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Consiglio dell’Ordine degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori di Roma e Provincia (in carica per il quadriennio 2009-2013) Direttore Lucio Carbonara Vice Direttore Massimo Locci Direttore Responsabile Amedeo Schiattarella Hanno collaborato a questo numero Mariateresa Aprile, Luisa Chiumenti, Loredana Di Lucchio, Claudia Mattogno, Giorgio Peguiron, Tonino Paris, Alessandro Pergoli Campanelli, Giuseppe Piras, Carlo Platone, Luca Scalvedi, Monica Sgandurra Segreteria di redazione e consulenza editoriale Franca Aprosio Edizione Ordine degli Architetti di Roma e Provincia Servizio grafico editoriale: Prospettive Edizioni Direttore: Claudio Presta www.edpr.it [email protected] Direzione e redazione Acquario Romano Piazza Manfredo Fanti, 47 - 00185 Roma Tel. 06 97604560 Fax 06 97604561 http://www.rm.archiworld.it [email protected] [email protected] Progetto grafico e impaginazione Artefatto/Manuela Sodani, Mauro Fanti Tel. 06 61699191 Fax 06 61697247 Stampa AGB 1881 srl Via Antonio Bosio 22 00161 Roma Distribuzione agli Architetti iscritti all’Albo di Roma e Provincia, ai Consigli degli Ordini provinciali degli Architetti e degli Ingegneri d’Italia, ai Consigli Nazionali degli Ingegneri e degli Architetti, agli Enti e Amministrazioni interessati. Gli articoli e le note firmate esprimono solo l’opinione dell’autore e non impegnano l’Ordine né la Redazione del periodico. Pubblicità Agicom srl Tel. 06 9078285 Fax 06 9079256 Spediz. in abb. postale D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1 comma 1.DCB - Roma - Aut. Trib. Civ. Roma n. 11592 del 26 maggio 1967 In copertina: Il nuovo Armani Store a New York, progetto di Doriana e Massimiliano Fuksas Tiratura: 16.000 copie Chiuso in tipografia il 20/01/2010 ISSN 0392-2014 Presidente Amedeo Schiattarella Segretario Fabrizio Pistolesi Tesoriere Alessandro Ridolfi Consiglieri Loretta Allegrini Andrea Bruschi Orazio Campo Patrizia Colletta Enza Evangelista Alfonso Giancotti Luisa Mutti Aldo Olivo Francesco Orofino Christian Rocchi Virginia Rossini Livio Sacchi ANNO XLIV NOVEMBRE-DICEMBRE 2009 86/09 BIMESTRALE DELL’ORDINE DEGLI ARCHITETTI DI ROMA E PROVINCIA segue ARCHITETTURA a cura di Massimo Locci - PROGETTI New York: il nuovo Armani Store 12 Massimo Locci Museo della Libia 16 Luisa Chiumenti PROTAGONISTI ROMANI Alfredo Lambertucci 18 Andrea Bruschi EVENTI Spirito verde 24 Un’opera italiana in Cina 26 Luisa Chiumenti a cura di Giovanni Carbonara e Alessandro Pergoli Campanelli - RESTAURO Le nuove coperture della Villa di Adriano ad Arcinazzo Romano 28 Alessandro Pergoli Campanelli a cura di Lucio Carbonara e Monica Sgandurra - PAESAGGIO Dove si vive meglio 33 Annalisa Metta

ANNO XLIV NOVEMBRE-DICEMBRE 2009 86/09 - ar … · Domizia Mandolesi CITTÀ IN CONTROLUCE- a cura di Claudia Mattogno ... nua all’interno del volume edilizio e senza soluzione di

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Consiglio dell’Ordine degli Architetti,Pianificatori, Paesaggisti e

Conservatori di Roma e Provincia(in carica per il quadriennio 2009-2013)

DirettoreLucio Carbonara

Vice DirettoreMassimo Locci

Direttore ResponsabileAmedeo Schiattarella

Hanno collaborato a questo numeroMariateresa Aprile, Luisa Chiumenti,

Loredana Di Lucchio, Claudia Mattogno,Giorgio Peguiron, Tonino Paris,Alessandro Pergoli Campanelli,Giuseppe Piras, Carlo Platone,

Luca Scalvedi, Monica Sgandurra

Segreteria di redazione e consulenza editoriale

Franca Aprosio

EdizioneOrdine degli Architetti di Roma e Provincia

Servizio grafico editoriale:Prospettive Edizioni

Direttore: Claudio Prestawww.edpr.it

[email protected]

Direzione e redazioneAcquario Romano

Piazza Manfredo Fanti, 47 - 00185 RomaTel. 06 97604560 Fax 06 97604561

http://[email protected]

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Progetto grafico e impaginazioneArtefatto/Manuela Sodani, Mauro Fanti

Tel. 06 61699191 Fax 06 61697247

StampaAGB 1881 srl

Via Antonio Bosio 22 00161 Roma

Distribuzione agli Architetti iscritti all’Albodi Roma e Provincia, ai Consigli degli

Ordini provinciali degli Architetti e degliIngegneri d’Italia, ai Consigli Nazionali

degli Ingegneri e degli Architetti, agli Enti e Amministrazioni interessati.

Gli articoli e le note firmate esprimono solo l’opinione dell’autore e non impegnano

l’Ordine né la Redazione del periodico.

Pubblicità Agicom srl

Tel. 06 9078285 Fax 06 9079256

Spediz. in abb. postale D.L. 353/2003(conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1comma 1.DCB - Roma - Aut. Trib. Civ.Roma n. 11592 del 26 maggio 1967

In copertina: Il nuovo Armani Store a New York,

progetto di Doriana e Massimiliano FuksasTiratura: 16.000 copie

Chiuso in tipografia il 20/01/2010

ISSN 0392-2014

PresidenteAmedeo Schiattarella

SegretarioFabrizio Pistolesi

TesoriereAlessandro Ridolfi

ConsiglieriLoretta AllegriniAndrea BruschiOrazio CampoPatrizia Colletta

Enza EvangelistaAlfonso Giancotti

Luisa MuttiAldo Olivo

Francesco OrofinoChristian RocchiVirginia Rossini

Livio Sacchi

ANNO XLIVNOVEMBRE-DICEMBRE 2009

86/09BIMESTRALE DELL’ORDINE DEGLI ARCHITETTI DI ROMA E PROVINCIA

segue

A R C H I T E T T U R A

a cura di Massimo Locci - PROGETTI

New York: il nuovo Armani Store 12Massimo Locci

Museo della Libia 16Luisa Chiumenti

PROTAGONISTI ROMANI

Alfredo Lambertucci 18Andrea Bruschi

EVENTI

Spirito verde 24

Un’opera italiana in Cina 26Luisa Chiumenti

a cura di Giovanni Carbonara e Alessandro Pergoli Campanelli - R E S T A U R OLe nuove coperture della Villa di Adriano

ad Arcinazzo Romano 28Alessandro Pergoli Campanelli

a cura di Lucio Carbonara e Monica Sgandurra - P A E S A G G I ODove si vive meglio 33

Annalisa Metta

U R B A N I S T I C A - a cura di Claudia Mattogno

37 Centro(i) storico(i) de L’Aquila: quale ricostruzione?Manuela Ricci

S P A Z I D E L L ’ A B I T A R E - a cura di Claudia Mattogno e Mariateresa Aprile

46 Una casa “a misura” di anzianoDomizia Mandolesi

C I T T À I N C O N T R O L U C E - a cura di Claudia Mattogno

48 Non più centro e non più territorio: L’Aquila dopo il 6 aprileClaudia Mattogno

T E R R I T O R I O D I M E N T I C A T O

52 L’Aquila 10 giugno 2009Aldo Benedetti

R U B R I C H E

53 LIBRI

55 ARCHINFO - a cura di Luisa Chiumenti

MOSTREDisegni di Panepuccia al Castello di Genazzano.Michelangelo architetto a Roma.Future Gardens, di Monica Sgandurra.

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AP R O G E T T I a cura di Massimo Locci

T utte le architetture concepite daDoriana e Massimiliano Fuksassono dinamiche e spettacolari,fanno discutere e suscitano inten-

se emozioni. L’Armani 5th Avenue, il ter-zo intervento per il celebre stilista dopol’Hong Kong Chater House e la TokyoGinza Tower, nonostante sia un interven-to contenuto non è meno coinvolgente,in quanto connesso con la poetica gestal-tica e l’idea di flusso. Nel nuovo ArmaniStore, l’elemento architettonicamente piùrilevante è una rampa elicoidale dalla for-te espressività plastica che richiama ogni

attenzione non appena si accede e dove ilpubblico non è semplicemente osservato-re ma partecipe dell’evento. Un efficaceartificio progettuale per rendere unitari einterconnessi i 4000 mq sviluppati suquattro livelli. Ne è risultato uno spaziofluido e senza distinzioni tra le parti, divolta in volta diverso e stimolante in ra-gione della relazione con la grande figuraformale e della forza generatrice del vorti-ce. Sospeso tra densità e rarefazione, geo-metrie euclidee e segni liberi, il gioco scul-toreo delle curve e dei piani inclinati nellasuccessione di viste in continua mutazio-Massimo Locci

NEW YORK: IL NUOVO ARMANI STORE

L’Armani 5th Avenue:un luogo dove arte,architettura, moda,design e alta cucinasi incontrano e sicontestualizzano,fondendo gli indirizzipoetici e lecontaminazionidisciplinari come in un moderno museo.

ne diventa tensione percettiva. La scala-promenade architecturale è plasmata comeuna struttura primaria, in sintonia con illinguaggio delle Avanguardie Storiche, diPesvner e di Gabo in particolare. È unagrande figura architettonica e comunica-tiva che nasce da principi geometrici dellageometria topologica e in cui l’esaltazionedel design si fonde con il dinamismo del-la rampa che si avvita nello spazio comeun vortice. Il virtuosismo formale-strut-turale esalta il processo di disconnessionesintattica tra le parti, mentre l’aggregazio-ne, solo apparentemente casuale, è frutto

di un gioco sapiente e di una dimensionesperimentale. L’ Armani Store della Fifth Avenue, unadelle strade del centro di New York piùconosciute al mondo, connette lo spaziourbano con quello interno, sia per la tra-sparenza del contenitore stereometrico,sia perché simbolicamente la strada conti-nua all’interno del volume edilizio e senzasoluzione di continuità, esattamente co-me il Guggenheim Museum, capolavorodi Frank Lloyd Wright sempre sulla FifthAvenue. Questa relazione non è per niente casuale

e introduce una serie di altre valutazionisulla volontà esplicita di creare un luogodove arte, architettura, moda, design e al-ta cucina si incontrano e si contestualizza-no, fondendo gli indirizzi poetici e le con-taminazioni disciplinari come in un mo-derno museo. L’architettura degli spaziespositivi, infatti, viene sempre più con-cepita come un intervento spettacolare,che si inserisce nella scena urbana comeuna performance architettonica, che af-ferma la sua natura espressiva e rivendicala propria “presenza” nel contesto.Peraltro l’edificio che ospita l’intervento è

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ARMANI FIFTH AVENUE Emporio Armani, Giorgio Armani, ArmaniCasa, Armani Dolci, Armani Ristorante

LocalizzazioneNew York, Usa - 2800 mq Committente Gruppo Giorgio ArmaniConsulentiSTRUCTURAL ENGINEERING: Gilberto SartiPROJECT CONSULTANT ON THE SITE:Davide Stolfi LIGHTING DESIGN CONSULTANT: Speirs &Major Associates Date2007-2009 - Inaugurazione 18 febbraio2009 ProgettistiDoriana & Massimiliano FuksasDesign teamArchitecture: Sara Bernardi, Alfio Faro,Andrea D’Antrassi, Chiara Marchionni,Rossella Mastronardi Forniture: Ana Gugic, FarshidTavakolitherani, Lucrezia RendaceModel Makers: Nicola Cabiati, LucreziaRendace, Jaim Telias3d Model / Render: Giuseppe Zaccaria,Jaim Telias, Stratos Christofidelis, ValerioRomondia, Giorgos Machairas

uno dei primi esempi di facciata intera-mente in curtain-wall del Novecento.“Quando si interviene su un simile esperi-mento – affermano gli architetti – biso-gna avere ben chiaro che l’esterno è NewYork e che l’interno deve essere un’intui-zione, un’esperienza emotiva”.Nello specifico niente è estraneo al dina-mismo interno: la facciata esterna, allinea-ta alla maglia ortogonale di Manhattan, si-mula il movimento attraverso immagini esfumature proiettate su una serie di filiLED. “Questo schermo oltre ad essere laproiezione verso l’esterno del movimentodello spazio interno, è anche un particola-re tributo alla città di New York, alla ne-cessità imprescindibile di confrontarsi conla sua modernità e il suo dinamismo”.Nel nuovo intervento di Fuksas si rafforzal’indirizzo tipologico multifunzionale, unflagship concept store voluto fortemente daArmani e sperimentato proficuamente aMonaco, Hong Kong e Tokyo. Innovati-vo nelle forme e nei contenuti, l’interven-to è il primo concept store in cui tutti iprodotti Armani vengono ospitati in unospazio caratterizzato dallo stesso design.Realizza, infatti, un’architettura rigorosache nei tracciati regolatori e nell’ordineeuclideo crea il presupposto per la figuraprimaria nello spazio, vero principio diidentità dell’intervento.Il tema è strettamente connesso con i pro-cessi della comunicazione che attraversatutta la produzione di entrambi gli artefi-ci dell’intervento, uniti da un approcciounitario tra verifiche concettuali e prassi.Se al progettista architetto va ascritto ilmerito dell’invenzione plastica e spaziale,al creatore della moda si deve riconoscere

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lo statuto dell’essenzialità e del rigore pro-porzionale in cui si dispiega il loro con-fronto, nella sintonia e nella diversità sin-tattica. Insieme costruiscono il presuppo-sto concettuale che Fuksas, attraverso unforte linguaggio espressivo, sviluppa inun’architettura intesa come dialogo traopposti: in parte come decantazione mor-fologica e misura costruttiva, in parte co-me proliferazione semantica. Dalle im-magini si percepisce la volontà di esplora-re i valori duali e il contrasto: positivo-ne-gativo, bianco-nero, lineare-curvo, teso-flesso. In un gioco di rimandi Fuksas lega

disegno dello spazio urbano, architetturae scultura, ponendo contemporanea-mente un’attenzione costante verso ilconcetto di flusso e di metamorfosi. Sono spazi organicamente plasmati checombinano utopia e tecnologie avanzate,complessità morfologica e uso rarefattodei materiali. Se la maggior parte dei punti di vendita,in particolare quelli della moda, sonopensati oggi come involucri non speciali-stici e flessibili, sia per consentire conti-nue trasformazioni, sia per essere ricono-scibili in ogni luogo del pianeta, nel caso

degli Armani Store si punta al rafforza-mento del brand escludendo la ripetizio-ne seriale, cercando di attrarre l’utente inun ambito stimolante e studiato per il luo-go, che aggiunge valore al contesto e in uncerto senso da forma all’idea di una mo-derna esclusività. Sono spazi “contaminati” dai diversi lin-guaggi della comunicazione interattiva eambiti multimediali capaci di coinvolgerel’utente in un processo sofisticato di frui-zione culturale e di sollecitare solo indiret-tamente il desiderio e l’acquisto del pro-dotto.

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Il primo settembre 2009, in occasione delquarantesimo anniversario della Rivolu-zione, che ha determinato la nascita delnuova Repubblica Libica ad opera del

suo leader Muammar Gheddafi (primo set-tembre1969), è stato inaugurato a Tripoli il“Il Museo della Libia”, una sorta di “vetri-na” del Paese, per la quale è stata richiesta“una veste moderna e internazionale”.È stata scelta quale sede del Museo quel“Palazzo del Popolo” che era stato edifica-to su progetto dell’ingegnere milaneseSaul Meraviglia Mantegazza tra il 1924 eil 1939 in uno stile neomoresco, realizza-to tuttavia secondo gli stilemi dell’archi-tettura araba, caratterizzata da cupole, de-corazioni di maniera, archi a sesto acuto,logge e con la grande corte centrale con alcentro la fontana sovrastata da una grandecupola in vetri policromi, ed infine ilgrande giardino con fontane che circondal’intero edificio.Il progetto per la realizzazione del Museoha previsto due fasi principali di interven-to: la prima essenzialmente mirata al re-stauro vero e proprio dell’edificio storicoriproposto al pubblico come “Museo di sestesso”. Questa fase ha visto la realizzazio-ne di tutti i lavori inerenti alla climatizza-zione degli ambienti ed al controllo del-l’umidità e dei ricambi d’aria. La seconda fase ha invece riguardato uninnovativo allestimento del Museo vero eproprio imperniato sul concetto-guidadell’“Edutaiment”, inteso qui come unio-

ne delle parole e dei concetti di Educationed Entertainment (educazione ed intratte-nimento) che vogliono essere i principiguida per la realizzazione e la fruizione delmuseo stesso. Il concept del “Museo della Libia” ha pre-visto la realizzazione di un organismo ar-chitettonico al cui interno fosse possibilesvolgere contemporaneamente l’attivitàdi educazione-divulgazione, tipica deimusei contemporanei, unita all’intratte-nimento derivato da un utilizzo “ludico”di alcune tecnologie interattive finalizzatealla “conoscenza e all’approfondimentodelle tematiche affrontate all’interno delMuseo stesso, col fine ultimo di svelare lemolteplici anime del paese e nel contem-po aprire la Libia alla modernità contem-poranea, mostrando ad un numero ampiodi persone le possibilità che oggi le nuovetecnologie interattive offrono, senza di-menticare il divertimento che esse posso-no generare” (da una presentazione delprogetto redatta dallo Studio Crachi). La committenza richiedeva che il nuovoMuseo offrisse un’ampia panoramica sul-la Libia, contemplando tutti i diversiaspetti ambientali che la caratterizzano, inun percorso museale-espositivo che coin-volgesse i 5 sensi dell’uomo (vista, tatto,udito, olfatto, gusto), in un’esperienza a360° nel percorso di conoscenza.Si pensa utile fermarci in questa sede, su al-cune specifiche tecnologie che sono stateapplicate in relazione appunto ad alcuni di

tali “sensi”. Così ad esempio, ecco realiz-zarsi il fogscreen e l’heliodisplay, ossia quelletecnologie che riproducono ologrammi agrandezza naturale, senza nessun substratoper proiettare l’immagine (schermo) mautilizzando soltanto getti di vapore come“superficie volatile”, sui quali viene retro-proiettata l’immagine che si vuole ripro-durre che, come nel caso di quelli prodottidall’ heliodisplay (schermo che proietta sunebulizzazione di gas elio), generano im-magini virtuali fisicamente manipolabilicon le dita, similmente al touchscreen, o fi-sicamente attraversabili, come nel caso delfogscreen. Queste tecnologie vengono uti-lizzate per riprodurre virtualmente veri epropri ambienti o manufatti, conferendoagli stessi una connotazione tridimensio-nale ed offrendo la concreta impressione dipoter “fisicamente” interagire con essi. Ol-tre alla vista quindi, anche il tatto viene sol-

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MUSEODELLA LIBIAInaugurato a Tripoli nel Palazzo del Popoloil progetto presenta alcune soluzionitecnologiche di notevole interesse.

