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Per un’Europa dei diritti Incontrarsi a BERLINO Associazione Nazionale Reduci dalla Prigionia dall’ Internamento dalla Guerra di Liberazione e loro familiari Saeid Mojavari / Enrico Pietracci

Anrp Brochure Incontrarsi a Berlino

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Per un’Europa dei diritti

Incontrarsi

a BERLINO

Associazione Nazionale Reduci dalla Prigionia dall’ Internamento dalla Guerra di Liberazione

e loro familiari

Saeid Mojavari / Enrico Pietracci

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L’ANRP è convinta che occorre impegnarsi fortemente per coltivare la pace attraverso la promozione del dialo-go tra diversi, dell’ascolto delle ragioni dell’altro e della memoria delle “vittime” che la guerra è capace di ge-nerare. E’ necessario suggestionare, procurare incanti, provocare emozioni. Il codice principe per ottenere ciò è il linguaggio universale dell’arte di cui l’umanità non può fare a meno e di cui le genti si servono, sin dalla notte dei tempi, per comunicare direttamente le proprie emozioni.Il connubio tra l’ANRP e il mondo dell’arte ha favorito sempre più l’adesione e la partecipazione di artisti di va-lore internazionale a iniziative tese a una vivace elabora-zione dell’arte nel segno della memoria e dell’espressio-ne delle tragedie passate ed attuali nel mondo. E’ in quest’ottica che, fin dagli anni Ottanta – con l’istitu-zione del Dipartimento Art Division - l’ANRP continua a individuare momenti e luoghi per incontri pluriculturali e multietnici dando modo ad un folto pubblico eterogeneo di ricevere input e di partecipare in modo attivo al raccon-to della Storia di un passato recente.Per l’ANRP, occorre che i messaggi di pace e di ripudio della guerra si trasformino in patrimonio culturale e siano trasmessi alle nuove generazioni a cui si deve passare il testimone. Belle frasi che si potrebbero definire “politi-cally correct”; ma le parole, per quanto nobili, solenni e auliche possano essere, se non accompagnate da impe-gni, difficilmente riescono ad oltrepassare la mente e a fare breccia sino al cuore di chi le ascolta, lasciandovi un segno duraturo.

Art Division

Enzo Orlanducci Presidente Nazionale

Supplemento a mensile socio-culturale rassegna dell’anrp

n. 10 - 2015 mensile informativo-culturale

Sede legale e direzione

00184 Roma - Via Labicana, 15aTel. 06.70.04.253 Fax 06.77.255.542

internet: www.anrp.ite-mail: [email protected]

direttore reSponSabile

Salvatore Chiriatti

RegistrazioneTribunale di Roma

n. 17530 - 31 gennaio 1979Registro Nazionale della Stampa

n. 6195 - 17 febbraio 1998

StampaEdizioni grafiche Manfredi

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Si tratta di una mostra che parla di ricordi e di presente, di esperienze personali e di riflessioni che producono una memoria multietnica condivisa. Oggi come ieri i diritti uma-ni vengono calpestati ed è proprio l’attualità che suscita in noi la curiosità e il bisogno di conoscere singole storie del passato e quel profondo e semplice eroismo di persone che hanno scelto di non rinnegare la propria umanità. L’ANRP ospita, come tributo alla sua mostra permanente “Vite di Internati Militari Italiani”, le installazioni degli artisti Saeid Mojavari (iraniano) ed Enrico Pietracci (italiano) dedicate ri-spettivamente agli attuali migranti e ai 700.000 militari ita-liani che furono internati in Germania e destinati al lavoro coatto, dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943. Anche se sono convinta che nulla avviene per caso, questo progetto è frutto di incontri non programmati che ho avuto di recente a Berlino con due artisti che non si conoscevano tra loro. Le vicende della loro vita, del lavoro e della sensibilità artistica li hanno portati nella capitale tedesca all’inizio degli anni ‘90, in qualche modo anche loro come migranti. Una scelta dra-stica, che ha permesso loro di lasciarsi alle spalle tutto e di ricominciare una nuova vita, proprio come la città di Berlino che è stata capace di risorgere e di ricominciare più di una volta. I loro linguaggi artistici sono molto differenti. Quello di Saeid Mojaveri consiste in una pittura fortemente legata alla sensazione del momento, al gesto libero, al vortice emotivo, al colore e al grafitismo; quello di Enrico Pietracci è invece un linguaggio raffreddato, mutuato dalla fotografia, dal cinema e da un ricordo più lontano nel tempo che speso riaffiora come un sogno in bianco e nero.

