Upload
image-line
View
224
Download
2
Embed Size (px)
DESCRIPTION
Agronotizie ha pubblicato il reportage Agricrisi. Nel pdf sono riportati gli articoli pubblicati nelle ultime settimane sul portale http://www.agronotizie.it in merito ai vari temi: dall'ortofrutta, alle carni, dal latte, alle macchine agricole
Citation preview
Colophon
AGRONOTIZIE - SETTIMANALE DI TECNICA, ECONOMIA ED INNOVAZIONE IN AGRICOLTURA
Iscrizione nel Registro della Stampa del Tribunale di Ravenna al n° 1242 del 25/11/2004Direttore responsabile: Ivano Valmori • Proprietà, Direzione e Amministrazione: Image Line s.r.l. - Via Gallo Marcucci, 24 - 48018 Faenza (RA) • Recapiti: Tel. 0546/680688, Fax 0546/26044, [email protected], www.agronotizie.it • Responsabile di redazione: Paola Francia • In redazione: Francesca Bilancieri, Lorenzo Cricca, Antonella Falco, Paola Francia, Angelo Gamberini, Anna Mossini, Donatello Sandroni, Cristiano Spadoni, Roberto Stefani, Ivano Valmori • Pubblicità:Image Line s.r.l. - [email protected] • Realizzazione grafica e servizi tecnici: Image Line s.r.l. • Editore: Image Line sas di Valmori Ivano & C. - Via Gallo Marcucci, 20 - 48018 Faenza (RA)
“AgriCrisi”
Inserto pubblicato da Agronotizie - Settimanale di tecnica, economia ed innovazione in agricoltura
A cura di: Paola Francia, Angelo Gamberini, Donatello Sandroni
Indice:
• AgriCrisi, perché parlarne .................................................................. pag. 4
• I soldi non bastano, serve un progetto .............................................. pag. 5
• Italia agricola maglia nera della Ue ................................................... pag. 6
• Non basta il prezzo per salvare il latte italiano .................................. pag. 7
• Dai formaggi la risposta ai problemi del latte .................................... pag. 8
• Cereali e foraggere in agoni ............................................................... pag. 9
• “Cereali, contratti di filiera per uscire dalla crisi” ............................ pag. 10
• Mercato agrofarmaci: cala il volume, tiene il valore ......................... pag. 11
• Anoressia vegetale .......................................................................... pag. 12
• Fertilizzanti, aspettando la ripresa (d’autunno) che verrà ............... pag. 13
• “Mezzi tecnici, un anno altalenante tra crisi del credito e incertezza normativa” ..................................................... pag. 14
• Se Bruxelles chiude i rubinetti la carne bovina è condannata ........... pag. 15
• Perché la carne bovina in Italia costa di più ..................................... pag. 16
• I prosciutti anonimi affondano la suinicoltura ................................. pag. 17
• Polli e conigli, le due facce della crisi ............................................... pag. 18
• Il crollo dei prezzi travolge tutta la frutta ........................................ pag. 19
• Uve in balia del mercato .................................................................. pag. 20
• “La crisi morde sui prezzi, no a facili ottimismi” .............................. pag. 21
• Macchine, avanti pari ....................................................................... pag. 22
• “Meccanizzazione, servono incentivi molto più consistenti” ............. pag. 23
• “Contoterzisti, poca voglia di investire e tanta incertezza” .............. pag. 24
• “Crisi dell’agricoltura, pesanti ripercussioni sulle imprese agromeccaniche” ........................................................................... pag. 25
• ArgoTractors: testimonial di positività ............................................. pag. 26
• Le prospettive secondo Goldoni ....................................................... pag. 27
4
torna all’indice
16 Febbraio 2010La Redazione di Agronotizie
AgriCrisi, perché parlarne
Iniziamo con questo numero di Agronotizie ad analizzare la crisi che ha investitol’agricoltura e a cercare, con l’aiuto di tutti, le possibili soluzioni
Proviamo ad aggredirla questa crisi che vorrebbe portarsi via anche le migliori aziende agricole. Aggredirla conoscendola meglio e formulando proposte, mettendo in campo le idee, tirando per la giacca quanti hanno responsabilità.
Con la speranza che ognuno faccia la sua parte, secondo le proprie com-petenze. Nessuno escluso, anche Agronotizie, che da questo numero apre la rubrica ‘AgriCrisi’ descrivendo la situazione nella Ue e in Italia. Nelle prossime settimane AgriCrisi entrerà nel dettaglio degli altri com-parti produttivi.
E ogni volta finiranno sotto la lente di ingrandimento i punti critici che fanno questa crisi più pesante del dovuto. Non tutti saranno d’accordo con le tesi che di volta in volta andremo a sostenere. E’ per questo che invitiamo chi ci legge ad esprimere la propria opinione, anche critica, in Agri-Forum.
Intanto ecco il programma dei prossimi appuntamenti:
• Il settore lattiero caseario• Cereali e dintorni• I mezzi di produzione• Le carni• Il comparto ortofrutticolo• Le macchine agricole
Buona lettura.
5
torna all’indice
16 Febbraio 2010Angelo Gamberini
Troppe divisioni agitano il mondo agricolo, incapace di definire una strategia per il futuro
I soldi non bastano, serve un progetto
Angelo Gamberini
I soldi della Finanziaria
(in milioni di euro)
Fondo solidarietà 877
Programmi Mipaaf 100
Agevolazioni contributive 120
Promozione Dop 10
Come si distribuiscono (%) gli utili
lungo la filiera
(fonte: elaborazioni Nomisma su dati Istat,
Eurostat, Aida)
Agricoltura 23,33
Industria alimentare 36,67
Commercio ingrosso 13,33
Distribuzione a libero servizio 10
Dettaglio tradizionale 3,34
Ristorazione 13,33
Tutti le produzioni agricole dello Stivale sono alle prese
con una crisi difficile da arginare
16 Febbraio 2010
AgriCrisi - I soldi non bastano, serve un progettoTroppe divisioni agitano il mondo agricolo, incapace di definire una strategia per il futuro
E' opinione comune che le crisi portino con sé anche benefici, sgombrando il campo
dalle aziende meno efficienti e meno strutturate, lasciando a quelle rimaste spazi di
crescita e nuove opportunità. Questa volta non è così. Perché la crisi dell'agricoltura è
figlia della più ampia e generalizzata crisi dell'economia mondiale, che distoglie
risorse, impone strette creditizie, riduce i consumi. Una tempesta che travolge
anche le aziende migliori, non solo quelle inefficienti. In Lombardia, regno delle
migliori stalle da latte d'Italia, il 2009 si è portato via 180 aziende zootecniche sulle
5000 presenti. Ma è solo un esempio. Perché in Italia, rispetto all’ultimo censimento
del 2000, hanno chiuso i battenti 500mila aziende agricole. E la crisi se ne potrebbe
portare via altrettante.
Gli interventi
Che fare? L'attenzione di tutti è andata a Bruxelles e alle politiche di sostegno messe
in campo dalla Ue attraverso i Psr (programmi di sviluppo rurale), ma il loro compito
non è quello di risolvere le crisi. Gli allevatori sono anche andati a protestare sotto le
finestre del palazzo Berlaymont, sede della Commissione europea (ricordate il latte
versato per strada a fine 2009?) e hanno ottenuto 300 milioni (ma all'Italia ne sono andati solo 23). Poi gli aiuti “de minimis”, i
15mila euro per azienda che Bruxelles ha autorizzato a spendere da parte dei singoli Stati. In Italia si è rifinanziato fra molte polemiche
il Fondo di solidarietà (serve a pagare le assicurazioni) che dispone di 870 milioni di euro per tre anni. Si è parlato della
fiscalizzazione degli oneri sociali, del finanziamento per i contratti di filiera e via elencando.
Complessivamente in Finanziaria sono stati stanziati un miliardo e 115 milioni da destinare
all'agricoltura. Ora si attende di vedere attuati tutti gli interventi previsti, orientati nella maggior
parte dei casi a dare sollievo, quando possono, al portafoglio degli agricoltori, ma che non
cambiano lo scenario nel quale gli agricoltori devono operare. Pochi o del tutto assenti i nuovi
progetti di aggregazione dell'offerta, di orientamento dei mercati, di governo delle produzioni, di
interventi nella politica distributiva, di sviluppo dell'export che non sia episodico, oggi un
formaggio, domani un vino.
Divisi si perde
Stupisce invece vedere il mondo agricolo, quello chiamato a fare scelte in nome e per conto degli agricoltori, accapigliarsi sull'eterno e
falso problema degli Ogm (li mangiamo, ma non li produciamo). Come stupisce che qualche opinionista voglia vedere nel panino
globale per eccellenza (quello di McDonald's) farcito con prodotti made in Italy un attentato alla nostra agricoltura. I problemi sono
altri. E sono “dentro” il mondo agricolo, non fuori. Prendiamo l'organizzazione della filiera con il mito del chilometro zero o i farmers
market e i distributori di latte, argomenti che vanno tanto di moda. Molte energie per vendere si e no il 3 o il 5% della produzione.
Quando oltre il 90% è in mano ad altri.
Invertire queste percentuali è un sogno impossibile, ma qualcosa si può fare per orientare e
governare la produzione (per favorire equilibrio del mercato) e poi per concentrare l'offerta. Solo
cinque centrali di acquisto riescono a rifornire tutta la grande distribuzione organizzata.
Ma nemmeno una di queste è in “mano” all'agricoltura. Ne mai potrà avvenire sino a quando gli
agricoltori affideranno la cura dei loro interessi a quattro diverse sigle sindacali. Neanche a
dirlo in perenne disaccordo fra loro. Forse bisognerebbe iniziare da qui. Si prenda, per fare
un esempio, il mondo industriale con il suo unico sindacato, Confindustria. Certo, si litiga anche
lì, ma a porte chiuse. Poi tutti fuori, a dire la stessa cosa, a chiedere gli stessi interventi, a
pretendere le stesse politiche, senza voci fuori dal coro. E i risultati, in molti casi, ci sono.
Trovi qui la rubrica "AgriCrisi" - Se desideri, esprimi la tua opinione su Agri-Forum!
Stampa • Invia ad un amico • OkNotizie • Segnalo • Wikio • Del.icio.us
AGRONOTIZIELe novità per l'agricoltura
by Image Line s.r.l.
Attualità
© copyright 2010 Image Line S.a.s. e fonti indicate - P.IVA IT 02075310397 - Disclaimer - Termini e condizioni - PrivacyIscrizione nel Registro della Stampa del Tribunale di Ravenna al n° 1242 del 25/11/2004
® marchi registrati Image Line s.r.l. 1990-2008
Mostra debug
6
torna all’indice
16 Febbraio 2010Angelo Gamberini
Solo l’Ungheria peggio di noi in quanto a caduta del reddito degli agricoltori
Italia agricola maglia nera della Ue
Angelo Gamberini
Palazzo Berlaymont a Bruxelles, sede della Commissione
europea
Fonte: Stuart Chaimers
16 Febbraio 2010
AgriCrisi - Italia agricola maglia nera della UeSolo l'Ungheria peggio di noi in quanto a caduta del reddito degli agricoltori
Il 2009 si è portato via una bella fetta del reddito degli agricoltori. Colpa della
flessione dei prezzi all'origine che si è trascinata dietro una caduta della produzione,
più o meno significativa a seconda dei diversi settori. Una crisi, questa dell'agricoltura,
che ha coinvolto salvo rare eccezioni tutti i paesi della Ue e l'Italia è fra i più
penalizzati. Lo dicono i numeri diffusi da Eurostat, l'istituto europeo di analisi
statistiche, che a proposito dell'agricoltura indica con un -12,2% la caduta del reddito
nei 27 paesi europei. Da questo dato medio si discosta l'Italia, dove il reddito degli
agricoltori è precipitato del 25,3%. Peggio di noi solo l'Ungheria (- 35,6%) mentre
all'opposto troviamo il Regno Unito che in controtendenza fa segnare per i suoi
agricoltori un aumento del reddito del 14,3%. Insomma, la crisi non è uguale per
tutti...
Colpa dei prezzi
Responsabile di questa caduta del reddito è l'andamento dei mercati con prezzi in
flessione su tutte le produzioni agricole il cui valore, riferisce sempre Eurostat, è
calato complessivamente del 10,9% coinvolgendo in misura maggiore le produzioni vegetali (- 13,2%) rispetto a quelle animali (- 9,7%).
Qualche dettaglio sulla caduta dei prezzi nei diversi settori aiuta a comprendere la profondità di questa crisi. Nel settore delle produzioni
vegetali emerge il dato negativo dei cereali con prezzi scesi del 27,5%. A seguire troviamo le colture industriali con un meno 15,6%
e poi l'olio d'oliva con meno 14,7%. Chiude questa graduatoria in negativo il settore frutticolo con un meno 12,3%. Prezzi in calo e
conseguente riduzione delle produzioni che per l'olio d'oliva sono calate dell'8,9% e del 4,9% per i cereali. Minori produzioni che
hanno contribuito a far precipitare verso il basso il valore complessivo di questi settori.
Non è andata meglio per il comparto zootecnico. Il prezzo del latte è calato del 20,3%, le carni suine sono scese del 4,2% e quelle
bovine dell' 1,8%. Stabili invece le produzioni, con l'eccezione delle carni bovine che si sono ridotte del 2,9%.
L'esame dei costi di produzione parla di una sensibile diminuzione, in parte legata alla riduzione delle produzioni e non solo ad un reale
calo dei costi. Le stime di Eurostat evidenziano una flessione del prezzo dei mangimi (-14,1%) e dell'energia (-12,5%), mentre la
diminuzione dei costi per i fertilizzanti (-14%) è legata alla flessione degli impieghi.
I numeri dell'Italia
Già si è fatto cenno alla difficile situazione dell'agricoltura italiana, confermata dalle analisi di Ismea sull'andamento dei primi nove mesi
del 2009. Impietose le cifre che indicano un crollo del valore aggiunto delle produzioni agricole pari al 5%. Un risultato sul quale
hanno pesato la caduta dei prezzi all'origine (-12,4%) e la flessione delle produzioni agricole (-3,2%). Più in dettaglio, la crisi ha colpito
con più insistenza il comparto vegetale la cui produzione è calata del 4,3%, mentre il settore zootecnico si è fermato a quota –
1,2%. Le maggiori cadute produttive si registrano per il frumento (-25,7%) e per il mais (-21,8%). E mentre la parte iniziale della
filiera agricola (cioè la produzione) è in forte sofferenza, le altre componenti della stessa filiera (trasformazione e distribuzione)
godono di miglior salute grazie a prezzi costanti o persino in aumento. Emblematico il caso della pasta, con l'intervento dell'Antitrust e
le multe nei confronti dei produttori. Se già in passato la catena del valore nelle produzioni agroalimentari penalizzava la componente
agricola, questo squilibrio si è fatto ora ancor più evidente. Un ulteriore prova, semmai ve ne fosse bisogno, della fragilità strutturale
della nostra agricoltura.
Variazione percentuale del reddito agricolo e dei prezzi di alcuni prodotti in Italia e nella Ue (Fonti: Eurostat, Ismea, Coldiretti)
Ue Italia
Reddito agricolo -12,2 -25,3
Cereali -27,5 -28,2
Frutta -12,3 -13,4
Latte -20,3 -11,4
Olio -14,7 -13,2
Trovi qui la rubrica "AgriCrisi" - Se desideri, esprimi la tua opinione su Agri-Forum!
Stampa • Invia ad un amico • OkNotizie • Segnalo • Wikio • Del.icio.us
AGRONOTIZIELe novità per l'agricoltura
by Image Line s.r.l.
Attualità
© copyright 2010 Image Line S.a.s. e fonti indicate - P.IVA IT 02075310397 - Disclaimer - Termini e condizioni - PrivacyIscrizione nel Registro della Stampa del Tribunale di Ravenna al n° 1242 del 25/11/2004
® marchi registrati Image Line s.r.l. 1990-2008
Mostra debug
7
torna all’indice
23 Febbraio 2010Angelo Gamberini
Non basta il prezzo per salvare il latte italiano
Il ‘made in Italy’ può essere la risposta alle tensioni sui mercati internazionali, ma bisognaorganizzarsi
Angelo Gamberini
Dieci anni di prezzo del
latte (sintesi da Clal)
Anno Euro q.le
2001 36,65
2002 35,13
2003 33,96
2004 33.83
2005 33,76
2006 32,07
2007 34,45
2008 39,48
2009 32,30
2010 33,16
Il prezzo del Parmigiano Reggiano e del Grana Padano
(euro/kg – sintesi da Clal)
2008 2009 2010 (febbraio)
Parmigiano Reggiano 7,59 7,34 8,54
Grana Padano 6,64 6,33 6,71
Se la competizione è basata
sul prezzo, per il latte
italiano la partita è persa.
Meglio puntare sulla
tracciabilità, magari unendo
le forze
Fonte: foto ag
23 Febbraio 2010
AgriCrisi - Non basta il prezzo per salvare il latte italianoIl 'made in Italy' può essere la risposta alle tensioni sui mercati internazionali, ma bisogna organizzarsi
Partiamo da lì, dall’accordo sul prezzo del latte in Lombardia, siglato fra allevatori e industrie del settore
l’11 gennaio dopo tormentate trattative. Un accordo importante, che fa da guida per tutta Italia (in
Lombardia si produce il 40% di tutto il latte italiano) e che stabilisce sino al prossimo giugno un prezzo di
33,156 centesimi al litro (più iva e premi di qualità). Molto secondo le industrie, poco, troppo poco,
secondo gli allevatori. Prima di discutere dove sta la ragione (sempre che ce ne sia una…), facciamo un
passo indietro per meglio comprendere come si sia arrivati a stabilire questo prezzo e perché sia stato così
difficile raggiungere un compromesso che parrebbe non accontentare nessuno.
Il prezzo del latte
Bisogna risalire sino alla fine del 2007, periodo durante il quale il settore lattiero caseario ha visto le prime
avvisaglie dei radicali cambiamenti che lo attendevano. Nei magazzini della Ue si erano azzerate le scorte
di latte in polvere e quelle di burro erano ai minimi storici. Cresceva la “fame” di latte mentre le
importazioni dalla Nuova Zelanda, tradizionale fornitore della Ue, subivano una contrazione. Un “mix” ideale
per favorire la salita del prezzo del latte che dai 32,80 centesimi al litro del gennaio 2007 “schizzava” ai 38
di ottobre.
Una corsa che non si fermava nemmeno l’anno successivo, il 2008, dove
raggiungeva quota 42 centesimi per poi attestarsi sui 38,09 centesimi. Tutti
contenti, ma ancora non si era ben compreso quali fossero le tensioni che si
andavano agitando sul mercato internazionale del latte, prossimo ad essere fagocitato nel tormentato
mare delle speculazioni finanziarie, al pari di altre commodities agricole, complice anche l’approssimarsi
della crisi economica mondiale.
