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ALEA Associazione Laureati Economia Aziendale Università Ca’ Foscari – Venezia, Business Community dal 1985 www.aleacafoscari.com Alea News, Settembre 2014 E' vietata la riproduzione del materiale contenuto negli articoli senza autorizzazione scritta dell’autore. 1 editoriale di Maurizio Beraldo E’ tempo di Jobs Act, si parla di lavoro, lavoro per i giovani soprattutto. Abbiamo già ospitato qualche intervento su come giovani e lavoro possono incontrarsi e delle difficoltà perché questo accada: su questo punto l’attrattività delle piccole imprese può essere un problema. Nel primo articolo, vediamo come Luca Marcolin propone di cambiare i contenuti della relazione rivalutando, in pratica, le possibilità delle piccole imprese di attrarre chi è alla ricerca di un lavoro: se la grande impresa offre possibilità per maturare esperienze di valore e avere un percorso di carriera, dà meno spazio alla creatività e alle aspirazioni personali. Rivalutare la peculiarità della piccola impresa di realizzare sogni personali e inseguire visioni alimentate dalla propria creatività, può essere una direzione da imboccare per avvicinare così domanda e offerta di lavoro: anche il piccolo imprenditore deve saper condividere i propri sogni, l’altra parte coinvolta nella relazione fiduciaria che tiene insieme l’azienda. La rubrica Imprese nuove ci propone già un esempio di un paio di giovani i quali, usciti da una nota multinazionale, avviano una piccola impresa e danno vita alle proprie aspirazioni; oppure, in un altro articolo, anche il recupero di un edifico austro-ungarico, nel quale ospitare nuove imprese che si occupano di attività legate all’edilizia, è un riprendere vecchi sogni di chi c’era da parte di chi ci sarà.

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1

editoriale

di Maurizio Beraldo

E’ tempo di Jobs Act, si parla di lavoro, lavoro per i giovani soprattutto.

Abbiamo già ospitato qualche intervento su come giovani e lavoro possono

incontrarsi e delle difficoltà perché questo accada: su questo punto

l’attrattività delle piccole imprese può essere un problema.

Nel primo articolo, vediamo come Luca Marcolin propone di cambiare i

contenuti della relazione rivalutando, in pratica, le possibilità delle piccole

imprese di attrarre chi è alla ricerca di un lavoro: se la grande impresa offre

possibilità per maturare esperienze di valore e avere un percorso di carriera,

dà meno spazio alla creatività e alle aspirazioni personali.

Rivalutare la peculiarità della piccola impresa di realizzare sogni personali e

inseguire visioni alimentate dalla propria creatività, può essere una direzione

da imboccare per avvicinare così domanda e offerta di lavoro: anche il piccolo

imprenditore deve saper condividere i propri sogni, l’altra parte coinvolta

nella relazione fiduciaria che tiene insieme l’azienda.

La rubrica Imprese nuove ci propone già un esempio di un paio di giovani i

quali, usciti da una nota multinazionale, avviano una piccola impresa e danno

vita alle proprie aspirazioni; oppure, in un altro articolo, anche il recupero di

un edifico austro-ungarico, nel quale ospitare nuove imprese che si occupano

di attività legate all’edilizia, è un riprendere vecchi sogni di chi c’era da parte

di chi ci sarà.

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Sommario

La soluzione per far incontrare domanda e offerta di lavoro passa attraverso la ricostruzione di una dimensione di comunità, di Luca Marcolin

Imprese nuove

Con PriMo i fan nella cabina di guida di un Gran Premio automobilistico, di Francesca Iannelli, AREA Science Park, Trieste Techno Seed, 50mila euro di prestito senza garanzie alle start up, di Francesca Pozzar, Friuli Innovazione Progetto Manifattura, il primo incubatore green d’Italia, di Emanuele Bompan, Trentino Sviluppo

Finanziamenti privati per lanciare un prodotto nuovo, di Astrid Brunetti, Heiko Schoberwalter, Eva Pichler, TIS innovation park Hai poco tempo per leggere ? Un’APP lo fa per te, di Gabriella Parmesan, Vega L’isolamento termoacustico del terzo millennio è a base di carta, di Alessandro Tibaldeschi, I3P, Torino

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La soluzione per far incontrare domanda e offerta di lavoro passa attraverso la ricostruzione di una dimensione di comunità

Riprendo un dibattito che si è sviluppato nei media e in rete sulla

distanza tra giovani e lavoro, tra preparazione scolastica e necessità

delle imprese. Se da una parte ci sono giovani con grandi capacità e cresciuti in

ambienti molto stimolanti, molti altri coltivano una visione del mondo poco

congruente con la realtà, con aspettative che vengono poi frustrate da lavori mal

retribuiti ma soprattutto non in grado di far fare un percorso di crescita e di

professionalizzazione.

