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«Nei confronti di questo grande Papa, di questo co- raggioso cristiano, di questo instancabile apostolo, davanti a Dio oggi non possiamo che dire una parola tanto semplice quanto sincera ed importante: grazie! Grazie nostro caro e amato Papa Paolo VI! Grazie per la tua umile e profetica testimonianza di amore a Cristo e alla sua Chiesa!». Francesco ha citato un passaggio del diario di Montini, nel quale si legge: «Forse il Signore mi ha chiamato e mi tiene a questo servizio non tanto perché io vi abbia qualche attitu- dine, o affinché io governi e salvi la Chiesa dalle sue presenti difficoltà, ma perché io soffra qualche cosa per la Chiesa, e sia chiaro che Egli, e non altri, la guida e la salva». In questa «umiltà risplende la grandezza del Beato Paolo VI che, mentre si profi- lava una società secolarizzata e ostile, ha saputo con- durre con saggezza lungimirante - e talvolta in solitudine - il timone della barca di Pietro senza per- dere mai la gioia e la fiducia nel Signore (dall’ome- lia di papa Francesco) ANNO XXXI N° 36 - 26 Ottobre 2014 1.00 Abbonamento annuo ordinario 30,00 - sostenitore 50,00 - Taxe parcue - Tassa riscossa Ufficio di AP - SPEDIZIONE IN ABBONAMENTO POSTALE - DL 353/2003 (conv.in L.27/02/2004 n.46) art.1 comma 1 commerciale business Ascoli Piceno “GRAZIE PAPA PAOLO VI” “Noi, accogliendo il desiderio del Nostro Fratello Luciano Monari, Vescovo di Brescia, di molti altri Fratelli nell’Episcopato e di molti fedeli, dopo aver avuto il parere della Congregazione delle Cause dei Santi, con la Nostra Autorità Apostolica concediamo che il Venerabile Servo di Dio Paolo VI, papa, d’ora in poi sia chiamato Beato e che si possa celebrare la sua festa, nei luoghi e secondo le regole stabilite dal diritto, ogni anno il 26 settembre. Nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo”. È stata pronunciata poco dopo le 11 del giorno 19 ottobre 2014 la formula in latino con cui Papa Francesco ha proclamato Beato Paolo VI La morte è un progresso nella comunione dei Santi Con l’inquietudine agostiniana, che sperimentano coloro che cercano e vivono l’incontro tra finito e Infinito, Papa Montini continua a camminare nella cronaca e nella storia con i passi dell’intelligenza evangelica. In questa stessa inquietudine si pone la testimonianza del suo amore universale. “Mille fili - scrive - mi legano alla famiglia umana, mille alla comunità che è la Chiesa. Questi fili si romperanno da sé, ma io non posso dimenticare ch’essi richiedono da me qualche supremo dovere”. Il supremo dovere è quello di fare della morte un “testamento d’amore”. Lo spiega, nel “Pensiero alla morte”, rivolgendosi in particolare alla Chiesa, che vuole “povera e libera, forte e amorosa verso Cristo”. Afferma Papa Montini: “Vorrei abbracciarla, sa- lutarla, amarla, in ogni essere che la compone, in ogni vescovo e sacerdote che l’assiste e la guida, in ogni anima che la vive e la illustra; benedirla. Anche perché non la lascio, non esco da lei, ma più e meglio con essa mi unisco e mi confondo: la morte è un progresso nella comunione dei Santi”. (Sir-Bustaffa) Così papa Francesco nell’omelia IL SINODO IN CAMMINO Quelle “tentazioni” ci interpellano… Il Sinodo straordinario dei vescovi sulla famiglia è stato un mo- mento significativo di quella “Chiesa in uscita” evocata da Papa Francesco sin dai primi passi del suo pontificato. Una “Chiesa in uscita” che non ha paura di rimanere “incidentata” nell’incontro con il mondo e che nel solco del Concilio Ecumenico Vaticano II si eser- cita nello “scrutare i segni dei tempi”, non teme il discernimento e l’abbraccio con i feriti. Tutti i feriti dalla vita, anche quelli che sino a ieri ha forse trascurato, mai odiato. Ecco perché a poco valgono tutte le letture “politiche” applicate a quanto si è svolto nelle aule sinodali, così come il giudizio sugli esiti di un appuntamento ecclesiale destinato a restare come pietra miliare nella storia secolare di quella speciale comunità terrena di uomini e donne radunate attorno al proprio Dio di salvezza e misericordia che è la Chiesa fondata da Gesù Cristo, per volontà del Padre e per- vasa dal soffio dello Spirito Santo. Solo in quest’ottica ci permet- tiamo di ragionare attorno al Sinodo straordinario, nella consapevolezza che sin da oggi si apre una fase nuova, un “cam- mino” come l’ha definito lo stesso Papa Francesco, che porterà al- l’appuntamento con il Sinodo ordinario dal quale emergerà, in tutta la sua forza rigeneratrice, lo slancio della Chiesa verso la famiglia e il matrimonio, insieme con la sollecitudine verso il bene ovunque esso si manifesti nella vita delle donne e degli uomini di oggi. Di questo abbiamo ragionevole certezza, così come sappiamo che la “Relatio Synodi” è affidata come “Lineamenta” alla cura delle Con- ferenze episcopali nazionali, perché in ogni angolo del mondo si realizzi quel discernimento comunitario che il Papa considera indi- spensabile. Attendiamo, perciò, con pazienza e curiosità, le indica- zioni che verranno date per l’Italia dai nostri pastori. Ma ciò che ci preme sottolineare, in questo momento, è che le parole che il Papa ha voluto pronunciare a chiusura dei lavori del Sinodo valgono per tutti. Per tutti i credenti. Non solo, dunque, per tutti i vescovi e per tutti i pastori. Ricorderemo solo per titoli, rinviando a una lettura te- stuale delle parole del Papa, le “tentazioni” dalle quali anche i laici cristiani dovranno guardarsi in quest’anno di preparazione al Sinodo ordinario. Eccole: la tentazione dell’irrigidimento ostile, la tenta- zione del buonismo distruttivo, la tentazione di trasformare la pietra in pane e all’opposto di trasfor- mare il pane in pietra, la tenta- zione di scendere dalla croce, la tentazione di trascurare il “depo- situm fidei” e, all’opposto, la tentazione di trascurare la realtà. Sono parole pronunciate dal Papa che non intendiamo com- mentare, ma solo acquisire come strumentazione spirituale, ancor prima che metodologica, per vivere con purezza d’animo e onestà intellettuale il cammino che ci aspetta. Un cammino che, vogliamo ricordarlo a qualche distratto, da sempre ci porta a in- crociare l’umanità ferita che oggi ha anche il volto dei divor- ziati risposati, di quanti sono sposati solo civilmente, dei conviventi, degli omosessuali. Ma anche di tante nostre famiglie credenti in af- fanno e in crisi. Cancellarli tutti per miopia esistenziale è un vero peccato di omissione. Certo, una prima considerazione, queste “ten- tazioni” indicate dal Papa ci sollecitano. Come accade in tutte le fa- miglie, e la Chiesa è ancora una famiglia, a qualcuno tocca il compito d’indicare il tragitto e i rischi che si possono correre lungo una strada che non può non essere accidentata. In questo caso, par- liamo di rischi squisitamente spirituali, non di incidenti o traversie culturali che pure sono da mettere in conto. Ecco, il Papa ci ha messo in guardia. Ora sappiamo come viaggiare in questo anno di discer- nimento, nella coscienza di non dover tradire il nostro Dio e di non dover tradire neppure le donne e gli uomini del nostro tempo con i quali siamo chiamati a condividere tutto: anche l’amore che Gesù Cristo ci dona ogni santo giorno. Tenerlo stretto e solo per noi sarebbe l’ultima, imperdonabile tenta- zione. Domenico Delle Foglie AVVISO Assemblea del Clero Giovedì 30 ottobre p.v. è convocata l’Assemblea del Clero, presso la sala polivalente della Caritas diocesana, per il rinnovo del Consiglio di Ammini- strazione e del Collegio dei Revisori dei Conti dell’IDSC. L’inizio è alle ore 10.00, con la relazione del Pre- sidente dell’Istitituto, Dott. Luigi Troli; seguiranno le votazioni. Si concluderà alle ore 12.00. Mons. Romualdo Scarponi

Anno xxxi n° 36 26 ottobre 2014

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ANNO XXXI N° 36 - 26 Ottobre 2014

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Page 1: Anno xxxi n° 36 26 ottobre 2014

«Nei confronti di questo grande Papa, di questo co-raggioso cristiano, di questo instancabile apostolo,davanti a Dio oggi non possiamo che dire una parolatanto semplice quanto sincera ed importante: grazie!Grazie nostro caro e amato Papa Paolo VI! Grazieper la tua umile e profetica testimonianza di amorea Cristo e alla sua Chiesa!». Francesco ha citato unpassaggio del diario di Montini, nel quale si legge:«Forse il Signore mi ha chiamato e mi tiene a questoservizio non tanto perché io vi abbia qualche attitu-

dine, o affinché io governi e salvi la Chiesa dalle suepresenti difficoltà, ma perché io soffra qualche cosaper la Chiesa, e sia chiaro che Egli, e non altri, laguida e la salva». In questa «umiltà risplende lagrandezza del Beato Paolo VI che, mentre si profi-lava una società secolarizzata e ostile, ha saputo con-durre con saggezza lungimirante - e talvolta insolitudine - il timone della barca di Pietro senza per-dere mai la gioia e la fiducia nel Signore (dall’ome-

lia di papa Francesco)

ANNO XXXI N° 36 - 26 Ottobre 2014 € 1.00

Abbonamento annuo ordinario € 30,00 - sostenitore € 50,00 - Taxe parcue - Tassa riscossa Ufficio di AP - SPEDIZIONE IN ABBONAMENTO POSTALE - DL 353/2003 (conv.in L.27/02/2004 n.46) art.1 comma 1 commerciale business Ascoli Piceno

“GRAZIE PAPA PAOLO VI”“Noi, accogliendo il desiderio del Nostro Fratello Luciano Monari, Vescovo di Brescia,

di molti altri Fratelli nell’Episcopato e di molti fedeli, dopo aver avuto il parere della

Congregazione delle Cause dei Santi, con la Nostra Autorità Apostolica concediamo

che il Venerabile Servo di Dio Paolo VI, papa, d’ora in poi sia chiamato Beato e che

si possa celebrare la sua festa, nei luoghi e secondo le regole stabilite dal diritto, ogni

anno il 26 settembre. Nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo”.

