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7/21/2019 Agenda Congresso PIMS http://slidepdf.com/reader/full/agenda-congresso-pims 1/48 Congresso internazionale di musica sacra Manifestazioni celebrative Roma, 26 maggio - 1 giugno 2011 a cura di Francesco Luisi PONTIFICIO ISTITUTO DI MUSICA SACRA CENTENARIO DI FONDAZIONE MCMXI MMXI

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Congresso internazionale di musica sacraManifestazioni celebrative

Roma, 26 maggio - 1 giugno 2011

a cura diFrancesco Luisi

PONTIFICIO ISTITUTO DI MUSICA SACRA

CENTENARIO DI FONDAZIONE

MCMXI MMXI

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Settimana celebrativa del Centenario di fondazionedel Ponticio Istituto di Musica Sacra

Roma, 26 maggio - 1 giugno 2011

PRESIDENTE

mons. Valentino Miserachs Grau

RESPONSABILE SCIENTIFICO

Francesco Luisi

COMITATO PROMOTORE

Nino Albarosa, Marialuisa Balza, p. Salvatore Barbagallo, mons. Renzo Cilia, Marco Cimagalli,Federico Del Sordo, d. Theo Flury O.S.B, Francesco Luisi, Michele Manganelli,

Cesare Marinacci, Walter Marzilli, mons. Valentino Miserachs Grau, Giancarlo Parodi,Silvano Presciuttini, Mauro Pisini, Antonio Sardi de Letto, Nicola Tangari, Claudio Trovajoli

ORGANIZZAZIONEFrancesco Luisi, Antonio Addamiano

* * *

CONGRESSO INTERNAZIONALE DI MUSICA SACRA

Comitato scienticoFranco Alberto Gallo, Giuseppina La Face Bianconi, Francesco Luisi, Raffaele Pozzi

SegreteriaAntonio Addamiano, Maria Luisi

Coordinamento organizzativoAntonio Addamiano, Giuseppe Moretti, Andrea Pelliccioni, Dominik Swiatek

AccoglienzaAnna Coculo, Maria Gabriella Felician, Serena Lauri, Patrizia Mocavini

Si ringraziano:Generalitat de Catalunya

Sen. H.C. Dr. Hans Albert Courtial (Fondazione Pro Musica e Arte Sacra),Dott. Ing. Wolfgang Dieter Schrempp (Daimler Chrysler Italia),

Bonaventura Bajet (Fundació Jaume Callís-Barcelona),Josep Vilaseca (Fundació Joviat-Manresa),

Dott. Flavio Forte, Dott. Walter Pecorella, Luigi Severa

* * *

Ubicazione delle sedi indicate:Sala Accademica – Piazza S. Agostino 20/A

Sede didattica – Via di Torre Rossa, 21Chiesa di San Carlo ai Catinari (Santi Biagio e Carlo) – Piazza Cairoli, 117 

 Basilica di Sant’Apollinare – Piazza S. Apollinare Basilica di Santa Maria Maggiore – Piazza di Santa Maria Maggiore

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PROGRAMMA

GIOVEDÌ 26 MAGGIO – SALA ACCADEMICA

10,30 Saluto delle Autorità11,00 Mons. Valentino Miserachs Grau - Preside del PIMS, Prolusione 11,30 Francesco Luisi - Responsabile scientico del Congresso, Introduzione ai lavori

13,00 Pausa pranzo

CONGRESSO I SESSIONE - Chairman Francesco Luisi (Università di Parma-PIMS)

14,30 Nino Albarosa, Aspetti di  Dom Engène Cardine14,55 Màrius Bernadó,  Dal canto piano  al canto gregoriano: una storia editoriale della

restaurazione gregoriana in Spagna15,20 Juan-José Carreras, La formazione di un musicologo: Higinio Anglès (1912-1922)15,45 Siegfried Gmeinwieser, Joseph Haas (1879-1960) e il Ponticio Istituto di Musica

Sacra di Roma16,10 Andrea Bombi, Riforma, cultura e propaganda nel “Boletín de la Asociación Ceciliana

Española”

16,35 Pausa caffè

17,00 Franz Karl Prassl, Teologia liturgica e canto gregoriano17,25 Giovanni Conti, “Et super hanc petram…”. Il canto gregoriano prima pietra della

 paideia del PIMS17,50 Angelo Rusconi, Il contributo dei teorici medioevali alla storia e alla prassi del canto

liturgico: alcune riessioni18,15 Michael Klaper, Testimonianze contemporanee e riessioni sulla ‘composizione’ di

nuovi canti liturgici nel Medio Evo18,40 Heinrich Rumphorst,  Il trattamento dei testi della Sacra Scrittura da parte deicompositori del canto gregoriano come espressione dell’interpretazione

VENERDÌ 27 MAGGIO – SALA ACCADEMICA

9,30 Conferenza di Dom Philippe Dupont O.S . B., Abate di Solesmes

10.30 Pausa caffè

CONGRESSO II SESSIONE - Chairman Juan-José Carreras (Universidad de Saragoza)

11,00 Cesarino Ruini,  Mutamenti politici e trasformazioni della scrittura musicale:esperienze e proposte tra paleograa e storia

11,25 Mauro Casadei Turroni Monti, La notazione adiastematica pomposiano-ravennate e lecontaminazioni in area bolognese

11,50 Giampaolo Mele, Il “corpus” degli antifonari arborensi francescani (ACO, P. III-VIII, Italia Centrale, sec. XIII 4/4)

12,15 James Borders,  Chants in Manuscripts of the Three Medieval Recensions of thePonticale Romanum

12,40 Nicola Tangari, Particolarità liturgico-musicali di un graduale di Santa Maria Maggiore a Roma

13.05 Pausa pranzoCONGRESSO III SESSIONE - Chairman Giovanni Conti (Scuola Universitaria di Musica Svizzera Italiana)

15.00 Marcel Pérès, Il canto romano antico. Nuovi orizzonti per la comprensione del canto

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gregoriano e dei repertori delle Chiese Orientali15.25 Barbara Haggh-Huglo, Late Medieval Vespers and Mass in the Modern Church?: Two

Case Studies15.50 Luisa Nardini, Il repertorio delle prosule per il Proprio della Messa nei manoscritti

beneventani16,15 David Hiley, Gregorian Chant in Regensburg 811-2011

16,40 Pausa caffè17,00 Michel Huglo, Remarques sur la Sémiologie grégorienne de Dom Eugène Cardine17,25 Johannes Berchmans Göschl,  La questione della restituzione melodica documentata

nel Graduale Novum 2011

18.00 Presentazione del Graduale Novum 2011, a cura di Johannes Berchmans Göschl

VENERDÌ 27 MAGGIO – BASILICA DI SANT’APOLLINARE

19,00  Concerto di canto gregoriano del Consortium Vocale Oslo  Direttore Alexander Schweitzer

SABATO 28 MAGGIO – SALA ACCADEMICA 

Tavola rotonda coordinata da Franco Alberto Gallo (Università di Bologna) La musica nella comunicazione religiosa: testi e immagini

9,30 Franco Alberto Gallo, Presentazione9,55 Paola Dessì,  Musica nell’attività missionaria di Matteo Ricci. I doni sonori per

l’imperatore Wanli10,20 Donatella Restani, “L’altra musica dei paesi stranieri alla Cina”: prime ricerche sui

testi del gesuita Giulio Aleni (1582-1649)10,45 Lionel Li-Xing Hong, Catholic Music in Seventeenth and Eighteenth Century China:

 A Study from a Liturgical Perspective

11,10 Pausa caffè

11,25 Daniela Castaldo, Le rappresentazioni della danza di Miriam (Esodo 15:20-21)11,50 Nicoletta Guidobaldi,  La muta eloquenza dei suoni dipinti: prime indagini sulla

rafgurazione di musiche sacre e devozionali nell’iconograa del Cinque e Seicento12,15 Eliana Teresita Cabrera Silvera, Sonido y silencio en la conquista espiritual de la

 América Latina del siglo XVII 12,40 Jann Pasler, Sacred Music in the African missions: Gregorian Chant, Cantiques, and

 Indigenous Musical Expression

13.05 Pausa pranzo

CONGRESSO IV SESSIONE - Chairman Giulio Cattin (Università di Padova)

15,00 Paolo Emilio Carapezza, Sicilo, discepolo di Paolo?15,25 Agostino Ziino, San Vitaliano papa e la musica15,50 Thomas Schmidt-Beste, 24 cantori, un solo libro: la “mise en page” nei libri musicali

del Fondo Cappella Sistina16,15 Klaus Pietschmann, Polifonia liturgica e simbologia politica nell’Italia

 Rinascimentale16,40 Marco Gozzi,  Le sequenze nei Codici musicali trentini del Quattrocento e il lororapporto con il canto piano

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17.30 Solenne Atto accademico  Saluto augurale del Preside, M° Mons. Valentino Miserachs  Allocuzione di Sua Eminenza il Signor Cardinale Zenon Grocholewski, Prefetto

della Congregazione per l’Educazione Cattolica e Gran Cancelliere del PIMS,  per ilConferimento dei Dottorati Honoris Causa in Musica Sacra ai maestri

  Diego Fasolis  Arvo Pärt

  Luigi Ferdinando Tagliavini19.00  Lezione-concerto sul grande organo Mascioni  Organo e liturgia - I “Fiori musicali” di Girolamo Frescobaldi  Organista Luigi Ferdinando Tagliavini

DOMENICA 29 MAGGIO – SALA ACCADEMICA

15.00 Seminario di Diego Fasolis con la partecipazione del Coro della RSI   Nuovi orizzonti dell’interpretazione polifonica

17.00  Presentazione della Nuova Edizione Nazionale delle Opere di Giovanni Pierluigi da

Palestrina e della registrazione realizzata dal Coro della RSI   Relatori: Giuseppe Clericetti, Maurizio Fallace, Francesco Luisi, Giancarlo Rostirolla

DOMENICA 29 MAGGIO – CHIESA DI SAN CARLO AI CATINARI

19,00 Santa Messa presieduta da Sua Em.za il Signor Cardinale Zenon Grocholewski  Durante la Celebrazione il Coro della Radiotelevisione Svizzera Italiana

eseguirà la Missa Papæ Marcelli di Giovanni Pierluigi da Palestrina   Direttore Diego Fasolis

LUNEDÌ 30 MAGGIO – SEDE DIDATTICA - Sessioni parallele

CONGRESSO V SESSIONE - Sala A - Chairman Giancarlo Rostirolla (Università di Chieti)9,30 William F. Prizer, Court Piety, Popular Piety: the Lauda in Renaissance Mantua9,55 Frank D’Accone, Liturgy, polyphony and tradition: Bishop Antonio Altoviti’s entrance

into Florence in 1567 10,20 Paolo Cecchi, “Advocata nostra”: aspetti letterari, dottrinali e religioso-antropologici

dei canzonieri madrigalistici mariani del XVI secolo10,45 Michael K. Phelps, Guillaume Du Fay’s Supremum est

11,10 Pausa caffè

11,25 Saverio Franchi, Idealità cattoliche e culturali nelle istituzioni musicali romane dellaCompagnia di Gesù ( XVI - XVII  secolo)

11,50 Arnaldo Morelli, «Con musica eccellentissima di cose pie». Salve, litanie ed altredevozioni: pratiche religiose e patronage a Roma in età moderna

12,15 Franco Piperno, Giulio Della Rovere e la rete di relazioni musicali fra Loreto, Urbinoe Ravenna

12,40 Iain Fenlon, Roman Music in Renaissance Iberia: Exchange, Transmission, Reception

CONGRESSO VI SESSIONE - Sala B - Chairman Agostino Ziino (Università di Roma “Tor Vergata”)

9,30 Camilla Cavicchi, Antonio Capello e le relazioni musicali fra gli Este e i ponteci nel

 primo Cinquecento9,55 Gioia Filocamo, “Non vedete che i Santi, le cui feste lasciandosi di celebrare, si

sdegnarebbeno et potrebbe avenire che ci facessero del male assai?” I santi nellelaude polifoniche tra Quattro e Cinquecento

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10,20 Cecilia Luzzi,  Travestimenti spirituali del Petrarca e madrigale nell’età dellaControriforma

10,45 David Bryant – Elena Quaranta, Il ‘suono’ delle feste: pratiche compositive ed esecutivedella polifonia sacra nelle chiese minori tra tardo Medioevo e Rinascimento

11,10 Pausa caffè

11,25 Stefano Lorenzetti, De locis communibus musicalibus: strategie dell’inventio e artedella memoria nella musica liturgica tra Cinque e Seicento11,50 Fabrizio Bigotti,  Aspetti stilistici della Schola romana  nel Seicento: tradizione e

innovazione in Gregorio Allegri (1582-1652)12,15 Rodolfo Baroncini, Gli Ospedali, la nuova pietas e la committenza musicale cittadinesca a

Venezia (1590-1620): i casi di Bartolomeo Bontempelli dal Calice e Camillo Rubini12,40 Christine Jeanneret,  La fabbrica del compositore. I manoscritti di Girolamo

Frescobaldi

13.05 Pausa pranzo

CONGRESSO VII SESSIONE - Sala A - Chairman Arnaldo Morelli (Università di L’Aquila)15.00 Rodobaldo Tibaldi, Appunti per una storia del responsorio polifonico tra XV e XVI

secolo: diffusione e trasformazione di un genere15,25 Pierre Bonniffet, La musique entre le Verbe et le silence.Claude Le Jeune. Dix Pseaumes

de David nouvellement composez à quatre parties en forme de motets (1564)15,50 Jean-Pierre Whiteld,  Les Pastorales sur la Naissance de Notre Seigneur Jésus

Christ (H. 483 et H. 483) et David & Jonathas (H. 490): de rares exemples en Franced’oratorio volgare

16,15 Berthold Over, “Sempre cantando”. Music in the Internal Mission in Sixteenth andSeventeenth-Century Italy

16,40 Bianca Maria Brumana,  Il dialogo di S. Francesco di Marcorelli ed altre musichededicate al santo nel XVII secolo

17,05 Pausa caffè

17,30 Andrea Chegai, Strategie retoriche e drammatiche nell’oratorio metastasiano17,55 Costantino Maeder, Alcune considerazioni sui primi oratori in Italia e in Inghilterra18,20 Christian Speck, Policoralità nell’oratorio romano nel Seicento18,45 Colleen Reardon,  Liturgical Drama, Sacred Opera, and Oratorio in Siena, 1675-

1710

19,10 Christoph Riedo,  La festa del Corpus Domini  nel Duomo di Milano durante ilSettecento

CONGRESSO VIII SESSIONE - Sala B - Chairman Patrizio Barbieri (Università di Lecce)

15,00 Philippe Canguilhem, Faux-bourdon e falsobordone: ancora sul problema delle origini15,25 Ignazio Macchiarella, Falsobordoni ed altre pratiche polifoniche confraternali dei

nostri giorni15,50 Luigi Collarile, “Ad uso della Cappella Ducale di Venetia”.  Intorno a due inedite

composizioni sacre di Francesco Cavalli16,15 Annarita Colturato, «Gaude felix Sabaudia, gaude tota Ecclesia»: la musica nelle

cerimonie religiose in presenza della corte (Torino, sec. XVIII)16,40 Daniele V. Filippi, Carlo Borromeo e la musica. Un carteggio inedito con Victoria, ealtre sorprese

17,05 Pausa caffè

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17,30 Federico Del Sordo, Il dibattito sui generi e l’alternatim per organo del XVII secolo. Italia-Francia

17,55 John Caldwell, The English Pre-Reformation Organ Repertory18,20 Giuseppe Clericetti, Prassi esecutiva e ‘santa’ tradizione negli scritti di Charles-Marie

Widor18,45 Gabriele Giacomelli, Organi e simboli del potere a Firenze dalla repubblica al principato19,10 Antonio Delno, Repertori polifonici intavolati per tastiera: dai problemi testuali alla

loro esecuzioneMARTEDÌ 31 MAGGIO – SEDE DIDATTICA

CONGRESSO IX SESSIONE - Sala A - Chairman Lorenzo Bianconi (Università di Bologna)

9,00 Giancarlo Rostirolla,  Istituzioni e protagonisti della vita musicale sacra a Romanell’anno della chiusura del Concilio di Trento

9,25 Noel O’Regan, Confraternity statutes in early modern Rome: what can they tell usabout musical practice?

9,50 Giovanni Salis, Scelte devozionali nelle musiche per la processione notturna conmisteri del Venerdì Santo dei Barnabiti (Milano 1587)

10,15 Dinko Fabris, Al servizio del sacro: una vera “Scuola napoletana” del Seicento

10,40 Pausa caffè

11,00 Marco Beghelli, L’organo all’opera11,25 Marco Capra, “L’opera d’un eretico maiuscolo”: la Messa di Verdi e l’idea di musica

sacra nella seconda metà del XIX secolo11,50 Paolo Russo, Solennità e teatralità nella Messa da Requiem in Sol minore di Giovanni

Simone Mayr12,15 Pietro Zappalà, La musica sacra di Amilcare Ponchielli12,40 Raffaele Pozzi, Le Orationes Christi e l’umanesimo religioso di Goffredo Petrassi

CONGRESSO X SESSIONE - Sala B - Chairman Wolfgang Witzenmann (DHI Roma)

9,25 Carlida Steffan, “...per i compositori di musica e per i predicatori...”. Testimonianzeed osservazioni sul rapporto tra predicazione e composizioni paraliturgiche nel Sei-Settecento

9,50 Abel Puig i Gisbert, Le funzioni musicali delle cappellanie Moretti, Sacchetti, Sonantie Soriano in Santa Maria Maggiore a Roma dalla loro fondazione al 1759

10,15 Alessio Ruffatti, La ricezione francese della musica di Giacomo Carissimi: riessionia proposito dell’identità culturale francese

10,40 Pausa caffè

11,00 Teresa Gialdroni, Dal diletto alla devozione: il travestimento spirituale nella cantatada camera fra XVII e XVIII secolo

11,25 Elisabetta Pasquini, «… In quell’aria più bassa di Roma…»: antefatti musicali di un(presunto) incarico a padre Martini

11,50 Ala Botti Caselli, Le Passioni di Giuseppe Ottavio Pitoni: osservanza liturgica e stileantico nel solco della tradizione post-conciliare

12,15 Ramón Saiz-Pardo Hurtado, Joseph Ratzinger: teologia liturgica della musica sacraallo stato attuale

12,40 Daniele Sabaino,  La denizione del concetto di ‘musica liturgica’ nel dibattito post-

conciliare13.05 Pausa pranzo

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CONGRESSO XI SESSIONE - Sala A - Chairman Marco Capra (Università di Parma)

15.00 Maria José de la Torre Molina, Celebrations for Heroes: Urban Music and Liturgyduring the Peninsular War, 1808-1814

15,25 Jürgen Maehder,  La drammaturgia dei timbri nel  Saint François d‘Assise  di Olivier Messiaen: rappresentazione e narratività

15,50 Susanna Pasticci, La presenza della fede nell’universo creativo di Igor Stravinskij 16,15 Francesc Bonastre, Francesc Tàpies (1898-1985): dal Motu Proprio alla Modernità

16,40 Marc Pepiol Martí, El compositor, constructor de Bellesa? Música sacra i llenguatgesd’avantguarda

CONGRESSO XII SESSIONE - Sala B - Chairman Massimo Privitera (Università di Palermo)

15,00 Carmela Bongiovanni, Un’impresa per la musica sacra a Genova: la cappella musicaledi Sant’Ambrogio nei secoli XVIII e XIX 

15,25 Robert Kendrick,  Beyond Loreto: Musical settings of “irregular” litanies afterSanctissimus (1601) 

15,50 Paolo Valerio, Giovanni Maria Sabino e la scuola musicale napoletana16,15 Francesco Passadore,  La cappella musicale di San Marco a Venezia tra XIX e XX

secolo16,40 Mauro Pisini, È ancora attuale il rapporto fra musica sacra e latino?

