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Indice
Presentazione p. 5
Preparazione al viaggio di Caterina Bay e Lorenzo Carletti p. 7
Diario di bordo. Cronache di rielaborazione creativa di Lorenzo Carletti p. 13
- L’incontro con le opere d’arte di Caterina Bay
- L’incontro con le fonti letterarie di Lorenzo Carletti
- Il gioco del passato, un lavoro di classe di Caterina Bay
Bibliografia p. 27
Il percorso: impianto pedagogico-didattico di Ilario Luperini p.29
Numeri delle scuole in mostra e informazioni p. 31
Appendice letteraria p. 35
Appendice iconografica p. 39
3
Presentazione
Questo quaderno è il resoconto di un’esperienza didattica particolare, che ha coinvolto nello
scorso anno scolastico molte classi dei vari ordini di scuole della provincia di Pisa. Su incarico
della Sezione didattica della mostra Pisa e il Mediterraneo, Caterina Bay e Lorenzo Carletti, due
giovani storici dell’arte, hanno presentato alle classi che ne hanno fatto richiesta una serie di
percorsi tesi a fornire strumenti di approfondimento sui temi che la mostra affrontava. La
collaborazione tra università e scuola che si è venuta così a istituire è stata particolarmente
efficace e il successo dell’iniziativa è dimostrato sia dal numero degli alunni che vi hanno
partecipato sia da quanto illustrato dal presente quaderno. Il merito ne va a tutti i soggetti
coinvolti, non ultimi i due autori nella relazione dei quali traspare la passione con cui hanno svolto
il loro lavoro. Questa passione, che nasce naturalmente dal rapporto con le curiosità sempre nuove
degli alunni e alimenta il lavoro nelle scuole di tanti misconosciuti insegnanti, dimostra anche
quanto spazio ci sia tuttora per iniziative di rinnovamento dell’insegnamento della storia che non
perdano di vista il nesso cruciale tra passato e presente e gli stimoli continui che l’ambiente in cui
vivono propone ai ragazzi di ogni età.
Alessandra Peretti
Direttrice del Centro per la didattica della Storia
5
A Gabriella Garzella e Catia Renzi Rizzo (Dipartimento di Medievistica, Università di Pisa), a Mariagiulia
Burresi e Ilario Luperini (Sezione didattica del Museo Nazionale di San Matteo) va tutta la nostra
riconoscenza per averci fornito materiali e suggerimenti preziosi e per averci avviato alla didattica delle
arti.
Si ringraziano inoltre Stefano del Ry per le fotografie della mostra che ci ha gentilmente concesso,
Francesca e Massimiliano (Perfect s.n.c.) per l’indispensabile supporto tecnico e informatico e per aver
attivamente partecipato alla realizzazione degli strumenti didattici, Fabrizio Cigni (Dipartimento di Lingue
e Letterature romanze, Università di Pisa) per la sua pazienza filologica, Giovanni Gestri e Rino Picchi per
aver messo a nostra completa disposizione le strutture dell’Osservatorio Scolastico Provinciale, e
Alessandra Peretti (Centro per la didattica della Storia) che ha creduto fortemente in questo progetto
interdisciplinare.
Un ringraziamento particolare va infine agli operatori che hanno svolto insieme a noi i percorsi (Desirée
Bariviera, Marta Galluzzo, Roberta Mirandola e Alessandra Saggin), ma soprattutto a tutti i ragazzi e a tutti
gli insegnanti che hanno reso possibile questo lavoro.
A un anno dall’inaugurazione della mostra Pisa e il Mediterraneo, un pensiero affettuoso va al Prof. Marco
Tangheroni.
Caterina Bay e Lorenzo Carletti
6
PREPARAZIONE AL VIAGGIO
“Chi va a Pisa, vi vede i mostri che vengono dal mare: questa città è sordida di pagani,
di Turchi, di Libici ed anche di Parti, gli oscuri Caldei frequentano le sue spiagge.”
(Donizonis Vita Mathildis, inizio del XII secolo)
Con la mostra “Pisa e il Mediterraneo. Uomini, merci, idee dagli Etruschi ai Medici”, svoltasi
agli Arsenali Medicei dal settembre 2003 al gennaio 2004, è nata un’esperienza di formazione che
ha coinvolto molte scuole della città e della provincia. In quest’occasione si sono riunite
competenze diverse - dal Dipartimento di Medievistica dell’Università di Pisa alla Sezione didattica
del Museo Nazionale di San Matteo, dall’Associazione culturale Artiglio alla Cooperativa
Capitolium – che hanno progettato itinerari differenziati a seconda dell’ordine e del grado delle
scuole. Sono state così accompagnate in visita guidata circa 500 classi, di cui 68 (19 elementari, 33
medie inferiori e 16 medie superiori) hanno potuto approfondire con i percorsi didattici alcune delle
tematiche principali della mostra.
Seguendo un percorso interdisciplinare, l’esposizione ricostruiva le rotte delle merci, delle idee
e delle imprese militari che, dall’antichità all’età moderna, hanno avvicinato la città ai principali
porti dell’Europa meridionale, dei paesi islamici e dell’Oriente bizantino. In sintonia con la mostra,
l’attività didattica ad essa correlata si è rivelata un’occasione importante per riflettere su quanto la
nostra cultura sia frutto di reciproche contaminazioni e come la migrazione di popoli e cose abbia
profondamente segnato la nostra storia.
I percorsi didattici hanno infatti scelto come filo conduttore il tema del viaggio, inteso come
viaggio fisico e, allo stesso tempo, scambio di idee, lingue e stili. In questo senso essi si sono
rivelati una vera e propria finestra sull’attualità, un punto di osservazione privilegiato per le tante
scuole, in particolare quelle elementari e medie inferiori, caratterizzate da classi sempre più
multietniche. Nel segno della reciprocità è accaduto, ad esempio, che un ragazzo magrebino abbia
letto ai suoi compagni le iscrizioni arabe di una delle bandiere turche conservate nella chiesa dei
Cavalieri di Santo Stefano (Fig. 1) e che una bambina rom, originaria della Macedonia, abbia
declamato alla classe un antico accordo commerciale tra Pisa e l’Imperatore bizantino Isacco (Fig.
2). Comprendere il passato mediante il presente e viceversa è un assunto fondamentale del mestiere
di storico, che gli studenti hanno qui provato a mettere in pratica in prima persona.
7
La meta fissata è stata quindi la scoperta dell’altro attraverso un graduale avvicinamento alla
comprensione delle fonti storiche. Ogni percorso, che rispecchiava il taglio interdisciplinare
dell’esposizione, si articolava in tre incontri, tre tappe di un processo formativo incentrato sul
confronto diretto con le immagini, i testi e infine le opere.
