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Prefazione
Le seguenti note sono una raccolta degli appunti dei corsi di AnalisiMatematica 1 per i Corsi di Laurea in Ingegneria (Biomedica, Civileed Ambientale, Elettronica, Meccanica, Informatica e Telecomunica-zioni) e di Matematica per il Corso di Laurea in Scienze Biologichetenuti dagli autori negli ultimi anni presso l’Universita Politecnica del-le Marche. Essendo al momento una semplice bozza, saranno sicura-mente presenti errori che vi preghiamo volerci segnalare all’[email protected]
3
Indice
Prefazione 3
Capitolo 1. Numeri Reali 71. Assiomi dei numeri reali 72. Estremo superiore ed inferiore 153. Numeri Naturali e Numeri Razionali 194. Appendice: numeri complessi 23
Capitolo 2. Successioni numeriche 291. Limiti di successioni numeriche 292. Teoremi di confronto 373. Successioni monotone e Numero di Nepero 404. Criterio del rapporto ed infiniti di ordine crescente 495. Relazione di asintotico 526. Appendice: Sottosuccessioni e Teorema di Bolzano-
Weierstrass 557. Esercizi 60
Capitolo 3. Funzioni reali 631. Qualche richiamo 632. Limiti di funzioni 713. Relazione di asintotico e simboli di Landau 834. Ordine di infinitesimo 885. Ordine di infinito 916. Esercizi 93
Capitolo 4. Funzioni continue 971. Classificazione delle discontinuita 992. Immagine di una funzione continua 1013. Continuita della funzione inversa 1084. Appendice: Funzioni uniformemente continue e Teorema di
Heine-Cantor 1095. Esercizi 112
Capitolo 5. Funzioni derivabili 1131. Definizione di derivata 113
5
6 INDICE
2. Regole di derivazione 1203. Teoremi fondamentali del calcolo differenziale 1234. Funzioni convesse 1295. Applicazioni del calcolo differenziale 1336. Teorema di De l’Hopital 1397. Formula di Taylor 1458. Esercizi 158
Capitolo 6. Funzioni integrabili 1631. Integrale di Riemann 1632. Teorema fondamentale del calcolo integrale 1693. Integrali indefiniti 1724. Calcolo di integrali definiti: aree e lunghezze 1855. Esercizi 189
Capitolo 7. Integrali impropri 1911. Integrali impropri su intervalli limitati 1912. Integrali impropri su intervalli illimitati 1993. Esercizi 211
Capitolo 8. Serie numeriche 2151. Serie a termini non negativi 2162. Serie a termini di segno alterno 2223. Operazioni tra serie 2244. Esercizi 227
Capitolo 9. Serie di potenze 2291. Insieme di convergenza di una serie di potenze 2302. Derivata ed integrale di una serie di potenze 2343. Serie di Taylor 2384. Esercizi 247
Capitolo 10. Serie di Fourier 2491. Diseguaglianza di Bessel 2492. Convergenza puntuale della Serie di Fourier 251
Indice analitico 261
CAPITOLO 1
Numeri Reali
Iniziamo con il presentare l’insieme dei numeri reali, denotato con R.Particolari e familiari numeri reali sono
numeri naturali, N: 1, 2, 3, ...
numeri interi, Z: ...,−3,−2,−1, 0, 1, 2, 3, ....
numeri razionali, Q: pq
con p ∈ Z e q ∈ N dove si considerano iden-
tificate nel medesimo numero razionale frazioni del tipo pq
e mpmq
con
m ∈ Z \ {0}.Valgono ovviamente le inclusioni N ⊂ Z ⊂ Q ⊂ R. I numeri razionalinon esauriscono i numeri reali, ovvero l’insieme R\Q = {x ∈ R |x 6∈ Q}e non vuoto ed i suoi elementi vengono chiamati numeri irrazionali. Nesono esempi
√2, π ed il numero di Nepero e, che definiremo nel seguito.
I numeri reali possono essere introdotti mediante un procedimento dicompletamento dell’insieme dei numeri razionali (a loro volta definiti apartire dai numeri naturali) ma tale costruzione necessita di sofisticaticoncetti dell’analisi matematica che esulerebbe dai nostri intenti. Inumeri reali possono invece essere introdotti in modo assiomatico nelseguente senso: postuliamo che esista un insieme ove siano definitedue operazioni binarie interne (somma e prodotto) ed una relazioned’ordine (minore o uguale) soddisfacente a delle stabilite proprieta, gliassiomi. Tale insieme verra chiamato insieme dei numeri reali.
1. Assiomi dei numeri reali
L’insieme dei numeri reali R e un insieme soddisfacente i seguentiassiomi:
(A) Assiomi algebrici: sono definite in R due operazioni binarie interne,somma a+ b e prodotto a · b soddisfacenti le seguenti proprieta:
1. Proprieta commutativa di somma e prodotto:
a+ b = b+ a e a · b = b · a, ∀ a, b ∈ R2. Proprieta associativa di somma e prodotto:
(a+ b) + c = a+ (b+ c) e (a · b) · c = a · (b · c), ∀ a, b, c ∈ R
7
8 1. NUMERI REALI
3. Proprieta distributiva della somma rispetto al prodotto:
a · (b+ c) = a · b+ b · c, ∀ a, b, c ∈ R
4. Esistenza dell’elemento neutro della somma o zero : esiste 0 ∈R tale che a+ 0 = a per ogni a ∈ R.
5. Esistenza dell’elemento neutro del prodotto o unita : esiste 1 ∈R tale che a · 1 = a per ogni a ∈ R.
6. Esistenza dell’opposto: per ogni a ∈ R esiste −a ∈ R tale chea+ (−a) = 0.
7. Esistenza del reciproco: per ogni a ∈ R con a 6= 0 esiste 1a∈ R
tale che a · 1a
= 1.
Tali proprieta sono caratteristiche di un campo algebrico. Si usano leseguenti notazioni: a+ (−b) = a− b e a · 1
b= a
b.
Utilizzando le precedenti proprieta si puo provare l’unicita dell’elemen-to neutro di somma e prodotto, cosı come l’unicita dell’opposto e delreciproco di ciascun numero reale non nullo.
Dalle precedenti proprieta e inoltre possibile ottenere le usuali regoledell’algebra. Vediamone solo alcune:
• Se a + b = c + b allora a = c. Infatti, dalla definizione diopposto e dalla proprieta associativa si ha:
a = a+ 0 = a+ (b− b) = (a+ b)− b= (c+ b)− b = c+ (b− b) = c+ 0 = c
• Risulta a · 0 = 0 per ogni a ∈ R. Infatti, essendo a · 1 = a perogni a ∈ R, dalla proprieta distributiva e dalla definizione di0 si ottiene:
a+ a · 0 = a · 1 + a · 0 = a · (1 + 0) = a · 1 = a = a+ 0
e dalla precedente proprieta segue che a · 0 = 0.• Risulta a · (−1) = −a per ogni a ∈ R. Infatti, dalla definizione
di 1, utilizzando la proprieta distributiva si ha:
a+ a · (−1) = a · 1 + a · (−1) = a · (1− 1) = a · 0 = 0
e per l’unicita dell’opposto si ha che a · (−1) = −a.• Risulta 1
a·b = 1a· 1b
ovvero che 1a· 1b
e il reciproco di a ·b. Difatti,dalla proprieta commutativa e associativa del prodotto e dalladefinizione di reciproco e di elemento neutro risulta
(a · b) · (1
a· 1
b) = (a · 1
a) · (b · 1
b) = 1 · 1 = 1
1. ASSIOMI DEI NUMERI REALI 9
(B) Assiomi d’ordine: e definita in R una relazione tra coppie di numerireali, denotata con≤ e detta minore o uguale, soddisfacente alle seguentiproprieta:
1. Proprieta riflessiva: per ogni a ∈ R risulta a ≤ a.2. Proprieta antisimmetrica: se a ≤ b e b ≤ a allora a = b.3. Proprieta transitiva: se a ≤ b e b ≤ c allora a ≤ c.
Tali proprieta sono caratteristiche di una relazione d’ordine. Si richiedeinoltre che tale relazione sia totale ovvero che sia verificata la seguenteproprieta
4. Proprieta di dicotomia: per ogni a, b ∈ R si ha a ≤ b oppureb ≤ a.
Infine si richiede che in relazione alle operazioni algebriche siano veri-ficate
5. se a ≤ b e c ∈ R allora a+ c ≤ b+ c6. se a ≤ b e 0 ≤ c allora a · c ≤ b · c.
A partire dalla relazione minore o uguale vengono definite inoltre leseguenti relazioni:
< , minore: a < b se a ≤ b e a 6= b;≥ , maggiore o uguale: a ≥ b se b ≤ a;> , maggiore: a > b se b ≤ a e a 6= b.
I numeri a ∈ R tali che a > 0 si dicono positivi mentre quelli tali chea < 0 si dicono negativi. Si dicono inoltre non negativi (rispettivamentenon positivi) i numeri a ∈ R tali che a ≥ 0 (rispettivamente, a ≤ 0).
Dalle precedenti proprieta seguono direttamente le usuali regole. Ve-diamone alcune.
• se a ≥ 0 allora −a ≤ 0. Infatti, dall’assioma B.5 si ha cheessendo a ≥ 0 risulta
0 = a+ (−a) ≥ 0 + (−a) = −a.• se a ≤ b e c ≤ 0 allora a · c ≥ b · c. Infatti, essendo per quanto
sopra, −c ≥ 0 dall’assioma B.6 si ha a ·(−c) ≤ b ·(−c) e quindidall’assioma B.5
0 = a · c+ a · (−c) ≤ a · c+ b · (−c)da cui, sempre per B.5,
b · c ≤ (a · c+ b · (−c)) + b · c = a · c• per ogni a ∈ R, a2 = a · a ≥ 0. Infatti, se a ≥ 0 allora da B.5
si ha a2 = a · a ≥ a · 0 = 0. Se invece a ≤ 0, dalla precedenteproprieta si ha a2 = a · a ≥ a · 0 = 0.
10 1. NUMERI REALI
Le proprieta sopra elencate riguardano l’algebra e l’ordinamento del-l’insieme dei numeri reali R ma non sono sufficienti a descrivere com-pletamente tale insieme (infatti risultano verificate anche dall’insiemedei numeri razionali Q). Quello che “manca” e una proprieta che ci efamiliare e che renda conto di una delle caratteristiche piu importantidei numeri reali: la completezza, la continuita, la possibilita di rappre-sentare i numeri reali mediante una retta. Tale proprieta distingue inumeri reali dai numeri razionali e rende l’insieme dei numeri reali Rl’insieme piu adatto alle necessita dell’analisi matematica, ad esempioal concetto fondamentale di limite ma anche alla semplice operazione diestrazione della radice quadrata (ovvero alla risoluzione dell’equazionex2 = 2). Tale proprieta puo essere formalizzata nel seguente modo:
(C) Assioma di completezza: per ogni coppia di insiemi non vuotiA,B ⊂ R tali che a ≤ b per ogni a ∈ A e b ∈ B esiste c ∈ R,detto elemento separatore, tale che a ≤ c ≤ b per ogni a ∈ A e b ∈ B.
Un classico esempio di applicazione dell’assioma di completezza e ladefinizione di
√2. Denotato con a2 = a·a per ogni a ∈ R, si considerino
gli insiemi
A = {a ∈ R | a > 0, a2 < 2} e B = {b ∈ R | b > 0, b2 > 2}.
Risulta a ≤ b per ogni a ∈ A e b ∈ B in quanto se fosse a > b perqualche a ∈ A e b ∈ B avremo, per gli assiomi d’ordine, 2 > a2 >a · b > b2 > 2 che e impossibile. Dunque, per l’assioma di completezza,avremo che esiste c ∈ R tale che a ≤ c ≤ b per ogni a ∈ A e b ∈ B.Proviamo che l’elemento separatore c verifica c2 = 2. Abbiamo chec 6∈ A. Infatti, se c ∈ A allora c2 < 2 e sia δ > 0 tale che δ < 2−c2
2c+1(sara
sufficiente considerare δ = 2−c22(2c+1)
). Allora c+ δ > 0 e
(c+ δ)2 = c2 + δ2 + 2δc < c2 + δ(2c+ 1) < 2
da cui c + δ ∈ A in contraddizione con c ≥ a per ogni a ∈ A. Ana-logalmente si prova che c 6∈ B. Poiche c 6∈ A e c 6∈ B otteniamo chec2 = 2. E immediato che l’elemento separatore verifica c > 0. Infine,per verificare l’unicita di tale elemento separatore supponiamo che c ed siano due elementi separatori con c < d. Allora, per quanto sopra,avremo 2 = c2 < d2 = 2, una contraddizione.Tale elemento separatore viene denotato con
√2.
Procedendo come nell’esempio precedente e possibile definire la radicequadrata
√x di ogni numero reale x > 0.
1. ASSIOMI DEI NUMERI REALI 11
Le precedenti proprieta caratterizzano completamente l’insieme dei nu-meri reali nel senso che ogni altro insieme soddisfacente tali assiomirisulta in corrispondenza uno-uno con R.
Utilizzando gli assiomi dei numeri reali possiamo ora definire formal-mente gli insiemi dei numeri naturali, interi e razionali. Abbiamo vistoche gli assiomi dei numeri reali garantiscono l’esistenza dell’elementoneutro del prodotto 1. Apparterranno quindi ad R anche i risultatidelle operazioni eseguite a partire da 1. In particolare sono numerireali i numeri 1 + 1 = 2, (1 + 1) + 1 = 3, ((1 + 1) + 1) + 1 = 4 , ...Il sottoinsieme di numeri reali ottenuti in tal modo e indicato con N echiamato insieme dei numeri naturali:
N = {1, 2, 3, 4, ...}.Osserviamo che dalla definizione segue che 1 ∈ N e che se n ∈ N alloran+ 1 ∈ N, tali proprieta sono caratteristiche di un insieme induttivo, dicui parleremo piu avanti.
Poiche tra gli assiomi dei numeri reali e prevista l’esistenza dell’oppo-sto di ciascun numero reale, saranno numeri reali gli opposti di tuttii numeri naturali. Si indica con Z l’insieme costituito dai numeri na-turali, dall’elemento neutro della somma, 0, e dagli opposti dei numerinaturali. Tale insieme e chiamato insieme dei numeri interi:
Z = {...,−4,−3,−2,−1, 0, 1, 2, 3, 4, ..}Infine, poiche tra gli assiomi dei numeri reali e garantita l’esistenzadel reciproco di ciascun numero reale non nullo, saranno numeri reali ireciproci di tutti i numeri naturali, ovvero i numeri della forma 1
ncon
n ∈ N. Saranno quindi numeri reali anche i risultati del prodotto di talinumeri con numeri interi, ovvero i numeri della forma m
n= 1
n·m con
n ∈ N e m ∈ Z. L’insieme costituito da tali numeri, dove si consideranoidentificati numeri della forma m
ne mp
npcon p ∈ N, si indica con Q e
viene chiamato insieme dei numeri razionali:
Q = {mn|m ∈ Z, n ∈ N}
Essendo N,Z e Q sottoinsiemi di R saranno definite su tali insiemile operazioni di somma e prodotto e la relazione d’ordine indotti daR. Osserviamo pero che tali insiemi non soddisfano tutti gli assiomidei numeri reali. Ad esempio N non soddisfa l’assioma che garanti-sce l’esistenza dell’elemento neutro della somma e nemmeno l’assiomasull’esistenza dell’opposto. Z invece non soddisfa l’assioma che garan-tisce l’esistenza del reciproco: escluso 1 il reciproco di ciascun numero
12 1. NUMERI REALI
intero non e un numero intero. Q invece soddisfa tutti gli assiomi al-gebrici e d’ordine, l’unico assioma non soddisfatto da Q e l’assioma dicompletezza. Si considerino difatti gli insiemi
A = {a ∈ Q | a > 0, a2 < 2} e B = {b ∈ Q | b > 0, b2 ≥ 2}.
Risulta a ≤ b per ogni a ∈ A e b ∈ B. Se esistesse un elementoseparatore c ∈ Q tale elemento dovrebbe verificare, come gia detto,c > 0 e c2 = 2 e cio e impossibile come prova il seguente risultato:
Teorema 1.1. Non esiste alcun c ∈ Q tale che c2 = 2.
Dim. Procedendo per assurdo, supponiamo che esista c ∈ Q tale che c2 = 2.Per definizione di numero razionale siano m ∈ Z e n ∈ N, tali che c =mn . Semplificando gli eventuali fattori comuni, potremo scegliere m, n nonentrambi pari. Allora
c2 =m2
n2= 2 (1)
e quindi m2 = 2n2. Essendo 2n2 numero pari, si ottiene che m2 e pari e
quindi che anche m e pari (infatti se m fosse dispari anche m2 risulterebbe
dispari). Sia allora h ∈ Z tale che m = 2h. Allora da (1) si ottiene n2 = 2h2
da cui, come sopra, si deduce che n2 e pari e quindi che anche n e pari, in
contraddizione con la scelta di m, n non entrambi pari. �
In altre parole, per la definizione data di√
2, il precedente risultatoafferma che
√2 6∈ Q e quindi che R \Q e non vuoto.
Si consideri ora una retta r e su questa si fissi un punto, l’origine O,un orientamento e un’unita di misura. Una tale retta e chiamata rettareale:
O
Grazie all’assioma di completezza si puo provare che ad ogni puntoP ∈ r corrisponde un numero reale d(P,O) pari alla distanza del puntoP dall’origine O. L’applicazione che ad ogni punto P ∈ r associa ladistanza dall’origine d(P,O) se P si trova nel verso positivo rispetto aO (scriveremo P ∈ r+), l’opposto della distanza dall’origine −d(P,O)se P si trova nel verso negativo rispetto a O (scriveremo P ∈ r−) e 0
1. ASSIOMI DEI NUMERI REALI 13
se P ≡ O, viene detta funzione ascissa e denotata con x(P ):
P ∈ r 7→ x(P ) =
d(P,O) se P ∈ r+
0 se P ≡ O
−d(P,O) se P ∈ r−
Diremo che x(P ) e l’ascissa del punto P ∈ r.
O
O PQ
x(P)=d(P,O)
x(Q)=-d(Q,O) x(P)=d(P,O)x(O)=0
La funzione ascissa determina una corrispondenza uno-uno tra l’insie-me dei numeri reali ed i punti della retta reale e nel seguito verrannospesso identificate, mediante la precedente corrispondenza, la retta rea-le r con l’insieme dei numeri reali R.Si osservi che la corrispondenza inversa alla funzione ascissa e l’applica-zione che ad ogni x ∈ R associa il punto Px ∈ r tale che d(Px, O) = |x|e Px ∈ r+ se x > 0, Px ∈ r− se x < 0 mentre Px = O se x = 0, doveabbiamo denotato con |x| il valore assoluto del numero reale x ∈ R:
|x| =
{x se x ≥ 0
−x se x < 0
Osserviamo che se x < y allora Px precede Py sulla retta reale rispettoall’orientamento assegnato.
Dalla definizione di valore assoluto e della funzione ascissa, abbiamovisto che |x| indica la distanza del punto di ascissa x dall’origine O.Piu in generale |x− x0| indica la distanza tra il punto di ascissa x conil punto di ascissa x0. Quindi, dato δ > 0 e x0 ∈ R, la disequazione|x − x0| < δ ammette come soluzione tutti e soli i valori x0 − δ <x < x0 + δ. Da tale interpretazione seguono immediatamente alcuneproprieta elementari del valore assoluto:
1. |x| ≥ 0 per ogni x ∈ R e |x| = 0 se e solo se x = 0.
2. −|x| ≤ x ≤ |x| per ogni x ∈ R.
3. per ogni δ > 0, x0 ∈ R, |x− x0| ≤ δ se e solo se x0 − δ ≤ x ≤x0 + δ.
4. Diseguaglianza triangolare: |x+y| ≤ |x|+|y|, per ogni x, y ∈ R.
5. |xy| = |x||y|, per ogni x, y ∈ R.
14 1. NUMERI REALI
Le proprieta 1, 2, 3 e 5 seguono direttamente dalla definizione. Perprovare la diseguaglianza triangolare, osserviamo che da 2. abbiamo−|x| ≤ x ≤ |x| e −|y| ≤ y ≤ |y| e dunque
−(|x|+ |y|) ≤ x+ y ≤ |x|+ |y|
quindi, da 3. segue che |x+ y| ≤ |x|+ |y|.
Vediamo ora la definizione di particolari sottoinsieme di R (o dellaretta reale, secondo la precedente corrispondenza): gli intervalli. Datia, b ∈ R con a ≤ b si dice intervallo limitato un insieme della seguenteforma
[a, b] = {x ∈ R | a ≤ x ≤ b}(a, b] = {x ∈ R | a < x ≤ b}[a, b) = {x ∈ R | a ≤ x < b}(a, b) = {x ∈ R | a < x < b}
Osserviamo che se a = b allora [a, b] = {a} mentre (a, b) = ∅ (intervallidegeneri). Dato a ∈ R, e detto invece intervallo illimitato un insiemedella forma
[a,+∞) = {x ∈ R | a ≤ x}(a,+∞) = {x ∈ R | a < x}(−∞, a] = {x ∈ R |x ≤ a}(−∞, a) = {x ∈ R |x < a}(−∞,+∞) = R
Si puo provare che gli intervalli (limitati e illimitati) A ⊆ R sonocaratterizzati dalla proprieta che se α, β ∈ A allora ogni c ∈ R taleche α ≤ c ≤ β e ancora un elemento di A.
Completiamo il paragrafo osservando che attraverso la funzione ascissae possibile determinare una corrispondenza uno-uno tra l’insieme dellecoppie ordinate di numeri reali
R2 = R× R = {(x, y) |x, y ∈ R}
ed il piano cartesiano determinato da due rette orientate tra loro per-pendicolari che si intersecano nell’origine:
2. ESTREMO SUPERIORE ED INFERIORE 15
O
Ad ogni punto del P del piano cartesiano corrisponde un ascissa x ∈R ed un’ordinata y ∈ R pari rispettivamente all’ascissa del punto Pxproiezione del punto sulla retta orizzontale, detto asse delle ascisse, edel punto Py proiezione del punto P sulla retta verticale, detto assedelle ordinate:
P
x
y
x
y
P
P
O
2. Estremo superiore ed inferiore
Vediamo ora la definizione di estremo superiore ed inferiore di un in-sieme numerico, concetti fondamentali per l’analisi matematica stret-tamente legati all’assioma di completezza.
Cominciamo con l’introdurre il concetto di maggiorante e minorante.Un numero L ∈ R e detto maggiorante di un insieme non vuoto A ⊂ R
16 1. NUMERI REALI
se risulta L ≥ a per ogni a ∈ A. Analogalmente, un numero ` ∈ R edetto minorante di un insieme non vuoto A ⊂ R se risulta ` ≤ a perogni a ∈ A.
Ad esempio, ogni ` ≤ 1 e minorante dell’intervallo A = (1, 2] cosı comeogni L ≥ 2 e maggiorante.
L’intervallo (1,+∞) non ammette maggioranti mentre ogni ` ≤ 1 eminorante.
L’insieme A = { 1n|n ∈ N} ammette come maggiorante ogni L ≥ 1,
essendo 1n≤ 1 per ogni n ∈ N, mentre ogni ` ≤ 0 e un minorante
essendo 1n> 0 per ogni n ∈ N.
Un insieme A ⊂ R si dice limitato superiormente se ammette un mag-giorante, ovvero se esiste L ∈ R tale che a ≤ L per ogni a ∈ A. Si dicelimitato inferiormente se ammette un minorante, ovvero se esiste ` ∈ Rtale che a ≥ ` per ogni a ∈ A. Infine si dice limitato se risulta limitatosuperiormente ed inferiormente, ovvero se esistono `, L ∈ R tali che` ≤ a ≤ L per ogni a ∈ A.
Tenendo conto della definizione di valore assoluto si riconosce facilmen-te che un insieme A risulta limitato se e solo se esiste M ∈ R tale che|a| ≤M per ogni a ∈ A (sara sufficiente considerare M = max{|`|, |L|}dove ` ≤ a ≤ L per ogni a ∈ A).
Ad esempio, l’intervallo (1, 2] e limitato. Ogni intervallo limitato e uninsieme limitato.L’insieme A = {a ∈ R | a = sinx per qualche x ∈ R} e limitato essendo| sinx| ≤ 1 per ogni x ∈ R.L’insieme A = {a2 | a ∈ R} e limitato inferiormente essendo a2 ≥ 0per ogni a ∈ R ma non superiormente. Infatti se L > 0 fosse unmaggiorante allora a2 ≤ L per ogni a ∈ R. Considerato pero a0 =√L+ 1, avremo a2
0 = L + 1 > L contro la richiesta che L risultimaggiorante.
Particolari maggioranti e minoranti sono il massimo ed il minimo se-condo la seguente definizione. Sia A un sottoinsieme non vuoto di R.Il massimo di A, se esiste, e un maggiorante M di A tale che M ∈ A:
M = maxA ⇐⇒
{M ∈ AM ≥ a, ∀a ∈ A
2. ESTREMO SUPERIORE ED INFERIORE 17
Analogalmente, il minimo di A, se esiste, e un minorante m ∈ R di Atale che m ∈ A:
m = minA ⇐⇒
{m ∈ Am ≤ a, ∀a ∈ A
Ad esempio, l’intervallo A = [1, 3) ammette come minimo 1, minA = 1essendo 1 ∈ A e 1 ≤ a per ogni a ∈ A, ma non ammette massimo.Infatti se M ∈ A fosse massimo allora M < 3 e M ≥ a per ogni a ∈ Amentre a0 = M+3
2∈ A ma a0 > M .
L’insieme { 1n|n ∈ N} ammette massimo con maxA = 1 mentre non
ammette minimo. Infatti, se 1N
con N ∈ N fosse minimo avremo 1N≤ 1
n
per ogni n ∈ N mentre risulta 1n< 1
Nper ogni n > N .
L’insieme A = {a ∈ Q | a > 0, a2 ≤ 2} non ammette massimo mentreammette massimo l’insieme A = {a ∈ R | a > 0, a2 ≤ 2} e, per quantovisto, maxA =
√2.
Dalla proprieta di dicotomia si ha che ogni sottoinsieme di R costituitoda un numero finito di elementi, A = {x1, ..., xn} ammette sia massimoche minimo.
Si verifica facilmente che quando esistono, il massimo ed il minimo sonounici. Infatti se M1 e M2 sono due massimi di A ⊂ R per definizionerisulta a ≤ M1 e a ≤ M2 per ogni a ∈ A. Poiche M1,M2 ∈ A, dalleprecedenti diseguaglianze otteniamo M2 ≤M1 e M1 ≤M2 da cui segueche M1 = M2.
Ricordiamo che dalla definizione di massimo e di minimo di un insiemeA ⊂ R se M e massimo di A allora M e un maggiorante di A e M ∈ A,quindi in particolare non esistono maggioranti di A “piu piccoli” di M .In altre parole potremo dire che il massimo di un insieme A, se esiste,e il piu piccolo maggiorante di A ovvero e il minimo dei maggioranti diA:
se esiste, maxA = min{L ∈ R | a ≤ L, ∀ a ∈ A}.Analogalmente, il minimo di un insieme A, se esiste, e il piu grandeminorante di A, il massimo dei minoranti di A:
se esiste, minA = max{` ∈ R | ` ≤ a, ∀ a ∈ A}.
Abbiamo visto degli esempi di insiemi che pur essendo limitati supe-rioremente non ammettono massimo. Utilizzando l’assioma di comple-tezza proveremo che tali insiemi ammettono comunque il minimo deimaggioranti, quello che chiameremo l’estremo superiore.
18 1. NUMERI REALI
Si dice estremo superiore di un insieme A ⊂ R non vuoto e superior-mente limitato il minimo, se esiste, dei maggioranti di A:
supA = min{L ∈ R | a ≤ L, ∀ a ∈ A}Si dice invece estremo inferiore di un insieme A ⊂ R non vuoto einferiormente limitato il massimo, se esiste, dei minoranti di A
inf A = max{` ∈ R | ` ≤ a, ∀ a ∈ A}
E chiaro che l’estremo superiore ed inferiore di un insieme quando esi-stono sono unici. E evidente inoltre che quando esiste il massimo (mi-nimo) di un insieme allora questo coincide con l’estremo superiore (in-feriore). Abbiamo pero, a differenza del massimo e del minimo, cheogni insieme limitato superiormente (inferiormente) ammette estremosuperiore (inferiore):
Teorema 1.2. (di esistenza dell’estremo superiore ed inferiore)
Ogni sottoinsieme non vuoto e superiormente (inferiormente) limitatoammette estremo superiore (inferiore).
Dim. Dimostriamo solo la prima delle due affermazioni, la prova della se-
conda e analoga. Sia B l’insieme costituito da tutti i maggioranti di un
insieme A non vuoto e limitato superiormente. Per definizione di insieme
superiormente limitato avremo che B e insieme non vuoto e che risulta, per
definizione di maggiorante, a ≤ b per ogni a ∈ A e b ∈ B. Dall’assioma di
completezza si ha allora che esiste un elemento separatore c ∈ R tale che
a ≤ c ≤ b per ogni a ∈ A e b ∈ B. Poiche a ≤ c per ogni a ∈ A si ha che
c e maggiorante di A e dunque c ∈ B. D’altra parte c ≤ b per ogni b ∈ B,
quindi c e il minimo di B ovvero e il minimo dei maggioranti di A. �
Il precedente Teorema, di particolare importanza per l’analisi, si puoprovare essere equivalente all’assioma di completezza.
Diamo ora una caratterizzazione dell’estremo superiore ed inferiore.Sia A un insieme non vuoto e superiormente limitato. Dal precedenteTeorema sia M = supA. Per definizione M e un maggiorante di A,quindi a ≤ M per ogni a ∈ A, ed e il minimo dei maggioranti di Aovvero non esistono maggioranti di A piu piccoli di M . Cio vuol direche ogni altro numero piu piccolo di M , diciamo M−ε con ε > 0, non emaggiorante di A e dunque esiste a ∈ A tale che M−ε < a. Viceversa,ogni numero reale con queste caratteristiche e necessariamente estremosuperiore. Possiamo allora dire che
M = supA ⇐⇒
{a ≤M ∀ a ∈ A∀ ε > 0 esiste a ∈ A tale che M − ε < a
3. NUMERI NATURALI E NUMERI RAZIONALI 19
Analogalmente, se A ⊂ R e insieme non vuoto ed inferiormente limitatodal precedente Teorema esiste l’estremo inferiore e vale la seguentecaratterizzazione:
m = inf A ⇐⇒
{m ≤ a ∀ a ∈ A∀ ε > 0 esiste a ∈ A tale che a < m+ ε
Sara comodo parlare di estremo superiore ed inferiore di insiemi nonvuoti non superiormente ed inferiormente limitati utilizzando i simboli±∞. Se A ⊆ R e insieme non vuoto e non superiormente limitato scri-veremo che supA = +∞ mentre se non risulta inferiormente limitatoscriveremo inf A = −∞. Per definizione, se A non e superiormentelimitato, non esistono maggioranti di A e quindi possiamo scrivere
supA = +∞ ⇐⇒ ∀L ∈ R esiste a ∈ A tale che L < a
e analogalmente, se A non e inferiormente limitato, non esistono mino-ranti di A
inf A = −∞ ⇐⇒ ∀` ∈ R esiste a ∈ A tale che a < `
Vediamo alcuni esempi. Risulta sup(a, b) = b, infatti per definizionedi intervallo x ≤ b per ogni x ∈ (a, b). Inoltre, per ogni ε > 0 esistex0 = b−ε+b
2(punto medio tra b e b− ε) tale che x0 ∈ (a, b) e x0 > b− ε.
Secondo la caratterizzazione di estremo superiore risulta allora che b =sup(a, b). Analogalmente si prova che inf(a, b) = a.
Consideriamo l’insieme A = { 1n|n ∈ N}. Abbiamo gia visto che 1 =
maxA = supA e che 0 e un minorante di A. Per provare che 0 el’estremo inferiore di A, dalla caratterizzazione sara sufficiente provareche per ogni ε > 0 esiste n0 ∈ N tale che 1
n0< ε, ovvero n0 > 1
ε.
L’esistenza di tale n0 segue dalla Proprieta Archimedea che proveremonella prossima sezione e che prova che l’insieme dei numeri naturali Nnon e superiormente limitato.
3. Numeri Naturali e Numeri Razionali
Terminiamo questo capitolo con alcune proprieta fondamentali degliinsiemi dei numeri naturali N e dei numeri razionali Q.
La prima proprieta che vedremo e una conseguenza del Teorema diesistenza dell’estremo superiore (e quindi dell’assioma di completezza),la Proprieta Archimedea
Teorema 1.3. (Proprieta Archimedea)Per ogni x ∈ R esiste n ∈ N tale che x < n.
20 1. NUMERI REALI
Dim. Per assurdo, supponiamo che esista x ∈ R tale che per ogni n ∈ Nrisulti n ≤ x. Ne seguirebbe che N risulta superiormente limitato e dunque,
per il Teorema di esistenza dell’estremo superiore, esisterebbe M ∈ R tale
che M = supN. In particolare si avrebbe che n ≤ M per ogni n ∈ N ma
poiche per ogni n ∈ N risulta, per definizione, che n + 1 ∈ N dovra essere
n+1 ≤M per ogni n ∈ N ovvero n ≤M−1 per ogni n ∈ N. Quindi avremo
che M − 1 risulta maggiorante di N in contraddizione con la definizione di
l’estremo superiore. �
Si osservi che la Proprieta Archimedea afferma che l’insieme dei numerinaturali N non e superiormente limitato, supN = +∞. D’altra partesi ha
Lemma 1.1. Ogni sottoinsieme non vuoto A ⊆ N ammette minimo
Dim. Preso un qualunque elemento n ∈ A, consideriamo l’insieme B = {x ∈A |x ≤ n}. Se n e minimo la prova e conclusa. Se invece n non e minimo
allora B ⊂ N e non vuoto e poiche esistono solo un numero finito di numeri
naturali compresi tra 0 e n, avremo che B e insieme finito. Ne segue che B
ammette minimo m e dalla definizione di B, m ∈ A e m ≤ n. Proviamo che
m e minimo di A. Infatti, se x ∈ A e tale che x ≤ n, allora x ∈ B e quindi
m ≤ x. Se invece x ∈ A e tale che x > n allora m ≤ n < x. �
Vale inoltre
Corollario 1.1. Ogni sottoinsieme non vuoto e superiormente limi-tato A ⊂ N e finito ed in particolare, ammette massimo.
Dim. Sia M = supA. Dalla Proprieta Archimedea abbiamo che esiste n ∈ Ntale che n > M . Dunque per ogni a ∈ A ⊂ N risulta 0 < a ≤ M < n e
poiche i numeri naturali compresi tra 0 ed n sono in numero finito avremo
che anche A risulta finito. Quindi ammette massimo. �
Usando il precedente risultato otteniamo in particolare
Corollario 1.2. Per ogni x ∈ R esiste N ∈ Z tale che N ≤ x <N + 1.
Dim. Dato x ∈ R, se x = 0 prenderemo N = 0. Se x > 0, l’insieme A =
{k ∈ N∗ | k ≤ x} ⊂ N∗ = N∪{0} risulta non vuoto e superiormente limitato.
Dal precedente risultato sia N = maxA. Per definizione di massimo, N ∈ Ae dunque N ≤ x, mentre N + 1 6∈ A, quindi N + 1 > x. Se x < 0 bastera
ripetere il precedente ragionamento a −x > 0. �
Dato x ∈ R, il numero intero N tale che N ≤ x < N + 1, la cui esi-stenza e stata provata nel precedente risultato, viene detto parte interadi x e viene denotato con [x].
3. NUMERI NATURALI E NUMERI RAZIONALI 21
Un’ altra importante conseguenza della Proprieta Archimedea e il se-guente risultato che prova che l’insieme dei numeri razionali Q e densoin R nel seguente senso
Corollario 1.3. (Densita dei Numeri Razionali)
Per ogni x, y ∈ R tali che x < y esiste q ∈ Q tale che x < q < y.
Dim. Supponiamo innanzitutto 0 < x < y. Dalla proprieta Archimedeasappiamo che dato 1
y−x ∈ R esiste n ∈ N tale che 1y−x < n ovvero tale che
x+ 1n < y. Consideriamo l’insieme A = {k ∈ N∪{0} | k ≤ nx} che risulta non
vuoto e superiormente limitato e dunque, dal precedente corollario, ammettemassimo. Sia m = maxA allora m ∈ A mentre m + 1 6∈ A e quindi,dalladefinizione di A, segue che m ≤ nx < m+ 1. Dalla scelta di n risulta allora
x <m+ 1
n=m
n+
1
n≤ x+
1
n< y.
Quindi posto q = m+1n abbiamo che q ∈ Q e x < q < y. Il risultato e dunque
provato per 0 < x < y.
Se x < 0 < y bastera scegliere q = 0 mentre se x < y < 0 bastera ripetere il
ragionamento precedente alla coppia 0 < −y < −x. �
Infine, riguardo all’insieme dei numeri naturali, abbiamo osservato cheper definizione tale insieme soddisfa le seguenti proprieta:
(a) 1 ∈ N,(b) se n ∈ N allora n+ 1 ∈ N,
che lo caratterizzano quale insieme induttivo. Diciamo difatti cheun sottoinsieme A ⊆ R e un insieme induttivo se verifica le seguenticondizioni
(a) 1 ∈ A,(b) se n ∈ A allora n+ 1 ∈ A.
Si ha che N e il piu piccolo sottoinsieme induttivo di R, difatti unqualunque insieme induttivo A ⊆ R dovra contenere l’unita 1 e tuttigli elementi successivi 2 = 1 + 1, 3 = 2 + 1, ..., quindi avremo N ⊆ A.In altri termini possiamo dire che vale la seguente proprieta:
(P) se A ⊆ N e un insieme induttivo allora A = N.
Quest’ultima proprieta viene detta principio di induzione e viene spessoenunciata nella seguente forma equivalente
Teorema 1.4. (Principio di Induzione)
Sia {Pn, n ∈ N} una famiglia di proposizioni dipendenti da n ∈ N. Se
(i) P1 e vera,(ii) per ogni n ∈ N, se Pn e vera allora Pn+1 e vera,
22 1. NUMERI REALI
allora Pn e vera per ogni n ∈ N.
Dim. Basta applicare a proprieta (P) all’insieme A degli indici n ∈ N per i
quali Pn e vera. Difatti da (i) risulta che 1 ∈ A mentre da (ii) si ha che se
n ∈ A allora n+ 1 ∈ A. Dunque A ⊆ N e insieme induttivo e da (P) segue
che A = N. �
Vediamo alcune applicazioni di tale principio.
Identita di Gauss: per ogni n ∈ N si ha che
1 + 2 + ...+ n =n(n+ 1)
2.
Consideriamo infatti la famiglia di proposizioni Pn: 1 + 2 + ... + n =n(n+1)
2. E chiaro che P1 e vera. Supponiamo ora Pn vera e verifichiamo
che allora anche Pn+1 e vera. Poiche Pn e vera, abbiamo
1 + 2 + ...+ n+ (n+ 1) =n(n+ 1)
2+ (n+ 1) =
n2 + 3n+ 2
2
=(n+ 1)(n+ 2)
2
cioe Pn+1. Dal principio di induzione otteniamo allora che Pn e veraper ogni n ∈ N.
Progressione geometrica: per ogni n ∈ N e per ogni x 6= 1 si ha
1 + x+ x2 + ...+ xn =1− xn+1
1− x. (2)
Infatti, preso x 6= 1, sia Pn: 1 + x + x2 + ... + xn = 1−xn+1
1−x . Abbiamo
che P1 e vera in quanto 1− x2 = (1 + x)(1− x). Supponiamo ora chePn sia vera e proviamo che Pn+1 e vera. Si ha
1 + x+ x2 + ....+ xn + xn+1 =1− xn+1
1− x+ xn+1 =
1− xn+2
1− xe quindi Pn+1. Dal principio di induzione otteniamo allora che Pn evera per ogni n ∈ N.
Diseguaglianza di Bernoulli: per ogni n ∈ N e per ogni x ≥ −1vale
(1 + x)n ≥ 1 + nx.
Infatti, dato x ≥ −1, consideriamo la famiglia di proposizioni Pn:(1 + x)n ≥ 1 + nx. Abbiamo che P1 e verificata con l’uguaglianza.Supponiamo ora verificata la proposizione Pn e proviamo che risulta
4. NUMERI COMPLESSI 23
vera la proposizione Pn+1. Abbiamo (1 + x)n+1 = (1 + x)n(1 + x).Poiche x+ 1 ≥ 0 e Pn e supposta vera, ne segue che
(1 + x)n+1 = (1 + x)n(1 + x) ≥ (1 + nx)(1 + x) = 1 + (n+ 1)x+ nx2
≥ 1 + (n+ 1)x
e dunque Pn+1 e vera. Dal principio di induzione otteniamo allora chePn e vera per ogni n ∈ N.
Come applicazione della diseguaglianza di Bernoulli proviamo che perogni a > 1 risulta sup{an |n ∈ N} = +∞. Infatti, per assurdo sup-poniamo che l’insieme {an |n ∈ N} risulti superiormente limitato. Siaallora L > 0 un maggiorante. Per ogni n ∈ N, dalla diseguaglianza diBernoulli, essendo a > 1, risulterebbe
L ≥ an = (1 + (a− 1))n ≥ 1 + n(a− 1) =⇒ n ≤ L− 1
a− 1,
in contraddizione con la proprieta Archimedea.
Per esempio provare che per ogni n ∈ N risulta
n2 = 1 + 3 + ...+ (2n− 1) =n∑k=1
(2k − 1)
4. Appendice: numeri complessi
L’insieme C dei numeri complessi e l’insieme delle coppie ordinate (a, b)di numeri reali munito delle operazioni di somma e prodotto definite nelseguente modo
(a, b) + (c, d) := (a+ b, c+ d) e (a, b) · (c, d) := (ac− bd, ad+ bc)
Si puo provare che tali operazioni soddisfano le proprieta caratteristichedi un campo algebrico (proprieta associativa, commutativa, distributi-va, esistenza elemento neutro, di opposto e reciproco). In particolare,risulta elemento neutro della somma l’elemento (0, 0) mentre elementoneutro del prodotto risulta essere (1, 0). L’elemento opposto di (a, b)e l’elemento −(a, b) := (−a,−b) mentre il reciproco di (a, b) 6= (0, 0) einvece
1
(a, b):= (
a
a2 + b2,− b
a2 + b2).
Osserviamo che l’insieme dei numeri reali R puo essere identificato comesottoinsieme di C identificando ogni a ∈ R con il numero complesso(a, 0) ∈ C, scriveremo quindi a in luogo di (a, 0) e penseremo R ⊂ C.I numeri complessi della forma (0, b) vengono invece detti immaginaripuri.
24 1. NUMERI REALI
Usualmente un numero complesso (a, b) ∈ C viene rappresentato nellaforma a + ib (forma algebrica) dove si conviene che 1 := (1, 0) mentrei := (0, 1) viene detta unita immaginaria:
(a, b) = a(1, 0) + b(0, 1) = a+ ib
Usuale e inoltre la notazione
a := a+ i0 e ib := 0 + ib
Con tale notazione le operazioni di somma e prodotto risultano definiteda
(a+ib)+(c+id) = (a+c)+i(b+d) e (a+ib)·(c+id) = (ac−bd)+i(ad+bc)
Tali operazioni risultano formalmente immediate osservato che l’unitaimmaginaria i soddisfa la proprieta
i2 := i · i = (0, 1) · (0, 1) = −1,
da cui, utilizzando le usuali regole algebriche, vediamo che
(a+ ib) · (c+ id) = ac+ iad+ ibc+ i2bd = ac+ iad+ ibc− bd= (ac− bd) + i(ad+ bc).
Se z = a+ ib ∈ C il numero reale a viene detto parte reale del numerocomplesso z e viene denotato con Re(z), mentre il numero reale b vienedetto parte immaginaria del numero complesso z e viene denotato conIm(z):
Re(z) = Re(a+ ib) := a e Im(z) = Im(a+ ib) := b
Dato z = a + ib ∈ C, la quantita√a2 + b2 viene detta modulo del
numero complesso z e viene denotata con |z|:
|z| = |a+ ib| :=√a2 + b2.
Osserviamo inoltre che l’insieme dei numeri complessi puo essere rap-presentato sul piano cartesiano, in questo contesto chiamato piano com-plesso, facendo corrispondere ad ogni z = x + iy ∈ C il punto Pz delpiano avente ascissa x = Re z e ordinata y = Im z. Con tale rappre-sentazione, il modulo del numero complesso z = x + iy rappresenta ladistanza del punto Pz dall’origine del piano cartesiano.
4. NUMERI COMPLESSI 25
y
x
z=x+i y
O
Per ogni z, w ∈ C valgono le seguenti proprieta:
1. |z| ≥ 0 e |z| = 0 se e solo se z = 0.2. |Re z| ≤ |z|, |Im z| ≤ |z| e |z| ≤ |Re z|+ |Im z|.3. Diseguaglianza triangolare: |z + w| ≤ |z|+ |w|, .5. |zw| = |z||w|.
Risulta infine utile scrivere un numero complesso z ∈ C in forma polare:dato z = x + iy ∈ C, indichiamo con ρ il modulo |z| e con θ l’angoloformato dal segmento congiungente Pz con l’origine O. Allora risultax = ρ cos θ e y = ρ sin θ e dunque potremo scrivere
z = ρ(cos θ + i sin θ)
Tale scrittura prende il nome di forma polare o trigonometrica del nume-ro complesso z ∈ C, il valore ρ = |z| viene detto modulo di z e l’angoloθ e detto argomento di z e viene denotato anche con arg z.
Osserviamo che dati ρ > 0 e θ ∈ R risulta univocamente determinatoil numero complesso z = ρ(cos θ + i sin θ). Viceversa, dato z = x + iy
risulta z = ρ(cos θ + i sin θ) se ρ =√x2 + y2 e θ ∈ R verifica
cos θ =x√
x2 + y2e sin θ =
y√x2 + y2
(3)
Osserviamo pero che essendo seno e coseno funzioni periodiche talicondizioni non individuano univocamente un angolo θ: se θ0 verifica(3) allora anche θ0 + 2kπ, k ∈ Z, verifichera tali condizioni. Diciamoche le condizioni (3) individuano l’argomento θ del numero complessoz a meno di multipli interi di 2π.
La forma trigonometrica risulta utile nell’esprimere potenze intere dinumeri complessi. Difatti, se z1 = ρ1(cos θ1 + i sin θ1) e z2 = ρ2(cos θ2 +
26 1. NUMERI REALI
i sin θ2) allora
z1z2 = ρ1ρ2(cos(θ1 + θ2) + i sin(θ1 + θ2)
In particolare dalla precedente formula si ottiene che per ogni z =ρ(cos θ + i sin θ) risulta
z2 = ρ2(cos(2θ) + i sin(2θ))
da cui, per induzione, si ottiene la formula di De Moivre:
zn = ρn(cos(nθ) + i sin(nθ)), n ∈ N.
Si ha dunque che
|zn| = |z|n e arg (zn) = narg (z) + 2kπ, k ∈ Z.
Osservato inoltre che per ogni z = ρ(cos θ + i sin θ) 6= 0 risulta
1
z=
z
|z|2=
1
ρ2ρ(cos θ − i sin θ) = ρ−1(cos(−θ) + i sin(−θ)),
si puo provare che la formula di De Moivre risulta valida per ogni n ∈ Z.
Infine, dato α ∈ C vediamo di determinare le soluzioni dell’equazionezn = α. Per quanto sopra, se α = R(cos Θ+i sin Θ) allora z = ρ(cos θ+i sin θ) e soluzione di zn = α se e solo se ρn = R, cos(nθ) = cos Θ esin(nθ) = sin Θ, da cui
ρ =n√R e θ =
Θ + 2kπ
n, k ∈ Z.
Osserviamo che i valori di k ∈ Z che danno luogo a soluzioni z distintesono i valori k = 0, ..., n− 1. Abbiamo quindi che dato α = R(cos Θ +i sin Θ) ∈ C esistono n radici complesse distinte dell’equazione zn = αe queste sono date dalla formula
zk =n√R(cos θk + i sin θk),
essendo θk = Θ+2kπn
, k = 0, 1, ..., n− 1.
Ad esempio, le radici quadrate complesse di α = −2 (R = 2 e Θ = π)sono zk =
√2(cos θk + i sin θk) con θk = π
2+kπ, k = 0, 1, e quindi sono:
z0 =√
2(cosπ
2+ i sin
π
2) = i
√2 e z1 =
√2(cos
3π
2+ i sin
3π
2) = −i
√2.
4. NUMERI COMPLESSI 27
Le radici quarte di α = 1 (R = 1 e Θ = 0) sono zk = cos θk + i sin θkcon θk = kπ
2, k = 0, 1, 2, 3, e dunque:
z0 = cos 0 + i sin 0 = 1, z1 = cosπ
2+ i sin
π
2= i,
z2 = cosπ + i sin π = −1, z3 = cos3π
2+ i sin
3π
2= −i.
CAPITOLO 2
Successioni numeriche
Si dice successione (numerica) una legge che ad ogni n ∈ N fa corrispon-dere uno ed un solo an ∈ R. Una successione verra indicata con (an)n∈N,semplicemente con an, n ∈ N, oppure per esteso a1, a2, ..., an, ....Ne sono esempi la successione an = 1
n, n ∈ N:
1,1
2,1
3, ...,
1
n, ...,
la successione costante an = 2, n ∈ N:
2, 2, 2, ..., 2, ...,
la successione an = n2, n ∈ N:
1, 4, 9, ..., n2, ...
la successione an = (−1)n, n ∈ N:
1,−1, 1, ..., (−1)n, ...
ed infine la progressione geometrica an = xn, x ∈ R, n ∈ N ∪ {0}:1, x, x2, x3, ..., xn, ..
Parleremo di successione anche quando i termini an sono definiti soloper valori n ≥ n0, come ad esempio la successione an = n
n−2definita
solo per n ≥ 3:
3, 2,5
3, ...,
n
n− 2, ...
1. Limiti di successioni numeriche
Si dice che a ∈ R e il limite della successione (an)n∈N per n che tende a+∞ e si scrive lim
n→+∞an = a, se risulta verificata la seguente condizione:
∀ ε > 0 ∃ ν ∈ N tale che |an − a| < ε ∀n ≥ ν
In tal caso diremo anche che la successione (an)n∈N tende o converge ada ∈ R per n che tende a +∞ e scriveremo an → a per n→ +∞.Una successione che ammette limite a ∈ R viene detta successioneconvergente. In particolare, una successione convergente a 0 viene dettasuccessione infinitesima.
29
30 2. SUCCESSIONI NUMERICHE
Si osservi che, dalla definizione di valore assoluto, la relazione |an−a| <ε si puo riscrivere come a− ε < an < a+ ε ed anche an ∈ (a− ε, a+ ε).Vale il seguente risultato
Teorema 2.1. (Unicita del limite)
Se una successione ammette limite, questo e unico.
Dim. Sia (an)n∈N una successione tale che limn→+∞
an = a e limn→+∞
an = b e
proviamo che a = b. Per ogni ε > 0, poiche limn→+∞
an = a, dalla definizione
di limite, esiste ν1 ∈ N tale che |an−a| < ε2 per ogni n ≥ ν1. Analogalmente,
poiche limn→+∞
an = b, esiste ν2 ∈ N tale che |an − b| < ε2 per ogni n ≥ ν2.
Allora, per ogni n ≥ max{ν1, ν2} si ha
|b− a| ≤ |an − b|+ |an − a| < ε
ed essendo ε > 0 arbitrario otteniamo a = b. �
Verifichiamo ad esempio che limn→+∞
1n
= 0. Preso comunque ε > 0, dalla
Proprieta Archimedea sia ν ∈ N tale che 1ε< ν. Allora, per ogni n ≥ ν
avremo n ≥ ν > 1ε
e dunque 1n< ε. In modo analogo, si puo provare
che
limn→+∞
1
np= 0 per ogni p > 0.
Verifichiamo che per ogni 0 < a < 1 risulta limn→+∞
an = 0. Infatti, per
ogni ε > 0 avremo an = |an| < ε se e solo se, posto b = 1a> 1, risulta
bn > 1ε. Dalla diseguaglianza di Bernoulli abbiamo
bn = (1 + (b− 1))n ≥ 1 + n(b− 1), ∀n ∈ N,
sara allora sufficiente scegliere ν ∈ N tale che ν >1ε−1
b−1e dunque, per
n ≥ ν, 1 + n(b− 1) > 1ε
da cui bn > 1ε.
Proviamo ora che la successione an = (−1)n non ammette limite. Perassurdo, supponiamo che esista lim
n→+∞(−1)n = a ∈ R.
Preso comunque ε > 0 sia ν ∈ N tale che |(−1)n−a| < ε per ogni n ≥ ν.Allora, scelto n ≥ ν pari dovra risultare |(−1)n − a| = |1 − a| < ε equindi, essendo ε arbitrario, dovra essere a = 1. Analogalmente, scelton ≥ ν dispari dovra risultare |(−1)n−a| = |1+a| < ε e dunque a = −1,in contraddizione con l’unicita del limite.
In modo analogo, si puo provare che per ogni a ≤ −1 non esiste illimite lim
n→+∞an.
Lemma 2.1. Una successione (an)n∈N e infinitesima se e solo se lasuccessione (|an|)n∈N e infinitesima.
1. LIMITI DI SUCCESSIONI NUMERICHE 31
Dim. Posto bn = |an|, poiche |bn| = bn = |an|, otteniamo che la condizione
limn→+∞
bn = 0 equivale a limn→+∞
an = 0. �
Dal precedente risultato e immediato verificare che limn→+∞
(−1)n
n= 0
essendo | (−1)n
n| = 1
n.
Essendo limn→+∞
an = 0 per ogni a ∈ (0, 1), dal precedente risultato
otteniamo che per ogni |a| < 1 risulta limn→+∞
an = 0.
Si osservi che il risultato vale solo per successioni infinitesime, ad esem-pio abbiamo provato che (−1)n non converge mentre la successione deivalori assoluti |(−1)n| = 1 risulta banalmente convergente ad 1.
Una successione (an)n∈N e detta inferiormente limitata se esiste ` ∈ Rtale che ` ≤ an per ogni n ∈ N, e detta invece superiormente limitata seesiste L ∈ R tale che an ≤ L per ogni n ∈ N.Infine, una successione (an)n∈N e detta limitata se esistono `, L ∈ R taliche ` ≤ an ≤ L per ogni n ∈ N o, equivalentemente, se esiste M > 0tale che |an| ≤M per ogni n ∈ N.
Sono esempi di successioni limitate le successioni (cosn)n∈N, ((−1)n)n∈Ne ( 1
np)n∈N, con p > 0. Non risultano invece limitate le successioni
(n2)n∈N e (2n)n∈N.
Vale il seguente risultato
Lemma 2.2. Ogni successione convergente e limitata.
Dim. Sia (an)n∈N successione convergente al limite a ∈ R. Dalla definizionedi limite, preso ε = 1, esiste ν ∈ N tale che |an − a| ≤ 1 per ogni n ≥ ν.Avremo allora che per ogni n ≥ ν risulta a− 1 < an < a+ 1. Siano ora
` = min{a− 1, a1, a2, ..., aν−1} e L = max{a+ 1, a1, a2, ..., aν−1}.
Con tale scelta avremo allora che ` ≤ an ≤ L per ogni n ∈ N. �
Osserviamo che non vale il viceversa: la successione ((−1)n)n ∈ N elimitata ma non e convergente. Abbiamo pero il seguente risultato
Lemma 2.3. Se (an)n∈N e successione infinitesima e (bn)n∈N e succes-sione limitata allora la successione (anbn)n∈N risulta infinitesima.
Dim. Sia M > 0 tale che |bn| ≤M per ogni n ∈ N. Preso ε > 0 qualunque,
poiche an → 0 per n→ +∞, esiste ν ∈ N tale che |an| < εM per ogni n ≥ ν.
Allora per ogni n ≥ ν avremo |anbn| = |an||bn| ≤M |an| < M εM = ε. �
Si osservi che il risultato vale solo se la successione (an)n∈N e infi-nitesima: la successione (n+1
n)n∈N e convergente ad 1, la successione
32 2. SUCCESSIONI NUMERICHE
((−1)n)n∈N e limitata ma la successione prodotto ((−1)n n+1n
)n∈N nonconverge.
Proposizione 2.1. (Algebra dei limiti finiti)
Siano (an)n∈N e (bn)n∈N successioni convergenti e siano a = limn→+∞
an e
b = limn→+∞
bn. Allora le successioni (an ± bn)n∈N, (anbn)n∈N e (anbn
)n∈N,
se b 6= 0, sono convergenti e vale
(i) limn→+∞
an ± bn = a± b;(ii) lim
n→+∞anbn = ab;
(iii) se bn, b 6= 0 per ogni n ∈ N, limn→+∞
anbn
=a
b.
Dim. (i) Preso comunque ε > 0, poiche limn→+∞
an = a e limn→+∞
bn = b,
esisteranno ν1 ∈ N e ν2 ∈ N tali che |an − a| < ε2 per ogni n ≥ ν1 e
|bn − b| < ε2 per ogni n ≥ ν2. Allora per ogni n ≥ ν = max{ν1, ν2} avremo
|(an ± bn)− (a± b)| ≤ |an − a|+ |bn − b| < ε
Dunque, limn→+∞
an ± bn = a± b.(ii) Poiche la successione (bn)n∈N e convergente, dal Lemma 2.2 avremo cheesiste M > 0 tale che |bn| ≤ M per ogni n ∈ N. Se a = 0, il risultatosegue dal Lemma 2.3. Se a 6= 0, preso comunque ε > 0, sia ν1 ∈ N tale che|an − a| < ε
2M e sia ν2 ∈ N tale che |bn − b| < ε2|a| per ogni n ≥ ν2. Allora,
per ogni n ≥ ν = max{ν1, ν2} avremo
|anbn − ab| ≤ |bn||an − a|+ |a||bn − b| ≤M |an − a|+ |a||bn − b| < ε
e quindi limn→+∞
anbn = ab.
(iii) Osserviamo innanzitutto che essendo b 6= 0, esiste ν0 ∈ N tale che per
ogni n ≥ ν0 risulta |bn| > |b|2 (bastera scegliere nella definizione di limite
ν0 ∈ N in corrispondenza di ε = |b|2 > 0). Allora per ogni n ≥ ν0 avremo
|anbn− a
b| = |anb− abn|
|bn||b|| < 2
|anb− abn|b2
(4)
Preso comunque ε > 0, se a = 0, sia ν ∈ N tale che |an| < ε|b|2 , allora da
(4), per n ≥ max{ν0, ν} risulta |anbn | < ε. Se a 6= 0, sia ν1 ∈ N tale che
|an − a| < ε|b|4 per ogni n ≥ ν1 e sia ν2 ∈ N tale che |bn − b| < εb2
4|a| per ogni
n ≥ ν2. Allora per ogni n ≥ ν = max{ν0, ν1, ν2} risulta
|anbn− a
b| < 2
b2(|anb− ab|+ |abn − ab|) =
2
b2|(|b||an − a|+ |a||bn − b|) < ε.
Quindi limn→+∞
anbn
=a
b. �
1. LIMITI DI SUCCESSIONI NUMERICHE 33
Ad esempio, dal precedente risultato e immediato verificare che lesuccessioni n+2
ne ( 1
2n+ 1)(n+3
2n) sono convergenti con
limn→+∞
n+ 2
n= lim
n→+∞1 +
2
n= 1
e
limn→+∞
(1
2n+ 1)(
n+ 3
2n) = lim
n→+∞(
1
2n+ 1)
1
2(1 +
3
n) =
1
2.
Si dice che la successione (an)n∈N ha limite +∞ per n che tende a +∞,e si scrive lim
n→+∞an = +∞, se risulta verificata la seguente condizione:
∀M > 0 ∃ ν ∈ N tale che an > M ∀n ≥ ν
In tal caso diremo anche che la successione (an)n∈N tende o diverge a+∞ per n che tende a +∞ e scriveremo an → +∞ per n→ +∞.Analogalmente, si dice che la successione (an)n∈N ha limite −∞ pern che tende a +∞, e si scrive lim
n→+∞an = −∞ se risulta verificata la
seguente condizione:
∀M > 0 ∃ ν ∈ N tale che an < −M ∀n ≥ ν
Diremo anche che la successione (an)n∈N tende o diverge ad −∞ per nche tende a +∞ e scriveremo an → −∞ per n→ +∞.Una successione che ammette limite ±∞ viene detta successione di-vergente. Infine, una successione che ammette limite (finito o infini-to) viene detta successione regolare mentre si diranno indeterminate lesuccessioni che non ammettono limite.
Vediamo qualche esempio notevole di successioni divergenti. Dalla Pro-prieta Archimedea risulta banalmente divergente la successione an = n.Risulta inoltre
limn→+∞
np = +∞ per ogni p > 0.
Difatti, ricordando le proprieta delle potenze, preso comunque M > 0,
dalla Proprieta Archimedea sia ν ∈ N tale che M1p < ν. Per ogni n ≥ ν
avremo allora np ≥ νp > M . Possiamo quindi concludere che
limn→+∞
np =
{+∞ se p > 0
0 se p < 0
In generale, si puo provare che per ogni p > 0 risulta
34 2. SUCCESSIONI NUMERICHE
limn→+∞
xpn =
{+∞ se xn → +∞0 se xn → 0+
Infatti, se xn → +∞, per ogni M > 0 sia ν ∈ N tale che xn > M1p per
ogni n ≥ ν. Allora per n ≥ ν risulta xpn > M . Se invece xn → 0+, per
ogni ε > 0 sia ν ∈ N tale che 0 < xn < ε1p . Allora per n ≥ ν otteniamo
0 < xpn < ε.
Per ogni a > 1 si ha
limn→+∞
an = +∞.
Difatti, dato M > 0, dalla Proprieta Archimedea sia ν ∈ N tale cheν > M−1
a−1. Allora per ogni n ≥ ν, dalla diseguaglianza di Bernoulli,
avremo
an = (1 + (a− 1))n ≥ 1 + n(a− 1) ≥ 1 + ν(a− 1) > 1 + (M − 1) = M
Otteniamo quindi che
limn→+∞
an =
+∞ se a > 1
1 se a = 1
0 se |a| < 1
6 ∃ se a ≤ −1
Ricordando che per ogni a > 1 risulta ax > ay per ogni x > y,otteniamo che
per ogni successione xn → +∞ risulta axn → +∞ .
Difatti, preso comunque M > 0, poiche an → +∞, esiste n0 ∈ N taleche an0 > M . In corrispondenza di tale n0 ∈ N, poiche xn → +∞,esiste ν ∈ N tale che xn > n0 per ogni n ≥ ν. Allora, per n ≥ νavremo axn > an0 > M .
Per ogni a > 1 si ha
per ogni successione xn → +∞ risulta loga(xn)→ +∞ .
Difatti, per ogni M > 0, sia ν ∈ N tale che xn > aM per ogni n ≥ ν.Allora loga(xn) > M per ogni n ≥ ν.
Riguardo alle operazioni tra limiti infiniti, utilizzando la definizione sipuo provare il seguente risultato
Proposizione 2.2. (Algebra dei limiti infiniti)
Siano (an)n∈N e (bn)n∈N due successioni regolari e sia a ∈ R. Allora
1. LIMITI DI SUCCESSIONI NUMERICHE 35
1. se limn→+∞
an = a e limn→+∞
bn = ±∞ allora limn→+∞
an + bn = ±∞;
2. se limn→+∞
an = ±∞ e limn→+∞
bn = ±∞ allora limn→+∞
an + bn =
±∞;3. se lim
n→+∞an = a 6= 0 e lim
n→+∞bn = ±∞ allora lim
n→+∞|anbn| =
+∞;4. se lim
n→+∞an = ±∞ e lim
n→+∞bn = ±∞ allora lim
n→+∞|anbn| =
+∞;
5. se limn→+∞
an = a e limn→+∞
bn = ±∞ allora limn→+∞
anbn
= 0;
6. se limn→+∞
an = a e limn→+∞
bn = ±∞ allora limn→+∞
| bnan| = +∞;
7. se limn→+∞
an = a 6= 0 e limn→+∞
bn = 0 allora limn→+∞
|anbn| = +∞;
Proviamo che per ogni a > 1 e ogni successione xn → −∞ risultaaxn → 0. Infatti, possiamo scrivere axn = 1
a−xne poiche −xn → +∞
avremo a−xn → +∞ e dunque, dal precedente risultato, axn → 0.
