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arté in questo numero Il corpo abi(ta)to Il disegno speculare progressivo Il ruolo dell’improvvisazione nel processo creativo Arteterapia nelle cure palliative Tra corpo e cultura: la danzamovimentoterapia come mediazione simbolica Esserci, Esprimersi, Interagire tra adolescenti Musica del corpo, musica della mente Danzamovimentoterapia e minori abusati: dal danno alla riparazione A CURA DI ASSOCIAZIONE MUSICA E TERAPIA COOPERATIVA SOCIALE LA LINEA DELL’ARCO COOP. SOC. CENTRO STUDI DANZA ANIMAZIONE ARTE TERAPIA 04 ISSN 1971-811X ANNO_03_NUM_04_DICEMBRE_2008 QUADERNI ITALIANI DELLE ARTITERAPIE

art 04 int - Amazon Web Services › arte... · 2014-01-17 · Musica del corpo, musica della mente Danzamovimentoterapia e minori abusati: dal danno alla riparazione ... Membro ordinario

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artéin questo numero Il corpo abi(ta)to

Il disegno speculare progressivo

Il ruolo dell’improvvisazione nel processo creativo

Arteterapia nelle cure palliative

Tra corpo e cultura:la danzamovimentoterapia come mediazione simbolica

Esserci, Esprimersi, Interagire tra adolescenti

Musica del corpo, musica della mente

Danzamovimentoterapia e minori abusati:dal danno alla riparazione

A CURA DI ASSOCIAZIONE MUSICA E TERAPIA

COOPERATIVA SOCIALE LA LINEA DELL’ARCOCOOP. SOC. CENTRO STUDI DANZA ANIMAZIONE ARTE TERAPIA

04

ISSN 1971-811X ANNO_03_NUM_04_DICEMBRE_2008

QUADERNI ITALIANI DELLE ARTITERAPIE

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COSMOPOLIS SNCCorso Peschiera, 320 - 10139 Torino - tel/fax 011 71 02 09

www.edizionicosmopolis.it - [email protected]

ABBONAMENTOPer 2 numeri / 1 anno: 20,00 euro

Versamento su c.c.p. 47371257 intestato a Cosmopolis s.n.c.causale “abbonamento ar-té” e l’anno di riferimento

A CURA DI■ ASSOCIAZIONE MUSICA E TERAPIA

■ COOPERATIVA SOCIALE LA LINEA DELL’ARCO■ COOP. SOC. CENTRO STUDI DANZA ANIMAZIONE ARTE TERAPIA

DIRETTORE EDITORIALEGerardo Manarolo

COMITATO DI REDAZIONEClaudio Bonanomi - Coop. Soc. La Linea dell’Arco

Ferruccio Demaestri - Ass. Musica e Terapia

Laura Panza - Coop. Soc. Centro Studi Danza Animazione Arte Terapia

COMITATO SCIENTIFICOGiorgio Bedoni - Psichiatra, Psicoterapeuta, Docente scuola di arteterapia di Lecco

Roberto Boccalon - Psichiatra, Arteterapeuta art-therapy, Ferrara

Claudio Bonanomi - Psicologo, Musicoterapista,Direttore Centro di Formazione nelle Artiterapie, Lecco

Roberto Caterina - Professore Associato, Cattedra di Psicologia della Musica, Dipartimento di Psicologia, Università di Bologna

Giovanni Del Puente - Dipartimento di Neuroscienze Oftalmologia e Genetica,Scienze di Psichiatria, Università di Genova

Daniela Di Mauro - Psicologa, DMT, Palermo

Giovanna Ferrandes - Psicologa, Psicoterapeuta, Azienda Ospedaliera-UniversitariaSan Martino, Genova

Luigi Ferranini - Direttore Dsm Asl 3 Genovese, Professore a contrattoall’Università degli Studi, Dipartimento di Neuroscienze Oftalmologia e Genetica,Sezione di Psichiatria, Università di Genova

Pier Maria Furlan - Professore Ordinario di Psichiatria e Direttore del DipartimentoInteraziendale di salute Mentale ASO San Luigi Gonzaga - Asl 5 di Collegno - Università di Torino

Maria Elena Garcia - Danzamovimentoterapeuta, Docente corso di musicoterapia di Assisi

Giovanni Giusto - Direttore Scientifico Gruppo Redancia, Genova

Daniele La Barbera - Direttore Cattedra di Psichiatria e Riabilitazione Psichiatrica,Università di Palermo

Claudio Lugo - Musicista, Compositore, Docente Conservatorio di Alessandria

Andrea Masotti - Musicista, musicoterapista, Casa della Musica, Genova

Donatella Mondino - Arteterapeuta, docente art-therapy, Torino

Deborah Nogaretti - Arteterapeuta, Coordinatrice Coop. Soc. CIMAS

Laura Panza - Psicologa, Danzamovimentoterapeuta DMT, APID, Milano

Maurizio Peciccia - Psichiatra, Psicoterapeuta, Università di Perugia, Presidente Apiart

Fausto Petrella - Professore Ordinario di Psichiatria, Università di Pavia,Membro ordinario con funzioni di training della Società psicoanalitica italiana

Salvo Petruzzella - Drammaterapeuta, Psicodrammista,Overseas Member della BADTh (British Association of Dramatherapy)

Rosa Porasso - Psicologa, Arteterapeuta, Docente scuola di arteterapia di Lecco

Pier Luigi Postacchini - Psichiatra, Neuropsichiatra,Coordinatore Corso quadriennale di musicoterapia di Assisi

Vincenzo Puxeddu - Medico fisiatra, Danzamovimentoterapeuta, Presidente Apid, Cagliari

Pio Enrico Ricci Bitti - Professore Ordinario di Psicologia Generale,Dipartimento di Psicologia, Università di Bologna

Alessandro Tamino - Psichiatra, Psicoterapeuta, Presidente Associazione Scuoladi Artiterapie e Psicoterapie Espressive, Roma

Laura Tonani - Arteterapeuta, Docente Accademia di Brera

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ditoriaIl secondo numero del 2008 ospita nuovamente le re-lazioni presentate nel corso del convegno “Identità di-namica delle Artiterapie” svoltosi in Assisi nell’Ottobre2007 (ulteriori contributi presentati in quell’occasionesono reperibili sul n. 03).Ar-té si apre con “Il corpo abi(ta)to” di Cristina Lugli eUmberto Stefano Benatti che descrivono un interes-sante esperienza di Danzamovimentoterapia (DMT) edi Arteterapia condotta nella sezione femminile dellacasa Circondariale S’Anna di Modena; emerge nel lo-ro scritto la funzione integrativa svolta dal mediatoreespressivo-artistico anche in virtù delle sue potenzialitàestetiche. Paolo Catanzaro, a seguire, presenta un casoclinico particolarmente complesso, dove il disegno spe-culare progressivo costituisce una preziosa opportunitàpsicoterapica. Nei successivi contributi Elisabetta Co-lace e Marzia Menzani riflettono sul laboratorio di ar-te e danza terapia, condotto all’interno del convegno diAssisi e centrato sul rapporto improvvisazione/processocreativo, mentre Michele Daghero riporta la nostra at-

tenzione in ambito clinico trattando il ruolo che l’arte-terapia può svolgere nell’ambito delle cure palliative.Gli articoli che seguono affrontano tematiche relativeall’ambito formativo e preventivo.Alba G.A. Naccari descrive un interessante esperienzadi DMT rivolta agli studenti del corso di Laurea inScienze Motorie e Sportive (Università di Perugia).Francesca Prestia presenta un intervento preventivo(attuato con l’impiego di diversi mediatori espressivi)nei confronti di adolescenti problematici.Ar-té si conclude con due differenti contributi clinici:Silvia Ragni presenta una particolare esperienza musi-coterapica rivolta a pazienti sofferenti per la Sindromedi Alzheimer mentre Maria Rita Cirrincione descriveun intervento di DMT rivolto a minori abusati dove ladimensione corporea rappresenta la ferita ma anche larisorsa con cui dialogare.

Gerardo Manarolo

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mariosomm

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m somm04 Il corpo abi(ta)to

CRISTINA LUGLI, UMBERTO STEFANO BENATTI

09 Il disegno speculare progressivoPAOLO CATANZARO

15 Il ruolo dell’improvvisazione nel processo creativoELISABETTA COLACE, MARZIA MENZANI

18 Arteterapia nelle cure palliativeMICHELE DAGHERO

22 Tra corpo e cultura: la danzamovimentoterapia come mediazione simbolicaALBA G.A. NACCARI

34 Esserci, Esprimersi, Interagire tra adolescentiFRANCESCA PRESTIA

40 Musica del corpo, musica della menteSILVIA RAGNI

51 Danzamovimentoterapia e minori abusati: dal danno alla riparazioneM. RITA CIRRINCIONE

58 Recensioni ar-té

62 Notiziario ar-té

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Il Corpo abi(ta)toL’esperienza di danzamovimentoterapeuta nella sezione femminiledella casa Circondariale S. Anna di Modena

CRISTINA LUGLI, UMBERTO STEFANO BENATTILa danzamovimentoterapia e l’arte terapia rap-presentano ormai da sette anni una presenza at-tiva e consolidata all’interno delle pratiche ri-educative della Casa Circondariale S. Anna diModena.Nell’ormai lontano 2001, il progetto denomina-to “ART TRE”, proposto ed iniziato con unospirito pionieristico e sperimentale, era struttu-rato in un limitato numero d’incontri nelle di-verse sezioni maschili e nella sezione femminile.I successivi progetti “Il muro dipinto” (2002),“L’ora d’Arte” (2003/2004) e “Prendere P’Arte”(2005/2006) si sono via via caratterizzati da unaminor episodicità e da un maggior radicamentonella struttura stessa della Casa Circondariale.Ha concorso a ciò certamente l’aumento dei la-boratori ma pure gli incontri con gli operatori;in sintesi, il tentativo di dialogare con le aspetta-tive e le necessità sia degli operatori che dei de-tenuti.La realizzazione di tali progetti è stata possibilegrazie al coinvolgimento dell’Associazione Car-cere-Città di Modena, del Comune, della CasaCircondariale stessa, alla succitata disponibilità eprofessionalità degli operatori, alla fondamentalerisposta positiva dei detenuti e delle detenute ealla Fondazione Cassa di Risparmio di Modena,senza i quali non avremmo potuto elencare ilquanto e il tanto che è stato fatto.Nel corso di questi anni si è cercato di dar corpoal lavoro formulando soluzioni ed interventi “apiù mani”, cercando di integrare più linguaggi.Questo ha portato alla proposta di progetti sem-pre diversi, al coinvolgimento delle differenti se-zioni presenti al S. Anna e all’elaborazione di in-terventi anche rivolti alla realtà territorialecome la video-installazione “Corporecluso”,

realizzata dal gruppo di danzamovimentotera-pia della sezione femminile condotto dalla dan-zamovimentoterapeuta C. Lugli in collabora-zione con l’artista multimediale U.S. Benatti, ela produzione della video-intervista “Il cielo ce-lato” realizzata dal gruppo della sezione ma-schile condotto dall’arteterapeuta C. Coppelli incollaborazione con l’attore T. Contartese.Tali elaborati sono stati presentati nel maggiodel 2007 nell’ambito dell’evento nazionale “Spa-zio Libero. Arte dai luoghi di reclusione” orga-nizzato dalla Provincia di Modena.

Obiettivi e speranze… ■I progetti sopracitati si sono posti alcuni obiettiviespliciti, dichiarati; avevano e hanno tuttora al-cune speranze implicite:- nell’apertura (nel vero senso della parola) di

uno spazio entro il quale rintracciare e ritrac-ciare una diversa immagine di sé rispetto aquella certificata dal reato e relativa condan-na; attraverso la modalità corporea, succes-sivamente integrata con differenti percorsiespressivi e l’ausilio delle tecnologie multivi-sive nella sezione femminile; attraverso glistrumenti grafico/plastico/pittorici e la pre-disposizione di un training espressivo ini-zialmente artistico, successivamente inte-grato fra l’artistico e il teatrale nella sezionemaschile;

- nella creazione di una condivisione di grup-po in grado di sorreggere o quanto meno diaiutare il soggetto in quella difficile rielabora-zione.

Pur riconoscendo gli imprevisti e le difficoltàsubentrate, la complessità dell’utenza e cercan-

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do di evitare inutili enfasi, si può, in ultima ana-lisi, fino ad ora considerare la risoluzione deiprogetti in termini complessivamente positivi, lapartecipazione prevista soddisfatta e gli obiettivipreposti sostanzialmente assolti.

La videoinstallazione “Corporecluso” ■

realizzata dal gruppo di danzamovimentoterapiadella sezione femminile condotto da C. Lugli incollaborazione con U.S. BenattiL’esperienza e il processo comunicativo attiva-tosi nel laboratorio espressivo di danzamovi-mentoterapia, attraverso l’integrazione dellamodalità corporea con l’espressività visiva e so-nora, ha permesso la creazione dell’installazio-ne “Corporecluso” realizzata in collaborazionecon U.S. Benatti.La ricerca del gruppo, volta a sperimentare

nuove strade d’interazione tra danzamovimen-toterapia, musica ed arte visuale, “guarda alcorpo” utilizzato come segno, forma e sintesi diun linguaggio aperto e in divenire a secondadello spazio, alla ricerca di nuove dinamiche.La danza nella coreografia forma eteree creatu-re che trasformano il loro corpo in un’essenza dimovimenti in cui si rinnova, attraverso i sensi, lapossibilità di conoscere un mondo presente “ol-tre il confine della propria pelle” e contempora-neamente ristruttura il Sé, la percezione delproprio corpo.La complessità dei fattori scesi in campo nelgruppo di danzamovimentoterapia nell’ideazio-ne, organizzazione e realizzazione di tale rap-presentazione multimediale ha delineato uncongruo spazio di elaborazione dell’esperienzasu più piani per l’integrazione delle implicazioniemozionali.

Cristina Lugli - Danzamovimentoterapeuta APID, Titolare ArServizi Carpi (Mo); Umberto Stefano Benatti - Artista multimediale, Collaboratore ArServizi Carpi (MO)

Immagini tratte da “Corporecluso”

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CRISTINA LUGLI, UMBERTO STEFANO BENATTI

Il marchio DMT GROUP ■

La nuova proposta 2007/2008 “Arti in carcere,prospettive di un linguaggio condiviso” è figliadel precedente progetto “Prendere P’Arte” e,come tutti i figli, conserva alcuni tratti somaticidel genitore anche se è caratterizzata da un’i-dentità propria.La struttura portante è costituita dagli interventi diDMT (danzamovimentoterapia) e di AT (arte tera-pia) rivolti rispettivamente alle detenute della sezio-ne femminile e ai detenuti della sezione maschile.

Una significativa novità relativa al modulo didanzamovimentoterapia è l’inserimento nel pro-getto, sempre condotto dalla danzamovimento-terapeuta C. Lugli, di una parte relativa alla pro-duzione di un marchio di abbigliamento (DMTGROUP) alla cui progettazione, ideazione eproduzione verranno coinvolte le detenute dellasezione femminile. Tale momento rappresentaun’integrazione, un completamento e pure unafinalizzazione opportuna del training stesso diDMT. Si darà la possibilità alle detenute di vede-re concretizzato e divulgato all’esterno il proprioimpegno con il coinvolgimento di professionalitàdirettamente provenienti dal mondo del lavoro.La scelta di produrre un marchio d’abbiglia-mento per danzare viene così a motivare la vo-lontà del gruppo di DMT di creare abiti in cui ilcorpo in movimento possa abitare e ri-conoscer-si. Per tale motivo il marchio e la produzionestessa non assumeranno carattere tipicamentecommerciale ma il processo creativo espresso edelaborato nel gruppo e le sue implicazioni sulpiano emotivo e cognitivo diverranno punto no-dale del lavoro di danzamovimentoterapia nellesue finalità rieducative e terapeutiche.

Il prodotto uscirà dalla sua caratteristica preva-lentemente industriale, divenendo invenzionecoreografica nella sua presentazione; i processisimbolici che entreranno in gioco e il modo incui il movimento corporeo potrà veicolarli in unpercorso di ricostruzione personale, relazione ereciprocità saranno elementi di possibile effica-cia terapeutica dell’esperienza.Il laboratorio di danzamovimentoterapia vedel’intervento della danzamovimentoterapeuta in-sieme all’artista e alla stilista per la progettazionee la realizzazione dei campionari e la prepara-zione del materiale divulgativo. Operatore e stili-sta proseguiranno all’esterno il lavoro di suppor-to: terranno il contatto con i collaboratori esternie le scuole del territorio che si impegneranno nelmarketing e nello stilismo attraverso successiviinterventi diretti nelle classi svolti in orario curri-colare e con il coinvolgimento degli insegnanti. I Dirigenti scolastici stessi offriranno sostegnoall’iniziativa organizzando incontri ed assem-blee relative al progetto finalizzate al coinvolgi-mento di tutti gli studenti.

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Marchio DMT GROUP ®

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L’elaborato artistico “Abitanti” ■realizzato dal gruppo di danzamovimentoterapiadella sezione femminile condotto da C. Lugli incollaborazione con U.S. BenattiIl gruppo di danzamovimentoterapia della se-zione femminile ha creato e presentato allamostra “Spazio Libero”, svoltasi nel maggiodel 2007, l’elaborato artistico “Abitanti”, ope-ra interattiva, luogo, spazio comune nel qualeil gesto creativo sulla materia potesse donarealla fissità dell’abito neutro un ritmo, ove sipotessero fondere numerosi elementi eteroge-nei in un’unità inusuale che mutasse la rigiditàdell’abito, grazie all’intensità dei movimenti.Il pubblico aveva a disposizione materiali (colo-ri, accessori, ritagli di tessuto, ecc.) sui quali e at-traverso i quali lasciare traccia del proprio pas-saggio creando un nuovo habitat.L’opera, divenuta pertanto momento di rela-zione e condivisione, sarà parte del processo diproduzione della Linea DMT GROUP® (chele ragazze della sezione realizzeranno nel 2008);si trasformerà pertanto in abitazione comune espazio sociale condiviso nel quale riconoscersicome “abitanti”.

Immagini tratte da “Abitanti”

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CRISTINA LUGLI, UMBERTO STEFANO BENATTI

Centro Educativodi Formazione e Documentazionesulle Arti ed Arti Terapie ■ArServizi si avvale della collaborazione di nu-merosi esperti che operano con diverse compe-tenze in differenti aree, da quella educativa epsico-pedagogica a quella artistica, artigianale eprofessionale.ArServizi promuove le Arti come modalitàespressive in campo educativo, rieducativo,riabilitativo, terapeutico e culturale secondole modalità dei diversi linguaggi espressivi perrispondere ai bisogni emergenti in ambito so-ciale, con particolare attenzione a soggetti incondizioni di disagio, avvalendosi esclusiva-mente di operatori qualificati, formati pressoscuole riconosciute dalle associazioni nazio-nali di categoria (APID, APIART, AIM,CONFIAM).L’attività del Centro è volta inoltre a valorizzarei diversi aspetti di ricerca delle arti, delle arti te-

rapie, dei mezzi espressivi legati ai nuovi lin-guaggi artistici (audiovisivo, informatico, cine-matografico, musicale, teatrale, ecc.). e delle te-rapie espressive per la prevenzione del disagio,anche attraverso il confronto con progetti attua-ti nelle varie regioni d’Italia.ArServizi propone attività di progettazionerelativa alle arti, arti terapie, didattica del-l’arte e della musica, divulgazione estetica;corsi d’aggiornamento e formazione per in-segnanti, operatori, educatori, genitori; la-boratori espressivi indirizzati a piccoli grup-pi o a gruppi appartenenti alle varie fasced’utenza; interventi e relazioni per il coordi-namento di attività formative in collabora-zione con scuole, con servizi sanitari, istitu-zioni, associazioni e gruppi strutturati,nonché iniziative d’aggiornamento, di pro-mozione culturale (eventi, convegni, giorna-te di studio, rif lessione e approfondimento)ed editoriale (pubblicazioni). ■

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Premessa metodologica ■Il disegno speculare progressivo terapeutico(DSPT) del dott. Peciccia e del dott. Benedetti(1995) costituisce una metodologia psicoterapeuti-ca che utilizza il medium grafico pittorico. Essoconsiste nella realizzazione iniziale di due disegniliberi, uno da parte del paziente e l’altro da partedel terapeuta. A questo punto paziente e terapeutasi scambiano i disegni e, ponendo un foglio traspa-rente sopra, ricalcanoil disegno ricevuto, ef-fettuando una o piùmodifiche. Paziente eterapeuta continuanoa scambiarsi i disegni ea ricalcarli, effettuandouna o più modifiche, per tutta la seduta, che ha ladurata di un’ora. Alla fine della seduta si avrannodue sequenze di disegni, una a partenza dal dise-gno del paziente e una a partenza dal disegno delterapeuta. Nelle sedute successive la metodologia èanaloga: paziente e terapeuta possono scegliere diriprendere dal disegno dell’ultima seduta o realiz-zare un disegno nuovo. Ogni sequenza, sia quellaintraseduta, che quella che comprende più sedute,propone la storia dell’interazione grafica paziente-terapeuta. Tale interazione grafica può essere vistaanche come il riflesso della relazione terapeuta-pa-ziente. Le modifiche, a volte involontarie, apporta-te progressivamente ai disegni, possono essere con-siderate a tutti gli effetti come azioni transferali econtrotransferali di tipo grafico. Il terapeuta, mo-dificando un particolare del disegno, può realizza-re un’interpretazione di transfert, utilizzando uncanale diverso rispetto a quello acustico-verbale,appunto quello grafico-pittorico.Tale metodologia psicoterapeutica, utilizzabile

con pazienti affetti da patologie diverse, che ov-viamente abbiano una funzionalità integra degliarti superiori, è particolarmente indicata perpersone affette da patologie che comprometto-no la verbalizzazione come sono appunto le psi-cosi (sia nella fase autistica, che produttiva).Quando utilizzata con pazienti affetti da patolo-gie che non compromettono la parola, è possibi-le riservare all’interno di ogni seduta o dopo al-

cune sedute unospazio di rif lessioneverbale, dove pazien-te e terapeuta posso-no condividere inten-zioni grafiche esignificati associati a

forme e figure. È possibile inoltre, per procederesu un doppio canale che possa servire da confer-ma del livello grafico-pittorico, dare un titolo adogni disegno.Oltre che in forma diadica tale procedurapuò essere realizzata in gruppo - DisegnoSpeculare Progressivo Terapeutico di Gruppo(DSPTG) - dove alla trasformazione graficadel disegno di ciascuno partecipa progressiva-mente tutto il gruppo: si creano alla fine se-quenze rappresentative dell’interazione grafi-co-relazionale di gruppo. Ne risulterà insostanza la testimonianza grafica delle dina-miche transferali orizzontali e verticali pre-senti nel gruppo (Catanzaro, 2004).Nel caso clinico che presenteremo, riportiamoun’interazione triadica: il setting prevede incontridi un’ora e la presenza del terapeuta, del pazientee di una tirocinante. La procedura di scambio deiprodotti grafico-pittorici, che segue quella delDSPTG, è illustrata nella figura 1, 2 e 3.