Sicuramente c’è spazio per un ruolo di aiuto e di indirizzo da parte delle scuole e

delle università che con gli stage e gli uffici di placement possono aiutare il

dialogo tra lavoro e impresa. E ancora di più si può fare stimolando giovani e

imprese a ridefinire la dinamica della loro relazione.

Da un lato c’è da aiutare i nostri giovani a prendersi ancora di più la

responsabilità di se stessi. Prima ancora che di sicurezze contrattuali ed

economiche quali sono le esperienze e le competenze che vogliono costruire?

Come aiutarli a farle emergere ? Lavorando sul proprio sviluppo personale,

approfondendo la consapevolezza delle nostre passioni e dei propri talenti,

sviluppando proprio un piano di crescita personale che parta dalla fine, da dove

vogliamo arrivare, per sapere cosa accettare e a quali condizioni.

Ma aiutarli anche a non entrare in una pericolosa dinamica negoziale che li vede

facilmente perdenti. E ad assumere invece un approccio di maggiore

imprenditorialità personale. Un grande formatore come Zig Ziglar diceva che

“Potete ottenere tutto dalla vita purchè siate capaci di aiutare gli altri

ad ottenere ciò che vogliono”. E allora la domanda che dobbiamo aiutare i

nostri giovani a farsi e a fare è questa: “posso aiutarti?” e interrogarsi su come

possono proporre il loro contributo alle imprese.

di Luca Marcolin,

luca.marcolin@familybusine

ssunit.it

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Ma il report di Mc Kinsey, “Education to employment: Designing a system that

works”, punta il dito anche sui limiti delle imprese: della loro scarsa attrattività

soprattutto quando sono più piccole, sotto i 50 dipendenti, come spesso capita

dalle nostre parti. Attrattività che manca per la fatica a comunicare le proprie

esigenze e ad offrire opportunità di lavoro che abbiano contenuti di autonomia e

di responsabilità.

Un limite storico delle piccole imprese, tutte incentrate sulla figura

dell’imprenditore che fatica a delegare e a condividere il proprio progetto e la

propria visione. Un limite ancora più grande quando le incertezze di questo

periodo impediscono di avere certezze e convinzioni sugli sviluppi futuri

dell’impresa.

E’ proprio a partire dai nostri imprenditori e dalla loro visione di fare

impresa che possiamo ristabilire una nuova relazione tra giovani e

imprese.

Dobbiamo aiutare i nostri imprenditori a riprendersi in mano sogni e visioni,

chiedendo una amministrazione pubblica che non li soffochi con richieste sempre

più vessatorie, sia dal punto di vista fiscale che da quello normativo e

sanzionatorio, come ancora sullo stesso Corriere segnala Severgnini, parlando di

locali pubblici.

Riprendere in mano sogni e visioni che possono allora essere condivisi, possono

essere alla base di una proposta di lavoro che diventa un percorso da fare insieme

per la crescita di entrambi. Non siamo più nella condizione di avere grandi

imprese che promettono ai giovani percorsi di carriera predefiniti e

professionalizzanti, come capitava fino a qualche decennio fa. Siamo però nella

condizione di ripartire da un contratto che prima ancora che giuridico è

psicologico, relazionale. Fondato sulla fiducia e sul rispetto reciproco per

costruire qualcosa che vada oltre alla contingenza del momento.

Non è neanche più solo una gara all’eccellenza, al talento, intesa in senso

assoluto, con il rischio di un mercenarismo individualista che non fa bene a

nessuno.

E’ invece la sfida di tornare ad investire insieme, giovani e imprese, per costruire

comunità di passioni e di interessi, dove poter accettare il limite dell’inesperienza

da una parte, dell’incertezza dall’altra.