17,05 Pausa caffè

MARTEDÌ 31 MAGGIO – BASILICA DI SANTA MARIA MAGGIORE

21,00 Concerto con musiche di Antonio Caldara (1670-1736)  Solisti e coro della RSI - “I Barocchisti”  Direttore Diego Fasolis  - Contebor tibi Domine, Salmo 110 per soprano solo, coro e orchestra  - Gloria in Sib Maggiore per soli, doppio coro e doppia orchestra  (Trascrizione di Brian Pritchard ) 

In collaborazione e per gentile concessione del Dott. Otto Biba,  direttore dell’Archivio della Gesellschaft der Musikfreunde di Vienna

MERCOLEDÌ 1 GIUGNO - SEDE DIDATTICA

Tavola rotonda coordinata da Giuseppina La Face Bianconi (Università di Bologna) La musica sacra: prospettive pedagogico-didattiche del PIMS 

10,00 Giuseppina La Face Bianconi, Presentazione  Interventi di Paolo Cecchi, Maria Luisi, Raffaele Pozzi, Daniele Sabaino

11,20 Pausa caffè

11,40 Interventi di Federico Del Sordo, Walter Marzilli, Mauro Pisini, Silvano Presciuttini,Nicola Tangari

Tavola rotonda coordinata da Raffaele Pozzi (Università di Roma Tre) Musica e liturgia oggi. Il rito cattolico nel mondo globalizzato

15,00 Raffaele Pozzi, Introduzione  Interventi di Giovanni Filoramo, Enzo Pace, Giuseppe Lorizio, Salvatore Barbagallo,

Anthony Ruff 

16,20 Pausa caffè

16,40 Interventi di Luigi Garbini, Eduardo Binna, Olivier Sarr, Lionel Li-Xing Hong,Jeronimo Pereira Silva

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Congresso Internazionale di Musica Sacra

 Abstract 

Nino Albarosa (Università di Udine – PIMS)

 Aspetti di Dom Eugène Cardine

La relazione si dedica ad aspetti del grande studioso e maestro, il gregorianista Dom EugèneCardine, professore per lunghi anni al Ponticio Istituto di Musica Sacra in Roma; luogo, graziea lui, divenuto teatro della più profonda rivoluzione circa la lettura e l’interpretazione dei neumia partire dal Medioevo. Si sofferma però non solo sul Maestro e sulla Scuola da lui fondata, maanche su aspetti meno conosciuti dei suoi atteggiamenti umani, e da ultimo sul suo “Testament”.

Rodolfo Baroncini (Conservatorio di Adria)

Gli Ospedali, la nuova pietas  e la committenza musicale cittadinesca a Venezia (1590-1620): icasi di Bartolomeo Bontempelli dal Calice e Camillo Rubini

Quantunque nella ricezione odierna la Storia musicale degli Ospedali veneziani sia collegataprevalentemente alla prima metà del Settecento attraverso la luce corroborante di gure diprimissimo piano come Legrenzi, Vivaldi, Porpora e Hasse, il prestigio dei maestri e delle «puttedi coro» attivi in queste istituzioni era, come ben attestano fonti di varia natura, già elevato versola ne del Cinquecento. La vita musicale degli Ospedali orisce infatti sulla spinta della nuova pietas  controriformistica che orientando l’attività caritativa a vantaggio di alcune tra le fascepiù deboli della popolazione (orfani, ammalati e anziani privi sostegno), sostenne lo sviluppo el’ampliamento di questi fondamentali enti assistenziali.

È in questo contesto che per consolidare la propria immagine sociale, facoltosi esponenti del cetocittadinesco, già membri inuenti delle Scuole Grandi, iniziano a spostare il loro interesse indirezione degli Ospedali investendovi risorse sempre crescenti e favorendone l’attività musicale.È il caso di Bartolomeo Bontempelli dal Calice e di Camillo di Donato Rubini, protettore il primodi una svariata congerie di virtuosi e animatore il secondo di un ben avviato ridotto letterario-musicale, i quali svolsero, rispettivamente, un ruolo propulsivo nella storia musicale degli Ospedalidei Mendicanti e dei Derelitti.Scopo della relazione è di mostrare come, attivando una metodologia di ricerca attentaall’esplorazione di fonti ‘alternative’, la storia musicale degli Ospedali dei secoli XVI e XVII,possa, a dispetto della disarmante lacunosità della documentazione ufciale, essere parzialmente

ricostruita.

Marco Beghelli (Università di Bologna)

 L’organo all’opera

È noto che l’opera barocca abbia fatto uso di organi di piccole dimensioni come uno fra i tantistrumenti preposti a incarnare il basso continuo. La pratica scompare nel corso del Settecento,mentre l’organo diventa sempre più lo strumento sacro per eccellenza e pertanto eslcuso dalla praticateatrale, così come è esclusa la rappresentazione in scena di pratiche liturgiche e l’evocazione diparole strettamente legate alla sfera del cristianesimo, vietate dalla censura.

Sarà il grand-opéra francese a recuperare l’organo in teatro, sollevando però una viva reazione inItalia, nel momento in cui quegli stessi titoli approderanno nel nostro paese: da un lato i teatri italianisono sprovvisti di organi, dall’altro la censura impedisce di farli risuonare in teatro, specialmentenello Stato Ponticio. I compositori inventano pertanto dei surrogati dell’organo, che hanno fortuna

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anche come sonorità metaforiche alludenti alla sfera sacrale in senso ampio. Solo a ne Ottocentol’organo è pienamente accolto in teatro, al punto da poter essere nuovamente impiegato anche comestrumento dell’orchestra, sganciato da allusioni religiose.

Màrius Bernadó (Universitat de Lleida)

 Dal canto piano al canto gregoriano: una storia editoriale della restaurazione gregoriana in Spagna

Con questo contributo si vogliono apportare nuove informazioni sulla storia editoriale dellarestaurazione gregoriana in Spagna alla ne del XIX secolo.L’identicazione e l’analisi dei differenti prodotti editoriali dedicati all’insegnamento del cantoliturgico stampati in Spagna durante il XIX secolo ad uso dei seminari e delle congregazionireligiose, apporta dati che rivelano un profondo cambio di mentalità che si verica proprio inquel momento ed, inoltre, l’importante rinnovamento che provocò negli usi musicali della musicaecclesiastica.Il transito dalla ricca produzione di trattati di canto piano caratteristici del XVIII secolo ai metodi del canto gregoriano che rispondono pienamente alle aspettative della restaurazione propugnatada Solesmes comportò alcune trasformazioni signicative e non rimase esente da polemiche,frequentemente affrontate negli stessi libri.Occuparsi dei cambi nei contesti e sistemi di produzione materiale dei libri, così come le prese diposizione —per quanto riguarda le implicazioni estetiche, ideologiche e tecniche— dichiarate inmodo reiterato nei titoli e prolegomeni, permette d’osservare i cambiamenti che, durante il secolo,si producono in questo ambito.

Fabrizio Bigotti (Università di Roma “La Sapienza”)

 Aspetti stilistici della Schola romana nel Seicento: tradizione e innovazione in Gregorio Allegri(1582-1652)

Considerato autore unius operis, tra le gure di rilievo dell’ambiente musicale romano nella primametà del Seicento Gregorio Allegri è stato forse uno dei pochi a non aver beneciato ancora di unaconsiderazione esauriente. Tuttavia, a dispetto della tutt’altro che vasta bibliograa dedicatagli,Allegri può senza dubbio annoverarsi tra i protagonisti dell’estrema fase di ripensamentodell’eredità palestriniana, nell’ambito di una produzione che, se ancora ha in Palestrina un modellodi riferimento, è però costantemente ripensata alla luce di una propria, personale concezione delritmo e della modalità-tonalità.In Allegri si denisce quello che tenteremo di riassumere con il concetto di ‘stile’. Ad iniziareda un’analisi storico-musicale tanto della produzione polifonica, inedita ed edita (sulla quale

ultima, peraltro, si è recentemente concentrata l’attenzione della musicologa tedesca KerstinHelfricht), quanto di quella – relativamente sconosciuta – strumentale e profana (tra cui deveessere sicuramente ascritta la recente trascrizione da parte del relatore delle sonate appartenentialla Collectio Minor di Giovanni Angelo Altemps) emergono elementi utili a ricostruire non solol’ambiente, ma anche la destinazione e l’effettiva inuenza esercitata dalle opere di Allegri nelcontesto musicale a lui coevo e posteriore.

Andrea Bombi (Universitat de València)

 Riforma, cultura e propaganda nel “Boletín de la Asociación Ceciliana Española”

Il motu proprio “Tra le sollecitudini” di Pio X segna uno spartiacque nel movimento cecilianospagnolo, legato no ad allora all’iniziativa di gura carismatiche, ma isolate, fra le qualispicca Felipe Pedrell. L’entusiasmo per l’iniziativa del pontece moltiplica le attività di riformaliturgica, di diffusione del canto gregoriano riformato e di recupero della polifonia classica. I

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quattro congressi di musica sacra –Valldolid 1907, Siviglia 1909, Barcellona 1912 e Vitoria 1928–rappresentano altrettanti momenti di verica e di coordinazione di questi tentativi.E a Barcellona, nel 1912, fu fondata la Asociación Ceciliana Española, destinata precisamente amantenere nel tempo, con l’appoggio dell’istituzione ecclesiastica, queste funzioni. Presidentedell’associazione fu proclamato Vicente Ripollés, discepolo di Pedrell e attivista ceciliano giàdagli ultimi decenni del secolo XIX. Fu lui a dirigere, tra crescenti difcoltà, quello che risultòessere, di fatto, l’unico prodotto dell’ACE: il suo “Boletín”.

Oltre alle prevedibili informazioni per i soci e a notizie spicciole, il “Boletín” ospitó interventidi tipo divulgativo -ivi comprese traduzioni dal francese e dal tedesco- su temi come il cantopopolare, la polifonia liturgica, la partecipazione dei fedeli alla liturgia, e inoltre informazionebibliograca e musicale. È chiara insomma l’ambizione di farne qualcosa di più di un semplicefoglio informativo interno, certamente per perseguire da una parte la necessaria diffusione delleidee riformatrici, dall’altra di proporre un ideale formativo che si percepiva come necessarioperché la riforma potesse compiersi in profondità.

Francesc Bonastre (Universitat autònoma de Barcelona)

Francesc Tàpies (1898-1985): dal Motu Proprio alla ModernitàLa gura musicale di Francesc Tàpies si sviluppa in tre ambiti differenti e allo stesso tempocoincidenti nella loro strutturazione: l’interpretazione, la composizione e la pedagogiadell’apprendimento.Nato a Oliana (nei pressi di La Seu d’Urgell) il 14 maggio 1898, si dedicò allo studio della musicainsieme a quello delle lettere classiche al Seminario di La Seu d’Urgell, sotto la direzione delmaestro di cappella della suddetta cattedrale, Enric Marfany, del quale fu un alunno di rilievo nellediscipline musicali di base: pianoforte, organo, composizione e direzione.Una delle sue prime composizioni, Tota pulchra es Maria, è datata 1915, ovvero risale all’epocain cui egli aveva 17 anni; tuttora conserva la stessa freschezza e lo stesso equilibrio delle sue

origini.Nel febbraio 1920 ottenne il posto di maestro di cappella della cattedrale di Lugo (Galizia,Spagna), per il quale dovette ottenere gli Ordini Minori al ne di poter ricoprire l’incarico. L’annosuccessivo esordì con una messa polifonica in occasione della sua ordinazione sacerdotale;l’interpretazione fu afdata alla Schola Cantorum del Seminario de La Seu d’Urgell, diretta dalsuo maestro e fondatore, Enric Marfany.Dato il suo interesse nella specializzazione in musica liturgica, nel 1925 si trasferì a Roma, dovenel giro di un anno studiò organo con Raffaele Manari, composizione con Licinio Rece e sidiplomò in canto gregoriano con il P. Paolo Ferreti, presso la Scuola Superiore di Musica Sacra(successivamente, Ponticio Istituto de Musica Sacra). 

Dopo un tentativo per il posto di organista a Reus (Tarragona), senza successo pur avendo superatoin punteggio tutti i candidati, il 20 maggio 1927 ottenne il posto di organista della cattedraleMetropolitana e del Primate di Tarragona. Dopo un corso di interpretazione organistica conCharles Tournemir a Parigi, torno all’antica Tarraco romana. Questa città divenne sua residenzaabituale; la sua dedizione alla musica prese forma tanto nel Seminario quanto nella cattedrale oalla Scuola di Musica, della quale fu fondatore e membro emerito.La sua attività compositiva abbraccia gli anni dal 1920 al 1985: sessantacinque anni di creazionee interpretazione, che spaziano dall’impregnazione del Motu Proprio, esemplicato con mottetticome Cor Jesu (ca. 1928) e opere dall’espressività inedita come  Jesus, factus in agonia  (ca.1934). Dopo la pausa della guerra civile (1936-1939), Tàpies dà inizio a una nuova tappa di

maggiore complessità, con i seguenti oratori per solisti, cori e orchestre: Pontical de Flames (1959), dedicato al MDCC anniversario del martirio del primo vescovo cristiano di Tarragona;Pablo, heraldo de Cristo  (1963);  Ramon Llull a Montserrat   (1964), ancora inedito e Verge de Misericòrdia, in onore della patrona di Reus.

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Vale la pena sottolineare la sua posizione nei momenti di crisi degli anni sessanta e settanta:Tàpies continua a comporre non solo musique savante ma anche altra musica, conservando labontà e dignità che ne caratterizzarono l’origine, a servizio della nuova ricerca di semplicità, maiintesa come mancanza di qualità, del canto del popolo, nonché della salvaguardia del patrimoniocristiano di tutti.

Carmela Bongiovanni (Conservatorio di Genova)Un’impresa per la musica sacra a Genova: la cappella musicale di Sant’Ambrogio nei secoli XVIII e XIX 

Tra le più signicative iniziative di nanziamento privato per la musica sacra a Genova nei secolipassati no alla prima parte del ‘900, la cappella musicale di Sant’Ambrogio presso la chiesaomonima dei gesuiti di Genova, sorta ufcialmente nel 1619 grazie al lascito di un membro gesuitadel ramo primogenito della grande famiglia patrizia genovese dei Pallavini, è anche un modellodi gestione nanziaria impresariale attraverso i secoli, basata sull’impiego e la accorta gestionedei beni della cappella musicale. Gli utili venivano impiegati nel nanziamento della musicae in particolare dell’orchestra, costituita da musicisti ssi e avventizi, del maestro di cappella,dell’organista (per diverso tempo maestro di cappella e organista furono cariche esercitate daun unico professionista) e inoltre dei cantori. Venivano impiegati perlopiù musicisti locali matalora anche non genovesi: emblematici sono i casi del violinista e compositore lucchese FilippoManfredi e del genovese violinista Carlo Paganini, fratello del celeberrimo virtuoso Nicolò.Grazie alla paziente esplorazione delle carte a tutt’oggi conservate nell’archivio privato Durazzo -Giustiniani di Genova, è stato possibile - almeno per i due secoli indicati - delineare una straordinariavicenda di continuità nella produzione musicale sacra cittadina, aperta alla fruizione di tutti e di fattoindipendente dalla gestione gesuita della stessa Chiesa di Sant’Ambrogio.

Pierre Bonniffet (CNRS) La musique entre le Verbe et le silence.Claude Le Jeune. Dix Pseaumes de David nouvellementcomposez à quatre parties en forme de motets (1564)

Proposition d’une approche historique de la composition d’une œuvre de polyphonie vocale enFrance, à la n du Concile de Trente.Evolution humaniste et volonté personnelle dans le choix des paroles des psaumes en languevernaculaire. Evolution de la fonction réciproque des trois éléments du corps sonore vocal:paroles, musique et chant: le rôle désormais primordial du syntagme.Evolution d’une synthèse esthétique entre inuences italiennes et françaises dans la scansion vocale

avec homophonie prépondérante et silences unanimes mesurés, comme mode d’expression.Evolution de la réexion spirituelle.Peut-on considérer les  Dix Pseaumes comme un corpus madrigalesque? Comme un manifestereligieux? Ou plutôt comme une méditation musicale, où le croyant a une chance de percevoir,par sa seule volonté et intenzionalità, le silence dans lequel s’épanouit la musique divine (J.Gerson-M. Ficino- M. Scève)?

James Borders (University of Michigan, Ann Arbor)

Chants in Manuscripts of the Three Medieval Recensions of the Ponticale Romanum

Ponticals are liturgical books with rubrics, prayers, and chants for rituals over which only bishopscould legitimately preside. Pontical services with signicant musical contents include the dedicationof a church, the consecration of an altar, and the consecration of virgins, among others. Most notatedchants in ponticals are either antiphons or responsories and their verses. Most, but not all, of these

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nd concordances in other chantbooks, ofce antiphoners in particular. Ponticals may also containa few mass proper chants and processional antiphons.While preparing a music edition of chants in the three recensions of what Michel Andrieu termed thePontical Romain au moyen âge—that is, Roman Ponticals of the Twelfth Century, the thirteenth-century Pontical of the Roman Curia, and the late 13th-century Pontical of William Durandus—Ihave identied dozens of antiphons that vary considerably from one recension to the next, evenamong sources of the same type and from the same region. In some cases, settings of the same or

similar texts differ fundamentally. In others, entire melodies were apparently transposed from onepitch level or mode to another. In still others, melodies and texts seem to have been abbreviated,expanded, or otherwise reworked. In sum, later medieval pontical manuscripts of the types Andrieuidentied may transmit four or more versions of some chants, a situation without parallel in medievalgraduals and antiphoners except in cases of different chant dialects. This presentation will survey thesources and chants of the three recensions, sample the variant melodies, and consider the reasonsfor the differences.

Ala Botti Caselli (Conservatorio di Perugia)

 Le Passioni di Giuseppe Ottavio Pitoni: osservanza liturgica e stile antico nel solco dellatradizione post-conciliare

Un antico modello di Passione liturgica, caratterizzato dall’alternanza tra il tono ecclesiasticodi lezione per la narrazione dell’evangelista e il contrappunto per le risposte delle turbae  (edeventualmente per gli interventi diretti di Gesù e dei soliloquentes), si consolidò a Roma a partiredalle Passioni ‘responsoriali’ di Tomás Luis de Victoria (1585). Osservante del dettato tridentinoe delle limitazioni imposte ai riti penitenziali, esso ebbe ampia e duratura diffusione nel corsodei secoli XVII-XIX, come è attestato dai fondi musicali delle principali cappelle romane, alcunidei quali riemersi in tempi recenti. Si illustrano esempi di questa produzione, con particolareriferimento al Ms. III-50 della Cappella Giulia che contiene un gruppo di composizioni a quattro

voci di Giuseppe Ottavio Pitoni espressamente destinato alla Settimana Santa. La fonte, in gran parteautografa, è una preziosa testimonianza delle pratiche musicali che avevano luogo nella basilica diSan Pietro, nel tempo liturgico suddetto, all’epoca del magistero di Pitoni (1719-1743). Nelle duePassioni autografe ivi contenute, secondo Matteo ( Dominica in Palmis) e secondo Luca (Feria IV ),contrassegnate dalla sigla GOP e rispettivamente datate 27 marzo e 1 aprile 1730, il contrappuntoa cappella, prevalentemente omoritmico, riveste soltanto le risposte delle turbae, attenendosi al piùscarno modello tradizionale. I due lavori costituiscono l’unico apporto di Pitoni a noi pervenuto diquesto genere.

Biancamaria Brumana (Università di Perugia)

 Il dialogo di S. Francesco di Marcorelli ed altre musiche dedicate al santo nel XVII secolo

Il dialogo di S. Francesco di Giovanni Francesco Marcorelli potrebbe essere stato scrittodall’autore durante il suo magistero presso la cattedrale di S. Runo ad Assisi tra il 1644 e il 1646.Il piccolo oratorio in latino che comincia con le parole Phantasma noctis “mette in scena” il santoa colloquio con Dio e tratta l’episodio della conversione, afdato al Canto I (S. Francesco) e alpoco più grave Canto II (Dio) che si uniscono in un duetto conclusivo.L’analisi musicale del brano e delle sue fonti letterarie sarà preceduta da un approfondimentodella carriera del musicista di Spello (contemporaneo di Carissimi che alcuni anni prima lo avevapreceduto nell’incarico assisiate) in varie cappelle dello Stato Ponticio prima di approdare

all’oratorio romano di S. Maria della Vallicella.Al ne anche di collocare meglio il dialogo di Marcorelli nel contesto dell’epoca, la seconda partedell’intervento sarà dedicata ad una breve ricognizione delle musiche dedicate a S. Francesco nelXVII secolo, dopo che, sull’onda della controriforma, la gura del santo e i suoi ideali di povertà

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erano stati esaltati, no alla istituzione della festa delle Stimmate del 1622 che sanciva Francescocome alter Christus.Tra le musiche in lingua latina (siano esse liturgiche o più genericamente devozionali) si ricordanoquelle di Gesualdo, Cifra, Anerio, Buonamente, Paci, Ugolini, Perconti, Rocchigiani, Mazzocchi.Tra il 1605 e il 1618 ebbero una particolare fortuna i testi in italiano di Marino posti in musica daBaccusi, Bonini, Bianciardi, Il Verso e Cifra. Mentre nel 1648 si segnala la pubblicazione di undialogo sulla vocazione del santo di Massucci e, sullo scorcio del secolo, i primi veri e propri oratori:

 Le stimmate di S. Francesco di Pietro Andrea Ziani e un S. Francesco d’Assisi di Gio. Battista Donieseguito nella chiesa dei Minori Conventuali di Fossombrone per la festa del santo del 1690.