È stata pronunciata poco dopo le 11 del giorno 19 ottobre 2014 la formula in latino concui Papa Francesco ha proclamato Beato Paolo VI

La morte è un progresso nella comunione dei SantiCon l’inquietudine agostiniana, che sperimentano coloro che cercano e vivono l’incontro tra finito e Infinito,Papa Montini continua a camminare nella cronaca e nella storia con i passi dell’intelligenza evangelica. Inquesta stessa inquietudine si pone la testimonianza del suo amore universale. “Mille fili - scrive - mi leganoalla famiglia umana, mille alla comunità che è la Chiesa. Questi fili si romperanno da sé, ma io non possodimenticare ch’essi richiedono da me qualche supremo dovere”. Il supremo dovere è quello di fare dellamorte un “testamento d’amore”. Lo spiega, nel “Pensiero alla morte”, rivolgendosi in particolare alla Chiesa,che vuole “povera e libera, forte e amorosa verso Cristo”. Afferma Papa Montini: “Vorrei abbracciarla, sa-lutarla, amarla, in ogni essere che la compone, in ogni vescovo e sacerdote che l’assiste e la guida, in ognianima che la vive e la illustra; benedirla. Anche perché non la lascio, non esco da lei, ma più e meglio conessa mi unisco e mi confondo: la morte è un progresso nella comunione dei Santi”. (Sir-Bustaffa)

Così papa Francesco nell’omelia

IL SINODO IN CAMMINOQuelle “tentazioni”

ci interpellano…

Il Sinodo straordinario dei vescovi sulla famiglia è stato un mo-mento significativo di quella “Chiesa in uscita” evocata da PapaFrancesco sin dai primi passi del suo pontificato. Una “Chiesa inuscita” che non ha paura di rimanere “incidentata” nell’incontro conil mondo e che nel solco del Concilio Ecumenico Vaticano II si eser-cita nello “scrutare i segni dei tempi”, non teme il discernimento el’abbraccio con i feriti. Tutti i feriti dalla vita, anche quelli che sinoa ieri ha forse trascurato, mai odiato. Ecco perché a poco valgono tutte le letture “politiche” applicate aquanto si è svolto nelle aule sinodali, così come il giudizio sugli esitidi un appuntamento ecclesiale destinato a restare come pietra miliarenella storia secolare di quella speciale comunità terrena di uomini edonne radunate attorno al proprio Dio di salvezza e misericordiache è la Chiesa fondata da Gesù Cristo, per volontà del Padre e per-vasa dal soffio dello Spirito Santo. Solo in quest’ottica ci permet-tiamo di ragionare attorno al Sinodo straordinario, nellaconsapevolezza che sin da oggi si apre una fase nuova, un “cam-mino” come l’ha definito lo stesso Papa Francesco, che porterà al-l’appuntamento con il Sinodo ordinario dal quale emergerà, in tuttala sua forza rigeneratrice, lo slancio della Chiesa verso la famigliae il matrimonio, insieme con la sollecitudine verso il bene ovunqueesso si manifesti nella vita delle donne e degli uomini di oggi. Diquesto abbiamo ragionevole certezza, così come sappiamo che la“Relatio Synodi” è affidata come “Lineamenta” alla cura delle Con-

ferenze episcopali nazionali, perché in ogni angolo del mondo sirealizzi quel discernimento comunitario che il Papa considera indi-spensabile. Attendiamo, perciò, con pazienza e curiosità, le indica-zioni che verranno date per l’Italia dai nostri pastori. Ma ciò che cipreme sottolineare, in questo momento, è che le parole che il Papaha voluto pronunciare a chiusura dei lavori del Sinodo valgono pertutti. Per tutti i credenti. Non solo, dunque, per tutti i vescovi e pertutti i pastori. Ricorderemo solo per titoli, rinviando a una lettura te-stuale delle parole del Papa, le “tentazioni” dalle quali anche i laicicristiani dovranno guardarsi in quest’anno di preparazione al Sinodoordinario. Eccole: la tentazione dell’irrigidimento ostile, la tenta-zione del buonismo distruttivo, la tentazione di trasformare la pietrain pane e all’opposto di trasfor-mare il pane in pietra, la tenta-zione di scendere dalla croce, latentazione di trascurare il “depo-situm fidei” e, all’opposto, latentazione di trascurare la realtà.Sono parole pronunciate dalPapa che non intendiamo com-mentare, ma solo acquisirecome strumentazione spirituale,ancor prima che metodologica,per vivere con purezza d’animoe onestà intellettuale il camminoche ci aspetta. Un cammino che,vogliamo ricordarlo a qualchedistratto, da sempre ci porta a in-crociare l’umanità ferita cheoggi ha anche il volto dei divor-

ziati risposati, di quanti sono sposati solo civilmente, dei conviventi,degli omosessuali. Ma anche di tante nostre famiglie credenti in af-fanno e in crisi. Cancellarli tutti per miopia esistenziale è un veropeccato di omissione. Certo, una prima considerazione, queste “ten-tazioni” indicate dal Papa ci sollecitano. Come accade in tutte le fa-miglie, e la Chiesa è ancora una famiglia, a qualcuno tocca ilcompito d’indicare il tragitto e i rischi che si possono correre lungouna strada che non può non essere accidentata. In questo caso, par-liamo di rischi squisitamente spirituali, non di incidenti o traversieculturali che pure sono da mettere in conto. Ecco, il Papa ci ha messoin guardia. Ora sappiamo come viaggiare in questo anno di discer-nimento, nella coscienza di non dover tradire il nostro Dio e di non

dover tradire neppure le donne e gli uomini del nostro tempocon i quali siamo chiamati a condividere tutto: anchel’amore che Gesù Cristo ci dona ogni santo giorno. Tenerlostretto e solo per noi sarebbe l’ultima, imperdonabile tenta-zione. Domenico Delle Foglie

AVVISO

Assemblea del CleroGiovedì 30 ottobre p.v. è convocata l’Assembleadel Clero, presso la sala polivalente della Caritasdiocesana, per il rinnovo del Consiglio di Ammini-strazione e del Collegio dei Revisori dei Contidell’IDSC.L’inizio è alle ore 10.00, con la relazione del Pre-sidente dell’Istitituto, Dott. Luigi Troli; seguirannole votazioni. Si concluderà alle ore 12.00.

Mons. Romualdo Scarponi

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Anno XXXI

26 Ottobre 2014

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Da Ripatransone

IL CULTO DELL’EUCARESTIANELLA CONFRATERNITA

DEL SANTISSIMO SACRAMENTODI SAN NICOLO’

Parola del SignoreXXX DOMENICA TEMPO ORDINARIO ANNO A

Dal VANGELO secondo MATTEO

Allora i farisei, udito che egli aveva chiuso la bocca ai sadducei, si riunirono insieme e uno di loro, un dottore della legge, lo interrogò per metterlo alla prova: “Maestro,qual è il più grande comandamento della legge?”. Gli rispose: “Amerai il Signore Diotuo con tutto il cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente. Questo è il piùgrande e il primo dei comandamenti. E il secondo è simile al primo: Amerai il prossimotuo come te stesso. Da questi due comandamenti dipendono tutta la Legge e i Profeti”.(Matteo 22,34-40)

I farisei sono le guide del popolo nell’interpretazione e nell’attuazione della Legge, essi hannocodificato, esplorando a fondo la Legge, una serie di precetti positivi e negativi su cui dovevaessere regolata la vita dei fedeli, e molti di essi erano ancora alla ricerca della esatta gerarchiadei valori all’interno della Legge. Quindi la domanda è tipica dei rabbini (maestri). La domandaè precisa “Quale comandamento è il più grande nella Legge ? “ intendendo il più grande, quelloda cui tutti dipendono, da cui tutti assumono significato. Gesù risponde prontamente citando unpasso molto noto della Scrittura, quello di Deuteronomio 6,5, questo passo è conosciuto da tuttigli israeliti perché è parte integrante delle preghiere ebraiche, un pio ebreo lo recita almeno 3volte al giorno, esso è chiamato “SHEMA ISRAEL” che significa Ascolta Israele, esso dice:“Ascolta Israele: il Signore è il nostro Dio, il Signore è uno solo. Tu amerai il Signore tuo Diocon tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutte le forze. Questi precetti che oggi ti do, ti stianofissi nel cuore; li ripeterai ai tuoi figli… ”. Gesù definisce questo brano come il più grande e il

primo dei comandamenti, quello da cui tutti gli altri dipendono, ilprimo che deve essere osservato e senza il quale gli altri non avreb-bero senso. Il suo insegnamento però non termina qui, egli aggiungeun parallelo molto significativo: “il secondo è simile al primo “–( laparola simile vuole indicare stessa sostanza –) : “Amerai il tuo pros-simo come te stesso ” prendendo a prestito questa frase dal librodel Levitico cap.19 vers.18 . L’abbinamento che fa Gesù dei duepassi indicandoli come di stessa “sostanza “ pone un vincolo inscin-dibile, per cui l’insegnamento di Gesù potrebbe essere riassunto in: se ami Dio in maniera totale, completa, questo tuo amore si attuanell’amore che riversi sull’altro, sul tuo prossimo. Ma chi è il mioprossimo? Il prossimo come indica la parola stessa è chi ci è vicino,il marito o la moglie, il padre, la madre, i figli, il suocero, la suocera,la nuora, il genero, il vicino di casa, il compagno di lavoro, quello

che incontriamo per la strada, quello che …. , in pratica, tutti quelli che incontriamo nella nostravita, e tutti quelli che hanno bisogno di noi, per qualsiasi motivo. Per la paternità di Dio, tutti cisono fratelli e di tutti siamo fratelli, perché tutti siamo suoi figli. Chiediamo al Signore, che que-sto insegnamento di Gesù, antica ma sempre nuova legge dell’amore, sia sempre nei nostricuori, nelle nostre menti e nella nostra consapevolezza. RICCARDO

PILLOLE DI SAGGEZZAUNA VITA VISSUTA PER IL BENE DEGLI ALTRI

E’ SEMPRE UNA VITA FELICE (Braddon)

L’INIZIO DEL NOSTRO AMORE PER DIO CONSISTE NELL’ASCOLTARE LA SUA PAROLA (D. Bonhoffer)

Abbiamo incontrato e conversato con il nostro vescovo emeritoMons. Gervasio Gestori

Si è rivelato a noi un nuovo Gervasio, lontano dai riti solenni, dalle

celebrazioni e dalle parole altisonanti cui la mia esperienza di bam-

bina mi aveva abituato. E’ stato come parlare con un vecchio amico

che si emoziona quando ricorda una ad una le persone che hanno

fatto breccia nel suo cuore, che a distanza di anni ha vivo il ricordo

della sua prima messa e del primo incontro con Paolo VI che pro-

prio domenica è stato dichiarato Beato.

