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1 Modelli statistici per l’analisi della volatilità nei mercati finanziari A Survey on Statistical Models for Volatility Analysis in Finance Pierluigi Daddi Dipartimento di Economia, Finanza e Statistica, Università degli Studi di Perugia Abstract: The aim of this survey is to present an overview of the contributions of statistical nonlinear methods in the analysis of volatility in finance. The paper gather some considerations and recalls some results to provide the stage for further considerations and discussions. Parole chiave: Volatility, ARCH Models, Dynamics in Finance. 1. Introduzione 1 Non è da lungo tempo che nella letteratura econometrica e statistica sono apparsi i primi contributi sistematici seguiti da un importante sviluppo sulla modellazione del comportamento delle variabili dei mercati speculativi riconoscendo e formalizzando l'ipotesi che gli agenti economici agiscono in condizioni d'incertezza mutabile nel tempo. E’ tuttavia ben noto che della stessa problematica, presumibilmente da sempre presente in questo contesto economico, si sono avute le prime indicazioni verso l'inizio degli anni sessanta con i lavori di Mandelbrot 1 La presente relazione costituisce una necessaria sintesi della precedente versione estesa e preliminare, presentata alla Riunione Satellite di Bari della Società Italiana di Statistica, nella quale sono illustrate ulteriori strutture e formulazioni di modelli di volatilità in ambito univariato e multivariato, nonché alcune considerazioni in merito alle più ricorrenti funzioni di densità condizionata. La versione preliminare è disponibile a chiunque ne presenti richiesta all’Autore.

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1

Modelli statistici per l’analisi della volatilità nei mercati finanziari

A Survey on Statistical Models for Volatility Analysis in Finance

Pierluigi DaddiDipartimento di Economia, Finanza e Statistica, Università degli Studi di Perugia

Abstract: The aim of this survey is to present an overview of the contributions of statistical nonlinear methods in the analysis of volatility in finance. The paper gather some considerations and recalls some results to provide the stage for further considerations and discussions.

Parole chiave: Volatility, ARCH Models, Dynamics in Finance.

1. Introduzione1

Non è da lungo tempo che nella letteratura econometrica e statistica sono apparsi i primi contributi sistematici seguiti da un importante sviluppo sulla modellazione del comportamento delle variabili dei mercati speculativi riconoscendo e formalizzando l'ipotesi che gli agenti economici agiscono in condizioni d'incertezza mutabile nel tempo. E’ tuttavia ben noto che della stessa problematica, presumibilmente da sempre presente in questo contesto economico, si sono avute le prime indicazioni verso l'inizio degli anni sessanta con i lavori di Mandelbrot (1963, 1969) nei quali si rilevava come le distribuzioni empiriche delle differenze prime del logaritmo del valore di alcuni titoli azionari, seppure simmetriche, non si conformassero all'ipotesi di normalità2. E’ verso la metà degli anni settanta, in connessione del manifestarsi dei primi sintomi di instabilità delle economie occidentali, che nella letteratura economica, sia teorica che empirica, sorge l'attenzione verso l'analisi della componente di incertezza o di rischio variabile nel tempo. Dunque, i primi studi si sono rivolti inizialmente all'analisi dei processi inflazionistici, articolati nell'analisi dei livelli d'inflazione e della variazione dei prezzi relativi in particolare con le implicazioni ad essi connesse, nella creazione di instabilità delle economie dei Paesi interessati. Già nei primi contributi sulla stima e la verifica empirica dei modelli di determinazione dei tassi di cambio assumeva rilevanza la volatilità o variabilità della varianza delle serie dei cambi, che sembrava accentuarsi in alcuni periodi, in concomitanza con delle variazioni inattese delle variabili che dovrebbero, in termini di teoria economica,

1 La presente relazione costituisce una necessaria sintesi della precedente versione estesa e preliminare, presentata alla Riunione Satellite di Bari della Società Italiana di Statistica, nella quale sono illustrate ulteriori strutture e formulazioni di modelli di volatilità in ambito univariato e multivariato, nonché alcune considerazioni in merito alle più ricorrenti funzioni di densità condizionata. La versione preliminare è disponibile a chiunque ne presenti richiesta all’Autore. 2 Il risultato osservato da Mandelbrot, era connesso al particolare andamento delle serie , “...large changes tend to be followed by large changes - of either sign - and small changes tend to be followed by small changes”; op. cit. pag. 418.