David Bryant – Elena Quaranta (Università Ca’ Foscari, Venezia)

 Il ‘suono’ delle feste: pratiche compositive ed esecutive della polifonia sacra nelle chiese minoritra tardo Medioevo e Rinascimento

La relazione verte sul rapporto tra stile compositivo, funzione (o possibili funzioni) e ‘suono’ allaluce delle conoscenze attuali sugli usi e sulle pratiche della polifonia sacra nelle chiese parrocchialie monastiche in Italia tra tardo Medioevo e Rinascimento. Identicati i contesti più tipici per l’usodella polifonia sacra nell’ambito delle feste principali di tali chiese, si apre la strada per unapiù precisa denizione dei repertori usati e delle caratteristiche (compositive ed esecutive) che licontraddistinguono. Si farà riferimento sia ai repertori della polifonia ‘d’arte’ che alle pratiche dielaborazione, eventualmente improvvisata, su canto liturgico.

John Caldwell (Oxford University)

The English Pre-Reformation Organ repertory

During the rst half of the sixteenth century a written repertory of liturgical organ music developed

in England. Its basis was almost invariably a plainchant melody, often treated with a great deal ofsophistication, and the compositions that resulted were intended to provide an instrumental substitutefor sections of chant, usually alternating with singing but sometimes replacing it entirely.The repertory survives in a small number of sources, some of them contemporary with the periodof liturgical use, some of them from a later period. The present paper considers the contribution ofThe Mulliner Book , a post-Reformation anthology that is nevertheless one of the most extensiveof all the sources of the repertory.

Philippe Canguilhem (Université de Toulouse)

Faux-bourdon e falsobordone: ancora sul problema delle origini

È un fatto ben conosciuto che la questione delle origini del  faux-bourdon sia stata al centro di unintenso dibattito storiograco tra alcune delle maggiori gure della musicologia dell’immediatodopoguerra (Bukofzer, Besseler) e alcuni dei loro seguaci. La questione delle origini delfalsobordone, da un’altra parte, non è mai stata discussa n da quando Murray Bradshaw l’haesposta nella sua tesi di dottorato, poi pubblicata nel 1972. Per Bradshaw e per tutti quelli chene hanno parlato dopo, il falsobordone è nato indipendentemente del faux-bourdon precedente,e le due tradizioni sono dunque separate. Il mio intervento esaminerà questa interpretazioneproblematica, in quanto tende a trasformare in generi compositivi distinti e nazionali quello che

non è altro che una prattica interpretativa orale condivisa da tutti i cantori di chiesa europei dalQuattrocento no all’Ottocento.

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Marco Capra (Università di Parma)

“L’opera d’un eretico maiuscolo”: la Messa di Verdi e l’idea di musica sacra nella seconda metàdel XIX secolo

Nel 1874, quando Verdi diresse nella Chiesa di San Marco a Milano la sua  Messa da Requiem inmemoria di Alessandro Manzoni, il principale e più celebrato autore italiano contemporaneo dimusica sacra era Gioachino Rossini, la cui fama poggiava soprattutto, anche se non esclusivamente,

sullo Stabat mater e sulla Petite messe solennelle. L’accoglienza e il credito riservati alla produzionesacra dei due compositori – assai differenti, a dispetto della comune estrazione teatrale – consentedi gettare uno sguardo sull’dea di musica sacra venuta maturando in Italia nel corso del XIXsecolo, tra volontà di rinascita e riscoperta antiquaria e tendenza alla contaminazione.

Paolo Emilio Carapezza (Università di Palermo)

Sicilo, discepolo di Paolo?

Tra i più antichi monumenti con notazione melica scritta, la stele di Sícilo (I/II secolo d.C.) è certoil più celebre. Scoperta tra i ruderi di Tralles, oggi Aydin (Turchia), vicinissima all’antica Efeso

(oggi Selçuk), fu pubblicata nel 1883: si conserva oggi nel Museo Nazionale di Copenaghen.Sulla piccola colonna di marmo è incisa una breve canzone, in dimetri giambici, introdotta da undistico elegiaco e seguita da un emistichio forse di dedica. Sopra ciascuna sillaba della canzone sono segnati la nota su cui intonarla, il suo valore ritmico e la sua funzione coreutica.La melodia (armonia frigia in tono ionico) è affascinante, indimenticabile. Tra i tanti compositorimoderni che l’hanno frequentata, spicca il nome di Aldo Clementi ( Musica per il mito di Eco e Narciso, 1992); Miklos Rozsa la fa storpiare da Peter Ustinov, che fa la parte di Nerone nel lmQuo vadis? (1951) di Melvin LeRoy; il chitarrista Dario Macaluso ne ha inciso su cd ( Le corde diSicilo, 2004) le variazioni di quattordici compositori.Assai ricche di senso, ma piuttosto enigmatiche, sia l’introduzione che la dedica, e ancor più

la canzone. Non è certo che l’emistichio nale sia una dedica; prima d’esser venduta nel 1966al Museo di Copenaghen la pietra fu rilata in basso: fu così amputata l’ultima sillaba, o leultime sillabe. Potrebbe quindi essere una rma: “Sicilo glio di Euterpo”; o una dichiarazionepresuntuosa: “Sicilo vive bene”. E, se è una dedica: “Sicilo ad Euterpe: vivi!”; chi sono Siciloed Euterpe? Erano entrambo in vita, quando la pietra fu incisa? Euterpe è la musa, o la fanciullaamata? Sicilo è nome proprio, o generico (“il siciliano”)?E qual è il senso di questa deliziosa canzonetta? Epicureo: “goditi la vita, nché dura, e nonpensare ad altro”? Ovvero stoico, anzi addirittura cristiano: “metti ben a frutto la tua vita, illuminail prossimo tuo come te stesso”? Se è questo il suo senso, la canzone di Sicilo parafrasa un passodella lettera di san Paolo ai Filippesi (Fil., 4, 4-7).

Paolo, nato a Tarso tra il 5 e il 10, si convertì sulla via da Gerusalemme a Damasco verso il35; giunse a Roma nel 60/61 e vi fu decapitato tra il 64 e il 67. Sicilo potrebbe quindi averloben conosciuto: a Efeso o a Mileto, a Siracusa o a Roma. La sua canzone dunque è forse la piùantica musica cristiana rimastaci: per la bellezza del melos e la pregnanza di senso merita di esserintegrata nella moderna liturgia.

Juan-José Carreras (Universidad de Saragoza)

 La formazione di un musicologo: Higinio Anglès (1912-1922)

I dieci anni che vanno dalla sua ordinazione sacerdotale nel 1912 alla morte del suo mentore

musicale, Felipe Pedrell, furono decisivi per la formazione di Higinio Anglès. Sono tre gliaspetti fondamentali di quel decennio: la restaurazione liturgica simboleggiata dal congresso diMontserrat (1915), il movimento corale e il medievalismo. In tutti questi terreni svolse un ruolocentrale il moderno nazionalismo catalano, rappresentato da personalità di spicco come Enric Prat

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de la Riba. Nei primi articoli di Anglès per la rivista “Vida Cristiana”, oggi poco conosciuti, sipossono osservare questi molteplici interessi che rimasero sempre presenti nella sua lunga carrieramusicologica.

Mauro Casadei Turroni Monti (Università di Modena-Reggio Emilia)

 La notazione adiastematica pomposiano-ravennate e le contaminazioni in area bolognese

L’argomento della relazione è di natura ancora sperimentale e riguarda l’affascinante prospettiva diprecisare una dotazione neumatica adiastematica ravennate (secc. XI-XII); si tratta di una famiglianeumatica identicabile più propriamente entro un riferimento pomposiano-ravennate, contestimoni di una graa di transizione tra il ravennate e l’area bolognese, di cui parrebbe Bologna(soprattutto con il cod. Angelica 123) l’approdo nale di una trasformazione partita da Ravenna.Potremmo quindi essere di fronte ad un idioma la cui identità incarnava i caratteri della marcatae trasversale inuenza esercitata dalla Chiesa ravennate in quei secoli. Metodologicamente,più che in altri casi tale questione potrà essere chiarita solo se alle informazioni paleograco-semiologiche si uniranno quelle sulla scrittura latina e soprattutto sulla ricostruzione del contestostorico, politico-religioso e rituale-liturgico.

Camilla Cavicchi (CESR-Tours)

 Antonio Capello e le relazioni musicali fra gli Este e i ponteci nel primo Cinquecento

Nel 1530 Antonio Capello fu assunto come cantore virtuoso nella cappella del duca di FerraraAlfonso I d’Este. Qualche anno dopo, nel marzo 1536, il nuovo duca Ercole II d’Este lo inviavaa Roma dove, piacendo a papa Paolo III, entrò nella Cappella Sistina. Il nome di questo cantoreè noto per una serie di lettere che egli stesso inviò al duca Ercole II d’Este e nelle quali allegavale composizioni più recenti dei musicisti della Sistina: il mottetto, oggi perduto, di Costanzo

Festa sul motto Plus ultra, composto probabilmente per l’imperatore Carlo V; una messa, dellelamentazioni e dei mottetti di Cristóbal de Morales; e ancora musiche di Bartolomeo Crotti e diBartolomé de Escobedo. Questo intervento intende, in primo luogo, restituire il prolo biogracodi Antonio Capello, dalle sue origini savoiarde, all’attività di contralto in San Marco a Veneziae no agli anni romani durante i quali operò come cantore secreto. Poi, prendendo spunto dallecircostanze di queste lettere e con il supporto di altri documenti d’archivio, si cercherà di illustrarele dinamiche degli scambi e delle relazioni musicali fra gli Este e i ponteci, alimentate, in alcunicasi, da interessi politici e diplomatici.

Paolo Cecchi (Università di Bologna)

“Advocata nostra”: aspetti letterari, dottrinali e religioso-antropologici dei canzonierimadrigalistici mariani del XVI secolo

Il contributo prenderà in esame una serie di libri di madrigali e di canzonette spirituali – compostenel secondo Cinquecento da Giovanni Matteo Asola, Marc’ Antonio Mazzone, Filippo da Monte,Giovanni Pierluigi da Palestrina ed Orfeo Vecchi - che costituiscono dei ridotti canzonieri poetico-musicali dedicati all’agiograa e alla gloricazione della Beata Vergine. Il contributo analizzerài testi musicati in dette raccolte - contestualizzandoli nell’ambito della coeva produzione liricad’argomento mariano, che ebbe un’importanza centrale nel petrarchismo devoto del secondoCinquecento - e mostrerà come tali canzonieri rappresentino una signicativa manifestazione

artistica della rinnovata centralità dottrinale della gura di Maria inaugurata dalla Controriforma.Verrà in special modo illustrato come le liriche intonate operino una riconversione devota deglistilemi e dei topoi petrarcheschi relativi all’amore mondano, e come le musiche prese in esame siinserissero in una costellazione di pratiche devozionali d’ambito privato, ‘domestico’, nelle quali

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era fondamentale il ruolo protettivo e salvico della Vergine , considerata “advocata” e tramite trail fedele e le immagini/essenze del Cristo e del Padre.

Andrea Chegai (Università di Siena)

Strategie retoriche e drammatiche nell’oratorio metastasiano

Le azioni sacre del Metastasio, eseguite ‘in prima’ fra Roma (Per la festività del Santo Natale,1727) e Vienna (le restanti sette, no al 1740), manifestano al pari dei drammi per musica unpronto adattamento alle mutate condizioni ambientali. Ferme restando le prerogative del genere,le azioni sacre metastasiane non si lasciano quindi inquadrare da un’unica visuale, ma mettonoin luce nella stesura poetica e drammatica molteplici convergenze coi generi connanti, qualiserenata e festa teatrale, nonché col coevo dramma per musica. Ciò le rende meritevoli di unalettura incrociata che tenga conto dei molteplici contenuti spirituali e delle speciche tradizioni incui andarono a collocarsi.

Giuseppe Clericetti (Radiotelevisione Svizzera, Lugano)

Prassi esecutiva e ‘santa’ tradizione negli scritti di Charles-Marie Widor

Charles-Marie Widor fu intellettuale di prima grandezza, nella Francia a cavallo tra Otto eNovecento: titolare, nella chiesa parigina di Saint-Sulpice, del più grande organo costruito daAristide Cavaillé-Coll, compositore, didatta, direttore d’orchestra, giornalista, saggista, nel 1914fu nominato Segretario a vita dell’Institut de France. Widor non ci ha lasciato metodi o trattati diesecuzione organistica: nondimeno la lettura dei suoi scritti, primo fra tutti il dettagliato apparatointroduttivo all’edizione dell’opera organistica di J.S. Bach, redatta a quattro mani con AlbertSchweitzer, ci rivela numerosi principi d’esecuzione - qui proposti ed esaminati - che chiarisconoil suo orizzonte esecutivo. Nei suoi scritti, inoltre, Widor pretende essere l’erede della ‘santa’

tradizione, trasmessagli da Jacques Lemmens e risalente addirittura a Bach: verrà quindi presentatauna disamina dell’argomento, affascinante e complesso. A un passo dalle ‘leggi d’esecuzione’proclamate da Marcel Dupré, la posizione di Widor lascia ancora spazio a una visione eloquentedell’evento musicale.

Luigi Collarile (Université de Fribourg)

“Ad uso della Cappella Ducale di Venetia”. Intorno a due inedite composizioni sacre di FrancescoCavalli

Scopo di questo intervento è quello di presentare due inedite composizioni sacre di Francesco

Cavalli (1602-1676). La loro individuazione permette di riconsiderare l’attività del compositore inambito sacro, in particolare nella prospettiva del suo impegno in qualità di maestro della CappellaDucale di Venezia.

Annarita Colturato (Università di Torino)

«Gaude felix Sabaudia, gaude tota Ecclesia»: la musica nelle cerimonie religiose in presenzadella corte (Torino, sec. XVIII)

All’alba del Settecento la vita musicale torinese ruotava principalmente attorno a due istituzioni:la Cappella metropolitana e la Regia Cappella. Pur facendo capo l’una all’autorità ecclesiastica e

l’altra alla casa regnante, e dunque mantenendo nel tempo una totale indipendenza amministrativa,si trattò di istituzioni contraddistinte da una spiccata contiguità (e permeabilità), come contigui (epermeabili) erano – in Duomo e a Palazzo Reale – gli spazi destinati alle funzioni religiose cheprevedevano l’impiego dei loro membri.

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Sulla scorta dei documenti d’archivio, dei cerimoniali di corte, delle fonti musicali e delletestimonianze dei contemporanei, il contributo illustrerà organici, repertorio e modalità esecutivedel corredo musicale prescritto per le cerimonie religiose in presenza della corte, cerimonie allacui solennizzazione contribuivano – in Duomo come a Palazzo Reale – i musicisti stipendiati dalsovrano (per dirla con Rousseau, la «meilleure symphonie de l’Europe»).

Giovanni Conti (Scuola Universitaria di Musica della Svizzera Italiana)”Et super hanc petram…”. Il canto gregoriano prima pietra della paideia del PIMS 

La sacra monodia, propria della liturgia romana, ha costituito il fermo riferimento e il puntodi partenza di una serie numerosissima di considerazioni - scientiche, musicali e liturgiche- che hanno animato il dibattito dal quale è scaturita la presa di coscienza dell’urgenza che laChiesa si dotasse di una ‘Scuola superiore di musica sacra’. Un passo necessario in direzione delriconoscimento della professionalità di maestri di cappella e organisti al pari di altri ‘operatori’ inambito rituale e liturgico, e chiara guida circa il modus operandi alla luce degli insegnamenti delMagistero. In tutto questo e per ciascuno dei protagonisti, il Canto gregoriano ha costituito fonteispiratrice e non solo in termini affettivi, divenendo vera pietra di paragone per saggiare la ‘bontà’della musica sacra di nuova composizione.

Frank A. D’Accone (University of California, Los Angeles)

 Liturgy, polyphony and tradition: Bishop Antonio Altoviti’s entrance into Florence in 1567 

Bishop Antonio Altoviti’s formal entrance into Florence on 15 May 1567 furnished the occasionfor reenactment of religious and civic ceremonies traditionally rooted within the liturgies of theChurch and rites unique to Florence. An eyewitness account by an anonymous narrator allows usto trace in some detail the day’s events, from the bishop’s reception at city gates in the morning

to the celebratory dinner in the Episcopal palace at day’s end. The principal ceremony, at thehigh altar of the Cathedral of Santa Maria del Fiore, followed closely the “Ordo ad recipiendumprocessionaliter Prelatum vel Legatum” as found in the Ponticalis Liber. The Ordo addressesprecisely the antiphons, responsories, verses and prayers to be sung by the bishop and the rankingcleric of the church, though it leaves choice of texts and music of other “antiphons, responsoriesor hymns” to the pleasure of the singers. Implied is the possibility that polyphony, were it withinthe singers’ capabilities, would also be acceptable. The anonymous narrator leaves no doubt thatpolyphony, performed by the singers of the Florentine chapel, was the order of the day, and he isquick to mention that it was “Francesco Corteccia, the master of the chapel, who composed withgreat skill the antiphon Sacerdos et pontifex” with which the bishop was greeted at city gates.

The bishop would hear other “beautiful and splendid Latin songs” as he was escorted in procession bycity trumpeters, rst to the convent church of San Pier Maggiore, where rites almost unique to Florencewere performed, and then to the street shrine of San Zanobi, the 3rd-century Florentine bishop who hadmiraculously resuscitated a youth from the dead. After the Cathedral ceremony, in which the singersperformed polyphony as well as chant, the bishop, again accompanied by the “splendid songs” of thechapel, made his way across the piazza to his church, the Baptistry of San Giovanni, for celebration ofMass. His nal destination was the Episcopal palace, where he prayed in the chapel of San Jacopo andpresided over other traditional rites, before attending an evening dinner. During dinner “the singersperformed very elegant songs in Latin and in Italian in praise of his arrival and these were receivedwith great pleasure.” An examination of musical forces on hand, what they performed, and what we

know of their repertories form the basis of this report. These ndings are examined within the contextof a study that also explores the continuity of liturgical traditions within the Florentine church and theCathedral sources from which chapel singers drew the music they performed throughout the day.

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Federico Del Sordo (Conservatorio di Roma - PIMS)

 Il dibattito sui generi e l’alternatim per organo del XVII secolo. Italia-Francia

Una rilevante quantità di testimoni documenta il dibattito sui generi musicali che è in atto a partiredalla prima metà del XVII secolo in Europa (particolarmente in Italia, Germania e Polonia).L’intervento intende mettere in luce come le forme organistiche dell’epoca (con particolare accentosu quelle destinate alla prassi dell’alternatim) rispecchino quanto formalizzato in sede teorica e

quanto esse possano essere immagine dell’osmosi dei generi secolari all’interno della musicaliturgica. Il mutamento dei codici di elaborazione del cantus planus appare evidente nell’acquisizionedello stilus phantasticus all’interno dei versetti della scuola organistica italiana, mentre in Francia,dove già le forme della suite sono ben radicate appena dopo la promulgazione del Cæremoniale parisiensis (1662), si svolge un rafnato percorso che si snoda attraverso le “interpretazioni” delleregistrazioni e l’introduzione di nuove nuances armoniche.

Antonio Delno (Università di Pavia)

 Repertori polifonici intavolati per tastiera: dai problemi testuali alla loro esecuzione.

La signicativa presenza di musica vocale sacra e profana che si registra nelle intavolature pertastiera manoscritte e a stampa ancora in pieno XVII secolo impone uno stretto confronto traqueste forme di scrittura e la parallela notazione mensurale dello stesso repertorio. Il passaggioda un sistema notazionale all’altro, oltre a prevedere tutta una serie di atteggiamenti differentiche vanno dalla semplice trascrizione del dettato polifonico no a elaborate versioni ornamentali,interessa tanto aspetti strutturali (l’organico e la conduzione delle voci) quanto elementifondamentali del discorso armonico (alterazioni e musica cta). Attraverso alcune veriche supassi scelti dalle intavolature del tardo Cinquecento e del primo Seicento si vuole proporre inparticolare una rilettura dei complessi rapporti tra polifonia sacra e prassi organistica, tra la praticadell’accompagnamento e l’esecuzione solistica.

Dinko Fabris (Conservatorio di Bari)

 Al servizio del sacro: una vera“Scuola napoletana” del Seicento

Il concetto di “scuola napoletana”, abusato per due secoli dalla storiograa autoctona, fu messoin discussione nell’ultimo mezzo secolo dalla nuova musicologia internazionale con giusticatemotivazioni. Eppure una “scuola napoletana” è davvero esistita, se si vuole intendere per “scuola”un sistema organizzato di trasmissione di regole e stilemi caratteristici di una città, un territorio o unatradizione musicale. Questo sistema è evidente nel campo sacro, dove una serie ininterrotta di grandi

maestri ed allievi ha dato vita appunto ad una tradizione peculiare durante l’intera epoca spagnola,ma particolarmente nel Seicento, che porterà alla grande stagione settecentesca di Pergolesi, Leo,Durante e così via. Peraltro fu Napoli ad inventare, proprio all’interno di questo sistema, una nuovastruttura didattica destinata a divenire il modello universale della musica europea: i conservatori dimusica, i cui allievi furono impiegati per due secoli principalmente per le innumerevoli funzionisacre di una metropoli che contava a ne Seicento oltre cinquecento luoghi di culto.

