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Analisi Matematica II Richiami di Algebra lineare. Forme quadratiche. Claudio Saccon 1 1 Dipartimento di Matematica, Via F. Buonarroti 1/C,56127 PISA email: claudio.sacconCHIOCCIOLAunipi.it sito web: http://pagine.dm.unipi.it/csblog1/ orario di ricevimento: Venerdì mattina alle 9.30 Claudio Saccon (Dipartimento di Matematica) Analisi Matematica II 1 / 56

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Analisi Matematica IIRichiami di Algebra lineare. Forme quadratiche.

Claudio Saccon1

1Dipartimento di Matematica, Via F. Buonarroti 1/C,56127 PISAemail: claudio.sacconCHIOCCIOLAunipi.it

sito web: http://pagine.dm.unipi.it/csblog1/orario di ricevimento: Venerdì mattina alle 9.30

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Una classificazione

Come detto si vogliono studiare delle funzioni f : RN → RM

Volendo fare una distinzione a seconda della dimensione degli spazi inpartenza e in arrivo si può introdurre la seguente nomenclatura.

Funzioni REALI di UNA variabile reale: f : R→ R(studiate ad Analisi 1)Funzioni VETTORIALI di UNA variabile reale: f : R→ RN

(le curve)Funzioni REALI di N variabili reali (tipicamente 2 o 3): f : RN → RFunzioni VETTORIALI di N variabili reali: f : RN → RM

(campi vettoriali se N = M)

Servirà studiare la proprietà degli spazi di dimensione maggiore di uno (ilpiano, lo spazio che poi si generalizzano a RN) che hanno una geometriamolto più ricca di quella della retta

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Punti – coordinate – vettori

Cominciamo cercando di capire cosa intendiamo con spazi N-dimensionali.Chiaramente la motivazione per la loro introduzione è lo studio di fenomeniche avvengono nello spazio fisico tridimensionale (o nel piano). Per questoricordiamo come si rappresentano i punti del piano e dello spazio.

Un concetto fondamentale è la corrispondenza biunivoca

punti←→ coordinate

Una delle prime cose che si impara è che l’insieme dei numeri reali R può

essere visto come una retta, una volta fissati un’origine O e un’unità dimisura E1.

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Punti – coordinate – vettori

Nel caso del piano, fissato un sistemadi assi cartesiani (due retteperpendicolari che si incontrano in unpunto O detto origine, ognuna dellequali con un’unità di misura)possiamo associare in manieraunivoca a ogni punto P del piano unacoppia di numeri reali (p1, p2) con ilprocedimento ben noto illustratonella figura.

p1 e p2 sono detti le coordinate del punto P nel sistema di riferimentodeterminato da 0, E1 ed E2.

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Punti – coordinate – vettori

Analogamente ogni punto dellospazio è univocamente associato auna terna di coordinate (una voltafissato un sistema di riferimento).

Nella figura πxy (P), πxz(P) e πyz(P)indicano le proiezioni di P sui pianixy , xz e yz (che hanno coordinate(p1, p2, 0), (p1, 0, p3), (0, p2, p3) ).

Similmente i punti di coordinate(p1, 0, 0), (0, p2, 0) e (0, 0, p3) sonole proiezioni di P sugli assi x , y e z .

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Punti – coordinate – vettori

Per quanto ci riguarda il piano si può identificare conR2 = {(x , y) : x ∈ R, y ∈ R}. Lo spazio si può identificare conR3 = {(x , y , z) : x ∈ R, y ∈ R, z ∈ R}.

Probabilmente un fisico non sarebbe d’accordo, dato che la corrispondenzatra punti e coordinate dipende dal sistema di riferimento.Noi però ci interesseremo poco di problemi di modellizzazione e lavoreremoesclusivamente con le coordinate). Utilizzeremo l’identificazionesoprattutto per guidare l’intuizione a capire i concetti via via introdotti.

Generalizzando i casi precedenti (N = 1, 2, 3) considereremo RN , che èl’insieme delle N-uple (ordinate) di numeri reali. Naturalmente se N > 3l’intuizione geometrica viene a mancare.

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Punti – coordinate – vettori

vettori applicatiUn vettore applicato è un’oggetto che ha un punto di applicazione, unalunghezza, una direzione e un verso. Si può immaginare un vettore comeun segmento orientato, una “freccia”, che parte dal punto di applicazione.

U vettore applicato si può indicare con−→PQ dove P è il punto di

applicazione e Q è “l’altro estremo della freccia”.

È naturale definire la somma−→PQ +

−→QR :=

−→PR (definita solo se i due

addendi sono “consecutivi”).

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Punti – coordinate – vettori

equivalenza tra vettori applicatiDue vettori applicati si dicono equivalenti seuno dei due è ottenibile dall’altro medianteuna translazione (in particolare sonoparalleli).

FattoSupponiamo che P ↔ (p1, . . . , pN), Q ↔ (q1, . . . , qN) P ′ ↔ (p′1, . . . , p

′N),

Q ′ ↔ (q′1, . . . , q′N). Allora

−−→P ′Q ′ è equivalente a

−→PQ se e solo se

p′1 − p1 = q′1 − q1, . . . , p′N − pN = q′N − qN .

Detto altrimenti−→PQ e

−−→P ′Q ′ sono equivalenti se e solo se esistono

w1, . . . ,wN in R tali che:

p′1 = p1 + w1, q′1 = q1 + w1, . . . , p′N = pN + wN , q′N = qN + wN .Claudio Saccon (Dipartimento di Matematica) Analisi Matematica II 8 / 56

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Punti – coordinate – vettori. Esempio

Se P ↔ (1, 3), Q ↔ (2,−1), P ′ ↔ (2, 2), Q ′ ↔ (3,−2) allora−→PQ è

equivalente (parallelo) a−−→P ′Q ′. Infatti:

p′1 − p1 = 2− 1 = 1q′1 − q1 = 3− 2 = 1,p′2 − p2 = −2− 3 = −1,q′2 − q2 = −2− (−1) = −1.