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influenzare il corso dei cambi, o con persistenti violazioni delle relazioni che dovrebbero legare questi e quelle. E’ con riferimento a questi aspetti di teoria ed analisi economica che Engle (1982) ha proposto una generalizzazione dei tradizionali modelli econometrici a varianza costante definendo una nuova classe di processi stocastici serialmente incorrelati con varianza condizionata non costante. Anteriormente al primo e notevole contributo innovativo di Engle, le misure statistiche di stima della volatilità sono circoscritte prevalentemente a misure descrittive, eterogenee e di problematica confrontabilità, le quali al di là della semplicità d'uso non sembra, anche alla luce delle limitazioni e critiche apparse di recente in letteratura nonché dei successivi sviluppi metodologici, di poterne ulteriormente avallare il loro impiego per una misura ed analisi adeguata dell'incertezza dei mercati finanziari. In questa sede non considereremo quindi l’indicazione di stimatori di tipo moving sample o di rolling standard deviation. Questa breve rassegna non vuole costituire una trattazione sistematica ed esaustiva di una problematica che si è imposta negli ultimi due decenni all'attenzione degli studiosi ed operatori del settore. Non sistematica per le sue generali e molteplici presenze di articolazioni e sfaccettature nello sviluppo metodologico e risvolti applicativi che la caratterizza ma anche, per le medesime ragioni, certamente non esaustiva, tenuto conto, oltretutto, che nello scorrere i riferimenti bibliografici, molti dei lavori citati in letteratura sono talvolta nella loro fase di circolazione iniziale. Dunque, almeno nelle intenzioni, la medesima vorrebbe essere un rapido ripercorrere delle proposte dei metodi statistici di stima della volatilità cercando di soffermarsi su quelli che, almeno fino ad oggi, hanno rivestito o presentano una maggiore rilevanza applicativa, tendendo di porre in evidenza gli aspetti più salienti, ovvero le limitazioni implicite, i risultati più consolidati, nonché le questioni ancora aperte che esigono ulteriori approfondimenti.

2 - Modelli statistici di stima della volatilità

Per l'analisi della volatilità dei mercati finanziari, in un contesto generale nel quale si ipotizzi che la medesima assuma la posizione di variabile indipendente, si può definire un modello lineare della forma seguente:

y t=x t γ+σ t2 δ +e t , t=1,2 ,. . ., N (1)

dove, y t rappresenta la variabile risposta del modello, x t∈ℑt è la variabile

esplicativa, e t è il termine di errore per il quale si assume che E( et|ℑt )=0 . La

varianza, o componente di rischio di variabili ψ t , condizionate sull'insieme di

informazioni ℑt è definita dall’espressioneE( et2|ℑt )=σ t

2.

Sia l'insieme ℑt , sia le variabili ψ t ed x t debbono essere definite sulla base di presupposti di teoria economica, ma nel contesto della stima del modello di cui alla (1)

sorge il problema che σ t2

non è direttamente osservabile ed inoltre, al momento, non

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sembrano esistere dei presupposti teorici che possano descrivere il comportamento di σ t

2 sull'insieme ℑt .

In questo contesto i tentativi per risolvere empiricamente il problema della stima di σ t2

si possono ricondurre in parte all'impiego dei residui determinabili sulla base di regressioni supplementari o ausiliarie o di modelli autoregressivi oppure, più semplicisticamente, sulla base di varianze mobili o medie mobili degli scostamenti assoluti, definiti per opportuni sotto insiemi temporali. Queste tecniche vengono comunemente denominate metodi di stima non parametrici (Pagan e Schwert, 1990).D'altro lato, al momento attuale, una vasta e più consistente lettura si è sviluppata, da pochi anni, intorno a metodi di stima della volatilità basata su un'estensione dei metodi statistici di analisi delle serie temporali economiche (metodi parametrici o model based).Tali modelli, in analogia ai ben noti metodi di stima della media condizionata sviluppatisi nei primi anni settanta, tendono quindi a modellare, con schemi analoghi, i momenti secondi condizionati.

2.1 - Stimatori non parametrici della volatilità Stimatori alternativi della volatilità, sicuramente più interessanti rispetto a quelli basati sui semplici moving sample delle variabili d’interesse, sono rappresentati dai kernel estimator e dalle Flexible Fourier Form. La procedura sviluppata sui Kernel estimator, soprattutto ad opera di Gallant (1981), si basa in gran parte sui risultati delle metodologie connesse alle tecniche delle smooth regression Watson (1964). In estrema sintesi la procedura indicata consiste nell'assumere, per le stime della varianza condizionata di cui alla (1), una struttura di media ponderata secondo l'espressione seguente:

σ t2=∑

j=1

T

w jt e j2

(2)

dove T è la dimensione del campione e w jt sono i pesi attribuiti ad ogni componente

di errore stimato (e j2

); tenuto conto che ∑j=1

T

w jt=1. Una espressione alternativa alla (2)

è quella contenuta in Pagan e Schwert (1990), nella quale la volatilità è definita da:

¿ j≠t ¿¿¿T¿

(3)

Le molteplici funzioni di ponderazione esistenti, possono essere generalizzate nella forma seguente:

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4

w it=K ( zt−z j )/∑k=1

T

K ( zk−zt ) , (4)

in cui zt è il vettore (rx 1) contenente gli elementi in ℑt , e la funzione K (⋅) è definita simmetrica e positiva.Gli stessi autori particolarizzano la (4) in una funzione di tipo Gaussiano e sulla base di questa specificazione, circoscritta alla scelta di una sola ampiezza di banda, effettuano confronti fra diverse misure non parametriche e parametriche dei tassi di rendimento dei titoli per il mercato statunitense nel periodo 1835-1987. Uno stimatore non parametrico alternativo basato sull'espansione in serie come metodo di approssimazione numerica proposto da Gallant (1981), denominato Flexible Fourier Form, stima la volatilità come somma di un polinomio di basso ordine e di termini

trigonometrici definiti sugli elementi dell'insieme ℑt , ovvero z tj= et− j . Ad esempio, in Pagan e Schwert (1990), la volatilità è stimata sulla base dell'espressione:

σ t2=σ2+∑

j=1

L {(α j ztj+β j ztj2 )+∑

k=1

2

[ γ jk cos (kztj )+δ jk sin (kztj )]} (5)

in cui L è il numero degli elementi in ℑt , mentre gli stessi Autori ritengono sufficiente, ai fini della stima, limitare a due l'ordine della sommatoria dei termini trigonometrici. L'inconveniente che può determinarsi nelle stime della (5) è quello di poter generare

valori di σ t2

negativi; per contro, rispetto al Kernel estimator, consentendo di definire delle stime basate su un criterio interpolativo anziché per i singoli valori, esso può essere particolarmente utile nel caso si disponga nella regione dello spazio campionario di un limitato numero di osservazioni.