di Floriana Palestini

Cominciamo dall’inizio, dal 28 giugno del 1959, quando indossòla talare per la prima volta. Era domenica 28 giugno 1959, 55 annifa. Mi presentai nel duomo di Milano con altri trentotto compagni diseminario: era mattina presto e il duomo era pieno di persone. Il pre-sidente della celebrazione era il cardinale Giovanni Battista Montini,arcivescovo di Milano, futuro Paolo VI. La sua famiglia d’origine da chi era composta? Mio padre era ca-pomastro: grande lavoratore, di poche parole, però marito e papà esem-plare. Mi ha insegnato con la suadirittura morale, la sua fedeltà al la-voro, il suo esempio silenzioso e unaffetto manifestato molto semplice-mente con la vicinanza e l’incoraggia-mento. Mia mamma era una personadolcissima, molto forte ed affettuosa.Mi ha donato la voglia di vivere bene,di non fare mai del male a nessuno edi guardare avanti con fiducia. Miofratello minore è sposato e padre di unragazzo e due ragazze, nonno di sei ni-potini, per cui io sono il loro prozio. Ilmaggiore ha 6 anni e si chiama Lo-renzo, il più piccolo ha 1 anno e sichiama Matteo. Divenuto vescovo come ha trovatola nostra diocesi? Comincerei coldire che non mi ritenevo degno di di-ventare vescovo, perché la pienezzadel sacerdozio è una cosa talmentegrande che nessuno di buon senso cri-stiano può comprendere. Però diven-tato vescovo sono molto riconoscente a Dio e a papa Giovanni PaoloII: ho vissuto questi 18 anni di episcopato in diocesi con tanti impegnie molta serenità. Ripensandoci adesso mi dico che non meritavo unadiocesi come questa: bella, ricca di tanto laicato generoso, entusiastae preparato, con la voglia di collaborare coi sacerdoti e nelle parroc-chie. E poi in questi anni ho avuto la gioia di ordinare tanti preti, è unadiocesi che è stata ricca di vocazioni che sono poi maturate fino al sa-cerdozio, e poi ho tanti altri motivi per essere grato al Signore di questachiesa diocesana della quale custodisco nella mente e nel cuore tantiricordi di volti, di storie di esperienze di persone, giovani e meno gio-vani, e vorrei non dimenticare mai questi ricordi molto belli che ho ditanta gente che ho incontrato in questi anni.

Il suo libro preferito? A parte la Bibbia e a parte Agostino, tra i filosofiamo Aristotele, Tommaso, Spinoza, Leibnitz. Tra ipoeti invece preferisco Giacomo Leopardi, Dante Ali-ghieri e Alessandro Manzoni. Come è cambiata la sua vita ora che è vescovoemerito? Cerco di gustare la vita come persona, tro-vando il tempo per pensare, riflettere, rivedere, inte-riorizzare, contemplare la bellezza della natura: dalmio balcone posso ammirare il mare, le colline, ilGran Sasso, il Vettore, la Maiella. Vedo il sole al mat-tino spuntare dal mare e di notte il cielo stellato e laluna. Come credente vivo le mie giornate con unritmo monacale: al mattino con le suore celebro le lodie l’Eucarestia nella mia cappella privata. Alle ore15:00 di ogni giorno sintonizzato su TV2000 recitola coroncina della Divina Misericordia e alle ore17:45 celebro i vespri e poi il rosario in collegamentocon Lourdes. Posso pregare con più calma, senza lafretta e le distrazioni che avevo prima quando avevol’onere della diocesi. Come vescovo in pensione vivoda pensionato e non da disoccupato: aiuto il parrocodi Acquaviva, don Alfredo, celebro le messe il sabatoe la domenica, predico e confesso. Vado dove mi chia-mano in diocesi ma soprattutto fuori: nella diocesi di

Milano mi chiamano spesso per cresime, processioni, per qualche festapatronale; non mi sento disoccupato. Prima di congedarci ci mette

una mano sulla spalla e sussurra: “Trasmettete entusiasmo alle vostre

amiche ed amici. Fate vedere che è bello stare insieme, così. Sapete,

tanti vostri compagni e compagne di liceo vivono un po’ così, sempre

alla ricerca di qualcosa, in maniera affannata, ci si butta su strade ed

esperienze che ti lasciano dentro tanto vuoto. Voi vivete le vostre fati-

che, però avete delle motivazioni, degli ideali. Trasmettete gioia! Sor-

ridete, fate capire che siete giovani contenti”. Ci chiudiamo la porta

alle spalle, in un silenzio eloquente, dopo essere stati accolti tra le

braccia, la casa e la vita di un grande uomo.

La Confraternita del Santissimo Sacramento di San Nicolò di Ri-

patransone fu eretta nel 1583 nella chiesa, dedicata al Santo di

Mira, che fornisce il toponimo al colle su cui si erge ancora oggi,

sebbene sia divenuta di proprietà privata. Tale compagnia è anche

denominata del “Gonfalone” essendo stata aggregata nel 1616

all’omonima Arciconfraternita romana, la più antica nel suo ge-

nere, essendo stata fondata da San Bonaventura da Bagnoregio

nel 1263. In virtù di tale legame si motiva la presenza, nell’abside

della chiesa di Santa Maria della Valle, di un quadro del XIX sec.

raffigurante questo santo francescano quale protettore dell’aggre-

gazione. In suo onore la Confraternita si ritrova ancora oggi nella

giornata del 14 luglio per pregare con la corona da lui composta,

da recitarsi in luogo dei salmi. Come già lasciato intendere, la

sede della compagnia si trova nella chiesa di Santa Maria della

Valle, edificio sacro sito nella zona di Monte Antico in un avval-

lamento compreso tra i due colli più alti di Ripatransone e cioè

quello detto di San Nicolò e quello che una volta era detto di san

Francesco. Vista la sua spiritualità votata a valorizzare il culto

dell’Eucarestia, fino ad alcuni anni fa veniva a carico loro orga-

nizzata, una processione la terza domenica del mese all’interno

del quartiere, giungendo poi a far sosta presso l’ospedale e con-

cedere anche agli ammalati un momento di adorazione eucaristica

per le loro infermità. In anni più recenti nella domenica detta della

Trinità, la compagnia ha curato la buona riuscita delle “quaran-

t’ore” durante le quali i confratelli si alternavano per tutta la gior-

nata nel compito della preghiera e della contemplazione.

Attualmente nella summenzionata chiesa, ogni primo giovedì del

mese si tiene l’adorazione eucaristica organizzata ed animata dal

parroco, coadiuvato dalle suore Teresiane, indirizzata a tutta la

comunità cittadina per la quale si auspica una presenza di con-

fratelli e di fedeli sempre maggiore.

Silvio Giampieri

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3Anno XXXI

26 Ottobre 2014 PAG

NOBEL PER LA PACEMalala e Kailash dalla parte dei bambini

A Oslo assegnati i riconoscimenti alla giovane pakistana, che combatte da diversi anni peril diritto delle bambine all’istruzione, e all’attivista indiano impegnato contro lo sfruttamentodel lavoro minorile. Per Kailash Satyarthi, il premio “è un onore per tutti quei bambini chesoffrono in schiavitù, vittime del lavoro forzato e dei traffici”

Maria Chiara Biagioni

Anche i bambini e i giovani possono cambiare il mondo. È questa la motivazione di fondo che haspinto quest’anno il Comitato norvegese per i Nobel ad assegnare il prestigioso premio per la pacealla giovane attivista pakistana Malala Yousafzai e all’indiano Kailash Satyarthi. Da una parte ilvolto di una giovanissima donna di appena 17 anni e dall’altra un cuore grande che batte per la “lottacontro la repressione dei bambini e dei giovani e per i diritti di tutti i bambini all’istruzione”.Malala Yousafzai è una piccola grande

donna. Originaria della valle dello Swat, Ma-lala è diventata nota per il suo impegno nelpromuovere il diritto all’istruzione per le ra-gazze in Pakistan. Da quando aveva 11 anniscriveva un blog in cui raccontava la vita deisuoi concittadini sotto i talebani. Un impegnoche le è costato minacce di morte e un tentatoomicidio da parte dei talebani. Era il 9 ottobre2012, alle ore 12. La scuola è finita, e Malalainsieme alle sue compagne è sul vecchio busche la riporta a casa. All’improvviso un uomosale a bordo e spara tre proiettili, colpendolain pieno volto e lasciandola in fin di vita. Ma-lala ha appena quindici anni, ma per i talebani è colpevole di aver gridato al mondo sin da piccola ilsuo desiderio di leggere e studiare. Per questo deve morire. Ma Malala non muore. Portata in ospedalea Peshawar su un elicottero mobilitato dalla presidenza pachistana, la ragazzina fu trasferita all’estero,all’ospedale Queen Elizabeth di Birmingham, in Inghilterra. Malala lascerà la clinica soltanto nelfebbraio 2013. E un mese dopo torna a studiare in Inghilterra. La sua guarigione miracolosa saràl’inizio di un viaggio straordinario dalla remota valle in cui è nata fino all’assemblea generale delleNazioni Unite. Oggi Malala è il simbolo universale delle donne che combattono per il diritto allacultura e al sapere. Per lei, queste le parole del Comitato per il Nobel, nella motivazione: “Nonostantela sua giovane età, Malala Yousafzay ha già combattuto diversi anni per il diritto delle bambine al-l’istruzione ed ha mostrato con l’esempio che anche bambini e giovani possono contribuire a cam-biare la loro situazione. Cosa che ha fatto nelle circostanze più pericolose”. “Attraverso la sua lottaeroica è diventata una portavoce importante del diritto delle bambine all’istruzione”.Kailash Satyarthi, di nazionalità indiana, è impegnato fin dagli anni ‘90 nel movimento indianocontro lo sfruttamento del lavoro minorile. L’organizzazione che ha fondato, la “Bachpan BachaoAndolan”, ha salvato più di 80mila bambini da varie forme di schiavitù e li ha aiutati a reintegrarsinella società attraverso percorsi di riabilitazione e educazione. È anche fondatore e presidente di“Global March Against Child Labour”, la maggiore iniziativa a livello mondiale contro lo sfrutta-mento dei minori, che coordina una “rete” di oltre 2.000 iniziative in 144 Paesi. “Mostrando grandecoraggio personale - si legge nella motivazione - Kailash Satyarthi, continuando la tradizione diGandhi, ha capeggiato diverse forme di protesta e dimostrazioni, tutte pacifiche, concentrandosi sulgrave sfruttamento dei bambini per motivi economici”. Intervistato in India dall’emittente Cnn-Ibn,Satyarthi, ha dedicato il prestigioso riconoscimento ai bambini che vivono in schiavitù: “È un onoreper tutti quei bambini che soffrono in schiavitù, vittime del lavoro forzato e dei traffici”.