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lecitato e coinvolto mediante l’utilizzo del-le nuove tecnologie interattive come il tou-chscreen, vero e proprio schermo interattivodove, toccando direttamente il video, siaprono e/o si manipolano ricostruzionivirtuali di ambienti e spazi archeologici. L’udito è stato invece coinvolto mediantel’utilizzo delle “campane sonore”. Questiapparecchi, posizionati ad hoc all’internodelle sale espositive, costituiscono il ne-cessario corredo sonoro alle proiezioni di-dattiche inerenti il tema della sala esposi-tiva (es. archeologia, tradizioni popolari,architetture, ecc.) consentendo al fruitoredi seguire con il necessario commento leproiezioni che si svolgono dinnanzi aisuoi occhi (ancora il senso della vista coin-volto). Questa tecnologia consente quin-di di poter proiettare più filmati nella stes-sa sala senza che le loro parti sonore si va-dano a sovrapporre, disturbandosi reci-procamente: il commento sarà infatti udi-bile soltanto da chi si posiziona fisicamen-te sotto questa campana, diventando inquel momento l’unico fruitore dei suoni edelle spiegazioni a corredo delle immaginiproiettate, allo stesso tempo lascia liberida interferenze non gradite gli altri visita-tori presenti in sala nel medesimo istante.E ancora l’olfatto è sollecitato mediante lanebulizzazione di aromi ed essenze tipi-che di queste latitudini, il tè verde primofra tutti o l’odore del mare, ma anche letante spezie che caratterizzano la cucinatipica mediorientale, o gli odori della na-

tura: il cedro e gli agrumi in genere, i dat-teri e le palme, il gelsomino e tutto ciò chepuò generare un senso di partecipazioneed identificazione con la realtà locale.È da osservare come le diverse aree tema-tiche, oltre a dare memoria della storia delpaese, vogliono fare intendere anche ilvolto della Libia attuale: si aprono conl’archeologia al piano terra e in particola-re con le sale dedicate sia ai siti preistoricicome l’Akakus, sia ai più noti siti romanicome quello di Sabbratha, Leptis Magna eCirene. L’ingresso a questa prima sequen-za di sale, che occupa l’ala sud del palazzo,è preceduto dalla spettacolare entrata“passante” rappresentata dalla sala dedica-ta ai proverbi libici, che rimandano sinte-ticamente alla cultura del paese. Il visita-tore si trova quindi a dover attraversare fi-sicamente questa sorta di parete fatta diparole ed ideogrammi che lo proiettanoindietro nel tempo e contemporanea-mente nel vivo della tradizione e della cul-tura libica. All’interno delle sale ad essidedicate sono esposti alcuni dei pezzi ar-cheologici di eccellenza di straordinariabellezza e rarità, oltre al corredo delle pro-iezioni e delle ricostruzioni virtuali. Al primo piano troviamo gli altri temi a cuisono dedicate le altre sale espositive riccheanch’esse di filmati e tecnologie interattivecollegate ovviamente con il tema affronta-to nella specifica sala, dal deserto, al maredi Tripoli, alle tradizioni popolari, alle artie l’architettura araba antica e moderna, alle

innovazioni tecnologiche, alla rivoluzionedel 1969, al Libro Verde, la musica e il di-vertimento, l’arte moderna e le sue princi-pali attrattive. L’accesso alle sale del primopiano avviene tramite lo scalone principaledell’edificio, sul lato Est, sul quale vengonoproiettati effetti di luce tali da mimare le sa-gome di cavalieri che si “inseguono” lungoi gradini e sui muri del corpo scala stesso.“Un altro spazio molto importante”, comesottolinea l’architetto Crachi in una sua pre-sentazione al progetto, “nel contesto delprogetto di allestimento, è senz’altro lagrande corte centrale, pensata come gran-de spazio distributivo che può accogliereanche esposizioni temporanee. Al centrodella corte è sospeso un grande cubo dispecchio dove, sulle quattro facce, vengonoproiettate immagini a colori e in bianco enero con un alto contenuto iconologico”.Al primo piano è ubicata anche una picco-la sala conferenze per cento persone, acces-sibile al pubblico dalla grande corte inter-na, senza attraversare il museo, ciò checonsente una ampia flessibilità e contem-poraneità delle manifestazioni che lascianoi visitatori del museo seguire un percorsoche non interseca quello del pubblico di-retto alla sala conferenze o alla caffetteria.La grande loggia del primo piano può esse-re dedicata ai cocktail delle diverse manife-stazioni o inaugurazioni. Un bookshop ècollocato all’inizio del percorso museale,nei pressi della biglietteria e degli ambientidestinati alla direzione del museo.

MUSEO DELLA LIBIACommittenteGoverno LibicoGeneral ContractorAldebaj- Tripoli - LibiaProgetto e direzione dei lavoriStudio Crachi - RomaEsecuzione: Soc. Delma - Gruppo Maltauro, Italia-LibiaTempi esecuzionegiugno 2008 - settembre 2009

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ALFREDOLAMBERTUCCI Fra tradizione artigianale e edilizia industrializzata. Andrea Bruschi

Ho cominciato a lavorare da Lam-bertucci nel 1985 e ho conti-nuato a collaborare con lui, inmaniera discontinua, fino al

1996, l’anno in cui ci ha lasciati. Lo studioera organizzato in maniera artigianale,con una gerarchia che spaziava dall’ap-prendista al traduttore dei layout che Al-fredo disegnava a mano libera, già pratica-mente perfetti. Non c’erano specialismi;ciascuno aveva compiti congruenti con lecapacità del momento e gratificazioni dalcontributo al lavoro comune.Lambertucci vedeva il progetto come ri-sposta a una realtà stratificata, un integra-le di questioni non schematizzabili in unprocedimento lineare. Ogni proposta eraorganica nel senso profondo del termine:nasceva e rimaneva legata alla occasionespecifica. Poco affine a questioni di ordinegenerale, Lambertucci evitava massimali-Concorso per organismi abitativi di edilizia residenziale della Regione Emilia Romagna, 1985

Palazzo di Giustizia diMacerata, 1967-71

smi e valutava l’esperienza professionalenella più ampia contingenza delle situa-zioni locali, politiche, di spesa, degliobiettivi previsti.Ricordava spesso la triade vitruviana. Uti-litas, Firmitas e Venustas andavano man-tenute in equilibrio anche nel progettocontemporaneo, per quanto l’eredità del-le avanguardie non concedesse alla cate-goria concettuale dell’equilibrio un ruolocentrale nel processo ideativo.A me però sembrava che per Alfredo latriade vitruviana non fosse sufficiente adefinire i parametri dell’operare se nonnel perimetro della disciplina. Questo ap-pariva piuttosto angusto alla luce delle vi-cende che ponevano la sua generazione difronte alla gestione dell’eredità del Movi-mento Moderno in una società che vivevaper la prima volta l’esperienza della demo-crazia. Sopra Vitruvio stava il ruolo socia-

le dell’architetto, la sua responsabilità neiconfronti del mondo e delle persone,l’aderire in maniera critica e eticamenterigorosa, come diceva, a una società che siè data certe regole.Credo che questa dichiarazione di intentisia rimasta profondamente radicata in tut-to il percorso operativo di Lambertuccicondizionando fortemente il suo modo dilavorare e di vivere. Rinunciare al protago-nismo, temere l’arroganza professionale,alimentare la ricerca attraverso il dubbiosono alla base della sua opera. Per questa ra-gione è molto difficile tratteggiare il rap-porto fra ricerca teorica e ricerca progettua-le di Lambertucci. Ciascun progetto eratanto ancorato alla contingenza da non po-ter essere confinato in una teoria del tuttorazionalizzabile e trasmissibile, teoria chein effetti non ci ha lasciato e che è forse discarso significato cercare di ricostruire.

Una volta però, pressato dalle mie richie-ste sul problema della forma in architettu-ra – da dove deve generarsi, come intro-durre il tema dell’emozione e della morfo-logia significante in architettura – Alfredosintetizzò in poche parole i passaggi delsuo lavoro mettendomi, come sempre, inguardia dall’astrazione e dai formalismiaprioristici. La forma non va perseguitadall’inizio del progetto; è il risultato di unprocesso aperto e non del tutto prevedibi-le che solo nelle fasi finali si traduce in ap-parato iconico.Chi ha lavorato con lui sa quanto questaquestione fosse delicata e quanto Alfredoconsiderasse le ragioni della forma subor-dinate a quelle di ordine sostanziale. Inquegli anni la differenza fra contenente econtenuto rappresentava una categoriaestremamente presente non solo per ilprogetto di architettura ma, fra gli intel-

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lettuali di sinistra della sua generazione,dava luogo a uno stile di vita.Fu per me un’occasione memorabile diconfronto umano. Per Lambertucci le fasidel progetto si articolavano attraversoazioni stratificate e sedimentate fino a rag-giungere un risultato soddisfacente ma inrealtà mai definitivo. Questi passaggi era-no sintetizzabili in cinque punti metodo-logici: l’analisi del tema, il rapporto fraluogo e intervento, la ricerca tipologica,l’architettura come costruzione e solo perultimo, sottolineava, la ricerca formale.Cinque questioni di architettura che ave-va posto in sequenza per spiegare il pro-prio rapporto con il progetto e la relazio-ne tra forma e costruzione in vista dell’im-magine di un edificio.Oggi non sono sicuro che il problema del-la forma venisse davvero per ultimo come

Alfredo sosteneva. Penso invece che, alladistanza, la sua opera appaia molto orien-tata verso una ricerca nella quale la formaè un fattore centrale, portatrice di signifi-cati e valori tali da sintetizzare efficace-mente anche le questioni di contenutoche hanno costituito la spina dorsale delsuo operare.Per quanto riguarda i primi tre punti - il te-ma, il luogo, la ricerca tipologica - essi sonostati ben analizzati da architetti che hannocondiviso con lui anni di lavoro professio-nale e universitario1. Su questi aspetti pos-so dire brevemente che il tema, sostanziatonel programma edilizio sulla base della mo-dellistica, veniva continuamente verificatonelle sue congruenze con la realtà del mo-mento. Di un edificio non solo si conosce-vano la storia e gli esempi contemporaneima si cercava di capire quanto le compo-

nenti fossero adeguate all’occasione e alleragioni contestuali del progetto qui e ora.Specie per quanto riguardava la residenza,l’interpretazione del tema e la ricerca tipo-logica erano limitrofi e intersecati. Il Con-corso del 1985 per organismi abitativi diedilizia residenziale della Regione EmiliaRomagna è un esempio di questo tipo di ri-cerca. In un volume stereometrico sempli-ce e compatto, una corte aperta dall’aspet-to quasi dimesso, trovava posto un’aggre-gazione ricca e complessa con otto variantidi alloggio a seconda del numero degli abi-tanti e delle esigenze d’uso.Tuttavia la ricerca tipologica non era untema a sé stante, confinato nel perimetrodella disciplina. Piuttosto si ancorava aproblematiche di ordine generale - l’uo-mo, la vita, i suoi cambiamenti - e a speci-fiche fenomenologie: il contesto fisico e

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sociale, il luogo e la sua storia singolare.Con il luogo Lambertucci aveva un rap-porto complesso. Inteso come sistema dielementi interconnessi di ordine storico eumano il sito incoraggiava l’idea di conti-nuità critica; interpretato come spaziopercettivo e tridimensionale era motivo diuna dialettica a volte polemica.Nella chiesa di Consalvi vi sono elementidesunti dalla tradizione locale - i materia-li, la tettonica, le superfici murarie distese- ma anche connotazioni che si distaccanoda tale palinsesto e intraprendono esplo-razioni personali. La chiesa non assecondaalcuna tipologia consolidata e ricorda unluogo di lavoro, un’officina, una fabbricarurale dalla laica sacralità. Volutamentefuori scala, il campanile basso e sottile èl’unico elemento che garantisce l’identitàdell’organismo chiesastico.

Nell’edificio Laterza a Bari le persistenzedel contesto urbano – l’isolato murattia-no con la continuità della parete muraria,l’altezza omogenea della quinta edilizia, ilcoronamento variegato, lo spessore co-stante del corpo di fabbrica – sono le basiconcettuali su cui impostare un organi-smo che tuttavia non esita a registrarenuove esigenze e mutamenti degli stili divita. Se la morfologia è predisposta dalvincolo contestuale, è nell’apparato tec-nologico tradotto in linguaggio espressivoche si manifesta il confronto critico con ilsito. L’attacco a terra svuotato e rimarcatodalla pensilina metallica a sbalzo, il moti-vo della loggia tripartita, il rivestimento inpannelli prefabbricati trasformano un in-sieme di elementi architettonici invarian-ti in un campo di indagine linguistica par-ticolarmente fecondo. L’uso del compo-

nente costruttivo industrializzato è partedi quell’idea di architettura come costru-zione da intendersi non solo come ricorsoa un sistema parsimonioso di elementi ar-chitettonici essenziali e necessari ma comeapparato in grado di generare autonoma-mente l’immagine dell’edificio. Architet-tura come costruzione, significa quindianche architettura come rappresentazionedel fatto costruttivo e non di altro.In antitesi alle derive soggettive e all’astra-zione vi sono i valori dell’oggettività e del-la sincerità in architettura ereditati dalModerno e rivisitati nella contempora-neità. Al valore della sincerità Lambertuc-ci accostava quello della buona costruzio-ne, istintivamente associato al saper faremanualmente. Questa artigianalità eraestesa a tutto il processo edilizio, dal pro-getto all’esecuzione, e nello studio era benesemplificata dall’importanza data allaprecisione e alla correttezza del disegno.Eppure non c’è mai stata una contrappo-sizione fra edilizia artigianale e industria-lizzata. Lambertucci ha utilizzato entram-bi i sistemi lavorando sul comune deno-minatore della costruzione come linguag-gio. Al di là della tecnologia impiegata perlui era sincero ciò che rivelava con chia-rezza il processo costruttivo senza enfasitecnologiche o superfetazioni.Ciò non significa che non ci fosse speri-mentazione tecnologica ma che la tecno-logia non era un campo di indagine privi-legiato e isolato dal contesto ampio delprogetto, né un obiettivo formale comeavveniva in certe esperienze europee. Lasperimentazione di tecnologie non usatein precedenza era intrinseca al processoprogettuale e conseguenza del rapporto

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In queste due pagine:Casa Castelli a Genzano diRoma, 1986-90, schizzi di studioe dettaglio della scala achiocciola

con gli operatori, le imprese, con le qualiavvenivano lunghe discussioni. Un ele-mento di prefabbricazione leggera, uncomponente strutturale, un nuovo tipo diinfisso divenivano aggettivazione di un si-stema costruttivo consolidato in grado dicostituire la base di un processo morfoge-netico aperto ma subordinato al rigore diun metodo che non ammetteva invenzio-ni estemporanee o gestualità.È questa una costante che attraversa tuttal’architettura di Lambertucci, anche quel-la meno assonante con il contesto urbanoo addirittura di protesta. Nel caso dell’Isti-tuto di Farmacologia alla Città Universi-taria l’interesse per l’architettura di Aaltoè metabolizzato in un palinsesto di ambi-ti funzionali dichiaratamente alieno dal-l’impianto piacentiniano nel rifiuto delleassialità, della scala, dell’unitarietà deifabbricati e ovviamente dello stile.Il principio della corrispondenza fra tec-nologia e linguaggio persiste anche nellearchitetture degli anni Sessanta in cui ap-pare con chiarezza l’adesione a nuovi eti-mi ugualmente capaci di rappresentare ivalori ereditati dal Movimento Moderno.È il caso del palazzo di Giustizia di Mace-

rata e poi, con variazioni sostanziali, delquartiere romano IACP Vigne Nuove.In entrambi emergono chiaramente glisviluppi dei temi precedenti: sincerità, og-gettività, essenzialità, attenzione all’inter-pretazione del tipo e dei caratteri distribu-tivi piuttosto che alla ricerca formale.Questi sono però arricchiti da nuove cate-gorie del progetto: la memorabilità del se-gno, un carattere antigrazioso legato al-l’uso del cemento armato faccia a vista,l’organizzazione degli impaginati pertracciati contrapposti, un certo ambiguorifiuto della geometria come matricecompositiva, in favore della griglia e delmodulo. Un rifiuto destinato a ripensa-menti e riflessioni ulteriori già presentinel progetto di Vigne Nuove, esito di unaevoluzione profonda che in quegli annista maturando. Qui il contributo dellageometria si rivela nella organizzazioneplanimetrica delle assialità in tensionecon i tracciati urbani ai quali l’edificio siaccosta e discosta ritmicamente e nellamorfologia tridimensionale degli elemen-ti architettonici utilizzati, ora più sinteticie quasi lecorbusiani. Ancora ritroviamo laprevalenza del pieno, la contrapposizione

orizzontale/verticale e l’uso del cementofaccia a vista nel pannello prefabbricato,ma a questo si accostano parti dell’edificiodi inedita complessità formale: le testate acuneo con le canne fumarie che aggettiva-no la parete, le logge sovrapposte dove ilpannello si interrompe per lasciare spazio aun parapetto metallico che impreziosiscel’impaginato come nell’edificio Laterza, lacomplessità dell’attacco a terra dove il si-stema degli edifici collettivi e dei percorsipedonali configura una città lineare su piùlivelli di particolare ricchezza spaziale.È di questo periodo un ritrovato interesseper la pittura che consente di sondarenuove prospettive formali in un campo li-bero dai condizionamenti e dalle com-plessità del mestiere. Sono quadri anchemolto diversi fra loro per impostazionecompositiva ma tutti accomunati da quel-la temuta astrazione ora non più così peri-colosa. Sullo sfondo vi è un interesse allarelazione fra regola e eccezione e, in paral-lelo, fra artificio e natura: sistemi lineariripetitivi o grandi campiture geometrichein conflitto con episodi irrazionali cherompono regolarità e perimetri. La curva,lo strappo, la forma libera individuano