Durante il primo incontro si proiettavano una serie di diapositive di soggetti più o meno noti,
che richiamavano in maniera intuitiva dei collegamenti imprevisti: le cupole della piazza del
Duomo (Fig. 3) e quelle di Santa Sofia a Costantinopoli (Fig. 4), l’interno della Cattedrale e quello
della moschea di Cordoba (Figg. 5-7), il Battistero (Fig. 8) con il Santo Sepolcro (Fig. 9) e la
Cupola della Roccia (Fig. 10), entrambe a Gerusalemme; ma anche i riferimenti all’architettura
classica, tra cui il Pantheon (Fig. 11) ancora per il Battistero, ed il complesso monumentale del
Settizonio per l’intera piazza del Duomo (Figg. 12-13). Le immagini venivano presentate senza
troppi commenti, in modo da investire innanzitutto la sfera emozionale e percettiva, stimolo per
catturare l’attenzione e suscitare la curiosità. Al termine di queste suggestioni visive, veniva
organizzato un piccolo laboratorio in cui gli studenti, divisi per gruppi, collocavano le immagini
appena proiettate in tre mappe del Mediterraneo nell’antichità, nel Medioevo e nell’età moderna
(Figg. 14-16). Scoprivano così, ad esempio, che opere di manifattura islamica, come il bacile
bronzeo oggi conservato al Museo dell’Opera del Duomo (Fig. 17), aveva compiuto un lungo
viaggio dal Medioriente fino alla sagrestia della Cattedrale di Pisa; oppure che, giunti dai paesi
musulmani seguendo le rotte commerciali, dei piatti con invocazioni in arabo si ritrovavano a
decorare le chiese cristiane della città (Fig. 18).
Con questo bagaglio si intraprendeva il secondo incontro, uno dei viaggi (delle architetture,
degli uomini, dei segni, delle navi, delle cose e delle merci) volto ad approfondire argomenti emersi
nel corso della prima lezione. Un nuovo set di diapositive veniva stavolta commentato da ampie
spiegazioni e arricchito dalla lettura di fonti letterarie, che offrivano diversi punti di vista; ad
esempio, parlando delle imprese militari della Repubblica marinara, della stessa battaglia si davano
le testimonianze dei vincitori e dei vinti (Fonte 1 e 2). Lo studente è stato così messo di fronte alla
complessità del tema in questione e alla necessità di adottare adeguati strumenti d’indagine per
interpretarlo nelle diverse sfaccettature.
L’ultimo incontro era una prosecuzione dei precedenti: a nuove informazioni e conoscenze si
aggiungeva però il contatto diretto con gli oggetti e le opere esposte. Ciò doveva mettere in moto un
meccanismo di riconoscimento, che spingeva a ripercorrere criticamente l’itinerario svolto sin lì.
Quelli che seguono sono i percorsi proposti.
Caterina Bay e Lorenzo Carletti
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IL VIAGGIO DELLE ARCHITETTURE a cura di Caterina Bay e Lorenzo Carletti
A raccontare la storia dello scambio di uomini, idee e merci da Pisa e per Pisa attraverso il mare
sono prima di tutto le pietre e i palazzi, che sembrano parlare una lingua comune. Come le lingue
“romanze” trovano la loro radice nel latino parlato, ma si sono arricchite della contaminazione con
altri idiomi e culture, in particolare l’arabo (mahzin - magazzino, ta’rīf - tariffa, sukkar - zucchero,
al-barqūq - albicocca), allo stesso modo il “romanico” deriva direttamente dal linguaggio
architettonico classico, al quale si aggiungono suggestioni e influenze di paesi lontani. La
Cattedrale, il Battistero, il Campanile e il Camposanto di Pisa sembrano infatti trovare
corrispondenze strutturali e stilistiche con monumenti dell’antichità, quali il Pantheon e il
Settizonio; altrettanto riconoscibili sono i riferimenti ad architetture dell’Oriente cristiano e
dell’Occidente islamico, come Santa Sofia a Costantinopoli e la moschea di Cordoba in Andalusia.
In un unico luogo si incontrano così le diverse anime del Mediterraneo.
IL VIAGGIO DEGLI UOMINI a cura di Caterina Bay e Lorenzo Carletti
La scoperta di terre lontane attraverso gli occhi dei Pisani e la scoperta di Pisa attraverso quelli
degli stranieri costituisce quasi un gioco di specchi tra paesi affacciati sullo stesso mare.
Accompagnando alcuni personaggi d’eccezione si può svelare la storia di questa duplice visione e si
possono ripercorrere modalità e motivazioni che hanno da sempre spinto le genti a viaggiare.
Ragioni politiche, economiche, militari, culturali, religiose stanno alla base di queste migrazioni: il
funzionario dell’Impero Rutilio Namaziano, costretto a fuggire da Roma, risale la costa tirrenica
descrivendo la città e il porto di Pisa in decadenza. Una sorta di viaggio di formazione è quello che
spinge il pisano Fibonacci a studiare matematica in Algeria e nel lontano Oriente e, dall’altro punto
di vista, il geografo musulmano El-Idrisi a visitare la città. Il viaggio immaginario del Petrarca in
Terra Santa e quello reale e leggendario di San Ranieri, le imprese dei soldati pisani viste dagli
“infedeli”, la città osservata con lo sguardo concreto dei mercanti, fino ad arrivare alle descrizioni
dei primi viaggiatori del Grand-Tour, offrono un quadro d’insieme sul viaggio compiuto dagli
uomini in transito per Pisa.
9
IL VIAGGIO DELLE COSE a cura di Caterina Bay e Lorenzo Carletti
L’uso per cui è stato creato un oggetto in un determinato luogo o circostanza può essere
abbandonato in un diverso contesto. L’oggetto può quindi conoscere un uso altro e divenire
elemento decorativo o essere adoperato per scopi imprevisti, come nel caso dell’ampolla islamica
destinata originariamente a contenere profumi e trasformata in pisside-reliquiario nella Collegiata di
Barga. Gli esempi sono molteplici e alcuni di straordinaria rilevanza: al Grifo di manifattura
islamica, adoperato probabilmente come brucia-profumi prima di divenire trofeo di guerra ed essere
esposto all’esterno del Duomo, fa eco una collezione unica di bacini ceramici dal X al XV secolo,
provenienti da Egitto, Sicilia, Tunisia, Spagna meridionale e Baleari. Un ulteriore esempio
dell’appropriazione e del riuso di un’opera in un contesto diametralmente opposto sono, in epoca
moderna, le bandiere conservate nella chiesa dei Cavalieri di Santo Stefano, predate agli “infedeli”
negli scontri con i Turchi.
IL VIAGGIO DEI SEGNI a cura di Caterina Bay e Lorenzo Carletti
Se la lingua comune dei mercanti, i numeri arabi, è stata adottata universalmente, alcune parole
di lontana provenienza hanno perso la grafia originaria, ma sono entrate nell’uso comune
mantenendo il proprio significato: qintār (quintale), dīwān (dogana; pisano antico duana), biz-zef
(bizzeffe), līmūn (limone), nāranğ (arancio). Diverso è il caso in cui il segno diventa disegno,
motivo ornamentale: la scrittura fallisce il suo scopo comunicativo e perde di contenuto, eppure
riesce a comunicare la sua forma primaria, trasformandosi in pura grafia. In maniera assolutamente
pacifica una cultura figurativa altra arricchisce quella autoctona. I bacini ceramici, ad esempio,
arrivati in gran quantità dai mercanti pisani almeno fin dal X secolo come oggetti d’uso quotidiano,
vengono collocati nei paramenti murari esterni delle chiese cittadine e così colori sgargianti, disegni
ed iscrizioni in arabo invocanti Allah decorano i locali templi della Cristianità. Una simile
invocazione compare nell’aureola della Madonna col Bambino di Gentile da Fabriano al Museo
Nazionale di San Matteo, mentre sulle vesti di alcune sculture lignee medievali i caratteri cufici si
sono già trasformati in sinuosi linearisimi.