Lo scenario mondiale
Cambiava anche lo scenario produttivo, con la Nuova Zelanda che tornava ad essere protagonista
nell’export verso la Ue, i magazzini comunitari che tornavano ad avere scorte di burro e latte in polvere. E
i magazzini dei nostri “grandi” formaggi, Parmigiano Reggiano e Grana Padano, stracolmi di prodotto.
Ancora una volta un “mix” ideale per rivoluzionare il mercato, ma verso il segno meno. E così è stato
per tutto il 2009, con i prezzi del latte che già nel gennaio iniziavano a scendere a 36 centesimi al litro per
continuare la discesa sino a 30 centesimi. Solo a fine 2009 qualche timido segnale di ripresa, sull’onda del
quale gli allevatori sono riusciti a “strappare” l’accordo siglato a gennaio di quest’ anno. Che non
accontenta, come detto, nessuno. Non piace alle industrie, che guardano al latte ungherese o della
Repubblica Slovacca, che quota appena 21 centesimi al litro e vorrebbero tanto utilizzare solo quello. Con il quale, però, non si fa
Grana Padano e nessuno degli altri formaggi Dop. E nemmeno latte di alta qualità. Al massimo un latte a lunga conservazione. Oppure
uno dei tanti formaggini senza storia e senza sapore che affollano gli scaffali della distribuzione organizzata. E per quelli non c’è
nemmeno bisogno del latte. Va bene anche una poco costosa cagliata, magari congelata e importata dall’altra parte del mondo,
dove costa ancor meno. Tanto non c’è obbligo di indicare la provenienza in etichetta. Almeno per il momento.
Un mercato volatile
Intanto gli allevatori sono consapevoli che il prezzo del latte sui mercati internazionali è sempre più volatile, può salire e scendere per le
motivazioni più disparate. Un clima troppo piovoso o siccitoso in Nuova Zelanda, un aumento dei consumi di formaggi nei paesi dell'Est,
un sobbalzo del rapporto fra dollaro ed euro e sono solo alcuni esempi, possono creare una “tempesta” sul mercato mondiale del
latte. Difficile prevederlo, impossibile governarlo. Se non mettendo al “sicuro” la produzione italiana di latte, quella destinata ai prodotti
di qualità. Per farlo serve un'etichetta più trasparente, con l'indicazione dell'origine delle materie prime. L'Italia lo ha già proposto
e si attende il responso di Bruxelles. Ancor prima gli allevatori si sono dati da fare e hanno inventato Italialleva, un marchio a garanzia
della provenienza e qualità dei prodotti creato da Aia (Associazione italiana allevatori) per dare sicurezza ai consumatori.
Molto il lavoro fatto, basta ricordare gli accordi con il Consorzio latterie Virgilio,
con il gruppo di vendita all'ingrosso Metro, per citare i più importanti. C'è poi
“Itala” il marchio messo a punto da Unalat (unione delle associazioni dei
produttori di latte) che ha finalità analoghe, contrassegnare il latte 100%
italiano e di qualità. Entrambe iniziative lodevoli, ma che scontano il “peccato
originale” della nostra agricoltura, sempre troppo divisa. Unalat e Aia
potrebbero, anzi dovrebbero, lavorare in perfetta sintonia. Ciò non accade e il
marchio Itala o quello Italialleva non “sfondano” sugli scaffali della grande
distribuzione, se non in aree ristrette. E agli allevatori non resta che sperare in una risposta positiva da Bruxelles sul tema delle etichette
trasparenti. Speranze che secondo molti andranno deluse.
Stampa • Invia ad un amico • OkNotizie • Segnalo • Wikio • Del.icio.us
AGRONOTIZIELe novità per l'agricoltura
by Image Line s.r.l.
Zootecnia
© copyright 2010 Image Line S.a.s. e fonti indicate - P.IVA IT 02075310397 - Disclaimer - Termini e condizioni - PrivacyIscrizione nel Registro della Stampa del Tribunale di Ravenna al n° 1242 del 25/11/2004
® marchi registrati Image Line s.r.l. 1990-2008
Mostra debug
8
torna all’indice
23 Febbraio 2010Angelo Gamberini
Una politica di alleanze fra i Consorzi di tutela dei prodotti Dop potrebbe mettere il settore al riparo dalle turbolenze dei mercati mondiali
Dai formaggi la risposta ai problemi del latte
Angelo Gamberini
Dove va il latte italiano
Latte destinato alla caseificazione 73.30%
Latte alimentare 19.80%
Formaggi Dop (1) 48.60%
Parmigiano Reggiano - Grana Padano (2) 68.80%
(1) Quota del latte destinato alla caseificazione (2)
Quota dei formaggi Dop
I formaggi Dop rappresentano una delle più importanti
destinazioni del latte prodotto in Italia
Fonte: foto ag
23 Febbraio 2010
AgriCrisi - Dai formaggi la risposta ai problemi del latteUna politica di alleanze fra i Consorzi di tutela dei prodotti Dop potrebbe mettere il settore al riparo dalle turbolenze dei mercati mondiali
In Italia si producono circa 11 milioni di tonnellate di latte, destinate per la maggior
parte (oltre il 73%) alla trasformazione casearia. A farla da padrone sono i due grandi
formaggi della tradizione italiana, il Parmigiano Reggiano e il Grana Padano che da soli
rappresentano oltre il 60% della produzione complessiva di formaggi Dop. E quando
il prezzo di questi formaggi crolla, trascina con sé anche il prezzo del latte.
Inevitabile. Se poi ci si mette una difficile congiuntura internazionale, come accaduto
per quasi tutto il 2009, l'effetto è disastroso. Una spirale al ribasso che si è interrotta
solo negli ultimi mesi del 2009 e che è proseguita anche in questo inizio di 2010.
La produzione
Uno sguardo ai numeri della produzione (interessante a questo proposito la tabella
pubblicata da Clal) mette in evidenza la costante crescita che si è registrata dal
2000 al 2005, anno nel quale il Parmigiano Reggiano ha prodotto oltre 3 milioni di
forme.
Poi entrate in stagionatura e
commercializzate dopo i canonici 12 o 24 e più mesi. Un aumento che il mercato interno
non è stato in grado di assorbire e che non ha trovato nell'export una adeguata
valvola di sfogo. E i prezzi hanno iniziato a scendere. Il Grana Padano ha seguito lo
stesso percorso. Crescita costante dal 2000 al 2005 quando la produzione ha toccato
quota 4,4 milioni di forme prodotte, poi una lenta discesa e un nuovo balzo in avanti nel
2008 quando la produzione è tornata a sfiorare il record del 2005. Non si poteva
scegliere momento peggiore.
Prezzi a precipizio
Il crollo dei prezzi è stato traumatico, al di sotto dei costi di produzione e ha contribuito ad appesantire, se possibile, anche i problemi
del “cugino” Parmigiano Reggiano. Per tutto il 2009 le quotazioni del Grana “giovane” si sono bloccate sotto i 6 euro al chilo e quelle del
Parmigiano appena sopra i 7 euro. Prezzi che non lasciano margini ai caseifici e che non consentono di pagare il latte per
quanto vale. E così precipita anche il prezzo del latte, per tutto il 2009 a quota 30 centesimi al litro. Meno di quanto costa produrlo. Gli
studi del Crpa e riportati da Clal dicono infatti che produrre un litro di latte da destinare a Grana Padano (o a latte alimentare) costa
almeno 51,97 euro al quintale. Costi che salgono a 57,97 per quintale se il latte è quello che serve per produrre Parmigiano Reggiano. E
nemmeno il sostegno economico della Ue è sufficiente a far quadrare i conti degli allevamenti, che restano in perdita.
Il piano anticrisi
Ora il prezzo dei formaggi è in aumento e Assolatte e allevatori si sono accordati per fissare a 33,156 centesimi il prezzo del litro di latte
almeno sino al prossimo mese di giugno. Ma dalla crisi non siamo certo fuori. La ripresa delle quotazioni di Grana Padano e di
Parmigiano Reggiano è modesta e può arrestarsi se verranno a mancare i fattori che hanno consentito questa piccola ripresa. Già
dall'inizio del 2009 è infatti scattato il piano anticrisi studiato dal Mipaaf, il cui punto centrale è stato il ritiro dal mercato di 200mila
forme da destinare agli indigenti. A queste si sono aggiunte le forme che gli stessi consorzi di tutela hanno sottratto dal mercato per
destinarle alle promozioni sui mercati esteri. Un alleggerimento del mercato al quale ha contribuito in modo importante anche il calo
della produzione. Il tutto è arrivato in un momento di contrazione della produzione mondiale di latte che ha fatto da “enzima” ideale
per una risalita dei prezzi.
Le prospettive
Quanto durerà questa stagione favorevole e dove ci condurrà? Difficile se non impossibile prevederlo, ma l’esperienza di questi difficili
mesi ha lasciato il segno. I due Consorzi di tutela sono impegnati nell’evitare spinte produttive, anche se mancano gli strumenti per
un controllo realmente efficace. Forte anche l’impegno per sviluppare le esportazioni, una valvola di sicurezza indispensabile, tenuto
conto che il mercato interno difficilmente potrà crescere. Un gioco di “equilibrio” difficile e che dovrebbe vedere i due Consorzi
impegnati all’unisono anziché rivali impegnati a contendersi spazi di mercato, come avvenuto sino a ieri. E questa è forse la sfida più
difficile…
Stampa • Invia ad un amico • OkNotizie • Segnalo • Wikio • Del.icio.us
AGRONOTIZIELe novità per l'agricoltura
by Image Line s.r.l.
Zootecnia
© copyright 2010 Image Line S.a.s. e fonti indicate - P.IVA IT 02075310397 - Disclaimer - Termini e condizioni - PrivacyIscrizione nel Registro della Stampa del Tribunale di Ravenna al n° 1242 del 25/11/2004
® marchi registrati Image Line s.r.l. 1990-2008
Mostra debug
9
torna all’indice
Crollo dei prezzi, mercati in altalena e incertezza su cosa seminare. Un caos reso ancora più gravedall’assenza di progetti di filiera
Cereali e foraggere in agonia
Angelo Gamberini
Prezzo di alcuni prodotti vegetali
(settima settimana 2010 - da Ismea)
ColturaPrezzo
(euro/tonn.)
Variazione
% su anno
precedente
Riso (Arborio) 413,13 -19,19
Mais (ibrido
nazionale)141,9 9,91
Orzo (varietà
nazionale)136,88 -1,67
Frumento tenero
(buono
mercantile)
142,18 -8,3
Frumento duro
(mercantile)142,42 -28,52
Variazione percentuale della superficie
investita per tipo di coltivazione -
Annata agraria 2009-2010 su 2008-
2009 (sintesi da Istat)
Coltivazione Variazione (%)
Frumento tenero 1,1
Frumento duro 4,1
Orzo -14
Avena -6,2
Mais da granella -4,4
Sorgo -33,2
Riso 2,1
Colza -3,8
Girasole -15,1
Soia 2,4
Le analisi Istat indicano un aumento delle superfici a
frumento. Ma potrebbe non essere così.
Fonte: CoreForce
02 Marzo 2010
AgriCrisi - Cereali e foraggere in agoniaCrollo dei prezzi, mercati in altalena e incertezza su cosa seminare. Un caos reso ancora più grave dall'assenza di progetti di filiera
Possono dirsi soddisfatti gli agricoltori che in Emilia Romagna sono riusciti a firmare accordi
con Barilla per la produzione di grano duro a 220 euro la tonnellata. E in altre Regioni, come
riferito da Agronotizie, si sono siglati accordi per prezzi persino più alti. Va male invece, e
molto, per tutti gli agricoltori che non potendo fare riferimento ad accordi di filiera devono
confrontarsi con il mercato. Un mercato che sin dallo scorso anno fa registrare record negativi,
con il prezzo del frumento duro, varietà mercantile, che è precipitato in questi giorni a
142 euro per tonnellata. Cifre che sono del 28,5% più basse di quelle di 12 mesi prima. E non
va meglio nemmeno per il tenero, le cui quotazioni sono scese dell'8,3% per fermarsi a quota
142,18 euro tonnellata per la varietà buono mercantile. In flessione, sebbene più
contenuta, anche le quotazioni di orzo e avena, che si assestano rispettivamente sui 140
e sui 155 euro per tonnellata. Male anche il riso, con quotazioni in ripresa nelle ultime
settimane per l’Arborio (413 euro tonnellata), ma ancora molto al di sotto (-19,19%) rispetto
ad un anno prima. Qualche segnale positivo arriva solo dal mais, il cui prezzo sta
mostrando qualche segnale di recupero con quotazioni prossime ai 142 euro e superiori del
9% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno.
Intenzioni di semina
Cosa sta accadendo sui mercati? Nulla di nuovo, verrebbe da dire. Sono gli effetti di un mercato sempre più internazionale e sul quale non di rado si
ripercuotono speculazioni che poco hanno a che vedere con le regole della domanda e dell'offerta. E in queste condizioni è quanto mai difficile
decidere su cosa puntare.
E’ allora interessante prendere in esame il recente lavoro svolto da Istat sulle intenzioni di semina degli
agricoltori italiani. Si tratta di un’indagine svolta su un campione di 7.680 aziende (quelle che coltivano
seminativi sono 700mila) dal quale emerge che sono in aumento le superfici destinate a frumento e
riso, mentre sono in calo le destinazioni a foraggere ed oleaginose. Più in dettaglio Istat registra per
l’annata agraria 2009/2010 un aumento per il frumento duro (+4.1%, con punte più alte al Sud) e per
quello tenero (+1.1%, specie nelle aree del Nord ). Significativo anche l’aumento del 2,1% delle superfici
destinate a riso, una scelta sulla quale ha pesato il buon andamento della scorsa campagna. Calo vistoso
per tutte le foraggere, a iniziare dal mais da granella che scende del 4,4%, ma ben più pesante è la
caduta del sorgo che nelle proiezioni di Istat dovrebbe crollare del 33,2%, seguito dall’orzo (-14,0%) e
dall’ avena (-6,2%). Stessa sorte per il girasole la cui coltivazione scende del 15,1% e della colza in
flessione del 3,8%. In controtendenza la soia con un + 2,4% motivato con tutta probabilità dalla difficoltà a
reperire sui mercati internazionali prodotto non Ogm, che invece è richiesto per molte produzioni certificate.
Chi ha scommesso sulla soia conta dunque di spuntare buoni prezzi anche per questo motivo.
C’è chi dice no
Assosementi, l’associazione che riunisce le industrie sementiere nata dall'unione fra Ais e Assoseme, si è
detta incerta per queste previsioni di Istat, ritenendo sottostimata la crescita della soia, che dunque
potrebbe crescere oltre il 2,4% stimato da Istat. Mentre per il frumento e in particolare per il duro gli
operatori del sementiero sono propensi a immaginare un calo degli investimenti, contrariamente a quanto parrebbero indicare le analisi di Istat che
prevedono invece una crescita.
Vedremo quali saranno gli esiti della campagna in corso per il frumento, mentre sin d’ora si può
prendere atto della caduta nelle coltivazioni foraggere. Seguendo le normali logiche del mercato ci
si dovrebbe aspettare un aumento delle quotazioni di queste colture, ma bisognerà fare i conti con
l’andamento sui mercati internazionali e sui flussi di importazione. Se aumento ci sarà potrà essere
salutato con favore dagli agricoltori, ma il rovescio della medaglia è un aumento del costo dei
mangimi. E con la zootecnia in fase preagonica non c’è da stare allegri.
Arriva la nuova Federconsorzi, ma…
Tutta da giocare è poi la partita sul fronte dei cereali. Se le analisi di Istat saranno confermate si potrà
avere un aumento delle produzioni di grano duro che andranno a vantaggio della qualità delle
trasformazioni industriali. Che dovrebbe portare benefici anche sui prezzi all’origine, ma questo è un
campo dove fare previsioni è un esercizio impossibile. Troppe le variabili in campo e poche le
certezze. Ben diversa la situazione se gli agricoltori potessero disporre di una struttura organizzata
nella quale concentrare l’offerta e fare pressione sul mercato con la forza dei numeri. Un
compito che avrebbero potuto svolgere egregiamente i Consorzi Agrari. Prima che venissero decimati. Ora
si vorrebbe far risorgere una sorta di Federconsorzi due. Una bella idea, ma è presto per farsi troppe
illusioni. In ballo ci sono gli 800 milioni che lo Stato deve ancora saldare alla vecchia Federconsorzi per
gli ammassi pubblici e che andrebbero in “dote” alla “nuova” Federconsorzi. Con il rischio che il progetto si
fermi qui, alla conquista della dote, appunto, che vede molti pretendenti. Sarebbe un peccato.
Stampa • Invia ad un amico • OkNotizie • Segnalo • Wikio • Del.icio.us
AGRONOTIZIELe novità per l'agricoltura
by Image Line s.r.l.
Vivaismo e sementi
© copyright 2010 Image Line S.a.s. e fonti indicate - P.IVA IT 02075310397 - Disclaimer - Termini e condizioni - PrivacyIscrizione nel Registro della Stampa del Tribunale di Ravenna al n° 1242 del 25/11/2004
® marchi registrati Image Line s.r.l. 1990-2008
Mostra debug
02 Marzo 2010Angelo Gamberini
10
torna all’indice
‘Cereali, contratti di filiera per uscire dallacrisi’
AgriCrisi - Intervista a Carla Corticelli, direttore di Unione Seminativi. ‘Il seme non certificato? Un rispar-mio apparente. Così si indebolisce la filiera’
02 Marzo 2010Paola Francia
Paola Francia
Carla Corticelli, direttore di Unione
Seminativi
02 Marzo 2010
'Cereali, contratti di filiera per uscire dalla crisi'AgriCrisi - Intervista a Carla Corticelli, direttore di Unione Seminativi. 'Il seme non certificato? Un risparmio apparente. Così si indebolisce lafiliera'
"La situazione di mercato, almeno a breve termine, resterà invariata. Con una produzione globale
che a inizio d'anno ha registrato nuovi record e stock elevati a livello mondiale (1.764 miliardi di
bushel a gennaio, ndr) è molto difficile pensare a una ripresa dei prezzi".
E' questa, in sintesi, l'analisi che Carla Corticelli, direttore di Unione Seminativi, traccia in
merito al difficile momento che il mercato dei cereali sta attraversando. Restano deboli le
quotazioni del frumento - con un andamento in calo -, così come quelle di mais e soia, a
delineare un quadro di stasi complessiva.
In ambito nazionale, poi, si registra una brusca frenata per il frumento duro, difficile da piazzare
soprattutto se di buona qualità. Un quadro che, per il direttore di Unione Seminativi, non sembra
destinato a cambiare, almeno nell'immediato.