Consideriamo ora le successioni an = 2+ 1n
e bn = log21n
= − log2 n. Pern→ +∞ risulta an → 2 e bn → −∞. Dalla precedente proposizione siottiene:
• an + bn → −∞,• |anbn| → +∞ ma osservato che an > 0 e bn ≤ 0 per ognin ∈ N, avremo anbn ≤ 0 e dunque che anbn → −∞.• an
bn→ 0
• | bnan| → +∞ ma per quanto sopra bn
an→ −∞.
Consideriamo come ulteriore esempio le successioni an = 12n
e bn =n− n2. Risulta an > 0 per ogni n ∈ N e an → 0 per n→ +∞ mentrebn = n(1− n) ≤ 0 per ogni n ∈ N e bn → −∞ per n→ +∞. Allora
• an + bn → −∞,• an − bn → +∞,• anbn = [0 · ∞] non e compreso nel risultato,• an
bn→ 0,
• bnan→ −∞, osservato che bn
an≤ 0 per ogni n ∈ N .
Consideriamo infine le successioni an = 2n+3n
3ne bn = (−1)n
n. Risulta
an = (23)n + 1→ 1 per n→ +∞ mentre bn → 0 per n→ +∞. Allora
• an ± bn → 1,• anbn → 0,
36 2. SUCCESSIONI NUMERICHE
• |anbn| → +∞ ma an
bnnon ammette limite osservato che bn > 0
per n pari e bn < 0 per n dispari, mentre an > 0 per ognin ∈ N,• bn
an→ 0.
Per determinare il segno del limite, sara utile introdurre la seguentenotazione. Diremo che lim
n→+∞an = 0+ se lim
n→+∞an = 0 e se esiste ν ∈ N
tale che an > 0 per ogni n ≥ ν.
Ad esempio, 2−n = 12n→ 0+ e quindi, utilizzando le considerazioni
precedenti,n+1n
2−n→ +∞.
Ricordando che loga xn = − loga(1xn
) ed osservato che 1xn→ +∞ per
ogni xn → 0+ otteniamo il seguente limite notevole
per ogni successione xn → 0+ e a > 1 risulta loga(xn)→ −∞
Analogalmente diremo che limn→+∞
an = 0− se limn→+∞
an = 0 e se esiste
ν ∈ N tale che an < 0 per ogni n ≥ ν.
Ad esempio, 1−nn2 → 0− e quindi n−n2
1−nn2→ +∞.
Risultano esclusi dal Teorema alcuni casi che possiamo schematizzarenelle seguenti forme:
∞−∞, 0 · ∞, ∞∞,
0
0,
dette forme indeterminate. Dire che un limite si presenta in forma inde-terminata non significa che il limite non esiste ma che occorre opera-re delle trasformazioni, semplificazioni o confronti per “eliminare”, sepossibile, l’indeterminazione.
Esempi
• limn→+∞
2n
n+ 1=[∞∞
]= lim
n→+∞2− 2
n+ 1= 2
• limn→+∞
n3 + 2n2 + n− 1
n2 + 1=[∞∞
]= lim
n→+∞n
1 + 2n
+ 1n2 − 1
n3
1 + 1n2
=
+∞
• limn→+∞
2n2 − 3n+ 1
n3 + n=[∞∞
]= lim
n→+∞
1
n
2− 3n
+ 1n2
1 + 1n2
= 0
• limn→+∞
2n3 + n2 + n
3n3 + 1=[∞∞
]= lim
n→+∞
2 + 1n
+ 1n2
3 + 1n3
=2
3
2. TEOREMI DI CONFRONTO 37
• limn→+∞
(n + 1)2 − (n − 1)2 = [∞−∞] = limn→+∞
n2 + 2n + 1 −(n2 − 2n+ 1) = lim
n→+∞4n = +∞
• limn→+∞
(n + 1)8 − (n − 1)2 = [∞ − ∞] = limn→+∞
(n + 1)8(1 −(n− 1)2
(n+ 1)8) = +∞ (osserviamo che tale metodo non poteva
applicarsi al precedente esempio).
Nei prossimi paragrafi vedremo dei risultati che ci permetteranno, tral’altro, di calcolare alcuni limiti notevoli a cui vedremo di ricondurciper il calcolo di limiti che si presentano in forma indeterminata.
2. Teoremi di confronto
Nel precedente paragrafo abbiamo visto come si comportano i limitirispetto alle operazioni algebriche. Nei risultati che seguono studiere-mo invece il comportamento rispetto alla relazione d’ordine. Abbiamoinnanzitutto
Teorema 2.2. (della permanenza del segno)
Se limn→+∞
an = a > 0 allora esiste ν ∈ N tale che an > 0 per ogni n ≥ ν.
Dim. Preso ε = a2 > 0, poiche lim
n→+∞an = a , esiste ν ∈ N tale che
|an− a| < ε per ogni n ≥ ν e dunque an > a− ε = a2 > 0 per ogni n ≥ ν. �
Seguono allora immediatamente
Corollario 2.1. Se an ≥ 0 per ogni n ∈ N e limn→+∞
an = a, allora
a ≥ 0.
Dim. Per assurdo, se a < 0 allora dal Teorema della permanenza del segno
avremo esiste ν ∈ N tale che an < 0 per ogni n ≥ ν, in contraddizione con
an ≥ 0 per ogni n ∈ N. �
Inoltre
Corollario 2.2. Se an ≥ bn ∀n ∈ N, limn→+∞
an = a e limn→+∞
bn = b,
allora a ≥ b.
Dim. Basta applicare il precedente corollario alla successione cn = an − bn.
�
Il seguente Teorema tornera utile per i calcolo di limiti
Teorema 2.3. (del confronto tra limiti finiti)
Siano (an)n∈N, (bn)n∈N e (cn)n∈N successioni tali che an ≤ bn ≤ cn per
38 2. SUCCESSIONI NUMERICHE
ogni n ≥ ν0, per qualche ν0 ∈ N. Se limn→+∞
an = limn→+∞
cn = a ∈ Rallora lim
n→+∞bn = a.
Dim. Per ogni ε > 0, poiche limn→+∞
an = a, esiste ν1 ∈ N tale che a − ε <an < a + ε per ogni n ≥ ν1. Allo stesso modo, poiche lim
n→+∞cn = a,
esiste ν2 ∈ N tale che a − ε < cn < a + ε per ogni n ≥ ν2. Posto alloraν = max{ν0, ν1, ν2}, avremo che per ogni n ≥ ν si ha
a− ε < an ≤ bn ≤ cn < a+ ε
e dunque che limn→+∞
bn = a. �
Il precedente risultato viene anche detto Teorema dei due carabinieriin quanto le successioni (an)n∈N e (cn)n∈N possono essere paragonatea due carabinieri che accompagnano il delinquente (bn)n∈N in galera... Osserviamo che se (an)n∈N e (cn)n∈N convergono ma non allo stessolimite, la successione (bn)n∈N potra anche essere indeterminata: bn =(−1)n n
n+1risulta controllata dalle successioni convergenti an = − n
n+1e
cn = nn+1
, ma bn risulta indeterminata.
Utilizzando il precedente risultato proviamo il seguente limite notevole
per ogni successione infinitesima (xn)n∈N risulta limn→+∞
sin(xn) = 0.
A tale scopo osserviamo che per ogni x ∈ [−π2, π
2] risulta
0 ≤ | sinx| ≤ |x|Poiche xn → 0, sia ν0 ∈ N tale che |xn| < π
2per ogni n ≥ ν0. Dalla
precedente diseguaglianza avremo allora che
0 ≤ | sin(xn)| ≤ |xn|, ∀n ≥ ν0.
Dal Teorema del Confronto e dal Lemma 2.1 segue allora che sin(xn)→0.
Dal precedente limite segue inoltre che
per ogni successione infinitesima (xn)n∈N risulta limn→+∞
cos(xn) = 1.
A tale scopo osserviamo che per ogni x ∈ [−π2, π
2] risulta
1 ≥ cosx ≥ 1− | sinx|Come nella precedente prova, poiche xn → 0, sia ν0 ∈ N tale che|xn| < π
2per ogni n ≥ ν0. Dalla precedente diseguaglianza avremo
allora che
1 ≥ cos(xn) ≥ 1− | sin(xn)|
2. TEOREMI DI CONFRONTO 39
ed essendo | sin(xn)| → 0, risultera 1 − | sin(xn)| → 1 e dunque, dalTeorema del Confronto, cos(xn)→ 1.
Infine, per ogni successione infinitesima (xn)n∈N risulta
limn→+∞
sin(xn)
xn= 1 e lim
n→+∞
1− cos(xn)
x2n
=1
2
Infatti, ricordando che per ogni x ∈ (0, π2) si ha
sinx ≤ x ≤ tanx,
ottieniamo
1 <x
sinx<
1
cosxe quindi
1 >sinx
x> cosx.
Essendo sin(−x) = − sinx e cos(−x) = cos x, ne deduciamo che perogni x ∈ (−π
2, π
2), x 6= 0, la diseguaglianza sopra risulta ancora verifi-
cata. Considerata allora una successione xn → 0 con xn 6= 0, avremoche esiste ν0 ∈ N tale che xn ∈ (−π
2, π
2) per n ≥ ν0 e dunque che
1 >sinxnxn
> cosxn, ∀n ≥ ν0.
Poiche cosxn → 1, dal Teorema del Confronto risulta che sinxnxn→ 1.
Per provare il secondo limite, possiamo procedere nel seguente modo
1− cosxnx2n
=sin2 xnx2n
1
1 + cos xn→ 1
2
essendo cos xn → 1 e sinxnxn→ 1.
In particolare si ottiene che limn→+∞
tanxn = 0 e limn→+∞
tanxnxn
= 1.
Nel caso di limiti infiniti si puo facilmente verificare
Teorema 2.4. (del confronto per limiti infiniti)
Siano (an)n∈N e (bn)n∈N successioni tali che an ≤ bn per ogni n ≥ ν,per qualche ν ∈ N. Se lim
n→+∞an = +∞ allora lim
n→+∞bn = +∞. Se
limn→+∞
bn = −∞ allora limn→+∞
an = −∞.
Ad esempio osserviamo che per la successione n2 − sin(n) si ha n2 −sin(n) ≥ n2 − 1 per ogni n ∈ N. Poiche lim
n→+∞n2 − 1 = +∞ dal
precedente risultato otteniamo che
limn→+∞
n2 − sin(n) = +∞.
40 2. SUCCESSIONI NUMERICHE
Consideriamo ora la successione n arctan(2 + (−1)n). Osservato cheper ogni n ∈ N risulta arctan(2 + (−1)n) ≥ arctan(1) = π
4avremo che
n arctan(2 + (−1)n) ≥ nπ4
e dunque che limn→+∞
n arctan(2 + (−1)n) =
+∞.
Come esempi notevoli, osservato che per ogni n ∈ N risulta nn ≥ n en! ≥ n, dal precedente risultato otteniamo che
limn→+∞
n! = limn→+∞
nn = +∞
dove n! = n · (n− 1) · (n− 2)...2 · 1 e detto n fattoriale.
3. Successioni monotone e Numero di Nepero
Una successione (an)n∈N viene detta monotona se risulta verificata unadelle seguenti condizioni:
- an ≤ an+1 per ogni n ∈ N, oppure- an ≥ an+1 per ogni n ∈ N.
Nel primo caso la successione viene detta monotona crescente, nel se-condo monotona decrescente. Nel caso in cui le precedenti diseguaglian-ze risultino strette la successione verra detta strettamente monotona(rispettivamente strettamente crescente e strettamente decrescente).
Risulta ad esempio strettamente decrescente la successione 1np
per ognip ∈ N cosı come la successione an se 0 < a < 1. Risultano invecestrettamente crescenti le successioni np per ogni p ∈ N e an se a > 1. Lasuccessione an con a < 0 non risulta invece ne’ crescente ne’ decrescentementre una successione costante risulta sia crescente che decrescente.
Osserviamo che se (an)n∈N e successione crescente allora risulta an ≤ amper ogni n ≤ m. Analogalmente, se (an)n∈N e successione decrescenteallora risulta an ≥ am per ogni n ≤ m.
Si dice estremo superiore (inferiore) di una successione (an)n∈N, l’estremosuperiore (inferiore) dell’insieme {an |n ∈ N}, che indicheremo consup an o con sup
n∈Nan (rispettivamente, inf an o inf
n∈Nan).
Dalla caratterizzazione dell’estremo superiore di un insieme numericosi ha:
sup an = m ∈ R ⇐⇒
{an ≤ m ∀n ∈ N∀ ε > 0 esiste ν ∈ N tale che m− ε < aν
mentre
sup an = +∞ ⇐⇒ ∀M ∈ R esiste ν ∈ N tale che M < aν
3. SUCCESSIONI MONOTONE E NUMERO DI NEPERO 41
Analoghe caratterizzazioni si avranno per l’estremo inferiore, inf an.Utilizzando tali caratterizzazioni si prova il seguente fondamentale ri-sultato.
Teorema 2.5. (di regolarita delle successioni monotone)
Ogni successione (an)n∈N monotona e regolare e precisamente, se ri-sulta crescente allora lim
n→+∞an = sup an mentre se risulta decrescente
allora limn→+∞
an = inf an.
Dim. Consideriamo solo il caso in cui la successione risulta crescente, nel
caso decrescente la prova e analoga.
Sia (an)n∈N successione crescente e supponiamo che risulti superiormente
limitata. Dal Teorema di esistenza dell’estremo superiore avremo allora che
esiste finito sup an = m. Proviamo che limn→+∞
an = m.
Preso comunque ε > 0, dalla caratterizzazione di estremo superiore abbiamo
che per ogni n ∈ N risulta an ≤ m < m + ε. Inoltre, esiste ν ∈ N tale
che aν > m − ε. Allora, essendo la successione crescente, avremo che per
ogni n ≥ ν risulta an ≥ aν > m − ε. Dunque, per ogni n ≥ ν si ha
m− ε < an < m+ ε e quindi limn→+∞
an = m.
Supponiamo ora che la successione non risulti superiormente limitata. Per
definizione avremo che sup an = +∞ e proviamo che limn→+∞
an = +∞.
Preso comunque M > 0, dalla caratterizzazione abbiamo che esiste ν ∈ Ntale che aν > M . Essendo la successione crescente avremo che per ogni
n ≥ ν risulta an ≥ aν > M e dunque che limn→+∞
an = +∞. �
Segue immediatamente
Corollario 2.3. Ogni successione monotona limitata e convergente.
Come applicazione notevole del precedente risultato si definisce il nu-mero di Nepero e nel seguente modo. La successione an =
(1 + 1
n
)ne
convergente ed il suo limite viene detto numero di Nepero e denotatocon e:
limn→+∞
(1 +
1
n
)n= e
Per provare che tale successione e convergente e per dare una stimadel suo limite, proviamo che (an)n∈N e successione crescente e limitata.Difatti, risulta
(1 +1
n)n ≥ (1 +
1
n− 1)n−1 ⇐⇒ (
n+ 1
n)n ≥ (
n
n− 1)n−1
⇐⇒ [(n+ 1
n)(n− 1
n)]n ≥ n− 1
n⇐⇒ (1− 1
n2)n ≥ 1− 1
n
42 2. SUCCESSIONI NUMERICHE
e l’ultima diseguaglianza segue dalla diseguaglianza di Bernoulli.Quindi an ≥ an−1 per ogni n ∈ N e dunque (an)n∈N e successionecrescente. Per provare che la successione e limitata, si consideri la
successione bn =(1 + 1
n
)n+1. E evidente che bn ≥ an per ogni n ∈ N e,
con procedimento analogo al precedente, si puo provare che (bn)n∈N esuccessione decrescente. Risulta allora che
2 = a1 ≤ an ≤ bn ≤ b1 = 4, ∀n ∈ N.
La successione (an)n∈N risulta allora limitata e quindi, essendo crescen-te, dal precedente risultato, ammette limite, il numero di Nepero:
sup an = limn→+∞
an = limn→+∞
(1 +
1
n
)n= e ∈ R.
Piu in generale, si puo provare che per ogni successione xn → ±∞ pern→ +∞ risulta
limn→+∞
(1 +
1
xn
)xn= e (5)
A tale scopo, consideriamo il caso in cui xn → +∞ ed osserviamo cheper definizione di parte intera risulta [xn] ≤ xn ≤ [xn] + 1 per ognin ∈ N e dunque(
1 +1
[xn] + 1
)[xn]
≤(
1 +1
xn
)xn≤(
1 +1
[xn]
)[xn]+1
Essendo (1 + 1n)n → e, [xn] ∈ N e [xn]→ +∞ avremo che
(1 +1
[xn])[xn] → e
Infatti per ogni ε > 0 sia N ∈ N tale che |(1 + 1n)n − e| < ε per ogni n ≥ N .
Poiche [xn] ∈ N e [xn] → +∞, sia ν ∈ N tale che [xn] ≥ N per ogni n ≥ ν,
allora risulta |(1 + 1[xn])
[xn] − e| < ε per ogni n ≥ ν.
Ne segue che
limn→+∞
(1 +
1
[xn] + 1
)[xn]
= limn→+∞
(1 +
1
[xn]
)[xn]+1
= e
Dalla precedente diseguaglianza e dal Teorema del Confronto ne con-cludiamo che vale (5).
Osserviamo ora che essendo bn = an(1 + 1
n
)ed essendo (bn)n∈N succes-
sione limitata e decrescente avremo che
inf bn = limn→+∞
bn = limn→+∞
an = e
3. SUCCESSIONI MONOTONE E NUMERO DI NEPERO 43
e quindi che
an ≤ sup an = e = inf bn ≤ bn, ∀n ∈ N
ovvero, vale la diseguaglianza di Nepero(1 +
1
n
)n≤ e ≤
(1 +
1
n
)n+1
, ∀n ∈ N
Tale diseguaglianza ci permette di dare delle stime del numero diNepero. Ad esempio, per n = 2 risulta:
2, 25 ≤ e ≤ 3, 375,
per n = 4 si ha
2, 44140625 ≤ e ≤ 3, 0517578125,
e per n = 100
2, 70481382942 ≤ e ≤ 2, 73186196772.
A partire dalla diseguaglianza di Nepero, utilizzando il Teorema delConfronto, si provano i seguenti limiti notevoli:
limn→+∞
log(1 +1
n) = 0 e lim
n→+∞
log(1 + 1n)
1n
= 1
dove log x = loge x, ed inoltre
limn→+∞
e1n = 1 e lim
n→+∞
e1n − 1
1n
= 1
Difatti, applicando il logaritmo di base e a tutti i membri della dise-guaglianza di Nepero si ottiene
n log
(1 +
1
n
)≤ 1 ≤ (n+ 1) log
(1 +
1
n
), ∀n ∈ N,
da cui in particolare
1
n+ 1≤ log
(1 +
1
n
)≤ 1
n, ∀n ∈ N, (6)
ed essendo 1n→ 0 e 1
n+1→ 0 per n→ +∞, dal Teorema del confronto
deduciamo che log(1 + 1
n
)→ 0.
Dalla diseguaglianza (6), deduciamo inoltre che
n
n+ 1≤ n log
(1 +
1
n
)≤ 1, ∀n ∈ N,
44 2. SUCCESSIONI NUMERICHE
ed essendo nn+1→ 1 per n→ +∞, dal Teorema del confronto deducia-
mo che n log(1 + 1
n
)→ 1.
Sempre dalla diseguaglianza (6), otteniamo che
log
(1 +
1
n
)≤ 1
n≤ log
(1 +
1
n− 1
), ∀n ∈ N, n ≥ 2,
da cui, applicando l’esponenziale, otteniamo
1 +1
n≤ e
1n ≤ 1 +
1
n− 1, ∀n ∈ N, n ≥ 2, (7)
ed essendo 1n→ 0 e 1
n−1→ 0 per n→ +∞, dal Teorema del confronto
deduciamo che e1n → 1. Da (7) si ha inoltre che
1
n≤ e
1n − 1 ≤ 1
n− 1, ∀n ∈ N, n ≥ 2,
e quindi
1 ≤ n(e1n − 1) ≤ n
n− 1, ∀n ∈ N, n ≥ 2,
ed essendo nn−1→ 1 per n→ +∞, dal Teorema del confronto deducia-
mo che n(e1n − 1)→ 1.
Si puo inoltre provare (utilizzando la parte intera) che i precedenti limitivalgono se alla successione 1
nviene sostituita una qualunque successione
xn → 0 per n → +∞. Si ha difatti che per ogni successione xn → 0per n→ +∞ risulta
limn→+∞
log(1 + xn) = 0 e limn→+∞
log(1 + xn)
xn= 1
ed anche
limn→+∞
exn = 1 e limn→+∞
exn − 1
xn= 1
Dai precedenti limiti si possono inoltre verificare i seguenti limiti note-voli attarverso i quali proveremo la continuita delle funzioni esponen-ziale e logaritmo:
Se xn → x0, osservato che exn = ex0exn−x0 e che exn−x0 → 1, si ha
limn→+∞
exn = ex0 .
Se xn → x0 > 0, essendo log(xn) = log(xn − x0 + x0) = log(x0) +log(xn−x0
x0+ 1) e xn−x0
x0→ 0, risulta
limn→+∞
log(xn) = log x0.
3. SUCCESSIONI MONOTONE E NUMERO DI NEPERO 45
Proviamo infine che valgono i seguenti limiti riguardanti le potenze:per ogni α 6= 0 e ogni successione xn → 0 per n→ +∞ risulta
limn→+∞
(1 + xn)α = 1 e limn→+∞
(1 + xn)α − 1
xn= α
Difatti, utilizzando le leggi cancellazione di esponenziale e logaritmopossiamo scrivere: (1 + xn)α = eα log(1+xn) ed essendo yn = α log(1 +xn) → 0 per n → +∞, dal limite notevole eyn → 1, deduciamo che(1 + xn)α → 1. Analogalmente possiamo scrivere
(1 + xn)α − 1
xn=eα log(1+xn) − 1
xn=eα log(1+xn) − 1
α log(1 + xn)· log(1 + xn)
xn· α
ed essendo yn = α log(1 + xn) → 0 per n → +∞, dal limite notevoleeyn−1yn→ 1 e log(1+xn)
xn→ 1, otteniamo
limn→+∞
(1 + xn)α − 1
xn= α
Infine, se xn → x0 > 0, allora
limn→+∞
xnα = x0
α
essendo, dai precedenti limiti, xαn = eα log xn → eα log x0 = xα0 . Se nededuce in particolare che se xn → ±∞ e α ∈ R allora
limn→+∞
(1 +α
xn)xn = eα
Infatti, se α 6= 0, posto yn = xnα→ ±∞, avremo
(1 +α
xn)xn = [(1 +
α
xn)xnα ]α = [(1 +
1
yn)yn ]α → eα.
Esempi
• Calcolare limn→+∞
(e1n2 − 1)(2n2 + n+ 1). Abbiamo
limn→+∞
(e1n2 − 1)(2n2 +n+ 1) = [0 ·∞] = lim
n→+∞
e1n2 − 1
1n2
2n2 + n+ 1
n2= 2.
• Calcolare limn→+∞
log(1 + 1n2 )
1− cos 1n2
. Si ha
limn→+∞
log(1 + 1n2 )
1− cos 1n2
= [0
0] = lim
n→+∞
log(1 + 1n2 )
1n2
1n4
1− cos( 1n2 )
n2 = +∞
46 2. SUCCESSIONI NUMERICHE
• Calcolare limn→+∞
esin 1n − 1
[1 + 1n]32 − 1
. Risulta
limn→+∞
esin 1n − 1
[1 + 1n]32 − 1
=
[0
0
]= lim
n→+∞
esin 1n − 1
sin 1n
sin 1n
[1 + 1n]32 − 1
= limn→+∞
esin 1n − 1
sin 1n
1n
[1 + 1n]32 − 1
sin 1n
1n
=2
3
• Calcolare limn→+∞
√n2 + 1−
√n2 + n.
limn→+∞
√n2 + 1−
√n2 + n = [∞−∞]
= limn→+∞
1− n√n2 + 1 +
√n2 + n
= limn→+∞
1n− 1√
1 + 1n2 +
√1 + 1
n
= −1
2
• Calcolare limn→+∞
5√n− 1− 5
√n+ 1.
limn→+∞
5√n− 1− 5
√n+ 1 = [∞−∞]
= limn→+∞
5√n+ 1( 5
√n− 1
n+ 1− 1) = lim
n→+∞5√n+ 1( 5
√1− 2
n+ 1− 1)
= limn→+∞
5√n+ 1
5
√1− 2
n+1− 1
2n+1
2
n+ 1
= limn→+∞
2
(n+ 1)45
5
√1− 2
n+1− 1
2n+1
= 0
• Calcolare limn→+∞
log(n+√n)− log n√
n+ 1−√n
.
limn→+∞
log(n+√n)− log n√
n+ 1−√n
= limn→+∞
log(1 + 1√n)
√n(√
1 + 1n− 1)
= limn→+∞
log(1 + 1√n)
1√n
1n√
1 + 1n− 1
= 2
3. SUCCESSIONI MONOTONE E NUMERO DI NEPERO 47
• Calcolare limn→+∞
enα − 1√
1 + nα − 1, al variare di α 6= 0.
Se α > 0 allora, dalla gerarchia degli infiniti abbiamo
limn→+∞
enα − 1√
1 + nα − 1= lim
n→+∞
enα
nα2
1− 1enα√
1nα
+ 1− 1nα/2
= +∞
Se α < 0, essendo nα → 0 abbiamo
limn→+∞
enα − 1√
1 + nα − 1= lim
n→+∞
enα − 1
nαnα√
1 + nα − 1= 2
• Calcolare limn→+∞
log(n+ nα)− log n√n+ 1−
√n
al variare di α ∈ R. Risulta
limn→+∞
log(n+ nα)− log n√n+ 1−
√n
= limn→+∞
log(1 + nα−1)1√n
1n√
1 + 1n− 1
=
0 se α < 1
2
2 se α = 12
+∞ se α > 12
Per esercizio provare che
• limn→+∞
log(n+√n)− log n√
n2 + 1− n= 0
• limn→+∞
esin 1n − 1√
1 + 1nα − 1
=
0 se α < 1
2 se α = 1
+∞ se α > 1
• limn→+∞
log(n+ nα)− log n√n2 + 1− n
=
0 se α < 0
2 se α = 0
+∞ se α > 0
• limn→+∞
enα − 1√
cos 1n − 1
0 se α < −2
−4 se α = −2
−∞ se α > −2
Tornera utile nel calcolo dei precedenti limiti utilizzare la relazione diasintotico che introdurremo nel prossimo paragrafo.
Consideriamo ora successioni della forma abnn dove an > 0 per ognin ∈ N. Per trattare successioni di questa forma converra riscriverleutilizzando le leggi di cancellazione del logaritmo e dell’esponenziale
abnn = ebn log an
48 2. SUCCESSIONI NUMERICHE
e ricordare i limiti notevoli della successione exn . Possiamo in tal modoprovare che vale il seguente risultato:
Proposizione 2.3. Sia (an)n∈N una successione regolare a terminipositivi e sia (bn)n∈N una successione regolare. Allora
1. se limn→+∞
an = a > 0 e limn→+∞
bn = b ∈ R allora limn→+∞
abnn = ab;
2. se limn→+∞
an = a > 1 e limn→+∞
bn = +∞ allora limn→+∞
abnn = +∞;
3. se limn→+∞
an = a ∈ (0, 1) e limn→+∞
bn = +∞ allora limn→+∞
abnn = 0;
4. se limn→+∞
an = 0+ e limn→+∞
bn = b > 0 allora limn→+∞
abnn = 0;
5. se limn→+∞
an = 0+ e limn→+∞
bn = b < 0 allora limn→+∞
abnn = +∞;
6. se limn→+∞
an = +∞ e limn→+∞
bn = b > 0 allora limn→+∞
abnn = +∞;
7. se limn→+∞
an = +∞ e limn→+∞
bn = b < 0 allora limn→+∞
abnn = 0.
Sono escluse dalla proposizione le seguenti forme indeterminate esponen-ziali:
1±∞; +∞0; 00
che potranno riportarsi al caso 0 · ∞ mediante la posizione abnn =ebn log an .
Proviamo ad esempio i seguenti limiti notevoli
limn→+∞
n√a = 1, ∀a > 0 ,
difatti, n√a = a
1n = e
log an → 1, essendo log a
n→ 0. Inoltre
limn→+∞
n√nb = 1, ∀b ∈ R
essendon√nb = n
bn = eb
lognn → 1, essendo, come proveremo nella
prossima sezione, lognn→ 0 per n→ +∞.
Come ulteriore esempio calcoliamo il limite della successione an =(n+3n+1
)n. Risulta
an = en log(n+3n+1
) = en log(1+ 2n+1
)
Dal limite notevole log(1+xn)xn
→ 1 per ogni successione xn → 0 otteniamo
n log(1 +2
n+ 1) =
log(1 + 2n+1
)2
n+1
2n
n+ 1→ 2
e dunque limn→+∞
an = e2.
4. CRITERIO DEL RAPPORTO ED INFINITI DI ORDINE CRESCENTE 49
4. Criterio del rapporto ed infiniti di ordine crescente
Ricordando che limn→+∞
bn = 0 per ogni |b| < 1 possiamo provare il
seguente risultato
Teorema 2.6. (Criterio del rapporto)
Sia (an)n∈N successione a termini positivi tale che esiste limn→+∞
an+1
an= `.
Risulta
(i) se ` < 1 allora limn→+∞
an = 0 ed esistono ν ∈ N, A > 0 e
b ∈ (0, 1) tali che an ≤ Abn per ogni n ≥ ν,
(ii) se ` > 1 allora limn→+∞
an = +∞ ed esistono ν ∈ N, A > 0 e
b > 1 tali che an ≥ Abn per ogni n ≥ ν.
Dim. Dimostriamo innanzitutto (i). Preso 0 < ε < 1 − `, dalla definizionedi limite, esiste ν ∈ N tale che an+1
an< `+ ε per ogni n ≥ ν. Posto b = `+ ε
avremo che 0 < b < 1 e che per ogni n ≥ ν risulta an+1 < ban. Ne segue cheper ogni k ∈ N si ha aν+k < bkaν . Infatti, risulta aν+1 < baν . Supponiamoche aν+k < bkaν allora, essendo ν + k + 1 ≥ ν, avremo
aν+k+1 < baν+k < bk+1aν
Dal principio di induzione segue allora che aν+k < bkaν per ogni k ∈ N.Quindi, per ogni n ≥ ν avremo
0 < an = aν+(n−ν) < bn−νaν =aνbνbn.
Posto A = aνbν > 0, si ha che 0 < an < Abn per ogni n ≥ ν. Essendo
b ∈ (0, 1), si ha bn → 0 e quindi, dal Teorema del Confronto, an → 0.
Per provare (ii) sara sufficiente applicare (i) alla successione bn = 1an→ 1
` <
1. �
Utlizzando il precedente risultato e possibile stabilire una gerarchia tragli infiniti notevoli. Ricordando infatti che per ogni b > 0 e a > 1abbiamo
limn→+∞
loga n = limn→+∞
nb = limn→+∞
an = limn→+∞
n! = limn→+∞
nn = +∞
proviamo che
limn→+∞
nb
an= lim
n→+∞
an
n!= lim
n→+∞
n!
nn= 0 e lim
n→+∞
loga n
nb= 0
Per provare la prima serie di limiti applichiamo il criterio del rapporto.
Abbiamo infatti che posto an = nb
ansi ha
limn→+∞
an+1
an= lim
n→+∞
(n+ 1)b
an+1
an
nb= lim
n→+∞
1
a(n+ 1
n)b =
1
a< 1
50 2. SUCCESSIONI NUMERICHE
e dunque dal criterio del rapporto si ottiene che
limn→+∞
nb
an= 0.
Allo stesso modo, posto an = an
n!risulta
limn→+∞
an+1
an= lim
n→+∞
an+1
(n+ 1)!
n!
an= lim
n→+∞
a
n+ 1= 0 < 1
e dal criterio del rapporto concludiamo che
limn→+∞
an
n!= 0.
Infine, posto an = n!nn
risulta
limn→+∞
an+1
an= lim
n→+∞
(n+ 1)!
(n+ 1)n+1
nn
n!= lim
n→+∞(
n
n+ 1)n
= limn→+∞
1
(1 + 1n)n
=1
e< 1.
essendo limn→+∞
(1 +1
n)n = e > 2 per definizione di numero di Nepero,
da cui
limn→+∞
n!
nn= 0.
Per provare l’ultimo limite, osserviamo innanzitutto che per ogni suc-cessione xn → +∞, b > 0 e a > 1 risulta
limn→+∞
xbnaxn
= 0 (8)
Infatti, considerata la successione delle parti intere ([xn])n∈N risulta[xn] ∈ N e [xn] ≤ xn < [xn] + 1 per ogni n ∈ N da cui
[xn]b
a[xn]+1≤ xbnaxn≤ ([xn] + 1)b
a[xn](9)
Poiche nb
an→ 0, preso comunque ε > 0 sia N ∈ N tale che nb
an< ε per
ogni n ≥ N . Essendo [xn] → +∞, sia ν ∈ N tale che [xn] > N per
ogni n ≥ ν. Allora per n ≥ ν risulta [xn]b
a[xn] < ε e dunque [xn]b
a[xn] → 0. Nesegue che
limn→+∞
[xn]b
a[xn]+1= lim
n→+∞
1
a
[xn]b
a[xn]= 0.
4. CRITERIO DEL RAPPORTO ED INFINITI DI ORDINE CRESCENTE 51
e che
limn→+∞
([xn] + 1)b
a[xn]= lim
n→+∞(1 +
1
[xn])b
[xn]b
a[xn]= 0.
Da (9) e dal Teorema del confronto ne concludiamo che vale (8).
Dal precedente limite segue in particolare che per ogni successione xn →+∞, b > 0 e a > 1 risulta
limn→+∞
loga(xn)
xbn= 0 (10)
Infatti, posto yn = loga xn si ha che yn → +∞ e dunque che
limn→+∞
loga(xn)
xbn= lim
n→+∞
1
b
b ynab yn
= 0.
In particolare otteniamo che
limn→+∞
loga n
nb= 0.
Dal limite (10) segue inoltre che per ogni successione xn → 0+ risulta
limn→+∞
xbn loga xn = limn→+∞
−loga
1xn
( 1xn
)b= 0, ∀ a > 1, b > 0.
essendo 1xn→ +∞.
Siano ora (an)n∈N e (bn)n∈N successioni tali che
limn→+∞
an = limn→+∞
bn = +∞
Si dice che la successione (an)n∈N ha ordine di infinito minore della suc-cessione (bn)n∈N per n→ +∞, e scriveremo Ord(an) < Ord(bn) oppurean << bn per n→ +∞, se
limn→+∞
anbn
= 0.
Osserviamo che tale relazione risulta transitiva in quanto se Ord(an) <Ord(bn) e Ord(bn) < Ord(cn) per n→ +∞ allora Ord(an) < Ord(cn).Infatti
limn→+∞
ancn
= limn→+∞
anbn
bncn
= 0
Dai limiti precedentemente provati, per ogni a > 1 e p > 0, per n →+∞ risulta
Ord(loga n) < Ord(np) < Ord(an) < Ord(n!) < Ord(nn)
52 2. SUCCESSIONI NUMERICHE
Si dice infine che la successione (an)n∈N ha ordine di infinito uguale allasuccessione (bn)n∈N per n → +∞, e scriveremo Ord(an) = Ord(bn),per n→ +∞, se
limn→+∞
anbn
= ` ∈ R \ {0}.
5. Relazione di asintotico
Due successioni (an)n∈N e (bn)n∈N sono dette asintotiche per n→ +∞,e si scrive an ∼ bn per n→ +∞, se
limn→+∞
anbn
= 1.
In particolare, se limn→+∞
an = ` ∈ R \ {0} allora an ∼ ` per n→ +∞.
Sono immediate le seguenti proprieta:
(i) Se an ∼ bn e limn→+∞
bn = ` ∈ R ∪ {±∞} allora limn→+∞
an = `.
(ii) Se an ∼ bn e bn ∼ cn allora an ∼ cn.(iii) Se an ∼ bn allora per ogni successione (cn)n∈N mai nulla, si ha
ancn ∼ bncn,ancn∼ bncn,
cnan∼ cnbn.
Alcune osservazioni. Esistono successioni che ammettono lo stesso li-mite ma che non sono asintotiche (si pensi ad esempio alle successionian = n2 e bn = n4).
La proprieta (i) afferma che due successioni (an)n∈N e (bn)n∈N asin-totiche ammettono lo stesso limite (purche regolari) ma non necessa-riamente che an − bn → 0 (si pensi alle successioni an = n2 + n ebn = n2 + 1).
La proprieta (iii), anche chiamata Principio di sostituzione, vale perprodotti e rapporti di successioni ma NON VALE in generale per som-me e differenze di successioni. Si considerino ad esempio le successionian = n2 + n, bn = n2 e cn = n2 − 1
n. Per n→ +∞ abbiamo
an = n2(1 +1
n) ∼ bn = n2
e
an − cn = n+1
n→ +∞
mentre
bn − cn =1
n→ 0.
Dunque an − cn 6∼ bn − cn (infatti, se cosı fosse per (i) i due limitidovrebbero essere uguali).
5. RELAZIONE DI ASINTOTICO 53
Osserviamo infine che se an ∼ bn possiamo dire che an = bn + rn, perogni n ∈ N, dove il resto rn e tale che rn
bn→ 0 per n → +∞ (rn viene
detto trascurabile rispetto a bn per n→ +∞), infatti
rnbn
=an − bnbn
=anbn− 1→ 0, per n→ +∞,
ma non e necessariamente infinitesimo. Ad esempio, per n → +∞,an = n+ n2 ∼ bn = n2 e risulta
rn = an − bn = n→ +∞.
Dai limiti notevoli visti otteniamo che per ogni successione xn → 0 pern→ +∞ valgono i seguenti confronti asintotici notevoli
sin(xn) ∼ xn, 1− cos(xn) ∼ x2
2, tan(xn) ∼ xn
e
exn − 1 ∼ xn, log(1 + xn) ∼ xn, (1 + xn)α − 1 ∼ αxn
Esempi
• Calcolare limn→∞
sin( 2n−1
)√4 + 1
n− 2
.
Il limite si presenta nella forma indeterminata 00
ed utilizzando larelazione di asintotico, dai limiti notevoli ricordati sopra si ottiene
sin( 2n−1
)√4 + 1
n− 2
=sin( 2
n−1)
2(√
1 + 14n− 1)
∼2
n−1
212
14n
=8n
n− 1
da cui
limn→∞
sin( 2n−1
)√4 + 1
n− 2
= limn→∞
8n
n− 1= 8.
• Calcolare limn→+∞
log( nen
+ 1)
e1n − 1
Osserviamo che il limite presenta una forma indeterminata del tipo 00
edutilizzando la relazione di asintotico ed i limiti notevoli sopra elencatisi ha
log( nen
+ 1)
e1n − 1
∼nen
1n
=n2
en
54 2. SUCCESSIONI NUMERICHE
e quindi, dalla gerarchia degli infiniti, risulta:
limn→+∞
log( nen
+ 1)
e1n − 1
= limn→+∞
n2
en= 0
• Calcolare limn→+∞
esin 1n − 1
[1 + log(1 + 12n
)]32 − 1
. Dai limiti notevoli abbiamo
esin 1n − 1
[1 + log(1 + 12n
)]32 − 1
∼sin 1
n32
log(1 + 12n
)∼
1n
32
12n
=2
3
2n
n
e dunque, dalla gerarchia degli infiniti,
limn→+∞
esin 1n − 1
[1 + log(1 + 1n)]
32 − 1
= +∞.
• Calcolare al variare di α > 0 il limite limn→+∞
(n2 + 2)α − (n2 + 1)α.
Per ogni α > 0 abbiamo
(n2 + 2)α − (n2 + 1)α = (n2 + 1)α[(n2 + 2
n2 + 1)α − 1]
= (n2 + 1)α[(1 +1
n2 + 1)α − 1] ∼ (n2 + 1)αα
1
n2 + 1=
= α(n2 + 1)α−1
Quindi,
limn→+∞
(n2 + 2)α − (n2 + 1)α = limn→+∞
α(n2 + 1)α−1
=
+∞ se α > 1
1 se α = 1
0 se 0 < α < 1
• Calcolare al variare di α > 0 il limite limn→+∞
(cos
1
n
)nα.
Abbiamo(cos 1
n
)nα= en
α log(cos 1n
) e determiniamo il limite dell’espo-
nente al variare di α. Osserviamo innanzitutto che, essendo cos 1n→ 1,
si ha
log(cos1
n) = log(1 + (cos
1
n− 1)) ∼ cos
1
n− 1 ∼ − 1
2n2
e quindi
nα log(cos1
n) ∼ −1
2nα−2.
6. SOTTOSUCCESSIONI E TEOREMA DI BOLZANO-WEIERSTRASS 55
Allora
limn→+∞
nα log(cos1
n) = lim
n→+∞−1
2nα−2 =
−∞ se α > 2
−12
se α = 2
0 se α < 2
e dunque
limn→+∞
(cos
1
n
)nα= lim
n→+∞en
α log(cos 1n
) =
0 se α > 21√e
se α = 2
1 se α < 2
6. Appendice: Sottosuccessioni e Teorema diBolzano-Weierstrass
Data una successione (an)n∈N ed una successione (nk)k∈N di numerinaturali strettamente crescente, la successione (ank)k∈N si dice sotto-successione estratta dalla successione (an)n∈N.
Ad esempio la successione costante bk = 1 e sottosuccessione dellasuccessione an = (−1)n essendo bk = ank dove nk e la successione deinumeri pari.La successione bk = 1
2k+1e sottosuccessione della successione an = 1
n
essendo bk = ank dove nk = 2k+ 1 e la successione dei numeri dispari.
Vale il seguente risultato
Proposizione 2.4. Una successione ha limite ` ∈ R∪{±∞} se e solose ogni sua sottosuccessione estratta ha limite `.
Dim. Supponiamo ` ∈ R, la dimostrazione nel caso ` = ±∞ sara analoga.
Sia (ank)k∈N una sottosuccessione estratta da (an)n∈N e proviamo che ank →` per k → +∞. Preso comunque ε > 0, poiche an → ` per n → +∞,
sia n0 ∈ N tale che |an − `| < ε per ogni n ≥ n0. Poiche la successione
(nk)k∈N e successione di numeri naturali strettamente crescente, avremo che
nk → +∞ e sia ν ∈ N tale che nk ≥ n0 per ogni k ≥ ν. Allora per k ≥ ν
avremo |ank − `| < ε.
Viceversa, �
Vale inoltre il seguente importante risultato
Teorema 2.7. (Bolzano-Weierstrass)
Per ogni successione limitata esiste una sottosuccessione convergente.
Dim. Sia (an)n∈N una successione limitata e siano `, L ∈ R tali che ` ≤an ≤ L per ogni n ∈ N. Consideriamo M = `+L
2 . Se per infiniti indici nrisulta ` ≤ an ≤M poniamo
`1 = ` e L1 = M
56 2. SUCCESSIONI NUMERICHE
Altrimenti, se per infiniti indici n risulta M ≤ an ≤ L poniamo
`1 = M e L1 = L
Poniamo inoltre n1 = min{n ∈ N | `1 ≤ an ≤ L1}.Consideriamo ora M1 = `1+L1
2 . Se per infiniti indici n risulta `1 ≤ an ≤M1
poniamo
`2 = `1 e L2 = M1
Altrimenti, se per infiniti indici n risulta M1 ≤ an ≤ L1 poniamo
`2 = M1 e L2 = L1
Poniamo inoltre n2 = min{n ∈ N |n > n1, `2 ≤ an ≤ L2}.Procedendo in questo modo, per induzione, otterremo tre successioni (`k),(Lk) e (nk) tali che per ogni k ∈ N risulta
(i) `k ≤ an ≤ Lk, per infiniti indici n,(ii) ` ≤ `k ≤ `k+1 < Lk+1 ≤ Lk ≤ L,
(iii) Lk − `k = L−`2k
,(iv) nk+1 = min{n ∈ N |n > nk, `k ≤ an ≤ Lk}.
Da (ii) si ha che le successioni (`k)k∈N e (Lk)k∈N sono monotone e limitate
e dunque convergenti. Inoltre da (iii) si ha che limk→+∞
`k = limk→+∞
Lk.
Da (iv) si ha infine che per ogni k ∈ N risulta nk < nk+1 e `k ≤ ank ≤Lk, quindi la successione (ank)k∈N e sottosuccessione estratta di (an)n∈N ed
inoltre, dal Teorema del confronto, si ottiene che limk→+∞
ank = limk→+∞
`k =
limk→+∞
Lk. �
Data una successione (an)n∈N, per ogni k ∈ N poniamo
ak = supn≥k
an.
La successione (ak)k∈N risulta monotona decrescente e dunque regolare.Si dice limite superiore (o massimo limite) della successione (an)n∈N, illimite di tale successione:
lim supn→+∞
an = limk→+∞
ak = limk→+∞
supn≥k
an.
Osserviamo che dalla definizione e dalla caratterizzazione del limite diuna successione decrescente risulta
lim supn→+∞
an = infk∈N
supn≥k
an.
In modo analogo, posto per ogni k ∈ N
ak = infn≥k
an,
6. SOTTOSUCCESSIONI E TEOREMA DI BOLZANO-WEIERSTRASS 57
la successione (ak)k∈N risulta monotona crescente. Si dice limite inferiore(o minimo limite) della successione (an)n∈N, il limite di tale successione:
lim infn→+∞
an = limk→+∞
ak = limk→+∞
infn≥k
an
e risulta
lim infn→+∞
an = supk∈N
infn≥k
an.
Dalla definizione segue immediatamente che lim infn→+∞
an ≤ lim supn→+∞
an.
Vediamo qualche esempio. Per la successione an = (−1)n risultalim infn→+∞
an = −1 mentre lim supn→+∞
an = 1. Infatti, per ogni k ∈ N si
ha
ak = supn≥k
(−1)n = 1 e ak = infn≥k
(−1)n = −1
e quindi limk→+∞
ak = 1 mentre limk→+∞
ak = −1.
Per la successione an = (−1)n
nrisulta invece lim sup
n→+∞an = lim inf
n→+∞an = 0.
Infatti
ak = supn≥k
(−1)n
n=
{1
k+1per k dispari
1k
per k pari→ 0 per k → +∞
e analogalmente
ak = infn≥k
(−1)n
n=
{− 1k+1
per k pari
− 1k
per k pari→ 0 per k → +∞.
Nel precedente esempio abbiamo che
lim infn→+∞
an = limn→+∞
an = lim supn→+∞
an
In generale vale
Teorema 2.8. Una successione (an)n∈N ammette limite ` ∈ R∪{±∞}se e solo se
lim infn→+∞
an = lim supn→+∞
an = `
Dim. Consideriamo solo il caso in cui ` ∈ R, la dimostrazione nel caso` = ±∞ e analoga. Supponiamo che lim
n→+∞an = ` e proviamo che
lim infn→+∞
an = lim supn→+∞
an = `
58 2. SUCCESSIONI NUMERICHE
Dalla definizione di limite, per ogni ε > 0 esiste ν ∈ N tale che `− ε < an <`+ ε per ogni n ≥ ν. Ne segue che per ogni k ≥ ν risulta
`− ε < ak = supn≥k
an ≤ `+ ε
e
`− ε ≤ ak = infn≥k
an < `+ ε.
e quindi, dalla definizione di limite, otteniamo che
` = lim infn→+∞
an = lim supn→+∞
an.
Viceversa, supponiamo che lim infn→+∞
an = lim supn→+∞
an = ` e proviamo che
limn→+∞
an = `. Preso comunque ε > 0, poiche posto
ak = supn≥k
an
risulta
` = lim supn→+∞
an = infk∈N
ak,
avremo che esiste k1 ∈ N tale che ak1 < ` + ε e dunque per ogni n ≥ k1
risulta
an ≤ supn≥k1
an = ak1 < `+ ε.
Analogalmente, posto
ak = infn≥k
an
risulta
` = lim infn→+∞
an = supk∈N
ak,
e dunque esiste k2 ∈ N tale che ak2 > ` − ε. Ne segue che per ogni n ≥ k2
si ha
an ≥ infn≥k2
an = ak2 > `− ε.
Ne concludiamo che per ogni n ≥ max{k1, k2} risulta ` − ε < an < ` + ε e
dunque che limn→+∞
an = `. �
Si ha inoltre il seguente risultato
Teorema 2.9. Per ogni successione (an)n∈N esistono due sottosucces-sioni estratte (bj)j∈N e (cj)j∈N tali che
limj→+∞
bj = lim supn→+∞
an e limj→+∞
cj = lim infn→+∞
an
Dim. Proviamo la prima affermazione, la prova della seconda e analoga. Sia
` = lim supn→+∞
an = limk→+∞
supn≥k
an = infk∈N
supn≥k
an.
6. SOTTOSUCCESSIONI E TEOREMA DI BOLZANO-WEIERSTRASS 59
Procediamo per induzione. Sia k(1) ∈ N tale che
` ≤ L(1) = supn≥k(1)
an < `+ 1.
D’altra parte sia n(1) ≥ k(1) tale che an(1) > L(1) − 1 ≥ ` − 1. Ne segueallora che
`− 1 < an(1) < `+ 1.
Supponiamo ora di aver definito n(j) ∈ N tale che
n(j) > n(j − 1) e `− 1
j< an(j) < `+
1
j.
Sia k(j + 1) > n(j) tale che
` ≤ L(j + 1) = supn≥k(j+1)
an < `+1
j + 1
e sia n(j+1) ≥ k(j+1) tale che an(j+1) > L(j+1)− 1j+1 ≥ `−
1j+1 . Dunque
n(j + 1) > n(j) e `− 1
j + 1< an(j+1) < `+
1
j + 1.
Per induzione otteniamo una successione strettamente crescente (n(j))j∈Ntale che
`− 1
j< an(j) < `+
1
j, ∀j ∈ N
e dunque, per il Criterio del confronto, tale che an(j) → ` per j → +∞.
Posto bj = an(j) segue la tesi. �
60 2. SUCCESSIONI NUMERICHE
7. Esercizi
Calcolare i seguenti limiti:
1. limn→+∞
(n− 4
n− 1
)n[e−3]
2. limn→+∞
(2n − n2)4
(4n − n4)2[1]
3. limn→+∞
n2 log(1− 2−n) [0]
4. limn→+∞
sinn√n4 + n3 − n2
[0]
5. limn→+∞
log(n2 + n)− log(n2)
sin 2n
[12 ]
6. limn→+∞
e1n − 1
log(n+ 1)− log n[1]
7. limn→+∞
[(n+ 1)n − nn+1] [−∞]
8. limn→+∞
log[3n + cos(3n)]
n[log 3]
9. limn→+∞
1
log(n4) sin(2−n)[+∞]
10. limn→+∞
n log(n+3n )
n√
22n[0]
11. limn→+∞
n√
2n + 3n [3]
12. limn→+∞
n√
2n + 3n − 3
2n[0]
13. limn→+∞
log(1 + en)√1 + n2
[1]
14. limn→+∞
en − 2n logn
nn[0]
15. limn→+∞
n3√n2+n− 3√n2−1
[+∞]
16. limn→+∞
(cos 1
n
)n2
[ 1√e]
17. limn→+∞
(1− 1
n2
)n[1]*
18. limn→+∞
n2n
en![0]*
19. limn→+∞
nn
(n!)2[0]*
20. limn→+∞
nn
n+ en2 [0]*
Calcolare i limiti delle seguenti successioni al variare di α ∈ R:
1. limn→+∞
nα(1− cos(1
2n)) [0 per ogni α]
2. limn→+∞
(nnα − en) [−∞ se α < 1 e +∞ se α ≥ 1]
3. limn→+∞
sin( 1n3 )
3
√1 + 1
nα − 1[0 se α < 3, 3 se α = 3 e +∞ se α > 3]
4. limn→+∞
log(nα + 1)
log n[0 se α ≤ 0 e α se α > 0]
5. limn→+∞
log(en + 1)
nα[+∞ se α < 1, 1 se α = 1 e 0 se α > 1]
6. limn→+∞
√n4 + n3 −
√n4 − n3
n+ nα[1 se α < 1, 1
2 se α = 1 e 0 se α > 1]
7. limn→+∞
sin(αn)
nα−1con α > 0 [0 se α 6= 1, sin 1 se α = 1]
8. limn→+∞
nα 5√n2 + 2n+ 1− 5
√n2 + n [+∞ se α > 3
5 , 15 se α = 3
5 e 0 se
α < 35 ]
7. ESERCIZI 61
9. limn→+∞
log(n+ nα)− log n√n+ 1−
√n
[+∞ se α > 12 , 2 se α = 1
2 , 0 se α < 12 ]*
10. limn→+∞
enα − 1
(√
1 + nα − 1)[+∞ se α > 0, 2 se α < 0]*
11. limn→+∞
(cos
1
n
)nα[0 se α > 2, 1√
ese α = 2, 1 se α < 2]*
12. limn→+∞
n! sinα 1n
2n2 [0 per ogni α ∈ R]*
13. limn→+∞
(e1n − cos
1
n) log(1 + nα) [0 per ogni α ∈ R]*
14. limn→+∞
(1 +
1
nα
)n[+∞ se α < 1, e se α = 1, 1 se α > 1]*
15. limn→+∞
nn
n!αn2 con α > 0 [0 per α > 1, +∞ per 0 < α ≤ 1]*
16. limn→+∞
nn log n
(n!)α[0 per α > 1, +∞ per α ≤ 1]*
17. limn→+∞
nαn log n
en![0 per ogni α ∈ R]*
18. limn→+∞
e( nn−1
)α − elog( n
n−1)[eα per ogni α ∈ R]*
19. limn→+∞
n√nα − n
√n
e1n − 1
[+∞ per α > 1, −∞ per α < 1, 0 per α = 1]*
20. limn→+∞
nα − n log n+ n2 log(1 +1
n) [+∞ per α > 1, −∞ per α ≤ 1]*
21. limn→+∞
nα sin1
n− n3 log n [−∞ per α ≤ 4, +∞ per α > 4]*
22. limn→+∞
n log(1 + nα)− n2 sin1
n[−∞ per α ≤ 0, +∞ per α > 0]*
CAPITOLO 3
Funzioni reali
1. Qualche richiamo
Dati due insiemi X e Y di numeri reali, una funzione f tra X ed Y euna legge che fa corrispondere ad ogni x ∈ X uno ed un solo elementoy ∈ Y . Scriveremo f : X → Y ed anche f : x ∈ X 7→ y ∈ Y dovey = f(x), intendendo che alla variabile x ∈ X corrisponde il valorey ∈ Y tramite la funzione f .
L’insieme X ove opera la funzione f viene detto dominio di f e vienedenotato con Dom f . L’insieme Y ove prende valori la funzione f vienedetto codominio. Se una funzione f(x) viene definita senza specificarneil dominio, si sottointende che Dom f e il piu grande sottoinsieme di Rove risulta definito il valore f(x).
Ad esempio:
• xn, n ∈ N. Dom(xn) = R.• xα, α ∈ R. Dom(xα) = (0,+∞).• ax, a > 0. Dom(ax) = R.• loga x, a > 0 e a 6= 1. Dom(loga x) = (0,+∞).• sinx e cos x. Dom(sinx) = Dom(cos x) = R.• tanx. Dom(tanx) = {x ∈ R |x 6= π
2+ kπ, k ∈ Z}.
Alcune particolari funzioni reali sono:
Funzione valore assoluto: |x| =
{x sex ≥ 0,
−x sex < 0.Dom(|x|) = R.
Funzione parte intera: [x] = max{n ∈ Z |n ≤ x}. Dom([x]) = R.
Funzione mantissa: m(x) = x− [x]. Dom([x]) = R.
Funzione segno: sgn(x) =
{1 sex > 0,
−1 sex < 0.Dom(sgn(x)) = R \ {0}.
Funzione di Dirichlet: D(x) =
{1 sex ∈ Q,0 sex ∈ R \Q.
Dom(D(x)) = R.
63
64 3. FUNZIONI REALI
Data una funzione f : X → Y ed x ∈ X, si dice immagine di x mediantef il valore f(x) ∈ Y . Se A ⊂ X si dice immagine di A mediante fl’insieme f(A) = {f(x) ∈ Y |x ∈ A}. In particolare, si dice immaginedi f l’insieme f(X) = {f(x) ∈ Y |x ∈ X} che indicheremo anche conImf .
Ad esempio:
• Im(|x|) = [0,+∞),• Im([x]) = Z,• Im(m(x)) = [0, 1),• Im(sgn(x)) = {±1} e• Im(D(x)) = {0; 1}.
Proveremo nei prossimi paragrafi che
• Im(xn) = [0,+∞) se n ∈ N e pari e Im(xn) = R se n ∈ N edispari,• Im(ax) = (0,+∞), per ogni a > 0,• Im(loga x) = R, per ogni a > 0, a 6= 1,• Im(sinx) = Im(cos x) = [−1, 1] e Im(tanx) = R,
Data una funzione f : X → Y ed y ∈ Y , si dice controimmagine di ymediante f l’insieme f−1({y}) = {x ∈ X | f(x) = y}. Se B ⊂ Y si dicecontroimmagine di B mediante f l’insieme f−1(B) = {x ∈ A | f(x) ∈B}.Osserviamo che potremo avere f−1(B) = ∅. Ad esempio, essendof(x) = x2 ≥ 0 per ogni x ∈ R avremo f−1([−2,−1]) = ∅. Osserviamoinoltre che dato y ∈ Y potremo avere che f−1({y}) risulti costituitoda piu di un punto. Ad esempio, considerata f(x) = x2 avremo chef−1({1}) = {±1}.
Data f : X → Y , si dice grafico di f l’insieme {(x, f(x)) ∈ R2 |x ∈ X}.
O
O
1
-1
Grafici di f(x) = |x| e f(x) = sgnx
1. QUALCHE RICHIAMO 65
-4 -3 -2 -1 0 1 2 3 4 5
-3
-2
-1
1
2
3
-2 -1 0 1 2
-1
1
Grafici di f(x) = [x] e f(x) = m(x)
La funzione mantissa e un esempio di funzione periodica di periodo 1.Una funzione f : X → R e detta periodica di periodo T ∈ R se X e taleche x+ T ∈ X per ogni x ∈ X e se f(x+ T ) = f(x) per ogni x ∈ X.
Altri esempi di funzioni periodiche sono dati dalle funzioni sinx e cosx,periodiche di periodo 2π, e la funzione tanx, periodica di periodo π.Il loro grafico si otterra quindi mediante traslazione del grafico su unintervallo fondamentale di ampiezza il periodo.
-1
0
1
π-π 2π-2π
-1
0
1
π-π 2π-2π
Grafici di f(x) = sinx e f(x) = cosx
π-π 2π-2π 0
Grafico di f(x) = tanx
Altre simmetrie sono presentate dal grafico delle funzioni pari e dispari.Una funzione f : X → Y , dove X e tale che se x ∈ X allora −x ∈ X,e detta pari se f(−x) = f(x) per ogni x ∈ X (ad esempio sono parile funzioni |x|, xn con n pari, la funzione cosx). Il loro grafico risultasimmetrico rispetto all’asse delle ordinate.
66 3. FUNZIONI REALI
Una funzione e detta invece dispari se f(−x) = −f(x) per ogni x ∈ X(ad esempio sono dispari le funzioni sgn(x), xn con n dispari, le funzionisinx e tanx). Il loro grafico risulta simmetrico rispetto all’origine delpiano cartesiano.
O
O
Grafici di f(x) = xn con n ∈ N pari e dispari
Date due funzioni f(x) e g(x) si definiscono le funzioni somma, diffe-renza, prodotto e quoziente nel seguente modo:
(f ± g)(x) = f(x)± g(x) per ogni x ∈ Domf ∩Domg;
(f · g)(x) = f(x) · g(x) per ogni x ∈ Domf ∩Domg
(f
g)(x) =
f(x)
g(x)per ogni x ∈ Domf ∩Domg tale che g(x) 6= 0.
Si definisce inoltre la funzione composta gof ponendo
gof(x) = g(f(x)) per ogni x ∈ Domf tale che f(x) ∈ Domg.
Ad esempio sono definite a partire dalla funzione esponenziale ex lefunzioni
sinhx =ex − e−x
2e coshx =
ex + e−x
2
dette rispettivamente seno e coseno iperbolico.Risulta allora Dom(sinhx) = Dom(coshx) = R, inoltre e immedia-to che sinhx risulta funzione dispari mentre coshx funzione pari. Sipuo inoltre provare che il punto di coordinate (cosh x, sinhx) giacesull’iperbole equilatera x2−y2 = 1 (da qui il nome) ovvero vale l’identita
cosh2 x− sinh2 x = 1, ∀x ∈ R.
Per definizione si ha Im(sinhx) = R mentre Im(coshx) = [1,+∞).
1. QUALCHE RICHIAMO 67
O
1 O
Grafico di f(x) = coshx e f(x) = sinhx
Al concetto di funzione inversa premettiamo alcune definizioni.
Una funzione f : X → Y e detta iniettiva se per ogni x1, x2 ∈ X taliche x1 6= x2 risulta f(x1) 6= f(x2) o equivalentemente, se f(x1) = f(x2)
allora x1 = x2. E detta suriettiva se Imf = Y , e detta bijettiva se risultainiettiva e suriettiva. Osserviamo che se f : X → Y e bijettiva alloraf determina una corrispondenza uno-uno tra gli insieme X e Y .
Ad esempio, non risulta iniettiva la funzione coshx in quanto funzionepari, risulta invece bijettiva da R in R la funzione sinhx.
Osserviamo che ogni funzione f : X → Y potra considerarsi suriettivarestringendone il codominio all’immagine Imf . L’iniettivita e invecelegata alla possibilita di definire la funzione inversa. Difatti, se f(x)e funzione iniettiva allora ad ogni y ∈ Imf corrisponde uno ed unsolo x ∈ Domf tale che f(x) = y. Quindi, l’applicazione che ad ogniy ∈ Imf fa corrispondere quell’unico x ∈ Domf tale che f(x) = y euna funzione. Tale funzione viene detta funzione inversa di f e vieneindicata con f−1:
y ∈ Imf, f−1(y) = x ⇐⇒ x ∈ Domf, f(x) = y
Diremo anche che la funzione f e invertibile sulla sua immagine. Dalladefinizione segue inoltre che Domf−1 = Imf e Imf−1 = Domf e chevalgono le seguenti leggi di cancellazione:
f−1(f(x)) = x, ∀x ∈ Domf e f(f−1(y)) = y, ∀ y ∈ Imf
Osserviamo infine che se f(x) e funzione iniettiva sul suo dominio allorail grafico della funzione inversa f−1(x) risulta il simmetrico del graficodi f(x) rispetto alla bisettrice y = x. Infatti, per x ∈ Dom(f), postoy = f(x) ∈ Dom(f−1), risulta
(x, f(x)) = (f−1(y), y)
e quindi (x, f(x)) ∈ grafico(f) se e solo se (f(x), x) ∈ grafico(f−1)
68 3. FUNZIONI REALI
O x
f(x)
x=f (y)
y=f(x)
-1(y, f (y))
-1
(x, f(x))
y=x
Ad esempio, la funzione f(x) = x3 risulta iniettiva nel suo dominioDomf = R, dunque risulta invertibile sulla sua immagine Imf = R e lasua funzione inversa e (per definizione di potenza frazionaria) f−1(x) =3√x = x
13 .
