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Anna Maria Farabbi [Quaderni] E la poesia non sta nell'osso ma nella polpa. [Anna Maria Farabbi]

Anna Maria FArabbi - Quaderni

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Anna Maria FArabbi - Quaderni

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Page 1: Anna Maria FArabbi - Quaderni

Anna Maria Farabbi

[Quaderni]

E la poesia non sta nell'osso ma nella polpa.

[Anna Maria Farabbi]

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Titolo: Anna Maria Farabbi – [Quaderni]

Poesie di: Anna Maria Farabbi

Fonti: Fioritura notturna del tuorlo, Tracce,1996; Il Segno della Femmina, Lietocolle, 2000; Adlujè, Il Ponte del sale, 2003; Segni, con opere grafiche di Stefano Bicini, Pescara, Studio Calcografico Urbino, 2007; La magnifica bestia, Travenbooks, 2007; Solo dieci pani, Lietocolle, 2009

A cura di Margherita Ealla

Il presente documento è da intendersi a scopo illustrativo e senza fini di lucro. Tutti i diritti riservati all’autore.

Poesia2.0

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da Fioritura notturna del

tuorlo

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Autoritratto

Primo paesaggio dentro e fuori la mia fronte

Non c'è bisogno dell'ascia per spaccarmi

la fronte.

Te lo dico con parole minerali, vegetali e animali,

ognuna delle quali in sé respira:

quel che c'è nella mia polpa, esiste.

Nel senso che sta su realmente.

Lampante.

Ho la fronte alta, è vero.

Accolgo le diagonali nervose

e le storie universali che mi ci sbattono. Spiano,

disposta come le terre per l'atterraggio

e a volte, il più delle volte, mi faccio il muso

decisivo e decollante assimilando quello

degli uccelli.

Non per il volo fine a se stesso

ma per raggiungere il mondo

agitato

di un'altra f(r)onte.

Ho la pelle semplice

che mi copre.

Mettici un bacio comunicante: ci trasmettiamo Dio.

Quanto all'incantamento dei sogni,

lo dico con la serietà forte dei sopravvissuti svegli,

gli angeli dentro la mia testa sono crepati.

Senza testamento.

Senza testimoni.

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Senza la salma delle piume.

***

Ciò che è il monte dentro chi lo vive

Se i miei versi nascessero al rovescio

come una languida vegetazione che addormenta gli

uccelli]

mentre vi nidificano,

quegli uccelli morbidi

che non distinguono i limoni

dalla luna

e che al canto del gallo

tremano.

Se nel mio poema ci fosse acqua

per abbeverare i bambini

e i cortigiani del re,

sarei chiamata dal re

e da tutti i suoi uccelli

e finalmente pubblicata su un trono

visibile.

Chi sei, mi si chiede,

se non ti si vede non ci sei.

Io sono, rispondo. Io sono

un poeta piccolissimo quasi lontano quasi felice,

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una bestia di montagna sola come il monte,

una bestia che impara

le lingue selvatiche del vento e degli alberi dritti, le

lingue]

del mondo.

Io sono i neri della lupa e i rossi

del gallo

e la tenerezza dei verdi fioriti.

Io sono i gialli seminati, mietuti a mano,

fasciati ed esposti, immagazzinati,

fatti nutrimento

contro l'inverno.

Sono quella che da dentro la stalla

vede le stelle di dio

e se le sente in gola brillare.

Il mio quaderno inedito sta dentro la stalla,

fatto di terra sedimentata

irrigata d'inchiostro: canta.

Selvatico e dritto

quasi lontano quasi felice

più grande del re.

***

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Maternità

La lupa è scesa a valle,

zitta gravida e ancestrale.

Un tempo si era fatta neranera per assorbire le notti

montane

mimetizzata con le radici forti delle piante

e del monte.

Con il vento. Con il vento furioso

che impenna la fame furiosa

dei rapaci. Con il vento furioso.

Si era fatta giallagialla per ingoiare la luna micidiale

delle notti

dentro le cacce alle prede

con le narici gialle piene di fame.

Si era fatta rossarossa ululando

il suo sangue

sola golasecca rossa camminando e azzannando le

croste]

le trame

dure del monte.

È scesa, ora. Allatta.