Il disegno speculare progressivonella cura di un paziente con sordità secondaria

Psichiatra, Psicoterapeuta, Coordinatore Servizio di Psiconcologia Dipartimento di Perugia PAOLO CATANZARO 11

IL TERAPEUTA, MODIFICANDO UN PARTICOLARE DELDISEGNO, PUÒ REALIZZARE UN’INTERPRETAZIONEDI TRANSFERT, UTILIZZANDO UN CANALE DIVERSORISPETTO A QUELLO ACUSTICO-VERBALE, APPUNTOQUELLO GRAFICO-PITTORICO.

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PAOLO CATANZARO

Il caso clinico del sig. F ■Il sig. F. (32 anni), affetto da sordità bilateralecompleta, disartria e zoppia secondarie adasportazione chirurgica di neoplasie cerebralimultiple (meningioma e neurinoma), giunge alServizio di Psiconcologia Dipartimentale di Pe-rugia per una sindrome distimica. Il padre di F.,che accompagna il figlio dice: “Ci sono dei gior-ni in cui è di umore nero, gli viene da piangere enon ha voglia di fare niente”.F., nonostante le sue condizioni, continua a la-vorare come operaio specializzato e dopo il la-voro “chatta”. Il padre è preoccupato per ciòche gli appare come un “vizio che lo isola”.Prima della malattia F. era fidanzato e aveva co-me hobby la musica: gli piaceva suonare e com-porre brani musicali.Prende numerosi farmaci: anticonvulsivanti,cortisonici e, nel periodo perioperatorio, ancheantibiotici e per tale polifarmacoterapia dice

francamente di non voler assumere psicofarmaci.Al momento della consultazione sono in pro-gramma altri interventi chirurgici ed il sig. F. ri-chiede un supporto psicologico anche per affron-tare con più energie tali trattamenti invasivi. Dalmomento che F. comunque si relaziona con glialtri attraverso il PC (personal computer) ed es-sendo presente in anamnesi un’attività creativa(la musica), si decide di realizzare un interventopsicoterapeutico a mediazione artistica con fre-quenza settimanale tramite il DSPTG. Nel set-ting, come precedentemente detto, sono presentiil paziente, il terapeuta e una tirocinante.Descriveremo in questo lavoro quanto avvenutoin una seduta particolarmente significativa, av-venuta dopo circa 3 mesi di lavoro, consideran-do la sequenza di disegni a partenza controtran-sferale, cioè che si sono sviluppati a partire daldisegno eseguito dal terapeuta.F. arriva, come sempre accompagnato dal pa-

Il disegno speculare progressivonella cura di un paziente con sordità secondaria

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Fig. 1: Situazione iniziale Fig. 2: Scambio disegni Fig. 3: Modifica disegni

T = terapeuta t = tirocinante P = paziente

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dre, dopo 3 settimane di sospensione legata adun nuovo intervento chirurgico cerebrale. Sipresenta con un notevole aggravamento dell’a-simmetria facciale: la rima boccale è deviata,nell’angolo destro della bocca si deposita e scolaun po’ di saliva, l’occhio sinistro è spalancato conimpossibilità a chiudere la palpebra, l’articola-zione della parola ancora più compromessa. Lafantasia che il terapeuta ha è quella di trovarsi difronte ad un essere informe.La triade comincia a disegnare, effettuandoognuno un nuovo disegno: il terapeuta disegnaproprio l’essere informe (l’immagine-sensazioneche aveva vissuto nel rivedere il paziente dopol’ultimo intervento chirurgico). Nel disegno (fig.4) è possibile individuare 4 elementi: un sole, unafalce di luna con una stella e “l’essere informe”(una figura umanoide deformata).

Mentre il terapeuta disegna, attribuisce men-talmente ai quattro elementi un significato: laluna e la stella rappresentano la tirocinante; ilsole, il terapeuta e l’essere informe, il paziente.L’emozione che prova il terapeuta è di penanei confronti di F. che presenta una condizione

fisica che si fa fatica a guardare. Alla fine deldisegno il terapeuta, notando che l’informe sitrova tra la stella e la luna da una parte e il so-le dall’altra, scrive il seguente titolo dietro alfoglio: “Luna-stella e sole comprendono l’infor-me”. Tale frase nelle intenzioni del terapeutavoleva trasmettere al sig. F. la vicinanza affetti-va sua e della tirocinante e il tentativo di com-prenderlo anche nella condizione fisica pre-sentata.

Il sig. F, ricalcando il disegno, apporta le se-guenti modifiche (vedi fig. 5): aggiunge il mare,toglie i raggi al sole, che diventa più pallido, po-ne la luna, svuotata di colore, sotto la stella (cheda blu diventa gialla, più stilizzata e irregolare).Dietro al foglio scrive il seguente titolo: “C’è an-che il mare”.

Ecco le interpretazioni silenziose (Chiozza, 1994)che il terapeuta dà del disegno: l’aver tolto i raggie impallidito il simbolo maschile del sole è statovisto come un tentativo del paziente di tenere amaggiore distanza il padre, con il suo stargli ad-dosso e le sue apprensioni. In effetti F. è sempre

Fig. 4: Luna-stella e sole comprendono l’informe Fig. 5: C’è anche il mare

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PAOLO CATANZARO

accompagnato dal padre, che spesso parla alposto suo e non solo per aiutarlo ad esprimersi:c’è anche un po’ di invadenza. Ricordiamoinoltre che il sole era stato investito anche dellacarica del terapeuta, come se anche il terapeutadovesse fare i conti con quell’invadenza inter-pretativa che a volte propone affetti troppo in-tensi. Il terapeuta ripensa con un certo senso dicolpa alla sgradevole emozione provata alla vi-sta del paziente e alla sua riproposizione in ter-mini di “informe” sia tramite il medium grafi-co-pittorico, che tramite quello del titolo scritto.Il mare allora diventa l’elemento capace dismorzare i forti toni emotivi, di rinfrescare ilpaziente e la relazione terapeutica dal forte ca-lore emotivo: l’azzurro del mare si trova anchedentro l’informe. L’informe figura fatta dal pa-ziente sembra girare le spalle al sole-terapeuta,per rivolgersi alla luna. Un altro elemento checattura l’attenzione del terapeuta è la stella che,per la sua forma irregolare (una sorta di stellainforme), viene silenziosamente interpretata co-me un altro simbolo del paziente. È interessan-te notare come la stella sembra contenuta dallaluna che, con la sua forma, sembra un culla perla stella. La luna come sappiamo è simbolofemminile e materno (Jung, 1965). Al terapeutasembra che il paziente ricercasse un oggetto in-terno materno buono in grado di accoglierlo,nonostante i suoi vuoti interni (la linea curvagialla delinea una luna, bianca al suo interno).Ricordiamo ancora come, nella mente del tera-peuta, fosse stata proiettata sulla luna la figuradella tirocinante donna, con l’intento di com-prendere, spazialmente nel disegno e affettiva-mente nella relazione, insieme al sole-terapeu-ta, l’informe sig. F. In una seduta successiva

emergerà, in effetti, una figura materna soffe-rente da anni di “depressione”. Per tale motivosia padre che figlio hanno cercato sempre dicompiacerla, tollerando le sue richieste “assil-lanti”, di starle vicino, di non lasciarla sola, dipermetterle di ordinare la camera del figlio F.come pareva a lei, ecc. Lo stesso F. ci scrive:“Mia madre non la si può contraddire, non mi ciposso arrabbiare, anche se a volte mi verrebbe darompere tutto...altrimenti la sua depressione peg-giora e poi è ancora peggio. Anche mio padre cer-ca sempre di accontentarla.” Al momento dellasequenza dei disegni considerati non eravamoancora a conoscenza di questa coartazione del-l’identità a cui il sig. F. si sottoponeva e non po-tevamo correlare pertanto la figura informe(sgradevolmente indefinita), riflesso del corpodevastato, alla molle e cedevole identità del pa-ziente. Nonostante questo nel disegno ricalcatodalla tirocinate (fig. 6) assistiamo all’esplosionedella figura informe.

La stessa tirocinante intitola il disegno: “Esplosio-ne di colore” che, dopo l’esternazione di F., è pos-sibile interpretare in duplice modo: come ag-

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Fig. 6: Esplosione di colore

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gressione contro il proprio corpo, su cui il pa-ziente ha evacuato la rabbia nei confronti dellasituazione familiare (una madre che non consen-te al paziente di esistere e un padre incapace didifendere il figlio e di contenere la moglie); la ne-cessità di rompere e trasformare l’identità infor-me. Nel disegno troviamo inoltre la luna inclusanel sole tornato raggiante: simbolo sia di un pa-dre che si auspica riesca a contenere la moglie,che di un terapeuta che contenga la tirocinante.Il disegno infine propone alcune stelle, che, co-me abbiamo detto, possono essere interpretatecome sdoppiamenti del paziente: una contenutanel sole, tre disposte sul bordo e tre fuori dal cer-chio solare. Questa disposizione stellare suonacome un invito al paziente affinché provi a vive-re prevalentemente al di fuori delle complesse epatogene dinamiche familiari.Nell’ultimo disegno (fig. 7) il terapeuta ricuce lelinee spezzate “dall’esplosione” ricostruendo unanuova immagine: Snoopy. Nel disegno il cane ènutrito dai raggi del sole che contiene la luna.

La luna e il sole sono entrambi pienamente colo-rati e le stelle rimangono nella stessa disposizio-

ne. Possiamo fornire a questo disegno la seguen-te interpretazione: il sole-terapeuta, la luna-tiro-cinate e le stelle-paziente insieme nutrono F.,dandogli una nuova forma. L’essere informe èdiventato Snoopy. È lo stesso F. che nel vedere ildisegno abbozza, per la prima volta da quandolo conosciamo, un sorriso e ci scrive: “la figurainforme è diventata il simpatico cagnolinoSnoopy”. A questo punto F., tirocinante e tera-peuta condividono una simile simpatia per loSnoopy-paziente. Tale simpatia per lo Snoopy-paziente, se per terapeuta e tirocinante testimo-nia la nascita di un’immagine rinnovata e positi-va nei confronti di F., per il paziente. rappresentauna premessa perché possa sviluppare e nutrireun’immagine e un sentimento positivi per se stes-so. D’altro canto, prima che si possa produrre uncambiamento nel modo di vedersi e di sentirsidel paziente, deve nascere una nuova immaginedi lui dentro al terapeuta: il terapeuta trasformail suo oggetto interno paziente (Searles, 1965). Ilterapeuta diventa per il paziente un oggetto-sé,capace di confortarlo e convalidarlo in alcunesue qualità, come ad esempio quelle della tene-rezza e simpatia (Kohut, 1984). Il sorriso di F.sembra quindi preludere all’auspicabile trasfor-mazione del suo Sé, inteso come totalità di rap-presentazioni del Sé in intima connessione conla totalità di rappresentazioni oggettuali (Kern-berg, 1984).

Conclusioni ■In tale lavoro abbiamo dimostrato come si pos-sa realizzare un percorso psicoterapeutico attra-verso strumenti diversi dalla parola, cioè tramiteil medium grafico-pittorico e particolarmenteattraverso il DSPG e, in alcuni casi, la scrittura.

Fig. 7: Snoopy

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PAOLO CATANZARO

Nei disegni rimane traccia degli elementi trans-ferali e controtransferali, di come essi si trasfor-mino interagendo: alcuni simboli sono riferibilial paziente, altri al terapeuta; è possibile notarecome tali simboli dialoghino, disegno dopo di-segno, tra loro; si può individuare dove essi siuniscano, a volte fondendosi in una nuova for-ma, a costituire il soggetto transizionale, quel-l’immagine cioè trasformatrice che contieneparti del Sè del paziente e parti del Sè del tera-peuta (Benedetti, 1991).Attraverso questa metodologia il lavoro inter-pretativo è di tipo indiretto (Chiozza, 1994) odebole, insaturo, narrativo secondo Ferro(1993), utilizzando e muovendo i simboli dise-gnati, risparmiando a paziente e terapeutauna certa quota di disagio nel dire e nel sentir-si dire. Sarebbe stato veramente arduo e inde-licato per il terapeuta dire al paziente: “dopol’ultimo intervento neurochirurgico lei misembra un essere informe”. Sarebbe stato al-

trettanto duro per il paziente sentirselo dire,anche nel caso in cui egli si fosse portato den-tro di sè questo pensiero, pesante come unmacigno. Diventa, invece - attraverso il sim-bolo grafico-pittorico che, allo stesso tempo,vela e svela e che muta grazie agli interventitrasformatrici degli attori del DSPG - possibilenon solo dirlo, ma anche scoprirne gradata-mente il senso e, così, contenerlo.Sebbene il percorso psicoterapeutico realizzatotramite il DSP o il DSPG può essere metodolo-gia di elezione nella psicoterapia del profondodi persone con deficit neurosensoriali di tipofonico-acustico, riteniamo che tale metodolo-gia possa essere intrapresa anche in quelle si-tuazioni cliniche ed esistenziali in cui sia diffi-cile comunicare contenuti delicati ad altatensione emotiva. ■

Il disegno speculare progressivonella cura di un paziente con sordità secondaria

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Le presenti riflessioni prendono spunto dal labo-ratorio condotto all’interno del convegno “Iden-tità Dinamica delle Artiterapie” (Assisi, 2007). Intale contesto abbiamo esplorato il tema dell’im-provvisazione nel processo creativo all’internodei setting dell’arte terapia e della danza movi-mento terapia a orientamento psicodinamico.Tale orientamento è centrato sulle dinamiche in-trapsichiche e relazionali che si attivano attraver-so l’utilizzo dei materiali pittorici e del movimen-to nel contesto della relazione terapeutica.Il modello teorico-metodologico di riferimento traele sue origini negli anniQuaranta dall’opera diM. Naumburg, AT (Ar-teterapeuta) e M. Chase,DMT (Danzamovimen-toterapeuta), per poi svi-lupparsi nei più recentiambiti delle psicoterapieespressive grazie agli apporti di A. Robbins e J. Ke-stenberg. Tale modello si focalizza sul processo creati-vo, inteso come quell’insieme di processi psichici, cor-porei, emotivi che si attivano mentre la persona crea.Nel contesto protetto della stanza di terapia, l’im-provvisazione ha la funzione di attivare e nutrireil processo creativo, facilitando la creazione dinessi tra il fare, il sentire e il pensare. Improvvisa-re è sperimentare attivando connessioni internetra corpo, emozioni e pensieri, è accedere a unadimensione pre-verbale dell’esperienza, dove i si-gnificati sono molteplici e non più univoci. L’im-provvisazione così intesa, implica l’accesso ad unassetto interno non-giudicante e non-interpre-tante, aperto ad accogliere ciò che accade, a sen-tirlo, a vederlo da punti di vista diversi.Milner (1960) parla di “consapevolezza interna

corporea” per riferirsi a tale assetto, fondamentaleaffinché il processo creativo possa avere luogo, con-sapevolezza che rientra nell’area “pre-verbale” del-l’esperienza e che trae le sue origini dall’interio-rizzazione della relazione materna primaria.Nel laboratorio abbiamo guidato i partecipanti inuna serie di esperienze con il movimento del corpoe con i materiali artistici, affinchè tale consapevo-lezza corporea potesse essere sentita e sperimenta-ta. Essa è anche alla base di una “buona” relazioneterapeutica, in quanto il suo raggiungimento costi-tuisce un obiettivo per il paziente e un prerequisito

per il terapeuta: è l’atteg-giamento necessario alterapeuta per poter com-prendere il paziente.Abbiamo scelto di darerilievo al lavoro sull’at-tenzione corporea, inconsiderazione del fatto

che la maggior parte delle persone che vi hannopartecipato sono terapeuti professionisti o in for-mazione, ossia persone che quotidianamente,nella loro professione o nel loro training, “lavora-no” affinché il proprio assetto interno riesca acontenere il paziente e venga infine dallo stessointeriorizzato. L’improvvisazione può contribuirealla costituzione di tale spazio interno in quantofacilita l’accesso all’area pre-verbale dell’esperien-za, dove sono attivi molteplici canali sensoriali edove la percezione dell’esperienza è di tipo “amo-dale” (Stern, 1985), ossia aperta a cogliere le con-nessioni tra modalità percettive diverse.Affinché l’improvvisazione sia possibile è neces-sario che avvenga all’interno di un contenitoreche protegga e definisca regole e confini. Comedice Winnicott, il gesto pittorico spontaneo può

IMPROVVISARE È SPERIMENTARE ATTIVANDOCONNESSIONI INTERNE TRA CORPO, EMOZIONIE PENSIERI, È ACCEDERE A UNA DIMENSIONE PRE-VERBALE DELL’ESPERIENZA, DOVE I SIGNIFICATISONO MOLTEPLICI E NON PIÙ UNIVOCI.

Il ruolo dell’improvvisazione nel processo creativo:laboratorio interattivo di arte e danza movimento terapia a orientamento psicodinamico

Elisabetta Colace - Danza Movimento Terapeuta ATI-APID; Marzia Menzani - Psicologa, Arteterapeura ATI-APIArT ELISABETTA COLACE, MARZIA MENZANI 17

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Il ruolo dell’improvvisazione nel processo creativo:laboratorio interattivo di arte e danza movimento terapia a orientamento psicodinamico

ELISABETTA COLACE, MARZIA MENZANI18aver luogo solo se c’è uno spazio dai confini defi-niti in grado di accoglierlo; ci si può permetteredi rischiare la libertà del gesto nella misura in cui c’è un foglio, i cui margini danno sicurezza (cit.in Davis e Wallbridge, 1981).

Lo stesso concetto è espresso dal danzatore bu-toh Masaky Iwana, quando parla dei limiti e del-le regole necessari a far emergere una danza li-bera (Masaky, 1991).Durante il laboratorio, nell’arte sono stati i con-fini del foglio e l’offerta di alcuni materiali arti-stici ad offrire lo spazio necessario all’improvvi-sazione; nella danza tale funzione è stata svoltada alcuni elementi della Laban MovementAnalysis negli approfondimenti di Peggy Hack-ney (Hackney, 2002).Ognuno è partito da un proprio canale privile-giato per creare: chi dalle emozioni, chi daun’immagine visiva interna, chi da un’ideaprogettuale, chi da stimoli cinestesici, chi dastimoli esterni dati dai materiali a disposizione(colori, stoffe, supporti). L’attenzione è stataposta inizialmente sull’ascolto e sull’esplorazio-ne di tale canale di partenza, diverso per ognu-

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no, per provare a sentirne le qualità e a speri-mentarne le possibilità espressive. Ciascun ca-nale di partenza è importante in quanto ci par-la di un peculiare modo di rapportarsi a sestessi e agli altri; i partecipanti sono stati ac-compagnati a riconoscere, attraverso giochi diamplificazione, di focalizzazione, di sperimen-tazione delle polarità, le valenze simbolichepersonali del canale prescelto. Sono stati guida-ti poi a sperimentare l’utilizzo di nuovi canali ele connessioni tra questi, sia a livello individualeche attraverso la relazione con gli altri.Nella verbalizzazione finale da parte dei parte-cipanti, è emerso come il laboratorio abbia con-sentito l’accesso ad uno spazio interno non-giu-dicante e aperto al ‘qui ed ora’ dell’esperienza,consentendo l’attivazione di connessioni tra ilfare, il sentire, il pensare, tra il livello pre-verba-le e quello simbolico dell’esperienza.

Coltivare l’esercizio dell’improvvisazione al difuori della stanza di terapia può essere, per unterapeuta, funzionale allo sviluppo di un assettointerno flessibile, pronto ad accogliere le diversemodalità espressive e relazionali del paziente. ■

BIBLIOGRAFIA

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MICHELE DAGHERO Arteterapeuta, socio APIART20Premessa ■Le cure palliative si sono sviluppate negli ultimidecenni in numerosi paesi e anche in Italia perrispondere alle esigenze delle persone con gravimalattie in fase avanzata e per le quali la guari-gione non è più realisticamente prevedibile dal-la conoscenza medica. L’esperienza della malat-tia grave a prognosi infausta e della faseterminale della vita ha implicazioni emozionalimolto intense che ne rendono particolarmentedifficile la verbalizzazione. La possibilità di co-municare in modo non verbale con il disegno, lascrittura, la pittura, il modellaggio plastico o al-tro facilita l’espressione, l’accettazione e la ela-borazione dei significati personali anche in que-ste circostanze. Nellarelazione viene definitoun “approccio relazio-nale e contestuale” perfavorire l’espressione,l’accettazione e la elabo-razione dei sentimenti diperdita, rabbia, negazio-ne, depressione, disidentità, conseguenti all’e-sperienza della malattia grave e terminale, at-traverso attività di arteterapia sviluppate con unapproccio umanistico-esistenziale “centrato sul-la persona”.