"E' difficile fornire previsioni a medio termine - precisa Carla Corticelli che, sul futuro, si
mantiene cauta -. Troppe sono le variabili che possono influenzare il mercato: speculazioni,
dollaro, quotazioni del petrolio e andamento meteorologico. Non sarebbe realistico fare ipotesi di
medio-lungo periodo".
Se non pare possibile fare previsioni di prospettiva, una cosa è certa: uscire dalla crisi si deve. E,
soprattutto, si può.
Come?
"Attraverso la stipula di contratti di filiera con l'industria attraverso forme di aggregazione della componente produttiva - afferma
Corticelli -. Questi accordi non sono la panacea per tutti i mali, ma rappresentano una delle poche vie d'uscita alla difficile situazione
dei prezzi e del mercato nella quale ci troviamo".
Accanto alla creazione dei contratti di filiera, un punto importante riguarda la creazione di valore aggiunto.
"Si può puntare, in primis, sui prodotti ad elevato valore aggiunto, ad esempio relativi ad alcuni utilizzi per i cereali minori, come l'orzo
da bevanda o il farro - sottolinea il direttore -, investendo su prodotti con caratteristiche qualitative ben definite destinati ad alimenti
ad alto valore aggiunto".
L'obiettivo - è bene ricordarlo - è quello di rafforzare l'agricoltura italiana e di mantenere le produzioni cerealicole entro i confini nazionali
scongiurando il rischio del decentramento.
"Se smettiamo di coltivare cereali in Italia - avverte Corticelli - a cascata chiuderanno i centri di stoccaggio, con inevitabili ricadute
negative anche sui molini, a cominciare dall'aumento dei costi di trasporto. Al contrario è importante lavorare perché le filiere si possano
rafforzare in Italia e vengano valorizzate le nostre produzioni, con una riduzione delle quantità importate".
E, a proposito di tipicità e, più in generale, di qualità, fa discutere la decisione del Comitato tecnico permanente agricoltura della
Conferenza Stato-Regioni che in questi giorni ha espresso parere favorevole alla soppressione dell’obbligo di impiegare seme certificato,
per poter accedere ai contributi previsti dall’articolo 68 per il grano duro.
"Si tratta di una decisione che solo in apparenza porterà ad un immediato risparmio - stigmatizza Corticelli -. In realtà, la possibile
riduzione dell’impiego di seme certificato comporterebbe sicuramente difficoltà nell’assicurare la tracciabilità e la rintracciabilità, oltre ad
un probabile peggioramento quantitativo e qualitativo delle produzioni di frumento italiano, con ripercussioni per l’aumento delle
importazioni di granella estera e per il conseguente danno economico che subirebbero gli agricoltori, che potrebbero vedere le loro
produzioni ulteriormente penalizzate".
Stampa • Invia ad un amico • OkNotizie • Segnalo • Wikio • Del.icio.us
AGRONOTIZIELe novità per l'agricoltura
by Image Line s.r.l.
Vivaismo e sementi
© copyright 2010 Image Line S.a.s. e fonti indicate - P.IVA IT 02075310397 - Disclaimer - Termini e condizioni - PrivacyIscrizione nel Registro della Stampa del Tribunale di Ravenna al n° 1242 del 25/11/2004
® marchi registrati Image Line s.r.l. 1990-2008
Mostra debug
11
torna all’indice
09 Marzo 2010Donatello Sandroni
L’evoluzione tecnologica ha fatto sì che il valore economico rimanesse stabile anche a fronte dei cali nei volumi utilizzati
Mercato agrofarmaci: cala il volume, tiene ilvalore
Donatello Sandroni
Foto di un armadio per
l'immagazzinamento di
agrofarmaci, con disposizione
corretta dei prodotti
Fonte: Topps-life
09 Marzo 2010
AgriCrisi - Mercato agrofarmaci: cala il volume, tiene il valoreL'evoluzione tecnologica ha fatto sì che il valore economico rimanesse stabile anche a fronte dei cali nei volumi utilizzati
Quantità non vuol dire qualità. Un detto che vale in molte situazioni differenti. Non fa eccezione il mondo
dei mezzi tecnici per la difesa, il quale mostra uno spiccato trend al ribasso nelle quantità vendute
ma una discreta tenuta nel valore remunerato. Ciò grazie alla progressiva transizione operata nei
cataloghi aziendali, i quali si sono impoveriti di sostanze attive di vecchia concezione, caratterizzate da
dosi ettaro nell’ordine di alcuni chilogrammi, per arricchirsi di molecole più moderne, con dosaggi
compresi tra le poche decine e le poche centinaia di grammi per ettaro. Dal 1990 si è quindi registrato
un calo di quasi il 30% nel consumo nazionale di agrofarmaci, con un valore attuale intorno alle 100
mila tonnellate contro le circa 140 mila del 1990.
I dati economici 2008 delineavano un fatturato italiano di agrofarmaci che si collocava intorno ai 750
milioni di Euro, rappresentando circa il 3% del mercato mondiale e l’1,8% del fatturato globale della
chimica in Italia. Espresso in valore, perciò, il mercato italiano degli agrofarmaci è cresciuto del 31%
negli ultimi venti anni, passando dai 566 milioni di Euro del 1990 ai 750 milioni del 2008. Gran parte di
questo aumento è stato ovviamente determinato dal generale trend inflazionistico dell’economia
nazionale, ma un ruolo fondamentale l’ha giocato anche la graduale introduzione di prodotti innovativi
aventi prezzi unitari superiori. Questa combinazione ha permesso di mantenere alto il valore del
mercato, pur in presenza di una diminuzione dei quantitativi impiegati in campo. Nel 2009 il mercato
degli agrofarmaci si è mostrato in leggero calo, con i fungicidi diminuiti dell’1% rispetto al 2008,
mentre il segmento insetticidi ha mostrato una crescita del 6%. Questo incremento è derivato dalla
forte presenza di fitofagi su riso e mais, coltura sulla quale sono inoltre ripresi anche i trattamenti
geodisinfestanti con prodotti granulari a causa della sospensione dei concianti per le sementi. Forse a causa della decimazione di esteri
fosforici e carbammati, operata dalla revisione europea, è cresciuto anche il mercato dei piretroidi come pure l’uso di trappole a feromoni
e dei regolatori di crescita. Il mercato dei diserbanti ha invece registrato anch’esso un calo: circa il 2% in valore. L’aumento delle
superfici coltivate a mais e soia è stato infatti annullato dal vistoso calo delle superfici investite a cereali. Le previsioni per il 2010
suggeriscono quindi una certa prudenza, col pensiero a un mercato degli agrofarmaci tendenzialmente stabile. [Fonte dati: Agrofarma]
La problematica dei furti
C’è un argomento che merita un approfondimento a parte: quello dei furti. Da sempre esistiti, mostrarono grande espansione quando
giunsero sul mercato nuove formulazioni di scarso ingombro e alto costo unitario, come le solfoniluree per esempio. Facile quindi per i
ladri portare via un elevato valore con poca fatica. Dopo alcuni anni di flessione, in cui si è visto calare il volume rubato da 1,266
milioni di Euro del 2005 a 569 mila del 2007, nell’ultimo biennio si è assistito a una recrudescenza del fenomeno, il quale ha
riguadagnato i 700 mila Euro del 2008 per poi tornare a 1,2 milioni di Euro del 2009, valore pari allo 0,16% dell’intero fatturato del
mercato agrofarmaci. La metà dei furti registrati, otto su diciassette, si è verificato durante le fasi di trasporto e ha comportato un
danno di oltre 300 mila Euro. La Puglia detiene il triste primato in questo campo, dato che tutti gli otto furti “autostradali” sono
avvenuti nella regione garganica. Ma tra registrati e denunciati la cifra diverge anche di molto: molti rivenditori subiscono furti di
frequente, ma si limitano a denunciarli alle forze dell’ordine senza segnalarli alle proprie associazioni di categoria. Secondo Compag
infatti almeno il 4% dei rivenditori subisce annualmente furti di entità variabile. Furti i quali, a dispetto della bassissima percentuale sul
totale commercializzato, generano spesso anche turbative di mercato facendo circolare per tutto lo stivale merce a prezzi “strani”,
prezzi i quali vengono spesso presi come riferimento dagli utilizzatori finali, i quali di malavoglia sono disposti a pagare prezzi superiori a
quelli che circolano di provincia in provincia col passaparola ufficioso. Val bene ricordare, però, che se qualcuno ruba a monte è perché
c’è a valle chi poi compra la refurtiva. Per un rivenditore derubato, spesso, ce ne sono diversi che acquistano sottobanco senza porsi
troppi problemi sulla legalità della merce che viene loro offerta. Quando addirittura non si tratta di furti su commissione, come si
sospetta specialmente nei casi di grossi “colpi” che sono realizzabili solo dalla malavita organizzata. Forse la recente impennata dei
furti non è del tutto correlabile con la crisi che negli ultimi due anni ha afflitto l’agricoltura. Ciò non di meno, la sovrapposizione
temporale dei due fenomeni induce a pensare che un legame pur ci sia.
Stampa • Invia ad un amico • OkNotizie • Segnalo • Wikio • Del.icio.us
AGRONOTIZIELe novità per l'agricoltura
by Image Line s.r.l.
Attualità
© copyright 2010 Image Line S.a.s. e fonti indicate - P.IVA IT 02075310397 - Disclaimer - Termini e condizioni - PrivacyIscrizione nel Registro della Stampa del Tribunale di Ravenna al n° 1242 del 25/11/2004
® marchi registrati Image Line s.r.l. 1990-2008
Mostra debug
12
torna all’indice
09 Marzo 2010Donatello Sandroni
Il crollo dei prezzi lungo la filiera compromette pesantemente anche la domanda di prodotti per lanutrizione delle colture
Anoressia vegetale
Donatello Sandroni
AgriCrisi e fertilizzanti
09 Marzo 2010
AgriCrisi - Anoressia vegetaleIl crollo dei prezzi lungo la filiera compromette pesantemente anche la domanda di prodotti per la nutrizione delle colture
Seppur ne avrebbero fatto volentieri a meno, le colture sono state messe a dieta. Quando la
liquidità cala la prima tentazione che viene ai produttori è infatti quella di non fertilizzare,
illudendosi che, tanto, il suolo ha comunque un’inerzia di nutrienti capace di compensare
“almeno per un po’”.
Il prezzo che si paga per questa scelta è però solo rinviato nel tempo, poiché il risparmio di
oggi diventa perdita produttiva negli anni successivi. E gli interessi che si pagano in tal
caso sono pure cari. Purtroppo, i molti dubbi sui prezzi alla vendita dei propri raccolti
inducono gli agricoltori a risparmiare oggi, perché – ce lo ricorda Lorenzo il Magnifico – “di
doman non v’è certezza”. Come conseguenza della contrazione della domanda si è assistito
quindi a un crollo dei pezzi all’offerta. Per esempio, un fertilizzante classico per il grano
viene oggi venduto a circa un terzo rispetto al valore di un anno fa. Ciò potrebbe lasciar pensare a un incentivo agli acquisti, peccato
che nel frattempo anche i prezzi all’origine di molti prodotti agricoli, dai cereali alla frutta, siano anch’essi calati vistosamente. Questo
fattore ha condotto a ciò che in economia si chiama “deflazione”, un temutissimo fenomeno che si genera quando a un calo dei prezzi
corrisponda un’ulteriore calo dei consumi invece che una loro ripresa. In mezzo tra agricoltori e aziende produttrici, inoltre, stanno i
distributori: rivendite private, consorzi e cooperative. Molti di loro, a causa di questa discesa dei prezzi alla vendita, stanno addirittura
lavorando in perdita.
Nei loro magazzini langue invenduta della merce pagata anche 1.000 Euro a tonnellata, il cui prezzo attuale non supera però i
350/400 Euro la tonnellata. A queste condizioni appare dura accollarsi nuova merce e quando la clientela non compra si mette in crisi
l’intero sistema commerciale fino alla fonte: le aziende produttrici. Come in un domino cinese, quindi, ogni tassello che cade trascina
verso terra anche il tassello successivo. L’origine della crisi è in fondo tutta lì: manca redditività all’azienda agricola e quando le fonti
si asciugano, nessun fiume porta acqua al mare.
La seconda metà del 2009 ha visto cali nei consumi di concimi minerali, organici, organo minerali. Soprattutto queste ultime due
categorie appaiono in sofferenza, mentre il consumo degli ammendanti dovrebbe rimanere costante, andando in sostituzione proprio di
queste due ultime tipologie di prodotti. Per i concimi minerali il calo è stato meno vistoso grazie alle vendite di prodotti a base d’azoto, il
quale tra tutti i nutrienti è il fattore più limitante alle produzioni. Anche i prodotti a base di microelementi chelati, come pure quelli a
base organica con proprietà biostimolanti, hanno risentito di meno della crisi, dato che si impegnano su colture ad alto reddito.
Complessivamente, nel 2009 si stima un calo produttivo degli stabilimenti italiani di circa il 20% rispetto al 2008. [Fonte:
Federchimica]
Stampa • Invia ad un amico • OkNotizie • Segnalo • Wikio • Del.icio.us
AGRONOTIZIELe novità per l'agricoltura
by Image Line s.r.l.
Attualità
© copyright 2010 Image Line S.a.s. e fonti indicate - P.IVA IT 02075310397 - Disclaimer - Termini e condizioni - PrivacyIscrizione nel Registro della Stampa del Tribunale di Ravenna al n° 1242 del 25/11/2004
® marchi registrati Image Line s.r.l. 1990-2008
Mostra debug
13
torna all’indice
AgriCrisi - Intervista a Bartolomeo Pescio, presidente di Assofertilizzanti: ‘Siamo in una fase di assesta-mento. Ma i segnali positivi non mancano’
23 Marzo 2010Paola Francia
Fertilizzanti, aspettando la ripresa (d’autunno)che verrà
Paola Francia
Bartolomeo Pescio, presidente di Assofertilizzanti
23 Marzo 2010
Fertilizzanti, aspettando la ripresa (d'autunno) che verràAgriCrisi - Intervista a Bartolomeo Pescio, presidente di Assofertilizzanti: 'Siamo in una fase di assestamento. Ma i segnali positivi nonmancano'
"Rispetto alla crisi che ha colpito in modo severo il settore nel 2009, stiamo
attraversando una fase di assestamento che pare riportarci ai livelli di due anni fa. E'
realistico pensare ad una ripresa in vista dell'autunno".
E' tutta qui, nelle parole di Bartolomeo Pescio, presidente di Assofertilizzanti,
l'Associazione nazionale produttori di fertilizzanti che fa parte di Federchimica, la
fotografia in chiaroscuro di un settore - quello dei fertilizzanti, appunto - che nel 2009
ha visto crollare i consumi, sulla falsa riga di un risparmio apparente (oggi) che
rischia di trasformarsi in perdita produttiva (domani) per quegli agricoltori che in
mancanza di liquidità hanno preferito non fertilizzare.
I numeri parlano chiaro: una stima più che attendibile ci dice che i fertilizzanti di
origine minerale hanno subito un calo del 20 per cento e tra questi, i potassici (a
causa dei prezzi elevati) addirittura del 50, gli organici sono scesi del 10 per cento,
gli organo-minerali del 15. L'azoto, indispensabile com'è per le produzioni, in
proporzione ha tenuto.
"Nei primi mesi dell'anno le riduzioni si sono praticamente dimezzate - spiega Pescio - e ci stiamo avviando verso un generale
assestamento dei consumi. Del resto, siamo di fronte ad un processo di riequilibro per così dire fisiologico, dopo i vistosi sbilanciamenti
del passato. Non dobbiamo poi dimenticare che il nostro settore è legato a doppio filo all'agricoltura, e oggi anche l'agricoltore che
vorrebbe investire tende a preferire, per problemi di liquidità, un prodotto di bassa gamma: segnale inequivocabile della crisi che si è
abbattuta sul settore primario".
Ma qualcosa potrebbe cambiare, e in positivo. "Prevediamo per l'autunno una ripresa nell'impiego dei fertilizzanti - dice il presidente - e
per l'agricoltura in generale".
"I primi segnali - prosegue - li abbiamo sulle colture orticole, che hanno raggiunto prezzi accettabili. Mentre per quelle a pieno campo è
difficile pensare a valori più bassi di quelli attuali".
Quanto all'andamento dei prezzi delle materie prime, "siamo già di fronte ad un riequilibrio - sottolinea Pescio - con valori in linea, se
non inferiori, all'andamento storico".
La previsione, per il futuro, è di una "sostanziale stabilità tra domanda, offerta e capacità produttiva" con ricadute positive anche sulle
materie prime: azoto, fosforo e potassio, già riallineato verso il basso.
Assofertilizzanti partecipa, in qualità di socio fondatore, all'attività dell'Icqf, l'Istituto per il controllo della qualità dei fertilizzanti,
organizzazione con funzione di autocontrollo che punta a garantire la qualità dei prodotti delle aziende associate. "Le imprese che
aderiscono, e che rappresentano l'80 per cento del mercato - dice Pescio -, si sono date un codice di regolamentazione e i risultati fin
qui ottenuti sono più che soddisfacenti". Tre sono le condizioni necessarie ad assicurare la qualità di un prodotto: "il marchio giusto -
dice il presidente -, il rivenditore affidabile e un prezzo congruo". Come dire: diffidare di prodotti al ribasso e troppo "scontati".
Qualità sì, ma non solo. Lo sforzo imprenditoriale per uscire dalla crisi passa anche per l'innovazione. "Di prodotto e tecnologica -
sottolinea Pescio -. Parliamo spesso di innovazione di prodotto, dimenticando l'innovazione tecnologica legata al prodotto. Tanto per
capirci: in Germania l'analisi del terreno è obbligatoria, da noi non solo non lo è, ma è anche poco diffusa.
In questo senso - conclude Pescio -, auspichiamo che la legislazione e la politica facciano la loro parte per sostenere l'agricoltore con
strumenti che accrescano la sua capacità di giudizio imprenditoriale e, di conseguenza, di innovazione. Le tecnologie per un'agricoltura
sostenibile non solo possono accelerare l'uscita dalla crisi, ma in prospettiva si rivelano strategiche per prevenirla".
Stampa • Invia ad un amico • OkNotizie • Segnalo • Wikio • Del.icio.us
AGRONOTIZIELe novità per l'agricoltura
by Image Line s.r.l.