Saeid Mojavari dedica questa nuova serie di opere alla tra-gica morte di Aylan, il bambino siriano di tre anni affogato mentre era in fuga con la sua famiglia e il cui corpicino è sta-to ritrovato sulle spiagge turche. La storia di questo piccolo martire coinvolge Saeid non solo a livello etico e politico, ma anche da un punto di vista strettamente personale. Attraver-so Aylan, Saeid ancora una volta rivive una tragedia persona-le, la morte di suo fratello Siamak, annegato in Iran a causa di una frana. Nella sua mente i due corpi e i due volti si sovrap-pongono diventando la traccia di una umanità violata. Attra-verso 10 opere l’artista cerca gli ultimi movimenti, i sussulti e il finale abbandono di questo duplice corpo. Lui definisce queste opere lavori liberi e dinamici, all’interno di vortici di colore e di linee a carboncino che suggeriscono l’immobili-tà di un corpo bloccato, incapace di difendersi dalle acque. Attraverso una gestualità carica di emotività Mojavari fonde questi due aspetti antitetici per simboleggiare ideologie e regimi totalitari, nuove forme di fascismi che si esprimono attraverso la negazione di ogni più elementare diritto a per-sone, etnie e popoli. Tali fenomeni, per di più, risultano in allarmante crescita anche nei paesi occidentali, in forma pa-

INCONTRARSI A BERLINOPer un’Europa dei diritti a cura Francesca Pietracci

lese o latente, individuale o collettiva. Accanto a questa serie di opere su carta, l’artista colloca anche una piccola tela rea-lizzata attraverso un collage di stoffa indurita e metallizzata, precisamente di una camicia. Anche questa opera è dedicata ad Aylan e rappresenta un’incursione di un ciclo parallelo di lavori che l’artista realizza sintetizzando il concetto di scultura con quello di pittura su tela. L’effetto è quello di un reperto di uniforme e tutte insieme formano un esercito di persone che l’artista vuole ricordare e celebrare per meriti culturali, politici e sociali. Lontano ormai da venti anni dal suo paese, l’Iran, anch’esso denso di difficoltà, violazioni e totalitarismi, Mojaveri costruisce in questo modo un suo personale pan-theon, arricchito anche da suggestivi libri-scultura e da vari film di animazione, come “Il cuore” presentato nel 1992 al Film Festival di Cannes. L’insieme del suo lavoro, quindi, si fonda principalmente sul concetto di dare forma alla memo-ria e condividerla con una umanità in pericolo, nel suo insie-me e nell’intimità di ogni singolo.

Enrico Pietracci è un artista visivo italiano che vive e lavora a Berlino dal 1994 e che ha focalizzato la sua ricerca principal-mente sul corpo, sul movimento e sull’ambiente, esprimen-dosi attraverso la pittura, il disegno, la fotografia e il video. Il concetto che predilige è quello delle linee che il movimento dei corpi imprimono nello spazio, quelle traiettorie invisibili che rappresentano per lui la via dell’esplorazione, della pe-netrazione e dell’acquisizione, fino a raggiungere il dissolvi-mento. La portata simbolica di questo discorso è costituita da una ricerca di unità, appartenenza e condivisione. Il suo dunque è un atteggiamento olistico che genera e alimenta un approccio etico nei confronti della vita e della società, un atteggiamento che si contrappone nettamente alle dilagan-ti pratiche biopolitiche attraverso le quali la rete dei poteri gestisce le discipline del corpo e la regolamentazione delle popolazioni. In altre parole quel meccanismo che trasforma le persone in individui e quindi in massa. Da questo presup-posto è facile capire come sia passato successivamente a dipingere ritratti di famiglie sconosciute mutuati da vecchi e anonimi album di foto e da qui a riappropriarsi di un paesag-gio concepito come luogo mentale, come sentiero e come percezione di altre possibili vite e dimensioni. Il progetto per questa mostra, realizzato con 12 opere in olio su carta e un video, nasce da una storia successiva. Qualche mese fa, dopo la recente scomparsa dei genitori, ritrova alcune foto di famiglia tra le quali una di suo padre Carlo, insieme ad altri due soldati italiani, scattata a Berlino il 17 settembre 1944 e risalente al periodo in cui fu un Internato Militare. A partire da questo fatto l’artista inizia a ricordare la sua infanzia e gli epi-sodici racconti del padre riguardo a quella dura esperienza di lavoro coatto avvenuta all’età di poco più di 20 anni. Ma riguarda anche le foto di Carlo ragazzo prima della guerra, di sua madre, di sua sorella e di lui bambino sullo sfondo del mare di Porto San Giorgio, nelle Marche. Ricorda anche quell’unico paio di scarponi militari del padre, custoditi per anni in soffitta, con i quali lui giocava immaginando la guerra. Da qui le sue 12 opere in bianco e nero e sfocate come il ricordo e, alla fine, anche il video in cui ripercorre, con i piedi di oggi, i luoghi di Berlino frequentati all’epoca dal padre, attraverso una lunga ripresa soggettiva.