Si noti il ruolo del vettore−−→0W dove W ↔ (1,−1).

Esercizio Si dica se−→PQ è equivalente a

−−→P ′Q ′ dove P,P ′,Q,Q ′ sono

punti dello spazio di coordinate:

P ↔ (1,−1, 3),Q ↔ (5, 0,−1),P ′ ↔ (3,−3, 4),Q ′ ↔ (7,−2, 0)

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Punti – coordinate – vettori

vettori liberiChiamiamo vettore libero o semplicemente vettore una classe diequivalenza di vettori applicati equivalenti.Per individuare un vettore si può sceglire il rappresentante applicato in O.

I vettori liberi sono in corrispondenza con i punti:

P ←→−→OP

e quindi i vettori liberi – li chiameremosemplicemente vettori – si possono anche loroidentificare con gli elementi di RN (confondendoil generico punto P con il suo “displacement”

−→OP

rispetto all’origine).

Spesso indicheremo un vettore in modo più conciso, con un simbolo deltipo ~v (in cui la freccia ci ricorda la natura vettoriale).

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Punti – coordinate – vettori

Conviene pensare che “i vettori spostino ipunti” definendo:

P +−→OQ = Rm (def)

−→PR è equivalente a

−→OQ

In questo modo un vettore (libero) risulta essere “differenza di punti”:

−→OQ = R − P dove R e Q sono tali che

−→RQ è equiv. a

−→OQ

(la differenza di punti produce un vettore).

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Punti – coordinate – vettori

Fatto

Se P ↔ (p1, . . . , pN), Q ↔ (q1, . . . , qN) e R = P +−→OQ, allora

R ↔ (p1 + q1, . . . , pN + qN)

Se infatti R ↔ (r1, . . . , rN) e se vogliamo che−→OQ sia equivalente a

−→PR,

allora per quanto visto (nota che O ↔ (0, . . . , 0)):

p1 − 0 = r1 − q1, . . . , pN − 0 = rN − qN

da cui r1 = p1 + q1, . . . , rN = pN + qN .

Fatto (rilettura delle definizioni)

Due vettori applicati−→PQ e

−−−→P1Q1 sono equivalenti se e solo se c’è un

vettore−−→OW tale che P1 = P +

−−→OW e Q1 = Q +

−−→OW .

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Punti – coordinate – vettori

Possiamo definire la somma tra due qualunque vettori (liberi):

−→OP +

−→OQ :=

−→OR se e solo se R = P +

−→OQ cioè se

−→PR è equivalente a

−→OQ.

Dunque vale la regola del parallelogramma.Non è difficile verificare che−→OP +

−→OQ =

−→OQ +

−→OP , cioè che:

−→PR è equivalente a

−→OQ

m−→QR è equivalente a

−→OP

Fatto (altra rilettura di quanto visto prima)Se P ha coordinate (p1, . . . , pN) e Q ha coordinate (q1, . . . , qN), allora−→OP +

−→OQ ha coordinate (p1 + q1, . . . , pN + qN).

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Punti – coordinate – vettori

In effetti le nozioni di punto e di vettore, e delle loro somma tendono aconfondersi, soprattutto quando li si identificano con le N-uple. In questocaso si ha semplicemente:

(p1, . . . , pN) + (q1, . . . , qN) = (p1 + q1, . . . , pN + qN)

Se aggiungiamo la definizione di prodotto per uno scalare:

c(p1, . . . , pN) := (cp1, . . . , cpN) ∀c ∈ R

otteniamo la (ben nota) proprietà che RN è uno spazio vettoriale su R.

Fatto (interpretazione vettoriale del prodotto per gli scalari)

Il prodotto del vettore−→OP per lo scalare c dà come risultato un vettore

−→OR

che si ottiene “allungando”−→OP di un fattore |c |, e “ribaltando” se c < 0

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Vettori della base

Nel caso dello spazio tridimensionale si usa introdurre dei simboli perdesignare i vettori della base. Se 0 è l’origine del sistema cartesiano e E1,E2, E3 sono i tre punti che servono a determinare gli assi e l’unità dimisura, poniamo:

i :=−−→OE1, j :=

−−→OE2, k :=

−−→OE3

Chiaramente~i ha coordinate (1, 0, 0),~j ha coordinate (0, 1, 0) e ~k hacoordinate (0, 0, 1). In questo modo il generico punto di coordinate(x , y , z) si scrive come x~i + y~j + z~k.

Dal punto di vista fisico è importante supporre che la terna~i,~j,~k siadestrorsa. Quando consideriamo il piano useremo solo~i e~j (in questo casosi suppone che E1 ed E2 siano scelti nel modo canonico, in modo che~j siottiene da~i ruotando di 90 gradi in senso antiorario).Come già detto prima noi ci occuperemo soprattutto dell’aspettomatematico e lavoreremo sulle coordinate – è però importante cercarecapire quello che si vuole descrivere.