Fertilizzanti
© copyright 2010 Image Line S.a.s. e fonti indicate - P.IVA IT 02075310397 - Disclaimer - Termini e condizioni - PrivacyIscrizione nel Registro della Stampa del Tribunale di Ravenna al n° 1242 del 25/11/2004
® marchi registrati Image Line s.r.l. 1990-2008
Mostra debug
14
torna all’indice
10 Marzo 2010Paola Francia
AgriCrisi - Intervista a Giovanni Rizzo, presidente di Agriteam, principale gruppo d’acquisto di mezzitecnici per l’agricoltura
‘Mezzi tecnici, un anno altalenante tra crisi del credito e incertezza normativa’
Paola Francia
Giovanni Rizzo, presidente di
Agriteam
10 Marzo 2010
'Mezzi tecnici, un anno altalenante tra crisi del credito e incertezza normativa'AgriCrisi - Intervista a Giovanni Rizzo, presidente di Agriteam, principale gruppo d'acquisto di mezzi tecnici per l'agricoltura
"Un 2009 altalenante, caratterizzato da un incremento dei prezzi delle specialità a fronte di un calo
delle commodity e fortemente condizionato dall'incertezza del quadro normativo". Si riassume così,
nelle parole di Giovanni Rizzo, presidente di Agriteam, il bilancio di un anno problematico per il
settore dei mezzi tecnici. Un anno a tinte fosche che ha investito l'intera filiera agroalimentare, da
monte a valle.
Rizzo guida una realtà che in italia rappresenta il principale gruppo d'acquisto di mezzi tecnici per
l'agricoltura, con un giro d'affari complessivo di 80 milioni di euro (60 'solo' di prodotti fitosanitari,
prezzi netti all'acquisto), nata 19 anni fa dalle ceneri del Cerac, realtà che seguì la stessa sorte delle
grandi organizzazioni nazionali dell'epoca, il fallimento.
Rispetto allo scorso anno, nel 2009 il fatturato ha fatto registrare una crescita del 13 per cento. La
quota di mercato di Agriteam a livello nazionale è parti all'8 per cento ma, se si considera che il gruppo
opera al Centro Nord, la percentuale in alcune province si avvicina o supera il 30 per cento. Quanto al
dato Griff (relativo alla vendita di agrofarmaci in Italia, ndr) l'incremento del valore si è attestato su un
più 3,3 per cento.
Il gruppo oggi conta su una base sociale di 12 soci, dieci dei quali rappresentati da Consorzi che a loro
volta controllano 135 cooperative - Carb e Cafer, tanto per fare qualche nome - tutte localizzate nell'area del Centro-Nord.
"Oltre agli associati veri e propri - spiega Rizzo - Agriteam stipula accordi annuali con una quarantina di distributori che operano
direttamente sul territorio nella zona del Trentino Alto Adige, Valtellina e Veronese".
Agriteam è inserita inoltre nella filiera agroalimentare e a pieno titolo: pur occupandosi solo di mezzi tecnici condivide la propria base
sociale con quella delle principali aziende di trasformazione (Valfrutta, Conserve Italia, Melinda, Orogel, solo per citarne alcune).
"L'agricoltore del nostro 'sistema' - dice Rizzo - può, pur nelle difficoltà del momento, trovare molte delle risposte necessarie per la sua
attività di imprenditore, partendo dalla messa a disposizione di mezzi tecnici a costi equilibrati per arrivare fino alla gestione delle
produzioni".
Tornando ai mercati, "il 2009 si è distinto per cambiamenti rapidi e, per così dire, improvvisi - prosegue Rizzo nella sua analisi -: si
pensi ad esempio al glifosate, sceso nel giro di breve sotto i tre euro. Molto ha pesato in senso negativo la volatilità del quadro
normativo che ha interessato molti prodotti, con la conseguenza che molte aziende, a causa dell'incertezza di continuità dei propri
marchi, hanno immesso sul mercato prodotti a qualsiasi condizione, falsando una fisiologica evoluzione del mercato".
Guardando al 2010, "a medio termine dobbiamo attenderci una sensibile diminuzione dei prezzi - anticipa Rizzo - soprattutto per quanto
riguarda le commodity".
Ma intanto, restano sul piatto una serie di problematiche, prima tra tutte quella legata al credito delle imprese agricole. E, più nello
specifico, alla liquidità.
"Tenuto conto che il valore delle produzioni, crollato su tutti i fronti nel 2009, ha pesantemente condizionato il mercato e continua a farlo
- dice il numero uno di Agriteam - come gruppo stiamo portando avanti la nostra azione a favore degli associati su un doppio fronte: sia
nei confronti degli istituti di credito, che verso i nostri soci, ad esempio con la creazione di linee di indirizzo sul costo del denaro".
C'è poi il fenomeno dei furti: secondo gli ultimi dati forniti da Agrofarma il mercato degli agrofarmaci illegali (ovvero: importazioni
illegali, furti e contraffazioni) supera i 30 milioni di euro, pari al 4 per cento del mercato complessivo.
"La piaga dei furti - spiega Rizzo - si ripete ormai da molti anni. Rilevo con piacere che il ministero della Salute abbia bloccato alcune
importazioni parallele di prodotti che in etichetta riportavano un sito di produzione inesistente. I controlli giocano un ruolo fondamentale
che mette al riparo dai rischi di importare in italia prodotti non registrati o provenienti da traffici illegali". Rizzo rileva poi che "le società
da qualche tempo a questa parte si sono dimostrate più sensibili al problema delle ricettazioni e delle clonazioni: solo attraverso l'azione
sinergica di produttori, mondo della distribuzione e forze dell'ordine è possibile far fronte a questo annoso problema".
Stampa • Invia ad un amico • OkNotizie • Segnalo • Wikio • Del.icio.us
AGRONOTIZIELe novità per l'agricoltura
by Image Line s.r.l.
Attualità
© copyright 2010 Image Line S.a.s. e fonti indicate - P.IVA IT 02075310397 - Disclaimer - Termini e condizioni - PrivacyIscrizione nel Registro della Stampa del Tribunale di Ravenna al n° 1242 del 25/11/2004
® marchi registrati Image Line s.r.l. 1990-2008
Mostra debug
15
torna all’indice
16 Marzo 2010Angelo Gamberini
Per gli allevamenti europei è impossibile competere senza i sostegni comunitari
Se Bruxelles chiude i rubinetti la carne bovinaè condannata
Angelo Gamberini
Un anno di prezzi di alcune categorie di bovini da
carne
Vacche Vitelli Vitelloni
marzo (2009) 1,10 3,51 2,13
aprile 1,11 3,54 2,09
maggio 1,13 3,42 2,07
giugno 1,09 3,37 2,05
luglio 1,08 3,45 2,02
agosto 1,12 3,56 2,03
settembre 1,04 3,65 1,98
ottobre 1,03 3,60 1,97
novembre 1,03 3,55 1,97
dicembre 1,03 3,66 2,01
gennaio (2010) 1,01 3,73 2,04
febbraio 1,03 3,74 2,04
marzo 1,05 3,16 2,02
Il patrimonio bovino in alcuni Stati
europei (000 capi - elaborazioni Ismea su
dati Eurostat)
2009
variazione
(% su 2008)
Germania 12945 -0,2
Francia 19369 -1,3
Regno Unito 10025 -0,8
Italia 6343 -1,8
Polonia 5700 -1,0
Spagna 5966 -7,4
Olanda 3950 1,5
I margini degli allevamenti sono erosi dalla crisi dei
prezzi e solo gli aiuti della Pac sostengono gli
allevamenti. Ma fino a quando?
Fonte: Ex_Magician
16 Marzo 2010
AgriCrisi - Se Bruxelles chiude i rubinetti la carne bovina è condannataPer gli allevamenti europei è impossibile competere senza i sostegni comunitari
Partiamo dai prezzi. In calo per tutto il 2009 e ancora oggi “congelati” a quota 2 euro
al chilo o poco più. Per gli allevamenti di bovini da carne la crisi si protrae da ormai
dieci anni, con una sola breve interruzione nel 2008. Giusto il tempo per tirare il
fiato prima di tornare con i conti ancora in rosso. Perché produrre un chilo di carne
bovina, come confermano le indagini del Crpa e gli studi di Smea, costa almeno 265
euro per quintale negli allevamenti del Veneto. E in Piemonte, regione di grandi
tradizioni in questo settore, i costi salgono sino a 307 euro per quintale. Come dire
che nemmeno i premi Pac riescono a rimettere ordine nei conti delle aziende
zootecniche che si dedicano all'allevamento di bovini da carne. Allevamenti che in
Italia hanno per di più caratteristiche del tutto particolari, che comportano costi di
produzione più elevati rispetto ad altri Paesi della Ue, come si può leggere in questo
stesso numero di Agronotizie.
Le previsioni
Difficile modificare il perimetro nel quale i nostri allevamenti di bovini da carne
saranno costretti a muoversi per ancora molto tempo. Un perimetro contraddistinto da una preoccupante contrazione dei consumi (-
2,1% in volume, nel 2008), compensata in parte dalla riduzione della produzione, scesa di 173mila tonnellate dal 2000 ad oggi.
Allargando lo sguardo alla Ue, il calo produttivo conseguente allo smantellamento
dei sostegni un tempo previsti dall'Ocm carne bovina dovrebbe continuare anche
in futuro, forse attenuato dai minori costi di alimentazione dopo il crollo dei prezzi di
cereali e foraggi. Al contrario si prevede un aumento della produzione di carne
bovina in Brasile, che dall'attuale 20,3% dovrebbe salire al 22,6% della produzione
mondiale. Si attende poi un consolidamento delle altre aree a forte produzione
collocate fra Asia, Oceania e Nordamerica.
Dunque meno carne in Europa, ma non nel resto del mondo, mentre le
preferenze del consumo si spostano sempre più verso altre carni, come quelle di suino
(al primo posto in Italia) e quelle avicole, che hanno ora superato quelle di bovino,
relegate così al terzo posto.
Attenti a Bruxelles
Questo lo scenario. Quali saranno le conseguenze sul prezzo? Ci vorrebbe la sfera di
cristallo e forse nemmeno disponendo di capacità divinatorie sarebbe possibile una
previsione. Meglio aggrapparsi a punti di riferimento certi. Da una parte la conferma
che senza il sostegno della Pac l'allevamento del bovino da carne in Italia (ma
anche negli altri Paesi Ue) non ha futuro.
Occorre dunque una ferma azione di indirizzo
sulle politiche agricole decise a Bruxelles,
che invece sono pericolosamente rivolte al
progressivo smantellamento della Pac. E' di
questi giorni la ferma presa di posizione del
presidente della Commissione Agricoltura
della Ue, Paolo De Castro, che ha ricordato
l'importanza dei sostegni comunitari
all'agricoltura. Alla sua voce si dovrebbe
aggiungere il sostegno di quanti hanno
responsabilità in tema di politica agraria nel
nostro Paese. C'è poi da fare un
importante lavoro sul fronte
organizzativo. Si prenda spunto dai risultati
conseguiti da alcune strutture associative,
come il Coalvi in Piemonte o l'Unicarve in
Veneto, che hanno puntato sulla
riconoscibilità del prodotto. Perché è pur vero che i consumi di carne si contraggono, ma è confermata la preferenza del consumatore
verso i prodotti che sanno certificare la loro provenienza. E questi stessi consumatori sono disposti a spendere qualcosa in più. Le
etichette, da sole, non bastano a risolvere la crisi della carne bovina, ma un aiuto possono darlo.
Stampa • Invia ad un amico • OkNotizie • Segnalo • Wikio • Del.icio.us
AGRONOTIZIELe novità per l'agricoltura
by Image Line s.r.l.
Zootecnia
© copyright 2010 Image Line S.a.s. e fonti indicate - P.IVA IT 02075310397 - Disclaimer - Termini e condizioni - PrivacyIscrizione nel Registro della Stampa del Tribunale di Ravenna al n° 1242 del 25/11/2004
® marchi registrati Image Line s.r.l. 1990-2008
Mostra debug
16
torna all’indice
16 Marzo 2010Angelo Gamberini
La scarsità di aree da destinare a pascolo ha condannato l’Italia a puntare sugli allevamenti intensivi.Molto efficienti, ma costosi
Perché la carne bovina in Italia costa di più
Angelo Gamberini
Produzione di carne delle principali specie di
interesse zootecnico (anno 2008 - fonte Istat)
000 tonn.
peso vivo
Variazione
su 2007
(%)
Valore
(milioni di
euro)
Variazione
su 2007
(%)
Bovini 1470 -2,7 3364 0,4
Suini 2009 1,1 2574 8,5
Pollame 1546 9,5 2382 5,0
Molta della carne bovina prodotta in Italia proviene da
animali giovani importati dall'estero e poi allevati nelle
stalle da ingrasso
Fonte: Dolphinpix
16 Marzo 2010
AgriCrisi - Perché la carne bovina in Italia costa di piùLa scarsità di aree da destinare a pascolo ha condannato l'Italia a puntare sugli allevamenti intensivi. Molto efficienti, ma costosi
Protagonista della filiera del bovino da carne è il vitellone, con 2,4 milioni di capi. Un
terzo di questi animali è rappresentato da animali importati in giovane età e poi
allevati in Italia per il resto della loro carriera produttiva, sino alle fasi conclusive
dell'ingrasso e del finissaggio. Gli altri due terzi sono rappresentati da soggetti nati in
Italia e provenienti per lo più da razze da latte e in misura minore da razze da carne.
Allevamenti a forte specializzazione, capaci di performance produttive di tutto
rispetto, ma spesso con scarsa disponibilità di terra e di foraggi. Aziende costrette a
ricorrere a fonti esterne per l'approvvigionamento di animali da ingrassare (per lo più
broutard francesi e “polacchi”) e per l'alimentazione. Alla produzione del vitellone si
affianca quella del vitello a carne bianca, settore nel quale l'Italia primeggia, e
quello delle vacche a fine carriera.
Gli allevamenti nel mondo
Nulla a che vedere con gli allevamenti del Sud America, con basse produzioni, enormi
superfici a disposizione e bassi costi di produzione. Un confronto è impossibile
anche con gli allevamenti intensivi degli Stati Uniti o del Canada con i loro grandi recinti all'aperto (feedlot). Difficile il raffronto anche
con gli allevamenti europei, dove l'allevamento del bovino da carne si affianca a quello delle vacche nutrici (per la produzione di
vitelli) e alla disponibilità di ampie superfici agricole destinate a colture foraggere e industriali.
Costi più alti
Diverse le tipologie di allevamento e diversi i costi di produzione, più alti in Europa rispetto agli Usa o al Brasile e più alti in assoluto in
Italia, colpa soprattutto del costo dei ristalli, come si definiscono i vitelli da avviare all'ingrasso. Il problema non è di oggi. Se ne
parla da tempo e molte le soluzioni via via proposte.
Tra un “piano carne” e l'altro (ne abbiamo perso il conto) con i quali si è tentato di
rispondere alle difficoltà della produzione di carne bovina in Italia, si è più volte
giocata la carta della “linea vacca-vitello”, un mix con il quale si è cercato di
aumentare la disponibilità di vitelli “made in Italy” e di recuperare le aree marginali di
collina e montagna. Con il risultato che le aree marginali sono rimaste tali, come
pure il numero dei vitelli, insufficiente. Si è anche provato ad aprire le importazioni
di vitelli dai paesi del Sud America, richiesta avanzata con forza e per lungo tempo
dalle associazioni degli importatori (Uniceb). Ma i vincoli sanitari e le difficoltà di
spostamento su grandi distanze hanno precluso questa strada come mezzo per
abbassare i costi dei ristalli. E l'Italia sarà ancora per molto tempo condannata a
spendere molto per approvvigionarsi di vitelli. Meglio tenerne conto
Stampa • Invia ad un amico • OkNotizie • Segnalo • Wikio • Del.icio.us
AGRONOTIZIELe novità per l'agricoltura
by Image Line s.r.l.
Zootecnia
© copyright 2010 Image Line S.a.s. e fonti indicate - P.IVA IT 02075310397 - Disclaimer - Termini e condizioni - PrivacyIscrizione nel Registro della Stampa del Tribunale di Ravenna al n° 1242 del 25/11/2004
® marchi registrati Image Line s.r.l. 1990-2008
Mostra debug
17
torna all’indice
Qualità scadente e prezzi bassi per conquistare il consumatore, ma intanto sono al tracollo gli allevamenti che producono suini pesanti, indispensabili per ottenere salumi di eccellenza
I prosciutti anonimi affondano la suinicoltura
Angelo Gamberini
I prezzi medi del 2009 (fonte Anas)
Categoria Piazza Prezzo Variazione su 2008 (%)
Suinetti Modena 2,903 13,6
90-115 kg Modena 1,344 -5,4
156-176 kg Mantova 1,220 -7,5
Il patrimonio suinicolo in alcuni Stati
europei (000 capi - elaborazioni Ismea su
dati Eurostat)
NazioneAnno
2009
variazione (% su
2008)
Germania 26887 0,7
Francia 14341 -2,1
Danimarca 12436 0,7
Italia 9234 -0,6
Belgio 6304 0,7
Romania 4805 -5,6
Regno
Unito4636 -1,7
Il patrimonio suinicolo italiano (stime
Anas su 2009)
000
capi
Variazione (%
su 2008)
Suini 12930 -0,8
Suini certificati
per Dop8600 -5,7
Import (suini
vivi)647 10,4
Tutta la suinicoltura italiana, unica in Europa, ruota
attorno al suino pesante
Fonte: Mostlysunny1
16 Marzo 2010
AgriCrisi - I prosciutti anonimi affondano la suinicolturaQualità scadente e prezzi bassi per conquistare il consumatore, ma intanto sono al tracollo gli allevamenti che producono suini pesanti,indispensabili per ottenere salumi di eccellenza
Della crisi del settore suinicolo se ne parla da tempo. Ancora non si sono smaltite le
conseguenze del 2008, anno in cui le difficoltà di mercato hanno raggiunto il loro
picco più alto, e già si ripropone una stagione non meno complicata. A iniziare dai
prezzi che anche nella prima settimana di marzo vedono penalizzati i suini pesanti. Le
quotazioni si sono fermate a 1,17 euro al chilo per gli animali di peso sino a 144 kg,
per salire a soli 1,25 euro al chilo per quelli di peso superiore ai 160 kg. Prezzi
talmente bassi che non coprono nemmeno i costi di produzione, valutati in circa
1,40 euro il kg. E le difficoltà di mercato sono confermate dalla mancata quotazione
su piazze importanti come Mantova e Parma e ancora più dalla mancata quotazione al
Cun (Commissione unica nazionale del settore suinicolo).
Dal Cun, lo ricordiamo, dipende il
mercato unico per il settore
suinicolo istituito dal ministero
dell'Agricoltura per rispondere alla
crisi del settore. Anche questo è il
segnale del “braccio di ferro” che da tempo vede contrapposti allevamenti e
industrie di trasformazione. I primi legittimamente fermi sulle loro richieste di un
prezzo capace di dare un margine, i secondi alle prese con la necessità di tenere
prezzi bassi nel timore di perdere fasce di consumo.