Una differenza rispetto al passato c’è, ed è rile-vante: la manovra autunnale che il governoRenzi sta predisponendo, non vuole essere uncoacervo di robette affastellate lì, né l’insiemedi piccoli “giri di vite”. È sicuramente ambi-ziosa. Si ragiona su cifre imponenti,  ma soprat-tutto vuole essere una grande scossa per ilPaese. Però lo premettiamo subito, prima dianalizzarla: saremo come San Tommaso, per-ché questi anni, e pure questi mesi, sono statipieni di roboanti annunci, pian piano svaporatiin qualcosa di diverso e comunque più limitato.Quindi ascoltiamo con piacere l’intento di ri-durre pesantemente il cuneo fiscale, lasciandopiù soldi nelle tasche di imprese e lavoratori;salutiamo con gioia l’intenzione di creare fondiad hoc per chi ha famiglia con figli; ci sentiamorinfrancati dal permanere di misure che sono ri-sultate molto gradite ed efficaci, come i bonusristrutturazione edilizia. Addirittura esultiamoper tutto quanto viene fatto a livello governa-tivo per incrementare l’occupazione, a comin-ciare dagli sgravi contributivi per i neo-assunti,passando per la stabilizzazione di migliaia di in-segnanti precari e finendo con i regimi minimidi tassazione applicatialle partite Iva conbasso fatturato. Matutte queste sono mag-giori spese o minorientrate: dove si trove-ranno i soldi per finan-ziarle? Dove i taglicorrispondenti dispesa?Ecco, poiché siamoappunto in fase preliminare, ci aspettiamo chele indicazioni finora fuoruscite a livello media-tico siano irrobustite da qualcosa di più con-creto rispetto a quanto detto finora. Cioè: ilsolito recupero dell’evasione fiscale (come sipossa quantificarlo a priori, rimane per noi unmistero); i soliti tagli “ministeriali”; quelli im-posti, anzi scaricati addosso agli enti locali chehanno qualche ragione di esistere a livello re-

gionale, mentre i Comuni sono ormai quasi allostremo. Qualche balzello, qualche riordino diimposte (Iva soprattutto).Insomma, dal lato dell’avere, è una manovrache noi italiani ci sogniamo da anni; dal lato deldare, il rischio vero è che alla fine non ci sianole risorse e diventi una fabbrica dei sogni, de-stinata ad avverarsi tramite aumento del debitopubblico - e i margini qui sono a zero - o a spe-gnersi pian piano rimettendo più di un sognonel cassetto.Purtroppo i nostri dubbi sono pure quelli del-l’Ue, che cavilla su una sciocchezza del nostrobilancio, ma che in realtà è preoccupata di uneventuale ritorno della politica dei cordoni al-largati; e quelli di migliaia di realtà che possie-dono gli oltre duemila miliardi di titoli deldebito pubblico italiano nei loro portafogli:buona parte degli italiani compresi. Se pensanoche questa non sia una pasqua ma carnevale, laquaresima scatterà a breve.Tutto ciò se esaminiamo la questione dal merodato matematico. Ma anche se la manovra ren-ziana si rivelasse un po’ troppo infarcita disogni, o panzane, ha sicuramente un aspetto po-

sitivo già da subito:dà l’impressione alPaese che le cosestiano cambiando, opossano cambiarein meglio. Che iltempo della peni-tenza sta per sca-dere; che è lecitoguardare al futurocon più ottimismo,

con più fiducia. Che non è vero che l’Italia siaun Paese immobile e immobilizzato. Almenoquesto è il messaggio che traspare netto:un’iniezione di adrenalina ad un popolo impau-rito, impoverito, inchiodato al presente. In que-ste condizioni, non si va da nessuna parte se nonindietro. E a volte fa molto di più un cambiodella psicologia collettiva, che tante manovrepiene di numeri ma vuote di speranza.

LA MANOVRA DI RENZIUna grande scossa a un’Italia paralizzata

Nicola Salvagnin

La filosofia come perenne testimonianza di un fe-condo rapporto tra i valori dell’antichità, paganae cristiana, e quelli della post-modernità, oltre gli“ismi”, e le mode. Questa, in sintesi, è l’ereditàpiù importante che ci ha lasciato il grande filosofoGiovanni Reale, spentosi il 15 ottobre, a 83 anni,a Luino, in provincia di Varese. Conosciutissimodagli studenti liceali e universitari per le sue mo-numentali imprese editoriali, tra cui una “Storiadella filosofia” con Dario Antiseri, autore di unfondamentale studio su Platone “Per una nuovainterpretazione di Platone” e altri lavori su So-crate, Aristotele, Plotino e Agostino, Reale hacondotto, spesso in solitudine, una battaglia contro alcune inter-pretazioni riduttive della filosofia antica. Soprattutto la letturamaterialistica o positivistica di pensatori che secondo lui avevanoalla base della loro filosofia una vera e propria metafisica, di-venne uno dei centri nevralgici della sua ricerca e della sua atti-vità di divulgatore (collaborava alla pagine culturali del “Sole24 ore”). Contro Eduard Zeller che proponeva una lettura pan-teistica (Dio è la natura, non trascendente ad essa) del neo-pla-tonico Plotino, Reale sosteneva che invece quel pensatore era,al contrario, un campione della trascendenza divina. Al di là dei dibattiti specialistici, Reale va ricordato per il suocostante sforzo di combattere contro il pensiero nichilista, valea dire la tendenza a circoscrivere la vita umana a un destino fattosolo di materia priva di finalità. Questo suo impegno lo portò a

polemizzare sia con le interpretazionemarxiste della filosofia antica sia conquelle propriamente materialistiche. C’èun rimedio, si chiedeva lo studioso, allacrisi dell’uomo contemporaneo? Sì, eglirispondeva, a patto di riscoprire la naturametafisica e spirituale di molta della filo-sofia antica: di qui la battaglia contro gliinterpreti di un Aristotele pensatore uni-camente naturalistico: è vero il contrario,sosteneva Reale, Aristotele è portatore diun discorso unitario e metafisico cheaveva la sua ragione d’essere nella ricerca

della verità e dei principi primi. Di più, la concezione di animanon è una creazione cristiana, ma viene dal mondo greco, daipre-socratici, giungendo, attraverso percorsi vari e non sempredocumentabili, a Socrate e poi a Platone. Non è vero quindi chesi possa fare un’equazione mondo pagano=materialismo, mondocristiano=spiritualità: se mai si deve pensare che molti elementiche noi pensavamo essere di pretta derivazione patristica pro-vengono invece dal mondo antico. Se vogliamo trovare una viad’uscita ai i mali di cui soffre il mondo d’oggi, allora dobbiamocombattere contro il nichilismo, quella fede nel nulla, di cui èimbevuta, a volte senza accorgersene, la nostra società. Lachiave, ci ha insegnato Reale, non è unicamente nella riscopertadi Agostino (autore da lui assai studiato) e delle radici cristiane,ma dalla riscoperta di una profonda spiritualità che proviene pro-

prio da dove molti ci hanno “insegnato” a non cercare: nellagrande tradizione del pensiero antico che aveva già intuito (comelo stesso Dante aveva compreso) la presenza di un soffio divinodentro le cose che trascendeva quelle cose e portava oltre la ma-teria fine a se stessa.

IN MEMORIA DI GIOVANNI REALE Un gladiatore contro il nichilismoC’è un rimedio, si chiedeva il filosofo, alla crisi dell’uomo contemporaneo? Sì, egli rispondeva, a patto di riscoprire la natura metafisica espirituale di molta della filosofia antica. Marco Testi

Domenica 26 ottobreGIORNATA DELL’AVVENIRE

Il quotidiano cattolico, con una pagina della nostra diocesi, verrà distribuito gratuitamente

nelle chiese

Page 4: Anno xxxi n° 36 26 ottobre 2014

4 Anno XXXI

26 Ottobre 2014PAG

Il Convegno Fides Vita è arrivato quest’anno alla sua 24° edizione. L’evento si terrà a San Benedettodel Tronto, nei pressi del Palasport, dal 26 ottobre al 2 novembre. Fides Vita, giovane realtàecclesiale del nostro territorio, ha avuto inizio grazie al sorprendente incontro di Nicolino Pompeicon Cristo e la Sua Chiesa e dalla conseguente ed inevitabile esigenza di comunicarlo ad altri. Inquesto modo semplice - così come semplice è stata ed è la diffusione del Cristianesimo nel mondo –la sua ardente ed indomabile passione e dedizioneal bene di ogni persona incontrata ha generatoquesto piccolo popolo, di cui il Convegno è espres-sione. La pro-vocazione posta a tema del Convegnodi quest’anno è: …. Ma di’ soltanto una parola ed

io sarò salvato.

La prima giornata, domenica 26 ottobre, si apriràcon la preghiera delle lodi e l’incontro, alle ore 11,tenuto da Nicolino Pompei, che sarà l’ occasioneper approfondire il tema del Convegno. In serata,alle ore 18.00, la Santa Messa sarà celebrata daMons. Emilio Rocchi, dell’Arcidiocesi di Fermo, ealle 21.15 si vivrà la Veglia Eucaristica presiedutadal nostro vescovo S. E. R. Mons. Carlo Bresciani.Giovedì 30 ottobre, ospite del Convegno sarà ilgiornalista Alessandro Banfi, direttore di TGCOM24e già collaboratore di importanti riviste e quotidianiitaliani come Epoca, La Notte, Il Manifesto, Vita eL’Indipendente; venerdì 31 alle ore 19, la Santamessa sarà presieduta da S. E. R. Mons. GervasioGestori, Vescovo Emerito di San Benedetto delTronto-Ripatransone-Montalto. In serata alle 21.15,vi sarà il concerto musicale La Compagnia di Dio