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Lunghezza

Se P e Q sono due punti di coordinate p1, . . . , pN e q1, . . . , qN , allora lalunghezza del vettore (applicato)

−→PQ è il numero:

‖−→PQ‖ :=

√(p1 − q1)2 + · · ·+ (pN − qN)2

Se N = 2 o N = 3 questa definizione restituisce la lunghezza del segmentodi estremi P e Q (segue dal Teorema di Pitagora: vedi figure)

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Lunghezza

È chiaro che vettori equivalenti hanno la stessa lunghezza. In effetti:

‖W − O‖ = ‖P − Q‖ se−→PQ è equivalente a

−−→OW

Dunque se ~v è un vettore libero ha senso definire la su norma come‖~v‖ := ‖P − Q‖ dove

−→PQ è un rappresentante di ~v . Prendendo il

rappresentante applicato in zero:

‖~v‖ = ‖−−→OW ‖ =

√w2

1 + · · ·+ w2N se W ↔ (w1, . . . ,wN)

A volte quando il vettore è indicato con ~v si scrive v per indicarne la norma.Per questo motivo preferisco mettere la freccia sui vettori della base: ~i,~j, ~k.

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Lunghezza

Proprietà della lunghezza (distanza)

1 ‖−→PQ‖ = 0 se e solo se P = Q,

2 ‖−→PQ‖ = ‖

−→QP‖,

3 ‖−→PR‖ ≤ ‖

−→PQ‖+ ‖

−→QR‖.

La proprietà (3) si dice disuguaglianzatriangolare per chiari motivi. →

Quando si passa ai vettori liberi si ha:

Proprietà della norma1 ‖~v‖ = 0 se e solo se ~v = 0 per ogni vettore ~v ,2 ‖c~v‖ = |c |‖~v‖ per ogni vettore ~v e ogni scalare c ,3 ‖~v + ~w‖ ≤ ‖~v‖+ ‖~w‖ per ogni coppia di vettori ~v e ~w .

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Prodotto scalare

prodotto scalare in RN

Se ~u = (u1, . . . , uN) e ~v = (v1, . . . , vN), si definisce il prodotto scalare:

~u · ~v := u1v1 + · · ·+ unvN =N∑

i=1uivi

Se ~u · ~v = 0 diciamo che ~u e ~v sono ortogonali.

proiezione

Se ~v 6= ~0, per ogni vettore ~u è definita la proiezione di ~u sulla direzione di ~v :

π~v (~u) :=~u · ~v‖~v‖2

~v (= (~u · ~v)~v se ‖~v‖ = 1)

π~v (~u) è multiplo di ~v e u − π~v (u) è ortogonale a ~v .

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Prodotto scalare

Proprietà del prodotto scalare1 ~v · ~w = ~w · ~v ;2 (c~v) · ~w = ~v · (c~w) = c~v · ~w ;3 (~v1 + ~v2) · ~w = ~v1 · ~w + ~v2 · ~w ;4 ~v · ( ~w1 + ~w2) = ~v · ~w1 + ~v · ~w2;5 ~v · ~v = ‖~v‖2.

dove gli oggetti con la freccia sono vettori e c è uno scalare.

Notiamo che dalle proprietà sopra si ricava:

‖~v + ~w‖2 = (~v + ~w) · (~v + ~w) = ‖~v‖2 + 2~v · ~w + ‖~w‖2

.

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Prodotto scalare

prodotto scalare nello spazio

Se−→OP e

−→OQ sono vettori nello spazio, il loro prodotto scalare vale:

−→OP ·

−→OQ := ‖

−→OP‖ ‖

−→OQ‖ cos(θ)

dove θ è l’angolo formato tra i due vettori.

Il prodotto scalare tra−→OP e

−→OQ è eguale al prodotto

tra la lunghezza−→OP e quella della proiezione di

−→OQ

su−→OP (o viceversa). Se ‖

−→OP‖ = 1, allora

−→OQ ·

−→OP

restituisce proprio la lunghezza della proiezione di−→OQ su(lla direzione di)

−→OP .

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Prodotto scalare

Il prodotto scalare definito nello spazio corrisponde a quello definito in R3.

Vediamo questo fatto nel caso in cui i due vettori−→OQ e

−→OP siano nel piano

xy (si potrebbe poi dimostrare il caso generale mostrando che entrambe ledefinizioni sono indipendenti da cambi del sistema di riferimento ericondursi al caso semplice).

Con le notazioni della figura si haθ = θQ − θP . Allora:

−→OQ ·

−→OP = ‖

−→OQ‖‖

−→OP‖ cos(θQ − θP) =

‖−→OQ‖‖

−→OP‖(cos(θP) cos(θQ)+sin(θP) sin(θQ))

= p1q1 + p2q2

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Prodotto scalare

Disuguaglianza di SchwartzPresi comunque due vettori ~v e ~w non nulli si ha:

|~v · ~w | ≤ ‖~v‖ ‖~w‖ (S)

In (S) vale l’eguaglianza se e solo se esiste c (6= 0) tale che ~v = c~w .

Dimostrazione Consideriamo φ(t) := ‖~v + t~w‖2 ≥ 0 per ogni t.Dato che φ(t) = ‖~v‖2 + 2t(~v · ~w) + t2‖~w‖2, allora φ è un polinomio disecondo grado e dunque deve avere ∆ ≤ 0. Calcolando ∆/4 troviamo(~v · ~w)2 − ‖~v‖2‖~w‖2 ≤ 0 che ci dà la (S).

Se in (S) vale l’eguaglianza consideriamo c :=~v · ~w‖~w‖2

. Si ha:

‖~v − c~w‖2 = φ(−c) = ‖~v‖2 − (~v · ~w)2

‖~w‖2= ‖~v‖2 − ‖

~v‖2‖~w‖2

‖~w‖2= 0

che equivale a ~v = c~w.Claudio Saccon (Dipartimento di Matematica) Analisi Matematica II 23 / 56

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Disuguaglianza di Schwartz

La disuguaglianza triangolare si deduce facilmente da Schwartz:

‖~v+~w‖2 = ‖~v‖2+‖~w‖2+2~v ·~w ≤ ‖~v‖2+‖~w‖2+2‖~v‖‖~w‖ = (‖~v‖+‖~w‖)2.