Il caso Italia
Sul difficile equilibrio fra allevamenti e industrie di trasformazione si gioca il destino della nostra suinicoltura, unica in tutta Europa ad
essere specializzata nella produzione del suino pesante (rappresenta gran parte della produzione italiana), l'unico dal quale si
possono ottenere, ad esempio, i prosciutti a marchio Dop.
Un settore che vale 2,3 miliardi di euro e che occupa almeno 130mila persone, il cui futuro
professionale è messo in forse da questa crisi, difficile da sconfiggere. Non è stato sufficiente
istituire il mercato unico nazionale e nemmeno spingere sulle carni del Gran Suino Padano la
cui Dop è ancora in forse presso le autorità comunitarie. Un aiuto agli allevatori è venuto dalla
lotta a talune patologie, come la vescicolare, che nel 2008 aggravavano il quadro della
situazione.
Difficile programmare
Fra i punti del “piano suinicolo” rientrava anche la programmazione della produzione, mirata
ad evitare eccessi produttivi. A limitare la produzione, non solo in Italia ma in tutta la Ue,
ci ha pensato la crisi, con una riduzione del numero dei capi allevati (-0,6% in Italia, -
5,6% in Romania) e una flessione del 6% della quantità di carne suina prodotta nei primi sei
mesi del 2009.
Una situazione dalla quale ci si aspettavano benefici per
il prezzo di mercato, annullati invece dal
contemporaneo aumento delle importazioni extra-Ue e
in particolare dal Cile (+16%). Il calo delle esportazioni
comunitarie, specie verso gli Usa, ha complicato
ulteriormente lo scenario, accentuando la stagnazione o
il calo dei prezzi.
Meno Dop
Per l'Italia il 2009 si è chiuso con un significativo calo
del numero di suini certificati per i circuiti dei principali Dop. Nei primi otto mesi dello scorso anno Ismea segnala una riduzione
consistente dei cosci avviati alla salatura sia per il San Daniele sia per il Parma, tra i principali prosciutti Dop italiani. E' il segnale
dell'orientamento verso la produzione di prosciutti non certificati e di basso prezzo. Un orientamento che i Consorzi di tutela dovrebbero
cercare di arginare. E che gli allevatori dovrebbero contrastare con ogni strumento. Ma i Consorzi hanno poche risorse e gli allevatori
sono “disarmati” di fronte al mercato, deboli come sono sotto il profilo organizzativo e schiacciati fra la necessità di riempire gli
stalli per ammortizzare gli impianti e costretti a vendere gli animali giunti a fine ciclo, non importa a quale prezzo. Una spirale dalla
quale è difficile uscire senza strutture associative forti ed efficienti. Che in pochi, però, sembrano volere.
Stampa • Invia ad un amico • OkNotizie • Segnalo • Wikio • Del.icio.us
AGRONOTIZIELe novità per l'agricoltura
by Image Line s.r.l.
Zootecnia
© copyright 2010 Image Line S.a.s. e fonti indicate - P.IVA IT 02075310397 - Disclaimer - Termini e condizioni - PrivacyIscrizione nel Registro della Stampa del Tribunale di Ravenna al n° 1242 del 25/11/2004
® marchi registrati Image Line s.r.l. 1990-2008
Mostra debug
16 Marzo 2010Angelo Gamberini
18
torna all’indice
16 Marzo 2010Angelo Gamberini
Il settore avicolo reagisce grazie ad una filiera produttiva ben strutturata. Mentre gli allevamenti cunicoli, meno organizzati, sono in balia del mercat
Polli e conigli, le due facce della crisi
Angelo Gamberini
Le carni di pollame in Italia (fonte
Una - 2008 - 000 tonn)
Pollo Tacchino
Produzione 713 300,5
Importazione 39 15,2
Esportazione 69,1 65,9
Consumo (kg/p.a.) 11,77 4,31
I numeri della coniglicoltura
Produzione 43450 tonn
Valore
produzione
340 milioni di
euro
Numero addetti 10000
Concentrata in poche grandi aziende integrate,
l’avicoltura italiana riesce a seguire le oscillazioni della
domanda meglio di altri settori della nostra zootecnia
Fonte: Hyperscholar
16 Marzo 2010
AgriCrisi - Polli e conigli, le due facce della crisiIl settore avicolo reagisce grazie ad una filiera produttiva ben strutturata. Mentre gli allevamenti cunicoli, meno organizzati, sono in balia delmercato
Inizio d'anno difficile per polli, uova e conigli, che nelle prime settimane del 2010 si
sono ritrovati a fare i conti con prezzi in flessione. Impietoso il confronto con l'anno
precedente, quando i prezzi erano del 30% più alti. Quella che si annunciava come
una nuova e pesante crisi per tutto il settore, sta però lentamente rientrando. Già
da febbraio le quotazioni hanno ripreso a salire e le indicazioni di Ismea sui prezzi
nella prima settimana di marzo confermano questa tendenza. Il prezzo dei polli è
salito a quota 0,87 euro al kg (sulla piazza di Forlì, una delle più importanti) riducendo
al 20% la differenza rispetto alle quotazioni del marzo 2009.
Un divario che si spera possa essere colmato in
tempi rapidi perché i prezzi restano non
remunerativi per le aziende, come ha tenuto
ad evidenziare anche Confagricoltura,
preoccupata per la tenuta degli allevamenti. Nel
favorire un recupero delle quotazioni gioca un
ruolo fondamentale la buona capacità del
settore avicolo nel riprogrammare le
produzioni e ridurre l'offerta per adeguarla alle
richieste. Merito della forte organizzazione della filiera avicola, che ha le sue basi nell'integrazione
verticale fra industrie di trasformazione e allevatori.
Conigli in difficoltà
Assai diverso è il caso della coniglicoltura, dove ancora molti sono gli allevamenti che operano fuori dai contratti di allevamento (per lo
più soccide) che comunque stanno trovando diffusione anche in questo comparto. La conseguenza è una forte difficoltà nell'orientare le
produzioni cunicole alle oscillazioni della domanda, il che apre la porta a ricorrenti e profonde crisi di mercato. Così è stato per gran
parte del 2009, con prezzi sotto ai due euro e con gli allevamenti in perdita. Solo negli ultimi mesi dello scorso anno si è assistito ad un
recupero in coincidenza con l'aumento della domanda, come sempre avviene con l'approssimarsi della stagione fredda. Un recupero che
però è durato poco. Contrariamente alle attese, il prezzo dei conigli ha iniziato a scendere già nelle prime settimane di gennaio.
Una discesa che non si è arrestata e ancora oggi le quotazioni sono scese ad appena 1,69 euro per kg
sulla piazza di Verona. E i conti degli allevatori sono tornati “in rosso”. Una situazione che desta molte
preoccupazioni in tutta Italia e soprattutto in Veneto, regione che detiene il primato in campo cunicolo.
Ed è Veneto Agricoltura che in questi giorni ha organizzato un convegno per presentare il Piano
nazionale cunicolo messo a punto dal Mipaaf. Fra le iniziative previste dal Piano rientra un programma di
comunicazione sulle prerogative nutrizionali della carne di coniglio che coinvolga scuole, mense
scolastiche e pediatri. Una ripresa della domanda, che in questi ultimi mesi si è indebolita, rappresenta
la via di uscita al rischio chiusura di molti allevamenti. Già il 15% degli allevatori ha gettato la
spugna, come ha fatto notare il presidente di Coniglio Veneto, Stefano Bison. Colpa anche dello spiccato individualismo degli
allevatori di conigli, scarsamente propensi a riunirsi in forme associative ed anche per questo motivo maggiormente in balia del mercato
e delle sue fluttuazioni.
Stampa • Invia ad un amico • OkNotizie • Segnalo • Wikio • Del.icio.us
AGRONOTIZIELe novità per l'agricoltura
by Image Line s.r.l.
Zootecnia
© copyright 2010 Image Line S.a.s. e fonti indicate - P.IVA IT 02075310397 - Disclaimer - Termini e condizioni - PrivacyIscrizione nel Registro della Stampa del Tribunale di Ravenna al n° 1242 del 25/11/2004
® marchi registrati Image Line s.r.l. 1990-2008
Mostra debug
19
torna all’indice
23 Marzo 2010Angelo Gamberini
La filiera deve riorganizzarsi per fronteggiare le difficoltà che hanno coinvolto i principali segmentiproduttivi del settore
Il crollo dei prezzi travolge tutta la frutta
Angelo Gamberini
Frutta fresca: le principali
produzioni italiane (in milioni di
tonn – anno 2009 – sintesi da
Istat)
Mele 2,2
Pesche 1
Nettarine 0,6
Pere 0,8
Kiwi 0,5
Susine 0,2
L'Italia frutticola nella Ue
(sintesi da Cso)
ProdottoQuota % della
produzione Ue
Kiwi 71
Pere 35
Pesche e
nettarine52
Mele 21
Arance 37
La produzione di frutta nei
Paesi Ue (ripartizione % - sintesi
da Cso su dati Fao)
Italia 30
Spagna 25
Francia 16
Grecia 6
Polonia 4
Germania 4
Altri 15
L'Italia è il principale produttore di frutta nella Ue
Fonte: Digicla
23 Marzo 2010
AgriCrisi - Il crollo dei prezzi travolge tutta la fruttaLa filiera deve riorganizzarsi per fronteggiare le difficoltà che hanno coinvolto i principali segmenti produttivi del settore
Hanno accusato le mele, che poi si è saputo essere prive di colpe, del malore che ha colpito nove bambini di
una scuola elementare di Manesseno, in provincia di Genova. Nessuna conseguenza grave per i bambini, che
stanno già bene, ma la notizia ha fatto il giro dei giornali e così si è saputo non solo che le mele erano sane,
ma che in Italia è in atto un programma di promozione del consumo della frutta che parte proprio dalle
scuole primarie. L'iniziativa, che non era ancora balzata agli “onori” delle cronache, ha preso il via giusto un
anno fa con il sostegno della Ue per 15 milioni di euro cui si sono aggiunti 11 milioni di fondi nazionali di
cofinanziamento. Circa 26 milioni con i quali si distribuisce frutta gratuitamente nelle scuole. E per
convincere i giovani a mangiare più frutta è nato anche un sito, dall'accattivante nome di “Mr. Fruitness”.
I numeri del settore
Tutte belle iniziative, ma non sono bastate (e non bastano) a risollevare le sorti del settore ortofrutticolo, alle
prese con una crisi che coinvolge tutto e tutti, agrumi, kiwi, pere e mele, pesche e nettarine, solo per citare
alcuni dei prodotti più provati dal crollo dei mercati.
Una crisi preoccupante che coinvolge un settore che vale oltre 11
miliardi di euro, quasi un terzo dell’intera Plv (produzione lorda
vendibile) della nostra agricoltura. Non per nulla fra i 27 Paesi della Ue siamo al primo posto in quanto a quantità di frutta
prodotta, seguiti a distanza dalla Spagna e dalla Francia. E' anche per questo che la crisi di questo settore “morde” di più in Italia
che altrove.
Le origini
Ma da dove nasce questa crisi e come se ne esce? Per cercare una risposta bisogna partire da lontano, guardando a cosa accade nel
mondo. E si scopre che negli ultimi dieci anni la Ue ha ridotto del 15% la sua produzione di frutta, agrumi compresi,
scendendo da 70 a 60 milioni di tonnellate. Per contro la produzione mondiale è aumentata sensibilmente, passando da 473 a 555
milioni di tonnellate.
I mercati si comportano ormai come vasi comunicanti e la minore produzione europea è stata subito colmata con un'impennata dei
flussi mondiali di export, passati dai 70milioni di dollari nel 2000 ai 150 del 2007. Analoga la situazione nella Ue, dove però
l'incremento delle esportazioni (da 30 a 60 milioni di dollari) è stato superato da quello delle importazioni, passate da 40 ad oltre 80
milioni di dollari.
L'Italia frutticola
E' in questo scenario che si colloca la produzione frutticola italiana, protagonista sulla scena europea nel mercato del kiwi (71% della
produzione Ue), delle pere (35%), delle pesche e delle nettarine (52%). Altri settori strategici sono quelli delle arance con un
secondo posto (37%) dietro alla Spagna e delle mele (21%) dove siamo in lizza con la Polonia per la conquista del primo posto. Per
tutti questi prodotti il 2009 ha fatto registrare secondo Ismea una flessione media del 13% delle quotazioni, ma nel caso delle
pesche i prezzi sono scesi anche del 46%. Una crisi, questa della frutta fresca, che ha visto il prezzo delle mele fermarsi nel
quarto trimestre del 2009 a 44 centesimi al chilo, quasi il 31% in meno rispetto allo stesso periodo del 2008. Peggio ancora per i kiwi, crollati del 35%, mentre le pere si
sono fermate ad un deludente -20,9%. Come se non bastasse, i costi di produzione sono aumentati del 2,6% e per molte delle 548mila aziende frutticole italiane il
2009 si è chiuso con i conti in rosso.
Quando i prezzi precipitano così vistosamente le cause sono il più delle volte riconducibili ad un incremento delle produzioni,
all'aumento dei flussi di import oppure al calo della domanda. Nel caso della frutta fresca i dati produttivi del 2009 indicano un
aumento da 8,2 a 8,5 milioni di tonnellate, con incrementi più significativi per le pere (11,8% in più). Una maggiore produzione che
ha trovato “sfogo” nel parallelo aumento della domanda di frutta fresca, il cui consumo nel 2009, secondo le valutazioni di Ismea,
ha messo a segno una crescita di cinque punti percentuali. In sostanza, fra produzione e domanda si è mantenuto un buon equilibrio
e la crisi dei prezzi va dunque cercata in un' altra direzione. Proviamo allora ad analizzare i dati dell'import. Le prime stime Ismea
sull’andamento del 2009 indicano un netto peggioramento (-35%) del saldo commerciale dovuto in gran parte alla caduta dei
valori unitari del prodotto esportato e ad un aumento di quelli importati. In termini di volume, invece, le importazioni sono stimate
invariate rispetto al 2008.
Riorganizzarsi
Nemmeno sul fronte delle importazioni si riesce, dunque, a trovare una spiegazione convincente della profonda crisi che si è abbattuta
sul settore, che ha pertanto radici lontane, difficili da prevedere e ancor più difficili da risolvere. Gli unici strumenti che possono essere messi in campo sono quelli della
efficienza produttiva (e qui l’Italia può giocare buone carte) e quelli dell’organizzazione delle filiere produttive, dove invece molto si può ancora fare. In Italia sono
attive circa 300 OP (organizzazioni dei produttori) riunite a loro volta in tre diverse unioni che le rappresentano (Unaproa, Uiapoa, e Unacoa). Già qui si potrebbe cercare
semplificazione e efficienza, tanto più che attraverso le OP passano gli aiuti comunitari previsti dalla Ocm (organizzazione comune di mercato). Questi aiuti (nella misura
del 4,6% del valore della produzione commercializzata) possono essere indirizzati ai ritiri di mercato in presenza di situazioni di crisi, come pure a sostegni per la mancata
raccolta quando questa sia tesa a riequilibrare il mercato. Meccanismi la cui efficacia non si è certo sentita in questa lunga stagione di crisi. Per il futuro è necessario
attrezzarsi meglio, intervenendo anche sull’organizzazione delle OP. E' indispensabile ottimizzare il percorso dal campo alla tavola, spostando al contempo gli equilibri
lungo la catena del valore, che oggi vede premiata la distribuzione a scapito della produzione. Se non si cambia, la prossima crisi sarà perfino peggiore di questa.
Stampa • Invia ad un amico • OkNotizie • Segnalo • Wikio • Del.icio.us
AGRONOTIZIELe novità per l'agricoltura
by Image Line s.r.l.
Attualità
© copyright 2010 Image Line S.a.s. e fonti indicate - P.IVA IT 02075310397 - Disclaimer - Termini e condizioni - PrivacyIscrizione nel Registro della Stampa del Tribunale di Ravenna al n° 1242 del 25/11/2004
® marchi registrati Image Line s.r.l. 1990-2008
Mostra debug
20
torna all’indice
23 Marzo 2010Angelo Gamberini
Uve in balia del mercato
Il prodotto da tavola ha perso spazi nell’export e per il vino preoccupa la caduta dei consumi
Angelo Gamberini
Produzione Uve (anno 2009 – sintesi
da Istat)
Superficie
(000 Ha)
Produzione
(milioni di
tonn/hl)
Uva da
tavola 70 13,3
Uva da
vino731 67
Vino 731 47,2
Uve da tavola e uve da vino sono accomunate nella crisi
di mercato
Fonte: Francesco Sgroi
23 Marzo 2010
AgriCrisi - Uve in balia del mercatoIl prodotto da tavola ha perso spazi nell'export e per il vino preoccupa la caduta dei consumi
I viticoltori sono preoccupati. Sono distanti i tempi della raccolta, ma già oggi ci si
chiede se la prossima stagione sarà difficile come quella del 2009. Difficile per
l'uva da tavola, dove le due regioni protagoniste di questo settore, Puglia e Sicilia, si
sono trovate a fare i conti con prezzi crollati anche del 40% rispetto ad un anno
prima. Colpa del progressivo calo delle esportazioni, che dai picchi raggiunti fra il
2000 e il 2001 con 700mila tonnellate sono scese ora a sole 500mila tonnellate, un
terzo o poco più dell'intera produzione. Il calo di questi ultimi anni non si è limitato
solo all'export, ma ha coinvolto anche i prezzi, che hanno progressivamente perso
terreno sino a precipitare del tutto nella scorsa campagna. Colpa non solo del calo dei
consumi e della distribuzione organizzata, ma anche dei nuovi flussi di
import/export da Egitto e Turchia che attraverso i “corridoi verdi” hanno visto
transitare per la Puglia uva da tavola che in qualche caso è divenuta “pugliese” prima
di giungere alla sua destinazione finale sui mercati europei.
Le esportazioni italiane di uva tavola sono
scese a 566 milioni di euro, un livello al di sotto
del quale non si potrà andare nel 2010 se non si vuole compromettere la tenuta del settore. I
viticoltori, per parte loro, dovranno anche intervenire sul fronte organizzativo, che vede il sistema
dell'offerta debole e frammentato, in balia di una controparte commerciale che al contrario è stata
capace di organizzarsi e di acquisire sempre maggiore potere contrattuale. C'è molto lavoro da fare
anche sugli aspetti produttivi, continuando ad innovare, puntando sulla diversificazione varietale
e orientandosi verso le nuove varietà senza semi che stanno incontrando il favore dei mercati
stranieri.