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Case a schiera Rossi a Genzano di Roma, 1980-82

una loro strada all’interno di una griglia odi una geometria coloristica senza prevari-carla ma stabilendo con essa un confrontodialettico risolto in un equilibrio armoni-co. Opposizioni semplici che da questomomento entrano nel progetto in manie-ra stabile introducendo naturalismi intel-lettualizzati, filtrati e tradotti nella confi-gurazione degli edifici. È quella interpre-tazione astratta e profonda della naturache distingue l’architettura italiana daquella più letterale e pittoresca del NordEuropa. Natura e Storia trovano un reci-proco equilibrio, mai scaduto in naturali-smo o storicismo. Della natura non sonoriprese manifestazioni esteriori, la storianon è un magazzino di forme e stili da ci-tare ad libitum come avveniva in queglianni con il cosiddetto Postmodern.L’edificio che inaugura la sperimentazio-ne su questo nuovo paradigma formale èla casa che Alfredo ha costruito per se stes-so a Genzano di Roma. Qui la geometriasi impone come strumento guida del pro-getto, sebbene non essendo all’origine dicontributi metaforici o letterari. Emergo-no alcuni stilemi che costituiranno co-stanti linguistiche per alcuni anni e viene

chiarito il principio metodologico chemette insieme regola e eccezione, figura esfondo, volume puro e elementi plastici.Al corpo di fabbrica stereometrico sospe-so sul grande cono rovesciato scavato nelterreno preesistente si accostano i volumiconcavo-convessi del camino con le cannefumarie in vista e il cilindro della scala,meno schematico che a Vigne Nuove.Compare la copertura a voltina ribassata,derivata da un nuovo e più distaccato ap-prezzamento del Le Corbusier delle Mai-son Jaoul, che troviamo anche nelle case aschiera Rossi, sempre a Genzano, e nelcomplesso di edilizia residenziale pubbli-ca a Testaccio, non realizzato. Nelle case Rossi la dialettica tra serialità eindividualità dell’alloggio a schiera si ri-solve nell’intuizione di una facciata strati-ficata su due piani diversi: quello dei volu-mi coperti a volta che isolano la cellulaabitativa e quello del sistema scultoreo ca-mino/parapetto/fioriera.L’edificio del Testaccio rivisita dopo ven-t’anni il tipo del fabbricato Laterza, ne ri-prende gli elementi costruttivi ma lo tra-duce in un palinsesto mite e discreto. Quiil pannello prefabbricato di Bari si svilup-

pa in orizzontale e le logge appaiono comeritmiche cesure, pause nella tesa paretemuraria piuttosto che sue aggettivazioni.L’architettura si semplifica. È espressa darapporti fra masse materiche che riduco-no il dettaglio a pochi elementi significan-ti e raccontata da schizzi essenziali. Insie-me con la selezione di pochi materiali ri-correnti ritorna negli ultimi progetti unachiara predilezione per una costruzioneche mostri il passaggio di chi l’ha prodot-ta mattone sopra mattone, per un artigia-nato inteso come sublimazione nel lavorodi una laica religiosità. Oltre che dai pochie raffinati dettagli di elementi apparente-mente marginali - un comignolo, un di-scendente, una scala a chiocciola disegna-ti a mano libera - nella casa Castelli e poinella bifamiliare Guidobaldi questa spiri-tualità è espressa da operazioni su unageometria che assimila le lezioni di Khan eStirling e le traduce in una sintesi perso-nale che rappresenta, serenamente, la ma-niera matura di Lambertucci.

1 Cfr. Realtà, disegno, forma. Architetture di AlfredoLambertucci, a cura di G. Rosa, Roma 1983; “Para-metro”, n. 162, dic. 1987; Alfredo Lambertucci ar-chitetto, “Ricerca e Progetto”, n. 8, 1996.

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Casa Lambertucci a Genzano di Roma, 1973-76

Q uest’anno il primo premiodel “36th Annual InteriorDesign Competition” è statovinto dall’architetto italiano

Antonio Di Oronzo con il progetto di unnightclub realizzato a New York, nel quar-tiere Soho, dal nome Greenhouse.Questo giovane architetto, classe 1969, si èlaureato all’Università di Roma La Sapien-za e ha poi seguito un master in “UrbanPlanning” al City College di New York. Dopo aver lavorato con firme tipo Eisen-man e Siegel, ha aperto un proprio studio:

BLUARCH (www.bluarch.com). Lo stu-dio è impegnato nella progettazione e laricerca dell’architettura degli interni, del-l’urbanistica e del disegno industriale e al-cuni suoi lavori sono stati esposti nel 2002al MoMa, con una mostra dal titolo Life ofthe City e nel 2005 al Van Alen Institute diNew York City al Centro Arquitectum diCaracas.Su di lui hanno scritto diverse riviste ame-ricane: The New York Times, Interior De-sign, New York Newsday, New York Post,New York Magazine, Frame e internazio-

nali come l’italiana IQD, Perspective diHonk Kong, la rivista cinese Esquire, lacoreana BOB e le turche Andmag e Quin-tessentially.Attualmente insegna Architecture UrbanDesign and Landscape Architecture al CityCollege di New York e Interior Design eLighting alla Parsons School of Design.Il progetto in questione, Greenhouse, èun lounge, bar, discoteca e spazi per even-ti su due livelli per un totale di 557 mq cir-ca che ha aperto lo scorso vovembre aManhattan.

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SPIRITO VERDEIl progetto di un nightclub dal nomeGreenhouse, realizzato a Manhattan,attraverso l’impiego di materialibiocompatibili si basa completamentesulla sostenibilità.A

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È il primo nightclub negli U.S.A. che ri-ceve dalla United States Green BuildingCouncil il prestigioso certificato L.E.E.D.(Leadership in Energy and Environmen-tal Design) per il design e l’architetturasostenibile.Il progetto, attraverso l’impiego di mate-riali biocompatibili, si basa completa-mente sulla sostenibilità, tutto all’internoè riciclato e riciclabile: le pareti e il pavi-mento sono di bambù, il soffitto in plexi-glas, il bancone del bar in vetro e tutti i di-vani sono rivestiti da maharam al 100% dipoliuretano riciclabile. Piccole serre pren-dono la funzione di tavolini tra i divani.Le pareti e parte del soffitto sono rivestiteda elementi circolari di circa 20 cm, di-stribuiti con disegni alternati, secondo lalegge omotetica dei logaritmi frattali, cioècon la ripetizione del disegno stesso a sca-le differenti.Un terzo di questi sono ricoperti da foglieaghiformi di vinile ecologico, un terzo dalegno riciclabile e il restante terzo da L.E.D.

Questi punti luce, 2500 in tutto e di soli 8watt, sono capaci di consumare soltanto il30% dell’energia standard di una lampa-dina. Connessi a un computer, rispondo-no a dei video segnali, cambiando colore eintensità al tempo della musica.Dal soffitto, invece, pendono 500 cristal-li organici Swarovski del diametro di 5cm. Posizionati a diverse altezze, sembra-no quasi delle gocce d’acqua immortalateal momento della caduta, apparentemen-te stabili, vibrano lievemente al tempodella musica, producendo istantanei cam-biamenti cromatici che si contrappongo-no e si integrano con le luci dei L.E.D.Il risultato è una coesione degli eventi na-turali, quasi di carattere subitaneo, dovel’architetto è riuscito a ottenere la traspo-sizione della nozione di paesaggio all’in-terno di uno spazio chiuso, convertendo ildinamismo della natura in un sistema vi-vente, senza ricreare una serra, offrendol’esperienza di vivere il paesaggio.L’architetto Di Oronzo ha avuto il corag-

gio di applicare le nozioni dell’architettu-ra biosostenibile a un tema apparente-mente distante dall’ecosostenibilità.Il locale notturno, infatti, concettual-mente in antitesi allo “spirito verde” per ilgrande dispendio energetico di cui neces-sita, è stato qui trasformato in un vero eproprio spazio ecofriendly, senza snaturareperò la sua immagine…

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I l 14 settembre scorso si è inaugurata aPechino, alla presenza del ministro del-l’Ambiente Stefania Prestigiacomo edel collega cinese Zhou Shengxian, la

nuova sede del Ministero dell’AmbienteCinese su progetto dell’architetto italianoMario Occhiuto. La progettazione, la tecnologia e il designdel “China Convention ComplianceCentre”, e per questo denominato appun-to “4C Building”, con i suoi circa 30milamq di superficie, ha mirato particolar-mente alla realizzazione di un palazzoeco-efficiente (costruito da Favero & Mi-lan), impiegando tecnologie capaci di unrisparmio energetico fino al 47% e una ri-duzione delle emissioni di CO2 fino al45% rispetto a un edificio standard. Il co-sto dell’edificio è stato suddiviso tra Cina(200 milioni di renminbi; circa 20 milio-ni di euro), Banca Mondiale, tramite ifondi del Protocollo di Montreal (20 mi-lioni di dollari; circa 13.75 milioni di eu-

ro) e Italia (13 milioni di euro; circa il20% del totale). La collaborazione ambientale tra Cina eItalia prosegue da dieci anni e ha portatoalla realizzazione di 90 progetti. Il proget-to del 4C Building, è stato affidato a Ma-rio Occhiuto Architetture da SEPA - Sta-te Environmental Protection Administra-tion, omologo cinese del nostro Ministe-ro della Tutela dell’Ambiente, del Territo-rio e del Mare, con la richiesta di realizza-re un edificio sostenibile, fortemente in-novativo. Le soluzioni tecnico-formali so-no state ricercate in un’attenta lettura delcontesto e dei suoi elementi climatici, ur-banistici ed architettonici, fatto che rendeil 4C Building un edificio eco-compatibi-le in tutte le sue accezioni. La sostenibilità è ottenuta attraversol’adattabilità all’ambiente ed al contestourbano, caratteristiche che la forma archi-tettonica ha saputo interpretare ed esalta-re per conferire contemporaneamente so-

lennità e forte riconoscibilità all’edificio.Tanto le condizioni di tipo urbanisticoche quelle climatiche suggeriscono lachiusura dell’edificio verso nord ed unamaggiore permeabilità a sud. Nella elabo-razione del progetto inoltre, è stato anchenecessario tenere conto della espressa vo-lontà del Ministero di conferire alla fac-ciata nord un’immagine di alta rappresen-tanza, armonizzandone le caratteristichecon quelle degli edifici governativi circo-stanti. Di conseguenza, il disegno di pro-getto si fonda sul rigore e l’insieme com-patto della facciata nord, apparentementebloccato, ma in realtà ricco di affacci e vi-suali, in netto contrasto con la realtà mu-tevole e variegata delle ali ovest, est, e del-la facciata sud, che presentano un gioco ditangenze tra superfici curve e l’alternarsidei pieni e dei vuoti.La facciata nord, fatta di materiale lapideo,è caratterizzata da una chiusura che traeorigine e giustificazione dalla presenza del-

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UN’OPERAITALIANA IN CINAA Pechino la nuova sede del Ministerodell’Ambiente Cinese su progettodell’architetto italiano Mario Occhiuto.A

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Luisa Chiumenti

la viabilità di grande traffico, dalla prove-nienza dei venti freddi invernali da nord,nord-ovest, ma anche dall’esigenza di con-ferirle la giusta solennità di edificio gover-nativo; le finestre sono di ampiezza limita-ta per evitare l’eccessiva dispersione di ca-lore in inverno e studiate per garantire l’in-terazione visiva interno-esterno. La faccia-ta è stata molto bene isolata, sia termica-mente, sia acusticamente. La facciata sud,invece, appare più vetrata per dialogarecon i quartieri residenziali e per sfruttaregli apporti solari invernali, oltre che otte-nere il massimo sviluppo possibile di su-perfici per l’aerazione ed illuminazionenaturale. Al fine di evitare gli effetti estividi surriscaldamento, dovuto alla radiazio-ne solare e abbagliamento, sono stati pro-gettati aggetti orizzontali opportunamen-te dimensionati, anche per regolare il com-fort visivo. Un altro importante contribu-to alla sostenibilità del progetto è dato dal-le due corti interne. Queste bucano l’edifi-

cio in tutta la sua altezza partendo dal pia-no terra fino al tetto e rivestono un doppioruolo: garantire la luce naturale agli ufficiprivi di affaccio verso l’esterno e, a secondadelle stagioni, contribuire alla diminuzio-ne dei consumi per il condizionamento. Oltre alle caratteristiche puramente archi-tettonico-funzionali e alla scelta accuratadei materiali da costruzione, l’edificio èstato studiato anche dal punto di vista delsuo posizionamento rispetto al sole. Siste-mi tecnologici molto avanzati sono im-piegati per l’ottimizzazione dell’illumina-zione naturale, contribuendo a combina-re il disegno di progetto con il maggior ri-sparmio energetico possibile. L’edificiosorge in un’area centrale di Pechino e faparte di un gruppo di quattro edifici go-vernativi con destinazioni e caratteristi-che dimensionali analoghe. La sua pro-gettazione è stata affidata allo studio mOaall’inizio del 2006 dallo stesso Ministerodell’Ambiente cinese, con la richiesta di

realizzare un edificio sostenibile, forte-mente identificabile ed innovativo. Il li-mite del lotto racchiude una superficie di6754 mq, dei quali il 32,5% destinati averde e, per coniugare le esigenze dellacommittenza con il contenimento dellerisorse energetiche e le soluzioni formali, èstata compiuta, in primo luogo, un’atten-ta lettura del contesto e dei suoi elementiclimatici, urbanistici ed architettonici.Questo studio ha permesso di utilizzarel’intero involucro dell’edificio come un“sistema attivo”, che collabora alla clima-tizzazione ed all’illuminazione del suo in-vaso, garantendo il massimo risparmioenergetico possibile.Oltre alle caratteristiche puramente archi-tettonico-funzionali e alla scelta accuratadei materiali da costruzione, l’edificio èstato studiato anche dal punto di vista delsuo posizionamento rispetto al sole, percombinare il disegno di progetto con ilmaggior risparmio energetico possibile.

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Una rilevante area archeologicanei pressi di Arcinazzo Romanoospita quelli che con molta pro-babilità sono i resti di una ma-

gnifica villa dell’imperatore Traiano1. Unimportante monumento archeologico an-cora in gran parte interrato (le ultimecampagne di scavo risalgono al 1999). Ilriferimento all’imperatore romano dellaproprietà del sito è ormai accolto da tuttigli studiosi, anche se non vi sono docu-menti certi che l’attestino, ma solo attri-buzioni su basi stilistiche (la decorazionedel ninfeo) e costruttive (la tecnica mura-ria in opus mixtum) confortate dal rinve-nimento fortunoso, avvenuto nel 1892,di tre fistulae con il nome dell’imperatore(datate fra il 97 e il 115 d.C.). Lo stato attuale della villa risente di moltespoliazioni avvenute nel corso dei secoli,probabilmente già a partire dal periodo tar-doantico e vi sono anche documentazionimoderne che attestano l’ininterrotta con-

suetudine dell’asportazione di pregiati rive-stimenti marmorei. In particolare sono no-te le rimozioni compiute tra la fine del Set-tecento e l’inizio dell’Ottocento per abbelli-re le chiese di S. Andrea a Subiaco e S. Ma-ria Assunta ad Arcinazzo. Tuttavia, data l’im-portanza e la maestosità del sito, gli scavicontinuano a restituire ancor’oggi impor-tanti documenti di storia e d’arte. Le cam-pagne iniziate nel 1999 hanno, infatti, por-tato alla luce ulteriori reperti poi trasportatinel museo di S. Scolastica a Subiaco. I considerevoli residui attualmente visibi-li delle antiche pavimentazioni e dei rive-stimenti parietali della villa presentanouna straordinaria varietà di marmi, pietree graniti (africano, cipollino, giallo anti-co, pavonazzetto, porfidi, serpentini eportasanta) a dimostrazione dell’impor-tanza del luogo. Ciononostante la conser-vazione della villa, dopo i primi scavi mo-derni iniziati nel 1955, è stata messa a se-rio rischio da numerose depredazioni e

saccheggi (la notizia degli ultimi risalepurtroppo a pochi mesi fa, con la scoper-ta, “nella casa di un imprenditore ediledella capitale” di grandi quantità “di mar-mi e mosaici provenienti dagli scavi di Ar-cinazzo Romano”2, ora custoditi dalle for-ze dell’ordine in attesa di una loro ricollo-cazione) causati soprattutto dall’assenzadi un’adeguata recinzione. Inoltre le partidella villa riemerse con gli scavi necessita-vano di apposite strutture che le proteg-gessero dagli agenti atmosferici, partico-larmente dannosi per gli antichi resti, da-to il clima rigido della zona. Di tale progetto è stato incaricato l’archi-tetto Vincenzo Fasolo che ha ideato unaserie di coperture, chiaramente contem-poranee nel segno ma, nondimeno, evo-cative degli spazi perduti. Per entrare nelmerito delle scelte architettoniche effet-tuate ne abbiamo parlato con lo stessoprogettista, che ha curato anche la lororealizzazione.