O
Grafici di f(x) = x3 e f−1(x) = 3√x
Valgono quindi le leggi di cancellazione
3√x3 = x e ( 3
√x)3 = x per ogni x ∈ R.
Come ulteriore esempio, consideriamo la funzione f(x) = x2 che nonrisulta iniettiva in tutto R ma risulta iniettiva se la consideriamo ri-stretta al dominio Domf = [0,+∞). Dunque risulta invertibile sullasua immagine Imf = [0,+∞) e la sua funzione inversa e (per defi-
nizione di potenza frazionaria) f−1(x) =√x = x
12 . Si osservi che
Domf−1 = Imf = [0,+∞) e quindi che√x risulta definita solo per
x ≥ 0.
1. QUALCHE RICHIAMO 69
O
Grafici di f(x) = x2 e f−1(x) =√x
Valgono inoltre le leggi di cancellazione√x2 = x e (
√x)2 = x per ogni x ∈ [0,+∞).
Si osservi che, dalla definizione di valore assoluto, risulta invece√x2 = |x| per ogni x ∈ R.
Come ulteriore esempio notevole consideriamo la funzione esponenzialef(x) = ax con a > 0 che risulta iniettiva in tutto il suo dominio R pera 6= 1. La funzione risulta allora invertibile sulla sua immagine Imf =(0,+∞) e la sua inversa e la funzione logaritmica f−1(x) = loga x.Si osservi che Domf−1 = Imf = (0,+∞) e quindi che loga x risultadefinita solo per x > 0.
O 1
1
O 1
1
Grafici di f(x) = ax e f−1(x) = loga x per a > 1 e 0 < a < 1
Valgono inoltre le leggi di cancellazione
loga(ax) = x per ogni x ∈ R e aloga x = x per ogni x ∈ (0,+∞).
Consideriamo le funzioni sinhx e coshx. Abbiamo che sinhx risultainvertibile in R e la sua funzione inversa e detta settore seno iperbolicoe viene denotata con settsinhx:
settsinhx = y ⇐⇒ sinh y = x
70 3. FUNZIONI REALI
Risulta allora Dom(settsinhx) = Im(sinhx) = R e Im(settsinhx) =Dom(sinhx) = R. Dalla precedente definizione si puo provare cherisulta
settsinhx = log(x+√x2 + 1) per ogni x ∈ R.
La funzione coshx risulta invece invertibile se considerata ristretta a[0,+∞) e la sua funzione inversa e detta settore coseno iperbolico eviene denotata con settcoshx:
settcoshx = y ⇐⇒ cosh y = x
Si ha quindi che Dom(settcoshx) = Im(coshx) = [1,+∞) mentreIm(settcoshx) = Dom(coshx) = [0,+∞). Si puo inoltre provare cherisulta
settcoshx = log(x+√x2 − 1) per ogni x ≥ 1.∗
O 1
1 O
Grafici di f(x) = settcoshx e y = settsinhx
Infine, ricordiamo le funzioni arcoseno (arcsinx), arcocoseno (arccosx)e arcotangente (arctanx) definite rispettivamente come le inverse dellefunzioni sinx ristretta all’intervallo [−π
2, π
2], cosx ristretta a [0, π] e
tanx ristretta a (−π2, π
2). Risulta allora
Dom(arcsinx) = [−1, 1] e Im(arcsinx) = [−π2, π
2],
Dom(arccosx) = [−1, 1] e Im(arccosx) = [0, π],
Dom(arctanx) = R e Im(arctanx) = (−π2, π
2).
* Si osservi che per ogni x ≥ 1 risulta log(x−√x2 − 1) = − log(x+
√x2 − 1) < 0
e che, essendo il coseno iperbolico funzione pari, si ha cosh(log(x +√x2 − 1)) =
cosh(log(x−√x2 − 1)) = x.
2. LIMITI DI FUNZIONI 71
O
π/2
1-1
-π/2
O 1-1
π
1
-1
π
Grafici di f(x) = arcsinx e f(x) = arccosx
O
π/2
-π/2
-π/2 π/2
Grafico di f(x) = arctanx
2. Limiti di funzioni
Data una funzione f(x) definita in un intervallo I ⊆ R eccetto al piunel punto x0 ∈ I, si dice che f(x) ha limite pari ad ` ∈ R per x chetende a x0, e si scrive lim
x→x0f(x) = `, se per ogni ε > 0 esiste δ > 0 tale
che se x ∈ I verifica 0 < |x− x0| < δ allora |f(x)− `| < ε. Utilizzandoi quantificatori scriveremo che lim
x→x0f(x) = ` se e solo se
∀ ε > 0 ∃ δ > 0 / |f(x)− `| < ε ∀x ∈ I, 0 < |x− x0| < δ
Diremo anche che f(x) tende o converge al limite ` ∈ R per x che tendea x0 e scriveremo f(x)→ ` per x→ x0.
Come nel caso di limite di successione, possiamo provare che se unafunzione ammette limite questo e unico.
Verifichiamo ad esempio che limx→0
x2 = 0. Per ogni ε > 0 sia δ =√ε.
Avremo che se |x| < δ allora x2 < δ2 = ε.
Un esempio di funzione che non ammette limite in un punto e la fun-zione segno, infatti si ha che non esiste lim
x→0sgn(x). Difatti per ogni
72 3. FUNZIONI REALI
x > 0 risulta sgn(x) = 1 mentre per x < 0 risulta sgn(x) = −1. Presoallora ε > 0 e un qualunque δ > 0 avremo che non esiste alcun ` ∈ Rtale che |sgn(x)− `| < ε per ogni 0 < |x| < δ.
Proviamo ora che la funzione di Dirichlet non ammette limite in alcunpunto x0 ∈ R. Difatti, preso comunque ε > 0 e preso comunque δ > 0,se 0 < |x−x0| < δ e x ∈ Q avremo D(x) = 1 mentre se 0 < |x−x0| < δe x 6∈ Q avremo D(x) = 0 e dunque, dalla proprieta di densita deinumeri razionali non potra esistere ` ∈ R tale che |D(x)− `| < ε.
Si dice invece che f(x) ha limite pari ad +∞ per x che tende a x0, e siscrive lim
x→x0f(x) = +∞, se per ogni M > 0 esiste δ > 0 tale che se x ∈ I
verifica 0 < |x− x0| < δ allora f(x) > M . Utilizzando i quantificatoriscriveremo lim
x→x0f(x) = +∞ se e solo se
∀M > 0 ∃ δ > 0 / f(x) > M ∀x ∈ I, 0 < |x− x0| < δ
Diremo anche che f(x) tende o diverge a +∞ per x che tende a x0 escriveremo f(x)→ +∞ per x→ x0.
Analogalmente, diremo che f(x) ha limite pari ad −∞ per x che tendea x0, e si scrive lim
x→x0f(x) = −∞, se per ogni M > 0 esiste δ > 0 tale
che se x ∈ I verifica 0 < |x − x0| < δ allora f(x) < −M . Scriveremolimx→x0
f(x) = −∞ se e solo se
∀M > 0∃ δ > 0 / f(x) < −M ∀x ∈ I, 0 < |x− x0| < δ
Diremo anche che f(x) tende o diverge a −∞ per x che tende a x0 escriveremo f(x)→ −∞ per x→ x0.
Se limx→x0
f(x) = ±∞, la retta x = x0 e detta asintoto verticale per f(x).
Ad esempio limx→0
1x2
= +∞, l’asse delle ordinate x = 0 e asintoto verticale
per 1x2
.
2. LIMITI DI FUNZIONI 73
O
Grafico di f(x) = 1x2
Vale il seguente risultato che ci permette di mettere in relazione ilconcetto di limite di funzione con il concetto di limite di successione.
Teorema 3.1. (di caratterizzazione sequenziale del limite)
Sia f(x) una funzione definita in un intervallo I ⊆ R eccetto al piu nelpunto x0 ∈ I e sia ` ∈ R ∪ {±∞}. Sono allora equivalenti le seguentiaffermazioni:
(A) limx→x0
f(x) = `,
(B) per ogni successione (xn)n∈N ⊂ I \ {x0} tale che xn → x0 pern→ +∞ risulta f(xn)→ ` per n→ +∞.
Dim. Proviamo il risultato solo nel caso ` ∈ R, la dimostrazione del caso` = ±∞ e analoga.Proviamo che (A) ⇒ (B). Sia (xn) ⊂ I \ {x0} tale che xn → x0. Presocomunque ε > 0, proviamo che esiste ν ∈ N tale che |f(xn)− `| < ε per ognin ≥ ν. Poiche per ipotesi f(x)→ ` per x→ x0, avremo che esiste δ > 0 taleche risulta |f(x) − `| < ε per ogni x ∈ I \ {x0} con |x − x0| < δ. Essendoxn → x0 per n → +∞, avremo che esiste ν ∈ N tale che |xn − x0| < δ perogni n ≥ ν. Allora, per ogni n ≥ ν avremo xn ∈ I \ {x0} e |xn − x0| < δ edunque |f(xn)− `| < ε.
Proviamo ora che (B)⇒ (A). Per assurdo, supponiamo che esista ε0 > 0 tale
che per ogni δ > 0 esiste x ∈ I \{x0} tale che |x−x0| < δ ma |f(x)−`| ≥ ε0.
Per ogni n ∈ N consideriamo δn = 1n e sia xn ∈ I \{x0} tale che |xn−x0| < 1
n
e |f(xn) − `| ≥ ε. Avremo allora che (xn) ⊂ I \ {x0} e per il Teorema del
confronto, xn → x0. Da (B) si ha allora che f(xn) → ` per n → +∞, in
contraddizione con |f(xn)− `| ≥ ε0 per ogni n ∈ N. �
74 3. FUNZIONI REALI
Dal precedente risultato e dai limiti notevoli per le successioni nume-riche si ottengono i seguenti limiti notevoli per le funzioni:
limx→0
sinx = 0, limx→0
cosx = 1, limx→0
sinx
x= 1 e lim
x→0
1− cosx
x2=
1
2,
limx→0
ex = 1, limx→0
log(1 + x) = 0, limx→0
ex − 1
x= 1 e lim
x→0
log(1 + x)
x= 1
e per ogni α ∈ R
limx→0
(1 + x)α = 1 e limx→0
(1 + x)α − 1
x= α.
Inoltre, per ogni x0 ∈ R e α ∈ R, risulta
limx→x0
ex = ex0 , limx→x0
log x = log x0 e limx→x0
xα = xα0 (se x0 > 0).
Risultera inoltre utile introdurre le seguenti definizioni. Data una fun-zione f(x) definita in un intervallo I ⊆ R eccetto al piu nel puntox0 ∈ I, si dice che f(x) ha limite pari ad ` ∈ R per x che tende a x0
da destra, e si scrive limx→x+0
f(x) = `, se per ogni ε > 0 esiste δ > 0 tale
che se x ∈ I verifica x0 < x < x0 + δ allora |f(x)− `| < ε. Scriveremolimx→x+0
f(x) = ` se e solo se
∀ ε > 0∃ δ > 0 / |f(x)− `| < ε ∀x ∈ I, x0 < x < x0 + δ.
Diremo anche che f(x) tende o converge al limite ` ∈ R per x chetende a x0 da destra e scriveremo f(x)→ ` per x→ x+
0 .
Analogalmente, si dice che f(x) ha limite pari ad ` ∈ R per x che tendea x0 da sinistra, e si scrive lim
x→x−0f(x) = `, se per ogni ε > 0 esiste δ > 0
tale che se x ∈ I verifica x0− δ < x < x0 allora |f(x)− `| < ε. Dunquelimx→x−0
f(x) = ` se e solo se
∀ ε > 0 ∃ δ > 0 / |f(x)− `| < ε ∀x ∈ I, x0 − δ < x < x0
Diremo anche che f(x) tende o converge al limite ` ∈ R per x chetende a x0 da sinistra e scriveremo f(x)→ ` per x→ x−0 .
Analoghe definizioni si danno per limx→x±0
f(x) = ±∞. In tal caso la retta
x = x0 e detta asintoto verticale destro, rispettivamente sinistro.
Ad esempio, per ogni a > 1 e p > 0 risulta
limx→π
2∓
tanx = ±∞, limx→0+
loga x = −∞, limx→0+
1
xp= +∞.
2. LIMITI DI FUNZIONI 75
potremo provare tali limiti utilizzando la definizione oppure la carat-terizzazione sequenziale (ed i limiti notevoli per le successioni): risultadifatti che lim
x→x±0f(x) = ` ∈ R ∪ {±∞} se e solo se
∀(xn) ⊂ I \ {x0} tale che xn → x±0 si ha f(xn)→ `.
Segue inoltre immediatamente
Lemma 3.1. Sia f(x) una funzione definita in un intervallo I ⊆ Reccetto al piu nel punto x0 ∈ I. Risulta lim
x→x0f(x) = ` ∈ R ∪ {±∞} se
e solo se limx→x+0
f(x) = ` e limx→x−0
f(x) = `.
Ad esempio, osserviamo che limx→0+
sgn(x) = 1 mentre limx→0−
sgn(x) = −1.
Dunque, come gia provato, non esiste limx→0
sgn(x). Osserviamo inoltre
che essendo limx→x+0
[x] = x0 mentre limx→x−0
[x] = x0 − 1, non esiste il limite
limx→x0
[x] in ogni x0 ∈ Z.
Diremo che una funzione f(x) e limitata in un sottoinsieme A ⊆ Rove risulta definita se esistono m,M ∈ R tali che m ≤ f(x) ≤ M perogni x ∈ A. Utilizzando la caratterizzazione sequenziale del limite edil risultato gia provato per le successioni, possiamo provare che
Lemma 3.2. Siano f(x) e g(x) funzioni definite in un intervallo I ⊆ Reccetto al piu nel punto x0 ∈ I. Se f(x) risulta limitata in I \ {x0} elimx→x0
g(x) = 0 allora limx→x0
f(x)g(x) = 0.
Allo stesso modo possiamo provare il seguente risultato
Proposizione 3.1. (Algebra dei limiti)
Siano f(x) e g(x) funzioni definite in un intervallo I ⊆ R eccetto alpiu nel punto x0 ∈ I. Risulta
1. se limx→x0
f(x) = ` ∈ R e limx→x0
g(x) = m ∈ R allora limx→x0
f(x) +
g(x) = `+m;2. se lim
x→x0f(x) = ` ∈ R e lim
x→x0g(x) = ±∞ allora lim
x→x0f(x) +
g(x) = ±∞;3. se lim
x→x0f(x) = ±∞ e lim
x→x0g(x) = ±∞ allora lim
x→x0f(x) +
g(x) = ±∞;4. se lim
x→x0f(x) = ` ∈ R e lim
x→x0g(x) = m ∈ R allora lim
x→x0f(x)g(x)
= `m;5. se lim
x→x0f(x) = ` ∈ R dove ` 6= 0 e lim
x→x0g(x) = ±∞ allora
limx→x0
|f(x)g(x)| = +∞;
76 3. FUNZIONI REALI
6. se limx→x0
f(x) = ±∞ e limx→x0
g(x) = ±∞ allora limx→x0|f(x)g(x)| =
+∞;7. se lim
x→x0f(x) = ` ∈ R e se lim
x→x0g(x) = m ∈ R \ {0} allora
limx→x0
f(x)
g(x)=
`
m
8. se limx→x0
f(x) = ` ∈ R e limx→x0
g(x) = ±∞ allora limx→x0
f(x)
g(x)= 0;
9. se limx→x0
f(x) = ` ∈ R e limx→x0
g(x) = ±∞ allora limx→x0
| g(x)
f(x)| =
+∞;
10. se limx→x0
f(x) = ` ∈ R, ` 6= 0, e limx→x0
g(x) = 0 allora limx→x0|f(x)g(x)| =
+∞;
Come nel caso di limiti di successioni risultano esclusi dal Teorema leseguenti forme indeterminate
∞−∞, 0 · ∞, ∞∞,
0
0.
Vale inoltre
Proposizione 3.2. (limite di funzioni composte)
Sia f(x) una funzione definita in un intervallo I ⊆ R, eccetto al piunel punto x0 ∈ I, tale che
1. limx→x0
f(x) = y0 e
2. esiste δ > 0 tale che f(x) 6= y0 per ogni x ∈ I con 0 <|x− x0| < δ.
Sia g(y) una funzione definita in un intervallo J ⊆ R, contenente f(I),eccetto al piu nel punto y0 e tale che lim
y→y0g(y) = `. Allora, la funzione
composta gof(x) ammette limite per x→ x0 e
limx→x0
gof(x) = limx→x0
g(f(x)) = limy→y0
g(y) = `.
Dim. Usiamo il teorema di caratterizzazione sequenziale e proviamo che per
ogni successione (xn) ⊂ I \ {x0} con xn → x0 risulta g(f(xn))→ `.
Poiche limx→x0
f(x) = y0, avremo che yn = f(xn) → y0. Inoltre, poiche xn →x0, dalla condizione 2. avremo che esiste ν ∈ N tale che per ogni n ≥ ν,
0 < |xn − x0| < δ e dunque f(xn) = yn 6= y0. Ne segue che per ogni n
sufficientemente grande risulta (yn) ⊂ J\{y0} e dunque, essendo limy→y0
g(y) =
`, dal Teorema di caratterizzazione concludiamo che g(f(xn)) = g(yn)→ `.
�
2. LIMITI DI FUNZIONI 77
Ad esempio, per calcolare limx→0
ecosx, osserviamo che posto f(x) = cos x e
g(y) = ey, avremo che ecosx = g(f(x)). Poiche limx→0
f(x) = limx→0
cosx = 1
e limy→1
g(y) = limy→1
ey = e, essendo f(x) = cosx 6= 1 in (−π, π) \ {0},avremo
limx→0
ecosx = limx→0
g(f(x)) = limy→1
g(y) = limy→1
ey = e.
Diremo che nel limite abbiamo operato la sostituzione y = g(x).
Osserviamo che la condizione 2. e essenziale. Si pensi ad esempio alleseguenti funzioni:
f(x) =
{x2 − 1, se |x| > 1
0, se |x| ≤ 1e g(y) =
{y, se y 6= 0
1, se y = 0
Allora risulta limx→0
f(x) = 0 e limy→0
g(y) = 0 mentre essendo
g(f(x)) =
{f(x), se f(x) 6= 0
1, se f(x) = 0=
{x2 − 1, se |x| > 1
1, se |x| ≤ 1
avremo limx→0
g(f(x)) = 1 6= limy→0
g(y).
Valgono, come per i limiti di successioni, i seguenti Teoremi di confronto
Teorema 3.2. (della permanenza del segno)
Sia f(x) una funzione definita in un intervallo I ⊆ R eccetto al piunel punto x0 ∈ I. Se lim
x→x0f(x) = ` > 0 allora esiste δ > 0 tale che
f(x) > 0 per ogni x ∈ I, 0 < |x− x0| < δ.
Dim. Per definizione di limite, dato ε = `2 esiste δ > 0 tale che se x ∈ I,
0 < |x− x0| < δ allora |f(x)− `| < ε e dunque in particolare f(x) > `− ε =`2 > 0. �
Teorema 3.3. (del confronto tra limiti finiti ed infiniti)
Siano f(x), g(x) e h(x) funzioni definite in un intervallo I ⊆ R, eccettoal piu nel punto x0 ∈ I, tali che f(x) ≤ g(x) ≤ h(x) per ogni x ∈I \ {x0}. Risulta
(i) se limx→x0
f(x) = limx→x0
h(x) = ` ∈ R, allora limx→x0
g(x) = `,
(ii) se limx→x0
f(x) = +∞, allora limx→x0
g(x) = +∞,
(iii) se limx→x0
h(x) = −∞, allora limx→x0
g(x) = −∞.
78 3. FUNZIONI REALI
Dim. (i) Per ogni ε > 0, poiche limx→x0
f(x) = `, sia δ1 > 0 tale che se x ∈ I,
0 < |x−x0| < δ1 allora |f(x)−`| < ε e analogalmente, poiche limx→x0
h(x) = `,
sia δ2 > 0 tale che se x ∈ I, 0 < |x−x0| < δ2 allora |h(x)− `| < ε. Ne segueche se x ∈ I, 0 < |x− x0| < δ = min{δ1, δ2} allora
`− ε < f(x) ≤ g(x) ≤ h(x) < `+ ε
e dunque che limx→x0
g(x) = `.
(ii) Per ogni M > 0, poiche limx→x0
f(x) = +∞, sia δ > 0 tale che se x ∈ I,
0 < |x−x0| < δ allora f(x) > M . Ne segue allora che M < f(x) ≤ g(x) per
ogni x ∈ I, 0 < |x− x0| < δ e dunque che limx→x0
g(x) = +∞.
(iii) Analoga a (ii). �
Diamo ora la seguente definizione. Una funzione f(x) definita in unintervallo I ⊆ R e detta monotona in I se verifica una delle seguenticondizioni:
- per ogni x, y ∈ I con x < y risulta f(x) ≤ f(y); oppure- per ogni x, y ∈ I con x < y risulta f(x) ≥ f(y).
Nel primo caso la funzione viene detta crescente, nel secondo decrescen-te. Se le precedenti diseguaglianze risultano strette, la funzione vienedetta strettamente monotona, rispettivamente strettamente crescente estrettamente decrescente.
Sono esempi di funzioni monotone crescenti nel loro dominio le funzionif(x) = x3 ed f(x) = ex. Sono invece decrescenti nel loro dominio lefunzioni f(x) = 1
x3e f(x) = e−x.
Data una funzione f(x) definita in un intervallo I ⊆ R, diremo estremosuperiore di f(x) in I l’estremo superiore dell’insieme f(I):
supx∈I
f(x) = supIf(I) = sup{f(x) |x ∈ I}
Analogalmente, diremo estremo inferiore di f(x) in I l’estremo inferioredell’insieme f(I):
infx∈I
f(x) = infIf(I) = inf{f(x) |x ∈ I}
In modo analogo a quanto provato per le successioni monotone, pos-siamo provare il seguente risultato.
Teorema 3.4. (Limite delle funzioni monotone crescenti)
Sia f(x) funzione definita e crescente nell’intervallo (a, b) ⊆ R. Alloraper ogni x0 ∈ (a, b) esistono finiti i limiti lim
x→x−0f(x) e lim
x→x+0f(x) e
2. LIMITI DI FUNZIONI 79
precisamente
limx→x−0
f(x) = supx∈(a,x0)
f(x) e limx→x+0
f(x) = infx∈(x0,b)
f(x).
Inoltre, esistono i limiti limx→a+
f(x) e limx→b−
f(x) e precisamente
limx→a+
f(x) = infx∈(a,b)
f(x) e limx→b−
f(x) = supx∈(a,b)
f(x).
Dim. Proviamo che per ogni x0 ∈ (a, b) risulta
limx→x−0
f(x) = sup{f(x) | a < x < x0}
Osserviamo che essendo f(x) crescente, risulta f(x) ≤ f(x0) per ogni a <x < x0 e dunque che risulta finito sup{f(x) | a < x < x0} = m ≤ f(x0).Proviamo che lim
x→x−0f(x) = m. Preso comunque ε > 0, dalla caratterizzazio-
ne di estremo superiore abbiamo che f(x) ≤ m < m+ε per ogni a < x < x0.Inoltre, abbiamo che esiste x1 con a < x1 < x0 tale che f(x1) > m − ε.Poiche la funzione e crescente, avremo che per ogni x1 < x < x0 risultaf(x) ≥ f(x1) > m − ε. Ne segue che posto δ = x0 − x1 avremo che sex ∈ (a, b) e x0 − δ < x < x0 allora m − ε < f(x) < m + ε. Dunquelimx→x−0
f(x) = m.
In modo analogo si puo provare che limx→x+0
f(x) = inf{f(x) |x0 < x < b}.
Proviamo ora che
limx→b−
f(x) = sup{f(x) |x ∈ (a, b)}.
Se sup{f(x) |x ∈ (a, b)} = m ∈ R potremo procedere esattamente come
sopra. Se invece sup{f(x) |x ∈ (a, b)} = +∞, proviamo che limx→b−
f(x) =
+∞. Preso comunque M > 0, sia x1 ∈ (a, b) tale che f(x1) > M . Poiche
f(x) e crescente avremo che f(x) ≥ f(x1) > M per ogni x1 < x < b. Scelto
allora δ = b− x1 > 0 avremo che se b− δ < x < b allora f(x) > M e quindi
che limx→b−
f(x) = +∞.
Allo stesso modo si puo provare che limx→a+
f(x) = inf{f(x) |x ∈ (a, b)}. �
Si osservi che dal precedente risultato otteniamo che se f(x) e funzionecrescente nell’intervallo (a, b), per ogni x0 ∈ (a, b) risulta
limx→x−0
f(x) ≤ f(x0) ≤ limx→x+0
f(x)
Nel caso di funzione monotona decrescente, si puo in modo analogoprovare il seguente risultato
80 3. FUNZIONI REALI
Teorema 3.5. (Limite delle funzioni monotone decrescenti)
Sia f(x) funzione definita e decrescente nell’intervallo (a, b) ⊆ R. Al-lora per ogni x0 ∈ (a, b) esistono finiti i limiti lim
x→x−0f(x) e lim
x→x+0f(x) e
precisamente
limx→x−0
f(x) = infx∈(a,x0)
f(x) e limx→x+0
f(x) = supx∈(x0,b)
f(x).
Inoltre, esistono i limiti limx→a+
f(x) e limx→b−
f(x) e precisamente
limx→a+
f(x) = supx∈(a,b)
f(x) e limx→b−
f(x) = infx∈(a,b)
f(x).
Ad esempio, essendo loga x funzione crescente in (0,+∞) risulta
infx∈(0,+∞)
loga x = limx→0+
loga x = −∞.
Sia f(x) una funzione definita in un intervallo illimitato I = [a,+∞).Si dice che f(x) ha limite pari ad ` ∈ R per x che tende a +∞, e siscrive lim
x→+∞f(x) = `, se per ogni ε > 0 esiste N > 0 tale che se x ∈ I
verifica x > N allora |f(x)− `| < ε:
limx→+∞
f(x) = ` ⇔ ∀ ε > 0∃M > 0 / |f(x)− `| < ε ∀x ∈ I, x > M.
Diremo anche che f(x) tende o converge al limite ` ∈ R per x che tendea +∞ e scriveremo f(x)→ ` per x→ +∞.
In tal caso diremo che la retta y = ` e un asintoto orizzontale perx→ +∞.
Ad esempio, la funzione f(x) = 2x+1x
ammette come asintoto orizzon-tale per x→ ±∞ la retta y = 2
O
Grafico di f(x) = 2x+1x
2. LIMITI DI FUNZIONI 81
Diremo invece che f(x) ha limite pari ad +∞ per x che tende a +∞, esi scrive lim
x→+∞f(x) = +∞, se per ogni M > 0 esiste N > 0 tale che se
x ∈ I verifica x > N allora f(x) > M :
limx→+∞
f(x) = +∞ ⇔ ∀M > 0∃N > 0 / f(x) > M ∀x ∈ I, x > M.
Diremo anche che f(x) tende o diverge a +∞ per x che tende a +∞ escriveremo f(x)→ +∞ per x→ +∞.
Analogalmente, diremo che f(x) ha limite pari ad −∞ per x che tendea +∞, e si scrive lim
x→+∞f(x) = −∞, se per ogni M > 0 esiste N > 0
tale che se x ∈ I verifica x > N allora f(x) < −M :
limx→+∞
f(x) = +∞ ⇔ ∀M > 0∃N > 0 / f(x) < −M ∀x ∈ I, x > M.
Diremo anche che f(x) tende o diverge a −∞ per x che tende a +∞ escriveremo f(x)→ −∞ per x→ +∞.
Se f(x) e una funzione definita in un intervallo illimitato I = (−∞, a],potremo in modo analogo definire i limiti lim
x→−∞f(x) = ` ∈ R∪{±∞}.
Se limx→±∞
f(x) = ±∞, diremo che la retta y = mx + q e un asintoto
obliquo per x→ ±∞ se
limx→±∞
f(x)
x= m e lim
x→±∞f(x)−mx = q.
Ad esempio, la funzione f(x) = 2x2+3x+1x
ammette come asintoto obli-quo per x→ ±∞la retta y = 2x+ 3 essendo
limx→±∞
2x2+3x+1x
x= lim
x→±∞
2x2 + 3x+ 1
x2= 2
e
limx→±∞
2x2 + 3x+ 1
x− 2x = lim
x→±∞
3x+ 1
x= 3.
82 3. FUNZIONI REALI
O
Grafico di f(x) = 2x2+3x+1x
Per i limiti per x → ±∞ valgono le seguenti caratterizzazioni sequen-ziali: lim
x→±∞f(x) = ` ∈ R ∪ {±∞} se e solo se
∀(xn) ⊂ I tale che xn → ±∞ risulta f(xn)→ `.
Con tale caratterizzazione proviamo ad esempio che sinx non ammettelimite per x → +∞. Abbiamo difatti che per xn = nπ → +∞ risultasin(xn) = 0 mentre per yn = π
2+ 2nπ → +∞ risulta sin(yn) = 1.
Dai limiti notevoli sulle successioni otteniamo allora
limx→+∞
xb =
{+∞ se b > 0
0 se b < 0
Per ogni a > 1
limx→+∞
ax = +∞ e limx→−∞
ax = 0.
ed anchelim
x→+∞loga x = +∞
Infine, per ogni p > 0 e a > 1 risulta
limx→+∞
loga x
xb= lim
x→+∞
xb
ax= lim
x→+∞
ax
xx= 0
Anche per tali limiti potremo provare i risultati sull’algebra dei limiti,il Teorema della permanenza del segno, i Teoremi del confronto e sullimite delle funzioni monotone:
Teorema 3.6. (Limite delle funzioni monotone)
Sia f(x) funzione definita e monotona nell’intervallo (a,+∞) ⊂ R.Allora esiste il limite lim
x→+∞f(x) e precisamente
limx→+∞
f(x) = sup{f(x) |x ∈ (a,+∞)} se f(x) e crescente
3. RELAZIONE DI ASINTOTICO E SIMBOLI DI LANDAU 83
mentre
limx→+∞
f(x) = inf{f(x) |x ∈ (a,+∞)} se f(x) e decrescente.
Ad esempio, come applicazione di quest’ultimo risultato abbiamo cheper ogni a > 1 risulta
supx∈R
ax = limx→+∞
ax = +∞ e infx∈R
ax = limx→−∞
ax = 0
ed anche
supx∈(0,+∞)
loga x = limx→+∞
loga x = +∞.
3. Relazione di asintotico e simboli di Landau
Come per i limiti di successioni risulta utile introdurre la relazionedi asintotico tra funzioni. Nel seguito, dato x0 ∈ R, considereremofunzioni definite in un intervallo I ⊆ R contenente x0, eccetto al piuin x0. Se x0 = ±∞, considereremo funzioni definite in un intervalloillimitato I della forma I = [a,+∞) se x0 = +∞ oppure I = (−∞, a]se x0 = −∞.
Due funzioni f(x) e g(x) sono dette asintotiche per x→ x0 ∈ R∪{±∞},e si scrive f(x) ∼ g(x) per x→ x0, se
limx→x0
f(x)
g(x)= 1.
Come per la relazione di asintotico tra successioni, si possono provarele seguenti proprieta:
(i) se limx→x0
f(x) = ` ∈ R \ {0} allora f(x) ∼ ` per x→ x0.
(ii) Se f(x) ∼ g(x) per x→ x0 e limx→x0
g(x) = ` ∈ R∪{±∞} allora
limx→x0
f(x) = `.
(iii) Se f(x) ∼ g(x) e g(x) ∼ h(x) per x → x0 allora f(x) ∼ h(x)per x→ x0.
(iv) Se f(x) ∼ g(x) per x→ x0 allora per ogni funzione non nullah(x) si ha
f(x)h(x) ∼ g(x)h(x),f(x)
h(x)∼ g(x)
h(x),
h(x)
f(x)∼ h(x)
g(x)per x→ x0.
Dai limiti notevoli visti risulta in particolare che per x→ 0 si ha
sinx ∼ x, 1−cosx ∼ x2
2, ex−1 ∼ x, log(1+x) ∼ x e (1+x)α−1 ∼ αx
84 3. FUNZIONI REALI
Come per le successioni, la sostituzione in un limite di una funzionecon una asintotica ad essa puo essere effettuata in prodotti e quozientima non in somme e differenze. Difatti, se f(x) ∼ g(x) per x → x0
avremo che f(x) = g(x)+r(x) dove il resto r(x) non e necessariamenteinfinitesimo e dunque si potrebbe incorrere in errore “trascurandolo”.
L’unica informazione che abbiamo su tale resto e che r(x)g(x)→ 0 per
x → x0, ovvero, secondo la definizione che segue, il resto r(x) risultatrascurabile rispetto a g(x) per x→ x0.
Date due funzioni f(x) e g(x), si dice che f(x) e trascurabile rispetto ag(x) per x → x0 ∈ R ∪ {±∞}, e si scrive f(x) = o(g(x)) per x → x0,se
limx→x0
f(x)
g(x)= 0.
Ad esempio, dai limiti notevoli per x → +∞ risulta loga x = o(xp),xp = o(ax), ax = o(xx) e xn = o(xm), per ogni n < m, a > 1 e p > 0.
Per quanto osservato sopra, abbiamo che se f(x) ∼ g(x) per x → x0
allora f(x) = g(x) + r(x) dove r(x) = o(g(x)) per x→ x0 e viceversa.Dunque risulta
f(x) ∼ g(x) per x→ x0 ⇐⇒ f(x) = g(x) + o(g(x)) per x→ x0
In particolare, se limx→x0
f(x) = ` ∈ R \ {0} allora f(x) = ` + o(1)
per x → x0 (dove o(1) sta ad indicare una funzione infinitesima perx → x0). Dalle precedenti implicazioni e dai limiti notevoli visti, per
x→ 0 possiamo scrivere
sinx = x+ o(x), cosx = 1− x2
2+ o(x2),
ex = 1 +x+ o(x), log(1 +x) = x+ o(x) e (1 +x)α = 1 +αx+ o(x)
Valgono poi le seguenti proprieta:
(i) se f(x) = o(h(x)) e g(x) = o(h(x)) allora f(x) ± g(x) =o(h(x)), ovvero
o(h(x))± o(h(x)) = o(h(x));
(ii) se f(x) = o(g(x)) allora k ·f(x) = o(g(x)), k ∈ R\{0}, ovvero
k · o(g(x)) = o(g(x));
(iii) se f(x) = o(g(x)) allora h(x) · f(x) = o(h(x) · g(x)), ovvero
h(x) · o(g(x)) = o(h(x) · g(x));
3. RELAZIONE DI ASINTOTICO E SIMBOLI DI LANDAU 85
(iv) se f(x) = o(g(x)) e h(x) = o(k(x)) allora f(x) ·h(x) = o(g(x) ·k(x)) ovvero
o(g(x)) · o(k(x)) = o(g(x) · k(x));
(v) se f(x) = o(h(x)) e h(x) = o(g(x)) allora f(x) = o(g(x)),ovvero
o(o(g(x))) = o(g(x));
(vi) se f(x) = g(x)+o(g(x)) e h(x) = o(f(x)) allora h(x) = o(g(x))ovvero
o(g(x) + o(g(x))) = o(g(x));
(vii) Principio di cancellazione dei termini trascurabili:
limx→x0
f(x) + o(f(x))
g(x) + o(g(x))= lim
x→x0
f(x)
g(x).
Vediamo qualche esempio
• Calcolare limx→0
√1 + x− cosx
sinx+ log(1 + x). Dagli sviluppi notevoli per x → 0,
si ha
√1 + x− cosx = (1 +
x
2+ o(x))− (1− x2
2+ o(x2)) =
x
2+ o(x)
essendo x2 = o(x) e quindi o(x2) = o(x), mentre
sinx+ log(1 + x) = 2x+ o(x)
Allora
limx→0
√1 + x− cosx
sinx+ log(1 + x)= lim
x→0
x2
+ o(x)
2x+ o(x)= lim
x→0
x2
2x=
1
4
• Calcolare limx→0
ex − cosx3√
1 + x− 1 + x. Dagli sviluppi notevoli per x → 0, si
ha
ex − cosx = (1 + x+ o(x))− (1− x2
2+ o(x2)) = x+ o(x)
essendo x2 = o(x) e quindi o(x2) = o(x), mentre
3√
1 + x− 1 + x =1
3x+ o(x) + x =
4
3x+ o(x)
Allora
limx→0
ex − cosx3√
1 + x− 1 + x= lim
x→0
x+ o(x)43x+ o(x)
= limx→0
x43x
=3
4
86 3. FUNZIONI REALI
• Calcolare limx→0
e1−cosx − 1− sin2 x
log(1 +√x+ x)
. Ponendo y = cos x − 1, dallo
sviluppo di ey per y → 0 e dallo sviluppo di cosx per x→ 0, otteniamo
e1−cosx − 1 = ey − 1 = y + o(y) = 1− cosx+ o(1− cosx) =x2
2+ o(x2)
mentre
sin2 x = (x+ o(x))2 = x2 + o(x2)
da cui
e1−cosx − 1− sin2 x = −x2
2+ o(x2).
Inoltre, posto y =√x+ x, otteniamo
log(1 +√x+ x) = log(1 + y) = y + o(y) =
√x+ x+ o(
√x+ x)
=√x+ o(
√x)
essendo x = o(√x). Allora
limx→0
e1−cosx − 1 + sin2 x
log(1 +√x+ x)
= limx→0
−x2
2+ o(x2)
√x+ o(
√x)
= limx→0
−x2
2√x
= 0
• Calcolare limx→0+
e−x2 − cos
√x
xαal variare di α ∈ R.
Dallo sviluppo di ey e di cos y per y → 0, per x → 0 abbiamo e−x2 =
1− x2
+ o(x) e cos√x = 1− x
2+ o(x) e dunque che e
x2 − cos
√x = o(x).
Ne segue che se α ≤ 1 allora, dalla definizione di “o” piccolo,
limx→0+
e−x2 − cos
√x
xα= lim
x→0+
o(x)
xα= lim
x→0+
o(x)
xx1−α = 0
mentre nulla possiamo ancora dire se α > 1. Proveremo, utilizzandogli sviluppi di Taylor, che e−
x2 − cos
√x = 5x2
24+ o(x2) e quindi che
limx→0+
e−x2 − cos
√x
xα=
0 se α < 2524
se α = 2
+∞ se α > 2
• Calcolare limn→+∞
√1 + 1
2n− cos 1
n2
sin 1n
+ n log(1 + 1(n+1)!
. Dallo sviluppo (1 + x)α =
1 + αx+ o(x) per x→ 0, posto x = 12n→ 0 per n→ +∞ abbiamo√
1 + 12n
= 1 + 12n+1 + o( 1
2n),
3. RELAZIONE DI ASINTOTICO E SIMBOLI DI LANDAU 87
mentre, essendo cosx = 1 − x2
2+ o(x2), ponendo x = 1
n2 → 0 pern→ +∞, otteniamo
cos 1n2 = 1− 1
2n4 + o( 1n4 ).
Dunque, osservato che dalla gerarchia degli infiniti risulta 12n
= o( 1n4 )
per n→ +∞, risulta√1 + 1
2n− cos 1
n2 = 1 + 12n+1 + o( 1
2n)− (1− 1
2n4 + o( 1n4 )) = 1
2n4 + o( 1n4 ).
Analogalmente, dallo sviluppo sinx = x + o(x) per x → 0, ponendox = 1
n, si ha sin 1
n= 1
n+ o( 1
n) mentre, da log(1 + x) = x + o(x) per
x→ 0, posto x = 1(n+1)!
, otteniamo
n log(1 + 1(n+1)!
= n( 1(n+1)!
+ o( 1(n+1)!
) = 1n!
+ o( 1n!
)
da cui, essendo 1n!
= o( 1n), concludiamo
sin 1n
+ n log(1 + 1(n+1)!
) = 1n
+ o( 1n) + 1
n!+ o( 1
n!) = 1
n+ o( 1
n).
Abbiamo allora
limn→+∞
√1 + 1
2n− cos 1
n2
sin 1n
+ n log(1 + 1(n+1)!
= limn→+∞
12n4 + o( 1
n4 )1n
+ o( 1n)
= limn→+∞
n
2n4= 0.
• Calcolare limn→+∞
esin 1n2 − cos 1
nn
log(1 + 1nα
) + 2n 3
√1 + 1
3n
al variare di α ∈ R.
Osserviamo innanzitutto che per α < 0 si ha 1nα→ +∞ e dunque
log(1 + 1nα
)→ +∞ mentre se α = 0 allora log(1 + 1nα
) = log 2, da cui,
essendo esin 1n2 − cos 1
nn→ 0 otteniamo che per α ≤ 0 risulta
limn→+∞
ne− sin 1n2 − cos 1
nn
log(1 + 1nα
)= 0.
Se α > 0, studiamo separatamente il comportamento di numeratore edenominatore. Dagli sviluppi notevoli, abbiamo
esin 1n2 − cos 1
nn= 1 + sin 1
n2 + o(sin 1n2 ) + 1
2n2n + o( 12n2n )
= 1n2 + o( 1
n2 ) + 12n2n + o( 1
2n2n )
= 1n2 + o( 1
n2 ),
88 3. FUNZIONI REALI
essendo n2
2n2n → 0 e dunque 12n2n = o( 1
n2 ). Allo stesso modo, osservato
che per α > 0 risulta 1nα→ 0 per n→ +∞, abbiamo
log(1 + 1nα
) + 2n 3
√1 + 1
3n= 1
nα+ o( 1
nα) + 2n( 1
3n+1 + o( 13n
))
= 1nα
+ o( 1nα
) + 13(2
3)n + o((2
3)n)
= 1nα
+ o( 1nα
)
poiche (23)n = o( 1
nα) per ogni α > 0. Quindi, per α > 0 abbiamo
limn→+∞
esin 1n2 − cos 1
nn
log(1 + 1nα
) + n 3
√1 + 1
3n
= limn→+∞
1n2 + o( 1
n2 )1nα
+ o( 1nα
)
= limn→+∞
nα−2 =
+∞ se α > 2
1 se α = 2
0 se α < 2
4. Ordine di infinitesimo
Sia x0 ∈ R ∪ {±∞} e siano f(x) e g(x) due funzioni tali che
limx→x0
f(x) = limx→x0
g(x) = 0
Si dice che f(x) ha ordine di infinitesimo maggiore di g(x) per x→ x0 escriveremo ord(f) > ord(g) per x→ x0, se f(x) = o(g(x)) per x→ x0
ovvero se
limx→x0
f(x)
g(x)= 0.
Si dice che f(x) ha ordine di infinitesimo uguale a g(x) per x → x0 e
scriveremo ord(f) = ord(g) per x → x0, se esiste ` ∈ R \ {0} tale chef(x) ∼ `g(x) per x→ x0 ovvero se
limx→x0
f(x)
g(x)= ` ∈ R \ {0}.
Possiamo dare un valore numerico all’ordine di infinitesimo di una fun-zione confrontandola con gli infinitesimi campione nel seguente modo
• se x0 ∈ R, il campione e gb(x) = |x− x0|b con b > 0, e si poneord(gb) = b per x → x0. Avremo allora che f(x) ha ordine diinfinitesimo pari a b > 0 per x→ x0 se
limx→x0
|f(x)||x− x0|b
= ` ∈ R \ {0}.
4. ORDINE DI INFINITESIMO 89
Ad esempio, dai limiti notevoli visti abbiamo che per x→ 0 risulta
ord(ex − 1) = ord(sinx) = ord(log(1 + x)) = ord((1 + x)α − 1) = 1
mentreord(1− cosx) = 2
• se x0 = ±∞, il campione e gb(x) =1
|x|bcon b > 0, e si pone
ord(gb) = b per x → ±∞. Avremo allora che f(x) ha ordinedi infinitesimo pari a b > 0 per x→ ±∞ se
limx→x0
|f(x)|1|x|b
= ` ∈ R \ {0}.
Ad esempio, per x→ +∞ risulta ord(e1x − 1) = 1 essendo e
1x − 1 ∼ 1
x.
Valgono le seguenti implicazioni per x→ x0:
ord(f) = b ⇐⇒ ∃ ` ∈ R \ {0} tale che f(x) ∼ `gb(x)
⇐⇒ ∃ ` ∈ R \ {0} tale che f(x) = `gb(x) + o(gb(x))
Esempi
• Determinare l’ordine di infinitesimo per x→ 0 della funzione f(x) =sinx log(1 + x) + 1− cosx.
Essendo per x→ 0, sinx = x+o(x), log(1+x) = x+o(x) e 1−cosx =12x2 + o(x2) otteniamo che
f(x) = (x+ o(x))(x+ o(x)) +1
2x2 + o(x2).
e quindi, utilizzando le proprieta di “o” piccolo,
f(x) = x2 + o(x2) +1
2x2 + o(x2) =
3
2x2 + o(x2)
Dalla definizione di ordine di infinitesimo abbiamo allora che ord(f) =2.
• Data la funzione f(x) = e1−cosx −√
1 + x2, provare che per x→ 0 siha ord(f) > 2.
Essendo√
1 + y = 1 + 12y+ o(y) per y → 0, ponendo y = x2 otteniamo
che per x→ 0 risulta√
1 + x2 = 1 +1
2x2 + o(x2).
Essendo y = 1 − cosx → 0 per x → 0, dallo sviluppo di ey per y → 0otteniamo
e1−cosx = 1 + (1− cosx) + o(1− cosx)
90 3. FUNZIONI REALI
Ora abbiamo che
1− cosx =1
2x2 + o(x2)
e quindi, utilizzando le proprieta di “o” piccolo si ottiene
e1−cosx = 1 +1
2x2 + o(
1
2x2 + o(x2)) = 1 +
1
2x2 + o(x2)
Quindi
f(x) = e1−cosx −√
1 + x2 = 1 +1
2x2 + o(x2)− 1− 1
2x2 − o(x2) = o(x2)
e dunque, dalla definizione, ord(f) > 2.
•Determinare il comportamento della funzione f(x) = (x+ sin(x2))2 − x2
per x→ 0.
La funzione e infinitesima per x → 0. Poiche sin y = y + o(y) pery → 0, per x→ 0 otteniamo sin(x2) = x2 + o(x2) per x→ 0. Dunque
(x+ sin(x2))2 = (x+ x2 + o(x2))2
= (x+ x2)2 + 2(x+ x2)o(x2) + o(x2)o(x2)
= x2 + 2x3 + x4 + o(x3) + o(x4) + o(x4)
= x2 + 2x3 + o(x3)
essendo x4 = o(x3) e quindi o(x4) = o(x3). Allora
f(x) = (x+ sin(x2))2 − x2 = x2 + 2x3 + o(x3)− x2 = 2x3 + o(x3).
Ne segue che ord(f) = 3 e che f(x) ∼ 2x3 per x→ 0.
• Sia f(x) funzione infinitesima di ordine 2 per x→ 0. Abbiamo alloraper definizione che esiste ` ∈ R \ {0} tale che f(x) ∼ `x2 e dunque,
essendo 1− cosx ∼ x2
2per x→ 0,
f(x)
1− cosx∼ 2` ∈ R \ {0},
da cui
limx→0
f(x)
1− cosx∈ R \ {0},
Avremo invece che
limx→0+
f(x)
x(log(1 +√x) + sin x)
= 0,
5. ORDINE DI INFINITO 91
essendo x(log(1+√x)+sin x) = x(
√x+o(
√x)+x+o(x)) = x
32 +o(x
32 ) ∼
x32 e quindi
f(x)
x(log(1 +√x) + sin x)
∼ `x2
x32
= `√x→ 0.
5. Ordine di infinito
Preso x0 ∈ R ∪ {±∞}, siano f(x) e g(x) tali che
limx→x0
f(x) = limx→x0
g(x) = ±∞
Si dice che f(x) ha ordine di infinito minore di g(x) per x → x0 escriveremo Ord(f) < Ord(g) per x→ x0, se f(x) = o(g(x)) per x→ x0
ovvero se
limx→x0
f(x)
g(x)= 0.
Si dice che f(x) ha ordine di infinito uguale a g(x) per x → x0 e scri-
veremo Ord(f) = Ord(g) per x → x0, se esiste ` ∈ R \ {0} tale chef(x) ∼ `g(x) per x→ x0 ovvero se
limx→x0
f(x)
g(x)= ` ∈ R \ {0}.
Possiamo dare un valore numerico all’ordine di infinito di una funzioneconfrontandola con gli infiniti campione nel seguente modo
• se x0 ∈ R, il campione e gb(x) = 1|x−x0|b con b > 0, e si pone
Ord(gb) = b per x→ x0. Avremo allora che f(x) ha ordine diinfinito pari a b > 0 per x→ x0, Ord(f) = b, se
limx→x0
f(x)1
|x−x0|b= ` ∈ R \ {0}.
• se x0 = ±∞, il campione e gb(x) = |x|b con b > 0, e si poneOrd(gb) = b per x → ±∞. Avremo allora che f(x) ha ordinedi infinito pari a b > 0 per x→ ±∞, Ord(f) = b, se
limx→x0
f(x)
|x|b= ` ∈ R \ {0}.
Si osservi che valgono le seguenti implicazioni per x→ x0
Ord(f) = b⇐⇒ ∃ ` ∈ R \ {0}f(x) ∼ `gb(x)
⇐⇒ ∃ ` ∈ R \ {0}f(x) = `gb(x) + o(gb(x))
Esempi
92 3. FUNZIONI REALI
• Calcoliamo l’ordine di infinito della funzione f(x) = sinxlog(1+x2)
per
x→ 0. Essendo sinx ∼ x e log(1 + x2) ∼ x2 per x→ 0, risulta
f(x) =sinx
log(1 + x2)∼ x
x2=
1
x
e dunque Ord(f) = 1 per x→ 0.
• Determiniamo il comportamento della funzione f(x) = log x1−cos(x3)
per
x → 0+. Poiche limx→0+
log x = −∞ e limx→0
1 − cos(x3) = 0, abbiamo
che f(x) e un infinito per x → 0+. Vediamo di determinarne l’ordine.
Essendo 1− cos y ∼ y2
2per y → 0, abbiamo che
f(x) =log x
1− cos(x3)∼ log x
12x6
per x→ 0+. Allora
limx→0+
f(x)1xb
= limx→0+
log xx6
2xb
= −2 limx→0+
log( 1x)
1xb−6
= −2 limy→+∞
log y
yb−6=
{0 se b > 6
−∞ se b ≤ 6
da cui deduciamo che per x → 0+ si ha Ord(f) < b per ogni b > 6 equindi che Ord(f) < 6.
6. ESERCIZI 93
6. Esercizi
Calcolare i seguenti limiti:
1. limx→0+
(sinx)tanx [1]
2. limx→+∞
cos(1 + 2x)
x2[0]
3. limx→+∞
log2(x+ log2 x)
log2 x[1]
4. limx→0+
x+√x
sinx[+∞]
5. limx→+∞
x arctanx3√x5 + 2x+ 1
[0]
6. limx→0+
sin(3x)
2 3√x+ x2 + 3x3
[0]
7. limx→3+
(x− 3)1−cos(x−3) [1]
8. limx→0
3x2 + ex
2x3 + log(x2)[0]
9. limx→+∞
(x+ 1) log(1 + 1x)
x[0]
10. limx→+∞
log2(ex + 1)
x+ sinx[log2 e]
11. limx→0
ex sin(e−x sinx)
x[1]
12. limx→+∞
x sin(√
1 + x2 − x) [12 ]
13. limx→0
sin(π cosx)
x sinx[π2 ]
14. limx→0
log(cosx)
x2[−1
2 ]
15. limx→+∞
3√
2 + x3 − 3√
1 + 2x2 + x3 [−23 ]
16. limx→0
log(cosx) + tan2 x
x3[+∞]
17. limx→0
x(ex − 3√
1 + x)
cosx− 1[−4
3 ]
18. limx→0
log(1 + x2) + tanx√
1 + 2x−√
1 + x+ x2[2]
19. limx→+∞
e1x − 1√
x2 + 2−√x2 + 1
[2]
20. limx→0
ex2 − cosx
sinx(log(1 + x) +√x)
[0]
21. limx→0
log(1 + x2)− sin2 x√
1 + 2x−√
1 + x+ x2[0]
94 3. FUNZIONI REALI
22. limx→0
log(1 + x2)− sin2 x√
1 + x−√
1 + x+ x2[?]
23. limx→0
cos(sinx)− 1
x2[−1
2 ]
24. limx→0
1− cos(tan2 x) + x5
5√x4 + 1− 1
[52 ]
25. limx→0
etan3 x − 1
cosx− ex2[0]
26. limx→0
(1 + |x|)1x − e
|x|x [0]*
Calcolare al variare di α ∈ R i seguenti limiti:
1. limx→0+
sinx− tanx
xα[0 se α < 3, −1
2 se α = 3 e +∞ se α > 3]
2. limx→1+
cos(π2x)
(x− 1)α[0 se α < 1, −π
2 se α = 1 e −∞ se α > 1]
3. limx→0
αx2 + 2x3
log(cosx)[−2α per ogni α]
4. limx→0
sin(αx3)
log( 3√
1 + x3)[3α per ogni α]
5. limx→1+
x− 1
x1α − 1
, α 6= 0 [α per ogni α]
6. limx→0+
ex − e−x
xα[0 se α < 1, 2 se α = 1 e +∞ se α > 1]
7. limx→0
eαx −√
1− xarcsinx
[α+ 12 per ogni α]
8. limx→0
(x+ sin(x2))α − xα
x3, α 6= 0 [2 se α = 2, 0 se α > 2 e
sgn(α)∞ se α < 2]
9. limx→+∞
α√x2 + x− α
√x2 + 1, α > 0 [1
2 se α = 2, 0 se α > 2 e +∞se 0 < α < 2]
10. limx→+∞
√xα + x−
√xα + 1, [1
2 se α = 2, 0 se α > 2 e +∞ se α < 2]
11. limn→+∞
n2(√
1 + αn − cos 1√
n
)[∞ se α 6= −1, 0 se α = −1]*
12. limn→+∞
(e1n − cos
1
n) log(1 + nα) [0 per ogni α ∈ R]*
13. limn→+∞
log(1 + 1n)− sinα 1
n3√n4 + 1− 3
√n4 − 1
[∞ per ogni α ∈ R]*
14. limn→+∞
n2(e1n2 − (cos
1
n)α) [1 + α
2 per ogni α ∈ R]*
15. limn→+∞
n√nα − 1
sin( lognn )− log(1 + 1
n)[α per ogni α ∈ R]*
6. ESERCIZI 95
16. limn→+∞
nα−n log n+n2 log(1 +1
n)[−∞ per α ≤ 1, +∞ per α > 1]*
17. limn→+∞
nα sin1
n− n3 log n [−∞ per α ≤ 4, +∞ per α > 4]*
18. limn→+∞
n log(1 + nα)− n2 sin1
n[−∞ per α ≤ 0, +∞ per α > 0
Determinare l’ordine di infinitesimo per x→ 0 delle seguenti funzioni
1. sin2 x log(1 + 2x) [3]
2. log(1 + x2)− x2 sinx [2]
3. sinx(√
1 + x3 − cosx) [3]
4. sin2 x−√
1 + 2x2 + 1 [> 2]
5.3√
1 + sin2 x− cosx [2]
6. (esinx − 1)2(log(1 + 2x+ x2)− tanx) [3]
7. log(cosx)−√
1 + x2 + 1 [2]
8. (ex − 3√
1 + x2) log(1 + x2) [3]
9. e−sin x2 − cos
√x [> 1]
10. (√
1− x− cos√x)2(log(1 +
√x)− sinx) [> 5
2 ]
Data f(x) funzione infinitesima di ordine 2 per x → 0, stabilire se iseguenti limiti risultano finiti non nulli, nulli o infiniti:
1. limx→0
f(x)
log(1 + 2x2)[` ∈ R \ {0}]
2. limx→0
f(x)√x sinx
[0]
3. limx→0
f(x)
sin2 x− x[0]
4. limx→0
sin2 x− log(1 + x2)
f(x)[0]
5. limx→0
f(x)√
cosx− ex2[` ∈ R \ {0}]
6. limx→0
f(x)√1 + log(1 + x2)− ex
[0]
7. limx→0+
esinx −√
1 + x2
f(x)[∞]
8. limx→0
f(x)
sin(x2)− log(1 + x)[0]
CAPITOLO 4
Funzioni continue
Sia f(x) una funzione definita in un intervallo I ⊂ R e sia x0 ∈ I.Si dice che f(x) e continua in x0 se lim
x→x0f(x) = f(x0) ovvero se per
ogni ε > 0 esiste δ > 0 tale che se x ∈ I verifica |x − x0| < δ allora|f(x)− f(x0)| < ε.
Osserviamo che dal teorema di caratterizzazione sequenziale del limite,abbiamo
Proposizione 4.1. (Caratterizzazione sequenziale)
Sia f(x) funzione definita nell’intervallo I e sia x0 ∈ I. Allora, f(x)e continua in x0 se e solo se per ogni successione (xn) ⊂ I tale chexn → x0 per n→ +∞ risulta f(xn)→ f(x0) per n→ +∞.
Utilizzando i limiti da destra e da sinistra abbiamo inoltre
Lemma 4.1. Sia f(x) funzione definita nell’intervallo I e sia x0 ∈ I.Allora, f(x) e continua in x0 se e solo se lim
x→x+0f(x) = lim
x→x−0f(x) =
f(x0).
In particolare, considerata la funzione definita a tratti
f(x) =
{g(x) sex ≥ x0
h(x) sex < x0
avremo che f(x) risulta continua in x0 se e solo se
limx→x+0
g(x) = limx→x−0
h(x).
Una funzione f(x) definita nell’intervallo I e detta continua nell’in-tervallo I0 ⊆ I se risulta continua in ogni x0 ∈ I0 e scriveremo f ∈C(I0).
Dai limiti notevoli visti, essendo limx→x0
ex = ex0 per ogni x0 ∈ R, avremo
che la funzione ex risulta continua in R. Ne segue che per ogni a > 0,a funzione ax e continua in R in quanto
limx→x0
ax = limx→x0
ex log a = ex0 log a = ax0
97
98 4. FUNZIONI CONTINUE
per ogni x0 ∈ R. Dai limiti notevoli del logaritmo, abbiamo chelimx→x0
log x = log x0 per ogni x0 > 0 e dunque che la funzione log x
risulta continua in (0,+∞). Se a > 0, a 6= 1, per ogni x0 > 0 abbiamoche
limx→x0
loga x = limx→x0
log x loga e = log x0 loga e = loga x0
e quindi che loga x e continua in (0,+∞). Inoltre, se α ∈ R e x0 > 0allora lim
x→x0xα = xα0 e quindi la funzione xα risulta continua nel suo
dominio.
Riguardo alle funzioni trigonometriche, avremo che sinx e cosx risul-tano continue in x0 = 0 essendo lim
x→0sinx = 0 e lim
x→0cosx = 1.
Proviamo che risultano continue in ogni x0 ∈ R. Difatti, utilizzando leformule di addizione ed i limiti ora richiamati, si ottiene:
limx→x0
sinx = limx→x0
sin((x− x0) + x0)
= limx→x0
sin(x− x0) cosx0 + sinx0 cos(x− x0) = sinx0
e analogalmente
limx→x0
cosx = limx→x0
cos((x− x0) + x0)
= limx→x0
cos(x− x0) cosx0 − sinx0 sin(x− x0) = cos x0
Dai precedenti limiti e dall’algebra dei limiti otteniamo che anche lafunzione tanx risulta continua nel suo dominio.
Proviamo infine che la funzione |x| risulta continua in ogni x0 ∈ R.Difatti, dalla diseguaglianza triangolare risulta −|x−x0| ≤ |x|− |x0| ≤|x−x0| e poiche lim
x→x0|x−x0| = 0, dal teorema del confronto deduciamo
che limx→x0
|x| = |x0|.
Abbiamo quindi provato che tutte le funzioni elementari risultano con-tinue sul loro dominio. Dal risultato sulle operazioni tra limiti abbiamoinoltre
Proposizione 4.2. Siano f(x) e g(x) funzione definite in un intervalloI e continue in x0 ∈ I. Allora risultano continue in x0 le funzioni
f(x)± g(x), f(x)g(x) e f(x)g(x)
, purche g(x0) 6= 0.
Riguardo alla continuita della funzione composta abbiamo
Teorema 4.1. (Continuita della funzione composta)
Sia f(x) funzione definita nell’intervallo I e continua in x0 ∈ I. Siag(y) funzione definita in un intervallo J , contenente f(I), e continua
1. CLASSIFICAZIONE DELLE DISCONTINUITA 99
in f(x0). Allora la funzione gof(x) = g(f(x)) risulta continua in x0
ed in particolare
limx→x0
g(f(x)) = limy→f(x0)
g(y) = g(f(x0)).
Dim. Utilizzando la Proposizione 4.1, proviamo che per ogni successione
(xn) ⊂ I con xn → x0 risulta g(f(xn)) → g(f(x0)). Difatti, essendo f(x)
continua in x0 avremo che f(xn)→ f(x0) e quindi, posto yn = f(xn), risulta
(yn) ⊂ f(I) ⊂ J e yn → f(x0). Essendo g(y) continua in f(x0) avremo che
g(yn)→ g(f(x0)) ovvero che g(f(xn))→ g(f(x0)). �
Dai precedenti risultati otteniamo quindi che somma, prodotto e com-posizione di funzioni elementari risultano continue ove definite. Ad
esempio, la funzione f(x) =√x2−1+esin x
log(x−2)risulta continua nel suo domi-
nio, ovvero nell’insieme D = {x ∈ R |x > 2, x 6= 3}.
Per esercizio, stabilire ove risulta continua la funzione definita a tratti:
f(x) =
{ex
2−cosxx log(1+x)
se x > 0,12
√1 + 2x se x ≤ 0.
Stabilire per quali valori di α > 0 risulta continua la funzione:
f(x) =
{esin x−
√1+αx
log(1+√x)
se x > 0,
0 se x ≤ 0.
1. Classificazione delle discontinuita
Vediamo ora qualche esempio di funzione non continua. Risulta noncontinua in x0 = 1 la funzione
f(x) =
{x se x 6= 1
2 se x = 1
essendo
limx→1
f(x) = limx→1
x = 1 6= f(1).
Un altro esempio di funzione non continua nel suo dominio e la funzione[x] che non risulta continua in ogni x0 ∈ Z essendo
limx→x+0
[x] = x0 = [x0] mentre limx→x−0
[x] = x0 − 1.
La funzione di Dirichlet D(x) e invece un esempio di funzione noncontinua in ogni x0 ∈ R. Infatti, abbiamo provato che per ogni x0 ∈ Rnon esiste il limite lim
x→x0D(x). Il grafico di queste funzioni presentano
100 4. FUNZIONI CONTINUE
dei “salti”, dei “buchi”, delle discontinuita. Possiamo classificare talidiscontinuita nel seguente modo.
Sia f(x) funzione definita in un intervallo I ⊆ R e sia x0 ∈ I taleche f(x) non risulti continua in x0, in tal caso x0 e detto punto didiscontinuita per f(x). Si danno le seguenti definizioni:
(a) x0 e detto punto di discontinuita eliminabile se esiste finito illimite lim
x→x0f(x) = ` ∈ R ma ` 6= f(x0). Osserviamo che in tal
caso, la funzione
F (x) =
{f(x) se x 6= x0
` se x = x0
risulta continua in x0 (abbiamo eliminato la discontinuita).(b) x0 e detto punto di discontinuita di prima specie se esistono
finiti i limiti limx→x+0
f(x) e limx→x−0
f(x) ma sono diversi.
(c) x0 e detto punto di discontinuita di seconda specie se almeno unodei limiti lim
x→x+0f(x) e lim
x→x−0f(x) non esiste oppure e infinito.