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Ho voluto rielaborare la tragica morte dai Aylan, il bambino di tre anni affogato durante la fuga dalla sua città di Kobane ed arenato sulla costa turca, perché la sua immagine ha con-centrato l’attenzione del mondo sul problema dei migranti e ha avviato un cambiamento di rotta nella politiche euro-pee. Egli è diventato il simbolo del destino individuale di tutti coloro che cercano di salvare la propria vita e la propria di-gnità, sfuggendo da terrorismo, guerra, carestia e violazione dei diritti umani. Ma un altro viso deturpato dal dolore, che esprime nei suoi lineamenti il tentativo estremo e dispera-to di rimanere in vita, brucia eternamente nel mio ricordo e ritorna alla luce insistentemente, proprio in questo periodo che vede ogni giorno esseri umani inermi annegare nelle ac-que del mediterraneo. Il volto è quello del mio amato fratel-lo Siamak, affogato in mare a causa di una frana l’anno prima che mi trasferissi in Germania. Per questo ho realizzato una serie di opere su carta dedicate al piccolo Aylan nelle quali ho voluto sovvertire il rapporto classico tra colore e disegno, spingendo la linea a carboncino in primo piano e imprimen-do movimento alla figura umana attraverso posizioni sovrap-poste e sfalsate in segmenti di tempo.

La mia è una riflessione circa il costante smantellamento del-lo stato sociale, e della cultura in genere, da un lato e l’accu-mulo di capitali nelle tasche di pochi ricchi dall’altro. Riten-go che siano principalmente queste dinamiche a generare un inquietante clima di freddezza sociale che si manifesta nelle attuali popolazioni occidentali, uno stato di indifferen-za e qualunquismo che le spinge a prendere la propria in-giustificata rivincita sui migranti. In Europa si pensa che il totalitarismo, il nazionalismo, il razzismo, il neofascismo e il neonazismo rappresentino solo un problema locale. Invece intolleranze e totalitarismi si mostrano nelle zone più dispa-rate della Terra con sfaccettature sempre più variegate co-stituiscono ormai da tempo un problema globale. Un’ultima questione, ma non meno importante, riguarda i paesi orien-tali nei quali prevale un integralismo religioso dal quale, al momento, numerose persone sono costrette a fuggire.