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LE NUOVE COPERTUREDELLA VILLA DI TRAIANOAD ARCINAZZO ROMANO

Intervista a VincenzoFasolo che haprogettato e curato larealizzazione dellestrutture a protezionedelle parti della villariemerse con gli scavi.

a cura di Giovanni Carbonara e Alessandro Pergoli Campanelli

Alessandro Pergoli CampanelliVeduta del prospetto principale della villaal termine dei lavori (foto V. Fasolo)

D. I maggiori danni nelle aree archeolo-giche sono causati dalla perdita dell’origi-naria protezione sommitale propria diogni architettura, ovvero delle coperture.Il tema della loro realizzazione a difesadelle aree archeologiche, da sempre didifficile soluzione, è oggi quanto mai at-tuale. L’inspiegabile damnatio memoriæriservata ai ‘restauri’ di Franco Minissi3

ha portato con sé anche l’abbandono diun orientamento della ricerca architetto-nica applicata al restauro altamente speri-mentale, non solo nei materiali ma anchenel modo di reintegrare le forme perdute.Ciò in particolare, laddove Minissi, uti-lizzando alcuni materiali allora partico-larmente innovativi (e forse anche perquesto poco affidabili), dava la sua inter-pretazione esecutiva alle formulazioniteoriche di Cesare Brandi nel riproporrela geometria sintetica delle architettureperdute in una sorta di ‘sinopia’ tridi-mensionale. Si trattava sempre di struttu-

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SCHEDA TECNICAProprietàarea parzialmente di proprietà comunale Importo lavori€ 300.000,00 per il ninfeo e i triclinilaterali. Appalti differenti in tempi diversiData inizio/finedal 2002 al 2005Soprintendentealta sorveglianza Soprintendenza per ibeni Archeologici: dott.ssa Maria GraziaFiore, prof. Fulvio Cairoli Giuliani Progetto e direzione lavoriarch. Vincenzo FasoloAssistente al cantieredott.ssa Paola PoliCollaboratore progettazione erealizzazione del plasticoarch. Walter TrombiCollaborazionearch. Sabatino PiscitelliConsulente strutturearch. Vincenzo Fasolo, progetto strutturaleCoordinamento della sicurezzaarch. Antonio GianniniImpresa realizzatriceNinfeo Maggiore ERMA srl e ArchlegnoTriclini Laterali: STRATEX

Viste attuali del complesso (foto Alessandro Pergoli Campanelli, 2009)

re di copertura evocative delle forme anti-che, mai arbitrariamente riproposte, cheriuscivano ad accogliere fra i dati di pro-getto anche i nuovi rapporti visivi eredi-tati dal tempo, proprio grazie all’uso diparticolari materiali trasparenti. Nella maggioranza degli interventi rea-lizzati in Italia negli ultimi anni s’è inve-ce preferito privilegiare tout court l’aspet-to protettivo del bene, garantendo un ri-paro anche dai possibili effetti indottidalla luce diretta, con l’uso di copertureopache. Nel caso della villa di Traiano adArcinazzo la copertura, dichiaratamentemoderna per tecnologie e materiali, è sìopaca ma, similmente all’esempio di Fre-gellae4, essendo priva di chiusure lateralie posta ad una quota alta, mantiene pres-soché inalterata la percezione dell’areaarcheologica rispetto alle condizioni pre-cedenti all’intervento. Chiediamo alprogettista, architetto Fasolo, se que-st’effetto è il risultato di una scelta preci-sa e fino a che punto sia pertinente il ri-chiamo alla lezione di Minissi?R. L’intervento di copertura delle consi-stenze della villa traianea nasce da una pre-cisa richiesta, in tal senso, della commit-tenza comunale in accordo con la Soprin-

tendenza per i Beni Archeologici del La-zio.Tale strategia, per un verso mirava a fa-vorire la valorizzazione dell’area archeolo-gica da parte dell’autorità comunale, coniniziative di tipo culturale quali concerti econvegni estivi, e, per l’altro, permettevaun certo grado di protezione dalle intem-perie soprattutto a carattere nevoso. L’ideadi progetto scaturisce da un’intuizione,avuta durante il primo sopralluogo, checercherò di descrivere brevemente. La se-zione delle murature antiche mi ha indot-to a ritenere che l’elemento verticale di so-

stegno della copertura dovesse essere costi-tuito di larghezza pari alle murature stesse,soprattutto se considerate dalla vista fron-tale principale. Qualunque altro elementoverticale più snello avrebbe avuto un effet-to visivamente e staticamente inappro-priato: un ninfeo non è una capanna o unostabilimento industriale. Volendone ri-spettare le caratteristiche principali ed es-sendo ancora visibili in alcuni punti i trac-ciamenti originari delle volte, mi è venutospontaneo pensare a un setto in legno la-mellare formato dall’ipotetico timpano di

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A fianco:• Schizzo di progetto

(V. Fasolo). Si noti lafinitura internaevocativa delleperdute volte a botte,non realizzata

Sotto:• Tavole di progetto.

Sezione longitudinalee prospetto lateralesud-est (V. Fasolo)

copertura e dalla sezione delle volte, pen-sati come elementi durevoli dell’architet-tura. L’intervento complessivo non è altroche una sezione trasversale ricostruttiva.La scelta del materiale impiegato derivadal fatto che il legno è un materiale da co-struzione a tutti gli effetti e risponde a ca-ratteristiche di leggerezza e resistenza. I va-lori di grana e di colore sono poi risultati ipiù soddisfacenti nei confronti dell’inseri-mento nel locale contesto paesaggistico.Per quanto concerne il riferimento a illu-stri esperienze in materia come quelle di

Franco Minissi, preferirei astenermi daogni commento, in quanto ritengo chel’architetto tutto debba essere tranne che ilcritico della propria o dell’altrui opera.Tuttavia, qualche reminescenza potrebbeprovenire, forse a livello concettuale, inquesto ripetersi di setti strutturali su pianiverticali, da un progetto poco noto di miopadre Furio per la copertura della basilicadel Concilio di Efeso. In quel caso peròl’elemento era totalmente di carattere mo-derno. Sull’utilizzo di materiali trasparen-ti, invece, nutro molte perplessità giacché

questi, compreso il perspex, sono traspa-renti solo per modo di dire. In realtà que-sti materiali si comportano come dei corpiopachi, perché nel tempo si sporcano e sigraffiano sino ad assumere una valenza si-mile a dei “muri”. Inoltre, nella loro mate-rialità contrastano fortemente con l’ideadi durata dell’opera umana che le struttu-re antiche continuano a trasmetterci.D. I volumi e le forme delle coperture sonoin qualche modo semplicemente evocati-vi di quelli originari o derivano da un’at-tenta analisi metrologica dell’antica villa?R. I setti strutturali ad arco in legno la-mellare sono stati pensati in proporzionealle effettive dimensioni murarie dellevolte. Gli elementi verticali d’appoggio,di altezze diverse, sono stati realizzati percompensare le quote variabili d’impiantosulle creste murarie.D. I disegni di progetto presentavanoun’interessante riproposizione delle vol-te a botte affidata a una serie di elementifiliformi che non si ritrovano nella co-pertura realizzata: come mai?R. Questo dettaglio architettonico, a cuitengo particolarmente, verrà realizzatoforse in seguito. La mancata realizzazionedipende da problemi economici e dal-

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Particolari dell’appoggio della copertura sulle strutture antiche (foto A. Pergoli Campanelli, V. Fasolo)

l’eventualità, da qualcuno prospettata,che tale elemento avrebbe favorito la pre-senza di piccioni e volatili vari. Sic!D. Come sono stati realizzati gli appog-gi di queste strutture e in che rapportosono con le parti antiche che devono pro-teggere? R. Gli appoggi sono costituiti da una pia-stra metallica, annegata in un piccoloplinto (di cm 40 x 40 x 30), a sua voltaammorsata alla muratura mediante mi-cropali di altezza variabile (di circa 12 cmdi diametro) infissi mediante carotaggiofino al piano fondale. Su questa piastrapoggia una contropiastra solidarizzata allastruttura lamellare.D. L’operazione di restauro è certamenteindirizzata alla protezione e alla perpe-tuazione ma, anche, al riconoscimentodei valori culturali del bene sul quale s’in-terviene. L’operazione di restauro si do-vrebbe porre, quindi, secondo quest’im-postazione metodologica, anche comeausilio di una corretta rilettura contem-poranea che renda nuovamente com-prensibili le preesistenze antiche. Ritieneche il suo progetto partecipi a questa fi-nalità ‘rivelativa’? In che rapporto visivosi pone con il contesto ambientale?R. Senza dubbio l’intervento realizzato fa-vorisce la percezione della bellezza e delle

proporzioni originarie dell’impianto delninfeo maggiore e dei triclini laterali.D. In che modo le coperture della Villa diTraiano ad Arcinazzo si possono conside-rare, almeno potenzialmente, reversibili?R. Le strutture sono interamente reversi-bili. L’eventuale smontaggio o la sostitu-zione parziale di alcuni elementi sonooperazioni relativamente semplici. Leuniche parti non asportabili risultano es-sere i micropali interni alla muratura anti-ca che tuttavia non alterano la percezionevisiva del monumento.D. Le nuove strutture di copertura na-scono dalla volontà di proteggere impor-tanti reperti, altrimenti deperibili, favo-rendo la loro conservazione in loco all’in-terno del contesto originario? Se sì, inche modo si pone il progetto rispetto alvicino antiquarium? R. Il piccolo museo contiene i pezzi dimodeste dimensioni e fortemente deperi-bili; le coperture invece sono state realiz-zate anche per ospitare i grandi elementiarchitettonici e strutturali della villa.D. La copertura di parte della villa era in-dispensabile (soprattutto ricordando checi troviamo in una zona dal clima assai ri-gido) o, ai soli fini della sua protezione, sipoteva efficacemente intervenire anchecon metodi più semplici che non ne alte-rassero l’immagine di rudere? R. Certamente era possibile intervenirediversamente, ma si è ritenuto di creareun qualcosa che consentisse di far vivere ilsito durante tutte le stagioni.D. Come mai l’intervento riguarda soloalcuni ambienti dell’antica villa? S’è scel-to di proteggere solo le parti più biso-gnose o s’è cercato di sfruttare ogni ele-mento superstite utile per riproporre laspazialità originaria?R. Si è deciso, in accordo con la Soprin-

tendenza, di coprire il ninfeo e i triclinianche in funzione di una futura e auspica-bile ricollocazione parziale degli elementiarchitettonici degli ambienti più impor-tanti. In specie parti delle decorazioni pa-rietali e dei pavimenti.D. Sono previsti un progetto delle luci eun uso notturno della villa?R. Nell’intervento successivo di valorizza-zione e musealizzazioneè previsto,ed è in fa-se di realizzazione, un impianto di illumi-nazione per l’utilizzo notturno dell’area ar-cheologica e per la sua maggiore sicurezza.D. Che durata si prevede per i materialiimpiegati? È stato realizzato un piano dimanutenzione o s’ipotizza la loro inte-grale e periodica sostituzione?R. È stato predisposto un piano di manu-tenzione che prevede la verniciatura delleparti in legno con impregnanti idonei ognidue anni e la verifica delle strutture. Se ver-rà attuata correttamente l’opera di manu-tenzione la struttura può vivere fra i 50 e i100 anni. L’eventuale sostituzione di pezziè facilmente realizzabile e le strutture di ap-poggio possono considerarsi di durata illi-mitata. Bisogna notare che i recenti eventisismici, fortemente percepiti ad Arcinazzo,qui non hanno provocato alcun danno.

1 Per ogni approfondimento sul monumento si riman-da a: LISSI, ELISA, Altipiani di Arcinazzo- Campagne discavo nella villa detta di Traiano, (Notizie scavi d’anti-chità 14) Roma, Bardi editore, 1960; TOMEI, MARIA

ANTONIETTA, “La villa detta di Traiano ad Arcinazzo”,Archeologia Laziale VII. Quaderni del Centro di Studioper l’Archeologia Etrusco-Italica, 11, 1985, pp. 178 -184; Mari, Zaccaria, e Fiore, Maria Grazia, “Villa diTraiano ad Arcinazzo Romano: prospettive di ricerca”,in Atti e Memorie della Società Tiburtina di Storia e del-l’Arte, LXXI, 1998, pp. 153-164 e ID. Villa di Traianoad Arcinazzo Romano, risultati della prima campagna discavo, Roma, Publidea, 2000.2 Il Sole 24 ore, 18 agosto 2008.3 Le mura di Caposoprano a Gela, il teatro di EracleaMinoa, S. Nicolò Regale a Mazara del Vallo e in ultimola villa del Casale di Piazza Armerina, solo per citare ipiù noti.4 Progetto studio STRATI Roma (architetti Guido Ba-tocchioni e Laura Romagnoli).

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• Le nuove strutturedurante alcune fasidel loro montaggio(foto V. Fasolo 2005)

I l centro studi dell’Economist ogni annoredige un elenco delle dieci città dove sivive meglio nel mondo. Lo studio sibasa su cinque requisiti: stabilità, cura

della salute, cura dell’ambiente, educazio-ne, infrastrutture. Tutti elementi che mi-surano una Civiltà contemporanea.Nella top ten di quest’anno abbiamo cittàcome Toronto, Sidney, Helsinky e due cit-tà svizzere: Ginevra e Zurigo.

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DOVE SI VIVEMEGLIO

Annalisa Metta

Zurigo è risultata unadelle dieci città delmondo con la migliorequalità della vita.Merito anche del nuovoOpfikerpark cheprecede l’espansioneresidenziale dell’areametropolitana.

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a cura di Lucio Carbonara e Monica Sgandurra

Dall’alto:• Foto aerea con inserimento del progetto del

Glattpark. Il costo molto elevato del parco, pari acirca 12.000.00,00 di Euro, è stato sostenuto daiproprietari dei terreni ricadenti nel piano, con unparziale contributo di finanziamenti pubblici (© BüroKiefer)

• Veduta d’insieme del parco. In primo piano lapiazza d’ingresso e sul fondo la testata opposta dellago con l’edificio-belvedere e il terrapienoantirumore. Il bosco racchiude il parco e lo separadall’ex-depuratore retrostante (© Hanns Joosten)

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Ed è proprio a Zurigo, nei pressi dell’aero-porto, nel distretto a forte vocazione in-dustriale di Opfikon, che è stato ultimatoun nuovo parco, l’Opfikerpark, che pre-cede, con la sua realizzazione, l’espansio-ne residenziale. Il parco è parte dell’ambizioso progetto peril Glattpark (dal nome del fiume Glatt chelo attraversa), uno dei principali progetti dinuovi comparti di edilizia residenziale del-l’area metropolitana di Zurigo, esteso sucirca 70 ettari, che una volta completatopotrà ospitare circa 6.500 persone. Questa zona, sino a pochi anni fa chiama-ta Oberhauserriet, ossia “palude di Ober-hauser”, per secoli è stata ricoperta di can-ne palustri e inutilizzata sino a che unabonifica nei primi anni del Novecentol’ha tramutata in campi agricoli. Dagli an-ni Cinquanta, per la crescente espansionedi Zurigo, vi si sono insediate attività conesigenze di ampi spazi esterni di pertinen-za – tra cui un depuratore, una centrale

elettrica, un inceneritore – e si è di paripasso provveduto alla realizzazione delleabitazioni per accogliere le famiglie dei la-voratori impiegati. Il Glattpark va inseri-to in questo processo di sviluppo edilizio,sebbene il progetto prenda avvio solo neiprimi anni Novanta, quando il suo sedi-me rimaneva l’unica area inedificata, perla posizione sfavorevole, a ridosso del de-puratore e dell’autostrada. Il Glattpark è un esempio rilevante diframmento urbano. È un frammento lacui identità non è facile da definire se noncome ciò che è tra altri luoghi e altri pae-saggi: tra insediamenti industriali e campia maggese, tra strade a scorrimento velocee orti urbani, tra edifici residenziali e ince-neritori. Il progetto è stato condotto con lacooperazione delle municipalità, dei pro-prietari dei terreni, degli operatori com-merciali, delle associazioni degli abitanti enel suo iter attuativo ha fatto spesso ricor-so a procedure concorsuali. Il masterplan

ha suddiviso l’area in due parti secondo ladirettrice nord-sud, disponendo le resi-denze a ovest lungo la Thurgauerstrasse e ilparco a est a ridosso del depuratore, oggidismesso e trasformato in centro congres-si. Il piano – cui ha collaborato il paesaggi-sta Guido Hager – ha definito sin dal prin-cipio un rapporto virtuoso di complemen-tarietà tra i nuovi edifici e gli spazi aperti.Mutuando la strutturazione cartesiana deicampi agricoli preesistenti, le abitazionisono disposte in cortine edilizie paralleleseparate da giardini, luoghi di soggiorno edi aggregazione oltre che di collegamentopedonale tra la Thurgauerstrasse e il parco.Quando il quartiere sarà completato, igiardini formeranno una sequenza di cortisimili per dimensioni e ruolo urbano mamolto diverse nell’uso dei materiali, degliarredi e nella scelta della vegetazione perdistinguersi reciprocamente e affermare lapropria riconoscibilità.L’Opfikerpark occupa la porzione meno

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Foto piccole dall’alto:• Una rampa ripidissima, supporto per lo

skate, collega i campi da gioco conl’edificio-belvedere (© Hanns Joosten)

• Il passaggio in continuità tra le aree dagioco, i percorsi pavimentati e il prato

• La successione dei campi da gioco,pavimentati in asfalto o ricoperti disabbia, introduce al lago sullo sfondo

• Il lago è un dispositivo dimediazione tra il quartiere e ilparco. Verso le case, lapasseggiata pedonale siraccorda alla spiaggiasabbiosa attraverso una brevegradinata in cemento

• Il parco visto dallacollina che lo delimita anord lungo l’autostrada

favorevole dell’area, ma lungi dall’essereuno spazio di risulta è, viceversa, la fortecentralità e il luogo cardine del quartiere,di cui sta trainando l’appetibilità immo-biliare dopo averne riscattate le caratteri-stiche di qualità ambientale, compromes-se dagli usi precedenti. Merito è del pro-getto elaborato dal team guidato da Ga-briele G. Kiefer, vincitrice dell’omonimoconcorso bandito nell’estate del 2001 (ilprogetto è stato tra l’altro selezionato tra ifinalisti del premio Rosa Barba alla 5°Biennale del Paesaggio di Barcellona nel2008), con l’intento di realizzare uno spa-zio aperto molto connotato nella sua ar-chitettura, al servizio del quartiere e attra-ente per l’intera città, accogliente per leattività della vita quotidiana degli abitan-ti e degli impiegati degli uffici vicini eadatto a ospitare grandi eventi e manife-stazioni, concerti, festival o esposizionitemporanee. Il progetto ha soddisfattopienamente le attese con un parco di

grande successo, molto apprezzato dagliabitanti, che si sta affermando accantoagli spazi aperti tradizionalmente di mag-gior rappresentatività per Zurigo. L’area del parco è delimitata a nord dall’au-tostrada, a ovest dalle nuove residenze delquartiere, a sud da edifici di emittenti tele-visive, a est dal depuratore dismesso. Il pro-getto risponde all’eterogeneità degli inse-diamenti circostanti con un disegno essen-ziale e adotta soluzioni di bordo specificheper le diverse situazioni con cui confina. Ilrapporto con il quartiere residenziale è de-finito dal lago; al limite con l’autostrada,nella parte settentrionale del parco, un dos-so alto circa 10 m, realizzato con il terrenodi risulta prodotto dallo scavo del lago, èuna barriera al rumore del traffico; a est ilbosco separa il parco dall’ex depuratore.Nonostante o forse a causa della rigida es-senzialità del progetto, il parco possiedeun grande fascino. Si compone attraversouna sequenza di bande parallele longitu-

dinali. Da ovest si susseguono: la passeg-giata pedonale, il lago, il prato, il bosco. La banda del lago è la più caratterizzata. Illago è un rettangolo di 550x41 m e con lesue linee severe funziona da dispositivo alcontempo di contatto e distanza tra ilquartiere residenziale e le zone a vocazio-ne più naturale, il prato e poi il bosco. Ledue sponde sono molto diverse: verso lecase, la spiaggia sabbiosa scende dolce-mente in acqua e una breve gradinata incemento la raccorda con la passeggiata pe-donale; la sponda opposta è segnata dauna fitta coltivazione di canne che per-mette di evitare balaustre di protezione.Delle due testate del lago, quella meridio-nale è una sorta di porta del parco, diretta-mente collegata con la città mediante lanuova linea del tram appositamente istitui-ta (progetto delle fermate di Feddersen &Klostermann). Rampe di cemento di di-verse dimensioni e variamente inclinate siprotendono in acqua come in un piccolo

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• Planimetria. Legenda: 1. terrapieno barriera al rumore; 2. campo dacalcio; 3. edificio di testata; 4. campi da gioco;5. passeggiata pedonale; 6. lago; 7. bosco; 8. prato; 9. canneto; 10. piazza di ingresso; 11. ex depuratore (© Büro Kiefer)

Dall’alto:• Uno dei tre ponti in acciaio che

attraversano il lago• Il lago è una biopiscina balneabile

(© Hanns Joosten)

porto. L’estremità opposta, a nord, è unedificio-belvedere alto circa dieci metri chechiude una sequenza di campi da gioco eoffre la visione completa sul parco. L’edifi-cio – che nella parte inferiore accoglie i ser-vizi – è introdotto da una rampa ripidissi-ma, supporto per lo skate, ed è la prosecu-zione della collina antirumore verso le case.Tre ponti con struttura in acciaio, larghicirca 2 metri e lunghi 30, attraversano illago, riprendono i viali del quartiere eproseguono in sentieri nel prato, realiz-zando nell’insieme un dispositivo di con-tinuità prospettica e di movimento tra ilparco e l’insediamento residenziale. Lapasseggiata tra il lago e il quartiere – il lun-golago Hamilton – in corrispondenza deitre ponti si allarga in terrazze punteggiatedi Platanus hispanica foggiati a ombrello,secondo una consuetudine diffusa neiparchi storici della città. Il fondo del lago è uno strato di argillaspesso circa 1 m, in sostanza impermeabi-le. L’adduzione dell’acqua proviene dal re-cupero della pioggia dalle coperture degliedifici adiacenti, dal drenaggio dell’acquad’irrigazione, e per apporto diretto dallarete idrica pubblica, quando necessario.