Uve da vino
Anche i produttori di uva da vino guardano alla prossima stagione con preoccupazione. La produzione 2009 è stimata attorno ai 47
milioni di ettolitri, in linea o poco al di sotto di quella dell'anno precedente. Dunque con problemi di sovrapproduzione che la
riduzione dei consumi di vino e le minori esportazioni potrebbero quest'anno persino accentuare. Un problema che riguarda non solo
l'Italia, ma anche altri Paesi della Ue, tanto che Bruxelles ha proposto a partire proprio dal 2010 il finanziamento della “vendemmia
verde”. A differenza della estirpazione dei vigneti, che rappresenta come intuibile una via senza ritorno, la vendemmia verde azzera la
produzione con una raccolta che si effettua prima dell'invaiatura. Non tutti sembrano essere d'accordo su questa soluzione, i cui costi
potrebbero azzerare i sostegni comunitari, rendendo di fatto inattuabile il progetto. Resta in ogni caso la necessità di favorire una
ripresa del mercato intervenendo sulla produzione. Un risultato che si potrebbe ottenere anche favorendo i flussi di export e
l'incremento dei consumi. Ma di progetti in questa direzione, al momento, non se ne vedono.
Stampa • Invia ad un amico • OkNotizie • Segnalo • Wikio • Del.icio.us
AGRONOTIZIELe novità per l'agricoltura
by Image Line s.r.l.
Attualità
© copyright 2010 Image Line S.a.s. e fonti indicate - P.IVA IT 02075310397 - Disclaimer - Termini e condizioni - PrivacyIscrizione nel Registro della Stampa del Tribunale di Ravenna al n° 1242 del 25/11/2004
® marchi registrati Image Line s.r.l. 1990-2008
Mostra debug
21
torna all’indice
23 Marzo 2010Paola Francia
AgriCrisi - Intervista a Paolo Bruni, presidente di Cogeca e Cso. ‘Solo alcuni frutti invernali hannomostrato una discreta tenuta’
‘La crisi morde sui prezzi, no a facili ottimismi’
Paola Francia
Paolo Bruni, presidente di
Cogeca e Cso
23 Marzo 2010
'La crisi morde sui prezzi, no a facili ottimismi'AgriCrisi - Intervista a Paolo Bruni, presidente di Cogeca e Cso. 'Solo alcuni frutti invernali hanno mostrato una discreta tenuta'
“L’Italia è il primo produttore mondiale di frutta e verdura con oltre 24 milioni di tonnellate di produzione
e una media di 6 milioni di tonnellate di frutta 3 milioni e 300 mila tonnellate di agrumi e circa 15 milioni
di tonnellate di ortaggi. Ma la sua forza non è solo nei grandi volumi disponibili ma nella grande varietà di
offerta in grado di assecondare le esigenze di varie tipologie di consumatori".
A dirlo è Paolo Bruni, presidente di Cogeca, l'rganizzazione che raggruppa 40 mila cooperative
agroalimentari dei 27 Paesi dell'Unione europea, e di Cso - Centro servizi ortofrutticol
"Il futuro – continua Bruni - sarà sempre più giocato sulla capacità delle aziende di creare una
differenziazione dell’offerta in grado di soddisfare sia l’ esigenza di forte competitività sui prezzi sia quella
di una qualità con standard elevati".
I dati sull’export italiano 2009 elaborati da Cso evidenziano naturalmente segnali di crisi sia sui volumi
che, soprattutto, sul valore dell’offerta che ha subito un calo del 15% rispetto al 2008.
“E’ evidente - sottolinea Bruni - che la competitività di un paese non può giocarsi solo sui prezzi al
ribasso ma su valori differenziali di qualità e sulla nostra capacità di aggregazione".
“Se analizziamo l’andamento commerciale dei prodotti in questa annata per molti versi difficilissima per
l’economia europea - aggiunge - vediamo una discreta tenuta solamente per alcuni frutti invernali come
le pere abate e il kiwi di cui l’Italia è leader produttivo in Europa".
Per il kiwi l’annata si presentava con quantità non eccessivamente elevate di offerta e gli scambi sono stati e sono tutt’ora vivaci
soprattutto sui mercati d’Oltre Mare, dal Canada, agli Stati Uniti, all’Asia.
Meno performanti, invece, i consistenti scambi con la Germania in cui la pressione dei discount crea condizioni di prezzo assolutamente
poco interessanti.
Discrete le quotazioni anche delle pere varietà Abate che, come sempre, rappresentano l’elite della produzione nazionale.
"Le difficoltà non mancano – conclude il presidente - e non è certo il caso di mostrare facili ottimismi: il vero collo di bottiglia del
sistema globale è la concentrazione della Grande distribuzione a fronte di una frammentazione dell’offerta e questa situazione non può
che creare debolezza”.
Stampa • Invia ad un amico • OkNotizie • Segnalo • Wikio • Del.icio.us
AGRONOTIZIELe novità per l'agricoltura
by Image Line s.r.l.
Attualità
© copyright 2010 Image Line S.a.s. e fonti indicate - P.IVA IT 02075310397 - Disclaimer - Termini e condizioni - PrivacyIscrizione nel Registro della Stampa del Tribunale di Ravenna al n° 1242 del 25/11/2004
® marchi registrati Image Line s.r.l. 1990-2008
Mostra debug
22
torna all’indice
30 Marzo 2010Donatello Sandroni
Nel mare dei numeri galleggia un mercato sostanzialmente in pareggio, ma la verità non si contamai col semplice pallottoliere
Macchine, avanti pari
Donatello Sandroni
Meccanizzazione, questione di numeri
30 Marzo 2010
Agricrisi - Macchine, avanti pariNel mare dei numeri galleggia un mercato sostanzialmente in pareggio, ma la verità non si conta mai col semplice pallottoliere
Per quanto ben fatta e sviluppata, una fotografia resta pur sempre una fotografia,
con tutti i suoi pregi e limiti.
Guardare i numeri del 2009 è, appunto, come sfogliare un album fotografico di
famiglia: i più sorridono, qualcuno magari un po’ tirato. Altri si nascondono in seconda
o terza fila, ma sembrano comunque a proprio agio.
Altri ancora guardano invece in basso, quasi infastiditi dal flash.
Se però grattiamo sulla superficie della fotografia, scopriamo che sotto c’è una verità
un po’ diversa: i numeri han retto, è vero, ma solo perché il dieci per cento del
volume è rappresentato da vendite dei vecchi Stage 2. Vendite che quindi hanno un
vago sapore di saldi di fine stagione. Senza i saldi di fine giugno, infatti, il mercato
sarebbe stato ancora una volta sotto. Magari non del dieci per cento, perché qualcuno
avrebbe in ogni caso comprato qualche Stage 3, ma il bilancio di fine anno sarebbe
stato comunque tendente al rosso.
Meccanizzazione tra i marosi?
Ce lo dimostra il primo mese dell'anno, dove il contatore si ferma a un secco -19%. Gli aiuti chiesti al Governo hanno ricavato solo
venti, non del tutto miseri, milioni di Euro. Un po' come aprire la finestra della camera dove giace un malato: più che di una boccata
d'aria fresca non si può parlare. Appaiono quindi sopra le righe le manifestazioni di entusiasmo registrate all'arrivo del recente "decreto
rottamazione": bruciato il refolo d'ossigeno governativo, i conti torneranno quindi a virare in basso se non subentreranno nel frattempo
dei cambi strutturali i quali, senza usare sterili giri di parole, restituiscano reddito agli agricoltori.
I mesi a disposizione per virare sono solo diciotto, tanti quanti ci separano dall'avvento dello Stage 3B, che prevede oneri
d'omologazione molto più gravosi per i costruttori, con un prevedibile rialzo anche dei prezzi alla vendita. Prezzi che incentiveranno ancor
di più gli agricoltori a tirare all'inveromile il collo ai loro vecchi trattori, piuttosto di sostituirli con altri più moderni ma cari.
Tanto cari da richiedere un credito sempre più sostanzioso in fase di acquisto, ovviamente rateale e finanziato. Le banche, però, non
sembrano nel frattempo aver cambiato faccia, selezionando ogni giorno più ferocemente il numero dei fortunati a cui dire il fatidico sì.
Sempre che accollarsi un debito pluriennale possa definirsi una fortuna.
Ma è proprio necessario aver fretta sullo Stage 3B? A giudicare dalla percentuale di abbattimento degli inquinanti ottenuta passando
dallo Stage Zero allo Stage 3, che è pari all'ottanta per cento, sembrerebbe di no.
Pensando alla cappa di smog che dal satellite si osserva su buona parte della Cina, appare quindi grottesca l'inflessibilità da
farmacista con cui in Europa si cerca di limare qualche milligrammo in più di emissioni, illudendosi in tal modo di salvarsi dallo tsunami
che preme da Oriente sgottando l'acqua dalla barca con una tazzina da caffè.
AGRONOTIZIELe novità per l'agricoltura
by Image Line s.r.l.
Agrimeccanica
Donatello Sandroni
Meccanizzazione, questione di numeri
30 Marzo 2010
Agricrisi - Macchine, avanti pariNel mare dei numeri galleggia un mercato sostanzialmente in pareggio, ma la verità non si conta mai col semplice pallottoliere
Per quanto ben fatta e sviluppata, una fotografia resta pur sempre una fotografia,
con tutti i suoi pregi e limiti.
Guardare i numeri del 2009 è, appunto, come sfogliare un album fotografico di
famiglia: i più sorridono, qualcuno magari un po’ tirato. Altri si nascondono in seconda
o terza fila, ma sembrano comunque a proprio agio.
Altri ancora guardano invece in basso, quasi infastiditi dal flash.
Se però grattiamo sulla superficie della fotografia, scopriamo che sotto c’è una verità
un po’ diversa: i numeri han retto, è vero, ma solo perché il dieci per cento del
volume è rappresentato da vendite dei vecchi Stage 2. Vendite che quindi hanno un
vago sapore di saldi di fine stagione. Senza i saldi di fine giugno, infatti, il mercato
sarebbe stato ancora una volta sotto. Magari non del dieci per cento, perché qualcuno
avrebbe in ogni caso comprato qualche Stage 3, ma il bilancio di fine anno sarebbe
stato comunque tendente al rosso.
Meccanizzazione tra i marosi?
Ce lo dimostra il primo mese dell'anno, dove il contatore si ferma a un secco -19%. Gli aiuti chiesti al Governo hanno ricavato solo
venti, non del tutto miseri, milioni di Euro. Un po' come aprire la finestra della camera dove giace un malato: più che di una boccata
d'aria fresca non si può parlare. Appaiono quindi sopra le righe le manifestazioni di entusiasmo registrate all'arrivo del recente "decreto
rottamazione": bruciato il refolo d'ossigeno governativo, i conti torneranno quindi a virare in basso se non subentreranno nel frattempo
dei cambi strutturali i quali, senza usare sterili giri di parole, restituiscano reddito agli agricoltori.
I mesi a disposizione per virare sono solo diciotto, tanti quanti ci separano dall'avvento dello Stage 3B, che prevede oneri
d'omologazione molto più gravosi per i costruttori, con un prevedibile rialzo anche dei prezzi alla vendita. Prezzi che incentiveranno ancor
di più gli agricoltori a tirare all'inveromile il collo ai loro vecchi trattori, piuttosto di sostituirli con altri più moderni ma cari.
Tanto cari da richiedere un credito sempre più sostanzioso in fase di acquisto, ovviamente rateale e finanziato. Le banche, però, non
sembrano nel frattempo aver cambiato faccia, selezionando ogni giorno più ferocemente il numero dei fortunati a cui dire il fatidico sì.
Sempre che accollarsi un debito pluriennale possa definirsi una fortuna.
Ma è proprio necessario aver fretta sullo Stage 3B? A giudicare dalla percentuale di abbattimento degli inquinanti ottenuta passando
dallo Stage Zero allo Stage 3, che è pari all'ottanta per cento, sembrerebbe di no.
Pensando alla cappa di smog che dal satellite si osserva su buona parte della Cina, appare quindi grottesca l'inflessibilità da
farmacista con cui in Europa si cerca di limare qualche milligrammo in più di emissioni, illudendosi in tal modo di salvarsi dallo tsunami
che preme da Oriente sgottando l'acqua dalla barca con una tazzina da caffè.
AGRONOTIZIELe novità per l'agricoltura
by Image Line s.r.l.
Agrimeccanica
23
torna all’indice
30 Marzo 2010Paola Francia
AgriCrisi - Lo dice Massimo Goldoni, presidente di Unacoma, dopo la firma del decreto attuativo da20 milioni. ‘Ora lavoriamo al Piano per il Sud’
‘Meccanizzazione, servono incentivi molto piùconsistenti’
Paola Francia
Massimo Goldoni,
presidente di Unacoma
30 Marzo 2010
'Meccanizzazione, servono incentivi molto più consistenti'AgriCrisi - Lo dice Massimo Goldoni, presidente di Unacoma, dopo la firma del decreto attuativo da 20 milioni. 'Ora lavoriamo al Piano per il Sud'
“Il decreto varato dal Governo assegna 20 milioni di euro complessivi al settore macchine agricole e per movimento terra. Se si guarda
alla pesante crisi che ha colpito il comparto delle macchine agricole e più ancora quello delle macchine per movimento terra, si comprende
subito come vi sarebbe necessità di incentivi molto più consistenti".
A dirlo ad Agronotizie è Massimo Goldoni, presidente di Unacoma, dopo la firma del decreto attuativo che definisce le modalità per la
concessione degli incentivi da parte del ministro dello Sviluppo economico Claudio Scajola, di concerto con il ministro dell'Economia Giulio
Tremonti e dell'Ambiente, Stefania Prestigiacomo.
"Tuttavia - aggiunge Goldoni - troviamo positivo che la meccanizzazione sia nuovamente tornata all’attenzione del mondo politico, dopo
sette anni di mancati incentivi, e che vi siano le condizioni per nuove iniziative di sostegno”.
L’industria delle macchine per l’agricoltura, la cura del verde e il movimento terra conta in Italia oltre 3.000 imprese, molte delle
quali di piccole dimensioni. Unacoma ne associa circa 300 tra piccole, medie e grandi, fino a coprire olter il 90% del fatturato di settore.
“E’ importante che gli incentivi alla rottamazione siano visti non già come un puro e semplice sostegno a un comparto della meccanica in
crisi, ma come un investimento per il miglioramento globale delle filiere - aggiunge il numero uno di Unacoma -. In agricoltura, in
particolare, la presenza di macchine agricole di nuova generazione è fondamentale per la competitività dell’intero sistema, ed è lo
strumento principale per il miglioramento della sicurezza e della eco-compatibilità".
A questo proposito, Goldoni fa un distinguo sostanziale sul valore del settore in termini quali-quantitativi.
"Il nostro Paese presenta un parco macchine molto consistente in termini numerici ma non altrettanto valido in termini qualitativi -
sottolinea -. Dei circa 1.650.000 trattori che si stima siano operanti sul territorio nazionale, solo una piccola parte risulta efficiente e
tecnologicamente adeguata. L’età media delle trattrici è intorno ai 20 anni, e molto diffusi sono ancora mezzi con 30 ed anche 40 anni di vita”.
La produzione complessiva nel 2008 (i dati finali 2009 non sono ancora disponibili) ha raggiunto un valore di 12,5 miliardi di euro, di cui 8,2 per il comparto delle
trattrici e macchine agricole e 4,3 per il comparto del movimento terra.
In termini di unità, le sole trattrici assommano a oltre 93 mila, mentre il totale del macchinario in peso (compreso l’insieme delle macchine operatrici, delle attrezzature e
della componentistica di settore) è pari a 1,7 milioni di tonnellate.
Il mercato delle macchine agricole ha registrato nel 2009 una contrazione significativa. I dati sulle immatricolazioni di mezzi meccanici indicano una flessione del 6,23%
per le trattrici, del 19,8% per le mietitrebbiatrici, del 10,7% per le motoagricole e dell’8% per i rimorchi.
Macchine agricole, andamento del mercato
Fonte foto: jusben
I cali percentuali non rappresentano fedelmente l’andamento del mercato, che in realtà registra una flessione molto più consistente, fa sapere Unacoma. Molti mezzi
meccanici immatricolati sono, infatti, ancora presso i rivenditori, così che il numero delle macchine immatricolate non corrisponde al numero delle macchine effettivamente
assorbite dal mercato.
Nel caso delle trattrici, ad esempio, mentre il dato sulle immatricolazioni indica nelle stime Unacoma una flessione del 6,2%, il calo effettivo delle vendite si stima intorno
al 30%.
Questo peraltro all’interno di un trend nazionale che vede negli ultimi sei anni una flessione costante nelle vendite di trattrici, passate dalle 32.814 unità del 2004 alle
25.563 del 2009.
I primi mesi del 2010 registrano un vero e proprio crollo delle immatricolazioni, causato dall’annuncio di un imminente decreto per gli incentivi, fatto che ha
ulteriormente frenato gli acquisti, inducendo agricoltori e contoterzisti a sospendere gli investimenti in attesa di condizioni più favorevoli. I dati sulle immatricolazioni di
trattrici indicano nei mesi di gennaio e febbraio un calo del 19,5%.
Al negativo andamento sul mercato interno si aggiungono gli effetti, ancora più gravi, della crisi sui mercati esteri, verso i quali le industrie italiane indirizzano circa il
70% della propria produzione.
I dati Istat sul commercio estero indicano a fine 2009 un calo del 31,9% per le trattrici e del 26,45% per le altre tipologie di macchine e attrezzature.
In termini di unità, nel 2009 le industrie italiane hanno esportato 52.938 trattrici contro le 79.251 esportate l’anno precedente.
“I nuovi incentivi per la rottamazione - conclude Goldoni - debbono essere considerati il primo passo di una politica sempre più orientata alla meccanizzazione e
all’innovazione tecnologica, nella quale l’Unacoma avrà un ruolo importante in termini di sensibilizzazione nelle sedi politiche e istituzionali e di messa a punto di strumenti
di sostegno. Un fronte sul quale stiamo lavorando con impegno è quello dei Piani di sviluppo rurale, che prevedono incentivi per l’acquisto di mezzi meccanici".
"Stiamo contribuendo alla definizione del 'Piano per il Sud' promosso dal ministero dello Sviluppo economico - chiosa il presidente di Unacoma - nel quale vengono
potenziati gli interventi a favore della meccanizzazione agricola. In considerazione della presenza nel Mezzogiorno di un parco macchine fortemente obsoleto, non più in linea
con le recenti normative in materia ambientale e di sicurezza sul lavoro, l’obiettivo del Piano è di consentire investimenti diretti per l’adeguamento del parco macchine, volti
a migliorare il bilancio energetico e il bilancio delle emissioni nonché la sicurezza per gli operatori”.
Stampa • Invia ad un amico • OkNotizie • Segnalo • Wikio • Del.icio.us
AGRONOTIZIELe novità per l'agricoltura
by Image Line s.r.l.