La sua pancia tocca quella della valle,

ne è congiunta, meravigliata.

Nel seno le si accendono i mezzogiorno,

gli archi

della luce diurna, le facce piccole dei fiori,

le facce piccole in cui sostano le ombre fresche

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degli insetti.

Potrei sembrarti ferma

con il capezzolo in bocca

a mio figlio,

io lupa di guerra,

ma canto

zitta gravida e ancestrale.

Canto il poema latteo sceso in me

con me

da me a mio figlio

come un fiumecaldo diurno potente, giù

dalla cima

del monte. Dalla cima del monte.

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da Il segno della femmina

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Cosa portargli se non quattro elementi per cena

e l’animale rosso che batte

sangue

dentro le mie costole.

Aprirò il pane con un solo taglio

di lingua.

Il suo petto

con la mia nudità regale.

Offrirò gli anelli

della mia spina dorsale

i miei diecimila anni per terra. Quello che vuole:

entrare.

un lunghissimo viaggio preistorico

dentro la mia aorta

meraviglia.

***

Che cosa racconti non so

le parole

se non in bocca quando mangiano il mio rosso

tenerissimo

capezzolo

la rotondità il respiro il ritmo.

Mi dispiace non capisco

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l’alfabeto le cose non so

capire. Non ho il peso

né la testa.

Sono in amore: comanda leggerezza

cuore e pancia

la resurrezione allegrissima

del mio inguine.

Ronzio estivo e frizione dei globuli nel sangue:

l’accoglienza concava tra le mie cosce

mi allarga.

Mi rende non semplice ma elementare.

Gioco nel tuo bosco: l’ascella.

Mi trasformo in arte. Piena di grazia:

Ave.

Silenzio e grazie

per la tua lingua in bocca che mi attraversa

per il tuo portarmi in cielo con le mani.

Al sole.

Fare abbondanza felicissima:

qui ora

in tutta la nostra terra.

***

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Notizia

Quando l’ho rivista dopo venti anni ero ancora

innamorata dell’Africa.

Guardavo il paesaggio umbro e non lo vedevo. Quel

mattino del mio compleanno mi alzai con la febbre.

Decisi di ritornarci. Di ritrovarla. Di chiedere ospitalità

all’Appennino. Sbagliai strada più volte. Chiesi

orientamento ai contadini. Trovata, ho spento il

motore. Sono scesa. Ho tremato. Ho visto in lei il mio

corpo, la mia interiorità, la mia scrittura. Sono nata a

Perugia ma la mia terra madre ha il nome di

Montelovesco. L’ombelico: il suo cimitero. Entrando

torno preistorica: nonna in quattro elementi. Mi apre,

mi riduce bassissima, orizzontale, seme. Cioè viva e

crescente.

Ringrazio mia madre che mi insegna prima della lingua

il linguaggio, il mio cammino nello stare zitta, la

precisione definitiva del segno e la potenza animale

dell’oralità.

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da Adlujè

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Imprimitura:bianco.

Dall'iteriorità del lievito.

(....che lasciata all'aperto, viene

invasa da microorganismi che ne

provocano la fermentazione e la comunicano

ad altra pasta )

***

: bianco.

Dell'interiorità del latte.

( ... denso e opaco, ricco

di carboidrati, grassi, sostanze

proteiche, sali, vitamine,

ormoni ed enzimi, secreto

delle ghiandole mammarie

delle donne e delle femmine

dei mammiferi

dopo il parto )

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Canto la madre non vergine

mentre fa l'amore con me

Madre dei sordomuti,

e delle cornacchie che dalla paura

pisciano in volo, madre

che scompari accadi e accadi,

con una lingua precipitosa insisti

e insisti

dentro il mio inguine. Madre

che mi fecondi con la tua saliva seminale:

ti ricevo:

qui e ora:

apro le cosce cuore e cervello.

Le donne del mio paese sono tutte in lutto

per questo ti vengono a pregare

chiudendo gli occhi per fondersi

al nero.

S'inginocchiano sopra il tuo corpo

cioè sopra un magnifico altopiano

si racchiudono

riassumendo la forma e il significato

del feto.

Io sono uscita dal loro branco.