L’esperienza della malattia gravein fase avanzata ■La presenza di una malattia grave, in modo par-ticolare di una malattia grave a decorso progres-sivo, comporta nella vita di una persona e dellasua famiglia, cambiamenti spesso radicali nellaquotidianità della loro esistenza. Aspetti partico-larmente significativi che si possono presentare in

queste circostanze riguardano limitazioni o per-dita del ruolo sociale e familiare svolto preceden-temente, riduzione o perdita dell’autonomia fisi-ca, timori e incognite per il proprio futuro e perquello dei familiari, dolore e sofferenza fisica, psi-cologica e spirituale. Gli esami diagnostici, le cu-re, i ricoveri ospedalieri, caratterizzano il tempotrascorso dalla persona ammalata. La qualitàdella vita inevitabilmente diminuisce. I sentimen-ti e le emozioni conseguenti all’intensità e allacomplessità dell’esperienza della malattia, cosìcome viene interiormente vissuta da ciascuno, ri-mangono il più delle volte inespressi.Molte gravi sintomatologie che caratterizzano lemalattie degenerative negli stadi avanzati posso-

no essere notevolmenteattenuate con l’assistenzamedica e infermieristicaimprontate alle cure pal-liative mentre le proble-matiche relative alla ver-balizzazione (necessariaad una terapia psicologi-

ca o al counseling) possono essere talvolta un dif-ficile ostacolo da superare.L’arteterapia e il counseling espressivo possonoconsentire ai malati di comunicare pensieri,emozioni e stati d’animo in modo non verbale.Attraverso il disegno, la pittura e la scrittura,o modellando con l’argilla in un ambiente re-lazionale accogliente è possibile favorire l’ac-cettazione e la trasformazione dello statoemozionale: i sentimenti di perdita, di colleraper ciò che è giunto inaspettato e il disorien-tamento conseguente possono trovare non so-lo espressione ma anche percorsi di elabora-zione personale.

MOLTE GRAVI SINTOMATOLOGIE CHECARATTERIZZANO LE MALATTIE DEGENERATIVENEGLI STADI AVANZATI POSSONO ESSERENOTEVOLMENTE ATTENUATE CON L’ASSISTENZAMEDICA E INFERMIERISTICA IMPRONTATEALLE CURE PALLIATIVE

Arteterapia nelle cure palliative.Un approccio umanistico esistenziale “centrato sulla persona”

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Elaborazione teoricae pratica arteterapeutica ■Intervistando pazienti nella fase terminale dellavita la psichiatra Elizabeth Kubler Ross ha evi-denziato l’evoluzione emozionale che si manifestain questi soggetti quando sono accompagnati conuna relazione comprensiva: negazione, increduli-tà, rabbia, depressione e accettazione.In termini più generali Carl Rogers (1970), nel de-scrivere il processo di counseling e di terapia cen-trati sulla persona, ha sottolineato - e verificato conricerche empiriche - l’importanza di riconoscere eaccettare da parte del con-sulente le diverse connota-zioni emozionali dei clientiaffinchè questi possano ac-cettare ed elaborare la loroesperienza. Per la riorga-nizzazione psicologica nelle situazioni di disorga-nizzazione l’approccio centrato sulla persona fariferimento alla motivazione intrinseca, espressio-ne della tendenza attualizzante e formativa consi-derate presenti, anche se talvolta latenti, in ogni in-dividuo. Le “componenti per una relazione diaiuto efficace”, che agevolano insieme alla riorga-nizzazione cognitiva il processo emozionale ri-guardano la comprensione empatica, la considera-zione positiva e positiva incondizionata provate dalconsulente verso l’utente/cliente, la congruenza delconsulente. Nell’attività arteterapeutica questecomponenti sono manifestate dal conduttore/arte-terapeuta per offrire agli utenti le possibilità espres-sive che, nella situazione data, consentono a cia-scuno di effettuare la scelta della forma espressivapiù rispondente - disegno, scrittura, pittura, mo-dellaggio - in un clima relazionale accogliente e ac-cettante, attraverso la facilitazione per la realizza-

zione dell’opera più che con la sua interpretazione;l’approccio umanistico-esistenziale pone in primopiano gli aspetti individuali e personali degli utentimantenendo le diagnosi sullo sfondo (Daghero,2005). La funzione di regolazione del processoemozionale attraverso l’arteterapia e la scelta dellaforma espressiva è stata anche evidenziata in mo-do particolare da Pio Ricci Bitti (1997).L’efficacia delle attività espressive ed artistichenelle relazioni di aiuto nelle Cure palliative è cor-relata a diversi fattori quali la comunicazioneanalogica e metaforica dei significati e delle espe-

rienze individuali, al fareancora possibile, partico-larmente quando la rispo-sta personale alla malattiasembra porre in una con-dizione di passività; con la

forma artistica spesso si rende ancora possibilefavorire l’emergere originale e creativo di sè an-che in questi momenti della vita.

Studi e ricerche ■Diversi studi e ricerche hanno evidenziato i se-guenti possibili effetti dell’arteterapia nelle curepalliative:- soddisfazione e piacere in relazione alle due

componenti dell’attività: diversiva e generatri-ce di significato (Shaw e Wilkinson, 1996);

- aumento della soglia del dolore (Thomas,2001);

- la malattia grave riduce o annulla la speranza.Con l’arteterapia è possibile aumentare lasperanza di avere nuove opportunità e di rag-giungere mete personali, anche in prossimitàdella fine della vita (Aldridge, 1993).

Mi sembra inoltre particolarmente significativo

L’EFFICACIA DELLE ATTIVITÀ ESPRESSIVEED ARTISTICHE NELLE RELAZIONI DI AIUTONELLE CURE PALLIATIVEÈ CORRELATA A DIVERSI FATTORI

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MICHELE DAGHERO

Arteterapia nelle cure palliative.Un approccio umanistico esistenziale “centrato sulla persona”

22osservare che anche alcuni studi di psiconeu-roimmunologia hanno rilevato come l’espres-sione artistica, non solo nelle cure palliative, fa-vorendo il cambiamento emozionale, puòmigliorare la circolazione neuropeptidica; in-sieme agli effetti antalgici per l’aumento delleendorfine autoprodotte, si può manifestare unamaggiore resistenza dell’organismo alla malat-tia (Pert, 2000).Una ricerca realizzata da Cinthia Kennet (2000),responsabile del Day Center del St. ChristopherHospice di Londra, sull’esperienza degli utentipartecipanti alle attività artistico espressive orga-nizzate secondo gli orientamenti di C. Rogers eA. Maslow, attraverso le interviste effettuate, siaagli utenti che ai tutor, ha evidenziato, da partedegli utenti:- piacere, entusiasmo, eccitazione;- orgoglio accompagnato dal desiderio di pro-

durre il miglior lavoro possibile;

- sorpresa per la qualità del lavoro;- raggiungimento, acquisizione di nuove ca-

pacità;- senso dello scopo e incentivo a conseguire un

obiettivo;- competizione;- considerazione per l’aiuto reciproco e condi-

visione di abilità con altri.

I contesti applicativi delle attivitàartistico espressive e di arteterapianella cure palliative ■Nel suo articolo Cinthia Kennet considera trearee di applicazione delle attività artisticoespressive nelle cure palliative:- abbellimento degli ambienti fisici dove sono

applicate le cure.- partecipazione degli utenti ad attività artisti-

co-espressive tenute da artisti professionisti.- arteterapia condotta da un arteterapeuta.

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I setting nei quali l’arteterapia può essere utiliz-zata nelle cure palliative, considerando diverseesperienze già effettuate sia in Italia che in altripaesi, possono a mio avviso comprendere:- atelier per le attività artistico espressive e di

arteterapia in hospice, ospedale, rsa in am-biente dedicato e/o incontri individuali di ar-teterapia al letto o nella stanza del paziente.

- atelier per le attività artistico espressive e diarteterapia in day center per i pazienti e,eventualmente, per i familiari che hanno par-ticolari difficoltà nella fase del lutto.

- nel contesto dell’assistenza domiciliare nellarelazione individuale con il paziente e talvoltacon la partecipazione di uno o più familiari.

Nella formazione degli operatori le sessioni diarteterapia contribuiscono alla prevenzione delburn out rappresentando uno spazio di ascolto,di espressione e di comunicazione prevalente-

mente non verbale. Contestualmente consento-no ai partecipanti di recepire alcune modalità dilettura dei prodotti realizzati dai pazienti nelleattività artistico espressive e di arteterapia infunzione della valutazione interdisciplinare deiprogrammi sanitari e assistenziali delle èquipes(anche nella cornice della medicina basata sul-l’evidenza). ■

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Tra corpo e cultura:la danzamovimentoterapia come mediazione simbolica.Per una pedagogia e una didattica dell’attività motoria.

ALBA G.A. NACCARI Ricercatrice in Pedagogia Generale e Sociale c/o la Facoltà di Scienze Motorie dello IUSM a Roma, Danzamovimentoterapeuta

Un’esperienza di laboratoriopedagogico-didattico ■Le presenti riflessioni prendono spunto da unLaboratorio di Didattica dell’Attività Motoriarealizzato presso il Corso di Laurea Interfacoltàin Scienze Motorie e Sportive dell’Università de-gli Studi di Perugia. Il Laboratorio è stato inseri-to come attività opzionale per gli studenti del se-condo anno che frequentavano le lezioni diDidattica e Pedagogia Speciale con il Prof. Rosa-rio Salvato, per due anni di seguito (anni accad.2005-6 e 2006-7). Visto l’alto numero di adesionisono stati realizzati due gruppi di circa 30 stu-denti, ciascun anno, per un numero complessivodi 18 ore con incontri acadenza settimanale ditre ore. Il laboratorio hafatto parte delle attivitàrealizzate da chi scriveper l’assegno biennale diricerca dal titolo “Mentee corpo nell’attività motoria”, presso la Facoltàdi Scienze della Formazione di Perugia.L’attività laboratoriale è stata presentata comeopportunità di rif lessione e rielaborazione, apartire da esperienze concrete di movimento,in relazione ai contenuti teorici di didattica og-getto del corso di studi. Questi ultimi contem-plavano sostanzialmente: a) il modello della di-dattica che si fonda sulla teoria della cultura, edunque prospetta le metodologie didattichefondamentalmente come mediazione cultura-le1; b) un’introduzione alla pedagogia specialenell’elaborazione di A. Canevaro2; c) la consi-derazione del corpo come profondamente co-involto ed in interazione complessa con le di-mensioni culturali.

In relazione a questi contenuti il laboratorio si èposto come cerniera esperienziale tra cultura ecorpo, tra didattica della cultura e didattica del-l’attività motoria, le domande a cui si è cercatodi rispondere attraverso i vissuti di movimentosono, quindi, state le seguenti:- La didattica della mediazione corporea può

essere mediazione culturale?- Come si educa al confronto culturale attra-

verso l’attività motoria?- Come si fa integrazione con il movimento,

nel senso della coevoluzione prospettata daAndrea Canevaro?

Le metodologie di Danzamovimentoterapia sonostate allora rielaborate eproposte come strumen-to pedagogico-didattico amediazione corporea perriflettere sui quesiti sopraproposti.I livelli formativi sui qua-

li si è lavorato sono stati sostanzialmente due: a) ilpiano personale e soggettivo di ciascuno studen-te, che è sempre il cuore della formazione cosìcome sostiene Gaetano Mollo3, che parte dall’e-sperienza, spinge alla rielaborazione personale esoggettiva, e può attivare processi di cambia-mento; b) il piano di una prima sensibilizzazionealla conoscenza ed alla acquisizione degli ele-menti basilari relativi al setting pedagogico-di-dattico di danza-movimento4, ed attraverso que-sto la riflessione sui quesiti sopra indicati.Gli Obiettivi generali del laboratorio sono stati,quindi, i seguenti:- vivere esperienze costruttive di benessere e di

accettazione di sé attraverso la dimensionesenso-motoria, nell’orizzonte di quella di-

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L’ATTIVITÀ LABORATORIALEÈ STATA PRESENTATA COME OPPORTUNITÀ DIRIFLESSIONE E RIELABORAZIONE, A PARTIRE DAESPERIENZE CONCRETE DI MOVIMENTO, INRELAZIONE AI CONTENUTI TEORICI DI DIDATTICAOGGETTO DEL CORSO DI STUDI

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mensione personale e soggettiva che è il cuo-re della formazione;

- fare esperienza della dimensione percettivadella conoscenza, dove sapere ha a che farecon sapore, dove il corpo si fa mediatore as-soluto di cultura ed esperienza;

- sensibilizzazione alla pedagogia ed alla didat-tica delle metodologie della mediazione cor-porea nel setting pedagogico di danza-movi-mento, e delle tecniche che possono essereintegrate nella didattica dell’educazione fisicae nell’integrazione dei diversamente abili;

- acquisire la consapevolezza che corporeità emovimento sono preziose opportunità for-mative per tutte le dimensioni della persona.

In questo lavoro daremo spazio prevalentemen-te all’indagine ed alle ricadute relative al secon-do obiettivo, accenneremo solo in parte al pri-mo ed al terzo.

Dalla danzamovimentoterapia allaclinica della formazione ■Le due dimensioni educative considerate, quellafondamentale della formazione dei ragazzi, del-la valorizzazione, dunque, dei vissuti personali,per riflettere, comprendere, ampliare gli oriz-zonti della coscienza, e l’altro livello più profes-sionalizzante dell’acquisizione di elementi da in-tegrare nelle proprie competenze di esperti delmovimento, sono state predisposte e realizzateutilizzando metodologie che sostanzialmentenascono in ambito clinico.Ciò è stato possibile grazie ad un approccio epi-stemologico (a cui qui possiamo solo accennarebrevemente) in grado di utilizzare la bontà diprospettive e metodologie nate con finalità pre-valentemente terapeutiche, trasportandole e ri-

elaborandole in un contesto pedagogico. Comesostiene Riccardo Massa, in ciò che definisceclinica della formazione, formazione e clinicapossono condividere una medesima prospettivaepistemologica, quella che può essere conside-rata “scienza oggettiva del soggetto individua-le”.“Si tratta qui di riappropriarsi di un model-lo di sapere, di un modello di costruzione delsapere e di un modello di pratica di ricerca cheescano dall’alternativa surrettizia tra uno speri-mentalismo di tipo didatticistico e una teoresidi tipo filosofico, fatta di valori, di ideali, di sco-pi, di finalità oppure di riflessioni critico-teore-tiche. Ecco allora che si può sfuggire alla con-trapposizione tradizionale tra scienze dellanatura e scienze dello spirito”5. Sostanzialmen-te Massa propone un modello di scienza chepur mantenendo una prospettiva unitaria, chenon esula da un piano quantitativo-sperimen-tale, valorizza anche la dimensione ermeneuti-ca dell’ascolto della soggettività del singolo esi-stente. Clinica e formazione possono quindicondividere l’opportunità di “oggettivare”, sen-za dimenticarsi della concretezza e della indivi-dualità dei soggetti di cui si prendono cura. Intutto questo si ha grande attenzione alla perso-na e nello stesso tempo valorizzazione dellarealtà esperienziale. Ricerca qualitativa e ricer-ca quantitativa devono dialogare ed integrarsi,approccio nomotetico (che cerca la norma uni-versale) ed approccio idiografico (che valorizzail qui ed ora del singolo esistente) perdono le ca-ratteristiche oppositive per articolarsi semmaiin un rapporto dialettico complesso.L’operazione di rielaborare la danzamovimen-toterapia come sapere e pratica nati in ambitoclinico per finalità pedagogiche può quindi esse-

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re agevolata da una medesima prospettiva epi-stemologica tra la clinica e la formazione, pro-spettiva che privilegia l’ascolto, la relazione, ladimensione storico-narrativa, la ricerca dei si-gnificati esistenziali, le dimensioni affettivo-emotive nel loro intreccio con le altre dimensio-ni della persona, l’attenzione al setting.

Il setting pedagogico didanzamovimentoterapia ■Sul setting pedagogico di danzamovimento nel-le diverse età della vita ci siamo già espressi dif-fusamente altrove6 richiamiamo qui alcuni pun-ti essenziali.Il setting pedagogico-didattico per l’attività mo-toria che integra elementi della danzamovimen-toterapia deve rispettare alcune caratteristiche:- tensione teleologica- contratto formativo- valorizzazione del gruppo- integrazione verbale/non verbale.“Una delle caratteristiche determinanti nel set-ting pedagogico è la tensione teleologica, ovverola dinamica proattiva ed espansiva delle diversedimensioni della personalità [...]. Più che volger-si al passato per sanarne le ferite, ci si orienta alfuturo, per determinare il presente alla luce dellepersonali motivazioni esistenziali. Dunque il la-voro di movimento è finalizzato a contattare ilpotenziale creativo e le diverse istanze della per-sonalità, per sollecitarne le concrete possibilità disviluppo, apertura e integrazione, in un processoorientato all’autonomia ed all’autoformazione”7.Il contratto pedagogico gode di grande conside-razione e di numerose ricerche in ambito edu-cativo e sottolinea l’importanza di condividerel’intenzionalità del processo formativo tra do-

centi e allievi, motivando ed attivando la colla-borazione da parte di tutte le persone coinvolte8;tutto ciò in un continuo processo di negoziazio-ne, responsabilizzazione ed amplificazione dellaconsapevolezza.Si tende, inoltre, a privilegiare il lavoro in gruppo.“Se viene adeguatamente condotto ed attivatoconsapevolmente, il gruppo fa da “contenitore”dell’esperienza, nel senso che proprio grazie allarealtà della condivisione gruppale è possibile per ilsingolo mettere in gioco affetti ed esperienze cheforse sarebbero difficili da gestire e comprenderein solitudine. Ancora, il gruppo potenzia enorme-mente la dimensione della creatività, ognuno puo’apprendere e costruire insieme ai contributi diver-si di tutti gli altri in una risultante eterogenea edarmonica. Il gruppo fa, inoltre, da amplificatoredegli apprendimenti, in un reciproco gioco di ri-specchiamento attraverso i movimenti, le immagi-ni, le parole, le storie, che ciascuno narra/danzaall’altro, con/per l’altro, ispirato da lui/lei, e/o tes-sendo insieme storie e/o danze”9.Nel setting pedagogico di movimento una parteimportante spetta, inoltre, alla parola. Nellaconclusione di ciascun incontro soprattutto se ipartecipanti sono adulti e se si lavora in un con-testo in cui si tende ad agevolare l’acquisizionedi conoscenze e di dimensioni di consapevolez-za relative ad una professionalità specifica, si de-dica spazio alla restituzione verbale. È questofondamentalmente “uno spazio in cui ognuno,semplicemente, cerca di descrivere cosa ha pro-vato, nella consapevolezza che il vissuto vero eproprio rimane intraducibile in termini verbali.Ma lo sforzo di cercare le parole, di narrarsi, diutilizzare metafore, o frasi poetiche per dareun’idea delle proprie esperienze, permette di in-

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dividuarle meglio, comprenderne la natura el’intensità, fissarle ulteriormente nella memoria.Le parole, qui, hanno lo scopo di amplificarel’esperienza stessa, magari riconducendo i sim-boli proposti, e/o quelli emersi, al significato cul-turale condiviso da culture vicine o lontane; op-pure nel ricostruire un f ilo narrativo con leimmagini simboliche proposte e/o emerse negliincontri precedenti”10.Il setting pedagogico spe-cifico di ciascun incontrorielabora sul piano dellagestione del tempo lastruttura trifasica propo-sta da Vincenzo Bellia11, valorizzando altresì ladimensione sincronica del tema pedagogicoche di volta in volta soggiace all’intero incontro.Gli elementi da considerare nella specificità diun incontro sono dunque i seguenti12:a) Diacronia: Struttura Trifasica- riscaldamento (non solo corporeo, ma anche

emotivo e relazionale)- esplorazione (in relazione al tema scelto per

l’incontro)- integrazione (in modo da consentire di sedi-

mentare e mettere in memoria le esperienzepiù importanti e di tornare ad uno stato dicoscienza abituale)

b) Sincronia del Tema di fondoc) Continuità dinamica ed armonica tra i primi

due elementi ed il modo di vivere il tempo, lospazio, ed i significati da parte delle personecoinvolte (in base al particolare momento edai bisogni formativi).

La scelta del tema di fondo, è estremamente si-gnificativo sul versante pedagogico, esso, su unpiano simbolico, attraversa l’intero incontro

condensandone e catalizzandone i significati,attivando vissuti personali che poi, nella fase diverbalizzazione, permettono di comprendere erielaborare dall’interno, in maniera soggettiva,il percorso che si sta realizzando sul piano cul-turale. È evidente che è importante che il temaoltre che in armonia con gli obiettivi, nel no-stro caso di studio, sia per quanto possibile si-

gnificativo per il gruppospecif ico, e che possacollegarsi sotto qualcheaspetto agli incontri suc-cessivi e precedenti13.Nello specif ico del la-

boratorio di cui stiamo trattando, in ciascunincontro si è dato spazio ad una breve verba-lizzazione anche all’inizio per motivare e ri-collegare di volta in volta i contenuti emersi,riattivando e riformulando le opportunità edi termini del contratto pedagogico; si è passa-ti poi ad una parte centrale di lavoro praticocosì come descritto sopra, per poi concluderecon una ulteriore fase di verbalizzazione e ri-elaborazione dell’esperienza in relazione agliobiettivi prefissati, ed all’amplificazione cul-turale delle esperienze emerse. Il rituale diapertura dopo un breve riscaldamento equello di chiusura dopo la verbalizzazionesono stati realizzati attraverso l’apprendi-mento e l’esecuzione di una danza etnica chedi volta in volta racchiudeva il signif icatosimbolico del tema dell’incontro secondo lemodalità da noi descritte altrove14. Negli ulti-mi incontri, attraverso il lavoro per piccoligruppi, si è cercato di collegare i vissuti e lerielaborazioni emerse alle parole chiave deitesti di studio per l’esame.