Iain Fenlon (King’s College, Cambridge)

 Roman Music in Renaissance Iberia: Exchange, Transmission, Reception

Although a limited amount of sacred music was printed in Spain and Portugal during the earlymodern period, the majority of printed books used in the cathedrals and collegiate churches ofIberia (and by extension Latin America) were printed elsewhere. Antwerp, and particularly thepress of Christophe Plantin was one major point of supply for the Spanish and Portuguese market,

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and so too was Rome. But by far the most important trade was with Venice, the hub of the Europeanmarket in printed music. The operations and dynamics of the market, and their consequences forthe construction of Iberian sacred repertories, is the subject of this paper.

Daniele V. Filippi (Università di Pavia)

Carlo Borromeo e la musica. Un carteggio inedito con Victoria, e altre sorprese

«Carlo Borromeo e la musica»… Ancora? Un titolo del genere rischia di essere liquidatocon un’alzata di sopracciglio. La commissione cardinalizia, Vincenzo Ruffo, l’intelligibilitàdelle parole, l’inasprimento delle norme disciplinari per i cantori e il clero, la valorizzazionedella liturgia ambrosiana: argomenti già trattati più e più volte, seppur non sempre in modoconvincente. Ma perché insistere? Perché, rileggendo le biograe antiche e compulsando lericerche storiche più recenti, ci si imbatte in aspetti cui nora i musicologi hanno prestato pocaattenzione. E la «vita sonora di Carlo Borromeo» si arricchisce così di tasselli insospettati:Carlo, giovane universitario in crisi, che si sottopone alla musicoterapia; l’arcivescovo che,ormai negli ultimi anni, ha uno scambio di lettere e cortesie con Tomás Luis de Victoria; la suaMilano «exhilarata» dalle voci angeliche di innumerevoli fanciulli e fanciulle. Dalla riletturadel famoso episodio dell’«archibuggiata» a una rassegna degli omaggi musicali in vita e  postmortem, il rapporto fra san Carlo e la civiltà musicale del Cinquecento ritrova, lontano daicliché, tutta la sua complessità e ricchezza.

Gioia Filocamo (Istituto superiore di studi musicali di Terni – Università di Bologna)

“Non vedete che i Santi, le cui feste lasciandosi di celebrare, si sdegnarebbeno et potrebbe avenireche ci facessero del male assai?” I santi nelle laude polifoniche tra Quattro e Cinquecento

«Non vedete che i Santi, le cui feste lasciandosi di celebrare, si sdegnarebbeno et potrebbe

avenire che ci facessero del male assai?»: così interloquisce l’Arcidiacono con Lattanzio, giovanecavaliere alla corte dell’imperatore, nel Dialogo delle cose successe a Roma  steso da Alfonsode Valdés poco dopo i fatti del Sacco del 1527 lì narrati. L’allarme dell’Arcidiacono rispecchiail senso del sentire comune del tempo: ai santi si associavano poteri che andavano ben oltre ladottrinale intercessione presso Dio Padre e Gesù, si attribuiva loro tanto la guarigione da patologiespeciche quanto lo scatenarsi delle malattie stesse. E allora perché ci sono pervenute solo inrarissimi casi dal periodo preconciliare laude musicali con testi dedicati a santi? E a quali santieventualmente si afdavano le proprie richieste?

Saverio Franchi (Conservatorio di Roma)

 Idealità cattoliche e culturali nelle istituzioni musicali romane della Compagnia di Gesù ( XVI - XVII  secolo)

Le istituzioni afdate alla Compagnia di Gesù a Roma tra la seconda metà del Cinquecento e la primadel Seicento promossero al loro interno un’attività musicale di grande rilievo, dando un contributodecisivo agli orientamenti della musica sacra e spirituale nell’Italia del tempo. Ciò avvenne nei collegidi studio, il maggiore dei quali fu il Collegio Germanico-Ungarico, nella Compagnia dei Nobili pressola Casa Professa dell’ordine, nell’istituzione universitaria del Collegio Romano e altrove; il caso piùrilevante fu però quello del Seminario Romano, istituzione decisiva per la formazione di un cleromigliore, nonché di convittori laici provenienti da tutta Italia.

Nella rilevante attività musicale (nonché teatrale) di questi istituti, i Gesuiti fecero convergere leidealità teologiche e morali della riforma cattolica e del recupero in essa del patrimonio culturaleclassico, secondo linee che li videro protagonisti dal Concilio di Trento alla ratio studiorum deglistudi superiori e universitari alle straordinarie missioni nei continenti extraeuropei.

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Il motto ostile «Jesuita non cantat», circolante all’epoca presso altri ordini religiosi, non vuoldire dunque che ai Gesuiti la musica non interessasse, ma solo che il nuovo ordine era scioltodall’obbligo del canto liturgico alle ore canoniche, e ciò per poter agire più profondamente nellasocietà. Al contrario, l’attività musicale svolta nei loro istituti diede apporti di rilievo alla storiadella musica; occorre segnalare che in essi si insegnava il canto liturgico e la musica polifonica,promuovendo una quantità di composizioni non solo sacre, ma anche devozionali o puramentespirituali, e offrendo agli allievi l’apprendimento del contrappunto e quello degli strumenti.

Decisiva per un profondo mutamento fu al tempo l’attività di Agostino Agazzari nel CollegioGermanico e soprattutto nel Seminario Romano, con l’uso del basso continuo, immediatamenteadottato in tutta la pratica musicale d’ambito romano, e rivolto allo stile concertato e alla «smallforce polyphony» che, riducendo spesso le voci a tre o due, tanto si distaccava dalle concezionidella polifonia cinquecentesca. Specica della cultura gesuitica e del suo culto del latino classicofu poi l’esperienza di conciliare la metrica dei testi poetici per cori teatrali o per odi in occasionedi lauree alle esigenze della moderna musica. A queste idealità diedero opera, all’interno delleistituzioni gesuitiche, maestri di cappella e compositori insigni, attivi lungo un arco più chesecolare, a partire dal Palestrina e dal Victoria per giungere ad Anerio, Cifra, Antonelli, VirgilioMazzocchi, Graziani e Carissimi.

Accanto alla spiritualità «affettuosa» degli Oratoriani, si ebbe dunque quella ben diversa(«apostolica») dei seguaci di Ignazio di Loyola, molto più rivolta all’intelletto, alla volontà,all’immaginazione, nella funzione di dirigere l’animo, attraverso la musica, a un percorso ditrasformazione interiore non privo di autentiche funzioni psicologiche ed educative. DagliOratoriani e da altri ordini, i Gesuiti si differenziano in campo musicale anche per la diversaselezione degli ascoltatori e l’alto livello artistico-culturale delle opere proposte: assolutaprevalenza della musica in latino, inteso non solo come lingua della Chiesa ma anche comemoderno strumento di comunicazione internazionale; primato del mottetto, durato dalla ne delCinquecento agli ultimi decenni del Seicento; teatro e musica come portatori di exempla morali,capaci di attivare una formazione umana e cristiana, tanto da essere usati, come attesta una raccolta

di Domenico Massenzio, nelle missioni d’oltremare.

Gabriele Giacomelli (Conservatorio di La Spezia)

Organi e simboli del potere a Firenze dalla repubblica al principato

La relazione si colloca nella linea di precedenti ricerche, compiute dallo scrivente, aventi comeoggetto la storia dei grandi organi rinascimentali di S. Maria del Fiore, cattedrale di Firenze.Tali ricerche vengono in questa sede approfondite e consolidate alla luce di una rilettura delladocumentazione storica, dell’acquisizione di nuove immagini d’epoca e di una più circostanziatacollocazione nel solco delle vicende storico-politiche del tempo. Ho già avuto occasione di

dimostrare come l’ampliamento voluto dall’organista del duomo orentino Antonio Squarcialupi,musico prediletto di Lorenzo il Magnico, sull’organo grande posto sulla cantoria di Luca DellaRobbia, avesse esercitato una notevole inuenza nei secoli successivi sull’arte organaria orentinae toscana. Ricordo che nell’anno 1460 - in tempi di governo formalmente ancora repubblicano, macon la famiglia dei Medici in forte ascesa - Squarcialupi volle che l’organo fosse signicativamenteampliato. Veniamo a conoscenza del fatto grazie a un documento (oggi pienamente leggibile inseguito al restauro della lza) in cui si afferma che l’ampliamento consistette in «duo tasti di fondoadditi cum duabus cannis magnis». Trascorsi i turbolenti anni seguiti alla morte del Magnico,al periodo savonaroliano e alla cacciata dei Medici dalla città, con l’ascesa al trono papale diLeone X (glio del Magnico) si apriva una nuova stagione favorevole alla dinastia medicea. Fu

soprattutto col duca Cosimo I che il potere dell’antica famiglia di mercanti si consolidò in tuttolo stato, assumendo modi e forme propri del principato rinascimentale. In questo contesto vacollocata l’intenzione di Cosimo I di costruire il secondo organo della cattedrale orentina, quelloche stava sulla cantoria di Donatello, posta di fronte a quella robbiana. All’organaro strasburghese

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Bernardo d’Argenta era stato richiesto nel 1542 di costruire lo strumento «eo modo et forma etprout apparet in facie orghanus novus dicte ecclesie». Fu dunque realizzato un organo di 16’ condue grandi canne nell’ordine di 24’ poste ai lati del prospetto. Entrambe recavano all’internola seguente epigrafe: «COSMO MED[ICIS] R[EI] P[UBLICAE] FLOR[ENTINAE] DUCE IIBERNARDI ARGENT[ORATENSIS] OR[DINIS] PRED[ICATORUM] OPUS MDXXXXVI».È ipotizzabile che il duca desiderasse che l’organo fosse pronto per la cerimonia del conferimentodel Toson d’Oro da parte di Carlo V nell’agosto del 1545, ma in realtà fu ultimato soltanto l’anno

seguente. Dal momento che lo strumento replicò nelle dimensioni e nell’aspetto esteriore l’organo‘repubblicano’ del 1460, è facile comprendere il signicato del documento quattrocentesco:Squarcialupi aveva voluto due grandi canne di 24’ per il suo organo, comandate dai primi duetasti della tastiera. Ne risultò una macchina di inusuali dimensioni per la penisola italiana,probabilmente ispirata ai monumentali organi transalpini, dotati di grandi trompes, forse conosciutida Squarcialupi per il tramite di Guillaume Dufay o di qualche altro musico francese o ammingo,fra i molti che erano al servizio dei Medici.Se dunque è difcile ipotizzare un impegno diretto della famiglia de’ Medici per l’organoquattrocentesco, risulta invece evidente il coinvolgimento di Cosimo I per l’organo cinquecentesco.Nelle intenzioni del duca esso si congurava come un’inedita dimostrazione della sua liazione dalla

prima Età dell’Oro medicea, l’epoca cioè di Cosimo il Vecchio pater patriae e dei suoi discendentidiretti, stabilendo con essa anche nell’ambito dell’arte organaria – secondo quanto già ampiamentedimostrato in altri campi - un preciso legame politico e culturale.Ritengo che l’organo ducale cosimiano, con la monumentale facciata caratterizzata dalle duegrandi canne laterali ad imitazione di quella quattrocentesca, fosse destinato a diventare un simbolosonoro e visivo della rinnovata supremazia medicea sulla città, così come l’organo quattrocentescolo era in parte stato – con il sottostante busto marmoreo dell’organista Squarcialupi – per i Medicidi età ancora repubblicana.

Teresa M. Gialdroni (Università di Roma “Tor Vergata”)

 Dal diletto alla devozione: il travestimento spirituale nella cantata da camera fra XVII e XVIIIsecolo

Il fenomeno del travestimento spirituale nell’ambito della cantata da camera fra Sei e Settecentonon si è potuto giovare di quella attenzione che invece ha caratterizzato lo stesso fenomeno neisecoli precedenti, in particolare nella tradizione laudistica e in quella madrigalistica. Forse perchéla pratica del travestimento riferita a questo repertorio è decisamente più occasionale e spessodifcile da individuare. Tuttavia, le ricerche portate avanti nora hanno potuto mettere in evidenzaalcune caratteristiche speciche del travestimento nel repertorio cantatistico quali, per esempio, ilmantenimento di un esplicito contatto con l’originale profano, la pratica del riuso dello stesso brano

per occasioni diverse attraverso la sostituzione di pochi termini signicativi. Va rilevato comunqueche questa consuetudine non è riconducibile a un unico comune denominatore, in quanto accanto afonti che tradiscono questa occasionalità attraverso la velocità con cui venivano redatte, ce ne sonoaltre ben codicate e chiaramente costruite per una destinazione ufciale. Oltre a una discussioneintorno ad alcuni noti “travestimenti”, saranno presentate alcune fonti totalmente inedite.

Siegfried Gmeinwieser (Universität Regensburg)

 Joseph Haas e il Ponticio Istituto di Musica Sacra di Roma

Joseph Haas (1879 – 1960), allievo di Max Reger, fu, dal 1953, dottore honoris causa del

Ponticio Istituto di Musica Sacra di Roma. Egli ebbe come sua patria spirituale e musicale ilmondo della tonalità che era, in quegli anni, scosso dalle novità sonore di Paul Hindemith, ArnoldSchoenberg e Igor Strawinsky. Ciononostante, è un fatto che Haas si interessò intensamentealla musica classica moderna attraverso l`organizzazione del Festival internazionale di musica

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da camera per la nuova musica  Donaueschinger Kammermusiktage. Questo modo di vedereproveniva da un attaggiamento di base tollerante, che aveva radici in una profonda religiosità.Dette infatti la massima importanza alla musica sacra, specialmente alla musica liturgica inlingua tedesca. Haas vedeva nella possibilità di far cantare ciascun fedele nella propria lingua unaopportunità per coinvolgere più attivamente l’assemblea dei fedeli alla liturgia. Le sue numerose“Volkssingmessen” (messe popolari cantate) insieme ai “Volksoratorien” si diffusero in moltipaesi. La “Speyerer Domfestmesse” op.80 (1930) ad esempio, stampata in tredici milioni di

esemplari, fu traqdotta in numerose lingue fra cui la Suaheli.

Johannes B. Göschl (AISCGre)

 La questione della restituzione melodica documentata nel Graduale Novum 2011

Poco tempo fa, esattamente il 31 gennaio 2011, è stato pubblicato il cosiddetto Graduale Novum,vol. I, che contiene i canti del Proprium Missae gregoriano di tutte le domeniche e delle grandifeste dell’anno liturgico. In questa edizione si riscontrano, rispetto al Graduale Romanum  del1908 (come pure a quello del 1974), innumerevoli cambiamenti melodici. In vista di tale fatto sipongono agli editori del Graduale Novum le seguenti tre domande (alle quali la presente relazione

tenta di dare le corrispondenti risposte):Per quali ragioni si era convinti di dover sottoporre l’Edizione Vaticana 1908 a una revisione1.melodica?Quali erano i criteri scientici e la metodologia di una tale revisione?2.Come si giusticano le soluzioni, documentate nel3. Graduale Novum, di determinati seriproblemi come la questione del si bemolle o si naturale e la presenza di suoni cromatici?

Il volume II del Graduale Novum, in corso di preparazione, conterrà i canti del Proprium Missae dei giorni feriali e dei Santi.

Marco Gozzi (Università di Trento) Le sequenze nei Codici musicali trentini del Quattrocento e il loro rapporto con il canto piano

Delle 63 sequenze polifoniche tramandate dai sette celebri codici musicali trentini del Quattrocento(esemplati fra il 1430 e il 1475) circa quaranta sono ancora inedite. Molte presentano un sicurointeresse anche per gli studiosi di canto liturgico poiché la polifonia vive in stretta simbiosicon le molteplici forme del canto piano. Così le melodie liturgiche partecipano alle intonazionipolifoniche attraverso la parafrasi, la prassi dell’alternanza (e mostrano dunque interi versetti oparti di versetto a trasmissione monodica), oppure sono incorporate come cantus prius factus avalori uguali in qualche voce del tessuto contrappuntistico.

La relazione intende mostrare come lo studio delle melodie liturgiche incorporate nella polifoniapossa portare ad esiti rilevanti, come la ricostruzione di intere intonazioni monodiche in cantopiano e in canto fratto.

Barbara Haggh-Huglo (University of Maryland, College Park))

 Late Medieval Vespers and Mass in the Modern Church?: Two Case Studies

In 1458, two newly-composed Marian ofcia were introduced in the Low Countries. One, with textsby Gilles Carlier, a leading theologian at the Council of Basel, and with chant by Guillaume Du Fay,singer in the papal chapel from 1428 to 1433 and 1435 to 1437, has a continuous history that ended

after Vatican II. The second, a Marian ofcium composed for the Order of the Golden Fleece underthe leadership of its chancellor, Guillaume Fillastre, was >used at meetings of the Order at leastuntil 1556. Drawing on histories and analyses of both ofcia, this paper explores arguments for andagainst re-introducing these ofces today in the contexts in which they were last heard.

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The evidence to be discussed includes the traditions of celebrating the two ofcia, the presenceor absence of their formal approval by the Church over time, issues of liturgical structure andlanguage, the theological validity of their texts today, the inclusion or absence of chant andpolyphony in the ofcia, and the spiritual assistance provided by any music.

David Hiley (Universität Regensburg)

Gregorian Chant in Regensburg 811-2011The earliest evidence of the chant composition in Regensburg goes back to the early years of the9th century, perhaps even into the 8th century, when chants for the proper ofce of St. Emmeramwere composed. Numerous important manuscripts with neumatic and Gothic notation enableus to trace the history of chant in Regensburg almost without interruption from the summit ofexcellence in the 11th century, through the slow decline and loss of local identity in the 16thand 17th centuries, to the revival of church music in the 19th century and the publication of theGraduale novum in 2011. In some ways, therefore, a large part of the history of Gregorian chantcan be read through Regensburg documents.

Michel Huglo (CNRS)

 Remarques sur la Sémiologie grégorienne de Dom Eugène Cardine

Dans sa Semiologia gregoriana, rédigée en italien et plus tard en français puis traduite en allemand,Dom Eugène Cardine, professeur au PIMS de 1952 à 1964, a concentré toutes les observations qu’ilavait faites en chantant au cours de sa carrière choeur de l’abbaye de Solesmes, vériées ensuite surles manuscrits de Saint Gall et de Laon photographiés à l’atelier de la Paléographie musicale.Si ses conclusions sur l’interprétation ‘légère’ des neumes d’ornement par les choristes demeurenttrès valables, les historiens de la musique médiévale estiment que l’on peut aujourd’hui, après

tant d’années de recherche, proposer une esquisse de l’interprétation de ces neumes spéciaux pardes chanteurs professionnels à la voix bien formée. Dans cette communication, l’enquête porterasur trois neumes d’ornement conservés dans toutes les familles de neumes, mais qui ont disparu àl’avénement de la notation carrée sur portée. 

Christine Jeanneret (Université de Genève)

 La fabbrica del compositore. I manoscritti di Girolamo Frescobaldi

La gura di Girolamo Frescobaldi, come compositore è stata costruita quasi esclusivamente sulla basedelle sue opere tastieristiche stampate, viste quale riesso del suo straordinario virtuosismo. Tuttavia,

un folto gruppo di manoscritti di provenienza romana ci rivela un repertorio ben diverso da cui emergel’immagine di Frescobaldi attraverso la pratica quotidiana del suo mestiere. Questi manoscritti, spessoredatti in tutta fretta, privi di attribuzioni e di datazioni, e destinati all’uso personale, con nalitàsia esecutive sia compositive, contengono brani per la maggior parte di breve estensione, quandonon addirittura incompiuti. Alcuni dei brani manoscritti presentano interessantissime concordanze,sia tra di loro sia con le opere stampate, e ci permettono di capire meglio il processo compositivodi Frescobaldi. Due di questi manoscritti (I-Rvat, Chigi Q.IV.29, e F-Pn,  Rés.Vmc. ms. 64) sonoautogra, mentre i restanti sembrano essere stati compilati dai suoi allievi e da organisti del suoentourage, fra cui alcuni suoi successori al posto di organista della basilica vaticana: Nicolò Borbone(ca. 1591-1641), Francesco Muzi (attivo dal 1623 al 1664), Leonardo Castellani (ca. 1610-1667),

Giovanni Battista Ferrini (ca. 1600- 1674) e Fabrizio Fontana (ca. 1610-1695). Questi preziositestimoni attestano la ricca tradizione della musica organistica romana in un periodo di cui ci restanosolo rare opere a stampe di musica per tastiera e, nello stesso tempo, gettano nuova luce sulla praticacompositiva di colui che già ai suoi tempi fu denito il «mostro degli organisti».