all’uomo: un percorso di canzoni, italiane e straniere,brani e balletti, per riconoscere la costante presenza di Dio nel cammino umano. Sabato 1 novembre,dopo la Santa messa alle ore 10, avrà luogo l’incontro-testimonianza con Claudia Francardi eIrene Sisi. Le due donne, unite oggi da una grande amicizia, sono state profondamente segnate da unevento che le ha colpite in modo diverso, ma ugualmente drammatico: Claudia è la moglie diAntonio Santarelli, un carabiniere morto dopo un anno di coma a causa dell’aggressione a un postodi blocco vicino ad un rave party a Sorano (Grosseto), Irene è la mamma di Matteo Gorelli, ilragazzo che sta scontando 20 anni di carcere per quest’omicidio. Esse hanno fondato insieme un’as-sociazione, presentata il 26 settembre di quest’anno a Grosseto con il nome di “AmiCainoAbele”,che testimonia la possibilità del perdono oltre la rabbia ed il rancore. Il pomeriggio sarà dedicato allatestimonianza sulla vita e la malattia di Alessandra Amabili Pilota, una giovane madre morta dicancro solo pochi mesi fa, attraverso il ricordo del marito Marino, e degli amici Stefano, Cristina eFiorella. Alessandra era una donna normale, bella, vivace, la cui vita è stata segnata dalla fede, dal-l’appartenenza alla Chiesa e dall’amore per il marito ed i suoi 5 figli. L’intensa giornata si concluderàa partire dalle ore 20,00 con il Santo Rosario e gesto di Affidamento alla Madonna, e, a seguire,cena e festa in Compagnia. Il Convegno si chiuderà domenica 2 novembre con la Santa Messa alleore 10, presieduta da Don Franco Marchetti dell’Arcidiocesi di Ancona-Osimo, e, alle ore 18.00, conl’incontro-testimonianza con Claudio Carloni e Silvia Cingolani di Fides Vita. Oltre che nei giorniindicati, da lunedì 27 a giovedì 30 ottobre sarà celebrata la Santa Messa alle ore 19.15. Il luogo del Convegno sarà inoltre sempre vivo: sarà infatti sempre possibile pranzare e cenare incompagnia, grazie a vari stand gastronomici, e visitare le mostre aperte al pubblico e agli studentidelle scuole di ogni ordine e grado (dalle 9.00 alle 12.30 – dalle 15.00 alle 20.00 e dalle 21.30 alle23.00). Quest’anno verranno presentate tre nuove mostre: IL CIELO INTERO SI É MOSSO PERTE. Dante: uomo del desiderio e dell’incontro: la mostra intende seguire l’esperienza umana diDante Alighieri, così come egli la descrive in alcuni tratti del Vita Nova e della Divina Commedia. FINO AL DONO DELLA VITA. Pakistan: terra di martiri: attraverso la testimonianza di ShahbazBhatti e di alcune figure emblematiche della più recente storia pakistana, la mostra propone unpercorso di riflessione sulle tensioni provocate dai fondamentalisti e sul dono della propria vita per ilbene di un intero popolo. HIEROFANIE: LA FORZA DEL SIMBOLO TRA SPERANZA E NI-CHILISMO. La ricerca del sacro nella vita di Camilian Demetrescu: dopo aver ripercorso ilcammino umano e artistico del pittore, scultore e studioso di storia dell’arte, la mostra ripropone unadelle opere più belle realizzate dal maestro: “Hierofanie-simboli paralleli”.

24° Convegno FidesVita26 ottobre – 2 novembre 2014

… ma di’ soltanto una parola e io sarò salvato

All’incontro era presente anche il Vescovo Bre-sciani che ha iniziato l’incontro, innanzitutto,ringraziando i responsabili parrocchiali a nomedei poveri che aiutano ogni giorno, perché que-sta attenzione verso i poveri rimanda alla pre-dilezione di Gesù verso di loro: da sempre laChiesa si è fatta carico di essi, infatti, già nelleprime comunità cristiane si facevano raccolteper i più bisognosi. Sua Eccellenza ha detto aivolontari:”Siete la presenza della Chiesa nel

mondo della povertà, certamente non solo voi,

ma voi in modo particolare” e ha poi proseguitocon una importante domanda: Chi è il volonta-rio Caritas? Innanzitutto il volontario caritasnon è colui che fa qualcosa, il volontario è unmodo di essere, di vivere con se stessi, con glialtri, con tutti, nessuno escluso; è uno che ha lacarità dentro di sé, nel proprio intimo, che haun cuore misericordioso nei confronti di tutti ifratelli. In famiglia, con gli amici, la presenzadel volontario della caritas diventa un richiamocristiano, come lo erano i cristiani delle primecomunità, i quali destavano stupore in chi liguardava dall’esterno. Nel fare la carità, quindi,è importante essere pazienti, benigni, non invi-diosi, non mettersi in mostra e avere rispetto delpovero, perché in lui vediamo la presenza diCristo, e, quando succede, non bisogna tenereconto del male ricevuto ma rispondere ad essocon il bene. “Siamo la presenza della Chiesa e

siamo la presenza di Cristo – ha detto il Ve-scovo – ed è anche molto bello essere la pre-

senza di Cristo. Quindi prima di donare le cose,

la carità è donare se stessi“. Il donare se stessisi esplica nell’atteggiamento che abbiamoquando siamo davanti al povero che ci chiedequalcosa, siamo lì per donare tempo, atten-

zione, compassione che significa “ti sono vi-cino con il mio sentimento”, e coltivare il cuorepuro, perché se il cuore non è buono, da essonon possono venire le opere buone, quindi bi-sogna coltivare anche la motivazione: perchévogliamo servire con la nostra vita Gesù Cri-sto, non per occupare il tempo o altro. “Il bene

bisogna farlo bene, quindi bisogna organiz-

zarsi, essere attenti alle leggi, rispettarle e im-

parare a coordinarsi tra le varie caritas, perché

quando ci si coordina e collabora il bene lo si

fa meglio“. Un altro aspetto importante sono ledoti umane necessarie all’accoglienza: i veripoveri, spesso, si presentano a chiedere la caritàcon vergogna ed per questo bisogna avere ri-spetto di loro e della loro privacy. La parola èpoi passata a Umberto Silenzi, responsabilediocesano della Caritas, che ha sottolineatol’importanza della formazione e dell’ascolto ditutti i volontari caritas per potersi confrontare.Silenzi ha presentato la sede diocesana della ca-ritas, dove da luglio sono presenti tre suore delPiccolo Fiore di Betania, sr Smitha, sr Vijaya,sr Tharsis (a gennaio arriverà una nuova suora,che sarà un’infermiera). I servizi della Caritas,sono stati rigenerati secondo le indicazioni delVescovo: è presente una onlus che gestisce tuttii servizi come mensa, docce, vestiario, ecc …Le suore sono responsabili della casa di acco-glienza, a breve verrà riattivato il centro me-dico, c’è uno studio odontoiatrico composto da8 professionisti che si sono messi a disposi-zione. Inoltre, si sta facendo un lavoro per met-tere in rete tutte le risorse della caritasdiocesana in modo tale che sia più facile coor-dinarsi, collaborare e venirsi in aiuto. Janet

Chiappini

Incontro Caritas, Vescovo Carlo Bresciani

“Prima di donare le cose, la carità è donare se stessi”DIOCESI – Mercoledì, 15 ottobre, si è tenuto presso la sede della CARITAS di San Be-nedetto del Tronto l’incontro con i responsabili delle Caritas parrocchiali della diocesi.

La veglia missionaria

tra preghiere e testimonianzeGiovedì 16 ottobre presso la Cattedrale Madonna della Marinasi è tenuta la Veglia Missionaria Diocesana organizzata dall’Uf-ficio Missio e presieduta dal Vescovo Mons. Carlo Bresciani.Sulla «dimensione missionaria della Chiesa» il vescovo ci hadetto: “La Chiesa nasce dal mandato di Gesù: “Andate in tutto ilmondo, proclamate il Vangelo ad ogni creatura” (Mc 16, 15).Non si può essere fedeli a Gesù, se non si prende sul serio questosuo comando. Lui di fatto è il primo missionario del Padre, Coluiche è il mandato. Se la Chiesa perde questa dimensione missio-naria non è più se stessa. Quando papa Francesco dice che laChiesa deve essere una Chiesa “in uscita” intende proprio questoe fa riferimento a questo comando del Cristo risorto. Afferma in-fatti il papa nel suo messaggio per la Giornata Missionaria Mon-diale: “Oggi c’è moltissima gente che non conosce Gesù Cristo.Rimane perciò di grande urgenza la missione ad gentes, a cuitutti i membri della Chiesa sono chiamati a partecipare, in quanto

la Chiesa è per sua natura mis-sionaria: la Chiesa è nata “inuscita”. E meditando questaesortazione abbiamo celebrato laveglia missionaria fatta di pre-ghiera e di testimonianza orga-nizzata dall’ufficio pastorale diMissio diocesana e PontificieOpere Missionarie, cui fa riferi-mento don Nicola Spinozzi. Ciha aiutato don Luigi, sacerdotein missione a Cuba che ha par-lato dell’attività che svolge in-sieme alla comunità con cuivive. La diocesi cubana piùgrande è quella dell’Avana, che conta più di cento sacerdoti,quella più piccola invece ne ha solamente sei. Hanno quindi te-stimoniato Claudio con sua moglie Ursula, parlando della loroscelta a servizio dei più poveri e nel 2000, dopo aver lasciato illoro lavoro sicuro e ben retribuito e aver fatto un percorso di for-mazione di 3 anni e mezzo, sono partiti per il Mozambico, dove

sono stati accolti in una parrocchia di campagna e dove hannovissuto per 6 anni, conducendo un’operazione di pastorale tra igiovani, gli adulti e le famiglie. Al loro rientro in Italia hannocondiviso la ricchezza che gli è stata donata con i loro parroc-chiani e hanno fondato un’associazione, “Cose di questo mondo”con il contributo della Caritas. Molti i fedeli presenti che hannopartecipato con particolare attenzione.

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5Anno XXXI

26 Ottobre 2014 PAG

Leggiamo Lc 5,1-11. Qui Luca si distacca da

Mt 4,18-22 (Serie su Mt n. 15) e da Mc 1,16-20.

1. Gesù predica dalla barca di Piero. «Men-

tre la folla gli faceva ressa attorno per ascoltare

la parola di Dio, Gesù, stando presso il lago di

Gennèsaret, 2vide due barche accostate alla

sponda. I pescatori erano scesi e lavavano le reti.3Salì in una barca, che

era di Simone, e lo pregò

di scostarsi un poco da

terra. Sedette e insegnava

alle folle dalla barca (Lc

5,1-3). La folla, accorsa

tanto numerosa per ascol-

tare «la parola di Dio»

proclamata da Gesù, co-

stringe Gesù a salire su

una barca per parlare da lì

alle persone. Come già in

altre volte precedenti, Luca vuole informare i suoi

lettori e anche formarli nell’ascolto della Parola.

Tutto si svolge nel «lago», límne, termine usato

solo da Luca che, conoscendo bene il “mare” Me-

diterraneo, non spreca la parola «mare» per quello

che considera solo uno stagno. Però esso ha ampie

rive pianeggianti dove si possono raccogliere

molte persone. Si serve della barca di Simone, del

quale aveva già parlato (cf 4,38).