Mi sono strappata le palpebre per vederti

fino in fondo

e con il fondo dei miei piedi ti cammino

per avvicinarmi,

e più mi avvicino

latro

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con la fame in gola

e la gola tra le cosce. Madre

che mi hai partorito urlando,

il tuo sudore e la tua lingua mi bagnano:

sono qui. Qui e ora. Qui,

secondo la mia natura di figlia

disuguale

che scopa con i sordomuti

e per sempre li contamina

e avvolge teneramente le cornacchie calve

soffiando loro

la mia aria

calda. La mia aria calda.

***

Ninnananna anna nel buio

I .

Venite più vicino orecchiette piccole ed enormi

affondatevi nella terra

per sentirmi

crescere

Soffio le mie ninnananne

con la bocca accesa

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dentro la ceca della notte

Sono aperta a farvi il vento

il vento

***

II.

La mia prima ninnananna è un ululato

di dolore

che vi si deve ficcare

come una rama infuocata

nel sonno

Sono venuti qui qui qui

dentro la mia voce

tutti quelli che questa notte sono stati ammazzati

nelle guerre del mondo

E nelle guerre del mondo

quando un figlio cade fa il botto

mi assorda

e la sua morte schizza scintille

più che la coda della cometa

Così

qui che è qui

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nel palco

nel palco che è una pianura in festa

raccolgo la faccia della morte

con la mia zampa di lupa

Ogni briciola è il rumore

che mi rifà l'eco

e l'ecro a stormo

mi ributta indietro

***

III.

Fammi il conto demonio della mia notte:

stuzzica l'ombelico della mia fronte

e con la punta dell'unghia scrivi

Ammutolisco

Ma se per caso tu vai via

la mia natura interiore si allarga

Riprendo i sensi

e la mia terra macerata ritorna carta buona

per metterci il segno

Una carta sterminata che lavoro con la penna

sentendola aratro

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Dunque ascolta:

Fino ad ora oste della rovina siamo pari:

l'inferno che mi hai fatto mangiare

te l'ho vomitato sul piattino

del mio verso

Ti ci canto una ninnananna pura

Allargo il soffio

dove posso arrivare

***

IV.

Ninnananna piccola piccola

per il figlio che non mi è nato

Non c'è il senso quando la tempesta buia

abbaglia

storpia e poi affonda

non c'è il senso

***

Page 27: Anna Maria FArabbi - Quaderni

V.

Madre! Non dormo! Nemmeno questa volta dormo!

Nemmeno adesso che il nero copre ogni cosa

e intorpidisce gli occhi

Ha colpa il rospo

che dal fondo delle mie orecchie intona

ciò che dura ed è durevole

intrigandomi

Più lo ninno e lo staccio

più lui di verde si ostina

brilla

e vuole fare l'amore

***

VI.

Vorrei farmi il fiato uguale uguale al vento

quando strofina l'acqua la drizza

e la ributta giù

poi la riprende

e le insegna a girare a girare a girare

Ma di notte

quando nessuno vede

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e al posto degli occhi

si diventa assolutamente orecchi

Vorrei metterti in bocca - amore cechino -

la mia lingua pregna

per scandalizzarti

e poi il colore

Per una notte nell'incrocio buio e secco del tuo cuore

schizzarmi in te

***

VII.

Buonanotte

soffiata in piuma

fiorin del cuore

Ti appunto

la mia ape

per risucchiarti

mentre dormi

Page 29: Anna Maria FArabbi - Quaderni

VIII.

M'inchino davanti alle cosce infiammate

delle putane al labbro spugnoso degli ubriachi

intrappolati di vino e dalla luna piena

buonanotte a loro

perché loro mi hanno insegnato

più dei poeti

E buonanotte a chi mi ha cercato fino ad ora

tra la cenere e il fuoco

Io sto qui in basso

che soffio le mie scintille per spigarle

Frugo nella pancia della notte

Avvampo

***

IX.

E poi basta di impastare con le mani

queste ninnananne dentro la notte

Fosse il cielo un pane nero reale

invece di una pignatta di inchiostro

Fosse un filone enorme

Page 30: Anna Maria FArabbi - Quaderni

per sfamare i matti del mondo

e tutte le bocche vuote

***

Il cervello ninnando il cuore dice:

che non è notte non è

notte,

ma l'attraversamento profondo

dell'ombra

che camminando assorbo.