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LA NAVIGAZIONE a cura di Roberta Mirandola e Alessandra Saggin
Il Mar Mediterraneo è senza dubbio il centro più importante nello sviluppo della civiltà
occidentale: esso ha costituito il fattore di unione, la via di collegamento tra le terre da esso bagnate,
fra l’Europa e le più sviluppate civiltà dell’Asia e dell’Egitto. E sin dall’epoca preistorica proprio la
navigazione ha costituito il mezzo di spostamento più importante per i popoli che si affacciavano
nelle aree mediterranee. Navi da carico e navi da guerra sin da epoca etrusca si sono incrociate nel
mare nostrum e hanno contribuito agli incontri, agli scontri, agli scambi e agli spostamenti di
persone, notizie, idee e merci. Nella creazione della cultura del mondo mediterraneo, le azioni
piratesche da parte dei pisani, che con i proventi delle loro scorrerie permisero la costruzione della
Cattedrale e della chiesa di San Sisto, non hanno minore rilevanza degli scambi commerciali di sete
e spezie dei mercanti veneziani.
Ma come erano fatte le imbarcazioni delle varie epoche? In cosa differiva una nave da carico da
una da guerra? Come si viveva a bordo? Come si navigava? Quali rotte venivano seguite?
Relitti che giacciono nei fondali del Mar Tirreno, o insabbiati come quelli del porto urbano di
San Rossore, immagini su pitture e rilievi, documenti letterari e storici ci forniscono informazioni
su navi etrusche e romane, sulle cocche (navi da carico) e sulle galee (navi da guerra) pisane di
epoca medievale.
Dalla lettura e dall’analisi dei dati a nostra disposizione possiamo comporre un quadro che
permetta di rispondere a queste domande.
UN VIAGGIO NEL PASSATO: PISA ANTICA
a cura di Roberta Mirandola e Alessandra Saggin
Pisa ligure, etrusca o romana? Gli scavi degli ultimi anni hanno definitivamente chiarito questo
problema che le fonti lasciavano irrisolto. Pisa è una città molto antica, le cui origini vanno fatte
risalire agli inizi della civiltà etrusca, quando gli uomini scelsero il suo sito per la posizione felice e
particolare, vicino al mare e ad esso collegato da un complesso sistema di fiumi e lagune. Una città
dall’immagine sfumata che possiamo pensare come costituita da più isolotti emergenti dalle acque
con case di terra, templi decorati con la terracotta, impianti artigianali e necropoli.
Nel corso del tempo il paesaggio si è gradualmente trasformato e Pisa è diventata la città di due
fiumi, descritta dalle fonti letterarie. Alleata con i Romani nelle guerre contro i Liguri, diventa poi
colonia. Assume allora l’aspetto tipico di ogni città romana, con il foro decorato da statue e archi
11
onorari, il tempio di Augusto, le taverne, le terme, il teatro, l’anfiteatro, l’acquedotto, ma soprattutto
il porto fluviale di San Rossore e i primi cantieri per la costruzione delle navi.
Il percorso si propone di seguire insieme agli studenti le tracce di questa città perduta,
utilizzando le fonti a nostra disposizione: testimonianze scritte, miti, iscrizioni, monumenti, scavi
archeologici.
IL VIAGGIO DELLE MERCI a cura di Roberta Mirandola e Alessandra Saggin
L’espressione “più ricco di un pisano” diviene d’uso comune nel XII secolo e testimonia la
prosperità economica raggiunta da Pisa in questo periodo.
Fonti arabe e ebraiche la ricordano come città potente e temibile per la sua forza per mare; come
era avvenuto per gli Etruschi più di 1500 anni prima, Pisa marinara basò la propria supremazia nel
Tirreno, a partire dall’XI secolo, sull’uso della forza militare e della pirateria. Nel pieno Medioevo
Pisa si afferma come centro di smistamento delle merci importate ed esportate da tutta la regione,
fino ad essere definita “Bocca della Toscana” al momento di massimo splendore: grano, tessuti,
pelli, metalli, ceramiche e spezie passavano da Pisa per arrivare via fiume o via terra nell’interno
della Toscana o giungere via mare ai porti più importanti del Mediterraneo. Mercanti pisani
raggiungono l’Oriente bizantino, il Maghreb, l’Egitto, le Baleari, la Provenza, la Sicilia, la Corsica e
la Sardegna; a Costantinopoli c’era un importante quartiere portuale pisano e così ad Acri in Terra
Santa.
Ma dal porto di Pisa fin dall’antichità partivano e arrivavano carichi di ogni genere. Ceramiche
da mensa, anfore per olio e vino venivano prodotte in età etrusca e romana in fornaci situate in città
o nell’immediato entroterra per essere vendute. Ma quali erano queste merci? Con quali mezzi e con
quali contenitori venivano trasportate? Come erano fatti i porti che le accoglievano? Quali le rotte
percorse?
Gli scavi e gli studi degli ultimi decenni rispondono ad alcune di queste domande.
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DIARIO DI BORDO
CRONACHE DI RIELABORAZIONE CREATIVA
Dai percorsi sono nati disegni e prospetti geometrici, temi, articoli di giornale, ricerche e
addirittura un gioco da tavolo che qui presentiamo. Si tratta di materiale eterogeneo, realizzato a
distanza di tempo dalle classi sotto la guida di maestri e professori, prendendo spunto da argomenti
affrontati durante gli incontri. Questa sorta di diario di bordo corrisponde alla terza fase del
processo cognitivo, intesa come rivisitazione creativa dell’esperienza; è perciò estremamente
significativo provare ad analizzare questo materiale per capire che direzione abbiano preso i viaggi
e che cosa ne sia rimasto. Il filo rosso che lega i lavori degli alunni delle scuole elementari, come
quelli dei ragazzi delle medie inferiori e superiori, è lo stesso che animava i percorsi, vale a dire la
scoperta della contaminazione culturale interpretata con una serie di varianti.
Alla scoperta dell’altro
I percorsi sono stati concepiti nell’intento di riconoscere la città come luogo in cui – da sempre
– si sono incontrate culture diverse. Per far ciò si è pensato di partire dal luogo comune che
restringe alla gloria della Repubblica marinara i rapporti di Pisa con il resto del Mediterraneo e di
procedere al suo smontaggio. In realtà, nella maggior parte dei casi quest’operazione si è rivelata
non necessaria, perché lo stereotipo sembra essere sempre meno radicato nelle coscienze delle
giovani generazioni: per di più, quando esso sussiste, è circoscritto alla sola potenza militare e
spesso è erroneamente collocato nel corso della storia, soprattutto in epoca rinascimentale. Si è
presentato quindi il problema di rivedere in corso d’opera ciò che avevamo scelto come punto di
partenza e abbandonare quella che si è rivelata essere più che altro una nostra convinzione.