E’ un recuperare al meglio la storia delle nostre imprese di famiglia,

dove la passione e la visione di uno veniva supportata dall’impegno e dal

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sacrificio di amici e parenti che ne sposavano l’idea e lo supportavano. Ecco, è

forse giunto il momento di dare la nostra versione di quel capitalismo

consapevole di cui tanto si parla anche all’estero, di fondare o rifondare imprese

che diventino imprese-famiglie, comunità fondate non solo sul sangue ma

anche sulla partecipazione al progetto imprenditoriale.

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Con PriMo i fan nella cabina di guida di un Gran Premio automobilistico

La 42° edizione dell’Oldtimer Grand Prix di

Nürburgring, tra le gare di auto d’epoca più

popolari al mondo, svolta 8 al 10 agosto scorsi

ha offerto agli appassionati delle quattro ruote

di tutto il mondo una nuova modalità di

fruizione dello spettacolo. Per la prima volta in

un gran premio di questo tipo è stato infatti possibile salire virtualmente a bordo

delle vetture in competizione, accanto ai piloti nelle cabina di guida, grazie a una

diretta streaming in alta definizione. Il tutto utilizzando un sistema integrato che

combina produzione, distribuzione e consumo di contenuti utilizzando una rete

mobile LTE dedicata all’evento. L’alta capacità trasmissiva della rete mobile LTE,

combinata con la facilità di installazione e i bassi ritardi, consente lo streaming

video da telecamere in movimento ad alta velocità.

La tecnologia è sperimentata da Deutsche Telekom che ha installato diverse

telecamere lungo il circuito e a bordo delle autovetture. La piattaforma di video

streaming si avvale della tecnologia di Smart Mobile Labs che consente di

controllare le telecamere in modalità wireless, di Dream Chip Technologies,

produttore di telecamere già utilizzate in molti eventi sportivi e nel corso di

alcune partite della Bundesliga, e Alpwerk responsabile del controllo dei segnali

audio/video. A rendere possibile la diretta ci ha pensato la rete dedicata LTE che

utilizza apparati radio di Nokia e il sistema PriMo di Athonet, azienda di AREA

Science Park, il parco scientifico e tecnologico di Trieste, specializzata nello

sviluppo di sistemi avanzati per telecomunicazioni mobili. PriMo ha assicurato

ottimi risultati in termini di performances e affidabilità a costi di produzione

limitati, candidando potenzialmente questa tecnologia alla copertura di un largo

numero di eventi sportivi e gare in futuro.

Athonet e la tecnologia PriMo

La tecnologia di PriMo (Private Mobile), progettata e sviluppata da Athonet, è già

attiva in diverse reti mobili commerciali in giro per il mondo. È la prima rete LTE

di Francesca Iannelli,

[email protected]

este.it

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per le Smartgrids, già sperimentata con successo in occasione del terremoto

dell’Emilia del Maggio 2012, e più di recente, lo scorso maggio, usata anche nelle

riserve naturali del Sud Africa in combinazione con i droni per salvare i

rinoceronti dal bracconaggio. Athonet è una delle aziende leader nella

costruzione di reti cellulari a banda larga per usi mission-critical e per coperture

in zone soggette al digital divide. Con PriMo ha perfezionato il sistema cellulare a

banda larga di terza e quarta generazione, rivoluzionando il concetto di rete

mobile locale, superando i limiti delle reti Wi-Fi e permettendo di utilizzare la

rete cellulare come un'estensione della intranet aziendale e per coperture

"hotspot" (es. zone ad alta concentrazione di traffico, zone poco connesse ecc.) e

reti di emergenza.

La soluzione è in grado di offrire capacità aggiuntiva e copertura dedicata in aree

d'interesse specifico senza gravare sulle reti mobili tradizionali degli operatori. In

questo modo vengono risolti i problemi di congestione delle reti mobili causati

dall'adozione di massa di cellulari, smartphone e chiavette dati, che richiedono

costante accesso ad Internet. Inoltre, la soluzione può offrire un servizio

privilegiato e un accesso radio a larga banda anche all'interno di edifici e in

generale dove più ce ne sia bisogno. PRIMO diventa così la rete mobile ideale per

aziende, aeroporti, ospedali, campus universitari, zone industriali a forte

automazione, piattaforme petrolifere e campi di estrazione, navi, aerei, hotspot e

anche intere aree territoriali soggette al digital divide. L'estrema facilità

d'installazione, la trasportabilità e i consumi energetici minimali ne fanno una

soluzione privilegiata anche per operazioni di pubblica sicurezza e per l'affidabile

copertura di aree disastrate dove è opportuna la messa in opera di una rete

UMTS/HSPA/LTE in pochi minuti.