E il cuore acrobatico

in un ventaglio di grigi liquidi

intontito annuisce che sì, l'ombra sì,

ma il corpo cromatico da cui si origina l'ombra,

il midollo del corpo,

il liquor,

dov'è?

***

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Ninnananna ago di paglia

che brilla

schizzando via velocissimo e preciso

nel buio.

Testa mia piccinapiccina

che trilla

dentro l'in

canto

della cartavia.

***

Sciogli l'orecchio

nel mio gorgheggio rossissimo

che venga pure dentro me

via

dalla tua faccia.

***

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Diretta all'orizzonte

mentre conosce il fondo.

Non so se abbia il vomere

o la chiglia

questa ninnananna lunghissima

scia.

Se per i semi o i pesci non so.

So che mi canta in bocca

la luce che scioglie e cresce

il corpo dei semi o dei pesci. Non so.

***

VARIAZIONI SUL BUIO DI MIO FIGLIO

I.

E' NEL SONNO CHE SI DILATA E S'INCANTA

RICEVENDO,

ANCHE PER ME CHE LO VEGLIO,

RICEVENDO NEL SOGNO

I MIRACOLI DEGLI DEI.

Mio figlio dorme dentro l'inverno

Page 33: Anna Maria FArabbi - Quaderni

mentre la vita gli tinge

il tenerissimo buio

delle narici.

Vi si sgelano gli angeli e gli uccelli

scoccati da dio.

***

II.

E' NEL SONNO CHE SI DILATA E S'INCANTA

RICEVENDO,

ANCHE PER ME CHE LO VEGLIO,

RICEVENDO NEL SOGNO

I MIRACOLI DEGLI DEI.

Mio figlio dorme

coperto dai suoi occhi chiusi:

sta cadendo in sé

come una piumina bianca.

Sottosotto è morbido il caldo

del suo terriccio cuore

dentro cui sta crescendo,

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anche nel sonno,

la pianta.

III.

E' NEL SONNO CHE SI DILATA E S'INCANTA

RICEVENDO,

ANCHE PER ME CHE LO VEGLIO,

RICEVENDO NEL SOGNO

I MIRACOLI DEGLI DEI.

Mio figlio dorme

uscendo dalla luce

come un tranquillissimo fiume

notturno

che nel fluire dentro la sua lunghezza

tocca terra e mare

contemporaneamente.

Nel suo silenzio subacqueo

sono liquidi anche i venti e i canti

dei pesci.

***

:bianco.

Dell'interiorità del sale.

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( ... estratto per evaporazione

dalle acque del mare e da sorgenti

salate e da giacimenti

minerali

usato per insaporire e conservare )

***

Notturno

I.

Mezzanotte prugna

in corpo:

sangue saliva e mosto.

***

II.

Scrivo la respirazione delle lettere,

Page 36: Anna Maria FArabbi - Quaderni

intingendo nel buio

del foglio

la mia lingua calda.

Il carminio.

***

III.

Anche stanotte, caccia di frodo.

La bestia, l'amore, la nudità che voglio

non c'è.

E ancora la mia pista fulva va via da me

e spicca.

Corrente elettrica. Ritmo.

Ma prima o poi la troverò.

Chiamerà il mio nome

e dentro il mio corpo la sua

lingua.

Respiro il buio e annuso.

Ho fame di minio.

Amore, amore che non viene mai

da m

Page 37: Anna Maria FArabbi - Quaderni

e.

IV.

Il mio passo è sul filo di lana

albicocca. Nel buio

e alla luce del sole

cammino e canto interiormente

la figura e il paesaggio

in me.

Saluto il re mentre legge

sulla parete delle mie spalle

il segno

e la mia felicità animata

dentro il cesto di vinco. Sorride

ma sento che

il tempo sanguigno nelle sue vene

rabbrividisce.

***

V.

Page 38: Anna Maria FArabbi - Quaderni

La luce nella pesca. La pesca

Silenziosa

che rotola nella notte.

Dentro i miei occhi

e con la stessa costosa lentezza

si allontana.

***

VI.

Sono scappati perché sono bellae perché hanno paura

di leggere i cromi

della notte,

la lentissima fioritura del tuorlo,

la nudità della creatura

e del creato.