2. La pesca miracolosa. «Quando ebbe finito

di parlare, disse a Simone: “Prendi il largo e get-

tate le vostre reti per la pesca”. 5Simone rispose:

“Maestro, abbiamo faticato tutta la notte e non

abbiamo preso nulla; ma sulla tua parola getterò

le reti”. 6Fecero così e presero una quantità

enorme di pesci e le loro reti quasi si rompevano.7Allora fecero cenno ai compagni dell’altra

barca, che venissero ad aiutarli. Essi vennero e

riempirono tutte e due le barche fino a farle quasi

affondare» (Lc 5,4-7). «Prendi il largo», è questo

il valore tecnico di epanágô, il “duc in altum”

della Volgata. Simone, in realtà, deve portarsi

davvero in alto nella fede, mettere da parte la sua

lunga esperienza di pescatore, fare decisamente

sua la parola di Gesù. Nonostante il sicuro insuc-

cesso, ben previsto, Pietro si muove con grande

stima e rispetto. «Maestro», epistátes significa

“Maestro”, ma è più che “maestro” in quanto pre-

suppone una stima più profonda di quella che si

avrebbe con didáskalos. «tutta la notte», quando

il pescare dà risultati positivi. Però, fa così suo il

comando di Gesù: «sulla tua parola, epì dè tô ré-

mati sou, getterò le reti». E’ soltanto la tua parola

che mi muove e – aggiungiamo noi – mi sta cam-

biando la vita. La persona di Gesù e la sua Parola

si fondono insieme. Ciò avviene spesso negli Atti,

dove accogliere la «Parola», in forma assoluta,

tòn lógon, vuole dire accogliere Gesù stesso. I tes-

salonicesi «accolsero la Parola, tòn lógon, con

grande entusiasmo» (At 17,11).

3. La reazione di Pietro. «Al vedere questo,

Simon Pietro si gettò alle ginocchia di Gesù, di-

cendo: “Signore, allontànati da me, perché sono

un peccatore”. 9Lo stupore infatti aveva invaso

lui e tutti quelli che erano

con lui, (Lc 5,8-9a). Luca

usa qui, per la prima e

unica volta la denomina-

zione «Simon Pietro»,

cioè il nome di nascita, Si-

mone, e il nome che gli

darà Gesù in ragione del

primato, Pietro. Ci dice

che Simon Pietro scopre

l’eccelsa dignità del suo

Kýrios, Signore, tanto che

«si gettò alle ginocchia di Gesù», e scopre anche

la di lui santità e misericordia, per cui gli dice:

«allontànati» e si dichiara «peccatore». Lo

«stupore», thámbos, per il contatto con il divino

aveva invaso Pietro. Al che Gesù lo rassicura con

la frase che ricorre spesso dopo le apparizioni di

Jahvè nell’Antico Testamento: «non temere»; in

più, lo aggrega alla sua persona e alla sua mis-

sione, «d’ora in poi sarai pescatore di uomini».

4. I primi quattro pescatori di uomini. Pietro

è stupito «per la pesca che avevano fatto; 10così

pure Giacomo e Giovanni, figli di Zebedeo, che

erano soci di Simone. Gesù disse a Simone: “Non

temere; d’ora in poi sarai pescatore di uomini”»

(5,9b-10). Mentre Mt 4,18-22 e Mc 1,16-20 col-

locano la chiamata dei primi quattro discepoli al-

l’inizio della predicazione di Gesù, Luca – con

maggiore verosimiglianza storica – la colloca

dopo che Gesù ha predicato a Nazaret e a Cafar-

nao; quindi c’è già una conoscenza tra Lui e i

quattro discepoli. Luca qui non menziona Andrea,

forse perché è pensato insieme a Pietro sulla

barca; per questo usa nei versetti 5.6.7. Gv 20,1-

11 racconta una pesca miracolosa, compiuta, però

da Gesù già risorto e con altro scopo.

5. Lasciano tutto e diventano seguaci di

Gesù. «E, tirate le barche a terra, lasciarono tutto

e lo seguirono» (Lc 5,11). Lasciano «tutto», det-

taglio caratteristico di Luca che ricorre anche al-

trove. Conclusione. Signore Gesù, ti chiedo la

grazia di impostare la mia vita sulla tua Parola

come ha fatto Simon Pietro: “sulla tua parola get-

terò le reti”. E ancora. Dato che il nome «Si-

mone» ricorre nel brano ben sei volte (5,

2.4.5.8.10bis), Signore Gesù fammi crescere

nell’amore e nell’obbedienza verso il [email protected]

Sul lago di Gennèsaret

27. LA PESCA MIRACOLOSA, PIETRO, I PRIMI DISCEPOLI

DOMENICA 26 OTTObRE

Ore 11.00 Ripatransone - Parrocchia

Ss. Gregorio Magno e Niccolò:

Cresime

Ore 18.00 Grottammare

Parrocchia S. Pio V: Cresime

Ore 21.15 San Benedetto Tr. - Zona Palasport:

Veglia eucaristica al

Convegno di Fides Vita

LUNEDì 27 – MARTEDì 28 OTTObRE

Ripatransone

Incontro del giovane Clero

MERCOLEDì 29 OTTObRE

Ore 9.00 Ancona - CEM

Ore 16.00 Ancona ITM: inaugurazione

Anno accademico

GIOvEDì 30 OTTObRE

Ore 10.00 San Benedetto Tr.

Sala Polivalente Caritas diocesana:

Assemblea del Clero

vENERDì 31 OTTObRE

Ore 10.30 Porto d’Ascoli - Chiesa Sacra

Famiglia: S. Messa per l’ITC Capriotti

Ore 16.00 San Benedetto Tr.

Cattedrale: Confessioni

Ore 20.00 San Benedetto Tr. - Padri

Sacramentini: Lezione alla scuola

di formazione teologica

SAbATO 1 NOvEMbRE. SOLENNITà DI TUTTI I SANTI

Ore 11.00 Ripatransone

Duomo: S. Messa

Ore 15.30 San Benedetto Tr.

Cimitero: S. Messa

Ore 17.30 San Benedetto Tr.

Cattedrale: S. Messa

DOMENICA 2 NOvEMbRE. COMMEMORAzIONE DI TUTTI I DEFUNTI

Ore 9.30 Ripatransone - Cimitero: S. Messa

Ore 15.30 San Benedetto Tr. - Cimitero: S. Messa

Ore 17.30 San Benedetto Tr. - Cattedrale:

S. Messa

Impegni Pastorali del Vescovo

DAL 26 OTTOBrE AL 2 NOVEMBrE 2014

“NOI ANNUNCIAMO CRISTO CROCIFISSO” (lettera pastorale, 5ª parte)

Analogie tra la città di Corinto e la nostraSia pure con tante differenze, per molti aspetti la situazione della città

di Corinto richiama la situazione della nostra società: società mul-

tietnica e multireligiosa in cui la fede cristiana è praticata di fatto

dalla minoranza e la corruzione dei costumi è spesso ostentata dai

mass-media come progresso. Nella nostra società si va allargando

il fossato tra ricchi e poveri: i pochi ricchi sono sempre più ricchi,

il numero dei poveri aumenta sempre più e i ricchi Epuloni non si

prendono cura dei poveri Lazzari che sono costretti a raccogliere le

briciole per saziarsi. Attorno alle nostre città crescono periferie in cui il degrado spesso non è

solo economico, ma anche culturale e umano. Non ci sono più gli schiavi, per fortuna, ma trionfano

molte altre forme di schiavitù del vizio. Dilaga la “cultura dello scarto” che spinge ai margini

della vita sociale vecchi e giovani e arriva a sopprimere la vita non desiderata o segnata da limiti

fisici. Non c’è più il monte Taigeto da cui gettare i bambini portatori di handicap, ma ci sono le

sale sterili in cui ciò avviene con la protezione della legge. Possiamo dire che la nostra è una so-

cietà che, come Corinto, attende il Vangelo dell’uguaglianza di ogni essere umano in quanto figlio

di Dio redento da Gesù Cristo.

Analogie tra la Chiesa di Corinto e la nostraPossiamo riscontrare analogie anche tra la Chiesa di Corinto e la nostra Chiesa. Anche nella nostra

Chiesa alcune verità fondamentali della fede non sempre sono accolte da alcuni che si dicono cri-

stiani, anzi talvolta da essi sono esplicitamente negate. Alcune scelte concrete di vita, tutt’altro

che conformi al Vangelo, in nome della libertà di coscienza, sono esaltate come una liberazione

da vecchi tabù imposti

da una Chiesa oscuran-

tista e retrograda inca-

pace di comprendere le

vere esigenze umane.

Non sempre anche nella

nostra Chiesa è facile

superare chiusure e di-

visioni generate da at-

taccamenti impropri a

un passato che non tor-

nerà più e da infondate

paure di aprirsi al fu-

turo, ignorando che Dio

agisce nel presente e ci

accompagna verso il fu-

turo che, quindi, dob-

biamo affrontare con

speranza. Le difficoltà della giovane Chiesa di Corinto richiamano in qualche modo le nostre dif-

ficoltà nei confronti della fede e delle scelte di vita coerenti con essa. Per questo, l’insegnamento

di Paolo a questa turbolenta Chiesa ci può aiutare a discernere strade e modi di andare verso quelle

periferie esistenziali verso le quali Papa Francesco ci va spingendo, periferie segnate da fatiche e

ferite che chiedono di essere risanate. Non possiamo restare indifferenti a queste difficoltà, perché

non possiamo essere cristiani solo di nome. Il cristianesimo non può essere un cristianesimo per

chiacchiere ‘da salotto’ di persone benpensanti che proteggono le loro comodità religiose o inse-

guono di fatto solo la propria tranquillità, dimenticando che l’amore vero richiede a ciascuno di

noi di saper portare insieme con Gesù la fatica di ogni giorno, offrendo la mano a chi ha più bi-

sogno. Il nostro non può essere un cristianesimo della festa (quanto cristiana e quanto pagana?)

per il giorno in cui si ricevono sacramenti che poi vengono immediatamente dimenticati il giorno

successivo, quasi essi non abbiano nulla da dire alla vita e alle scelte concrete di ogni giorno sia

nella Chiesa sia nel mondo. La fede cristiana, che è seguire Gesù “via verità e vita” (Gv14,6),

non può essere ridotta a un insieme di bei pensieri che non incidono e non cambiano la vita per-

sonale, ecclesiale e sociale. Paolo dice ai Corinti che lo stile della vita di Gesù, quella che Lui ha

vissuto concretamente, vale anche per i greci, vale per tutti. Non si è cristiani se non si assume

quello stesso stile di vita: non basta dire di voler bene a Gesù, occorre vivere come Lui ha vissuto

per una vita felicemente cristiana.

Per la riflessioneLa fede cristiana è una fede da vivere e,

quindi, deve portare a scelte coerenti: come

mi impegno a viverla in famiglia con il co-

niuge e i figli, in parrocchia, sul lavoro, nelle

scelte economiche, politiche, culturali

...?Quando devo prendere decisioni, mi la-

scio guidare dalla fede o da altri criteri come

opportunità, interessi, guadagni, successo

mondano, arrivismo? Tengo conto solo dei

miei interessi o del bene di tutti? I sacra-

menti sono in ordine a vivere la fede con la

Chiesa e nella Chiesa. Devono, pertanto,

esprimere la fede cristiana anche nel modo

nel quale vengono prima celebrati e poi vis-

suti: mi preoccupo più degli aspetti esteriori

( fotografie, vestito, pranzo, regali ...) che del

mistero dell’azione di Dio che si sta com-

piendo in me e nella co-

munità cristiana? Il

modo di fare festa tiene

conto dei poveri o di-

venta uno spreco di

beni e di denaro che li

offende e, quindi, ha

poco di cristiano? Ho

ricevuto il sacra-

mento della conferma-

zione impegnandomi alla vita cristiana nella

Chiesa: che ne è ora di quell’impegno? Se il

sacramento è per la vita di fede del cristiano,

come vivo il matrimonio? Secondo il sacra-

mento che ho ricevuto e che mi impegna ad

amare come Dio ama? Come stiamo cele-

brando i sacramenti della fede nelle nostre

comunità parrocchiali?