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Robert Kendrick (University of Chicago)

 Beyond Loreto: Musical settings of “irregular” litanies after Sanctissimus (1601)

Thanks to the still-denitive work of David Blazey, the Italian practice and geography of polyphoniclitanies in the 17th-century has been outlined and their music surveyed. Clement VIII’s seeminglydenitive, if unexpected, 1601 ban (in the bull Sanctissimus) on litanies which used anything butthe standard Litany of Loreto text would seem to have put an end to musical settings of “irregular”

Marian, sanctoral, or Eucharistic versions. Still, especially north of the Alps, such texts continuedto be set and even published. My paper uses contemporary theological texts on the nature oflitanies as a guide to why these versions continued to have importance in the Catholic world overthe century after Clement’s bull, not least in their polyphonic incarnations.

Michael Klaper (Universität Weimar-Jena)

Testimonianze contemporanee e riessioni sulla ‘composizione’ di nuovi canti liturgici nel Medio Evo

Gli studi nora esistenti che sono dedicati al fenomeno della ‘composizione’ di canti liturgicimonodici nel Medio Evo, si sono occupati in genere di uno dei seguenti aspetti: a) la valutazione del

concetto di ‘comporre’ in senso moderno, b) l’analisi di qualche brano per evidenziare la strutturadella musica monodica medievale, oppure c) lo studio di testi teorici, alla ricerca di informazioniche illuminino la trasmissione scritta. Lo scopo di questo intervento è un altro. Si occuperà di fontimedievali che non sembrano essere state studiate sistematicamente, contenenti informazioni preziose,riguardanti il processo ed il contesto di composizione di nuovi canti e la loro valutazione da partedei contemporanei. Si tratta di generi letterari di varia natura, ad esempio la letteratura biograca,le prefazioni a opere poetiche, le cronache di monasteri e cattedrali, le lettere etc. L’analisi di questetestimonianze mostrerà come queste riettano molti fattori del processo di composizione, usualiper il pubblico in epoche moderne ma non nel Medio Evo (per esempio, le scelte fatte da partedell’autore e le sue procedure tecniche).

Stefano Lorenzetti (Conservatorio di Vicenza)

De locis communibus musicalibus: strategie dell’inventio  e arte della memoria nella musicaliturgica tra Cinque e Seicento

Il concetto di locus communis  è esplicitamente applicato alla disciplina musicale da GiovanniBattista Chiodino, uno sconosciuto maestro di teologia, oratore e inquisitore bellunese che, nel1610, dà alle stampe un trattatello dal titolo  Arte pratica latina e volgare di far contrapunto àmente, & à penna. I loci  sono archetipi mnemonico-generativi di scrittura contrappuntistica dainteriorizzare: la notazione musicale, coagulata in brevi sintagmi, è, al tempo stesso, gura ideale

che ipostatizza un’ideale procedere e gura di memoria. La loro struttura è concepita in modo dapoter essere facilmente memorizzata: nella maggior parte dei casi si tratta, infatti, dell’iterazioneparatattica, esatta o variata, di piccoli segmenti, che si organizzano in brevi sequenze dicontrappunto invertibile in base alla progressione del cantus rmus posto ora all’acuto, ora algrave. Il medesimo concetto ritornerà, quattro anni dopo, nella Cartella Musicale di Banchieri.Il monaco olivetano, da un lato, certica l’esistenza di una serie di luoghi di memoria “dedotti incellebri conpositori [sic] de i nostri tempi” dall’altro, ne sollecita l’applicazione. In altre parole,codica nel sistema della memoria articiale quel meccanismo che consente di immagazzinaretutta una serie di immagini musicali che costruiscono l’archivio memoriale del compositore e,al tempo stesso, ne permette il reimpiego, la ritraduzione da bagaglio acquisito, da serbatoio

di potenzialità inespresse, in strumento di costruzione dell’oggetto musicale, alimentando unaconcezione retorica dell’inventio che individua l’essenza della creazione musicale nella riscritturadell’esistente.

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Cecilia Luzzi (Liceo Musicale di Arezzo)

Travestimenti spirituali del Petrarca e madrigale nell’età della Controriforma

Nel processo di recupero della spiritualità proprio della Riforma tridentina, la manifestazione delpetrarchismo devoto rappresentato dal travestimento spirituale del Petrarca, e particolarmente dalPetrarca spirituale (1536) del frate Girolamo Malipiero, più volte ristampato per un cinquantennio,costituì un contraltare alla diffusione capillare della poesia petrarchesca e del madrigale musicale nella

società cortigiana della penisola italiana, chiaro sintomo della secolarizzazione della cultura italiana.L’intervento è mirato a delimitare il fenomeno della diffusione del Petrarca spirituale delMalipiero nel repertorio madrigalistico, rimasto celato poiché, attraverso i repertori e gli strumentidi consultazione è spesso identicato con intonazioni del Petrarca stesso per l’identità dell’incipit,a fronte poi un testo a volte profondamente variato. L’indagine parte da alcune raccolte delmonaco olivetano Alessandro Romano, del carmelitano Mateo Flecha e del canonico secolareMatteo Asola, come saggio di un’indagine che necessita di strumenti di ricerca più rafnati checonsentano il riconoscimento di questo repertorio all’interno del mare magnum della produzionedi madrigali musicali sulle rime di Francesco Petrarca.

Ignazio Macchiarella (Università di Cagliari)Falsobordoni ed altre pratiche polifoniche confraternali dei nostri giorni

Ai primi degli anni Ottanta, quando la musicologia cominciava ad occuparsene in maniera specica,le espressioni musicali liturgiche e paraliturgiche trasmesse oralmente venivano considerate dei relittidel passato, ultimi fuochi della grande tradizione del canto confraternale. Quasi trenta anni dopo, larealtà ha disatteso le previsioni, quanto meno in varie regioni cattoliche dell’Europa meridionale:numerosi repertori rivelano una sostanziale vitalità, spesso a seguito di consapevoli operazionidi (ri)costruzione e (ri)nascita musicali nell’ambito di una generale (ri)scoperta dell’istituzioneconfraternale. Ciò è particolarmente vero a proposito di tante pratiche di canto a più parti vocali

basate sul principio accordale del falsobordone e diffuse in Italia meridionale, nelle tre isole maggioridel Mediterraneo, in alcune aree della penisola iberica.La mia relazione intende fare il punto su questa attualità musicale per approfondire la pratica dellapolifonia in falsobodorne entro l’ambito confraternale, mettendo a confronto situazioni musicaliin cui non si è avuta soluzione di continuità nella trasmissione della pratica esecutiva con altre incui invece si sono avute operazioni di “rioritura”

Costantino Maeder (Université Catholique de Louvain-La Neuve)

 Alcune considerazioni sui primi oratori in Italia e in Inghilterra

La Rappresentatione di Anima et di Corpo (Roma, febbraio 1600) di Agostino Manni e di Emiliode’ Cavalieri è da molti considerata la prima opera, cioè il primo dramma per musica rappresentatoscenicamente che esibisce le caratteristiche discusse dalla Camerata orentina. Per certi versi,questa affermazione è certamente corretta (uso della monodia, recitativo, ecc.). Altri elementi (dicarattere drammatico, ideologico e argomentativo) mostrano che si tratta di un altro genere. Nona caso è considerato anche il primo oratorio. La differenza tra opera e oratorio, però, non risiedenella scelta dell’argomento (religioso o mondano, religioso o antico) o, più tardi, nelle modalità diesecuzione (scenico-non scenico), ma in una dimensione argomentativa del tutto incompatibile eper riesso in una visione del pubblico modello del tutto diversa.Lo stesso vale per il primo oratorio inglese, la Estherdi Händel che alcuni studiosi considerano piuttosto

una masque, una forma di opera rappresentata scenicamente. Anche quest’oratorio mostra strategieargomentative e sostrati ideologici simili a quelli che caratterizzano la Rappresentatione.Se sul piano musicale e metrico, ma anche a livello di disposizione dei contenuti su recitativoe aria, per esempio, non si notano differenze tra i primi oratori e le prime opere, ciò non è il

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caso per il trattamento dei contenuti ideologici e per l’economia drammatica. Mostreremo in chesenso l’oratorio si differenzia sin dagli inizi dall’opera. Tali differenze non riguardano l’uso piùinsistente del coro o il fatto che l’oratorio non si rappresenta scenicamente, ma nell’assenza di unadimensione teleologica e nell’assenza di una progressione cognitiva e del dubbio.

Jürgen Maehder (Freie Universität Berlin)

 La drammaturgia dei timbri nel  Saint François d‘Assise  di Olivier Messiaen: rappresentazione enarratività

L‘opera Saint François d‘Assise di Olivier Messiaen (Paris, Théâtre National de l‘Opéra de Paris,1983) è stata universalmente riconosciuta come uno dei capolavori del teatro musicale dell‘ultimoNovecento. Studi recenti hanno indagato le fonti del libretto, scritto dallo stesso compositore sullabase dei documenti sull‘origine dell‘ordine francescano, nonché la specica tecnica compositiva »amosaico« della monumentale partitura (Stefan Keym). Manca invece tuttora un‘indagine sulle radicidell‘opera nella tradizione francese della »sacra rappresentazione«, così frequente nel teatro musicalefrancese del neoclassicismo, e sul linguaggio orchestrale in quanto portavoce di un continuo commento

timbrico all‘azione in scena. La relazione tenterà di indagare le speciche strutture orchestrali dellapartitura di Messiaen, mettendole in relazione al modo di narrazione scelto dal compositore per ilsoggetto sacro dell‘opera.

Giampaolo Mele (Università di Sassari)

 Il “corpus” degli antifonari arborensi francescani (ACO, P. III-VIII, Italia Centrale, sec. XIII 4/4)

La tradizione liturgica romano-francescana del secolo XIII, scaturita dalla riforma secundumconsuetudinem Romanæ Ecclesiæ, grazie soprattutto ai classici studi di Stephen J.P. van Dijk,presenta una facies storica ben documentata. Assai meno indagata risulta, invece, la trasmissione

codicologica dei repertori liturgico-musicali minoritici, nonostante pionieristiche stampe, ad usopratico, quali quelle di Eliseo F. Bruning (1926) e altri. Mancano - con rare eccezioni - edizioniscientiche romano-francescane di testi e, soprattutto, di musiche, basate su esaustiva recensio e collatio di tutte le fonti reperibili, compresi i codici tardivi (testimonia da chiamare sempre incausa, secondo il classico principio dell’ecdotica: recentiores non deteiores).Scopo della comunicazione è rimarcare l’interesse storico e codicologico di un corpus  di seiAntifonari francescani del sec. XIII4/4  (ACO, mss. P. III, IV, V, VI, VII, VIII), circolanti nelGiudicato d’Arborea (Sardegna), provenienti da uno stesso scriptorium  dell’Italia centrale,tuttora non identicato, ma ascrivibile ad una vasta area tosco-emiliana. Nel fondo dei manoscrittiarborensi – con le principali historiæ francescane, modellate sul prototipo Franciscus vir catholicus 

composto da Giuliano di Spira (ca. 1231-1232) - sono documentabili specici usi codicologici, nonsempre rilevati in studi strettamente musicologici. Sempre nell’ambito del Giudicato d’Arborea,sono attestati membra disiecta dell’Ufcio ritmico Iam sanctæ Claræ claritas, per santa Chiara(1193-1253); in assoluto tra le fonti più antiche dell’historia clariana.Altri codici arborensi quattrocenteschi di provenienza toscana (quali BAO, P. II), tramandano,inne, l’Ufcio ritmico per san Ludovico d’Angiò (1274-1297), Tecum fuit principium, irto dipeculiari problematiche di natura innograca.

Arnaldo Morelli (Università di L’Aquila)

«Con musica eccellentissima di cose pie». Salve, litanie ed altre devozioni: pratiche religiose epatronage a Roma in età moderna

Le ricerche sulla storia della musica sacra a Roma hanno nora rivolto la loro attenzione prevalentementesulle chiese che mantennero una cappella stabile impiegata nelle liturgie maggiori delle domeniche e

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dei giorni festivi, quali messe e vespri. Di conseguenza un altro versante — quello delle musicheeseguite durante particolari pratiche devozionali — non meno rilevante dell’ordinaria prassi musicalenelle chiese romane è rimasto in ombra. L’assenza di una cappella musicale stabile, infatti, non deve farpensare che una chiesa fosse completamente priva di una qualche forma di servizio musicale regolare:altri soggetti, come le confraternite che, non avendo una propria sede autonoma, erano ospitate inuna chiesa, talvolta promuovevano con regolarità dentro la chiesa ospitante devozioni come la Salvecon le litanie, o l’esposizione del santissimo, accompagnandole con l’esecuzione di una «buona

musica». La relazione intende prima di tutto mostrare il considerevole numero di luoghi sacri dovetutti i sabati dell’anno e nelle feste mariane, dopo l’ufcio della compieta, si teneva un atto devozionalecomunemente denominato «la Salve», consistente nel canto di un’antifona mariana, principalmentela Salve regina, e delle litanie lauretane; oppure quelle in cui con regolare cadenza in un determinatogiorno del mese si teneva l’esposizione del «santissimo sacramento», un genere di devozione coltivatopresso numerose congregazioni religiose o confraternite laiche, talvolta sorte con questo precipuoscopo. Particolare attenzione viene prestata nel chiarire i diversi tipi di patronage che diedero vita aqueste pratiche devozionali durante il Seicento: da quello familiare a quello cardinalizio; da quellodelle confraternite nazionali a quello delle congregazioni religiose nate fra Cinquecento e Seicento.

Luisa Nardini (University of Texas, Austin) Il repertorio delle prosule per il Proprio della Messa nei manoscritti beneventani

Le prosule – testi redatti per essere incastonati, sillabicamente, su preesistenti melismi gregoriani – sono copiate, prevalentemente, in manoscritti liturgici databili tra il decimo e il tredicesimosecolo. Sotto molti aspetti le prosule rivelano una nuova estetica, sia per il contenuto testualeche per lo stile musicale: non solo, infatti, introducono nuovi temi devozionali, spesso in lineacon il pensiero teologico e le pratiche devozionali contemporanei, ma rivelano anche l’abilità deicantori medievali di confezionare nuovi testi che sappiano sfruttare al meglio il potenziale ritmicoe musicale dei preesistenti melismi gregoriani.

Il mio intervento presenta i risultati di una ricerca sistematica sul repertorio delle prosule beneventanee evidenzia le modalità di diffusione e acquisizione del repertorio nelle diverse regioni europee.Dal confronto con diversi testimoni europei emerge che i manoscritti beneventani presentanomultidirezionali matrici di inuenze. I brani locali sono bilanciati tra la ritenzione dei più antichiculti legati alla sensibilità religiosa dei Longobardi e l’acquisizione delle nuove forme di devozionediffuse nei nuovi centri del potere politico e ecclesiastico verso la ne del decimo secolo. D’altraparte, i brani importati dimostrano che il territorio del sud Italia era permeato da continui scambicon le pratiche liturgiche di diverse regioni europee. Le concordanze più frequenti sono quellecon manoscritti provenienti dall’Italia centrale e settentrionale e dall’Aquitania. Particolarmenteinteressante è il caso di alcune prosule beneventane che raggiunsero la città di Roma e furono

incorporate in uno dei manoscritti di canto romano antico.Dopo un’introduzione incentrata su generali questioni metodologiche e interpretative, questointervento analizza una selezione di pezzi al ne di discutere i modelli di trasmissione e recezionedelle prosule e enfatizzarne aspetti stilistici e tematici.

Noel O’Regan (University of Edinburgh)

Confraternity statutes in early modern Rome: what can they tell us about musical practice?

Confraternities in early modern Rome, as elsewhere, were important commissioners and nancialsupporters of music of all kinds, from plainchant through falsobordone and polyphony to laude

spirituali and other more popular forms. This paper will examine a representative sample ofstatutes from Roman confraternities from c. 1500 to c. 1650, interrogating them for what they say(and do not say)about the various roles played by music in the spiritual lives of these corporatebodies and of their members.

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Berthold Over (Universität Mainz)

“Sempre cantando”. Music in the Internal Mission in Sixteenth- and Seventeenth-Century Italy

The concept of mission came up in times characterised by big chances and in the same time bybig crisis for the catholicism. The rst are due to the fact that together with the political expansionin the colonies chances for the expansion of the faith arose, the second by the instability of faithresulting from the schism of protestantism. The mission reacted in two ways on this situation: On

the on hand (as external mission) it was responsible for making the indels catholic in the coloniesas well in Europe (heretics like the protestants, orthodox people, Jews, Turks etc.) on the other(as internal mission) it cared for strengthening the faith of the already catholic people. The aim ofboth types of mission was the „conversion“ as it was understood as a turn to a better life. Betterlife was assumed in the rst instance by the acceptance of the catholic faith, and in the secondby the instruction, penitence, confession and communion assuring that the faithful changed theirformer life and follow the right way.Music had a very important role in the internal mission fullling all its elements (instructions,sermons, processions, mass, benedictions etc.). In my contribution I will mainly focus on one musicalgenre performed during internal missions in Italy: the lauda spirituale explicitly published for use in

the missions. Whereas bibliographic repertories register only few publications I have been able tond some other showing that the lauda for the mission has not been a marginal phenomenon. Theprincipal questions to be answered are: How is the lauda integrated in the rhythm of the mission?How do they refer to other elements of the mission? Which themes are covered? How is the repertoirecharacterised? Which differences do they have in comparison to other types of laude?

Jann Pasler (University of California, San Diego)

Sacred Music in the African missions: Gregorian Chant, Cantiques, and Indigenous Musical Expression

Since Saint Francois Xavier used music to combat heresy in the 16th  century, music has playedan important role in catholic missions. And yet scholars have never looked at exactly what musicwas performed and in which contexts. In Africa, missionaries have reported on performances ofDumont’s Mass by hundreds of singers, such as in Tanganika in 1911 and a Te Deum sung by 8000in Uganda in 1920, but also the use of tambours to call people to prayer.This paper will examine the ongoing presence of plainchant sung in Latin as well as cantiques sung inindigenous languages in the 19th and 20th centuries (e.g. Wolof, Gabonese, Doala, Malgache, Yoruba,Rundi), some of them set to local airs. It will compare the repertoire in these volumes used by suchmissionaries as the Peres Blancs and the Peres Spiritains, seeking to understand what music wasperformed both across cultures and over time (1870s-1950s). It will also discuss the impact of various

20th-century papal edicts ( Moto Proprio, encyclical of 1955, Vatican II) and of European congresses(1922 and 1957) on music, catechism, and liturgy in African contexts, from African as well asEuropean perspectives. Finally, it will show examples of new Masses written for or by Africans inOubangui (1948), Burundi (1970), and Senegal (1970).

Elisabetta Pasquini (Università di Bologna)

«…In quell’aria più bassa di Roma…»: antefatti musicali di un (presunto) incarico a padre Martini

Nella primavera del 1753 padre Martini compie il suo secondo viaggio a Roma, per concertarele proprie musiche previste per alcune solenni funzioni in occasione della festa dei santi Filippo

e Giacomo, e del triduo per la beaticazione di Giuseppe da Copertino, francescano anch’egli.Le musiche ottengono un favorevolissimo riscontro di pubblico; ed è così che il compositorebolognese riceve in via ufciosa da papa Benedetto XIV, presente alle celebrazioni, l’offertadi assumere l’incarico di maestro nella nella Cappella Giulia. In via altrettanto ufciosa padre

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Martini riuta, adducendo motivi di salute.A testimonianza del soggiorno romano rimangono oggi non solo le descrizioni che gurano nellecronache del tempo, ma anche le musiche allora eseguite, ivi comprese quelle poi appositamentecomposte per la cappella ponticia più tardi nello stesso anno. Alcune indicazioni sino ad oggitrascurate dagli studiosi consentono infatti di ricostruire in buona parte tale repertorio, le cuimusiche sono conservate a Bologna e altrove.