Saeid Mojavari

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L‘ idea di questo progetto volto a recuperare frammenti di una memoria in gran parte rimossa, nasce da un piccolo muc-chio di vecchie foto, ritrovate fra il ciarpame della mia casa natale nelle Marche, schegge di vita vissuta, riesumate dal caos di mille oggetti accumulati alla rinfusa dai miei genitori, recentemente scomparsi, e soprattutto da mio padre, morto nel giugno del 2014 all’età di 93 anni. Fra le poche immagini della mia infanzia, ho ritrovato un paio di vecchie foto ingial-lite di mia madre e mio padre da giovani, una delle quali (se-condo la scritta sul retro) scattata a Berlino nel 1944, che mo-stra mio padre con indosso una divisa militare stropicciata che posa in modo informale accanto ad altri due soldati non meglio acconciati. Mio padre nacque nel febbraio del 1921, al tempo dei suoi 20 anni fu quindi maturo per essere richia-mato alle armi durante la seconda guerra mondiale. Il rap-porto con mio Padre è, quasi sempre, stato problematico, anche se, nella mia infanzia, gli sporadici racconti delle sue vicissitudini trascorse nel periodo della guerra mi colpivano ed affascinavano profondamente. Alcune delle sue “storie” mi ritornano ancora alla mente: Nei primi anni di guerra mio padre fu di stanza sull’isola greca di Zante nel mare Ionio, in quel periodo gli fu assegnato il compito di furiere, non assi-stette a nessuna battaglia, e trascorreva il tempo a prendere il sole e fare bagni in quel mare invitante, uno degli aneddoti più curiosi di quel periodo è quello di quando, in carica del suo compito, fece l’elenco di tutti i fucili da assegnare ai sol-dati della truppa, nella sua lista mancava un fucile, quello che sarebbe stato destinato a lui … chissà se il suo errore non fosse stato volontario?... Dopo l’armistizio proclamato dal generale Badoglio, lui, come molti altri “combattenti” italiani, si trovò a dover decidere se continuare la guerra ac-canto all’alleato germanico o darsi come prigioniero, la sua scelta non ebbe bisogno di grandi elucubrazioni. Lui, come molti altri connazionali, fu caricato dai soldati tedeschi in un treno con destinazione ignota. Mio padre trascorse un intero mese senza lasciare quel treno, che percorse migliaia di chi-lometri fra la Jugoslavia, la Romania, l’Ungheria ecc. fino ad arrivare, per sua fortuna, a Berlino, dove fu assegnato, come lavoratore forzato, ad una fabbrica di aerei sita nel quartiere di Tempelhof e dove rimase fino all’invasione sovietica della città del 1945. La divisa che indossava dalla Grecia non fu mai cambiata nel corso degli anni successivi che mio padre tra-scorse nella capitale del terzo Reich. Dopo ore di duro lavoro sotto sorveglianza, lui con altri compagni di sorte, aveva il permesso di lasciare la fabbrica-lager per recarsi, per alcune ore, in città, dove poteva persino permettersi qualche picco-la avventura piacevole e prendere contatto con lo spazio e la vita di quel posto, che, agli occhi di un giovane di quegli anni, appariva, nonostante tutto, avvincente ed eccitante. Particolarmente interessanti, sono state le varie strategie di sopravvivenza sviluppate in una fase così estrema della sua vita … in tali vicende, si manifestava lo spirito anti eroico di

Enrico Pietracci

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un combattente disarmato impegnato in una sorta di guer-ra passiva e paziente mirata alla semplice “sopravvivenza”. Il pensiero che spesso mi sorgeva nell’udire queste storie, era quello che in qualche modo, in quel periodo difficile e rischioso, io sono sempre stato (in parte) con lui, dato che se non fosse più ritornato in patria, non avrebbe conosciuto mia madre ed io non sarei mai nato … Da molti anni, per una singolare combinazione della “sorte”, vivo a Berlino, la stes-sa città, dove mio padre trascorse i suoi anni da internato, la recente scomparsa di mio Padre mi ha riportato, dopo anni di assenza, a rivisitare la mia casa di nascita dove ho ritrovato, insieme alle foto citate, molti ricordi e sensazioni che avevo da tempo dimenticato. Riguardando quelle vecchie fotogra-fie, mi sono passate di fronte tutte le vicende che hanno por-tato all’incontro tra mio padre e mia madre nonché alla mia nascita, in seguito, ho cercato di ricongiungere i fili di questi destini incrociati, riunendoli in un concetto artistico che po-tesse creare un racconto singolare per immagini, composto dalla rielaborazione pittorica di dettagli fortemente ingran-diti, creando in tal modo una sorta di elegia della memoria che trascende la mera documentazione storica.

Saeid Mojavari è nato a Lahidjan (Iran) nel 1968; vive e lavora in Germania dal 1996.

Nel 1994 si è diplomato all’Accademia di Belle Arti di Teheran (Iran)

2001 – 2012 Gründung der „Mojavari Galerie“ in Köln (2001-2008), seit 2009 bis Heute in Berlin.

1984-2013 Ausstellungen als Maler (Auswahl): 2012 7. Berlin Biennale 2012. 2004 Shanghai Art Fair. 2003 Galerie Cotérue, Barbizon, Paris. 2001 Kulturzentrum Wesel. 1994 Azadi Museum , Teheran. 1991 II. Biennale Teheran im Modern Art Museum Teheran. 1984 Kulturzentrum Niavaran, Teheran. 1998-2000 Erstellung eigener Filme für den WDR, Köln. Erstellung eigener Zeichentrickfilme mit Kindern im. Museum Abteiberg, Mönchengladbach. 1994-1996 Lehrbeauftragter in Malerei und Film an der Kunsthochschule in Teheran und an der Universität Rojan in Noshar. 1994 Ausstellung Video Art in Museum of Fine Arts, Boston. 1988-1992 Buch, Regie und Produzent für den Kurzfilm „Das Herz“ 35mm. Nominierung für die Goldene Palme in 1992 Festival de Cannes und Annecy, Hong-Kong,Filmzenterum. Chicago,Bombay ,Bilbao Festival,Lucca Italien, Sitges Spanien. Madrid Semana de Cine Experimental. Ausbildung: 1989-1994 Studium der Freien Malerei an der Kunsthochschule Teheran, Abschluß: Magister.M.A. 1974-1988 Künstlerisches Gymnasium Rascht, Abschluß: Allgemeine Hochschulreife, Hauptfach: Grafik