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6 Anno XXXI

26 Ottobre 2014PAG

Cupra Marittima

Testimonianza diSuor M. Paola Giobbi

La mia vocazione è nata a Cossignano, miopaese natale, durante il mese di maggio e inpreparazione alla prima Comunione e si è rea-lizzata negli anni giovanili nella Congrega-zione delle Pie Operaie dell’ImmacolataConcezione cui appartengo. Il carisma di questo Istituto si esprime sinteticamente in due aspettistrettamente connessi, come facce di un’unica medaglia: da una parte l’amore e l’affidamento allaVergine Immacolata; dall’altra l’attività educativa, considerata dal Fondatore Marcucci come lapiù alta carità verso il prossimo. Ho imparato a poco a poco a orientare la mia vita verso questedirezioni, con lo studio e la preghiera, sostenuta dall’esempio di tante mie consorelle che hannodato la vita per educare con competenza, amore, generosità illimitata e dolcezza, bambini e giovanidi ogni ceto sociale. E questo hanno fatto anche le suore che sono vissute e vivono a Cupra chevoi avete conosciuto e conoscete e le suore che provengono da Cupra. Voglio ricordare MadreRoberta Torquati e Madre Bernardetta Cerolini: sono state entrambe superiore generali della Con-gregazione che hanno saputo guidare con saggezza evangelica in periodi storici di grande cam-biamento. Madre Bernardetta mi accolse bambina quando entrai nella Casa Madre di Ascoli perfrequentare la scuola media e c’era M. Germana Murri, anch’ella di Cupra, come superiora.“Essere Suora Oggi”, è un tema che è sempre stato presente nella mia vita come una domanda acui rispondere.

Fin da giovane suora, ho capito che il “nostro tempo”, quello che stiamo vivendo mi chiedeva,oltre la fedeltà al passato, agli antichi valori, il coraggio di prepararmi a dialogare con la contem-poraneità, a mettermi in gioco, superando la timidezza e cercando di offrire con semplicità e pas-sione tutto quello che potevo, pur rimanendo nell’obbedienza. La mediazione fra gli antichi valori,incarnati da tante religiose, e i nuovi ruoli richiesti alla donna e alla suora di oggi, è stata sempreuna tensione positiva e faticosa nella mia vita. Mi sono convinta da subito che la realizzazionedella vocazione alla santità ha vie diverse per ognuno, pur essendo uguale la meta. Non entro neifatti della mia vita. Guardando indietro, provo stupore e tanta gratitudine verso Dio, l’Immacolata,il mio Fondatore Marcucci, la mia famiglia, la Congregazione e verso tutte le persone che ho in-contrato. Ho sperimentato che la grazia di Dio ha fatto miracoli con la mia piccolezza e mi hareso felice. Le parole del salmo 23 sono state e sono vere per me.

“Il Signore è il mio pastore: non manco di nulla. Su pascoli erbosi mi fa riposare, ad acque

tranquille mi conduce. Rinfranca l’anima mia, mi guida per il giusto cammino a motivo

del suo nome. Anche se vado per una valle oscura, non temo alcun male, perché il Signore

è con me. Il suo bastone e il suo vincastro mi danno sicurezza”.

Sempre mi sono sentita avvolta dall’amore di Dio e dalla sua tenerezza; ho cercato e cerco la suapresenza in me, nella comunità religiosa e civile e nella Chiesa. Il Signore mi ha sostenuta, aiutatae illuminata in tutte le esperienze di vita che ho vissuto come insegnante, catechista, formatricedelle persone che si preparavano alla consacrazione religiose missionaria. Ho incontrato e incontro anch’io le difficoltà, ma il Signore ha vinto sempre e la Vergine santa èstata la nocchiera che ha guidato e guida la mia vita. Da quattordici anni, vivo la mia missione di suora nella casa madre dell’Istituto ad Ascoli Piceno,dove svolgo due compiti principali: il primo, è quello di insegnate e di preside della scuola; il se-condo di postulatrice della causa di beatificazione e canonizzazione del Fondatore Francesco An-tonio Marcucci. Il compito educativo nella scuola è molto delicato e difficile, ma importantissimoperché accanto al sapere delle varie discipline, ci impegniamo a trasmettere il Vangelo, come laforma più alta di maturità della persona e promozione delle sue qualità e diversità, che sono espres-sioni dell’immagine e somiglianza di Dio, impressa in ognuno, al di là della razza e della condi-zione sociale. Nel contesto di indifferenza religiosa e di confusione di valori, il compito della scuola cattolica èquello di riorientare la vita dei giovani verso Gesù, l’unico su cui fondare la speranza. Cerchiamodi educare alla fiducia “che è possibile attendersi qualcosa di buono dal futuro; che la verità esistee si può trovare; che si può avere fiducia nell’uomo anche quando appare segnato dalla fragilitàe dal limite; che è possibile immaginare e realizzare una vita buona e gioiosa”(CEI). Come postulatrice della causa di beatificazione del Fondatore, lavoro insieme alla Congregazionecui appartengo per mettere in luce il patrimonio spirituale che il vescovo Marcucci ci ha lasciato,far conoscere il suo esempio di santità, di evangelizzazione e di servizio alla cultura e alla pro-mozione delle persone, povere e ricche, specie della donna. Invito anche voi a fare ogni sforzoper conoscere di più questa splendida figura del nostro territorio, rimasta nascosta e umile e a in-vocare con fiducia la sua intercessione. Vorrei essere, insieme alla mia comunità, nella realtà incui vivo, una raggio della divina bellezza che risveglia la nostalgia del bene e del cielo (cf. Vita

Consecrata, 20), un’oasi di fraternità che testimonia la vittoria dell’amore, che c’è più gioia neldare che nel ricevere, che il bene accolto e ridonato è il vero tesoro che non tramonta. Spesso guardo alla Vergine Santa, alla novità assoluta dei ruoli che le sono stati chiesti di rivestire;mi affido a Lei e mi sento rassicurata e sostenuta nel cercare di vivere al meglio la mia parte, in-sieme ad altri, nell’oggi della storia.

Per le vie di corridoio correva

voce che i molti amici e colla-

boratori dei frati francescani del

Santuario di Monteprandone

avrebbero organizzato un bel

momento di festa all’amato

amico Padre Guardiano, P .

Marco Buccolini, che dopo 12

anni di permanenza è stato de-

stinato al santuario francescano

di S. Marino.

Ebbene sono riusciti al mas-

simo nel fare questa bellissima

sorpresa a P. Marco.

Domenica 19 ottobre, terminata

la S. Messa delle 18,30, ani-

mata dalla corale della chiesa

del Santuario, diretta dal mae-

stro Primo Scipioni tutto si è

svolto come predisposto.

Il nuovo P. Guardiano, P. Lorenzo Turchi, ha

preso la parola per esprimere il più sincero e fra-

terno grazie al suo confratello che in questi 12

anni ha dato un’autentica testimonianza di servi-

zio e di dedizione al prossimo e alla Chiesa. P.

Marco, visibilmente commosso, ha ringraziato

tutti dal profondo del cuore dicendo “in questi do-

dici anni sono stato davvero bene con tutti voi:

qui a Monteprandone. TTutti i frati sono stati

sempre accolti con affetto, disponibilità e con

quella autentica semplicità umana propria della

sana gente di campagna. A San Giacomo ho vo-

luto e vorrò sempre bene, seppiatevelo mante-

nere. Grazie immensamente a tutti” Al grazie

corale si è unito anche il nuovo Parroco, Don

Gianluca Pelliccioni che da una settimana ha

preso possesso della parrocchia di S. Niccolò di

Monteprandone.

Don Gianluca ha ringraziato

di cuore P. Marco per la pre-

ziosa opera che in qualità di

Amministratore Parroc-

chiale ha svolto in questo ul-

timo anno e mezzo dove ha

trovato tutto chiaro e ben

predisposto: “questo, ha

concluso Don Gianluca, è

una forma di amore alla

Chiesa e ai fratelli”. Non

sono mancati la classica foto

con la corale del Santuario e

il sincero omaggio del

gruppo dei terziari france-

scani molto numeroso nel

santuario monteprandonese.

Nell’attiguo chiostro del

santuario tutti i presenti hanno gustato quanto

preparato per il sincero momento di festa insieme

a P. Marco che ha salutato e ringraziato tutti i pre-

senti tra cui anche il Sindaco di Monteprandone,

Stefano Stracci, il vice-sindaco Sergio Loggi e

l’assessore Stefania Grelli.

Tutto si è concluso con l’immancabile taglio della

torta preparata dalle volontarie del Santuario che

hanno letto a P. Marco un bel pensiero in cui

hanno espresso la loro più sincera e profonda gra-

titudine che nonostante la distanza geografica, in

quel di San Marino, sarà sempre nei cuori e nelle

menti dei monteprandonesi che lo sosterranno

con la preghiera quotidiana affidandolo alla pro-

tezione di San Giacomo affinché lo custodisca e

lo preservi nella Fede. P, Marco, ad maiora !

Fernando Ciarrocchi

Monteprandone

P. Marco “Grazie di cuore a tutti, sono stato bene convoi”. Cambio di guida al Santuario di Santa Mariadelle Grazie e San Giacomo della Marca.

Triduo23 24 e 25 Ottobre ore 18.15 in chiesa

con le riflessioni di unasuora Concezionista.