Francesco Passadore (Conservatorio di Vicenza)

 La cappella musicale di San Marco a Venezia tra XIX e XX secolo

Nei secoli XIX e XX la Cappella musicale di San Marco dovette sopportare sempre più graviristrettezze economiche, cui si aggiunse il mutato interesse per la musica sacra a partire dagliultimi anni dell’Ottocento. Ciò condusse all’impossibilità da parte dell’istituzione di salvaguardareprofessionalmente e quantitativamente le compagini vocali e strumentali. Non si contano infatti lepetizioni ed i progetti organici di riforma dei vari maestri che si succedettero alla direzione dellaCappella, con cui si richiedevano pensionamenti degli inabili, sostituzioni e integrazioni degli organici.Nell’Ottocento si avvicendarono alla direzione della Cappella: Giovanni Agostino Perotti, AntonioBuzzolla, Nicolò Coccon (quest’ultimo sostituito in tarda età da Tebaldini e Perosi) e GiovanniTebaldini, che si prodigarono nel mantenere alto il livello delle esecuzioni musicali, la professionalitàdei cantori e degli strumentisti, nonostante gli interventi riduttivi della Fabbriceria, a sua volta oppressadalle ristrettezze economiche imposte dall’autorità di governo. Già nel primo ventennio dell’Ottocentol’orchestra era ormai ridotta a soli dodici strumentisti e non si potevano più ipotizzare turni di servizio.Si dovrà a Perotti l’avvio, nel 1823, della scuola di canto dei Gesuati; essa doveva formare le vocibianche per la Cappella e dal 1831 venne posta sotto la direzione del maestro di canto Ermagora Fabio,già tenore della Cappella, il quale avrebbe tenuto l’incarico sino alla morte, avvenuta nel 1861. Nel1873, sotto la direzione di Nicolò Coccon, si perverrà ad una nuova formulazione dell’organico dellaCappella con 21 cantori e 28 strumentisti. Le difcoltà economiche e le mutate concezioni estetiche, chesul nire del secolo stavano maturando in tema di musica sacra, con la riscoperta del canto gregorianoe della polifonia antica a cappella, alla luce delle nuove acquisizioni della musicologia francese etedesca, condurranno nel volgere di un ventennio a cancellare l’orchestra dall’organico della Cappellae dai capitoli di spesa della Fabbricieria. La compagine, come attesta il Regolamento del 1892, si riduceal maestro di cappella, un organista, un ufciale appuntatore, un alzamantici, nove cantori effettivi,7 cantori aspiranti, 20 giovanetti ed altrettanti allievi adulti della Schola cantorum. Il nuovo secolovedrà la Cappella sotto la Guida di Lorenzo Perosi, Delno Termignon, Umberto Ravetta, MatteoTosi, Gastone De Zuccoli, Luigi Vio, Alfredo Bravi, Roberto Micconi e Marco Gemmani. Solo dal1982, con la nomina di Alfredo Bravi, si provvederà alla revisione e all’aggiornamento del repertorio,abbandonando progressivamente le musiche della tradizione ceciliana, per ripristinare quelle deiprecedenti maestri marciani e quelle della Scuola veneziana, riprendendo anche le esecuzioni indoppio coro sulle due cantorie della basilica. Insomma negli ultimi decenni del Novecento si assiste altentativo della ricostituzione della Cappella con l’evidente intento di riportare in vita le musiche checaratterizzarono le epoche più fastose della Serenissima. L’archivio della Cappella, da un quindicennioriordinato, schedato e disponibile alla consultazione, nei secoli è purtroppo stato mutilato del patrimonioantico (quasi tutte le fonti dalle origini al XVII secolo), ma quanto è sopravvissuto testimoniadettagliatamente le scelte estetiche, compositive, le mode e gli organici che hanno caratterizzato gliultimi due secoli di attività della Cappella.

Susanna Pasticci (Università di Cassino)

 La presenza della fede nell’universo creativo di Igor Stravinskij 

La fede religiosa che alimenta l’universo creativo di molti compositori del XX secolo è spessouna presenza riposta, problematica e sofferta, che appartiene alla sfera privatissima della

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spiritualità individuale; questo non signica, tuttavia, che la religiosità di un musicista debba esserenecessariamente interpretata come un semplice dato biograco, destinato a non esercitare alcunpeso sulle sue scelte artistiche. In molti casi, infatti, più che sul piano dell’espressione di “contenuti”religiosi, il rapporto con la dimensione del trascendente si stabilisce a un livello puramente formale,attivando una simbologia profondamente radicata nella sostanza poetica della creazione.In questa prospettiva, il caso di Igor Stravinskij risulta di particolare interesse: anche se la suaproduzione di musica sacra si concentra nell’ultimo periodo della sua attività compositiva,

possiamo ipotizzare che la questione della fede religiosa abbia inciso in modo determinantesulle sue scelte creative n dagli anni Venti, quando il compositore inizia un difcile percorsodi rimodulazione del suo stile avvicinandosi alla poetica del neoclassicismo. L’obiettivo diquesto intervento non è tanto vericare se la riscoperta delle fede può aver esercitato un qualcheeffetto balsamico sull’uomo-artista in preda a una profonda crisi di identità stilistica; ma quello,semmai, di stabilire in che misura certi aspetti simbolici della religione ortodossa e della teologiadelle icone possano aver inciso sull’artigianato formale di Stravinskij, che progressivamente siorienta verso una concezione ontologica del tempo musicale, una ricerca di chiarezza, oggettività,controllo delle emozioni, e verso un’articolazione della forma regolata da un accorto dosaggiodelle proporzioni.

Marc Pepiol Martí (Universitat Ramon Llull, Barcelona)

 El compositor, constructor de Bellesa? Música sacra i llenguatges d’avantguarda

La doctrina ocial de l’Església en matèria musical insisteix en el paper actiu dels artistes coma creadors exemplars de Bellesa, qualitat que, per analogiam, pot arribar a conduir-nos a Déu.Tanmateix, tota una munió de noves i interessants propostes musicals contemporànies presentenalguns reptes a aquest posicionament tradicional: els compositors actuals ens ofereixen novesformes de bellesa o, més aviat, ens insten a la superació denitiva d’aquesta pregona qualitat? Isi acceptéssim la segona opció, hauríem de qüestionar-nos denitivament la capacitat d’aquesta

música per apropar-nos a la transcendència?Som del parer que alguns compositors contemporanis han creat noves formes de bellesa, nousrostres que ens obliguen a eixamplar els límits tradicionals del concepte de bellesa musical; unbon exemple, seria G. Ligeti i la seva fascinant Lux aeterna per a cor mixt a 16 veus. Però, sensdubte, la majoria –inclòs el mateix Ligeti en altres obres com el  Requiem¸o Stravinsky i el seu Canticum Sacrum – han posat en tela de judici la bellesa com a nalitat de la música. No obstantaixò, el seu llenguatge i forma musical, defensarem, és capaç d’atansar-nos a la transcendència enla mesura que segueix posant en evidència l’element més pregon i espiritual de la creació musical:el temps. En efecte, la temporalitat és una dimensió pregona de l’esperit, i no hi ha dubte, commostrarem, que alguns compositors contemporanis ens n’ofereixen noves formes musicals d’una

extrema profunditat.Atès que majoritàriament la creació actual de música sacra segueix basant-se en formes i sonoritatsmés aviat tradicionals, la nostra modesta contribució pretén esperonar-la a descobrir i aprofundirlegítimament en aquests nous llenguatges d’avantguarda.

Marcel Pérès (CIRMA, Moissac)

 Il canto romano antico. Nuovi orizzonti per la comprensione del canto gregoriano e dei repertoridelle Chiese Orientali

Quando i manoscritti di romano antico sono stati scoperti poco dopo il 1900, la Chiesa cattolica

era sull’orlo di una grande riforma del canto, formalizzata dal Motu Proprio di San Pio X. Losforzo realizzato dai benedettini di Solesmes, per ripristinare il canto gregoriano e la liturgiaromana, stava per arrivare. Ora, questi manoscritti, dei secoli XI e XII, hanno dimostrato che ilcanto gregoriano era ben praticato in tutta l’Europa occidentale, tranne ... a Roma.

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serie di scritture teologiche sinora trascurate dagli storiogra della musica che si dedicano allatrasformazione dei sensi nel paradiso. Questi testi di autori come Bartolomeo Rimbertini o CelsoMaffei offrono nuove prospettive per il ruolo della musica polifonica nel contesto della liturgiarinascimentale. L’idea di una stretta relazione tra le capacità musicali dei santi e la loro posizionenella gerarchia celeste può offrire una spiegazione per gli sforzi di molte corti Europee di arrichirele loro funzioni liturgiche con il canto più rinito possibile. Specialmente le critiche di questaprassi musicale avanzate da Girolamo Savonarola dimostrano una forte sensibilità per il carattere

simbolico-politico di questo nesso.

Franco Piperno (Università di Roma “La Sapienza”)

Giulio Della Rovere e la rete di relazioni musicali fra Loreto, Urbino e Ravenna

L’intervento esamina forme coeve e parallele di patronato musicale poste in essere dal cardinalGiulio della Rovere nella Santa Casa di Loreto (di cui fu protettore dal novembre 1564), nella cappelladella cattedrale di Ravenna (di cui fu titolare dal febbraio 1566) e nella cappella del SS. Sacramentodel duomo di Urbino (di cui curò sempre gli interessi in quanto cardinale della locale signoria): trecappelle dalle caratteristiche e nature differenti sul piano gestionale e politico. Verranno esaminaticasi di circolazione di musicisti fra queste cappelle (e fra esse e le istituzioni musicali romane)con conseguente ricaduta sulla disseminazione di repertori e pratiche esecutive. L’intervento discuteinoltre aspetti di carattere metodologico relativi allo studio documentario delle cappelle musicali delCinquecento ed al signicato del patronato musicale per un cardinale ‘di famiglia’ (cioè appartenentead una delle dinastie governanti su uno stato autonomo) nell’Italia dell’età del Concilio di Trento.Si dimostrerà come il controllo di tre distinte e diverse cappelle musicali permetta al cardinale diporre in essere delle procue sinergie volte ad ottenere il meglio da ciascuna di esse e a favorireuna intensa circolazione di musicisti – economicamente e gestionalmente vantaggiosa – in grado difavorire processi di osmosi stilistica ed esecutiva fra le tre istituzioni. Inoltre le cappelle musicali diUrbino, Loreto e Ravenna verranno indicate come simboli dell’eccellenza del cardinal d’Urbino inquanto uomo del Rinascimento e in ciascuna di esse andrà visto il riesso dell’ideale di eccellenzacui egli tese in quanto committente musicale di quel tempo.

Mauro Pisini (PIMS)

 È ancora attuale il rapporto tra musica sacra e latino?

L’intervento valuta la possibilità di recuperare, in modo nuovo e originale, l’uso vivo del latinonell’azione liturgica, sia alla luce dei documenti conciliari, sia in funzione dei profondi cambiamentistorici, sociali, culturali, intervenuti nella Chiesa cattolica, in rapporto a se stessa e alla comunità

dei credenti, negli ultimi trent’anni. In questa prospettiva, l’autore spiega come proporre inni,preghiere, antifone in latino ai fedeli, durante la S. Messa, come affrontare i testi antichi e comerapportarsi a quelli moderni. Particolare attenzione é riservata ai testi contemporanei e alla lororealizzazione musicale, in cui si sottolinea il legame privilegiato che intercorre tra questi duelinguaggi, capaci di rinnovarsi, l’uno sull’altro, da una posizione di extratemporalità che si collocaperfettamente nel tempo interiore della preghiera.

Raffaele Pozzi (Università di Roma Tre)

 Le Orationes Christi e l’umanesimo religioso di Goffredo Petrassi

Goffredo Petrassi (Zagarolo, 1904 – Roma, 2003) compone le Orationes Christi per coro misto,ottoni, viole e violoncelli tra il dicembre del 1974 e il settembre del 1975. Dopo la cantata per coromisto e orchestra Noche oscura del 1950-51, e un silenzio di circa venticinque anni, egli torna ad unagrande opera sinfonico-corale di ispirazione sacra. La relazione propone un’analisi di quest’opera

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complessa nella quale il compositore affronta i tormenti di Cristo nel Getsemani, rivelando attraversola musica una religiosità convergente con le posizioni dell’umanesimo e dell’esitenzialismo cattolico,una moderna cristologia musicale destinata all’uomo d’oggi.

Franz Karl Prassl (Kunstuniversität Graz)

Teologia liturgica e canto gregoriano

La Costituzione sulla Liturgia del Concilio Vaticano II denisce il canto gregoriano cantus proprius della liturgia romana, poiché legato in modo particolare alle parole della liturgia: vale adire esprime con i mezzi della musica ciò che ssa il contenuto teologico dei canti della messa.Con la musica viene rappresentato cosa noi crediamo ed anche come crediamo. Questo strettolegame della musica liturgica e della  des, quae creditur, come pure della  des, qua creditur,diviene in primo luogo evidente sia nella sua pienezza sia nei particolari nello studio dellasemiologia gregoriana. I segni più antichi del repertorio della messa nel X secolo nelle differentiforme della notazione neumatica mostrano in modo molto compatto che per mezzo di una musicadi altissima qualità artistica viene soprattutto “elaborata” fede crstiana al più alto livello estetico:l’esperienza dell’incontro con il Dio vivente e con il suo rapporto con l’uomo che risana e salva,

l’anamnesi del Mysterium Christi e del suo signicato per la Chiesa e gli uomini in essa oggi. Nelcantare il gregoriano sperimentiamo il Mysterium Christi come attuale; il gregoriano costituisceun “aggiornamento” dell’annuncio di Gesù Cristo, valido in tutti i tempi e non legato a culturaalcuna, ma capace di dispiegare dappertutto e in ogni tempo la sua forza estetica e spirituale.Presupposto per il riconoscimento di questi rapporti è, accanto allo studio dei neumi e del lorosignicato, anche la conoscenza dei principi dell’esegesi della patristica e del medioevo, questomodo particolare dell’interpretazione che indaga sul poliedrico senso della Bibbia, poi tradotto informe musicali e fatto risuonare. Canto gregoriano quale esegesi della Sacra Scrittura risuonantenel canto: questo il modello permanente del gregoriano per tutte le altre forme di musica sacra.Tutto ciò verrà mostrato attraverso esempi concreti.

William F. Prizer (University of California, Santa Barbara)

Court Piety, Popular Piety: the Lauda in Renaissance Mantua

Despite their interest in Italian Renaissance patronage, music historians have rarely emulatedcultural historians in extending their enquiries beyond the circles of the patriciate to popularculture. In fact, there are obvious problems with such an attempt, since the preserved repertoriesrepresent for the most part products intended for the cultural elite. In Italy, however, there isone repertory that represents the tastes of patrons from the artisan culture: the lauda, the Italiandevotional song, generally in the vernacular.Mantua, in southern Lombardy, offers a particularly instructive example of the lauda of both thepatrician and the popular cultures. In fact, there are two distinct repertories of laude there. The rst isthe body of laude by Mantua court composers published in Petrucci’s Laude, libro secondo (1508).Included in this publication are some eighteen laude by composers like Bartolomeo Tromboncinoand Marchetto Cara, both in the employ of the reigning Gonzaga family. These works are for fouror more voices and follow the xed poetic forms of  poesia per musica  of the day: barzelletta,strambotto, capitolo, and sonnet. Seven feature texts written in the Latin of the Church. Petrucci’slaude are clearly patrician adaptations of the originally artisan genre.There is, however, another repertory of laude from Mantua: the nine included in Paris, BibliothèqueNationale, MS Rés. 676, a manuscript copied in the city in the fall of 1502. These laude differ strongly

from those in Petrucci’s book: they are much simpler, often for two or three voices instead of four;they only loosely follow the xed poetic forms of the court laude; they are not set to a purely Latintext; and they often betray traces of Mantuan spellings and even dialect words.This paper argues that the laude in Paris 676 were the products of the artisan culture, precisely

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of the nine confraternities of disciplinati  active in Quattrocento Mantua. Through unpublisheddocuments, it examines these confraternities and their use of the lauda and demonstrates the waysin which the laude of Paris 676 functioned in their services and processions. The Mantuan laudeare thus clear cases of the patterns of patronage and function determining the nature of the art work,and of the interpenetrations of the patrician and popular cultures. The presence of the agellantconfraternities in Mantua and their singing of laude afford the music historian a richer, enhanced viewof the city’s society and its music. It demonstrates, too, that our single-minded concentration on the

products of the high culture deprives us of an important facet of musical life that is worthy of studyboth in itself and for its effects on the music of the elite.

Abel Puig i Gisbert (PIMS)

 Le funzioni musicali delle cappellanie Moretti, Sacchetti, Sonanti e Soriano in Santa Maria Maggiore a Roma dalla loro fondazione al 1759

La capella era una institució fundada per testament a través de la qual el fundador conferia alCapítol la capacitat d’erigir un nombre determinat de capellans amb una sèrie d’obligacions i ambuna assignació monetària xa pels seus servicis, entre els quals gurava l’obligació d’assistir alcor i als ocis divins.Considerarem les capellanies fundades -Moretti, Sacchetti, Soriano i Sonanti, que son les que guren enla documentació- les quals tenien alguns trets en comú: d’una banda, alguns dels capellans havien de serversats en música i, de l’altra, els noms d’aquestos apareixen a les llistes de pagament dels cantants de lacapella musical de la Basílica de Santa Maria Maggiore a Roma.Dos amplis documents d’arxiu, Stato Generale 1759 i la Historia Basilicae Liberianae S. Mariae Majoris de G. Bianchini publicada a Roma al 1764, ens ajudaran a traçar la història al voltant d’unsegle de vida d’aquestes institucions, imprescindibles per completar l’estudi del funcionamentmusical i econòmic del Capítol.

Colleen Reardon (University of California, Irvine)

 Liturgical Drama, Sacred Opera, and Oratorio in Siena, 1675-1710

During the last third of the seventeenth century, the Sienese began to mount operatic productions in theircity on a regular basis. As my forthcoming book will show, the productions often featured members ofthe nobility in various roles-as impresarios, hosts, supporters, and singers-with the intended purposeof providing a unique “sociable moment” for the entire city. That same period witnessed a growth inthe number of sacred entertainments offered to the populace: liturgical dramas and at least one sacredopera, most commonly staged in convents; and oratorio, offered in parish churches and by one of the

most prestigious institutions of learning for young men of the noble class in Tuscany, the CollegioTolomei. This paper offers an overview of these sacred entertainments and proposes that they, too,often functioned primarily as sociable enterprises for the Sienese citizenry.

Christoph Riedo (Université de Fribourg)

 La festa del Corpus Domini nel Duomo di Milano durante il Settecento

Il fondo musicale,conservato nell’Archivio della Veneranda Fabbrica del Duomo di Milano, è oggitestimonianza concreta dello splendore musicale che ha ravvivato per secoli la chiesa Metropolitana.Nel Settecento la musica liturgica era sempre eseguita a cappella ed era prevalentemente composta

in stile pieno, lo stile ecclesiastico che, grazie a una declamazione omoritmica e sillabica, garantivala massima percepibilità del testo liturgico, come prescritto dal Concilio Tridentino e come applicatoda San Carlo alla diocesi milanese. Se le composizioni in stile a cappella, osservate supercialmente,sembrano essere caratterizzate da una generale uniformità stilistica, in realtà, a uno sguardo più

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approfondito, rivelano tratti differenti. A conferma di tale varietà stilistica settecentesca, GiuseppePaolucci, nel suo trattato Arte pratica di contrappunto (Venezia, 1765), cita almeno cinque diversitipi di stile pieno. È inoltre noto come lo stile musicale sia in rapporto alla funzione liturgica dellacelebrazione: in Duomo, ad esempio, i Gloria in pastorale o in piva, con melodie ‘pastorali’eseguitedalla mano destra dell’organista, richiamano il contesto delle messe d’avvento, periodo che nelcalendario liturgico ambrosiano, durando sei settimane, riceve una particolare enfasi. Partendo quindidella festa del Corpus Domini e sulla base dei documenti liturgici che si sono conservati (diari dei

cerimonieri, documenti del capitolo minore etc.),la relazione tenterà di ricostruire la musica destinataalle varie festività e soprattutto di avviare un lavoro di assegnazione dell’enorme quantità di musichedel fondo alla loro specica funzione liturgica. L’obiettivo nale è quello di fornire un contributoalla decodicazione del funzionamento interno del Duomo di Milano, che è proprio uno degli aspettiaffascinanti della Chiesa Ambrosiana.

Giancarlo Rostirolla (Università di Chieti)

 Istituzioni e protagonisti della vita musicale sacra a Roma nell’anno della chiusura del Conciliodi Trento

Durante i lavori del Concilio di Trento gli echi riguardanti le disposizioni in materia di musicasacra raggiunsero le cappelle musicali d’Italia. Nella mia relazione, circoscrivendo lo sguardo allacittà di Roma, intendo riferire alcuni dati sullo status e sui repertori di alcune delle più importantiistituzioni musicali religiose nell’anno di chiusura dei lavori del Concilio.