Se da un lato questo cambio di rotta invita a riflettere sulla difficoltà degli studenti di orientarsi
nello spazio e nel tempo e sulla incerta conoscenza della storia della loro stessa città, dall’altro ha
permesso di concentrare l’attenzione su quanto la nostra cultura sia risultato di scambi e
contaminazioni che si sono sedimentati senza soluzione di continuità dall’antichità fino ai nostri
giorni. Anche gli errori, come la confusione del mondo arabo con l’Oriente bizantino e addirittura
con il continente asiatico, sottolineano lo sforzo di allargare gli orizzonti e di inserire la propria città
in un contesto di relazioni più ampie. Di conseguenza tutto ciò che si riconosce come “esotico”
viene detto arabo:
Poiché la repubblica marinara Pisana intratteneva numerosi rapporti con i paesi del bacino del
Mediterraneo (tutti di cultura araba) i monumenti costruiti in questo periodo a Pisa vennero
progettati ed eretti in stili orientali. A causa di questi scambi commerciali anche il duomo di Pisa
13
ha ottenuto numerose influenze; ad esempio la cupola, il pavimento e l’interno della cattedrale
sono in stile arabo.
(Scuola media Pontasserchio, II A)
La scoperta, del tutto inattesa, di una storia profondamente intrecciata con gli altri popoli
affacciati sullo stesso mare ha spinto gli studenti a continui riferimenti con la situazione attuale.
Immediato il pensiero è andato alle “guerre preventive” e all’idea che esistano due civiltà non
comunicanti tra di loro, destinate inevitabilmente allo scontro, dai tempi delle Crociate fino ad oggi.
Tuttavia le architetture della città medievale, i portali scolpiti del Battistero (Fig. 19), le tavole, le
icone (Fig. 20) e i rilievi bizantini (Fig. 21), le tarsie geometriche e i mosaici pavimentali (Figg. 22-
24), gli idiomi presi in prestito sono alcune concrete e inconfutabili testimonianze del dialogo
incessante tra i mondi più diversi. Leggere la propria storia significa quindi diffidare dalle
semplificazioni che vengono propinate come verità indiscutibili:
I monumenti che si trovano nella piazza sono formati da tanti stili e da tante tecniche ogn’una
delle quali rappresenta una civiltà con la quale Pisa ha commerciato e dalla quale ha imparato
tecniche di costruzione e di rappresentazione.
(Scuola media Pontasserchio, II A)
L’intreccio di tecniche e stili è stato oggetto di indagini mirate da parte delle scuole superiori.
Ad esempio si sono isolati alcuni particolari decorativi ed architettonici della Cattedrale e del
Battistero: nel loro corpo niveo de marmore si sono evidenziate le coloratissime geometrie, di
derivazione islamica, rispettivamente della facciata e del pavimento (Figg. 25-26).
Il lavoro fianco a fianco, nello stesso cantiere, di artisti di diversa provenienza e della più
disparata fede religiosa ha dato vita ad animate discussioni in classe:
A me ha colpito molto la fantasia che avevano gli Arabi a costruire questi animali [il Grifo]:
però mi è sembrato strano che fosse stata messa sopra il Duomo visto che è un luogo dove si prega
e si celebrano dei riti rivolti a Dio.
(Scuola media Pontasserchio, II A)
In questo senso la tavola dipinta da Gentile da Fabriano, raffigurante la Madonna dell’Umiltà, è
stata oggetto di numerosi studi da parte degli studenti delle superiori, proprio perché rappresenta il
caso più emblematico di una imprevista convivenza. Gli studenti hanno faticato ad accettare la
presenza di un’invocazione ad Allah in caratteri cufici sul cuscino su cui è adagiato Gesù e
sull’aureola della Vergine, che recita: “Non vi è altro Dio al di fuori di Allah” (Figg. 27-28). Ai più
sembrava una provocazione da parte dell’artista, ad altri persino un sacrilegio, ad altri ancora pareva
un ardito compromesso tra religioni diverse. Anche gli studenti musulmani facevano simili
osservazioni, mostrando la medesima difficoltà ad interpretare un fenomeno che invece è
14
largamente diffuso nella pittura del XIV e XV secolo e che dipende dall’intensa circolazione delle
merci, in particolare tessuti, provenienti dai paesi islamici. Come altri celebri pittori del tempo,
infatti, Gentile avrebbe ricopiato quello che a lui, non conoscendo l’arabo, sembrava un elegante
disegno decorativo. Lo sguardo su una vicenda artistica di circa cinquecento anni fa ha portato gli
studenti a vedere con occhi nuovi la situazione che si trovano a vivere quotidianamente a scuola o
nel quartiere. Questa riflessione sull’altro si estendeva automaticamente a tutti i migranti presenti in
classe, perciò non solo gli arabi, ma anche i numerosi ragazzi originari dell’Europa dell’Est. A
questo punto gli “stranieri” diventavano i protagonisti del viaggio e le gerarchie della classe
tendevano a rovesciarsi: erano loro a raccontare del proprio paese e a spiegare ai compagni la
propria tradizione e la propria storia. In questo riconoscersi in un calderone di culture diverse,
ciascuno ha qualcosa da dire e anche chi proviene da un’altra regione o addirittura da una città
limitrofa si sente portatore di un ulteriore arricchimento.
Lorenzo Carletti
• L’incontro con le opere d’arte
Imprescindibile per la scoperta dell’altro è stato considerato il contatto diretto con le opere
d’arte, intese come testimoni parlanti degli intrecci culturali. Particolarmente interessante quindi si è
rivelato scoprire quale oggetto ha colpito di più gli studenti e per quali ragioni ed osservare in che
modo vi si sono rapportati e l’effetto scaturito.
Il Grifo bronzeo del Museo dell’Opera del Duomo (Fig. 29-30), senza grosse sorprese, ha
attirato l’attenzione soprattutto degli studenti delle scuole elementari e medie, mettendo in moto
nella maggior parte dei casi un meccanismo di rielaborazione creativa. In pochi, infatti, hanno
scelto di descrivere fedelmente l’opera d’arte in questione, fornendo informazioni essenziali
innanzitutto sulla sua natura composita e quindi sulla sua funzione di “sentinella” (Figg. 31-32):
In generale, in classe, abbiamo parlato e visto delle chiese o moschee, come il Duomo di Pisa,
costruito quando Pisa era molto ricca. In alto, in cima, ha una statuetta di Grifone, cioè un animale
mezzo leone e mezzo aquila, che proteggeva la città da qualsiasi pericolo […] La torre di Pisa ha
dei capitelli all’esterno, su cui sono scolpite delle scimmie; infatti gli animali a quel tempo erano i
protettori delle città.