La storia di Athonet

La storia di Athonet e dei suoi fondatori è

quella di un ritorno sulla direttrice Italia-

Svezia, passando per l'Inghilterra. E' infatti a

Stoccolma, dove lavoravano per la Ericsson,

che Karim e Gianluca, entrambi ingegneri, si

conoscono nel 1999. Karim El Malki, di padre

egiziano e di madre veneta, primo ideatore

della soluzione mobility gateway da cui

origina PRIMO è nato a Roma. Trasferitosi in

Inghilterra per frequentare l'università, ha

lavorato al proprio dottorato di ricerca in

collaborazione con Ericsson. Da questo lavoro

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è scaturito un brevetto per la cancellazione del rumore di sottofondo nelle

telefonate, in seguito adottato da molte aziende di telecomunicazioni. A Sheffield,

Inghilterra, è stato anche professore associato e ha fondato un suo gruppo di

ricerca su Mobile IP. Gianluca Verin, nato a Bassano del Grappa, studia

ingegneria delle telecomunicazioni all'università di Padova. Quando parte per

l'Erasmus in Inghilterra, nel 1994, sembra andare incontro al destino di molti

della sua generazione: quello del "non ritorno". In Inghilterra segue anche un

master e in quel Paese, dopo la laurea, torna per cominciare a lavorare per

Ericsson. Si trasferisce quindi ai quartieri generali in Svezia nel 1999, per

occuparsi delle problematiche dovute all'esplosione del traffico dati legato alla

diffusione di Internet.

Nel 2005, Karim e Gianluca decidono di lasciare Ericsson e di dar seguito al

"sogno nel cassetto", fondando Athonet. La loro intuizione è che la trasmissione

dati in mobilità subirà una crescita esponenziale e gli attuali sistemi di rete

mobile necessiteranno di un significativo aumento in efficienza, miglioramento

delle prestazioni e semplificazione delle architetture di rete. Iniziano l'avventura

come "impresa da garage", a basso costo, con montagne di ore lavorate la notte e

nei giorni di festa. Una tipologia di azienda che sembra più tipica delle storie

pionieristiche da Silicon Valley americana, dove il venture capital funziona e la

paura di rischiare non scoraggia nessuno. Ma in Italia… Eppure Karim e Gianluca

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ci credono, compiono una scelta contro corrente e decidono di rimanere nel loro

Paese perché, dopo molti anni di esperienza all'estero, vogliono dimostrare che

certe cose sono possibili anche da noi. In effetti, siamo la nazione che ha dato i

natali a Guglielmo Marconi che di propagazione radio, fondamento della

comunicazione cellulare, se ne intende. Operano alacremente fino a che

l'innovazione giusta non vede la luce.

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Techno Seed, 50mila euro di prestito senza garanzie alle start up

Tra gli strumenti a supporto della creazione

di nuova impresa il fondo di rotazione, con

una dotazione di 135mila euro, resta uno dei

servizi considerati più importanti dai

neoimprenditori

Oltre 400 idee di business vagliate, un centinaio di business plan valutati, ma

soprattutto 34 imprese accompagnate nella fase di start up, tutte ancora attive sul

mercato, sono la cartina tornasole dell’incubatore certificato di Friuli

Innovazione, che opera a Udine dal 2005.

Tra i servizi erogati – mentoring, sviluppo di business plan, consulenze

specialistiche, formazione e molto altro – ha un peso strategico il fondo di

rotazione, che grazie a un recente accordo con le Banche di Credito Cooperativo

del Friuli Venezia Giulia - prima realtà ad aver raccolto l’appello di Friuli

Innovazione ad aumentare la dotazione del fondo - dispone oggi di un capitale

complessivo di 135mila euro.

di Francesca Pozzar,

Friuli Innovazione

francesca.pozzar@friulinno

vazione.it

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Il fondo permette di destinare alle start up innovative incubate in Techno Seed un

prestito fino a 50mila euro, da restituire in media in 5 anni. La particolarità è che

non si richiede ai giovani imprenditori che superano la selezione del comitato di

fornire garanzie, trattandosi di una specie di prestito sull’onore.