Non vogliono tremare,

per questo quando si allontanano

parlano.

Mentre io voglio la lingua

per l'intimità, l'umidità, il silenzio

profondo.

Page 39: Anna Maria FArabbi - Quaderni

Il bacio.

***

VII.

Non è il refolo che accarezza

il trifoglio.

Qui a Montelovesco,

è la terra che si muove. L'odore.

Allegro con fuoco. Preistorico.

Qui è mezzanotte: lume e stelle

sono in calore.

Il sole è sotto.

Nelle incisioni sul mio palmo,

tra gli inchiostri,

brillano gli schizzi salini del tsunami.

Dentro la voce di Andrea Zanzotto:

26.12.1997, ore 23,20.

***

Page 40: Anna Maria FArabbi - Quaderni

VIII .

Pensare che ho spremuto

il limone

per berne il giallo. Impararlo.

Volevo in un sorso maturare

l'interiorità del mio campo nero

Fare grano.

***

IX .

Schiena a terra.

Cielo cobalto australe.

La lucentezza del giallo stellare

ingiallisce gli occhi

e il cervello.

***

Page 41: Anna Maria FArabbi - Quaderni

X .

Da queste parti le creature non conoscono il mare.

Racconto il movimento degli azzurri.

L'orizzontalità cangiante.

L'impossibilità del taglio.

L'unico, il lunghissimo, lontanissimo

lato.

Ma nessuno lo chiede.

Stanno in terra, dentro la notte,

guardando la profondità del cammino

con il fuoco che dal petto

gli fa luce.

Poi, quasi all'alba, prima del tuorlo,

mi tolgono l'argilla dagli occhi

leccandomi il muso.

***

Preghiera notturna

Un giorno - mi prometto -

vedrò il paesaggio intero

con l'amore reale

Page 42: Anna Maria FArabbi - Quaderni

nel mezzo.

Dormirò nell'abbondanza,

con la felicità di sprecare luce

e tempo.

***

:bianco

Dall'interiorità del gheriglio.

( ... ossia il seme - della noce -

ossia la parte interna

commestibile. )

***

Bacio il fondo: la bocca

del foglio:

la placenta interiore dentro cui entrando

nasco: con la lingua

Page 43: Anna Maria FArabbi - Quaderni

come una prua muscolosa tessuta di fossili

che attraversa e assorbe ombelichi

e midolli liquefatti uteri marini.

Cresco in viaggio blu tra i coralli

quasi silenzio quasi pesce quasi dimenticando

i nidi.

Se non fosse non fosse la madre

a farmi voltare

l'amante la donna il canto

l'inguine terragno aperto

lo strillo modulato in canto

il principio dell'ascolto il fango

nelle mie orecchie di fango.

Qui, adesso, nel sentire

nell'essere polpa segnata dal nome

-lei che mi chiama - mi trasforma in terra

e in parole

di terra: emergo dall'acqua

come scrittura sonora.

Circolazione sanguigna. Nervi.

Montagna.

***

Page 44: Anna Maria FArabbi - Quaderni

C'E' UN SUONO NELLA CADUTA NELLA ROTTURA

DELLA FRONTE

NELLO SPARGIMENTO SALIVALE

DELLA LINGUA

ENTRANDO IN UN SOLO OCCHIELLO FILA:

IN BATTERE E IN UN LEVARE IN FA - RE

L'AMORE

Brilla tra le mie cosce

la mia amorina

concava, nadir cantabile,

focolare segreto

della mia vita:

accoglimento della lingua.

E la lingua finalmente è caduta

franata in me

dentro la mia crepa

così profonda e per questo sacra

così felicemente

bassa.

E il crollo della lingua

ha trascinato in sé l'altezza,

i celesti stellari, le mistiche

della fronte e del cuore

giù dentro di me nella natura,

facendomi natura: piena,

assolutamente analfabeta

e bagnata di grazia

salivale.

Page 45: Anna Maria FArabbi - Quaderni

Prima che il mio ombelico vulcanico

erutti l'estate

e ti nidifichi con una colata

di febbre,

mi vedrai nuda:

mollica.

Cantica.

Ondulata fioritura nei verdi.

Leggerai la mia scrittura terragna

come i cechi.

Con il corpo nelle dita.

NASCE.