Un dispositivo di troppo-pieno previenele inondazioni.L’acqua è balneabile e la sua qualità è ga-rantita da un sistema di micro-impianti didepurazione, cui contribuiscono le canne(Phragmites australis) attraverso il filtrag-gio operato dalle radici. Gli insetti, gli an-fibi e i piccoli crostacei che sono stati in-trodotti contribuiscono a creare l’ecosiste-ma autoequilibrato tipico delle biopiscinee sono attrazioni interessanti da un puntodi vista scientifico e didattico. Nel canne-to, piccole stazioni di altre piante ripariali:il giaggiolo d’acqua (Iris pseudoacorus), lapiantaggine acquatica (Alisma Plantago-aquatica) e la sagittaria (Sagittaria sagitti-folia), oltre a piantagioni di ninfee (Nym-phaea sp.) dalle fioriture colorate. Il bosco – “technology-woodland-archi-pelago” – è composto da isole di alberi di-sposti a sesto regolare che circondano l’areadel depuratore, le cui architetture sono con-servate e ove le vasche di sedimentazione po-tranno essere riutilizzate come arene circo-lari per spettacoli ed eventi.Il progetto non ha inteso cancellare il carat-tere di indeterminatezza e provvisorietà delpaesaggio del luogo, al centro di importan-

ti e profonde trasformazioni: in tal senso gliautori descrivono il parco come incompletoe ibrido, un “counter-world to the compactcity”, dove sarà possibile sperimentare so-luzioni e modelli differenti per la ricercadella qualità dell’habitat urbano.Il parco, esteso su circa 12 ettari, è statoinaugurato nel dicembre del 2006, dopo cir-ca diciotto mesi di lavori, e oggi può dirsigiunto a maturità. È un progetto esemplarela cui realizzazione anticipa la costruzionedegli edifici residenziali: è la dimostrazio-ne che nei progetti urbani la definizione dispazi aperti di qualità non è accessoria o su-balterna, ma può essere il motore dello svi-luppo sociale, ambientale ed economico.L’essenzialità, il rigore e la chiarezza dellacomposizione, la relazione con il luogo econ gli spazi limitrofi, l’interpretazionedei comportamenti del pubblico sono leprincipali caratteristiche del progetto, chelo accomuna ad altre importanti e noterealizzazioni del Büro Kiefer, segni distin-tivi di un approccio linguistico e di meto-do tra i più interessanti nel paesaggismocontemporaneo.

OVE NON SPECIFICATO, LE FOTO SONO DI ANNALISA METTA.

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OPFIKERPARK - Opfikon, SvizzeraPeriodo di realizzazione 2005-2006Committente Proprietari terrieri del Glattpark e Municipalità di OpfikonProgettistiSupervisione generale:Prof. Dipl. Ing. Gabriele G. Kiefer (Berlino) e Patrick Altermatt (Zurigo)Direzione del progetto:Prof. Dipl. Ing. Gabriele G. Kiefer (Berlino),Carola Schäfers Architekten BDA (Berlino) e Kai Vöckler (Berlino)Paesaggio Büro Kiefer Landschaftsarchitektur (Berlino) e Hager Landschaftsarchitektur AG (Zurigo)Ingegneria idraulica Staubli, Kurath & Partner AG (Zurigo)Ingegneria civile APT Ingenieure GmbH (Zurigo)Progetto dell’illuminazione start.design GmbH (Essen)Ingegneria elettrica Meili Tanner Partner AG e HLKSE Ingenieure (Uster)Estensione 120000 mqCosto 12.000.000,00 EuroFotografo Hanns JoostenCanne e altre piante ripariali delimitano il lago verso il prato

Abbiamo perso, in buona parte,un centro storico italiano digrandissimo valore, tra l’altroproprio in un momento in cui

alcune attività, come la ristorazione e gliesercizi pubblici, stavano segnando unmomento di interessante ripresa, ancheper il coinvolgimento di giovani nel ruolodi piccoli imprenditori che avevano intesovalorizzare il luogo e le sue produzioni.I media hanno premuto con notevole ac-centuazione il tasto del centro storico deL’Aquila; i piccoli centri storici che hannosubito danni dal terremoto non hanno ge-neralmente meritato l’onore della crona-ca, a meno di quelli completamenti disa-strati come Onna.Non dimentichiamo che il terremoto hacolpito, oltre L’Aquila, numerosi piccoli

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È necessario ungrande progetto chemetta a buon frutto illavoro delleassociazioni territorialie dei tecnici locali perattivare un laboratorio,una casa della cittàche diventi la matricedella rinascita urbana.

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Aa cura di Claudia Mattogno

CENTRO (i) STORICO (i) DE L’AQUILA: QUALERICOSTRUZIONE?

Manuela Ricci

Le rovinose distruzioni nel centrostorico della frazione di Paganicanel maggio 2009

paesi insediati sui versanti della Concadell’Aterno che connotano il paesaggiodell’Appennino centro-meridionale.La ricostruzione riguarda allora non soloil prestigioso centro storico del capoluo-go, ma anche un’area vasta ricca di storia:oggetto dell’intervento diventa dunqueanche il paesaggio.In questo senso rileva la “dimensione ter-ritoriale” non solo a scala intercomunale,ma anche a scala comunale, dato cheL’Aquila oltre al centro principale è com-

posta da numerose frazioni di interessestorico.Quello che si è fatto finora, e non è certopoco, è dare una risposta all’impellente bi-sogno di case. La domanda, al momento,non è completamente evasa, ma speriamoche lo sia tra breve; si auspica che entro di-cembre 2009 la popolazione possa rientra-re nei propri territori e utilizzare quei ser-vizi fondamentali legati all’abitare. La circostanza critica sta, però, nel fattoche a questa domanda è stato risposto in

un modo che ha aperto non poche e giu-stificate polemiche dove al centro delladiatriba si colloca da un lato il Comune edall’altro la Protezione Civile.Oggetto del contendere è il contrasto traruoli del potere centrale e competenze delpotere locale, in particolare sulla sceltadelle aree per il piano C.A.S.E.Molti sostengono che si tratta di una scel-ta non corretta, in quanto la realizzazionedi insediamenti diffusi piuttosto che con-centrati produce due effetti negativi: da unlato l’isolamento delle residenze e, quindi,la necessità di supplire alla carenza di servi-zi con nuove dotazioni adeguate, dall’altrol’amplificazione della domanda di infra-strutturazione; senza contare la perdita di“valore” urbano della parte centrale, con-nessa anche a fenomeni di spopolamento.

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Dall’alto in senso orario:• Il territorio aquilano nel febbraio 2008• Via Ortolani, una tipica strada del tessuto minore

(prima del terremoto)• Via Garibaldi, uno degli assi del centro storico

(prima del terremoto)• Secinaro, uno dei piccoli insediamenti storici

della Valle dell’Aterno nell’inverno 2008

La Protezione Civile sottolinea la suaestraneità alla scelta delle aree, che si so-stiene derivata dalla loro messa a disposi-zione da parte del Comune, anche a se-guito di una dovuta indagine sul rischiosismico e idrogeologico. Sta di fatto che nel vecchio Piano regolato-re del 1974 che contemplava una previsio-ne di sviluppo demografico attestata su unlivello di circa 140.000 abitanti (oggi gliabitanti sono appena 68.000!), quasi la to-talità di queste aree costituisce il residuo fi-no a oggi non realizzato. Si tratta dunquedi localizzazioni rifiutate dal mercato edili-zio in quanto non sufficientemente “appe-tibili” ancorché di fronte a una domandascarsa. Senza parlare di alcune aree a desti-nazione agricola, come quelle utilizzate dalpiano C.A.S.E. nella frazione di Bazzano.

Accanto al vecchio piano, il Consiglio co-munale ha adottato la parte strutturale delnuovo PSC, non ancora approvato, cherivisita lo schema di assetto territoriale.L’idea ivi espressa è quella di “indirizzare”la popolazione su aree centrali. Di fatto lescelte di localizzazione del piano C.A.S.E.– certo dettate da motivi di urgenza – so-no avvenute proprio in una direzione disviluppo urbano contraria al nuovo pianostrutturale.Se è ipotizzabile un eventuale smontaggiodei moduli abitativi provvisori (MAP),noti come “casette di legno”, il resto ri-marrà ben saldo con le sue pesanti piatta-forme antisismiche. E questo comporta lanecessità di integrare tali nuovi insedia-menti alla città attraverso la dotazione diservizi e di infrastrutture. L’amministra-

zione sarà, dunque, chiamata a ridisegna-re il tessuto connettivo tra le 64 frazioni incui si articola l’intero comune e le 19 loca-lizzazioni delle C.A.S.E.; dovrà ripensareal rapporto tra espansione e ricostruzione,tra diffusione e concentrazione. Ci si potrebbe domandare, quali siano icosti di questa operazione rispetto al futu-ro della città.Oltre a una parte strutturale del PSC(adottata), L’Aquila si è dotata di un Pianostrategico, anch’esso disatteso dal pianoC.A.S.E, che andrà comunque ripreso al-la luce di una ricostruzione che tenga con-to, come sopra si diceva, dell’area vasta edell’intercomunalità nel post terremoto.L’Aquila non può rinascere senza il suoterritorio e senza le sue attività.La popolazione non vive di (nelle!) sole

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Paganica, maggio 2009

case; da più parti soprattutto emergono inproposito le voci “dal territorio” viene sol-levata la circostanza che L’Aquila è anchelavoro, è anche la coesione sociale che èstata sfilacciata da quella che qualcuno hadefinito “deportazione” degli abitanti (inaree esterne, sulla costa, negli alberghi inmontagna, …).Si pensi alle attività agricole che sono sta-te in gran parte abbandonate e che purecostituivano il presupposto per la manu-tenzione del territorio, ovvero dell’am-biente e del paesaggio, e quindi “i turi-smi” della “grande Aquila”. Anche perquesto serve un sistema di incentivi ingrado di promuovere gli investimenti.Tornando al centro storico del capoluogo,allo stato attuale tutti si pongono un in-terrogativo, “ricostruire dove e come?”Molti rispondono senza apparente esita-zione: “come era e dove era”.Essendo realistici, ricostruire “come era edove era” sembra improponibile non soloper l’entità dei danni, ma anche perché unatale ricostruzione comporterebbe, proba-bilmente, ricostruire anche in aree rischiosedal punto di vista sismico: mentre si rende

necessario al di là della messa in sicurezzadei singoli edifici definire criteri e prioritàper la pianificazione e programmazione diinterventi preventivi di riduzione del rischiosismico a scala urbana che potrebbero com-portare scelte di ricostruzione alternative.La legge per il governo del territorio dellaregione Umbria ha già introdotto (art. 3,LR n. 11 del 2005), alcune indicazioniche riguardano la prevenzione sismica nelprocesso di identificazione delle compo-nenti strutturali del territorio da parte del

PRG-Parte strutturale, riassumibili nelladefinizione della struttura urbana mini-ma (Sum). La Sum è identificabile nell’“insieme degli edifici e degli spazi, strutture,funzioni, percorsi, in grado di garantire ilmantenimento e la ripresa della funzionali-tà del sistema urbano durante e dopo l’even-to sismico”. L’obiettivo di tale individua-zione è riconoscere una struttura urbanaessenziale, attraverso l’individuazione dicomponenti fisico-funzionali esistenti, evalutarne le debolezze e le criticità, al fine

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Dall’alto in senso orario:• Piazza san Marciano nel febbraio 2008 e

nel maggio 2005 e la chiesa di San Pietro aCoppito dopo gli interventi di messa insicurezza

Pagina a fianco:• Il crollo della sopraelevazione ottocentesca

del Castello Spagnolo

to che in Italia la capacità di innovare e disepararsi dal passato è piuttosto debole. Molte capitali straniere, come Vienna eParigi, mostrano, anche nel più profondocuore dei loro centri storici, come sia pos-sibile ricostruire senza danneggiare la me-moria storica dei luoghi, ma anzi esaltan-dola. E perché questo non potrebbe esserepossibile, ovviamente mutatis mutandisanche a L’Aquila? Magari evitando in al-cuni casi quel finto “dove era e come era”che forse è più lontano dalla storia di unanuova architettura.Una legge speciale per la ricostruzione? IlParlamento ci sta lavorando. Una task forcelocale (Regione, Provincia e Comune) che,subentrando tra breve alla Protezione Civi-le, potrà indirizzare tempi e modalità dellaricostruzione? Si è fatto il nome per guidar-la di quello che viene definito il padre deiprogrammi integrati, Gaetano Fontana.Tutto questo dovrà fare i conti anche conil sistema degli aiuti ai privati per la rico-struzione dei propri alloggi e del ruolo,che molti vedono ambiguo, della Fintec-na, rispetto al monopolio che potrebbe ri-coprire relativamente all’acquisizione di

un’importante quota di patrimonio nelcentro storico. Ma questa si configura pursempre come soggetto pubblico… che di-re, invece, dell’alternativa di lasciare tuttoin mano al mercato e all’eventuale mono-polio di un privato?Certo è che il patrimonio da “prendere inmano” non è insensibile: molte case delcentro storico erano seconde case, case difamiglia, oppure case da affittare a studen-ti. L’interesse a ricostruire può scemare siaper la mancanza di aiuti ad hoc, sia per ladevastazione del luogo e la lunghezza pre-sumibile dei tempi di ricostruzione.Che cosa diventerà L’Aquila? È necessarioun grande progetto che coinvolga la popo-lazione, che faccia leva su quella dose di“irriducibilità” che non pochi hanno mo-strato nel non voler abbandonare la lorocittà e nello starle vicini (anche essendo co-stretti nelle tende); che metta a buon frut-to il lavoro delle associazioni territoriali edei tecnici locali per attivare un laborato-rio, una casa della città che diventi la ma-trice della rinascita urbana.

FOTO DI CLAUDIA MATTOGNO

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di definire le priorità per la prevenzione.A fronte di ciò, che dire, piuttosto, del-l’ipotesi di ricostruire “dove era”, ma non“perfettamente” come era? Anche perchéquella che fino a pochi mesi era l’attualeL’Aquila non si identificava certo con l’in-sediamento urbano originario che già avevasubito eventi sismici ed era, quindi, statoriedificato con non poche modificazioni. Quella che, però, è sempre rimasta più omeno intatta è la struttura urbana e, forse,questo potrebbe essere l’obiettivo da porsie che, comunque, appare raggiungibile.Oltre la ricostruzione degli edifici monu-mentali storici (per alcuni dei quali sonostati avviati già i primi lavori di messa insicurezza), degli edifici privati che posso-no essere ricostruiti, è possibile che le in-dagini in corso sulla sismicità delle areeindichino la rischiosità per la ricostruzio-ne di alcuni immobili e zone urbane. Si potrebbe, dunque, ipotizzare di mante-nere leggibile la struttura urbana preesi-stente attraverso i “vuoti” o interventi edi-lizi leggeri. Ovvero ricostruire “come era”nella misura in cui sia possibile. Anche quipuò sorgere qualche dubbio, dal momen-

Ènoto che la popolazione nei paesiindustrializzati sia soggetta, da al-cuni anni a questa parte, a un pro-cesso di invecchiamento sempre

più evidente causato da diversi fattori e co-me tale fenomeno dai risvolti complessiincida sugli equilibri sociali, economici eculturali della nostra società. In questocontesto, uno dei principali obiettivi delleseconda Assemblea Mondiale sull’Invec-chiamento* è spingere i governi a pro-

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UNA CASA “A MISURA” DI ANZIANO

Un’occasione per la sperimentazione disoluzioni miste, applicabili a quegliinterventi in cui la dimensione collettivaassuma una forte connotazione rispetto alcarattere privato dell’abitare.