Il fondo di rotazione è stato creato nel 2006 con la partecipazione di

Mediocredito Fvg, FriulAdria, Federazione delle Bcc del Friuli Venezia Giulia,

NordEst Banca, Cassa di Risparmio del Friuli Venezia Giulia e Banca di Cividale

ed ha anticipato di ben sei anni quanto proposto dal Governo con la legge 221 nel

dicembre 2012, che ha voluto incentivare la nascita di start up innovative anche

attraverso delle formule per semplificare l’accesso al credito delle start up.

Formule che però rimangono ancora adesso di complicata attuazione in gran

parte del Paese.

Naturalmente, a fronte di ogni prestito erogato, l’incubatore Techno Seed segue

da vicino gli sviluppi delle start up beneficiarie, mettendo a loro disposizione

servizi specialistici e supportandole nel percorso di crescita per assicurarsi che

l’investimento venga ben sfruttato dal team imprenditoriale. Alcune tra le prime

start up nate in Techno Seed hanno utilizzato il fondo e lo considerano tra gli

elementi che hanno contribuito di più al consolidamento della loro azienda nelle

fasi iniziali.

“Abbiamo avuto accesso al fondo di rotazione nel 2008 – racconta Sebastian

Raducci, titolare di Datamind srl, azienda insediata al Parco Scientifico e

Tecnologico di Udine che sviluppa e fornisce prodotti software e consulenza

in campo scientifico, medico e industriale – Ciò ci ha permesso di far crescere

l’azienda assumendo personale specializzato. Questo investimento si è

tramutato in produzione e posizionamento sul mercato di nuovi software per

l’elaborazione delle immagini. Il fondo di rotazione è stato come un buffer, che ci

ha permesso di svolgere il nostro lavoro in totale tranquillità, restituendo il

prestito senza interessi e con un anno e mezzo di preammortamento.”

Simile l’esperienza di un’altra delle prime start up fondate in Techno Seed, la

EasyStaff srl, azienda che sviluppa e commercializza soluzioni per

l’ottimizzazione degli aspetti organizzativi aziendali e delle risorse umane fondata

nel 2006 e acquisita dal player internazionale Zucchetti nel 2013.

“In particolare – racconta Fabio De Cesco, amministratore e socio fondatore - il

fondo ci ha permesso di anticipare gli investimenti per il primo progetto di

ricerca per il quale EasyStaff aveva richiesto un contributo regionale. Una volta

completato il progetto di ricerca e incassato il contributo, abbiamo restituito,

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come da accordi, il prestito. È come aver avuto un salvagente mentre

imparavamo a nuotare; questo ci ha permesso di sviluppare le nostre soluzioni

con molta più tranquillità. E quando hai la tranquillità nel fare le cose, anche la

qualità ne guadagna.”

Le imprese sviluppate in Techno Seed vedono oggi occupate circa 170 persone tra

soci, dipendenti e collaboratori e hanno un fatturato stimabile, nel 2013, di quasi

4 mln di euro.

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Progetto Manifattura, il primo incubatore green d’Italia

Varcando le possenti porte della manifattura tabacchi di

Rovereto difficilmente ci si immagina di imbattersi in

uno degli spazi di lavoro più innovativi d’Italia.

Dimenticatevi di incubatori generici o dei co-working

milanesi, tutto inglese e digital hi-tech. Qua è nato il

primo incubatore d’imprese orientato alla sostenibilità e

all’economia verde. Il nome, che esplicita la sua

vocazione, è Progetto Manifattura – Green Innovation

Factory. Al suo interno operano imprenditori di ogni

settore dall’edilizia verde alle reti elettriche intelligenti, dagli impianti rinnovabili

di futura generazione alla moda “eco”.