TI DICO: SENTI CHE - SENTI:

NASCE. NASCE.

Nel midollo dei neri, dentro l'origine

dei nervi:

silenzi minerali, tuorli fossili,

stratificazioni di linguaggi

geologici: senti:

il poema ha un battito

cardiaco

lentissimo.

Talpadidio, senti

Page 46: Anna Maria FArabbi - Quaderni

come amando il cuore

del mio alfabeto terrestre,

resuscito dal buio

le primissime nevi.

***

a Sandro Penna

VIDI UN BAMBINO FERMO AL CENTRO

DEL GIROTONDO

CHE S'INCANTAVA CANTANDO

GIALLOGNOLA AZZURRINA BIANCA

LA FELICITA'.

E POI VIDI SOLTANTO

L'OCCHIO

DELLA RUOTA DEL CARRO.

Amore che chiarisce la notte

pisciando in faccia

alla morte, umiliandola

con la luce.

Amore dentro cui è cadutasciolta

la fronte,

Page 47: Anna Maria FArabbi - Quaderni

che non pensa non pensa non batte.

Non batte.

***

:bianco.

Dall'interiorità della placenta.

( ... organo che durante la vita uterina

del feto umano e dei mammiferi placentati

ha la funzione di coinvolgere al feto, con il sangue

materno,

l'ossigeno

e le sostanze nutritive necessarie

alla vita

e all'accrescimento )

***

Page 48: Anna Maria FArabbi - Quaderni

Preghiera:

introduzione al colore

Madre della luce scoperchiami gli occhi:

falli concavi

come un palmo.

Voglio che siano sosta per gli uccelli

affinché possano pernottare in me

sotto la mia fronte

raccogliendo l'atterraggio, il frullo, l'alzata in volo

e la brace quasi spenta del giorno. Voglio

tuffare la faccia nel colore

impazzire le vene fino al bulbo buio

e poi franare giù nel foglio

pregna:

io giallo verde blu in persona

con la bocca rosso

arancio,

il foglio,

come un letto zuccherino per fare l'amore.

***

Maternità del marrone

Nella mia terra mi guardo

come dentro un bacile

Page 49: Anna Maria FArabbi - Quaderni

dove si è infeltrito

l'oceano.

Mi tinge il dito se la tocco

e me lo fa albero

con le radici in cima

che bucano il cielo.

***

Maternità del verde

Ho un filo di erba nel cervello

che fa l'ombra verde

alle parole zitte del pensiero.

Le mie parole bestie con il muso rinsecchito e

sformato

ricercano dio

tra la concimaia e lo stellame.

Trasportano la fame di arrivarlo

e di congiungersi a lui in branco.

E io le sento frugare l'uscio della luce,

le sento desolate nella loro solitudine

o in chiacchiericcio furibondo

Page 50: Anna Maria FArabbi - Quaderni

quando si concepiscono a vicenda con il verde

dell'ombra.

***

Verde

Io sono il verde alcolizzato che divora

lampi lunepiene sole.

Sono lingua l'odore

ramosissimo del rosmarino che svetta.

La faccia delle mie radici. Lo stare

in terra da freccia piantata:

segno e sentinella.

Sono l'accoglimento per ciò che è alare

e ha perso il volo:

il canto quando mi rientra

in corpo,

il vento il vento

il vento quando mi spacca e mi spartisce

la luce e la scintilla via da me ovunque

ferendo l'ombra.

Verde per verde.

Parola per parola.

Foglia.

Page 51: Anna Maria FArabbi - Quaderni

Giallo

Io sono un'esplosione gialla nel cervello muto

della solitudine. L'ape di luglio

che scotta.

Il miele.

Sono il miele che nevica

dentro la pancia della notte

ungendo d'oro

il vento.

***

Viaggio giallo delle talpe

I ciechi sentono il giallo

perché odora.

S'infilano la spiga piena

dentro la narice

il tempo che dura

la spiga.

Quando l'inverno crolla

sfondano la terra con il muso sotterraneo

dov'è posta la madia:

Page 52: Anna Maria FArabbi - Quaderni

il granaio.

L'ambra febbricitante dell'estate.

La luminaria della brace.

***

Rosso

Io sono l'inferno ubriaco.

Lingua idrofoba in fuoco.