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AS P A Z I D E L L ’ A B I T A R E

Domizia Mandolesi

a cura di Claudia Mattogno e Mariateresa Aprile

muovere interventi rivolti alla salvaguar-dia della salute e dell’indipendenza dei cit-tadini in età avanzata, allo scopo di garan-tire loro un’adeguata assistenza e una mag-giore partecipazione alla vita sociale. L’Italia, in particolare, pur detenendo ilprimato europeo di longevità della popo-lazione, destinato ad aumentare nel pros-simo futuro, è il paese in cui, a confrontocon Stati come la Danimarca, la Finlan-dia, l’Olanda, la Gran Bretagna, si investe

meno sia in termini di assistenza pubblicache di soluzioni nel settore abitativo. Aquesta carenza di interventi contribuisco-no varie ragioni, tra cui l’idea ben radica-ta che debba essere la famiglia, in formaprivata, a occuparsi dell’anziano e l’avver-sità nei confronti delle “case di riposo” e ingenere delle residenze per anziani, conce-pite e viste come luoghi di isolamento e direclusione sociale. Del resto, a differenzadella sperimentazione e della diffusione di

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In queste due pagine:CASA DI RIPOSO E CENTRO SERVIZIVIRRANRANTA, KIURUVESI, FINLANDIAArkkitehtitoimisto NVØ Ky, Nurmijärvi 1991- 92foto di: Rahimo Ahonen

Una spina centrale costituisce l’elemento dicoesione di un sistema composito, costituitodall'alternanza di spazi residenziali, zone diincontro e servizi comuni

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soluzioni abitative di grande qualità, ap-positamente studiate e vissute con grandepartecipazione da persone in età avanzatanella maggior parte dei paesi stranieri, nelnostro, invece, le abitazioni rivolte agli an-ziani conservano ancora il carattere triste edesolante tipico della struttura di degenza,giustificando la diffidenza e il rifiuto. LaDanimarca rappresenta un significativoriferimento per aver sperimentato soluzio-ni interessanti; in particolare, dopoun’esperienza ventennale, sin dal 1988 hascelto la politica di non costruire più resi-denze sanitarie assistenziali e case protette,riconvertendo quelle esistenti in abitazio-ni per anziani con servizi flessibili.Anche in Italia si dovrebbe abbandonarela logica della rigida specializzazione dellestrutture residenziali, e ripensare al setto-re dell’abitazione nel suo insieme indivi-duando nuovi modelli che sappiano co-struire un ambiente a misura d’uomo nelquale tenere conto delle esigenze dellepersone nei diversi momenti della vita.Dall’alloggio all’edificio, dal quartiere al-la città occorre offrire spazi domestici eluoghi urbani in grado di infondere sensodi sicurezza e di appartenenza in tutti co-loro che li abitano, in particolare bambi-ni e anziani vista la maggiore disponibili-

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In queste due pagine:RESIDENZA SANITARIAASSISTENZIALE (RSA) A POGGIBONSI, SIENAIpostudio - 2001-2005foto: Pietro Savorelli

L’impianto a corte crea una nuovapiazza pubblica pensata comeluogo di incontro tra i residenti e lacomunità esterna

PRIMO LIVELLO

SOGGIORNO COMUNE

tà di tempo libero e di ore passate in casa.Per quanto riguarda gli anziani, la richiestadi una residenza progettata ad hoc, in cuicontemplare la presenza di spazi domesticiprivati, ma anche di servizi condivisi dapiù persone, è legata a reali esigenze quali,ad esempio, le ridotte disponibilità econo-miche nell’affitto o acquisto di una abita-zione; la necessità di ricevere assistenza indiverse forme a causa di malattie o di limi-tazioni anche temporanee dell’autono-mia; o più semplicemente il desiderio disentirsi attivamente partecipi di una co-munità e di superare la solitudine in cuispesso ci si può ritrovare ad una certa età. La logica della “casa servizio” o del “cohou-sing”, forma di abitare nata in Danimarcaintorno agli anni Sessanta, diffusa negliStati Uniti e nel nord Europa (soprattuttoin Olanda e Regno Unito), oggi riscopertaper le possibilità che offre sia sul piano del-la riduzione dei costi di gestione della casache sui benefici nel potenziare le relazionisociali e rafforzare il senso di comunità,può essere risolutiva, soprattutto se inseritain contesti abitati già dotati di servizi di ba-se, per creare quella rete di solidarietà neirapporti tra persone della stessa generazio-ne e anche, come dimostrato dal successodi esperienze internazionali, tra diverse ge-

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CORTE INTERNA

SECONDO LIVELLO

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nerazioni. “Multi-generational house” so-no i nuovi complessi residenziali recente-mente costruiti all’estero, caratterizzati daabitanti di tutte le età per i quali vengonoindividuate soluzioni abitative differenzia-te, dalle più tradizionali per una famiglia aquelle a carattere collettivo per giovani eanziani, fino alle piccole comunità, sup-portate da un sistema di spazi e servizi col-lettivi articolato alle diverse scale dell’inter-vento. In quest’ottica appare evidente cheprogettare abitazioni adatte a una popola-zione anziana non significa specializzarle atal punto da trasformarle in una sorta di“luoghi protetti” con conseguenze forte-mente negative a causa della scarsa capacitàdi integrazione con il resto della comunità,ma piuttosto ripensare nel loro complesso

agli spazi della vita domestica e al sistemadelle relazioni tra questi spazi, tenendoconto di particolari requisiti funzionali, dicondizioni psicologiche e di aspettative davagliare con grande attenzione e sensibilità. Non basta risolvere problemi di ordinepratico, come ad esempio abbattere lebarriere architettoniche, condizione ne-cessaria ma non sufficiente per assicurareun buon livello di comfort domestico, perottenere un habitat di qualità destinatoagli anziani. È necessario misurarsi co-stantemente con un insieme di questioniche attengono alla sfera funzionale e nor-mativa, sociale ed economica, psicologicae comportamentale, inserendosi in unquadro più ampio di interventi tra lorointegrati, le cui finalità principali sono:

- risolvere i temi della qualità, accessibili-tà, sicurezza e vivibilità alle diverse scaledell’abitare: dall’alloggio agli spazi comu-ni dell’edificio, dall’edificio al quartiere,dal quartiere alla città;- creare le condizioni per preservare e po-tenziare le relazioni sociali delle persone,incentivando la formazione di comunità;- prevedere soluzioni tipologiche caratte-rizzate da un sistema differenziato e flessi-bile di servizi e di spazi in grado di ade-guarsi alle diverse esigenze e stili di vita del-le persone, anche considerando le possibilimodificazioni con il passare degli anni econ l’evolversi dello stato di salute;- garantire la riconoscibilità dell’abitazio-ne e la personalizzazione dell’ambientedomestico;

In queste due pagine:PROGETTO DI UNCOMPLESSORESDIENZIALE PERANZIANI A KOLDING,DANIMARCA3 x Nielsen A/S2003

62 appartamenti sonoraggrupati in 7 "isole",ciascuna dotata di spazicomuni al centro. Glispazi verdi e i luoghi diincontro all'aperto sono iltessuto di coesionecomunitario

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- ricorrere all’applicazione di tecnologie peragevolare la vita quotidiana dell’anziano sulpiano della sicurezza, della gestione dellacasa e della comunicazione con l’esterno.Come ci suggerisce l’ampia produzione digrande qualità nel resto d’Europa, il temadella residenza per anziani costituisceun’occasione per la sperimentazione sulpiano tipologico con particolare attenzio-ne per la flessibilità e l’individuazione disoluzioni miste, nonché per lo studio direlazioni gerarchiche tra ambiti privati espazi collettivi alle diverse scale dell’allog-gio, dell’edificio e del quartiere, applica-bili a tutti quegli interventi in cui la di-mensione collettiva assuma una forte con-notazione rispetto al carattere più marca-tamente intimo e privato dell’abitare. Da

un lato l’anziano ha bisogno di privacy edel massimo rispetto per abitudini e modidi vita personali, dall’altro, vista la mag-giore disponibilità di tempo libero e a vol-te anche la condizione di solitudine, puòcostituire un vantaggio e anche uno sti-molo condividere con altri attività e abi-tudini quotidiane. Uno degli aspetti piùinteressanti della progettazione di una re-sidenza per anziani risiede proprio nelconcetto ad essa sotteso di comunità e dicondivisione di servizi e spazi comuni de-dicati tanto alla gestione domestica quoti-diana, come ad esempio portineria, lavan-deria, cucina, quanto ad attività culturali edi incontro, che possono essere aperti an-che alla comunità esterna, fino ai luoghiper coltivare hobby e sport anche all’aper-

to come piccoli orti o giardini comuni.Inoltre, nel caso in cui le condizioni di sa-lute siano critiche, sono previsti servizi diassistenza quotidiana alla persona e localiper la cura e la riabilitazione fisica. In un sistema residenziale così complessoe articolato diventa fondamentale la strut-tura gerarchica tra ambiti domestici pri-vati e luoghi a carattere collettivo e gli spa-zi di relazione, di diversi tipi e dimensioni,assumono un ruolo determinante nel gra-duare il passaggio tra le diverse scale.

*Seconda Assemblea mondiale delle Nazioni Unitesull’invecchiamento(Madrid, 8-12 aprile 2002)Affronta tutta una serie di questioni legate all’invec-chiamento tanto nei paesi industrializzati quanto inquelli in via di sviluppo, indicando comportamenti esoluzioni comuni nell’Unione.

PIANO TERRENO

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Troppe le case crollate e innumere-voli le storie interrotte così come leferite di un territorio dove la co-munità è stata dispersa e stenta a

riconoscere se stessa e il suo passato, men-tre l’orizzonte del futuro, inesorabilmentespezzato, prende la forma di una dispera-zione muta, perché le parole sono indici-bili. Vita collettiva e spazi pubblici hannoperso il significato accumulato nel tempoe tuttavia continuamente ridisegnato dagrandi eventi sismici. Dalla sua fondazio-ne, avvenuta a metà del XIII secolo, se ne

contano quindici. Non stupisce, e anzi fasorridere amaramente, il motto riportatocon orgoglio sullo stemma della città:“Immota manet”. Ma l’austero centro sto-rico oggi è abitato solo dagli sfregi rovino-si dei crolli, lentamente ridisegnati negliultimi mesi dalle centinature in legno, daiponteggi metallici, dalle ombre delle gru.La trama serrata dei vicoli è impraticabile,mentre il Corso, sempre animato per ilmercato giornaliero, lo struscio pomeri-diano, il vociare degli studenti per quelloche era l’imperdibile aperitivo, ora rie-

cheggia solo per il rumore sinistro dei cin-golati. Lungo i marciapiedi, tra le fessuredel selciato, tra le crepe dei palazzi, si sonoinsinuate erbacce incolte, segno tangibiledell’incuria del tempo ma soprattutto del-l’assenza delle persone. Le vaste aree periferiche, già incoerenti nelloro dispiegarsi in maniera servile secondogli interessi meschini della piccola proprie-tà che ne aveva padroneggiato la crescita,hanno subito impensabili collassi in granparte degli edifici più recenti. E sempre piùsimili a sfigurati brandelli, incompleti e

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NON PIÙ CENTRO E NON PIÙTERRITORIO:L’AQUILA DOPO IL 6 APRILE Claudia Mattogno

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a cura di Claudia Mattogno

LEGGERE LA CITTÀ ATTRAVERSO TESTILETTERARI, FOTOGRAFIE, FILMATI, CON LOSCOPO DI “DISVELARE ASPETTI INCONSUETI,CONTRADDIZIONI E INEDITA BELLEZZA,CAPOVOLGERE I LUOGHI COMUNI, FAREMERGERE IL SIGNIFICATO DELLO SPAZIOFISICO E DEGLI USI”, RIPRODURRE UNAVISIONE, UNA SENSAZIONE.

deprivati di ogni urbanità, sono ora invaseda un proliferare sconnesso di costruzioniprovvisorie (del genere si salvi chi può)quanto, temiamo, inamovibili per gli annia venire, dove si accampano persone o si ri-posizionano piccole attività. Tutte quellepersone e tutte quelle attività che risiedeva-no, rendevano vitale e affollato quel centrostorico che da mesi è completamente chiu-so e inaccessibile, presidiato dai militari,controllato dai vigili del fuoco e interdettoad ogni azione che non sia un rapido,quanto affannoso, recupero di beni.

Questa appare oggi L’Aquila dall’ammas-so di macerie che ancora ingombrano lestrade e che ne hanno cancellato l’impian-to in maniera così repentina: poco menodi un minuto, nella fredda notte del 6aprile 2009. L’identità dei luoghi appare smarrita e for-se, speriamo, non è del tutto persa, mentresi accresce la presenza di nuove configura-zioni dall’aspetto precario. Una miriade dicontainer sostituisce banche e uffici posta-li, improbabili costruzioni in legno dal-l’aspetto parco-giochi-alpino ospitano im-

provvisati negozi, mentre l’angosciante di-stesa delle tende blu della protezione civilesi alterna a quella variegata dei più intra-prendenti che si sono sistemati da soli da-vanti a casa, in un angolo dell’orto, nelpiazzale dell’ufficio miracolosamente ri-masto in piedi, e accostano una baracca,parcheggiano un camper, aggiungono unacasetta fino a formare un sorta di primor-diale, disordinato accampamento. Per an-dare da un container all’altro, ovvero perspostarsi dai vari dislocamenti delle unitàdi crisi, per rispondere al censimento della

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Pagina a fianco:• Il Duomo sventrato dai crolli

In questa pagina dall’alto e da sinistra:•Le fasciature dell’angolo dei Quattro Cantoni,

tradizionale luogo di incontro degli aquilani• Gran parte della riconfigurazione barocca,

successiva al terremoto del 1703, ha subitogravi danni

•Il profilo della città, caratterizzato da unaricca articolazione tipologica dei campanili,oggi appare irriconoscibile

popolazione presente e recuperare la postain giacenza, per avere informazioni sul“quando avrò di nuovo gli allacci del gasvisto che casa mia non ha danni” ma anche“dove posso andare a vivere visto che casamia è crollata e l’albergo sulla costa ormaiè chiuso” oppure “dove vado a mangiare senon ho il tesserino da sfollato”, non c’è al-tro modo che prendere un’auto. Conun’auto si scopre, in una giornaliera cacciaal tesoro, dove si stanno dislocando le varieattività, dove ha riaperto il nostro fornaiopreferito, in quale supermercato si è trasfe-rito il macellaio. Non esistono più i per-corsi a piedi, i caffé sotto i portici, le com-missioni quotidiane guardando le vetrine,il passeggio tranquillo di una piccola cittàdi provincia, il rintocco delle campane, gliorari scanditi e rituali. Ma se gli spostamenti avvengono ormaitutti in auto, l’unica strada percorribile èquella di fondo valle che corre in direzioneest-ovest e che, ovviamente è perennemen-te intasata dai circa settantamila aquilaniin movimento perpetuo, dai mezzi dellaprotezione civile e dai camion dei soccorsi,dalle betoniere delle nuove C.A.S.E. comedalle auto blu di presidenti e delegazioni,con apripista della polizia e seguito di gip-poni. Le code sono interminabili ovun-que. E in questo frastuono, la polvere èuna nuova, inquietante presenza con cui sideve convivere, assieme alle scosse di terre-moto che continuano implacabili. Mentrescrivo questo pezzo, nell’arco di due gior-ni, ne ho sentite quattro.Lo spazio urbano non è più riconoscibile,devastato dai crolli richiederà molti anniper essere ricostruito. È tremendo non ave-re più una casa, avere perso i vicini, le per-

sone care, gli studenti. È disorientante nontraguardare più lo sguardo attraverso lapresenza dei campanili o delle cupole chesvettavano sopra i tetti ed indirizzavano ipercorsi. Fa male al cuore aver visto le chie-se crollare, le piazze sfigurate e invase daidetriti. Ma la cosa più dolorosa è aver persola città e con essa gli spazi pubblici, nella lo-ro forma e nel loro significato di coesione.È l’intensità delle relazioni, sociali, affetti-ve, spaziali, che giorno dopo giorno si era-no sedimentate attraverso pratiche ed usi,attraverso incontri e abitudini, che ora nonesiste più e che sarà difficile, ma ancheestremamente lunga, da ristabilire. Cosa riserva il futuro a quella risorsa misco-nosciuta del territorio aquilano? La sua di-mensione, una delle più estese del nostropaese, è distribuita lungo la conca del fiumeAterno e sale dalle pendici maestose delGran Sasso fino a quelle rudi del Sirente-Velino. La sua struttura insediativa, storica-mente contraddistinta dalla forte polaritàdel centro storico affiancato da una sessan-tina di frazioni e nuclei abitati, nel passatoha sempre intessuto fertili rapporti di inter-scambio fra le parti, in ragione di un’econo-mia basata sull’allevamento e la produzionedella lana. Poi è sopraggiunto lo svuota-mento progressivo delle aree più marginalie di quelle situate sopra i mille metri di al-tezza cui ha fatto seguito il crescente adden-samento di popolazione e attività lungo ladirettrice principale di fondo valle. Estraniato dalla storica continuità tra con-testo naturale e struttura artificiale, si è

configurato un nuovo assetto, da cui nonemerge né programmazione né volontà digoverno consapevole, che ha frantumatoin pezzi sparsi e incoerenti la morfologia ei caratteri del paesaggio, negando i princi-pi di identità storica e territoriale per ac-quisire stereotipi che hanno accumulatoenormi e scadenti quantità edilizie. Sconnessa e disordinata appare, infatti,l’alternanza dei nuclei industriali in ricon-versione brutalmente accostati al sedimedegli antichi tratturi, la permanenza divecchie case della tradizione contadina ac-canto alle brutture degli orridi palazzonipiù recenti, l’ostentazione di scialbi centricommerciali accerchiati da parcheggi cosìcome da lacerti di campagna coltivata.L’incongruenza della crescita periferica sirileva nei confronti dell’indifferenza ai ca-ratteri del sito, che pure esprime ancoracon forza le sue qualità, si giudica per la

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• Le suggestive strutture di messa in sicurezza,eseguite da i Vigili del Fuoco, riconfigurano lefacciate di alcuni tra i principali fronti urbanicome questo lungo il Corso Umberto I

• I puntellamenti di Via San Bernardino lascianoappena intravedere sullo sfondo la facciata,rimasta intatta come già nel 1703, della Basilica

mancanza di ogni genere di spazi pubbliciche non sia il mortificante trionfo del su-permercato, si verifica nell’incongruentetracciato della rete stradale, soprattutto ascala locale dove assurdi cul de sac nonconnettono ma anzi separano, si misuranella contrastante opposizione tra la seve-ra bellezza del tessuto storico e la depri-mente disgregazione del nuovo edificato. A questo desolante contesto, già segnato

da un inarrestabile declino economicononostante la vitale presenza dell’univer-sità, si sono aggiunte, ora, tutte le conse-guenze del terremoto che nell’immediatosono sembrate drammatiche e che a di-stanza di mesi si rivelano ancor più tragi-che e destinate a durare a lungo.I rapporti fra le parti, ancorati a fragilissi-mi equilibri, erano assicurati, fino al-l’aprile scorso, da un centro storico cheriusciva a competere con l’aggressivitàdelle nuove espansioni non solo per lachiarezza del suo impianto e l’articolazio-ne del tessuto edilizio, ma anche per l’ani-mazione degli spazi pubblici, il loro ri-chiamo commerciale, la quotidianità del-le relazioni. Oggi che questo centro stori-co è solo un fantasma ingombro di mace-rie e puntellamenti, la costruzione deinuovi programmi abitativi di emergenza,così come la ricollocazione di parte delleattività economiche fuori dal centro, ba-nalmente attuata dove è disponibile unqualunque lotto per costruire un capan-none o poggiare un container, prosegueun’illogica dispersione urbana e rischia di

compromettere in maniera irreversibile edefinitiva gli spazi aperti del territorio.Sono questi una risorsa inestimabile rap-presentata da masse boschive, da trame al-berate, da tessiture dei campi che lasciano,comunque, ancora trasparire i resti di unassetto rurale di antica e nobile data, dovechiese e castelli, roccheforti e torri di avvi-stamento sono silenti testimoni tuttora ingrado di evocare le tracce di un passato ca-rico di storia. L’urbanizzazione contem-poranea, invece, ha brutalmente discono-sciuto il senso della continuità fra insedia-mento urbano, struttura morfologica egeografica. Ed è, invece, proprio nellacontinuità di relazioni fisiche, spaziali esociali che deve prendere avvio quella ri-costruzione che non è stata ancora avviatae che deve trovare il suo cuore fondativoin un territorio dove la memoria storicatorni ad assumere il valore di supporto al-l’identità e alle trasformazioni future, do-ve il paesaggio rappresenti la capacità dimantenere un dialogo costante fra passatoe presente, dove gli spazi aperti assumanoil ruolo di rinnovata struttura generativa.