Visto che si tratta di numeri positivi possiamo passare alla radice:

‖~v + ~w‖ ≤ ‖~v‖+ ‖~w‖.

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Distanza di un punto da una retta

Siano P un punto e ~v un vettore non nullo. Allora i punti

Pt := P + t~v t ∈ R

descrivono la retta r passante per P (P = Pt per t = 0) con “direzione ~v ”.Prendiamo un altro punto Q e cerchiamo la distanza tra Q e la retta –cerchiamo cioè min

t∈R‖−−→QPt‖. Conviene passare al quadrato:

‖−−→QPt‖2 = ‖Pt − Q‖2 = ‖(P − Q) + t~v‖2 = ‖

−→QP‖2 + 2t

−→QP · ~v + t2‖~v‖2.

Abbiamo una parabola in t che ha minimo in

t = tmin := −−→QP · ~v‖~v‖2

=

−→PQ · ~v‖~v‖2

. Mettiamo t = tmin nella funzione:

‖−−−−→QPtmin‖

2 = ‖−→QP‖2+2

−→QP · ~v‖~v‖2

−→PQ ·~v+

(−→PQ · ~v)2

‖~v‖4‖~v‖2 = ‖

−→PQ‖2− (

−→PQ · ~v)2

‖~v‖2

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Distanza di un punto da una retta

Notiamo che il valore trovato è ≥ 0 dato che, per la dis. di Schwartz:∣∣∣∣∣(−→PQ · ~v)

‖~v‖

∣∣∣∣∣ ≤ ‖−→PQ‖Questo valore fa zero se e solo se vale “=” nella dis. di Schwartz, cioè se esolo se

−→PQ = c~v con c ∈ R. Ma se ciò è vero si ha tmin = c e

Pc = P + c~v = P +−→PQ = P + (Q − P) = Q

e quindi Q appartiene alla retta. In generale si ha:

Ptmin = P +

−→PQ · ~v‖~v‖2

~v = P + (−→PQ · v)v = P − (

−→QP · v)v

dove v :=~v‖~v‖

è il versore associato a ~v .

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Distanza di un punto da una retta

Essendo Ptmin il punto su r di minima distanza da Q è naturale definire

πr (Q) := Ptmin = P + (−→PQ · v)v

come la proiezione di Q su r . La πr è caratterizzata dalla proprietà:

(Q − πr (Q)) · ~v = 0.

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Piani

Iperpiani per l’origineSiano a1, . . . , aN N numeri reali non tutti nulli e c ∈ R. Allora l’equazione:

a1x1 + · · · aNxn = c

definisce un (iperpiano).

In effetti se ~a↔ (a1, . . . , aN) e chiamo X il generico punto di coordinate

x1, . . . , xN l’equazione diventa ~a ·−→OX = c . Possiamo facilmente trovare

un punto X 0 ↔ (x01 , . . . , x

0N) che verifica l’equazione; questa diventa allora:

~a ·−→OX = ~a ·

−−→OX 0 ⇔ ~a ·

−−→X 0X = 0.

che individua i punti X tali che il vettore−−→X 0X è perpendicolare a ~a, cioè il

piano per X 0 perpendicolare alla direzione di ~a 6= ~0.

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Distanza di un punto da un piano

Siano ~a↔ (a1, . . . , aN), c ∈ R e P in RN . Cerchiamo la distanza di P dalpiano di equazione ~a ·

−→OX = c . Ci fidiamo dell’intuizione per cui, se XP è il

punto del piano di minima distanza da P , allora−−→XPP è perpendicolare al

piano, e quindi è un multiplo di ~a.Dunque il punto XP (piede della proiezione sul piano) è del tipoXP = P + t~a per t ∈ R. Se imponiamo l’appartenenza al piano:

~a · (−→OP + t~a) = c ⇔ t =

c −−→OP ·~a‖~a‖2

da cui:

XP = P +c −−→OP ·~a‖~a‖2

~a e ‖P − XP‖ =|c −

−→OP ·~a|‖~a‖

.

Se X 0 è un punto del piano si ha c =−−→OX 0 ·~a e la formula sopra diventa:

XP = P + (−−→X 0P · a) a, ‖P − XP‖ = |

−−→X 0P · a|.

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Distanza di un punto da un piano

Prendiamo per esempio il piano p di equazione: x + 2y − 3z = 2 e il puntoP di coordinate (2, 1,−2). Allora la distanza di P da p è data da:

XP =|2− (2 + 2 + (−3)(−2))|√

12 + 22 + (−3)2=

8√14

=4√147

e il piede della perpendicolare è il punto di coordinate:

(2, 1,−2) +−814

(1, 2,−3) =

(107,−1

7,−2

7

)

Esercizio Si trovi la distanza tra il piano di equazione z = 1 + x − 2y eil punto P di coordinate (3, 0, 1).

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Prodotto vettoriale

Consideriamo i vettori dello spazio tridimensionale.

prodotto vettoriale

Siano ~v := v1~i + v2~j + v3~k e ~w := w1~i + w2~j + w3~k.Si definisce il prodotto vettoriale:

~v ⊗ ~w := (v2w3 − v3w2)~i + (v3w1 − v1w3)~j + (v1w2 − v2w1)~k

Formalmente l’espressione di ~v ⊗ ~w si ottiene dallo sviluppo del“determinante”:

det

∣∣∣∣∣∣~i ~j ~kv1 v2 v3w1 w2 w3

∣∣∣∣∣∣ = det

∣∣∣∣∣∣∣~i v1 w1~j v2 w2~k v3 w3

∣∣∣∣∣∣∣Il prodotto vettoriale si può caratterizzare in modo intrinseco.