(Scuola media Pontasserchio, II A)
Il Grifo, che compare già in un bestiario medievale del IX secolo (Fig. 33), non era il solo
animale affacciato dai principali edifici ecclesiastici della città (Figg. 34-35). La visione in mostra
dell’opera originale - calata dall’alto del Duomo, dove adesso si trova una copia – ha tutto il fascino
di un confronto diretto con un oggetto antico. Il primo passo è l’investigazione delle sue
15
caratteristiche fisiche, vale a dire del materiale, del colore, dello stato di conservazione e delle
decorazioni che lo impreziosiscono:
Questo oggetto mi è piaciuto anche esteticamente, infatti ha un bel colore bronzo lucente
(Scuola media Pontasserchio, II A).
Al di là dell’accezione in cui è inteso il termine “estetico”, l’apprezzamento delle forme del
Grifo è più o meno comune. Solo in alcuni casi lo si trova “brutto” per la sua imbarazzante
somiglianza con un animale da pollaio.
L’osservazione delle iscrizioni in caratteri cufici rivela però la lontana provenienza dell’opera;
questa scoperta è stata oggetto di una piccola ricerca compiuta dai ragazzi delle superiori, che hanno
rintracciato le principali opere pisane in cui compaiono iscrizioni in arabo e ne hanno isolato gli
eleganti linearismi (Fig. 36). Ciò ha portato a riconoscere la scrittura araba come uno dei motivi
decorativi largamente utilizzati nelle tavole e nelle sculture medievali.
Una volta sul posto, dunque, l’oggetto viene analizzato nel dettaglio e con la scoperta di un
grosso foro sulla pancia dell’animale rimane impressa ai ragazzi l’ipotesi più accreditata sulla
funzione originaria dell’opera:
Esso è creazione orientale, e sulle alte cupole del Duomo di Pisa ce n’è uno, utilizzato in
passato come bruciaprofumo.
(Scuola media Pontasserchio, II A)
L’insieme di notizie e di suggestioni dà vita ad alcune elaborazioni fantastiche, tra cui uno
spericolato viaggio indietro nel tempo. Lo sforzo di comprendere a pieno l’oggetto comporta la
ricostruzione del mondo che l’ha prodotto in relazione al contesto attuale:
Mi sono immersa nei miei pensieri provando ad immaginare le persone di quel tempo che lo
usavano. Sono riuscita ad immaginare il posto e quando lo usavano:
il posto: su un piedistallo;
quando veniva usato:
- nelle feste;
- in casa.
Nell’immaginazione si poteva capire che era di lusso. Esso mi ha fatto ragionare sui loro
utensili, e mi sono sentita più vuota perché non avevano: televisore, giochini, lavatrice,
lavastoviglie…ecc…!
Comunque se avessi il Grifone lo terrei in camera su una colonnina greca accanto al letto e lo
userei come nascondiglio per il mio o miei oggetti più importanti.
(Scuola media Pontasserchio, II A)
16
La maggior parte dei disegni dei bambini delle scuole elementari superano gli ultimi legami con
la realtà e si avventurano nella creazione di un vero e proprio bestiario di animali fantastici,
improbabili incroci tra bestie miti e feroci, che incarnano simbolicamente le qualità degli umani.
L’aspetto singolare è che la compresenza di animali diversi in un unico corpo, oltre a rispecchiare
l’entità del Grifo, riflette la contaminazione di popoli e culture del Mediterraneo di cui si è
ampiamente dibattuto in classe. Si tratta della rielaborazione di uno degli aspetti più sorprendenti
per i ragazzi, vale a dire l’incursione di vocaboli stranieri nella nostra lingua, conseguenza
dell’importazione degli stessi oggetti o animali a cui le parole corrispondono (Figg. 37-38).
Infine, mi ha molto interessato la lezione sulle parole che derivano dall’arabo, come i nomi di
animali: falco si dice “AL-FANAK”, oppure gazzella si dice “GAZEL”, giraffa si dice “ZURAFA”.
(Scuola media Pontasserchio, II A)
E’ così che, accanto agli animali più familiari e in particolare quelli domestici (cani, gatti,
galline, conigli, rane, topi, pesci, etc.), compaiono molti animali esotici - tra cui spesso giraffe e
gazzelle, ma anche elefanti e leoni - e animali leggendari come draghi e unicorni. Questi ibridi
vengono battezzati con neologismi, che rispecchiano a loro volta le disparate contaminazioni (Figg.
39-46). Come se non bastasse, alcuni di questi disegni sono corredati da ampie spiegazioni che
danno conto della natura composita di queste nuove bestie e insieme provano a raccontarne la
storia, altrettanto fantastica, che sembra ricalcare le vicende del grifone mitologico (Figg. 47-49).
Seppure il Grifo ha catalizzato l’attenzione degli studenti, anche altri oggetti hanno suscitato
interesse e curiosità. Innanzitutto i modellini, che restituiscono integralmente ciò che è perduto o
inevitabilmente compromesso (Figg. 50-51). Così è accaduto con il modello della barca di
Marsiglia, ma anche con la ricostruzione del tumulo etrusco di via San Jacopo a Pisa. Il plastico ha
incuriosito moltissimo per il mistero che in parte ancora nasconde e si è rivelato un valido
strumento per mettere in relazione il passato e il presente del territorio:
Un’altra cosa che mi ha colpito è stata la ricostruzione di una grande tomba di un marinaio
[…] Certo vorrei andare spesso a visitare delle mostre, perché ciò che vedo è molto istruttivo e mi
aiuta a capire quanta strada è stata fatta se metto a confronto ciò che si vede alle mostre con ciò
che mi circonda oggi.
(Scuola media Pontasserchio, II A)
Trovarsi di fronte alle ricostruzioni, e non alle opere originali com’è avvenuto per il Grifo, ha
suscitato non pochi dubbi e discussioni a proposito della veridicità delle copie e del loro valore. La
differenza tra originale e copia sembra essere un concetto particolarmente ostico: mentre i bambini
delle elementari faticano a riconoscerlo, per quelli più grandi la copia rischia di perdere interesse in
quanto non autentica e quindi non antica. Tale riflessione si è fatta particolarmente problematica di
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fronte al relitto della piroga del II secolo d. C. che, giocando sull’ambiguità, riproduceva in scala
naturale finanche le ammaccature e l’invecchiamento del legno (Fig. 52):
Era una barca, non in “modellino”, ma vera. Anzi, non era vera, era rifatta; mi ha colpito
proprio per questo, sembrava verissima e quando la guida ci ha chiesto se secondo noi la barca era
vera o una copia, noi abbiamo risposto che era vera. Invece abbiamo sbagliato tutti! La vera
barca, infatti, l’avevano trovata sotto il mare, ma non potevano recuperarla sennò il legno
marciva. Aveva dei buchi e delle ammaccature che sembravano fatte dalle onde del mare.
(Scuola media Pontasserchio, II A)
Specialmente in questo caso il sapore dell’antico ha creato un corto circuito con la modernità,
una confusione accentuata dall’allestimento spregiudicato. Dalle osservazioni che seguono, al
“nuovo” sembra corrispondere un giudizio estetico positivo, mentre al “vecchio” viene riconosciuta
soltanto l’importanza, l’autorità del reperto archeologico:
Anche com’era posizionata la barca era molto carina, era “stesa su un lato” e aveva intorno
delle lucine come quelle di Natale. Accanto c’erano dei teloni e sotto di questi c’erano delle luci,
una viola e l’altra verde che la illuminavano facendola colorata e bella.