Alessio Ruffatti (Université de Paris IV Sorbonne – Conservatorio di Vibo Valentia)

 La ricezione francese della musica di Giacomo Carissimi: riessioni a proposito dell’identitàculturale francese

La denizione di semioforo così com’è enunciata da Krysztof Pomian può aiutare a comprendere leragioni dell’intensa circolazione europea delle fonti musicali romane a cavallo tra Seicento e Settecento.Il gusto (musicale) dei possessori di questi oggetti è solamente uno dei parametri che possono averdeterminato questo fenomeno. Un’altra motivazione probabile è il fatto che essi costituivano un segnodi appartenenza sociale per l’aristocrazia dell’epoca. Nel contesto europeo questo dato antropologicoha un rapporto evidente con l’elaborazione del nascente concetto di nazione allora agli albori neldibattito culturale dell’epoca. Esso tra l’altro ne precede lo sviluppo propriamente politico, evidentesolo nel XIX secolo. Nella Francia del Grand siècle il processo di creazione e accentramento dellostato nazionale si sviluppa anche attraverso l’osservazione della cultura degli altri popoli europei,ed in particolare di quella italiana. L’unità d’Italia è ancora ben lontana, ma essa è ben presente

nell’immaginario degli stranieri che la visitano, alla ricerca di oggetti che possano rappresentarnela cultura. Le fonti contenti musica italiana rappresentano dunque dei semiofori, cioè degli oggetticapaci di rappresentare un immaginario invisibile ma signicante. Nei documenti che ne testimonianola ricezione oltralpe essi sono infatti capaci di rappresentare ed evocare la musique italienne, vale adire le diverse culture musicali della penisola. Questo quadro interpretativo sarà riferito alle fontimusicali francesi contenenti musica sacra romana di Giacomo Carissimi, un compositore consideratonella Francia seicentesca come un’icona del goût italien.

Cesarino Ruini (Università di Bologna)

 Mutamenti politici e trasformazioni della scrittura musicale: esperienze e proposte tra paleograae storia

Da circa mezzo secolo all’attenzione degli studiosi, il codice 123 della Biblioteca Angelica diRoma (graduale della cattedrale di Bologna compilato intorno alla metà del secolo XI) si è rivelato

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un prezioso e singolare documento della vita politica e culturale di una città che si apprestava adivenire polo di riferimento per la civiltà europea. Nelle sue peculiarità liturgiche e rituali sonorispecchiate le istanze di rinnovamento dell’ordine istituzionale e spirituale della società cristianamesse in atto dagli imperatori della case di Franconia e Sassonia e sostenute dai vescovi bolognesiAdalfredo (1030-1061) e Lamberto (1062-1074), paladini – insieme ai vescovi di Ravenna –della politica imperiale in Italia. Dopo la scontta del partito loimperiale, a conclusione dellecampagne militari connesse con la lotta per le investiture, e l’imposizione sulla cattedra episcopale

bolognese del vescovo Bernardo (1096-1104), fedele alla politica ponticia, del codice Angelica123 venne redatta una copia aggiornata secondo le forme liturgiche più castigate e severe prescrittedalla Riforma gregoriana (è l’attuale graduale dell’Archivio capitolare di Modena, O.I.13).Gli effetti dei mutamenti politici e delle conseguenti politiche culturali sono riscontrabili, oltreche nelle modiche liturgiche e rituali, anche nell’adozione di diversi stili di scrittura musicale. Atale proposito, si intende illustrare come la graa musicale adottata nel redigere la copia il celebregraduale sia quella su rigo guidoniano di derivazione umbro-toscana, una notazione collegataall’espansione e al consolidamento in area emiliano-romagnola dell’opera di rinvigorimentodella disciplina ecclesiastica propugnata dal papa Gregorio VII e dai suoi successori. I neumiadiastematici dell’antigrafo, al contrario, erano debitori di modelli di tipo germanico mediati da

Ravenna (è un’ipotesi in parte da vericare, ma in linea con la provenienza comprovata per altriaspetti della cultura artistica conuita nel celebre graduale).Come in altri casi, nella lunga storia della formazione del repertorio gregoriano, il successo e ladiffusione di particolari innovazioni non risiede unicamente in ragioni di ordine tecnico.

Heinrich Rumphorst (AISCGre)

 Il trattamento dei testi della Sacra Scrittura da parte dei compositori del canto gregoriano comeespressione dell’interpretazione

Die Texte der gregorianischen Gesänge sind zum größten Teil der Heiligen Schrift entnommen,was bedeutet, daß sie aus dem Zusamenhang der Schrift herausgenommen und in den neuenZusammenhang des jeweiligen liturgischen Anlasses versetzt worden sind. Dabei mußten sich dieTextkompilatoren bzw. Komponisten nicht an eine einzige lateinische Fassung halten - eine ofzielleAusgabe gab es nicht - , sondern haben ausgewählt, einen neuen Zusammenhang hergestellt unddiesen ihrer theologischen Auffassung entsprechend melodisch und rhythmisch-agogisch gestaltet.Die dafür notwendigen Umstellungen, Auslassungen und Ergänzungen zeigen in der jeweiligenKomposition einen der Textfassung angemessenen und nachvollziehbaren Ausdruck.

Angelo Rusconi (Ponticio Istituto Ambrosiano di Musica Sacra, Milano)

 Il contributo dei teorici medioevali alla storia e alla prassi del canto liturgico: alcune riessioni

Negli ultimi anni, ha avuto un notevole sviluppo tanto lo studio dei testi teorici medioevali quantolo studio interpretativo del canto gregoriano. Sembra tuttavia che alcune grandi questioni, nellequali i due loni potrebbero essere messi in relazione, siano rimaste un po’ sullo sfondo, come se leipotesi oggi più comunemente accettate potessero essere date per certe e denitive. Anche alla lucedi alcuni recenti contributi di vari studiosi, vale la pena ripercorrere alcuni punti salienti sui quali ladiscussione può essere riaperta o maggiormente approfondita.

Paolo Russo (Università di Parma)

Solennità e teatralità nella Messa da Requiem in Sol minore di Giovanni Simone Mayr

Dal 1802 e no alla morte, Giovanni Simone Mayr dirige la Cappella musicale di Santa MariaMaggiore a Bergamo. Gran parte della sua produzione è dunque dedicata alla musica sacra: un caso

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raro nell’Italia musicale del tempo quando la direzione di una cappella musicale era consideratauna sorta di pensionamento dopo i meriti acquisiti in una vita prevalentemente dedita al teatro.Per almeno vent’anni, invece, Mayr afanca alla cura della cappella ecclesiastica una intensissimae prestigiosa carriera di compositore d’opera. Nonostante sia stata tramandata l’immagine di unMayr teso alla riforma e puricazione del canto liturgico, precursore delle istanze del movimentoceciliano, per il compositore bavarese musica sacra e musica operistica erano due ambitiperfettamente complementari della sua professione: entrambe dovevano esprimere sentimenti,

parole e situazioni sociali e intime («La melodia della preghiera … può esser ora ebile ora dipentimento, ora incalzante ora condenziale» ... «nella musica da chiesa, il compositore deveesprimere il lamento di un’anima penitente, la gioia ed il giubilo, deve scegliere le cantilene adatteal luogo al carattere della poesia»).Le strategie teatrali e liturgiche si integrano dunque anche nelle sue opere sacre, soprattuttose destinate a cerimonie particolarmente solenni, «più ricche di esterno apparato»: l’analisi dialcune pagine della Messa da Requiem in Sol minore del 1815 (poi edita, pare, contro la volontàdell’autore: Milano, Calcograa Cogliati-Crivelli, 1819) mostra come queste strategie si avvalganodi un calibrato equilibrio formale tra sezioni tematiche e code enfatiche, tra vocalità virtuosisticae scrittura osservata.

Daniele Sabaino (Università di Pavia)

 La denizione del concetto di ‘musica liturgica’ nel dibattito post-conciliare

Il n. 112 della Costituzione conciliare Sacrosanctum Concilium  statuisce - com’è noto - che«Musica sacra tanto sanctior erit quanto arctius cum actione liturgica connectetur». Taleaffermazione si pone per un verso in linea con il magistero precedente, e per un altro versointroduce un parallelismo foriero di rilevanti conseguenze: se l’uso del sintagma «musica sacra»colloca il dettato conciliare in continuità (quanto meno) terminologica con i documenti ponticie curiali sul tema dell’ultimo secolo, la correlazione «tanto sanctior . . . quanto artius» propone

invece, implicitamente, la categoria della liturgicità come elemento qualicante essenziale di unamusica che possa/voglia essere pienamente e appropriatamente integrata nella liturgia, l’azionedella Chiesa santa e santicatrice per eccellenza (cfr. SC, n. 7).L’ermeneutica musicologico-liturgica post-conciliare si è quindi interrogata sia sull’origine e sullatenuta del sintagma «musica sacra», sia sulle note distintive che rendono possibile ed efcace lasuddetta integrazione tra musica e liturgia. Dopo una breve disamina delle implicazioni dei sensie delle opportunità d’uso della locuzione «musica sacra» nell’attualità musicologica e liturgica,l’intervento si concentrerà pertanto sulla maniera in cui documenti ufciali della Santa Sede,documenti specici di (Ufci di) alcune Conferenze Episcopali (soprattutto Italiana, Francesee Statunitense) e documenti di associazioni di liturgisti, musicologi e musicisti (tra i quali

spiccano in primo luogo Musica - Liturgia - Cultura e La musica nelle liturgie cristiane prodottidal gruppo di studio internazionale Universa Laus) hanno progressivamente messo a fuoco ilconcetto di ‘pertinenza rituale’ come la più signicativa esplicitazione della ‘liturgicità’ richiestada SC. Ne risulterà, in conclusione, un’ermeneutica della sanctitas della denizione conciliarecome principio non (più) ontologico, bensì funzionale alle esigenze della liturgia rinnovata dallacontinuità della tradizione post-conciliare – principio funzionale che comporta, inevitabilmenteanche connotazioni estetiche da misurarsi, primariamente, sulla base dell’estetica liturgicapiuttosto che sulla base dell’estetica musicale.

Ramón Saiz-Pardo Hurtado (Ponticia Università della Santa Croce)

 Joseph Ratzinger: teologia liturgica della musica sacra allo stato attuale

La proposta di Joseph Ratzinger svela nuovi criteri fondamentali per la comprensione dellamusica liturgica. L’adeguata ermeneutica si raggiunge dal contesto complessivo della sua teologia

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liturgica. Infatti, un approccio diretto ai suoi saggi prettamente musicali porta subito a uno sguardopiù ampio. L’autore stesso propone la rilevanza di una tale visione come si riscontra dal modoin cui i suoi saggi compaiono raggruppati nella pubblicazione della sua Opera omnia: in primoluogo, i saggi musicali sono annoverati nel volume undicesimo, intitolato Teologia della Liturgia;in secondo luogo, lo stesso volume si divide in cinque parti, delle quali una è dedicata alla musica,con il titolo Teologia della musica sacra; inne, le questioni riguardanti la musica sono presentianche nelle altre parti del libro.

Presentiamo sinteticamente alcuni punti cardine di tale contestualizzazione con lo scopo di portarel’attenzione su questo aspetto.

Giovanni Salis (Uiversità di Bologna)

Scelte devozionali nelle musiche per la processione notturna con misteri del Venerdì Santo dei Barnabiti (Milano 1587)

A partire dal 1587 i Barnabiti organizzarono a Milano, la notte del venerdì santo, una solenneprocessione notturna con misteri, che andava a toccare le principali vie e chiese milanesi. Laprocessione barnabitica è una drammaturgia devozionale che, con un complesso uso di svariatielementi artistici e religiosi, vuole ri-presentare al fedele il fatto religioso da meditare (la passionedi Cristo) e commuoverlo al ne di convertirlo.Di questo rito paraliturgico si conserva una signicativa testimonianza in alcuni documenticonservati nell’Archivio Storico dei Barnabiti di Milano. Si tratta in gran parte di documenti musicali(indicazioni per i cantori e i compositori e un buon numero di composizioni per doppio coro), che citestimoniano la grande importanza che la musica doveva avere nella processione.Scopo del mio intervento è quello di illustrare come questa notevole presenza musicale èdirettamente legata alla drammaturgia devozionale della processione stessa. Dalla scelta deitesti da musicare alla disposizione spaziale dei vari gruppi corali, dall’uso della policoralità almodo in cui i compositori intonano alcune parole chiave, la musica è sempre tesa a instaurareuna sorta di dialogo con i partecipanti alla processione, li interpella in vari modi e, similmentead altre esperienze devozionali del periodo (come i sacri monti o i numerosi libretti devoti dimeditazione sulla Passione), cerca di porre in maniera concreta il fedele davanti all’avvenimentoche sta in qualche mondo riaccadendo davanti ai suoi occhi: la passione e morte di Cristo per lasua salvezza, oggi.

Thomas Schmidt-Beste (Bangor University)

24 cantori, un solo libro: la “mise en page” nei libri musicali del Fondo Cappella Sistina

In a choirbook with polyphonic music, all singers have to read from one single source at the sametime. This simultaneity of reading – unique in sources of the medieval and early modern period – demanded of the music scribes very high and very specic skills of co-ordinating and aligninginformation on the written page or page-opening. The large choirbooks of the Papal Chapeloffer a particularly rich eld of enquiry in this regard as they represent an unbroken tradition ofmanuscript production from the late 15th to the late 16th century. This paper will trace the ways inwhich the layout of the Papal Chapel choirbooks evolved over time to take into account changesin ensemble size, function, repertoire selection and performance.

Christian Speck (Universität Koblenz-Landau)

Policoralità nell’oratorio romano nel Seicento

La policoralità romana del Seicento è principalmente legata alla musica sacra della città. Tuttavianon esistono studi di questo tipo inerenti all’Oratorio. Essi potrebbero far luce sul rapporto tra

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musica sacra e musica composta per gli Oratori. Per tale motivo è necessario indagare in che modola policoralità fosse utilizzata quale metodo compositivo negli Oratori e quale funzione avesse. Nellarelazione saranno presentati, fra gli altri, i risultati delle ricerche su composizioni di DomenicoMazzocchi, Marco Marazzoli, Giacomo Carissimi e Francesco Foggia.

Carlida Steffan (Istituto Superiore di Studi Musicali, Modena)

“...per i compositori di musica e per i predicatori...”. Testimonianze ed osservazioni sul rapportotra predicazione e composizioni paraliturgiche nel Sei-Settecento

Il repertorio della musica sacra del Sei-Settecento è stato in larga parte (ri)considerato sulla basedella funzionalità assolta all’interno del palinsesto liturgico o paraliturgico. Più complessa invecela focalizzazione della sensibilità e delle strutture mentali religiose nel mondo cattolico, chenecessita di allargare la ricerca oltre le disposizioni emanate dalla chiesa (centrale o locale) inmateria liturgica e le consuetudini rituali. La letteratura devozionale è preziosa a tal proposito, alne di indagare sulla “mentalità” recettiva degli ascoltatori, nutriti, almeno in parte, di letture ingrado di orientare l’ascolto della musica sacra entro un contesto di fruizione spettacolare e nonpartecipativa. Per focalizzare, anche in ambito musicale, l’immaginario antropologico del “sacro”si dimostra efcace l’ampio serbatoio di letteratura omiletica giunto attraverso un considerevolenumero di stampe, le quali raccolgono i lavori esibiti sui pergami dai grandi attori della predicazione,appartenenti agli ordini religiosi italiani e stranieri. La predicazione abilitava gli ascoltatori – o almenobuona parte di essi – ad una grande capacità immaginativa e di conseguenza a trascendere l’esperienzaemotiva contingente e proiettare in una visione altra la musica ascoltata.In un numero signicativo di casi i testi omiletici fanno riferimento diretto a precise performances musicali oratoriali (così per i “sepolcri” in ambito viennese) od altri contesti paraliturgici (SantaMaria del Suffragio a Milano). Questo consente di afnare gli strumenti ermeneutici per unacorretta interpretazione del testo musicale e delle sue funzionalità. I mottetti solistici, fruiti da inizioSettecento nell’ambito degli Ospedali veneziani, condividono altri punti di contatto con predichee quaresimali coevi: la costante oscillazione tra sacro e profano e l’autonomia del signicante(esibizione di stile e grammatica del coevo codice teatrale nei mottetti /esibizioni di metafore,meraviglie, paradossi nei testi omiletici). Prospettiva di cui bisognerà tenere conto nel rileggere laproblematica contrapposizione storiograca fra sacro e profano per l’epoca in questione.

Nicola Tangari (Università di Cassino - PIMS)

Particolarità liturgico-musicali di un graduale di Santa Maria Maggiore a Roma

Il Museo della Basilica di Santa Maria Maggiore a Roma conserva un graduale manoscritto di

grande interesse. Il codice, databile all’inizio del sec. XIV, proviene molto probabilmente dallaFrancia meridionale, in particolare dalla città di Avignone, così come è testimoniato dal contenutoliturgico-musicale e dalla decorazione. Il repertorio è pressoché completo e comprende il propriodel tempo e dei santi, il kyriale e un breve sequenziario.L’intervento si sofferma su una serie di particolarità cultuali attestate da questo manoscritto. Tali ineditepeculiarità sono ulteriori testimonianze della prassi liturgico-musicale della Chiesa trecentesca.

Rodobaldo Tibaldi (Università di Pavia)

 Appunti per una storia del responsorio polifonico tra XV e XVI secolo: diffusione e trasformazione

di un genereUno dei generi presenti n dagli inizi della formazione di repertori polifonici è costituito dalresponsorio, attestato prevalentemente in area francese centro-settentrionale (Parigi, Chartres,Fleury) e ancor prima in area inglese (Tropario di Wincester); dopo il XIII secolo sembra

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improvvisamente perdere di importanza per ricomparire in misura considerevole intorno alla metàdel XVI secolo.La relazione si propone di delineare le linee principali dello sviluppo del genere ‘responsoriopolifonico’ nel periodo che va dalla seconda metà del Quattrocento al Cinquecento, la sua diversaincidenza nella prassi compositiva (ma anche esecutiva) e il progressivo cambiamento del suo ruolo edella sua funzione all’interno della polifonia liturgica, soprattutto in ambito continentale.Verranno presi in esame singoli casi ritenuti particolarmente signicativi e si tenterà di delineare

una mappa anche geograca compilata sulla base del contenuto e della provenienza dei principalimanoscritti del XV-XVI secolo, nonché delle prime edizioni a stampa.

Maria José de la Torre Molina (Universidad de Málaga)

Celebrations for Heroes: Urban Music and Liturgy during the Peninsular War, 1808-1814

Esta ponencia tiene como objetivo principal estudiar la presencia, las características y las funcionesasumidas por la música religiosa en las grandes celebraciones públicas que tuvieron lugar enEspaña durante los años de la llamada Guerra de la Independencia (1808-1814), tanto en losterritorios dominados por el Ejército hispano-británico, como en los territorios controlados por

el Ejército francés. En mi estudio contemplaré el análisis de algunas de las obras que sonaron enlas estas, pero no desde una perspectiva internalista, sino siempre en relación con los propósitosceremoniales, ideológicos y propagandísticos que estas composiciones pudieron cumplir. Demanera coherente con este planteamiento, el análisis de estas funciones se pondrá en relación conla concepción y expectativas cifradas tanto en la música –considerada de manera genérica– comoen las celebraciones en las que se interpretó. La ponencia incluirá reexiones sobre el aparatoideológico-propagandístico desarrollado por los bandos combatientes durante la contienda y elpapel de la música en ese entramado. Se incidirá además en aspectos de tipo metodológico yse ofrecerán conclusiones e hipótesis basadas en un amplio abanico de fuentes, algunas de ellastradicionalmente poco empleadas en los estudios musicológicos.

Paolo Valerio (CNR)

Giovanni Maria Sabino e la Scuola musicale napoletana

Giovanni Maria Sabino nasce a Turi (Bari) il 30 giugno 1588 da una famiglia benestante che nonha rapporti parentali con i Sabino di Lanciano, in quanto i Sabino turesi sono presenti in questopiccolo centro agricolo già dalla seconda metà del XV secolo. Nel 1602, dopo aver ricevuta laprima tonsura nella Chiesa Collegiata dell’Assunta di Turi, si trasferisce a Napoli a studiare musicacon don Prospero Testa quasi certamente grazie all’interessamento dei Moles, baroni spagnoli signoridel feudo di Turi, che lo introducono nel contesto nobiliare napoletano (cosa che la sua famiglia nonsarebbe stato in grado di fare) tanto che entra nella cerchia dei musicisti (il più giovane) vicini a CarloGesualdo principe di Venosa. Primo Direttore del Conservatorio della Pietà dei Turchini, poi passaalla Reale Cappella di S. Barbara nel Castel nuovo di Napoli, poi è dai Filippini (conosciuti colnome di Girolamini) ed inne è all’Annunziata come Maestro di cappella e insegnante di musicadelle monache novizie del monastero annesso. Sabino segna il passaggio dal Rinascimento albarocco a Napoli grazie a connessioni dirette con Monteverdi di cui ne divulga lo stile e le musiche(opinione condivisa da Paolo Fabbri nella sua monograa). E’ il primo musicista napoletano adapparire in antologie veneziane insieme al musicista cremonese. Con Sabino nasce una catenadi maestro allievo che permette il diffondersi di questo nuovo stile musicale nel fertile ambientemusicale napoletano con i risultati che tutti quanti ben conosciamo. Gli vengono attribuiti come

allevi: Giovanni Salvatore, Francesco Provenzale, Filippo Coppola, Gregorio Strozzi.I suoi rapporti con Turi rimangono sempre vivi: nel 1610 diviene cappellano col titolo di Abate delBenecio di San Giacomo Apostolo il cui diritto di patronato è di pertinenza della sua famiglia, oltrea rimanere membro per tutta la vita del Capitolo della Chiesa Collegiata. Nel 1631 viene nominato

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canonico della Reale Chiesa di San Nicola di Bari con nomina del Consiglio Collaterale di Napoli(organo che rappresentava la Corona di Spagna). Notizie inedite su Antonino Sabino, riportatocome fratello, invece trattasi di nipote. Le sue musiche, presenti solo nell’archivio musicale deiGirolamini, sono di particolare bellezza e interesse. Anche per Francesco Sabino, altro nipote, di cuisi supponeva fosse nato a Napoli, è stata accertata la sua nascita a Turi e la sua vicenda familiare chelo ha portato, nel 1630, a Napoli a studiare nel Conservatorio dei Poveri di Gesù Cristo.