Agrimeccanica
© copyright 2010 Image Line S.a.s. e fonti indicate - P.IVA IT 02075310397 - Disclaimer - Termini e condizioni - PrivacyIscrizione nel Registro della Stampa del Tribunale di Ravenna al n° 1242 del 25/11/2004
® marchi registrati Image Line s.r.l. 1990-2008
Mostra debug
Paola Francia
Massimo Goldoni,
presidente di Unacoma
30 Marzo 2010
'Meccanizzazione, servono incentivi molto più consistenti'AgriCrisi - Lo dice Massimo Goldoni, presidente di Unacoma, dopo la firma del decreto attuativo da 20 milioni. 'Ora lavoriamo al Piano per il Sud'
“Il decreto varato dal Governo assegna 20 milioni di euro complessivi al settore macchine agricole e per movimento terra. Se si guarda
alla pesante crisi che ha colpito il comparto delle macchine agricole e più ancora quello delle macchine per movimento terra, si comprende
subito come vi sarebbe necessità di incentivi molto più consistenti".
A dirlo ad Agronotizie è Massimo Goldoni, presidente di Unacoma, dopo la firma del decreto attuativo che definisce le modalità per la
concessione degli incentivi da parte del ministro dello Sviluppo economico Claudio Scajola, di concerto con il ministro dell'Economia Giulio
Tremonti e dell'Ambiente, Stefania Prestigiacomo.
"Tuttavia - aggiunge Goldoni - troviamo positivo che la meccanizzazione sia nuovamente tornata all’attenzione del mondo politico, dopo
sette anni di mancati incentivi, e che vi siano le condizioni per nuove iniziative di sostegno”.
L’industria delle macchine per l’agricoltura, la cura del verde e il movimento terra conta in Italia oltre 3.000 imprese, molte delle
quali di piccole dimensioni. Unacoma ne associa circa 300 tra piccole, medie e grandi, fino a coprire olter il 90% del fatturato di settore.
“E’ importante che gli incentivi alla rottamazione siano visti non già come un puro e semplice sostegno a un comparto della meccanica in
crisi, ma come un investimento per il miglioramento globale delle filiere - aggiunge il numero uno di Unacoma -. In agricoltura, in
particolare, la presenza di macchine agricole di nuova generazione è fondamentale per la competitività dell’intero sistema, ed è lo
strumento principale per il miglioramento della sicurezza e della eco-compatibilità".
A questo proposito, Goldoni fa un distinguo sostanziale sul valore del settore in termini quali-quantitativi.
"Il nostro Paese presenta un parco macchine molto consistente in termini numerici ma non altrettanto valido in termini qualitativi -
sottolinea -. Dei circa 1.650.000 trattori che si stima siano operanti sul territorio nazionale, solo una piccola parte risulta efficiente e
tecnologicamente adeguata. L’età media delle trattrici è intorno ai 20 anni, e molto diffusi sono ancora mezzi con 30 ed anche 40 anni di vita”.
La produzione complessiva nel 2008 (i dati finali 2009 non sono ancora disponibili) ha raggiunto un valore di 12,5 miliardi di euro, di cui 8,2 per il comparto delle
trattrici e macchine agricole e 4,3 per il comparto del movimento terra.
In termini di unità, le sole trattrici assommano a oltre 93 mila, mentre il totale del macchinario in peso (compreso l’insieme delle macchine operatrici, delle attrezzature e
della componentistica di settore) è pari a 1,7 milioni di tonnellate.
Il mercato delle macchine agricole ha registrato nel 2009 una contrazione significativa. I dati sulle immatricolazioni di mezzi meccanici indicano una flessione del 6,23%
per le trattrici, del 19,8% per le mietitrebbiatrici, del 10,7% per le motoagricole e dell’8% per i rimorchi.
Macchine agricole, andamento del mercato
Fonte foto: jusben
I cali percentuali non rappresentano fedelmente l’andamento del mercato, che in realtà registra una flessione molto più consistente, fa sapere Unacoma. Molti mezzi
meccanici immatricolati sono, infatti, ancora presso i rivenditori, così che il numero delle macchine immatricolate non corrisponde al numero delle macchine effettivamente
assorbite dal mercato.
Nel caso delle trattrici, ad esempio, mentre il dato sulle immatricolazioni indica nelle stime Unacoma una flessione del 6,2%, il calo effettivo delle vendite si stima intorno
al 30%.
Questo peraltro all’interno di un trend nazionale che vede negli ultimi sei anni una flessione costante nelle vendite di trattrici, passate dalle 32.814 unità del 2004 alle
25.563 del 2009.
I primi mesi del 2010 registrano un vero e proprio crollo delle immatricolazioni, causato dall’annuncio di un imminente decreto per gli incentivi, fatto che ha
ulteriormente frenato gli acquisti, inducendo agricoltori e contoterzisti a sospendere gli investimenti in attesa di condizioni più favorevoli. I dati sulle immatricolazioni di
trattrici indicano nei mesi di gennaio e febbraio un calo del 19,5%.
Al negativo andamento sul mercato interno si aggiungono gli effetti, ancora più gravi, della crisi sui mercati esteri, verso i quali le industrie italiane indirizzano circa il
70% della propria produzione.
I dati Istat sul commercio estero indicano a fine 2009 un calo del 31,9% per le trattrici e del 26,45% per le altre tipologie di macchine e attrezzature.
In termini di unità, nel 2009 le industrie italiane hanno esportato 52.938 trattrici contro le 79.251 esportate l’anno precedente.
“I nuovi incentivi per la rottamazione - conclude Goldoni - debbono essere considerati il primo passo di una politica sempre più orientata alla meccanizzazione e
all’innovazione tecnologica, nella quale l’Unacoma avrà un ruolo importante in termini di sensibilizzazione nelle sedi politiche e istituzionali e di messa a punto di strumenti
di sostegno. Un fronte sul quale stiamo lavorando con impegno è quello dei Piani di sviluppo rurale, che prevedono incentivi per l’acquisto di mezzi meccanici".
"Stiamo contribuendo alla definizione del 'Piano per il Sud' promosso dal ministero dello Sviluppo economico - chiosa il presidente di Unacoma - nel quale vengono
potenziati gli interventi a favore della meccanizzazione agricola. In considerazione della presenza nel Mezzogiorno di un parco macchine fortemente obsoleto, non più in linea
con le recenti normative in materia ambientale e di sicurezza sul lavoro, l’obiettivo del Piano è di consentire investimenti diretti per l’adeguamento del parco macchine, volti
a migliorare il bilancio energetico e il bilancio delle emissioni nonché la sicurezza per gli operatori”.
Stampa • Invia ad un amico • OkNotizie • Segnalo • Wikio • Del.icio.us
AGRONOTIZIELe novità per l'agricoltura
by Image Line s.r.l.
Agrimeccanica
© copyright 2010 Image Line S.a.s. e fonti indicate - P.IVA IT 02075310397 - Disclaimer - Termini e condizioni - PrivacyIscrizione nel Registro della Stampa del Tribunale di Ravenna al n° 1242 del 25/11/2004
® marchi registrati Image Line s.r.l. 1990-2008
Mostra debug
Paola Francia
Massimo Goldoni,
presidente di Unacoma
30 Marzo 2010
'Meccanizzazione, servono incentivi molto più consistenti'AgriCrisi - Lo dice Massimo Goldoni, presidente di Unacoma, dopo la firma del decreto attuativo da 20 milioni. 'Ora lavoriamo al Piano per il Sud'
“Il decreto varato dal Governo assegna 20 milioni di euro complessivi al settore macchine agricole e per movimento terra. Se si guarda
alla pesante crisi che ha colpito il comparto delle macchine agricole e più ancora quello delle macchine per movimento terra, si comprende
subito come vi sarebbe necessità di incentivi molto più consistenti".
A dirlo ad Agronotizie è Massimo Goldoni, presidente di Unacoma, dopo la firma del decreto attuativo che definisce le modalità per la
concessione degli incentivi da parte del ministro dello Sviluppo economico Claudio Scajola, di concerto con il ministro dell'Economia Giulio
Tremonti e dell'Ambiente, Stefania Prestigiacomo.
"Tuttavia - aggiunge Goldoni - troviamo positivo che la meccanizzazione sia nuovamente tornata all’attenzione del mondo politico, dopo
sette anni di mancati incentivi, e che vi siano le condizioni per nuove iniziative di sostegno”.
L’industria delle macchine per l’agricoltura, la cura del verde e il movimento terra conta in Italia oltre 3.000 imprese, molte delle
quali di piccole dimensioni. Unacoma ne associa circa 300 tra piccole, medie e grandi, fino a coprire olter il 90% del fatturato di settore.
“E’ importante che gli incentivi alla rottamazione siano visti non già come un puro e semplice sostegno a un comparto della meccanica in
crisi, ma come un investimento per il miglioramento globale delle filiere - aggiunge il numero uno di Unacoma -. In agricoltura, in
particolare, la presenza di macchine agricole di nuova generazione è fondamentale per la competitività dell’intero sistema, ed è lo
strumento principale per il miglioramento della sicurezza e della eco-compatibilità".
A questo proposito, Goldoni fa un distinguo sostanziale sul valore del settore in termini quali-quantitativi.
"Il nostro Paese presenta un parco macchine molto consistente in termini numerici ma non altrettanto valido in termini qualitativi -
sottolinea -. Dei circa 1.650.000 trattori che si stima siano operanti sul territorio nazionale, solo una piccola parte risulta efficiente e
tecnologicamente adeguata. L’età media delle trattrici è intorno ai 20 anni, e molto diffusi sono ancora mezzi con 30 ed anche 40 anni di vita”.
La produzione complessiva nel 2008 (i dati finali 2009 non sono ancora disponibili) ha raggiunto un valore di 12,5 miliardi di euro, di cui 8,2 per il comparto delle
trattrici e macchine agricole e 4,3 per il comparto del movimento terra.
In termini di unità, le sole trattrici assommano a oltre 93 mila, mentre il totale del macchinario in peso (compreso l’insieme delle macchine operatrici, delle attrezzature e
della componentistica di settore) è pari a 1,7 milioni di tonnellate.
Il mercato delle macchine agricole ha registrato nel 2009 una contrazione significativa. I dati sulle immatricolazioni di mezzi meccanici indicano una flessione del 6,23%
per le trattrici, del 19,8% per le mietitrebbiatrici, del 10,7% per le motoagricole e dell’8% per i rimorchi.
Macchine agricole, andamento del mercato
Fonte foto: jusben
I cali percentuali non rappresentano fedelmente l’andamento del mercato, che in realtà registra una flessione molto più consistente, fa sapere Unacoma. Molti mezzi
meccanici immatricolati sono, infatti, ancora presso i rivenditori, così che il numero delle macchine immatricolate non corrisponde al numero delle macchine effettivamente
assorbite dal mercato.
Nel caso delle trattrici, ad esempio, mentre il dato sulle immatricolazioni indica nelle stime Unacoma una flessione del 6,2%, il calo effettivo delle vendite si stima intorno
al 30%.
Questo peraltro all’interno di un trend nazionale che vede negli ultimi sei anni una flessione costante nelle vendite di trattrici, passate dalle 32.814 unità del 2004 alle
25.563 del 2009.
I primi mesi del 2010 registrano un vero e proprio crollo delle immatricolazioni, causato dall’annuncio di un imminente decreto per gli incentivi, fatto che ha
ulteriormente frenato gli acquisti, inducendo agricoltori e contoterzisti a sospendere gli investimenti in attesa di condizioni più favorevoli. I dati sulle immatricolazioni di
trattrici indicano nei mesi di gennaio e febbraio un calo del 19,5%.
Al negativo andamento sul mercato interno si aggiungono gli effetti, ancora più gravi, della crisi sui mercati esteri, verso i quali le industrie italiane indirizzano circa il
70% della propria produzione.
I dati Istat sul commercio estero indicano a fine 2009 un calo del 31,9% per le trattrici e del 26,45% per le altre tipologie di macchine e attrezzature.
In termini di unità, nel 2009 le industrie italiane hanno esportato 52.938 trattrici contro le 79.251 esportate l’anno precedente.
“I nuovi incentivi per la rottamazione - conclude Goldoni - debbono essere considerati il primo passo di una politica sempre più orientata alla meccanizzazione e
all’innovazione tecnologica, nella quale l’Unacoma avrà un ruolo importante in termini di sensibilizzazione nelle sedi politiche e istituzionali e di messa a punto di strumenti
di sostegno. Un fronte sul quale stiamo lavorando con impegno è quello dei Piani di sviluppo rurale, che prevedono incentivi per l’acquisto di mezzi meccanici".
"Stiamo contribuendo alla definizione del 'Piano per il Sud' promosso dal ministero dello Sviluppo economico - chiosa il presidente di Unacoma - nel quale vengono
potenziati gli interventi a favore della meccanizzazione agricola. In considerazione della presenza nel Mezzogiorno di un parco macchine fortemente obsoleto, non più in linea
con le recenti normative in materia ambientale e di sicurezza sul lavoro, l’obiettivo del Piano è di consentire investimenti diretti per l’adeguamento del parco macchine, volti
a migliorare il bilancio energetico e il bilancio delle emissioni nonché la sicurezza per gli operatori”.
Stampa • Invia ad un amico • OkNotizie • Segnalo • Wikio • Del.icio.us
AGRONOTIZIELe novità per l'agricoltura
by Image Line s.r.l.
Agrimeccanica
© copyright 2010 Image Line S.a.s. e fonti indicate - P.IVA IT 02075310397 - Disclaimer - Termini e condizioni - PrivacyIscrizione nel Registro della Stampa del Tribunale di Ravenna al n° 1242 del 25/11/2004
® marchi registrati Image Line s.r.l. 1990-2008
Mostra debug
24
torna all’indice
30 Marzo 2010Paola Francia
AgriCrisi - Parla Massimo Alberghini Maltoni, vice presidente di Unima. ‘Il vero pericolo? L’abbandonodelle colture’
‘Contoterzisti, poca voglia di investire e tantaincertezza’
Paola Francia
Massimo Alberghini Maltoni, vice presidente di
Unima
30 Marzo 2010
'Contoterzisti, poca voglia di investire e tanta incertezza'AgriCrisi - Parla Massimo Alberghini Maltoni, vice presidente di Unima. 'Il vero pericolo? L'abbandono delle colture'
"Immobili nelle sabbie mobili". Massimo Alberghini Maltoni, vice presidente di Unima,
l'Unione nazionale delle imprese di meccanicazzione agricola, fotografa così la situazione
del contoterzismo in Italia.
"La crisi c'è - sottolinea Alberghini -. Forse a qualcuno può sembrare che si avverta
meno, rispetto ad altri settori, perché le lavorazioni continuano. Ma non è così. La crisi si
è fatta sentire pesantemente in termini di remuneratività, fattore legato a doppio filo al
costo dei prodotti cerealicoli, dunque mais, grano, sorgo e soia, a prezzi di gran lunga
inferiori rispetto alla copertura dei costi".
A preoccupare Alberghini non sono solo i numeri e i volumi delle commesse, quanto la
progressiva disincentivazione dell'agricoltore a seminare. In particolare, di quegli
agricoltori che non svolgono l'attività in modo prevalente.
"E' questo il vero pericolo per il futuro: l'abbandono delle colture - continua il vice
presidente di Unima -. Una prospettiva reale che avrebbe, e che ha già, conseguenze
molto negative per il territorio".
"Gli esempi sono sotto gli occhi tutti - prosegue -. Mi spiego: abbiamo avuto un inverno piovoso e i fondi abbandonati, soprattutto quelli
di collina e di montagna, hanno cominciato a franare. Il che dimostra chiaramente - prosegue - che i rischi legati alll'abbandono delle
colture provocano danni non solo all'economia, ma anche all'ambiente.
Da anni Unima chiede alle pubbliche amministrazioni di intervenire per il mantenimento del sistema idro-geologico, soprattutto in quelle
zone il cui il contadino è sparito. Legare il presidio del territorio solo a questioni speculative e di remuneratività è un grande errore".
Tra le problematiche che riguardano la categoria, c'è poi la scarsa propensione della categoria agli investimenti. "I nostri
contoterzisti - spiega - guardano con preoccupazione all'andamento del mercato, sia sotto un punto di vista monetario, vedi la paura di
non incassare, sia per l'incertezza della programmazione".
Eppure, è di pochi giorni fa il decreto attuativo sugli incentivi firmato dal ministro Scajola che stanzia 20 milioni di euro per le macchine
agricole. "Si fa un gran parlare di questo provvedimento - dice Aberghini - ma nessuno ha ancora visto i numeri. Certo, sono misure
encomiabili, ma non è di questo che abbiamo bisogno".
L'Unione chiede certezze politiche, strategie programmatiche e interventi di sostanza "che vadano nella direzione di una moralizzazione
del settore".
"Prendiamo i cereali - dice Alberghini -: è ridicolo, anzi, è dannoso che in Italia dobbiamo produrre con regolamenti e restrizioni, e
dunque costi, come in nessun'altra parte d'Europa, penso ai Paesi dell'Est, quando poi vediamo in Italia arrivano prodotti di cui non
conosciamo la provenienza e che falsano i mercati. Le regole, se sono tali, devono valere per tutti".
Di qui la proposta di una certificazione della filiera e delle lavorazioni, che garantisca produttori e consumatori.
"In sede europea - chiosa Alberghini - stiamo avanzando la richiesta di una regolarizzazione del mercato: chi lavora in questo settore
deve saperlo fare. Può sembrare una banalità, ma non lo è: una certificazione di filiera ci permetterebbe di ottenere un prodotto
garantito, più remunerativo per l'agricoltore e più sicuro per tutta la filiera. Consumatore compreso".
Stampa • Invia ad un amico • OkNotizie • Segnalo • Wikio • Del.icio.us
AGRONOTIZIELe novità per l'agricoltura
by Image Line s.r.l.
Agrimeccanica
© copyright 2010 Image Line S.a.s. e fonti indicate - P.IVA IT 02075310397 - Disclaimer - Termini e condizioni - PrivacyIscrizione nel Registro della Stampa del Tribunale di Ravenna al n° 1242 del 25/11/2004
® marchi registrati Image Line s.r.l. 1990-2008
Mostra debug
25
torna all’indice
30 Marzo 2010Paola Francia
AgriCrisi - Ritardi nei pagamenti e nanismo del settore primario: il presidente di Confai, Leonardo Bolis,fa il punto sulle difficoltà del settore e individua soluzioni per il futuro
‘Crisi dell’agricoltura, pesanti ripercussionisulle imprese agromeccaniche’
Paola Francia
Leonardo Bolis, presidente di
Confai
30 Marzo 2010
'Crisi dell'agricoltura, pesanti ripercussioni sulle imprese agromeccaniche'AgriCrisi - Ritardi nei pagamenti e nanismo del settore primario: il presidente di Confai, Leonardo Bolis, fa il punto sulle difficoltà del settore eindividua soluzioni per il futuro
Crisi, che fare? L’osservatorio privilegiato degli iscritti a Confai permette di lanciare alcune idee per
risollevare il settore primario, in difficoltà principalmente sul fronte dei prezzi ma che sta attraversando
anche una forte crisi di competitività, fattori questi che portano inevitabilmente all’uscita progressiva di
imprenditori dal mondo agricolo.