Dava l’aria di un oggetto vecchio, ma in fondo era carina. Mi piacerebbe molto un giorno fare
un giro su queste barche che un tempo venivano usate dai mercanti, sperando che non affondino da
quanto sono vecchie!!!
(Scuola media Pontasserchio, II A)
Analoghe considerazioni scaturiscono dalla visione diretta di un autentico reperto archeologico,
vale a dire la barchetta in terracotta ritrovata a Tarquinia in una sepoltura del IX secolo a.C.
Dapprima se ne osservano le caratteristiche fisiche e per descriverla si cercano paragoni con oggetti
familiari, un giocattolo o una tazzina da caffè. Quindi si passa a immaginare le vicissitudini di
un’opera così antica, testimone di un passato indefinibile, e la constatazione della profondità della
storia dà vita a uno “strano pensiero”:
Mi è piaciuta in modo particolare perché quando l’ho vista mi sono detto tra me e me “chissà a
quante persone è stata in mano, persone del passato, marinai, archeologi”, mi ha fatto provare uno
strano pensiero. Mi ha davvero impressionato molto.
(Scuola media Pontasserchio, II A)
Nel complesso gli oggetti di uso quotidiano sembrano avere la forza di dialogare direttamente
con gli studenti, mentre le opere d’arte in quanto tali paiono restare mute. Queste ultime vengono
appena ricordate nei temi e nei disegni e, quando compaiono, sono isolate dal proprio contesto e
confinate al solo valore estetico, che si fatica però a comprendere. Le opere d’arte sembrano non
attivare quel meccanismo di ricostruzione fantastica che invece riguarda le cose: è proprio la
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funzione che facilita la comprensione e suscita un immediato riscontro con l’uso che ancora si fa nel
presente di oggetti analoghi; è questo il caso del portaprofumi di manifattura islamica, riutilizzato in
ambito liturgico addirittura come reliquiario (Fig. 53). Molto interesse hanno suscitato i piatti
provenienti dall’area islamica occidentale, riutilizzati dai pisani come elementi decorativi delle
chiese. In questo caso è stato apprezzato il tentativo di ricostruzione delle opere nel loro contesto,
proposto in mostra:
Gli oggetti erano rappresentati in modo simpatico; per esempio c’erano i bacini ceramici e
dietro era raffigurata la chiesa da dove li avevano estratti e che ci permetteva di immaginare come
era in passato.
(Scuola media Pontasserchio, II A)
Quando le opere vengono menzionate si tralascia la loro qualità, come nel caso della Croce
processionale della metà del Duecento attribuita a Giunta Pisano:
Abbiamo visto dei dipinti, i quali erano dipinti su due lati perché quando venivano portati in
processione si vedevano tutti e due.
(Scuola media Pontasserchio, II A)
Nei lavori degli studenti delle scuole elementari e medie i nomi degli artisti naturalmente non
compaiono quasi mai, mentre per quelli delle superiori si propongono confronti stilistici tra opere di
mano diversa. E’ così che l’evolversi della pittura pisana nel corso del Duecento viene studiata a
partire dalla Croce del Santo Sepolcro per passare alla cosiddetta croce n. 20 (Figg. 54-56),
arrivando poi alla croce processionale firmata da Giunta di Capitino (Figg. 57-58), capolavori
esposti al Museo Nazionale di San Matteo. Si scopre che il modello del Christus patiens viene
introdotto per la prima volta in Occidente proprio a Pisa, grazie ad un anonimo maestro bizantino.
Unico caso segnalato dai bambini delle scuole elementari è quello di Nicola Pisano, identificato
come l’artista per eccellenza al quale vengono generosamente attribuite opere cittadine di ogni
genere. Il grande architetto e scultore del Duecento viene fatto diventare un bravo pittore,
addirittura autore delle Storie di San Ranieri in Camposanto, e l’artefice del cratere neo-attico detto
Vaso del Talento, che in realtà egli si limitò a studiare. Il Vaso del Talento (Fig. 59), il Sarcofago di
Fedra (Fig. 60) e la formella della Natività del Pulpito del Battistero (Fig. 61), proiettate in
diapositiva durante il percorso, sono state oggetto di alcuni studi di disegno da parte dei ragazzi
delle superiori (Figg. 62-65). Ma la formella di Nicola è stata analizzata anche da un bambino delle
elementari: ne è nata quasi una lettura stilistica che, nella posa squadrata della Vergine e nelle
cinque piccole figure di contorno, intende riassumere la complessità e il linguaggio del rilievo
originale (Fig. 66).
Caterina Bay
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• L’incontro con le fonti letterarie
Insieme alle opere, le fonti letterarie sono state considerate altrettanto essenziali per la
conoscenza e l’interpretazione del mondo che ci circonda e i suoi cambiamenti. Le parole degli
antichi viaggiatori di passaggio a Pisa forniscono una quadro variegato di impressioni e riflessioni
sulla città nelle diverse epoche storiche (Fonti 3-5). Numerose sono le testimonianze lasciate da
forestieri negli anni in cui il porto di Pisa diventa uno degli scali principali del Mediterraneo e la
lettura di tali fonti ha coinvolto gli studenti in una riflessione sulla molteplicità dei punti di vista; ne
è nata un’immagine della città moltiplicata come in un caleidoscopio:
Un’altra lettera testimonia che Pisa era una città molto potente. In una lettera c’era un ebreo
chiamato Beniamin de Tudela che arrivò a Pisa nel 1160, diceva che Pisa era molto bella, che era
senza una signoria e senza governanti, che aveva 10.000 case-torri per respingere il nemico, infine
che aveva un bellissimo fiume. Nella lettera di un arabo geografo, si dice che Pisa aveva mercati
fiorenti, paesaggi stupendi, meravigliosi monumenti e che c’è un fiume.
(Scuola media Pontasserchio, II A)
In questo gioco di specchi è stato raccontato anche il punto di vista dei pisani, come quello di
Leonardo Fibonacci, che alla fine del XII secolo viaggiò in Algeria, Egitto e Oriente, dove gli studi
scientifici erano all’avanguardia (Fig. 67). Egli apprese e trasmise poi all’Europa i progressi della
cultura matematica, in particolare nel suo Liber Abaci risalente ai primi del Duecento (Fig. 68).
Fibonacci è diventato il protagonista di uno dei disegni più singolari realizzati dagli alunni delle
scuole elementari: un suo ipotetico ritratto, dai caratteri marcatamente arabeggianti, è affiancato da
un limone e da un’albicocca (Fig. 69). Si tratta di un’associazione mentale tra il divulgatore dei
numeri arabi in Occidente e l’incursione di parole straniere, legate al traffico commerciale, nelle
lingue romanze e quindi nell’italiano.