Filmographie: 1988 Regie und Produktion des Trickfilms „Der Traum in der Nacht“. 1989-1992 Drehbuch,Regie und Produktion des Trickfilms „Das Herz“ (35mm). Vorführung des Films“Das Herz“bei folgenden Filmfestivals: 1992 CANNES/ Frankreich, Kandidat für die „Goldene Palme“. 1992 Abteilung des Ewigkeitskinos CANNES zusammen mit neun. Ausgewählten Filmen der Iranischen Filmgeschichte vom Anfang bis zur Gegenwart. 1992 SITGES/Spani n. 1992 LUCCA/Italien. 1993 Abteilung der professionellen. Filmemacher “ANNECY”. 1994 Bombey/Indien. 1994 Hong - Kong. 1994 Museum Boston/USA. 1994 Filmzentrum Chicago/USA. 1994 Regie und Produktion der folgenden Kinderfilme(16 mm). für das Erste Fernsehen Iran: „Der Rauch“, „Der Fluß“„Der Regen“, „Der Rabe“. 1995 Drehbuch,Regie und Produktion. des Films „Der Stein und Chance“. 1998-20 Zeichner in „Toon Company“. (Produktionsfirma für Zeichentrickfilme), Erstellung eigener Zeichentrickfilme, Museum Abteiberg Mönchengladbach.

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Enrico Pietracci è nato a Porto San Giorgio (FM) nel 1958; vive e lavora a Berlino dal 1994Nel 1983 si è diplomato in Scenografia all’Accademia di belle Arti di Firenze.

1988/89 Art-Director nel campo della foto di moda, regia di sfilate di moda in collegamento con danza e teatro a Firenze e Prato. 1990/96 Art-Director per la TV aziendale del gruppo Fininvest a Milano. 1995/2005 Illustratore per agenzie di pubblicità e diverse riviste, disegnatore di story-board per produzioni cinematografiche e televisive a Berlino e Milano. Disegnatore per produzioni di film di animazione, ideazione e realizzazione grafica di CD- rom interattivi per bambini a Berlino e Babelsberg. 1999 Mostra personale galleria Burckhard, Berlino. 2001 Mostra personale galleria Gesundheitszentum am Potsdamer Pl. Berlino. 2002 Mostra personale galleria Gesundheitszentum am Potsdamer Pl. Berlino. 2003 Mostra personale studio di architettura e design SPEK, Stoccarda. 2007 Mostre personali a Freiburg e Berlino, Matthias Friedrich e Caffè Tasso. 2008 Performance danza e disegno dal vivo, “im Fluss der Zeit”, galleria Malerei e Graphik, Berlino. Performance-installazione, “Verwandlungen”, nella galleria Malerei e Graphik, Berlino. Performance-installazione-Lettura, “Die schöne Querulantin”, nella galleria Malerei e Graphik, Berlino. Performance-installazione, “Stimmungen”, nella galleria Malerei e Graphik, Berlino. Performance-installazione, “Body Art-Conjunction”, nella galleria Malerei e Graphik, Berlino. Mostra personale e Performance in Atelier in occasione della “48 Stunden Neukölln”, Berlino. 2009 Mostra collettiva, “Assoziation & Image” galleria Malerei e Graphik, Berlino. Performance-installazione, “Die Kaiserin” galleria Morath-Institut, Freiburg i. Br. Performance-installazione, „the Big-Draw“ Bode Museum a Berlino. Performance-installazione, “Die Beute”, L’Atelier, Berlino. Performance-installazione, „Das Labyrinth“, L’Atelier, Berlino. 2010 Mostra personale Brezelbar, Berlino. Performances-installazioni: “modelomaquia” L’Atelier, Berlino. “Das Zimmer…hinter der Spiegel” L’Atelier, Berlino. „Traum des Daidalos“ DAZ- Dutsches Architekturzentrum, Berlino. „Die Muse im Café“ happenings itineranti in diversi Bar e Caffè nella Bergmannstrasse- Kreuzberg, in occasione della manifestazione “Big Draw Berlin” Berlino. 2011 Mostra Collettiva “Ausdrucksdialoge” e performance “Ausdruckstango” L’Atelier, Berlino. Partecipazione alla “Art Kreuzberg”, Berlino. Performances-installazioni: “Opera al nero”, L’Atelier, Berlino. “Light and Frame” insieme alla compagnia di danza internazionale “Stolen Fish”, L’Atelier, Berlino. “Trialog” in “Trialog Atelier”, Berlino. „Body art-in-progress“ performance sperimentale di 7 giorni consecutivi sullo sviluppo del rapporto coatto fra un artista, una attrice-modella ed il pubblico, in presenza di telecamere in collegamento con Internet 24 ore su 24, nel “Raum 29” Berlino. “Traum eines Malers” con la compagnia di musica danza e teatro “Zwischenwort” in occasione del festival “Art Kreuzberg” Berlino. “Transformationen” L’Atelier, Berlino. 2012 Performances-installazioni: “Solve et Coagula” performance-video-installazione nel Teatro danza Uferstudios 1, Berlin. “Atanor-the place” performance-video-installazione sperimentale di 5 giorni consecutivi, L’Atelier, Berlino. “X=Hase” Performance-video-installazione ispirata alla vita ed all’opera di Meret Oppenheim, L’Atelier, Berlino. 2013 “Coplanimetria” Performance-video-installazione, danza-action-painting, L’Atelier. Berlino. “X=Hase #2” L’Atelier, Berlino. 2014 Workshop di disegno intuitivo di nudo in movimento “body-Akt-ing” e di action-paintig di gruppo “Corpografia”, L’Atelier,Berlino. 2015 „B.AGL Kunstmesse“, Post Bahnhof, Berlino. Mostra di pittura e video-installazione „Bow-up-project“, Temporary Gallery, Berlino.