Ad esempio, la funzione [x] presenta una discontinuita di prima speciein ogni x0 ∈ Z. La funzione
f(x) =
{1x
se x > 0
0 se x ≤ 0
presenta una discontinuita di seconda specie in x0 = 0 mentre la funzio-ne di Dirichlet presenta discontinuita di seconda specie in ogni x0 ∈ R.La funzione
f(x) =
{sinxx
se x 6= 0
0 se x = 0
presenta una discontinuita eliminabile in x0 = 0. Mentre la funzione
f0(x) =
{sin( 1
x) se x > 0
0 se x ≤ 0
presenta discontinuita di seconda specie in x0 = 0.
2. IMMAGINE DI UNA FUNZIONE CONTINUA 101
0
1
0
Grafici di y = sinxx e y = sin 1
x
In generale, si ha che la funzione
fα(x) =
{xα sin( 1
x) se x > 0
0 se x ≤ 0
risulta continua in R se e solo se α > 0.
0 0
Grafici di y = x sin 1x e y = x2 sin 1
x
Osserviamo inoltre che dal Teorema sul limite delle funzioni mono-tone, se f(x) e funzione monotona in un intervallo [a, b], e quindi inparticolare limitata, allora per ogni x0 ∈ (a, b) esistono finiti i limiti
limx→x±0
f(x)
e dunque f(x) potra presentare al piu discontinuita di prima specie.
2. Immagine di una funzione continua
Utilizzando il metodo di bisezione proviamo il seguente fondamentalerisultato
Teorema 4.2. (di esistenza degli zeri)
Sia f(x) funzione continua nell’intervallo [a, b] tale che f(a)f(b) < 0.Allora esiste x0 ∈ (a, b) tale che f(x0) = 0.
Dim. Supponiamo f(a) < 0 e f(b) > 0 e consideriamo il punto medioc = a+b
2 . Potranno verificarsi tre casi(i) se f(c) = 0, il teorema e provato con x0 = c,
102 4. FUNZIONI CONTINUE
(ii) se f(c) > 0 poniamo a1 = a e b1 = c,
(iii) se f(c) < 0 poniamo a1 = c e b1 = b,
Se (i) non si verifica, dalla scelta fatta avremo definito un intervallo [a1, b1] ⊂[a, b] tale che
A1) f(a1) < 0 e f(b1) > 0;
B1) a ≤ a1 ≤ b1 ≤ b;C1) b1 − a1 = b−a
2 .
Consideriamo in questo caso il punto medio c1 = a1+b12 e ripetiamo il pro-
cedimento. Potranno verificarsi tre casi(i) se f(c1) = 0, il teorema e provato con x0 = c1,
(ii) se f(c1) > 0 poniamo a2 = a1 e b2 = c1,
(iii) se f(c1) < 0 poniamo a2 = c1 e b2 = b1,
Se (i) non si verifica, avremo definito un intervallo [a2, b2] ⊂ [a1, b1] tale che
A2) f(a2) < 0 e f(b2) > 0;
B2) a1 ≤ a2 ≤ b2 ≤ b1;
C2) b2 − a2 = b1−a12 = b−a
22.
Ripetendo il procedimento, se il caso (i) non risulta mai verificato, avremodefinito due successioni (an)n∈N e (bn)n∈N in [a, b] tali che per ogni n ∈ Nrisulta
An) f(an) < 0 e f(bn) > 0;
Bn) an−1 ≤ an ≤ bn ≤ bn−1;
Cn) bn − an = bn−1−an−1
2 = b−a2n .
Dalla proprieta Bn) ne segue che le successioni (an) e (bn) sono successionimonotone in [a, b] e quindi limitate. Dal teorema di regolarita delle succes-sioni monotone otteniamo allora che tali successioni risultano convergenti epoiche da Cn) risulta lim
n→+∞bn − an = 0, avremo che
limn→+∞
an = supn∈N
an = limn→+∞
bn = infn∈N
bn = x0 ∈ [a, b]
Essendo per ipotesi f(x) continua in [a, b] ne deduciamo che
limn→+∞
f(an) = limn→+∞
f(bn) = f(x0)
Infine, poiche f(an) < 0 per ogni n ∈ N, dal Teorema della permanenza del
segno otteniamo f(x0) ≤ 0 ed allo stesso modo, poiche f(bn) > 0 per ogni
n ∈ N, si deduce che f(x0) ≥ 0. Ne segue allora che f(x0) = 0. �
Dalla dimostrazione risulta anche un metodo per determinare delleapprossimazioni dello zero x0 in quanto essendo
supn∈N
an = x0 = infn∈N
bn,
2. IMMAGINE DI UNA FUNZIONE CONTINUA 103
risulta
an ≤ x0 ≤ bn, ∀n ∈ N
dove an e bn sono determinate con il metodo di bisezione come nellaprecedente dimostrazione. Con tali approssimazioni, essendo an− bn =b−a2n
, potremo stimare con quanta precisione si desidera lo zero x0.
Ad esempio, volendo ottenere una stima di√
2, consideriamo la funzio-ne continua f(x) = x2 − 2 nell’intervallo [1, 2]. Abbiamo che f(1) < 0mentre f(2) > 0 e che x0 =
√2 e l’unico zero di f(x) in [1, 2] (la funzio-
ne e difatti strettamente crescente in tale intervallo). Abbiamo allorache
an ≤√
2 ≤ bn, ∀n ∈ N,
dove an e bn sono definite utilizzando il procedimento di bisezione. Sevolessimo dare un’approssimazione di
√2 con un errore inferiore a 10−1
dovremo valutare an e bn dove n ∈ N e tale che b−a2n
= 12n< 1
10. Sara
allora sufficiente ripetere il procedimento sino ad n = 4 ottenendo:
a4 =11
8= 1, 375 ≤
√2 ≤ b4 =
23
16= 1, 4375
dove b4 − a4 = 124
= 0, 0625.
Se invece volessimo un’approssimazione di√
2 a meno di un erro-re inferiore a 10−2 dovremo ripetere il procedimento fino ad n = 7ottenendo
a7 =181
128= 1, 4140625 ≤
√2 ≤ b7 =
91
64= 1, 421875
dove b7 − a7 = 127
= 0, 0078125.
Il teorema puo inoltre essere utilizzato per provare l’esistenza di solu-zioni di equazioni trascendenti. Ad esempio, consideriamo l’equazio-ne log x + 1
3√x = 0. Posto f(x) = log x + 13√x , osserviamo che f(x)
e continua nel suo dominio (0,+∞). Poiche f(1) = 1 > 0 mentref(1
8) = −3 log 2 + 2 < 0, dal teorema di esistenza degli zeri ottenia-
mo che esiste x0 ∈ (18, 1). Sempre utilizzando il teorema di esistenza
degli zeri si puo provare che tale equazione ammette un secondo zerox1 ∈ ( 1
125, 1
64).
104 4. FUNZIONI CONTINUE
00
xx
0
1
Confronto tra i grafici di y = − log x e y = 13√x e grafico di y = log x+ 1
3√x
Come immediata conseguenza del Teorema di esistenza degli zeri ab-biamo
Teorema 4.3. (dei valori intermedi, primo)
Sia f(x) funzione continua nell’intervallo [a, b]. Allora f(x) assumetutti i valori compresi tra f(a) e f(b).
Dim. Consideriamo il caso in cui f(a) ≤ f(b) e proviamo che per ogni y0 ∈[f(a), f(b)] esiste x0 ∈ [a, b] tale che f(x0) = y0. Se y0 = f(a) prenderemo
x0 = a e analogalmente, se y0 = f(b) prenderemo x0 = b. Se invece y0 ∈(f(a), f(b)), consideriamo la funzione g(x) = f(x) − y0. Avremo allora che
g(x) e continua in [a, b] e che g(a) = f(a)−y0 < 0 mentre g(b) = f(b)−y0 >
0. Dal Teorema di esistenza degli zeri avremo allora che esiste x0 ∈ (a, b)
tale che g(x0) = 0 ovvero tale che f(x0) = y0. �
Dal precedente risultato otteniamo
Teorema 4.4. (dei valori intermedi, secondo)
Sia f(x) funzione continua e non costante in un intervallo I ⊆ R.Allora f(x) assume tutti i valori strettamente compresi tra inf
If(x) e
supIf(x).
Dim. Osserviamo innanzitutto che essendo la funzione non costante risulta
infIf(x) < sup
If(x). Sia allora y0 ∈ (inf
If(x), sup
If(x)) e proviamo che esiste
x0 ∈ I tale che f(x0) = y0. Poiche y0 > infIf(x), dalla caratterizzazione
dell’estremo inferiore abbiamo che esiste a ∈ I tale che f(a) < y0. Analo-
galmente, poiche y0 < supIf(x) si ha che esiste b ∈ I tale che f(b) > y0.
Supponiamo che a < b. Essendo f(x) continua nell’intervallo [a, b] ⊂ I e
y0 ∈ (f(a), f(b)), dal primo teorema dei valori intermedi segue che esiste
x0 ∈ (a, b) ⊂ I tale che f(x0) = y0. �
Ne segue che se f(x) e funzione continua in un intervallo I allora
(infIf(x), sup
If(x)) ⊆ f(I).
2. IMMAGINE DI UNA FUNZIONE CONTINUA 105
In particolare si ottengono le seguenti caratterizzazioni dell’immaginedelle funzioni elementari: Im(ex) = (0,+∞), Im(xα) = (0,+∞) seα < 0 mentre Im(xα) = [0,+∞) se α > 0 essendo 0 valore assunto.Im(sinx) = Im(cos x) = [−1, 1] essendo ±1 valori assunti.
Rimane dunque dubbio se i valori (nel caso finiti) inf f(x) e sup f(x)risultano assunti. Diamo allora le seguenti definizioni.
Sia f(x) funzione definita in un insieme A ⊆ R. Diciamo che M ∈ R emassimo (assoluto) per f(x) in A se M e il massimo dell’insieme f(A),e scriveremo M = max
Af(x).
Dalla definizione di massimo di un insieme avremo allora che M =maxA
f(x) se f(x) ≤ M per ogni x ∈ A ed esiste xM ∈ A tale che
f(xM) = M . Diremo che xM ∈ A e un punto di massimo (assoluto) perf(x) in A se f(xM) = max
Mf(x) e dunque se per ogni x ∈ A risulta
f(x) ≤ f(xM).
Analogalmente, si dice che m ∈ R e minimo (assoluto) per f(x) in A sem e il minimo dell’insieme f(A), e scriveremo m = min
Af(x).
Avremo che m = minAf(x) se f(x) ≥ m per ogni x ∈ A ed esiste
xm ∈ A tale che f(xm) = m. Diremo che xm ∈ A e un punto di minimo(assoluto) per f(x) in A se f(xm) = min
Af(x) e dunque se per ogni
x ∈ A risulta f(x) ≥ f(xm).
Ad esempio, abbiamo che maxR
sinx = 1 e che x0 = π2
e un punto di
massimo assoluto per sin x in R mentre minR
sinx = −1 e x0 = −π2
e
un punto di minimo assoluto per sinx in R.
Vale il seguente fondamentale risultato
Teorema 4.5. (di Weierstrass)
Sia f(x) funzione continua nell’intervallo chiuso e limitato [a, b]. Allo-ra f(x) ammette massimo e minimo in [a, b]: esistono xm, xM ∈ [a, b]tali che f(xm) ≤ f(x) ≤ f(xM) per ogni x ∈ [a, b].
Dim. con il Metodo di BisezionePoniamo
inf{f(x) |x ∈ [a, b]} = ` ∈ R ∪ {−∞}
e consideriamo il punto medio c = b+a2 . Siano
m = inf{f(x) |x ∈ [a, c]} e M = inf{f(x) |x ∈ [c, b]}
106 4. FUNZIONI CONTINUE
Se m ≤ M poniamo a1 = a e b1 = c, mentre se m > M poniamo a1 = c eb1 = b. Avremo che a ≤ a1 ≤ b1 ≤ b, b1 − a1 = b−a
2 e
inf{f(x) |x ∈ [a1, b1]} = inf{f(x) |x ∈ [a, b]} = `
Consideriamo nuovamente c1 = b1+a12 e siano
m1 = inf{f(x) |x ∈ [a1, c1]} e M1 = inf{f(x) |x ∈ [c1, b1]}Se m1 ≤M1 poniamo a2 = a1 e b2 = c1, mentre se m1 > M1 poniamo a2 =c1 e b2 = b1. Avremo che a ≤ a1 ≤ a2 ≤ b2 ≤ b1 ≤ b, b2 − a2 = b1−a1
2 = b−a4
e
inf{f(x) |x ∈ [a2, b2]} = inf{f(x) |x ∈ [a1, b1]} = `
Ripetendo il procedimento determineremo due successioni (an)n∈N e (bn)n∈Ntali che per ogni n ∈ N risulta a ≤ an ≤ bn ≤ b, bn − an = b−a
2n e
inf{f(x) |x ∈ [an, bn]} = inf{f(x) |x ∈ [an−1, bn−1]} = `
Avremo allora che (an)n∈N e successione crescente in [a, b] mentre (bn)n∈Ne successione decrescente in [a, b] e quindi, essendo limitate, dal Teoremadi regolarita delle successioni monotone, essendo limitate tali successionirisultano convergenti. Essendo inoltre bn − an = b−a
2n → 0 avremo che
limn→+∞
an = limn→+∞
bn = xm ∈ [a, b]
Proviamo che f(xm) = ` = inf{f(x) |x ∈ [a, b]} e quindi che xm e puntodi minimo. In particolare seguira che ` ∈ R e dunque che f(x) risultainferiormente limitata in [a, b].Poiche f(x) e continua in xm, per ogni ε > 0 esistera δ > 0 tale che |f(x)−f(xm)| < ε per ogni x ∈ (xm − δ, xm + δ) ∩ [a, b]. Essendo an → xme bn → xm, avremo che esiste n0 ∈ N tale che per ogni n ≥ n0 risultaxm − δ < an ≤ bn < xm + δ. Quindi avremo f(xm)− ε < f(x) < f(xm) + εper ogni x ∈ [an, bn], n ≥ n0 e dunque che
f(xm)− ε ≤ ` = inf{f(x) |x ∈ [an, bn]} ≤ f(xm) + ε ⇐⇒ |f(xm)− `| < ε
Data l’arbitrarieta di ε > 0, ne deduciamo che f(xm) = `.
Allo stesso modo si procedera per provare l’esistenza del punto di massimo
xM .
Dim. con il Teorema di Bolzano-Weierstrass
�
Osserviamo che dal precedente risultato segue in particolare che unafunzione continua in un intervallo chiuso e limitato e funzione limitata.
Dal precedente risultato ad esempio otteniamo che la funzione f(x) =x2 ammette massimo in ogni intervallo chiuso e limitato [a, b]. Os-serviamo pero che tale funzione non ammette massimo nell’intervallolimitato ma non chiuso [0, 1) (infatti x2 < 1 per ogni x ∈ [0, 1) ma non
2. IMMAGINE DI UNA FUNZIONE CONTINUA 107
esiste x0 ∈ [0, 1) tale che x20 = 1) e nemmeno nell’intervallo chiuso ma
illimitato [1,+∞) essendo sup[1,+∞)
x2 = +∞.
Osservato che, se esistono,
min[a,b]
f(x) = inf[a,b]
f(x) e max[a,b]
f(x) = sup[a,b]
f(x),
dal Teorema di Weierstrass e dal secondo Teorema dei valori intermedisi deduce immediatamente il seguente risultato
Teorema 4.6. (dei valori intermedi, terzo)
Sia f(x) funzione continua nell’intervallo chiuso e limitato [a, b]. Al-lora f(x) assume tutti i valori compresi tra min
[a,b]f(x) e max
[a,b]f(x).
Dalla definizione di massimo e di minimo segue che se f(x) funzionecontinua nell’intervallo [a, b], allora
f([a, b]) = [min[a,b]
f(x),max[a,b]
f(x)].
In particolare si ottiene
Teorema 4.7. (continuita delle funzioni monotone)
Sia f(x) funzione crescente (risp. decrescente) nell’intervallo [a, b] al-lora f(x) e continua se e solo se f([a, b]) = [f(a), f(b)] (risp. f([a, b]) =[f(b), f(a)]).
Dim. Supponiamo f(x) crescente. Osservato che in tal caso risulta
min[a,b]
f(x) = f(a) e max[a,b]
f(x) = f(b),
dal terzo Teorema dei valori intermedi avremo che se f(x) risulta continuain [a, b] allora f([a, b]) = [f(a), f(b)].Per provare il viceversa, sia x0 ∈ (a, b) e proviamo che lim
x→x0f(x) = f(x0).
Dal Teorema sul limite delle funzioni monotone, essendo la f(x) limitata in[a, b], abbiamo che esistono finiti i limiti
limx→x−0
f(x) = sup{f(x) | a ≤ x < x0} = `−
limx→x+0
f(x) = inf{f(x) |x0 < x ≤ b} = `+
e risulta f(a) ≤ `− ≤ f(x0) ≤ `+ ≤ f(b). Se per assurdo `− < f(x0)avremo che f(x) ≤ `− < f(x0) per ogni x ∈ [a, x0) e dunque che f(x) nonassume alcun valore compreso tra `− e f(x0) contro l’ipotesi che f([a, b]) =[f(a), f(b)]. Dunque `− = f(x0). Analogalmente si prova che `+ = f(x0).Ne segue allora che lim
x→x0f(x) = f(x0).
Proviamo ora che f(x) e continua in x0 = a. Dal Teorema sul limite delle
108 4. FUNZIONI CONTINUE
funzioni monotone, essendo f(x) limitata in [a, b], abbiamo che esiste finitoil limite
limx→a+
f(x) = inf{f(x) | a < x < b} = `
se per assurdo f(a) < ` avremo che f(x) non assume alcun valore compreso
tra f(a) e `, contro l’ipotesi che f([a, b]) = [f(a), f(b)]. Analogalmente si
prova che limx→b−
f(x) = f(b). �
3. Continuita della funzione inversa
Abbiamo visto che le funzioni strettamente monotone sono esempidi funzioni iniettive. Non e pero generalmente vero il viceversa. Lafunzione
f(x) =
{x se 0 ≤ x < 1
3− x se 1 < x ≤ 2
e funzione iniettiva ma non monotona. Il seguente risultato prova che lamonotonia stretta e invece condizione necessaria affinche una funzionecontinua risulti iniettiva.
Teorema 4.8. (invertibilita delle funzioni continue)
Sia f(x) funzione continua nell’intervallo [a, b]. Allora f(x) e iniettivain [a, b] se e solo se f(x) e strettamente monotona in [a, b].
Dim. Dalla definizione segue immediatamente che una funzione strettamen-te monotona e iniettiva. Per provare il viceversa, per assurdo supponiamoche esistano x1 < x2 < x3 in [a, b] tali che
i) f(x1) < f(x2) ma f(x2) > f(x3), oppure
ii) f(x1) > f(x2) ma f(x2) < f(x3).
Supponiamo verificata la prima condizione. Avremo allora che
f(x2) > max{f(x1), f(x3)}.
Se f(x1) > f(x3), allora preso y0 = f(x1), essendo f(x3) < y0 < f(x2), dal
Teorema dei valori intermedi avremo che esiste x0 ∈ (x2, x3) tale che f(x0) =
y0 = f(x1), in contraddizione con l’iniettivita di f(x). Analogalmente, se
f(x1) < f(x3).
In modo analogo si procede se risulta verificata la seconda condizione. �
Siamo ora in grado di provare che l’inversa di una funzione continua econtinua.
Teorema 4.9. (continuita della funzione inversa)
Sia f(x) funzione continua e iniettiva in [a, b]. Allora la funzioneinversa f−1(x) e funzione continua nell’intervallo di estremi f(a) ef(b).
4. FUNZIONI UNIFORMEMENTE CONTINUE 109
Dim. Dal precedente risultato abbiamo che f(x) e funzione strettamentemonotona. Consideriamo il caso in cui risulti strettamente crescente. Avre-mo allora che la funzione inversa risulta strettamente crescente e poichef([a, b]) = [f(a), f(b)] otteniamo
f−1([f(a), f(b)]) = f−1(f([a, b])) = [a, b].
Quindi dal Teorema sulla continuita delle funzioni monotone, avremo che
f−1(x) risulta continua in [f(a), f(b)]. �
Utilizzando il precedente risultato otteniamo ad esempio che le funzioniarcsinx e arccosx risultano continue in [−1, 1] e che la funzione arctanxe continua in R. In particolare si hanno i seguenti limiti
limx→0
arcsinx = 0 e limx→0
arcsinx
x= lim
y→0
y
sin y= 1
4. Appendice: Funzioni uniformemente continue e Teoremadi Heine-Cantor
Una funzione f(x) si dice uniformemente continua nell’insieme A ⊆ Rse per ogni ε > 0 esiste δ > 0 tale che per ogni x, x0 ∈ A tali che|x− x0| < δ risulta |f(x)− f(x0)| < ε.
E evidente che una funzione uniformemente continua in un insiemeA ⊆ R risulta continua in A. Il seguente risultato prova che le duecondizioni sono equivalenti in intervalli chiusi e limitati.
Teorema 4.10. (Heine-Cantor)
Sia f(x) funzione continua nell’intervallo chiuso e limitato [a, b]. Al-lora f(x) risulta uniformemente continua in [a, b].
Dim. con il Metodo di BisezionePer assurdo, supponiamo che la funzione non risulti uniformemente continua.Avremo allora che esiste ε0 > 0 tale che per ogni δ > 0 esistono x, x ∈ [a, b]tali che |x− x| < δ ma |f(x)− f(x)| ≥ ε0. Avremo allora in particolare che
sup{|f(x)− f(x)| |x, x ∈ [a, b]} ≥ ε0
Sia c = a+b2 , avremo allora che
sup{|f(x)− f(x)| |x, x ∈ [a, c]} ≥ ε0 o sup{|f(x)− f(x)| |x, x ∈ [c, b]} ≥ ε0
e poniamo
(i) a1 = a e b1 = c se sup{|f(x)− f(x)| |x, x ∈ [a, c]} ≥ ε0, oppure(ii) a1 = c e b1 = b se sup{|f(x)− f(x)| |x, x ∈ [c, b]} ≥ ε0.
110 4. FUNZIONI CONTINUE
Avremo allora che
sup{|f(x)− f(x)| |x, x ∈ [a1, b1]} ≥ ε0,
a ≤ a1 < b1 ≤ b e a1 − b1 = b−a2 .
Ripetendo il ragionamento sull’intervallo [a1, b1] , posto c1 = a1+b12 , avremo
che
sup{|f(x)− f(x)| |x, x ∈ [a1, c1]} ≥ ε0
oppure
sup{|f(x)− f(x)| |x, x ∈ [c1, b1]} ≥ ε0
e poniamo
(i) a2 = a1 e b2 = c1 se sup{|f(x)−f(x)| |x, x ∈ [a1, c1]} ≥ ε0, oppure(ii) a2 = c1 e b2 = b1 se sup{|f(x)− f(x)| |x, x ∈ [c1, b1]} ≥ ε0.
Avremo quindi che
sup{|f(x)− f(x)| |x, x ∈ [a2, b2]} ≥ ε0,
a ≤ a1 ≤ a2 < b2 ≤ b1 ≤ b e a2 − b2 = b1−a122
.Procedendo per induzione, otterremo due successioni (an)n∈N e (bn)n∈N taliche per ogni n ∈ N risulta
sup{|f(x)− f(x)| |x, x ∈ [an, bn]} ≥ ε0,
a ≤ an−1 ≤ an < bn ≤ bn−1 ≤ b e an − bn = bn−1−an−1
2 = b−a2n .
Osservato che le successioni (an)n∈N e (bn)n∈N sono monotone e limitate, dalTeorema di regolarita delle successioni monotone avremo che tali successionirisultano convergenti. Essendo inoltre an − bn = b−a
2n → 0 per n → +∞, illimite delle due successioni sara lo stesso. Sia allora
x0 = limn→+∞
an = limn→+∞
bn,
avremo che x0 ∈ [an, bn] per ogni n ∈ N. Essendo la funzione continua inx0 ∈ [a, b], esistera δ > 0 tale che |f(x) − f(x0)| < ε0
2 per ogni x ∈ [a, b]
tale che |x − x0| < δ. Scelto n ∈ N tale che bn − an = b−a2n < δ, avremo
che per ogni x, x ∈ [an, bn] si avra |x − x0| < δ e |x − x0| < δ e dunque|f(x) − f(x0)| < ε0
2 e |f(x) − f(x0)| < ε02 . Quindi |f(x) − f(x)| < ε0, per
ogni x, x ∈ [an, bn], in contraddizione con
sup{|f(x)− f(x)| |x, x ∈ [an, bn]} ≥ ε0.
Dim. con il Teorema di Bolzano-WeierstrassPer assurdo, supponiamo che la funzione non risulti uniformemente continua.Avremo allora che esiste ε0 > 0 tale che per ogni δ > 0 esistono x, x ∈[a, b] tali che |x − x| < δ ma |f(x) − f(x)| ≥ ε0. Per ogni n ∈ N, sceltoδn = 1
n avremo allora che esistono xn, xn ∈ [a, b] tali che |xn − xn| < δma |f(xn) − f(xn)| ≥ ε0. Essendo le successioni (xn) e (xn) limitate, dalTeorema di Bolzano-Weierstrass, abbiamo che tali successioni ammettonosottosuccessioni estratte convergenti che per semplicita denoteremo ancora
4. FUNZIONI UNIFORMEMENTE CONTINUE 111
con (xn) e (xn). Essendo |xn − xn| < 1n per ogni n ∈ N avremo che il limite
di tale estratte sara lo stesso. Sia allora
x0 = limn→+∞
xn = limn→+∞
xn.
Osservato che x0 ∈ [a, b], essendo f(x) continua in x0 avremo che
f(x0) = limn→+∞
f(xn) = limn→+∞
f(xn).
in contraddizione con |f(xn)− f(xn)| ≥ ε0 per ogni n ∈ N. �
112 4. FUNZIONI CONTINUE
5. Esercizi
Stabilire dove risultano continue le seguenti funzioni:
1. f(x) =
sinx−x
log(1+x) se x > 0
0 se x = 0cosx−1
x se x < 0
[R]
2. f(x) =
ex−√
1+xx se x > 0
0 se x = 0log(1−x)
x2se x < 0
[R \ {0}]
3. f(x) =
sinx(ex
2−1)x3
se x > 0
1 se x = 0log(1+x2)x2+x3
se x < 0
[R \ {−1}]
4. f(x) =
√
1+2x− 3√1+xx se x > 0
23 se x = 0
sinhxcoshx−1 se x < 0
[R \ {0}]
5. f(x) =
log(1+
√x)+sinx√x
se x > 0
1 se x = 0e2x−1
log(1+2x) se x < 0
[x > −12 ]
Stabilire per quali valori del parametro α ∈ R le seguenti funzionirisultano continue in x0 = 0:
1. f(x) =
{α√
cosx−ex2√1+x−
√1−x se x > 0
0 se x ≤ 0[α = 1]*
2. f(x) =
{√x2+α2−α
x se x > 0
sinx se x ≤ 0[α > 0]*
3. f(x) =
{x sinx−cosx+α
arctanx se x > 0
e2x − 1 se x ≤ 0[α = 1]*
4. f(x) =
{eα−1x se x > 0
x+ α se x ≤ 0[α = 1]
5. f(x) =
{cos(x2)−cos2(αx)
x2se x > 0√
1− x se x ≤ 0[α = ±1]
6. f(x) =
{x√
1+αx−sinxx se x > 0
1−cosxx2
se x ≤ 0[nessun α]
CAPITOLO 5
Funzioni derivabili
1. Definizione di derivata
Sia f(x) una funzione definita in un intervallo aperto I ⊆ R. Si diceche f(x) e derivabile nel punto x0 ∈ I se esiste finito il limite per x→ x0
del rapporto incrementale f(x)−f(x0)x−x0 . Tale limite viene detto derivata di
f(x) nel punto x0 e viene denotato con f ′(x0) o alternativamente coni simboli Df(x0) e df
dx(x0):
f ′(x0) = limx→x0
f(x)− f(x0)
x− x0
Inoltre, diremo che f(x) e derivabile nell’intervallo I se risulta derivabilein ogni x0 ∈ I.
Dal punto di vista cinematico, la derivata puo essere interpretata comela velocita istantanea di un corpo puntiforme che si muove di moto retti-lineo. Se denotiamo con p(t) la posizione al tempo t, la velocita mediasostenuta dal corpo per muoversi dalla posizione p(t0) alla posizione
p(t) e data dal rapporto p(t)−p(t0)t−t0 . Se ora si pensa di far tendere t a t0
(il che corrisponde a calcolare la velocita media su intervalli di tempovia via piu brevi) il limite
limt→t0
p(t)− p(t0)
t− t0,
se esiste finito, indichera la velocita istantanea al tempo t0 e lo indiche-remo con v(t0). Secondo la precedente definizione, risulta v(t0) = p′(t0).
Dal punto di vista geometrico, consideriamo una funzione f(x) deriva-bile nel punto x0 ed osserviamo che risulta
f ′(x0) = limx→x0
f(x)− f(x0)
x− x0
= limh→0
f(x0 + h)− f(x0)
h
113
114 5. FUNZIONI DERIVABILI
Dato h ∈ R, consideriamo la retta secante rh per i punti P0(x0, f(x0))e Ph(x0 + h, f(x0 + h)). Tale retta avra equazione
rh : y = f(x0) +f(x0 + h)− f(x0)
h(x− x0)
ed osserviamo che il coefficiente angolare di tale retta non e altro che
il rapporto incrementale f(x0+h)−f(x0)h
. Se ora pensiamo di far tendereh a 0 avremo che x0 + h → x0 e quindi, poiche proveremo che f(x) econtinua in x0, che f(x0 +h)→ f(x0). Dunque Ph tendera al punto P0
lungo il grafico di f(x) e la retta secante rh tendera alla retta “limite”
r0 : y = f(x0)+limh→0
f(x0 + h)− f(x0)
h(x−x0) = f(x0)+f ′(x0)(x−x0)
Tale retta e detta retta tangente al grafico di f(x) nel punto x0 edosserviamo che il suo coefficiente angolare corrisponde alla derivataf ′(x0). Possiamo dunque pensare alla derivata come ad una misuradella “pendenza” del grafico di f(x) nel punto P0.
P
P
0
h
r
r
0
h
Vediamo ora qualche esempio di funzione derivabile. Consideriamoinnanzitutto le funzioni costanti, f(x) = c ∈ R. Per tali funzioni
risulta f(x)−f(x0)x−x0 = 0 per ogni x 6= x0 e quindi che f ′(x0) = 0 per ogni
x0 ∈ R. Consideriamo ora una funzione lineare, f(x) = ax + b cona 6= 0. Per ogni x0 ∈ R avremo
limx→x0
f(x)− f(x0)
x− x0
= limx→x0
ax− ax0
x− x0
= a
e quindi che f ′(x0) = a.
Risultano derivabili nel loro dominio tutte le funzioni elementari. Pro-viamo che D(xα) = αxα−1 per ogni α ∈ R e ogni x > 0. Difatti, dal
1. DEFINIZIONE DI DERIVATA 115
limite notevole limy→0
(1+y)α−1y
= α, per ogni x > 0 otteniamo
limh→0
(x+ h)α − xα
h= lim
h→0xα−1 (1 + h
x)α − 1hx
= αxα−1
In particolare otteniamo ad esempio che D(x2) = 2x per ogni x ∈ R,che D(
√x) = 1
2√x
per ogni x > 0 e che D( 1x) = − 1
x2per ogni x 6= 0.
Proviamo ora che D(ex) = ex per ogni x ∈ R. Difatti, dal limitenotevole lim
y→0
ey−1y
= 1, per ogni x ∈ R otteniamo
limh→0
ex+h − ex
h= lim
h→0exeh − 1
h= ex
Risulta inoltre D(log x) = 1x
per ogni x > 0. Difatti, dal limite notevole
limy→0
log(1+y)y
= 1, per ogni x > 0 risulta
limh→0
log(x+ h)− log x
h= lim
h→0
log(1 + hx)
h= lim
h→0
1
x
log(1 + hx)
hx
=1
x
Infine, proviamo che D(sinx) = cos x e che D(cosx) = − sinx per ognix ∈ R. Dai limiti notevoli di seno e coseno e dalle formule di addizionesi ha infatti
limh→0
sin(x+ h)− sinx
h= lim
h→0
sinx cosh+ sinh cosx− sinx
h
= limh→0
sinxcosh− 1
h+ cosx
sinh
h= cosx
e
limh→0
cos(x+ h)− cosx
h= lim
h→0
cosx cosh− sinh sinx− cosx
h
= limh→0
cosxcosh− 1
h− sinx
sinh
h= − sinx
Sara utile inoltre introdurre il concetto di derivata destra e sinistra. Siaf(x) funzione definita in un intervallo aperto I e sia x0 ∈ I. Diremoderivata destra di f(x) in x0 il limite, se esiste finito,
limx→x+0
f(x)− f(x0)
x− x0
e denoteremo tale limite con f ′+(x0). Diremo derivata sinistra di f(x)in x0 il limite, se esiste finito,
limx→x−0
f(x)− f(x0)
x− x0
116 5. FUNZIONI DERIVABILI
e denoteremo tale limite con f ′−(x0).
Vale allora il seguente risultato
Lemma 5.1. Sia f(x) funzione definita in un in intervallo aperto I ⊆ Re sia x0 ∈ I. Allora f(x) e derivabile in x0 se e solo se esistono e sonouguali le derivate f ′±(x0) ed in tal caso f ′(x0) = f ′±(x0).
Usando il precedente risultato proviamo che la funzione valore assolutof(x) = |x| non e derivabile in x0 = 0. Difatti, risulta
f ′+(0) = limx→0+
|x|x
= 1 mentre f ′−(0) = limx→0−
|x|x
= −1
e dunque la funzione ammette derivata destra e derivata sinistra inx0 = 0 ma queste non sono uguali. Il punto x0 = 0 e un esempio dipunto angoloso per la funzione |x|.
0
In generale, data una funzione f(x) continua in x0, diremo che x0 e unpunto angoloso per f(x) se esistono f ′±(x0) ma sono diverse.
Consideriamo ora la funzione f(x) =√|x|, continua in tutto R e
derivabile in ogni x0 6= 0 con
f ′(x) =
{1
2√x
se x > 0
− 12√−x se x < 0
mentre non risulta derivabile in x0 = 0 essendo
limx→0+
f(x)− f(0)
x= lim
x→0+
√x
x= lim
x→0+
1√x
= +∞
e
limx→0−
f(x)− f(0)
x= lim
x→0−
√−xx
= limx→0−
− 1√−x
= −∞
parleremo in questo caso di una cuspide.
1. DEFINIZIONE DI DERIVATA 117
0
In generale, data una funzione f(x) continua in x0, diremo che x0 euna cuspide per f(x) se esistono i limiti
limx→x±0
f(x)− f(x0)
x− x0
ma sono infiniti di segno discorde.
Come ultimo esempio consideriamo la funzione f(x) = 3√x, continua
in tutto R e derivabile in ogni x0 6= 0 con
f ′(x) =1
33√x2
mentre non risulta derivabile in x0 = 0 essendo
limx→0
f(x)− f(0)
x= lim
x→0
3√x
x= lim
x→0
13√x2
= +∞.
Parleremo in questo caso di un punto a tangente verticale.
0
Data una funzione f(x) continua in x0, diremo che x0 e un punto atangente verticale per f(x) se esiste il limite
limx→x0
f(x)− f(x0)
x− x0
118 5. FUNZIONI DERIVABILI
ma e infinito.
Le precedenti funzioni sono un classico esempio di funzioni continue manon derivabili in un punto. Vale pero il seguente risultato che provache ogni funzione derivabile risulta continua.
Teorema 5.1. (sulla continuita delle funzioni derivabili)
Sia f(x) una funzione definita in un intervallo aperto I ⊂ R e deriva-bile nel punto x0 ∈ I. Allora f(x) e continua in x0.
Dim. Difatti, poiche limx→x0
f(x)−f(x0)x−x0 = f ′(x0) ∈ R risulta
limx→x0
f(x)− f(x0) = limx→x0
f(x)− f(x0)
x− x0(x− x0) = 0
e quindi limx→x0
f(x) = f(x0). �
Vediamo come ultimo esempio il caso il cui non esiste il limite da destrae/o da sinistra del rapporto incrementale. La funzione
f(x) =
{x sin 1
xse x > 0
0 se x ≤ 0
e funzione continua ma non e derivabile in x0 = 0 in quanto non esisteil limite
limx→0+
f(x)− f(0)
x= lim
x→0+sin
1
x
La funzione
f(x) =
{xα sin( 1
x) se x > 0
0 se x ≤ 0
risulta in generale derivabile in R se e solo se α > 1 e la retta tangentein x = 0 risulta y = 0.
Sia f(x) una funzione definita in un intervallo aperto I ⊆ R. Si diceche f(x) e differenziabile nel punto x0 ∈ I se esiste una costante A ∈ Rtale che
f(x) = f(x0) + A(x− x0) + o(x− x0) per x→ x0.
In tal caso la funzione lineare ϕ(h) = A · h, h ∈ R, e detta differenzialedi f(x) in x0 e viene denotata con df(x0) e potremo scrivere
f(x) = f(x0) + df(x0)(x− x0) + o(x− x0) per x→ x0.
Il concetto di funzione differenziabile e strettamente legato al concettodi funzione derivabile. Abbiamo difatti il seguente risultato
1. DEFINIZIONE DI DERIVATA 119
Teorema 5.2. (del differenziale)
Una funzione f(x) definita in un intervallo aperto I ⊆ R e differen-ziabile nel punto x0 ∈ I se e solo se e derivabile in x0 e df(x0)(h) =f ′(x0) · h per ogni h ∈ R.
Dim. Se f(x) e derivabile in x0 allora
limx→x0
f(x)− f(x0)
x− x0= f ′(x0)
ovvero
limx→x0
f(x)− f(x0)− f ′(x0)(x− x0)
x− x0= 0.
Ricordando la definizione di o piccolo, per x→ x0 possiamo scrivere
f(x)− f(x0)− f ′(x0)(x− x0) = o(x− x0)
e dunque
f(x) = f(x0) + f ′(x0)(x− x0) + o(x− x0).
Segue che f(x) risulta differenziabile in x0 con df(x0)h = f ′(x0)h.Viceversa, se f(x) risulta differenziabile in x0, esiste una costante A ∈ Rtale che
f(x) = f(x0) +A(x− x0) + o(x− x0) per x→ x0.
Allora, dalla definizione di o piccolo si ottiene
limx→x0
f(x)− f(x0)
x− x0= lim
x→x0
A(x− x0) + o(x− x0)
x− x0= lim
x→x0A+
o(x− x0)
x− x0= A
Ne segue che f(x) e derivabile in x0 con f ′(x0) = A. �
In particolare si ottiene che se f(x) e derivabile in x0 vale la seguenteformula
f(x) = f(x0) + f ′(x0)(x− x0) + o(x− x0), per x→ x0,
detta formula degli incrementi finiti. Tale formula puo essere lettadicendo che la funzione lineare T (x) = f(x0) + f ′(x0)(x − x0), che haper grafico la retta tangente al grafico di f(x) in x0, approssima f(x)a meno di un errore trascurabile rispetto a x− x0.
Ad esempio, abbiamo visto che D(ex) = ex per ogni x ∈ R. Dallaformula degli incrementi finiti avremo allora che per ogni x0 ∈ R risulta
ex = ex0 + ex0(x− x0) + o(x− x0), per x→ x0,
ed in particolare per x0 = 0 riotteniamo il limite notevole ex = 1 +x + o(x) per x → 0, essendo y = 1 + x la retta tangente in x = 0.Analogalmente, essendo D(log x) = 1
x, per ogni x0 > 0 otteniamo
log x = log x0 +1
x0
(x− x0) + o(x− x0), per x→ x0,
120 5. FUNZIONI DERIVABILI
ed in particolare per x0 = 1 otteniamo nuovamente log x = x − 1 +o(x− 1), per x → 1, essendo y = x− 1 la retta tangente in x = 1.Infine, essendo D(sinx) = cos x, per ogni x0 ∈ R otteniamo
sinx = sinx0 + cosx0(x− x0) + o(x− x0), per x→ x0,
ed in particolare per x0 = 0 otteniamo sinx = x + o(x), dove y = x ela retta tangente in x = 0.
2. Regole di derivazione
Vediamo ora come determinare la derivata della somma, prodotto equoziente di funzioni derivabili
Proposizione 5.1. Siano f(x) e g(x) funzioni definite in un intervalloaperto I ⊆ R e derivabili nel punto x0 ∈ I. Allora
1. la funzione (f ± g)(x) e derivabile in x0 e risulta
(f ± g)′(x0) = f ′(x0)± g′(x0),
2. la funzione (f · g)(x) e derivabile in x0 e risulta
(f · g)′(x0) = f ′(x0)g(x0) + f(x0)g′(x0),
3. se g(x0) 6= 0, la funzione (fg)(x) e derivabile in x0 e risulta(
f
g
)′(x0) =
f ′(x0)g(x0)− f(x0)g′(x0)
g2(x0).
Dim. 1. Dalla definizione
limx→x0
(f(x)± g(x))− (f(x0)± g(x0))
x− x0=
= limx→x0
f(x)− (f(x0
x− x0± g(x)− g(x0)
x− x0= f ′(x0)± g′(x0)
e quindi f ± g e derivabile in x0 con (f ± g)′(x0) = f ′(x0)± g′(x0).
2. Essendo g(x) continua in x0, risulta
limx→x0
f(x)g(x)− f(x0)g(x0)
x− x0=
= limx→x0
f(x)g(x)− f(x0)g(x) + f(x0)g(x)− f(x0)g(x0)
x− x0=
= limx→x0
g(x)f(x)− f(x0)
x− x0+ f(x0)
g(x)− g(x0)
x− x0=
= f ′(x0)g(x0) + f(x0)g′(x0)
e dunque f · g e derivabile in x0 con (f · g)′(x0) = f ′(x0)g(x0) + f(x0)g′(x0).
2. REGOLE DI DERIVAZIONE 121
3. Usando nuovamente la continuita di g(x) in x0, si ottiene
limx→x0
f(x)g(x) −
f(x0)g(x0)
x− x0=
= limx→x0
1
g(x)g(x0)
f(x)g(x0)− f(x0)g(x)
x− x0=
= limx→x0
1
g(x)g(x0)
f(x)g(x0)− f(x0)g(x0) + f(x0)g(x0)− f(x0)g(x)
x− x0=
= limx→x0
1
g(x)g(x0)
g(x0)(f(x)− f(x0))− f(x0)(g(x)− g(x0))
x− x0=
=f ′(x0)g(x0)− f(x0)g′(x0)
g2(x0)
quindi la funzione fg e derivabile in x0 con
(fg
)′(x0) = f ′(x0)g(x0)−f(x0)g′(x0)
g2(x0).
�
Ad esempio dalle precedenti regole otteniamo
D(tanx) = D(sinx
cosx) =
cos2 x+ sin2 x
cos2 x=
1
cos2 x= 1 + tan2 x
ed anche
D(ex + x2
x cosx) =
(ex + 2x)x cosx− (ex + x2)(cosx− x sinx)
x2 cos2 xUtilizzando il Teorema del differenziale proviamo
Teorema 5.3. (di derivazione della funzione composta)
Sia f(x) funzione derivabile nel punto x0 e sia g(y) funzione deriva-bile nel punto y0 = f(x0). Allora la funzione composta gof(x) risultaderivabile in x0 con
(gof)′(x0) = g′(f(x0))f ′(x0)
Dim. Poiche f(x) risulta derivabile in x0, per x→ x0 abbiamo
f(x) = f(x0) + f ′(x0)(x− x0) + o(x− x0).
Analogalmente, essendo g(y) derivabile in y0, per y → y0 abbiamo
g(y) = g(y0) + g′(y0)(y − y0) + o(y − y0).
Osservato che, essendo f(x) continua in x0, risulta f(x) → f(x0) = y0 perx → x0, dai precedenti sviluppi e dalle proprieta di ”o” piccolo otteniamoche per x→ x0 si ha
g(f(x)) = g(f(x0)) + g′((f(x0))(f(x)− f(x0)) + o(f(x)− f(x0))
= g(f(x0)) + g′((f(x0))(f ′(x0)(x− x0) + o(x− x0))
+ o(f ′(x0)(x− x0) + o(x− x0))
= g(f(x0)) + g′((f(x0))f ′(x0)(x− x0) + o(x− x0)
122 5. FUNZIONI DERIVABILI
Dal Teorema del differenziale otteniamo allora che la funzione gof(x) risulta
derivabile in x0 con (gof)′(x0) = g′((f(x0))f ′(x0). �
Ad esempio, se a > 0 abbiamo
D(ax) = D(ex log a) = ex log a log a = ax log a
mentre se a > 0, a 6= 1, ricordando che loga x = log x loga e abbiamo
D(loga x) = D(log x loga e) =loga e
x
Abbiamo inoltre che
D(sinhx) =ex + e−x
2= coshx e D(coshx) =
ex − e−x
2= sinhx
Infine, osserviamo che se g(y) non e derivabile in y0 = f(x0) non e dettoche risulti tale anche g(f(x)) in x0. Ad esempio, la funzione | sinx| nonrisulta derivabile in x = 0 essendo
limx→0
| sinx|x
= ±1
mentre la funzione | sin3 x| risulta derivabile in x = 0 essendo
limx→0
| sin3 x|x
= limx→0
|x3|x
= 0
Vediamo infine la derivata della funzione inversa
Teorema 5.4. (di derivazione della funzione inversa)
Sia f(x) funzione continua ed iniettiva nell’intervallo aperto I ⊆ R.Se f(x) e derivabile in x0 ∈ I e f ′(x0) 6= 0 allora f−1(y) e derivabilein y0 = f(x0) e
(f−1)′(y0) =1
f ′(x0)=
1
f ′(f−1(y0)
Dim. Dall’ipotesi di continuita di f(x) in I segue che f−1(y) risulta continuain f(I) ed in particolare in y0 = f(x0). Otteniamo allora che se y → y0 alloraf−1(y)→ f−1(y0) = x0. Allora, ponendo y = f(x), otteniamo
limy→y0
f−1(y)− f−1(y0)
y − y0= lim
x→x0
x− x0
f(x)− f(x0)=
1
f ′(x0)=
1
f ′(f−1(y0))
�
Osserviamo che se f ′(x0) = 0 allora la funzione inversa non risultaderivabile in x0. Come esempio consideriamo la funzione f(x) = x3
che risulta iniettiva e derivabile in R con f ′(x) = 3x2. Dal precedente
3. TEOREMI FONDAMENTALI DEL CALCOLO DIFFERENZIALE 123
risultato la funzione inversa, f−1(y) = 3√y, risulta derivabile in R \ {0}
con
(f−1)′(y) =1
f ′(x)=
1
f ′(f−1(y))=
1
3( 3√y)2
=1
3y23
ma abbiamo visto che non risulta derivabile in y = 0.Determiniamo ora le derivate delle funzioni trigonometriche inverse.Ricordando che cos2 x+sin2 x = 1 otteniamo che cos2(arcsinx) = 1−x2
ed essendo cos(arcsinx) > 0 per ogni x ∈ (−1, 1) ne segue
D(arcsinx) =1
cos(arcsinx)=
1√1− x2
Analogalmente, per ogni x ∈ (−1, 1) si ottiene che
D(arccosx) = − 1√1− x2
Osserviamo che D(arcsinx+ arccosx) = 0 per ogni x ∈ (−1, 1).Per determinare la derivata dell’arcotangente, essendo D(tanx) = 1 +tan2 x, dalla precedente formula per ogni x ∈ R otteniamo
D(arctanx) =1
1 + tan2(arctanx)=
1
1 + x2
Osserviamo che per ogni x ∈ R \ {0} risulta
D(arctanx+ arctan1
x) =
1
1 + x2+
1
1 + 1x2
(− 1
x2) = 0
Vediamo ora la derivata delle funzioni iperboliche inverse. Ricordandoche cosh2 x− sinh2 x = 1 abbiamo
D(settsinhx) =1
cosh(settsinhx)=
1√x2 + 1
, ∀x ∈ R,
mentre
D(settcoshx) =1
sinh(settcoshx)=
1√x2 − 1
, ∀x > 1.
3. Teoremi fondamentali del calcolo differenziale
Sia f(x) funzione definita in un intervallo I, x0 ∈ I e detto punto diminimo relativo per f(x) in I se esiste δ > 0 tale che per ogni x ∈(x0 − δ, x0 + δ) ∩ I risulta f(x0) ≤ f(x). Analogalmente, diremo chex0 ∈ I e punto di massimo relativo per f(x) in I se esiste δ > 0 tale cheper ogni x ∈ (x0 − δ, x0 + δ) ∩ I risulta f(x0) ≥ f(x).
Vale il seguente risultato che ci fornisce una condizione necessariaaffinche un punto risulti di massimo o di minimo relativo.
124 5. FUNZIONI DERIVABILI
Teorema 5.5. (di Fermat)
Sia f(x) funzione definita in un intervallo [a, b]. Se x0 ∈ (a, b) e puntodi massimo o di minimo relativo per f(x) e se f(x) e derivabile in x0
allora f ′(x0) = 0.
Dim. Sia x0 punto di massimo relativo. Allora, per definizione esiste δ > 0tale che per ogni x ∈ (x0 − δ, x0 + δ) ∩ I risulta f(x0) ≥ f(x). Poichex0 ∈ (a, b), (x0 e interno ad [a, b]) potremo scegliere δ > 0 tale che (x0 −δ, x0 +δ) ⊂ (a, b). Avremo allora che se x0−δ < x < x0 allora f(x)−f(x0)
x−x0 ≥ 0
e quindi, dal Teorema della permanenza del segno, essendo f(x) derivabilein x0, avremo
f ′−(x0) = limx→x0
f(x)− f(x0)
x− x0≥ 0
Analogalmente, se x0 < x < x0 + δ allora f(x)−f(x0)x−x0 ≤ 0 e quindi
f ′+(x0) = limx→x0
f(x)− f(x0)
x− x0≤ 0
Poiche f ′(x0) = f ′±(x0) ne segue che f ′(x0) = 0. �
Osserviamo che la condizione che x0 sia un punto interno all’intervallo[a, b] e condizione necessaria per poter calcolare f ′±(x0) e dunque essen-ziale nella dimostrazione. Il risultato difatti non vale se viene a mancaretale condizione. Ad esempio, la funzione f(x) = x nell’intervallo [0, 1]ha un massimo relativo in x0 = 1 ma f ′(1) = 1.
Un punto x0 ∈ (a, b) ove f(x) e derivabile con f ′(x0) = 0 e detto puntostazionario o punto critico per f(x).
Secondo questa definizione, il Teorema di Fermat afferma che ogni pun-to di massimo o di minimo relativo per f(x) in [a, b], interno ad [a, b],e un punto stazionario. Cio vuol dire che andremo a cercare i puntidi massimo e di minimo relativo interni al dominio di una funzionederivabile tra i suoi punti stazionari.
Ad esempio, consideriamo la funzione f(x) = sin x in [−π, π]. Abbiamoche f ′(x) = cos x = 0 in (−π, π) se e solo se x = ±π
2. Dunque, gli unici
candidati punti di massimo e di minimo relativi in (−π, π) sono i punti±π
2. Osserviamo che x = π
2e punto di massimo (assoluto) mentre
x = −π2
e punto di minimo (assoluto). Osserviamo inoltre che i puntix = −π e x = π sono rispettivamente punti di massimo e di minimorelativo per f(x) in [−π, π] ma non sono punti stazionari.
Osserviamo infine che la condizione fornita dal Teorema di Fermate condizione necessaria ma non sufficiente. Ad esempio la funzionef(x) = x3 e funzione derivabile in R e f ′(x) = 3x2 = 0 se e solo sex = 0 ma x = 0 non e punto ne’ di massimo ne’ di minimo.
3. TEOREMI FONDAMENTALI DEL CALCOLO DIFFERENZIALE 125
Dai prossimi risultati vedremo di dedurre delle condizioni sufficientiall’esistenza di punti di massimi e di minimi relativi.
Teorema 5.6. (di Rolle)
Sia f(x) funzione continua in [a, b] e derivabile in (a, b). Se f(a) = f(b)allora esiste x0 ∈ (a, b) tale che f ′(x0) = 0.
Dim. Essendo f(x) continua nell’intervallo chiuso e limitato [a, b], dal Teo-
rema di Weierstrass abbiamo che esistono xm, xM ∈ [a, b] rispettivamente
punto di massimo e di minimo per f(x) in [a, b].
Se xm ∈ (a, b) oppure xM ∈ (a, b) allora, dal Teorema di Fermat, avremo
rispettivamente che f ′(xm) = 0 oppure f ′(xM ) = 0. Altrimenti, xm, xM 6∈(a, b) e quindi xm, xM ∈ {a, b}. Poiche per ipotesi f(a) = f(b) avremo allora
che f(xm) = f(xM ) e dunque che f(x) risulta costante in [a, b], da cui in
particolare f ′(x) = 0 per ogni x ∈ (a, b). �
Si osservi che l’ipotesi di continuita in [a, b] e necessaria: la funzione
f(x) =
{x se x ∈ (0, 1]
1 se x = 0
e derivabile in (0, 1), ma non e continua in [0, 1], f(0) = f(1) = 1 manon esiste alcun x0 ∈ (0, 1) tale che f ′(x0) = 0 essendo f ′(x) = 1 perogni x ∈ (0, 1).
L’ipotesi di derivabilita in tutto (a, b) e necessaria, difatti la funzionef(x) = |x − 1
2| e continua in [0, 1], derivabile in (0, 1) eccetto che in
x0 = 12
e f(0) = f(1) = 12
ma non esiste alcun x0 ∈ (0, 1) tale che
f ′(x0) = 0 essendo |f ′(x)| = 1 per ogni x ∈ (0, 1) \ {12}.
Osserviamo infine che il Teorema di Rolle afferma che nelle ipotesi dicontinuita e di derivabilita, se f(a) = f(b) allora esiste x0 ∈ (a, b) taleche f ′(x0) = 0, altrimenti detto, esiste x0 ∈ (a, b) tale che la rettatangente al grafico di f(x) nel punto (x0, f(x0)) risulta parallela allaretta passante per i punti (a, f(a)) e (b, f(b)).
Il Teorema di Lagrange generalizza il Teorema di Rolle al caso in cui nonnecessariamente f(a) = f(b), affermando che nelle ipotesi di continuitae di derivabilita esiste x0 ∈ (a, b) tale che la retta tangente al graficodi f(x) nel punto (x0, f(x0)) risulta parallela alla retta passante per ipunti (a, f(a)) e (b, f(b)).
Teorema 5.7. (di Lagrange)
Sia f(x) funzione continua in [a, b] e derivabile in (a, b). Allora esiste
x0 ∈ (a, b) tale che f ′(x0) = f(b)−f(a)b−a .
126 5. FUNZIONI DERIVABILI
Dim. Osservato che la retta passante per i punti (a, f(a)) e (b, f(b)) ha
equazione y = f(a) + f(b)−f(a)b−a (x − a), ci si riconduce al Teorema di Rolle
mediante la funzione ausiliaria
g(x) = f(x)−[f(a) +
f(b)− f(a)
b− a(x− a)
]Risulta infatti che g(x) e continua in [a, b], derivabile in (a, b) e che g(a) =g(b) = 0. Dal Teorema di Rolle abbiamo allora che esiste x0 ∈ (a, b) tale cheg′(x0) = 0 ed essendo
g′(x) = f ′(x)− f(b)− f(a)
b− a, ∀x ∈ (a, b)
segue la tesi. �
Utilizzando il Teorema di Lagrange potremo ricavare informazioni sul-l’incremento di una funzione f(x) nell’intervallo [a, b] una volta notoil segno di f ′(x) in (a, b): se f ′(x) > 0 per ogni x ∈ (a, b) avre-mo che f(a) < f(b), se invece f ′(x) < 0 per ogni x ∈ (a, b) avremoche f(a) > f(b) mentre se f ′(x) = 0 per ogni x ∈ (a, b) avremo chef(a) = f(b). Usando tali considerazioni si provano i seguenti risultati.
Teorema 5.8. (di caratterizzazione delle funzioni costanti)
Una funzione f(x) e costante in [a, b] se e solo se e continua in [a, b],derivabile in (a, b) e f ′(x) = 0 per ogni x ∈ (a, b).
Dim. Se f(x) e funzione costante in [a, b] allora f(x) e continua in [a, b],
derivabile in (a, b) e f ′(x) = 0 per ogni x ∈ (a, b).
Viceversa, sia f(x) funzione continua in [a, b], derivabile in (a, b) e tale
f ′(x) = 0 per ogni x ∈ (a, b). Proviamo che per ogni x ∈ (a, b] risulta
f(x) = f(a). Preso comunque x ∈ (a, b], risulta applicabile il Teorema
di Lagrange nell’intervallo [a, x], ottenendo che esiste x0 ∈ (a, x) tale che
f ′(x0) = f(x)−f(a)x−a ed essendo f ′(x0) = 0 ne segue che f(x) = f(a). �
Dal precedente risultato segue immediatamente
Corollario 5.1. Siano f(x) e g(x) funzioni continue in [a, b] deriva-bili in (a, b) e tali che f ′(x) = g′(x) per ogni x ∈ (a, b). Allora esistec ∈ R tale che f(x) = g(x) + c per ogni x ∈ [a, b].
Ad esempio, essendo D(arccosx + arcsinx) = 0 per ogni x ∈ (−1, 1),risulta
arccosx+ arcsinx =π
2per ogni x ∈ [−1, 1]
mentre, essendo D(arctanx + arctan 1x) = 0 per ogni x 6= 0, avre-
mo arctanx + arctan 1x
= π2
per ogni x > 0 e arctanx + arctan 1x
=−π
2per ogni x < 0.
Dal Teorema di Lagrange segue inoltre
3. TEOREMI FONDAMENTALI DEL CALCOLO DIFFERENZIALE 127
Corollario 5.2. (Criterio di monotonia)
Sia f(x) funzione continua in [a, b] e derivabile in (a, b). Allora
(i) f(x) e crescente in [a, b] se e solo se f ′(x) ≥ 0 per ogni x ∈ (a, b);
(ii) f(x) e decrescente in [a, b] se e solo se f ′(x) ≤ 0 per ogni x ∈ (a, b).
Dim. Proviamo solo la prima affermazione.
Supponiamo innanzitutto f(x) funzione crescente e proviamo che f ′(x) ≥ 0
per ogni x ∈ (a, b). Essendo la funzione crescente, per ogni x0 ∈ (a, b) e
ogni a < x < x0 risulta f(x) ≤ f(x0) e quindi f(x)−f(x0)x−x0 ≥ 0. Dal Teorema
della permanenza del segno otteniamo allora f ′−(x0) ≥ 0 ed essendo f(x)
derivabile, ne segue che f ′(x0) = f ′−(x0) ≥ 0.
Per provare il viceversa, supponiamo che f ′(x) ≥ 0 per ogni x ∈ (a, b)
e proviamo che f(x) risulta crescente. Presi comunque x, y ∈ (a, b) con
x < y proviamo che f(x) ≤ f(y). Osserviamo allora che la funzione risulta
continua in [x, y] e derivabile in (x, y), dal Teorema di Lagrange otteniamo
allora che esiste ξ ∈ (x, y) tale che f ′(ξ) = f(y)−f(x)y−x . Poiche f ′(ξ) ≥ 0 e
y − x > 0 ne segue che f(y)− f(x) ≥ 0 ovvero f(x) ≤ f(y). �
Ad esempio la funzione f(x) = x3e−x e funzione derivabile in tutto Rcon f ′(x) = 3x2e−x−x3e−x = x2e−x(3−x). Risulta allora f ′(x) ≥ 0 perogni x ≤ 3 e f ′(x) ≤ 0 per ogni x ≥ 3. Dal precedente criterio si ottieneallora che la funzione e crescente in (−∞, 3] e decrescente in [3,+∞).Il punto x = 3 e punto stazionario per f(x) e poiche f(x) e crescente in(−∞, 3] ne deduciamo che f(x) ≤ f(3) per ogni x ≤ 3. Essendo f(x)decrescente in [3,+∞) otteniamo che f(3) ≥ f(x) per ogni 3 ≤ x. Nesegue allora che per ogni x ∈ R risulta f(x) ≤ f(3) e quindi che x = 3e punto di massimo (assoluto) per f(x) e che f(3) = 27e−3 e massimo(assoluto).
-2 -1 0 1 2 3 4 5 6 7
-3
-2
-1
1
2
Grafico di y = x3e−x
128 5. FUNZIONI DERIVABILI
Ragionando come nell’esempio possiamo provare il seguente criterio perl’esistenza di un punto di massimo e di minimo relativo.
Corollario 5.3. Sia f(x) funzione derivabile in (a, b) e sia x0 ∈ (a, b)tale che f ′(x0) = 0.
(i) Se esiste δ > 0 tale che f ′(x) ≤ 0 per x0 − δ < x < x0 ef ′(x) ≥ 0 per x0 < x < x0 + δ allora x0 e punto di minimorelativo per f(x);
(ii) Se esiste δ > 0 tale che f ′(x) ≥ 0 per x0 − δ < x < x0 ef ′(x) ≤ 0 per x0 < x < x0 + δ allora x0 e punto di massimorelativo per f(x);
Dal Criterio di monotonia e dal Teorema di caratterizzazione dellefunzioni costanti abbiamo inoltre
Corollario 5.4. (criterio di monotonia stretta)
Sia f(x) funzione continua in [a, b] e derivabile in (a, b). Allora
(i) f(x) e strettamente crescente in [a, b] se e solo se f ′(x) ≥ 0per ogni x ∈ (a, b) ed f ′(x) non e identicamente nulla in alcunintervallo in (a, b);
(ii) f(x) e decrescente in [a, b] se e solo se f ′(x) ≤ 0 per ogni x ∈(a, b) ed f ′(x) non e identicamente nulla in alcun intervallo in(a, b).
Dim. Proviamo la prima affermazione. Dal criterio di monotonia sappia-
mo che, essendo f(x) crescente, risulta f ′(x) ≥ 0 per ogni x ∈ (a, b). Dal
Teorema di caratterizzazione delle funzioni costanti abbiamo inoltre che se
f ′(x) = 0 per ogni x ∈ (x1, x2) ⊂ (a, b), f(x) risulterebbe costante in [x1, x2],
contro l’ipotesi di monotonia stretta.
Viceversa, se f ′(x) ≥ 0 per ogni x ∈ (a, b), dal criterio di monotonia ab-
biamo che f(x) risulta crescente in [a, b]. Per assurdo, supponiamo che la
funzioni non risulti strettamente crescente. Avremo allora che in tal caso
esisterebbero x1 < x2 in [a, b] tali che f(x1) = f(x2). Poiche f(x) risulta
crescente per ogni x ∈ (x1, x2), avremo f(x1) ≤ f(x) ≤ f(x2) e dunque
che f(x) risulterebbe costante in [x1, x2]. Quindi f ′(x) = 0 in (x1, x2) in
contraddizione con l’ipotesi. �
Osserviamo che se f ′(x) > 0 in (a, b) allora f(x) e strettamente cre-scente in (a, b) mentre ad esempio la funzione f(x) = x3 e strettamentecrescente ma f ′(0) = 0.
Come applicazione notevole del precedente risultato otteniamo che adesempio la funzione f(x) = ax risulta strettamente crescente se a > 1mentre risulta strettamente decrescente se 0 < a < 1 essendo f ′(x) =log a ax e log a > 0 se a > 1 mentre log a < 0 se 0 < a < 1.
4. FUNZIONI CONVESSE 129
4. Funzioni convesse
In questo paragrafo vedremo la definizione di funzione convessa persole funzioni derivabili anche se tale definizione puo essere data pergeneriche funzioni (si veda ad esempio [PS]).Sia f(x) funzione derivabile in un intervallo aperto I ⊆ R. Diremo chef(x) e funzione convessa in I se per ogni x0 ∈ I risulta
f(x) ≥ f(x0) + f ′(x0)(x− x0), per ogni x ∈ I.
Altrimenti detto una funzione risulta convessa in I se il suo grafico sisvolge al di sopra delle rette tangenti.
