapeake e egli riusciva ascorgere distintamente la spondaopposta del Maryland. Webbeguardò il piccolo dock dove

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generalmente teneva ancorata la suabarca a vela e si ricordò di averlalasciata legata nel capanno dellaThree Fingers Island.

Plumm prese una sedia, la girò e visi mise cavalcioni con le sue lunghegambe ossute, sorridendo.

«Come ti senti, David?»«Che ne dite?»«Malissimo, suppongo.»«Peggio.»«In ogni modo, è tutto a posto.»«Bene.»«Vestiti», gli suggerì Plumm.

«Avremo una giornata movimentata.»

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Webbe s'infilò pantaloni e camiciae rimase per qualche istante aosservare l'acqua azzurra immersonel silenzio della casa. Plumm loseguì in bagno e si sedette sul bordodella vasca mentre lui si faceva labarba. Si tagliò due volte. Si guardònello specchio e gli parve di nonriconoscersi. Riflessi dietro a luiscorgeva perfettamente gli occhiacuti e cinici di Plumm che lostudiavano.

«Non è colpa tua se Stella eTrotter sono rimasti rinchiusinell'aereo», gli disse gentilmente

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Plumm. «Possono ritenersi fortunatidi essere ancora al mondo. Nonhanno riportato ustioni gravi, ho giàcontrollato all'ospedale. La polizianon ha ancora deciso di cosaaccusarli, se di cospirazione intentato omicidio o corruzione dipubblico ufficiale per aver aiutato efavorito la fuga di Rory. Li possonoaccusare di tutto all'infuori degliomicidi commessi da Opal in veceloro. Non avrebbe fatto differenza,comunque, una volta che io avevodeciso quello che dovevo fare. Mirendevo conto che, anche se non

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riuscivo a ricordare perché mi erorecato in quella casa o cosa erasuccesso, sapevo per certo che tu eriarrivato quando Luke era già morto.Dapprima ritenni più opportunotacere e starmene calmo e tranquillocon la mia bottiglia, ma poi capii chedovevo tornare dallo sceriffo a dirglila verità. Era questo che stavofacendo in casa di Kittinger ierisera.»

«Grazie, Henry.»«Nessun ringraziamento. Mi ha

fatto bene.»Webbe sorrise. «Vedo che non

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avete bevuto oggi.»«Non credo che berrò più, ormai»,

rispose Plumm. «Innanzi tutto, ieri,mi sono preso una paura terribileproprio per questo motivo e, inoltre,sto constatando che da quando hosmesso di lavorare per Kittinger nonne sento neanche più il desiderio.» Isuoi occhi vivaci erano fissi suWebbe mentre questi finiva divestirsi. «Sei stato in gamba, sai. Lapolizia non aveva il minimo elementosu di loro. Sei riuscito a indurreTrotter a confessare, come ho riferitoallo sceriffo appena giunto in quella

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casa, dove l'ho ragguagliatoimmediatamente anche a proposito diFred Yates. Ma Trotter avrebbepotuto ricorrere a qualche altroespediente quando si fosse ripresodal panico. Fu Stella, infatti, a cederee da lei non me lo sarei maiaspettato. Sapeva che Trotter eravenuto nell'hangar per parlarti. Hildaaveva agito scaltramente, dicendoloro che avevi in mano delle proveda far saltar in aria tutto. Ciò liintimorì tanto da farli accorrereimmediatamente, e fu la fine. È stranocome ciascuno di loro fosse sicuro

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della colpevolezza dell'altro, quandoinvece era sempre stata O p a l aeliminare chiunque le si parassedavanti per impedirle di tenersi iquattrini che Rory aveva sottratto infabbrica.

Webbe stava pensando a Stella, eal passato, e non voleva ricordarlaaltrimenti. «Non si sa niente diRory?» chiese.

«Sono andato a trovarlo inospedale. Sta meglio. I dottorisperano di salvargli il braccio.Anche la ragazza si riprenderà. Rorysembra cambiato. È molto più

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tranquillo. Penso che riusciremo afargli ottenere un nuovo processo,date le circostanze, e a fargli avere ilperdono. Vuole tornare a lavorare alCall.»

«E Rayke e Troy?»«Rayke è morto. E in quanto

all'altro, non c'è che la prigione»,rispose Plumm. «Di g Trury, questamattina alle sei mentre tu dormivibeatamente, ha ottenuto la pienaconfessione. Troy infatti ha ammessodi essere stato ingaggiato da Trotter eche costui aveva pagato Yates perlasciar fuggire Rory di prigione. Non

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sussistono più dubbi a questoriguardo. Mi sono preso la libertà ditrascinare giù dal letto il fotografode l Call e di portarlo in tribunale.Adesso l'articolo è già pronto e nonaspetta altro che d'essere stampatosul prossimo numero.»

Webbe alzò in fretta lo sguardo.«Volete veramente lavorare per me,Henry?»

«Se mi vuoi.»«Lo sapete che il C a l l sta

navigando in cattive acque ora? Lamorte di Luke non farà scomparire ilJ o u r n a l e non ne usciremo

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certamente vittoriosi dallacompetizione.»

Plumm annuì. «Sì, lo so. L'agenziad i Luke in questo momento è nelcaos, ma i giornali continueranno auscire finché il consiglio diamministrazione di New York noneleggerà un nuovo direttore. Nessunosa chi sarà il successore di Kittinger.Magari sarà Stella», dissesorridendo Plumm, «se riuscirà acavarsela. Le ci vorrà una squadra diavvocati per districare gli affari diLuke, ma poco importa. Io ne sono aldi fuori ormai, ma è chiaro che il

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Journal continuerà a stampare titoli acaratteri cubitali. Anche se lo farà,ovviamente, fino ad un certo limite».

«A proposito, è venuto in ufficioun certo Gort Messinger quando sonotornato dal tribunale con il fotografo.Voleva rinnovare il contratto diinserzione. Ho acconsentito senzadiscutere.»

«Davvero?»«Sì, lui e una dozzina d'altri. A

quanto pare gli affari locali nonandavano molto bene sotto laminaccia della folla urlante. Sonotutti amanti della legge e dell'ordine,

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senza rotture di vetri. Mi hannoriferito che erano alquanto irritati perla tattica del Journal mirante aeccitare la popolazione. Sostengonoche la vostra competizione nondurerà certamente più di un giorno.»

Webbe sorrise. «Allora vuol direche il Prince John Call non morirà.»

«Bene. A questo punto penso chepotrai pagare anche lo stipendiodella tua nuova segretaria.»

Webbe lo fissò. «Qualesegretaria?»

«Se assumi me, dovrai assumereanche Hilda.»

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Webbe si alzò e uscì all'aperto,sulla spiaggia, a guardare l'acquachiara della baia. Non si sentiva piùtanto stanco. Il vento frusciava fra lealte erbe della palude dietro di lui.Osservò due gabbiani sfiorare lasuperficie dell'acqua in cerca dicibo, con le ali immobili sotto ladelicata pressione della fresca ariamattutina.

Gli parve di udire i passi di HenryPaul dietro di lui. Quando si girò,scorse invece Hilda.

La vide fermarsi, mentre il vento lefaceva aderire la gonna alle lunghe

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gambe e le scompigliava i capellicolor rame. Le andò incontro e conuno sguardo abbracciò la ragazza, lacasa, l'ampia distesa di terra, l'acqua,tutto in una volta. E allora si fermò erimase immobile a fissare ogni cosaper un lungo istante.

Poi andò da lei.

FINE