Attualmente a Progetto Manifattura ci sono 40 start-up, alcune già imprese

mature con vari milioni di fatturato, altre ancora alla fase inziale. Per

quest’ultime esiste il programma Greenhouse, dove sono assistiti per strutturare

la propria idea d’impresa e per perfezionare i propri prodotti o servizi. Progetto

di Emanuele Bompan,

comunicazione@progettom

anifattura.it

Foto di Florio Badocchi

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Manifattura offre loro infrastrutture, affiancamento e formazione professionale. I

“grandi” invece sono incubati nel programma Innovation Factory, già pronti ad

aggredire il mercato, dove grazie a mentoring professionale, formazione continua

e collegamento con investitori hanno numerose opportunità per far crescere il

proprio business.

Lo stesso progetto degli spazi di Progetto Manifattura è simbolo di un nuovo

modo di fare impresa. Da un lato, con un occhio al passato grazie ad

un’importante riqualificazione degli edifici del 1854 della manifattura austro-

ungarica. Dall’altro si guarda al futuro, con spazi di lavoro salubri e a basso

impatto, inclusa una nuova area produttiva tutta in legno progettata dall’archistar

Kengo Kuma, a basso impatto energetico e dotata di tutti gli accorgimenti

dell’architettura sostenibile più radicale.

Entro il 2017, infatti, saranno infatti aperti quasi 20mila metri quadri di spazi per

la manifattura leggera. Spiega Gianluca Salvatori, ideatore del progetto «La

tipologia produttiva del nostro paese è particolarmente adatta a questa modalità

produttiva, perché le imprese piccole, snelle e in rete hanno mostrato di essere

più efficaci della grande impresa fordista a fronteggiare questo nuovo scenario.

Anche mobilitando le risorse culturali e sociali dei contesti locali. Facendo

innovazione low cost in settori tradizionali, cercando soluzioni a partire dai

problemi, senza modelli precostituiti. Mescolando high tech e low tech, senza

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piegarsi al mito delle monoculture tecnologiche e senza ricreare finte Silicon

Valley dove non possono crescere».

Celebrata da giornali come La Stampa, Corriere, Wired, come una delle

avanguardie dell’impresa nel XXI secolo (a breve avrà il più grande laboratorio di

prototipazione 3D d’Italia), Manifattura va a completare l’offerta dei tanti

incubatori, aprendo su uno dei segmenti economici più in crescita, quello della

green economy. Curiosi di visitarla? Contattate la segreteria sul sito

www.progettomanifattura.it

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Finanziamenti privati per lanciare un prodotto nuovo

Il TIS aiuta a trovare Business Angel: con una

start up l’ultimo successo

Trovare soldi da investitori privati per le aziende

innovative altoatesine: questo è uno dei compiti che

l’Incubatore d’imprese del TIS porta avanti da 16 anni.

L’ultimo successo: la start-up ARS Meccanica Dolomiti

ha appena concluso un accordo con un finanziatore privato, un cosiddetto

“Business Angel”, per ultimare le proprie attività di ricerca & sviluppo e mettere

quindi in produzione il proprio prodotto.

«Siamo una start-up giovane e per

mettere sul mercato il nostro prodotto

abbiamo bisogno di capitali esterni»

afferma Heinrich von Lutterotti,

cofondatore dell’azienda. «Grazie al

supporto del TIS abbiamo trovato un

Business Angel per la nostra azienda»

afferma soddisfatto von Lutterotti.

L’apporto finanziario permetterà alla

ARS Meccanica Dolomiti di mettere

in produzione da settembre 2014

Quikky, l’innovativo aggancio-rapido

a perno rotante che velocizza e

semplifica il sollevamento, il

trasporto e la messa in sicurezza tutti

i carichi, specialmente per pesi oltre

le 5 tonnellate.

di Astrid Brunetti, Heiko

Schoberwalter, Eva Pichler,

TIS innovation park

[email protected]

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La rete dei Business Angel al TIS

Nella rete di contatti del TIS non ci sono solo 19 Business Angel altoatesini tra

imprenditori ed ex-imprenditori, ma anche finanziatori privati del nord Italia e di

tutto l’arco alpino. Queste figure, sempre più importanti per aiutare le piccole

aziende a fare un salto di qualità, sono investitori privati che mettono a

disposizione del capitale di rischio per imprese o progetti imprenditoriali ad alto

potenziale di crescita. «Convincere un investitore che vale la pena investire in un

prodotto innovativo non è facile» spiega

Hubert Hofer, direttore del TIS «ll nostro

incubatore d’imprese prepara quindi le

aziende innovative ad affrontare al meglio

questa sfida». Il pacchetto di servizi del TIS va

dalla valutazione del progetto, alla

preparazione ai colloqui con il finanziatore al

coinvolgimento di eventuali esperti, dalle

prime trattative alla conclusione dell’accordo.