0
Diremo invece che f(x) e funzione concava in I se −f(x) e funzioneconvessa, ovvero se per ogni x0 ∈ I risulta
f(x) ≤ f(x0) + f ′(x0)(x− x0), per ogni x ∈ I
Esempi
• La funzione f(x) = x2 e convessa in tutto R. Infatti, per ogni x0 ∈ Rsi ha
0 ≤(x− x0)2 = x2 − 2xx0 + x20 = x2 − 2xx0 + 2x2
0 − x20
=x2 − 2x0(x− x0) + x20
e dunque x2 ≥ x20 + 2x0(x − x0) per ogni x ∈ R, cioe f(x) ≥ f(x0) +
f ′(x0)(x− x0) per ogni x ∈ R.
130 5. FUNZIONI DERIVABILI
0
f(x) = x2
• La funzione f(x) = ex e convessa in tutto R. Infatti, preso comunquex0 ∈ R, proviamo che
ex ≥ ex0 + ex0(x− x0) ∀x ∈ R
A tale scopo consideriamo la funzione g(x) = ex − ex0 + ex0(x − x0) eproviamo che g(x) ≥ 0 per ogni x ∈ R. Osserviamo allora che g(x) efunzione derivabile su tutto R con g′(x) = ex − ex0 . Allora g′(x) > 0se e solo se x > x0. Ne segue che g(x) e strettamente decrescente in(−∞, x0), e strettamente crescente in (x0,+∞) e che x0 e punto diminimo assoluto per g(x) su R con g(x0) = 0. In particolare si ha cheg(x) ≥ 0 per ogni x ∈ R.
0
f(x) = ex
Osserviamo che ogni funzione lineare f(x) = ax + b e sia concavache convessa in R. Infatti f(x) coincide con la sua retta tangente inogni punto. Viceversa, e immediato che ogni funzione sia concava checonvessa in un intervallo aperto I e funzione lineare su I.
4. FUNZIONI CONVESSE 131
Vediamo ora un criterio, conseguenza del Teorema di Lagrange, che cipermettera di stabilire che una funzione risulta convessa.
Teorema 5.9. (criterio di convessita)
Sia f(x) funzione derivabile sull’intervallo aperto I ⊆ R. Allora f(x)e convessa in I se e solo se f ′(x) e crescente in I.
Dim. Proviamo innanzitutto che se f(x) e convessa in I allora f ′(x) ecrescente in I. Presi x1, x2 ∈ I con x1 < x2 proviamo che f ′(x1) ≤ f(x2).Essendo f(x) convessa, dalla definizione per ogni x ∈ I risulta
f(x) ≥ f(x1) + f ′(x1)(x− x1) e f(x) ≥ f(x2) + f ′(x2)(x− x2).
In particolare, ponendo x = x2 nella prima disequazione e x = x1 nellaseconda, otteniamo
f(x2) ≥ f(x1) + f ′(x1)(x2 − x1) e f(x1) ≥ f(x2) + f ′(x2)(x1 − x2)
da cui, essendo x2 > x1,
f ′(x1) ≤ f(x2)− f(x1)
x2 − x1≤ f ′(x2)
e quindi f ′(x1) ≤ f ′(x2).Per provare il viceversa, supponiamo f ′(x) crescente in I e proviamo chef(x) e convessa in I. Preso comunque x0 ∈ I, consideriamo innanzituttox ∈ I con x < x0. Dal Teorema di Lagrange esiste ξ ∈ (x, x0) tale che
f(x)− f(x0)
x− x0= f ′(ξ)
ed essendo f ′(x) crescente ne segue che
f(x)− f(x0)
x− x0= f ′(ξ) ≤ f ′(x0)
e quindi, essendo x < x0, f(x) ≥ f(x0) + f ′(x0)(x− x0). Analogalmente, sex ∈ I e x > x0. Ne segue allora che per ogni x ∈ I risulta
f(x) ≥ f(x0) + f ′(x0)(x− x0)
e dunque che f(x) e convessa in I. �
Sia f(x) funzione derivabile in un intervallo I ⊆ R. Diremo che f(x) ederivabile due volte in x0 ∈ I se la funzione derivata f ′(x) e derivabilein x0. In tal caso il limite
limx→x0
f ′(x)− f ′(x0)
x− x0
viene detto derivata seconda di f(x) in x0 e viene denotato con f ′′(x0)ed anche con f (2)(x0) e D2f(x0). Diremo inoltre che f(x) e derivabiledue volte in I se risulta derivabile due volte in ogni x0 ∈ I.
132 5. FUNZIONI DERIVABILI
Dal precedente risultato e dai criteri di monotonia per le funzioni de-rivabili, nel caso la funzione risulti derivabile due volte in I, si ottieneimmediatamente il seguente criterio
Corollario 5.5. Sia f(x) funzione derivabile due volte nell’intervalloaperto I ⊆ R. Allora f(x) e convessa in I se e solo se f ′′(x) ≥ 0 perogni x ∈ I.
Analoghi criteri si hanno per le funzioni concave.
Infine, un punto x0 ∈ I tale che esiste δ > 0 per cui f(x) risultaconvessa in (x0−δ, x0)∩I e concava in (x0, x0 +δ)∩I o viceversa, vienedetto punto di flesso per f(x). Si osservi che dal precedente criterio, sef(x) e derivabile due volte in I allora f ′′(x0) = 0.
Esempi
• La funzione f(x) = ex abbiamo gia provato essere funzione conves-sa in R. Difatti risulta f ′(x) = ex funzione crescente in R ed anchef ′′(x) = ex > 0 per ogni x ∈ R. Osserviamo che in particolare risulta
ex ≥ x+ 1, ∀x ∈ R.
• La funzione f(x) = log x e funzione concava in (0,+∞). Difattirisulta f ′(x) = 1
xfunzione decrescente in (0,+∞) ed anche f ′′(x) =
− 1x2< 0 per ogni x ∈ (0,+∞). In particolare osserviamo che si ha
log x ≤ x− 1, ∀x > 0.
• La funzione f(x) = arctan x e funzione convessa in (−∞, 0) e concavain (0,+∞). Infatti, abbiamo
f ′(x) =1
1 + x2e f ′′(x) =
−2x
(1 + x2)2
quindi f ′′(x) > 0 per x < 0 e f ′′(x) < 0 per x > 0. Il punto x = 0 e unpunto di flesso per f(x) con f ′(0) = 1, dunque a tangente obliqua.
• La funzione f(x) = x3 e funzione convessa in (0,+∞) e concava in(−∞, 0), in quanto f ′′(x) = 6x e quindi f ′′(x) > 0 se x > 0 e f ′′(x) < 0se x < 0. Il punto x = 0 e punto di flesso con f ′(0) = 0, dunque atangente orizzontale.
• La funzione f(x) = 3√x e funzione concava in (0,+∞) e convessa in
(−∞, 0), in quanto
f ′(x) =1
3x−
23 e f ′′(x) = −2
9x−
53
5. APPLICAZIONI DEL CALCOLO DIFFERENZIALE 133
e quindi f ′′(x) < 0 se x > 0 e f ′′(x) > 0 se x < 0. Il punto x = 0 epunto di flesso. In tale punto la funzione non e derivabile, difatti x = 0e un punto di flesso a tangente verticale.
5. Applicazioni del calcolo differenziale
Risoluzione di equazioni trascendenti
Vediamo come i precedenti risultati ci permettono di risolvere equazionitrascendenti.
• Torniamo a considerare l’equazione log x + 13√x = 0. Abbiamo pro-
vato, utilizzando il Teorema di esistenza degli zeri che tale equazioneammette almeno due soluzioni x0 ∈ (1
8, 1) e x1 ∈ ( 1
125, 1
8). Proviamo
che tali soluzioni sono le uniche. A tale scopo consideriamo la funzio-ne f(x) = log x + 1
3√x e studiamone la monotonia. Si ha che f(x) e
derivabile in (0,+∞) con
f ′(x) =1
x− 1
3x43
=3x
13 − 1
3x43
Avremo che f ′(x) > 0 se e solo se 3x13 > 1 ovvero x > 1
27. Dai criteri
visti abbiamo allora che f(x) e strettamente decrescente in (0, 127
], e
strettamente crescente in [ 127,+∞) e x = 1
27e punto di minimo assoluto
per f(x) con f( 127
) = −3 log 3 + 13< 0. Ne segue allora che la funzione
ammette un unico zero in (0, 127
) (x1 ∈ ( 1125, 1
27)) e un unico zero in
( 127,+∞) (x0 ∈ (1
8, 1)).
0x0
x
x1
α0
grafico di f(x) = log x+ 13√x
• Determinare il numero di soluzioni dell’equazione log x + 13√x = α
al variare di α ∈ R. A tale scopo andiamo a studiare l’immagine di
134 5. FUNZIONI DERIVABILI
f(x). Dallo studio fatto sopra abbiamo che x = 127
e punto di minimo
assoluto per f(x) con f( 127
) = −3 log 3 + 13
= α0. Studiamo ora ilcomportamento della funzione agli estremi del dominio. Abbiamo
limx→0+
f(x) = +∞ e limx→+∞
f(x) = +∞
Ne segue allora che sup f(x) = +∞ mentre min f(x) = α0. Dal Teo-rema dei valori intermedi abbiamo allora che f(x) assume tutti e solii valori α ∈ [α0,+∞). Precisamente, dalla monotonia di f(x), essen-do f(x) strettamente decrescente in (0, 1
27] e strettamente crescente in
[ 127,+∞), deduciamo che l’equazione ammette:
- due soluzioni per ogni α > α0,- una sola soluzione per α = α0,- nessuna soluzione per α < α0.
• Determinare il numero di soluzioni dell’equazione log x + 1xα
= 0 al
variare di α > 0. Consideriamo la funzione fα(x) = log x+ 1xα
, definitain (0,+∞). Risulta
limx→0+
fα(x) = limx→+∞
fα(x) = +∞, ∀α > 0.
Inoltre fα(x) e derivabile in (0,+∞) con
f ′α(x) =1
x− α
xα+1=xα − αxα+1
Avremo che f ′α(x) > 0 se e solo se xα > α ovvero x > α1α . Dai criteri
visti abbiamo allora che fα(x) e strettamente decrescente in (0, α1α ],
e strettamente crescente in [α1α ,+∞) e x = α
1α e punto di minimo
assoluto per fα(x) con
fα(α1α ) =
1
αlogα +
1
α=
1
α(1 + logα).
Avremo quindi che fα(α1α ) < 0 se e solo se logα < −1 ovvero se
α < e−1. Quindi, dalla monotonia di fα(x) e dal Teorema di esistenzadegli zeri deduciamo che l’equazione fα(x) = 0 ammette
- due soluzioni per ogni 0 < α < 1e,
- una sola soluzione per α = 1e
- nessuna soluzione per α > 1e.
5. APPLICAZIONI DEL CALCOLO DIFFERENZIALE 135
00<α<1/e
x
α=1/e
α>1/e
grafico di f(x) = log x+ 1xα al variare di α > 0
Ricerca di valori estremi
• Determinare le dimensioni piu economiche di una scatola a base ret-tangolare avente altezza pari a 1m e volume pari a 2m3.Detti ` e L i lati della base, poiche vogliamo minimizzare la superficieesterna dalla scatola, cerchiamo quindi il minimo di S = 2`·L+2`+2L.Avendo richiesto che il volume risulti pari a 2m3 dovremo avere che` · L · 1 = 2 e quindi che L = 2
`. Cerchiamo quindi il minimo della
funzione
S(`) = 4 + 2`+4
`per ` > 0.
Abbiamo che S(`) e derivabile con S ′(`) = 2 − 4`2
= 2 `2−2`2
. Dunque
S ′(`) > 0 se e solo se ` >√
2. Ne segue che S(`) e decrescente in (0,√
2],crescente in [
√2,+∞) e quindi `0 =
√2 e punto di minimo assoluto.
In corrispondenza L0 = 2`0
=√
2 e quindi le dimensioni minime della
scatola sono√
2×√
2× 1. La scatola piu economica ha base quadrata.
• Determinare tra tutti i triangoli isosceli inscritti in una circonferenzadi raggio 1 quello di area massima.Detta b la base del triangolo e h la sua altezza, essendo il triangolo iso-scele inscritto in una circonferenza di raggio 1 dal Teorema di Pitagora,posto x = h− 1, risulta b
2=√
1− x2 e dunque che l’area del triangoloe data da
A(x) = h× b
2= (1 + x)
√1− x2.
Cerchiamo quindi il massimo della funzione A(x) per x ∈ [0, 1]. Lafunzione risulta derivabile con
A′(x) =√
1− x2 − x(1 + x)√1− x2
= −2x2 + x− 1√1− x2
.
136 5. FUNZIONI DERIVABILI
Dunque A′(x) > 0 in (0, 1) se e solo se x < 12. A(x) risulta allora
crescente in [0, 12], decrescente in [1
2, 1] e x0 = 1
2e punto di massimo
assoluto per A(x). In corrispondenza avremo che il triangolo di area
massima avra base pari a b0 = 2√
1− x20 =√
3 e altezza h0 = 1 +x0 =
32. Dunque il lato sara `0 =
√h2
0 +b204
=√
3. Il triangolo e equilatero.
Studi di funzione
Vediamo ora come, utilizzando i risultati sin ora ottenuti, e possibiletracciare il grafico qualitativo di una data funzione f(x). Lo schemache seguiremo e il seguente.
1. Determinare il dominio della funzione.2. Determinare, se possibile, il segno di f(x) e l’esistenza di even-
tuali zeri di f(x).3. Determinare le eventuali simmetrie di f(x).4. Determinare il comportamento agli estremi del dominio e l’e-
sistenza di eventuali asintoti. Ricordiamo a tale scopo chey = ` ∈ R e un asintoto orizzontale per f(x) se lim
x→±∞f(x) = `.
x = x0 e un asintoto verticale per f(x) se limx→x0
f(x) = ±∞.
Infine, se limx→+∞
f(x) = ±∞ e se esistono m, q ∈ R, m 6= 0, tali
che
limx→+∞
f(x)
x= m e lim
x→+∞f(x)−mx = q
allora y = mx+ q e asintoto obliquo per f(x).5. Studiare la monotonia e l’esistenza di eventuali punti di mas-
simo e di minimo relativi per f(x).6. Studiare la convessita e l’esistenza di eventuali punti di flesso
per f(x).7. Tracciare un grafico qualitativo della funzione.
Vediamo qualche esempio
• Studiamo la funzione f(x) = arctan( xx−1
).
1. Dom(f) = R\{1} e la funzione risulta continua in tutto il suodominio.
2. Essendo arctan y > 0 se e solo se y > 0, avremo che f(x) > 0se e solo se x
x−1> 0 e dunque per x ∈ (−∞, 0) ∪ (1,+∞).
Quindi f(x) > 0 per x ∈ (−∞, 0) ∪ (1,+∞), f(x) < 0 perx ∈ (0, 1) e f(x) = 0 solo per x = 0.
3. La funzione non presenta simmetrie.
5. APPLICAZIONI DEL CALCOLO DIFFERENZIALE 137
4. Essendo xx−1→ 1 per x→ ±∞, avremo
limx→±∞
f(x) = arctan 1 =π
4
mentre, essendo xx−1→ ±∞ per x→ 1±, abbiamo
limx→1±
f(x) = ±π2.
Quindi la funzione ammette y = π4
come asintoto orizzontaleper x→ ±∞.
5. La funzione risulta derivabile in tutto il suo dominio e quindiper studiare la monotonia e l’esistenza di eventuali punti dimassimo e di minimo relativi per f(x), studiamo il segno delladerivata prima. Abbiamo
f ′(x) =1
1 + x2
(x−1)2
−1
(x− 1)2= − 1
(x− 1)2 + x2
e quindi che f ′(x) < 0 per ogni x ∈ Dom(f). Ne segue chela funzione risulta strettamente decrescente in (−∞, 1) e in(1,+∞) e che non ammette punti di massimo e di minimorelativi.
6. La funzione risulta derivabile due volte nel suo dominio e quin-di studiamo la convessita di f(x) mediante lo studio del segnodi f ′′(x). Abbiamo
f ′′(x) =2(x− 1) + 2x
((x− 1)2 + x2)2= 2
2x− 1
((x− 1)2 + x2)2
e quindi che f ′′(x) > 0 se e solo se x > 12. Ne segue che f(x)
e concava in (−∞, 12), e convessa in (1
2, 1) e in (1,+∞), infine
x = 12
e punto di flesso a tangente obliqua (y = arctan 12−
2(x− 12)).
-2 -1 0 1 2 3
x
π/4
138 5. FUNZIONI DERIVABILI
Grafico di f(x) = arctan( xx−1)
• Studiamo la funzione f(x) = | log(x− 1)| − 2x.
1. Dom(f) = (1,+∞) osserviamo inoltre che la funzione risultacontinua in tutto il suo dominio.
2. Non e per il momento possibile studiare il segno e gli zeri dif(x) poiche la disequazione f(x) ≥ 0 e trascendente.
3. La funzione non presenta simmetrie.4. Abbiamo che lim
x→1+f(x) = +∞ e dunque che x = 1 e un asin-
toto verticale (destro) per f(x), mentre, limx→+∞
f(x) = −∞.
Controlliamo se la funzione ammette un asintoto obliquo. Ab-biamo
limx→+∞
f(x)
x= −2 ma lim
x→+∞f(x) + 2x = +∞
dunque la funzione non ammette asintoti obliqui.5. Osservato che la funzione risulta derivabile in ogni x ∈ (1,+∞)
con x 6= 2, per studiare la monotonia e l’esistenza di eventualipunti di massimo e di minimo relativi per f(x), studiamo ilsegno della derivata prima. Abbiamo
f(x) =
{log(x− 1)− 2x se x ≥ 2
− log(x− 1)− 2x se 1 < x < 2
e quindi
f ′(x) =
{1
x−1− 2 = 3−2x
x−1se x > 2
− 1x−1− 2 = 2x−1
1−x se 1 < x < 2
Per x > 2 abbiamo f ′(x) ≥ 0 se e solo se 3 − 2x ≥ 0 ovverose e solo se x ≤ 3
2< 2. Ne segue che f ′(x) < 0 per ogni
x > 2 e quindi che f(x) e strettamente decrescente in [2,+∞).Per 1 < x < 2 abbiamo f ′(x) ≥ 0 se e solo se 2x − 1 ≤ 0ovvero se e solo se x ≤ 1
2< 1. Ne segue che f ′(x) < 0 per
ogni 1 < x < 2 e quindi che f(x) e strettamente decrescentein (1, 2]. La funzione non ammette quindi punti di massimo edi minimo relativi.Osserviamo inoltre che x = 2 e un punto angoloso per f(x)essendo
f ′+(2) = limx→2+
f(x)− f(2)
x− 2= lim
x→2+
log(x− 1)− 2x+ 4
x− 2
= limx→2+
(x− 2) + o(x− 2)− 2(x− 2)
x− 2= −1
6. TEOREMA DI DE L’HOPITAL 139
mentre
f ′−(2) = limx→2+
f(x)− f(2)
x− 2= lim
x→2+
− log(x− 1)− 2x+ 4
x− 2
= limx→2+
−(x− 2) + o(x− 2)− 2(x− 2)
x− 2= −3
2. Possiamo ora studiare segno e zeri di f(x). Osservato chef(2) = −4 < 0 e che f(x) e strettamente decrescente in[2,+∞) otteniamo che f(x) < 0 per ogni x > 2. Osservatoinoltre che f(2) < 0 e che lim
x→1+f(x) = +∞, dal Teorema dei
valori intermedi esiste x0 ∈ (1, 2) tale che f(x0) = 0. Poiche lafunzione e strettamente descrescente in (1, 2) avremo che talezero e unico.
6. La funzione e derivabile due volte in ogni x ∈ (1 +∞) conx 6= 2, studiamo la convessita di f(x) mediante lo studio delsegno di f ′′(x). Abbiamo
f ′′(x) =
{− 1
(x−1)2se x > 2
1(x−1)2
se 1 < x < 2
Ne segue che f ′′(x) < 0 per ogni x ∈ (2,+∞) e f ′′(x) > 0per ogni x ∈ (1, 2) e dunque che f(x) e concava in (2,+∞) econvessa in (1, 2).
0 1
Grafico di f(x) = | log(x− 1)| − 2x
6. Teorema di De l’Hopital
Consideriamo due funzioni f(x) e g(x) continue nell’intervallo [a, b] esia x0 ∈ (a, b) tale che f(x0) = g(x0) = 0. Il limite
limx→x0
f(x)
g(x)
140 5. FUNZIONI DERIVABILI
presenta una forma indeterminata del tipo 00
ed in tali situazioni potraessere utile il Teorema di De l’Hopital. Per averne un’idea, supponiamoche f(x) e g(x) risultino derivabili in x0 con g′(x0) 6= 0. Allora
limx→x0
f(x)
g(x)= lim
x→x0
f(x)−f(x0)x−x0
g(x)−g(x0)x−x0
=f ′(x0)
g′(x0)
Il Teorema di De l’Hopital generalizza il risultato al caso in cui f(x)e/o g(x) non sono derivabili in x0. Per provare tale teorema avremobisogno della seguente generalizzazione del Teorema di Lagrange
Teorema 5.10. (di Cauchy)
Siano f(x) e g(x) funzioni continue in [a, b] e derivabili in (a, b). Seg′(x) 6= 0 per ogni x ∈ (a, b), allora esiste x0 ∈ (a, b) tale che
f(b)− f(a)
g(b)− g(a)=f ′(x0)
g′(x0).
Dim. Basta applicare il Teorema di Rolle alla funzione F (x) = f(x)(g(b)−g(a))−g(x)(f(b)−f(a)) ed osservare che essendo g′(x) 6= 0 per ogni x ∈ (a, b)
avremo che g(a) 6= g(b). �
Osserviamo che i Teoremi di Cauchy, di Rolle e di Lagrange sono difatto equivalenti.
Possiamo ora provare
Teorema 5.11. (di De L’Hopital)
Siano f(x) e g(x) funzioni derivabili in (a, b) ad eccezione eventual-mente di x0 ∈ (a, b). Se lim
x→x0f(x) = lim
x→x0g(x) = 0, g′(x) e non nulla
in (a, b) \ {x0} ed esiste
limx→x0
f ′(x)
g′(x)= ` ∈ R ∪ {±∞},
allora
limx→x0
f(x)
g(x)= `
Dim. Osserviamo innanzitutto che essendo f(x) e g(x) derivabili in (a, b) \{x0}, risulteranno continue in (a, b)\{x0} e poiche lim
x→x0f(x) = lim
x→x0g(x) =
0, potremo estenderle con continuita in x0 ponendo f(x0) = g(x0) = 0. Persemplicita denoteremo ancora con f(x) e g(x) tali estensioni.Sia ora (xn)n∈N ⊂ (a, b) \ {x0} tale che xn → x0. Per il Teorema di Cau-chy, essendo le funzioni continue nell’intervallo chiuso di estremi x0 e xn e
6. TEOREMA DI DE L’HOPITAL 141
derivabili nell’intervallo aperto di estremi x0 e xn, per ogni n ∈ N esiste ξncompreso tra x0 e xn tale che
f(xn)
g(xn)=f(xn)− f(x0)
g(xn)− g(x0)=f ′(ξn)
g′(ξn)
Poiche xn → x0 avremo che ξn → x0 e quindi, poiche esiste limx→x0
f ′(x)
g′(x)= `,
avremo
limn→+∞
f(xn)
g(xn)= lim
n→+∞
f ′(ξn)
g′(ξn)= `
e dal Teorema di caratterizzazione sequenziale del limite segue che
limx→x0
f(x)
g(x)= `.
�
Il Teorema di De l’Hopital si puo provare anche in ciascuna delleseguenti situazioni:
- quando limx→x0
f(x) = limx→x0
g(x) = ±∞ ed anche quando la sola g(x)
diverge a ±∞;
- quando si considerano i limiti destri e sinistri (x→ x±0 );
- quando f(x) e g(x) risultano derivabili in intervalli illimitati e siconsidera il limite per x→ +∞ o x→ −∞.
Osserviamo che dal Teorema di De l’Hopital vale l’uguaglianza
limx→x0
f(x)
g(x)= lim
x→x0
f ′(x)
g′(x)
purche il secondo limite esista, parleremo in questo caso di uguaglianzacondizionata e scriveremo
limx→x0
f(x)
g(x)H= lim
x→x0
f ′(x)
g′(x).
Ad esempio, consideriamo le funzioni f(x) = x2 sin 1x
e g(x) = x.Abbiamo che
limx→0
f(x)
g(x)= lim
x→0x sin
1
x= 0
mentre non esiste il limite
limx→0
f ′(x)
g′(x)= lim
x→02x sin
1
x− cos
1
x.
Vediamo ora qualche esempio di applicazione per il calcolo di limiti.
142 5. FUNZIONI DERIVABILI
Esempi
• Calcolare il limite limx→0
sinx
e2x − cosx. Sono soddisfatte le ipotesi del
Teorema di De l’Hopital e
limx→0
sinx
e2x − cosxH= lim
x→0
cosx
2e2x + sinx=
1
2
Osserviamo che per calcolare il limite era sufficiente osservare che dailimiti notevoli per x → 0 risulta sinx ∼ x mentre e2x − cosx = 2x +o(x) ∼ 2x.
• Calcolare il limite limx→0
sin2 x
sinx− log(1 + x). Sono soddisfatte le ipotesi
del Teorema di De l’Hopital e
limx→0
sin2 x
sinx− log(1 + x)H= lim
x→0
2 sinx cosx
cosx− 11+x
per calcolare il secondo limite possiamo osservare che dai limiti notevoli,per x→ 0 risulta 2 sinx cosx ∼ 2x mentre cos x− 1
1+x= x+ o(x) ∼ x
e dunque che
limx→0
2 sinx cosx
cosx− 11+x
= 2
oppure potremo applicare nuovamente il Teorema di De l’Hopital:
limx→0
2 sinx cosx
cosx− 11+x
H= lim
x→0
2 cos2 x− 2 sin2 x
− sinx+ 1(1+x)2
= 2.
• Calcolare il limite limx→0
e−x2
2 − cosx
x3. Sono soddisfatte le ipotesi del
Teorema di De l’Hopital e
limx→0
e−x2
2 − cosx
x3,H= lim
x→0
−xe−x2
2 + sinx
3x2
per calcolare il secondo limite applichiamo nuovamente il Teorema diDe l’Hopital:
limx→0
−xe−x2
2 + sinx
3x2
H= lim
x→0
x2e−x2
2 − e−x2
2 + cosx
6x= 0.
dove, per calcolare l’ultimo limite, possiamo osservare che x2e−x2
2 −e−
x2
2 + cosx = x2 + o(x2) oppure applicare nuovamente il Teorema diDe l’Hopital:
limx→0
x2e−x2
2 − e−x2
2 + cosx
6xH= lim
x→0
3xe−x2
2 − x3e−x2
2 + sinx
6= 0
6. TEOREMA DI DE L’HOPITAL 143
• Calcolare il limite limx→0
arcsinx− x√
1− x2
x2√
sin(x2).
Il limite presenta una forma indeterminata del tipo 00
e risultano soddi-sfatte le ipotesi del Teorema di De L’Hopital. Prima di applicare taleTeorema conviene pero operare una semplificazione utilizzando i limitinotevoli. Difatti per x→ 0 risulta sin(x2) ∼ x2, dunque
arcsinx− x√
1− x2
x2√
sin(x2)∼ arcsinx− x
√1− x2
x3
da cui
limx→0
arcsinx− x√
1− x2
x2√
sin(x2)= lim
x→0
arcsinx− x√
1− x2
x3.
Applichiamo il Teorema di De L’Hopital a quest’ultimo limite
limx→0
arcsinx− x√
1− x2
x3
H= lim
x→0
1√1−x2 −
√1− x2 + x2√
1−x2
2x2
= limx→0
1√1− x2
2x2
3x2=
2
3
• Calcolare il limite limx→0+
sinx+ log (1− x)
x− arctanx.
Il limite presenta una forma indeterminata del tipo 00
e risultano sod-disfatte le ipotesi del Teorema di De L’Hopital. Abbiamo
limx→0+
sinx+ log (1− x)
x− arctanxH= lim
x→0+
cosx− 11−x
1− 11+x2
ed il secondo limite presenta nuovamente una forma indeterminata deltipo 0
0ma prima di applicare nuovamente il Teorema di De L’Hopital
conviene operare delle semplificazioni utilizzando le proprieta dei limiti.Si ha
limx→0+
cosx− 11−x
1− 11+x2
= limx→0+
1 + x2
1− x(1− x) cosx− 1
x2
= limx→0+
(1− x) cosx− 1
x2
H= lim
x→0+
− cosx+ (1− x) sinx
2x= −∞
Usando il Teorema di De L’Hopital abbiamo inoltre
144 5. FUNZIONI DERIVABILI
Corollario 5.6. Sia x0 ∈ (a, b) e sia f(x) continua in (a, b) e deri-vabile in (a, b) \ {x0}. Se lim
x→x0f ′(x) = ` ∈ R allora f(x) e derivabile in
x0 e f ′(x0) = `. Se limx→x0
f ′(x) = ±∞ allora f(x) non e derivabile in
x0.
Dim. Applichiamo il Teorema di De l’Hopital per calcolare il limite delrapporto incrementale
limx→x0
f(x)− f(x0)
x− x0
H= limx→x0
f ′(x) = ` ∈ R ∪ {±∞}
Allora, se ` ∈ R avremo che f(x) e derivabile in x0 e f ′(x0) = ` mentre se
` = ±∞ allora f(x) non risulta derivabile in x0. �
Osserviamo che nel caso in cui non esiste il limite limx→x0
f ′(x) non si puo
dire nulla sulla derivabilita in x0. Ad esempio la funzione
f(x) =
{x2 sin 1
xse x 6= 0
0 se x 6= 0
risulta derivabile in x = 0 ma non esiste il limite
limx→0
f ′(x) = limx→0
2x sin1
x− cos
1
x.
Osserviamo inoltre che il risultato potra applicarsi solo quando f(x) econtinua in x0, poiche se non lo fosse potremo immediatamente con-cludere che f(x) non e derivabile in x0, pur eventualmente avere cheesiste finito il limite lim
x→x0f ′(x).
Il risultato si puo provare anche nel caso in cui si considerino i limiti perx→ x±0 . In tal caso otteremo delle informazioni sulle derivate destra esinistra, f ′±(x0).
Come ulteriore esempio, consideriamo la funzione f(x) = | log(1+x3)|.Abbiamo che la funzione risulta derivabile in (−1,+∞) \ {0} con
f ′(x) =
{3x2
1+x3se x > 0
− 3x2
1+x3se − 1 < x < 0
Inoltre, limx→0±
f ′(x) = 0 e quindi dal precedente risultato f(x) e deriva-
bile in x = 0 con f ′(0) = 0.
Considerata invece la funzione f(x) = | log(x − 1)|, abbiamo che lafunzione risulta derivabile in (1,+∞) \ {2} con
f ′(x) =
{1
x−1se x > 2
− 1x−1
se 1 < x < 2
7. FORMULA DI TAYLOR 145
ma limx→2+
f ′(x) = 1 e limx→2−
f ′(x) = −1. Quindi esistono f ′+(2) = 1 6=f ′−(2) = −1. Dunque f(x) non risulta derivabile in x = 2.
Osserviamo infine che dal precedente risultato si ottiene che la funzionederivata f ′(x) potra presentare al piu discontinuita di seconda specie(esiste f ′(x0) ma non esiste lim
x→x+0f ′(x) oppure lim
x→x+0f ′(x)).
7. Formula di Taylor
Abbiamo visto che se f(x) e funzione definita in (a, b) e derivabile inx0 ∈ (a, b) allora vale la formula degli incrementi finiti:
f(x) = f(x0) + f ′(x0)(x− x0) + o(x− x0), per x→ x0
Abbiamo quindi che f(x) puo essere approssimata mediante il polino-mio di grado minore o uguale a 1
P1,f (x) = f(x0) + f ′(x0)(x− x0)
commettendo un errore trascurabile rispetto a (x− x0) per x→ x0:
r1,f (x) = f(x)− P1(x) = o(x− x0), per x→ x0
Abbiamo inoltre visto (Teorema del differenziale) che P1,f (x) e l’unicopolinomio di grado minore o uguale a 1 tale che P1,f (x0) = f(x0) e cheapprossima f(x) a meno di un errore trascurabile rispetto a (x − x0)per x → x0. Vogliamo ora determinare con piu precisione l’ordine diinfinitesimo del resto r1,f (x). A tale scopo supponiamo che f(x) risultiderivabile in (a, b) e calcoliamo
limx→x0
r1,f (x)
(x− x0)2
utilizzando il Teorema di De l’Hopital. Abbiamo
limx→x0
r1,f (x)
(x− x0)2= lim
x→x0
f(x)− P1,f (x)
(x− x0)2
= limx→x0
f(x)− f(x0)− f ′(x0)(x− x0)
(x− x0)2
H= lim
x→x0
f ′(x)− f ′(x0)
2(x− x0)
ed il limite a secondo membro esiste finito se e solo se f(x) risultaderivabile due volte in x0. Quindi, se f(x) e derivabile due volte in x0
avremo che
limx→x0
r1,f (x)
(x− x0)2= lim
x→x0
f(x)− f(x0)− f ′(x0)(x− x0)
(x− x0)2=
1
2f ′′(x0)
e quindi che ord(r1,f (x)) ≥ 2. Per x→ x0 risulta allora
f(x) = f(x0) + f ′(x0)(x− x0) +1
2f ′′(x0)(x− x0) + o((x− x0)2)
146 5. FUNZIONI DERIVABILI
e dunque che f(x) puo essere approssimata mediante il polinomio digrado minore o uguale a 2
P2,f (x) = f(x0) + f ′(x0)(x− x0) +1
2f ′′(x0)(x− x0)2
commettendo un errore trascurabile rispetto a (x− x0)2 per x→ x0:
r2,f (x) = f(x)− P2(x) = o((x− x0)2), per x→ x0
Iterando il precedente argomento e supponendo che la funzione risultiderivabile fino ad un certo ordine n > 2, potremo pensare di ottenereun’approssimazione migliore di f(x) mediante un polinomio Pn,f (x) digrado minore o uguale a n commettendo un errore rn,f (x) trascurabilerispetto a (x − x0)n. La formula di Taylor, come vedremo, ci assicurache tale ragionamento e corretto. A tale scopo andiamo innanzituttoa definire la derivata n-esima.
Dato n ∈ N, supponiamo di aver definito la derivata (n − 1)-esimaf (n−1)(x). Se f(x) risulta derivabile (n− 1)-volte in (a, b), diremo chef(x) e derivabile n-volte in x0 ∈ (a, b) se esiste finito il limite
limx→x0
f (n−1)(x)− f (n−1)(x0)
x− x0
.
Denoteremo tale limite con f (n)(x0) e lo chiameremo derivata n-esimadi f(x) in x0. Vale allora
Teorema 5.12. (Formula di Taylor con resto di Peano)
Per ogni n ∈ N, se f(x) e derivabile n-volte in x0 ∈ (a, b) allora ilpolinomio di grado minore o uguale a n
Pn,f (x) = f(x0)+f ′(x0)(x−x0)+f ′′(x0)
2(x−x0)2+...+
f (n)(x0)
n!(x−x0)n,
(detto polinomio di Taylor di ordine n centrato in x0) approssima f(x) ameno di un errore trascurabile rispetto a (x− x0)n per x→ x0:
rn,f (x) = f(x)− Pn(x) = o((x− x0)n), per x→ x0.
Dim. La dimostrazione procede per induzione. Abbiamo provato che ilrisultato vale per n = 1. Supponiamo che il risultato sia valido per n eproviamo che risulta valido per n+ 1. Dobbiamo quindi provare che se f(x)e funzione derivabile (n+ 1)-volte in x0 ∈ (a, b) allora il polinomio
Pn+1,f (x) = f(x0) + f ′(x0)(x− x0) +1
2f ′′(x0)(x− x0)2 + ...+
+1
n!f (n)(x0)(x− x0)n +
1
(n+ 1)!f (n+1)(x0)(x− x0)n+1,
7. FORMULA DI TAYLOR 147
approssima f(x) a meno di un errore trascurabile rispetto a (x−x0)n+1 perx→ x0. Utilizzando il Teorema di De l’Hopital, verifichiamo che
limx→x0
f(x)− Pn+1,f (x)
(x− x0)n+1= 0.
Osserviamo a tale scopo che la derivata del polinomio Pn+1,f (x) coincidecon il polinomio di Taylor di ordine n centrato in x0 della derivata f ′(x):
P ′n+1,f (x) = f ′(x0) + f ′′(x0)(x− x0) + ...+f (n)(x0)
(n− 1)!(x− x0)n−1
+f (n+1)(x0)
n!(x− x0)n = Pn,f ′(x).
Dall’ipotesi induttiva risulta allora
f ′(x) = Pn,f ′(x) + o((x− x0)n), per x→ x0
e quindi, utilizzando il Teorema di De l’Hopital concludiamo
limx→x0
f(x)− Pn+1,f (x)
(x− x0)n+1
H= limx→x0
f ′(x)− P ′n+1,f (x)
(n+ 1)(x− x0)n
= limx→x0
f ′(x)− Pn,f ′(x)
(n+ 1)(x− x0)n= 0.
�
Dal precedente teorema abbiamo allora che se f(x) e funzione derivabilen volte in (a, b), per ogni x0 ∈ (a, b) vale la seguente formula, dettasviluppo o formula di Taylor con resto di Peano per f(x) di ordine ncentrata in x0:
f(x) = f(x0) + f ′(x0)(x− x0) +1
2f ′′(x0)(x− x0)2 + ...+
+1
n!f (n)(x0)(x− x0)n + o((x− x0)n), per x→ x0.
Nel caso particolare in cui x0 = 0, la formula di Taylor si scrive come
f(x) = f(0)+f ′(0)x+1
2f ′′(0)x2+...+
1
n!f (n)(0)xn+o(xn), per x→ 0.
e prende il nome di sviluppo o formula di mcLaurin.
Osserviamo che risulta
Pn,f (x0) = f(x0), P ′n,f (x0) = f ′(x0), ..., P(n)n,f (x0) = f (n)(x0),
e diremo che Pn,f (x) e f(x) hanno un contatto di ordine n in x0. Si puoprovare che Pn,f (x) e l’unico polinomio di grado minore o uguale a navente un contatto di ordine n con f(x) in x0. Vale in altri termini ilseguente risultato
148 5. FUNZIONI DERIVABILI
Proposizione 5.2. Sia f(x) derivabile n-volte in x0 ∈ (a, b) e siaP (x) = a0 + a1(x− x0) + a2(x− x0)2 + ...+ an(x− x0)n polinomio taleche
P (x0) = f(x0), P ′(x0) = f ′(x0), ... , P (n)(x0) = f (n)(x0).
Allora
a0 = f(x0), a1 = f ′(x0), a2 = f ′′(x0)2
, ..., an = f (n)(x0)n!
e dunque P (x) = Pn,f (x) per ogni x ∈ R.
Dim. E sufficiente osservare che P (x0) = a0, P ′(x0) = a1, P ′′(x0) = 2a2, ...,
P (n)(x0) = n!an. �
Vediamo lo sviluppo di Taylor centrato in x0 = 0 di alcune funzionielementari.
• Consideriamo la funzione esponenziale f(x) = ex. Osservato chef (n)(x) = ex per ogni n ∈ N e ogni x ∈ R, per x0 = 0 otteniamof (n)(0) = 1 e quindi
ex = 1 + x+x2
2+x3
3!+ ...+
xn
n!+ o(xn), per x→ 0.
• Per f(x) = sin x, essendo f (2n+1)(x) = (−1)n cosx mentre f (2n)(x) =(−1)n sinx per ogni n ∈ N, otteniamo che f (2n)(0) = 0 mentre f (2n+1)(0) =(−1)n. Quindi
sinx = x− x3
3!+x5
5!+ · · ·+ (−1)n
x2n+1
(2n+ 1)!+ o(x2n+2) per x→ 0
0
Polinomi di Taylor di f(x) = sinx fino all’ordine 15
7. FORMULA DI TAYLOR 149
Analogalmente, si ottiene
cosx = 1− x2
2+x4
4!+ · · ·+ (−1)n
x2n
(2n)!+ o(x2n+1) per x→ 0
• Per f(x) = sinhx, essendo f (2n+1)(x) = coshx mentre f (2n)(x) =sinhx, otteniamo che f (2n)(0) = 0 mentre f (2n+1)(0) = 1. Quindi
sinhx = x+x3
3!+x5
5!+ · · ·+ x2n−1
(2n− 1)!+ o(x2n) per x→ 0.
Allo stesso modo otteniamo
coshx = 1 +x2
2+x4
4!+ · · ·+ x2n
(2n)!+ o(x2n+1) per x→ 0.
• Per f(x) = (1 + x)α, α ∈ R, abbiamo
(1 + x)α = 1 + αx+α(α− 1)
2x2 +
α(α− 1)(α− 2)
3!x3 + ...+
+α(α− 1)(α− 2)...(α− n+ 1)
n!xn + o(xn) per x→ 0
essendo f (n)(x) = α(α−1)(α−2)...(α−n+1)(1+x)α−n. In particolarese α = k ∈ N, otteniamo che f (n)(x) = 0 per ogni n > k e quindi ilbinomio di Newton
(1 + x)k = 1 + kx+k(k − 1)
2x2 +
k(k − 1)(k − 2)
3!x3 + ...+ xk =
=k∑
n=1
k(k − 1)...(k − n+ 1)
n!xk−n =
k∑n=1
k!
n!(k − n)!xk−n
Se α = −1 otteniamo invece
1
1 + x= 1− x+ x2 + ...+ (−1)nxn + o(xn) per x→ 0 (11)
ed osservato che per D(log(1 + x)) = 11+x
dalla Proposizione 5.2 otte-niamo
log(1 + x) = x− x2
2+x3
3+ ...+ (−1)n−1x
n
n+ o(xn), per x→ 0∗
* Infatti, denotato con P (x) il polinomio di Taylor di log(1 + x) di ordine ncentrato in x0 = 0, essendo D(log(1 + x)) = 1
1+x , poiche il polinomio di Taylor
della derivata coincide con la derivata del polinomio di Taylor, avremo che P ′(x) =1−x+x2 + ...+(−1)n−1xn−1 da cui, dalla Proposizione 5.2, otteniamo che P (x) =
x− x2
2 + ...+ (−1)nxn.
150 5. FUNZIONI DERIVABILI
Inoltre, sempre da (11), risulta
1
1 + x2= 1− x2 + x4 + ...+ (−1)nx2n + o(x2n) per x→ 0
Essendo 11+x2
= D(arctanx), sempre dalla Proposizione 5.2 ne segueche
arctanx = x− x3
3+x5
5+ ...+ (−1)n
x2n+1
2n+ 1+ o(x2n+2) per x→ 0.
Infine osserviamo che si ha
1
1− x= 1 + x+ x2 + ...+ xn + o(xn) =
n∑k=0
xk + o(xn), per x→ 0.
Utilizzando il Teorema di Lagrange, si puo dare una stima piu precisadell’errore rn,f (x) e precisamente, se f(x) risulta derivabile (n+1)-voltein (a, b) allora per ogni x ∈ (a, b) \ {x0} esiste ξ compreso tra x e x0
tale che
rn,f (x) =1
(n+ 1)!f (n+1)(ξ)(x− x0)n+1
e quindi vale la seguente formula di Taylor con resto di Lagrange
f(x) = f(x0) + f ′(x0)(x− x0) +1
2f ′′(x0)(x− x0)2 + ...+
+1
n!f (n)(x0)(x− x0)n +
1
(n+ 1)!f (n+1)(ξ)(x− x0)n+1.
particolarmente utile per la tabulazione di funzioni.
Ad esempio vediamo di determinare un’approssimazione di√e a meno
di un errore trascurabile rispetto a 10−3. Dallo sviluppo di Taylor diex con resto di Lagrange centrato in x0 = 0 e applicato in x = 1
2si ha
√e = 1 + 1
2+ 1
2(1
2)2 + 1
3!(1
2)3 + ...+ 1
n!(1
2)n + 1
(n+1)!eξ(1
2)n+1
= 1 + 12
+ 12
122
+ 13!
123
+ ...+ 1n!
12n
+ eξ
2n+1(n+1)!
per qualche ξ ∈ (0, 12). Poiche 0 < eξ < 2 per ogni ξ ∈ (0, 1
2), avremo
che l’errore eξ
2n+1(n+1)!< 1
2n(n+1)!< 10−3 per n ≥ 4. Dunque
√e =1 + 1
2+ 1
2122
+ 13!
123
+ 14!
124
+ r
= 1 + 12
+ 18
+ 148
+ 1384
+ r = 1, 6484 + r
dove |r| < 10−3.
Vediamo ora alcune applicazioni degli sviluppi visti.
Esempi
7. FORMULA DI TAYLOR 151
• Determinare lo sviluppo di Taylor di ordine 3 centrato in x0 = 0 dellafunzione f(x) = ex sinx.
1o metodo. Calcoliamo le derivate fino al terzo ordine. Abbiamo
f ′(x) = ex(sinx+ cosx), f ′′(x) = 2ex cosx, f ′′′(x) = 2ex(cosx− sinx)
e quindi f(0) = 0, f ′(0) = 1, f ′′(0) = 2, f ′′′(0) = 2. Ne segue che
ex sinx = f(0)+f ′(0)x+f ′′(0)
2x2+
f ′′′(0)
6x3+o(x3) = x+x2+
x3
3+o(x3)
2o metodo. Utilizziamo gli sviluppi di ex e di sin x. Per x→ 0 abbiamoex = 1 + x + x2
2+ x3
6+ o(x3) e sinx = x− x3
6+ o(x3). Dalle proprieta
di o piccolo otteniamo
ex sinx = (1 + x+x2
2+x3
6+ o(x3))(x− x3
6+ o(x3))
= x− x3
6+ x2 +
x3
2+ o(x3) = x+ x2 +
x3
3+ o(x3)
• Determinare lo sviluppo di Taylor di ordine 2 centrato in x0 = 0della funzione f(x) = e
√1+x−1. Utilizzando direttamente gli sviluppi
notevoli, ricordando che√
1 + x = 1 + x2− x2
8+ o(x2) per x → 0 e
ponendo y =√
1 + x − 1 nello sviluppo ey = 1 + y + y2
2+ o(y2) per
y → 0, per x→ 0 otteniamo
e√
1+x−1 = 1 + (√
1 + x− 1) +(√
1 + x− 1)2
2+ o((
√1 + x− 1)2)
= 1 +x
2− x2
8+ o(x2) +
(x2− x2
8+ o(x2))2
2+
+ o((x
2− x2
8+ o(x2))2)
= 1 +x
2− x2
8+x2
8+ o(x2) = 1 +
x
2+ o(x2)
• Calcolare l’ordine di infinitesimo della funzione f(x) = log(1+sinx)+3√
1− 3x− 1 per x→ 0.
Abbiamo log(1+y) = y− y2
2+o(y2) per y → 0 e quindi, posto y = sinx,
per x→ 0 otteniamo log(1 + sinx) = sinx− sin2 x2
+ o(sin2 x). Essendosinx = x+ o(x2), ne segue che
log(1 + sinx) = x− x2
2+ o(x2)
152 5. FUNZIONI DERIVABILI
Ricordando inoltre che 3√
1 + y = 1 + 13y − 2
9y2 + o(y2) posto y = −3x,
per x→ 0 otteniamo3√
1− 3x− 1 = −x− 2x2 + o(x2)
e dunque
f(x) = −x2
2− 2x2 + o(x2) = −5
2x2 + o(x2)
ne segue che f(x) ha ordine di infinitesimo pari a 2.
• Calcolare l’ordine di infinitesimo della funzione f(x) = ex2−sin2 x−1
per x→ 0.
Ricordando che ey = 1+y+ y2
2+o(y2) per y → 0, per x→ 0 otteniamo
ex2
= 1 + x2 +x4
2+ o(x4)
D’altra parte essendo sinx = x− x3
6+ o(x4) per x→ 0, si ha
sin2 x = (x− x3
6+ o(x4))2 = x2 − x4
3+ o(x4)
e dunque otteniamo
f(x) =x4
2+x4
3+ o(x4) =
5
6x4 + o(x4)
da cui ord(hf(x)) = 4.
• Calcolare al variare di α ∈ R l’ordine di infinitesimo della funzionefα(x) = sin x− x
√1 + αx per x→ 0. Abbiamo che
fα(x) = sin x− x√
1 + αx = x− x3
3!− x(1 + αx− α2
8x2 + o(x2))
= −αx2 + (α2
8− 1
6)x3 + o(x3)
e dunque che fα(x) ha ordine di infinitesimo pari a 2 se α 6= 0 mentreha ordine di infinitesimo pari a 3 se α = 0.
• Calcolare al variare di α > 0 l’ordine di infinitesimo della funzionefα(x) = cos(xα)−
√1− x2 per x→ 0+. Abbiamo
fα(x) = 1−x2α
2+o(x2α)−(1−x
2
2+o(x2)) = −x
2α
2+x2
2+o(x2α)+o(x2).
Se α < 1, risulta x2 = o(x2α) da cui deduciamo che fα(x) = −x2α
2+
o(x2α) e dunque che ord(fα(x)) = 2α. Se invece α > 1 allora x2α =
o(x2) e quindi fα(x) = x2
2+ o(x2) da cui ord(fα(x)) = 2 . Se infine
α = 1 dal precedente sviluppo otteniamo che fα(x) = o(x2) e quindi
7. FORMULA DI TAYLOR 153
che ord(fα) > 2. Utilizzando gli sviluppi di Taylor di ordine superioreper α = 1 otteniamo
fα(x) = 1− x2
2+x4
4!+ o(x4)− (1− x2
2− x4
8+ o(x4)) =
x4
6+ o(x4)
da cui ord(fα(x)) = 4.
• Calcolare limx→0
sin2 x
sinx− log(1 + x). Ricordando che sin x = x+ o(x2) e
che log(1+x) = x− x2
2+o(x2) per x→ 0 otteniamo sin2 x = x2+o(x2) ∼
x2 mentre sinx− log(1 + x) = x2
2+ o(x2) ∼ x2
2e dunque
limx→0
sin2 x
sinx− log(1 + x)= lim
x→0
x2
x2
2
= 2.
• Calcolare limx→0+
11−x − e
x
arctanx− sinx. Risulta 1
1−x = 1 + x + x2 + o(x2)
mentre ex = 1 + x+ x2
2+ o(x2) per x→ 0 da cui
1
1− x− ex =
x2
2+ o(x2) ∼ x2
2
Mentre, essendo sinx = x− x3
6+ o(x3) e arctan x = x− x3
3+ o(x3) per
x→ 0 otteniamo
arctanx− sinx = −x3
6+ o(x3) ∼ −x
3
6Quindi
limx→0+
11−x − e
x
arctanx− sinx= lim
x→0+
x2
2
−x3
6
= −∞.
• Calcolare limn→+∞
sin 1n− log(1 + 1
n)
( 3√n3 + n− n)
. Ricordando che sinx = x+ o(x2)
e log(1 + x) = x− x2
2+ o(x2) per x→ 0 otteniamo sinx− log(1 + x) =
x2
2+ o(x2) ∼ x2
2. Quindi, per n→ +∞ risulta
sin1
n− log(1 +
1
n) ∼ 1
2n2
mentre
3√n3 + n− n = n(
3
√1 +
1
n2− 1)
e dal limite notevole 3√
1 + x− 1 ∼ 13x per x→ 0, otteniamo
3√n3 + n− n = n(
3
√1 +
1
n2− 1) ∼ n
1
3n2=
1
3n
154 5. FUNZIONI DERIVABILI
Quindi
sin 1n− 1
n
( 3√n3 + n− n)
∼1
2n2
13n
=3
2n→ 0
• Calcolare limn→+∞
en
(1 + 1n)n2 . Abbiamo
en
(1 + 1n)n2 =
en
en2 log(1+ 1
n)
= en−n2 log(1+ 1
n).
Poiche
n− n2 log(1 +1
n) = n− n2(
1
n− 1
2n2+ o(
1
n2)) = −1
2+ o(1)→ 1
2
ne segue che en
(1+ 1n
)n2→ e
12 =√e.
• Calcolare limn→+∞
cos 1n−√
1− 1n2
n−√n2 + 1
n
. Dagli sviluppi notevoli di cos x e
√1 + x per x→ 0, per n→ +∞ otteniamo
cos1
n= 1− 1
2n2+
1
24n4+ o(
1
n4)
e √1− 1
n2= 1− 1
2n2− 1
8n4+ o(
1
n4)
da cui
cos1
n−√
1− 1
n2=
1
6n4+ o(
1
n4) ∼ 1
6n4
Inoltre
n−√n2 +
1
n= n(1−
√1 +
1
n3) ∼ −n 1
2n3= − 1
2n2
Ne segue allora che
cos 1n−√
1− 1n2
n−√n2 + 1
n
∼1
6n4
− 12n2
= − 1
3n2
e dunque che limn→+∞
cos 1n−√
1− 1n2
n−√n2 + 1
n
= 0.
7. FORMULA DI TAYLOR 155
• Calcolare al variare di α ∈ R il limite limn→+∞
nα(e1n (
1
n− 1) + 1). Dallo
sviluppo notevole dell’esponenziale per n→ +∞ otteniamo
nα(e1n (
1
n− 1) + 1) = nα((1 +
1
n+
1
2n2+ o(
1
n2))(
1
n− 1) + 1)
= nα(1
2n2+ o(
1
n2)) ∼ nα−2
2
Ne segue che
limn→+∞
nα(e1n (
1
n− 1) + 1) =
0 se α < 212
se α = 2
+∞ se α > 2
• Calcolare limn→+∞
sin 1n2
log(1 + 1nα
)− 1n
al variare di α > 0.
Si osservi innanzitutto che, dai limiti notevoli, per n → +∞ risultasin 1
n2 ∼ 1n2 . Inoltre, essendo α > 0, risulta 1
nα→ 0 e ricordando che
log(1 + x) = x− x2
2+ o(x2) per x→ 0 otteniamo
log(1 +1
nα)− 1
n=
1
nα− 1
2n2α+ o(
1
nα)− 1
n
e dunque, se α < 1 allora 1n
= o( 1nα
) e
log(1 +1
nα)− 1
n=
1
nα+ o(
1
nα) ∼ 1
nα
Mentre se α = 1 allora
log(1 +1
n)− 1
n= − 1
2n2+ o(
1
n2) ∼ − 1
2n2
e se α > 1 allora 1nα
= o( 1n) e dunque
log(1 +1
nα)− 1
n= − 1
n+ o(
1
n) ∼ − 1
n
Ne segue che
sin 1n2
log(1 + 1nα
)− 1n
∼
1
n2−α se α < 1
−2 se α = 1
− 1n
se α > 1
e quindi
limn→+∞
sin 1n2
log(1 + 1nα
)− 1n
=
{0 se α 6= 1
−2 se α = 1
156 5. FUNZIONI DERIVABILI
• Studiare, al variare di α ∈ R, la continuita e la derivabilita in x = 0della funzione
f(x) =
{eαx−1x
se x > 0
cosx se x ≤ 0
Ricordando che ey = 1 + y + o(y) per y → 0, si ha che
limx→0+
f(x) = limx→0+
eαx − 1
x= lim
x→0+
αx+ o(x)
x= α, ∀α ∈ R.
Essendo limx→0−
f(x) = 1 = f(0), concludiamo che la funzione risulta
continua solo se α = 1.Supponendo α = 1, studiamo la derivabilita di f(x). Osserviamo chef(x) risulta derivabile in x < 0 con f ′(x) = − sinx e dunque che f(x)ammette derivata sinistra in x0 = 0 con
f ′−(0) = limx→0−
f ′(x) = limx→0−
− sinx = 0.
Inoltre essendo f(0) = 1, dallo sviluppo di Taylor ex = 1+x+ x2
2+o(x2)
si ottiene
limx→0+
f(x)− f(0)
x= lim
x→0+
ex−1x− 1
x=
= limx→0+
ex − 1− xx2
= limx→0+
x2
2+ o(x2)
x2=
1
2
e dunque che f(x) ammette derivata destra in x0 = 0 uguale a 12. Ne
concludiamo che f(x) non risulta derivabile in x0 = 0.
• Studiare, al variare di α, β ∈ R, la continuita e la derivabilita inx0 = 0 della funzione
f(x) =
{√1+x2+cosx−α
x2se x > 0
sin βx se x ≤ 0
Abbiamo che limx→0−
f(x) = limx→0−
sin(βx) = 0 = f(0) mentre, essendo
per x→ 0,√
1 + x2 = 1+ x2
2+o(x2) e cosx = 1− x2
2+o(x2), otteniamo
che√
1 + x2 + cosx− α = 2 + o(x2)− α , da cui
limx→0+
f(x) = limx→0+
√1 + x2 + cosx− α
x2= lim
x→0+
2 + o(x2)− αx
= 0
se e solo se α = 2. Ne segue allora che la funzione risulta continua inx0 = 0 solo per α = 2. Supponendo α = 2, studiamo la derivabilita dif(x) in x0 = 0. Osserviamo che f(x) risulta derivabile in x < 0 conf ′(x) = β cos(βx) e dunque che f(x) ammette derivata sinistra in x0 =0 con f ′−(0) = lim
x→0−f ′(x) = lim
x→0−β cos(βx) = β. Inoltre, dallo sviluppo
7. FORMULA DI TAYLOR 157
di Taylor√
1 + x2 = 1 + x2
2− x4
8+ o(x4) e cosx = 1− x2
2+ x4
12+ o(x4)
si ottiene√
1 + x2 + cosx = 2− x4
24+ o(x4) da cui
limx→0+
f(x)− f(0)
x= lim
x→0+
√1 + x2 + cosx− 2
x3= lim
x→0+
−x4
24+ o(x4)
x3= 0
e concludiamo che f(x) ammette derivata destra in x0 = 0 pari a 0.Ne segue allora che f(x) risulta derivabile in x0 = 0 solo se β = 0.