Si ha ‖~v ⊗ ~w‖ = ‖~v‖‖~w‖ sin(θ)|, dove θ è l’angolo tra ~v e ~w .Se ~v ⊗ ~w 6= ~0, ~v · (~v ⊗ ~w) = ~w · (~v ⊗ ~w) = 0 e (~v ,~w ,~v ⊗ ~w) è destrorsa.

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Prodotto vettoriale

Per vederlo chiamiamo ~u il vettore ottenuto con la seconda definizione.Notiamo che:

~v · (~v ⊗ ~w) = v1(v2w3− v3w2) + v2(v3w1− v1w3) + v3(v1w2− v2w1) =v1v2w3 − v1v3w2 + v2v3w1 − v1v2w3 + v1v3w2 − v2v3v2w1 = 0.Analogamente ~w · (~v ⊗ ~w) = 0.

Da queste due fatti segue che ~u è un multiplo di ~v ⊗ ~w . Inoltre:‖~v ⊗ ~w‖2 = (v2w3 − v3w2)2 + (v3w1 − v1w3)2 + (v1w2 − v2w1)2 =v22w

23 + v2

3w22 − 2v2v3w2w3 + v2

3w21 + v2

1w23 − 2v1v3w1w3 + v2

1w22 +

v22w

21 − 2v1v2w1w2.

‖~u‖2 = ‖~v‖2‖~w‖2 sin(θ)2 = ‖~v‖2‖~w‖2(1− cos(θ)2) =‖~v‖2‖~w‖2 − (~v · ~w)2 =(v2

1 + v22 + v3

3 )(w21 + w2

2 + w3)2 − (v1w1 + v2w2 + v3w3)2.Sviluppando i calcoli si trova ‖~u‖ = ‖~v ⊗ ~w‖, da cui ~v ⊗ ~w = ±~u .Possiamo scegliere~i,~j,~k in modo che ~v = v~i, ~w = w1~i + w2~j conv ,w1,w2 ≥ 0: Otteniamo allora ~v ⊗ ~w = vw2~k. Dato che ~u deve essereconcorde con ~k, ne segue ~v ⊗ ~w = ~u .

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Prodotto vettoriale

In effetti il modulo del prodotto vettoriale è l’area del parallelogramma dilati ~v e ~w – quest’area è nulla esattamente quando ~v e ~w sono linearmentedipendenti (giacciono sulla stessa retta).

proprietà del prodotto vettoriale1 ~v ⊗ ~v = ~0;2 ~v ⊗ ~w = −~w ⊗ ~v ;3 (~v1 + ~v2)⊗ ~w = ~v1 ⊗ ~w + ~v2 ⊗ ~w ;4 ~v ⊗ ( ~w1 + ~w2) = ~v ⊗ ~w1 + ~v ⊗ ~w2;5 (t~v)⊗ ~w = ~v ⊗ (t~w) = t(~v ⊗ ~w);6 ~u · ~v ⊗ ~w = ~w · ~u ⊗ ~v = ~v · ~w ⊗ ~u. Anzi:

~u · ~v ⊗ ~w = det

∣∣∣∣∣∣u1 u2 u3v1 v2 v3w1 w2 w3

∣∣∣∣∣∣ =

volume (con segno) del parallelepipedo generato da (~u, ~v , ~w)

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Un’ altra proprietà del prodotto vettoriale

(~a ⊗ ~b)⊗ ~c = (~a · ~c)~b − (~b · ~c)~a

Dimostriamolo per gradi.Supponiamo che ~a e ~b siano tra loro ortogonali e non nulli econsideriamo ~c = ~a. Chiamiamo ~d := ~a⊗ ~b. Allora ~a · ~d = ~b · ~d = 0 e(~a,~b, ~d) è una terna destrorsa. Se ora consideriamo ~d ⊗~a troviamoche questo vettore è ortogonale a ~a e a ~d , dunque deve essere unmultiplo di ~b cioè ~d ⊗~a = λ~b. Inoltre (~d ,~a, λ~b) deve essere destrorsa⇔ (~a, λ~b, ~d) destrorsa, da cui λ > 0. Essendo tutti vettori ortogonali:

λ‖~b‖ = ‖~d ⊗~a‖ = ‖~a ⊗ ~b‖‖~a‖ = ‖~b‖‖~a‖2

da cui λ = ‖~a‖2 e quindi (~a ⊗ ~b)⊗~a = ‖a2‖~b = (~a ·~a)~b − (~b ·~a)~a

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(~a ⊗ ~b)⊗ ~c = (~a · ~c)~b − (~b · ~c)~a

Consideriamo ancora ~c = ~a 6= 0, ma rimuoviamo l’ipotesi ~a · ~b = 0.

Poniamo ~b1 := ~b −~a · ~b‖~a‖2

~a. Allora ~b1 è ortogonale a ~a, dunque:

(~a ⊗ ~b1)⊗~a = ‖~a‖2~b1 = (~a ·~a)~b − (~a · ~b)~a

D’altra parte ~a ⊗ ~b1 = ~a ⊗(~b − ~a·~b

‖~a‖2~a)

= ~a ⊗ ~b e quindi la tesi valeanche in questo caso.Scambiando ~a e ~b si ottiene la formula nel caso ~c = ~b.Se ~c = α~a + β~b, allora

(~a ⊗ ~b)⊗ ~c = α(~a ⊗ ~b)⊗~a + β(~a ⊗ ~b)⊗ ~b =

α(

(~a ·~a)~b − (~a · ~b)~a)

+ β(

(~a · ~b)~b − (~b · ~b)~a)

=

(~a · (α~a))~b− ((α~a) ·~b)~a+ (~a · (β~b))~b− ((β~b) ·~b)~a = (~c ·~a)~b− (~c ·~b)~a