Più spesso i bambini delle elementari hanno cercato di illustrare con i loro disegni le parole dei
viaggiatori. L’attenzione si focalizza sul tragitto per mare e quindi sulle navi: i versi del De reditu
suo di Rutilio Namaziano (Fonte 6), che nel suo viaggio da Roma alla costa meridionale francese
ricorda il passaggio per Pisa nel 415 d.C., vengono sceneggiati con una barchetta, di cui si tenta
pure una ricostruzione filologica; la figura di Rutilio compare festante a poppa o intento a
fronteggiare una tempesta (Figg. 70-71).
Nel pensiero degli studenti delle medie il racconto di Rutilio si riassume in poche essenziali
tappe, che riguardano ancora una volta lo spostamento. E’ proprio il viaggio fisico a suscitare il loro
interesse e a mettere in relazione il poeta romano con altri personaggi storici:
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Rutilio veniva dalla Francia meridionale e nel IV secolo si trasferì a Roma e divenne un
funzionario romano; successivamente fu costretto a scappare via mare a causa delle invasioni
barbariche, e faceva molte soste. Da Roma arrivò a Pisa, dove raccontò cosa gli era successo.
Arrivò anche a Genova, ma dopo il 415 d. C. (cioè la sua partenza da Genova), si sono perse le sue
notizie, quindi non si sa se è mai tornato in Francia. […]
Ci fu poi S. Ranieri che tra l’XI e il XII secolo fece un viaggio a Gerusalemme per commerciare;
era un mercante abile e ricco. Dopo 10 anni tornò a Pisa, il suo paese d’origine.
(Scuola media Pontasserchio, II A)
Un documento d’archivio, che ha richiesto un maggiore sforzo interpretativo, è la misteriosa
lettera scritta da Berta, marchesa di Toscana, al califfo di Baghdad Muktafi nel 906 d.C. (Fonte 7).
La capitale irachena ha richiamato immediatamente le tristi vicende dell’attualità, suscitando
stupore per i rapporti amichevoli che potevano intercorrere allora tra due potenze del mondo
musulmano e cristiano. La storia particolarmente suggestiva, i doni meravigliosi, ma soprattutto
l’ambiguità tra viaggio reale e fantastico ha spinto poi, soprattutto i bambini delle elementari, ad
una rielaborazione della fonte con la trasposizione del documento in una colorata arca di Noè (Figg.
72-74).
Ancora una classe elementare ha dato prova di misurarsi con una fonte: in questo caso sono stati
gli alunni stessi a produrre un falso storico, simulando l’antichità della carta e il linguaggio arcaico
(Fig. 75). Il documento narra, dal punto di vista di un anonimo pisano, una battaglia immaginaria
avvenuta nel 1200 circa, quando i vichinghi avrebbero assalito le coste della città. La sorpresa
dell’attacco e la crudeltà dello scontro fanno il verso ad una autentica fonte araba, datata 1088
(Fonte 2), in cui si racconta la scorreria della flotta pisana contro la città tunisina di Al Madhila e
Zawila:
Avvolto ero in un profondissimo sonno quando un gran frastuono mi risvegliò: vidi in
lontananza navi grandi come balene munite di vele assai strane; a poppa e a prua vi erano draghi
minacciosi, infiniti remi solcavano le nostre acque.
(Scuola elementare di Gello, IV A)
Alcuni alunni, prendendo spunto dai racconti degli antichi viaggiatori, hanno voluto lasciare
testimonianza di un proprio viaggio compiuto nel passato. Invitati dall’insegnante sono andati alla
scoperta della città medievale con gli occhi del figlio di un umile pastore. I temi elaborati hanno
ancora una volta cercato di imitare le fonti antiche, offrendo essi stessi uno spaccato della città
datato precisamente al 29 dicembre 1250:
Durante una normale cena mio padre mi disse: «Domani andrò a Pisa e voglio portarmi con
me qualcuno di voi. Guardate che è un’ottima occasione, però dovrete levarvi presto per essere là
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prima che il sole si alto in cielo». […] Come mi aveva promesso, mio padre mi portò a visitare la
città. Prima andammo in una piazza affollatissima, era maestosa. Al centro sorgevano tre
monumenti: un’enorme chiesa fatta a croce, una torre che pende dove ci sono montata e dalla
quale ho visto tutta la città dall’alto e un altro edificio che tutti chiamano Battistero e che ha un
tetto a cupola. Dopo aver girato la città ci siamo recati dove il fiume si immette nel mare e lì
abbiamo visto molte barche.
(Scuola media Pontasserchio, II A)
Lo splendore e la meraviglia della città, ricca di traffici commerciali e di popoli che affollavano
il suo porto, evocano le parole di tanti cronisti forestieri giunti a Pisa nel Medioevo (Figg. 76-77). I
“mercati fiorenti” e le “vaste campagne abbondanti d’orti e di seminagioni non interrotte”,
menzionati dal geografo arabo El Edrisi alla metà del Duecento (Fonte n. 4), ritornano nella
descrizioni dei ragazzi delle scuole medie. Curiosità ha poi suscitato la lettura dei testi in mostra,
attraverso alcune registrazioni sonore che ricreavano l’atmosfera cosmopolita dell’antica città, una
sorta di Babele linguistica (Figg. 78-79):
Ci siamo poi fermati in una stanza dove ci sono sei “campane” da cui si sentono voci che
parlano: l’italiano, l’arabo, l’ebraico, il greco, lo spagnolo, il latino.
(Scuola media Pontasserchio, II A)
Nel complesso i tentativi di rielaborazione del documento mostrano un grande interesse nel
confrontarsi con le fonti storiche, intese non solo come autorevoli testimonianze, ma come
impressioni da riportare in vita:
Le strade erano gremite di gente diretta nelle botteghe per compiere i propri doveri durante le
giornate di lavoro, e al mercato della città: all’interno di esso si svolgevano attività finanziarie
come il prestito dei soldi da parte di cambiavalute, i quali registravano gli interessi, e commerciali,
tra cui lo scambio e la vendita di merci, come tessuti di seta, lino e altre fibre tessili finemente
decorati e spezie, utilizzate per la conservazione e il condimento degli alimenti, provenienti dal
Medio Oriente, dall’India e dalla Cina.
(Scuola media Pontasserchio, II A)
Nei temi dei bambini delle scuole elementari e medie si registra la tendenza a realizzare storie
verosimili, risolvendo così la convivenza tra dato reale e fantastico che spesso si riscontra e che è
difficile riconoscere negli stessi documenti antichi. Alcuni ragazzi delle superiori, invece, hanno
voluto proprio sottolineare questa distanza tra visione fantastica e reale nelle rappresentazioni
iconografiche della città (Figg. 80-82), individuando un limpido processo evolutivo, che
dall’astrazione procede per tappe salienti verso la descrizione fedele (Figg. 83-84). Al di là
dell’eccessiva semplificazione, si tratta di un tentativo di affrontare il complesso e dibattuto
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problema della rappresentazione della città e ciò significa riflettere su noi stessi e sul modo in cui
occhi diversi hanno guardato a noi nel corso del tempo.
Lorenzo Carletti
• Il gioco del passato, un lavoro di classe
Nella gran mole di lavori presentati al termine dei percorsi si distingue quello della classe I G del
Liceo scientifico-tecnologico Buonarroti, che ha dato un’interpretazione del tutto originale della
cartina dei traffici commerciali di Pisa nel Medioevo con gli altri porti del Mediterraneo (Fig. 85).