158 5. FUNZIONI DERIVABILI
8. Esercizi
Studiare le seguenti funzioni
1. f(x) = x+ log(1− x) *
2. f(x) = x4ex *
3. f(x) = x(log x− 1) *
4. f(x) =x
log |x|*
5. f(x) =x
e|x2−1| *
6. f(x) =√x2 − 1 + x *
7. f(x) =α+ log x
1− log x, α ∈ R *
8. f(x) = (1− x) log(1− x) + αx, α ∈ R *
9. f(x) = eαxx−1 *
10. f(x) = log |x− 1|+ αx *
Determinare il numero di soluzioni delle seguenti equazioni trascendential variare dell’eventuale parametro α ∈ R
1. arcsin√x =√
1− x2 [1]*
2. log x = α(x− 1) [2 se α > 0, α 6= 1, 1 se α ≤ 0 e α = 1]*
3. log(x+ 1) = x2 + α [2 se α < α0, 1 se α = α0, 0 se α > α0 dove
α0 = log( 1+√3
2 )− 1 +√32 ]*
4. |x|αex = 1, α > 0 [3 se α > e, 2 se α = e, 1 se α < e]*
5. log |x| = αx [1 se |α| > 1e , 2 se α = ± 1
e e α = 0, 3 se 0 < |α| < 1e ]*
6. log |x| = αx3
[1 se |α| > 13e , 2 se α = ± 1
3e e α = 0, 3 se 0 < |α| < 13e ]*
7. eαx = x, α > 0 [2 se α < 1e , 1 se α = 1
e , 0 se α > 1e ]*
8. log(x2 − 1) = x2 + α[0 se α > −2, 2 se α = −2 e α = 0, 4 se α < −2]*
9. αx2 = log(1 + x2) [1 se α ≤ 0 e α ≥ 1, 3 se 0 < α < 1]*
10. eαx2
= x2 con α > 0 [0 se α > 1e , 2 se α = 1
e , 4 se 0 < α < 1e ]*
11. x− arctanx+ 1
x− 1= α [1 se |α− 1| ≥ π
2 , 2 se |α− 1| < π2 ]*
12. log(1 +1
x) =
α
x+ 1[1 se α 6= 1, 0 se α = 1]*
13. arctan(αx) = x [1 se α ≤ 1, 3 se α > 1]
14. e−|x2−1| = α [2 se 0 < α < 1
e e α = 1, 3 se α = 1e , 4 se 1
e < α < 1,
0 se α ≤ 0 e α > 1]*
15. | log x| = αx2, α > 0 [1 se α > 12e , 2 se α = 1
2e , 3 se 0 < α < 12e ]*
16. log x = αx2 [1 se α ≤ 0 e α = 12e , 0 se α = 1
2e , 2 se α > 12e ]*
8. ESERCIZI 159
Risolvere i seguenti problemi:
1. Determinare il massimo raggio del cilindro circolare retto inscritto
in una sfera di raggio 1. [√
23 ]*
2. Determinare l’area massima tra tutti i rettangoli inscritti in un
ellisse di equazione x2
4 + y2 = 1. [4]*
3. Determinare l’area massima tra le aree di tutti i triangoli isosceli
inscritti in una circonferenza di raggio 1. [3√
34 ]*
4. Determinare la distanza minima tra il grafico della funzione f(x) =
e−x2
e l’origine del piano [√
12(1 + log 2)]*
5. Determinare le dimensioni della scatola a base quadrata di volumepari a 8m3 avente superficie esterna minima. [2× 2× 2]*
6. Determinare l’area massima tra tutti i rettangoli inscritti in unellisse di semiassi a e b. [2ab]*
7. Determinare il valore massimo del prodotto di due numeri nonnegativi aventi somma pari ad a [a2 ]*
8. Se la somma di due numeri non negativi e a, determinare il valoremassimo della somma dei loro quadrati. [a2]*
Calcolare i seguenti limiti al variare di α ∈ R
1. limn→+∞
n2(e1n2 − (cos
1
n)α) [1 + α
2 ]*
2. limn→+∞
log(1 + 1n)− sinα 1
n3√n4 + 1− 3
√n4 − 1
[+∞ se α > 1, −∞ se α ≤ 1]*
3. limn→+∞
n2
(√1 +
α
n− cos
1√n
)[∞ se α 6= −1, − 1
6 se α = −1]*
4. limn→+∞
sin( 1√n
)− 1√n
(√n+ nα −
√n)
[−∞ se α < −1, − 13 se α = −1, 0 se α > −1]*
5. limn→+∞
nα[(1 +
1
n)e−
1n − 1
][−∞ se α > 2, − 1
2 se α = 2, 0 se α < 2]*
6. limn→+∞
n√nα − 1
sin lognn − log(1 + 1
n)[α]*
7. limn→+∞
n log(1 + nα)− n2 sin1
n[−∞ se α ≤ 0, +∞ se α > 0]*
8. limn→+∞
√1 + nα − 1
sin 1n − log(1 + 1
n
[+∞ se α > −2, 1 se α = −2, 0 se α < −2]*
Determinare l’ordine di infinitesimo per x→ 0+ delle seguenti funzionial variare dell’eventuale parametro α ∈ R
1. f(x) =
√1− x2 − cosx
x3[1]
160 5. FUNZIONI DERIVABILI
2. f(x) = esin2 x − 2√
1 + x2 + 1 [4]*
3. f(x) = e2 sinx −√
1 + 4x [2]*
4. f(x) = e−x sinx− x cos√
2x [> 2]*
5. f(x) = ex cosx− 11−x [2]*
6. f(x) = ex2 − sin2 x− 1 [4]*
7. f(x) = log(1 + x)ex − sinx√
1 + 2x [2]*
8. f(x) = (x+ 1)x − cosx [2]*
9. f(x) = ex sinx− x√
1 + αx [2 se α 6= 2, 3 se α = 2]*
10. f(x) = cos(xα)−√
1− sinx, α > 0 [1 se α > 12 , 2 se α = 1
2 ,
2α se α < 12 ]*
11. f(x) = e√
1+x−1 −√
1 + x [2]*
12. f(x) = x1−x − log(1 + arctanx) [2]
13. f(x) = x1−x − sin(arctanx), α > 0 [2]*
14. f(x) = log(1 + sinx)− α sinx [1 se α 6= 1, 2 se α = 1]*
15. f(x) =√
cosx− 1− α(cosx− 1) [2 se α 6= 12 , 4 se α = 1
2 ]*
16. f(x) = esin2 x −√
cos(αx) [2 ∀α ∈ R]*
17. f(x) = log(cos(αx)) + sin2 x [2 se α 6= ±√
2, 4 se α = ±√
2]*
18. f(x) = sin2 x+ cos(αx2)− ex2 [4 ∀α]*
19. f(x) =√
cosx− eαx2 [2 se α 6= −14 , 4 se α = −1
4 ]*
20. f(x) = x2
1+x − α log(cosx) [2 se α 6= −2, 3 se α = −2]*
21. f(x) = sinx− x cosx+ α log(1 + x2) [2 se α 6= 0, 3 se α = 0]*
22. f(x) = cos2 x−√
1− 2xα, α > 0 [2 se α > 2, α se α < 2,4 se α = 2]*
23. f(x) = sin2 x− log(1 + xα), α > 0 [2 se α > 2, α se α < 2,4 se α = 2]*
Stabilire per quali valori di α, β ∈ R le seguenti funzioni risultanoderivabili in x0 = 0:
1. f(x) =
{log(1+αx2)−sin2 x
x se x > 0
x se x ≤ 0[α = 2]
2. f(x) =
{ex − α se x > 0
tan(βx) se x ≤ 0[α = β = 1]
3. f(x) =
{√1+αx2−cosx
x se x > 0
sin(βx) se x ≤ 0[α = β + 1
2 ]
4. f(x) =
{eαx
2−cosxx se x > 0
β cosx se x ≤ 0[α = 0, β = 1]
8. ESERCIZI 161
5. f(x) =
{xα+1
ex2se x > 0
1 se x ≤ 0[α = 1]*
6. f(x) =
{π2 − arctan α
x se x > 0
eαx − e−αx se x ≤ 0[α = 1√
2]*
7. f(x) =
{sin(αx)− x
x−1 se x ≥ 0
e−1x2 se x < 0
[α = −1]*
8. f(x) =
{1x2e−
1x se x > 0
αex − 1 + β sinx se x ≤ 0[α = 1, β = −1]*
9. f(x) =
{xα(1− cosx) se x > 0
β se x ≤ 0[α > −1, β = 0 e
α = −2, β = 12 ]*
10. f(x) =
x2 log(1 + 1
x) + 1 se x > 0
1 se x = 0
αe1x + β arctan 1
x se x < 0
[nessun α, β]*
11. f(x) =
{x−log(1+x)
x3− 1
2x se x > 0
α se x ≤ 0[α = −1
3 ]*
12. f(x) =
{cos2(x)−cos(x2)
x2se x > 0
cos(x+ α) se x ≤ 0[απ + 2kπ, k ∈ Z]*
13. f(x) =
{√1+x2+cosx−β
x se x > 0
eαx − 1 se x ≤ 0[α = 0, β = 2]*
14. f(x) =
{log(1+x)√1+αx−1
se x > 0
β se x ≤ 0[α = 2, β = 1]*
15. f(x) =
{xα log(sinx+ 1) se 0 < x < π
2
β se x ≤ 0[α = −1, β = 1]*
16. f(x) =
{eαx−1x se x > 0
β se x ≤ 0[α = β = 0]*
17. f(x) =
{β−arcsin(1−x)
xα se 0 < x < 2
0 se x ≤ 0[continua per 0 < α < 1
2 ,
β = π2 ]*
18. f(x) =
{ex−√
cosx+αxlog(1+x) se 0 < x < 2
arctan(βx) se x ≤ 0[α = −1, β = 3
4 ]*
19. f(x) =
x log(1+x)+ex2−α√
1+2x−1se 0 < x < 2
sin(βx) se x ≤ 0[α = 1, β = 2]*
162 5. FUNZIONI DERIVABILI
20. f(x) =
{xα(1−cosx)√x−√
sinxse 0 < x ≤ π
sin(βx) se −π ≤ x ≤ 0[α > 3
2 e β = 0, α = 32 e
β = 6]*
21. f(x) =
{x−√
log(1+x2)
log(1+xα) se 0 < x ≤ πeβx
2 − 1 se −π ≤ x ≤ 0, α > 0 [0 < α < 2, ∀β]*
22. f(x) =
{√1+x2−eαx
x se x > 0
cos(βx) se x ≤ 0[α = −1, ∀β]*
23. f(x) =
{sin2(αx)−sin(x2)
x2se x > 0√
1 + βx− 1 se x ≤ 0[α = ±1, β = 0]*
24. f(x) =
{ex cos x−cosx+αx2
x se x > 0
(1 + x2)β se x ≤ 0[α = −1, ∀β]*
25. f(x) =
{xex−α log(1+x)
x se x > 0
eβx − e−βx se x ≤ 0[α = 1, β = 3
4 ]*
26. f(x) =
{α arctanx−x sinx
x se x > 0√1 + βx se x ≤ 0
[α = 1, β = −2]*
CAPITOLO 6
Funzioni integrabili
1. Integrale di Riemann
Data una funzione f(x) limitata e non negativa sull’intervallo [a, b],vogliamo determinare, se possibile, l’area della regione del piano com-presa tra il grafico di f(x) e l’asse delle ascisse nell’intervallo [a, b].Intuitivamente, per calcolare tale area potremo pensare di approssi-marla mediante l’area di “plurirettangoli” inscritti e circoscritti in taleregione. Tale procedimento, noto sin dai tempi dei matematici ellenicie conosciuto come metodo di esaustione.Per formalizzazzare tale procedimento introduciamo le seguenti defi-nizioni. Dato un intervallo chiuso e limitato [a, b], una partizione Pdi [a, b] e un insieme ordinato di un numero finito di punti distinti{x0, x1, · · · , xn}, n ∈ N, tali che
a = x0 < x1 < · · · < xn−1 < xn = b
Data una funzione f(x) limitata sull’intervallo [a, b] e una partizio-ne P = {x0, x1, · · · , xn} dell’intervallo [a, b], per ogni k = 1, · · · , nponiamo
mk = inf{f(x) |x ∈ [xk−1, xk]} e Mk = sup{f(x) |x ∈ [xk−1, xk]}.
Osserviamo che essendo f(x) limitata in [a, b] avremo che mk, Mk ∈ Rper ogni k = 1, · · · , n. Diremo somma integrale inferiore relativa allapartizione P della funzione f(x) in [a, b] la somma
sf (P) =n∑k=1
mk(xk − xk−1)
e analogalmente, diremo somma integrale superiore relativa alla parti-zione P della funzione f(x) in [a, b] la somma
Sf (P) =n∑k=1
Mk(xk − xk−1).
163
164 6. FUNZIONI INTEGRABILI
0a bx x x x1 2 3 4
Somma integrale superiore ed inferiore
Osserviamo che essendo mk ≤ Mk per ogni k = 1, · · · , n, risultasf (P) ≤ Sf (P). Si puo inoltre provare che prese comunque due parti-zioni P e Q di [a, b] tali che Q ⊂ P (diremo che P e un raffinamento diQ) risulta
sf (Q) ≤ sf (P) ≤ Sf (P) ≤ Sf (Q).
In particolare, considerata la partizione banale Q = {a; b}, avremo cheper ogni partizione P di [a, b] risulta
m(b− a) ≤ sf (P) ≤ Sf (P) ≤M(b− a)
essendo m = inf{f(x) |x ∈ [a, b]} e M = sup{f(x) |x ∈ [a, b]}. Nesegue in particolare che gli insiemi
{sf (P) | P partizione di [a, b]} e {Sf (P) | P partizione di [a, b]}
risultano limitati in R e dunque che esistono finiti l’estremo superiore
s(f) = sup{sf (P) | P partizione di [a, b]},
che chiameremo integrale inferiore di f(x) in [a, b], e l’estremo inferiore
S(f) = inf{Sf (P) | P partizione di [a, b]},
che chiameremo integrale superiore di f(x) in [a, b].
Per quanto precedentemente osservato risulta
m(b− a) ≤ s(f) ≤ S(f) ≤M(b− a).
Diremo allora che la funzione f(x) limitata sull’intervallo [a, b] e inte-grabile secondo Riemann sull’intervallo [a, b] se s(f) = S(f). Il valorecomune viene denotato con ∫ b
a
f(x) dx
1. INTEGRALE DI RIEMANN 165
e detto integrale di Riemann di f(x) nell’intervallo [a, b]. f(x) e dettafunzione integranda, a e b sono detti estremi di integrazione.
Osserviamo che secondo la costruzione, se f(x) ≥ 0 in [a, b] allora
l’integrale∫ baf(x) dx indica l’area della regione del piano compresa tra
il grafico di f(x) e l’asse delle ascisse in [a, b].
Ad esempio, ogni funzione costante f(x) = α risulta integrabile in ogniintervallo [a, b] ⊂ R, difatti per ogni partizione P = {x0, x1, · · · , xn} di[a, b] risulta
mk = inf{f(x) |x ∈ [xk−1, xk]} = Mk = sup{f(x) |x ∈ [xk−1, xk]} = α
e quindi
sf (P) = Sf (P) = α(b− a).
Ne segue che
s(f) = S(f) =
∫ b
a
α dx = α(b− a).
Un esempio di funzione non integrabile in qualunque intervallo [a, b] ⊂R e dato dalla funzione di Dirichlet D(x). Difatti, per ogni partizioneP = {x0, x1, · · · , xn} di [a, b], dalla densita dei numeri razionali risulta
mk = inf{D(x) |x ∈ [xk−1, xk]} = 0
e
Mk = sup{D(x) |x ∈ [xk−1, xk]} = 1.
Ne segue che
sD(P) = 0 mentre SD(P) = b− ae quindi che s(D) 6= S(D) .
Vale il seguente risultato
Teorema 6.1. (Criterio di integrabilita)
Una funzione f(x) limitata nell’intervallo [a, b] risulta integrabile (se-condo Riemann) in [a, b] se e solo se per ogni ε > 0 esiste una partizionePε di [a, b] tale che
Sf (Pε)− sf (Pε) < ε
Dim. Supponiamo innanzitutto che per ogni ε > 0 esista una partizione Pεdi [a, b] tale che sf (Pε)− sf (Pε) < ε e proviamo che f(x) e integrabile. Perdefinizione di somma integrale superiore ed inferiore abbiamo che
sf (Pε) ≤ s(f) ≤ S(f) ≤ Sf (Pε)
Ne segue allora che
0 ≤ S(f)− s(f) ≤ Sf (Pε)− sf (Pε) < ε
166 6. FUNZIONI INTEGRABILI
ed essendo ε > 0 arbitrario, dalla precedente diseguaglianza otteniamo cheS(f) = s(f) e dunque che f(x) risulta integrabile in [a, b].Supponiamo ora f(x) integrabile in [a, b] e proviamo che per ogni ε > 0esiste una partizione Pε di [a, b] tale che sf (Pε) − sf (Pε) < ε. Preso ε > 0,per definizione di somma integrale inferiore e di estremo superiore, esisteuna partizione Qε di [a, b] tale che
s(f)− ε
2< sf (Qε)
e analogalmente, esiste una partizione Rε di [a, b] tale che
S(f) +ε
2> Sf (Rε).
Considerata allora la partizione Pε = Qε ∪Rε, avremo che sf (Qε) ≤ sf (Pε)e Sf (Pε) ≤ Sf (Rε) e dunque
s(f)− ε
2< sf (Pε) ≤ Sf (Pε) < S(f) +
ε
2
da cui, essendo per ipotesi f(x) integrabile e quindi s(f) = S(f), segue che
Sf (Pε)− sf (Pε) < ε.
�
Utilizzando il precedente criterio proviamo il seguente risultato
Teorema 6.2. (di integrabilita delle funzioni monotone)
Ogni funzione f(x) monotona nell’intervallo [a, b] e integrabile in [a, b].
Dim. Supponiamo f(x) crescente ed osserviamo innanzitutto che f(x) ri-sulta limitata in [a, b]. Considerata ora una qualunque partizione P ={x0, x1, · · · , xn} di [a, b] risulta
mk = inf{f(x) |x ∈ [xk−1, xk]} = f(xk−1)
eMk = sup{f(x) |x ∈ [xk−1, xk]} = f(xk).
Sia δP = max{xk − xk−1 | k = 1, · · ·n}, allora
Sf (P)− sf (P) =
n∑k=1
(Mk −mk)(xk − xk−1)
=n∑k=1
(f(xk)− f(xk−1))(xk − xk−1) ≤ δPn∑k=1
(f(xk)− f(xk−1))
= δP(f(b)− f(a))
Se f(b) = f(a) allora avremo che la funzione risulta costante in [a, b] equindi, come gia osservato, integrabile. Se invece f(b) > f(a), per ogniε > 0 scegliendo una partizione Pε tale che δPε <
εf(b)−f(a) , da quanto sopra
avremo cheSf (Pε)− sf (Pε) ≤ δPε(f(b)− f(a)) < ε
1. INTEGRALE DI RIEMANN 167
e quindi, dal criterio di integrabilita, che f(x) risulta integrabile. �
Dal precedente risultato segue ad esempio che risultano integrabili suogni intervallo chiuso e limitato di R le funzioni [x], ex e log x.
Sempre utilizzando il criterio di integrabilita si puo provare
Teorema 6.3. (di integrabilita delle funzioni continue)
Ogni funzione f(x) continua nell’intervallo [a, b] e integrabile in [a, b].
Dim. Sia ε > 0 e δ = ε2(b−a) . Posto x0 = a definiamo
x1 = sup{x ∈ [x0, b] | supy∈[x0,x]
|f(y)− f(x0)| ≤ δ}.
Naturalmente x0 < x1 ≤ b ed essendo f(x) continua su [a, b] si ha che
|f(x1)− f(x0)| = δ.
Poiche sup[x0,x1] f(x) ≤ f(x0) + δ e inf [x0,x1] f(x) ≥ f(x0) − δ si ha ancheche
sup[x0,x1]
f(x)− inf[x0,x1]
f(x) ≤ 2δ.
Procedendo induttivamente, dato n ∈ N supponiamo di aver determinatox0 < x1 < . . . < xn−1 ≤ b di modo tale che
|f(xk)−f(xk−1)| = δ e sup[xk−1,xk]
f(x)− inf[xk−1,xk]
f(x) ≤ 2δ, ∀ k = 1, ..., n−1.
Se xn−1 < b definiamo
xn = sup{x ∈ [x0, b] / supy∈[xn−1,x]
|f(y)− f(xn−1)| ≤ δ}.
Vale naturalmente che x0 < x1 < . . . < xn−1 < xn ≤ b ed essendo f(x)continua su [a, b] si ha che
|f(xn)− f(xn−1)| = δ.
Essendo sup[xn−1,xn] f(x) ≤ f(xn−1) + δ e inf [xn−1,xn] f(x) ≥ f(xn−1)− δ nerisulta che
sup[xn−1,xn]
f(x)− inf[xn−1,xn]
f(x) ≤ 2δ.
Mostriamo che per un certo n0 ∈ N risulta xn0 = b.Infatti, se cio non fosse vero, tramite il procedimento induttivo introdottorisulta definita una successione crescente x0 < x1 < . . . < xn < xn+1 <. . . < b tale che
|f(xn+1)− f(xn)| = δ, ∀n ∈ N. (12)
Essendo (xn)n∈N successione monotona e limitata, tale successione risultaconvergente, sia x∞ ∈ (a, b] tale che xn → x∞. Essendo f(x) continua su[a, b] si ha allora f(xn) → f(x∞) per n → +∞ in contraddizione con lacondizione (12).
168 6. FUNZIONI INTEGRABILI
L’insieme P = {x0 = a < x1 < . . . < xn0 = b} definisce allora una partizionedi [a, b] per la quale
Sf (P)− sf (P) =
n0∑n=1
( supx∈[xn−1,xn]
f(x)− infx∈[xn−1,xn]
f(x))(xn − xn−1) ≤
≤ 2δ
n0∑n=1
(xn − xn−1) = 2δ(b− a) = ε
e quindi, dal Criterio di integrabilita, segue che f(x) risulta integrabile in
[a, b]. �
Dal precedente risultato otteniamo che tutte le funzioni elementari ri-sultano integrabili su ogni intervallo chiuso e limitato del loro dominio.Le funzioni continue e monotone non esauriscono pero l’insieme dellefunzioni integrabili. Ad esempio si puo provare che risultano integrabilile funzioni limitate con un numero finito di punti di discontinuita.
Si puo provare, attraverso la definizione, che valgono le seguenti pro-prieta elementari dell’integrale di Riemann.
1. Proprieta di additivitaSia f(x) funzione integrabile secondo Riemann sull’intervallo[a, b]. Se c ∈ (a, b) allora f(x) e integrabile in [a, c] e [c, b] evale ∫ b
a
f(x) dx =
∫ c
a
f(x) dx+
∫ b
c
f(x) dx
2. Proprieta di linearitaSiano f(x) e g(x) funzioni integrabili secondo Riemann sul-l’intervallo [a, b] e sia α ∈ R. Allora le funzioni f(x) + g(x) eαf(x) sono integrabili in [a, b] e vale∫ b
a
αf(x) dx = α
∫ b
a
f(x) dx
e ∫ b
a
f(x) + g(x) dx =
∫ b
a
f(x) dx+
∫ b
a
g(x) dx
3. Proprieta di monotoniaSiano f(x) e g(x) funzioni integrabili secondo Riemann sul-l’intervallo [a, b]. Se f(x) ≤ g(x) per ogni x ∈ [a, b] allora∫ b
a
f(x) dx ≤∫ b
a
g(x) dx
2. TEOREMA FONDAMENTALE DEL CALCOLO INTEGRALE 169
In particolare, se f(x) e funzione integrabile in [a, b] e se f(x) ≥ 0 per
ogni x ∈ [a, b] avremo che∫ baf(x) dx ≥ 0.
Inoltre, se f(x) e funzione integrabile in [a, b] allora si puo provareche |f(x)| e integrabile in [a, b] (non vale pero il viceversa, si pensi adesempio alla funzione f(x) = 1 se x ∈ Q e f(x) = −1 se x ∈ R \ Q).Inoltre, ricordando che −|f(x)| ≤ f(x) ≤ |f(x)| per ogni x ∈ [a, b],risulta
−∫ b
a
|f(x)| dx ≤∫ b
a
f(x) dx ≤∫ b
a
|f(x)| dx
e dunque
|∫ b
a
f(x) dx| ≤∫ b
a
|f(x)| dx
Infine, sara utile definire∫ baf(x) dx anche se a ≥ b. Se b < a e f(x) e
funzione integrabile secondo Riemann in [b, a], poniamo∫ b
a
f(x) dx = −∫ a
b
f(x) dx
mentre se a = b poniamo ∫ b
a
f(x) dx = 0.
L’integrale sopra definito,∫ baf(x) dx con a, b ∈ R qualunque, viene
detto integrale definito di f(x) nell’intervallo di estremi a e b.
2. Teorema fondamentale del calcolo integrale
Data una funzione f(x) integrabile nell’intervallo [a, b], per ogni x ∈[a, b] risulta definita la funzione
F (x) =
∫ x
a
f(t) dt
detta funzione integrale di f(x) nell’intervallo [a, b]. Si osservi che
F (a) = 0 e F (b) =∫ baf(t) dt. Inoltre, vale
Teorema 6.4. (di continuita della funzione integrale)
Sia f(x) funzione integrabile nell’intervallo [a, b]. Allora la funzioneintegrale F (x) =
∫ xaf(t) dt risulta continua in [a, b].
Dim. Per ogni x0 ∈ [a, b], proviamo che limx→x0
F (x) = F (x0) ovvero che
limx→x0
F (x)− F (x0) = limx→x0
∫ x
x0
f(t) dt = 0
170 6. FUNZIONI INTEGRABILI
Essendo f(x) limitata in [a, b], siano m,M ∈ R tali che m ≤ f(t) ≤ M perogni t ∈ [a, b]. Allora, se a ≤ x0 < x < b, dalla proprieta di monotoniadell’integrale, risulta
m(x− x0) ≤∫ x
x0
f(t) dt ≤M(x− x0)
e dunque dal Teorema del confronto avremo che
limx→x+0
∫ x
x0
f(t) dt = 0
Analogalmente, se a < x < x0 ≤ b si ha che
m(x0 − x) ≤∫ x0
xf(t) dt = −
∫ x
x0
f(t) dt ≤M(x0 − x)
e quindi che
limx→x−0
∫ x
x0
f(t) dt = 0.
Dunque limx→x0
F (x) = F (x0) e F (x) risulta continua in ogni x0 ∈ [a, b]. �
Nell’ipotesi in cui la funzione integranda risulti continua proveremo chela funzione integrale risulta non solo continua ma anche derivabile. Atale risultato premettiamo il seguente risultato
Teorema 6.5. (della media integrale)
Sia f(x) funzione continua in [a, b]. Allora esiste x0 ∈ [a, b] tale che
f(x0) =1
b− a
∫ b
a
f(x) dx
Dim. Poiche f(x) e funzione continua nell’intervallo [a, b], dal Teorema diWeierstrass abbiamo che esistono m = min
[a,b]f(x) e M = max
[a,b]f(x) e per ogni
x ∈ [a, b] risulta m ≤ f(x) ≤M . Dalla proprieta di confronto per l’integralesegue allora che
m(b− a) ≤∫ b
af(x) dx ≤M(b− a)
da cui risulta che m ≤ 1b−a
∫ ba f(x) dx ≤M . Dal Teorema dei valori interme-
di abbiamo che f(x) assume tutti i valori compresi tra m e M , in particolare
avremo allora che esiste x0 ∈ [a, b] tale che f(x0) = 1b−a
∫ ba f(x) dx. �
Utilizzando il precedente risultato proviamo che se l’integranda e fun-zione continua allora la corrispondente funzione integrale e derivabile.
Teorema 6.6. (fondamentale del calcolo integrale)
Sia f(x) funzione continua in [a, b]. Allora la funzione integrale F (x) =∫ xaf(t) dt e derivabile in (a, b) e F ′(x) = f(x) per ogni x ∈ (a, b).
2. TEOREMA FONDAMENTALE DEL CALCOLO INTEGRALE 171
Dim. Dato x0 ∈ (a, b) proviamo che
limh→0
F (x0 + h)− F (x0)
h= f(x0)
A tale scopo osserviamo che dalla proprieta di additivita, per ogni h taleche x0 + h ∈ (a, b) risulta
F (x0 + h)− F (x0)
h=
∫ x0+ha f(t) dt−
∫ x0a f(t) dt
h=
1
h
∫ x0+h
x0
f(t) dt.
Dal Teorema della media integrale abbiamo che esiste xh compreso tra x0
e x0 + h tale che 1h
∫ x0+hx0
f(t) dt = f(xh). Per h → 0 si ha che xh → x0 e
dunque, essendo f(x) continua in x0, avremo che f(xh)→ f(x0). Otteniamoallora che
F ′(x0) = limh→0
F (x0 + h)− F (x0)
h= lim
h→0
1
h
∫ x0+h
x0
f(t) dt
= limh→0
f(xh) = f(x0).
�
Data una funzione f(x) definita in [a, b], una funzione G(x) continuain [a, b], derivabile in (a, b) e tale che G′(x) = f(x) per ogni x ∈ (a, b)e detta primitiva di f(x) in [a, b].
I precedenti risultati provano che se f(x) e continua in [a, b] la funzioneintegrale F (x) =
∫ xaf(t) dt e una primitiva di f(x) in [a, b]. Si osservi
inoltre che se F (x) e una primitiva di f(x) in [a, b] anche la funzioneG(x) = F (x) + c e una primitiva di f(x). Dalla caratterizzazione dellefunzioni costanti segue immediatamente che vale anche il viceversa.
Proposizione 6.1. (Caratterizzazione delle primitive)
Se F (x) e G(x) sono due primitive di f(x) in [a, b] allora esiste c ∈ Rtale che G(x) = F (x) + c per ogni x ∈ [a, b].
Osserviamo che il precedente risultato vale solo in intervalli della rettareale. Ad esempio, abbiamo che arctanx e − arctan 1
xsono primitive di
11+x2
in ogni intervallo [a, b] ⊂ R\{0} ma non esiste alcuna costante c ∈R tale che arctan x = − arctan 1
x+c per ogni x ∈ R\{0}. Risulta infatti
arctanx+arctan 1x
= π2
per ogni x > 0 mentre arctanx+arctan 1x
= −π2
per ogni x < 0.
Utilizzando i precedenti risultati possiamo provare il seguente risultato
Teorema 6.7. (Formula fondamentale del calcolo integrale)
Sia f(x) funzione continua in [a, b] e sia G(x) una sua primitiva in
172 6. FUNZIONI INTEGRABILI
[a, b]. Allora ∫ b
a
f(x) dx = G(b)−G(a) = [G(x)]ba .
Dim. Considerata la funzione integrale F (x) =∫ xa f(t) dt, dal Teorema
fondamentale del calcolo integrale, abbiamo che F (x) e una primitiva di f(x)in [a, b]. Dal Teorema di caratterizzazione delle primitive, si ottiene allorache esiste una costante c ∈ R tale che G(x) = F (x) + c =
∫ xa f(t) dt+ c per
ogni x ∈ [a, b]. Ponendo x = a, essendo F (a) = 0, otteniamo che G(a) = ce dunque
G(x) =
∫ x
af(t) dt+G(a), ∀x ∈ [a, b].
Ponendo x = b otteniamo infine G(b) =∫ ba f(t) dt+G(a) e dunque che vale
G(b)−G(a) =
∫ b
af(t) dt.
�
Ad esempio, osservato che G(x) = x3
3e una primitiva di f(x) = x2 in
[0, 1] ⊂ R, dal precedente Teorema abbiamo che∫ 1
0
x2dx =
[x3
3
]1
0
=1
3.
3. Integrali indefiniti
Dai risultati visti nel precedente paragrafo il problema del calcolo del-l’integrale definito ci porta alla ricerca delle primitive della funzioneintegranda. Diamo allora la seguente definizione.
Data una funzione f(x) continua nell’intervallo [a, b], si dice integraleindefinito di f(x) in [a, b] l’insieme di tutte le primitive di f(x) in [a, b].Indicheremo tale insieme con il simbolo∫
f(x)dx = {F (x) |F (x) primitiva di f(x)}
dove viene sottointeso l’intervallo [a, b] in cui si cercano le primitive (edove f(x) risulta continua).
Osserviamo che dal Teorema di caratterizzazione delle funzioni costantiabbiamo che se G(x) e una primitiva di f(x) in [a, b] allora tutte e solele primitive di f(x) in [a, b] saranno della forma G(x) + c per qualchecostante c ∈ R. Scriveremo allora∫
f(x) dx = G(x) + c, c ∈ R,
3. INTEGRALI INDEFINITI 173
essendo G(x) una qualunque primitiva di f(x), omettendo le parentesiche indicano l’insieme.Quindi ad esempio abbiamo che∫
x2dx =x3
3+ c, c ∈ R
Ricordando le derivate delle funzioni elementari otteniamo i seguentiintegrali immediati.
1.
∫xα dx =
xα+1
α+ 1+ c, α 6= −1
2.
∫1
xdx = log |x|+ c *
3.
∫ex dx = ex + c
4.
∫sinx dx = − cosx+ c
5.
∫cosx dx = sinx+ c
6.
∫1
cos2 xdx = tanx+ c
7.
∫sinhx dx = coshx+ c
8.
∫coshx dx = sinhx+ c
9.
∫1
1 + x2dx = arctanx+ c
10.
∫1√
1− x2dx = arcsinx+ c
11.
∫1√
x2 + 1dx = settsinhx+ c
= log(x+√x2 + 1) + c
12.
∫1√
x2 − 1dx = settcoshx+ c
= log(x+√x2 − 1) + c
Osservato inoltre che dalla regola di derivazione della funzione compo-sta, se G(x) e primitiva di g(x) allora (G(f(x)))′ = g(f(x))f ′(x), nesegue che ∫
g(f(x))f ′(x) dx = G(f(x)) + c.
Quindi, dai precedenti integrali immediati deduciamo i seguenti inte-grali riconducibili ad integrali immediati.
1.
∫f(x)αf ′(x) dx =
f(x)α+1
α+ 1+ c, α 6= −1
2.
∫f ′(x)
f(x)dx = log |f(x)|+ c
3.
∫ef(x)f ′(x) dx = ef(x) + c
4.
∫sin f(x)f ′(x) dx = − cos f(x) + c
* Con tale scrittura si intende che log x e una primitiva di 1x in ogni in-
tervallo [a, b] ⊂ (0,+∞) mentre log(−x) e una primitiva di 1x in ogni intervallo
[a, b] ⊂ (−∞, 0).
174 6. FUNZIONI INTEGRABILI
5.
∫cos f(x)f ′(x) dx = sin f(x) + c
6.
∫sinh f(x)f ′(x) dx = cosh f(x) + c
7.
∫cosh f(x)f ′(x) dx = sinh f(x) + c
8.
∫f ′(x)
1 + f(x)2dx = arctan f(x) + c
9.
∫f ′(x)√
1− f(x)2dx = arcsin f(x) + c
10.
∫f ′(x)√f(x)2 + 1
dx = settsinh f(x)+c = log(f(x)+√f(x)2 + 1)+c
11.
∫f ′(x)√f(x)2 − 1
dx = settcosh f(x)+c = log(f(x)+√f(x)2 − 1)+c
Vediamo qualche esempio
•∫
2xex2+1 dx = ex
2+1 + c,
•∫
sinx cosx dx =sin2 x
2+ c,
•∫
1
2√x
1
1 + xdx = arctan
√x+ c.
Per ricondursi ad integrali del precedente tipo potremo usare la se-guente proprieta di linearita dell’integrale indefinito che segue dallaproprieta di linearita della derivata:∫
αf(x) + βg(x) dx = α
∫f(x) dx+ β
∫g(x) dx, ∀α, β ∈ R
Vediamo qualche esempio.
•∫x2ex
3+2 dx =1
3
∫3x2ex
3+2dx =1
3ex
3+2 + c,
•∫
tanx dx =
∫sinx
cosxdx = −
∫− sinx
cosxdx = − log | cosx|+ c,
•∫
tan3 x dx =
∫tanx tan2 x dx =
∫tanx(tan2 x+ 1)− tanxdx
=
∫tanx(tan2 x+ 1)dx−
∫tanx =
1
2tan2 x+ log | cosx|+ c.
•∫
1
x(x4 + 1)dx =
∫1
x− x3
x4 + 1dx =
∫1
x− 1
4
∫4x3
x4 + 1dx
= log |x| − 1
4log |x4 + 1|+ c
3. INTEGRALI INDEFINITI 175
Dalla regola di derivazione del prodotto di due funzioni (f(x)g(x))′ =f ′(x)g(x) + f(x)g′(x) si ottiene la seguente regola di integrazione perparti ∫
f(x)g′(x) dx = f(x)g(x)−∫f ′(x)g(x) dx,
il termine f(x) nel primo integrale viene detto fattore finito mentre g′(x)viene detto fattore differenziale.
Vediamo qualche esempio notevole.
•∫xex dx = xex −
∫ex dx = xex − ex + c
•∫
log x dx = x log x−∫dx = x log x− x+ c
•∫x2 sinx dx = −x2 cosx+ 2
∫x cosx dx
= −x2 cosx+2x sinx−2
∫sinx dx = −x2 cosx+2x sinx+2 cosx+c
• I =
∫ex cosx dx = ex cosx+
∫ex sinxdx
= ex cosx+ ex sinx−∫ex cosxdxx = ex(cosx+ sinx)− I
da cui I = ex
2(cosx+ sinx) + c
• I =
∫sinx cosxexdx = ex sinx cosx−
∫(cos2 x− sin2 x)exdx
= ex sinx cosx− ex(cos2 x− sin2 x)− 4
∫sinx cosxexdx
= ex(sin2 x+ sinx cosx− cos2 x)− 4Ida cui I = 1
5ex(sin2 x+ sinx cosx− cos2 x) + c
• I =
∫ √1− x2 dx = x
√1− x2 +
∫x2
√1− x2
dx
= x√
1− x2 −∫ √
1− x2dx+
∫1√
1− x2dx
= x√
1− x2 − I + arcsinx
da cui otteniamo I = 12(x√
1− x2 + arcsinx) + c
• I =
∫ √1 + x2 dx = x
√1 + x2 −
∫x2
√1 + x2
dx
= x√
1 + x2 −∫ √
1 + x2dx+
∫1√
1 + x2dx
= x√
1 + x2 − I + settsinhx
176 6. FUNZIONI INTEGRABILI
da cui I = 12(x√
1 + x2 + settsinhx) + c
= 12(x√
1 + x2 + log(x+√
1 + x2)) + c
Come ultimo esempio calcoliamo
∫1
(1 + x2)2dx. Abbiamo∫
1
(1 + x2)2dx =
∫1
1 + x2dx−
∫x2
(1 + x2)2dx
= arctanx+ 12
∫x−2x
(1 + x2)2dx
= arctanx+ 12
x
1 + x2− 1
2
∫1
1 + x2dx
= 12
arctanx+ 12
x
1 + x2+ c
Procedendo con la medesima tecnica, si puo provare la seguente formularicorsiva
In =
∫1
(1 + x2)ndx =
1
2(n− 1)
x
(x2 + 1)n−1+
2n− 3
2(n− 1)In−1, ∀n ∈ N,
essendo I1 = arctanx+ c.
Dalla regola di derivazione delle funzioni composte, si ottiene la se-guente regola di integrazione per sostituzione∫
f(x) dx =
∫f(ϕ(t))ϕ′(t) dt
Formalmente, tramite la sostituzione x = ϕ(t) i termini dell’integraledivengono f(x) = f(ϕ(t)) e dx = ϕ′(t) dt.
Esempi
•∫
tan3 x dx. Ponendo tanx = t da cui x = arctan t e dunque dx =
11+t2
dt otteniamo∫tan3 x dx =
∫t3
1 + t2dt =
∫t− 1
2
2t
1 + t2dt
=t2
2− 1
2log(1 + t2) + c =
tan2 x
2− 1
2log(1 + tan2 x) + c
=1
2tan2 x+ log | cosx|+ c
3. INTEGRALI INDEFINITI 177
•∫
1
2√x+ 1 + x+ 2
dx. Ponendo√x+ 1 = t, da cui x = t2 − 1 e
quindi dx = 2tdt, si ottiene∫1
2√x+ 1 + x+ 2
dx =
∫2t
t2 + 2t+ 1dt
=
∫2t+ 2
t2 + 2t+ 1− 2
(t+ 1)2dt
= log(t2 + 2t+ 1) +2
t+ 1+ c
= log(x+ 2 + 2√x+ 1) +
2√x+ 1 + 1
+ c
•∫
sin2 x cosx
1 + sin xdx. Posto t = sinx da cui dt = cosxdx otteniamo
∫sin2 x cosx
1 + sin xdx =
∫t2
1 + tdt =
∫t− 1 +
1
1 + tdt
=t2
2− t+ log |t+ 1|+ c
=sin2 x
2− sinx+ log(sinx+ 1) + c
•∫
arctan√x dx. Posto t =
√x e quindi x = t2 e dx = 2tdt,
integrando per parti otteniamo∫arctan
√x dx =
∫2t arctan tdt = t2 arctan t−
∫t2
1 + t2dt
= t2 arctan t− t+ arctan t+ c
= x arctan√x−√x+ arctan
√x+ c
•∫ √
1− x2 dx (gia incontrato). Ricordando che cos2 t + sin2 t = 1,
ponendo x = sin t e dunque dx = cos t dt, otteniamo
I =
∫ √1− x2 dx =
∫ √1− sin2 t cos t dt =
∫cos2 t dt
178 6. FUNZIONI INTEGRABILI
ed integrando per parti ne segue che
I =
∫cos2 t dt = sin t cos t+
∫sin2 t dt
= sin t cos t+
∫(1− cos2 t)dt = sin t cos t+ t− I
da cui, essendo x = sin t,√
1− x2 = | cos t| e t = arcsinx,
I =
∫ √1− x2 dx =
1
2(sin t cos t+ t) + c
=1
2(x√
1− x2 + arcsinx) + c
•∫ √
x2 − 1 dx. Ricordando che cosh2 t − sinh2 t = 1, ponendo x =
cosh t e dunque dx = sinh t dt, otteniamo
I =
∫ √x2 − 1 dx =
∫ √cosh2 t− 1 sinh t dt =
∫sinh2 t dt
ed integrando per parti ne segue che
I =
∫sinh2 t dt = sinh t cosh t−
∫cosh2 t dt
= sinh t cosh t−∫
(sinh2 t+ 1)dt = sinh t cosh t− t− I
da cui, essendo x = cosh t,√x2 − 1 = sinh t e t = settcoshx,
I =
∫ √x2 − 1 dx =
1
2(sinh t cosh t− t) + c
=1
2(x√x2 − 1− settcoshx) + c
=1
2(x√x2 − 1− log(x+
√x2 − 1)) + c
•∫
1
(x+ 1)√x2 − 1
dx. Ponendo x = cosh t, dunque t = settcoshx (si
osservi che con tale posizione t > 0) e dt = 1√x2−1
dx, otteniamo∫1
(x+ 1)√x2 − 1
dx =
∫1
cosh t+ 1dt
= 2
∫et
(et − 1)2= − 2
et − 1+ c = − 2
x+√x2 − 1− 1
+ c
essendo settcosh x = log(x+√x2 − 1).
3. INTEGRALI INDEFINITI 179
Vediamo infine il caso notevole di integrazione delle funzioni razionali.
Data una funzione razionale R(x) = P (x)Q(x)
, con P (x) polinomio di grado
m e Q(x) polinomio di grado n. Osserviamo che se m ≥ n e possibiledecomporre R(x) nella forma:
R(x) = P0(x) +P1(x)
Q(x)
dove il polinomio P0(x) e detto parte intera di R(x) e P1(x) e polino-mio di grado m1 < n. Considereremo quindi nel seguito solo funzioni
razionali R(x) = P (x)Q(x)
dove m < n.
Per quanto riguarda la determinazione di una primitiva di una funzionerazionale R(x) iniziamo a considerare il seguente caso
R(x) =αx+ β
x2 + bx+ c.
La tecnica di integrazione di tali funzioni risulta differente a secondadel segno del discriminante ∆ = b2 − 4c.
• ∆ > 0. In questo caso, dette x1 e x2 le due radici reali distinte delpolinomio x2 + bx+ c, potremo scrivere x2 + bx+ c = (x− x1)(x− x2)e si determinano due costanti A,B ∈ R tali che
αx+ β
x2 + bx+ c=
A
x− x1
+B
x− x2
.
Avremo allora∫αx+ β
x2 + bx+ cdx =
∫A
x− x1
dx+
∫B
x− x2
dx
= A log |x− x1|+B log |x− x2|+ c.
Vediamo un esempio.∫dx
x2 + x− 2. Abbiamo ∆ = 9 > 0 e x2 + x − 2 = (x + 2)(x − 1).
Cerchiamo allora due costanti A,B ∈ R tali che
1
x2 + x− 2=
A
x+ 2+
B
x− 1=
(A+B)x+ 2B − A(x+ 2)(x− 1)
.
Le costanti A e B saranno date da{A+B = 0
2A−B = 1⇐⇒
{A = −1
3
B = 13
180 6. FUNZIONI INTEGRABILI
Allora ∫dx
x2 + x− 2= −1
3
∫dx
x+ 2+ 1
3
∫dx
x− 1
= −13
log |x+ 2|+ 13
log |x− 1|+ c.
• ∆ = 0. In questo caso, detta x0 l’unica radice reale del polinomiox2 + bx+ c, potremo scrivere x2 + bx+ c = (x−x0)2. Si procede quindinel seguente modo. Se α = 0 otteniamo immediatamente∫
β
x2 + bx+ cdx =
∫β
(x− x0)2dx = − β
x− x0
+ c.
Mentre se α 6= 0 si procede come segue∫αx+ β
x2 + bx+ cdx =
α
2
∫2x+ 2β
α
x2 + bx+ cdx
=α
2
∫2x+ b
x2 + bx+ cdx+
α
2
∫ 2βα− b
(x− x0)2dx
=α
2log(x2 + bx+ c)−
β − αb2
x− x0
+ c.
In alternativa, si determinano due costanti A,B ∈ R tali che
αx+ β
x2 + bx+ c=
A
x− x0
+B
(x− x0)2
ottenendo∫αx+ β
x2 + bx+ cdx =
∫A
x− x0
dx+
∫B
(x− x0)2dx
= A log |x− x0| −B
x− x0
+ c.
Un esempio e il seguente∫x+ 2
x2 − 4x+ 4dx. Abbiamo ∆ = 0 e x2−4x+4 = (x−2)2. Si procede
nel seguente modo∫x+ 2
x2 − 4x+ 4dx =
1
2
∫2x+ 4
x2 − 4x+ 4dx
=1
2
∫2x− 4
x2 − 4x+ 4dx+
1
2
∫8
(x− 2)2dx
=1
2log(x2 − 4x+ 4)− 4
x− 2+ c.
3. INTEGRALI INDEFINITI 181
In alternativa, si determinano A,B ∈ R tali che
x+ 2
x2 − 4x+ 4=
A
x− 2+
B
(x− 2)2=Ax+B − 2A
(x− 2)2.
Le costanti A e B saranno date da{A = 1
2B − A = 2⇐⇒
{A = 1
B = 4
Allora∫x+ 2
x2 − 4x+ 4dx =
∫dx
x− 2+ 4
∫dx
(x− 2)2= log |x− 2| − 4
x− 2+ c.
• ∆ < 0. In questo caso il polinomio x2 +bx+c risulta indecomponibile(in R) e procediamo nel seguente modo. Se α = 0 otteniamo∫
β
x2 + bx+ cdx = β
∫1
(x2 + bx+ b2
4) + (c− b2
4)dx
= β
∫1
(x+ b2)2 + (c− b2
4)dx
=2β√
4c− b2
∫2√
4c− b2
1
( 2x+b√4c−b2 )2 + 1
dx
=2β√
4c− b2arctan(
2x+ b√4c− b2
) + c.
Mentre se α 6= 0 si procede come segue∫αx+ β
x2 + bx+ cdx = α
2
∫2x+ 2β
α
x2 + bx+ cdx
= α2
∫2x+ b
x2 + bx+ cdx+ α
2
∫2βα−b
x2+bx+cdx
= α2
log(x2 + bx+ c) + (β − αb2
)
∫1
(x2 + bx+ b2
4) + (c− b2
4)dx
= α2
log(x2 + bx+ c) + (β − αb2
) 2√4c−b2
∫2√
4c− b2
1
( 2x+b√4c−b2 )2 + 1
dx
= α2
log(x2 + bx+ c) + 2β−αb√4c−b2 arctan(
2x+ b√4c− b2
) + c
Vediamo un esempio.
182 6. FUNZIONI INTEGRABILI∫x+ 2
x2 − 2x+ 2dx. Abbiamo ∆ = −4 < 0 e procediamo nel seguente
modo∫x+ 2
x2 − 2x+ 2dx =
1
2
∫2x+ 4
x2 − 2x+ 2dx
=1
2
∫2x− 2
x2 − 2x+ 2dx+
1
2
∫6
x2 − 2x+ 2dx
=1
2log(x2 − 2x+ 2) + 3
∫1
(x2 − 2x+ 1) + 1dx
=1
2log(x2 − 2x+ 2) + 3
∫1
(x− 1)2 + 1dx
=1
2log(x2 − 2x+ 2) + 3 arctan(x− 1) + c.
Nel caso di funzioni razionali del tipo R(x) = P (x)Q(x)
con Q(x) polinomio
di grado 3, si procedera come nei seguenti esempi che illustrano lediverse situazioni (a seconda degli zeri del polinomio a denominatoreQ(x)) che si possono incontrare in questo caso.
•∫
x
(x− 1)(x− 2)(x− 3)dx. Determiniamo A,B,C ∈ R tali che
x
(x− 1)(x− 2)(x− 3)=
A
x− 1+
B
x− 2+
C
x− 3.
Si ottiene A = 12, B = −2, C = 3
2e quindi∫
x
(x− 1)(x− 2)(x− 3)dx = 1
2
∫1
x− 1dx− 2
∫1
x−2dx+
3
2
1
x− 3dx
=1
2log |x− 1| − 2 log |x− 2|+ 3
2log |x− 3|+ c
•∫x2 − x+ 1
x(x− 1)2dx. Determiniamo A,B,C ∈ R tali che
x2 − x+ 1
x(x− 1)2=A
x+
B
x− 1+
C
(x− 1)2.
Si ottiene A = 1, B = 0, C = 1 e quindi∫x2 − x+ 1
x(x− 1)2dx =
∫1
xdx+
∫1
(x− 1)2dx = log |x| − 1
x− 1+ c
3. INTEGRALI INDEFINITI 183
•∫
x2 + x
(x+ 1)3dx. Determiniamo A,B,C ∈ R tali che
x2 + 2x
(x+ 1)3=
A
x+ 1+
B
(x+ 1)2+
C
(x+ 1)3.
Si ottiene A = 1, B = 0, C = −1 e quindi∫x2 + 2x
(x+ 1)3dx =
∫1
x+ 1dx−
∫1
(x+ 1)3dx = log |x+1|+ 1
2
1
(x+ 1)2+c
•∫
x− 2
(x− 1)(x2 − 2x+ 2). Osservato che (x2 − 2x + 2) non ammette
radici reali, determiniamo A,B,C ∈ R tali che
x− 2
(x− 1)(x2 − 2x+ 2)=
A
x− 1+
Bx+ C
x2 − 2x+ 2.
Si ottiene A = −1, B = 1, C = 0 e quindi, per quanto visto neiprecedenti esempi∫
x− 2
(x− 1)(x2 − 2x+ 2)dx = −
∫1
x− 1dx+
∫x
x2 − 2x+ 2dx
= − log |x− 1|+ 1
2log(x2 − 2x+ 2) + arctan(x− 1) + c
Nel caso di funzioni razionali del tipo R(x) = P (x)Q(x)
con Q(x) polinomio
di grado maggiore di 3, le situazioni che si potranno incontrare saran-no chiaramente piu numerose. Tali casi si tratteranno essenzialmentecome negli esempi precedenti.
Ad esempio, per calcolare
∫x+ 2
(x− 1)2(x+ 1)xdx, determiniamo le co-
stanti A,B,C,D ∈ R tali che
x
(x− 1)2(x+ 1)x=
A
x− 1+
B
(x− 1)2+
C
x+ 1+D
x.
Si ottiene A = −53, B = 3
2, C = −1
2e D = 2 e quindi, per quanto visto
nei precedenti esempi∫x+ 2
(x− 1)2(x+ 1)xdx = −5
3
∫1
x− 1dx+ 3
2
∫1
(x− 1)2dx+
− 12
∫1
x+ 1dx+ 2
∫1
xdx
= −53
log |x− 1| − 32
1
x− 1+
− 12
log |x+ 1|+ 2 log |x|+ c
184 6. FUNZIONI INTEGRABILI
Fanno eccezione i casi in cui il polinomio Q(x) contiene un terminedella forma (x2 + 1)n, con n ≥ 2, o riconducibili a tale forma. In talisituazioni si utilizzera la seguente formula ricorsiva
In =
∫1
(x2 + 1)ndx =
1
2(n− 1)
x
(x2 + 1)n−1+
2n− 3
2(n− 1)In−1, ∀n ≥ 2
osservato che
I1 =
∫1
x2 + 1dx = arctanx+ c
Vediamo un esempio. Calcoliamo
∫x2 + x
(x2 − 2x+ 5)2dx.
Osservato che x2 − 2x + 5 non ammette radici reali, si procede nelseguente modo. Determiniamo innanzitutto A,B,C,D ∈ R tali che
x2 + x
(x2 − 2x+ 5)2=
Ax+B
x2 − 2x+ 5+
Cx+D
(x2 − 2x+ 5)2
Si ottiene A = 0, B = 1, C = 3, D = −5. Inoltre, osservato che
x2 − 2x+ 5 = (x− 1)2 + 4 = 4[(x− 1
2)2 + 1],
dalla precedente formula con n = 2 si ottiene∫1
(x2 − 2x+ 5)2dx = 1
8
∫12
1[(x−1
2)2 + 1
]2dx= 1
8
[12
x−12
(x−12
)2 + 1+ 1
2arctan(
x− 1
2)
]+ c
= 18
[x− 1
x2 − 2x+ 5+ 1
2arctan(
x− 1
2)
]+ c
Allora, utilizzando le tecniche gia sfruttate nei precedenti esempi con-cludiamo∫
x2 + x
(x2 − 2x+ 5)2dx =
∫1
x2 − 2x+ 5dx+
∫3x− 5
(x2 − 2x+ 5)2dx =
= 12
∫12
dx
(x−12
)2 + 1+ 3
2
∫2x− 2
(x2 − 2x+ 5)2dx− 2
∫dx
(x2 − 2x+ 5)2
= 12
arctan(x−12
)−32
x2 − 2x+ 5− 1
4
[x− 1
x2 − 2x+ 5+ 1
2arctan(x−1
2)
]+ c
= 38
arctan(x−12
)− 14
x+ 5
x2 − 2x+ 5+ c.
Infine, indicando con R una funzione razionale dell’argomento in pa-rentesi, si possono razionalizzare i seguenti integrali mediante le sosti-tuzioni indicate:
4. CALCOLO DI INTEGRALI DEFINITI: AREE E LUNGHEZZE 185
(i)
∫R(x, n
√ax+bcx+d
) dx si pone t = n
√ax+bcx+d
(da cui x = dtn−b−ctn+a
e dx =
ad−bc(−ctn+a)2
ntn−1 dt);
(ii)
∫R(x,
√ax2 + bx+ c) dx, a > 0, poniamo
√ax+t =
√ax2 + bx+ c
e quindi x = t2−cb−2√at
;
(iii)
∫R(x,
√ax2 + bx+ c) dx con a < 0, ci si riconduce al caso (i)
osservato che ax2 + bx+ c = a(x−α)(x−β) e quindi√ax2 + bx+ c =
√−a(x− α)
√β−xx−α ;
(iv)
∫R(x,
√ax+ b,
√cx+ d) dx ci si riconduce al caso (ii) ponendo
t =√ax+ b, quindi x = t2−b
ae dx = 2
at dt;
(v)
∫R(sinx, cosx, tanx) dx ponendo t = tan(x
2) si ottiene cosx =
1−t21+t2
, sin x = 2t1+t2
, tan x = 2t1−t2 e dx = 2
t2+1dt;
(vi)
∫R(sin2 x, cos2 x, tanx) dx, ponendo t = tanx si ottiene cos2 x =
1t2+1
, sin2 x = t2
t2+1e dx = 1
t2+1dt.
Vediamo un esempio di integrale della forma (v). Consideriamo l’in-
tegrale
∫tanx
sinx− cosxdx. Utilizzando la sostituzione consigliata otte-
niamo ∫tanx
sinx− cosxdx =
∫2t
1− t21
2t1+t2− 1−t2
1+t2
2
1 + t2dt
= 4
∫t
(1− t2)(t2 + 2t− 1)dt
e l’ultimo integrale si potra risolvere determinando A,B,C,D ∈ R taliche
t
(1− t2)(t2 + 2t− 1)=
A
1− t+
B
1 + t+
C
t+ 1−√
2+
D
t+ 1 +√
2
essendo t2 + 2t− 1 = (t+ 1−√
2)(t+ 1 +√
2).
4. Calcolo di integrali definiti: aree e lunghezze
Torniamo agli integrali definiti di funzioni continue∫ baf(x) dx. Dalla
formula fondamentale del calcolo integrale abbiamo visto che se G(x)
e una primitiva di f(x) in [a, b] allora∫ baf(x) dx = G(b) − G(a) =
186 6. FUNZIONI INTEGRABILI
[G(x)]ba. Ne segue allora che una volta determinato, utilizzando letecniche sviluppate nel precedente paragrafo, l’integrale
∫f(x) dx =
G(x) + c, potremo applicare la formula fondamentale per il calcolo del-
l’integrale definito. Ad esempio, per calcolare∫ 2
1log xdx, ricordando
che∫
log x dx = x log x− x+ c, otteniamo∫ 2
1
log xdx = [x log x− x]21 = 2 log 2− 2 + 1 = 2 log 2− 1
In alternativa, potremo calcolare direttamente l’integrale definito notele primitive delle funzioni elementari e utilizzando le corrispondentiregola di integrazione per parti∫ b
a
f(x)g′(x)dx = [f(x)g(x)]ba −∫ b
a
f ′(x)g(x) dx
e regola di integrazione per sostituzione∫ b
a
f(x)dx =
∫ ϕ−1(b)
ϕ−1(a)
f(ϕ(t))ϕ′(t) dt
Ad esempio, applicando la regola di integrazione per parti per l’inte-grale definito otteniamo∫ 2π
0
cos2 xdx = [sinx cosx]2π0 +
∫ 2π
0
sin2 x dx =
∫ 2π
0
(1− cos2 x) dx
= [x]2π0 −∫ 2π
0
cos2 x dx = 2π −∫ 2π
0
cos2 x dx
da cui∫ 2π
0cos2 xdx = π (si noti che al risultato si poteva arrivare
direttamente osservato che per simmetria∫ 2π
0cos2 x dx =
∫ 2π
0sin2 x dx
e dunque∫ 2π
0cos2 x dx = 1
2
∫ 2π
0cos2 x+ sin2 x dx = 1
2
∫ 2π
0dx = π) .
Per calcolare l’integrale
∫ 1
0
arcsinx dx, potremo invece operare la so-
stituizione t = arcsinx da cui x = sin t = ϕ(t). Allora ϕ′(t) = cos t eϕ(t) = 0 se t = 0 e ϕ(t) = 1 se t = π
2. Quindi∫ 1
0
arcsinx dx =
∫ π2
0
t cos t dt = [t sin t]π20 −
∫ π2
0
sin t dt
=π
2+ [cos t]
π20 =
π
2− 1
Vediamo infine come applicare tali tecniche per il calcolo di aree diregioni piane. Ricordando che se f(x) ≥ 0 per ogni x ∈ [a, b] allora
4. CALCOLO DI INTEGRALI DEFINITI: AREE E LUNGHEZZE 187∫ b
a
f(x) dx indica l’area della regione del piano compresa tra il grafico
di f(x) e l’asse delle ascisse in [a, b], calcoliamo l’area A di un disco diraggio r > 0. Abbiamo che
A = 2
∫ r
−r
√r2 − x2 dx = 2r
∫ r
−r
√1− x2
r2dx
e ponendo t = xr
otteniamo
A = 2r2
∫ 1
−1
√1− t2 dt = r2
[t√
1− t2 + arcsin t]1
−1= πr2
Come ulteriore esempio, vogliamo determinare l’area A della regionedel piano compresa tra il grafico di f(x) = cosx e g(x) = sinx in[0, π]. Osserviamo allora che tale area si otterra in generale calcolandol’integrale ∫ b
a
|f(x)− g(x)| dx
Allora, utilizzando la proprieta di additivita dell’integrale otteniamo
A =
∫ π
0
| cosx− sinx| dx =
∫ π4
0
cosx− sinx dx+
∫ π
π4
sinx− cosx dx
= [sinx+ cosx]π40 − [cosx+ sinx]ππ
4=√
2− 1− (−1−√
2) = 2√
2
Un’ulteriore applicazione degli integrali definiti si ha nel calcolo dellalunghezza di una curva. Difatti, considerata una funzione f(x) continuain [a, b] e derivabile in (a, b), abbiamo che la curva y = f(x) in [a, b] halunghezza pari a
L =
∫ b
a
√1 + (f ′(x))2 dx
Ad esempio, si vuole calcolare la lunghezza L dell’arco di parabolay = x2 in [0, 1]. Abbiamo
L =
∫ 1
0
√1 + 4x2 dx
e ponendo t = 2x, otteniamo
L =1
2
∫ 2
0
√1 + t2 dt =
1
4
[t√
1 + t2 + log(t+√
1 + t2)]2
0
=1
4(2√
5 + log(2 +√
5))
188 6. FUNZIONI INTEGRABILI
Per esercizio, verificare che l’area dell’ellisse x2
a2+ y2
b2= 1 e πab e la
lunghezza della circonferenza x2 + y2 = r2 e 2πr.
5. ESERCIZI 189
5. Esercizi
Calcolare i seguenti integrali immediati
1.
∫cosx sin3 x dx
2.
∫1
x2e
1x dx
3.
∫x2
x3 + 2dx
4.
∫sinx
1 + cos2 xdx
5.
∫x+ 1√1 + x2
dx
6.
∫x3 cos(x4) dx
7.
∫1
x(1 + log2 x)dx
8.
∫sinh√x√
xdx
9.
∫sinx cos3 x dx
10.
∫x√
2− x2dx
Calcolare i seguenti integrali utilizzando la regola di integrazione perparti
1.
∫x2 arctan
1
xdx *
2.
∫log(x2 − 2x+ 2)
x2dx *
3.
∫arctan(x− 1)
x2dx *
4.
∫ 2π
0|x− π| cosx dx *
5.
∫ π
0| sinx− 1
2| cosx dx *
6.
∫1
x2arctan(
x− 1
x+ 1) dx *
7.
∫ 1
0x log(1 +
√x) dx *
8.
∫ π
0ex cosx sinx dx *
9.
∫ π4
π6
log(sinx)sinx
cos3 xdx *
10.
∫ 1
0x2 arctanx dx *
11.
∫ 1
0x arcsinx dx *
12.
∫ 1
0x arctan2 x dx *
Calcolare i seguenti integrali utilizzando la regola di integrazione persostituzione
1.
∫x3√
1− x2 dx *
2.
∫ 1
0
x3
√1 + x2
dx *
3.
∫ 1
0
log2(2x+ 1)
(2x+ 1)3dx *
4.
∫ 1
0x log2(x+ 1) dx *
5.
∫ 1
0arctan
√x dx *
6.
∫ 1
0x√
1 + x2 log(1 + x2)dx
7.
∫ √8
√3
√x2 + 1
xdx *
8.
∫ π2
0cosx
√1− sinx
1 + sinxdx *
190 6. FUNZIONI INTEGRABILI
Calcolare i seguenti integrali di funzioni razionali:
1.
∫x2 − xx+ 1
dx
2.
∫2x− 3
x2 − x− 2dx
3.
∫x
(x− 2)2dx
4.
∫x
x2 + x+ 1dx
5.
∫1
x2 + 2x+ 2dx
6.
∫3x+ 1
x2 − 5x+ 6dx
7.
∫−x+ 2
(x+ 2)(x− 1)dx
8.
∫x2 − 4
x2(x2 + 4)dx
9.
∫1
x2(x2 + 1)dx
10.
∫1
1− x4dx
11.
∫x2 − 1
(x+ 2)(x2 + 1)dx
12.
∫x
(x− 1)(x2 + 2x+ 5)2dx
13.
∫1
(x− 2)2(x2 + 4)2
14.
∫1
(x− 1)(x2 + 1)2dx
15.
∫x2 + x− 1
(x2 + 2x+ 2)3dx
16.
∫ 1
−1/2
1
2x2 + 2x+ 5dx
17.
∫ 1
0
x
(2x+ 1)2dx
18.
∫ √3−1
0
x2+1(x+1)(x2+2x+2)
dx *
19.
∫ 1
0log(2x2 − 2x+ 1) dx
20.
∫ 1
0log(4x2 − 2x+ 1) dx
21.
∫ −3
−4arctan
x+ 3
x+ 5dx
22.
∫1
ex(ex + 1)dx *
Calcolare i seguenti integrali utilizzando le sostituzioni consigliate
1.
∫3
√2x+ 1
5x+ 2dx
2.
∫x+ 3√x+ 1
2x+ x2dx
3.
∫1 + x
1−√
2x+ 1dx
4.
∫ √x
x− 1dx
5.
∫x2
√2x
x+ 3dx
6.
∫1−√x2 + 1
1 + 2xdx
7.
∫x−
√x(x+ 1)
x2 + 1dx
8.
∫ √x+ 1 + x
x+√
2x− 1dx
9.
∫sinx+ cosx
2 sinx− 3 cosxdx
10.
∫cos2 x− 2 sin2 x
(tan2 x+ 1)2dx
CAPITOLO 7
Integrali impropri
Nel precedente capitolo abbiamo visto la definizione di integrale defi-nito per funzioni limitate in intervalli chiusi e limitati. In particolare,abbiamo visto che una funzione continua in un intervallo chiuso e li-mitato [a, b] risulta ivi integrabile. Vediamo ora di estendere tale de-finizione al caso di funzioni continue in intervalli non necessariamentechiusi e limitati, quindi in particolare anche al caso di funzioni nonnecessariamente limitate su tali intervalli.
1. Integrali impropri su intervalli limitati
Consideriamo innanzitutto il caso di funzioni continue in intervalli limi-tati non chiusi. Sia quindi f(x) funzione continua nell’intervallo [a, b)e notiamo che per ogni c ∈ (a, b), f(x) risulta continua, e dunque in-tegrabile, in [a, c]. Esiste dunque
∫ caf(x) dx per ogni c ∈ (a, b) e viene
naturale chiedersi se esiste il limite per c → b− di tale integrale. Sipone allora la seguente definizione.
Data una funzione f(x) continua in [a, b), diciamo integrale impropriodi f(x) in [a, b) il limite, se esiste,
limc→b−
∫ c
a
f(x) dx
e denoteremo tale limite con∫ baf(x) dx. Se tale limite esiste finito,
l’integrale improprio si dice convergente e la funzione f(x) integrabile insenso improprio su [a, b). Se tale limite esiste ma e infinito, l’integraleimproprio si dice divergente.
Osserviamo che se f(x) risulta continua in [a, b] allora, per il Teorema dicontinuita della funzione integrale, esiste finito il limite lim
c→b−
∫ caf(x) dx
e questo coincide con l’integrale di Riemann∫ baf(x) dx, cio motiva
l’utilizzo della medesima notazione per indicare sia l’integrale improprioche l’integrale di Riemann.
Ad esempio, abbiamo
limc→1−
∫ c
0
1
1− xdx = lim
c→1−[− log(1− x)]c0 = lim
c→1−− log(1− c) = +∞
191
192 7. INTEGRALI IMPROPRI
e dunque che esiste l’integrale improprio∫ 1
01
1−xdx ed e divergente.Analogalmente, data una funzione f(x) continua in (a, b], diciamointegrale improprio di f(x) in (a, b] il limite, se esiste,
limc→a+
∫ b
c
f(x) dx
e denoteremo tale limite con∫ baf(x) dx. Se tale limite esiste finito,
l’integrale improprio si dice convergente e la funzione f(x) si dice inte-grabile in senso improprio su (a, b]. Se tale limite esiste ma non e finito,l’integrale improprio si dice divergente.
Vediamo un esempio. Calcolare, se esiste,∫ 1
0x√
1−x2dx. Osserviamo che
la funzione integranda f(x) = x√1−x2 e continua in [0, 1). Per calcolare
l’integrale applichiamo la definizione:∫ 1
0
x√1− x2
dx = limc→1−
∫ c
0
x√1− x2
dx
= limc→1−
[−√
1− x2]c
0= lim
c→1−1−√
1− c2 = 1
Quindi f(x) e integrabile in senso improprio in (0, 1].
Come esempio notevole consideriamo la funzione f(x) = 1xp
con p > 0,continua in (0, 1]. Per ogni ε > 0 abbiamo∫ 1
ε
1
xpdx =
1− ε1−p
1− pse p 6= 1
− log ε se p = 1.
Quindi ∫ 1
0
1
xpdx = lim
ε→0+
∫ 1
ε
1
xpdx =
1
1− pse p < 1
+∞ se p ≥ 1.
Dunque l’integrale improprio∫ 1
0dxxp
e convergente se p < 1 ed e diver-
gente se p ≥ 1. In particolare, la funzione f(x) = 1xp
e integrabile insenso improprio su (0, 1] se e solo se p < 1.
Mediante una semplice sostituzione, dal precedente esempio si deduce
che gli integrali∫ ba
dx(x−a)p
e∫ ba
dx(b−x)p
convergono se e solo se p < 1.