LE PAROLE, QUI, HANNO LO SCOPO DIAMPLIFICARE L’ESPERIENZA STESSA, MAGARIRICONDUCENDO I SIMBOLI PROPOSTI,E/O QUELLI EMERSI, AL SIGNIFICATO CULTURALE

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Dalla didattica della cultura alladidattica dell’attività motoria ■Come si nota dagli elementi costitutivi del set-ting la dimensione culturale-simbolica è quasisempre presente ed auspicata nel lavoro peda-gogico di danza-movimento; ed è stata partico-larmente valorizzata nel laboratorio descritto.Riteniamo, infatti, che una delle opportunitàdestinate a condensare e a riunificate i significatidi corpo e cultura, arbitrariamente separati inanni di ricerca scientifica (anch’essa separata trasaperi della natura e saperi dello spirito) sia pro-prio il simbolo anche nelle sue potenzialità cor-poree. L’etimologia stessa del termine, com’ènoto, synballein, mettere insieme, rinvia all’u-nione tra significati e contesti diversi. Il corpostesso è metafora delle dimensioni esistenzialiche caratterizzano l’essere umano, come spie-gheremo tra poco, e gesti e coreografie possonorisuonare con archetipi universali.Come abbiamo descritto all’inizio le metodolo-gie didattiche del corso in cui è stato inserito il la-boratorio prospettavano sostanzialmente unamediazione culturale, at-traverso un confrontocreativo con le forme e leproduzioni culturali stes-se. Didattica e cultura so-no qui considerate stret-tamente e inevitabilmente correlate. Ora, comeaccennavamo prima, in una facoltà di ScienzeMotorie la domanda inevitabile è: “corpo e movi-mento possono essere mediazione culturale?”. Leforme della cultura, nella doppia accezione di sa-pere in senso intellettuale e di saperi, usi e costu-mi in senso antropologico15, dunque in sintesi co-me espressione globale della creatività dell’essere

umano sono, secondo noi (confortati in questaaffermazione dagli studi e dalle ricerche di gran-di studiosi16), sempre mediate dalla concretezzadell’esserci, dalla condivisione di uno spazio perle collettività, dalla connotazione di un tempoche racconta l’identità dei popoli e delle tradizio-ni culturali, dalla realtà corporea dell’esistere chesi fa insieme espressione e dimensione sia di ogniproduzione e condivisione culturale che di ciòche le caratterizza; il corpo, come sostiene Ga-briel Marcel è “mediatore assoluto di cultura e co-noscenza”; è il punto zero a partire dal qualeognuno di noi sperimenta una prospettiva sulmondo, prospettiva che è fonte sia di esperienzache di pensiero e ricerca intellettuale17. Corpo edespressioni coreografiche, o giochi di movimen-to, sono condensati di cultura. La dimensionenarrativa e artistica è presente, ad esempio, nelledanze che raccontano nelle coreografie le gestadei popoli, e nei rituali che consentono di rivive-re le trame degli antichi miti.Le attività motorie e l’educazione fisica, nelle di-verse forme che caratterizzano le civiltà umane

sin dalle epoche più re-mote, sono, allora, comele altre discipline di stu-dio, espressione dell’in-tersezione tra le formeprimigenie della cultura

(lingua, arte, storia, religione e scienza)18.È necessario sottolineare, inoltre, ed esplicitaresul piano didattico i rapporti intercorrenti tra lediverse forme di conoscenza e la dimensionepercettiva ed estetica dell’esperienza come real-tà imprescindibile della conoscenza stessa19. Ilcorpo e il movimento possono diventare cosìtramite e punto di partenza di importanti acqui-

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RITENIAMO, INFATTI, CHE UNA DELLEOPPORTUNITÀ DESTINATE A CONDENSARE EA RIUNIFICATE I SIGNIFICATI DI CORPO ECULTURA,... SIA PROPRIO IL SIMBOLO ANCHENELLE SUE POTENZIALITÀ CORPOREE.

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sizioni interiori, dimensioni ed opportunità pre-ziose per una didattica della cultura a mediazio-ne corporea.Uno dei percorsi privilegiati attraverso i quali èpossibile realizzare tutto questo, allora, passa pro-prio attraverso la valoriz-zazione della dimensionesimbolica del movimen-to, che nella danzamovi-mentoterapia può rivesti-re una parte importante,e che consente questi tra-sferimenti ed integrazioni tra dimensioni diversedella persona poiché nella ricchezza totipotentedell’immagine simbolica le ricomprende tutte.

Simboli corporei e simboli culturali ■Da quanto detto sin qui il lavoro di preparazio-ne all’attività del laboratorio è stato dunquequello di indagare sulle dimensioni simbolichedella cultura e su come l’attività motoria possafarsi tramite didattico del processo di acquisizio-ne e rielaborazione creativa del patrimonio cul-turale, attraverso l’immedesimazione in movi-mento con le forme simboliche stesse. Lavoroche, evidentemente, ha preso in esame, per untempo ben più lungo e previo rispetto all’asse-gno di ricerca, studi esistenti in ambiti molto di-versi della ricerca, dall’ambito psicologico, aquello religioso, antropologico etc.Tra le forme simboliche privilegiate, inserite nel-le attività, in quanto riassume in sé tutto un mon-do di significati sia esistenziali che pedagogici, siè scelta quella della croce, immagine sostanzial-mente antropomorfa che come archetipo trans-culturale ha permesso di risalire dall’esperienzapersonale ai più diversi contesti antropologici,

andando oltre i significati conosciuti nella cultu-ra cristiana.Abbiamo detto che è innanzitutto un simboloantropomorfo, il corpo stesso è fatto in modotale da descrivere nello spazio una croce che

ha un asse verticale eduno orizzontale. Nel ver-sante inferiore dell’asseverticale “le gambe cipermettono il radica-mento al suolo, esprimo-no l’accettazione della

nostra natura terrena, l’appoggio dei piedi aterra indica il nostro rapporto con la realtàconcreta, la nostra capacità di accondiscende-re ai bisogni; il bacino è il nostro centro di gra-vità, permette di bilanciare l’appoggio.L’apertura delle braccia al livello del cuore, l’op-portunità di abbracciare, esprime la costitutiva,strutturale, apertura all’altro; il cuore rappre-senta il centro di levità, a partire dal quale pos-siamo sentire la disponibilità all’altro, all’oriz-zonte ma anche l’elevazione verso l’alto”20.L’apice superiore dell’asse verticale, la testa, maanche il fatto stesso di stare sulla terra bipedi inmodalità verticale esprime una vocazione ine-stinguibile ad andare oltre i limiti della propriafinitudine, a realizzare metabisogni ispirati adideali universali, ad immaginare e guardaresempre oltre la datità dell’esserci in cui siamoimmersi.“L’asse orizzontale, dunque, ci riportaalla dimensione dello spazio, del mondo, dell’in-contro con l’altro, della presenza dello spirito-energia nel cosmo; quello verticale riconduce al-la dimensione del tempo, in alto alla tensione edall’incontro con il divino, in basso alla presenzadel divino nella storia, nell’uomo. L’asse oriz-

IL CUORE RAPPRESENTA IL CENTRO DI LEVITÀ,A PARTIRE DAL QUALE POSSIAMO SENTIRELA DISPONIBILITÀ ALL’ALTRO, ALL’ORIZZONTEMA ANCHE L’ELEVAZIONE VERSO L’ALTO

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zontale esprime, quindi, la possibilità tutta uma-na della relazione con l’altro che possiamo pren-dere per mano o abbracciare, guardare negliocchi, quella verticale si riferisce alla relazionecon l’Altro, il trascendente, il non-conosciuto,l’infinito, l’en-sof , ma unisce anche la terra e ilcielo, presume un opportuno radicamento(grounding21), un’incarnazione tale da poterguardare verso l’alto”22.In un unico simbolo rappresentato condensatonel corpo stesso, ma anche esperibile attraversoopportuni vissuti di movi-menti, è possibile, dunque,confrontarsi con dimen-sioni esistenziali fonda-mentali per l’essere uma-no, ed attraverso esse conil modo in cui la cultura e le culture anche nelleforme religiose hanno vissuto, rappresentato, nar-rato, ritualizzato questo simbolo.Altri simboli estremamente pregnanti sonoquelli relativi all’utilizzo dello spazio nel movi-mento, dal cerchio, alle file contrapposte, allaspirale, al labirinto, etc.; il corpo può attraver-sare e sperimentare i più significativi archetipiinterculturali, permettendo così di esporsi a vis-

suti che risuonano con quelle forme, di ricer-carne significati, immagini, narrazioni nei piùdiversi contesti storici e geografici dei popoli.Su un piano squisitamente pedagogico la cono-scenza e la consapevolezza della dimensionesimbolica della disposizione nello spazio in cuici si muove, da parte dell’educatore, inoltre, puòdeterminare significativamente i vissuti dei pro-pri allievi. Evidentemente non ha lo stesso effet-to muoversi insieme in cerchio, in file contrap-poste, o liberamente nello spazio; ogni forma

tende ad attivare vissutidifferenti. Il cerchio per-mette ad ognuno di esserevisto e di vedere gli altri,tutti sono su uno stessopiano, nessuno gioca un

ruolo più importante. Nelle file contrapposteinevitabilemente si crea il senso di appartenenzaad un gruppo e di contrapposizione ad un altro,dunque si va nella direzione di differenziazionedalla totalità unificante e simbiotica del cer-chio... Questi significati erano ben chiari ai no-stri progenitori più antichi ma anche a quelli piùprossimi, che hanno utilizzato nelle danze ritua-li le diverse forme con grande perizia dei signifi-

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EVIDENTEMENTE NON HA LO STESSOEFFETTO MUOVERSI INSIEME IN CERCHIO,IN FILE CONTRAPPOSTE, O LIBERAMENTENELLO SPAZIO; OGNI FORMA TENDE ADATTIVARE VISSUTI DIFFERENTI

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cati narrativi condensati in esse. Non abbiamoadesso lo spazio per addentrarci nei diversi signi-ficati, ce ne siamo occupati in altri lavori cui rin-viamo23. Ci premeva qui attraverso lo spessoredel simbolo in movimento sottolineare le oppor-tunità di intersezione educativa tra corpo e cul-tura. Intendevamo inoltre mettere in evidenza lemolteplici opportunità formative, che a partiredalle forme, dai gesti, dalle coreografie corporee,animano vissuti e quindi emozioni, ma permet-tono attraverso questi di riconoscere contenuticulturali, recuperando così, tra l’altro, un signifi-cato più ampio della creatività dell’essere uma-no, quello dove sapere ha a che fare con sapore,ovvero dove la produzione culturale è espressio-ne della totalità delle dimensioni della persona,dove il piano intellettuale della conoscenza ritro-va le proprie autentiche origini nello spessoredella presenza.

Pedagogia della mediazione corporea ■

Negli ultimi due incontri del laboratorio gli stu-denti sono stati invitati a focalizzare ed a descri-vere, in un testo narrativo oppure in una sortadi diario di bordo, le principali scoperte realiz-zate sul piano personale, in relazione, quindi alprimo obiettivo del percorso laboratoriale, poi,in gruppo sono stati invitati a collegare le espe-rienze ed i vissuti ad alcune parole chiave dei li-bri di testo e quindi a riflettere consapevolmentesulle intersezioni e gli attraversamenti possibilitra corpo e cultura.Come sa bene ogni danzamovimentoterapeuta,abituato a lavorare in contesti formativi (soprattut-to con utenti di età tra 19 e 25 anni come quellidel corso in oggetto, “presunti normali”), le resti-tuzioni relative ai vissuti personali, su un piano

diacronico, vanno di solito dall’imbarazzo, con lasensazione di fare cose strane ed apparentementeinutili, alla scoperta di un mondo sorprendente evariegato di interiorità, all’attivazione di emozioniforti e piacevoli, alla esplorazione di uno spessoreprima sconosciuto nella relazione con gli altri. Ciòche colpisce, vista la specificità degli studenti im-pegnati in un corso di laurea in scienze motorie, èla scoperta e la valorizzazione di un’espressivitàcorporea che può anche spogliarsi dall’obbligo diessere tecnicamente adeguata, lavorando più allaricerca di una propria forma piuttosto che di unaforma convenzionale e/o estetica. In sostanza han-no descritto la bellezza della scoperta del corponon solo come strumento di performance, cheinevitabilmente si proietta verso la conquista di unrisultato (cosa che di per sé ha i suoi valori educa-tivi), ma come opportunità per valorizzare il tem-po vissuto al presente. Questo tipo di ricerca, cheevidentemente si pone su un altro piano rispettoad un lavoro tecnico sul corpo e sul movimento, eche non intende certo svalorizzare quest’ultimo,consente notevoli dimensioni di ascolto nei con-fronti del proprio sè, nonché la capacità di andareoltre il giudizio nei confronti di se stessi e degli al-tri, nella scoperta e nel rispetto dell’unicità, della

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differenza, della possibilità di non essere competi-tivi per accogliere l’autenticità di ciascuno. In tuttociò un aspetto molto sentito da tutti è stata la valo-rizzazione della dimensione gruppale, attraversoinusitate forme di quello che in altri ambiti vienedefinito apprendimentocooperativo, ed attraversoun lavoro concreto sul-l’empatia mediante i gio-chi di coppia. Molti di lo-ro hanno verbalizzato lasorpresa di scoprire nei propri colleghi aspetti chenon avrebbero mai immaginato, al di là deglischemi e delle difese del primo approccio determi-nati dalle convenzioni palesi o nascoste, dall’ap-partenenza al gruppo, dall’età, dai condiziona-menti legati all’immagine esteriore etc. Leemozioni descritte dagli studenti palesano una ric-chezza che meriterebbe di essere indagata ed ap-profondita di per sé, viste le difficoltà relazionali evaloriali che vengono oggi continuamente riscon-trate nei giovani di questa età. Parole come: rilas-samento, pace, interiorità, pienezza, sicurezza, ac-cettazione, volersi bene, serenità, creatività,fantasia, immaginazione, dolcezza, semplicità,leggerezza, spontaneità, accoglienza, senso dellavita sono solo alcune delle parole chiave emerse sudi un piano personale.Ma per il tema centrale, su cui ci siamo ripropo-sti di riflettere in questo lavoro, sono estrema-mente interessanti le restituzioni relative al se-condo obiettivo, quello concernente appuntol’acquisizione della consapevolezza dell’unitàcorpo-mente-anima e da qui la capacità di ri-condurre sensazioni e percezioni a contenuti cul-turali. Un’acquisizione molto chiara nei lavoridei ragazzi è proprio la scoperta che nell’ascolto

delle sensazioni, delle percezioni e delle emozio-ni a partire dal corpo e dal movimento si schiudeun universo di intimità e di interiorità che è pro-prio quel cosmo che poi si estrinseca nella pro-duzione creativa delle manifestazioni simbolico-

culturali. Un gruppo èstato in grado di descrive-re in autonomia, senzaaverlo letto, il processo de-scritto da Lonergan cheprocede dalla sensazione

alla conoscenza24. Tutti sono stati in grado dicomprendere in che senso il corpo è mediatoreassoluto di cultura e conoscenza, hanno saputoinfatti riflettere sui legami inevitabili tra le formecosiddette primigenie della cultura e la percezio-ne e l’espressione corporea.Un altro aspetto, agevolmente recepito dai ra-gazzi, è stato quello relativo alla danza dei po-poli come condensato simbolico-culturale. Sisono resi conto che nelle danze etniche non èpresente solo una ricerca estetica o di diverti-mento, ma che in ogni gesto giace tutta unaconsapevolezza relativa al significato del movi-mento, e che le sequenze coreografiche racchiu-dono storie e miti condivisi dalle collettività25.È evidente come queste ricadute formative rive-stano un effettivo ampliamento dell’offerta for-mativa, in grado di creare collegamenti ed inte-grazioni necessarie nel contesto di una facoltàche per definizione si avvale di saperi molto ete-rogenei tra loro, saperi che vanno dalle conoscen-ze biomediche a quelle tecniche e sportive, a quel-le più culturali e pedagogico-didattiche. Diventasempre più importante, anche su un piano episte-mologico, agevolare il dialogo tra le discipline for-mative, affinché si possa autenticamente parlare

Tra corpo e cultura:la danzamovimentoterapia come mediazione simbolica.Per una pedagogia e una didattica dell’attività motoria.

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UN ALTRO ASPETTO, AGEVOLMENTERECEPITO DAI RAGAZZI, È STATO QUELLORELATIVO ALLA DANZA DEI POPOLI COMECONDENSATO SIMBOLICO-CULTURALE.

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di scienze motorie. Tra l’altro proprio l’utilizzodella danzamovimentoterapia come opportunitàformativa, testimonia possibilità di scambio, inte-grazioni, rielaborazioni, attraversamenti, tra con-testi diversi, tra saperi e metodologie nati per fini eda approcci epistemologici differenti. La dimen-sione comune e trasversale è quella della comples-sità ed insieme unicità della persona che non do-vrebbe essere spezzettata in approcci opposti edifformi, incapaci di ritrovare oltre le proprie spe-cificità un’integrazione possibile. ■

NOTE

1) Cfr. L. Rosati, “Lezioni di didattica”,Anicia, Roma, 1999; L. Rosati, “Metodologiadella cultura e didattica”, La Scuola, Brescia,1988; L. Rosati, “Didattica della cultura ecultura della didattica”, Morlacchi, Perugia,2004; L. Rosati, “Formazione e didattica traofferta e domanda”, La Scuola, Brescia, 1995.

2) Cfr. A. Canevaro, “Pedagogia speciale. Lariduzione dell’handicap”, Bruno Mondadori,Milano, 2000; A. Canevaro, C. Balzaretti,G. Rigon, “Pedagogia specialedell’integrazione”, La Nuova Italia, Firenze,1996; A.Canevaro (a cura di), “Handicap ascuola, Manuale per l’integrazione scolastica”,NIS, Roma, 1983.

3) G. Mollo, “Il senso della formazione”, LaScuola, Brescia, 2004, p. 67.

4) Cfr. A.G.A. Naccari, “Persona e movimento.Per una pedagogia dell’incarnazione”,Armando, Roma, 2006, pp. 211-246.

5) R. Massa, “Ricerca teorica, ricerca empiricae clinica della formazione”, in G. Sola (a curadi), “Epistemologia pedagogica”, Bompiani,Milano, 2002, p. 317.

6) Cfr. A.G.A. Naccari, “Persona emovimento...” cit., pp. 211-246. Il terminesetting (come insieme degli elementi predispostied utilizzati intenzionalmente per attivare unprocesso terapeutico o pedagogico) è ormaiampiamente usato anche in didattica, cfr. E.Damiano, “L’insegnante. Identificazione diuna professione”, La Scuola, Brescia, 2004,p.133; M. Dallari, “Il corpo insegnante”, in L.

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Balduzzi (a cura di), “Voci del corpo.Prospettive pedagogiche e didattiche”, LaNuova Italia, Milano, 2002, p. 99.

7) A.G.A. Naccari, ‘Persona e movimento...’cit., p. 212.

8) Cfr. ivi, p. 215.

9) Ivi pp. 215-216.

10) Ivi p. 242, cfr anche ivi pp. 243-246.

11) V. Bellia, “Dove danzavano gli sciamani”,Franco Angeli, Milano, 2001, p. 89.

12) Cfr. A.G.A. Naccari, “Persona emovimento...” cit., pp. 223-226.

13) Cfr. ivi pp. 231-236.

14) Cfr. A.G.A. Naccari, “Le vie della danza.Pedagogia narrativa, danze etniche edanzamovimentoterapia”, Morlacchi,Perugia, 2004.

15) Cfr. L. Rosati, “Didattica della cultura ecultura...” cit., pp. 71-72.

16) Cfr. tra tutti M. Merleau Ponty,“Fenomenologia della percezione”, trad. it.Bompiani, Milano, 2003.

17) Cfr. Ivi.

18) Cfr. E. Cassirer, “Saggio sull’uomo.Introduzione ad una filosofia della cultura”,

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19) Cfr. B. Lonergan, “Comprendere ed essere,le lezioni di Halifax su Insight”, trad. it., CittàNuova, Roma, 1993.

20) A.G.A. Naccari, “Le vie della danza...” cit.p. 21.

21) Cfr. A Lowen, “Espansione e integrazionein bioenergetica”, trad. it., Astrolabio, Roma,1979, p. 22.

22) Ivi p. 115.

23) Cfr. ivi, pp. 93-148.

24) Cfr. B. Lonergan, “Comprendere edessere...” cit., pp. 21-37. Cfr. anche A.G.A.Naccari, “Persona e movimento...” cit, p. 234.In quello che Lonergan definisce processo diautoappropriazione viene descritto l’itinerariodella conoscenza come un continuum complessoche dalla sensazione arriva all’autocoscienza.

25) A.G.A. Naccari, “Le vie della danza...” cit.

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FRANCESCA PRESTIA Musicoterapista, Musicista, Docente e Coordinatrice didattica c/o Associazione musicale “S. Cecilia” di Lamezia Terme (Cz)

Non mi piace rilassarmi respirando.Non riesco a respirare e stare tranquillo.

L’aria è come un palloncino che vola.Mi piace far volare i palloncini. Mi piace

respirare e sentirmi tranquilla mentre mi rilasso.