Nell’ambito della strategia finanziaria, inoltre,

il TIS supporta l’azienda anche per combinare eventuali finanziamenti privati con

agevolazioni pubbliche.

Per aziende che vogliono entrare sul mercato con un prodotto innovativo o che

vogliono mettere in produzione un prototipo funzionante, i Business Angel

rappresentano una preziosa opportunità: non solo possono supportarle

economicamente, bensì anche mettendo loro a disposizione, oltre al capitale,

anche il proprio know-how e rete di contatti. «Al momento abbiamo otto casi

aperti, » spiega Hofer «abbiamo notato che a seguito della crisi sono aumentate le

richieste di finanziamento privato: nascono sempre nuovi progetti innovativi, sia

di start-up che di aziende già affermate. C’è quindi bisogno di finanziamenti per

permettere a questi progetti di crescere più velocemente».

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Hai poco tempo per leggere ? Un’APP lo fa per te

Nasce Lectios, la prima app italiana che rivoluziona il

modo in cui l'utente si aggiorna su tutto ciò che gli serve

o interessa, permettendogli di ottimizzare il tempo

impiegato negli spostamenti casa-lavoro, o mentre fa

sport.

Lectios, applicazione ideata e progettata dalla giovane start up di Tommaso

Cardone, Francesco Pra Levis e Jacopo Penso, insediata all’interno di Vega

InCube, l’incubatore certificato del Parco Scientifico e Tecnologico di Venezia,

sarà presentata ufficialmente domani a Treviso in occasione della manifestazione

“Treviso Creativa”. Da domani, l’app sarà disponibile sul sito www.lectios.com.

Basata su un sistema TTS (Text To

Speech), Lectios offre una

traduzione vocale di testi di

altissima qualità e consente

all'utente di selezionare i contenuti

che più gli interessano: articoli di

un quotidiano online, post del blog

preferito, una ricetta per la cena. A

quel punto basta infilare le

auricolari e cliccare "play" per avviare la riproduzione mentre si è in macchina, si

fa jogging o si è in coda al supermercato.

«Lectios seleziona i testi per l'utente e rende accessibile ai multitasker ogni tipo

di testo presente in Rete in formato audio e supera le limitazioni date dai testi

legati a feed RSS o da playlist rigide. – dichiarano i tre startupper - Oltre a

selezionare manualmente gli indirizzi web di interesse, l'utente può farsi ispirare

dalle categorie di Lectios, scegliendo di riprodurre ad esempio gli articoli più

ascoltati o condivisi sui social network dagli altri utenti, o le ultime pubblicazioni

dei siti inseriti fra i preferiti. Lo smartphone, quindi, diventa uno strumento con

cui poter ascoltare anche tracce audio per informarsi.

di Gabriella Parmesan,

[email protected]

Page 19: Aleanews 2014 3 1 0

ALEA Associazione Laureati Economia Aziendale Università Ca’ Foscari – Venezia, Business Community dal 1985 www.aleacafoscari.com

Alea News, Settembre 2014

E' vietata la riproduzione del materiale contenuto negli articoli senza autorizzazione scritta dell’autore.

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«L’azienda veneziana è una delle eccellenze tra le 21 start up dell’Incubatore Vega

che operano principalmente nei settore dell’ICT. - dichiara Tommaso Santini,

amministratore delegato di Vega Scarl - Il primato di questa start up conferma il

ruolo di Vega InCube quale polo strategico di ricerca e innovazione. L’incubatore,

infatti, si pone come attuatore del trasferimento tecnologico e facilitatore

dell’innovazione, vero e proprio luogo “fisico e in rete” di una nuova

imprenditorialità».