Una funzione f(x) continua in (a, b) si dice integrabile in senso impropriosu (a, b) se risulta integrabile in senso improprio su (a, c] e su [c, b) per
1. INTEGRALI IMPROPRI SU INTERVALLI LIMITATI 193
qualche c ∈ (a, b). In tal caso poniamo∫ b
a
f(x) dx =
∫ c
a
f(x) dx+
∫ b
c
f(x) dx
e l’integrale improprio sara convergente se risultano convergenti en-trambi gli integrali in cui e stato decomposto.
Infine, una funzione f(x) continua in [a, b] \{x0} (non necessariamentelimitata in [a, b] \ {x0}) si dice integrabile in senso improprio su [a, b] serisulta integrabile in senso improprio su [a, x0) e su (x0, b]. In tal casoponiamo ∫ b
a
f(x) dx =
∫ x0
a
f(x) dx+
∫ b
x0
f(x) dx
In particolare, l’integrale improprio sara convergente se convergonoentrambi gli integrali in cui e stato decomposto.
Come esempio consideriamo∫ 1
−11xdx. La funzione f(x) = 1
xe continua
in [−1, 1] \ {0} e risultera integrabile in senso improprio su [−1, 1] serisulta integrabile in senso improprio su [−1, 0) e su (0, 1]. Abbiamo
che∫ 1
01xdx e divergente e quindi che f(x) = 1
xnon e integrabile in
senso improprio su [−1, 1]. Osserviamo che risulta invece finito il valoreprincipale secondo Cauchy di 1
xin [−1, 1] definito come*
v .p.
∫ 1
−1
1
x= lim
ε→0+
∫ −ε−1
1
xdx+
∫ 1
ε
1
xdx = lim
ε→0+[log |x|]−ε−1 + [log |x|]1ε
= limε→0+
log ε− log ε = 0.
Vediamo ora dei criteri che ci permetteranno di stabilire la conver-genza di un integrale improprio anche nei casi in cui non e possibiledeterminare una primitiva esplicita delle funzione integranda. Nei se-guenti risultati si considerano funzioni continue nell’intervallo [a, b) maanaloghi risultati valgono per funzioni continue nell’intervallo (a, b].
* In generale, si dice valore principale secondo Cauchy di una funzione f(x)continua in [a, b] \ {x0} il limite, se esiste
limε→0+
(∫ x0−ε
a
f(x) dx+
∫ b
x0+ε
f(x) dx
)
e viene denotato con v .p.∫ baf(x) dx. Tale concetto generalizza quello di inte-
grale improprio, in cui si chiede che esistano finiti separatamente i due limiti
limε→0+
∫ x0−ε
a
f(x) dx e limε→0+
∫ b
x0+ε
f(x) dx.
194 7. INTEGRALI IMPROPRI
Teorema 7.1. (Criterio del Confronto)
Siano f(x) e g(x) funzioni continue nell’intervallo [a, b) tali che
0 ≤ f(x) ≤ g(x) per ogni x ∈ [a, b).
Se∫ bag(x) dx converge allora
∫ baf(x) dx converge mentre se
∫ baf(x) dx
diverge allora∫ bag(x) dx diverge.
Dim. Consideriamo le funzioni integrali F (x) =∫ xa f(t) dt e G(x) =∫ x
a g(t) dt ed osserviamo che, se esistono,∫ b
af(x) dx = lim
x→b−F (x) e
∫ b
ag(x) dx = lim
x→b−G(x). (13)
Per il Teorema fondamentale del calcolo integrale, le funzioni F (x) e G(x)risultano derivabili in (a, b) con F ′(x) = f(x) e G′(x) = g(x) per ognix ∈ (a, b). Essendo 0 ≤ f(x) ≤ g(x) per ogni x ∈ (a, b), avremo allora cheF (x) e G(x) risultano monotone crescenti in (a, b) e dal Teorema sul limitedelle funzioni monotone, otteniamo che esistono i limiti
limx→b−
F (x) = supx∈[a,b)
F (x) e limx→b−
G(x) = supx∈[a,b)
G(x) (14)
Essendo f(x) ≤ g(x) per ogni x ∈ [a, b), dalla proprieta di monotonia del-
l’integrale di Riemann, risulta inoltre che F (x) ≤ G(x) per ogni x ∈ [a, b).
La tesi segue allora osservando che se∫ ba g(x) dx converge, da (14) risulta
supx∈[a,b)G(x) ∈ R ed essendo F (x) ≤ G(x) per ogni x ∈ [a, b), si ottiene che
supx∈[a,b) F (x) ∈ R. Quindi, da (13) e (14), segue che∫ ba f(x) dx converge.
D’altra parte, se∫ ba f(x) dx diverge, allora da (13) e (14), supx∈[a,b) F (x) =
+∞ e dunque, essendo F (x) ≤ G(x) per ogni x ∈ [a, b), che supx∈[a,b)G(x) =
+∞. Quindi, sempre da (13) e (14), che∫ ba g(x) dx diverge. �
Si osservi che ragionando come nella precedente dimostrazione, si hache se f(x) e funzione continua e di segno costante in [a, b), allorala funzione integrale F (x) =
∫ xaf(t) dt e funzione monotona e quin-
di esiste l’integrale improprio∫ baf(x) dx = lim
x→b−F (x), convergente o
divergente.
Se invece f(x) e funzione continua in [a, b) ma non ha segno costante,potremo usare il seguente risultato.
Corollario 7.1. (Convergenza assoluta)
Sia f(x) funzione continua in [a, b). Se∫ ba|f(x)| dx e convergente
allora∫ baf(x) dx e convergente.
1. INTEGRALI IMPROPRI SU INTERVALLI LIMITATI 195
Dim. Per ogni x ∈ [a, b), consideriamo le funzioni f+(x) = max{f(x); 0}(parte positiva) e f−(x) = max{−f(x); 0} (parte negativa). Osserviamo chetali funzioni risultano non negative e che f(x) = f+(x)− f−(x) da cui
|f(x)| = f+(x) + f−(x) per ogni x ∈ [a, b),
quindi
0 ≤ f−(x) ≤ |f(x)| e 0 ≤ f+(x) ≤ |f(x)| ∀x ∈ [a, b).
Essendo∫ ba |f(x)| dx convergente, dal criterio del confronto segue ha che∫ b
a f+(x) dx e∫ ba f−(x) dx sono convergenti. Allora, dalla definizione di
integrale improprio essendo f(x) = f+(x)− f−(x) per ogni x ∈ [a, b), si
ottiene che anche∫ ba f(x) dx converge. �
Se l’integrale∫ ba|f(x)| dx converge, l’integrale
∫ baf(x) dx si dice assolu-
tamente convergente. Il precedente corollario afferma che la convergenzaassoluta implica la convergenza, ma non vale in generale il viceversa.
Osserviamo che se f(x) e funzione continua e limitata in [a, b) alloraf(x) risulta integrabile in senso improprio in [a, b). Infatti, sia M > 0tale che |f(x)| ≤ M per ogni x ∈ [a, b). Allora, essendo g(x) = Mfunzione integrabile in [a, b), dal criterio del confronto otteniamo che∫ ba|f(x)| dx risulta convergente e dunque, dal precedente risultato, che∫ b
af(x) dx converge.
Dalla precedente osservazione segue allora
Corollario 7.2. Se f(x) e continua su [a, b) ed esiste limx→b−
f(x) ∈ R
allora l’integrale∫ baf(x) dx risulta convergente.
Dim. Per provare la tesi, dalle precedenti osservazioni e sufficiente verificare
che la funzione risulta limitata in [a, b). Infatti, poiche limx→b−
f(x) = ` ∈ R,
dalla definizione di limite esiste δ ∈ (0, b − a) tale che per ogni x ∈ (δ, b)
risulta ` − 1 ≤ f(x) ≤ ` + 1. Inoltre, essendo f(x) continua in [a, δ], dal
Teorema di Weierstrass esistono m,M ∈ R tali che m ≤ f(x) ≤M per ogni
x ∈ [a, δ]. Scelti allora M = max{`+ 1;M} e m = min{`− 1;m}, per ogni
x ∈ [a, b) risulta m ≤ f(x) ≤ M e dunque che f(x) risulta limitata in [a, b).
�
Esempi
•∫ 1
0
sinx
xdx. La funzione f(x) = sinx
xe continua in (0, 1] e lim
x→0+f(x) =
1. Dal Corollario 7.2 segue che∫ 1
0sinxx
converge.
196 7. INTEGRALI IMPROPRI
•∫ 1
0
tanx
x3dx. La funzione f(x) = tanx
x3e continua in (0, 1] e risulta
limx→0+
f(x) = +∞. Ricordando che tan x > x per ogni x ∈ (0, π2),
otteniamo
f(x) =tanx
x3>
x
x3=
1
x2∀x ∈ (0, 1]
ed essendo∫ 1
01x2dx divergente, dal criterio del confronto si deduce che
anche l’integrale dato diverge.
•∫ 2
1
(log x)23
x− 1dx. La funzione f(x) = (log x)
23
x−1e funzione continua e
positiva in (1, 2] e limx→1+
f(x) = +∞. Osservato che, essendo log x
funzione concava e y = x − 1 la retta tangente in x0 = 1, risultalog x ≤ x− 1 per ogni x > 0, per x > 1 otteniamo
f(x) =(log x)
23
x− 1≤ (x− 1)
23
x− 1=
1
(x− 1)13
∀x ∈ (1, 2].
Essendo∫ 2
11
(x−1)13dx convergente, dal criterio del confronto si deduce
che anche l’integrale dato e convergente.
•∫ 1
0
sin 1x√xdx. La funzione f(x) =
sin 1x√x
e continua in (0, 1] e ma
non esiste limx→0+
f(x). Ricordando che | sin 1x| ≤ 1 per ogni x ∈ (0, 1],
otteniamo
|f(x)| ≤ 1√x∀x ∈ (0, 1]
ed essendo∫ 1
01√xdx convergente, dal criterio del confronto segue che
l’integrale dato converge assolutamente e dunque, dal Teorema sullaconvergenza assoluta, converge.
•∫ 1
0
e1x
xdx. La funzione f(x) = e
1x
xe continua e positiva in (0, 1] e
limx→0+
f(x) = +∞. Dal limite notevole limy→+∞
ey
y= +∞, abbiamo che
limx→0+
xe1x = +∞
In particolare ne segue che esiste δ > 0 tale che per ogni x ∈ (0, δ)
si ha xe1x > 1 da cui e
1x > 1
xe quindi f(x) > 1
x2. Essendo
∫ 1
01x2dx
divergente, dal criterio del confronto si deduce che anche l’integraledato diverge.
Dal criterio del confronto e dalla definizione di limite si ottiene
1. INTEGRALI IMPROPRI SU INTERVALLI LIMITATI 197
Corollario 7.3. (Criterio del confronto asintotico)
Siano f(x) e g(x) funzioni continue e di segno costante in [a, b). Allora
1. se limx→b−
f(x)
g(x)= 0 e
∫ bag(x) dx e convergente allora
∫ baf(x) dx
e convergente,
2. se limx→b−
f(x)
g(x)= ∞ e
∫ bag(x) dx e divergente allora
∫ baf(x) dx
e divergente,
3. se limx→b−
f(x)
g(x)= ` ∈ R \ {0} (in particolare, se f(x) ∼ g(x)
per x→ b−) allora∫ baf(x) dx e
∫ bag(x) dx hanno il medesimo
carattere.
Dim. Possiamo limitarci a considerare il caso in cui f(x) e g(x) risultanonon negative in [a, b).
1. Dalla definizione di limite, poiche f(x)g(x) → 0 per x→ b−, sia δ ∈ (0, b− a)
tale che |f(x)g(x) | ≤ 1 per ogni x ∈ (b− δ, b). Si ottiene quindi che 0 ≤ f(x) ≤
g(x) per ogni x ∈ (b − δ, b) e dunque, dal Criterio del confronto, essendo∫ ba g(x) dx convergente, deduciamo che anche
∫ ba f(x) dx converge.
2. Essendo limx→b−
f(x)
g(x)= +∞, abbiamo che esiste δ ∈ (0, b − a) tale che
f(x)g(x) ≥ 1 per ogni x ∈ (b− δ, b). Allora, essendo le funzioni non negative, si
ottiene che 0 ≤ g(x) ≤ f(x) per ogni x ∈ (b− δ, b) e dunque, dal Criterio del
confronto, essendo∫ ba g(x) dx divergente, deduciamo che anche
∫ ba f(x) dx
diverge.
3. Poiche limx→b−
f(x)
g(x)= ` 6= 0 e le funzioni sono non negative, dal Teorema
della permanenza del segno abbiamo che ` > 0. Sia allora δ ∈ (0, b− a) taleche
`
2≤ f(x)
g(x)≤ 3`
2∀x ∈ (b− δ, b).
da cui, essendo le funzioni non negative, si ottiene che 0 ≤ `2g(x) ≤ f(x) ≤
3`2 g(x) per ogni x ∈ (b−δ, b) e dunque, dal Criterio del confronto,
∫ ba f(x) dx
risulta convergente se e solo se e tale∫ ba g(x) dx. �
Dal precedente criterio abbiamo allora che se f(x) e funzione continuae di segno costante in [a, b) allora
limx→b−
f(x)1
(b−x)p
=
0 con p < 1, allora
∫ baf(x) dx converge
∞ con p ≥ 1, allora∫ baf(x) dx diverge
` ∈ R \ {0}, allora∫ baf(x) dx converge ⇐⇒ p < 1
198 7. INTEGRALI IMPROPRI
Utilizzando il concetto di ordine di infinito per x → b−, possiamoaffermare
• se Ord(f(x)) = p con p < 1 per x→ b−, allora∫ baf(x) dx converge;
• se Ord(f(x)) = p con p ≥ 1 per x→ b−, allora∫ baf(x) dx diverge.
Analoghi criteri valgono nel caso di integrali di funzioni continue inintervalli del tipo (a, b].
Esempi
•∫ 1
0
e1x
xdx. La funzione f(x) = e
1x
xe continua in (0, 1] con lim
x→0+f(x) =
+∞. Dal limite notevole limy→+∞
ey
yα= +∞ per ogni α ∈ R, si ottiene
che per ogni p > 0 risulta
limx→0+
f(x)1xp
= limx→0+
e1x
1xp−1
= +∞.
Scegliendo p ≥ 1, il Criterio del confronto asintotico ci permette diconcludere che l’integrale dato diverge.Si osservi che dal precedente confronto otteniamo che Ord(f(x)) > pper ogni p > 0 ed in particolare che Ord(f(x)) > 1.
•∫ 1
0
log x√xdx. La funzione f(x) = log x√
xe continua in (0, 1] e lim
x→0+f(x) =
−∞. Ricordando che limx→0+
xα log x = 0 per ogni α > 0, otteniamo che
se p > 12
allora
limx→0+
f(x)1xp
= limx→0+
xp−12 log x = 0.
Quindi, se 12< p < 1, il Criterio del confronto asintotico ci permette
di concludere che l’integrale dato e convergente.Si osservi che dal precedente confronto abbiamo che Ord(f(x)) < 1
2.
•∫ 1
0
arctan 3√x
sinx+√xdx. La funzione f(x) = arctan 3√x
sinx+√x
e continua in (0, 1].
Per x → 0+ abbiamo arctanx = x + o(x) e sin x = x + o(x), quindisinx+
√x = x+
√x+o(x) =
√x+o(
√x) e arctan( 3
√x) = 3
√x+o( 3
√x).
Allora per x→ 0+ otteniamo
f(x) =3√x+ o( 3
√x)√
x+ o(√x)∼
3√x√x
=16√x
Ne segue che limx→0+
f(x) = +∞ e che Ord(f(x)) = 16
e dal Criterio del
confronto asintotico ne deduciamo che l’integrale dato converge.
2. INTEGRALI IMPROPRI SU INTERVALLI ILLIMITATI 199
• Stabilire per quali valori di α > 0 l’integrale
∫ 1
0
x− log(x+ 1)
sin(xα)dx
converge.
La funzione f(x) = x−log(x+1)sin(xα)
e continua in (0, 1]. Ricordando che
log(x+ 1) = x− x2
2+ o(x) e sin x = x+ o(x) per x→ 0, otteniamo che
x− log(x+ 1) ∼ x2
2e che sin(xα) ∼ xα per x→ 0. Allora
f(x) ∼x2
2
xα=
1
2
1
xα−2per x→ 0.
Ne segue che limx→0
f(x) = +∞ se α > 2 e che in tal caso Ord(f(x)) =
α − 2. Dal Criterio del confronto asintotico deduciamo inoltre chel’integrale risulta convergente se e solo se α− 2 < 1 ovvero se α < 3.
•∫ 1
0
log x
xαdx. La funzione f(x) = log x
xαe continua in (0, 1] e lim
x→0+f(x) =
−∞. Ricordando che limx→0+
xβ log x = 0 per ogni β > 0, otteniamo che
limx→0+
f(x)1xp
= limx→0+
xp−α log x = 0 =
{0 se p > α
−∞ se p ≤ α.
Quindi, se α < 1, preso α < p < 1, il Criterio del confronto asintoticoci permette di concludere che l’integrale dato e convergente.Se invece α ≥ 1, preso α ≥ p ≥ 1, dal Criterio del confronto asintotico,otteniamo che l’integrale dato diverge.
2. Integrali impropri su intervalli illimitati
Consideriamo ora il caso di funzioni continue in intervalli illimitati.Consideriamo innanzitutto il caso di una funzione f(x) continua nel-l’intervallo [a,+∞). Allora, per ogni b ∈ (a,+∞), risulta definito
l’integrale∫ baf(x) dx e ne considereremo il limite per b→ +∞. Diamo
allora la seguente definizione.
Data una funzione f(x) continua in [a,+∞), si dice integrale impropriodi f(x) in [a,+∞) il limite, se esiste,
limb→+∞
∫ b
a
f(x) dx
e denoteremo tale limite con∫ +∞a
f(x) dx. Se tale limite esiste finito,l’integrale improprio si dice convergente e la funzione f(x) si dice inte-grabile in senso improprio su [a,+∞). Se tale limite esiste ma e infinito,l’integrale improprio si dice divergente.
200 7. INTEGRALI IMPROPRI
Analogalmente, data una funzione f(x) continua in (−∞, b], si diceintegrale improprio di f(x) in (−∞, b] il limite, se esiste,
lima→−∞
∫ b
a
f(x) dx
e denoteremo tale limite con∫ b−∞ f(x) dx. Se tale limite esiste finito,
l’integrale improprio si dice convergente e la funzione f(x) si dice inte-grabile in senso improprio su (−∞, b]. Se tale limite esiste ma e infinito,l’integrale improprio si dice divergente.
Una funzione f(x) continua in (a,+∞) si dice integrabile in senso im-proprio su (a,+∞) se lo e su (a, b] e su [b,+∞) per qualche b > a. Intal caso poniamo∫ +∞
a
f(x) dx =
∫ b
a
f(x) dx+
∫ +∞
b
f(x) dx
In particolare, l’integrale improprio sara convergente se convergonoentrambi gli integrali in cui e stato decomposto.
Analoghe definizioni nei casi in cui l’intervallo di integrazione e dellaforma (−∞, b).Infine, una funzione f(x) continua in R si dice integrabile in senso im-proprio su R se risulta integrabile in senso improprio su (−∞, c] e su[c,+∞) per qualche c ∈ R. In tal caso poniamo∫ +∞
−∞f(x) dx =
∫ c
−∞f(x) dx+
∫ +∞
c
f(x) dx
e l’integrale improprio sara convergente se convergono entrambi gliintegrali in cui e stato decomposto.
Vediamo un esempio. Calcolare
∫ +∞
1
e1x
x2dx.
La funzione f(x) = e1x
x2e continua in [1,+∞) e lim
x→+∞f(x) = 0. Dalla
definizione abbiamo∫ +∞
1
e1x
x2dx = lim
b→+∞
∫ b
1
e1x
x2dx = − lim
b→+∞
[e
1x
]b1
= − limb→+∞
e1b−e = e−1
Quindi f(x) e integrabile in senso improprio in [1,+∞).
Come esempio notevole consideriamo la funzione f(x) = 1xp
continuanell’intervallo [1,+∞). Abbiamo∫ b
1
1
xpdx =
b1−p − 1
1− pse p 6= 1
log b se p = 1.
2. INTEGRALI IMPROPRI SU INTERVALLI ILLIMITATI 201
e quindi ∫ +∞
1
1
xpdx = lim
b→+∞
∫ b
1
dx
xp=
1
p− 1se p > 1
+∞ se p ≤ 1.
Dunque l’integrale improprio∫ +∞
11xpdx e convergente se p > 1 ed e
divergente se p ≤ 1. In particolare, la funzione f(x) = 1xp
e integrabilein senso improprio su [1,+∞) se e solo se p > 1. Mediante semplice
sostituzione si ottiene che per ogni a > 0, l’integrale∫ +∞a+1
1(x−a)p
dx
converge se e solo se p > 1.
Si osservi inoltre che per quanto provato, per ogni p > 0 la funzionef(x) = 1
xpnon e integrabile in senso improprio in (0,+∞).
Come nel caso di integrali impropri su intervalli limitati si puo provareil seguente risultato.
Teorema 7.2. (Criterio del Confronto)
Siano f(x) e g(x) funzioni continue nell’intervallo [a,+∞) tali che
0 ≤ f(x) ≤ g(x) per ogni x ∈ [a,+∞).
Se∫ +∞a
g(x) dx e convergente allora∫ +∞a
f(x) dx e convergente.
Se∫ +∞a
f(x) dx e divergente allora∫ +∞a
g(x) dx e divergente.
Dal Criterio del confronto in particolare otteniamo
Corollario 7.4. (Condizione necessaria alla convergenza)
Sia f(x) funzione continua in [a,+∞). Se l’integrale∫ +∞a
f(x)dxconverge ed esiste il limite lim
x→+∞f(x), allora tale limite e nullo.
Dim. Per assurdo, supponiamo che limx→+∞
f(x) = ` > 0. Allora, esistera
b > a tale che f(x) > `2 per ogni x > b. Dal criterio del confronto otteniamo
allora che∫ +∞b f(x) dx risulta divergente in contraddizione con l’ipotesi∫ +∞
a f(x) dx convergente. Se invece limx→+∞
f(x) = ` < 0, bastera considerare
la funzione g(x) = −f(x) e procedere come sopra. �
Osserviamo che la condizione e necessaria ma non sufficiente, ad esem-pio la funzione f(x) = 1
xe infinitesima per x→ +∞ ma
∫ +∞1
1x
diverge.Osserviamo inoltre che la funzione f(x) = cos(x2) non ammette limite
per x → +∞ ma che∫ +∞
1cos(x2) dx risulta convergente, in quanto,
mediante la sostituzione t = x2 ed un’integrazione per parti, otteniamo∫ b
1
cos(x2) dx =1
2
∫ b2
1
cos t√tdt =
[sin t
2√t
]b21
+1
4
∫ b2
1
sin t
t32
dt.
202 7. INTEGRALI IMPROPRI
Dunque∫ +∞
1
cos(x2) dx = limb→+∞
[sin t
2√t
]b21
+1
4
∫ b2
1
sin t
t32
dt =1
4
∫ +∞
1
sin t
t32
dt
e l’ultimo integrale risulta convergente essendo | sin tt32| ≤ 1
t32
e∫ +∞
11
t32dt
convergente. Vale infatti
Corollario 7.5. (Convergenza Assoluta)
Se∫ +∞a|f(x)| dx e convergente allora
∫ +∞a
f(x) dx e convergente.
Se l’integrale∫ +∞a|f(x)| dx converge, l’integrale
∫ +∞a
f(x) dx si diceassolutamente convergente. Il precedente corollario afferma quindi chela convergenza assoluta implica la convergenza.
Esempi
•∫ +∞
π2
cosx
x4dx. Si osservi innanzitutto che lim
x→+∞
cosx
x4= 0 essendo
cosx funzione limitata, quindi la condizione necessaria alla convergenzae soddisfatta. Abbiamo poi che
|cosx
x4| ≤ 1
x4∀x ≥ π
2.
Essendo∫ +∞π2
1x4dx convergente, dal criterio del confronto risulta con-
vergente anche∫ +∞π2| cosxx4|dx e dunque, dal corollario sulla convergenza
assoluta, che anche l’integrale proposto converge.
•∫ +∞
2
(log x)23
x(x− 1)dx. Osserviamo che, essendo log x ≤ x− 1 e x > x− 1
per ogni x ≥ 2 si ha
(log x)23
x(x− 1)≤ (x− 1)
23
x(x− 1)=
1
x(x− 1)13
<1
(x− 1)43
∀x ≥ 2.
Poiche
∫ +∞
2
1
(x− 1)43
dx converge, dal criterio del confronto deduciamo
che anche l’integrale proposto converge.
•∫ +∞
1
log x√x
. La funzione f(x) = log x√x
e funzione continua su ([1,+∞)
e risulta limx→+∞
f(x) = 0, essendo limx→+∞
log x
xα= 0 per ogni α > 0.
Abbiamo inoltre che per ogni x > e risulta
log x√x>
1√x
2. INTEGRALI IMPROPRI SU INTERVALLI ILLIMITATI 203
ed essendo∫ +∞e
1√xdx divergente, dal criterio del confronto si ottiene
che∫ +∞e
log x√xdx diverge e quindi anche l’integrale proposto essendo∫ +∞
1
log x√x
dx =
∫ e
1
log x√x
dx+
∫ +∞
e
log x√x
dx
• Come ultimo esempio, consideriamo l’integrale notevole
∫ +∞
2π
sinxxdx.
Per ogni b > 2π, integrando per parti otteniamo∫ b
2π
sinx
xdx =
[−cosx
x
]b2π−∫ b
2π
cosx
x2dx
Allora ∫ +∞
2π
sinx
xdx = lim
b→+∞
∫ b
2π
sinx
xdx
= limb→+∞
1
2π− cos b
b−∫ b
2π
cosx
x2dx
=1
2π−∫ +∞
2π
cosx
x2dx
e l’integrale dato risulta convergente essendo tale
∫ +∞
2π
cosx
x2dx. Infatti
risulta ∣∣∣cosx
x2
∣∣∣ ≤ 1
x2∀x ≥ 2π
con∫ +∞
2π1x2dx convergente.
D’altra parte, proviamo che
∫ +∞
2π
∣∣∣∣sinxx∣∣∣∣ dx diverge. Infatti, per ogni
k ∈ N si ha∫ 2(k+1)π
2kπ
∣∣∣∣sinxx∣∣∣∣ dx ≥ 1
2(k + 1)π
∫ 2(k+1)π
2kπ
| sinx| dx =2
(k + 1)π
Ricordando che 1n< log(1 + 1
n) per ogni n ∈ N, otteniamo∫ 2(k+1)π
2kπ
∣∣∣∣sinxx∣∣∣∣ dx ≥ 2
πlog(1 +
1
k + 1) =
2
πlog
(k + 2
k + 1
)
204 7. INTEGRALI IMPROPRI
Allora∫ 2nπ
2π
∣∣∣∣sinxx∣∣∣∣ dx =
n−1∑k=1
∫ 2(k+1)π
2kπ
∣∣∣∣sinxx∣∣∣∣ dx
≥ 2
π
n−1∑k=1
log
(k + 2
k + 1
)=
2
π(log(n+ 1)− log 2)
Consideriamo ora la funzione integrale F (x) =∫ x
2π
∣∣ sin tt
∣∣ dt. Talefunzione e monotona crescente e quindi∫ +∞
2π
∣∣∣∣sinxx∣∣∣∣ dx = lim
x→+∞F (x) = sup
x∈[2π,+∞)
F (x) ≥ supn∈N
F (2nπ)
Per quanto provato sopra F (2nπ) =∫ 2nπ
2π
∣∣ sin tt
∣∣ dt ≥ 2π(log(n + 1) −
log 2) e quindi F (2nπ) → +∞ per n → +∞. Ne segue che l’integrale∫ +∞2π
∣∣ sinxx
∣∣ dx diverge.
Il precedente esempio prova che un integrale improprio puo convergerema non convergere assolutamente.
Dal criterio del confronto abbiamo inoltre
Corollario 7.6. (Criterio del confronto asintotico)
Siano f(x) e g(x) funzioni continue e di segno costante in [a,+∞).
1. Se limx→+∞
f(x)g(x)
= 0 e∫ +∞a
g(x) dx converge allora∫ +∞a
f(x) dx
converge.
2. Se limx→+∞
f(x)g(x)
= ∞ e∫ +∞a
g(x) dx diverge allora∫ +∞a
f(x) dx
diverge.
3. Se limx→+∞
f(x)g(x)
= ` ∈ R \ {0}, in particolare se f(x) ∼ g(x)
per x → +∞, allora∫ +∞a
f(x) dx e∫ +∞a
g(x) dx hanno ilmedesimo carattere.
Dal precedente criterio si ottiene in particolare che se f(x) e funzionecontinua di segno costante in [a,+∞) e se
limx→+∞
f(x)1xp
=
0 con p > 1, allora
∫ +∞a
f(x) dx converge
∞ con p ≤ 1, allora∫ +∞a
f(x) dx diverge
` ∈ R \ {0}, allora∫ +∞a
f(x) dx converge ⇔ p > 1
Utilizzando il concetto di ordine di infinitesimo per x→ +∞, possiamoallora affermare che
• se ord(f(x)) = p, p > 1 per x→ +∞, allora∫ +∞a
f(x) dx converge;
• se ord(f(x)) = p, p ≤ 1 per x→ +∞, allora∫ +∞a
f(x) dx diverge.
2. INTEGRALI IMPROPRI SU INTERVALLI ILLIMITATI 205
Analoghi criteri valgono nel caso di un intervallo del tipo (−∞, b].
Esempi
•∫ +∞
1
x2e−xdx. La funzione f(x) = x2e−x e funzione continua in
[1,+∞) e limx→+∞
f(x) = 0 essendo limx→+∞
xα
ex= 0 per ogni α ∈ R. Dal
medesimo limite notevole deduciamo che
limx→+∞
f(x)1xp
= limx→+∞
xp+2
ex= 0
per ogni p ∈ R e quindi in particolare per p > 1. Dal criterio delconfronto asintotico deduciamo allora che l’integrale dato converge.Si osservi che dal precedente confronto abbiamo ord(f(x)) > p per ognip > 0 e quindi che ord(f(x)) > 1.
•∫ +∞
2
dx
xα log xcon α > 0. La funzione fα(x) = 1
xα log xe continua in
[2,+∞) e limx→+∞
f(x) = 0 per ogni α > 0. Abbiamo
limx→+∞
f(x)1xp
= limx→+∞
xp−α
log x=
{+∞ se p > α
0 se p ≤ α
Se α < 1, scegliendo α < p ≤ 1 nel primo limite, otteniamo dal criteriodel confronto asintotico che l’integrale diverge. Se α > 1, scegliendo1 < p ≤ α nel secondo limite otteniamo dal criterio del confrontoasintotico che l’integrale converge. Se α = 1 i confronti sopra non cipermettono di concludere ma in tal caso l’integrale si puo calcolaremediante la definizione∫ +∞
2
dx
x log x= lim
b→+∞
∫ b
2
dx
x log x= lim
b→+∞[log log x]b2
= limb→+∞
log log b− log log 2 = +∞
Segue allora che l’integrale dato converge se e solo se α > 1.
•∫ +∞
2
(1− 1
x)x
2
dx. La funzione f(x) = (1− 1
x)x
2
e continua in [2,+∞).
Inoltre essendo
f(x) = (1− 1
x)x
2
= ex2 log(1− 1
x)
206 7. INTEGRALI IMPROPRI
dallo sviluppo log(1 + y) = y − y2
2+ o(y2) per y → 0 ponendo y = − 1
xper x→ +∞ otteniamo
x2 log(1− 1
x) = x2(−1
x− 1
2x2+ o(
1
x2)) = −x− 1
2+ o(1)
da cui
f(x) = e−x−12
+o(1) =e−x√eeo(1) ∼ e−x√
eper x→ +∞
L’integrale∫ +∞
2e−xdx risulta convergente (lo si puo calcolare utiliz-
zando la definizione), quindi dal criterio del confronto asintotico anchel’integrale dato risulta convergente. Osserviamo che dal confronto pre-cedente ord(f(x)) = ord(e−x) e dalla gerarchia degli infiniti si ha cheord(e−x) > p per ogni p > 0, in particolare ord(e−x) > 1.
•∫ +∞
1
arctan 1x− sin 1
x√x2 + x− x
dx. La funzione f(x) =arctan 1
x−sin 1
x√x2+x−x e continua
in [1,+∞), inoltre dagli sviluppi di Taylor di arctan y e sin y per y → 0si ha che per x→ +∞ risulta
arctan1
x− sin
1
x=
1
6x3+ o(
1
x3) ∼ 1
6x3
mentre√x2 + x− x = x(
√1 +
1
x− 1) ∼ x
1
2x=
1
2.
Quindi per x→ +∞ si ha
f(x) ∼1
6x3
12
=1
3x3
ed essendo∫ +∞
11x3dx convergente, dal criterio del confronto asintotico
l’integrale dato risulta convergente.
Vediamo infine qualche esempio di studio di funzione integrale.
• Studiamo la funzione notevole F (x) =
∫ x
0
e−t2
dt (pari alla funzione
degli errori di Gauss Erf(x) a meno di una costante: Erf(x) = 2√πF (x)).
La funzione e definita e continua in tutto R e risulta inoltre funzionedispari in quanto (posto s = −t) si ha
F (−x) =
∫ −x0
e−t2
dt = −∫ x
0
e−s2
ds = −F (x), ∀x ∈ R
Abbiamo che F (0) = 0 e che F (x) > 0 per ogni x > 0 essendo e−t2> 0
per ogni t ≥ 0.
2. INTEGRALI IMPROPRI SU INTERVALLI ILLIMITATI 207
Dal criterio del confronto asintotico risulta limx→+∞
F (x) =
∫ +∞
0
e−t2
dt =
` ∈ (0,+∞) essendo
limt→+∞
e−t2
1tp
= limt→+∞
tp
et2= 0
per ogni p > 0. Utilizzando il concetto di integrale doppio si potra
provare che ` =√π
2, al momento, per ottenere una stima del limite,
osserviamo che per ogni t > 1 risulta t2 > t, dunque e−t2< e−t e∫ +∞
1
e−t2
dt ≤∫ +∞
1
e−t = limb→+∞
∫ b
1
e−tdt = limb→+∞
[−e−t
]b1
= limb→+∞
e−1 − e−b =1
e
Ne segue che
` = limx→+∞
F (x) =
∫ +∞
0
e−t2
dt ≤∫ 1
0
e−t2
dt+1
e≤ 1 +
1
e
D’altra parte, essendo t2 < t per ogni t ∈ [0, 1], otteniamo che∫ 1
0
e−t2
dt ≥∫ 1
0
e−tdt =[−e−t
]10
= 1− 1
e
e dunque che
` = limx→+∞
F (x) =
∫ +∞
0
e−t2
dt ≥∫ 1
0
e−t2
dt ≥ 1− 1
e
Riguardo la monotonia, osserviamo che F (x) e derivabile in R con
F ′(x) = f(x) = e−x2
e dunque F ′(x) > 0 per ogni x ∈ R. Ne segue cheF (x) e strettamente crescente in R e non ammette punti di massimo edi minimo relativi. Infine, riguardo alla convessita risulta
F ′′(x) = f ′(x) = −2xe−x2
e quindi F ′′(x) ≥ 0 se e solo se x ≤ 0. Dunque F (x) e concava in(0,+∞), convessa in (−∞, 0) e x = 0 e punto di flesso con F ′(0) =f(0) = 1.
208 7. INTEGRALI IMPROPRI
0
-l
l
Grafico di F (x) =∫ x
0 e−t2dt
• Studiamo, senza valutarla esplicitamente (provare per esercizio), la
funzione F (x) =
∫ x
1
log t√tdt.
La funzione e definita e continua in (0,+∞). Osserviamo che F (1) = 0e che per ogni x > 1 essendo log t√
t> 0 per ogni t ∈ (1, x] avremo
che F (x) > 0. Mentre se 0 < x < 1 risulta log t√t< 0 per ogni t ∈
[x, 1) e dunque avremo che F (x) = −∫ 1
xlog t√t> 0. Riguardo ai limiti
all’estremo del campo abbiamo
limx→0+
F (x) = −∫ 1
0
log t√tdt = ` ∈ (0,+∞)
essendo, per il criterio del confronto asintotico,
limt→0+
log t√t
1tp
= limt→0+
tp−12 log t = 0
per ogni 12< p < 1. Inoltre, sempre dal criterio del confronto asintotico,
limx→+∞
F (x) =
∫ +∞
1
log t√tdt = +∞
poiche
limt→+∞
log t√t
1tp
= limt→+∞
tp−12 log t = +∞
per ogni 1 > p > 12. Controlliamo se la funzione ammette un asin-
toto obliquo. Abbiamo, dal Teorema di De l’Hopital e dal Teoremafondamentale del calcolo integrale,
limx→+∞
F (x)
xH= lim
x→+∞f(x) = lim
x→+∞
log x√x
= 0
2. INTEGRALI IMPROPRI SU INTERVALLI ILLIMITATI 209
dunque F (x) non ammette asintoto obliquo.Per la monotonia, osserviamo che F (x) e derivabile in (0,+∞) conF ′(x) = f(x) = log x√
xe dunque F ′(x) ≥ 0 se e solo se x ≥ 1. Ne segue
che F (x) e strettamente decrescente in (0, 1], strettamente crescente in[1,+∞) e x = 1 e punto di minimo assoluto con F (1) = 0. Riguardoalla convessita abbiamo
F ′′(x) = f ′(x) =
1√x− log x
2√x
x=
2− log x
2x√x
e quindi F ′′(x) ≥ 0 se e solo se log x < 2 ovvero x < e2. Dunque F (x)e convessa in (0, e2), concava in (e2,+∞) e x = e2 e punto di flesso conF ′(e2) = f(e2) = 2
e.
0
l
1
Grafico di F (x) =∫ x
1log t√tdt
• Studiamo infine la funzione G(x) =
∫ x2
1
log t√tdt.
La funzione e definita e continua in R \ {0}. Osserviamo che G(1) = 0e che la funzione risulta funzione pari essendo G(−x) = G(x). Limi-teremo quindi il nostro studio all’intervallo (0,+∞). Per ogni x > 1essendo log t√
t> 0 per ogni t ∈ (1, x2] avremo che G(x) > 0 mentre
per 0 < x < 1 risulta log t√t< 0 per ogni t ∈ [x2, 1) e dunque avremo
che G(x) = −∫ 1
x2log t√t> 0. Riguardo ai limiti all’estremo del campo
abbiamo, come nell’esempio precedente, si ha
limx→0+
G(x) = −∫ 1
0
log t√tdt = ` ∈ (0,+∞)
mentre
limx→+∞
G(x) =
∫ +∞
1
log t√tdt = +∞
210 7. INTEGRALI IMPROPRI
Osserviamo che la funzione risulta funzione composta G(x) = F (x2)essendo F (x) =
∫ x1
log t√tdt la funzione studiata nel precedente esempio.
Dal Teorema di derivazione delle funzioni composte e dal Teorema fon-damentale del calcolo integrale abbiamo allora che la funzione G(x)risulta derivabile in R \ {0} con
G′(x) = 2xF ′(x2) = 2xlog(x2)√
x2= 4
x
|x|log |x|.
Controlliamo se la funzione ammette un asintoto obliquo utilizzandoTeorema di De l’Hopital:
limx→+∞
G(x)
xH= lim
x→+∞G′(x) = lim
x→+∞4x
|x|log |x| = +∞
dunque G(x) non ammette asintoto obliquo per x→ +∞.Studiamo ora la monotonia, da quanto sopra abbiamo che G(x) e de-rivabile in (0,+∞) e che G′(x) ≥ 0 in (0,+∞) solo per x ≥ 1. Nesegue che G(x) risulta strettamente decrescente in (0, 1], strettamen-te crescente in [1,+∞) e che x = 1 e punto di minimo assoluto conG(1) = 0.Infine, riguardo alla convessita, per ogni x > 0 risulta G′′(x) = 4
x> 0
e quindi che G(x) risulta convessa in (0,+∞).
0
l
1
Grafico di F (x) =∫ x2
1log t√tdt
3. ESERCIZI 211
3. Esercizi
Calcolare i seguenti integrali impropri:
1.
∫ 1
0
dx
x+√x
[log 4]
2.
∫ 1
0log x dx [−1]
3.
∫ 1
14
dx√2−x−
√x
[√
5− π2 + arcsin 2
3 ]
4.
∫ 1
0x log(1 + 1
x) dx [12 ]
5.
∫ +∞
0
dx
1 + x2[π2 ]
6.
∫ +∞
2
dx
x log3 x[ 12 log2 2
]
7.
∫ +∞
0
1√x
log(1 +1
x)dx [ 2π]
8.
∫ +∞
1
1
x2arctan
1
xdx [π4 −
12 log 2]
9.
∫ +∞
0e−xdx [1]
10.
∫ +∞
2
log(x2 − 1)
x2dx [3
2 log 3]*
11.
∫ +∞
2
1x2
arctan(x−2x+2)dx [ 14 log 2]*
12.
∫ +∞
1
2x+ 1
x3 + xdx [1
2(π + log 2)]*
Stabilire il carattere dei seguenti integrali impropri.
1.
∫ 1
0
sinx
x43
dx [converge]
2.
∫ 1
0
√ex − 1
(x+ 1)x23
dx [converge]
3.
∫ π3
0
cosx
x√
2dx [diverge]
4.
∫ 5
0
dx√x(x+ 2)
[converge]
5.
∫ π
0
cosx− 1
x3dx [diverge]
6.
∫ π/2
0
sin√x
xdx [converge]
7.
∫ 0
−π/3
2
tan3 xdx [diverge]
8.
∫ 1
0
log(cosx)
x3dx [diverge]
9.
∫ π/2
1
2 sinx
x− 1[diverge]
10.
∫ 1
0
dx
log(1 +√x)
[converge]
11.
∫ 1
−∞
dx√x2 + 1
[diverge]
12.
∫ +∞
1
x2+x+3(x2+1)(x2+2)dx [converge]
13.
∫ 2
−∞
x(x−3)(x2+4) dx [converge]
14.
∫ +∞
1
arctanx
x3dx [converge]
15.
∫ +∞
2
dx
ex sin 1x
[converge]
16.
∫ +∞
0
dx3√x log(1+
√x)
[diverge]
17.
∫ +∞
1
log x
xdx [diverge]
18.
∫ +∞
1
cosx√x
dx [integrare per parti,
converge]
19.
∫ +∞
2
x tan x2+1x4+cos2 xdx [diverge]
20.
∫ +∞
0
ex−1−sin xeπx−1−sin(πx) dx [converge]
21.
∫ 3
−∞
x(x−3)(x2+4) dx [diverge]
22.
∫ +∞
0
e−x
x2−1 dx [non converge]
212 7. INTEGRALI IMPROPRI
Stabilire per quali valori di α ∈ R risultano convergenti i seguentiintegrali.
1.
∫ π2
0
sinx
(1− cosx)αdx [α < 1]
2.
∫ 1
0
cos√x− e x2
(x+ 3√x)α
dx [α < 6]
3.
∫ 1
0
xα
3 3√1+x2−3 3√1+x+x
dx [α > 1]
4.
∫ 1
0
1√1 + xα − cosxα
dx [α < 1]
5.
∫ 1
0
ex2 −√
2x2 + 1
sinxα − xαdx [α < 5
3 ]
6.
∫ 1
0
arctan(xα)
sinx+√xdx [α ∈ R]
7.
∫ 12
0
dx
xα log x[α < 1]
8.
∫ 1
0
log x
xαdx [α < 1]
9.
∫ 1
0
log x
(x(1− x))2α+1dx [α < 0]
10.
∫ 1
0
√| tanπx|
(1− x)αdx [α < 3
2 ]
11.
∫ 1
0
x
sinα(πx)dx [α < 1]*
12.
∫ 1
0
log(1 + αx)− xex2 − 1
dx [α = 1]*
13.
∫ 1
0
1− cosx
xα log(1 + x)dx [α < 2]*
14.
∫ 1
0
( 1x − 1)2α 1
1−x dx [α ∈ (0, 12 )]*
15.
∫ 1
0
exα−√1+2x
sin x−log(1+x) dx [α = 1]*
16.
∫ 1
0
√x
eαx −√
1− xdx [α 6= − 1
2 ]*
17.
∫ 1
0
1√1+2xα−e
√x dx [α 6= 1
2 ]*
18.
∫ +∞
2
dx
x logα x[α > 1]
19.
∫ +∞
2
x2n+1
(x2−1)3 dx, n ∈ N [n = 1]
20.
∫ +∞
1
sinxα
x2dx [∀α]
21.
∫ +∞
1
e1x − cos 1
x
x2dx [α > 0]
22.
∫ +∞
1
1
x log(1 + xα)dx [6 ∃α]
23.
∫ +∞
1
eαx − 1
x2 log(1 + xα)dx [α > −2]*
24.
∫ +∞
1
1√x(xα + 1)
dx [α > 1]
25.
∫ +∞
1
√1+xα−cos 1
x
x2 dx [α < 2]*
26.
∫ +∞
2
π − 2 arctan(xα)
x2 log xdx [∀α]*
27.
∫ +∞
1
x√1 + xα + x2
dx [α > 4]*
28.
∫ +∞
0
log(1 + xα)
x2dx [α > 1]
29.
∫ +∞
1
sinx
(eαx + x)2dx [∀α]*
30.
∫ +∞
1
1
x(x− 1)αdx [0 < α < 1]
31.
∫ +∞
0
xα
e2x − x− 1dx [∀α]*
32.
∫ +∞
0
√x
eαx−x−1 dx [α > 0, α 6= 1]*
33.
∫ +∞
0
log x
x2 log(1 + xα)dx [α > 1]*
34.
∫ +∞
0
√x−sin(xα)
x2 dx, α > 0[α = 12 ]*
35.
∫ +∞
0
log(1 + x2)
xα(ex − 1)dx, [α < 2]*
36.
∫ +∞
0
log(1 + x)
xα(e√x − 1)
dx, [α < 32 ]*
37.
∫ +∞
0
log(1+xα)x+x2α dx, α > 0 [α > 1
2 ]*
38.
∫ +∞
0
arctan 1x
x+arctan(xα)dx, α > 0 [α < 1]*
3. ESERCIZI 213
Studiare le seguenti funzioni integrali.
1.
∫ x
1
log t
t2dt
2.
∫ x
0
dt√1 + t4
3.
∫ x
0
et
tdt
4.
∫ x
1
√t log t dt
5.
∫ x
2
sin t
tdt
6.
∫ x2
1t√
1 + cos2 t dt
CAPITOLO 8
Serie numeriche
Sia (an)n∈N una successione di numeri reali, ci proponiamo di definirela somma degli infiniti termini di tale successione. A tale scopo, perogni n ∈ N, si considera la somma parziale o ridotta n-esima:
sn = a1 + a2 + ...+ an =n∑k=1
ak
La successione di tali somme parziali (sn)n∈N viene detta serie associataalla successione (an)n∈N o anche serie di termine generale an. Vieneallora naturale definire la somma degli infiniti termini della successione(an)n∈N come il limite per n → +∞ della successione delle sommeparziali. Denoteremo tale limite con
+∞∑k=1
ak = limn→+∞
sn = limn→+∞
n∑k=1
ak
e, con un abuso di terminologia, chiameremo tale limite serie o sommaper k che va da 1 a +∞ di ak. Se il limite esiste finito diremo che laserie e convergente, in tal caso
+∞∑k=1
ak = limn→+∞
sn = s ∈ R
ed il valore s viene detto somma della serie. Se il limite esiste ma einfinito diremo che la serie e divergente mentre se il limite non esiste laserie e detta indeterminata.
Accade spesso che invece di sommare la successione (an)n∈N a partiredall’indice 1 si cominci a sommare la successione a partire dall’indicen = 0 o da un qualunque altro termine successivo. Cosı ad esempiola serie geometrica associata alla successione (xn)n≥0 con x ∈ R dato(e detto ragione della serie), considera le somme a partire dall’indicen = 0:
s0 = 1, s1 = 1 + x, ..... sn = 1 + x+ ...+ xn
215
216 8. SERIE NUMERICHE
Ricordando che per ogni x 6= 1 e ogni n ∈ N ∪ {0} risulta
sn =1− xn+1
1− xe che
limn→+∞
xn+1 =
0 se |x| < 1
+∞ se x > 1
6 ∃ se x ≤ −1
otteniamo che la serie∑+∞
n=0 xn converge alla somma 1
1−x se |x| < 1,diverge se x > 1 ed e indeterminata se x ≤ −1. Infine, se x = 1 la seriediverge in quanto sn = 1 + x+ ...+ xn = n+ 1→ +∞ per n→ +∞.
Vale il seguente risultato.
Teorema 8.1. (Condizione necessaria alla convergenza)
Se la serie∑+∞
n=1 an converge allora la successione (an)n∈N e infinitesi-ma.
Dim. Denotate con sn le somme parziali e con s la somma della serie, dalladefinizione abbiamo che sn → s per n→ +∞ e dunque che
limn→+∞
an = limn→+∞
sn − sn−1 = s− s = 0.
�
1. Serie a termini non negativi
Osserviamo che data una serie∑+∞
n=1 an a termini non negativi, an ≥ 0per ogni n ∈ N, la successione delle somme parziali risulta crescente:
sn+1 =n+1∑k=1
ak ≥n∑k=1
ak = sn, ∀n ∈ N
e dunque, dal Teorema di regolarita delle successioni monotone, talesuccessione ammette limite. Ne segue che la serie risultera convergenteo divergente.
Ad esempio, dalla condizione necessaria per la convergenza delle serieotteniamo in particolare che la serie a termini non negativi
∑+∞n=1 n
p conp > 0 risulta non convergente essendo np → +∞ e per quanto dettorisulta divergente. Per determinare il carattere della serie armonica
+∞∑n=1
1
n
1. SERIE A TERMINI NON NEGATIVI 217
e piu in generale della serie armonica generalizzata
+∞∑n=1
1
np, p > 0
utilizziamo il seguente criterio che lega il concetto di serie numericacon quello di integrale improprio.
Teorema 8.2. (Criterio del confronto integrale)
Sia f(x) una funzione continua, non negativa e decrescente in [1,+∞).Allora, posto f(n) = an per ogni n ∈ N, risulta
+∞∑n=1
an e convergente⇐⇒∫ +∞
1
f(x) dx e convergente.
Dim. Osserviamo innanzitutto che essendo f(x) ≥ 0 per ogni x ≥ 1, l’inte-
grale improprio∫ +∞
1 f(x) dx risultera convergente o divergente ed in parti-
colare, essendo an ≥ 0 per ogni n ∈ N la serie∑+∞
n=1an risultera anch’essaconvergente o divergente.Dalla monotonia di f(x), per ogni k ∈ N, se k ≤ x ≤ k + 1 allora ak+1 =f(k + 1) ≤ f(x) ≤ f(k) = ak e dunque
ak+1 ≤∫ k+1
kf(x) dx ≤ ak
Dall’additivita dell’integrale otteniamo allora che
n+1∑k=1
ak−a1 = a2 +a3 + ...+an+1 ≤∫ n+1
1f(x) dx ≤ a1 +a2 + ...+an =
n∑k=1
ak
e quindi, facendo tendere n → +∞, otteniamo che se l’integrale improprio
converge allora anche la serie converge mentre se l’integrale diverge allora
anche la serie diverge.
Viceversa, dal medesimo confronto, se la serie converge risultera convergente
anche l’integrale improprio mentre se la serie diverge, risultera divergente
anche l’integrale improprio. �
Dal precedente criterio, ricordando che l’integrale∫ +∞
11xpdx converge se
e solo se p > 1, otteniamo che la serie armonica generalizzata∑+∞
n=11np
converge se e solo se p > 1.
Come per gli integrali impropri, per studiare il carattere di una seriepotremo utilizzare il seguente criterio
Teorema 8.3. (Criterio del confronto)
Siano (an)n∈N e (bn)n∈N successioni a termini non negativi tali chean ≤ bn per ogni n ∈ N.
218 8. SERIE NUMERICHE
Se la serie∑+∞
n=1 bn converge allora anche la serie∑+∞
n=1 an converge.
Se la serie∑+∞
n=1 an diverge allora anche la serie∑+∞
n=1 bn diverge.
Dim. La dimostrazione e immediata osservato che per ogni n ∈ N risulta
sn =n∑k=1
ak ≤n∑k=1
bk = sn
e che, essendo le serie a termini non negativi, le successioni (sn)n∈N e (sn)n∈Nsono monotone crescenti. �
Dal precedente criterio segue inoltre
Corollario 8.1. (Criterio del confronto asintotico)
Siano (an)n∈N e (bn)n∈N successioni a termini non negativi.
1. Se limn→+∞
anbn
= 0 e∑+∞
n=1 bn converge allora∑+∞
n=1 an converge.
2. Se limn→+∞
anbn
= +∞ e∑+∞
n=1 bn diverge allora∑+∞
n=1 an diverge.
3. Se limn→+∞
anbn
= ` ∈ R \ {0}, in particolare se an ∼ bn per n→
+∞, allora∑+∞
n=1 an e∑+∞
n=1 bn hanno il medesimo carattere.
Vediamo alcuni esempi dove, come serie di confronto, considereremo laserie geometrica e la serie armonica generalizzata.
Esempi
• La serie+∞∑n=1
1
n!e convergente, difatti per ogni p > 1, per n → +∞
risulta1n!1np
=np
n!→ 0
e la serie∑+∞
n=11np
, essendo p > 1, e convergente.
• La serie+∞∑n=1
1
log ne divergente, difatti per ogni 0 < p ≤ 1, per
n→ +∞ risulta1
logn
1np
=np
log n→ +∞
e la serie∑+∞
n=11np
, essendo p ≤ 1, e divergente.
• La serie+∞∑n=1
sin1
n2e convergente, difatti per n→ +∞ risulta sin 1
n2 ∼
1n2 e la serie
∑+∞n=1
1n2 e convergente.
1. SERIE A TERMINI NON NEGATIVI 219
• La serie+∞∑n=1
√1 + 2n − 2
n2
e1n! − cos 1
n
e convergente. Difatti, per n → +∞,
risulta
√1 + 2n − 2
n2 = 2
n2 (
√1
2n+ 1− 1) ∼ 2
n2
1
2n+1=
1
2n2
+1
mentre
e1n! − cos
1
n=
1
n!+ o(
1
n!) +
1
2n2+ o(
1
n2) =
1
2n2+ o(
1
n2) ∼ 1
2n2
ne segue che √1 + 2n − 2
n2
e1n! − cos 1
n
∼ 1
2n22n2
+1 =n2
(√
2)n
e la serie∑+∞
n=1n2
(√
2)ne convergente. Difatti, per ogni p > 1, dalla
gerarchia degli infiniti si ha che
n2
(√
2)n
1np
=np+2
(√
2)n→ 0
• La serie+∞∑n=1
e12n −
√1 +
1
2ne convergente. Difatti, per n→ +∞,
e12n −
√1 +
1
2n=
1
2n− 1
2n+1+ o(
1
2n) =
1
2n+1+ o(
1
2n+1) ∼ 1
2n+1
e la serie geometrica∑+∞
n=11
2ne convergente.
• La serie+∞∑n=1
n(sin1
n−log(1 +
1
n)) e divergente. Difatti, per n→ +∞,
dagli sviluppi di Taylor di sinx e log(1 + x) per x→ 0, si ha
sin1
n− log(1 +
1
n) =
1
n+ o(
1
n2)− 1
n+
1
n2+ o(
1
n2) =
1
n2+ o(
1
n2) ∼ 1
n2
quindi n(sin 1n− log(1 + 1
n)) ∼ 1
ne la serie
∑+∞n=1
1n
e divergente.
Valgono inoltre i seguenti criteri
Teorema 8.4. (Criterio del rapporto)
Sia (an)n∈N una successione a termini non negativi per cui esiste
limn→+∞
an+1
an= `.
Allora, se ` < 1 la serie∑+∞
n=1 an converge mentre se ` > 1 la serie∑+∞n=1 an diverge.
220 8. SERIE NUMERICHE
Dim. Se ` < 1, dal criterio del rapporto per successioni numeriche abbiamo
che esistono ν ∈ N, A > 0 e 0 < b < 1 tali che an ≤ Abn per ogni n ≥ ν. Dal
criterio del confronto per le serie, osservato che la serie geometrica∑+∞
n=1 bn
converge, otteniamo che la serie data converge.
Se invece ` > 1, dal criterio del rapporto per successioni numeriche abbia-
mo che an → +∞ per n → +∞ e dunque, non essendo infinitesima dalla
condizione necessaria alla convergenza, segue che la serie diverge. �
Ad esempio, la serie+∞∑n=1
2n
n!e convergente, difatti per n→ +∞ risulta
2n+1
(n+ 1)!
n!
2n=
2
n+ 1→ 0
mentre la serie+∞∑n=1
2n2
n!diverge, infatti si ha
2(n+1)2
(n+ 1)!
(n)!
2n2 =22n+1
n+ 1→ +∞.
Per ogni a > 1 e α ∈ R la serie+∞∑n=1
nα
ane convergente. Difatti, per
n→ +∞ si ha(n+1)α
an+1
nα
an
=(1 + 1
n)α
a→ 1
a< 1.
Si ha inoltre
Teorema 8.5. (Criterio della radice)
Sia (an)n∈N una successione a termini non negativi tale che esiste
limn→+∞
n√an = `.
Allora, se ` < 1 la serie∑+∞
n=1 an converge mentre se ` > 1 la serie∑+∞n=1 an diverge.
Dim. Se ` < 1, dalla definizione di limite, preso 0 < ε < 1 − ` sia ν ∈ Ntale che 0 ≤ n
√an < ` + ε per ogni n ≥ ν. Allora, posto b = ` + ε, risulta
b ∈ (0, 1) e 0 ≤ an < bn per ogni n ≥ ν. Poiche la serie geometrica∑+∞
n=0 bn
e convergente, dal criterio del confronto anche la serie data converge.
Se invece ` > 1, preso 0 < ε < ` − 1, dalla definizione di limite sia ν ∈ Ntale che n
√an > `− ε per ogni n ≥ ν. Allora, essendo `− ε > 1 avremo che
an > 1 per ogni n ≥ ν e la successione (an)n∈N non sara infinitesima. Per la
condizione necessaria alla convergenza, essendo la successione a termini non
negativi, la serie risultera divergente. �
1. SERIE A TERMINI NON NEGATIVI 221
Ad esempio, la serie+∞∑n=1
np
2ne convergente, difatti per n→ +∞ risulta
n
√np
2n=
n√np
2→ 1
2< 1.
Anche la serie+∞∑n=1
(2n)n
n2nrisulta convergente poiche per n→ +∞ risulta
n
√(2n)n
n2n=
2
n→ 0 < 1.
Si puo inoltre provare il seguente risultato
Teorema 8.6. Se (an)n∈N e serie a termini positivi, allora
limn→+∞
n√an = lim
n→+∞
an+1
an
purche la successione a secondo membro risulti regolare.
Osserviamo che per la successione Ad esempio, considerata la succes-sione an = 1
lognrisulta
limn→+∞
n
√1
log n= lim
n→+∞
log n
log(n+ 1)= 1
e dunque sia il criterio del rapporto che della radice non ci permettonodi concludere se la serie
∑+∞n=2
1logn
risulta convergente. Osserviamo che
la serie risulta divergente (confrontare con la serie armonica)
I precedenti criteri possono essere applicati solo a serie a termini non ne-gativi, nel caso di serie a termini di segno qualunque potremo utilizzareil seguente risultato.
Teorema 8.7. (Convergenza assoluta)
Se la serie∑+∞
n=1 |an| converge allora la serie∑+∞
n=1 an converge.
Dim. Osservato che per ogni n ∈ N risulta 0 ≤ an+ |an| ≤ 2|an|, dal criteriodel confronto otteniamo che la serie
∑+∞n=1(an + |an|) converge. Ne segue
allora che la successione delle somme parziali
k∑n=1
an =
k∑n=1
(an + |an|)−k∑
n=1
|an|
risulta convergente e dunque che la serie∑+∞
n=1 an converge. �
222 8. SERIE NUMERICHE
Se la serie∑+∞
n=1 |an| converge, la serie∑+∞
n=1 an e detta assolutamenteconvergente. Il precedente risultato afferma allora che la convergenzaassoluta implica la convergenza.
Come applicazione notevole proviamo che la serie esponenziale+∞∑n=0
xn
n!
risulta convergente per ogni x ∈ R. Consideriamo la serie dei valori
assoluti∑+∞
n=0|x|nn!
ed applichiamo il criterio del rapporto. Per ognix ∈ R abbiamo che
an+1
an=|x|n+1
(n+ 1)!
n!
|x|n=|x|n+ 1
→ 0
per n → +∞. Dal criterio del rapporto otteniamo allora che la serieconverge assolutamente e dunque semplicemente per ogni x ∈ R.
2. Serie a termini di segno alterno
Data una successione positiva (an)n∈N, la serie
+∞∑n=1
(−1)nan
e serie a termini di segno alterno. Per stabilire se tale serie convergepossiamo applicare il seguente risultato.
Teorema 8.8. (Criterio di Leibniz)
Sia (an)n∈N una successione a termini non negativi. Se
(i) limn→+∞
an = 0;
(ii) an+1 ≤ an per ogni n ∈ N.
Allora la serie∑+∞
n=0(−1)nan converge.
Dim. Osserviamo che per ogni n ∈ N, essendo an+1 ≤ an, risulta
s2n = a0 − a1 + ...+ a2n−2 − a2n−1 + a2n ≤ a0 − a1 + ...+ a2n−2 = s2n−2
s2n+1 = a0 − a1 + ...− a2n−1 + a2n − a2n+1 ≥ a0 − a1 + ...− a2n−1 = s2n−1
e dunque che la successione (s2n)n∈N risulta decrescente mentre la succes-sione (s2n+1)n∈N risulta crescente. Inoltre, essendo an ≥ 0 per ogni n ∈ Nsi ha che s2n+1 ≤ s2n e dunque che per ogni n ∈ N risulta
s1 ≤ s2n+1 < s2n ≤ s0
La successione (s2n)n∈N risulta allora decrescente e limitata e dunque am-
mette limite finito `p. Analogalmente, la successione (s2n+1)n∈N risulta cre-
scente e limitata e dunque ammette limite finito `d. Risulta `d = `p, difatti
2. SERIE A TERMINI DI SEGNO ALTERNO 223
da (i) abbiamo s2n − s2n+1 = a2n+1 → 0. Si ottiene allora che la succes-
sione (sn)n∈N risulta convergente al limite ` = `p = `d e quindi che la serie
converge. �
Utilizzando tale risultato si prova che per ogni p > 0 la serie
+∞∑n=1
(−1)n
np
converge ma non converge assolutamente per p ≤ 1.Altro esempio di serie convergente ma non assolutamente convergen-
te e dato dalla serie∑+∞
n=2(−1)n
logn, difatti la successione an = 1
logne
infinitesima e decrescente.
Consideriamo ora la serie∑+∞
n=0(−1)n n+2n
che non soddisfa il criterio
di Leibniz in quanto, pur essendo la successione an = n+2n
= 1 + 2n
decrescente, non risulta infinitesima. Osserviamo che la successionenon converge poiche essendo lim
n→+∞an = 1 6= 0 non esiste lim
n→+∞(−1)nan
e non risulta verificata la condizione necessaria alla convergenza.
In generale, osservato che (−1)nan → 0 se e solo se an → 0, possiamoaffermare che se la successione non negativa (an)n∈N non e infinitesi-ma allora le serie
∑+∞n=0(−1)nan non converge in quanto non risulta
verificata la condizione necessaria alla convergenza.
Come ulteriori esempi vediamo alcune serie contenenti dei parametri.
• La serie+∞∑n=1
(α− 1)n
nnconverge assolutamente per ogni α ∈ R.