2.2 - Stimatori parametrici lineari della volatilità Un apporto fondamentale all'analisi statistica della volatilità dei mercati finanziari è rappresentato dal contributo di Engle (1982) con l'introduzione del modello ARCH (Autoregressive Conditional Heteroskedasticity) e delle numerose estensioni che ne sono seguite soprattutto in questi ultimi anni, considerato che la letteratura, su questo particolare aspetto, conta un vastissimo numero di contributi. L'ipotesi che risiede alla base dei processi ARCH, nel contesto del modello lineare, è che la varianza condizionata segua un modello statistico di tipo autoregressivo. Successive e recenti generalizzazioni riguardano l'introduzione di modelli di varianza condizionata di tipo Arma, funzioni di densità condizionata non normale, funzioni di varianza condizionata non lineare, presenza di radici unitarie nei modelli generalizzati della varianza, e modelli multivariati con struttura fattoriale3 (Engle e Bollerslev 1986; Bollerslev et al., 1990).

3 Si veda altresì la raccolta di saggi in Econometric Reviews, n. 5, 1986; nonché i lavori presentati alla International Conference on ARCH Models: Applications to Financial or Monetary Econometrics 25-26 Giugno 1990, E.N.S.A.E, Malakoff, (Paris). Gran parte di questi ultimi contributi sono pubblicati sul Journal of Econometrics, vol. 52, n.1/2, Aprile-Maggio 1992.

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2.2.1 - Modelli ARCH e GARCHIn generale un modello ARCH può essere definito nel contesto del modello lineare secondo la relazione seguente:

y t=x t' b+ε t , t=1,2 ,. . ., N

(6)

dove y t è la variabile dipendente, x t' il vettore delle variabili indipendenti, b è il vettore

dei parametri da stimare ed il termine errore, ε t , appartiene ad un processo stocastico temporale discreto, a valori reali.Nella (6) si assume inoltre:

ε t= y t−x t' b ,

ε t|ψ t−1~F (0 , ht ) , (7)

dove ψ t−1 è l'insieme delle informazioni condizionanti, ed in cui:ht=zt

' α , (8)

con z t' vettore trasposto delle variabili che condizionano l'andamento della

eteroschedasticità secondo il vettore dei parametri non noti α=(α0 , α1 , . .. , α q )', con 0≤q≤∞ , α 0>0 , α i≥0 , i=1 , .. . q ed inoltre, affinché la varianza condizionata sia

finita, ∑

iαi<1

. Il modello di cui alle (6)-(8) è sufficientemente generale e tale da definire, come casi particolari, molteplici specificazioni alternative. A questo riguardo, al momento attuale, le limitate indicazioni della teoria economica concernenti le determinanti a cui collegare la variazione temporale della varianza condizionata, compatibilmente alla obiettiva difficoltà nelle determinazioni di informazioni quantitative su macrovariabili generalmente non disponibili ad alta frequenza (osservazioni con cadenza settimanale, giornaliera, oraria, etc,) hanno fortemente indirizzato lo sviluppo delle specificazioni della (8) verso il contesto dei modelli statistici anziché nella direzione della esplicita specificazione della medesima nella più intuitivamente idonea classe dei modelli econometrici strutturali. E’ comunque da un modello statistico che prende l'avvio, nel lavoro di Engle (1982), la parametrizzazione della (8) nella forma autoregressiva dei quadrati dell'errore secondo la struttura seguente:

ht=α0+∑

i=1

q

α i εt−12 =zt

' α , (9)

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dove zt'=(1 , εt−1

2 , εt−22 , . .. , εt−q

2 ) , definisce un processo ARCH(q). Engle (1982) ha

definito i momenti e le proprietà ergodiche del processo ε t2

, per q=1 , considerando le

stime ML dei parametri ed indicando che sotto la condizione y t|ψ t−1 ~N ( x t' b ,h t ) , la

distribuzione congiunta delle y t e quella marginale, non si conformano all'ipotesi di normalità. I modelli ARCH hanno trovato una immediata applicazione nell'analisi di molteplici variabili economiche. Engle (1983), Engle e Kraft (1983) utilizzano modelli ARCH per l'analisi della variabilità della componente d'incertezza connessa all'andamento del tasso d'inflazione. Contestualmente, una copiosa letteratura ha analizzato e sviluppato le proprietà statistiche di questi modelli, in particolare gli aspetti dei test statistici per l'identificazione e la verifica delle ipotesi, nonché quelli relativi alla stima dei parametri. Generalmente uno dei test più ricorrente per la verifica dell'ipotesi nulla della non esistenza di strutture ARCH nei residui è di tipo ML (Moltiplicatore di