26 ottobre alle ore 11.00 celebrazione della S. Messa

Incontro ACG “Stasera...mi butto?!”, vola solo chi osa farlo

DIOCESI - Venerdì 17 ottobre,

grande serata per i giovanissimi della

diocesi, accompagnati dai propri assi-

stenti parrocchiali ed educatori,

presso il Teatro San Filippo Neri, al

grido di “Stasera...mi butto?!”. Pre-

senti i ragazzi delle parrocchie di San-

tissima Annunziata, Cristo Re,

Madonna della Speranza, Madonna

del suffragio, San Filippo Neri, Sacro

Cuore, San Pio V e San Pio X. Corag-

gio, paura e fiducia, queste le parole d’ordine dell’incontro organizzato, con grande impegno, dal

settore diocesano giovani di AC, iniziato con la testimonianza dei delegati regionali giovani di

Azione Cattolica, Luca Massacesi della diocesi di Loreto e Giacomo Antonelli della diocesi di

Senigallia, che partendo dall’icona biblica di quest’anno “Coraggio sono io!”, Mc 6, 45-52, e dalle

loro esperienze personali hanno parlato del loro coraggio, delle loro paure e della loro

fiducia:”Nella propria vita è fondamentale rendersi conto che qualcuno più forte, con più espe-

rienza, sta sempre al tuo fianco. E’ umano avere paura, ovvio che ci sia, ma non dobbiamo avere

paura di “avere paura”, perché dopo di essa c’è la fiducia in un Dio che ti ama talmente tanto da

non lasciarti mai solo in ogni avversità”, e ancora:”La bellezza del cristiano, è proprio questo ri-

porre la fiducia in Lui. La paura passa attraverso il coraggio di muoversi, dobbiamo circondarci

di persone, sacerdoti, educatori, amici che ci diano una parola di conforto, un sostegno, dopodiché

siamo noi che dobbiamo sviluppare la fiducia in Dio”. Quindi ai ragazzi è stata mostrata una scena

del film La Gabbianella e il Gatto, nella quale la gabbianella trova il coraggio di buttarsi e volare,

e su questo spezzone si sono basati i laboratori preparati dall’equipe diocesana ACG. Divisi in 4

gruppi, i giovanissimi sono stati stimolati dagli educatori a tirare fuori le loro paure, a parlare di

coraggio e di fiducia; ad ognuno di loro è stato consegnato un sasso a simboleggiare le loro paure,

e sono stati invitati a buttarlo nel mare, rappresentato da un cartellone blu su di un secchio, per

fare un atto di fiducia con il quale si è chiesto a loro di affidare le proprie difficoltà a Dio, e il

“mare”, “magicamente”, ha restituito loro la sabbia nella quale i sassi sono stati trasformati: per

volare dobbiamo osare, per superare le nostre paure dobbiamo fare un atto di coraggio per rivol-

gerci a Dio con fiducia; vedremo che in mano Sua le nostre paure si faranno piccole piccole e che

sarebbe stato pericoloso rimanere ostaggi di esse. A seguire un’abbondante cena gentilmente of-

ferta dalla parrocchia di San Filippo Neri che ha mostrato una grande e generosa disponibilità

nell’organizzazione di questo evento. La serata è terminata con un momento di preghiera guidata

da don Roberto Melone durante la quale i ragazzi hanno portato i sassi buttati nel “mare” ai piedi

della pietra angolare che è Cristo, l’unica Pietra capace di sconfiggere le nostre paure!

Chiappini Janet

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Si sono concluse le 2 giornate di presidio da-vanti a Montecitorio per contestare il decretoSBLOCCA ITALIA, un attacco ai diritti dei cit-tadini, alla democrazia e ai principi della costi-tuzione mai ricordato nella storia dellarepubblica italiana, che aggira il titolo quintodella costituzione stessa e cancella di fatto il di-ritto di partecipare al processo decisionale sulproprio territorio come garantito anche dallenormative europee.

Ad esse ha partecipato Ambiente e Salute nelPiceno che è tornata delusa dall’atteggiamentodimostrato dalla Commissione Ambiente dellaCamera ed è quindi preoccupata per possibili edetestabili decisioni che metterebbero in una si-tuazione disastrosa il nostro territorio, specieper quanto riguarda il nostro turismo. Situa-zione che aggrava lo stato di contingenza diquesti giorni e che non tiene conto del bene co-mune cui tutti aspiriamo. P.P.

Proprietà: “confraternita SS.mo Sacramento e cristo Morto”

Via Forte - S. Benedetto del Tr. (AP) REGISTRAZIONE TRIB. DI AScOLI PIcENO N. 211 del 24/5/1984

DIR. RESPONSABILE: Pietro Pompei [email protected] REDAZIONE E AMM.NE 63074 S. Benedetto Tr. (AP) Via Forte, 16 - Tel. 0735 581855 (int. 2-5)

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AGENZIA GENERALE DI S. BENEDETTO DEL TRONTO

Agente Generale Cinzia AmabiliVia F. crispi, 107 - Tel. e Fax 0735 582101

Nel 1958, don Lorenzo Milani conclu-

deva Esperienze pastorali, il suo capola-

voro teologico e letterario, con tre

proposte, da valutare in alternativa. La

prima era il ritorno al non expedit, cioè una

nuova proibizione ai cattolici di compro-

mettere il nome cristiano in una politica li-

beral-capitalistica. Seconda ipotesi:

affrontare le ingiustizie sociali con una ra-

dicalità superiore a quella dei comunisti.

Al terzo posto una separazione totale dei

ruoli: i laici cristiani impegnati in politica

come «privati cittadini», i preti occupati

ad annunciare «l’ideale cristiano alto e

puro» e pronti a parlare di governi e di politici solo per criticarli duramente. Erano proposte fatte

per provocare riflessione e discussione. Oggi non siamo più in concorrenza col comunismo, il capi-

talismo è in crisi ed è sparito il ‘partito cattolico’, che comprometteva la Chiesa. Ma la situazione di

oggi sembra aver realizzato la terza proposta di don Milani. Chi si aspetta più che un politico agisca

«da cattolico»? La legge sul divorzio non è nata dai cattolici, ma oggi un Parlamento e un governo

dove stanno molti cattolici approvano il ‘divorzio breve’. Forse la legge sull’aborto era, nello spirito,

una depenalizzazione del reato, ma è stata gestita come la protezione di un ‘diritto civile’ e ora

sembra superata dalla diffusione delle pillole abortive. Abbiamo difeso (come male minore) la fe-

condazione omologa in vitro e ora i governatori regionali (cattolici e no) fanno a gara per offrire il

miglior servizio di fecondazione eterologa. Quanto reggerà il fronte contro il matrimonio omoses-

suale e la maternità surrogata? Quanto la resistenza contro la ricerca attraverso la dissezione degli

embrioni soprannumerari? E la deriva eutanasica? La voce dei preti, su cui contava don Milani,

arriva appena al piccolo gregge dei praticanti, mentre la gran massa dei battezzati ‘in sonno’ ascolta

altri maestri. E se la voce oltrepassa le navate della chiesa, scatta l’accusa di ingerenza indebita. Ep-

pure, non siamo soltanto davanti a nicchie di paganesimo, come ce ne sono state tante in passato, in

basso come in alto. La trasformazione dei desideri individuali in ‘diritti civili’ (oggi primaria preoc-

cupazione della politica,ne abbiamo avuto un esempio mediatico domenica al Campidoglio) sta met-

tendo in crisi le fondamenta della società. Alcuni politici sono arrivati a contestare l’obiezione di

coscienza all’aborto, tutelata per legge. Io mi chiedo: quante occasioni di obiezione di coscienza

(non tutelata) si presenteranno in futuro? Per quanto ancora i cristiani potranno sentirsi partecipi di

un ordinamento civile così permeabile al disprezzo verso la vita nascente, verso la famiglia, verso i

figli? I cristiani dei primi secoli si posero il problema della collaborazione con le istituzioni statali

dell’epoca, in pieno declino. Sant’Agostino giunse a vedere nella devastazione di Roma del 410 un

giudizio di Dio che delegittimava del tutto lo Stato romano. Che dire, davanti alle devastazioni che

da tanto tempo si operano in tutti i campi delle relazioni umane? Forse non serve sognare una nuova

‘città di Dio’, visti anche i tanti fallimenti del passato, ma certo è tempo di dare uno sguardo com-

plessivo ai cambiamenti in corso.

E chiederci poi se le risposte che stiamo

dando come credenti sono adeguate alla

gravità del momento. (Avvenire)

ACQUAvIvA PICENA - Martedì, 14 ottobre, alcuni fedeli della parrocchia di San Niccolò si sono

recati in pellegrinaggio al santuario di San Giovanni Rotondo con il parroco don Alfredo, Padre Clau-

dio e Padre Giuliano del convento dei Frati Agostiniani. Durante la mattinata i pellegrini hanno visitato

la chiesa di San Pio, in particolare la tomba del Santo, per poi partecipare alla messa. Una volta pran-

zato, in albergo, il parroco ha guidato i parrocchiani lungo le stazioni della Via Crucis, durante la

quale sono state lette alcune brevi riflessioni di Padre Pio; infine c’è stato un breve incontro con una

compaesana, la dottoressa Valori, che ha parlato dei progetti riguardanti la ricerca nel campo della

medicina, che si stanno realizzando proprio a San Giovanni Rotondo. Chiappini Janet

San Niccolò, pellegrinaggio a San Giovanni Rotondo

I desideri individuali Diritti civili, società in seria crisi e risposte dei credenti

Sandro Lagomarsini

Sala Rossa del Campidoglio

ACQUAVIVA PICENA – L’anno catechistico è ini-ziato e ai cresimandi di San Niccolò è stata fatta unaproposta interessante da parte del parroco don Al-fredo e delle educatrici Rita e Anna: iniziare a scri-vere articoli per un giornalino parrocchiale. Duranteil primo incontro i ragazzi sono stati invitati a riflet-tere sui temi della famiglia e della paura, e a metteregiù qualche parola per esprimere i loro pensieri a ri-guardo; un modo per sperimentare qualcosa dinuovo che permetta loro di condividere i propri pen-sieri e concretizzare un progetto. I ragazzi hanno la-vorato in gruppi per buttare giù alcune righe che laredazione ha il piacere di pubblicare per incorag-giarli ad andare avanti. Qui di seguito i primi articoli scritti da loroe revisionati dalla redazione: “I problemi in famiglia si risolvono riu-nendosi con tutti i parenti. I nostri genitori si fidano di noi quando cimettono alla prova, ogni giorno, lasciandoci andare a scuola nono-stante sappiano che qualche volta potremmo sbagliare”. “Quando sihanno problemi in famiglia, si risolvono riunendosi tutti insieme escegliendo sempra la soluzione giusta”.

“Nel momento in cui ci si presenta unproblema, chiediamo un consiglio aimembri più cari della nostra famigliache possiedono più esperienza per-ché, essendo più grandi, hanno giàvissuto questi episodi e vogliono far-celi superare nel modo migliore, inse-gnando che non bisogna scappare”.“Il Signore è la nostra fonte di luce,se Lui non ci fosse brancoleremmonel buio. Quando noi ci troviamo albivio, all’inizio non sappiamo cosafare e ci affidiamo sempre al Signore,

perché ci aiuti a superare quel momento, scegliendo sempre il modomigliore. E’ in questi momenti che ci ricordiamo di appartenere allagrande famiglia di cristiani, che vivono la fede aiutando il prossimo”.“Quando abbiamo dei problemi, delle incertezze o dei timori, ne dob-biamo parlare con persone che hanno più esperienza di noi, chehanno già attraversato questi momenti di buio e sanno, quindi, con-sigliarci ottime soluzioni”. Chiappini Janet

San Niccolò, i cresimandi si danno al giornalismo