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Dall’alto:• Gli effetti del terremoto hanno messo in luce la

fragilità delle configurazioni strutturali di granparte dell’edilizia più recente, come mostraquesto fabbricato nell’immediata vicinanza diPorta Napoli

• All’interno del centro storico molti degli edifici piùrecenti, come quello di Via Campo di Fossa,hanno subito devastanti distruzioni anche inragione dell’indifferenza con cui sono statiimpiantati su terreni del tutto inadatti

• Nella località di Pianola, una delle tendopoliattrezzate nel vasto territorio aquilano, evidenziail netto stridore tra l’organicità degli insediamentioriginari e la schematica efficienza delle struttured’emergenza della protezione civile

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D I M E N T I C A T O

I modi di insediarsi nello spazio danno luogo,spesso, a situazioni contraddittorie dagli ef-fetti imprevisti. Intensi sfruttamenti e inusitatiabbandoni possono determinare cause di de-grado, mentre inesplicabili disattenzioni obanali dimenticanze testimoniano una scarsacura dei territori del nostro abitare.

A volte, le forme complesse del vivere quoti-diano si accompagnano a disfunzioni grandie piccole il cui ripetersi sembra comportareuna inevitabile assuefazione. Difficoltà fun-zionali, inadeguate realizzazioni ma anchescarse capacità progettuali comportano unsensibile scadimento delle qualità ambientali,

allontanando noi tutti da un sensibile contattocon i luoghi. Immagini icastiche possono, allora, contribui-re a sollecitare nuove riflessioni che la rubrica“Territorio Dimenticato” intende proporre al-l’attenzione dei lettori.

Claudia Mattogno

Le mura medievali sono state usate come sostruzioni dipretenziosi edifici come quelli rovinosamente crollati vicinopiazzetta Sant’Andrea a L’Aquila. L’arroganza costruttiva del XX secolo e il disinteresse versoi caratteri morfologici e geologici del sito hannocombinato l’indifferenza verso la storia, specialmente inquei luoghi sacrali che erano gli spazi del pomerio, conuna totale mancanza di qualità architettonica e urbana.

Testo e foto di Aldo Benedetti

L’Aquila, 10 giugno 2009via Cola dell’Amatrice evia don Luigi Sturzo

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Umberto De Martino (a cura di)IL GOVERNO DELLE AREEMETROPOLITANEOfficina edizioni 2009

Sono passati quasi venti anni daquando le aree metropolitanesono state inseritenell’ordinamento delle autonomielocali ma, ad oggi, ancora nonsono riuscite ad assumere unproprio ruolo gestionale.Con la Legge 142/90 infatti,sono stati ufficialmentericonosciuti gli “ambiti” territorialidei 9 comuni italiani di maggiordimensione e dei comuni ad essilegati “da stretta integrazione inordine alle attività economiche, aiservizi essenziali alla vita sociale,nonché alle relazioni culturali ealle caratteristiche territoriali”.Da allora, questa parte dellalegge - ribadita sostanzialmentedal TUEL (D. Lgs. 267/2000) edalla modifica del Titolo V dellaCostituzione (2001) - non haavuto pratica attuazione sia perla difficoltà di inserirsi nelconsolidato sistema degli entilocali ed amministrativi italiani(regioni, province, comuni), siaper la forte diversità tra i variambiti in oggetto. La costituzionedelle città metropolitane avrebbeinfatti profondamente alterato gliesistenti equilibri di potere traregione, provincia e comuneprincipale, mentre l’eterogeneitàdelle varie “città metropolitane”non ha consentito di sperimentareprocessi e strumenti dipianificazione che fosse possibileassumere come riferimento econfronto nelle diverse realtà.Il volume curato da Umberto DeMartino è strutturato in due parti:la prima, relativa ad un convegnosul tema e al dibattito scaturito,

raccoglie diversi interventi (tracui quelli di Karrer, Urbani,Cremaschi e Mazzarelli) edescrive lo “stato dell’arte” inalcune aree metropolitaneitaliane quali Genova, Bologna,Firenze e Napoli.La seconda parte - accompagnatada una notevole mole di dati e diriferimenti normativi, frutto di unaricerca di Ateneo pluriennalerealizzata all’interno del DIPTU -analizza i sistemi di governo dellearee metropolitane europee e loscenario nazionale e romano inparticolare, con puntualiriferimenti alla situazione europea(Atene, Berlino, Madrid, Tirana).Il testo pone l’attenzione sullamodificazione della realtàmetropolitana e, soprattutto, sulleforme di governo e sulleesperienze di “gestione” di questiambiti complessi ed in continuatrasformazione.In relazione al primo punto,l’allontanamento delle funzioniresidenziali dal comuneprincipale ai comuni limitrofi(spesso in situazione diemergenza abitativa) haprofondamente alterato ladisposizione dei pesi insediativi,accentuando la diffusione semprecrescente di attività produttive,direzionali e soprattuttocommerciali che hanno trovatoconvenienze localizzative negliambiti periferici o residuali e chehanno assunto così nuovi ruoliterritoriali, configurandosi come“centri diffusi” della cittàmetropolitana.Tali nuove localizzazioni nonsono state però accompagnateda un adeguato sviluppo delsistema infrastrutturale, nonsoltanto per problemi di fattibilitàeconomica o ambientale, quantoper la mancanza di un adeguatoquadro normativo e procedurale,in grado di governare letrasformazioni.Il risultato, soprattutto per l’arearomana, è sotto gli occhi di tutti!Inoltre, alle aree metropolitaneclassicamente definite (centroprincipale e corona di centri discambio) si è sovrapposto unfenomeno di“metropolizzazione” che hainvestito buona parte delterritorio nazionale, sommandoai problemi arretrati

(inquinamento, traffico, energia,rifiuti, dotazioni infrastrutturali edi servizi) le nuove esigenzedella società contemporanea(elevata qualità della vita edambientale, bisogno diinnovazione, ecc.).Quanto detto introduce laseconda questione affrontata daltesto, forse quella piùinteressante, relativa allepossibili forme di governo:occorre trovare modi nuovi perla pianificazione del territorio,dato che gli attuali strumentiurbanistici (il piano regolatorecomunale, il piano territorialeprovinciale) non sono in gradodi governare questa nuova realtàterritoriale non più rigidamentedelimitabile dal punto di vistaamministrativo.Se la città metropolitana, inquanto soggetto responsabile delpiano, non è un soggetto politicoo non è definito in modounivoco e autorevole, non puòricoprire il ruolo di “autorità” diriferimento, di coordinamento edi impulso per un progetto ditrasformazione del territorio cheoggi avviene senza un quadro diriferimento condiviso, senza unorganismo capace di assumeredecisioni e di governare nellospazio e nel tempo letrasformazioni stesse. E daqueste assenze deriva consumoincontrollato di suolo, costi digestione elevati per i cittadini,spreco di risorse, conflitti nellelocalizzazioni (specialmente diquelle “privilegiate”).Secondo Paolo Urbani, leistituzioni sono responsabili delritardo e del degrado dellenostre città rispetto al contestoeuropeo, perché non si sonoadeguate per tempo aimutamenti dell’economia e dellasocietà: l’esperienzametropolitana di altri paesidimostra che la semplificazionedelle istituzioni in rapporto alleesigenze dell’economia e delterritorio agevola lo sviluppoeconomico e sociale. Michele Talia ricorda che “lapianificazione strategica puòcostituire una risposta efficace ailimiti che il piano tradizionale hadenunciato soprattutto neicontesti metropolitani”, ancheperché il piano deve prevedere

specifiche azioni sovracomunali,opportunamente mirate neiriguardi di quelle funzioni chesono ritenute strategiche per ilmiglior assetto dell’area stessa,più che a carattere diffuso eglobale.Alessandro Busca invece ponel’attenzione su mercato del lavoroe fiscalità: se l’imposizione fiscaleè basata sulla residenza, si creauna distorsione fra i comunidell’area esterna, che diventanoricchi, e il comune centrale chedeve approntare le infrastrutture enon ha possibilità di usufruire ditale imposizione.In attesa della definizione delmodello di governo - sia cheoscilli “tra volontario edobbligato” (F. Karrer) o tra un“accordo multilivello” ed una“autorità unitaria” (M.Cremaschi) – dal ’90 ad oggi ilprocesso non ha perso la suaenergia propulsiva,trasformandosi in forme nontradizionali di governo finalizzatead una politica di sviluppo(Unione di Comuni, PattiTerritoriali, ecc.), ma anche allagestione di servizi comuni(acqua, rifiuti, ecc.). Anche se,come ha osservato ValeriaMazzarelli, la tendenza aricondurre la pianificazionenell’orbita degli atti (più che deiprocedimenti) attraverso l’usodegli accordi, è nella disponibilitàdei soli operatori pubblici.In relazione all’areametropolitana romana, DeMartino ricorda il fallimento deltentativo di realizzare la cittàmetropolitana ma anche ilsuccesso della copianificazionesperimentata per la redazione delpiano territoriale della provinciadi Roma, quando era Assessoreal Territorio, all’epoca dellaGiunta Fregosi.Il testo quindi si colloca, in questomomento di transizione, tral’esigenza di riferimenti certi e ipercorsi inesplorati dipianificazione imposti dallenuove realtà territoriali, cercandodi dare una risposta alladomanda che ci poniamo tutti:come immaginare la città del XXIsecolo partendo dalla limitataprospettiva di pianificazioneereditata dal XX secolo?

Lorenzo A. M. Murmura

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Roberto Bobbio (a cura di)Progettare nuovi paesaggicostieri - Metodi e proposte perla Liguria occidentaleMarsilio editore, 2009

“I territori costieri sono ambientidinamici interessati da forti conflittie soggetti a fenomeni evolutivispecifici. Rappresentano un beneeconomico prezioso e per questonecessitano più che mai di unmodello specifico per la lorogestione”. Dal 1996 laCommissione Europea lavora alladefinizione e promozione dimisure volte a far fronte aldegrado delle aree costiere(distruzione degli habitat, perditadi biodiversità, fenomeni dierosione e contaminazione delleacque) e alla valorizzazione delleloro risorse culturali e sociali.L’ operazione quadro regionaleeuropea Beachmed-e, cofinanziatadal Programma di cooperazioneinterregionale INTERREG IIIC, siinserisce in questo panorama ed èfinalizzata all'individuazione dimetodi e strumenti innovativi diprotezione del litorale e di gestioneintegrata delle zone costiere, conriferimento al Mediterraneo.Nell’ambito di Beachmed-e è statoelaborato Medplan Liguria, unprogetto di riqualificazione di untratto di costa ligure, il cui fine èquello di indirizzare verso esiti diqualità paesaggistica letrasformazioni degli assetti delterritorio costiero, stimolandonuove iniziative piùspecificatamente orientate aobiettivi di qualità ambientale.Simultaneamente si cerca diintegrare la gestione della costa ela pianificazione territoriale,passando oltre le separatezzegenerate dalle forme diprogrammazione che, a vario

titolo, entrano in gioco in questaparte specifica del territorio. Il testo, a cura di Roberto Bobbio,raccoglie ed illustra gli esiti diMedplan Liguria, restituendo unoschema di sviluppo del lavoro svoltoe fornendo, allo stesso tempo, unaserie di informazioni su cui rifletterein termini, soprattutto, di degradourbano ed ambientale generato dauna mancanza nel tempo di giusteregole pianificatorie. Il Curatore,infatti, cerca di spostare l’attenzionesui possibili modi di abitare lospazio costiero, attraverso laricerca di “usi alternativi” dellacosta, capaci di considerare, da unlato, gli elementi di vulnerabilità e,dall’altro, le valenzepaesaggistiche, economiche esociali.Il lavoro parte dalla costruzione diun quadro conoscitivo deglielementi caratterizzanti il territorio(i valori naturalistici e ambientali,la pericolosità della fasciacostiera,il patrimonio architettonicoe archeologico, i caratteri socio-economici, la pianificazioneterritoriale) che, correttamenteintegrati tra loro, conducono allaverifica delle ipotesi progettualiiniziali e alla formulazione di utilielementi valutativi. In questa primafase è possibile inoltre, comesottolinea il Curatore, arricchirequel patrimonio di dati, di diversanatura, troppo spesso sottovalutatodagli Enti locali, ed invece utile persviluppare elaborazioni inedite chepossono essere di supporto alledecisioni finali. Dal quadroconoscitivo si passaall'elaborazione delle informazioniacquisite e alla formulazione di unprogetto strategico che, in questocaso, viene identificato in unitinerario pedonale costiero di 16km, che va dal confine con laFrancia fino alle città di Bordigherae Ospedaletti. Il tracciato vieneinteso come connessione fisica, maanche come occasione per lapredisposizione di altri progetti traloro collegati ed inseriti in unaprospettiva unitaria capace dievitare ulteriore consumoirrazionale di suolo e di paesaggi.La progettazione viene completataattraverso la predisposizione di unprogetto pilota capace di attirarenuove forme di sviluppo sostenibile,e, allo stesso tempo, di integrare idiversi livelli di pianificazioneurbanistica. Nell’ambito di studio la

scelta dell’area pilota è ricadutasulla foce del Nervia e sull’ipotesidi creazione di un “ParcoFluviale”. L’intento è quello didimostrare che è possibilesottrarre completamente allanuova edificazione una consistenteporzione di territorio senzadeprimere l’attività edilizia e cheuna vasta operazione di rinnovourbano si può condurre senzaulteriori consumi di suolo.Le immagini e le schede tecnicheselezionate e proposte, oltre aripercorrere il camminoprogettuale, forniscono indicazioniper una serie di buone pratiche daincludere in un processo dipianificazione integrata deiterritori costieri che punti alladiffusione di una nuova culturaurbanistica intesa come “regola dicomportamento”.

Emanuela Biscotto

a cura di Patrizia CapolinoCase Romane. La periferia e le case popolari Prospettive Edizioni, 2009 III edizione - pp. 120

Il volume propone gli esiti dellericerche condotte da studenti dellafacoltà di Architettura di Romanell’ambito del Corso di Disegno eRilievo, tenuto da Paolo Angelettidal 1977 al 1981 con lacollaborazione di Luca Ciancarelli,Marcello Ricci e GiuseppeVallifuoco.I materiali raccolti e pubblicatiinteressano gli interventiresidenziali di edilizia economicapopolare progettati e realizzati aRoma in un arco di tempocompreso tra i primi anni delNovecento e gli anni Sessanta delsecolo appena trascorso.La terza edizione, a cura diPatrizia Capolino, ripercorre le

tappe delle precedenti, riproponendoi testi originali che ne hannoaccompagnato la primapubblicazione e la seconda ristampatra cui ci preme segnalare quelloscritto da Ludovico Quaroni, daltitolo Abitare a Roma.Il valore del volume, allora comeoggi, risiede in primo luogo nelriproporre l’analisi, lo studio e il ri-disegno degli edifici come momentofondativo dell’azione progettuale,atto attraverso il quale comprenderei principi che regolano lacomposizione e, nel caso specifico,la composizione dello spaziodell’abitare.L’atlante presenta, nel complesso,trentuno unità di intervento cheprocedono, in ordine cronologico,dal Tiburtino I per concludersi con ilVillaggio Olimpico.I disegni che accompagnano losvolgersi di questi sessanta anni distoria dell’edilizia popolare a Romaci permettono di ripercorrere unafase della nostra storia marcata dauna straordinaria attenzione al temadella casa da parte degli Enticostruttori; dall’ICP all’INCIS,passando per i Quartieri INA-Casa.Enti che hanno segnato, con laqualità del loro contributo ilmomento della ricostruzione dopo ilsecondo conflitto mondiale.Ma ancora di più ci permettonorecuperare il senso del lavoro,l’impegno sociale e culturale diarchitetti che troppo spesso la storiadell’architettura, nelle sue derive piùpatinate e dilaganti, ha semprerelegato in un contesto strettamenteromano piuttosto che nazionale.Le tavole di analisi e ri-disegno degliinterventi, da San Saba a Testaccio,da Garbatella a Villaggio Breda, daSan Basilio al Tuscolano, solo percitarne alcuni, rappresentano unampio abaco di soluzioniarchitettoniche assai qualificate,tanto nell’ambito delle sceltetipologiche, quanto di quelledistributive e formali.Un esempio di attenzione allaqualità dello spazio. Un esempio alquale dovrebbero guardare coloroche, oggi, sono gli attori e iprotagonisti delle granditrasformazioni edilizie, delle nuoveespansioni, perché eccellenteriferimento per il disegno dellospazio dell’abitare. Anche esoprattutto dello spazio dell’abitaredell’uomo contemporaneo.