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(~a ⊗ ~b)⊗ ~c = (~a · ~c)~b − (~b · ~c)~a

Prendiamo ~c qualunque, ma supponiamo ~a ⊗ ~b 6= ~0. Prendiamo allora

~c1 := ~c −~c · (~a ⊗ ~b)

‖~a ⊗ ~b‖2︸ ︷︷ ︸:=γ

(~a ⊗ ~b). Il vettore ~c1 è perpendicolare a ~a ⊗ ~b,

dunque ~c1 = α~a + β~b per opportuni α, β ∈ R. Per quanto visto prima:

(~a ⊗ ~b)⊗ ~c = (~a ⊗ ~b)⊗ (~c1 + γ(~a ⊗ ~b)) = (~a ⊗ ~b)⊗ ~c1 =

(~a·~c1)~b−(~b·~c1)~a = (~a·~c)~b−γ (~a · (~a ⊗ ~b))︸ ︷︷ ︸=0

~b−(~b·~c)~a+(~b · (~a ⊗ ~b))︸ ︷︷ ︸=0

~a =

(~a · ~c)~b − (~b · ~c)~a.

Rimane il caso ~a ⊗ ~b = 0. In questo caso o ~a = ~b = 0, e allora la tesiè ovvia, oppure ~a = λ~b 6= ~0. Chiaramente il termine a sinistra nellaformula fa zero. Perquanto riguarda il termine di destra:

(~a · ~c)~b − (~b · ~c)~a = (λ~b · ~c)~b − (~b · ~c)(λ~b) = ~0.Claudio Saccon (Dipartimento di Matematica) Analisi Matematica II 36 / 56

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Una conseguenza della formula precedente e della (6):

‖~a ⊗ ~b‖2 = (~a ⊗ ~b) · (~a ⊗ ~b) = ~b · ((~a ⊗ ~b)⊗~a) =

~b · ((~a ·~a)~b − (~b ·~a)~a) = ‖~a‖2‖~b‖2 − (~a · ~b)2

‖~a ⊗ ~b‖2 = ‖~a‖2‖~b‖2 − (~a · ~b)2.

‖~a‖2‖~b‖2 sin2(θ) = ‖~a‖2‖~b‖2(1− cos2(θ)) = ‖~a‖2‖~b‖2 − (‖~a‖‖~b‖ cos(θ))2

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Piani e rette

Prendiamo N = 3. Come appena visto un piano è descritto da unequazione del tipo:

ax + by + cz = d

con a, b, c non tutti nulli. Il vettore ~v := a~i + b~j + c~k rappresenta ladirezione perpendicolare al piano.Se d = 0 il piano passa per l’origine – al variare di d abbiamo dunque unafamiglia di piani paralleli.Notiamo che il piano non individua univocamente a, b, c , d – essi sonodefiniti a meno di una costante moltiplicativa.Potremmo imporre che a2 + b2 + c2 = 1, cioè che ~v sia un versore, e in talcaso d è univocamente determinato.

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Piani e rette

Abbiamo anche visto il modo di individuare un retta: dati a, b, c non tuttinulli e x0, y0, z0 si considera:

x = x0 + aty = y0 + btz = z0 + ct

al variare di t ∈ R.

In forma vettoriale P = P0 + t~v dove P è il punto generico di coodinate(x , y , z), P0 ha coordinate (x0, y0, z0) e ~v = a~i + b~j + c~k. Questa è unaforma parametrica (che “genera” i punti della retta al variare del parametrot). Se a, b, c sono tutti diversi da 0 possiamo ricavare t in ogni relazione etroviamo la forma standard per la retta:

x − x0

a=

y − y0

b=

z − z0c

che è un sistema di due equazioni.Claudio Saccon (Dipartimento di Matematica) Analisi Matematica II 38 / 56

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Piani e rette

Se uno tra a, b, c è nullo – facciamo il caso c = 0 – si ricava:x − x0

a=

y − y0

b, z = z0,

se invece ci sono due coefficienti nulli – diciamo b = c = 0 – si trova:

y = y0, z = z0.

In ogni caso la forma parametrica si traduce in un sistema di due equazioni.Vediamo che questo corrisponde a prendere l’intersezione di due pianinon paralleli. Prendiamo il caso di a, b, c non nulli:

x − x0

a− y − y0

b= 0

y − y0

b− z − z0

c= 0

La prima equazione descrive un piano perpendicolare a ~v1 := a−1~i− b−1~j,la seconda un piano perpendicolare a ~v2 := b−1~j− c−1~k.È chiaro che ~v1 e ~v2 sono linearmente indipendenti (VERIFICARE).

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Piani e rette

Possiamo chiederci quando un sistema di due equazioni:{a1x + b1y + c1z = d1

a2x + b2y + c2z = d2

definisca una retta. In forma vettoriale il sistema si legge:{~v1 ·−→OP = d1

~v2 ·−→OP = d2

dove ~v1 = a1~i + b1~j + c1~k, ~v2 = a2~i + b2~j + c2~k e P ↔ (x , y , z). Perché ilrisultato sia una retta bisogna che:

~v1 6= ~0, ~v2 6= ~0, ~v1, ~v2 linearmente indipendenti!

Per verificarlo si può considerare ~w := ~v1 ⊗ ~v2. Se ~w 6= ~0, allora il sistemadefinisce una retta nella direzione data da ~w .

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distanza tra due rette

Sia P e Q due punti e ~v , ~w due vettori non nulli. Vogliamo trovare ladistanza tra le due rette r1 ed r2 definite parametricamente da:

Pt = P + t~v , Qt = Q + t~w t ∈ R.