È bello soffiare l’aria e suonare il flautoda solo e con gli altri.

L’aria è un rutto e uno scorreggio puzzolente.Aria è la puzza che ho fatto ieri.Per me è stato difficile respirare.

Il mare è pericoloso perché si può affogare.Il mare è utile per pescare e mangiare pesci.A me piace il mare perché mi tuffo.Il mare era sporco e io non ho potuto fare il bagno.Il mare è molto bello perché è di un colorestupendo, soprattutto quando è una bellagiornata calda d’estate; invece quando è bruttae il mare è ondeggiato si può affogare.

Esserci, Esprimersi, Interagire tra adolescentiattraverso la musica e gli altri linguaggi*

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A me il mare mi sembra pericolosoperché ci sono dei pesci che possono mordere;

però mi piace perché mi piace nuotare.Il mare è bello perché mi piace.

Il mare è bello perché è limpido.È pericoloso perché si può rischiare di affogare.

Sulla Terra ci poggiamo tutti.Mi piacerebbe essere un seme nella Terra...

...un seme che diventa un fiore.La Terra è una tana.

È bello danzare con le mani sulle zolle di terra.

La Terra è piena.La Terra è casa.La Terra è tutta marrone.La Terra è fatta di tante cose

Il Fuoco è fuoco.Le fiamme sono pericolose ma sono belle.

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FRANCESCA PRESTIA

È bello danzare il fuoco.

Sono queste le parole che ciascuno e ciascuna diquesti pre-adolescenti e adolescenti hanno scrit-to accanto ai loro disegni e dipinti, prima e do-po le loro danze, prima e dopo le esperienze diascolto e di produzione sonoro-musicale.Nove ragazzi e ragazze, tra i nove e i quattordicianni, con alle spalle storie molto difficili, storiedi violenze e di abbandoni, storie di malavita edi carcere, storie caratterizzate da carenze affet-tive e solitudini, tutti segnalati dai Servizi Socialidel Comune di Lamezia Terme (Cz). Questi ra-gazzi seguiti da un’associazione di volontariatodel territorio, hanno partecipato a questo pro-getto sperimentale di musico-arte-terapia pro-mosso dall’Associazione musicale “S. Cecilia”.

Un progetto breve ma intenso, realizzato neimesi di novembre e dicembre 2006 in otto in-contri della durata di due ore ciascuno presso ilocali della Scuola Triennale di Musicoterapiadi Lamezia Terme. Un progetto nel quale cia-scuno e ciascuna di loro ha potuto sperimenta-re se stesso/a attraverso il corpo, il mondo dei

suoni e dei colori, accompagnati da me, unamusicoterapista, e due tirocinanti.

Abbiamo scelto di partire dai quattro elementinaturali: aria, acqua, terra, fuoco.Abbiamo proposto loro di sperimentare con isensi questi quattro elementi, rievocarne le me-morie, ridisegnarne forme e colori e danzarneil ritmo.Molte delle loro esperienze passate e presenti,sapevamo che erano e sono legate agli elementinaturali, così, prendendo spunto dai loro vissuti,abbiamo provato a stimolare e favorire, indivi-dualmente e nel gruppo, la riflessione, l’espres-sione, la comunicazione e l’interazione.

“Se gli adolescenti fossero incoraggiati a esprimer-si dalla società, ciò li sosterrebbe nella loro evolu-zione.” (Dolto, 1990).

Ogni incontro era così articolato :- momento del saluto e dell’accoglienza;- presentazione dell’elemento naturale, tema

dell’incontro;- esperienza di rilassamento tramite ascolto

guidato;- espressione sonoro-musicale, verbale, grafi-

co-cromatica sul tema;- condivisione delle impressioni e dei vissuti;- congedo e saluto.Il tempo a disposizione non era poi così breve,ogni incontro durava due ore; un minimo distrutturazione serviva a noi operatrici per co-municare loro un senso di ordine entro il qualevivere le varie esperienze.“La strutturazione del tempo... gli schemi di ge-stione del tempo che la società e la cultura trasmet-

Esserci, Esprimersi, Interagire tra adolescentiattraverso la musica e gli altri linguaggi*

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tono all’individuo determinano la distribuzionequalitativa e quantitativa che l’individuo fa delsuo tempo in relazione ai suoi bisogni, motivazio-ni e progetti.” (Ricci Bitti, Rossi, Sarchielli, 1985).

Abbiamo utilizzato lo strumentario Orff, cdmusicali, tastiera e microfoni, diapositive, nastrie stoffe colorate, pasta di sale e argilla, colori atempera e pennarelli.

Non è stato facile!Ci sono stati momenti di grande tensione, con-fusione, conflitto, sfida, opposizione, indifferen-za e menefreghismo.Era difficile per loro respirare in silenzio con-centrandosi sul proprio corpo; era quasi impos-sibile rilassarsi ascoltando il suono del vento, delmare, del fuoco.Fermarsi, non fare chiasso, non disturbare,non picchiarsi ed insultarsi, non gridare, noncorrere, non saltare, quasi li destabilizzava, lidisorientava.

Un po’ si lasciavano gui-dare e un po’ facevanochiasso, un po’ cercavanodi esprimersi con gli stru-menti e un po’ provavanoa distruggerli, un po’ disegnavano e coloravano eun po’ scarabocchiavano tutto, un po’ scrivevanole loro riflessioni e un po’ scrivevano e dicevanocose senza senso.

“...la sicurezza viene attenuata dal fatto che ilgruppo esige coraggio e spirito di sacrificio... Sva-riati sentimenti, non spiacevoli di per sé, e senzadubbio intensamente desiderati dal singolo, non

possono essere provati altro che in combinazionecon altri sentimenti meno desiderati e spesso addi-rittura detestati. All’individuo non rimane quindiche isolarsi dal gruppo, opporsi alla propria ten-denza ad essere gregario, qualità per lui inaliena-bile in quanto animale sociale.” (Bion, 1994).

Il picco massimo della tensione è stato raggiun-to presto, credo anche per la libertà concessadurante gli incontri, libertà che non erano abi-tuati a gestire: il tema dell’incontro era l’AC-QUA e, dopo il rilassamento, i disegni e le dan-ze, ciascuno/a di loro aveva davanti a sé unabacinella piena d’acqua con la quale poteva ba-gnarsi le mani, giocare, produrre e ascoltare isuoni propri e degli altri componenti il gruppo.Il desiderio di schizzarsi, di bagnarsi interamentecorpo e vestiti, di lanciare l’acqua nell’aria la-sciandola cadere per terra sui teloni di plasticaper poi scivolarci sopra è stato irresistibile! Per al-cuni minuti il laboratorio è stato in preda al caos.

Dopo questa “catarsi”,bagnati da testa a piedi,dolenti per le cadute sulpavimento, tutti in cer-chio per il momento del-la verbalizzazione finalee del congedo, io, con lo

sguardo di approvazione delle due tirocinanti,ho manifestato loro la nostra disapprovazione aquanto era avvenuto. Ho sottolineato che questemie parole erano solo frutto della preoccupazio-ne vissuta nel vederli scivolare e cadere per terranel timore che potessero farsi male seriamente.Ho ribadito la mia disponibilità ad essere al lorofianco durante gli altri incontri, ma non per cor-rere rischi.

IL DESIDERIO DI SCHIZZARSI, DI BAGNARSIINTERAMENTE CORPO E VESTITI, DI LANCIAREL’ACQUA NELL’ARIA LASCIANDOLA CADERE PERTERRA SUI TELONI DI PLASTICA PER POISCIVOLARCI SOPRA È STATO IRRESISTIBILE!

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FRANCESCA PRESTIA

Ho parlato chiaro: “...noi siamo qui per interes-sarci a voi, per ascoltarvi mentre vi esprimete, persuonare e cantare, per danzare e disegnare insie-me, solo per il piacere di trascorrere delle ore piace-voli e creative attraverso la musica e gli altri lin-guaggi. Se siete interessati a questa nostraproposta sarete i benaccetti al prossimo incontro, seno sarà meglio salutarci e ognuno potrà prosegui-re per il proprio cammino”.Non nascondo che mi è tornata in mente quel-l’antica leggenda giapponese nella quale si narra:«...un samurai bellicoso un giorno sfidò un mae-stro Zen chiedendogli di spiegare i concetti diparadiso e inferno. Il monaco, però, replicò condisprezzo: “Non sei che un rozzo villano; non pos-so perdere il mio tempo con gente come te!”. Sen-tendosi attaccato nel suo stesso onore, il samuraisi infuriò e sguainata la spada gridò: “Potrei uc-ciderti per la tua impertinenza”.“Ecco” replicò con calma il monaco “questo èl’inferno”.Riconoscendo che il maestro diceva la veritàsulla collera che lo aveva invaso, il samurai, col-pito, si calmò, ringuainò la spada e si inchinò,ringraziando il monaco per la lezione.“Ecco” disse allora il maestro Zen “questo è ilparadiso”.L’improvviso risveglio del samurai e il suo apriregli occhi sul proprio stato di agitazione ci mostraquanto sia fondamentale la differenza fra l’esse-re schiavi di un’emozione e il divenire consape-voli del fatto che essa ci sta travolgendo.» (Gole-man, 1999).

All’incontro successivo sono quasi tutti presenti,solo due si sono presi altro tempo per riflettere edecidere; poi il gruppo ha proseguito unito fino al-

la fine del progetto, compreso il Convegno finale.Gli altri sei incontri sono stati altrettanto inten-si: hanno lasciato che il loro corpo e la loromente si rilassassero guidati dalla musica; han-no provato ad esprimersi attraverso il suono deiflauti, dei jambeé, della chitarra, della tastiera;hanno provato a danzare con minor vergognaquello che più gli frullava nella testa durantel’ascolto di un brano musicale.Hanno sperimentato:- Il Piacere di esserci: perché noi ci interessa-

vamo a loro; perché ritagliavamo per lorouno spazio e un tempo affinché avessero l’op-portunità di percepirsi, di fermare tutto econcentrarsi su di Sé.

- Il Piacere di esprimersi: avevano capito di es-sere ascoltati e percepiti, avevano capito di po-ter esprimere il loro vissuto interiore, i loropensieri, i loro ricordi a qualcuno che volevaascoltare senza giudicare ma con il semplicedesiderio di condividere questo piccolo patri-monio di gruppo.

- Il Piacere di interagire: oltre loro stessi c’era-no gli/le altri/e che li circondavano; che comeloro sentivano, vivevano, coloravano, suona-vano, cantavano, ballavano. Come loro ave-vano voglia e bisogno di fare tutto ciò e di es-sere visti, considerati, ascoltati, contenuti,apprezzati. Altri come loro, con i quali dove-vano imparare a condividere lo spazio e iltempo; verso i quali dovevano imparare adavere rispetto:- controllando le proprie urla;- ascoltandone le parole;- vedendone i movimenti di danza;- stando attenti al loro suonare il flauto, il

tamburo e il pianoforte;

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- ascoltando il loro cantare Laura Pausini eGigì Finizio;

- avendo pazienza nel lasciare che si espri-messero;

- gestendo la propria intolleranza, indiffe-renza e mancanza di attenzione;

- predisponendosi all’ascolto, alla comuni-cazione, all’interazione.

Così si attuava un percorso di:- scoperta di Sé;- scoperta dell’Altro/a;- scoperta del piacere di essere gruppo.La motivazione e l’entusiasmo a partecipare agliincontri sono cresciuti fino alla fine.Nell’ultimo incontro ognuno/a ha portato unbrano da cantare, da suonare e da danzare dasolo/a o con il gruppo; ognuno ha avuto il suotempo e il suo spazio per la propria performan-ce, per Sé con l’attenzione, il riconoscimento e ilplauso del gruppo.Ci siamo salutati con un arrivederci affettuoso.

Non nascondo che mi ha commosso vederlitutti lì, durante il Convegno finale, seduti da-vanti al palco ad assistere alle relazioni, osser-vare con orgoglio i loro disegni ed i loro lavoridi pasta di sale e argilla proiettati sullo scher-mo, ascoltare il racconto mio e delle due tiro-cinanti che riportavamo le loro frasi divertentie provocatorie.Certo non mi aspettavo che alla fine uno di lorosi alzasse e, venuto sul palco, con il microfono, anome di tutti loro, ringraziasse noi per l’espe-rienza vissuta, per i momenti di serenità e di al-legria condivisi, per il ricordo positivo e rassicu-rante che ognuno/a di loro avrebbe serbato nelproprio cuore, nella propria mente e nel pro-prio corpo per tutta la vita. ■

* Contributo già parzialmente pubblicato in “Musica et

terapia” n. 16 (luglio 2007)

AGGIUNGEREAggiustare catrattere piccolo asterisco

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Musica del corpo, musica della mente: un violino nelle mani del malato di Alzheimer

SILVIA RAGNI Musicoterapeuta, Psicoterapeuta, Psicologa, Resp. attività del Centro Diurno Alzheimer “La Cornucopia” del Sacro Cuore, Roma

Perché la musica ■“La malattia va considerata come un errore chegetta l’uomo in balia di uno spirito la cui voce rot-ta si nutre succhiando la sostanza sonora del cor-po umano; essa si dà alla fuga quando sente can-tare il proprio nome o la propria voce. Scopodell’intervento terapeutico è quindi ripristinare lamusica originaria. Questo corrisponde, in unaapproccio analitico, a sentire la musica dell’altro,il suono e il ritmo e che sono la sua essenza, qual-cosa che sta nelle parole ed oltre le parole. Se sen-tiamo l’altro come musica, allora egli diventa unarealtà, un valore affettivo e quindi un obbligo mo-rale. Altrimenti resta una aggregato atomistico disegnali, tutti singolarmente interpretabili, ma co-me un esercizio scolastico, senza musica, senz’ani-ma. Al terapeuta spetta di suonare la musica chemanca al paziente, ma che pure è nascosta dentrodi lui.” (Romano, 1999)Queste parole di Augusto Romano ci sembranoparticolarmente suggestive ed adatte per intro-durre il lavoro sperimentale di musicoterapia dicui tratteremo in questo scritto. Perché di malat-tia parleremo, e di una in particolare, che colpi-sce attualmente una percentuale molto alta del-la popolazione geriatrica italiana, ed è incontinuo aumento. Una patologia che, andandoa colpire le funzioni cognitive, in particolare lamemoria, il linguaggio e progressivamente i ge-sti e le intenzioni, rende la persona sempre me-no padrona della propria mente e del propriocorpo. Una malattia descritta con tante alfa pri-vative: amnesie, aprassia, agnosia, ecc, che privaprogressivamente la persona della sua storia edella sua identità, facendola calare in un mondo‘“parallelo” che isola dai normali contesti co-municativi. Romano ci ricorda come la musica

possa essere un mediatore per sentire e far senti-re l’altro, farlo risuonare con quella musica chepuò esprimere quello che lui non può dire a pa-role. Cosa altro può fare la musica?“La funzione terapeutica della musica risiede (...)nel suo potere comunicativo, nella sua capacità diaprire canali comunicativi non verbali. Nellamusica si percepisce una relazione tra la nostracapacità di percepirci e quanto di noi stessi ancoraignoriamo; ecco perché il mondo sonoro possiedeun risvolto terapeutico, una relazione che originasicuramente dai suoni, ma che trascende poi glistessi.” (Romano, 1999).Se quindi la musica può essere d’aiuto in tantepatologie, lo è particolarmente in questa malat-tia, permettendo al paziente di comunicare, at-traverso la modalità non verbale (profonda, ar-caica, che rimane preservata anche in fasiavanzate di malattia). Come già sottolineato,permette al paziente di scoprire parti di sé igno-te a lui e agli altri, e risorse sconosciute che af-fiorano attraverso la magia dei suoni.

Perché il violino ■Peculiarità di questo lavoro è l’utilizzo del violi-no in musicoterapia. Un progetto “eretico” per-ché normalmente questo strumento, proprio perle difficoltà tecniche che presenta all’esecutore eper le sue caratteristiche morfologiche, vienenormalmente escluso dal setting di musicotera-pia (Benenzon, 1997). In questa esperienza inol-tre, il violino è suonato direttamente dai pazien-ti. Non un violino solo ascoltato, quindi, mapreso tra le proprie braccia e piano piano esplo-rato, fino ad essere “imbracciato” proprio comefanno i violinisti veri, sorretto dalla spalla, tenutoa contatto con il corpo, a metà strada tra la testa

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e il cuore. Una sfida dunque, in quanto normal-mente le persone associano questo strumento a“prezioso”, “diabolico” - l’immaginario colletti-vo sa che si raccontano strane storie su Paganinie il suo presunto patto col diavolo - e ancora “ir-raggiungibile” per le difficoltà tecniche di esecu-zione, e “delicato”, perché piccolo, fatto con le-gni pregiati e così complicato da suonare bene.Tutto vero, non si può smentire. Ma accanto aquesto, nel nostro immaginario il violino si associaa: “sublime, in grado di toccare l’animo umano,antico, bello, appartenente alla nostra tradizione”.È uno strumento antico ed espressione della no-stra musica colta, fabbricato artigianalmentecon materiale naturale, si può suonare in grup-po e produce vibrazioni, che trasmette al corpo.Possiede una ricchezza nelle sue caratteristichesonore che lo avvicinano alle infinite risorse del-la voce umana, assieme ad altre possibilità dienorme ricchezza sul piano musicale ed evocati-vo, grazie alle combinazioni possibili a livelloritmico, melodico, timbrico e armonico.Queste caratteristiche sono state prese comepunti di forza, a cui si è aggiunta una riflessioneimportante: ad un paziente demente, che staperdendo la competenza rispetto ad azioni chefinora sapeva fare perfettamente (con conse-guente calo dell’ autostima), poteva essere inte-ressante fornire uno stimolo che non lo confron-tasse con capacità preesistenti, ma costituisse unanovità e una sorpresa.Provocazione anche per gli stessi operatori, chesi misuravano con una novità assoluta.

Il progetto ■Inizia così la sperimentazione, resa possibilegrazie alla assegnazione della borsa di studio

“Liliana Baccari Pantanella”, indetto dalla As-sociazione “Alzheimer uniti Roma onlus”, perl’anno 2007. Partecipano al lavoro l’équipe mul-tidisciplinare del Centro Diurno Alzheimer diRoma, composta da psicologa-musicoterapeu-ta, fisioterapista, infermiera, geriatra e operatri-ci sociosanitarie, affiancate da una musicotera-pista-violinista, un musicoterapista-osservatoree unn counsellor in mediazione artistica che siincarica delle riprese video e del filmato che“racconta” l’esperienza.I pazienti coinvolti nella prima fase sono 8, sud-divisi in gruppi di 4: 6 donne e 2 uomini, di etàcompresa fra 65 e 80 anni, affetti da malattia diAlzheimer di grado lieve. Lo stadio iniziale dellamalattia è particolarmente delicato: le personesono consapevoli dei deficit, che aumentando,provocano insicurezza, paura, depressione, conconseguente sfiducia nelle proprie capacità etendenza al ritiro. Intervenire con strategie nonfarmacologiche in questa fase è particolarmentesignificativo per aiutare il mantenimento dellecapacità conservate e, nel nostro caso, scoprirerisorse inaspettate che favoriscano l’aumentodell’autostima, sollevino il tono dell’umore epermettano il mantenimento dell’identità.

Obiettivi ■Questo progetto è nato da una esperienza dimusicoterapia con il violino condotta preceden-temente con anziani fragili, tra i quali alcuni af-fetti da disturbi cognitivi (Ragni et. al., 2006), esi propone di valutare se la musicoterapia, conl’uso del violino, applicando un percorso didatti-co semplice, possa favorire l’acquisizione di nuo-ve competenze anche in pazienti cognitivamen-te compromessi.

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SILVIA RAGNI

All’interno di questo obiettivo generale, obiettivispecifici sono:a) verificare il passaggio da una competenza

musicale comune ad una competenza piùspecifica, dovuta all’esercizio ripetuto e allapartecipazione al gruppo;

b) rilevare il miglioramento delle capacità di co-ordinazione motoria, correlato alla ripetizio-ne di prove, che implicano in finale l’uso con-temporaneo di corde e archetto;

c) rilevare la capacità di sviluppo di rispostecongrue a stimoli insoliti.

Materiali e metodo ■Coerentemente con gli obiettivi del progetto, éstato scelto il violino quale strumento comples-so, coinvolgente, da utilizzare in un percorso diapprendimento in grado di attivare le capacitàcognitive e motorie conservate (Tognetti et al.,2007). Tra gli strumenti a corda si è privilegiatoil violino per le ragioni già precedentementeesposte, inoltre l’utilizzo dell’arco sembra assu-mere una sorta di valenza “protesica”, che faci-lita il mantenimento dell’attenzione e suggerisceimmediatamente “l’idea del suonare”.Il campione è composto da 16 soggetti, di etàcompresa tra 65 e 85 anni, affetti da demenza diAlzheimer di grado lieve-moderato (MMSE 18-23) secondo i criteri del DSM IV, che frequenta-no il Centro Diurno Alzheimer del Sacro Cuoredi Roma. Altro elemento discriminante l’inseri-mento nel gruppo sperimentale è stato il livelloalto di partecipazione attiva dei pazienti alle at-tività proposte all’interno del Centro (fisiotera-pia, terapia occupazionale, la stessa musicotera-pia tradizionale). Criteri di esclusione sono statila presenza di disturbi comportamentali e di de-

ficit sensoriali o motori, che potessero interferirenegativamente con gli obiettivi del progetto, cosìcome la presenza di competenze violinisticheacquisite in passato. Il livello di scolarità non hacostituito elemento discriminante.È stata prevista la formazione di 4 gruppi com-posti di 4 soggetti, ciascuno con il suo violino,per facilitare un lavoro personalizzato.Per valutare l’efficacia dell’intervento sono stateutilizzate scale quantitative, una scheda di valu-tazione delle competenze musicali, una grigliaosservazionale per valutare alcuni parametri ditipo qualitativo e una scheda somministrata alcaregiver familiare.1) La valutazione quantitativa, eseguita da unapsicologa (parte cognitiva) e da una fisioterapista(parte motoria) alla baseline e a fine trattamento,si è avvalsa dei seguenti strumenti (Tab. 1):a) MMSE, ai fini di verificare l’eventuale effica-

cia nel rallentamento della storia naturaledella malattia.

b) NPI per escludere la presenza di rilevantidisturbi del comportamento.

c) GDS per valutare l’efficacia dell’interventosul tono dell’umore.

d) IADL per osservare se il miglioramento atte-so nella capacità di coordinazione motoriapossa avere qualche effetto positivo, ancheminimo (es. rispondere al telefono).

e) Tinetti Scale, PPT, “Allacciare una scarpa”:rispondono alla possibilità di verificare lemodificazioni della postura, della capacità dicoordinazione dei movimenti, della velocitàdi esecuzione.

f) Valutazione della aprassia ideomotoria perverificare se migliora la capacità di eseguirecompiti specializzati su base imitativa.