Lagrange), asintoticamente equivalente alla forma NR2, con N pari al numero delle

osservazioni ed R2

coefficiente di determinazione di una regressione ausiliaria del quadrato dei residui, definita, con stima OLS, rispetto ai medesimi ritardati. Se esistono comportamenti dei residui eteroschedastici, la specificazione dell'ordine del processo ARCH, in analogia alla procedura di identificazione dei modelli statistici per serie temporali stazionarie, avviene solitamente adottando i test per la verifica di presenza di dipendenza non lineare nel processo generatore dei residui (McLeod e Li, 1983). Seguendo il lavoro di Milhøj (1985) - il quale ha dimostrato che la presenza di strutture ARCH nei residui conducono alla definizione, se si seguono i risultati di Bartlett, di errori standard asintotici delle autocorrelazioni campionarie ed a valori del portmanteau test eccessivamente conservativi, Diebold (1988) ha proposto un migliore stimatore dell'errore standard delle autocorrelazioni, sotto l'ipotesi nulla di un processo costituito da variabili casuali incorrelate ed eteroschedastiche.Se nella letteratura più recente sembra ormai consolidato l'uso delle stime consistenti della varianza delle autocorrelazioni nel senso indicato, in realtà ricorre anche non raramente, l'impiego di definizioni improprie della varianza delle autocorrelazioni nella fase di identificazione e stima dei modelli ARCH. L'inconveniente che ne deriva è peraltro tanto più fuorviante quanto più si considerano le stime delle autocorrelazioni per i primi ritardi, più sensibili al maggior peso del fattore di correzione presente nello stimatore di Diebold. Bollerslev (1986) propone uno sviluppo del modello ARCH definendone una sua utile generalizzazione, secondo la quale la varianza dell'errore viene definita sulla base del processo eteroschedastico generalizzato autoregressivo di ordine p e q , ovvero GARCH(p,q):

ht=α0+∑i=1

q

α i εt−12 +∑

i=1

p

β i ht−i= α 0+ A ( L)εt

2+B( L )h t , (10) ε t= y t−x t

' b .

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Le condizioni per l’esistenza del processo sono: p≥0 e q>0 ; α 0>0 , α i≥0 , i=1 , .. . , q ; β i≥0 , i=1 , .. . , p .La derivazione della struttura GARCH da un processo ARCH è dimostrabile ponendo q=0 ; in tal caso la forma della varianza condizionata

sarà infatti: ht=α0+∑

i=1

p

α i εt−12

. Nella sostanza se il processo ARCH è specificato come una funzione lineare delle varianze semplici passate, il processo GARCH include anche le condizionate passate (simmetria, regolarità), consistendo in un meccanismo d’apprendimento adattivo. Tramite il modello GARCH è possibile derivare un processo ARCH (∞), infatti, se le soluzioni di 1−B( z )=0 sono tutte radici non unitarie, la relazione (10) può essere riscritta come:

ht=α0 (1−B(1))−1+ A( L )(1−B( L))−1 εt2=

α 0(1−∑i=1

p

β i)−1

+∑i=1

∞δi ε t−1

2

che può essere interpretato come un ARCH(∞).Così come il suo predecessore, il modello GARCH rispetta la condizione di stazionarietà. Considerando le relazioni

sopraindicate il processo GARCH (p,q) con E( εt )=0 , Var (ε t )=α 0(1−A (1)−B (1))−1

e Cov (εt , εs )=0 per t≠s sarà stazionario in senso lato se e solo se: A(1 )+B(1 )<1.

Il comportamento della varianza condizionata ht dipende dunque dai valori degli errori

passati ε t−12 , . .. , se il suo andamento viene descritto dall'espressione di cui alla (9)

oppure dalla strutture dell'errore ε t−12 , . .. , ed ht−1 ,. . . , se si assume, per il medesimo, il

modello (10). Dati i vincoli indicati sui parametri α 0 , α i , β j è immediato notare che ht

tenderà ad aumentare per i valori crescenti di ε t−12 , . .. , ed ht−1 , .. . , e viceversa.

La differenza nell'uso di modelli GARCH rispetto all'ipotesi più restrittiva di strutture ARCH, non è costituita da un sostanziale e diverso significato intrinseco sotteso alla logica dei due modelli, di cui infatti uno costituisce una generalizzazione dell'altro, quanto nella possibilità di specificare, nel caso di modello GARCH, la dinamica della varianza condizionata con una più limitata struttura parametrica. Ad esempio modelli ARCH(12) sono stati stimati in relazione a dati giornalieri di tassi di cambio del dollaro, mentre una più parsimoniosa struttura GARCH(1,1), definita per i medesimi dati, ha consentito una migliore specificazione e fitting rispetto al modello precedente (Engle e Bollerslev, 1986; Taylor, 1986; Hsieh, 1989; Daddi e Tivegna, 1990a, 1990b, 1991). Ulteriori estensioni dei modelli sopraindicati, suggerite soprattutto dall'applicazione dei medesimi all'analisi dei mercati azionari, riguardano modelli ARCH o GARCH Esponenziali, introdotti da Nelson (1990) ed applicati all'analisi dei tassi di rendimento dei titoli azionari, per i quali si assume che il logaritmo della varianza condizionata viene a dipendere da un insieme parametrico non necessariamente e strettamente positivo. In altri termini, la volatilità viene a dipendere non solo dalla entità dell'errore

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in periodi precedenti, ma anche dal suo segno corrispondente. ht è quindi una funzione asimmetrica dei valori passati e questo aspetto ha consentito di affrontare la modellazione dei rendimenti dei titoli per i quali è stata rilevata una correlazione negativa fra rendimenti e volatilità, la cui spiegazione sembra risiedere nella contenuto economico connesso all'effetto leverage (Christie, 1982; Pagan e Schwert, 1990).