Fissiamo t – per quanto visto il quadrato della distanza di Qt da r1 è:

‖−−→PQt‖2 −

(−−→PQt · ~v)2

‖~v‖2=‖−−→PQt‖2‖~v‖2 − (

−−→PQt · ~v)2

‖~v‖2=‖−−→PQt ⊗ ~v‖2

‖~v‖2=

‖(−→PQ + t~w)⊗ ~v‖2

‖~v‖2=‖−→PQ ⊗ ~v‖2 + 2t(

−→PQ ⊗ ~v) · (~w ⊗ ~v) + t2‖~w ⊗ ~v‖2

‖~v‖2

Il minimo si realizza per t = −(−→PQ ⊗ ~v) · (~w ⊗ ~v)

‖~w ⊗ ~v‖2e vale:

1‖~v‖2

‖−→PQ ⊗ ~v‖2 −(

(−→PQ ⊗ ~v) · (~w ⊗ ~v)

)2

‖~v ⊗ ~w‖2

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distanza tra due rette

‖−→PQ ⊗ ~v‖2‖~w ⊗ ~v‖2 −

((−→PQ ⊗ ~v) · (~w ⊗ ~v)

)2

‖~v‖2‖~v ⊗ ~w‖2=

‖(−→PQ ⊗ ~v)⊗ (~w ⊗ ~v)‖2

‖~v‖2‖~v ⊗ ~w‖2=‖(−→PQ · (~w ⊗ ~v))~v − (~v · (~w ⊗ ~v))

−→PQ‖2

‖~v‖2‖~v ⊗ ~w‖2=

‖(−→PQ · (~w ⊗ ~v))~v −

=0︷ ︸︸ ︷(~v · (~w ⊗ ~v))

−→PQ‖2

‖~v‖2‖~v ⊗ ~w‖2=

(−→PQ · (~w ⊗ ~v))2

‖~v ⊗ ~w‖2.

Dunque la distanza tra r1 ed r2 vale|−→PQ · (~w ⊗ ~v)|‖~v ⊗ ~w‖

.

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Esercizi

Si descrivano gli insieme descritti dai seguenti sistemi di equazioni.{x + y + z = 3x − y − 2z = 1{−2x + 2y + 4z = 3x − y − 2z = 1{−x + 2y − 3z = 12x − 4y + 6z = −2

Si trovi la distanza tra:Il punto P ↔ (1,−1, 2) e il piano di equazione x + 3y − z = 2.Il punto P ↔ (0, 1,−3) e la retta passante per P0 ↔ (1, 1, 2) direttalungo il vettore 2~i−~j + ~k.La retta r1 passante per l’origine e diretta lungo il vettore~i−~j +~k e laretta passante per P ↔ (1, 1, 1) diretta lungo il vettore −~i−~j + 3~k.

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Matrici

MatriciUna matrice N ×M A è una tabella di numeri con N righe ed M colonne:

A =

a11 a12 · · · a1Ma21 a22 · · · a2M...

......

aN1 aN2 · · · aNM

(RN×M :=matrici N ×M)

I numeri aij si dicono le componenti di A. Scrivamo anche A = (aij).

Prodotto tra matriciSe A = (aij) è N ×M e B = (bij) è M ×K definiamo il prodotto AB comela matrice N × K C di componenti cij definite da :

cij =M∑

k=1aikbkj = ai1b1j + ai2b2j + · · ·+ aiMbMj .

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Matrici

traspostaSe A = (aij) è una matrice N ×M la sua trasposta è la matrice M × N:

Aᵀ =

a11 a21 · · · aN1a12 a22 · · · aN2...

......

a1M a2M · · · aNM

Nel contesto dell’algebra lineare i vettori si rappresentano come matrici

N × 1, cioè come colonne:

x1...xN

(RN si identifica con RN×1).

In questo modo il prodotto scalare tra u e v si scrive uᵀv . Date A N ×M eB M × K , la componente i , j del prodotto AB è Aᵀ

i Bj dove Ai è la i-esima

riga di A e B j la j-esima colonna di B (tutti e due di dimensione M).

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Spazi vettoriali e coordinate

Nel seguito supponiamo che V sia uno spazio vettoriale di dimensione N.

Ricordiamo che una base B è una N-upla di vettori (e1, . . . , eN)linearmente indipendenti in V che generano V :

coordinateper ogni v ∈ V esistono e sono unici v1, . . . , vN in R tali che:

v = v1e1 + · · ·+ vNeN =N∑

i=1

viei

Dato v ∈ V indichiamo con [v ]B il vettore (colonna) in RN dellecoordinate di V rispetto alla base B.

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Cambi di base

TheoremSiano B = (e1, . . . , eN) e B′ = (e ′1, . . . , e

′N) due basi per V .

PoniamoMBB′ := ([e1]B′ , . . . , [eN ]B′)

la matrice che ha come colonne i vettori [ei ]B′ delle coordinate di eirispetto a B′. Allora:

[v ]B′ = MBB′ [v ]B ∀v ∈ V .

Inoltre MBB′ è invertibile e (MBB′)−1 = MB

′B .

Se poi le due basi sono ortonormali si ha (MBB′)−1 = MB

′B = (MBB′)

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Applicazioni lineari e matrici

Siano V uno spazio vettoriale di dimensione N e V ′ uno spazi vettoriale didimensione M. Siano B = (e1, . . . , eN), B′ = (e ′1, . . . , e

′M) basi per V e V ′.

Theorem (Rappresentazione delle applicazioni lineari)Sia data L : V → V ′ un’applicazione lineare, cioè tale che:

L(c1v1 + c2v2) = c1L(v1) + c2L(v2) ∀v1, v2 ∈ V , ∀c1, c2 ∈ R.