L'intensità illuminata

nella pancia ritmica

del tamburo:

vulcano in testa, scintilla, interiorità ustoria

della lente:

i tuoi miocardici del tuorlo.

Io sono il morso nel bucobuio

dell'orecchio del demonio. E il foglio

acceso in trono.

***

Page 53: Anna Maria FArabbi - Quaderni

Gli azzurri

Io sono il cobalto blumelanzana

cielo pregno nel mare incolto fittofitto:

l'inchiostro

nel paiuolo in cui cuoce.

Sono la vampata il falò blu

dei miei uccellini

scricchiati sulla crosta del foglio:

uno sbattimento di ali

per levata in volo di pallini da schioppo

in amore con i trucioli accesi delle stelle

con il loro sonnambulo

solletico.

***

Blu

Entro nella polpa della notte:

mi ci affondo come se tornassi dentro la pancia buona

della madre

dove le teste e le cose

si sono appena addormentate,

sazie, in pace

e non fanno più rumore.

Page 54: Anna Maria FArabbi - Quaderni

Dietro le spalle le mie ali sono più blu della notte

crescono

spingendomi il petto

incrostato di fossili intontito dai soli dai tuorli dai venti

e dalle scintille di dio.

***

Se avessi una rosa blu dentro la fronte

che partorisse il sangue il sudore e il pianto

blu

goccia nella goccia giù per le guance

e per la pelle nuda dei seni

traversando il ventre

fino a raggiungere le erbe dei campi

le radici

della quercia.

Se avessi una boccetta d'inchiostro blu

dentro la fronte

e venisse giù come una doccia calda

e tingesse me - la faccia di carta -

quella della terra e del mare

il sangue il sudore e il pianto.

Se avessi un bocciolo blu

che spingesse la luce

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dentro il buio della mia fronte

bacerei la bocca della madonna

e ci farei l'amore

le spiegherei con la mia lingua

che la storia del blu viene dalla rosa

e la storia delle radici della rosa

viene dal culo

del mondo.

***

Nero

Io sono il nero tra le cosce.

Lo scandalo dove si frange si sfa

il sole: si scioglie.

Il fosso.

La forma umida della notte.

***

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Bianco

Io sono la faccia plurale

del colore.

L'angelo concentrato

in un punto precisissimo della terra:

nell'embrione minerale vegetale carnale

del poema. Lievitazione del pane

nel corpo.

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da La magnifica bestia

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Sono presenti in me: quel bambino cieco, privo di braccia a causa della guerra, che sta leggendo con le labbra, fotografato da David Seymour (Roma 1948), e Jean Dominique Bauby che, non volendo arrendersi alla malattia, scriveva con le palpebre. Uno mi in/segna a leggere e l'altro a scrivere. Entrambi, contemporaneamente: la preziosità del ricevere e l'estenuante pratica di ogni relazione, la profondità del sentire e la parsimonia, la cerimonia, del segno.

***

L'invisibile multiforme uccellina affonda nel mio petto con leggerezza precisa e sibilante. Non so chi sia da dove la figura dell'arco......Sento muoio e mi moltiplico.

***

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Porto con me la bestia e la foresta intera battendo la mia pelle di tamburo. Il dolore è basso. Cammina dentro le piante dei piedi. Mi bruca la pancia. Ma nell'ombelico profondo mia madre canta.

***

C'è un'alba in cui l'uccellina maestra ha dolore e sceglie di tacere. Di lavorarsi dentro il becco. Nell'intensità del sole non dice: risponde con l'intensità zitta nel becco. Come si sta soli né mani né piedi. Come si sente la storia biologica del proprio corpo....offrendosi al sorgere. Orientandosi. L'osso della fronte es/posto all'alba e la polpa alle radici. Il dolore non può fare altro e non guarisce con la poesia. E la poesia non sta nell'osso ma nella polpa. Chi sta zitto per immersione e per forza si trasforma. Coltiva umilmente il proprio orto.

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Impara a divenire nel battito. Ad abitare la cellula del suo sangue la trasparenza del fiato: nel passaggio che è paesaggio tra l'inspirazione e l'espirazione.