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g) Matrici attentive, fluenza verbale per catego-rie: per valutare eventuali ricadute sulla cogni-tività, in particolare riguardo all’attenzione eal linguaggio, due aree stimolate dagli eserciziprevisti dal programma di addestramento.

2) La scheda musicoterapica, già costruita edutilizzata in precedenti interventi (Ragni et al,2005) per valutare la conoscenza e le competen-ze del paziente in campo musicale, è stata am-pliata ed adattata al progeto specifico. Sommi-nistrata da un musicoterapista sia al paziente,che al caregiver, (ai fini della correttezza delleinformazioni), è strutturata in tre parti.La prima, ispirata a quella proposta da Benen-zon (1990), è costituita da una serie di domandechiuse e aperte che esplorano le esperienze e lastoria musicale del paziente, il suo rapporto per-sonale con la musica, legato all’ambiente di pro-venienza, alle fasi della vita adulta e al momentoattuale. Vengono anche analizzate le preferenze ele reazioni individuali allo stimolo sonoro. È som-ministrata solo alla baseline e rappresenta un

contributo prezioso alla identificazione del reper-torio musicale, da proporre ai pazienti in fasesperimentale; permette cioè di individuare l’ISO(identità sonoro - musicale) delle persone (Benen-zon, 1997) e fornisce alcuni elementi utili alla co-struzione del dialogo sonoro (Scardovelli, 2000).La seconda parte della scheda, somministrataalla fine del trattamento, esplora le conoscenzeacquisite attraverso gli esercizi con il violino eregistra la presenza di cambiamenti nel rappor-to con la musica.La terza parte, somministrata alla baseline e altermine della sperimentazione, comprende unaparte pratica, che vuole valutare la presenza dieventuali cambiamenti riguardo alla percezionedi alcuni parametri musicali (ritmo, durata, al-tezza, dinamica), al loro riconoscimento e allacapacità di riprodurli, secondo prove di difficol-tà crescente. Il confronto tra il punteggio attri-buito alle prove nei due diversi momenti ha loscopo di verificare se l’esercizio musicale ha pro-dotto un apprendimento.

TABELLA 1

MMSE (Folstein et al., 1975) stato cognitivo

NPI (Cummings et al., 1994) disturbi del comportamento - solo alla baseline

IADL (Lawson et al., 1969) attività strumentali di vita quotidiana

GDS (Yesavage et al., 1983) tono dell’umore

Tinetti Scale (Tinetti, 1986) valutazione dell’andatura e dell’equilibrio

PPT: Physical Performance Test(Reuben D.B., 1990) valutazione funzionale

Matrici Attentive (Spinnler e Tognoni, 1987) attenzione e discriminazione

Fluenza verbale per categorie(Spinnler e Tognoni,1987) produzione di parole su stimolo semantico

Aprassia ideomotoria (De Renzi,1996) abilità manuali mano destra, mano sinistra

Allacciare una scarpa motricità bi-manuale e velocità di esecuzione

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SILVIA RAGNI

3) Valutazione qualitativaNel lavoro musicoterapeutico particolare rilevan-za acquista la valutazione di tipo qualitativo, dal-la quel possiamo inferire aspetti significativi dellavoro relazionale e non verbale che sfuggono ne-cessariamente ad un’analisi di tipo quantitativo.Questa valutazione è stata resa possibile da:a) Una scheda di osservazione suddivisa in tre

parti: una pratica con gli esercizi musicali,una cognitiva per valutare la memoria, e una

terza definita di “ascolto e verbalizzazione”per catturare il “clima”, il livello di attenzio-ne, gli interventi e i dialoghi dei pazienti adogni singola seduta. La griglia, compilata daun musicoterapista ad ogni incontro, ha mo-nitorato l’esecuzione tecnica, la quantità, laqualità e la pertinenza delle osservazioni e lacongruenza musicale.

Alcune specificità osservate per aree sono messein evidenza nella Tab. 2:

Musica del corpo, musica della mente:un violino nelle mani del malato di Alzheimer

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TABELLA 2

Memoria:- riconoscimento delle parti dello strumento, del nome delle corde;- riconoscimento di brani musicali fissi (MLT), e variabili ad ogni seduta (MBT).

Attenzione:tempi di attenzione al compito, continuità del livello di attenzione durante le diverse fasi della seduta.

Riconoscimento e discriminazione:suoni diversi, corde diverse, movimenti diversi.

Integrazione e coordinazione:uso contemporaneo di corde e archetto.

Congruenza:reazione congrua allo stimolo sonoro, congruità dei contenuti verbali.

La Tab. 3 è utilizzata per la rilevazione dell’a-scolto, della verbalizzazione, del tono dell’umo-

re e dell’attenzione dei pazienti durante la sedu-ta, con relativa legenda.

TABELLA 3

Data Gruppo Nome Nome Nome Nome

Umore e stato fisico

Attenzione

MLT brano sigla

MBT brano della sedutaVerbalizzazioni

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Legenda Tabella 3:

Umore e stato fisico0 = _____1 = _____2 = _____3 = _____

Attenzione0 = assente1 = scarsa2 = fluttuante3 = continua

MLT (brano sigla)0 = nulla1 = gestuale e/o mimica2 = motivo (canta),3 = verbale (titolo)

MBT (brano seduta)0 = nulla1 = gestuale e/o mimica2 = motivo (canta)3 = verbale (titolo)

Verbalizzazioni0 = assente1 = incongruente2 = pertinente ma poco articolato e scarso nei contenuti3 = pertinente, bene articolato e ricco di contenuti

Analoghe tabelle vengono riempite dall’osserva-tore rispetto all’esecuzione di una progressione diesercizi musicali, da compiere sul violino (Tab. 4).

TABELLA 4

Data Gruppo Nome Nome Nome Nome

1 Pennata (come chitarra) qualità ritmiche

2 Pennata (come chitarra) qualità dinamiche

3 Pizzicare 1 corda

4 Pizzicare corde estreme

5 Pizzicare tutte le corde

6 Riconoscimento sonoro (A)*

7 “Cro Magnon” con l’arco staccato (B)*

8 1° Detachè (C)*

9 Sequenze ritmiche (con l’arco) (D)*

10 Catena (di fraseggi con gli altri pz) (E)*

Punteggi

* (A) capacità di discriminare suoni di altezza differente / (B) capacità di far rimbalzare l’arco sulle corde / (C) ca-pacità di far scorrere l’arco sulle corde / (D) corretta riproduzione di un semplice pattern ritmico / (E) esecuzione diun suono anche diverso, ma rispettando una turnazione predefinita e un ordine direzionale

Leggenda delle abilità violinistiche:

0 = non lo fa, non riesce affatto / 1 = appena accennato (è una risposta ma la performance è del tutto insufficiente. Ilpz. non sembra consapevole dell’inadeguatezza delle risposte) / 2 = maggiore consapevolezza, maggiore destrezza (laperformance non è ancora sufficiente ma c’è una tendenza chiara all’imitazione in un pz. più consapevole) / 3 = bene,accettabile (paziente consapevole, performance sufficiente - adeguata alle richieste)

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SILVIA RAGNI

All’interno della valutazione qualitativa, il ruolodella fisioterapista è stato di osservare gli aspettimotori in tre momenti differenti: all’inizio, a me-tà del percorso e al termine del ciclo di tratta-mento, per valutare la motricità dei pazienti.

Per valutare la ricaduta ecologica del trattamentoè stato coinvolto il caregiver principale a cui è sta-ta somministrata un’intervista semistrutturatasulla storia e conoscenzemusicali del paziente. Du-rante e dopo il ciclo è statochiesto di osservare alcu-ne variabili nell’ ambientedomestico: grado di sod-disfazione del paziente,l’aumento dell’iniziativa eil livello di interazione sociale, il ricordo e le ver-balizzazioni relative alla esperienza con il violino.

Tipologia dell’intervento:Il gruppo di 8 pazienti, suddiviso in due gruppiriuniti in ambiente privo di altre stimolazioni,ha effettuato 16 incontri, della durata di 45 mi-nuti con frequenza bisettimanale, condotti dauna musicoterapeuta con competenze violinisti-che e da una violinista professionista. Sono pre-senti l’osservatore musicoterapista e un counsel-lor dedicato alla video-registrazione.La seduta, durante la quale viene compilata lascheda di osservazione, è suddivisa in due fasi:

Ascolto: parte cognitiva ■La violinista e la musicoterapeuta, all’avvio del-la seduta, eseguono un brano distinto per ognigruppo, che rimane costante e si caratterizzacome sigla del gruppo stesso. L’identificazione

di un brano-sigla ha l’obiettivo di definire l’ini-zio dell’incontro, rappresentando un elementoper valutare nel tempo la memoria a lungo ter-mine, sollecitando allo stesso tempo la memoriaautobiografica. Costituisce anche un rituale d’i-nizio e la possibilità di costruire intorno a questoascolto un percorso esistenziale ed autobiografi-co, con associazione di ricordi, impressioni, sug-gestioni. Emergono le differenti personalità dei

pazienti, chi più romanti-camente trasportato dallamelodia del violino, chipreso da un ascolto piùanalitico e strutturale.Il momento di ascolto“esterno”, delle vibrazionidei violini così vicini e de-

dicati, favorisce un ascolto “interno”, da cuiemergono momenti emozionanti e di condivisio-ne profonda. Alla sigla segue l’esecuzione di unbrano variabile ad ogni seduta, scelto tra un vastorepertorio, che spazia tra generi musicali di diver-se epoche: classico, lirico, popolare, etnico, can-zone italiana, marce, inni, musica da ballo, ecc.Il repertorio, di circa cento brani, è stato selezio-nato tenendo conto delle informazioni ricavatedalla scheda musicoterapica.Dopo l’esecuzione, viene comunicato ai pazientiil nome del brano e alcune sue caratteristiche;dopo una distrazione, ne viene richiesta la ri-evocazione per valutare la capacità di memoriaa breve termine.Successivamente, l’esecuzione viene ripetuta e ipazienti hanno il compito di prestare attenzionea determinate caratteristiche musicali del brano:aspetti melodici, timbri, ritmi, stile, interazionefra le voci, ecc .

Musica del corpo, musica della mente:un violino nelle mani del malato di Alzheimer

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L’IDENTIFICAZIONE DI UN BRANO-SIGLAHA L’OBIETTIVO DI DEFINIRE L’INIZIODELL’INCONTRO, RAPPRESENTANDOUN ELEMENTO PER VALUTARE NEL TEMPOLA MEMORIA A LUNGO TERMINE,SOLLECITANDO ALLO STESSO TEMPOLA MEMORIA AUTOBIOGRAFICA.

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Questo esercizio, oltre stimolare l’attenzione, halo scopo di approfondire l’analisi musicale delbrano e di sensibilizzare il paziente ad un ascoltopiù critico. Ne scaturisce una analisi tecnico-strutturale delle esecuzioni, dalla quale si evinceuna crescita della competenza musicale comune,normalmente inconsapevole e/o sottostimata.È sorprendente come una signora senza alcunaalfabetizzazione musicale e per giunta affetta dapatologia di Alzheimer, possa spiegare con espres-sioni del linguaggio comune ma assolutamenteadeguato, le caratteristiche di un brano ed allude-re allo stile o carattere di un brano, collocandolonell’epoca o nel genere corrispondente.La marcia nuziale di Wagner può anche essereoccasione per l’elaborazione di momenti esisten-ziali, come è successo ad una paziente, il cui im-minente matrimonio della figlia causava vissutidi perdita ed abbandono. L’esperienza catarticadell’ascolto e della condivisione del suo stato d’a-nimo ha permesso con le lacrime di lasciar usci-re le paure. Le emozioni della signora, contenutedal gruppo, hanno trovato conforto nelle paroleincerte e improprie nel lessico, ma autentiche nelmessaggio di un’altra paziente che ha raccontatola metafora della “mamma capra che quando ilpiccolo lascia il nido, trova il coraggio di dargliun calcio per mandarlo via, verso il suo destino”.

Suonare: parte pratica ■“Musica che si fa pensiero e poi azionee poi gesto” (Montinaro, 2007)La seduta continua con la parte pratica, suddi-visa in due momenti: nel primo i pazienti pren-dono in mano il violino per conoscerlo o ricono-scerlo; nel secondo eseguono direttamentealcuni semplici esercizi.

Inizialmente viene fatta la domanda rituale:“Avete mai preso un violino in mano?”, per valu-tare se rimanga traccia dell’esperienza tra una se-duta e l’altra.Segue l’esplorazione dello strumento musicale,nel toccare e denominare le varie parti che locompongono. Nelle prime sedute vengono fornitipochi elementi, che aumentano progressivamentefino ad arrivare a 10 componenti: riccio, ponticel-lo, corde (numero e nomi), anima, mentoniera,piroli. I pazienti memorizzano le informazioni,come emerge dalle schede di osservazione, esplo-rano con lo sguardo ed il tatto il violino, associanosensazioni derivanti da tale esperienza ad altriaspetti della loro vita attuale e passata.Le associazioni che ne derivano sono interes-santissime da un punto di vista clinico: la si-gnora che paragona il violino in grembo ad unbimbo da cullare (il bambino che non ha maiavuto ma tanto desiderato, come emerge dallascheda anamnestica?). L’ex sportivo “imbrac-cia” il violino come un fucile, lo direziona, lasua postura assume plasticità e riemerge lo spi-rito sanamente competitivo e di gioco con cuivivere l’esperienza del violino, nuovo strumen-to con cui misurarsi.Anche la parte di esecuzione comprende due fa-si: l’esercitazione tecnica e l’improvvisazione.Nella prima si eseguono esercizi di difficoltà cre-scente, che prevedono la manipolazione dellostrumento secondo un percorso stabilito. Incon-tro dopo incontro, si aggiungono e si perfeziona-no gli esercizi: pizzicato delle corde, schitarrata,fino ad arrivare ad impugnare l’archetto in mo-do rudimentale e a produrre suono sulle corde.Esercizi di discriminazione sonora, coordinazio-ne, riconoscimento e riproduzione di parametri

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SILVIA RAGNI

musicali, quali ritmo, intensità e timbro, sonoguidati calibrandoli alle possibilità del paziente.I pazienti eseguono il compito individualmente,in gruppo, in sequenza, secondo le indicazionidella musicoterapeuta, coadiuvata dalla violini-sta che, come “esperta”, guida e “aggiusta” sen-za mai correggere direttamente, la posizioneviolinistica e l’esecuzione degli esercizi.La seconda parte è gestita dalla violinista profes-sionista che, sulla base degli esercizi proposti, im-provvisa melodie al violino, facendosi accompa-gnare dai pazienti. Vengono particolarmenteenfatizzati i differenti aspetti musicali: intensità,dinamica, ritmo, timbro, melodia, armonia(maggiore, minore) e le loro combinazioni. I pa-zienti sono “trasportati” dal discorso musicale ediventa così possibile valutarne la progressionetecnica e le risposte congrue agli stimoli musicali.A parti d’improvvisazione non strutturate si alter-nano momenti di esecuzione di brani conosciuti

dai pazienti, come rilevato dalla scheda anamne-stica di musicoterapia. La Marcia trionfale del-l’Aida, o Funiculi Funiculà, Fratelli d’Italia, o l’A-ria sulla quarta corda di Bach vengono eseguitedalla violinista e dalla musicoterapeuta, in tonali-tà che permettono di essere accompagnate al vio-lino dai pazienti, che utilizzano le corde vuote erimbalzano con l’arco utilizzando ritmi semplici.La violinista conduce il discorso musicale, men-tre la musicoterapeuta svolge una funzione dimodeling, eseguendo con i pazienti l’accompa-gnamento alla melodia. Il risultato atteso è un co-involgimento attivo in una esecuzione musicale dilivello estetico gratificante.

Discussione sui risultati:I primi dati statistici (Tognetti et al., 2007) riferi-ti ai primi due gruppi del campione (Tab. 5),elaborati con il Test di Wilcoxon, evidenzianoun miglioramento statisticamente significativo

Musica del corpo, musica della mente:un violino nelle mani del malato di Alzheimer

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TABELLA 5

E U P< 0.05 U P< 0.05

MMSE 20.5 20.9 0,470 Tinetti 1.1 1± 3.6 ± 4.4 Andatura ±1.7 ±1.7

GDS 13.5 13.7 0,750 Allacciare 12.7 15.2± 4.2 ± 4.8 scarpe ± 9.1 ± 9

Matrici 28.6 30.7 0,670 Aprassia 29.38 30.6attenzionali ± 15,5 ± 16.5 Ideomot. Sx ± 6.1 ± 6

Fluenza verbale 13.3 12.8 0,528 Aprassia 30.5 28.9per categorie ± 4.7 ± 4.1 Ideomot. Dx ± 4.7 ± 4.8

IADL 4.4 3.6 0,317 PPT* 23.2 25.1± 1.7 ± 1.7 ± 2.4 ± 2.5

Tinetti 1.1 1.1 1,00 Prove 12.8 15.3Equilibrio ±1.1 ±1.1 musicali* ± 2.9 ± 3.5

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in due prove: PPT e Prove Musicali, mentre l’a-spetto più originale del processo di apprendi-mento, rilevato dalla valutazione qualitativa, sipuò riassumere in due punti:- riguardo alla memoria (episodica e procedu-

rale): in ogni seduta lo strumento viene di fre-quente denominato e ne sono riconosciute leparti; è sempre manipolato con familiarità ecompetenza;

- riguardo alla congruenza musicale: si espri-me nelle verbalizzazioni, che diventano gra-dualmente sempre più mirate e adeguate alcontesto e nell’integrazione del gesto, semprepiù preciso.

Osservazioni qualitative ■Dalle schede di musicoterapia si evincono le se-guenti osservazioni:Tutti i pazienti non avevano competenze musica-le né avevano mai suonato uno strumento musi-cale prima del violino. Dopo l’esperienza, il 75%di loro ascolta con piacere la musica, prestandopiù attenzione. L’85% afferma che la musica faesprimere le emozioni e il 100% ritiene positivosuonare in gruppo e imparare cose nuove.Inoltre sono molto positive le osservazioni dei fa-miliari, che riferiscono un ricordo articolato di ta-le esperienza nel tempo successivo, e soprattuttodi una maggiore attenzione e capacità di discri-minazione verso gli stimoli sonori nell’ ambientedomiciliare. La stimolazione forte, condotta ingruppo, ha facilitato il ricordo dell’esperienza, hamigliorato il tono dell’umore e di conseguenza haavuto ricadute positive nell’ambiente di vita, au-mentando il grado di partecipazione e la qualitàdella relazione con altri membri della famiglia.Inoltre il coinvolgimento del caregiver nel proces-

so di osservazione ha contribuito a migliorare lacomprensione della patologia e a ridurre le diffi-coltà di comunicazione.Il percorso di esercitazione cognitiva, è stato in-serito in un contesto di relazioni interpersonalifacilitate e guidate, attraverso il processo musico-terapeutico, secondo un modello umanistico-esi-stenziale, nel quale sono stati accolti e valorizzatii vissuti che emergono durante il lavoro. Il per-corso è caratterizzato da stabilità e flessibilità.- Stabilità: il setting è stato sempre stabile e

prevedibile. Il paziente ha potuto ritrovare,seduta dopo seduta, un ordine prestabilito diesperienze, con la ripetitività di stimoli edesercitazioni graduali, a difficoltà crescente.Il percorso è definito, ma rimodellato secon-do le possibilità e la risposta dei pazienti.

- Flessibilità: è stata data dalla variazione delleesperienze proposte, delle emozioni che sonoscaturite dall’ascolto, dalla manipolazione diuno strumento musicale e dalle improvvisazio-ni di gruppo.

Stabilità e flessibilità hanno avuto anche altrevalenze: i pazienti, attraverso la sollecitazionedella memoria autobiografica, hanno potuto“riconoscersi” e contemporaneamente metterein gioco competenze conservate o abilità maiesercitate in precedenza.Il violino si inserisce così come mediatore dellarelazione (Ragni, 2006) del paziente con se stessoe la sua storia, del paziente con gli altri (i membridel piccolo gruppo), riducendo la tendenza all’i-solamento tanto frequente in situazioni di dete-rioramento delle funzioni cognitive. Inoltre l’usodi uno strumento complesso ha stimolato unanuova destrezza e si è introdotto come novità nelcampo degli interessi, solitamente ristretto dal-

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SILVIA RAGNI

l’insorgenza di una patologia quale la demenza.La presenza di una coppia terapeutica nellaconduzione del lavoro ha consentito una suddi-visione dei ruoli , anche nella gestione della co-municazione verbale e non verbale. La violini-sta ha utilizzato il linguaggio musicale, mentrela musicoterapeuta ha facilitato l’espressioneverbale, attraverso i commenti, i ricordi e leemozioni, contenendo, ridefinendo e restituen-do al paziente il vissuto dell’esperienza.Si è in definitiva instaurato un circolo virtuosonel processo musicoterapeutico:1. il paziente suona all’inizio con incertezza e ti-

more, come sempre quando affronta unanuova situazione;

2. il setting protetto e facilitante permette al pa-ziente di continuare ad esprimersi e ad esplo-rare, senza esporsi al giudizio e al rischio difrustrazioni. Il processo musicale gratificantefa sì che la sua ansia e timore siano ridimen-sionati e gradualmente guadagni autostima,migliorando la propria performance.