Alfonso Giancotti

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Disegni diPanepuccia al Castello diGenazzanoIl castello Colonna di Genazzanoha ospitato recentemente lamostra “… vi ravviso o luoghiameni…”, che ha offerto algrande pubblico una pregevoleselezione di quella vasta“antologia” di disegni che nelcorso di molti anni di studi ericerche, sono stati prodotti dallamano esperta dell’architettoCesare Panepuccia. Il complessodei disegni acquerellati offre untaglio certamente “tecnico” dellenumerose ”vedute”, indicandonechiaramente i materiali e lestrutture, ma determina anche unacerta suggestione verso unavisione definita giustamente“romantica”, in quanto vicinaanche a quelle che furono la piùcaratteristica espressione dellevedute storiche tipiche di Roma,della campagna romana e delLazio. Panepuccia si è occupato dimonumenti relativiprevalentemente alla provincia diRoma: dalle antiche torri diCarpineto Romano, Arcinazzo oCapena, ai castelli di Nemi oGenazzano; ai palazzi baronalidi Zagarolo, Casape, CarpinetoRomano, Torrita Tiberina, allerocche di Castelnuovo di Porto eMarano Equo o alle chiese diCarpineto Romano, Santa Mariadella Pietà a Marano Equo, SanPietro a Cave, Madonna delGiglio e San Pietro ad AnticoliCorrado, alla “città morta” diSant’Angelo a Poli o al “castrumSacci” a Colleferro. Ma oltre aiborghi fortificati lerappresentazioni grafiche diPanepuccia si rivolgono ancheagli elementi decorativi come:mosaici cosmateschi, affreschi ealtorilievi medievali, lapidi,bassorilievi, fontane, portali,ninfei ed edicole sacre, sia nellasituazione “ante operam”, chedopo restauri effettuati, sia neisingoli sviluppi volumetrici, che

nei diversi contesti territoriali. Ea Roma, ecco le architetture piùnote e rappresentative: dalPantheon a Castel Sant’Angelo,dalle chiese di Santa Maria delPopolo e Santa Maria in Aquiro,alla ricostruzione del peribolocolonnato che doveva avvolgereil Tempietto di San Pietro inMontorio del Bramante, ainumerosissimi palazzi romani: ilCollegio Capranica allaCancelleria, il Palazzo deiConservatori in Campidoglio,Palazzo Valentini e molti altri.Ma anche i caratteristici portalidella “casa dei mostri” dipalazzo Zuccari, le fontane delleApi e del Tritone del Bernini e iprospetti delle caratteristichestrade del centro storico romano,dalla via del Pellegrino a viaGregoriana, da via dellaConciliazione, a via del GovernoVecchio e molte altre.Il pregevole Catalogo, “Rilievi edisegni di architetture di Roma enel Lazio” di Cesare Panepuccia,edito dalla ITL per la BCC di

Palestrina (con la presentazionedel Ministro per i Beni e leAttività Culturali Sandro Bondi el’introduzione del Prof. VittorioSgarbi), è stato pubblicato inoccasione della mostra tenutasi inoccasione del Centenario dellanascita della Banca di CreditoCooperativo di Palestrina, che havisto una notevole affluenza diamministratori pubblici, di criticie di pubblico. Sono circa 120 idisegni acquerellati (ciascunoaccompagnato da relazioni enotizie storiche scritte dall’autorestesso), contenuti nel catalogo, aiquali Cesare Panepuccia hadedicato anni di studioapprofondendo il territorio nellasua “identità collettiva e sociale”.Tra le note riportate dall’autoreaccanto ad ogni disegno, èinteressante ricordare proprioquelle relative al recupero dellefacciate del centro storico diGenazzano. Relativi ai compartidella zona nord del paese, irestauri effettuati hanno fattoparte di un intervento-pilota

inteso alla conservazione delpatrimonio storico architettonico, esottolineano l’impegno degliamministratori verso un restauroconservativo del tessuto ediliziodel paese. Fra i giudizi moltopositivi che ha avuto l’iniziativa,vorremmo qui ricordare comealcuni elaborati grafici edimpaginati del bel volume sianostati acutamente “avvicinati “ allastruttura dell’“HypnerotomachiaPoliphili”, uno dei libri piùsignificativi del Rinascimento(peraltro tenuto in attentaconsiderazione dall’autore). E intal senso riportiamo quanto è statospecificamente espresso, nellapresentazione in Catalogo, dalprofessor Claudio Strinati:“Restauratore e disegnatore,Panepuccia manifesta unapersonalità che è proprio di chi èintento allo Studio,compendiandosi in tale termine siaciò che intendiamo oggi, comeraccolta e verifica dei dati eindagine storiografica, sia ciò chesi intendeva nei secoli passati,quando Studio voleva dire ricercamista di certezze e intuizioni,scavo critico di un’epoca, tentativodi ricostruzione anche ipotetica”.Si segnala come il catalogo siadisponibile presso la sededell’Associazione Culturale “LeMuse di Pan”.

L.C.

Michelangeloarchitetto a Roma “Michelangelo architetto a Roma”:una mostra curata da PinaRagionieri, direttrice dellaFondazione Casa Buonarroti, e daMauro Mussolin, storicodell’architettura, illustrapuntualmente le molteplici eprestigiose committenze romanedell’artista dagli anni dellagiovinezza alle straordinarieinvenzioni della vecchiaia,avvalendosi soprattutto del prestitodei molti disegni del Maestroprovenienti dalla Collezione dellaCasa Buonarroti (custode delmaggior numero al mondo di studie progetti di architettura realizzatida Michelangelo). Il taglio della mostra é tale da

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documentare in modo pressochéesaustivo quello che è stato il“segno” di Michelangelo aRoma: dalla Piazza delCampidoglio, al PalazzoFarnese, alla Basilica di SanPietro, a Santa Maria degliAngeli, alla Cappella Sforza.Porta Pia, oltre ai numerosidisegni e i progetti di quegliedifici che non videro mai laluce, ma che appaiono comechiara “testimonianza di unamore e di una passione versoquesta città, pari soltantoall’amore e alla passione nutritanei confronti della sua Firenze”. E viene particolarmente messa inluce “la scala urbana” degliinterventi michelangioleschi; cosìad esempio, si vede come PortaPia, che pur si identifica con una“porta della città”, rappresentiper Michelangelo “il fronteinterno di un impianto” , ossia il“prospetto terminale del viale sulcrinale del Quirinale”, voluto erealizzato con la nota,eccezionale rapidità, da Pio IV.Acuta è al riguardo una

osservazione portata avanti daThones in un suo studio specificoe che pensiamo utile riportare:“…il punto di vista all’estremitàopposta di “via Pia” era costituitoda un capolavoro della sculturaantica, il gruppo dei Dioscuri,secondo una vecchia tradizionefrutto di un concorso tra Fidia ePrassitele. Possiamo credere cheMichelangelo non abbia visto inciò un “Paragone”? In tal caso,l’opera conterrebbe due antitesi:moderno versus antico, earchitettura versus scultura”. Eancora: “Vista così, la porta diMichelangelo rappresenterebbeuna specie di “architetturaessenziale”, depurata daqualsiasi reminiscenza organico-mimetica: piatti strati di pietra,spigoli affilati, colonnecompletamente escluse, capitelliridotti a segni; solo il mascheronein chiave d’arco si sporge inmodo plastico, accentuando latettonica astratta dell’insieme.L’elemento figurativo richiesto,uno stemma papale presentatoda Angeli (Angelo Medici), fu

lasciato da Michelangelo aJacopo Del Duca, e pertantoescluso dal suo ambitod’invenzione”.In effetti la richiesta da parte delpontefice sottendeva certamentel’idea di un arco trionfale, maMichelangelo preferì eliminarel’arco in assoluto e piuttostopresentare “un’apertura apiattabanda con cornice rustica,sopra la quale appare, come unaeco, quasi una parodia, l’arcoribassato”. E così il “repertorio rimanente:segmentato, spezzato” risultacome “rimescolato comemateriale onirico; i dettagli sonoalienati, il tutto assurdo,incomprensibile, eppure – comeJakob Burckhardt formulò già nelsuo Cicerone – eseguito “contutta arbitrarietà seguendo unalegge interiore che il maestrocrea per se stesso”. Una evidente, totale autonomia,lontana sia dalla tradizione, chedalle “licenze degli annimedicei”(op.cit.).17 sezioni e 105 opere grazie

alle quali è possibile tracciare unprofilo di Michelangelo architettoa Roma attraverso i dueprincipali momenti in cui l’artistavisse nella città tra 1505 e 1516e dal 1534 fino alla morte nel1564. Ideata dalla Fondazione CasaBuonarroti di Firenze eorganizzata dall’AssociazioneCulturale Metamorfosi, sottol’Alto Patronato del Presidentedella Repubblica Italiana, lamostra è stata promossa dalMinistero per i Beni e le AttivitàCulturali, Comune di Roma,Assessorato alle PoliticheCulturali e della Comunicazione,Commissione Cultura,Sovraintendenza ai BeniCulturali, dalla Regione Lazio,dalla Provincia di Roma, con iservizi museali di ZètemaProgetto Cultura e con lacollaborazione delle BancheTesoriere del Comune di Roma,della Fondazione GuglielmoGiordano e della FondazioneLars Magnus Ericsson, con ilcontributo di British AmericanTobacco Italia e Monini S.p.A. edil supporto tecnico di Ferroviedello Stato, Condé Nast, RadioSubasio, Nationale Suisse eRoscioli Hotels. La mostra è accompagnata da unprezioso catalogo edito daSilvana Editoriale a cura diMauro Mussolin, con lacollaborazione di ClaraAltavista, che approfondisce ogniopera dello straordinario nucleodi oltre 30 disegni autografidell’artista relativi a opereromane di proprietà di CasaBuonarroti, comprendente anchepregevoli stampe e due ritratti diMichelangelo. Ai disegniautografi del Maestro sialternano in mostra, come unprezioso compendio dimeravigliose appendici, antichestampe, disegni, modelli, volumie documenti originali dell’epocaconcessi in prestito da importanticollezioni italiane. Molte le istituzioni romane,nazionali ed internazionali chehanno voluto offrire il lorocontributo. Numerosi anche iprestiti da collezioni private tracui le opere della BibliotecaClementina di Anzio.Importantissima la presenza tra i

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Anonimo (da Étienne Dupérac) - Veduta di piazza del Campidoglio - post 1568, matita, penna e inchiostroFirenze, Gabinetto Disegni e Stampe degli Uffizi, 2702 A

prestatori dell’Archivio dellaFabbrica di San Pietro della Cittàdel Vaticano, da cui giungel’inedito autografo diMichelangelo recentementescoperto e relativo al tamburodella cupola di San Pietro.Divisa in diciassette argomentidisposti in ordine cronologico, lamostra prende avvio daitempestosi rapporti diMichelangelo col Papa Giulio IIdella Rovere, per il quale l’artistaprogettò un monumentosepolcrale che lo coinvolse fraalterne vicende fino alla suamorte. Il secondo argomentoaffrontato è la passione per l’arteclassica che accompagnòMichelangelo per tutta la vita,testimoniata attraversol’esposizione dei bellissimi foglidi studio dall’antico, noti comecopie di Michelangelo dalcosiddetto Codice Coner, celebretaccuino cinquecentescocontenente i rilievi di antichearchitetture romane. Paolo IIIFarnese e le sue grandicommittenze sono la terza tappadel lungo itinerario alla scopertadella Roma michelangiolesca. Fuproprio questo pontefice infattiche affidò a Michelangelo letrasformazioni di Piazza delCampidoglio e, dal 1546, ilcompletamento di PalazzoFarnese. In questo stesso annovenne conferita al Buonarroti lacarica di architetto dellaFabbrica di San Pietro. L’episodiodoloroso della morte delgiovanissimo Cecchino Bracci,che dettò all’artista una serie diispirati epitaffi, è presente inmostra come un momento diprivata biografia. La sezioneriguardante i progetti per lachiesa di San Giovanni deiFiorentini e per Porta Piadocumenta, con una serie diemozionanti disegni, uno deivertici assoluti dellaprogettazione architettonica diMichelangelo. La mostra siconclude con le esperienzeestreme, in termini cronologicima soprattutto di innovazionecompositiva, della CappellaSforza e della trasformazionedelle terme di Diocleziano nellospazio sacrale e mistico di SantaMaria degli Angeli.

L.C.

Future GardensQuest’anno c’erano diversi buonimotivi per attraversare la Manicaed approdare all’isola degli Iernie degli Albioni, precisamente aLondra: la mostra Cosmos andGarden al British Museum,l’esposizione Radical Nature –Art and Architecture for aChanging Planet 1969-2009 - alBarbican Art Gallery, ifesteggiamenti dei 250 anni delKew Gardens (splendida lapasserella sospesa a 18 metri dialtezza che realizza unapasseggiata di duecento metri trale chiome delle querce piantatenel 1770 da Capability Brown,progetto di Marks Barfield) e ilnuovo Festival di giardini, FutureGardens, nell’Hertfordshire, apochi chilometri a nord dellacapitale.Quest’anno nella località di St.Albans a circa venticinquechilometri a nord di Londra èstato organizzato un ulteriorefestival di giardini all’interno diun parco tematico in progress,che vedrà la sua ultimazione nel2012, nella realizzazione delButterfly World Project, uncomplesso che accoglierà habitate strutture per la conservazione elo studio delle piante native e di10000 specie di farfalle e falene. Quest’anno il cuore del parco èstato la realizzazione di 12 showgardens, selezionati su 100proposte, tutti ispirati dall’usodelle piante native con il temaprevalente della fragilitàdell’ambiente. Una sequenza dipiccoli giardini di circa 500 metriquadrati, molto differenti daquelli che gli inglesi sono abituatia vedere al Chelsea FlowerShow, dodici esercizi di stile cheraccontano ambienti e storielegati alla wildness e alla suatrasposizione nel progetto delpaesaggio contemporaneo.I progetti realizzati dalandscapes, artisti, scultori,architetti dal costo di 25000sterline, si concretizzano in unasequenza di situazioni, ambienti,suggestioni, strutture che sisvolgono all’interno di piccolispazi realizzati all’interno di unastruttura a forma di bruco cheporta il visitatore a percorrere

una sorta di labirinto entrando euscendo senza soluzione dicontinuità da un giardinoall’altro. Il primo giardino che siincontra in questo percorsocangiante è NEST, di JaneHudson e suo marito Erik deMaeijer, due architetti delpaesaggio pluripremiati negli

anni passati al Chelsea FlowerShow, che propongono ungiardino il cui cuore è unasuperficie ricoperta di Stipatenuitissima che, nella suasuperficie morbida, accogliedelle enormi uova di legno, unasorta di nido circondato da unasiepe costruita da rami di salice

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NEST. Pianta del giardino

WELCOME! Il campo fiorito e la farfalla di stoffa

che ha lo scopo di proteggere latana.NARRATIVES OF NATURE diHugo Buggs e Maren Hallenga -HB Landscape Design, è unlabirinto narrativo, unanticonvenzionale kitchengarden, come lo definisce larivista Garden Illustrated, unwoodland garden dove moltedelle piante, nativedell’Inghilterra, offrono cibo perinsetti ed uccelli. Un murodall’andamento lineare costruitoda tronchi attraversaobliquamente tutto il giardino; lalinearità è, come dicono iprogettisti, un elemento strutturaledella nostra società, bastipensare all’organizzazione deisupermercati dove ci si aggiraconvulsi in un labirinto di “muri”di prodotti alimentari e per lacasa.RELEASE GARDEN diGreenwave Design, ispirato allamusica di Wagner esplora ilmodo in cui giardini, come lamusica possono colpirefisicamente ed emotivamente lepersone. Il giardino segue unmodello trovato spesso in musicaclassica: una forma sinfonica,poi un senso di liberazioneseguito da un punto di calma. Ilgiardino è suddiviso quindi in treambienti: si entra in un labirintodi tronchi ammassati l’uno sul’altro, una specie di forestamorta, una situazione quasi dafavola, dove l’eroe che deveandare a salvare la principessaattraversa la foresta in uno statodi tensione. La parte centrale, “laliberazione” è costituita da unastruttura vegetale che vuolesimboleggiare un’energia inmovimento data sia dalle formedelle piante, sia dal colore.L’ultima parte, è quellodell’equilibrio, della calma edella riflessione, dove unospecchio d’acqua accoglie unascultura di fili di acciaio che siriflette sulla superficie.THE CHALK GARDEN di RogerPhillips, fotografo e scrittore (unacarriera ricca di oltre 40 volumipubblicati), è un giardino ispiratoalla collina di gesso nel giardinodel Ginkaku-ji, il padiglioned’Argento a Kyoto in Giappone.La storia di questo anticogiardino giapponese è singolare.

Si narra che durante i lavori dicostruzione del giardino,progettato dall’architettoSoamim, famoso per i giardinirocciosi, fu lasciato un cumulodi ghiaia di quarzo bianco daparte degli operai durantel’interruzione dei lavori delgiardino. La piccolamontagna, a forma di troncodi cono fu lasciata così davantial padiglione e si dice chesimboleggi il Fudži, il vulcanosacro ai giapponesi. The Chalkgarden è quindi un giardinodove in modo simmetrico èstato realizzato un pieno e unvuoto, un paesaggio biancosurreale, dove compaiono inmodo rabdomantico pianteadatte a vivere nei suolicalcicoli.WELCOME di Rosita di Castro,Isabelle Fordin e AnomiastudioArchitetture, un gruppo diprogettisti dalle diversenazionalità, (Cile, Spagna,Italia, Francia) realizza ungiardino ispirato alla fragilitàdel rapporto uomo natura edel perché mettiamo a rischioquesto delicato equilibrio.Il giardino ha nel suo centrouna enorme gabbia dove ilvisitatore può sostare e vederesenza toccare le superfici dipiante fiorite che attiranoinsetti (lavande, verbene, roseiceberg, e molte varietà digraminacee). Appese a fili eondeggianti nell’aria dei cerchidi stoffa bianchi sagomatiquasi volano sul giardinosimulando il battito delle alidelle farfalle.Come succede spesso dopouna visita a questi festivalsl’uomo comune, l’appassionatodella domenica, ritorna a casariportando piccoli appunti damettere in pratica nel proprioterrazzo o giardino.Il designer ha invece lasensazione, durante e dopo lavisita, di essersi immerso in unagalleria d’arte, di aver visitatoun luogo dove si anticipano leidee, si compongono visionifuture che ritroveremo comespot o come rimandi piùarticolati nei progetti e nellerealizzazioni dei paesaggifuturi, nei future gardens.

Monica Sgandurra

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