"Senza volerci addentrare nello specifico in segmenti diversi fra loro per reattività, remuneratività e
mercati – analizza Leonardo Bolis, presidente di Confai – l’agricoltura italiana pare purtroppo
possedere una scarsa propensione ad uscire dal nanismo. Vuoi per questioni strutturali e dimensionali,
vuoi per problemi di ricambio generazionale, vuoi anche per i nodi di maglie burocratiche che
impediscono talvolta di pianificare a medio-lungo termine gli investimenti".
Gli effetti della crisi si sono fatti sentire di riflesso anche sulle imprese agromeccaniche. E con
ripercussioni anche pesanti.
Il lavoro non manca. Forse in parte è calato, soprattutto in quelle zone d’Italia in cui è venuta a
mancare la zootecnia, o dove gli imprenditori agricoli – a dire il vero non molti, per fortuna - hanno
scelto di non fare gli imprenditori e percepire i contributi Pac senza seminare.
"La questione forse più preoccupante – osserva Bolis – è un’altra. E riguarda cioè gli effetti finanziari
della crisi. Dove le aziende agricole hanno meno liquidità e un accesso al credito meno agevole rispetto al passato, allora sono gli indotti
a monte che ne fanno le spese: i mangimifici, le aziende fornitrici di beni ma anche quelle fornitrici di servizi, come sono i contoterzisti".
Il terziario agricolo non è infatti soltanto il braccio meccanico dell’agricoltura, ma ne è il motore. "Purtroppo, per effetto della crisi si
sono dilatati i tempi di pagamento – prosegue Bolis – con l’effetto che le imprese agromeccaniche si sono trasformate in una sorta di
banca per l’agricoltura. Dobbiamo di fatto anticipare le spese di produzione, comprese quelle per il gasolio agricolo, che è forse la voce
più rilevante in alcuni periodi di lavoro, come per l’aratura e la raccolta".
Soluzioni per uscirne? Confai si limita ad avanzare alcune osservazioni, lontane dal voler essere provvedimenti risolutivi di un sistema
piuttosto complesso, come è quello dell’agricoltura.
"Certamente il nostro settore ha la necessità di poter dialogare sullo stesso piano con tutti gli attori del mondo agricolo – dichiara Bolis
-. Ci consideriamo un anello fondamentale per l’innovazione e per la competitività delle imprese agricole. Ecco,vogliamo poter essere
riconosciuti per il ruolo che abbiamo all’interno del comparto primario. Non siamo artigiani, non siamo industriali. Lavoriamo
nell’agricoltura e per l’agricoltura. E' arrivato il momento di dare concreta attuazione a quanto stabilito nella legge di Orientamento
agricolo".
I benefici sarebbero di doppia natura. "Fiscale, previdenziale, finanziaria per le nostre imprese, che potrebbero trarre vantaggi certi,
senza per questo ledere gli interessi di alcuno – specifica il numero uno di Confai -. Ma anche per le casse dello Stato e delle Regioni,
che con il nostro inquadramento definitivo nell’agricoltura potrebbero recuperare entrate con l’emersione di lavoro irregolare».
I fondi tuttora inutilizzati dei Programmi di sviluppo rurale stanno a dimostrare, inoltre, che non vi sarebbero problemi di coesistenza
nell’accesso ai finanziamenti. «Potremmo accedere alle misure per l’innovazione tecnologica e l’ammodernamento della meccanizzazione
agricola, senza per questo togliere risorse ad altri soggetti interessati".
Quello che serve, secondo Confai, è forse maggiore attenzione all’agricoltura. "Questo non necessariamente significa assegnare
ulteriori fondi – conclude il numero uno di Confai – ma fare in modo che un intero sistema possa riprendere il cammino di crescita su
mercati interni ed internazionali, seguendo non soltanto la vocazione della qualità".
Un nemico da combattere è la burocrazia. Migliorabile, inoltre, il Decreto sviluppo per la modernizzazione delle macchine agricole,
recentemente varato dal Governo.
"La direzione della sicurezza sul lavoro e della lotta all’inquinamento è senza dubbio apprezzabile - conclude -, ma la dotazione quanto
mai leggera e l’obbligo di rottamare soltanto macchine immatricolate prima del 31 dicembre 1999, di fatto escludono i contoterzisti".
Stampa • Invia ad un amico • OkNotizie • Segnalo • Wikio • Del.icio.us
AGRONOTIZIELe novità per l'agricoltura
by Image Line s.r.l.
Agrimeccanica
© copyright 2010 Image Line S.a.s. e fonti indicate - P.IVA IT 02075310397 - Disclaimer - Termini e condizioni - PrivacyIscrizione nel Registro della Stampa del Tribunale di Ravenna al n° 1242 del 25/11/2004
® marchi registrati Image Line s.r.l. 1990-2008
Mostra debug
26
torna all’indice
30 Marzo 2010Donatello Sandroni
L’horribilis 2009 è stato per Fabbrico l’anno del mantenimento delle quote di mercato. Col barometrotendente al bello
Argo Tractors: testimonial di positività
Donatello Sandroni
Ruggero Cavatorta, direttore
marketing Argo Tractors
30 Marzo 2010
Agricrisi - Argo Tractors: testimonial di positivitàL'horribilis 2009 è stato per Fabbrico l'anno del mantenimento delle quote di mercato. Col barometro tendente al bello
Non tutti hanno vissuto la crisi nello stesso modo, sia in termini assoluti di vendite, sia in termini
temporali. Col senno di poi, gli andamenti dei mercati hanno offerto comunque opportunità alle
aziende che erano nelle condizioni di coglierle. Argo Tractors è fra queste. Ruggero Cavatorta,
direttore marketing di ArgoTractors, analizza per Agronotizie l'orizzonte economico visto dalla
prospettiva in rosso-blu.
L'analisi del 2009 e prospettive 2010
La crisi economica e finanziaria del 2009 ha inciso sensibilmente sulla domanda di trattori. "Si stima
infatti un calo dei volumi mondiali intorno al 25%", ipotizza Cavatorta. In questo contesto Landini e
McCormick hanno mediamente mantenuto le rispettive quote di mercato. La performance di Argo
Tractors ha infatti registrato un andamento simile a quello della domanda di trattori a livello globale.
"Per quanto riguarda il mercato nazionale - prosegue - vi è invece particolare soddisfazione, con
quote in progressiva crescita nel secondo semestre 2009". A confortare l'ottimismo della casa di
Fabbrico è anche giunto un trend positivo che è continuato anche nei primi due mesi del 2010, con
quote di mercato che ci posizionano saldamente al secondo posto nel ranking dei marchi commerciali
con Landini e con un significativo recupero di quote come gruppo Argo nei confronti dei diretti concorrenti.
Per l'anno in corso Cavatorta prevede che i mercati più importanti del mondo occidentale soffriranno ancora. Quindi, ancora grigio e
vento all'orizzonte per Italia, mercati centro europei e nord americani. "Ci attendiamo invece una ripresa - auspica Cavatorta - di quelle
aree che hanno già pagato forti flessioni della domanda nel 2009, in particolare l’Est Europa, Nord Europa e America Latina. Siamo più
ottimisti per Africa, Far East e Oceania". Circa i mercati in generale, per Cavatorta il primo semestre si prospetta molto difficile, mentre
nella seconda parte dell’anno dovremmo assistere a un graduale recupero delle immatricolazioni grazie all’atteso incremento dei prezzi
delle commodities e a un miglioramento delle condizioni di accesso al credito. Inoltre, per quanto riguarda i singoli prodotti, a Fabbrico
vi è fede in una tenuta della fascia di media potenza (3 e 4 cilindri, 70-130 HP), favorita da probabili sovvenzioni al settore zootecnico.
L’alta potenza (6 cilindri, oltre i 130 HP) potrebbe invece soffrire maggiormente, dato che non si ripeteranno gli effetti benefici dovuti
ai prezzi delle commodities cerealicole verificatisi nel 2008, effetti che per buona parte nel 2009 hanno sostenuto la domanda di
questo segmento.
Gli incentivi rottamazione e la domanda di trattrici agricole
La debolezza nella domanda di trattrici che ha caratterizzato il 2009, e che si prevede prosegua anche nel 2010, secondo Cavatorta è
generata principalmente da due fattori: il reddito agricolo in flessione e la difficoltà di accesso al credito. Gli incentivi alla
rottamazione, fortemente voluti dall'associazione di categoria Unacoma, andrebbero sicuramente a generare una maggiore domanda di
trattrici da parte degli operatori agricoli e pertanto Argo Tractors si organizzerà per sfruttare al meglio questa opportunità. Il mercato
dell'auto, del resto, insegna: quando lo sforzo contributivo privato si somma a quello pubblico i risultati sono molto più tangibili.
Gettando un occhio ai Paesi a noi vicini, tra i mercati significativi solo in Spagna sono in vigore dal 2007 incentivi volti al rinnovo del
parco macchine agricole obsolete. Si tratta di incentivi a partire da 80 euro/HP, quindi per un trattore da 100 HP si parla di un supporto
minimo di 8.000 euro. La composizione degli incentivi in Italia è differente da quella spagnola, essendo qui stabiliti in percentuale a non
in valore assoluto per cavallo. Si spera però che possano avere il medesimo effetto positivo sulla domanda nazionale di trattori. "In
generale - confida Cavatorta - sono a favore di tutte le iniziative volte a favorire il rinnovo del parco macchine, infatti, In Italia il numero
di trattrici obsolete è veramente importante, si stimano circa 1,2 milioni di unità, in confronto al numero di trattrici nuove immesse
annualmente sul mercato (mediamente 25.000 unità). Queste statistiche evidenziano come il rinnovo del parco macchine agricole sia la
vera sfida per abbattere significativamente le emissioni dei gas di scarico e migliorare la sicurezza degli operatori". Il processo di
ringiovanimento del parco macchine richiede però denaro e gli incentivi ne assicurano solo una minima parte. Alle aziende agricole
serve quindi che altra liquidità, in prestito, venga loro concessa da chi ha fatto dell'investimento sul lavoro altrui il proprio business.
"Altre iniziative efficaci per rispondere a queste condizioni di mercato sono quelle volte a favorire l’accesso al credito", ricorda infatti
Cavatorta. "Troppo spesso - prosegue - non è possibile concludere la vendita del trattore a causa della bocciatura delle pratiche di
finanziamento. Per uscire da questa situazione abbiamo bisogno del sostegno della politica ma soprattutto di banche professionali che
dimostrino di saper finanziare e investire in un business 'sano' come quello agricolo".
Novità Landini e McCormick per il 2010
Per quanto riguarda Landini, il 2010 sarà anno di profondo rinnovamento, impattando tutti i segmenti
della gamma. Per il campo aperto 'alta potenza' troviamo la nuova Serie 7 fino a 230 CV e nella fascia di
'media potenza' la nuova Serie 5H, oltre a motorizzazioni addizionali sul Powermondial e Powerfarm.
Completamente rinnovata anche l’offerta degli specializzati con novità tecnologiche ed estetiche
implementate nella gamma Rex. Anche i cingolati e l’utility verranno aggiornati dal punto di vista estetico.
Il marchio McCormick completa anch'esso il rinnovamento della gamma iniziato qualche anno fa. Oltre ai
nuovi motori sulla serie MTX di alta potenza, gli investimenti sono stati concentrati sul campo aperto
'media potenza', dove è stato introdotto il nuovo T-MAX. Rinnovata pure
la Serie MC ed equipaggiati i C-MAX con motori più moderni e performanti. Anche il segmento degli
specializzati è stato profondamente rinnovato con il restyling della Serie F. Gli investimenti sulla gamma
McCormick prevedono inoltre un nuovo look per la Serie T dei trattori cingolati e per la Serie CL.
Fonte: Argo Tractors spa
Stampa • Invia ad un amico • OkNotizie • Segnalo • Wikio • Del.icio.us
AGRONOTIZIELe novità per l'agricoltura
by Image Line s.r.l.
Agrimeccanica
© copyright 2010 Image Line S.a.s. e fonti indicate - P.IVA IT 02075310397 - Disclaimer - Termini e condizioni - PrivacyIscrizione nel Registro della Stampa del Tribunale di Ravenna al n° 1242 del 25/11/2004
® marchi registrati Image Line s.r.l. 1990-2008
Mostra debug
27
torna all’indice
31 Marzo 2010Donatello Sandroni
Nella casa di Migliarina di Carpi si analizzano i trend del mercato, anche in ottica ‘rottamazione’
Le prospettive secondo Goldoni
Donatello Sandroni
Le prospettive secondo Goldoni
31 Marzo 2010
Agricrisi - Le prospettive secondo GoldoniNella casa di Migliarina di Carpi si analizzano i trend del mercato, anche in ottica 'rottamazione'
L'altalena commerciale degli ultimi anni, con periodi di euforia alternati a battute
d'arresto, ha creato difficoltà a molte realtà aziendali, soprattutto in termini di
programmazione delle produzioni. Ora, con l'arrivo degli incentivi statali, ci
s'interroga sugli effetti che questi avranno non solo sui volumi complessivi di
fatturato, ma anche sulle conseguenze che questi avranno sui processi produttivi
delle aziende.
Goldoni è uno dei marchi storici italiani e rappresenta quindi un termometro
significativo per valutare 'la febbre' che in questo momento sta alzando la
'temperatura' del mercato. Dando un occhio al recente passato, il 2008 è stato per la
Goldoni l’anno più produttivo dell’ultimo decennio: la ricerca di nuovi mercati,
sommata alla chiusura d'importanti contratti di fornitura per marchi prestigiosi, hanno
permesso all'azienda di 'lanciare' un ritmo di produzione di tutto rispetto. Se si aggiunge pure qualche commessa giunta da alcuni
mercati in via di sviluppo, ben si spiega come il fatturato abbia toccato i 90 milioni di Euro. Il 2009 possiamo definirlo invece l’anno
'orribile': la crisi globale, che si è sovrapposta all'atavica crisi strutturale dell’agricoltura, ha scaraventato i mercati esteri letteralmente
in picchiata.
"La nostra azienda ha 'tenuto' sui terreni nazionali, mantenendo la quota di immatricolato e fatturato, ma l’economia aziendale è stata
condizionata da una quota sull’estero in calo a due cifre" - commenta Fabio Ferretti, marketing
manager di Goldoni (in foto). "Prevedere il 2010 - prosegue Ferretti - è difficile. Di certo i primi
due mesi, che vedono un calo del venti per cento delle quote di immatricolato, non incoraggiano.
Sappiamo però che questa 'frenata' è in parte dovuta alle anticipazioni sul contributo
rottamazione".
In effetti, a corroborare l'analisi di Ferretti, vi è lo storico delle rottamazioni precedenti, le quali
hanno portato nel mercato dell'auto dei flussi perturbati di vendite: queste tendono infatti a
rallentare prima degli incentivi, proprio nella loro attesa, come pure risentono a posteriori degli
incentivi stessi. Per lo più, infatti, gli acquisti 'sotto incentivi' sono solo anticipi su fatturati che
non possono certo essere fatti due volte. Tutto il segmento farà quindi bene a tenere presente
che molte delle vendite dei prossimi mesi saranno solo l'effetto di una sorta di 'macchina del
tempo', la quale traslerà nel presente una parte delle vendite future.
Ciò non di meno, bisogna guardare al futuro e interrogarsi su quali leve muovere per rimanere protagonisti del mercato. "Definire quali
sono gli strumenti ideali per il mercato delle macchine agricole nella nostra nazione è difficile - chiarisce a tal proposito Ferretti -. La
'rottamazione' però soddisfa 2 requisiti importanti: il primo è l’indiscussa vecchiaia dell’attuale parco macchine, la seconda è l’esigenza di
fare girare l’economia di settore. Non credo che altre strade, oltre ai consolidati PSR, portino a risultati migliori".
L'iniezione di denaro pubblico viene pertanto vista con favore anche a Migliarina di Carpi, dove si auspicano ritorni positivi tali da
risollevare almeno in parte tutto il settore. "L’arco temporale - puntualizza Ferretti - incide sicuramente in questo finanziamento, non
tanto per il termine esecutivo al 31 dicembre 2010, ma per l’ammontare del capitale totale: il rischio di una 'corsa' al contributo
rottamazione potrebbe rendere difficile il reperimento del mezzo sulla rete commerciale o presso i costruttori, considerando che questi
ultimi provengono da una annata difficile a livello di programmazione delle produzioni".
Quindi, e in effetti, si rischierebbe addirittura il famoso 'troppa grazia Sant'Antonio': dopo un periodo di vacche magre, che ha dissuaso
i costruttori dal creare stock, ora si potrebbe persino faticare a star dietro ai quantitativi richiesti. "Oltre ai finanziamenti europei a fondo
perduto, concentrati in mercati diversi da quello nazionale, attualmente non siamo a conoscenza di iniziative di 'spessore' - conclude
Ferretti - La Goldoni punterà in questo biennio su alcuni punti chiave: l'ottimizzazione della gamma, l'evoluzione del prodotto, nuove
strategie commerciali e la riduzione dei costi aziendali". Alla Goldoni i migliori auguri.
I conti con la rottamazione, e i suoi effetti sulla crisi del settore, si potranno però misurare debitamente solo alla fine del 2011, dopo
che l'onda forte degli incentivi presenti sarà stata controbilanciata dall'onda lunga di reflusso degli acquisti futuri. Sempre che nel
frattempo non avvenga il miracolo per il quale gli agricoltori si vedano finalmente remunerare il proprio lavoro in modo acconcio, invece
di subire le regole di una filiera che ha i figli nella Gdo e nell'industria di trasformazione, mentre i figliastri sono sempre quelli che stan
nei campi.
Fonte: Goldoni
Stampa • Invia ad un amico • OkNotizie • Segnalo • Wikio • Del.icio.us
AGRONOTIZIELe novità per l'agricoltura
by Image Line s.r.l.
Agrimeccanica
© copyright 2010 Image Line S.a.s. e fonti indicate - P.IVA IT 02075310397 - Disclaimer - Termini e condizioni - PrivacyIscrizione nel Registro della Stampa del Tribunale di Ravenna al n° 1242 del 25/11/2004
® marchi registrati Image Line s.r.l. 1990-2008
Mostra debug