“È la musica del cuore” hanno affermato i pa-

zienti riferendosi a quello che hanno fatto ingruppo con le musicoterapeute.“La vita finisce quando la musica del cuore si in-terrompe privando le fragilissime cellule cerebralidell’apporto di costante ossigeno che consente lorodi avviare e mantenere attivi tutti i processi discambio fisico-chimico che regolano i rapporti in-ter-neuronali e i sistemi di collegamento fra diverseregioni encefaliche” (Montinaro, 2007).Queste parole di un neurochirurgo che utilizzala musica in sala operatoria e studia e sperimen-ta il rapporto tra musica e cervello, sono lo spec-chio biologico e la metafora che sentiamo di avervissuto con i nostri pazienti in questo lavoro.Se un’esperienza è significativa e trasformativaper i pazienti lo è anche per chi la propone. È sta-to un percorso emozionante e coinvolgente an-che per chi lo ha condotto, e la sfida iniziale si ètrasformata in una certezza: anche l’operatorepuò permettersi di proporre l’inusuale, lasciando-si stupire dalla possibilità dell’altro, senza precon-cetti. Ne esce arricchito e soprattutto più flessibi-le, imparando dall’esperienza e dal paziente. ■

Musica del corpo, musica della mente:un violino nelle mani del malato di Alzheimer

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BIBLIOGRAFIA

Benenzon R., La nuova musicoterapia, Phoenix editrice, 1997.

Benenzon R, Manuale di musicoterapia, Borla, Roma.

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Romano A., Musica e psiche, Torino, Bollati e Boringhieri, 1999.

Ragni, S., et al., La scheda musicoterapica di valutazione: una risorsa per la riattivazione geriatrica, in Giorn Geront, Vol. LIII, (2), 2005.

Ragni S. et al., Relazioni sonore e strumenti di contatto, Giorn Geront, Vol. LIV, (5)421-24, 2006.

Scardovelli M., Musica e trasformazione, Borla, Roma, 2000.

Tognetti A., Ragni S., Bernard C., Colangelo V., Massei M., Nagasawa M., Fiandra A., Bartorelli L., Il violino nelle mani del malato di Alzheimer: una sfida e unapossibilità, Atti dal convegno ‘Il Contributo delle unità valutative Alzheimer, UVA’, Roma, Istituto Superiore di Sanità, ott. 2007.

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Danzamovimentoterapia e minori abusati:dal danno alla riparazione

Psicopedagogista U.S.P. di Palermo, Danzamovimentoterapeuta APID M. RITA CIRRINCIONE 53L’arte ci è stata donataper non morire di verità.F. Nietzsche

Il fenomeno dell’abuso ■Il Consiglio d’Europa (Strasburgo, 1981) cosìdefinisce il fenomeno dell’abuso: “Gli atti e le ca-renze che turbano gravemente il bambino, attenta-no alla sua integrità corporea, al suo sviluppo fi-sico, intellettivo e morale, le cui manifestazionisono la trascuratezza, le lesioni di ordine fisico e/osessuale da parte di un familiare o di altri chehanno cura del bambino”.Il termine abuso rappresenta un macroconcettoche comprende diverse fenomenologie: il mal-trattamento (fisico e psicologico), la patologiadelle cure (incuria, discuria e ipercura), l’abusosessuale (extrafamiliare e intrafamiliare).In questa sede ci riferiremo all’abuso sessuale in-fantile, anche se bisogna considerare che le va-rie forme di abuso, frequentemente, si presenta-no combinate tra loro.La portata di tale fenomeno, spesso sommersoall’interno delle famiglie, è difficile da stimare.Sebbene assistiamo a un aumento delle denun-ce in materia, queste appaiono decisamente in-feriori alle dimensioni reali del fenomeno: se-condo alcune fonti (Miller A., 1990) per ognicaso denunciato 50 rimangono all’oscuro.Negli ultimi anni nel nostro paese questo feno-meno ha acquisito una maggiore visibilità nontanto per un rilevante aumento degli abusi ses-suali sui bambini e sugli adolescenti quanto,probabilmente, per una maggiore attenzione esensibilità in ambito sociale, giuridico e clinico.Conseguentemente si è avuto un incrementodella ricerca rispetto alle modalità di prevenzio-

ne, di accertamento, di trattamento e rispettoalla formazione dei diversi operatori della retedi agenzie che forniscono aiuto e protezione alminore (medici, assistenti sociali, insegnanti, psi-copedagogisti, psicologi, neuropsichiatri infanti-li, giudici). La conoscenza degli effetti dell’abusosessuale su un soggetto in fase evolutiva, infatti,insieme alla capacità di dare il giusto peso aquanto viene osservato, percepito o ascoltato ealla capacità di operare in modo integrato congli altri operatori, non fa parte del bagaglio pro-fessionale delle figure coinvolte e richiede unaformazione specifica.

Difficoltà a “pensare” l’abuso ■Numerose cause impediscono agli adulti di rico-noscere e di comprendere pienamente il fenome-no e le sue conseguenze sul minore. In primo luo-go, esistono degli elementi che conducono a unavisione deformata dell’abuso: si ha la convinzioneche esso possa maturare solo in ambienti degra-dati, che la sua individuazione possa essere sem-plice in quanto viene associato alla violenza e allabrutalità, che gli abusanti siano estranei alla fami-glia, che i bambini abusati disprezzino i loro ag-gressori e che richiedano subito aiuto.In realtà, gli episodi di abuso e maltrattamentonon avvengono solo in situazioni di emargina-zione, di disagio sociale e di ignoranza, ma sonotrasversali a tutti i contesti socio-culturali. L’abu-sante raramente ricorre a violenza fisica: il piùdelle volte fa ricorso a violenza psicologica o acomportamenti mascherati attraverso cui si ac-costa al bambino offrendogli attenzioni per car-pirne la fiducia. In questo modo l’esperienzadell’abuso può arrivare ad essere percepita co-me offerta di cura e di tenerezza, impedendo,

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M. RITA CIRRINCIONE

Danzamovimentoterapia e minori abusati:dal danno alla riparazione

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così, alla vittima di riconoscere la propria condi-zione di abusato.Esistono, poi, oltre alle problematiche legate allascarsa elaborazione culturale dei temi della ses-sualità, meccanismi di mancato riconoscimentodel fenomeno dell’abuso nei confronti del minoreper cui gli adulti - e persino gli operatori addetti -per carenza di sensibilità affettiva e di competenzeemotive e relazionali, arrivano a non dare ascolto,senso e valore alle comunicazioni di disagio, tal-volta addirittura esplicite, che si presentano loro.La violenza all’infanzia rappresenta un contenutopsichico talmente atroce da non potere essere“mentalizzato” e può attivare processi mentaliche tendono alla sua evacuazione senza che vengaelaborato e trasformato.Possono scattare, infine, meccanismi di difesa,di rimozione o di negazione, rispetto a una sof-ferenza che può evocare propri vissuti dolorosi oeventuali disagi sperimentati in età infantile oadolescenziale che si ha timore di riattraversare.

Abuso sessuale infantile:quali problematiche, quali bisogni ■Nell’abuso sessuale, la violenta intrusione dei bi-sogni dell’adulto irrompe prepotentemente nellamente e nel corpo del minore. Egli sperimentauna sessualizzazione violenta e incongrua rispet-to all’età con conseguente erotizzazione dei rap-porti interpersonali o rigetto della propria sessua-lità. Se ha subito un abuso intrafamiliare -statisticamente il più frequente nell’ambito degliabusi accertati (92%) - il bambino è costretto a vi-vere una delle forme più traumatiche di relazioneinterpersonale adulto/minore tanto più distrutti-va quanto più l’abuso è protratto nel tempo. Inquesti casi, il bambino abusato, piuttosto che spe-

rimentare quel nutrimento affettivo fondamenta-le per un sano e sereno sviluppo, piuttosto che es-sere riconosciuto nei propri bisogni infantili e nel-le aspettative di amore e di protezione, viveesperienze dolorose spesso proprio per mano diquegli adulti che dovrebbero essere i custodi dellasua crescita, i depositari della sua protezione.Dopo l’esperienza dell’abuso il bambino si sentein balia degli adulti, in una condizione di assolutaimpotenza, di delusione, di solitudine, di vergo-gna, di rabbia, di sensi di colpa per i sentimenti dirifiuto che prova, con conseguente distruzionedella figura adulta, perdita della propria autosti-ma e della propria fiducia nel mondo.Il suo bisogno di rispecchiamento e la possibilitàdi ricevere conferme positive per la propria iden-tità vengono distrutti: egli si guarda con l’occhiodell’abusante, non più vittima ma complice del-l’abuso, sviluppando un’immagine di sé percepitacome cattiva, sporca, degradata e subendo unapesante svalorizzazione della propria self image.Egli diventa incapace di distinguere i messaggiche il suo corpo invia e arriva a ridefinire in ter-mini di propria responsabilità quello che è acca-duto pur di mantenere intatta l’immagine idealedell’adulto. Arriva a negare la paura e le ango-sce e, persino, a definire piacevole l’esperienzapur di conservare la situazione di tenerezza pre-traumatica, strutturando quello che Winnicottdefinisce un “falso sé”.Il corpo violato, depositario di messaggi indici-bili, rimane inascoltato, le emozioni sotterrate:l’integrazione tra il livello intellettivo e il livelloemozionale viene perduta.Il bambino che subisce un abuso sviluppa mo-delli di attaccamento confusivi, incoerenti e biz-zarri che si rif lettono sullo sviluppo della sua

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identità e sul modo in cui rappresenta se stesso,gli altri, il mondo.L’abuso, inoltre, annulla in modo violento il bi-sogno di appartenenza a un gruppo: il bambinoabusato si sente diverso dai coetanei, perde ilsenso della propria appartenenza comunitaria ela capacità di instaurare relazioni con gli altri.Infine, per l’associazione che egli opera tra co-noscenza e dolore, può andare incontro a falli-mento scolastico come espressione del suo rifiu-to a sapere.“Se lasciato solo, imprigionato nella cortina del se-greto in cui l’abusante lo ha costretto, per sopravvi-vere, il bambino crescerà operando scissioni e nega-zioni della verità e delle esperienze, si identificherànell’adulto che lo ha sfruttato separandosi radical-mente dalle proprie percezioni fisiologiche e da sestesso; divenuto adulto, molto probabilmente, ri-prenderà contatto con l’infanzia nell’unico modoche ha sperimentato, quello della sopraffazione edella violenza” (Calcagno, 1998).Gli effetti dell’abuso sul minore sono legati a nu-merosi fattori quali: la tipologia dell’abuso e lasua frequenza nel tempo, l’età della vittima, lasua maturità psico-fisica, i rapporti abusato/abu-sante, la sua percezione di responsabilità, la rea-zione sociale nei confronti della vittima, la rispo-sta dell’ambiente.

Rilevazione, indagine psicodiagnosticae trattamento psicologico dell’abuso1

La prima modalità di tutela della vittima è l’a-scolto: ascoltare un bambino significa saper co-gliere, decodificare e interpretare i segni dellasofferenza e del disagio che egli invia.Il “danno” è tanto più devastante quanto più ilfenomeno dell’abuso rimane nascosto o non vie-

ne riconosciuto: la negazione dell’esperienzadella violenza e il silenzio, infatti, non rendonopossibile un percorso di elaborazione del trau-ma da parte del bambino.2

Rilevare la presenza di alcuni sintomi che possanofar nascere il sospetto di abuso non vuol dire esse-re sicuri che il bambino ne sia vittima: occorronoun’accurata osservazione e un ascolto empatico,non tanto delle parole quanto del linguaggio nonverbale e delle espressioni emotive e relazionali. Ilbambino maltrattato, infatti, per comunicarequello che sente - vissuti spesso non verbalizzabilio addirittura non pensabili - non sempre usa leparole, più spesso utilizza il proprio corpo, i propricomportamenti, il proprio silenzio.Un’osservazione che “si nutre dell’ascolto e dellarelazione” (Gentile, Grasso, 2006) consente disottoporre a falsificazione o verifica le ipotesi diabuso, evitando atteggiamenti di negazione co-me di allarmismo.Un ruolo primario riveste l’osservazione del gioco:nell’esperienza ludica, infatti, i bambini trasferisco-no la loro conoscenza del mondo, elaborandola etrasformandola, e, attraverso situazioni proiettive,possono riprodurre l’evento traumatico vissuto.Per la valutazione psicologica del bambino ven-gono utilizzate tecniche proiettive che consento-no l’emergere di risposte inconsce e non preordi-nate. Anche il disegno viene ampiamente usato,poiché esso, come il gioco, si situa tra la realtà in-terna e la realtà esterna del bambino e gli consen-te di rappresentare e di far emergere contenutiche in una situazione di controllo non verrebberoespressi in quanto fonte di eccessiva ansia.La presa in carico terapeutica, oltre alla “desen-sibilizzazione” rispetto all’evento traumatico vis-suto e alla sua elaborazione, tende a limitare e ad

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attenuare il costituirsi e lo strutturarsi di difesepsicologiche che possono provocare allo sviluppopsichico del bambino danni forse maggiori del-l’episodio di violenza subita, mirando a modifi-care la visione del mondo che il minore abusatosi è costruito, sviluppando in lui la consapevolez-za di essere vittima più che responsabile dell'ac-caduto e facendogli superare il senso di colpa.Attraverso l'esperienza di relazione con un tera-peuta che può accogliere, contenere e compren-dere la sua sofferenza, il minore gradualmente ècondotto verso la presa di coscienza, l'espressio-ne e la rielaborazione della rabbia, del dolore,del senso di perdita e di abbandono da parte dipersone di primaria importanza affettiva3 e versola ristrutturazione del proprio mondo interno.L’osservazione fatta nel lavoro clinico, tuttavia,fa emergere un dato evidente e costante: i bam-bini abusati non vogliono parlare della loroesperienza. Essi provano vergogna e paura, so-no diffidenti verso l’estraneo e, soprattutto, atti-vano i meccanismi difensivi sopra descritti. Leproposte terapeutiche cercano di utilizzare,piuttosto che la comunicazione verbale, espres-sioni grafiche, tecniche di gioco e di drammatiz-zazione attraverso cui il bambino non raccontama rappresenta e simbolizza la sua angoscia e,aiutato emotivamente dal terapeuta, impara adaccettarla e a gestirla.

Perché la danzamovimentoterapia:ipotesi di un intervento di DMTsu minori sessualmente abusati ■La letteratura scientifica specialistica relativa al-le diverse tipologie di intervento sperimentatenel trattamento dei bambini abusati concorda,dunque, sull’inefficacia, almeno in una fase ini-

ziale, delle terapie che utilizzano la comunica-zione verbale.“Quando la parola tace è il corpo a incaricarsi di-rettamente del messaggio attraverso quella serie disintomi che possono essere ascoltati e quindi im-messi nella circolazione dello scambio simbolico”(Galimberti, 1987).Perché non percorrere, allora, la strada di una te-rapia espressiva come la danzamovimentoterapiache si avvale di canali comunicativi non verbali?Quando un vissuto è così terribile e inenarrabile,perché non utilizzare modalità di espressione e dicomunicazione simbolica come il movimento e ladanza? Se nel trattamento dell’abuso le psicotera-pie “tradizionali” ricorrono a tecniche ludiche edespressive, perché non avvalersi, allora, di unametodologia che utilizza il gioco simbolico comestrumento primario? Dal momento che uno deibisogni basilari del bambino abusato è quello direcuperare la dimensione relazionale, come nonricorrere alla forza contenitiva e protettiva delgruppo e alla sua potenza trasformativa? Infine,come è stato sottolineato più volte, se l’ascolto el’osservazione rivestono un ruolo così rilevante,perché non avvalersi del setting di danzamovi-mentoterapia che considera l’osservazione parteintegrante dell’esperienza e la relazione comecontesto osservativo?Riguardo a quest’ultimo aspetto, il danzamovi-mentoterapeuta, per avere accesso e compren-dere il mondo emotivo e simbolico del bambinoabusato, oltre alla propria modalità di osserva-zione specifica di tipo partecipe, in continuafluttuazione tra essere e sentire, tra comprensio-ne e autoriflessione, possiede un prezioso stru-mento specifico: il sistema di analisi dei fattori dimovimento ideato da Rudolf Laban.

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Per il coreografo ungherese che elaborò la La-ban Movement Analysis (LMA), il movimentoumano è intimamente correlato a impulsi e mo-tivazioni interiori che lo determinano e ne sonodeterminati e che gli conferiscono una potenteespressività (Laban, 1950).La Labananalysis, con le interpretazioni che nesono derivate successiva-mente, è stata integratacon la prospettiva psi-coanalitica ispirata allateoria di Anna Freud(1965) da Judith Kesten-berg, una neuropsichia-tra infantile con esperienze nel campo delladanza. Il sistema di osservazione messo a pun-to, il Profilo di Movimento Kestenberg (KMP),che integra la ricostruzione del mondo inter-no del bambino con l’analisi del movimento, èutilizzato nell’osservazione infantile e nellapratica clinica proprio per descrivere, valutaree interpretare il comportamento non verbale.L’esperienza corporeo-emotiva della danzamovi-mentoterapia, dunque, svincolando il minore vit-tima di abusi dal legame della parola, può facili-tare l’ascolto e il riconoscimento dei segnali che ilsuo corpo invia, attraverso una dimensione ana-logica e simbolica, e può consentire una progres-siva capacità di espressione delle emozioni sepol-te. Il setting di danzamovimentoterapia, intesocome spazio rituale e simbolico caratterizzato dauna dimensione affettivo-relazionale protetta enon giudicante, può costituire lo spazio terapeuti-co in grado di accogliere e di contenere i messag-gi emersi con il loro carico di sofferenza e di riso-nanze emotive.Attraverso gli strumenti rielaborativi specifici

della DMT - di tipo coreografico, grafico, plasti-co, verbale - che utilizzano il canale cinestesico-corporeo, ma anche quello iconico-simbolico elinguistico-verbale, i vissuti emozionali espressipossono essere rappresentati, rielaborati, signifi-cati e avviarsi verso una fase trasformativa.Gradualmente tale processo può approdare al-

l’abbandono dei rigidimeccanismi di difesa, alrecupero del mondo emo-tivo e a una riconnessionetra il livello emozionale e illivello cognitivo.Ma quando il luogo del

danno è il corpo, quando un bambino è profon-damente ferito nel corpo, o meglio, attraverso ilcorpo, quale intervento riparativo è possibilestrutturare utilizzando una metodologia come ladanzamovimentoterapia che privilegia il corpocome medium? Quando il corpo viene percepitocome minaccioso (il corpo dell’altro) e minaccia-to (il proprio corpo), come ripristinare la possibi-lità di quel contatto corporeo che rappresenta ilcontatto originario attraverso cui il bambino co-struisce il proprio sé che inizialmente è un sé cor-poreo? Come ristabilire la possibilità di un’espe-rienza basilare che fornisce quel nutrimentofisico attraverso cui passa il nutrimento mentale?Tutte quelle modalità che privilegiano l’approcciomediato e implicito, che favoriscono in special mo-do i processi simbolici, che prevedono l’uso di ma-teriali o di oggetti intermediari negli scambi inter-personali e l’instaurarsi, nelle interazioni tra icomponenti del gruppo, di una giusta distanza incui contatto emotivo non significhi necessariamen-te contatto corporeo, costituiscono parte di un re-pertorio metodologico della DMT da cui il danza-

L’ESPERIENZA CORPOREO-EMOTIVADELLA DANZAMOVIMENTOTERAPIA, DUNQUE,SVINCOLANDO IL MINORE VITTIMA DI ABUSIDAL LEGAME DELLA PAROLA, PUÒ FACILITAREL’ASCOLTO E IL RICONOSCIMENTO DEI SEGNALICHE IL SUO CORPO INVIA

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terapeuta può attingere per strutturare interventiadeguati all’estrema vulnerabilità di questa utenza.Il setting, in generale, e la chinesfera personale rap-presenteranno uno spazio transizionale in cui ilbambino potrà sperimentarsi, giocare, esplorareed esprimersi attraverso il proprio corpo in unacondizione di inviolabilità che via via può condur-lo all’acquisizione di quella fiducia che successiva-mente potrà trasferire nel quotidiano.L’interazione con la figura del danzaterapeuta,con la sua capacità di rêverie, di accoglienza, diascolto empatico, di contenimento trasformativo,di vicinanza intima ma non intrusiva, di decolpe-volizzazione dell’esperienza corporea con il suoportato di piacere funzionale legato al movimen-to, può avere un ruolo di primaria importanzanella restaurazione dell’immagine dell’adulto chenel bambino abusato è così profondamente com-promessa e devastata. Ma, soprattutto, il danza-movimentoterapeuta ha la possibilità di percepi-re, mediante la propria esperienza corporea el’empatia cinestesica, il vissuto profondo che il

bambino abusato esprime tramite il corpo, intesocome luogo simbolico che contiene e manifesta lasua storia attraverso il simbolismo del movimentoe, all’interno del controtransfert somatico, puòarrivare ad incarnare i vissuti dolorosi espressi,tentare di dare loro un senso e restituirli in unaforma sopportabile.La possibilità di sperimentare, all’interno di unluogo in grado di custodirlo e sotto lo sguardobenevolo del danzaterapeuta, le attività struttu-rate ad hoc, la possibilità di esprimersi attraver-so una gestualità creativa e di interagire all’inter-no di un contesto gruppale rassicurante possonocreare, poi, le condizioni favorevoli per una cre-scita emotiva e relazionale del minore, essenzia-le per la ristrutturazione della sua immaginecorporea e della sua self image.In conclusione, riallacciandoci alla frase diNietzsche in epigrafe, riteniamo che le psicote-rapie espressive, le artiterapie, e la danzamovi-mentoterapia nello specifico, in virtù della qua-lità “pudica” e implicita che caratterizza il loro

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approccio, possano consentire a una popolazio-ne con le caratteristiche di profondo disagio,quale quella dei bambini violati, di entrare incontatto con emozioni e vissuti dolorosi, diesprimerli e di rielaborarli attraverso il simboli-smo del gioco, l’espressione creativa e la meta-fora artistica, svelando in modo tollerabile lasofferenza sottostante.