***

Comunque sia....ovunque è in terra con me: presente: il fatto è questo. Vicina o lontana non conta. Io non sono figlia del dio del lutto.....ma della madre. Non creo per compensare. Non canto separazione o esilio ma l'appartenenza profonda la gioia tessendo il baratto.

***

Il m'io poema esce. S'in/china. S'interra profondamente diventando terra:

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vocali consonanti rosso cardiaco fiato bacio e bestia.

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da Solo dieci pani

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il colloquio

tra figlia e madre

Ho studiato che il rosone di alcune chiese romaniche è

stato progettato come meridiana notturna affinché i

monaci, durante la preghiera, potessero conoscere

l’ora osservando le stelle, attraverso la rosa vitrea.

Non tanto per conoscere l’ora figlia mia, ma per

l’esercizio interiore della dilatazione. Per l’accoglienza

intima dell’infinito. Sì studia. Ma dimentica tutto

umilmente.

Raggiungi le terre oltre le chiese. Entra nel fuoco

assiale della tua lente interiore. La meta profonda del

viaggio è in te: saper mangiare pane respirando il

vuoto limpido.

***

andrò dalla vecchia

consegnandole il mio tempo

in una ciotola di argilla

al mio fianco il fiume scende

con dentro la montagna liquefatta

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cercheranno la mia essenza acustica

e la migrazione della mia rondine interiore

***

Mi cercano nel paesaggio. Io sono uscita

morta diffusa: creo la quiete tra le tempie

mentre pellegrino scalza

nell’ombelico madre.

Chiedono se la mia voce esiste

o canta il linguaggio dei pesci

dove sono in che cosa si è trasformata

la radice dell’io.

Da animale a vegetale a minerale in pane.

La foresta bianco rosa dei ciliegi sulle sponde del

fiume

improvvisamente si è mossa: l’odore

e i petali nella brezza si staccano all’unisono

vibrando una leggerissima intima

bufera.

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Anna Maria Farabbi è nata a Perugia il 22 luglio 1959.

Premio Montale nel 1995, è stata redattrice della

rivista letteraria “Lo spartivento” di Bologna, ora

inattiva. Ha collaborato per traduzioni, recensioni e

interviste a scrittrici e scrittori e per lavori di critica

letteraria a vari giornali e riviste, tra cui “Legendaria”,

e per la rivista bilingue africana “Sister Namibia”,

come corrispondente italiana.

Ha pubblicato opere saggistiche sulla rivista letteraria

“Il rosso e il nero”. Suoi racconti e poesie sono apparsi

su varie pubblicazioni, tra cui “Poesia”, “Atelier”, “La

Clessidra”, “Il vascello di carta”, “Versodove”,

“Poetrywave”, “Yale italian poetry”, “Pagine”,

“Famiglia Cristiana”, “Letture”.

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Attualmente collabora con la Fondazione Bianciardi –

Il Gabellino – per un lavoro di interviste ad esponenti

autorevoli internazionali (storici, poeti, filosofi,

traduttori…).”

Anna Maria Farabbi ha pubblicato le raccolte di

poesia Fioritura notturna del tuorlo, Tracce,1996; Il

Segno della Femmina, Lietocolle, 2000 con cd;

Adlujè, Rovigo, Il ponte del sale, 2003; Kite, con

portfolio di 9 opere grafiche di Stefano Bicini, Studio

Calcografico Urbino, 2005; Segni, con opere grafiche

di Stefano Bicini, Pescara, Studio Calcografico Urbino,

2007; La magnifica bestia, Travenbooks, 2007, Solo

dieci pani, Lietocolle, 2009.

Ha anche pubblicato libri di prosa - Nudità della

solitudine regale, Zane Editrice, 2000 e La tela di

Penelope, Lietocolle, 2003 – e di saggistica con

traduzioni - Le alfabetiche cromie di Kate Chopin,

Lietocolle, 2003, una monografia su Kate Chopin; Un

paio di calze di seta, Sellerio, 2004, una scelta di

racconti di Kate Chopin; Il lussuoso arazzo di Madame

d’Aulnoy, Travenbooks, 2008. Opera edita critica

d’arte: “Maria Cammara“, Lalli,1999.

Sull’opera della Farabbi, Francesco Roat ha curato la

monografia L’ape di luglio che scotta, Anna Maria

Farabbi poeta, Lietocolle, 2005.

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