Vite di IMI

Percorsi dal fronte di guerra ai lager tedeschi 1943-1945

In occasione del 70° anniversario della Liberazione dei militari italiani internati nei lager nazisti, nonché della fine della Seconda Guerra Mondiale, l’ANRP ha voluto accompagnare tale ricorrenza con l’allestimento della mostra storico-didattica dal titolo “Vite di IMI. Percorsi dal fronte di guerra ai lager tedeschi 1943-45”.Il progetto nasce come contributo alla costruzione di una comune politica della memoria tra l’Italia e la Germania, per dimostrare come i due Paesi siano riusciti a superare le tragiche vicende del passato e a lavorare oggi insieme per un futuro di pace e di sempre maggiore coesione europea. Alla realizzazione della mostra hanno contribuito, tra gli altri, il Fondo italo-tedesco per il futuro, la Sapienza Università di Roma e il CNR. La mostra ripercorre la vicenda individuale e collettiva degli oltre 600mila IMI - Internati Militari Italiani i quali, catturati dopo l’8 settembre 1943, essendosi rifiutati di collaborare con il nazifascismo, furono deportati e internati per venti mesi nei lager del Terzo Reich. Destinati al lavoro coatto, subirono un trattamento disumano, soprusi e umiliazioni. Decine di migliaia persero la vita nel corso della prigionia per malattie, fame, stenti, uccisioni. Coloro che riuscirono a sopravvivere furono segnati per sempre.Il materiale storico-documentaristico è stato accuratamente selezionato da un qualificato gruppo di ricercatori ed è particolarmente adatto per i giovani studenti, non presentando elementi che possano turbare la loro sensibilità. Il percorso espositivo è affidato a una serie di pannelli di sintesi, di teche espositive, di supporti comunicativi multimediali dislocati nelle varie sale e di q-r code per la riproduzione di documenti e contenuti sui propri dispositivi mobili (cellulari e tablet), secondo linee cronologiche e allo stesso tempo tematiche. In ogni sala sono inserite postazioni con filmati storici introduttivi sull’argomento specifico, testimonianze videoregistrate di veterani, arricchite da lettere, fotografie, disegni e documenti originali. Una sezione della mostra è dedicata ad alcune attività culturali svolte nei lager: la pittura, la fotografia, la musica e il teatro.

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