NOTE

1) Occorre precisare che la presa in carico delminore sessualmente abusato, è caratterizzatada un complesso meccanismo in cui siintrecciano i diversi ambiti coinvolti (clinico,giudiziario, sociale, ecc.) che presuppone unlavoro sinergico di rete tra le varie figureprofessionali all’interno di un modello diintervento di tipo integrato. Dopo la fase dirilevazione, di segnalazione e di validazione,può scattare la fase di protezione e di tutela del

minore abusato con l’allontanamento fisicodella vittima dall’abusante. Qualora nella fasedi valutazione della famiglia emergano fattoridi rischio, è prevista la presa in caricoterapeutica della coppia genitoriale - attraversoun percorso di psicoterapia familiare - o solo delgenitore non abusante.

2) A questo proposito è importante che glioperatori conoscano gli indicatori - di caratterefisico, comportamentale, psicologico, cognitivoed emotivo - che possono rivelare l’esistenza diun abuso e che sono stati classificati ericonosciuti a livello internazionale.

3) Non va dimenticato che, spesso,all’esperienza traumatica dell’abuso siaggiungono episodi di separazione e di perditacome l’allontanamento dalla famiglia conconseguente separazione da eventuali fratelli,dal tessuto ambientale e, talvolta, anche dalcontesto scolastico.

BIBLIOGRAFIA

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Puxeddu V., Introduzione alla Danzaterapia, in “Chorégraphie”, Studi e ricerche sulla danza, anno IV, n. 7, Di Giacomo Editore, Roma, 1996.

Puxeddu V., L’arte di accompagnare: l’osservazione in Danza Movimento Terapia Integrata, in ARTÉ, anno I, n. 1, edizioni Cosmopolis, Torino, 2007.

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Winnicott D.W., Gioco e realtà, Armando, Roma, 1974.

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SUONI VISSUTI SUONI NARRATI

Maurizio Spaccazocchi

Edizioni Progetti Sonori, Mercatello sul Metauro (PU), 2008

L’autore, che ha magistralmente descritto l’u-mana esperienza della musica, oggi presentauna lettura dell’identità musicale che accom-pagna ogni individuo nel suo cammino esi-stenziale, in una chiave del tutto originale:quella narrativa. “Suoni vissuti Suoni narrati”è la possibilità, per ciascuno di noi, di spec-chiarsi in un’entità sonora che si vede crescerelentamente ed inesorabilmente determinandoaspetti della personalità, non solo musicali maesistenziali se non addirittura vitali per l’essereumano. “ La musica mi tira, mi trascina, miporta via il corpo, me lo fa muovere e nemme-no me ne accorgo”. Queste parole preludonoal primo maggio, festa dei lavoratori, quandol’irrompere di una banda cittadina descrittodall’autore in tono onomatopeico (papparatàpapà) trascina il protagonista in un andamen-to ritmico preciso e penetrante.Facendo un piccolo passo indietro nella storiadella musica, quest’episodio così intenso ricor-da la confessione che Gustav Mahler fece algiovane Freud, quando riconobbe che partedella sua ispirazione musicale era condiziona-ta dalle bande di paese della sua infanzia, cherisuonavano continuamente nella sua testa.Il romanzo narrato da Spaccazocchi non si li-mita a descrivere con poesia e leggerezza letappe che sanciscono quell’essere biologica-mente musicale che è l’uomo, ma offre un pa-norama più pedagogicamente definito, dove

viene descritto con grande precisione il legameche unisce la musica, la danza e il teatro: il bi-nomio suono-movimento, musica-corporeità.“Mentre continuo a ballare in discoteca notodei gruppi di ragazzi e ragazze che ballano,creando strutture fisiche in movimento... na-turalmente tutto a tempo di musica.”Il frammento qui citato aggiunge un pizzicodi attualità che non guasta di certo ad un au-tore il cui lavoro è connotato da una costantericerca, capace di avvicinare soprattutto i gio-vani al senso della musica. ■

ARTE-TERAPIA

Marc Muret

Edizioni RED, Milano, 2005

Il libro di Marc Muret non vuole essere sola-mente uno spaccato storico e cronologico sullearti terapie. Va riconosciuta la precisione concui vengono descritte le terapie espressive presein esame, anche le meno dibattute in passato,come la teatroterapia, ma soprattutto l’acutezzacon cui l’autore riflette esteticamente sulla tra-sformazione dell’uomo per mezzo dell’arte.Affrontando i meccanismi che entrano in gio-co nel fenomeno artistico senza schierarsi ne-cessariamente Muret presenta i due modellianalitici e scientifici che determinano l’attivitàcreativa umana: quello psicodinamico e quel-lo neurofisiologico.Se da una parte per un modello analitico lacreazione può essere abreazione, sublimazione,catarsi, riparazione e persino difesa maniacale,

60 RECENSIONI AR-TÉ a cura di Luca Zoccolan

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61dall’altra alla luce delle più recenti teorie sulladominanza cerebrale emisferica la creatività ar-tistica va intesa come la capacità che ha ciascu-no di mettere “in immagine”. Ispirato dalle teo-rie di Watzlawick, Muret ritiene che il processoterapeutico possa avere inizio solo quando ilpaziente ha la capacità di pensare per immagi-ni, sollecitando le risorse dell’emisfero destro.L’autore invita l’arteterapeuta ad acquisire epadroneggiare il mezzo artistico per parteci-pare attivamente attraverso la poiesis intesacome “fare” ed il gioco, inteso, alla Winnicot,come spazio potenziale, all’elaborazione dellacomunicazione, che “non è più l’opera di unasola persona, commentata da una seconda,bensì il momento condiviso e creato da due”.Questo valorizza ancor di più il motto enfati-co di Muret: “Terapeuti, siate poeti!” ■

LA MUSICA SVEGLIA IL TEMPO

Daniel Barenboim

Edizioni Feltrinelli, Milano, 2007

La musica sveglia il tempo! Quale tempo?Quello della weltanschauung, la nuova visioneumanitaria ed universale sostenuta dai diversimusicisti dei paesi arabi e di Israele, che com-pongono l’eccezionale West-Eastern Orche-stra, guidata dal cuore e dalla mente del suocoraggioso direttore musicale, Daniel Baren-boim, autore del libro straordinario che pre-sentiamo in questo numero.L’esperienza musicale raccontata nelle pagineappassionate e ponderate di questo breve ma in-

tenso saggio, ci suggerisce che quando la ragionpratica scavalca quella teorica, il fare musica puòassurgere a valore etico, umanitario e politico, sesi accede a quel concetto aristotelico di politicacome ricerca del bene comune. Come ci ram-menta molto bene Barenboim, nonostante l’am-biguità data la valenza connotativa che l’apre al-le più svariate interpretazioni, la musica non puòcomunque essere separata dal mondo, ragionper cui “nasce la possibilità di imparare non solola musica, ma dalla musica” che sa contenere inun unico abbraccio passione e disciplina, ragio-ne e sentimento, intelletto ed emozione. Il con-cetto stesso di “tempo rubato” si avvicina in mo-do analogico alla scansione temporale soggettivadi ogni essere umano, capace di velocizzare inpiena libertà i battiti esistenziali del proprio bio-ritmo. La musica per Barenboim si apre ad unorizzonte antropologico e sociologico, che ci ri-manda inevitabilmente alla questione relativa al-l’identità sonora individuale e gruppale. La mu-sica sveglia il tempo e si colloca tra la duratatemporale soggettiva che si dipana nel flusso dicoscienza di ogni individuo e la scansione perio-dica e cronologica oggettiva, e si concretizzaistante dopo istante nella storia dell’uomo. Que-sto è il motivo per cui anche l’esecuzione del pre-ludio del “Tristano e Isotta” di Wagner, compo-sitore icona del nazismo e dell’antisemitismo,può divenire fenomenologicamente il momentopresente in cui musicisti ebrei e palestinesi posso-no sovvertire ogni tensione, violenza e guerraper trasformare la musica e la sua forza simboli-ca in uno strumento di pace e di uguaglianza.Suona così il paragrafo che introduce lo slancioeroico ed impetuoso delle sinfonie beethovenia-ne: un coraggioso e deciso NO alla guerra. ■

a cura di Luca Zoccolan RECENSIONI AR-TÉ

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numero 00 - giugno 2006■ Arti-terapie e musicoterapia tra impegno sociale e verifica scientifica (R.Caterina) ■ Stati di grazia. Eventi trasformativi in Drammaterapia(S. Pitruzzella) ■ Il Grembo della Creazione. Creazione artistica eautocreazione della mente (R. Porasso) ■ Dieci anni di martedì mattina conl’arteterapia. Il processo creativo come strumento per contrastare il burnout (Centro Diurno Riabilitativo Arcipelago - coop. S.A.B.A.) ■ Verso larelazione terapeutica nella Danza Movimento Terapia (A. Lagomaggiore) ■L’approccio storico-relazionale in musicoterapia: analisi di un frame (G.Artale, F. Albano, C. Grassilli) ■ Arte e Psichiatria. Conversazione con GilloDorfles (G. Bedoni, L. Perfetti) ■

numero 01 - aprile 2007■ Riparazione del processo primario nella psicoterapia verbale e nonverbale delle psicosi (M. Peciccia, G. Benedetti) ■ Creatività e potere nellospirito siciliano: le storie di Giufà, il Saggio e lo Stolto (S. Pitruzzella) ■ Labellezza che sana, riflessioni sul ruolo dell’estetica in musicoterapia (G.Antoniotti) ■ Un’esperienza di musicoterapia presso l’U.O. di Psichiatria diCremona: la musicoterapia nel trattamento dei disturbi d’ansia,somatoformi e nei quadri misti ansioso-depressivi (L. Gamba, A. Mainardi,R. Poli, E. Agrimi) ■ L’arte di accompagnare: l’osservazione in DanzaMovimento Terapia Integrata (V. Puxeddu) ■ Variazioni del linguaggiosimbolico in un gruppo di musicoterapia (G. Del Puente, G. Manarolo, E. Zanelli, G. Fornaro) ■

numero 02 - dicembre 2007■ Dall’Agire al Pensare: esperienze creative e percorsi psicoterapeutici(R.M. Boccalon) ■ Corpo, Movimento, Linguaggio: specificità della Danza-Movimento Terapia (F. Russillo) ■ Atelier ideale - Atelier reale. Arteterapiain un servizio pubblico: contratto terapeutico, setting e prima accoglienza(M. Levo Rosenberg) ■ Riabilitazione in Danzamovimento Terapia (E.Rovagnati) ■ La forma e lo sguardo: Polisemia dell’immagine in arteterapia. Carlo Zinelli e i mondi visionari (G. Bedoni) ■

numero 03 - aprile 2008■ Da Bowlby a Budda. Un’iniziale esplorazione del significato di‘attaccamento’ e ‘non attaccamento’ e delle loro implicazioni per laDrammaterapia (Gammage) ■ L’albero dei desideri: l’arte terapia con ibambini ricoverati in Ematoncologia pediatrica ed i loro genitori (C.Favara Scacco, G. Baggione) ■ Applicazione della musicoterapia neidisturbi d’ansia (R. Poli, L. Gamba, A. Mainardi, E. Agrimi) ■ Leartiterapie e la scientificità. Esiste un ponte che le unisce? OvveroArteterapia, teatro di esperienze e di mutamenti profondi (W. Cipriani,A Cossio) ■ Il piccolo seme... conversazioni al confine. Laboratorio diDanza e Arte Terapia dedicato ai bambini in situazione di gravedisabilità psicofisica in una ludoteca comunale (E. Degli Esposti, A.Monteleone, Francesca Stolfi) ■ Il suono dello stress: come percepirela sintomatologia del “Burn Out” ( B. Foti) ■

62 NUMERI ARRETRATI AR-TÉ

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La voce in Musicoterapiadi Maria Videsott ed Elena Sartori - Cosmopolis, Torino, 2008

in libreria 63

Il volume riunisce riflessioni e studi sul tema della vo-

ce e delle sue possibili applicazioni nella relazione

musicoterapica. Studiosi e musicoterapisti forniscono

approfondimenti teorici sull’argomento a partire dalla

più recente letteratura internazionale e mettono a

confronto esperienze di lavoro su di sé e su pazienti in

condizioni diverse, dalla sordità agli stati di coma.

Da queste analisi esce un panorama denso di osser-

vazioni e di proposte che testimoniano l’incredibile

ricchezza della voce come strumento di relazione e

di cura, perché nella voce si intrecciano la dimensio-

ne dell’unicità della persona - quella del terapista e

quella di colui o colei di cui si prende cura - con la di-

mensione della relazionalità. La voce esprime il sé di

ciascuno, ma lo esprime - come comunicazione o in-

vocazione - già sempre a qualcuno, nell’attesa e nel-

la speranza di un ascolto che si faccia dialogo.

Maria Videsott, presidente del Centro Trentino Musicotera-pia, svolge attività di insegnamento e di supervisione nel-l’ambito della musicoterapia e della formazione degli inse-gnanti di sostegno.

Elena Sartori, musicoterapista esperta di vocalità, collabo-ra con il Centro Trentino Musicoterapia.

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■ Cooperativa Sociale LA LINEA DELL’ARCO - Centro di Formazione nelle Artiterapie di LeccoCATALOGO SEMINARI TEMATICI 2008-2009

■ AREA “CONOSCENZA DI SE’”Costituisce uno spazio per proseguire e approfondire il necessario percorso di conoscenza individualeindispensabile nella formazione di chi lavora nel campo delle artiterapie.

- L’autobiografia attraverso le arti - Docente: Maurizio DisoteoSede: ESPE - Via A. Grandi n. 15 - Lecco / Durata: 1 giornata / Data: 15 marzo 2009

- L’identità vocale - Docente: Marco BelcastroSede: ESPE - Via A. Grandi n. 15 - Lecco / Durata: 1 giornata / Data: 31 maggio 2009

■ AREA “PSICOLOGIA”Offre la possibilità di conoscere e approfondire alcuni argomenti psicologici di particolare pregnanzaformativa e professionalizzante per chi opera nel campo delle artiterapie.

- Psicologia e Arteterapie - Docente: Silvia CornaraSede: ESPE - Via A. Grandi n. 15 Lecco / Durata: 1 giornata / Data: 28 marzo 2009

- La schizofrenia e le psicosi - Docente: Danilo RigamontiSede: ESPE - Via A. Grandi n. 15 Lecco / Durata: 1 giornata / Data: 28 marzo 2009

- Il trauma psichico nello sviluppo delle patologie - Docente: Danilo RigamontiSede: ESPE - Via A. Grandi n. 15 Lecco / Durata: 1 giornata / Data: 31 maggio 2009

■ AREA “SAPERI TRASVERSALI”Tratta temi trasversali alle diverse artiterapie.

- Danza per bambini dai 4 agli 8 anni - Docente: Maria Grazia MeravigliaSede: ESPE - Via A. Grandi n. 15 Lecco / Durata: 1 giornata / Data: 14 marzo 2009

- Videopercorsi. Introduzione alle tecniche video nella crescita personale, in prevenzione,riabilitazione e terapia - Docente: Francesca BedoniSede: ESPE - Via A. Grandi n. 15 Lecco / Durata: 1 giornata / Data: 15 marzo 2009

- Simboli, miti e riti (primo livello) - Docente: Daniela UmiliataSede: ESPE - Via A. Grandi n. 15 Lecco / Durata: 1 giornata, orario: 10.00-18.00 / Data: 28 marzo 2009

■ AREA “SPECIFICI ARTETERAPEUTICI”Offre proposte riguardanti i campi di applicazione delle diverse artiterapie sia riferiti alle caratteristichedegli utenti sia alle tecniche utilizzate.

- Progetto “Outsider Art” - Destinatari: AT - Docente: Daniela RosiSede: ENAIP - Via Caduti lecchesi a Fossoli n. 29 Lecco / Durata: 1 giornata / Data: 22 febbraio 2009

- Making sculpture: le fasi del processo creativo - Docente: Rosa PorassoSede: ENAIP - Via Caduti lecchesi a Fossoli n. 29 Lecco / Durata: 2 giornate / Date: 07 e 08 marzo 2009

- L’arteterapia come strumento di informazione e prevenzione in adolescenza - Docente: Lorena ColonnelloSede: ENAIP - Via Caduti lecchesi a Fossoli n. 29 Lecco / Durata: 1 giornata / Data: 08 marzo 2009

- Massaggi/Messaggi:Con-tatto e con-fidenza nel e con il tuo corpo e con l“altro da te” - Docente: Camilla Passavanti

NOTIZIARIO AR-TÉ a cura di Sabrina Borlengo 64

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a cura di Sabrina Borlengo NOTIZIARIO AR-TÉ 65Sede: ENAIP - Via Caduti lecchesi a Fossoli n. 29 Lecco / Durata: 2 giornate / Date: 23 e 24 maggio 2009

- Psicotecnica (Teatro attuale) - Docente: Felice PerussiaSede: ESPE - Via A. Grandi n. 15 Lecco / Durata: 1 giornata / Data: 18 gennaio 2009

- Viaggio intorno a Brecht - Docente: Anna SeymourSede: ENAIP - Via Caduti lecchesi a Fossoli n. 29 Lecco / Durata: 2 giornate / Date: 16 e 17 maggio 2009

- Danzamovimento con bambini affetti da patologie: teorie e tecniche - Docente: Irene WeberSede: ESPE - Via A. Grandi n. 15 Lecco / Durata: 2 giornate / Date: 09 e 10 maggio 2009

- Musicoterapia e Disturbi Pervasivi dello Svluppo - Docente: Ferdinando SuviniSede: ESPE - Via A. Grandi n. 15 Lecco / Durata: 1 giornata / Data: 1 marzo 2009

■ AREA “STRUMENTI DEI PROFESSIONISTI DELLE ARTITERAPIE”Permette di sviluppare competenze per muoversi nel mondo del lavoro come professionisti nelle artiterapiee per sapere realizzare e presentare progetti di intervento.

- Introduzione alla ricerca sulla comunicazione non verbale: dalla ricerca sperimentale alla ricercaosservazionale - Docente: Luisa BonfiglioliSede: ESPE - Via A. Grandi n. 15 Lecco / Durata: 1 giornata / Data: 28 marzo 2009

- La valutazione degli interventi - Docente: Silvia CornaraSede: ESPE - Via A. Grandi n. 15 Lecco / Durata: 2 giornate / Date: 18 gennaio e 15 marzo 2009

Per iscrizioni: www.artiterapie.itPer informazioni: e-mail [email protected] / tel 0341 350496

■ CORSO TRIENNALE DI MUSICOTERAPIA APIMLA FORMAZIONE DEI MUSICOTERAPISTISTATO DELL’ARTE E PROSPETTIVE16 maggio 2009 - Casa Paganini - Piazza Santa Maria in Passione 34 - Genova

GIORNATA DI STUDI A CURA DI:- Corso Triennale di Musicoterapia Apim- Casa della Musica- Casa Paganini

Per informazioni: e-mail [email protected]

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NORME REDAZIONALI1) I colleghi interessati a pubblicare articoli ori-ginali sulla presente pubblicazione sono pregatidi inviarne una copia redatta secondo il pro-gramma Word per Windows (tipo RTF) al se-guente indirizzo email: [email protected]) L’accettazione dei lavori è subordinata allarevisione critica del comitato di redazione.3) La comunicazione di accettazione verrà in-viata non appena il comitato di redazione avràespresso parere favorevole alla pubblicazione.4) Il testo degli articoli dovrà essere redatto inlingua italiana e accompagnato dal nome e co-gnome dell’autore (o degli autori) completo diqualifica professionale, ente di appartenenza,recapito postale e telefonico.5) Per la stesura della bibliografia ci si dovrà at-tenere ai seguenti esempi:

a) LIBRO: Cordero G.F., Etologia della co-municazione, Omega edizioni, Torino,1986.

b) ARTICOLO DI RIVISTA: Cima E., Psi-cosi secondarie e psicosi reattive nel ritar-do mentale, Abilitazione e Riabilitazione,II (1), 1993.

c) CAPITOLO DI UN LIBRO: MorettiG., Cannao M., Stati psicotici nell’infan-zia. In M. Groppo, E. Confalonieri (a cu-ra di), L’Autismo in età scolare, MariettiScuola, Casale M. (Al), 1990.

d) ATTI DI CONVEGNI: Neumayr A.,Musica ed humanitas. In A. Willeit (a cu-ra di), Atti del Convegno: Puer, Musica etMedicina, Merano, 1991.

6) Gli articoli pubblicati impegnano esclusiva-mente la responsabilità degli Autori. La pro-prietà letteraria spetta all’Editore, che puòautorizzare la riproduzione parziale o totaledei lavori pubblicati.

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