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ALEA Associazione Laureati Economia Aziendale Università Ca’ Foscari – Venezia, Business Community dal 1985 www.aleacafoscari.com

Alea News, Settembre 2014

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L’isolamento termoacustico del terzo millennio è a base di carta

Chi si occupa di riciclo, insegna

che i rifiuti non andrebbero visti

solamente come gli scarti

dell'attività umana bensì come

risorse a cui attingere per

realizzare nuovi prodotti

innovativi ed ecologici. È il caso

di Nesocell, spin-off del

Politecnico di Torino e start up

incubata in I3P, che partendo dai

rifiuti di cartiera ha realizzato una soluzione semplice ed economica per

aumentare l'efficienza energetica delle abitazioni.

Il sistema di produzione ideato dall'azienda (protetto da una serie di brevetti

internazionali) utilizza gli scarti di raffinazione della cellulosa di cartiera per

realizzare un prodotto “di riciclo” in grado di isolare a livello termico ed acustico

gli edifici. “Il processo produttivo - spiega Nesocell - si differenzia dai processi

tradizionali basati su lavorazioni esclusivamente a secco e si compone di una serie

di fasi: la macinazione della materia prima (scarti di lavorazione di cartiera) che

viene ridotta in frammenti di dimensioni opportune, la macerazione in ambiente

umido, l’aggiunta di additivi, l’essiccazione in condizioni controllate, fino a

formare il prodotto”. Trattandosi di un materiale di “carta” destinato all'utilizzo

in ambito residenziale sorge spontanea la domanda: come si comporta il prodotto

a contatto con il fuoco? “Durante la lavorazione – spiega l'azienda - il materiale

viene stabilizzato mediante additivi naturali al fine di renderlo ignifugo e di

preservarne la durabilità. Tale trattamento rende il prodotto anche non

attaccabile da insetti, muffe, roditori e batteri, e non si deteriora se esposto

all’aria e all’umidità”.

di Alessandro Tibaldeschi,

[email protected]

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Il prodotto finale della lavorazione si presenta come una ovatta (cotone) di

cellulosa di legno e la natura sciolta di questo innovativo isolante favorisce

l'installazione sia nelle nuove costruzioni, sia nelle costruzioni esistenti in modo

particolare su intercapedini murarie, tetti e sottotetti. L’installazione prevede

l’insufflaggio dei fiocchi di cellulosa all’interno dell’intercapedine. L’operazione

può essere condotta sia dall’interno che dall’esterno dell’edificio (predisponendo

in questo caso gli opportuni ponteggi) e nel caso di condomini può riguardare

l’intera struttura od i singoli alloggi.

Il potenziale risparmio ottenuto con l'utilizzo dei fiocchi è significativo. Nesocell

ha calcolato che “l’installazione dei fiocchi di cellulosa Nesocell migliora

l’isolamento termico e consente quindi di ottenere una riduzione dei costi di

climatizzazione invernali che si attesta in media sul 25-45% e può superare il

50%”. Tradotto in termini monetari, in base a monitoraggio effettuato su

condominio di 26 alloggi ad Alba (CN), Nesocell ha calcolato un risparmio nel

primo anno di 12.000 euro a fronte di un costo dell’intervento di circa 33.000

euro. Ma i vantaggi, sottolinea l'azienda, non si limitano solamente al periodo

invernale: “Gli isolanti Nesocell permettono di raggiungere elevati livelli di

risparmio energetico sia per quanto riguarda le spese di riscaldamento invernale,

sia per quanto riguarda i costi di climatizzazione nel periodo estivo”. I fiocchi di

cellulosa vanno infatti a “correggere opportunamente lo sfasamento termico

estivo limitando considerevolmente l'effetto di surriscaldamento serale delle

abitazioni”.

E in termini ambientali, quali sono i vantaggi dell'innovazione targata Nesocell?

L'azienda ci tiene a sottolineare che si tratta di un prodotto “a impatto ambientale

negativo” in quanto “le emissioni di CO2 risparmiate durante la vita del prodotto

sono superiori a quelle immesse in ambiente per produrlo”. E non solo. “Allo

stesso tempo i fiocchi di cellulosa Nesocell rispondono al criterio di materiale

riciclato in quanto il processo produttivo si occupa di recuperare cascami

industriali altresì conferiti in discarica”.

Vantaggi che si ripercuotono nel prodotto a fine vita. “La base naturale degli

isolanti – conclude Nesocell - garantisce una elevata traspirabilità e la possibilità

di smaltire a fine vita il prodotto senza dover ricorrere a pesanti spese di

smaltimento”.