2.2.2 - Modelli IGARCHUna ulteriore tipologia di modelli che costituisce una estensione del modello generalizzato della varianza autoregressiva condizionata, è stata proposta da Engle e Bollerslev (1986).Con riferimento alla (10) un processo GARCH è detto Integrato se il polinomio:

1−α( z )−β (z )=0 (12)

presenta d>0 radici unitarie e (max(p,q)-d) radici in modulo maggiori di uno; in

particolare risulterà: i) integrato in varianza di ordine d se α 0=0

; ii) integrato in

varianza di ordine d con trend se α 0>0.I modelli IGARCH costituiscono comunque una specificazione particolare di una più ampia classe di modelli che presentano la proprietà di essere a varianza persistente, per i quali, in estrema sintesi, l'informazione disponibile al tempo t determina il comportamento di previsione della varianza condizionata su ogni orizzonte temporale futuro. Come è stato riscontrato da diversi autori, nelle applicazioni di modelli GARCH su dati ad alta frequenza, è piuttosto comune rilevare condizioni di persistenza. Dalle analisi empiriche sembra infatti emergere, in modo sufficientemente chiaro, che la varianza condizionata può rivelare un grado di persistenza che può essere statisticamente approssimato da modelli con varianza integrata. Se da un lato la problematica è analoga a quella dell'integrazione in media, tuttavia esistono ancora molti aspetti da risolvere relativamente alla metodologia statistica dei test di integrazione in varianza, anche se alcuni recenti risultati, confermati da limitati esperimenti Monte Carlo, sembrano indicare che le usuali procedure di inferenza su base asintotica potrebbero essere ritenute valide anche in presenza di strutture di varianza di tipo IGARCH. Per contro, allo stato attuale e diversamente da quanto già presente nella problematica dell'integrazione in media, più limitate sembrano essere le indicazioni avanzate dalla teoria economica.

2.2.3 - Modelli GARCH-M Una successiva estensione dei modelli GARCH è stata proposta nel lavoro di Engle, Lilien e Robins (1987), nel quale si considera la formalizzazione dell'ipotesi che la varianza condizionata sia inclusa come variabile esplicativa nel modello di regressione (GARCH in Mean). In particolare il modello di cui alla (6) viene riscritto secondo l'espressione seguente:

y t=x t' b+ht δ+εt , (13)

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per la quale valgono le condizioni già precedentemente indicate ed inoltre che:

ε t= y t−x t' b−δ ( zt α )1/2

. (14)

La stima di b , δ , ed eventualmente β se ht assume una specificazione GARCH, può essere ottenuta massimizzando (numericamente) la funzione di verosimiglianza rispetto ai parametri medesimi. L'ampio uso che in letteratura è stato fatto del modello ARCH-M, non deve tuttavia suggerirne un utilizzo senza una adeguata misura critica. Nella definizione del modello, infatti, le stime dei parametri inclusi nell'equazione della media condizionata di cui alla (12), non sono asintoticamente indipendenti dalle stime dei parametri dell'equazione della varianza condizionata e pertanto se esistono aspetti di errata specificazione in quest'ultima equazione, le stime di β e δ non sono corrette. E’ imprescindibile quindi che vengano tenuti presenti opportuni test di specificazione prima di procedere alla stima ed alla interpretazione dei risultati ottenuti. Molteplici sono i risvolti applicativi per le strutture ARCH-M nel contesto di studio dei mercati finanziari. In questa breve nota si può soltanto accennare che modelli di questo tipo, ben si prestano ad essere impiegati nell'analisi aventi per oggetto la misura dell'impatto che la volatilità, o varianza condizionata, esercita nelle interrelazioni che collegano rischio e rendimento (excess return); in altri termini la stima del parametro δ , nel contesto dei modelli per l'analisi del rischio e dell'efficienza dei mercati, fornisce una valida indicazione quantitativa dell'avversione al rischio relativo presente negli agenti economici. L'applicazione di questo modello all'analisi dei rendimenti finanziari ha già comportato numerosi risultati empirici; ma la problematica sembra ancora aperta, soprattutto nella direzione di individuare le determinanti, e la loro dinamica, sottese alla definizione del rischio. Risultati non conclusivi della problematica si riscontrano altresì dall'impiego di modelli ARCH-M ai tassi di cambio. Generalmente, in questo contesto, si assume che la componente di rischio venga fatta dipendere dalla distribuzione condizionata del tasso atteso, la quale, se variabile nel tempo, implica un premio di rischio anch'esso variabile4. In estrema sintesi, dall'analisi di alcune più rilevanti applicazioni, emergono risultati non sempre concordanti. Ad esempio, se i dati di riferimento sono a cadenza mensile, non si sono riscontrate stime della volatilità particolarmente significative in strutture ARCH-M. Questo aspetto è evidente nei lavori (cfr. per tutti Diebold e Pauly, 1988) che trattano la specificazione della varianza condizionata per modelli di tassi di cambio delle cinque economie maggiormente industrializzate, e verosimilmente la non significatività qui rilevata è da attribuire all'intervallo temporale di riferimento (mensile) dei dati, che può non rendere evidente il sottostante processo generatore implicito di durata inferiore. Se infatti si considerano dati settimanali, emerge una più consistente conferma della significatività dei parametri, anche se il risultato varia a seconda del periodo storico di riferimento. Sulla base delle indicazioni apparse in letteratura sembra di poter indicare che l'approccio quantitativo alla stima di questa tipologia di modelli è presumibile che debba essere maggiormente approfondito su serie ad alta frequenza (osservazioni giornaliere, orarie) per le quali