Se i = 1, . . . ,N siano w i := [L(ei )]B′ i vettori in RM delle coordinate diL(ei ) rispetto a B′ e sia:

A :=

w11 · · · wN

1...

...w1

M · · · wNM

(A è M × N)

Allora: [L(u)]B′ = A[u]B ∀u ∈ V

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Applicazioni bilineari

Sia V uno spazio vettoriale.

applicazioni bilineariUna applicazione a : V × V → R si dice bilineare se:

a(c1v1 + c2v2,w) = c1a(v1,w) + c2a(v2,w),a(v , c1w1 + c2w2) = c1a(v ,w1) + c2a(v ,w2),

per ogni v1, v2 ∈ RN , c1, c2 ∈ R.a si dice simmetrica se a(v ,w) = a(w , v) per ogni v ,w .

Nota che un prodotto scalare è un’applicazione lineare simmetrica epositiva (a(u, u) ≥ 0).

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Matrici e applicazioni bilineari

Anche le applicazioni bilineari si rappresentano mediante matrici.

Sia B = (e1, . . . , eN) una base di V .

TheoremSia a : V × V → R un’applicazione bilineare. Posto

A :=

a(e1, e1) · · · a(e1, eN)...

...a(eN , e1) · · · a(eN , eN)

si ha:

a(v ,w) = [v ]ᵀBA [w ]B ∀v ,w ∈ RN .

Inoltre A = Aᵀ (A è simmetrica) se e solo se a è simmetrica.

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Matrici simmetriche e forme quadratiche

forme quadraticheSe a : V × V → R è bilineare, la mappa Φ : V → R definita da:

Φ(v) = a(v , v) ∀v ∈ V .

Si chiama forma quadratica associata ad a.Possiamo sempre supporre che a sia simmetrica (a meno di rimpiazzarea(v ,w) con 1

2(a(v ,w) + a(w , v)) ).

Dunque per il teorema precedente una forma quadratica si può semprescrivere:

Φ(v) = [v ]ᵀBA[v ]B

per un’opportuna matrice simmetrica A (dipendente dalla base B).

Se V = RN e B è la base canonica possiamo identificare punti e coordinate.

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Matrici simmetriche e forme quadratiche

TheoremSe A è una matrice N × N simmetrica, allora tutti i suoi autovalori sonoreali ed esiste una base per RN fatta da autovettori di A tra loro ortogonali.

Se A è una matrice N × N simmetrica diciamo che:A è definita positiva (negativa) se tutti i suoi autovalori sono > 0(< 0);A è semidefinita positiva (negativa) se tutti i suoi autovalori sono ≥ 0(≤ 0);A è indefinita se ha almeno un autovalore > 0 e uno < 0;

Chiamiamo segnatura di A la terna (N+,N0,N−) dove N+/N0/N− è ilnumero di autovalori > 0/< 0/= 0 (N+ + N0 + N− = N).

Queste nozioni sono indipendenti da cambi di base.

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Matrici simmetriche e forme quadratiche

La segnatura della matrice A si riflette sul comportamento della formaquadratica Φ associata ad A.

A è definita positiva (negativa) se e solo se Φ(v) > 0 (Φ(v) < 0) perogni v in V diverso da 0;A è semidefinita positiva (negativa) se e solo se Φ(v) ≥ 0 (Φ(v) < 0)per ogni v in V ;A è indefinita se e solo se ci sono v1 e v2 tali che Φ(v1) < 0 < Φ(v2).

In effetti se λ1, . . . , λN sono gli autovalori di A e e1, . . . , eN sono i rispettiviautovettori, scelti in modo da essere ortogonali, allora – nelle coordinatedella base (e1, . . . , eN) – la forma quadratica si scrive:

Φ(v1, . . . , vN) = λ1v21 + · · ·+ λNv2

N .

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Matrici simmetriche e forme quadratiche

Notiamo che se:

X+ := span[ei : λi > 0],X 0 := span[ei : λi = 0],X− := span[ei : λi < 0],

allora questi tre spazi sono ortogonali e dette u+, u0, u− le proiezioni si ha:

Φ(u) = Φ(u+) + Φ(u−)

Inoltre se u ∈ X+ \ {0}, allora Φ(u) > 0; se u ∈ X− \ {0}, alloraΦ(u) < 0; Φ è identicamente nulla su X 0.

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Matrici simmetriche e forme quadratiche

minori principaliData una matrice A N ×M e in intero i tra 1 ed N chiamiamo minoreprincipale i-esimo la matrice ottenuta cancellando le righe e le colonne dai + 1 in poi. Indichiamo qui questo minore con A(i)

Dunque A(1) = (a11) mentre A(N) = A.

criterio di SylvesterUna matrice N × V simmetrica A è definita (semidefinita) positiva se esolo se

det(A(i)) > 0 (≥ 0) ∀i = 1, . . . ,N.

A è definita (semidefinita) negativa se e solo se

(−1)idet(A(i)) > 0 (≥ 0) ∀i = 1, . . . ,N.

La dimostrazione si basa su tecniche abbastanza sofisticate difattorizzazione di A mediante matrici triangolari.

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Esercizi

Studiare la natura delle seguenti forme quadratiche:Φ(x , y) = −x2 + 10xy − y2;Φ(x , y) = −x2 + 2

√2xy − 2y2;

Φ(x , y , z) = x2 + y2 + z2 + 4xy ;Φ(x , y , z) = x2 + y2 + z2 + xy + xz + yz ;Φ(x , y , z) = x2 + y2 + z2 + 2xy ;Φ(x , y , z) = x2 + y2 + z2 + 2xz − 2yz ;Φ(x , y , z) = 2x2 + 4y2 + z2 + 2xz − 2yz .

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