La mappa è diventata il campo da gioco su cui novelli mercanti si sfidano a colpi di merci da
importare ed esportare e di imprevisti vari, dalle burrasche al favore del vento e dalla peste ai pirati.
Il contenuto del percorso è stato assimilato al punto che ne è nata una reinterpretazione in forma
ludica: Medipisando è a sua volta uno strumento didattico raffinato, che invita i potenziali giocatori
a riflettere sull’importanza del mare nostrum nello sviluppo della civiltà occidentale. Nel
regolamento si condensa il lungo e faticoso lavoro collettivo di mediazione tra il dato storico reale (i
prodotti esportati ed importati dai principali porti del XIII secolo) e le necessità proprie del gioco da
tavolo, quindi gli imprevisti, le caselle e i dadi (Figg. 86-88). L’elaborazione di tali regole, che qui
di seguito presentiamo, è stata essa stessa un esercizio di tolleranza, sperimentata tra compagni di
banco:
DIARIO DI BORDO
(CRONACA DI UN LAVORO)
La partecipazione al percorso didattico “Pisa e il Mediterraneo” ha creato lo stimolo per
progettare un gioco legato agli scambi commerciali pisani del medioevo.
…dal porto di Pisa, fin dall’antichità, partivano ed arrivavano carichi di ogni genere…
Analizzando la carta che individuava le rotte commerciali nella seconda metà del XIII secolo (con
le principali esportazioni ed importazioni di Pisa), è sorta l’idea di sfruttarla come tavola-base del
gioco.
Abbiamo quindi ingrandito la suddetta carta evidenziando il mare con una coloritura azzurra e
individuato i possibili obiettivi del gioco.
A questo punto sono sorte accese discussioni per creare il regolamento: elaborarlo è risultato assai
complesso e condividere tra noi delle scelte è risultato altrettanto difficile.
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Dopo varie ipotesi sono state individuate le caselle del percorso-gioco sfruttando l’andamento
delle rotte commerciali.
Ci siamo poi divisi in gruppi di lavoro:
- Realizzazione delle pedine (tra le varie soluzioni sono state scelte quelle costruite con das
verniciato, stecchini e cartoncino)
- Elaborazione carte-merci
- Elaborazione carte- probabilità
- Elaborazione carte-porti
Per la ricerca delle immagini è stato ampiamente usato il computer; ogni carta è stata poi
“rinforzata” incollando sul retro un cartoncino e inserendola successivamente in una busta
trasparente (anche per proteggerla dall’uso).
Man mano che il lavoro procedeva, il regolamento si perfezionava e subiva modifiche. L’ultimo
ritocco è stato fatto “giocando” in classe con il lavoro prodotto.
Vince il gioco chi riesce a tornare per primo al porto pisano carico di merci. Ma il prodotto ludico,
secondo il nostro intento, dovrebbe anche far riflettere sull’importanza che il mar Mediterraneo ha
avuto nello sviluppo della civiltà occidentale.
…esso ha costituito il fattore di unione, la via di collegamento tra le terre da esso bagnate, fra
l’Europa e le più sviluppate civiltà dell’Asia e dell’Egitto. Navi da carico e da guerra sin
dall’epoca etrusca si sono incrociate nel “mare nostrum” e hanno contribuito agli incontri, agli
scontri, agli scambi e agli spostamenti di persone, notizie, idee e merci…
BUON DIVERTIMENTO!
MEDIPISANDO
LA SCATOLA COMPRENDE
- una carta geografica del mar mediterraneo con indicate le rotte commerciali pisane nella
seconda metà del XIII secolo
- 6 pedine (con bandierine di colore diverso);
- 2 dadi;
- 7 carte-porto (Cagliari, Valencia, Tunisi, Messina, Costantinopoli, Terra Santa e
Alessandria d’Egitto) più la carta-porto di Pisa (porto di arrivo);
- 138 carte-merci divise in: 102 carte importate (riquadro blu) ovvero merci provenienti da
altri porti e dirette a Pisa; 36 carte esportate (riquadro giallo) ovvero merci provenienti da
Pisa e dirette verso altri porti;
- 32 carte imprevisti.
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REGOLE DEL GIOCO
(da 2 a 6 giocatori)
Il gioco si svolge su una tavola-carta geografica del Mediterraneo con 90 caselle che indicano
alcuni porti significativi e le rotte da seguire. Sopra queste caselle si muovono i segnalini che i
giocatori prendono all’inizio del gioco. Per determinare gli spostamenti ci sono due dadi. Prima di
cominciare si distribuiscono a un giocatore 6 carte merci da importare e 6i carte merci da
esportare e una carta porto.
SVOLGIMENTO DEL GIOCO
Tutti i giocatori, all’inizio, gettano i due dadi e chi fa il numero maggiore comincia il gioco. La
prima persona getta i dadi e, a seconda del numero ottenuto, muove il segnalino di altrettanti spazi
sulla tavola procedendo seguendo la numerazione; poi passa i dadi ad un altro giocatore, (posto
accanto a lui in senso antiorario), che procede nello stesso modo e così via…
Evidentemente può accadere che più segnalini vengono a fermarsi sulla stessa casella, ma ciò non
provoca nessun mutamento nel normale svolgimento del gioco.
Se la casella su cui il segnalino si ferma è contornata il giocatore deve pescare una carta-
imprevisti.
Dopo aver seguito le istruzioni in essa contenute, la carta viene rimessa in fondo al mazzo.
Quando un giocatore, gettando i dadi, fa un numero doppio, procede con il suo segnale come al
solito, ma deve tirare una seconda volta e spostare di nuovo il segnalino. Tirando però tre volte di
seguito un numero doppio tornerà alla partenza.
Ogni volta che una pedina passa da un porto, il giocatore può pescare tante carte merci-importate
quante sono in suo possesso le carte merci-esportate relative a quel porto.
CARTA PORTO CARTA MERCI ESPORTATE
DA PISA
CARTA MERCI IMPORTATE
DA PISA
Cagliari Manufatti Sale, argento, pelli, formaggi,
lana
Valencia Manufatti Lana, manufatti ceramici
Tunisi Argento, manufatti Cera, olio, oro, manufatti
ceramici
Messina Manufatti Grano, manufatti ceramici
Costantinopoli Manufatti, tessuti Spezie, seta
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Terra Santa Armi, legname Spezie
Alessandria Armi, legname, ferro Spezie, seta, manufatti ceramici
Se la pedina si ferma su un porto si presentano al giocatore diverse possibilità:
- se possiede la carta di quel porto riceve in premio tutte le carte-merci di quel porto da
portare a Pisa;
- se il porto appartiene ad un altro giocatore può barattare carte esporta da Pisa per quel
porto con un numero uguale di merci da portare a Pisa;
- se il porto appartiene ad un altro giocatore e non ha nessuna carta esporta da Pisa per quel
porto deve cedere tutte le carte-merci in suo possesso da portare a Pisa;
- se il porto non appartiene a nessun giocatore lo può acquistare se possiede le carte esporta
da Pisa per quel porto.
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