4 Per quanto concerne la formulazione teorica dei modelli dei tassi di cambio relativamente al premio di rischio, si vedano per tutti i lavori di Domowitz e Hakkio (1985), Diebold e Pauly (1988b).

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sono generalmente ben evidenti, su modelli ARCH, strutture di volatilità statisticamente ben determinabili.

2.3 - Stimatori parametrici non lineari della volatilità

2.3.1 - Modelli LogARCH, TARCH e EGARCH La varianza condizionata può essere definita nell’ambito di una forma non lineare come nel caso del processo ARCH logaritmico (log ARCH). Questo, infatti, considera

una formulazione per ht del tipo:log ( ht )=α0+α1 log(εt−1

2 )+.. .+αq log (εt−q2 ) . (15)

L’importanza del modello risiede nella sua stretta positività. Infatti, considerando

l’esponenziale di entrambi i termini, ht risulta essere positiva, quindi non necessitano

restrizioni sui coefficienti α i con i=1 , .. . , q , al fine di assicurare la positività della stima della varianza. Uno dei primi modelli parametrici non lineari di questa tipologia, è quello indicato da Geweke e definito dal seguente sistema di relazioni:

ε t|ϕt−1 ~N (0 , ht ) (16)

log (ht )=w+α log ( εt−12 ) . (17)

Anche Pantula (1986), in un commento a strutture di tipo IGARCH, affronta il problema

della forma funzionale della varianza e similmente a Geweke considera ε t=W t ht1/2

dove W t si distribuisce come una variabile casuale con media zero e varianza unitaria, E( εt|ϕt−1 )=0 e E( εt

2|ϕt−1)=ht , in cui :

ht=ec[∏i=1

q

(εt−12 )αi ][∏j=1

p

( ht− j )δ j ]

(18)

Questo modello può essere definito integrato in varianza se ∑i=1

q

αi+∑j=1

p

δ j=1.

Zakoian propone un modello non lineare di tipo threshold (TGARCH), definendo la relazione della varianza condizionata del tipo:

√ht=α0+∑

i=1

q

α i+ε t−i

+ −∑i=1

q

α i− εt−i

, (19)

dove ε t+=max { εt ,0 } , ε t

−=min { εt , 0 }. I parametri sono sottoposti alle seguenti

restrizioni: α0>0 , α i

+≥0 , α i−≥0 con i=1 , . .. , q . Il meccanismo del modello

implica un cambiamento dei coefficienti di ε t−i , quando la stessa grandezza supera la soglia (threshold) zero. Nelson introduce la definizione alternativa di processo EGARCH (Exponential ARCH). Questo modello, secondo l’autore, è in grado di

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affrontare tre inconvenienti riconosciuti al processo ARCH. In primo luogo, molti ricercatori avevano già da tempo evidenziato che i rendimenti azionari erano negativamente correlati con i cambiamenti della volatilità dei rendimenti. Infatti, quest’ultima tende a salire in risposta a “cattive” notizie cioè rendimenti più bassi di quelli attesi; mentre, diminuisce a seguito di “buone” notizie. Il modello GARCH implica che soltanto la misura dei residui ritardati, non il loro segno, determina la varianza condizionata. Un altro inconveniente riguarda la limitazione di non negatività per i parametri, imposta per assicurare la positività della varianza, che nell’ambito della procedura di stima può condurre a difficoltà di convergenza della funzione di verosimiglianza. Infine, la questione di cruciale importanza dell’interpretazione della persistenza o meno degli shock della varianza condizionata, non è sempre adeguatamente rilevata nei modelli GARCH poiché questi possono misurare una

persistenza in realtà inesistente. Al solito, ponendo che ht sia la varianza condizionata dei termini di errore, per assicurare che la grandezza sia non negativa, Nelson adotta una formulazione logaritmica, in luogo di una combinazione lineare, con pesi positivi, di

variabili casuali come nel modello GARCH. Questo consente a ln (ht ) di essere

lineare in alcune appropriate funzioni di valori ritardati di zt , avendo assunto zt=ε t /σ t , seguendo un processo MA(∞) del tipo:

ln (σ t

2)=αt+∑k=1

βk g( zt−k ), con β≡1 (20)

dove {αt }t=−∞ ,∞ e {βk }k=1,∞ sono successioni scalari, reali e non stocastiche.