Difatti dal Criterio della radice
limn→+∞
n√|an| = lim
n→+∞
|α− 1|n
= 0
• Studiamo il comportamento della serie+∞∑n=0
ααn al variare di α > 0.
Dal Criterio del rapporto abbiamo
limn→+∞
αα(n+1)
ααn= αα
e dunque che la serie converge se αα < 1, ovvero se α < 1, e diverge seαα > 1, ovvero se α > 1. Infine, se α = 1 allora i termini della serierisultano costanti e pari a 1 e la corrispondente serie non converge.
224 8. SERIE NUMERICHE
• Studiamo il comportamento della serie+∞∑n=1
αn
nal variare di α ∈ R.
Controlliamo innanzitutto se converge assolutamente e dunque consi-
deriamo la serie∑+∞
n=1|α|nn
. Essendo la serie a termini non negativipotremo applicare a tale serie il criterio della radice:
limn→+∞
n√an = lim
n→+∞
|α|n√n
= |α|.
Ne deduciamo che se |α| < 1 allora limn→+∞ n√an < 1 e dal criterio
dalla radice la serie∑+∞
n=1αn
nconverge assolutamente e quindi sempli-
cemente. Se invece |α| > 1 allora la serie non converge assolutamentema non possiamo dire nulla sulla convergenza semplice. Osserviamopero che se α > 1 allora αn
n→ +∞ e quindi la serie diverge, se α < −1
allora la successione (αn
n)n∈N non ammette limite e dunque la serie non
converge.Infine, se α = 1 allora la serie diventa
∑+∞n=1
1n
che risulta divergente
mentre per α = −1 la serie risulta∑+∞
n=1(−1)n
nche risulta convergente
per il criterio di Leibniz.Riunendo quanto ottenuto, si ha che la serie converge se e solo se−1 ≤ α < 1.
3. Operazioni tra serie
Riguardo alle operazioni tra serie, utilizzando la definizione, si puofacilmente provare
Teorema 8.9. (Somma tra serie)
Se∑+∞
k=1 ak e∑+∞
k=1 bk sono serie convergenti rispettivamente alle som-
me a, b ∈ R, allora la serie∑+∞
k=1(αak + βbk) per ogni α, β ∈ R risultaconvergente alla somma αa+ βb e scriveremo
+∞∑k=1
(αak + βbk) = α+∞∑k=1
ak + β+∞∑k=1
bk.
Dim. Denotate rispettivamente con sn, σn e Sn le somme parziali delle serie∑+∞k=1 ak,
∑+∞k=1 bk e
∑+∞k=1(αak + βbk), risulta
Sn = αsn + βσn, ∀n ∈ N
e quindi, passando al limite per n→ +∞, otteniamo che la serie∑+∞
k=1(αak+
βbk) converge e converge alla somma αa+ βb. �
Si puo inoltre provare
3. OPERAZIONI TRA SERIE 225
Teorema 8.10. (prodotto di serie)
Se∑+∞
k=0 ak e∑+∞
k=0 bk sono serie assolutamente convergenti rispettiva-mente alle somme a, b ∈ R, allora la serie prodotto (secondo Cauchy)
∞∑k=0
ck, dove ck =k∑
n=0
anbk−n ∀k ∈ N∗, (15)
converge (assolutamente) al prodotto ab e scriveremo
+∞∑k=0
ak ·+∞∑k=0
bk =+∞∑k=0
ck
Infine vediamo il concetto di riordinamento di una serie.
Sia (kn)n∈N una successione tale che l’applicazione n 7→ kn risulti biu-nivoca da N ad N. Data una serie
∑∞n=1 an e posto an = akn , n ∈ N, la
serie∑∞
n=1 an e detta riordinamento della serie∑∞
n=1 an. Vale allora ilseguente risultato
Teorema 8.11. (Riordinamento di una serie)
Se∑∞
n=1 an e una serie assolutamente convergente, allora ogni suoriordinamento
∑∞n=1 an converge e converge alla medesima somma.
La convergenza assoluta e essenziale per provare la convergenza di ogniriordinamento alla medesima somma della serie data. Ad esempio siconsideri la serie
+∞∑n=0
(−1)n
n+ 1= 1− 1
2+
1
3− 1
4+
1
5− 1
6+
1
7− 1
8+
1
9− 1
10+ ...
che risulta convergente (ma non assolutamente). Denotiamo con sla sua somma (si puo provare che s = log 2) e consideriamo il suoriordinamento
1 +1
3− 1
2+
1
5+
1
7− 1
4+
1
9+
1
11− 1
6+ ...
Tale riordinamento si puo ottenere come somma delle serie
+∞∑n=0
(−1)n
n+ 1= 1− 1
2+
1
3− 1
4+
1
5− 1
6+
1
7− 1
8+
1
9− 1
10+ ...
1
2
+∞∑n=0
(−1)n
n+ 1= +
1
2− 1
4+
1
6− 1
8+
1
10+ ...
e dunque risulta convergente alla somma 32s. In effetti vale il seguente
risultato
226 8. SERIE NUMERICHE
Teorema 8.12. Sia∑∞
n=1 an una serie convergente ma non assoluta-mente convergente. Allora per ogni σ ∈ R esiste un suo riordinamento∑∞
n=1 an convergente alla somma σ.
4. ESERCIZI 227
4. Esercizi
Determinare il carattere delle seguenti serie numeriche.
1.
+∞∑n=0
(√n2 + 1− n)3 [converge]
2.+∞∑n=1
2n+ 1
n4 + 2n2 + 7[converge]
3.+∞∑n=0
n3e−n [converge]
4.
+∞∑n=1
log n
2n[converge]
5.+∞∑n=0
esinn
n3 + 2[converge]
6.+∞∑n=0
log(n+ 3
n+ 1) [diverge]
7.
+∞∑n=1
log(1 + 12n )
3n[converge]
8.+∞∑n=1
nn
2nn![diverge]
9.
+∞∑n=0
nn
3n![converge]
10.+∞∑n=1
(2n)!
(n!)2[diverge]
11.+∞∑n=0
log(n+ 1)3√n!
[converge]
12.
+∞∑n=2
n−√n
n3 − 3n[converge]
13.+∞∑n=1
cos(en)
n2[converge]
14.+∞∑n=1
en
(2n)![converge]
15.
+∞∑n=1
(1− 1
n
)n2
[converge]
16.+∞∑n=0
(√
1 + 2−n − 1) [conver-
ge]
17.
+∞∑n=1
e1n −
√1 + 2
n√n
[converge]
18.+∞∑n=1
log(1+ 12n
)−sin( 12n
)
arctan( 13n
)[conver-
ge]
19.
+∞∑n=1
e1n − cos( 1
3n )
tan 1n!
[diverge]
20.+∞∑n=1
(−1)n(
31n − 1
)[conver-
ge]
Stabilire per quali valori del parametro α > 0 risultano convergenti leseguenti serie
1.
+∞∑n=1
log(1 + αn)
n![α > 0]
2.+∞∑n=1
log(1 + n)− log n
nα[α > 0]
3.
+∞∑n=1
1√n+ nα
[α > 2]
4.
+∞∑n=1
e−αn − cos 1√
n
sin 1√n
[α = 12 ]
5.+∞∑n=1
nα(log(1 + 1n)− 1
n)[α < 1]
6.
+∞∑n=1
sin 12n√
n2 + nα − n[α > 0]
228 8. SERIE NUMERICHE
7.+∞∑n=0
1
3αn[α > 0]
8.
+∞∑n=1
αn
n22n[α ≤ 2]
9.+∞∑n=1
αn
2n2 [α > 0]
10.
+∞∑n=1
n!
αn2 [α > 1]
CAPITOLO 9
Serie di potenze
Consideriamo la serie geometrica di ragione x ∈ R:
+∞∑n=0
xn = 1 + x+ x2 + ...+ xk + ...
Da quanto visto, tale serie converge (assolutamente) per |x| < 1 e nonconverge per |x| ≥ 1. Inoltre, per ogni |x| < 1 risulta
+∞∑n=0
xn =1
1− x
Se pensiamo alla ragione x ∈ R come ad una variabile indipendentepotremo vedere tale serie come serie di funzioni fn(x) = xn e dire chetale serie, per x ∈ (−1, 1), converge alla funzione somma S(x) = 1
1−x .
Piu in generale data una successione di numeri reali (an)n∈N e x0 ∈ R,si pone il problema di determinare i valori x ∈ R per i quali la serie difunzioni
+∞∑n=0
an(x−x0)n = a0+a1(x−x0)+a2(x−x0)2+...+ak(x−x0)k+... (16)
risulta convergente e, quando possibile, determinarne la somma. Unaserie di funzione del tipo (16) viene detta serie di potenze di centro x0
e coefficienti an. Diremo inoltre insieme di convergenza della serie dipotenze (16) l’insieme I ⊆ R costituito da tutti i valori x ∈ R per iquali la serie risulta convergente.
Riconosciamo la serie geometrica come particolare serie di potenze conan = 1 per ogni n ∈ N e x0 = 0. Per tale serie l’insieme di convergenzae l’intervallo I = (−1, 1).
229
230 9. SERIE DI POTENZE
Esempi
•+∞∑n=0
xn
n!. Abbiamo gia provato, utilizzando il criterio del rapporto, che
la serie considerata converge (assolutamente) in ogni x ∈ R e quindil’insieme di convergenza e I = R.
•+∞∑n=0
n!xn. Osserviamo che la serie converge per x = 0 mentre per
x 6= 0 risulta
limn→+∞
n!xn =
{+∞ se x > 0
6 ∃ se x < 0
Quindi per x 6= 0 non risulta soddisfatta la condizione necessaria allaconvergenza di una serie numerica e dunque la serie non converge perogni x 6= 0. L’insieme di convergenza della serie data e I = {0}.
•+∞∑n=0
(−1)n
2nxn. Ponendo y = −x
2possiamo riscrivere la serie come
+∞∑n=0
yn. Tale serie converge per |y| < 1 e non converge per |y| ≥ 1.
Quindi, tornando alla variabile iniziale otteniamo che la serie data con-verge per |x| < 2 e non converge per |x| ≥ 2. L’insieme di convergenzae allora l’intervallo I = (−2, 2).
Negli esempi precedenti, l’insieme di convergenza e sempre un interval-lo, al piu ridotto ad un unico punto (il centro della serie) o coincidentecon R. Nei prossimi risultati proveremo che la proprieta e vera ingenerale per ogni serie di potenze.
1. Insieme di convergenza di una serie di potenze
Nel seguito ci limiteremo a considerare serie di potenze della forma
+∞∑n=0
anxn (17)
con centro in x0 = 0. Difatti a tale situazione ci si puo semprericondurre mediante la sostituzione y = x− x0.
Come primo risultato, notiamo che ogni serie di potenze della forma(17) risulta convergente nel suo centro, in quanto per x = 0 si ha∑+∞
n=0 anxn = a0. Vale poi il seguente risultato
1. INSIEME DI CONVERGENZA DI UNA SERIE DI POTENZE 231
Teorema 9.1. (di Abel di convergenza su intervalli)
Se la serie di potenze∑+∞
n=0 anxn converge per x = r 6= 0 allora la serie
converge (assolutamente) in ogni x ∈ (−|r|, |r|).
Dim. Per ipotesi la serie numerica∑+∞
n=0 anrn risulta convergente e quin-
di, dalla condizione necessaria per la convergenza di una serie, avremo cheanr
n → 0 per n → +∞ da cui, in particolare, che la successione (anrn)n∈N
risulta limitata.Sia M > 0 tale che |anrn| ≤M per ogni n ∈ N e sia x ∈ (−|r|, |r|). Essendor 6= 0, otteniamo
0 ≤ |anxn| = |anrn||xn||rn|
= |anrn|(|x||r|
)n ≤Mbn
dove b = |x||r| . La serie
∑+∞n=0 b
n e serie geometrica di ragione b ∈ [0, 1),
essendo |x| < |r|, quindi convergente. Dal criterio del confronto per serie
numeriche a termini non negativi deduciamo allora che la serie∑+∞
n=0 anxn
converge (assolutamente) per ogni x ∈ (−|r|, |r|). �
Data la serie di potenze (17), poniamo
ρ = sup{|r| ∈ [0,+∞) |+∞∑n=0
anrn converge}
Tale valore, eventualmente pari a +∞, e detto raggio di convergenzadella serie di potenze (17). Dal precedente risultato otteniamo
Teorema 9.2. (sul raggio di convergenza)
Data la serie di potenze∑+∞
n=0 anxn, sia ρ ∈ [0,+∞] il suo raggio di
convergenza. Allora:
(i) se ρ = 0, la serie converge solo per x = 0;(ii) se ρ = +∞, la serie converge (assolutamente) in ogni x ∈ R;
(iii) se ρ ∈ (0,+∞), la serie converge (assolutamente) per |x| < ρe non converge per |x| > ρ.
Dim. Poniamo
A = {|r| ∈ [0,+∞) |+∞∑n=0
anrn converge}
e ricordiamo che per definizione ρ = supA.
(i) Per assurdo, supponiamo che esista x ∈ R con x 6= 0 tale che∑+∞
n=0 anxn
risulti convergente. Allora |x| ∈ A e quindi, per definizione ρ ≥ |x| > 0,contro l’ipotesi ρ = 0.
(ii) Sia x ∈ R, x 6= 0. Essendo supA = +∞, avremo che esiste |r| ∈ A taleche |x| < |r|. Essendo
∑+∞n=0 anr
n convergente, dal Teorema di convergenzasugli intervalli avremo allora che la serie converge (assolutamente) in x.
232 9. SERIE DI POTENZE
(iii) Sia x ∈ R con |x| < ρ. Dalla definizione del raggio di convergenza,
avremo che esiste |r| ∈ A con |x| < |r|. Poiche∑+∞
n=0 anrn converge, dal
Teorema di convergenza sugli intervalli avremo allora che la serie converge
(assolutamente) in x. Infine, sia x ∈ R con |x| > ρ. Dalla definizione del
raggio di convergenza, avremo allora che |x| 6∈ A e quindi che la serie non
converge in x. �
Dal precedente risultato, riguardo all’insieme di convergenza I di unaserie di potenze
∑+∞n=0 anx
n di raggio di convergenza ρ ∈ [0,+∞] avre-mo:
(i) se ρ = 0 allora I = {0};(ii) se ρ = +∞ allora I = R;
(iii) se ρ ∈ (0,+∞) allora (−ρ, ρ) ⊆ I ⊆ [−ρ, ρ]. Rimane dubbioil comportamento della serie nei punti x = ±ρ.
Esempi
• La serie+∞∑n=0
xn ha raggio di convergenza ρ = 1 e non converge per
x = ±1: l’intervallo aperto I = (−1, 1) e il suo insieme di convergenza.
• La serie+∞∑n=0
xn
(n+ 1)2nha raggio di convergenza ρ = 2. Per il criterio
di Leibniz converge per x = −2 mentre per il criterio del confronto nonconverge per x = 2. L’intervallo I = [−2, 2) e quindi il suo insieme diconvergenza.
• La serie+∞∑n=0
xn
n23nha raggio di convergenza ρ = 3 e converge (assolu-
tamente) per x = ±3. L’intervallo chiuso I = [−3, 3] e il suo insiemedi convergenza.
I seguenti risultati ci permetteranno di determinare il raggio di conver-genza di una data serie di potenze.
Teorema 9.3. (Metodo del rapporto o di D’Alembert)
Data la serie di potenze∑+∞
n=0 anxn con an 6= 0 per ogni n ∈ N. Se
esiste
limn→+∞
∣∣∣∣an+1
an
∣∣∣∣ = ` ∈ [0,+∞]
allora il raggio di convergenza della serie e
ρ =
+∞ se ` = 0
1/` se ` ∈ (0,+∞)
0 se ` = +∞
1. INSIEME DI CONVERGENZA DI UNA SERIE DI POTENZE 233
Dim. Per x 6= 0 si ha
limn→+∞
∣∣∣∣an+1xn+1
anxn
∣∣∣∣ = `|x|
Se ` = 0 allora, dal criterio del rapporto la serie converge (assolutamente)
per ogni x ∈ R e dunque ρ = +∞.
Se ` = +∞ allora la serie non converge assolutamente in ogni x 6= 0 e quindi,
dal Teorema di convergenza sugli intervalli, non converge in alcun x 6= 0.
Quindi ρ = 0.
Se ` ∈ (0,+∞), dal criterio del rapporto la serie converge assolutamente per
`|x| < 1, ovvero per |x| < 1/`, e non converge assolutamente per `|x| > 1,
ovvero per |x| > 1/`. Dal Teorema sulla convergenza sugli intervalli ne
deduciamo che in questo caso ρ = 1/`. �
Ad esempio, data la serie+∞∑n=1
xn
3nnrisulta
limn→+∞
|an+1
an| = lim
n→+∞
3nn
3n+1(n+ 1)=
1
3
quindi, dal precedente teorema, la serie ha raggio di convergenza ρ = 3.Osserviamo inoltre che per x = 3 risulta la serie
∑+∞n=1
1n
e dunque che
la serie diverge mentre per x = −3 si ha la serie∑+∞
n=1(−1)n
nche risulta
convergente. L’insieme di convergenza di tale serie e allora l’intervallo[−3, 3).
Come ulteriore esempio consideriamo la serie+∞∑n=0
n!
nnxn. Abbiamo
limn→+∞
|an+1
an| = lim
n→+∞
(n+ 1)!
(n+ 1)n+1
nn
n!= lim
n→+∞
1
(1 + 1n)n
=1
e
e dunque il raggio di convergenza della serie e ρ = e. Osserviamo chela serie non converge in x = ±e. Infatti, essendo (1 + 1
n)n < e per ogni
n ∈ N, risultan!
nnen <
(n+ 1)!
(n+ 1)n+1en+1
e dunque la successione ( n!nnen)n∈N, essendo strettamente crescente e
positiva, non risulta infinitesima. Dalla condizione necessaria alla con-vergenza ne segue che la serie
∑+∞n=0
n!nnxn diverge in x = e mentre
risulta indeterminata in x = −e. Otteniamo allora che l’insieme diconvergenza della serie data e l’intervallo aperto (−e, e).Utilizzando il criterio della radice per serie numeriche si puo provare,in modo analogo, il seguente risultato.
234 9. SERIE DI POTENZE
Teorema 9.4. (Metodo della radice o di Cauchy-Hadamard)
Data la serie di potenze∑+∞
n=0 anxn, se esiste
limn→+∞
n√|an| = ` ∈ [0,+∞]
allora il raggio di convergenza della serie e
ρ =
+∞ se ` = 0
1/` se ` ∈ (0,+∞)
0 se ` = +∞
Ad esempio, data la serie+∞∑n=0
xn
3n2 risulta
limn→+∞
n√|an| = lim
n→+∞
1
3n= 0
quindi, dal precedente teorema, la serie ha raggio di convergenza ρ =+∞ e dunque l’insieme di convergenza e R.
I precedenti risultati si applicano, mediante semplice traslazione, anchea serie di potenze centrate in x0 6= 0:
+∞∑n=0
an(x− x0)n.
Ad esempio, vediamo di determinare l’insieme di convergenza della serie+∞∑n=0
(x+ 1)n
n2n. Dal criterio di D’Alembert abbiamo
limn→+∞
|an+1
an| = lim
n→+∞
n2n
(n+ 1)2n+1=
1
2
e dunque che la serie data ha raggio di convergenza ρ = 2. Ne segue chela serie converge (assolutamente) per |x+1| < 2 ovvero per −3 < x < 1e non converge per |x + 1| > 2. Per x = 1 la serie diventa
∑+∞n=0
1n
e dunque diverge, mentre per x = −3, la serie risulta∑+∞
n=0(−1)n
n,
convergente per il criterio di Leibniz. Ne segue allora che l’insieme diconvergenza della serie data e l’intervallo [−3, 1).
2. Derivata ed integrale di una serie di potenze
Data una serie di potenze∑+∞
n−0 anxn di raggio di convergenza ρ > 0,
sappiamo che la serie risulta (assolutamente) convergente in ogni |x| <
2. DERIVATA ED INTEGRALE DI UNA SERIE DI POTENZE 235
ρ e denotiamo con S(x) la sua somma:
S(x) =+∞∑n−0
anxn, ∀x ∈ (−ρ, ρ)
Nei prossimi risultati vedremo di stabilire le proprieta di tale somma e,se possibile, di determinarla esplicitamente. Osserviamo innanzituttoche per ogni n ∈ N i termini fn(x) = anx
n sono derivabili in R, edunque continui ed integrabili, con
f ′n(x) = nanxn−1 e
∫ x
0
fn(t) dt =an
n+ 1xn+1
e che le serie+∞∑n=1
nanxn−1 e
+∞∑n=0
ann+ 1
xn+1
sono serie di potenze, dette rispettivamente serie derivata e serie in-tegrata della serie
∑+∞n=0 anx
n. Ci chiediamo dove tali serie risultanoconvergenti e quale relazione sussiste tra la somma di tali serie e lasomma S(x). Vale il seguente risultato
Teorema 9.5. (derivazione ed integrazione di serie di potenze)
Sia∑+∞
n=0 anxn serie di potenze di raggio di convergenza ρ > 0 e sia
S(x) la sua somma:
S(x) =+∞∑n−0
anxn, ∀x ∈ (−ρ, ρ).
Allora
(i) S(x) e derivabile in (−ρ, ρ), la serie derivata∑+∞
n=1 nanxn−1
ha raggio di convergenza ρ e somma S ′(x):
S ′(x) =+∞∑n=1
nanxn−1, ∀x ∈ (−ρ, ρ).
(ii) S(x) e integrabile in (−ρ, ρ), la serie integrata∑+∞
n=0ann+1
xn+1
ha raggio di convergenza ρ e somma∫ x
0S(t) dt:∫ x
0
S(t)dt =+∞∑n=0
ann+ 1
xn+1, ∀x ∈ (−ρ, ρ).
Dim. (i) Proviamo innanzitutto che la serie derivata∑∞
n=1 nanxn−1 ha
raggio di convergenza ρ. Infatti, sia ρ′ il suo raggio di convergenza. Se
236 9. SERIE DI POTENZE
|x| < ρ′ allora dal Teorema sul raggio di convergenza la serie∑∞
n=1 |nanxn−1|risulta convergente e poiche
|anxn| = |x||anxn−1| ≤ |nanxn−1|, ∀n ≥ |x|,
dal criterio del confronto segue che la serie∑∞
n=0 anxn risulta convergente e
dunque che |x| ≤ ρ. Si ha allora che ρ′ ≤ ρ.Viceversa, sia |x| < ρ, preso w ∈ R con |x| < |w| < ρ risulta
|nanxn−1| = n|an|∣∣∣ xw
∣∣∣n−1|w|n−1 =
(n
|w|
∣∣∣ xw
∣∣∣n−1)|anwn|.
Poiche, essendo∣∣ xw
∣∣ < 1, risulta n|w|∣∣ xw
∣∣n−1 → 0 per n → +∞, avremo che
esiste ν ∈ N tale che
n
|w|
∣∣∣ xw
∣∣∣n−1< 1 per ogni n ≥ ν.
Allora, per n ≥ ν risulta
|nanxn−1| < |anwn|
e poiche |w| < ρ, la serie∑+∞
n=0 |anwn| risulta convergente e dunque, dal
criterio del confornto, sara tale anche la serie∑+∞
n=1 nanxn−1. Ne segue
allora che |x| ≤ ρ′ da cui ρ ≤ ρ′. Quindi ρ′ = ρ.Proviamo ora che S(x) e derivabile e che la somma della serie derivata D(x)coincide con la derivata S′(x) per ogni |x| < ρ. Dato |x0| < ρ consideriamo
il rapporto incrementale S(x)−S(x0)x−x0 . Dalla definizione di somma della serie
abbiamo
S(x)− S(x0)
x− x0= lim
k→+∞
1
x− x0(
k∑n=0
anxn −
k∑n=0
anxn0 ) = lim
k→+∞
k∑n=0
anxn − xn0x− x0
Dalla formula di Taylor di ordine 1 con resto di Lagrange applicato allapotenza xn, per ogni n ∈ N abbiamo che esiste ξn compreso tra x e x0 taleche
xn = xn0 + nxn−10 (x− x0) +
n(n− 1)
2ξn−2n (x− x0)2
dunque
S(x)− S(x0)
x− x0= lim
k→+∞
k∑n=0
nanxn−10 + (x− x0)
k∑n=0
n(n− 1)
2anξ
n−2n
Per ogni n ∈ N si ha che ξn risulta compreso tra x e x0 e quindi che |ξn| ≤ r =
max{|x|, |x0|} < ρ. Poiche la serie∑+∞
n=0n(n−1)
2 anrn−2 risulta convergente
(difatti, per quanto sopra provato, la serie∑+∞
n=0n(n−1)
2 anxn−2 e serie di
potenze di raggio di convergenza ρ), dal criterio del confronto deduciamo
2. DERIVATA ED INTEGRALE DI UNA SERIE DI POTENZE 237
che la serie∑+∞
n=0n(n−1)
2 anξn−2n converge ad una somma che denotiamo con
s0. Infine, essendo per definizione∑+∞
n=0 nanxn−10 = D(x0) otteniamo
S(x)− S(x0)
x− x0= D(x0) + s0(x− x0)
e dunque che
S′(x0) = limx→x0
S(x)− S(x0)
x− x0= D(x0)
(ii) Da (i) e sufficiente osservare che la serie∑+∞
n=0 anxn e la serie derivata
della serie∑+∞
n=0ann+1x
n+1 e dunque, detta P (x) la sua somma risulta
P ′(x) = S(x).
Dal Teorema fondamentale del calcolo integrale e dalla caratterizzazionedelle primitive si ottiene allora
P (x) = P (0) +
∫ x
0S(t) dt =
∫ x
0S(t) dt.
�
Ad esempio, consideriamo la serie geometrica∑+∞
n=0 xn avente raggio
di convergenza ρ = 1 e somma S(x) = 11−x per ogni x ∈ (−1, 1).
Dal precedente risultato otteniamo che la serie derivata∑+∞
n=1 nxn−1
ha raggio di convergenza ρ = 1 e somma S ′(x) = 1(1−x)2
:
+∞∑n=1
nxn−1 =1
(1− x)2, ∀|x| < 1.
Analogalmente, la serie integrata∑+∞
n=0xn+1
n+1ha raggio di convergenza
1 e somma∫ x
0S(t)dt = − log(1− x):
+∞∑n=0
xn+1
n+ 1= − log(1− x), ∀|x| < 1.
Applicando iterativamente il precedente risultato si ottiene
Teorema 9.6. Sia∑+∞
n=0 anxn serie di potenze di raggio di convergenza
ρ > 0 e sia S(x) la sua somma:
S(x) =+∞∑n−0
anxn, ∀x ∈ (−ρ, ρ).
238 9. SERIE DI POTENZE
Allora S(x) e funzione derivabile infinite volte in (−ρ, ρ) e per ognik ∈ N risulta
S(k)(x) =+∞∑n=k
n(n− 1)(n− 2)...(n− k + 1)anxn−k
=+∞∑n=k
n!
(n− k)!anx
n−k, ∀x ∈ (−ρ, ρ).
In particolare, per ogni k ∈ N, risulta ak =S(k)(0)
k!e dunque vale
S(x) =+∞∑n=0
S(n)(0)
n!xn, ∀x ∈ (−ρ, ρ).
Generalizzando i precedenti risultati ad una generica serie di potenzedi centro x0, otteniamo che se S(x) e la somma della serie di potenze∑+∞
n=0 an(x − x0)n di raggio di convergenza ρ > 0 allora S(x) risultaderivabile infinite volte in (x0 − ρ, x0 + ρ) e vale
S(x) =+∞∑n=0
S(n)(x0)
n!xn, ∀x ∈ (x0 − ρ, x0 + ρ).
Diremo che la funzione S(x) e sviluppabile in serie di Taylor con centrox0.
3. Serie di Taylor
Data una funzione f(x) derivabile infinite volte in (a, b), per ogni x0 ∈(a, b) e lecito considerarne la serie di Taylor con centro x0 definita come
+∞∑n=0
f (n)(x0)
n!(x− x0)n.
E naturale chiedersi se tale serie (di potenze) risulta convergente in(a, b) e se la somma coincide con f(x). La risposta e in generalenegativa, si pensi ad esempio alla funzione
f(x) =
{e−
1x2 se x 6= 0,
0 se x = 0.
Tale funzione risulta derivabile infinite volte in R e risulta f (n)(0) = 0per ogni n ∈ N. La corrispondente serie di Taylor con centro x0 = 0
3. SERIE DI TAYLOR 239
risulta quindi banalmente convergente a 0 e non a f(x):
+∞∑n=0
f (n)(0)
n!xn = 0, ∀x ∈ R.
Vale pero il seguente risultato che fornisce una condizione sufficientealla convergenza della serie di Taylor alla somma f(x).
Teorema 9.7. (di sviluppabilita in serie di Taylor)
Sia f(x) una funzione derivabile infinite volte in (a, b). Se esistono duecostanti M,L ≥ 0 tali che
|f (n)(x)| ≤MLn ∀x ∈ (a, b), n ∈ N,
allora, per ogni x0 ∈ (a, b) si ha
f(x) =+∞∑n=0
f (n)(x0)
n!(x− x0)n, ∀x ∈ (a, b).
Dim. Fissato x0 ∈ (a, b), per ogni k ∈ N poniamo
Rk(x) = f(x)−k∑
n=0
f (n)(x0)
n!(x− x0)n
e proviamo che per ogni x ∈ (a, b) risulta Rk(x)→ 0 per k → +∞. Osservato
che∑k
n=0f (n)(x0)
n! (x−x0)n e il polinomio di Taylor di ordine k della funzionef(x) centrato in x0, scrivendo il resto in forma di Lagrange abbiamo cheesiste ξ compreso tra x e x0 tale che
Rk(x) =f (k+1)(ξ)
(k + 1)!(x− x0)k+1
Dalle ipotesi segue che
|Rk(x)| ≤ MLk+1
(k + 1)!|x− x0|k+1
e dunque, dalla gerarchia degli infiniti, che Rk(x) → 0 per ogni x ∈ (a, b).
�
Le funzioni ex, sinx, cosx, sinhx e cosh x verificano le ipotesi del pre-cedente Teorema e risultano quindi sviluppabili in serie di Taylor nelloro dominio. Elenchiamo di seguito gli sviluppi di Taylor centrati inx0 = 0 di tali funzioni:
• ex =+∞∑n=0
xn
n!, x ∈ R (serie esponenziale)
240 9. SERIE DI POTENZE
• sinx =+∞∑n=0
(−1)n
(2n+ 1)!x2n+1, x ∈ R
• cosx =+∞∑n=0
(−1)n
(2n)!x2n, x ∈ R
• sinhx =+∞∑n=0
1
(2n+ 1)!x2n+1, x ∈ R
• cosx =+∞∑n=0
1
(2n)!x2n, x ∈ R
Riguardo alla funzione logaritmica log x, abbiamo che per ogni |x| < 1risulta
log(1 + x) =∞∑k=0
(−1)n+1xn
n
Infatti, ricordando che
1
1− x=
+∞∑k=0
xk ∀|x| < 1,
sostituendo x con −x si ottiene
1
1 + x=
+∞∑n=0
(−1)nxn, ∀|x| < 1,
e dal Teorema di integrazione delle serie di potenze deduciamo che
log(1 + x) =
∫ x
0
1
1 + tdt =
+∞∑n=0
(−1)nxn+1
n+ 1, ∀|x| < 1.
Per la funzione arcotangente, con ragionamento analogo al precedente,osservato che
D(arctanx) =1
1 + x2=
+∞∑n=0
(−1)nx2n ∀|x| < 1,
dal Teorema di integrazione delle serie di potenze otteniamo
arctanx =
∫ x
0
1
1 + t2dt =
+∞∑n=0
(−1)nx2n+1
2n+ 1, |x| < 1.
3. SERIE DI TAYLOR 241
Riguardo infine la funzione (1 + x)α, si ha che per ogni α ∈ R e ogni|x| < 1 risulta
(1 + x)α =∞∑n=0
(α
n
)xn, (serie binomiale)
dove (α
n
)=α(α− 1)(α− 2)...(α− n+ 1)
n!
Infatti, dal criterio del rapporto si puo provare che la serie a secondomembro ha raggio di convergenza ρ = 1 e dunque che la serie converge(assolutamente) per |x| < 1 mentre non converge per |x| > 1. Perprovare che la serie converge a (1 + x)α, detta S(x) la somma dellaserie, per |x| < 1 dal Teorema di derivazione otteniamo
S ′(x) =∞∑n=1
n
(α
n
)xn−1 =
+∞∑m=0
(m+ 1)
(α
m+ 1
)xm
da cui, osservato che
(n+ 1)
(α
n+ 1
)+ n
(α
n
)= α
(α
n
)otteniamo
(1 + x)S ′(x) =+∞∑n=0
(n+ 1)
(α
n+ 1
)xn +
∞∑n=1
n
(α
n
)xn
=∞∑n=1
((n+ 1)
(α
n
)+ n
(α
n
))xn = α
+∞∑n=0
(α
n
)xn = αS(x).
Ne segue cheS ′(x)
S(x)=
α
1 + x
ed integrando ambo i membri, essendo S(0) = 1, risulta
log(S(x)) =
∫ x
0
S ′(t)
S(t)dt =
∫ x
0
α
1 + tdt = αlog(1 + x)
e dunque S(x) = (1 + x)α.
Come applicazione dei precedenti sviluppi notevoli e del Teorema diderivazione ed integrazione di serie di potenze, vediamo di determinarelo sviluppo in serie di potenze di una data funzione derivabile infinitevolte.
242 9. SERIE DI POTENZE
Esempi
• Sviluppare in serie di potenze centrata in x0 = 0 la funzione f(x) =x log(1 + x). Per quanto ottenuto sopra risulta
log(1 + x) =+∞∑n=0
(−1)nxn+1
n+ 1, |x| < 1
da cui
x log(1 + x) =+∞∑n=0
(−1)nxn+2
n+ 1=
+∞∑m=2
(−1)mxm
m− 1, |x| < 1
Si osservi che la serie∑+∞
n=0(−1)m xm
m−1ha raggio di convergenza pari a
1 e dunque lo sviluppo vale per |x| < 1. Si ha inoltre che per il criteriodi Leibniz la serie converge per x = 1 e si puo provare che la somma ef(2) = log 2 = limx→1 x log(1+x). Ne segue che lo sviluppo precedentevale per ogni x ∈ (−1, 1].
• Determinare lo sviluppo in serie di potenze centrata in x0 = 0 dellafunzione f(x) = x
(1+2x)3. Dallo sviluppo
1
1 + y=
+∞∑n=0
(−1)nyn, |y| < 1
derivando due volte otteniamo
− 1
(1 + y)2=
+∞∑n=1
n(−1)nyn−1, |y| < 1
e
2
(1 + y)3=
+∞∑n=2
n(n− 1)(−1)nyn−2, |y| < 1
Ponendo y = 2x otteniamo allora
2
(1 + 2x)3=
1
4
+∞∑n=2
n(n− 1)(−1)n2nxn−2, |x| < 1
2
da cui
f(x) =x
(1 + 2x)3=
1
8
+∞∑n=2
n(n− 1)(−1)n2nxn−1
=1
4
+∞∑m=1
(m+ 1)m(−1)m+12mxm, |x| < 1
2.
3. SERIE DI TAYLOR 243
• Determinare lo sviluppo in serie di potenze centrata in x0 = 0 dellafunzione f(x) = (1 + x2) sinx. Per ogni x ∈ R abbiamo
sinx =+∞∑n=0
(−1)nx2n+1
(2n+ 1)!
e dunque
(1 + x2) sinx = sinx+ x2 sinx
=+∞∑n=0
(−1)nx2n+1
(2n+ 1)!+
+∞∑n=0
(−1)nx2n+3
(2n+ 1)!
=+∞∑n=0
(−1)nx2n+1
(2n+ 1)!+
+∞∑n=1
(−1)n−1 x2n+1
(2n− 1)!
= x++∞∑n=1
(−1)n(1
(2n+ 1)!− 1
(2n− 1)!)x2n+1
= x++∞∑n=1
(−1)n1− 2n− 4n2
(2n+ 1)!x2n+1
Vediamo ora all’opposto come determinare la somma di una serie dipotenze e di alcune serie numeriche.
Esempi
• Determinare la somma S(x) della serie di potenze+∞∑n=0
5n
n!xn.
Ricordando che
ey =+∞∑n=0
yn
n!, x ∈ R,
ponendo y = 5x otteniamo
S(x) =+∞∑n=0
5n
n!xn = e5x, x ∈ R
• Determinare la somma S(x) della serie di potenze+∞∑n=0
xn
n+ 1.
Da
1
1− x=
+∞∑n=0
xn, |x| < 1,
244 9. SERIE DI POTENZE
integrando otteniamo che
− log(1− x) =+∞∑n=0
xn+1
n+ 1= x
+∞∑n=0
xn
n+ 1, |x| < 1
da cui, se x 6= 0 segue che
S(x) = − log(1− x)
x,
mentre se x = 0, dal calcolo diretto otteniamo S(0) = 1.
• Determinare la somma S(x) della serie di potenze+∞∑n=1
xn
n(n+ 1).
Dallo sviluppo
1
1− x=
+∞∑n=0
xn, |x| < 1
integrando due volte otteniamo
− log(1− x) =+∞∑n=0
xn+1
n+ 1=
+∞∑m=1
xm
m, |x| < 1
e
(1− x) log(1− x) + x =+∞∑m=1
xm+1
m(m+ 1)= x
+∞∑m=1
xm
m(m+ 1), |x| < 1
Ne segue che se x 6= 0 e |x| < 1 allora
S(x) =+∞∑m=1
xm+1
m(m+ 1)=
1− xx
log(1− x) + 1
mentre S(0) = 0.
• Determinare la somma della serie numerica+∞∑n=0
n
2n.
Determiniamo innanzitutto la somma della serie∑+∞
n=0 nxn. A tale
scopo osserviamo che derivando la serie
1
1− x=
+∞∑n=0
xn, |x| < 1
otteniamo
1
(1− x)2=
+∞∑n=1
nxn−1 =1
x
+∞∑n=0
nxn, |x| < 1, x 6= 0,
3. SERIE DI TAYLOR 245
da cuix
(1− x)2=
+∞∑n=0
nxn, |x| < 1.
Per x = 12
risulta allora
+∞∑n=0
n
2n=
12
(1− 12)2
= 2.
• Determinare la somma della serie numerica+∞∑n=0
(n+ 1)2
en.
Determiniamo a tale scopo la somma della serie∑+∞
n=0 (n+ 1)2xn. Atale scopo osserviamo che procedendo come nel precedente esempioabbiamo
x
(1− x)2=
+∞∑n=0
nxn, |x| < 1.
Derivando otteniamo
1 + x
(1− x)3=
+∞∑n=1
n2xn−1 =+∞∑m=0
(m+ 1)2xm, |x| < 1
e ponendo x = 1e
concludiamo
+∞∑n=0
(n+ 1)2
en=
1 + 1e
(1− 1e)3
=e(e+ 1)
(e− 1)3.
• Determinare la somma della serie+∞∑n=0
n2 − 2
2n.
Vediamo innanzitutto di determinare la somma della serie∑+∞
n=0(n2 −2)xn. Osservato che il raggio di convergenza della serie e ρ = 1, perogni |x| < 1 abbiamo
+∞∑n=0
(n2 − 2)xn =+∞∑n=0
n2xn − 2+∞∑n=0
xn =x(1 + x)
(1− x)3− 2
1− x
=−x2 + 5x− 2
(1− x)3,
dove, per calcolare la somma della prima serie abbiamo derivato duevolte la serie
∑+∞n=0 x
n = 11−x ottenendo
+∞∑n=0
nxn =x
(1− x)2
246 9. SERIE DI POTENZE
da cui+∞∑n=0
n2xn =x(1 + x)
(1− x)3.
Posto x = 12
nello sviluppo ottenuto, concludiamo che
+∞∑n=0
n2 − 2
2n= 2.
4. ESERCIZI 247
4. Esercizi
Determinare l’insieme di convergenza delle seguenti serie di potenze.
1.∞∑n=0
2n
3n2 xn R
2.+∞∑n=0
n+ 1
2nxn (−2, 2)
3.
∞∑n=0
en
n3 + 1xn [−1
e ,1e ]
4.+∞∑n=1
3n
3√nxn [−1
3 ,13)
5.
+∞∑n=1
2n2
n2xn {0}
6.
+∞∑n=0
xn
log n[−1, 1)
7.+∞∑n=0
sin 1n
nxn [−1, 1]
8.+∞∑n=0
xn
nn log nR
9.
+∞∑n=0
n2
nnxn R
10.+∞∑n=0
xn
2√n
[−1, 1]*
Determinare lo sviluppo in serie di potenze delle seguenti funzioni
1. f(x) = x sinhx
2. f(x) = e2x
x3. f(x) = (1 + x) log(1 + x)
4. f(x) = x+ log(1− x2)5. f(x) = (1− x) sin(x2)6. f(x) = x− arctanx
Determinare il raggio di convergenza e la somma delle seguenti serie dipotenze
1.+∞∑n=0
x2n
n![ex
2]
2.+∞∑n=0
(−1)nx4n
(2n+ 1)![ sin(x2)
x2]
3.
+∞∑n=0
xn
(n+ 1)![ ex−1x ]
4.
+∞∑n=1
(−1)nnxn [− x(1+x)2
]
5.+∞∑n=2
n(n− 1)x2n [ 2x4
(1−x2)3]
6.
+∞∑n=1
(−1)nn2xn [−x(x−1)(1+x)3
]
7.
+∞∑n=0
(n+ 3)xn [ 3−2x(1−x)2
]
8.+∞∑n=1
n(n+ 2)xn [x(3−x)(1−x)3
]
* provare che la serie∑+∞n=0
12√n converge confrontandola ad esempio con la
serie∑+∞n=0
1n2
248 9. SERIE DI POTENZE
Calcolare la somma delle seguenti serie numeriche
1.+∞∑n=0
1
2n(n+ 1)![2(√e− 1)]
2.+∞∑n=0
1
2nn(n+ 1)[1− log 2]
3.
+∞∑n=0
1
4n(2n+ 1)[2 arctan 1
2 ]
4.+∞∑n=0
(−1)nπ2n+1
(2n)![π]
5.+∞∑n=1
n2
2n[6]
6.
+∞∑n=0
1 + n2
3n[3]
CAPITOLO 10
Serie di Fourier
Sia f(x) funzione definita in R, periodica di periodo 2π ed integrabile(secondo Riemann) in [−π, π], vedremo piu avanti come passare al casogenerale di periodo T > 0 tramite dilatazioni. Diremo coefficienti diFourier di f(x) i numeri reali cosı definiti
a0 =1
π
∫ π
−πf(x) dx,
ak =1
π
∫ π
−πf(x) cos(kx) dx,
bk =1
π
∫ π
−πf(x) sin(kx) dx,
dove k ∈ N. Si osservi che i coefficienti di Fourier di f(x) risultano bendefiniti. Infatti essendo f(x) periodica di periodo 2π e integrabile su[−π, π] allora per ogni funzione g(x) continua in R, la funzione f(x)g(x)risulta anch’essa integrabile su [−π, π].
Si dice invece serie di Fourier di f(x) la serie di funzioni
a0
2+∞∑k=1
ak cos(kx) + bk sin(kx), x ∈ [−π, π].
1. Diseguaglianza di Bessel
Sia f(x) funzione periodica di periodo 2π e integrabile su [−π, π].Considerata la somma parziale n-esima della serie di Fourier
sn(x) =a0
2+
n∑k=1
ak cos(kx) + bk sin(kx), x ∈ [−π, π],
per ogni n ∈ N proveremo che
1
π
∫ π
−π|f(x)−sn(x)|2 dx =
1
π
∫ π
−πf(x)2 dx− [
a20
2+
n∑k=1
(a2k + b2
k) ], (18)
249
250 10. SERIE DI FOURIER
da cui in particolare segue
a20
2+
n∑k=1
(a2k + b2
k) ≤1
π
∫ π
−πf(x)2 dx, ∀n ∈ N.
Passando al limite per n → +∞ si ottiene la seguente diseguaglianza,nota come diseguaglianza di Bessel:
a20
2+∞∑k=1
(a2k + b2
k) ≤1
π
∫ π
−πf(x)2 dx. (19)
Dalla diseguaglianza di Bessel in particolare si ha che la serie∑∞
k=1 (a2k+
b2k) risulta convergente e quindi, dalla condizione necessaria alla con-
vergenza di una serie, che le successioni (ak)k∈N e (bk)k∈N risultano in-finitesime. Il risultato e noto (sotto ipotesi in realta meno restrittive)come Lemma di Riemann-Lebesgue
Teorema 10.1. (Lemma di Riemann-Lebesgue)
Sia f(x) funzione periodica di periodo 2π e integrabile su [−π, π] allora
limk→+∞
∫ π
−πf(x) cos(kx) dx = lim
k→+∞
∫ π
−πf(x) sin(kx) dx = 0. (20)
Proviamo ora che vale (18). Chiaramente risulta
1
π
∫ π
−π|f(x)− sn(x)|2 dx =
1
π
∫ π
−πf(x)2 dx− 2
π
∫ π
−πf(x)sn(x) dx (21)
+1
π
∫ π
−πsn(x)2 dx.
Ricordando la definizione dei coefficienti di Fourier abbiamo
2
π
∫ π
−πf(x)sn(x) dx =
a0
π
∫ π
−πf(x) dx+
2
π
n∑k=1
ak
∫ π
−πf(x) cos(kx) dx
+2
π
n∑k=1
bk
∫ π
−πf(x) sin(kx) dx
= a20 +
2
π
n∑k=1
(π a2
k + π b2k)
= a20 + 2
n∑k=1
(a2k + b2k
)
2. CONVERGENZA PUNTUALE DELLA SERIE DI FOURIER 251
Per valutare l’ultimo termine in (21) osserviamo che risulta
1
π
∫ π
−πsn(x)2 dx =
1
π
∫ π
−π(a0
2+
n∑k=1
ak cos(kx) + bk sin(kx))2 dx
=a2
0
2+ a0
n∑k=1
[1
π
∫ π
−πak cos(kx) + bk sin(kx) dx
]+
+n∑
k,j=1
akaj
[1
π
∫ π
−πcos(kx) cos(jx) dx
]+
+
n∑k,j=1
akbj
[1
π
∫ π
−πcos(kx) sin(jx) dx
]+
+
n∑k,j=1
bkbj
[1
π
∫ π
−πsin(kx) sin(jx) dx
]Il primo integrale nella precedente identita risulta nullo mentre per calcolaregli ultimi integrali si possono utilizzare le Formule di Werner* da cui risulta∫ π
−πcos(kx) sin(jx) dx = 0
mentre∫ π
−πsin(kx) sin(jx) dx =
∫ π
−πcos(kx) cos(jx) dx =
{0 se k 6= j,
π se k = j.
Si ottiene allora che
1
π
∫ π
−πsn(x)2 dx =
a20
2+
n∑k=1
(a2k + b2k
),
da cui la (21) ci permette di concludere come si voleva che
1
π
∫ π
−π|f(x)− sn(x)|2 dx =
1
π
∫ π
−πf(x)2 dx−
(a2
0
2+
n∑k=1
(a2k + b2k)
).
2. Convergenza puntuale della Serie di Fourier
Vedremo in questa sezione sotto quali ipotesi la serie di Fourier risultaconvergente alla funzione. Si osservi innanzitutto che se f(x) e funzio-ne periodica di periodo 2π ed integrabile su [−π, π] allora la sommaparziale n-esima della sua serie di Fourier e data da
sn(x) =1
π
∫ π
−πf(x+ t)Dn(t) dt, x ∈ [−π, π]. (22)
* cos(kx) sin(jx) = 12 (sin(k + j)x + sin(j − k)x), sin(kx) sin(jx) = 1
2 (cos(k −j)x− cos(k + j)x) e cos(kx) cos(jx) = 1
2 (cos(k + j)x+ cos(j − k)x).
252 10. SERIE DI FOURIER
dove si e denotato con Dn(x) il nucleo di Dirichlet
Dn(x) =1
2+ cos(x) + cos(2x) + . . .+ cos(nx), x ∈ R, n ∈ N.
-π 0 π
Nuclei di Dirichlet D1, D2 e D3
Infatti, ricordando la definizione dei coefficienti di Fourier di f(x) (chedenotiamo ancora a0, ak, bk) otteniamo
sn(x) =a0
2+
n∑k=1
(ak cos(kx) + bk sin(kx))
=1
π
∫ π
−πf(y)
[1
2+
n∑k=1
(cos(ky) cos(kx) + sin(ky) sin(kx))
]dy
=1
π
∫ π
−πf(y)
[1
2+
n∑k=1
cos(k(y − x))
]dy
=1
π
∫ π
−πf(y)Dn(y − x) dy
ed operando la sostituzione t = y − x ne segue che
sn(x) =1
π
∫ π+x
−π+xf(x+ t)Dn(t) dt.
La (22) segue allora dal fatto che la funzione x ∈ R 7→ f(x+ t)Dn(t) ∈ R eperiodica di periodo 2π e dunque che∫ π+x
−π+xf(x+ t)Dn(t) dt =
∫ π
−πf(x+ t)Dn(t) dt.
Riguardo ai nuclei di Dirichlet, abbiamo
2. CONVERGENZA PUNTUALE DELLA SERIE DI FOURIER 253
Lemma 10.1. Per ogni n ∈ N si ha che Dn(x) e una funzione continua,pari, periodica di periodo 2π e tale che∫ 0
−πDn(x) =
∫ π
0
Dn(x) =π
2. (23)
Inoltre
Dn(x) =
sin((n+ 1
2)x)
2 sin(x2)
se x ∈ [−π, π] \ {0},
n+ 12
se x = 0.
(24)
Dim. Come somma di funzioni continue, pari e periodiche di periodo 2π,anche il nucleo di Dirichelet gode delle stesse proprieta. Notiamo ora che,essendo sin(kπ) = 0 per ogni k ∈ N, si ha che∫ π
0Dn(x) dx =
∫ π
0
1
2+
n∑k=1
cos(kx) dx =π
2+
n∑k=1
[sin(kx)
k
]π0
=π
2.
Si osservi infine che dalla formula di addizione otteniamo che per ogni k ∈{1, . . . , n} risulta
sin((k +1
2)x)− sin((k − 1
2)x) = 2 cos(kx) sin(
x
2).
Sommando tale uguaglianza per k = 1, . . . , n otteniamo che se x 6= 0 allora
Dn(x) =1
2+
n∑k=1
cos(kx) =1
2+
1
2 sin(x2 )[n∑k=1
sin((k +1
2)x)− sin((k − 1
2)x)]
=1
2+
1
2 sin(x2 )[sin((n+
1
2)x)− sin((
1
2)x)] =
sin((n+ 12)x)
2 sin(x2 ).
�
Siamo ora in grado di provare il seguente risultato
Teorema 10.2. (convergenza puntuale della Serie di Fourier)
Sia f(x) funzione periodica di periodo 2π integrabile in [−π, π]. Se perx ∈ (−π, π) esiste δ > 0 percui risulta verificata la condizione del Dini:∫ δ
−δ,|f(x+ t)− f(x)
t| dt < +∞, (25)
allora sn(x)→ f(x) per n→ +∞, ovvero la serie di Fourier convergea f(x):
f(x) =a0
2+∞∑k=1
ak cos(kx) + bk sin(kx).
254 10. SERIE DI FOURIER
Dim. Da (22), (23) e (24) abbiamo che
sn(x)− f(x) =1
π
∫ π
−π(f(x+ t)− f(x))Dn(t) dt
=1
π
∫ π
−π(f(x+ t)− f(x))
sin(2n+12 t)
2 sin t2
dt
=1
2π
∫ π
−π
f(x+ t)− f(x)
sin t2
sin(2n+ 1
2t) dt
Posto
g(t) =
{f(x+t)−f(x)
sin t2
se t 6= 0
0 se t = 0
dalla condizione (25) ed essendo f integrabile in [−π, π], otteniamo cherisulta tale anche g. Allora, poiche
sn(x)− f(x) =1
2π
∫ π
−πg(t) sin(
2n+ 1
2t) dt,
dal Lemma di Riemann-Lebesgue, segue la tesi. �
In modo analogo a quanto provato nel precedente teorema si puo pro-vare che data f(x) funzione periodica di periodo 2π ed integrabile in[−π.π], se per x ∈ (−π, π) esiste δ > 0 percui risulta verificata lacondizione del Dini:∫ δ
0
|f(x+ t)− f(x+)
t| dt < +∞ e
∫ 0
−δ|f(x− t)− f(x−)
t| dt < +∞
dove f(x±) = limt→x±
f(t), allora
a0
2+∞∑k=1
ak cos(kx) + bk sin(kx) =f(x+) + f(x−)
2.
Osserviamo inoltre che l’ipotesi di continuita non e sufficiente per pro-vare la convergenza puntuale della serie di Fourier* avremo invece chela condizione (25) risulta verificata in x se la funzione risulta di classeC1 a tratti nel seguente senso.
Si dice che f(x) e C1 a tratti su (a, b) se esiste una partizione x0 =a < x1 < . . . < xn = b per la quale risulti che f(x) e derivabile conderivata continua su (xi−1, xi) ed esistono finite f ′(x+
i−1), f ′(x−i ) perogni i = 1, ..., n. Se f(x) e definita in R e risulta C1 a tratti su ogniintervallo (a, b) ⊂ R diremo che lo e su R. Notiamo che se f(x) e C1 atratti su (a, b) allora e integrabile su ogni intervallo [x0, x1] ⊂ (a, b).
* Si puo provare che se f e funzione continua allora la successione dei polinomi diFejer, ottenuti come media aritmetica dei polinomi di Fourier di f , risulta ovunqueconvergente ad f .
2. CONVERGENZA PUNTUALE DELLA SERIE DI FOURIER 255
Vediamo alcuni esempi notevoli.
Esempi
• Serie di Fourier dell’onda triangolare. Consideriamo la funzione con-tinua in [−π, π] f(x) = π
2− |x| estesa per periodicita su tutto l’asse
reale. Tale funzione risulta pari e quindi risulta
bk =1
π
∫ π
−πf(x) sin(kx) dx = 0 ∀k ∈ N
mentre
ak =1
π
∫ π
−πf(x) cos(kx) dx =
2
π
∫ π
0
(π
2− x) cos(kx) dx
=
{0 se k e pari o nullo
4πk2
se k e dispari
Si ottiene allora che la serie di Fourier di f(x) e
+∞∑k=0
4
π(2k + 1)2cos(2k + 1)x =
4
π
+∞∑k=0
cos(2k + 1)x
(2k + 1)2
-π 0 π
Essendo f(x) continua e di classe C1 a tratti in R dai precedenti risultatiabbiamo che tale serie converge a f(x) per ogni x ∈ R. In particolare,per x = 0 abbiamo
f(0) =π
2=
4
π
+∞∑k=0
1
(2k + 1)2
e dunque che+∞∑k=0
1
(2k + 1)2=π2
8.
256 10. SERIE DI FOURIER
• Calcoliamo la serie di Fourier della funzione f(x) = x2 in [−π, π],prolungata per periodicita su tutto l’asse reale. Tale funzione risultapari e quindi risulta
bk =1
π
∫ π
−πf(x) sin(kx) dx = 0 ∀k ∈ N
mentre
ak =1
π
∫ π
−πf(x) cos(kx) dx =
2
π
∫ π
0
x2 cos(kx) dx
=
{2π2
3se k = 0
(−1)k 4k2
se k ≥ 1
Si ottiene allora che la serie di Fourier di f(x) e
π2
3+ 4
+∞∑k=1
(−1)k
k2cos(kx)
Essendo f(x) di classe C1 a tratti in R dai precedenti risultati abbiamoche tale serie converge a f(x).
-2π -π 0 π 2π
Se ne deduce in particolare che per x = π risulta
f(π) = π2 =π2
3+ 4
+∞∑k=1
1
k2
e dunque che+∞∑k=1
1
k2=π2
6.
2. CONVERGENZA PUNTUALE DELLA SERIE DI FOURIER 257
mentre per x = 0 si ottiene
f(0) = 0 =π2
3+ 4
+∞∑k=1
(−1)k
k2
da cui+∞∑k=1
(−1)k
k2= −π
2
12.
• Serie di Fourier dell’onda quadra. Nell’intervallo [−π, π] consideria-mo la funzione
f(x) =
{1 se x ∈ [0, π]
−1 se x ∈ [−π, 0)
estesa per periodicita su tutto R. Poiche la funzione risulta dispariavremo
ak =1
π
∫ π
−πf(x) cos(kx) dx = 0 ∀k ∈ N∗
mentre
bk =1
π
∫ π
−πf(x) sin(kx) dx =
2
π
∫ π
0
sin(kx) dx
=2
kπ(1− cos(kπ)) =
{0 se k e pari4kπ
se k e dispari
Si ottiene allora che la serie di Fourier di f(x) e+∞∑k=1
4
π(2k − 1)sin((2k − 1)x) =
4
π
+∞∑k=1
sin((2k − 1)x)
2k − 1
Essendo f(x) di classe C1 in (−π, 0) e in (0, π), dai precedenti risultatiabbiamo che tale serie converge a f(x) e dunque
4
π
+∞∑k=1
sin((2k − 1)x)
2k − 1= 1 ∀x ∈ (0, π)
e4
π
+∞∑k=1
sin((2k − 1)x)
2k − 1= −1 ∀x ∈ (−π, 0)
Osserviamo invece che in x = 0 e x = ±π la serie risulta identicamentenulla. Abbiamo quindi che la serie converge alla somma
f(x) =
1 se x ∈ (0, π)
−1 se x ∈ (−π, 0)
0 se x = 0 e x = ±π
258 10. SERIE DI FOURIER
coincidente con f(x) in (−π, 0) e (0, π). Notiamo che nei punti didiscontinuita di f(x) risulta
f(x0) =f(x+
0 ) + f(x−0 )
2.
La funzione f(x) e detta regolarizzata della funzione f(x).
-π 0 π
-1
1
Osserviamo che i polinomi di Fourier di tale funzione risultano essere
f2n−1(x) =4
π
n∑k=1
sin(2k − 1)x
2k − 1=
4
π
n∑k=1
∫ x
0
cos(2k − 1)t dt
=4
π
∫ x
0
n∑k=1
cos(2k − 1)t dt =2
π
∫ x
0
sin(2nt)
sin tdt
Si ottiene allora che
f ′2n−1(x) =2
π
sin(2nx)
sinx
e dunque che f2n−1(x) ammette punti di massimo relativo nei punti
(2k + 1)π
2n, k ∈ Z
Si puo provare che nel punto di massimo piu prossimo alla discontinuitadi f(x), π
2n, il polinomio di Fourier assume, per valori di n grande, un
valore strettamente maggiore di 1:
limn→+∞
f2n−1(π
2n) =
2
π
∫ π
0
sinx
xdx ' 1, 18
Si presenta quindi un fenomeno di “sovraoscillazione” (detto fenomenodi Gibbs) nell’intorno della discontinuita di f(x).
2. CONVERGENZA PUNTUALE DELLA SERIE DI FOURIER 259
0 π
1
Infine, osserviamo che i precedenti risultati potranno essere estesi afunzioni definite in R, periodiche di periodo T > 0 arbitrario ed in-tegrabili in [−T, T ]. Per tali funzioni potremo considerare la serie diFourier
a0
2+∑k∈N
ak cos(kωx) + bk sin(kωx)
dove si e posto ω = πT
e per k ∈ N ∪ {0}
ak =1
T
∫ T
−Tf(x) cos(kωx) dx e bk =
1
T
∫ T
−Tf(x) sin(kωx) dx.
Indice analitico
Algebra dei limiti, 75infiniti, 34finiti, 32
asintotoobliquo, 81orizzontale, 80verticale, 72
Assioma di completezza, 10
Binomio di Newton, 149
coefficienti di Fourier, 249Condizione del Dini, 253Criterio
del confrontointegrale, 217per integrali impropri, 194, 201per serie, 217
del confronto asintoticoper integrali impropri, 197, 204per serie, 218
del rapporto, 49per serie, 219
della radice, 220di convessita, 131di integrabilita, 165di Leibniz, 222di monotonia, 127
stretta, 128cuspide, 117
derivata, 113destra e sinistra, 115seconda, 131
Diseguaglianzadi Bernoulli, 22di Bessel, 250
estremo superiore ed inferiore, 18
fenomeno di Gibbs, 258forme indeterminate, 36, 76Formula
degli incrementi finiti, 119di De Moivre, 26di McLaurin, 147di Taylor
con resto di Lagrange, 150con resto di Peano, 146, 147
fondamentale del calcolo integrale,171
funzioneascissa, 13concava, 129continua, 97convessa, 129degli errori di Gauss, 206derivabile, 113di Dirichlet, 63differenziabile, 118iniettiva, suriettiva e bijettiva, 67integrabile secondo Riemann, 164inversa, 67invertibile, 67limitata, 75mantissa, 63monotona, 78pari e dispari, 65parte intera, 63periodica, 65segno, 63seno e coseno iperbolico, 66trascurabile, 84uniformemente continua, 109valore assoluto, 63
261
262 INDICE ANALITICO
funzioni asintotiche, 83
Identita di Gauss, 22insieme di convergenza, 229insieme superiormente e
inferiormente limitato, 16integrale
definito, 169di Riemann, 164improprio, 191, 192, 199indefinito, 172superiore e inferiore, 164
intervallo, 14
Leggi di cancellazione, 67Lemma di Riemann-Lebesgue, 250
maggiorante e minorante, 15massimo e minimo, 16
nucleo di Dirichlet, 252numero di Nepero, 41
ordinedi infinitesimo, 88di infinito, 91
parte reale e immaginaria, 24parte intera, 20partizione, 163primitiva, 171Principio di induzione, 21Proprieta Archimedea, 19punto
a tangente verticale, 117angoloso, 116critico o stazionario, 124di discontinuita
di prima specie, 100di seconda specie, 100eliminabile, 100
raggio di convergenza, 231Regola di integrazione
per parti, 175, 186per sostituzione, 176, 186
retta tangente, 114riordinamento di una serie, 225
seriearmonica generalizzata, 217
binomiale, 241derivata e integrata, 235di Fourier, 249
dell’onda quadra, 257dell’onda triangolare, 255
di potenze, 229di Taylor, 238esponenziale, 222, 239geometrica, 215numerica, 215prodotto, 225
somma di una serie, 215somma integrale superiore e
inferiore, 163somma parziale o ridotta, 215successione, 29
monotona, 40successioni asintotiche, 52
Teoremadei valori intermedi
primo, 104secondo, 104terzo, 107
del confronto tra limiti, 37, 39, 77del differenziale, 119della media integrale, 170della permanenza del segno, 37, 77di Abel, 231di Bolzano-Weierstrass, 55di caratterizzazione delle funzioni
costanti, 126di caratterizzazione delle
primitive, 171di caratterizzazione sequenziale
del limite, 73di Cauchy, 140di convergenza puntuale della serie
di Fourier, 253di De L’Hopital, 140di derivazione della funzione
composta, 121di derivazione delle funzione
inversa, 122di derivazione ed integrazione delle
serie di potenze, 235di esistenza degli zeri, 101di Fermat, 124di Heine-Cantor, 109
INDICE ANALITICO 263
di integrabilitadelle funzioni continue, 167delle funzioni monotone, 166
di Lagrange, 125di regolarita delle successioni
monotone, 41di Rolle, 125di sviluppabilita in serie di Taylor,
239di Weierstrass, 105fondamentale del calcolo integrale,
170Metodo del rapporto o di
D’Alembert, 232Metodo della radice o di
Cauchy-Hadamard, 234sul limite delle funzioni monotone,
78, 82sul limite di funzioni composte, 76sul raggio di convergenza, 231sull’invertibilita delle funzioni
continue, 108sulla continuita
della funzione composta, 98della funzione integrale, 169della funzione inversa, 108delle funzioni derivabili, 118delle funzioni monotone, 107
sulla convergenza assolutadi un integrale improprio, 194