Jean-Pierre Whiteld (Université de Paris IV Sorbonne)

 Les Pastorales sur la Naissance de Notre Seigneur Jésus Christ (H. 483 et H. 483) et David &Jonathas (H. 490): de rares exemples en France d’oratorio volgare

Cette communication s’efforce de démontrer que le genre de l’oratorio en langue vulgaire (oratoriovolgare), rare en France, a néanmoins existé dans l’œuvre de M.A. Charpentier sous l’égide de lapastorale. Fort de son séjour à Rome, de l’impulsion des Jésuites qui «ont fait de l’oratorio un outilde propagande» (Bukofzer), le musicien a su adapter au goût français et à l’absolutisme quelques«œuvres spirituelles» mais toujours dèles à l’esprit de l’Ame et du Corps en représentation.Il serait temps de replacer dans leur vraie perspective, celle de la Contre-Réforme, ces œuvresde Charpentier, musicien par le passé trop souvent «oublié». Nous verrons alors que  David & Jonathas, l’un des sommets de son art, avec ou sans mise en scène, reconsidéré dans le contextequi lui convient, celui d’un exercice spirituel, didactique, doit compter aujourd’hui, aux côtés desdrames sacrés de Haendel, parmi les plus beaux oratorios de l’époque baroque.

Pietro Zappalà (Università di Pavia)

 La musica sacra di Amlicare Ponchielli

Il nome di Amilcare Ponchielli è sempre stato collegato al mondo del melodramma e mai a quello

della musica sacra, se non per gli ultimi anni di vita, quando fu maestro di cappella a Bergamo.Anche in questo caso, tuttavia, a fronte di pochi riscontri biograco-documentari, poco o nullasi è indagato sulle musiche da lui composte. Un accurato censimento dei manoscritti noti e dinumerosi altri comparsi solo di recente, oltre a una migliore conoscenza delle sue lettere e di altromateriale documentario, consentono di sostenere che Ponchielli ebbe modo di occuparsi di musicasacra sostanzialmente lungo l’intero arco della sua vita artistica. Questo intervento costituisce unaprima ricognizione dell’incidenza della musica sacra nella vita del compositore cremonese edintende focalizzare l’attenzione su alcuni momenti meglio deniti: il periodo in cui svolse attivitàdi organista (1854-1860), la composizione di un Gloria e Credo (1860), la composizione e lacura musicale di alcune funzioni liturgiche (1866-67), ulteriori attività compositive (1869-1872),

ed anche il periodo bergamasco (1882-1886) che può essere meglio precisato rispetto a quantonoto no ad ora. Per una parte dei manoscritti, tuttavia, è difcile stabilire una collocazionecronologica e una adeguata contestualizzazione, e saranno necessari approfondimenti ulteriori,come per esempio per alcune composizioni destinate alla liturgia ambrosiana.

Agostino Ziino (Università di Roma “Tor Vergata”)

San Vitaliano papa e la musica

A san Vitaliano, nato a Segni, papa dal 657 al 672, la tradizione attribuisce numerose innovazioninel campo della musica sacra, tra le quali quella dell’impiego dell’organo nella liturgia.

Attraverso un’analisi comparata delle fonti e dei vari testimoni l’autore cerca di dimostrare chequesta molteplicità di interventi nel settore della musica sacra attribuita a san Vitaliano dipendaprincipalmente dalla diversa idea di “musica” che nel corso dei secoli hanno avuto i vari scrittoriche si sono occupati del rapporto di san Vitaliano con l’arte dei suoni.

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Tavola rotonda

 La musica nella comunicazione religiosa: testi e immagini 

Chairman: FRANCO ALBERTO GALLO

Il tema di questa sessione di studi è complesso per due ordini di ragioni. Da un lato perché trattanon solo della musica eseguita, ma soprattutto della documentazione verbale e visiva attraversocui la musica è comunicata. Dall’altro perché tratta di casi nora poco indagati di comunicazionereligiosa rivolta a persone appartenenti a culti e fedi diverse.Se la documentazione esistente ha suggerito di restringere l’ambito cronologico prevalentementeagli inizi dell’Età moderna, la prospettiva adottata ha invece consentito di considerare in manieraglobale i cinque continenti.

Paola Dessì (Università di Bologna)

 Musica nell’attività missionaria di Matteo Ricci. i doni sonori per l’imperatore Wanli

La comunicazione religiosa di Matteo Ricci è anzitutto “comunicazione dei saperi” che mira

a raggiungere tre ni principali: «promuovere la costituzione di una società umana più ampia esolidale […], ottenere credito nei confronti della classe intellettuale cinese […], accrescere, grazieall’autorità acquisita nelle scienze, anche il valore della religione praticata in Occidente» (Mignini,2010). Si tratta «di un impegno profuso nella trasmissione di scienze, tecnologie e arti occidentali»,in cui anche la musica – intesa nell’accezione più ampia di evento sonoro (Gallo, 2010) – gioca unruolo da protagonista. Strumenti musicali e orologi diventano così donativi sonori per l’imperatoreUanli, in-animati ambasciatori d’Occidente nell’Impero del Drago.Già nel 1583 il regalo di un orologio meccanico al viceré del Guangdong aveva assicurato a Riccie al confratello Michele Ruggeri la residenza nella città di Zhaoqing, ossia la prima casa/chiesa dadove avrebbe preso inizio il progetto di evangelizzazione del Paese di Mezzo.

Così 18 anni dopo, nel 1601, gli orologi – straordinarie «campane che suonano da sole» - e il«gravicembolo, cosa mai vista nella Cina» saranno i doni che permetteranno a Matteo Ricci, e aglialtri Padri coinvolti nell’avventura, di recarsi all’interno della Città proibita anche tutti i giorni, nellaperseveranza di ottemperare all’ordine impartito dal P. Alessandro Valignano, superiore generaledelle missioni della Cina e del Giappone, sin dal 1577: raggiungere la corte e convertire l’imperatoreo, quantomeno, ottenere un permesso di libera predicazione del cristianesimo.A questo progetto vanno ricondotte anche le Otto canzoni per clavicembalo occidentale, «voltatein lettera cinese» su richiesta degli eunuchi, «compositioni brevi» che Ricci affermava fossero leuniche da lui conosciute e sulle quali si era esercitato. 

Donatella Restani (Università di Bologna)“ L’altra musica dei paesi stranieri alla Cina”: prime ricerche sui testi del gesuita Giulio Aleni(1582-1649) 

Una ventina di anni fa, nel penultimo capitolo dell’  Altra musica  (Milano, 1991), RobertoLeydi poneva la questione metodologica dell’importanza sia per l’etnomusicologia sia per lamusicologia di studiare non solo i rapporti del nostro mondo musicale con le musiche “altre”, maanche le relazioni tra queste e quelle europee. Infatti era convinto che i due processi siano dueaspetti del medesimo fenomeno e che pertanto vadano proiettati sullo sfondo di un’unica vicendastorica. Per esempio, nello studio dei primi momenti della penetrazione musicale occidentale

in Cina, l’etnomusicologo riportava l’attenzione non agli inussi musicali dell’età coloniale,bensì alle trasformazioni seguite all’arrivo di gesuiti francesi che dal 1679 insegnano arieeuropee sul clavicembalo e all’organo alla corte imperiale a Pechino. Alla luce di tale prospettiva,questo intervento intende soffermarsi sulle questioni relative al signicato degli eventi sonori nella

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comunicazione religiosa, in particolare alle esperienze delle prime schiere di missionari italiani penetratiin Cina già all’inizio del Seicento. Si darà conto in particolare di ricerche avviate di recente sugli scrittidi Giulio Aleni (Brescia, 1582- Fukien,1649), missionario in Cina della prima generazione successivaa quella di Matteo Ricci. Se da oltre una ventina di anni storici, geogra, sinologi e loso europei ecinesi dedicano studi e traduzioni agli scritti di Aleni, tuttavia la loro conoscenza è stata sinora limitataagli orientalisti e agli specialisti delle scienze religiose. Questo intervento si propone di considerare, perla prima volta sub specie musicae e soltanto per exempla, due opere ora disponibili anche in italiano, 

Geograa dei paesi stranieri alla Cina (1623, trad. it. 2009) e Commento e Immagini della Incarnazionedel Signore del Cielo (1637, trad. it. 2010). Rispettivamente di genere scientico l’una e religioso l’altra,la loro lettura suggerisce nuove domande allo storico della musica: sull’interesse che gli ambienti colticinesi del XVI secolo avevano per la musica europea, sulle motivazioni con cui Aleni propone eventisonori e musiche europee e sul signicato che essi potevano avere per la comunicazione religiosa.

Lionel Li-Xing Hong (Fu Jen Catholic University, New Taipei)

Catholic Music in Seventeenth and Eighteenth Century China. A Study from a LiturgicalPerspective

During the late Ming and early Qing period, sacred music, which functions as one of the means ofevangelization, was introduced to China with the growing number of European missionaries. Thesepriests opened a new page of evangelical activities for a span of nearly two hundred years and therewas no lack of missionaries who had both musical talent and training to work in China. When thedoctrine of Christian faith and practice of sacred music slowly took root in China, some sacredmusic with Chinese text was written. The Xiqin quyi of Matteo Ricci, SJ (1552-1610) is a famousearly example; Chinese poet Wu Li (1632-1718) wrote his Tianyue zhengin pu (1710), which makeshim a pioneer in the composition of Chinese sacred music with Chinese musical style. French JesuitFr. Joseph-Marie Amiot, SJ (1718-1793) compiled the musical scores of Chinese sacred music,

Shengyue jingpu  ( Musique Sacrée, 1779), which has the French subtitle  Recueil des principales prières mises en musique chinoise, then sent them back to Europe. Grounded upon writings of Amiotand his contemporaries and the concept of Western Sacred Music, this paper examines Shengyue jingpu in order to investigate the relationships between the musical features, the verbal texts and theliturgical practice of the time. The author further probes into the Catholic missionary strategy behindthese “inculturated” musical works with cross references to the works of Matteo Ricci and Wu Li.

Daniela Castaldo (Università di Lecce)

 Le rappresentazioni della danza di Miriam (Esodo 15:20-21)Le immagini hanno sempre ricoperto un ruolo di primaria importanza nella comunicazione religiosache spesso ha fatto ricorso al mezzo visivo per raccontare in modo immediato e diretto le storie dellesacre scritture, rendendo accessibili al più largo pubblico anche i concetti più complessi.In questo intervento ci soffermeremo sulle rappresentazioni della danza di Miriam per ringraziareDio dopo il prodigioso attraversamento del Mar Rosso, un episodio raccontato nel libro dell’ Esodo (15: 20-21) e spesso illustrato, n dall’XI secolo in Bibbie, Salteri ed Haggaddah ebraiche. Inparticolare, ci soffermeremo sulle rappresentazioni più recenti di questo tema che artisti comeGiotto, Lorenzo Ghiberti, Lorenzo Costa, Luca Giordano e, in area amminga, Jan van den

Hoecke e Hans Jordaens proposero in affreschi, statue e dipinti e cercheremo di comprenderequale messaggio comunichino e quale signicato vengano ad assumere nei cicli iconograci, nonsempre di ambito sacro, realizzati tra il XIV e il XVII secolo.

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Nicoletta Guidobaldi (Università di Bologna)

 La muta eloquenza dei suoni dipinti: prime indagini sulla rafgurazione di musiche sacre edevozionali nell’iconograa del Cinque e Seicento

In alcuni importanti scritti sull’immaginario cinque-seicentesco, Marc Fumaroli ha individuatonella Retorica – come arte comunicativa per eccellenza, in grado di far vedere l’invisibile, diistruire e di convincere - una chiave di lettura essenziale per la comprensione dei nessi che legano

immagini verbali e gurative, e dunque per l’interpretazione dello strumentario simbolico comunea pittori, retori e predicatori del tempo.Nella denizione di immagini elaborate a partire non solo dai trattati di emblematica e dimitograa, ma dai manuali di predicazione, la presenza di riferimenti a strumenti, prassi esecutivee in particolare a composizioni identicabili, si carica di peculiari valenze che sono ancora, in largamisura, da indagare, sullo sfondo di una ricognizione complessiva sul ruolo delle rappresentazionidi musica liturgica e spirituale nella produzione artistica, e più ampiamente nell’ambito dellacomunicazione di insegnamenti, precetti, temi di meditazione connessi alla spiritualità cattolicaall’inizio dell’età moderna. In questa breve comunicazione, che presenterà i primi esiti di una ricercaattualmente in corso su questa vasta tematica, verranno illustrati alcuni dei molteplici signicati che

le rafgurazioni di pagine musicali riconducibili a specici repertori musicali possono esprimere -inrelazione ai contesti iconograci e alle speciche esigenze della committenza- impreziosendo edamplicando anche in direzione sonora la retorica silenziosa di gure e gesti dipinti per “movere,docere, persuadere”.

Eliana Teresita Cabrera Silvera (Università di Bologna)

Sonido y silencio en la conquista espiritual de la América Latina del siglo XVII 

Tomando como punto de partida la Conquista Espiritual de Antonio Ruiz de Montoya (1639), seanalizará el papel de los sonidos en los relatos de la evangelización latinoamericana en el siglo

XVII y, particularmente, su función en la narración de sucesos maravillosos. El ruido intenso,el silencio absoluto, el canto, se convertirán en manifestación de entidades sobrenaturales. Laaudición servirá a su vez a demostrar la actitud de receptividad de estos fenómenos por partede los eles, una audición que será sucesivamente obstaculizada o favorecida por esas mismasfuerzas con el n de interferir en la actividad misionaria. La escucha de la palabra de los religiososserá además alterada, según el testimonio de los mismos misionarios por la visión por parte de losindígenas de una conducta contradictoria, con frecuencia en contraste con la predicación cristiana,de los colonos europeos.

Jann Pasler (University of California, San Diego)

Sacred music in the African missions. Gregorian Chant, Cantiques, and Indigenous Musical Expression

Since Saint Francois Xavier used music to combat heresy in the 16th  century, music has playedan important role in catholic missions. And yet scholars have never looked at exactly what musicwas performed and in which contexts. In Africa, missionaries have reported on performances ofDumont’s Mass by hundreds of singers, such as in Tanganika in 1911 and a Te Deum sung by 8000in Uganda in 1920, but also the use of tambours to call people to prayer.This paper will examine the ongoing presence of plainchant sung in Latin as well as cantiques sung inindigenous languages in the 19th and 20th centuries (e.g. Wolof, Gabonese, Doala, Malgache, Yoruba,

Rundi), some of them set to local airs. It will compare the repertoire in these volumes used by suchmissionaries as the Peres Blancs and the Peres Spiritains, seeking to understand what music wasperformed both across cultures and over time (1870s-1950s). It will also discuss the impact of various20th-century papal edicts ( Moto Proprio, encyclical of 1955, Vatican II) and of European congresses

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(1922 and 1957) on music, catechism, and liturgy in African contexts, from African as well asEuropean perspectives. Finally, it will show examples of new Masses written for or by Africans inOubangui (1948), Burundi (1970), and Senegal (1970).

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Tavola rotonda La musica sacra: prospettive pedagogico-didattiche del PIMS

Chairman: GIUSEPPINA LA FACE BIANCONI

Partecipano: Paolo Cecchi (Università di Bologna), Federico Del Sordo (Conservatorio di Roma-PIMS), Maria Luisi (Università di Bologna), Walter Marzilli (PIMS), Mauro Pisini (PIMS),Raffaele Pozzi (Università di Roma Tre), Silvano Presciuttini (PIMS), Daniele Sabaino (Universitàdi Pavia), Nicola Tangari (Università di Cassino-PIMS).

La tavola rotonda ha per tema il mandato pedagogico-didattico del PIMS, così come si è venutocongurando sull’arco di un secolo. Questo mandato verrà considerato sotto due proli, distintiancorché collegati. Sul piano della Didattica, importa ragionare sulla selezione dei contenutidisciplinari e sulla loro trasposizione. Sul piano della Pedagogia, la riessione verte sul progettoformativo complessivo: l’Istituto punta a formare personalità che, nella loro azione, si pongono altempo stesso come costruttori di cultura e suscitatori di spiritualità.I contenuti disciplinari del PIMS non sono autoreferenziali, bensì al servizio della formazione.Da un lato si richiamano a una tradizione artistica insigne come quella della Chiesa; dall’altro,sono nalizzati alla formazione sia degli operatori sia, di riesso, dei fedeli. Non vanno dunqueconsiderati in astratto, bensì nella prospettiva di una formazione che cerca la propria collocazionenel vortice del mondo, là dove – tenuti fermi i valori della fede e della religione – ci si deve

confrontare con mutamenti rapidi, frequenti, repentini. In una società sempre più globalizzata,anche il PIMS deve chiedersi che cosa conservare, che cosa migliorare, che cosa innovare nelprogetto didattico, ai ni della formazione di studenti che saranno presto operatori in un mondocomplesso, in tumultuosa evoluzione.Docenti del PIMS e musicologi attivi nelle Università statali discuteranno insieme taliproblematiche.

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Tavola rotonda

 Musica e liturgia oggi. Il rito musicale cattolico nel mondo globalizzato

Chairman: RAFFAELE POZZI

Partecipano: Salvatore Barbagallo (PIMS), Eduardo Binna (Ponticio Collegio Brasiliano, Roma),Giovanni Filoramo (Università di Torino), Luigi Garbini (Chiesa di San Marco, Milano), LionelLi-Xing Hong (Fu Jen Catholic University, New Taipei), Giuseppe Lorizio (Ponticia UniversitàLateranense, Roma), Enzo Pace (Università di Padova), Jeronimo Pereira Silva (Abbazia di SantaGiustina, Padova), Anthony Ruff (Saint John’s University), Olivier Sarr (Ponticio Ateneo diSant’Anselmo, Roma).

La tavola rotonda intende proporre una riessione critica sui rapporti tra musica e liturgia oggi,alla luce dei profondi mutamenti storici, sociali e spirituali che investono l’esperienza religiosadell’uomo contemporaneo. Ci si chiede, in modo particolare, quali siano le risposte della religione

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cattolica alle sde lanciate dal nuovo assetto economico-sociale e culturale del mondo globalizzato.La realtà di un cattolicesimo che perde terreno in Europa, in America del Nord e ne guadagna inAfrica, America Meridionale, Asia, in quale modo può inuenzare i contenuti e le forme stesse delculto? Noto è il fenomeno della crescente diffusione dei movimenti carismatici.e pentescostali nelmondo la cui liturgia, fortemente emozionale, afda un ruolo primario alla musica. Quale rapportoviene così a stabilirsi tra le necessità conservative caratteristiche della dimensione rituale e le spinteal rinnovamento della celebrazione liturgica spesso ispirate a modelli mass-mediatici? Come può

coniugarsi la portata universale del messaggio cattolico, garantita dalla tendenziale uniformità delrito, con le forti spinte ad autonome soluzioni locali emerse nelle singole comunità?La tradizione cattolica risulta inoltre caratterizzata da una forte presenza della dimensioneartistica nella funzionalità liturgica. Vi è chi ritiene che non sia più «spendibile» nel cultoattuale il grande patrimonio storico della cosiddetta ‘musica sacra’. Similmente inutilizzabilesarebbe, per altri, la stessa produzione musicale d’arte contemporanea. Ragioni storico-culturali,identitarie e perno chiari pronunciamenti pontici, soprattutto se messi a confronto con lapovertà e banalità di molti esiti musicali correnti, non dovrebbero forse consigliare approccimeno esclusivi e traumatici alla questione della musica liturgica? È veramente possibile fare ameno nel rito del potere simbolico dell’arte?

Testimoniano la rilevanza di simili quesiti le esperienze geogracamente distanti presentate nellatavola rotonda, relative ad aspetti della musica liturgica cattolica in Africa, Brasile, Italia, Americadel Nord, Taiwan.

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