2.3.2 - Modelli N-GARCH e VGARCH Engle e Ng (1991,1993), al fine di misurare l’impatto delle nuove informazioni sulla volatilità, introducono due nuove formulazioni, N-GARCH e VGARCH, inoltre propongono la News Impact Curve (curva d’impatto di nuove Informazioni), allo scopo di misurare l’effetto di notizie sulla stima della volatilità. Per quanto riguarda i modello parametrici, gli autori si limitarono a fornire le relazioni per la varianza condizionata del modello N-GARCH (Non-linear asymmetric GARCH):

ht=w+β ht−1+α ( εt−1+γ ht−11/2 )2

(21)

e della struttura VGARCH:

ht=w+β ht−1+α ( εt−1 /ht−11/2 +γ )2 , (22)

la cui denominazione deriva dalla rappresentazione del quadrato dell’errore del tipo

v t=εt /h t1 /2

quindi, il modello può essere infatti riscritto come:

ht=w+β ht−1+α ( vt−1+γ )2. (23)

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Engle e Ng notarono che, nonostante il grande utilizzo dei modelli ARCH e GARCH, questi non erano in grado di catturare alcune importanti caratteristiche delle serie; una di queste è l’effetto che si manifesta quando una inattesa riduzione dei prezzi, derivante dal diffondersi di notizie negative, aumenta la volatilità prevedibile in maniera superiore rispetto ad un altrettanto inatteso aumento (per buone notizie) della stessa ampiezza. In realtà tale effetto asimmetrico è già rilevato nel lavoro di Black (1976) il quale analizza i cambiamenti della variabilità della volatilità dei prezzi. Black riscontra una relazione casuale tra rendimenti azionari, cambiamenti della volatilità e variabili collegate. La più diretta relazione è quella che connessa ai cambiamenti del valore della società emittente, ai rendimenti e alla volatilità. In estrema sintesi Black individua due rapporti di causa ed effetto: quello “diretto”, nella direzione rendimenti → volatilità, e quello “inverso” del tipo volatilità → rendimenti. Il rapporto di causalità “diretto” si presume essere immediato, in altre parole un cambiamento del valore dell’impresa potrebbe causare un simultaneo cambiamento nel prezzo e nella volatilità delle stesse azioni. Gli effetti del rapporto “inverso”, se da un lato possono essere immediati, da un altro possono presentarsi anche ritardati dalla presenza di aspettative che anticipano il variare della volatilità. Comunque il ritardo associato agli effetti del rapporto inverso sarà compensato, almeno in parte, dal deterioramento nel tempo dell’effetto del rapporto diretto. Tuttavia le stime di Black conducono a rifiutare la presenza di un rapporto di causa ed effetto inverso poiché l’aumento del prezzo delle azioni è seguito da un aumento ritardato della volatilità piuttosto che da una sua diminuzione. L’effetto di

Black suggerisce comunque che vincoli simmetrici sulla funzione della varianza di ε t condizionata dalle informazioni passate, sono inappropriati. Tenendo costanti le informazioni al tempo t−2 e ad esso antecedenti, si può esaminare la relazione

esistente tra ε t e ht : tale relazione è definita “Curva d’impatto delle informazioni” (news impact curve) perché collega i rendimenti azionari passati (nuove informazioni) alla volatilità corrente.

3 - Considerazioni di sintesi Non si può non riconoscere che la ricerca statistica recente sembra voler assegnare una posizione di rilievo all'analisi della quantificazione degli andamenti delle variabili che caratterizzano il comportamento degli agenti economici dei mercati medesimi; tuttavia nonostante il notevole progresso riscontrato nello sviluppo delle metodologie, restano aperti, in questo contesto, molti problemi non marginali per l'impatto che le corrispondenti soluzioni possono avere sull'ampliamento della conoscenza della logica del funzionamento dei mercati finanziari. Per quanto riguarda lo studio dei rendimenti azionari, questi sono stati studiati tramite i modelli GARCH con parametri p e q a basso ordine di grandezza; infatti, i modelli GARCH (1,1), GARCH (1,2) e GARCH (2,1), pur considerando un così contenuto numero di parametri, sembrano sufficienti per modellare la dinamica della varianza anche per grandi periodi campionati. I dati riferiti ai rendimenti azionari tendono a mostrare distribuzioni non condizionate non normali, caratterizzandosi da un lato per la asimmetria, dall’altro per una più pronunciata curtosi.

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Un’altra caratteristica dei rendimenti riguarda l’esistenza di una correlazione negativa tra i rendimenti correnti e la volatilità futura. La quale spiegazione economica sottostante, consisterebbe nella relazione che lega il valore del patrimonio netto aziendale all’indice d’indebitamento; infatti, una riduzione del primo, tende ad aumentare il secondo, facendo incrementare la rischiosità dell’azienda, che verrebbe a tradursi in un incremento della volatilità futura del titolo relativo. In questo caso il Generalized ARCH lineare non è in grado di catturare questo tipo di dinamica, ma è necessario adottare formulazioni della varianza condizionata di tipo esponenziale.L’importanza dei modelli ARCH nell’asset pricing deriva particolarmente dall’associazione diretta tra varianza e rischio, alla fondamentale relazione di equilibrio tra rischio e rendimento. Una delle maggiori teorie dell’asset pricing, il CAPM, fornisce un’approssimazione della relazione lineare tra il rendimento e la varianza del portafoglio di mercato e proprio l’ARCH-M da uno strumento per la stima di questa relazione.Un’ulteriore proprietà della volatilità del mercato azionario è la persistenza che collega il perdurare degli shock alla varianza, le quali perturbazioni tendono a generare effetti persistenti per lungo tempo. Se i cambiamenti della volatilità sono solo transitori, il premio a rischio non subirà significativi aggiustamenti; dunque, non occorrono cambiamenti rilevanti del fattore di sconto o del prezzo delle azioni come determinato dal valore netto presente del futuro cash flow atteso. Inoltre, la persistenza della varianza sembra essere collegata alla dimensione dell’impresa, quelle piccole hanno una minore persistenza rispetto a quelle di più elevate dimensioni.La relazione tra i tassi d’interesse a breve e a lungo termine e l’importanza del premio a rischio nell’equazione della struttura a termine, hanno ricevuto particolare attenzione negli ultimi anni ed ha consentito parecchie applicazioni del modello ARCH. Alcuni ricercatori hanno sostenuto una struttura dei tassi d’interesse a lungo troppo volatile per poter essere spiegata dalla teoria delle aspettative razionali della struttura a termine e da un premio per la liquidità costante. Dato che il grado d’incertezza per differenti tassi varia nel tempo, la compensazione, richiesta da investitori avversi al rischio, sarà anch’essa variabile; un premio per il rischio variabile può riconciliare queste evidenze con l’efficienza del mercato. Così, come i rendimenti azionari, le stime dei parametri, ottenute dall’applicazione di modelli ARCH e GARCH ai tassi d’interesse sono indicative di un’elevata persistenza degli shock della varianza. Inoltre, è stato riscontrato che, le forze sottostanti alla volatilità ridotta dagli shock delle strutture a termine a breve scadenza, sono comuni tra tassi diversi, mostrando una co-persistenza della varianza. Mentre, i modelli ARCH con errori condizionati sono considerati incapaci di catturare completamente l’eccesso di curtosi dei rendimenti azionari e dei tassi di cambio, minori evidenze, in questa direzione, sono disponibili per i tassi d’interesse.Strettamente collegata a quella dei rendimenti delle azioni e dei tassi d’interesse è l’analisi della dinamica dei tassi di cambio in ambito di finanza internazionale, ma più precisamente delle teorie d’asset pricing e d’amministrazione di portafogli internazionali. Se da un lato il semplice modello simmetrico GARCH (1,1) fornisce una buona descrizione delle dinamiche di secondo ordine per molte serie dei tassi, dall’altro, l’assunzione di normalità condizionata non cattura, ancora una volta, tutta la curtosi riscontrata nei dati empirici giornalieri e settimanali. Ormai nota soluzione a tale inconveniente, è l’adozione di distribuzioni di densità leptocurtiche oppure di procedure di stima non parametriche.

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Anche il mercato dei tassi di cambio è caratterizzato da elevata persistenza della varianza; infatti, particolarmente idoneo a descrivere questa proprietà è l’IGARCH notoriamente caratterizzato da tale fenomeno. Peraltro i modesti risultati per il mercato dei tassi di cambio usando modelli univariati per la stima del premio per il rischio, possono derivare dalla non adeguata approssimazione del rischio da parte della varianza condizionata. In particolare, lo stesso può essere meglio descritto da una funzione di covarianza condizionata variabile tra le diverse monete. Dal lato dell'analisi statistica, ma anche economica, permangono esigenze di approfondimento del meccanismo di persistenza della volatilità originata o meno dalla frequenza di osservazione dei dati, da possibili mutamenti strutturali o di regimi di mercati sui quali viene osservata, degli effetti sulla volatilità connessi a shock temporanei o permanenti, tendendo alla esplorazione di possibili legami di co-persistenza che possono associare tra loro i movimenti di titoli omogenei e/o mercati finanziari.E’ altresì rilevante il problema connesso alla definizione di appropriate funzioni di densità condizionata, tali da definire opportuni stimatori di massima verosimiglianza ad informazione completa. La metodologia d'inferenza basata sugli stimatori di quasi-massima verosimiglianza o di metodi non parametrici o semiparametrici, possono rivelarsi utili strumenti che tuttavia non sembra, allo stato attuale della ricerca, che possano coniugare completamente l'informazione disponibile con il contenuto globale della teoria economica e statistica.Da ultimo, pur riconoscendo i contributi fondamentali che l'analisi economica e finanziaria hanno presentato nello studio degli aspetti connessi alla volatilità, aspetti questi la cui analisi va ben oltre la presente breve rassegna, si ritiene di dover indicare che il metodo e l'analisi statistica, in questo specifico contesto, ha fornito e sta dando un contributo determinante alla migliore conoscenza della dinamica delle variabili economico finanziarie, ma è allo stesso tempo intuibile come tale modellistica costituisca un primo passo verso la individuazione delle determinanti della volatilità, nonchè verso la costruzione e specificazione di modelli strutturali dei quali, tali determinanti, dovranno costituire fondatamente parte integrante.

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